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Periodico di idee, informazione e cultura del Collegio IPASVI di …€¦ · dove la carenza di...

Date post: 25-Jul-2020
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Periodico di idee, informazione e cultura del Collegio IPASVI di Roma ISSN 2037-4364 N°3 EDITORIALE Guardare oltre il secchio bucato FOCUS A Sanit 2010 ancora protagonisti CONTRIBUTI Come vivono il ricovero gli immigrati cinesi? DAL COLLEGIO Tutti i premiati dell'Ipasvi Cup Anno XX - N. 3 - luglio/settembre 2010 - Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro. Poste italiane SpA - Spedizione in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in. L. 27/02/2004 n°46) art.1. comma2. DCB Roma
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Periodico di idee, informazione e cultura del Collegio IPASVI di Roma

ISSN 2037-4364

N°3

EDITORIALEGuardare oltreil secchio bucato

FOCUSA Sanit 2010ancora protagonisti

CONTRIBUTICome vivono il ricoverogli immigrati cinesi?

DAL COLLEGIOTutti i premiatidell'Ipasvi Cup

Anno XX - N. 3 - luglio/settembre 2010 - Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro. Poste italiane SpA - Spedizione in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in. L. 27/02/2004 n°46) art.1. comma2. DCB Roma

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Organo Ufficiale di Stampa del Collegio IPASVI di Roma

Direzione - Redazione - AmministrazioneViale Giulio Cesare, 78 - 00192 ROMATel. 06.37511597 - Fax 06.45437034

Direttore responsabileGennaro Rocco

Segreteria di redazioneNicola Barbato, Stefano Casciato, Mario Esposito, Matilde Napolano, Carlo Turci

Comitato di redazioneAngela Basile, Bertilla Cipolloni, Rodolfo Cotichini, Stefano Di Carlo,Gianfranco Del Ferraro, Maurizio Fiorda, Natascia Mazzitelli,Francesca Premoselli, Maria Grazia Proietti, Angelina Palumbo,Ausilia M.L. Pulimeno, Alessandro Stievano, Marco Tosini.

Rivista trimestraleTariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: Poste Italiane S.p.A.Spedizione in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in. L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB RomaAutorizzazione del Tribunale di Roma n. 90 del 09/02/1990Anno XX - N. 3 - LUGLIO-SETTEMBRE 2010

FOTO: Mario EspositoCopertina: Ennio De Santis

STAMPA: GEMMAGRAF EDITORE00171 Roma - Via Tor de’ Schiavi, 227Tel. 06 24416888 - Fax 06 24408006e-mail: [email protected] grafico: EDS Roma

Finito di stampare: settembre 2010

Tiratura: 28.000 copie

“Infermiere Oggi” pubblica articoli inediti di interesse infermieristico, previa ap-provazione del Comitato di Redazione. L’articolo è sotto la responsabilità dell’Autoreo degli Autori, che devono dichiarare: nome, cognome, qualifica professionale,ente di appartenenza, recapito postale e telefonico. Il contenuto non riflette ne-cessariamente le opinioni del Comitato di Redazione e dei Consigli Direttivi.Quando il contenuto esprime o può coinvolgere la responsabilità di un Ente, oquando gli Autori parlano a suo nome, dovrà essere fornita anche l’autorizzazio-ne dei rispettivi responsabili.Il testo deve essere il più conciso possibile, compatibilmente con la chiarezza diesposizione. Le bozze verranno corrette in redazione. I lavori non richiesti e nonpubblicati non verranno restituiti.Le citazioni bibliografiche devono essere strettamente pertinenti e riferirsi a tut-ti gli Autori citati nel testo.Le citazioni da periodici devono comprendere: il cognome e l’iniziale del nomedell’Autore o dei primi due Autori, nel caso di più di due Autori, verrà indicato ilnome del primo, seguito da “et al”; il titolo originale dell’articolo, il titolo del pe-riodico; l’anno di pubblicazione, il numero del volume, il numero della pagina ini-ziale.Le citazioni di libri comprendono: il cognome e l’iniziale del nome degli Autori, iltitolo del libro (eventualmente il numero del volume e della pagina, se la citazio-ne si riferisce ad un passo particolare), l’editore, il luogo e l’anno di pubblicazio-ne. Gli Autori che desiderano la riserva di un certo numero di copie del numerocontenente il loro articolo, devono farne richiesta esplicita al momento dell’inviodel testo.Tutto il materiale deve essere spedito o recapitato al Collegio IPASVI di Roma,Viale Giulio Cesare, 78 - 00192 Roma.

S O M M A R I OEDITORIALE

1 Guardare oltre il secchio bucatodi Gennaro Rocco

CONTRIBUTI3 Integrazione e professionalità senza confini: approfondimenti

transculturali nella formazione infermieristicadi Ewa Jajela, Alessandro Stievano, Gennaro Rocco

14 Come vivono il ricovero negli ospedali italianigli immigrati cinesi?di Teresa Compagnone, Elisabetta Forti, Guja Teramo

21 Conoscenza e utilizzo di cure complementari nel pazienteoncologico: indagine conoscitiva in alcune realtà romanedi Carlo Talucci, Veronica Settimi, Anna Rubini,Maria Luisa Rega

29 L’influenza dell’angolazione dell’ago nella praticadell’insulino-terapia. Una revisione della letteraturadi Carolina De Vitis, Katia Manocchi

35 Il processo assistenziale nell’infermieristica psichiatricadi Ione Moriconi, Sheila Antonio

38 Indagine esplorativa sulla motivazionedel personale infermieristicodi Salvatore Carpentieri

FOCUS SANIT 2010

44 Sanit 2010, la persona al centro delle scienze e delle cure49 Tanti ospiti, tra ministri e personalità politiche49 E per chiudere in bellezza sul palco “Le matite colorate”50 Quattro giornate all’insegna di formazione, dibattiti e premiazioni

DICONO DI NOI52 Infermieri che mancano, infermieri che fuggono

Un’estate contrassegnata dalle “solite” emergenze

NOTIZIE DAL COLLEGIO56 Ipasvi Cup 2010 Trionfa il Vannini!

LETTO PER VOI59 Integrazione socio-sanitaria

Un dibattito di grande attualità per il welfare italiano60 Metodologie e tecniche chirurgiche per infermieri

di sala operatoria60 Un prestigioso plauso per la rivista “Infermieri Oggi”

L’AVVOCATO DICE 61 La responsabilità dell’infermiere nella somministrazione

del farmaco

INFERMIERI IN RETE63 La febbre del dispositivo “mobile” e l’infermieristica

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Il secchio della sanità è bucato. Guai però a ritenere che bastiun tappo per farlo funzionare. Sarebbe semplicistico e soprat-tutto ingannevole. Siamo al punto che il bluff non tiene più,serve sì una stretta ma anche un piano che guardi lontano.Insomma, via gli sprechi per convogliare energie e risorse versoqualcosa di nuovo. E di radicalmente diverso. È forse inevitabile che chi vive la sanità in trincea, giorno dopogiorno, a stretto contatto con i cittadini, abbia un approccio dif-ferente ai gravi problemi del sistema sanitario a Roma e nelLazio. Certo l’angolazione non può essere quella di un semplicecensore, come invece insistono a mostrarsi la politica e l’esta-blishment sanitario. Tagliare i costi di una macchina che funzio-na male e pesa troppo sulle tasche dei cittadini è assolutamen-te necessario. Al cospetto poi della voragine del debito sanita-rio regionale l’imperativo è assoluto, pena il disfacimento delsistema stesso, l’unico “ombrello” pubblico che abbiamo.Il punto è che fermarsi a questo non risolve il problema e anzinemmeno lo affronta.Misure meramente ragionieristiche come il blocco del turnover, il ridimensionamento delle piante organiche e delle posi-zioni organizzative non pagano perché non abbattono la spesama i servizi. E su questi non si può infierire oltre. I numeri sonogià da brivido, in particolare la consistenza del personale infer-mieristico in servizio nelle strutture sanitarie pubbliche e priva-te ha superato ampiamente i limiti di guardia, pregiudicandol’efficienza dei servizi stessi e l’efficacia delle prestazioni agliutenti. Da ultimo, il “Rapporto Osservasalute 2010” ha registrato lagrave carenza di infermieri nell’area metropolitana romana con-fermando l’allarme lanciato dall’Ocse nei mesi scorsi. Basticitare il paradossale rapporto medici/infermieri calcolatodall’Osservatorio Nazionale per la Salute nelle Regioni italiane:32,27 medici e 64,36 infermieri per 10.000 abitanti, in praticaappena due infermieri per ogni medico. Il Collegio Ipasvi di Roma ha segnalato con una lettera apertaal presidente della Regione Lazio e commissario per la Sanità,Renata Polverini, tutta la gravità della situazione.

Nelle strutture sanitarie pubbliche del Lazio mancano almeno5.000 infermieri. Significativo il caso del Policlinico Umberto Idove la carenza di organico è di 265 infermieri e 296 tra opera-tori socio sanitari e operatori di supporto. Il quadro è similepressoché in tutte le strutture sanitarie romane. Al SanGiovanni mancano oltre 120 infermieri, altrettanti alSant’Andrea, al San Camillo e alla Roma C. Drammatica è anche la situazione degli Ifo, dove su 330 infer-mieri ne mancano ben 70. Non va meglio nelle Asl e nelle Aziende ospedaliere della pro-vincia di Roma e delle altre provincie del Lazio: fra Latina,Frosinone, Rieti e Viterbo il buco di organico per le figure infer-mieristiche ha già sfondato quota 500.Il blocco del turn over procrastina una tendenza ormai consoli-data al ribasso, che negli ultimi tre anni ha prodotto nel Lazio laperdita di migliaia di infermieri. Il risultato è nei paurosi vuoti diorganico, nella storica carenza divenuta vera e propria emer-genza. E lo scenario fornisce nuove preoccupazioni dai prevedi-bili effetti delle disposizioni sui pensionamenti contenute nellamanovra economica varata dal Governo (dl 78/2010), inducen-do molti infermieri ad anticipare entro l’anno l’uscita dal servi-zio attivo.Usciamo da un’estate difficilissima, in cui gli infermieri romanie laziali hanno dimostrato una volta di più tutto il loro spirito diabnegazione e il rispetto pieno della mission professionale. Inuna condizione di emergenza assoluta, con gli accorpamentidelle Unità Operative resi necessari nel periodo delle ferie,hanno continuato a garantire i servizi sobbarcandosi una moledi lavoro eccezionale, con prestazioni improprie, turni massa-cranti e consecutivi, sacrifici personali e familiari molto pesan-ti e tuttavia indispensabili per assicurare ai cittadini un livellominimo di assistenza. Non si può continuare così, la strada giusta non è questa. E iltempo stringe maledettamente. C’è la necessità di intervenirecon la massima urgenza per evitare che la situazione, già moltodifficile, precipiti irrimediabilmente. Riordinare e razionalizzarela spesa sanitaria rappresenta senza dubbio una priorità per

Guardare oltreil secchio bucatodi Gennaro Rocco

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l’Amministrazione regionale, ma ciò deve avvenire senza pena-lizzare oltremodo gli operatori e gli utenti del Sistema sanitarioregionale.Non è questo che serve. Razionalizzare per innovare, ecco quelche gli infermieri chiedono, ciò che davvero può cambiare inpositivo il corso della nostra sanità. La Regione Lazio, sebbenestretta nella morsa di un piano di rientro da lacrime e sangue,ha l’autonomia per farlo. Le occorre però il coraggio di cambia-re strada. A cominciare da una profonda revisione del PianoSanitario Regionale, meno orientato all’ospedalizzazione gene-ralizzata e molto di più al territorio, coltivando i poli ospedalie-ri d’eccellenza che a Roma non mancano e che, attraverso ilregime tariffario della mobilità sanitaria interregionale, posso-no garantire importanti entrate finanziarie nelle disastratecasse del Ssr. Si può fare ridistribuendo risorse e personale,realizzando finalmente quella rete di servizi assistenziali che inaltri Paesi (ma anche in altre Regioni italiane) sono realtà ormaida anni.Dalla politica vorremmo vedere uno slancio diverso, menoaccentratore e più aperto al contributo di chi la sanità la vive ela fa. Vorremmo misurarci con un programma di interventi con-creti di razionalizzazione dei servizi e ottimizzazione delle risor-se economiche che offra il giusto riconoscimento a figure pro-fessionali come la nostra che possono farsi carico della perso-na malata nella sua complessità, interpretarne i bisogni fisici epsicologici, relazionarsi con la famiglia, assisterla a 360 gradi equanto più possibile a casa sua, nel suo ambiente sociale eaffettivo.La gestione completa del paziente è una delle chiavi di volta perun’assistenza sanitaria più vicina ai bisogni dei cittadini eanche meno dispendiosa. La sperimentazione di un sistema di

questo tipo, incentrata quindi sulla figura di riferimento infer-mieristica, è già stata avviata dalla Regione Toscana e stadando risultati incoraggianti anche sul fronte della spesa. E’ ilmomento di osare pure nel Lazio, di cambiare gli schemi chehanno prodotto inefficienze e sperperi e sposare con decisionela via dell’innovazione. I modelli non mancano e oggi gli infermieri sono pronti a farsicarico di un’assistenza completa della persona, accompagnan-dola in tutto il percorso di cura e riabilitazione. Alcune esperien-ze maturate all’estero tracciano la rotta: assistenza infermieri-stica domiciliare integrata, assistenza socio-sanitaria integrata,infermieri in farmacia, studi infermieristici associati. Una rete così può ridurre molto i ricoveri ospedalieri, evitarne irischi per il paziente, umanizzare le cure, azzerare gli sprechi.Come pure i “codici bianchi” dei Pronto soccorso possono esse-re trattati a domicilio del cittadino o vicino casa sua.Comprimere la spesa in modo forzoso non serve se non cambiail sistema. Finisce anzi per ridurre drammaticamente la reteattuale dei servizi senza che a questi vi sia una valida alterna-tiva. E allora: tagliare gli sprechi per investire in cultura sanita-ria e formazione del personale. Servono progetti formativinuovi, più intensi, capaci di coinvolgere gli operatori e di predi-sporli ad un cambio drastico di rotta, verso un’assistenza cheguarda al modello anglosassone, all’integrazione funzionale deiservizi socio-sanitari e dei professionisti. Chiediamo perciò di programmare e realizzare i servizi in modoinnovativo, finanziando specifici progetti di formazione e inse-rendoli con forme di sperimentazione nelle Aziende sanitarie eospedaliere di Roma e del Lazio. La sfida che lanciamo allanuova Amministrazione regionale è proprio questa: guardare unpo’ più in là del proprio naso.

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Integrazione e professionalità senzaconfini: approfondimenti transculturali nella formazione infermieristicadi Ewa Jagiela, Alessandro Stievano, Gennaro Rocco

LBACKGROUND E OBIETTIVILa crescente complessità del mondo dioggi mette a confronto situazioni globalie locali, generando una sempre maggiorcommistione tra culture, e deducendol’irrilevanza dei loro confini (Tortolici eStievano, 2006).Si potrebbe parlare di situazioni dinursing glocale, parafrasando unafortunata espressione coniata da Ro-bertson (1999): il locale e il globale nonsi escludono, al contrario, il locale deveessere compreso come un aspetto delglobale in cui riscoprire tradizioni, usi,costumi, abitudini societarie e consue-tudini antropologiche. Il nostro tempo è caratterizzato da nuovitermini e concetti: alterità, società mul-tietnica, ibridazione, meticciamento. Tutto questo ci fa riflettere su una so-cietà in trasformazione con la qualeognuno di noi, quotidianamente, si con-fronta, se non altro, in maniera convi-viale, dato che naan, sushi, riso ba-smati e chutney, fanno parte della dietadi un gran numero di abitanti delle areeoccidentali, si mescolano ai cibi tradi-zionali nei menù dei ristoranti autoctoni(Callari Galli, Cambi, Ceruti, 2003).Inoltre, nelle diverse culture, concetticome “salute” e “malattia”, proprio perle variegate manifestazioni dell’alteritàumana, hanno assunto, nel tempo, unamolteplicità di significati. Affermare che ogni uomo èpersona, vuole dire, quindi, sottoli-neare che, al di là delle differenzeindividuali, è un essere: unico, in-confondibile, insostituibile.È necessario comprendere i bisogni

della persona da porre al centro dell’ at-tenzione, badare ai suoi interessi, com-prendere il suo stile di vita, la polifoniadei suoi punti di vista nel vivere gliaspetti della sfera sanitaria. In questo scenario, l’antropologiaassume un’importanza precipua per l’in-fermiere contemporaneo, facendoglicomprendere appieno la concettualizza-zione dei bisogni dell’altro. L’antropologia è in grado di fornire unutile contributo sia alla teoria che allaprassi infermieristica, poiché l’oggettodella ricerca antropologica è l’uomo (Ri-vière, 1998; Harris, 1990; Ember 2003)ed è all’uomo e alla collettività che si ri-volge l’assistenza infermieristica; l’assi-stenza intesa come risposta ai bisognifondamentali della persona. La professione infermieristica noncostituisce un mondo a parte, mamantiene strette relazioni con il

resto della polifonia dei punti di vista,da cui riceve stimoli, richieste e pres-sioni di varia natura.Esperto dei bisogni quotidiani e più“personali”, l’infermiere, tra i profes-sionisti della salute, è più in gradodi altri di comprendere questi bi-sogni, poiché possiede una chiave diaccesso privilegiata all’intimo dellapersona, favorendo così la ricerca dellasalute stessa (Aletto, Di Leo, 2003).Oggi, nel mondo della sanità, qualcosasta cambiando: si comincia a capire cheil malato, in qualità di migliore “espertodella propria malattia”, in virtù di unarinnovata considerazione della sua il-lness (Maturo, 2007), deve essere inter-pellato e ascoltato, e, deve divenire, daoggetto di applicazione delle cono-scenze scientifiche dell’operatore sani-tario, un soggetto protagonista dell’in-contro.

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Il malato non è più solo sintomi osolo biologia: egli è, a un tempo,identità fisica, morale, culturale,economico-sociale (Cavicchi, 2004).Nella globalità della professione infer-mieristica il tema del nursing transcul-turale, quindi, ha un significato impor-tante. Le risposte, gli atteggiamenti, le pra-tiche con cui la persona assistita af-fronta i problemi di salute sono mul-tiple, presentando contorni sfumati eporosi: fuzzy (Rolfe 1997; Im, Chee2003). Il malato va, quindi, considerato una“risorsa” e, come tale, ascoltato econsultato nell’individuazione dei suoiproblemi e dei possibili rimedi (Collière,1992). La cultura appare un elemento cosìtipico della natura umana da esseredato per scontato. Si è totalmente mo-dellati dalla cultura da non renderciconto che essa esiste indipendente-mente, che ci sovrasta (Mantovani,1998, 2004) e che le nostre azioni ri-specchiano, di norma, schemi prefissatie dinamiche istituzionalizzate. Qualsiasiespressione dell’uomo non può pre-scindere dalla particolare matrice cul-turale della società di appartenenza(ibidem).Infermieristica transculturale,quindi, è un valore aggiunto della pro-spettiva della promozione della salute,poiché sottolinea la centralità delpaziente, indipendentemente dallediscriminazioni di qualsiasi specie(Basso, Perocco, 2003).La nostra responsabilità nei confrontidel singolo utente e della collettività ciimpone di compiere l’aggiornamentoscientifico continuo per allontanare pre-giudizi e credenze ed ipotizzare, in talmodo, modelli nuovi di assistenza peroperare in maniera migliore e qualifi-cante. Imparare sempre è, quindi, una ne-cessità e un obiettivo della società: nonsi può affrontare la complessità delvivere quotidiano, la velocità dei cam-biamenti e la molteplicità delle transi-zioni, senza un lavoro costante di rifles-sività e d’apprendimento. Imparare sempre per orientarsi, perusare le informazioni, per sviluppare le

competenze necessarie nei diversi con-testi, nelle diverse carriere e ruoli, nellevarie stagioni della vita, per sviluppare

un pensiero creativo e responsabile (Al-berici, 2002). Per questo motivo, l’acquisizione di co-

Variabili n. %

Provenienza CampioneMelito di Porto Salvo (Rc) 50 28,4San Giovanni-Addolorata (Roma) 74 42,1San Gerardo-Monza (Mi) 52 29,5Totale 176 100

Età20-30 33 18,831-40 66 37,541-50 57 32,351-60 20 11,4Totale 176 100

SessoMaschi 47 26,7Femmine 126 71,6No risposte 3 1,7Totale 176 100

NazionalitàItaliana 173 98,3Altra 3 1,7Totale 176 100

IstruzioneDiploma infermiere professionale 95 54Diploma universitario 21 12Laurea in Infermieristica 50 28,4Laura magistrale 8 4,5Altro 2 1,1Totale 176 100

Tabella 1

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noscenze riguardo alla visione antropo-logica ha rilevanza essenziale: la so-cietà multietnica non costituisce attual-mente una novità, ma la crescente com-ponente etnica pone, comunque, pro-blemi relazionali nuovi, provoca timori esperanze, chiusure e aperture nei con-fronti dell’ “altro”, sollecita la ricerca dimodalità di gestione della convivenzainteretnica.Il fenomeno dell’immigrazione non hasolamente risvolti assistenziali: ilnumero di infermieri stranieri sta su-bendo un incremento costante, tantoche nel 2008 il 28,4% delle nuove iscri-zioni presso i collegi Ipasvi sono statesottoscritte da stranieri. In questo caso, i maggiori incrementi siregistrano nel Nord-ovest (35,5% diiscrizioni di stranieri sul totale dei nuoviiscritti); i nuovi iscritti sono, soprattutto,donne e l’età media si colloca sui 32anni.Rispetto al Paese di provenienza,emerge come, dal 2004 al 2008, si siaconsolidato un flusso proveniente so-prattutto dalla Romania, dato che nelperiodo indicato, a livello nazionale,si sono iscritti 7.670 infermierirumeni, pari al 42,2% dei nuoviiscritti stranieri.Con un divario notevole, seguono gliinfermieri: polacchi (2.487 nuoviiscritti, pari al 13,7% dei nuovi iscrittistranieri); i peruviani (1.259 unità,pari al 6,9%); gli albanesi (869 unità,pari al 4,8%) e gli indiani (611 unità,pari al 3,4%).La transculturalità infermieristicaappare, perciò, in crescita, ed è de-stinata a modificare non soltanto la re-lazione professionale tra infermieri e trainfermieri e professioni socio-sanitarie,ma anche il rapporto tra il professio-nista e il cittadino, dato che la relazionetra l’infermiere ed il paziente non puònon contenere forme di adattamento,socialmente e culturalmente condi-zionate (Cipolla, Artioli 2003).Con questo approfondimento si sonovolute raccogliere indicazioni per va-lutare le conoscenze, le attitudini ed icomportamenti dei colleghi rispetto alconcetto di infermieristica transculturale. Inoltre, si è voluto comprendere, comevengono sviluppate le capacità di comu-

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U.O. di appartenenza n. %

Pronto soccorso 12 6,8

Medicina 39 22,2

Chirurgia 8 4,5

Ortopedia 17 9,7

Ostetricia e Ginecologia 19 10,7

Pediatria 9 5,1

Camera operatoria 17 9,7

Cardiologia 14 8,0

Urologia 14 8,0

Neurologia 3 1,7

Pneumologia 4 2,3

Neurochirurgia 12 6,8

Dialisi 8 4,5

Totale 176 100

Anni di lavoro n. %

meno di 5 anni 32 18,2

da 6 a 10 anni 45 25,6

da 11 a 15 anni 40 22,7

più di 15 anni 59 33,5

Totale 176 100

Tabella 2

Tabella 3

Quante lingue straniere conosce? n. %

Nessuna 63 35,8

Una 87 49,4

Più di una 26 14,8

Totale 176 100

Tabella 4

Nel suo reparto Lei capita maidi assistere i pazienti di altra n. %nazionalità?

Sì 172 97,7

No 4 2,3

Totale 176 100

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nicare oltre le barriere culturali e comesi gestiscono le situazioni negoziali,intese come un processo di confrontotra diversità.

IL CAMPIONE Il campione scelto è stato di tipo proba-bilistico casuale semplice rappre-sentato da 176 soggetti (infermieri),

così distribuito:– ospedale San Giovanni-Addolorata,

Roma (74 questionari);– ospedale Tiberio Evoli a Melito di

Porto Salvo (Rc)-(50 questionari);– ospedale San Gerardo di Monza

(Mi)-(52 questionari). I questionari sono stati somministratinella prima metà del 2009.Lo strumento utilizzato per tale ricerca èstato composto da 31 domande a ri-sposta multipla, tipo likert, con alcuneopzioni aperte e redatto in formaanonima (vedi allegato).

ANALISI DATI INDICAZIONISOCIO-DEMOGRAFICHEIl campione studiato era rappresentatoda 176 soggetti.Come si nota dalla Tabella 1, il 28% diadesioni si riferisce a colleghi chesvolgono attività professionale di infer-miere presso l’ospedale Tiberio Evoli aMelito di Porto Salvo (Rc); il 42 % pressol’ospedale San Giovanni-Addolorata diRoma e il 30% presso l’ospedale San Ge-rardo di Monza (Mi).Per quanto riguarda l’età, la frequenzapiù alta si riferiva alla fascia compresatra 31 e 40 anni (38%), seguita da quelladi età compresa tra 41 e 50 anni (32%).Il 71% del campione è donna, il 27%maschio.Il 98% del campione è italiano, il 2% dialtra nazionalità. Per quanto riguarda la formazione infer-mieristica: – il 54% del campione era in possesso del

Diploma di infermiere professionale;– il 12% del diploma universitario in

Infermieristica;– il 28% aveva la laurea in Infermieri-

stica;– il 4,5% è in possesso della laurea

magistrale in Scienze infermieri-stiche e ostetriche.

La maggior parte dei partecipanti alla ri-cerca svolge le proprie attività assisten-ziali presso unità operative di Medicina(22%), poi da unità operative di Oste-tricia e Ginecologia (11%), di Ortopediae di Sala Operatoria (9%). Circa il 33% svolgeva il lavoro di infer-miere da più di 15 anni, mentre circa il18% dichiarava meno di cinque anni diservizio.

Ritiene che i problemi socio-sanitari degli immigrati(quelli legati alla loro domanda di salute) dipendano da n. %

Aspetti tecnici (alloggio, lavoro, status giuridico,accesso ai servizi) 109 62

Aspetti della cultura d’origine del migrante (aspettative, modelli) 32 18,2

Aspetti legati alla cultura del paese ospitante(accoglienza o chiusura) 30 17,0

Altro 5 2,8

Totale 176 100

Tabella 6

Tabella 5

Si è mai interessato/a aiproblemi dei migranti? n. %

Sì 78 44,3

No 98 55,7

Totale 176 100

Tabella 8

Si è mai trovato in difficoltà nell’assistere unpaziente straniero? n. %

Sì 108 61,4

No 68 38,6

Totale 176 100

Tabella 7

Pensa che le differenze culturali possano, in qualchemodo, influenzare l’attività che l’infermiere svolge? n. %

Sì 65 36,93

No 76 43,2

Non ha importanza 30 17,0

Non so 5 2,9

Totale 176 100

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Circa il 50% ha dichiarato di conoscereuna o più di una lingua straniera,mentre circa il 36% del campione nonconosceva altre lingue al di fuori del-l’italiano (Tabella 3).Gran parte dei colleghi ha dichiarato di

non aver mai svolto attività profes-sionale all’estero (91%) e solo unaminima parte, ovvero l’8%, ha di-chiarato di aver avuto la possibilità difare questa esperienza. Nella tabella 4, possiamo osservare

come quasi il 98% ha assistito pazientidi altra nazionalità, contro il 2% che nonlo ha mai fatto, e che circa il 56% delcampione non si è mai interessato ap-profonditamente dei problemi dei mi-granti, contro il 44% che dichiara diaver nutrito interesse specifico versotale tematica (Tabella 5).Secondo il 62% dei colleghi, i problemisocio-sanitari dell’immigrato dipendonoda aspetti sociali quali la precarietà abi-tativa, il lavoro, lo status giuridico el’accesso ai servizi sanitari. Solo il 18% di infermieri associa le diffi-coltà ad aspetti legati alla culturad’origine e/o quella del Paese ospitante(Tabella 7).Secondo il 43%, le differenze culturalinon influenzano l’attività che l’infer-miere svolge contro quasi il 36% che,invece, non sottovaluta questo aspetto(Tabella 8), tant’è che quasi il 61% di-chiara di essersi trovato in difficoltànell’assistere il paziente straniero (Ta-belle 9 e 10).Così come presentato nella tabella 11,tra i bisogni più importanti da soddisfareper un paziente straniero, si evince che,la maggior parte del campione, ritieneprioritario che ci sia la necessità di ri-spettare la cultura delle persone (62%),segue, con quasi il 55%, dare rassicura-zione sotto vari aspetti, e, quindi, la ne-cessità di soddisfare i bisogni fisiologici(circa il 44%), anche se non pochi infer-mieri ritengono anche importante il bi-sogno spirituale (circa il 38%).Come venir incontro alle problema-tiche legate all’assistenza dellostraniero?Questo è un tema di dibattito aperto, inquanto, attualmente, sono molti i pro-blemi (a cominciare da quelli linguistici),per riuscire ad effettuare un nursing cul-turalmente adeguato.Quasi il 74% degli intervistati affermache la non conoscenza della lingua ita-liana comporta tanti problemi legati allaprestazione sanitaria, appellandosi, diconseguenza, a rimedi quali:il comu-nicare in altro modo cercando di farsicapire (46%); cercare di interpellare chi,tra i colleghi, parla la sua lingua (29%). Secondo quasi l’85% degli infermieri(Tabella 13) sarebbe opportuno che ilfoglio di consenso informato fosse

Se sì, quali sono le maggiori difficoltà incontrate? n. %

Comunicazione verbale (non conoscenza della lingua italiana) 99 56,2

Usi e costumi propri 8 4,6

Aggressività 3 1,7

Altro 66 37.5

Totale 176 100

Tabella 9

Secondo Lei, quali sono i bisogni più importanti da soddisfare per un paziente straniero? n. %

FisiologiciNo 96 54,6Sì 78 44,3Nessuna risposta 2 1,1Totale 176 100

SicurezzaNo 79 44,9Sì 96 54,5Nessuna risposta 1 0,6Totale 176 100

AppartenzaNo 116 65,9Sì 59 33,5Nessuna risposta 1 0,6Totale 176 100

Rispetto verso la culturaNo 66 37,5Sì 109 61,9Nessuna risposta 1 0,6Totale 176 100

Credo religiosoSì 108 61,3No 67 38,1Nessuna risposta 1 0,6Totale 176 100

Tabella 10

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scritto pure nella lingua parlata dal pa-ziente straniero.La conoscenza del nursing transcul-turale appare piuttosto sbilanciata

verso il sì (Tabella 14), anche se biso-gnerebbe verificare cosa s’intenda perconoscenza. Secondo il campione, infatti, quasi il

43% non conosce tanto tale tematica, etale percentuale con la successiva do-manda di approfondimento è maggiore.Infatti, il 54% non sa chi è MadaleineLeininger a confronto di quasi 43%che dichiara di conoscere tale influentestudiosa della disciplina (Tabella 15).Un dato significativo si può evincerenella tabella 17, in cui quasi il 72% nonha mai partecipato alla formazione ditipo interculturale, ma chi vi ha presoparte (circa il 61%), invece, ritiene chetali programmi formativi siano statid’aiuto per la sua professione. Quasi il 30% di non risposte, probabil-mente, sono legate alla non conoscenzadell’argomento (dichiarata prima), se-guita dalla voglia di partecipare a questitipi di evento formativi (circa il 74%).

DISCUSSIONEDai dati presentati appare significativoche l’infermiere non ha pienamenteconsapevolezza del significato profondodi nursing transculturale, ma esprime lanecessità e la volontà di proseguire conlo studio transculturale allo scopo didare un’assistenza appropriata e diqualità, visti anche i cambiamenti mi-gratori in atto nella società italiana conla grande enfatizzazione mediatica ed ildibattito politico sempre aperto su taliassunti.Per sopperire a tali necessità si po-trebbe prendere ad esempio virtuosol’Asl di Brescia che, con l’istituzione delCentro di Salute Internazionale e di Me-dicina Transculturale (Csi) (El-Hamad,Pezzoli, 2005) cerca di dare risposte diassistenza individualizzata anche ai pa-zienti altri.Gli autori ci mostrano che gli obiettiviprogrammatici del Centro, l’organizza-zione ed il suo funzionamento, le carat-teristiche delle popolazioni che vi afferi-scono e alcune delle attività svolte,quali: la mediazione interculturale el’orientamento socio-sanitario, l’attivitàdi didattica e di formazione, l’attività diricerca ed il servizio di psicologia, di-ventano imprescindibili per un’assi-stenza attenta all’alterità. Tra le molteplici attività svolte dall’in-fermiere, riveste notevole importanzaquella preconizzante l’inter-dialogicitàtra l’utente e le istituzioni sanitarie. In

La non conoscenza della lingua italiana da parte delpaziente straniero è un problema per l’assistenza? n. %

Sì 130 73,9

No 37 21,0

Non lo so 8 4,5

Nessuna risposta 1 6

Totale 176 100

Se sì, come si comporta nei confronti delpaziente/utente che non parla italiano

Lo affida ad un altro collega indipendentemente separla o no la sua lingua 10 5,7

Cerca di interpellare tra i colleghi chi parla la sua lingua 52 29,5

Comunica in altro modo cercando di farsi capire 81 40,6

Lo ignora completamente 1 6

Nessuna risposta 32 18,2

Totale 176 100

Secondo Lei, sarebbe opportuno che il foglio diconsenso informato fosse scritto in italiano e nellalingua parlata dal paziente straniero? n. %

Sì 150 85,2

No 13 7,4

Non ha importanza 13 7,4

Totale 176 100

Sa cosa si intende per nursing transculturale? n. %

Sì 100 5,8

No 75 42,6

Nessuna risposta 1 0,6

Totale 176 100

Tabella 11

Tabella 12

Tabella 13

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questo ruolo, difficile da interpretare,l’infermiere si trova impegnatoanche nella gestione dei conflitticulturali e di comprensione lingui-

stica con l’utenza, nel tentativo disoddisfare le esigenze di un’utenzavulnerabile spesso con problemi co-municativi di comprensione.

La competenza professionale dell’ope-ratore sanitario infermiere deve essere,allora, adattata al bisogno relazionaledell’utente; perciò, l’acquisizione daparte dell’infermiere, di conoscenze mu-tuate dall’antropologia culturale, dalnursing transculturale, dalla psicologiasociale, dalla psichiatria transculturale,dalla psicologia relazionale, associatealla conoscenza di specifici aspetti etico-deontologici e della normativa vigente inmateria di immigrazione e di migrazioneinternazionale, può ottimizzare le presta-zioni erogate agli utenti stranieri.L’adozione di uno strumento utile per ri-levare il livello di competenza su basetransculturale ed interculturale del per-sonale infermieristico, può consentire diindividuare i contenuti necessari percolmare, le lacune evidenziate, attra-verso la progettazione di un appropriatointervento educativo. L’Italia sta rapidamente trasformandosiin una società multietnica con la pre-senza di gruppi provenienti da Paesi dicultura e lingua diversi.Sembra opportuno capire fino a chepunto l’insegnamento di contenuti tran-sculturali/multietnici venga inserito neicurriculum degli studi di infermieristica.La ricerca sistematica di supporto a talearticolo dimostra con chiarezza chemolte università non hanno ancora in-serito pienamente contenuti di caratteretransculturale/multietnico nel percorsodegli studi infermieristici. Inoltre, manca una chiara correlazionefra le discipline che offrono i suddetticontenuti, e ancora di più si dimostra unmancato coordinamento fra la teoria pre-sentata, l’attività di laboratorio specificoe la presenza dello studente nel tirocinioa contatto con le comunità etniche(Ciancio, 2005). Eppure, gli infermieri,per le caratteristiche peculiari dellavoro e per la stretta interrelazioneche intrattengono con le personeassistite, sono in posizione idealeper rispettare la cultura dell’altro. Il dibattito sull’ideale conoscitivo a cuideve inspirarsi il nursing rimane aperto:il paradigma bio-medico, nonostante imeriti scientifici, non ne esaurisce ilsenso, soprattutto laddove è rapportocon l’altro e con l’esperienza vissuta dimalattia (Maturo, 2007).

Ha mai sentito parlare di Madaleine Leininger? n. %

Sì 76 43,2

No 95 54,0

Nessuna risposta 1 6

Totale 176 100

Tabella 14

Secondo Lei, l’antropologia è una disciplinalegata all’infermieristica n. %

Sì 106 60,2

No 22 12,5

Non ha importanza 1 0,6

Non lo so 47 26,7

Totale 176 100

Tabella 15

Ha mai partecipato a qualche corso/convegno/seminario di formazione interculturale? n. %

Sì 40 22,7

No 126 71,6

Nessuna risposta 10 5,7

Totale 176 100

Se sì, Lei sono stati d’aiuto per la Sua professione?

Sì 108 61,3

No 4 2,3

Non lo so 11 6,3

Nessuna risposta 53 30,1

Totale 176 100

Se no, vorrebbe parteciparvi?

Sì 130 73,9

No 5 2,8

Non lo so 41 23,,3

Totale 176 100

Tabella 16

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I nessi causali su cui si fonda il modellopositivista si rivelano, infatti, insuffi-cienti quando si indaghino fenomeni ca-ratterizzati da contraddittorietà, insta-bilità, complessità e variabilità. Quindi, diventa fondamentale ricercareuna nuova nozione di scientificità chepossa dare rilevanza e oggettività anchea questi aspetti (Artioli, 2003).

CONCLUSIONI Il ruolo conquistato con tanta determi-nazione ed entusiasmo ha permessoalla categoria infermieristica di conqui-starsi uno spazio proprio e un’auto-nomia meritata e - finalmente - ricono-sciuta (Gamberoni, 2008).L’assistenza infermieristica è un fe-nomeno universale, ma le espressioni, iprocessi ed i modelli variano in basealle culture; i comportamenti, gliobiettivi ed i compiti di assistenza va-riano con la struttura sociale e con ivalori specifici delle persone nelle di-verse culture: se si accettano questiconcetti di base, il riferimento per l’in-

fermiere diviene non solo “l’uomo”, ma“l’uomo nel suo contesto”.L’infermiere dovrebbe rivedere ilproprio ruolo alla luce della com-plessità mondiale e dei documentiinternazionali di riferimento riguar-danti la salute-malattia. È necessario prendere atto dell’assi-stenza del “diverso” e trovare, quindi,modelli di caring capaci di plasmarsi suicontesti specifici per ritrovare l’assi-stenza olistica, quindi, un’assistenzache si strutturi, non soltanto sulla cono-scenza tecnica, ma anche sulla cono-scenza di aspetti socio-antropologici.Essere infermiere significa pos-sedere conoscenze e competenzeacquisite attraverso la formazionepermanente, fondare il propriooperato attraverso la riflessionecritica sull’esperienza e la ricerca,progettare e svolgere attività di for-mazione, promuovere ed attivare laricerca e la cultura di diffusione deirisultati (Alvaro et al., 2007). Proporre, dunque, un approccio socio-

antropologico del nursing attraversoistituzione di corsi di approfondimentosull’infermiere transculturale.L’approccio integrato condiviso dall’an-tropologia culturale e dal nursing uniscefortemente le due discipline e pone lapersona al centro della relazione, aiu-tando a comprendere ciò che porta insé, i suoi bisogni espressi ed inespressi,nel rispetto della sua cultura e reli-gione. L’importanza dell’antropologianella professione infermieristica puòtradursi in una maggiore capacitàd’ascolto e di intuizione, in una mag-giore comprensione delle differenze edelle similitudini per una migliore com-prensione dei bisogni umani.

AUTORI:Ewa Jagiela, dottoressa magistrale inScienze infermieristiche-ostetriche;Alessandro Stievano, dottore magistrale inScienze infermieristiche-ostetriche;Gennaro Rocco, direttore centro di forma-zione "Padre L. Monti" - Idi, Tor Vergata,Roma.

ALLEGATO

Questionario: “Integrazione e professionalità senza confini. Il ruolo dell’ infermiere nella formazione transculturale”.

Dati sociodemograficiEtà: ❑ 20-30 ❑ 31-40 ❑ 41-50 ❑ 51-60Sesso:❑ M ❑ FNazionalità: ----------------------------------------------------Cittadinanza: -------------------------------------------------

Titolo di studio:❑ scuola regionale ❑ D.U. ❑ laurea di 1 livello ❑ laurea di 1 livello + laurea specialistica❑ altro

Unità Operativa:

1. Da quanto tempo svolge il lavoro di infermiere?❑ meno di 5 anni ❑ da 6 a 10 anni ❑ da 11 a 15 anni ❑ più di 15 anni

2. Quante lingue straniere conosce?❑ nessuna ❑ una ❑ più di una

3. Ha mai svolto attività/esperienze lavorative all’estero?❑ sì ❑ no

4. Nel Suo reparto Le capita di assistere i pazienti di altra nazionalità?❑ sì ❑ no

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5. Si è mai interessato/ ai problemi dei migranti?❑ sì ❑ no

6. Se sì, in che modo?❑ mi sono informato/a ❑ per motivi professionali ❑ altro

7. Conosce la stima della presenza dei stranieri presenti sul territorio italiano?❑ sì ❑ no

8. Ritiene che i problemi socio-sanitari degli immigrati (ed, in particolare, quelli legati alla loro domanda di salute)dipendono maggiormente da:❑ aspetti tecnici (alloggio, lavoro, status giuridico, accesso ai servizi)❑ aspetti della cultura d’origine del migrante (aspettative, modelli)❑ aspetti legati alla cultura del paese ospitante (accoglienza o chiusura) ❑ altro

9. Dal punto di vista giuridico-amministrativo, gli immigrati hanno attualmente diritto di strutture sanitariepubbliche come i cittadini italiani?❑ sì ❑ no ❑ solo in particolari situazioni ❑ solo privatamente ❑ non lo so

10. In che modo vede l’appartenenza ad una nazionalità diversa dalla Sua?❑ confronto con una cultura diversa❑ curiosità di conoscere un modo diverso di vivere❑ significato razziale di inferiorità/superiorità❑ altro---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

11. Pensa che le differenze culturali possono in qualche modo influenzare l’attività che l’infermiere svolge?❑ sì ❑ no ❑ non ha importanza ❑ non lo so

12. Si è mai trovato in difficoltà nell’assistere un paziente straniero?❑ sì ❑ no

13. Se sì, quali sono le maggiori difficoltà incontrate nell’assistere i pazienti stranieri?❑ comunicazione verbale (non conoscenza della lingua italiana)❑ usi e costumi propri ❑ aggressività ❑ altro

14. Secondo Lei, quali sono i bisogni più importanti da soddisfare per un paziente straniero? (barrare non più di trerisposte)❑ fisiologici ❑ sicurezza ❑ appartenenza ❑ rispetto verso la sua cultura ❑ credo religioso ❑ altro

15. Secondo Lei, ai fini di una buona assistenza, è importante conoscere il credo religioso del paziente?❑ sì ❑ no ❑ non lo so

16. Se sì, perché?---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

17. Dovendo assistere uno straniero, Lei pensa che è più difficile assistere una donna che un uomo?❑ sì ❑ no ❑ non lo so

18. Se sì, perché?-----------------------------------------------------------------------------------------------19. La non conoscenza della lingua italiana, da parte del paziente straniero, rappresenta un problema importanteper l’assistenza?❑ sì ❑ no ❑ non lo so

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20. Se sì, come si comporta nei confronti del paziente/utente che non parla italiano?❑ lo affida ad un altro collega indipendentemente se esso parla o no la sua lingua❑ cerca di interpellare tra i colleghi chi parla la sua lingua❑ comunica in altro modo cercando di farsi capire❑ lo ignora completamente

21. Secondo Lei, la presenza di un’infermiere straniero può indurre un maggior senso di sicurezza e alleviare ilsenso d’ansia nei pazienti stranieri?❑ sì ❑ no❑ non ha importanza

22. Secondo Lei, sarebbe opportuno che il foglio di consenso informato fosse scritto in italiano e nella linguaparlata dal paziente straniero?❑ sì ❑ no ❑ non ha importanza

23. L’articolo 2.5 del Codice Deontologico dice: “Nel caso di conflitti determinati da profonde diversità etiche,l’infermiere si impegna a trovare la soluzione attraverso il dialogo”. Pensa che questo accada nella nostra realtàlavorativa?❑ sì ❑ no ❑ non lo so

24. Sa cosa si intende per nursing transculturale?❑ sì ❑ no

25. Ha mai sentito parlare di Madaleine Leininger?❑ sì ❑ no

26. Secondo Lei, l’ antropologia è una disciplina legata all’infermieristica?❑ sì ❑ no ❑ non ha importanza ❑ non lo so

27. Conosce il ruolo del mediatore culturale?❑ sì ❑ no

28. Pensa che sia necessaria la figura del mediatore culturale ai reparti di degenza?❑ sì ❑ no ❑ non lo so

29. Ha mai partecipato a qualche corso/convegno/seminario di formazione interculturale?❑ sì ❑ no

30. Se sì, Le sono stati d’aiuto per la professione?❑ sì ❑ no ❑ non lo so

31. Se no, vorrebbe parteciparvi?❑ sì ❑ no ❑ non lo so

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BIBLIOGRAFIA

IN PILLOLE

Lingua straniera, da piccoli è meglioA conferma che imparare una lingua straniera da bambini è meglio (e che da adulti la si dimentica più difficilmente) è uno studio pubblica-to su Psychological Science, a cura di una gruppo di ricerca dell'università di Bristol (Gb). I ricercatori hanno notato che le lingue dimenticate possono nascondersi nella mente più profondamente di quanto si pensi: a sostegno dellaloro tesi, hanno arruolato volontari madrelingua inglese che da piccoli avevano imparato l'Hindi o lo Zulu. Dopo averli sottoposti ad alcuni test, hanno scoperto che, anche se all'inizio i soggetti non ricordavano le lingue dimenticate, dopo alcunesemplici istruzioni sono riusciti a ritrovare velocemente i vocaboli persi.Dunque, far imparare le lingue straniere ai bambini è estremamente vantaggioso, anche se poi non si può fare pratica: a quanto pare, anchedopo molti anni, infatti, si possono manifestare le tracce di questo apprendimento e si può migliorare la capacità di imparare, di nuovo, lalingua dimenticata.

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Come vivono il ricoveronegli ospedali italianigli immigrati cinesi?di Teresa Compagnone, Elisabetta Forti, Guja Teramo

QABSTRACTQuesto lavoro si pone l’obiettivo diesplorare il vissuto esperenziale rispet-to al ricovero ospedaliero di immigraticinesi attraverso i loro racconti, e diapprofondire le conoscenze su questacomunità, cominciando dalla diasporacinese a Roma. Si introducono le basi della medicinacinese e si cerca di spiegare il perchédel loro scarso accesso ai servizi.

Materiali e metodiRevisione della letteratura giornalistica,scientifica e statistiche della Caritas.Ricerca qualitativa fenomenologica uti-lizzando l’approccio biografico: i datisono stati raccolti attraverso intervistenon strutturate registrate, previo con-senso scritto dei partecipanti.

RisultatiSono state analizzate tre storie di vitadalle quali è emerso una generale sod-disfazione verso l’assistenza infermieri-stica ricevuta negli ospedali italiani, maun unanime malcontento verso il livellodi informazioni sui vari servizi sanitari,sia sulle tipologie sia sulle procedureper accedervi. La difficoltà principalerisulta essere la problematica con-nessa all’uso della lingua, specienegli immigrati recenti e clandestini, dacui la necessità di opuscoli informatividedicati. È emerso, inoltre, una non comprensio-ne rispetto ai tempi burocratici sanitariitaliani, soprattutto se confrontati con ilsistema sanitario cinese.

ConclusioniAttraverso questo lavoro è stato possi-bile comprendere come gli immigraticinesi affrontano il ricovero e la malat-tia, e quali sono le loro considerazionisull’assistenza sanitaria erogata.Si è potuto, inoltre, conoscere la comu-nità cinese, attraverso i loro usi e costu-mi e le millenarie tradizioni, sfatando, inqualche occasione, miti e leggendeinfondate, per poter, in seguito, garanti-re un’assistenza culturalmente più com-petente.

Parole-chiave: comunità cinese, espe-rienza di ricovero, fenomenologia,approccio biografico.

INTRODUZIONELa nostra società sta affrontando cam-biamenti culturali importanti, nonrisparmiando neanche la realtà ospeda-liera che si trova, così, ad interagire con

persone appartenenti a culture spessomolto distanti dalla nostra.Tra le varie etnie presenti sul territorioromano, quella cinese gode di un prima-to non sempre apprezzato, quello cioèdei luoghi comuni e delle leggendemetropolitane: una tra tutte, che i cinesinon si rivolgono ai nostri ospedali, affi-dandosi, invece, ad ambulatori clande-stini gestiti abusivamente da connazio-nali.Inoltre, come risulta dai dati dellaCaritas (Tabella 1), gli immigrati dinazionalità cinese sono tra i primicome presenza sul territorio italia-no. A Roma, in particolare, la loropresenza massiccia è concentratasoprattutto all’Esquilino, come attivi-tà lavorativa, e tra Prenestina eCasilina come luogo di dimora. Con questa ricerca, oltre a cercare dismentire alcuni di questi luoghi comuni,si è voluta conoscere l’esperienza di

Numero di residenti cinesi per municipio di insediamento

Municipio n°residenti % municipio N° residenti %

I 1.385 4,9 IX 611 6,6

IV 271 2,6 X 483 6,1

V 398 4,4 XI 464 4,4

VI 1.666 13,4 XV 399 3,4

VII 488 4,8 XVII 199 3

VIII 1.140 6,3 XIX 206 1,4

Tabella 1. Fonte: Caritas/Osservatorio Romano sulle migrazioni. Elaborazioni su datiUfficio Statistica del comune di Roma e dati Istat-Quarto Rapporto 2007

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quei cinesi che si rivolgono ai nostri ser-vizi sanitari, per meglio comprendere iloro modo di affrontare la malattia e ilricovero in ospedale, attraverso unaserie di interviste non strutturate (tali dapermettere una più libera dichiarazio-ne), rispetto all’esperienza in sé, mapure sui problemi che portano i loro con-nazionali ad accedere in modo così scar-so ai nostri servizi sanitari.Gli immigrati di nazionalità cinese sonotra i primi come numerosità sul territorio La loro presenza massiccia stona con illoro scarso accesso ai servizi sanitari.Dalla ricerca bibliografica è emerso chequesto dato trova parziale spiegazionese analizziamo la media d’età di talepopolazione sul nostro territorio. Infatti, i cittadini cinesi in Italiasono in maggioranza giovani (tra i 25e i 45 anni) e, dato di non minore impor-tanza, lavorano spesso in settori nonpericolosi (ristorazione e laboratoritessili), a differenza di gran parte deglialtri immigrati.Appare abbastanza chiaro, quindi, che illoro accesso ai servizi, sarà inferiorerispetto agli immigrati con una mediad’età più alta e che lavorano in settori piùpericolosi, come, ad esempio, l’edilizia.Sempre dalla letteratura, è poi emersoche i nostri iter per l’accesso ai servizisanitari sono più lunghi e con più buro-crazia rispetto a quelli cinesi, dove,invece, basta “fare la fila” davantiall’ambulatorio specialistico della pato-logia di cui si è affetti.Fin qui la letteratura è ricca di informa-zioni e inchieste, ma scarse sono letestimonianze dei cinesi che si fannocurare: i motivi possono essere vari, dal-l’ancor scarso rilievo dell’infermieristicatransculturale in Italia, alla “chiusura”del popolo cinese, poco incline a parlaredi sé.Questo lavoro vuole proprio approfondi-re tale tematica, al fine di ampliare lenostre conoscenze sul loro modo diaffrontare il ricovero ospedaliero e - per-ché no - imparare qualcosa da questapopolazione, ricca di storia e tradizionimillenarie.In breve, scopo di questa indagine eradare una risposta alle seguenti domande:– Come vivono i cittadini cinesi il rico-

vero negli ospedali italiani?

– Come affrontano la malattia e la sof-ferenza?

– Cosa li spinge a ricorrere ai nostriospedali e alla nostra medicina, inve-ce di rivolgersi ai loro medici, comefanno molti di essi?

– Perché non esistono dati a sufficien-za al riguardo? Loro non parlano o noinon chiediamo?

Queste domande e la scarsità di dati inletteratura hanno fatto nascere l’esigen-za e la curiosità di andare a ricercare lerisposte che, in quanto infermieri, dob-biamo possedere per erogare la miglioreassistenza possibile, anche ad un popoloculturalmente tanto distante da noi.

MATERIALI E METODIPer questa ricerca qualitativa si erascelto, inizialmente, il metodo fenome-nologico di Giorgi, ma poi, a causa della

difficoltà di reclutamento dei parteci-panti e della loro timidezza nel risponde-re alle domande dell’intervista semi-strutturata, si è optato per l’approcciobiografico di stampo fenomenologico(metodo largamente usato in sociolo-gia), in cui si analizzano i racconti di vitadelle persone reclutate per estrarneunità di significato.Tale approccio si è rivelato il più ade-guato, poiché non necessita di un grannumero di partecipanti, non si pone ilproblema della validità (in quanto, soloil narratore possiede le prove di ciò cheracconta) e, soprattutto, lascia libero ilnarrante di raccontare la propria espe-rienza coi suoi tempi e le sue digressio-ni, senza i vincoli delle domande. Gliunici dati, sono stati piccoli vincoli ditipo tematico, per rendere il raccontoutile ai fini della ricerca.

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La raccolta dati è stata effettuata attra-verso interviste registrate su nastro(previo consenso informato scritto del-l’interessato) e, successivamente, tra-scritte; di durata variabile (dai 30 ai 60minuti), a seconda del partecipante edell’esperienza che raccontava.Durante la narrazione il ricercatoreinteragiva con l’intervistato solo perevitare che andasse fuori tema e perfar approfondire dati significativi cheemergevano.Le registrazioni, una volta trascritte,venivano distrutte per salvaguardare laprivacy del partecipante. Il campione, dietà minima di 18 anni, con almenoun’esperienza di ricovero ospedaliero inItalia e con la residenza in Italia, è ditipo propositivo, comprendente cioèsoggetti che hanno vissuto l’esperienzain studio.

I criteri di inclusione per poter aderirealla ricerca sono stati:– conoscenza della lingua italiana; – cittadinanza cinese; – immigrati di prima generazione. Il reclutamento dei partecipanti è avve-nuto “a valanga” , grazie all’input inizia-le di Francesca Consolo (impiegatapresso l’Ufficio di Presidenza del XVIMunicipio che, dal 1993, si occupa delsociale, prima, presso l’assessorato allePolitiche Sociali del comune di Roma,poi, attraverso la Commissione perl’Immigrazione), che ha permesso unincontro con l’allora presidente dellaConsulta Cittadina per l’Immigrazione,Pan Yong Chang, cittadino cinese resi-dente in Italia da circa 20 anni.Il contatto con Pan Yong Chang è servi-to sia come mediazione con i futuri par-tecipanti, sia per ottenere informazioni

e dati rilevanti sullo stato attuale dellacomunità cinese a Roma.A causa della scarsa propensione a par-lare di se stessi, i cinesi reclutati sonostate solo tre - due donne e un uomo -con un’età media di 45 anni e tutti resi-denti in Italia da circa 20 anni.Ai partecipanti è stata inizialmente con-segnata la lettera di presentazione dellaricerca con i relativi obiettivi, e succes-sivamente è stato fatto firmare il con-senso informato e la tutela della privacy, nel quale si informava che la parteci-pazione era del tutto anonima e che leinterviste sarebbero state audio regi-strate e, una volta trascritte, distrutte, atutela della riservatezza dei dati.I racconti, poi, sono stati messi a con-fronto per estrarre tematiche simili traloro, in modo da rendere i risultati utiliai nostri fini e il più possibile genera-lizzabili.Alla fine, è stata stesa una relazionecon le conclusioni della ricerca, nellaquale si descrive il modo in cui gli inter-vistati hanno vissuto il ricovero neinostri ospedali, mettendo in risalto lesensazioni che ognuno di loro ha prova-to e le opinioni sull’approccio al nostromodo di fornire assistenza.

RISULTATINelle tre storie prese in considerazio-ne, si incontrano più volte tematicheche accomunano le interviste e cherendono più chiara la visione dei cine-si rispetto al ricovero in ospedale inparticolare, ma più diffusamente, sultipo di assistenza sanitaria erogata inItalia.Dall’analisi delle tre interviste sonoemersi sei temi comuni (Tabella 2).

Analizziamoli uno ad uno:Conoscenza della lingua italianaGli intervistati ammettono che non

Temi1 Conoscenza o meno della lingua

italiana2 Mancanza di informazione3 Tempi lunghi4 Differente approccio alle cure5 Assistenza infermieristica6 Obbligo di riconoscenza

Tabella 2. Temi comuni ai tre racconti

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hanno avuto problemi durante il ricove-ro perché parlavano un discreto italianoe affermano che, però, quando questaconoscenza non c’è, le incomprensioni ele difficoltà nella comunicazione posso-no causare inconvenienti spiacevoli,qualche volta comici:Primo racconto – “…A quei tempi nonparlavo bene italiano, anzi quasi perniente. Infatti, durante il parto, conti-nuavano a dirmi: ‘Spingi, spingi’, ma ionon facevo nulla…”; “…In quest’ occasione non mi trovaimolto bene con le infermiere, forse peròera colpa mia: non parlando bene l’ita-liano non riuscivo a farmi capire e acapire. Sicuramente ci sono stati deifraintendimenti…”.Secondo racconto – “…È troppo lungoe troppo difficile, soprattutto per noistranieri, in particolare per chi non parlabene l’italiano…”; “…Parlando discre-tamente italiano, sono riuscito a comu-nicare abbastanza bene…”; “…E poinon sapevano come dire ciò che avevaperché non parlavano una parola di ita-liano…”.Terzo racconto – “…Mi sono trovatasempre bene, sia perché ho trovatoinfermieri e medici educati e disponibi-li, sia perché ho sempre parlato beneitaliano. Ci ho messo pochissimo adimpararlo: sono portata per le lingue. Selo avessi parlato poco o male ci sareb-bero stati sicuramente problemi, lo vedocon i miei amici che sono da poco inItalia… Li devi sempre accompagnaredal medico!”.Il problema della lingua è un pro-blema serio, che va affrontato condecisione e delicatezza, poiché il lin-guaggio è la prima cosa che caratterizzauna persona e il suo appartenere ad unpopolo. La difficoltà nell’imparare la lin-gua del paese ospitante è comune atutte quelle comunità chiuse che prefe-riscono stringere legami affettivi e dilavoro con i propri connazionali.Tali problemi si riscontrano quasi esclu-sivamente negli immigrati di primagenerazione, soprattutto se arrivano nelnostro Paese in età adulta e, spesso,hanno finito il corso di studi in patria.Ciò, a differenza delle seconde genera-zioni e dei più giovani che, al contrario,andando a scuola in Italia, apprendono

la lingua e si integrano molto più facil-mente.

Mancanza di informazioneQuesta tematica è stata affrontata dadue intervistati, pur non riguardandoloro stessi in prima persona; entrambi sisono fatti portavoce di una condizionegenerale di tutti gli stranieri, non solo diquelli cinesi, ed, in particolare, riguardagli irregolari che, per paura, rimangonoin disparte, restando all’oscuro anchedei loro diritti:Secondo racconto – “…Noi immigratici sentiamo, siamo senza informazionisui servizi sanitari a cui possiamoaccedere...”; “…Sono tanti i clande-stini che conosco che non vanno inospedale per paura di essere denun-ciati e rispediti in Cina. Ma perché nonesiste un opuscolo in cinese e in altrelingue dove si danno delle informazio-ni chiare a noi stranieri?...”.Terzo racconto – “…E comunque moltistranieri non sanno neanche da chepunto iniziare per farsi visitare!”.La mancanza di informazione sul-l’accesso ai servizi sanitari daparte degli stranieri, è una tematicamolto delicata, affrontata con fervo-re dagli intervistati, che la pongono

come causa prima del mancato utilizzodegli stessi.In un incontro precedente all’intervista,uno di loro affermò che molti suoi con-nazionali si rivolgevano a fantomaticimedici-guaritori cinesi, non tanto per-ché avessero sfiducia nella medicinaoccidentale, ma perché non sapevanocome accedervi o avevano paura difarlo.

Tempi lunghiI lunghi tempi di attesa e l’eccessivaburocrazia che caratterizza il nostrosistema sanitario è un modo di fare e diessere quasi totalmente incomprensibi-le per i cinesi.Questo è spiegabile se paragoniamo illoro sistema sanitario al nostro, analiz-zato proprio grazie ai nostri intervistati(il secondo e il terzo) che descrivono conmolta chiarezza e parole estremamentesemplici entrambe le situazioni:Secondo racconto – “…L’operazione èstata semplice e veloce, ma i problemisi sono verificati prima del ricovero. Voi,in Italia, fate tutto difficile: se una per-sona sta male deve affrontare un labi-rinto di burocrazia che spesso si rivelapericolosa per la sua salute. Questadeve prima andare dal medico di base,

Figura 1. I luoghi comuni: “I cinesi non muoiono mai”

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farsi fare la prescrizione per la visitaspecialistica, poi si deve chiamare ilCup e prenotare la visita che, se sei for-tunato, te la danno dopo un mese. Poi lospecialista ti visita e, se ti devi operare,ti mette in lista, così passa altro tempoprezioso!...”; “...In Cina quando staimale, se non sei da pronto soccorso, vaia fare la fila davanti all’ambulatoriodello specialista della tua patologia: searrivi presto ti visitano, sennò torni ilgiorno dopo. Meglio aspettare uno odue giorni piuttosto che minimo unmese, no?...”; “…Sono arrivato ‘stan-co’ per tutte le trafile che ho dovuto fareper arrivare al ricovero, trafile chehanno fatto anche ingrandire la miaciste!...”.Terzo racconto – “…Però di positivo inCina qualcosa c’è: l’ospedale è più velo-ce, senza appuntamenti e attese inter-minabili. Hai mal di schiena da un po’ digiorni? La mattina vai all’ospedale, faila fila e vieni visitato. Se non rientri conl’orario dell’ambulatorio torni il giornodopo. È più semplice! Mica come da voiche per fare una visita aspetti mesi epoi quando finalmente arriva il giornonon hai più niente!”.Le infinite trafile burocratiche cheuna persona con un problema disalute deve affrontare per accedere

alla visita specialistica è già diffi-cile e stressante per noi italiani,immaginiamo cosa deve significareper uno straniero, che magari nonparla bene l’italiano e che vive la suacondizione di malattia con una difficoltàin più: trovarsi in terra straniera.

Differente approccio alle cureDalle interviste è emerso (in due dei treracconti) la differenza nell’approccio allecure, inteso come diversità di metodi.Nella cultura cinese, la medicina tradi-zionale ha un ruolo fondamentale, spes-so messo in sinergia con le cure di stam-po occidentale, affinché ogni aspettodella malattia sia affrontato.Non solo: anche il nostro eccedere conmedicinali e interventi invasivi è statoargomento di discussione dei nostriintervistati:Primo racconto – “…Durante la chemio,all’inizio, vomitavo in continuazione: nonriuscivo a mandare giù nulla che subito larigettavo. Così mi sono rivolta ad unmedico cinese in Cina che mi ha prescrit-to un infuso di erbe da prendere durantela terapia, utili a riportare l’equilibrio amilza e fegato. Ho preferito non parlarnecon il mio oncologo italiano, perché hoavuto paura che non capisse…Noi inCina, per curare i tumori e altre malattie

ci affidiamo sia alla medicina occidenta-le che a quella cinese, perché la forza staproprio nell’unione. Infatti, con l’infusosono stata molto meglio ed ho ancheripreso qualche chilo...”.Secondo racconto – “…Poi da noi nonsi ricorre immediatamente alla chirurgiao a terapie farmacologiche pesanti.Prima si prova con le erbe e con prati-che tipo l’agopuntura (sempre in ospe-dale), poi se non ha funzionato si passaa cose più invasive. Certe volte si usanotutte insieme, e di solito funziona sem-pre…”; “…Noi cinesi, qui in Italia, leusiamo le erbe, ma per piccole cose,come raffreddore o influenza, così nonprendiamo troppe medicine: voi neprendete troppe!...”.

Assistenza infermieristicaTutti gli intervistati sono stati soddi-sfatti dell’assistenza infermieristica aloro erogata, e non hanno incontratoproblemi, relativi alla differenza cul-turale. Hanno poi messo a confronto la tipolo-gia di assistenza erogata in Cina conquella in Italia, trovando quest’ultimapiù completa e “democratica”, senzadistinzione di condizioni economiche.Primo racconto – “…Qui ho trovato unostaff ottimo, soprattutto gli infermieri,dei quali mi ha molto colpito il sorriso,nonostante il reparto non fosse dei piùallegri…”; “…Gli infermieri da noi nonpraticano le cure igieniche, né danno damangiare ai pazienti: per queste cosel’ospedale mette a disposizione un ser-vizio a pagamento di badanti. Se peròuno non ha soldi deve, per forza, coin-volgere amici e parenti…”.Secondo racconto – “…Non ho avutoproblemi durante il ricovero, tutti sonostati gentili e professionali…”. Terzo racconto – “…Mi sono trovatameglio qui che in Cina con gli infermie-ri, perché da noi ti trattano bene solo sepaghi, se gli dai la mancia. Ma, anche inquel caso, l’assistenza che fate voi ècento volte superiore. Se voleste gua-dagnare lavorando poco, dovreste veni-re a fare le infermiere in Cina!”.Tutti gli intervistati si sono mostratientusiasti che la ricerca fosse dedi-cata agli infermieri, che considera-no elementi di spicco della “buonaFigura 2. I luoghi comuni: “Fanno finta di non capire l’italiano”

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assistenza” ricevuta, affermandoche è proprio l’infermiere la figurache è stata loro più accanto duran-te il ricovero.

Obbligo di riconoscenzaGli intervistati (il primo e il terzo) parla-no di una sorta di debito morale versochi li assiste o li cura che si estingueattraverso regali, spesso in denaro. Questi doni assicurano al paziente cine-se un’assistenza più attenta e forse piùprofessionale:Primo racconto – “Durante il ricoveronon ho mai visto il chirurgo che mi haoperata, e questa cosa mi ha fatto rima-nere un po’ male. In Cina questo nonsuccederebbe mai, ma non tanto perchéi medici cinesi sono più buoni dei vostri,ma perché è usanza da noi ringraziarecon regali, oltre che con le parole, ilmedico che ti ha operato e gli infermie-ri che si sono occupati di te. Per noi èimportante farlo e mi è dispiaciuto nonpoter mostrare la mia gratitudine inquesta occasione…”;“…In Cina ti assistono bene solo sepaghi!”. Terzo racconto – “Mi sono trovatameglio qui che in Cina con gli infermie-ri, perché da noi ti trattano bene solo sepaghi, se gli dai la mancia…”.

Il non poter dimostrare gratitudine versogli operatori crea loro un forte imbaraz-zo che, però, ci aiuta a capire che questeazioni rappresentano, per l’assistito, ungesto d’onore, perché il non farlo ver-rebbe inteso come un “non poterlofare”.Dalla ricerca è emerso un generaleaccordo degli intervistati sul fattoche, nelle loro esperienze di ricove-ro in Italia, hanno ricevuto unabuona assistenza, specie infermieri-stica. Sono rimasti piacevolmente sor-presi del “prendersi cura in modo globa-le della persona” da parte degli infer-mieri italiani, soprattutto se confrontaticon i colleghi cinesi che non si occupanodell’igiene e dell’alimentazione delpaziente e, secondo le testimonianzedegli intervistati, assicurano un’assi-stenza valida solo previa “mancia”.La riconoscenza in denaro, così, è diven-tata un modo di fare e di essere che, senon elargita, provoca un offesa per ilpaziente, che si sente quasi disonorato:poter dimostrare la propria gratitudinediventa, quindi, un fatto d’onore che siespleta in un: “Io posso”.Una fondamentale differenza tra lacultura cinese e quella italiana èemerso nel descrivere il differenteapproccio alle cure che i due Paesi

posseggono: gli intervistati parlano diuna “sinergia di interventi” - naturali enon invasivi, da un lato e farmacologicied invasivi, dall’altro - che in patria uti-lizzano per curare la persona nella suatotalità. Quando narrano le loro esperienze dimalattia e ricovero, spiegano come, purfidandosi della medicina occidentale erivolgendosi quasi esclusivamente amedici italiani, non abbandonano i rime-di tradizionali, a volte per i piccolimalanni (come raffreddore o febbre) perevitare farmaci dannosi; altre come coa-diuvante durante pesanti cure farmaco-logiche.Eppure, malgrado gli intervistati abbia-no ricevuto una buona assistenza, grazieanche alla loro conoscenza della linguaitaliana che ha permesso una buonacomunicazione e comprensione con ilpersonale sanitario, la loro esperienza èstata spesso “rovinata” dalla burocraziaitaliana che allunga, inutilmente, itempi. I cinesi residenti in Italia si ritrovanorisucchiati in un vortice di appuntamentied impegnative per prenotare una visitaspecialistica (spesso, anticamera del rico-vero) che, a causa della totale differenzacon ciò che accade in Cina nello stessoambito, non comprendono e non riesconoa gestire, né tanto meno a uscirne.In Cina, il sistema sanitario è fondato suregole e trafile molto più semplici chenon comprendono tempi d’attesa lunghicome i nostri per ottenere una visitamedica. Gli intervistati faticano a comprendere inostri meccanismi burocratici che ven-gono visti come parziali “colpevoli”dello scarso accesso ai servizi sanitarida parte degli immigrati cinesi (o, alme-no, per quelli regolari).Un intervistato in particolare afferma di:“essere arrivato stanco” al giorno delricovero a causa delle interminabili tra-file che ha dovuto fare per potersi ope-rare: trafile che, come lui stesso affer-ma: “hanno fatto anche ingrandire laciste” da asportare.L’altra metà di colpa per lo scarso acces-so ai servizi sanitari degli immigraticinesi, gli intervistati la imputano allamancanza di informazioni chiare che,come uno di loro propone, potrebbero

Figura 3. I luoghi comuni: “Per curarsi vanno nei loro ambulatori clandestini”

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essere date attraverso un opuscolo tra-dotto in cinese (e pure in altre lingue).Ritornando al problema linguistico, èchiaro che i nostri intervistati, vivendoda molti anni in Italia e parlando più chediscretamente la nostra lingua, nonhanno incontrato ostacoli dal punto divista comunicativo, ma nel primo rac-conto, la donna narra del parto del suoprimogenito, avvenuto quando era dapoco nel nostro Paese, durante il quale,a causa dell’allora, sua scarsissimaconoscenza dell’italiano, il personale disala parto non riusciva a farle capire chedoveva “spingere”. Da questo possiamocomprendere quanto la lingua possadivenire una barriera alla buonaassistenza.

DISCUSSIONEAttraverso questo lavoro si è volutointraprendere un viaggio nel mondodegli immigrati cinesi di Roma, attraver-so i racconti della loro esperienza diricovero nelle strutture ospedaliere ita-liane, da cui hanno preso spunto perpresentarci la loro visione dellanostra situazione sanitaria e assi-stenziale.

Il quadro che si presenta è un genera-le accordo sulla mancanza di infor-mazioni chiare per gli stranieririguardo alle modalità di accesso aiservizi sanitari e sulla troppa buro-crazia sempre in quest’ambito.La ricerca è servita anche a sfatare alcu-ni pregiudizi quali:– i cinesi non muoiono mai (Figura 1);– fanno finta di non capire l’italiano

(Figura 2);– per curarsi vanno nei loro ambulatori

clandestini (Figura 3).Dai risultati emersi, appare chiaro che labuona assistenza ricevuta dai nostri inter-vistati è stata anche merito degli infermie-ri italiani incontrati durante il ricovero.Possiamo però discutere sul ruolo chegli infermieri sono chiamati a ricoprireper riempire quel vuoto d’informazioneche i partecipanti a questa ricercahanno comunicato. Interessante è il suggerimento dato dauno degli intervistati, proponendo dicreare un opuscolo tradotto in varie lin-gue (tra cui il cinese), in cui illustrare siai vari servizi del Sistema SanitarioItaliano (compresi quelli per gli irregola-ri), sia le procedure da rispettare per

potervi accedere.Tale opuscolo potrebbe essere distribui-to dagli infermieri stessi sul territorio, inquanto figure di spicco nella comunica-zione con la comunità.La ricerca presenta dei limiti relativiall’esiguità del campione, ma ha il pre-gio di aver utilizzato un metodo - l’ap-proccio biografico - poco preso in consi-derazione dagli infermieri. La speranza degli autori è che questolavoro possa servire da stimolo perricerche, sia qualitative che quantitati-ve, utili a creare le conoscenze necessa-rie per fornire un’assistenza cultural-mente competente, anche a queipazienti appartenenti a culture lontanedalla nostra.

AUTORITeresa Compagnone, professore a contrattoMed 45, corso di laurea in Infermieristica,università Tor Vergata-sedi Fbf e Smom;Elisabetta Forti, professore a contratto Med45, corso di laurea in Infermieristica, univer-sità Tor Vergata-sede Fbf ; Guja Teramo, laureata in Infermieristica, uni-versità Tor Vergata-sede Fbf. Libera profes-sionista.

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BIBLIOGRAFIA

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Conoscenza e utilizzo di curecomplementari nel pazienteoncologico: indagine conoscitivain alcune realtà romanedi Carlo Talucci, Veronica Settimi, Anna Rubini, Maria Luisa Rega

NABSTRACTNel corso degli ultimi decenni, nelmondo occidentale, si sta diffondendol’interesse verso vari tipi di trattamenti,rimedi e filosofie terapeutiche deno-minato, nel suo complesso, con terminivari: medicine alternative, comple-mentari, integrative, non ortodosse, oli-stiche e dolci.E’ il paziente oncologico quello chemaggiormente vi ricorre, perché si trovaa gestire una serie di sintomi e sequelelegate non solo alla patologia di basema anche alle terapie a cui deve sotto-porsi. L’obiettivo di questo lavoro è: in-dagare la qualità di vita e lo stato disalute generale dei pazienti oncologicisottoposti a terapie tradizionali e veri-ficare la conoscenza delle terapie com-plementari da parte degli stessi pazientie fra chi ne usufruisce.Attraverso uno studio di prevalenza, èstato preso in esame un campione di100 pazienti oncologici (presso trestrutture sanitarie di Roma) a cui è statosomministrato un questionario sullaqualità di vita e la conoscenza delle te-rapie complementari.Da ciò è emerso che l’utilizzo delle te-rapie tradizionali, e, maggiormente, lachemioterapia rispetto alla radiote-rapia, influenza la percezione dellaqualità di vita del paziente oncologico.Inoltre, una discreta percentuale delcampione è a conoscenza di terapiecomplementari ma, meno della metà hadeciso di attuarle, traendone beneficio.

In conclusione, è parso chiaro che nellepratiche di cura quotidiane, quellecomplementari non vengonoancora utilizzate, pur se consenti-rebbero di proporre prestazioni in-fermieristiche più qualificate ecomplete, nella considerazione “oli-stica” della persona, della sua più pro-fonda essenza e delle sue dimensionipsicologiche e socio-culturali.

INTRODUZIONEIl National Institute for Health definiscele Alternative and ComplementaryMedicine (Cam) come: “Un ampio in-sieme di conoscenze che comprendemodelli di cura, modalità, pratiche e leloro relative teorie e credenze, diverseda quelle intrinseche al sistema sani-tario dominante di una particolare so-cietà o cultura, in un determinato pe-riodo storico”.Le espressioni più comunemente uti-lizzate per indicarle sono:– medicina non convenzionale;– medicina solistica;– medicina alternativa;– medicina complementare o inte-

grativa;– medicina tradizionale;– medicina dolce o naturale.In realtà, negli anni ‘70 e ‘80, questonuovo tipo di approccio alla persona fu,inizialmente, indicato come: “medicinaalternativa”, poiché queste disciplineerano – appunto – l’alternativa al si-stema convenzionale di cura.

Successivamente, quando i due sistemi(convenzionale e non) cominciarono adessere utilizzati contemporaneamente,fu introdotto il termine di: “medicinacomplementare”, sostituito, nel tempo,con quello di: “medicina non conven-zionale”, per distinguerla da quella con-venzionale (Tabella 1).Il principale elemento comune di questiapprocci - eterogenei e, talvolta, in con-traddizione tra loro, è di avere radiciestranee al modello della moderna me-dicina scientifica, considerato come pa-radigma di riferimento nei Paesi occi-dentali.Lì, dove le statistiche sono disponibili,la medicina complementare viene uti-lizzata dal 20% al 50% della popola-zione e la sua popolarità cresce colpassar del tempo (Tabella 2).In diversi Paesi della Cee, queste me-dicine trovano, talora, spazio nelle pre-stazioni dei servizi sanitari pubblici, nelsistema della formazione del personalesanitario e, soprattutto, nel mercato sa-nitario privato (Tabella 3).In Australia il 57 % della popolazione usaqualche tipo di medicina complementare(Tabella 4); in Germania il 46%; in Franciail 49 %; in Italia il 35 % (Tabella 5).Fra il 1991 e il 1997 il ricorso alle erbemedicinali è aumentato del 380% el’uso delle terapie vitaminiche del 130%(Tabella 6).Questo aumento è dovuto anche al fattoche le medicine complementari conven-zionali siano più efficaci nel trattamento

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delle malattie croniche, nonostantel’omeopatia, ad esempio, possa essereanche molto efficace nel primo soc-corso.Eppure, malgrado la crescente impor-tanza di questo fenomeno è difficilecreare una definizione unica ed esau-stiva (per l’insieme di queste pratiche,tanto eterogenee), pur avendo comeminimo comune denominatore la consi-derazione dell’essere umano come to-

talità di mente, corpo e anima nel sensoolistico del termine [3].Ne deriva che la salute e la malattia im-plicano l’integrazione e l’armonia ditutti i livelli di esistenza e, di conse-guenza, anche la diagnosi e il tratta-mento terapeutico devono aver co-scienza di ciò e saper intervenire a li-vello appropriato.L’olismo non prevede necessaria-mente modi alternativi di cura: l’im-

portante è che corpo e mente sianoconsiderati come parte di un tutto.In merito alle modalità di interpretare iconcetti di “salute” e “malattia” si ri-scontrano importanti differenze tra i dueparadigmi, così come riportato nella Ta-bella 1.La letteratura dimostra come l’utilizzodelle Cam è stato spesso oggetto distudio e come i pazienti ne abbianotratto beneficio.

Salute

Malattia

Relazione tra medico epaziente

Obiettivo principale

Il modello biomedico, porta a considerare il fun-zionamento corporeo complessivo come il risul-tato del funzionamento dei singoli organi, tessu-ti e cellule.Questa visione ci spiega perché ci si ammala,ma non giustifica la ragione della malattia.Gli obiettivi terapeutici della medicina scientifi-ca sono spesso indirizzati solamente alla curadella patologia, senza attribuire un sensoall’esperienza della malattia intesa come avve-nimento che modifica la nostra vita, individualee collettiva.

In merito al concetto di malattia, la medicinaufficiale non ha una teoria generale, ma molteteorie specialistiche per ogni settore, fornendo,così, una visione disgregata dell’uomo.

Il processo di cura e il superamento del males-sere è, per la maggior parte, azione del medico.Nella migliore delle ipotesi, quando arriva acomprenderle, il paziente accondiscende alledecisioni prese dal terapeuta.

Coprire o annullare i sintomi

Nella prospettiva olistica della medicina com-plementare la salute risulta uno stato di equili-brio che viene mantenuto attraverso l’interazio-ne continua dell’individuo con il suo ambiente divita.

La malattia viene definita come uno stato disquilibrio tra l’uomo e il suo ambiente. A differenza della medicina biomedica, quellacomplementare cerca sempre di dare un signifi-cato alla malattia che viene interpretata comeun processo che si manifesta con determinatisintomi.Il processo e i sintomi sono degli “alleati” cheindicano il percorso che l’individuo sta percor-rendo, segnano la direzione da seguire sia sulpiano fisico che emotivo e psicologico.

Nelle medicine complementari, il soggetto èmolto più attivo, il terapeuta diventa un “consi-gliere”, perché il paziente deve trovare dentro disé la forza di reagire alla malattia per non ren-dere vana qualsiasi cura.Il processo di superamento del malessere nonpuò essere azione del solo medico.La malattia, essendo il risultato di uno squilibriopersonale, richiede un intervento attivo delmalato perché comprenda la propria situazione,diventi consapevole del suo stato e dei motiviche lo hanno causato.

I sistemi di medicina complementare si sforzanodi ricercare e trattare la vera causa che ha por-tato allo sviluppo della malattia nella persona.

PARADIGMA BIOMEDICO PARADIGMA CURE COMPLEMENTARI

Tabella 1. Differenze tra il modello biomedico e i modelli di cura complementari

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Tra questi, è quello oncologico che mag-giormente ricorre a tale tipo di cure:questo, perché si trova a gestire unaserie di sintomi e sequele legate nonsolo alla patologia di base, ma anchealle terapie a cui deve sottoporsi. In Italia, Orlandi et alia [11], nel 2007,attraverso uno studio sperimentale conun gruppo di controllo, hanno studiatogli effetti della pet terapy sulla depres-sione nei pazienti sottoposti a tratta-mento chemioterapico, attraverso lasomministrazione di un questionario(versione semplificata del Kellner’sSympton Questionnaire) e la rilevazionedi alcuni parametri come: la pressionearteriosa, la frequenza cardiaca e la sa-turazione dell’ossigeno.Dallo studio è emerso che la depres-sione è migliorata solo nel gruppo speri-mentale (00.01), così com’è aumentatala saturazione dell’ossigeno (p = 0.004),mentre è diminuita nel gruppo di con-trollo.Altro esempio di utilizzo delle Cam edella loro efficacia , è stato quello con-dotto in un reparto di oncologia del-l’ospedale di Udine da Quattrini etalia, nel 2006 [12], sempre utilizzandoun disegno sperimentale per studiarel’ansia dei pazienti, sottoponendoli adun trattamento di riflessologia plantare.Esaminando i loro livelli di ansia prima e24 ore dopo il trattamento, attraverso laSpielberger State-Trait Anxiety In-ventory, si è notato che questi hannoavuto una diminuzione di 7.9 punti peril gruppo sperimentale, rispetto all’0.8del gruppo di controllo (p<0.0001). Uno studio, condotto negli Stati Uniti[19], ha permesso di valutare la me-dicina complementare nei pazienti af-fetti da cancro e la condivisione dellaloro scelta con il medico.Per l’occasione, sono stati reclutati pa-zienti con diagnosi di cancro entro ledue settimane dopo la cessazione deltrattamento con le medicine tradi-zionali.Fra quelli intervistati, il 91% ha riferitodi aver utilizzato almeno una delle varieCam: di queste le più utilizzate, oltrealle forme di preghiera, sono stati gliesercizi di rilassamento e quelli fisici.Chi ha fatto più uso di questo tipo di te-rapia sono state donne sottoposte a

chemioterapia con un elevato livellod’istruzione; la condivisione della loroscelta con il proprio medico curante hariguardato, in modo particolare, l’utilizzodi diete, massaggi ed erbe.Altra indagine svolta in America [20] èandata ad indagare la prevalenza e lacorrelazione tra le Cam e la medicinatradizionale in donne affette da cancroal seno.Sono state reclutate, attraverso un son-daggio telefonico dal 1998 al 2003,2022 donne con diagnosi di cancro alseno e, stratificandole per età e utilizzodella tipologia di Cam, sono state mi-surate la qualità di vita con la scala SF-36 e l’ottimismo con la scala LOT-R.I risultati hanno dimostrato che il 62%delle persone intervistate hanno uti-lizzato le Cam (e che queste erano, perlo più, giovani). La chemioterapia è stata associata, perlo più, a tecniche di rilassamento/imma-ginazione (inoltre, fra le pazienti chehanno attuato queste tecniche, l’otti-mismo ha avuto un punteggio moltoalto), mentre la radioterapia è stata as-sociata all’uso di vitamine; farmacicome il tamoxifene sono stati associatiall’uso di sostanze omeopatiche.È stato possibile pure dedurre che le pa-zienti che hanno praticato lo yogahanno avuto una qualità di vita, migliorerispetto alle persone che sono ricorseall’utilizzo dell’ “energia di guarigione”. In America [24], dal 2001 al 2005, èstato condotto anche uno studio speri-mentale allo scopo di verificare l’im-patto dello yoga su un campione mul-tietnico di donne con cancro al seno(42% afro-americane e 31% ispaniche).Sono state reclutate 128 donne, asse-gnate in maniera randomizzata (2:1ratio) al gruppo sperimentale sottopostoimmediatamente allo yoga per 12 set-timane (84 donne) e all’altro gruppo dicontrollo sottoposto allo yoga solo dopo12 settimane (44 donne ). Quasi la metà delle pazienti ricevevanotrattamenti medici tradizionali. I risultati hanno dimostrato che ilgruppo di controllo ha avuto un calo dibenessere sociale rispetto al gruppoche ha attuato immediatamente l’inter-vento (p< 0,0001) e che, anche perquanto riguarda la qualità di vita in ge-

nerale, il benessere emotivo, sociale espirituale, ha condotto a risultati favo-revoli per il gruppo d’intervento rispettoal gruppo di controllo.Sempre all’interno dello stesso studio, èstata fatta una seconda analisi riguar-dante 71 pazienti che non sono state sot-toposte ad alcun trattamento medico tra-dizionale durante il periodo d’interventocon lo yoga: ciò ha portato a risultatiancora migliori rispetto a donne sotto-poste ad entrambi i trattamenti. In Canada, nel 2002 [21], attraverso unostudio sperimentale è stato osservato unapproccio di Cam basato sull’utilizzo diun nuovo intervento: il “Mindfulness-Based Art Therapy” (Mbat), ovvero l’ac-quisizione della consapevolezza dellamalattia basata sull’arte-terapia, aventecome obiettivo lo sviluppo psicosocialedel paziente affetto da cancro.Un centinaio di donne con diverse tipo-logie di cancro, ma stratificate per età,sono state sottoposte a questo tipo di trat-tamento (da una a otto settimane primadell’intervento), mentre il gruppo di con-trollo ha seguito la normale lista di attesasenza alcun tipo di servizio ulteriore.Rispetto al gruppo di controllo, il gruppoMbat ha dimostrato una significativa di-minuzione dei sintomi di disagio (comemisurato dalla Sintomy Checklist-90-Revised) e significativi miglioramentinei principali aspetti della salute con-nessi alla qualità della vita (misurata inMedical Outcomes Studio Short-FormHealth Survey).Lo studio, effettuato attraverso l’im-piego della metodologia Mbat, fornisceprimi dati che supportano un possibileruolo, in futuro, per l’intervento psi-cosociale come opzione di tratta-mento per pazienti affetti datumore.

OBIETTIVI Indagare la qualità di vita e lo stato disalute generale dei pazienti oncologicisottoposti a terapie tradizionali e verifi-care la conoscenza delle terapie com-plementari da parte degli stessi pazien-ti e fra chi ne usufruisce.

MATERIALI E METODIBackground Nel settembre del 2002, il gruppo di

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lavoro sulle “Cure Complementari” pro-mosso dalla Federazione nazionaleIpasvi ha pubblicato un documento cheesprime una posizione fondamentalmen-te favorevole all’integrazione tra l’infer-mieristica e le cure complementari.Anche in Italia, l’infermieristica sembracomprendere, ufficialmente, il significa-to di un nuovo tipo di approccio alla per-sona, che si integra, anziché opporsi,all’utilizzo di tutte le potenzialità tecni-che già fatte proprie dalla professione,senza contrastarne i valori fondamenta-li, anzi esaltandoli [7].In un periodo storico in cui la disciplinainfermieristica si caratterizza per laricerca costante di evidenze scientifichecome fondamento della pratica assi-stenziale (Evidence-based Nursing), alloscopo di aumentarne l’appropriatezza,l’efficacia e l’efficienza, le cure comple-mentari consentirebbero di proporreprestazioni infermieristiche più qualifi-cate e complete, nella considerazione“olistica” della persona, della suaessenza e delle sue dimensioni psicolo-giche e socio-culturali.Ciò è in linea con quanto sostenuto danumerose teoriche del nursing, a partiredalle teorie esistenziali (come quelle diH.E. Peplau, I. King, M. Levine e C. Roy),per passare alla cosmica (di M. Rogers),o, ancora, alle teorie sociologiche (comequelle di D. Orem e V. Henderson), perconcludere con la teoria britannica di N.Roper e dalle sue versioni anche italia-ne [8]. L’infermiere, proprio per le caratte-ristiche del modello di cura di rife-rimento (che pone al centro dellarelazione terapeutica la personacon i suoi bisogni e le sue potenzia-lità) si muove in un’ottica di inte-grazione, utilizzando le risorsedella persona per il raggiungimentodel benessere per lei possibile.Le cure complementari riconosconocome elemento fondamentale la crea-zione di un ambiente relazionale fracurante e paziente.Ciascun approccio può raggiungere unesito positivo a seconda del malato,della patologia, del malessere, del tera-peuta e del contesto:è da questo insie-me di cose che si determina la riuscitafinale della cura [9].

Attualmente, esistono oltre 300, dif-ferenti forme di cura complementa-re, ma non è stato ancora elaboratoun sistema di classificazione univer-salmente riconosciuto e adottato.Per quanto riguarda le applicazioni nel-l’assistenza infermieristica, è possibileindividuare tre gruppi: 1. le tecniche di massaggio:

infantile, ayurvedico, cinese, rifles-sologia plantare, shiatsu;

2. le tecniche di rilassamento: musicoterapica, tecniche di respira-zione, training autogeno, visualizza-zione creativa, pensiero positivo;

3. altre tecniche: aromaterapia, cromoterapia, florite-rapia, tocco terapeutico [1].

In ogni Paese, ampi gruppi di popolazio-ne usano approcci tradizionali e comple-mentari per mantenere e curare la pro-pria salute. In molti luoghi, gli infermieri sono statiinnovatori di questo movimento. Alcuni di questi approcci complementa-ri possono far parte di un piano terapeu-tico e favorire l’assistenza infermieristi-ca [10].

Setting spaziale e temporaleLo studio è stato condotto dal 15 giugnoal 30 settembre 2007, nei Day Hospital(Dh) oncologici di tre strutture ospeda-liere romane.I pazienti sono stati incontrati durantel’esecuzione delle terapie.

Disegno dello studioPer quest’indagine è stato realizzatouno studio di prevalenza. La scelta di un disegno di studio quanti-tativo è stata fatta in virtù di una suc-cessiva elaborazione statistica dei dati.

CampionamentoIl campione, probabilistico di convenien-za, composto da 100 pazienti (56 donne e44 uomini) è stato arruolato all’interno ditre strutture ospedaliere differenti (50persone dal Dh di oncologia di un policli-nico Universitario; 35 persone dal Dh dioncologia di un’azienda ospedaliera e 15persone da una Casa di cura privata). I criteri di inclusione allo studio sonostati: età compresa fra 30 e 70 anni; dia-gnosi di tumore; inizio di chemioterapia

(almeno due cicli) o radioterapia, oentrambe; aspettativa di vita superiore aisei mesi; pazienti non in fase terminale.

ProceduraLo studio è stato approvato dalle rispet-tive Direzioni Sanitarie e comitati etici.I dati emersi sono stati inseriti in undatabase ed elaborati con microsoftexcel 03, utilizzando le più comuni pro-cedure di statistica descrittiva perestrarre media, range e deviazione stan-dard.

Strumenti di ricercaPer l’informazione ai pazienti circa lostudio è stato utilizzato un colloquiodiretto con il paziente ed il ricercatoreche gli ha parlato delle finalità dellostesso, dando informazioni e ricevendola garanzia dell’anonimato.Se da questo colloquio si otteneva subi-to il consenso, con la firma dell’apposi-to modulo, si poteva procedere alla fasesuccessiva di raccolta dati; in caso con-trario, se il paziente chiedeva tempo perpensarci, si lasciava il modulo del con-senso ed un documento informativo,dando appuntamento al paziente allasua successiva seduta di terapia.Per la raccolta dei dati è stato utilizzatoun questionario costruito ad hoc per l’in-dagine.Lo strumento, dopo una rivisitazionedella letteratura, è stato realizzato utiliz-zando varie scale di indagine e risultacomposto da una prima parte: anagrafi-ca; una seconda riguardante l’area fisicain cui si valuta la qualità di vita basatasui suoi bisogni primari e una terza chevaluta la dimensione psicologica delpaziente ed un’ultima dedicata alla cono-scenza delle terapie complementari. Per la valutazione dell’area fisica (dolo-re, inappetenza, nausea, vomito, stipsi,dispnea, astenia, insonnia) è stata utiliz-zata la scala Eortc qlq-c 30 [28]; perl’area psichica (depressione ed ansia) èstato consultato il Sat-p [29]; per l’areafunzionale (livello di dipendenza nelleattività della vita quotidiana) è stato uti-lizzato il questionario Adl [30] e, infine,per l’area relazionale (interazione socia-le) è stata consultata la scala Sf-36 e ilSat-p.Il punteggio di ogni item riguardante la

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dimensione fisica del paziente è statocalcolato utilizzando una Vas da 0 a 4(dove 0 rappresenta l’assenza delsegno-sintomo e 4 il valore maggior-mente espresso di quest’ultimi), cosìcome la sfera funzionale e relazionale.Quest’assegnazione di valore, anche seanomala per la letteratura a riguardodelle Vas, è stata elaborata perché piùcomprensibile per il paziente, rispettoalla classica da 1 a 5.La dimensione psichica, invece, (chefocalizza l’attenzione sulla depressione,l’ansia e l’insonnia) e le terapie comple-mentari sono indagate attraversodomande con risposte dicotomiche(sì/no).Più il punteggio della valutazione globa-le dello stato di salute risultava alto(punteggio massimo: 48), minore risulta-va la qualità di vita del paziente, poichéinversamente proporzionali. Dopo una prima stesura, il documento èstato somministrato a cinque pazientiper testarne la validità.Da questa prima fase dello studio èemersa la difficoltà dei pazienti, nelrispondere agli item delle scale, di iden-tificare l’assenza del segno/sintomo con1: per questo motivo, si è pensato di tra-sformare i valori della scala di valutazio-ne da 0 a 4, piuttosto che mantenere laclassica da 1 a 5.

RISULTATI E DISCUSSIONEQualità della vita e stato di salute gene-rale dei pazienti oncologici sottoposti aterapie tradizionali.La valutazione globale dello stato disalute dei pazienti sottoposti a terapietradizionali è differente tra maschi efemmine, mentre, una qualità di vita piùbassa si riscontra per i pazienti sottopo-sti a trattamento di chemioterapia,rispetto a quelli per radioterapia o adentrambi (tabella 2).

Si evince che i maschi hanno una quali-tà di vita più alta delle donne, relativa-mente a tutte le sottoscale, tranne cheper quella relativa all’area relazionale. La percezione che il paziente ha dellavalutazione globale dello stato di salutedipende dalla terapia attuata (tabella 3),infatti, la chemioterapia, mediamen-te, incide maggiormente in sensonegativo rispetto alla radioterapia oall’uso di entrambi i trattamenti.In letteratura, ad esempio, si riscontracome la riflessologia plantare migliori laqualità di vita dei pazienti sottoposti acure palliative.Infatti, Milligan et alia, nel 2002, inScozia, hanno sperimentato l’utilizzo diquesta tipologia di cura, ottenendo unmiglioramento della qualità di vita mag-giore rispetto al gruppo di controllo che,invece, ha ricevuto un placebo (p=0.004) [13].Sempre nello stesso anno, un altro stu-dio, condotto sempre in Scozia, pressoalcune case per anziani, ha dimostratol’impatto della riflessologia [14] sul

miglioramento della qualità di vita su 20pazienti affetti da tumore: i risultatipositivi, ottenuti nei confronti dellariflessologia con una diminuzione deisintomi fisici ed emotivi, ne hanno sug-gerito il trattamento in ulteriori ricercheper valutarne ulteriormente i benefici.Invece, uno studio condotto in Germania[16] è andato a constatare l’effetto delleCam sulla qualità di vita dei pazienti conneoplasie maligne della mammella.Da questo, è emerso che il 48.7% delledonne, su un totale di 1030, ha utilizza-to le Cam (nello specifico: il 77.3% hautilizzato l’estratto standardizzato divischio).Rispetto a quelle che non hanno usatole Cam (50,1%), le altre donne hannodichiarato un miglioramento dello statodi salute (35,1%).I pazienti che effettuano la chemio-terapia, manifestano come sintomo piùfrequente l’astenia e il dolore, meno fre-quentemente la stipsi. Nella radiote-rapia, il sintomo più frequente èl’astenia, seguito da nausea; assen-te, la percezione del dolore. I pazienti che, invece, si sottopon-gono ad entrambe i trattamenti,manifestano più frequentemente doloree astenia, mentre la dispnea è avvertitain misura minore (tabella.4). Uno studio [25], condotto in America, haavuto come obiettivo, attraverso un’in-dagine di tipo qualitativa, indagare ilsenso di astenia da parte dei singolipazienti.

Area da valutare Media donne Medie uomini Ds

Valutazione dell’area funzionale 1.3 1.2 0.84 – 0.89Valutazione dell’area fisica 5 4.3 4 – 3.1Valutazione dell’area psichica 3.2 2.2 2 – 1.9Valutazione area relazionale 0.5 1.3 0.8-0.7Valutazione globale dello stato di salute 10.1 8.2 5.4 - 4.4

Tabella 2. Qualità di vita in base al sesso: più alto è il punteggio della valutazione glo-bale dello stato di salute, minore è la qualità di vita del paziente

Tabella 3. Qualità di vita in base al tipo di trattamento

Area da valutare Solo chemioterapiaSolo radioterapia Entrambe

Valutazione globale M 10.8 M 6.0 M 8.7dello stato di salute Ds 4.9 Ds 3.9 Ds 4.7

Valutazione dell'area fisica M 5.7 M 2.8 M 4.4 Ds 3.5 Ds 2.6 Ds 3.0

Valutazione dell'area psichica M 3.2 M 1.6 M 2.6 Ds 2.0 Ds 1.7 Ds 2.0

Valutazione dell'area funzionale M 1.3 M 1.0 M 1.2Ds 0.8 Ds 0.2 Ds 0.8

Valutazione dell'area relazionale M 0.7 M 0.5 M 0.5Ds 0.8 Ds 0.8 Ds 0.7

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Condotto in un ambulatorio di una gran-de area metropolitana, lo studio hapreso in esame dieci pazienti con dia-gnosi di cancro, sottoposti a chemiote-rapia, a cui è stato consegnato unnastro-audio con interviste semi-struttu-rate ed un diario giornaliero da compila-re per due settimane.L’analisi ha permesso di indagare l’aste-nia secondo le diverse aree tematiche:sensazioni fisiche(come “non posso”) e sensazioni emotive.Dall’indagine è emerso che l’astenia eraun sintomo non previsto e/o non cono-sciuto dai pazienti che, dunque, nonerano consapevoli e non si preoccupa-vano di informarsi sulle strategie attua-bili per attenuare il sintomo.I pazienti che si sottopongono alla che-mioterapia, rispetto alla radioterapia,hanno una probabilità maggiore diavere nell’ordine insonnia, ansia edepressione. Quelli sottoposti adentrambe le terapie, invece, soffronomaggiormente di: insonnia, depressioneed ansia.

Un aspetto poco studiato e, se voglia-mo, poco affrontato dalle terapie tradi-zionali è la qualità del sonno dei pazien-ti: infatti, seppur così importante per laqualità di vita di ogni individuo è quelloche in caso di malattia risulta il più tra-scurato, specie nel caso di pazientiaffetti da tumori. Carlson L.E, Garland S.N [22], nel2005, hanno studiato gli effetti di unprogramma di qualità del sonno (Mbsr)su 63 pazienti affetti da patologie onco-logiche.In generale, i disturbi del sonno si sonoridotti significativamente (p <.001) e ipartecipanti hanno riferito che la loroqualità del sonno è migliorata (p .001).C’è stata anche una significativa ridu-zione dello stress (p <.001), dell’umoredisturbo (p = .001), della stanchezza (p<.001). Studio analogo, condotto sempre negliUsa [23], ha avuto come obiettivo quellodi studiare e misurare l’incidenza delleCam su pazienti con cancro al seno ed,inoltre, di misurare quanto le associa-

zioni tra fattori medici e psicosociali el’uso delle Cam sia collegato, o no, alladiagnosi di tumore.I soggetti inclusi nello studio sono stati115 donne sottoposte ad almeno unanno di cure mediche.È stato effettuato un sondaggio coninterviste telefoniche sull’uso delleCam, le motivazioni e il rischio di ripen-samento al loro riguardo. I risultati hanno mostrato che il 69%delle pazienti del campione esaminatole ha usate: di queste, il 73% ha inizia-to, o variato, la tipologia in base allaloro diagnosi di cancro.In conclusione, il ricorso alle Cam èapparso maggiore in questo tipo di pato-logia, ed i livelli d’ansia diminuisconotra i soggetti che le utilizzano rispetto achi non lo fa.Altra tipologia di Cam è la musicoterapi-ca per il miglioramento del dolore, del-l’agitazione, della comunicazione edella depressione.Romo e Gifford, nel 2007 [26], hannofatto un’analisi dei costi-benefici dellamusicoterapia in un hospice: è emersoche essa si addice bene all’interno di unhospice poiché influisce sui quattro set-tori delle cure palliative (fisiologico,emotivo, sociale, spirituale).Per i pazienti sottoposti a tal tipo diterapia si è avuto un risparmio di 2984dollari rispetto a chi non ne è stato sot-toposto.

La conoscenza delle terapie com-plementari Quasi un quarto del campione preso inesame (37/100, di cui 24 donne e 13uomini) è a conoscenza delle terapiecomplementari e quella maggiormentedichiarata è stata la medicina ayurvedi-

Tipologia diterapia Astenia Dolore Nausea Inappetenza Dispnea Vomito Stipsi

Chemioterapia M 1.13Ds 1.02

M 1.13Ds 1.04

M 1.0Ds 1.32

M 0.8 Ds 0.97

M 0.4Ds 0.79

M 0.3 Ds 0.8

M 0.2Ds 0.4

Radioterapia M 0.9Ds 1.0

M 0Ds 0

M 0.8 Ds 0.8

M 0.76Ds 1.3

M 0.24 Ds 0.44

M 0.20Ds 0.41

M 0.48 Ds 0.59

Entrambe M 1.33Ds 1.35

M 1.54Ds 1.0

M 0.33Ds 0.69

M 0.93Ds 1.10

M 0.13Ds 0.40

M 0.13Ds 0.40

M 0.13Ds 0.40

Tabella 4. Valutazione dell’area fisica

Tabella 5. Valutazione dell’area psichica

Sintomatologia Solo chemioterapia Solo radioterapia Entrambe

Insonnia Depressione M 0.96Ds 0.90

M 1.55Ds 1.21

Ansia Depressione M 0.56Ds 1.07

M 073Ds 1.10

Depressione Depressione M 0.32Ds 0.98

M 1.09Ds 1.22

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ca e l’aromaterapia (15/37); i fiori diBach (12/37), il massaggio sensoriale(11/37) e la riflessologia plantare (8/37). Il campione, inoltre, ha dichiarato diesserne venuto a conoscenza tramiteamici, i media (16/37), i familiari (6/37)e il medico (1/37).Infatti, uno studio qualitativo è statocondotto in Canada con l’obiettivo diindagare quali informazioni potesseroessere utili al paziente per ricorrere, ono, ad una tipologia di Cam.Sono stati intervistati 27 pazienti chehanno dichiarato di aver cercato infor-mazioni al riguardo attraverso internet,parenti, amici, medici e giornali.Molte persone hanno espresso che cisono infinite informazioni sulle Cam, mapoche sono quelle affidabili e, tra que-ste, i pazienti hanno identificato comemaggiormente sicure gli: aneddoti, laletteratura popolare, le prove scientifi-che e le testimonianze [27] . Inoltre, dall’indagine è emerso che, tracoloro che sono a conoscenza delle tera-pie complementari, solo 11/37 ha deci-so di attuarle, di cui nove donne e dueuomini e tutti hanno riscontrato effettibenefici sul proprio stato di salute.I restanti (63/100) pazienti (che nonerano a conoscenza delle cure comple-mentari, pur messi nelle condizioni diesserlo), dichiarano, comunque, di nonvolerle attuare. In effetti, in Inghilterra due studi, ine-renti le Cam, hanno posto l’attenzionesul massaggio aromaterapico.Il primo [17] è andato a constatare lasua efficacia nella gestione dell’ansia edella depressione in pazienti affetti dacancro, attraverso uno studio multicen-trico randomizzato da cui è emerso che ipazienti sottoposti al massaggio aroma-terapico hanno migliorato il loro statod’ansia, non immediatamente, ma adistanza di sei settimane, rispetto a chinon ne ha beneficiato.Il secondo studio [18] ha avuto comeobiettivo quello di confrontare gli effettia quattro settimane di massaggio aro-materapico e di massaggio con olio iner-te sui sintomi fisici e psicologici deipazienti con cancro in fase avanzata.Utilizzando varie scale di misurazione,per l’intensità del dolore, si è visto che

non ci sono stati significativi benefici alungo termine nell’uso del massaggioaromaterapico (rispetto al semplicemassaggio) sul miglioramento dellaqualità di vita, dell’ansia e del dolore.Un altro studio condotto, invece, inSvezia, pubblicato nel 2007 [15], hadimostrato l’efficacia delle terapie com-plementari in donne con un’età media di48 anni con cancro al seno, a distanza diun anno.I cambiamenti mutuati a distanza di unanno sono stati: apprezzamento dellabellezza della vita, introspezione eriflessione sul senso della vita e lemodifiche del corpo in seguito allamalattia. Dallo studio è pure emerso chele persone sottoposte a cure comple-mentari sono apparse più orientate aduna crescita personale ed alla riflessio-ne sul senso della vita; mentre l’altrogruppo, che non ha ricevute Cam, haposto l’attenzione solo sulle modifichedel corpo.

CONCLUSIONILe Cam non vengono ancora utiliz-zate nelle pratiche di cura quotidia-ne per due motivi: la scarsa cono-scenza dei pazienti e la scarsa fidu-cia dei professionisti sanitari cau-sata da un ridotto bagaglio di evi-denze scientifiche al riguardo.Il tema dei metodi di “prova” di qualsia-si disciplina medica o infermieristica èancora un campo aperto e lo è ancor dipiù nelle terapie complementari che, pervarie ragioni, sono in ritardo nello svi-luppo di una cultura “evidence-based”.Tuttavia, i metodi per raggiungere lamigliore evidenza scientifica possibilesono vari e devono essere adattati sem-pre all’oggetto dello studio.Perciò, la posizione secondo cui: “leterapie non convenzionali non vannoapprovate finché non daranno prove diefficacia” (intendendo come prova soloil trial clinico randomizzato, controllatoed in doppio cieco), trascura il fatto chelo stesso concetto di “efficacia” non èunivoco e non è provabile con lo stessometodo in tutti i campi della medicina.Bisogna tener conto che le prove d’effi-cacia si basino su esperienze che siaccumulano nel tempo, come vale per

ogni forma di medicina). L’importanza degli studi clinici si diffe-renzia in base a vari parametri, tra cui ilfatto che vi sono metodi con un’altissi-ma validità interna (ergo, indiscutibili),però hanno difficile o più faticosa appli-cazione nella pratica.È noto, infatti, che anche nella praticamedica “convenzionale” solo la minoranzadei trattamenti posti in atto sono basati suindiscutibili prove di efficacia.La pretesa di una prova “preventiva” eindiscutibile di efficacia, nelle terapie “nonconvenzionali”, rischia fortemente di osta-colare, se non di impedire, la ricerca di tipoosservazionale: tipico è il caso dei LivelliEssenziali di Assistenza (Lea) da cui sonostate escluse, di recente, le prestazioni diterapie complementari.Invece, l’applicazione di metodiche “nonconvenzionali” quali omeopatia e tecnichedi massaggio, il cui grado di sicurezza èaltissimo, andrebbe incentivata in condi-zioni in cui siano effettivamente valutati irisultati secondo la loro effettività pratica esecondo le ricadute sulla salute pubblica, amedio e a lungo termine. Il trial clinico convenzionale è indubbia-mente il gold standard per esaminaremolte questioni, ma nel campo delleterapie complementari non deve diven-tare un “monopolio metodologico”.A causa della complessità di moltiapprocci “non convenzionali”, potrebbeessere necessario adattare la metodolo-gia clinica, in modo che le questionisiano affrontate in modo graduale. In sintesi, la situazione di incertezza sumolte pratiche complementari è un datoreale, a conferma della necessità diulteriori ricerche.

AUTORICarlo Talucci, infermiere e tutor clinico pres-so la divisione di Chirurgia Endocrina, policli-nico “A.Gemelli”-Roma;Veronica Settimi, infermiera presso la divi-sione di Chirurgia Endocrina, policlinico“A.Gemelli”- Roma; Anna Rubini, infermiere coordinatore e TutorClinico, corso di laurea in Infermieristica,università del Sacro Cuore-Roma;Maria Luisa Rega, infermiere coordinatore,master di I livello in “Management per lefunzioni di coordinamento delle professionisanitarie”, università del Sacro Cuore-Roma.

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UABSTRACTUna buona tecnica per l’iniezione puòessere importante per il controllo dellaglicemia, tanto quanto il tipo e la dosedi insulina somministrata.A fronte di questa considerazione, inquesta ricerca si vuole individuarela tecnica migliore per la sommini-strazione dell’insulina, avendo benchiara l’estrema importanza che rivesteun’esatta tecnica dal momento che, perbuona parte, migliora l’assorbimentodell’insulina, ergo, la compliance delpaziente.Per ottenere un assorbimento ottimale èimportante che la somministrazione diinsulina sia iniettata nel tessuto sotto-cutaneo, perché è privo di vasi e, quindi,il passaggio dell’insulina dalla sede diiniezione al sangue circolante avvieneper diffusione costante. I fattori che influenzano l’iniezione diinsulina sono:– strato di tessuto sottocutaneo; – rotazione del sito di iniezione; – tecniche di iniezione.I tre parametri nella tecnica di iniezione,utili a regolare la profondità di iniezionesono:– lunghezza degli aghi;– tecnica con/senza pizzico;– angolo di iniezione.

INTRODUZIONELa terapia insulinica, unitamente all’au-tocontrollo glicemico, permette al pa-ziente di raggiungere un buon controlloglicemico, di liberalizzare la dieta a unconsiderevole grado e di adottare unostile di vita più flessibile (Chantelau etal, 1998).

Per essere sicura ed efficace la te-rapia insulinica richiede peraltro,non solo di essere somministrata se-condo schemi razionali e il più possibilifisiologici, ma anche che il pazientesia adeguatamente e sistematica-mente educato a farsi carico dellagestione della terapia: insegnare alpaziente come portare avanti il propriotrattamento rappresenta una delle mag-giori difficoltà che si riscontrano nel-l’educazione del paziente diabetico.L’educazione del paziente alla gestionedella terapia insulinica vuole fare inmodo che il paziente sia in grado nonsolo di farsi l’iniezione, ma anche di ag-giustare le dosi di insulina.A tal proposito, alcuni studi hanno sug-gerito che il modo in cui viene fattal’iniezione è importante per un buoncontrollo glicemico quanto la dose e iltipo di insulina somministrata (Partanen2000 e Strauss 2002).

Per la maggior parte degli educatori, ri-sulta facile insegnare al paziente latecnica di iniezione; tuttavia, molti pa-zienti mostrano conoscenze insoddisfa-centi. Ad esempio, molti di loroignorano che esistono differenze re-gionali nell’assorbimento dell’insulina,specie per le insuline a rapido assorbi-mento, o che, se l’iniezione è eseguitascorrettamente, l’insulina iniettata puòlocalizzarsi a livello intramuscolare piut-tosto che sottocutaneo, o che l’agodella siringa o della penna va cambiatofrequentemente e così via (Lacroix &Assal, 1998).Un’appropriata tecnica di iniezioneed una corretta scelta della lun-ghezza dell’ago, sono due aspettifondamentali per assicurareun’iniezione sottocutanea ed evi-tarne una intramuscolare. E’ impor-tante che le iniezioni avvengano se-guendo i consigli dati dagli infermieri.

L’influenza dell’angolazione dell’agonella pratica dell’insulino-terapiaUna revisione della letteraturadi Carolina De Vitis, Katia Manocchi

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Questa ricerca, tuttavia, non vuole sof-fermarsi sugli aspetti educativi rivolti alpaziente diabetico, o sulle sue capacitàdi aggiustare le dosi di insulina in basealla glicemia riscontrata, bensì sull’indi-viduazione della corretta tecnica di inie-zione, su come somministrare l’insulinanel modo migliore, avendo comeobiettivo la dimostrazione che una diffe-rente tecnica di somministrazione(ovvero, nel caso specifico, un’angola-zione di iniezione diversa: 45 o 90gradi), possa in qualche modo compro-mettere un buon controllo metabolico.L’impresa, tuttavia, potrebbe essere al-quanto ardua, dal momento che, oltreall’angolazione dell’ago, esistono altrevariabili che potrebbero alterare unbuon controllo metabolico, come giàevidenziato nell’abstract (Guidelines forthe administration of subcutaneous in-sulin).

OBIETTIVIL’obiettivo dello studio è dimostrare cheuna differente tecnica, ovvero un’ango-lazione di iniezione diversa, possa in-fluire su un buon controllo glico-meta-bolico.

MATERIALI e METODII dati sono stati acquisiti, negli ultimidieci anni, attraverso portali e siti infor-matici a contenuto specifico (Pub Med-Indicizzato Medline, Cochrane Collabo-ration) con le seguenti key words: dia-betes; insulin administration; therapyinsulin; insulin needles; injection subcu-taneous; absorption insulin e injectiontechnique;Fra gli articoli pubblicati nell’intervallodi tempo considerato, sono stati esclusiquelli che hanno evidenziato comefattori influenzabili l’assorbimento del-l’insulina: la regione anatomica uti-lizzata per l’iniezione in relazione aldolore, il diametro dell’ago utilizzato, lasomministrazione dell’insulina non sot-tocutanea (inalata o tramite micro-in-fusore); al contrario, sono stati inclusigli articoli che hanno evidenziano comefattori influenzabili l’assorbimento del-l’insulina nella somministrazione sotto-cutanea che garantisce un assorbi-mento graduale: l’angolazione di inie-zione, la profondità di iniezione tenendo

conto della lunghezza dell’ago utilizzatoe/o dello spessore dello strato sottocu-taneo.

RISULTATILa tecnica di somministrazione dell’in-sulina influenza il controllo glicemicopiù di quanto si creda. Assorbimento dell’insulinaPer garantire il miglior assorbimentopossibile, l’insulina dovrebbe essereiniettata nel tessuto adiposo sottocu-taneo (grasso) e non nel derma, nel mu-scolo o attraversare il peritoneo.Vari studi hanno dimostrato una diffe-renza nell’assorbimento dell’insulinaquando vengono iniettate nel grassosottocutaneo e nel muscolo: infatti,un’iniezione di insulina intramuscolareha un assorbimento molto più rapido epuò portare ad inaspettate ipoglicemie,che, specie nei bambini e negli anziani,possono comportare convulsioni e de-ficit cognitivi (nei primi), convulsioni,cadute e/o ipotermie (nei secondi)(King, 2003).L’assorbimento dell’insulina di breve emedia azione è aumentata almeno del50% se iniettata per via intramuscolareinvece che sottocutanea nella coscia,mentre nell’area addominale questa dif-ferenza è meno significativa. Ciò è da attribuire ad un maggior flussosanguigno nel grasso sottocutaneo del-l’addome rispetto al grasso delle cosce(Hanas, 1998).L’iniezione di insulina nel derma è piùdolorosa, il farmaco può fuoriuscire dalsito di iniezione e aumenta la proba-bilità di una reazione immunitariadovuta alla stimolazione dei linfociti,quindi, andrebbe evitata (Strauss, 1998;Strauss et al,1999; Associazione Dia-betici-Torino, 2000).Tecnica di iniezione Un fattore che influisce in modo signifi-cativo nel depositare l’insulina nelgiusto strato di tessuto è la lunghezzadell’ago.L’utilizzo di moderne tecnologie come laTac, la risonanza magnetica e l’eco-grafia hanno permesso di sfatare alcunimiti sulle corrette pratiche di iniezione(Strauss, 2002).In un campione rappresentativo diuomini e donne con il diabete è stato

valutato lo spessore del tessuto sotto-cutaneo (Sq) tramite Tac: il tessuto sot-tocutaneo non è così spesso come sipensa. (Figura 1).Ad esempio, negli uomini, la distanzamedia dalla pelle alla fascia muscolaredel quadrante superiore della coscia(un’area adeguata per iniettare l’in-sulina) ha un valore di soli 7 mm, e il cu-scino di grasso si assottiglia rapida-mente quando ci si sposta verso i lati,anche negli obesi.In questo modo, il fianco della coscia èun’area ad alto potenziale per iniezioniintramuscolari di insulina a causa delsottile spessore di strato sottocutaneo,pertanto, anche gli aghi di lunghezzastandard (12,7 mm) rischiano di andareoltre il sottocutaneo fino allo strato mu-scolare, soprattutto se inseriti nellapelle a 90 gradi, senza pizzicare.(Strauss, 2000).Considerando lo spessore del tessutosottocutaneo, fattore determinante perl’assorbimento dell’insulina, si è resonecessario effettuare degli studi per in-dividuare l’ago con la giusta lunghezzain base alla sede di iniezione e al Bmi(Indice di Massa Corporea) del paziente(Tubiana- Rufi et al, 1999; Uzun et al,2001; Schwartz et al, 2004).A tal proposito, è stato condotto unostudio prospettico su 50 bambini con unBmi a 60 gradi percentile per con-frontare due lunghezze di aghi - 12,7mme 8mm - per quanto riguarda la com-parsa di iniezioni intramuscolari, va-lutata ecograficamente. Dai risultati è emerso che la frequenzadelle iniezioni intramuscolari era:

Figura 1. Le distanze medie (in milli-metri) tra la cute e la fascia muscolare(spessore di tessuto sottocutaneo)

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– 86% con l’utilizzo di aghi lunghi12,7mm;

– 38% con l’utilizzo di aghi lunghi8mm.

Appare evidente che la frequenzadelle iniezioni intramuscolari èstata assai ridotta con l’utilizzo diaghi lunghi 8mm nelle braccia enelle cosce che riducono, in modorilevante, il rischio di iniezione in-tramuscolare, sia nei bambini oadolescenti con peso normale, sianei bambini che presentano un Bmia 60 gradi percentile. (Tubiana-Rufi etal, 1999).Sempre in relazione alla lunghezza del-l’ago e allo spessore del tessuto sotto-cutaneo, è stato condotto uno studiomulticentrico, randomizzato, in due pe-riodi di prova, confrontando il compensoglicemico e valutando la soddisfazionee la preferenza nell’utilizzo di aghilunghi 6mm e 12,7mm. L’obiettivo diquesto studio è quello di dimostrare sel’utilizzo dei due aghi di lunghezza di-versa, possono influire, nel pazienteobeso, sulla gestione del diabetemellito.Il campione è rappresentato da pazientiobesi, con fascia di età compresa tra i20-73 anni, sia uomini che donne, conun Bmi ≥30 ed una Hba1c 10%; tuttihanno utilizzato lo stesso dispositivo diiniezione e sono stati randomizzati a ri-cevere 12 settimane di terapia utiliz-zando un sito d’iniezione (coscia oaddome) e uno dei due aghi (6mm o12,7mm) e nelle altre 12 settimane l’uti-lizzo dell’ago non usato nelle primedodici.Risultato: su 62 pazienti - 31 uomini e

31 donne -, 56 pazienti hanno com-pletato il trattamento (ovvero, 24 set-timane).Non sono state evidenziate differenzenel controllo glicemico, tuttavia, i pa-zienti hanno indicato maggiore soddi-sfazione per l’ago più corto, dal mo-mento che, quello più lungo provocavalividi e maggior dolore.In conclusione, in pazienti obesi, l’uso diaghi lunghi 6 mm e 12,7 mm ha prodottovalori equivalenti di Hba1c. (Schwartz etal, 2004).In riferimento allo spessore del tessutosottocutaneo nei bambini con diabete ditipo 1, è stato eseguito uno studio permisurare lo spessore del tessuto sotto-cutaneo a tre principali siti di iniezionee per individuare i siti di iniezione di usofrequente e metodi di iniezione.Dal momento che il controllo gli-cemico è il fattore-chiave per la ge-stione dei bambini con diabete ditipo 1, l’iniezione sottocutanea svolgeun ruolo importante nel controllo gli-cemico. Tuttavia, rimangono semprepochi gli studi che hanno esaminato lospessore del tessuto sottocutaneo avari siti di iniezione.Per lo studio è stato utilizzato un cam-pione di 65 bambini, di età compresa tra8-16 anni, che frequentavano un campodi diabete nel 2002 (Shin et al, 2006).Con l’ausilio di una pinza (plicometro) èstato misurato, una sola volta per ognibambino, lo spessore sottocutaneo delbraccio esterno, della coscia anteriore,dell’addome. I siti di iniezione e ilmetodo di iniezione sono stati osservatiper quattro giorni, utilizzando un elencodi controllo.

Risultato: nelle ragazze, i valori medidel braccio esterno, della coscia e del-l’addome, sono stati rispettivamente:18,00-18,00 e 19,75mm; nei ragazzi:17,00-12,50 e 17,00mm.Nel 40% dei partecipanti, lo spessoredel tessuto sottocutaneo del ventre èstato <12,5mm; rispetto alle ragazze,nei ragazzi, oltre i 14 anni, era statisti-camente significativo sottile il tessutosottocutaneo in tutti i siti di iniezione.Il metodo di iniezione più frequente-mente utilizzato è stato con un angolo diinserzione a 90°.In conclusione è emerso che, in parti-colare per i ragazzi, deve essere usatoun ago inferiore a 12,5mm, ricorrendoalla tecnica del “pizzico” per diminuirela possibilità di iniezione intramu-scolare. (Shin et al, 2006).Sempre in riferimento al rischio diiniezioni intramuscolari nei bambinie negli adolescenti è stato condotto unostudio per dimostrare che, i bambini condiabete di tipo 1 sono a rischio di inie-zioni intramuscolare e intradermica: èindispensabile, pertanto, identificare unago di lunghezza appropriata alle carat-teristiche fisiche del bambino ed uti-lizzare la tecnica corretta di iniezioneche permetta l’introduzione dell’insulinanel tessuto sottocutaneo.In uno studio di Coorte, effettuato daHofman P.L. et al, nel 2007, sono statireclutati 72 bambini diabetici (di etàcompresa tra i 6-14 anni) per lo “studio1”, di cui 37 hanno partecipato ancheallo “studio 2”.Nello “studio 1” è stata iniettata arianell’addome e nella coscia anteriorecon la tecnica del pizzico e mediantel’inserimento dell’ago a 90° (perpendi-colare) della lunghezza di 6mm e 8mm;nello “studio 2” è stata visualizzata lasede di iniezione di aria mediante eco-grafia e misurato lo spessore deltessuto sottocutaneo.Dai risultati è emerso che, nello“studio1” le iniezioni intramuscolarisono state rilevate nel 32% dei sog-getti, e in un ulteriore 22% di aria èstato visualizzato alla fascia muscolare;nello “studio 2” le iniezioni intramu-scolari si sono verificate nel 3% deisoggetti e un ulteriore 11% ha rilevatoaria nella fascia muscolare.

Figura 2. Tipologie di ago

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Iniezioni intramuscolari non si sono ve-rificate in soggetti dove sono stati uti-lizzati aghi lunghi 6mm, con angolazionea 45° e sollevando la plica cutanea. Piz-zicando le pieghe cutanee dell’addomee della coscia, si ha un aumento dellospessore sottocutaneo del 16% e il 6%(nei soggetti molto magri, pizzicando lapelle, effettivamente, il grasso sottocu-taneo è ridotto). In conclusione, sono state osservateiniezioni intramuscolari utilizzando i pro-tocolli standard di iniezione, mentre,utilizzando un ago della lunghezza di6mm e adottando la tecnica del pizzico,l’iniezione è sicuramente più affidabiledal momento che, inevitabilmente, vànel sottocutaneo. (Hofman et al, 2007).Per essere sicuri di iniettare nelsottocutaneo e non nel muscolo sideve pizzicare la pelle e inserirel’ago a 90° al centro della piega; inquesto modo si solleva la cute dallostrato sottostante di tessuto muscolaree si aumenta la probabilità di un’inie-zione sottocutanea. (Figura 3).

La plica cutanea andrebbe rilasciatasolo dopo che l’ago è stato ritratto; se sirilascia prima, l’iniezione può essere in-tramuscolare.Si ritiene che iniettare il farmaco nellaplica di cute sollevata permetta all’in-sulina di diffondersi meglio, rispettoalla somministrazione del bolo senzasollevare la cute, poiché, in tal caso, ilfarmaco rimarrebbe in una zona circo-scritta.L’assorbimento può essere influenzatoda questi differenti modi di distribu-zione (Necton, Dickinson, 2001; Strausset al, 1999).È possibile evitare il pizzicotto se siinetta il farmaco con un inclinazionedell’ago di 45° o se il sito prescelto è lazona dei glutei dove lo strato di grasso èmaggiore (Wood et al, 2002).Per pizzicare in modo corretto bisogna

usare il pollice e l’indice con il medio,sollevando sia la pelle che lo strato sot-tocutaneo ma non lo strato muscolare(Diabetes Care, 2006). (Figura 3).

DISCUSSIONEDopo aver messo in evidenza le variabiliresponsabili dell’assorbimento dell’in-sulina, a partire dallo spessore deltessuto sottocutaneo, a seguire dallazona di iniezione, ci soffermiamo sullatecnica di iniezione che, in definitiva,rappresenta l’obiettivo della ricerca,volta, appunto, all’ “individuazione dellacorretta tecnica per la somministrazionedell’insulina”, ovverosia, nello spe-cifico, dell’importanza eventuale del-l’angolazione di iniezione come pos-sibile fattore responsabile di un altera-zione dei valori glicemici.L’educazione del paziente deve esserecontinua nel tempo, perché, quando siparla di diabete, ci si riferisce, inevita-bilmente, ad una malattia che colpiscel’intera persona, in tutti i suoi aspetti(sia fisici che di relazione con gli altri)pertanto, l’educazione del paziente rap-presenta l’unica arma in grado non solodi consentire il raggiungimento di uncontrollo della glicemia ottimale, maanche un miglioramento complessivodella sua qualità di vita.Solo negli ultimi dieci anni, latecnica per la somministrazionedell’insulina è stata affrontata inmodo scientifico (Strauss, 2000). Lalunghezza dell’ago si sceglie in base

allo spessore di grasso cutaneo; abambini e ragazzi adulti, adulti moltomagri e muscolosi, per esempio, sonoconsigliati aghi corti: con quelli lunghi sirischierebbe di iniettare l’insulina nelmuscolo o in un vaso (cosa che, oltre adessere più fastidiosa, rende impreve-dibili i tempi di azione dell’insulina chedipendono a quel punto dal movimentodel muscolo stesso). (Roche DiagnosticSpa-Patient Care, 2006).Dall’esame della letteratura emerge, in-nanzitutto, una carenza delle evidenzescientifiche relativamente alla tecnicadi iniezione sottocutanea, tuttavia,alcuni studi hanno indicato che laquantità di grasso sottocutaneo e l’ap-propriata lunghezza dell’ago sonofattori-chiave per il farmaco per il rag-giungimento del “tessuto-bersaglio”(Evidence Based Nursing, 2005).Per effettuare un’iniezione sottocutanea,è consigliabile che le iniezioni “senzapizzicatura” vengano fatte a 45 gradi in-dipendentemente dalla lunghezza del-l’ago, ad eccezione delle natiche, in cuipossono essere a 90 gradi.“Pizzicando”, tutte le iniezioni possonoessere sia a 45 che a 90 gradi. (Figura 4).Nei soggetti molto magri e nei bambinidevono essere usati aghi corti o ese-guire la tecnica del pizzico ed iniettarecon un angolo di 45 gradi, al fine dievitare iniezioni intramuscolari soprat-tutto nell’area della coscia (DiabetesCare, 2002; Strauss, 2000).Nello specifico, in uno studio effettuato su

Figura 3. Modalità di “pizzicatura”

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bambini e adolescenti emerge che nellatecnica di iniezione sottocutanea è impor-tante tener conto dell’angolazione di inie-zione (45 o 90 gradi) e della lunghezza del-l’ago per evitare un’iniezione intramu-scolare (Cocoman & Barron, 2008).

CONCLUSIONIA fronte di queste considerazioni, non cisono particolari differenze sulla correttatecnica d’ iniezione relativamente al-l’angolazione dell’ago, ma quest’ultimadeve essere tenuta in debita considera-

zione in rapporto ad altri parametriquali: – lo spessore del tessuto sottocutaneo

(Bmi); – la lunghezza dell’ago.È dalla corretta valutazione di questidue parametri che emerge la giusta pro-cedura per la somministrazione dell’in-sulina in combinazione con la tecnicadel “pizzico-non pizzico”.La mancanza di utilizzo di uno di tali ele-menti può indurre a conseguenze spia-cevoli dal momento che un’iniezione

eseguita non correttamente puòcausare ipoglicemie, reazioni immuni-tarie all’insulina che, protratte neltempo, compromettono il controllo me-tabolico, recando gravi danni alla salutedei diabetici.Pertanto, anche nella fase di adde-stramento del paziente diabeticoalla corretta tecnica di iniezione, ilpersonale coinvolto deve sempretener conto delle caratteristiche fi-siche del paziente, evitando la stan-dardizzazione della tecnica stessa.È ovvio, quindi, che anche le nozioni e letecniche apparentemente più facili daapprendere necessitano di continue re-visioni per essere consolidate.

AUTORI:Carolina De Vitis, infermiera presso il di-stretto sanitario Lama dei Peligni, Asl Lan-ciano (Vasto);Katia Manocchi, infermiera presso l’unitàoperativa di Emodialisi, Asur Zt 13, AscoliPiceno.

Figura 4. La pelle durante l’iniezione

IN PILLOLE

Emicrania, la rivincita del cioccolatoLa polvere di cacao potrebbe rappresentare una nuova arma contro l'emicrania grave grazie agli effetti antinfiammatori utiliper la prevenzione e la cura: a rivelarlo, i risultati di uno studio condotto dai ricercatori della Missouri State university (Usa),coordinati da Paul L. Durham. Tuttavia, gli stessi effetti non sarebbero appannaggio del solo cioccolato che, accanto ad un basso contenuto di cacao, pre-senta molti altri componenti che possono avere un effetto opposto, stimolando la flogosi e peggiorando i sintomi dell’emi-crania. Secondo lo studio, i benefici del cacao puro (theobroma cacao) sono legati alla sua capacità di ridurre la risposta infiam-matoria. Attraverso un esperimento condotto sui ratti (in cui la polvere di cacao è stata capace di reprimere le proteine associate aiprocessi che innescano le infiammazioni all’origine dell’emicrania), è stato dimostrato che il cacao conterrebbe sì sostanzefitochimiche che danno sollievo dal dolore, ma solo se consumato puro: la cioccolata in barrette o sotto altra forma può,invece, produrre l'effetto contrario. Lo stesso gruppo di ricerca sta ora effettuando ricerche circa l’azione della polvere di cacao sull’ipertensione e la regola-zione dei processi metabolici.

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IIl processo assistenziale nell’infermieristica psichiatricadi Ione Moriconi, Sheila Antonio

ABSTRACTIl concetto di infermiere psichiatricocome custode e figura di controllo deimalati mentali rinchiusi in un manico-mio, dovrebbe ormai essere già supera-to.Tale articolo, tuttavia, ha lo scopo di sot-tolinearne il ruolo come operatore pro-fessionista con competenza e autono-mia propria e specifica, che ha il fine dipromuovere, mantenere, ristabilire - oriabilitare - la salute mentale dell’indivi-duo, sviluppando delle strategie efficaciper rispondere alle esigenze immediateo potenziali del paziente, attraverso unapproccio metodologico scientifico.Nel suo agire professionale, l’infermieresi avvale di un procedimento comune atutte le discipline scientifiche: il proces-so logico e sistematico del ProblemSolving finalizzato alla soluzione deiproblemi che è stato tradotto per lanostra professione in processo assisten-ziale che rappresenta il fondamentodella pratica allo scopo di fornire unquadro concettuale che consenta agliinfermieri di identificare lo stato di salu-te dei pazienti ed aiutarli a soddisfare ipropri bisogni, individuando il piano diazione infermieristico al fine di raggiun-gere gli obiettivi.

INTRODUZIONEL’assistenza infermieristica psichiatrica,nel corso della storia, ha subito delletrasformazioni importanti che hannodeterminato il passaggio da un’assi-stenza semplice, per mansioni, a un’as-sistenza complessa, basata su un nuovoapproccio con il paziente e sulle qualitàdelle prestazioni attuata per mezzo diuna metodologia scientifica. In ambito psichiatrico, l’infermiere sitrova a confrontarsi con pazienti che

hanno difficoltà di comprensione ecomunicazione, pertanto, nell’identifica-re i bisogni (non sempre concreti e visi-bili), l’operatore deve saper riconosceree interpretare il contenuto dei suoi pen-sieri, le paure, le ansie e i desideri. Ciò significa instaurare una relazioneempatica, utilizzandola come stru-mento terapeutico in tutto il percorsoassistenziale.Il processo infermieristico è una serie difasi ed azioni pianificate che mirano asoddisfare i bisogni e a risolvere i pro-blemi degli individui che non sono ipote-tici e decisi dall’infermiere, ma reali edevidenziati dalla raccolta dati che iniziacon il processo. Inoltre, le soluzioni proposte non sonotutte equivalenti, ma vengono privile-giate quelle che risultano più attendibilie convalidate dalla letteratura, oltre chedalla soluzione del momento.

FASI DEL PROCESSOASSISTENZIALEAccertamento psichiatricoÈ il punto di partenza del processo dinursing.Consiste nell’identificazione dei proble-mi psicosociali, dei punti di forza e delleinquietudini del paziente e del modo incui questi incidono sulla sua salute.L’accertamento psichiatrico prevede laraccolta ordinata e l’interpretazioneaccurata delle informazioni, dati sogget-tivi e dati oggettivi, attraverso il collo-quio psichiatrico, la valutazione dellostato mentale, l’esame obiettivo e leverifiche diagnostiche.La raccolta dei dati avviene durante ogniinterazione tra infermiere e paziente etramite la consultazione delle altre fontidisponibili.Il colloquio psichiatrico fornisce infor-

mazioni sulle alterazioni comportamen-tali, sull’anamnesi emotiva e sociale esullo stato mentale del paziente alloscopo di raccogliere informazioni peraccertare il funzionamento psicologico,comprendere i sistemi di coping einstaurare un rapporto terapeutico colmalato. In psichiatria, il colloquio rappresentacertamente lo strumento fondamentalesia per la conoscenza che per la trasfor-mazione del paziente.Esso comprende:l’anamnesi psicosociale (convinzioni,rapporti interpersonali, stile di vita,dieta, ritmi del sonno, uso di alcol,droga, farmaci, tabacco, scuola e lavoro,pratiche religiose, hobby, attività ses-suale);l’anamnesi psichiatrica (pregressidisturbi psicologici, episodi di violenza,episodi di delirio, tentativi di suicidio,precedenti trattamenti psichiatrici erisultati);l’anamnesi familiare (le abitudini fami-liari, i metodi adottati per educare ibambini, il sostegno emotivo ricevutodurante l’infanzia, la salute fisica edemotiva dei membri della famiglia comestorie di abuso di sostanze, alcolismo,violenza, diabete mellito, alterazionidella funzione tiroidea).Inoltre, è sicuramente necessario garan-tire un ambiente adeguato (il pazientedeve sentirsi a proprio agio) spiegandoal paziente lo scopo del colloquio, rassi-curarlo sulla riservatezza, chiedere sedesidera la presenza di un familiare,chiedere come preferisce ci si rivolga alui, capire quali risultati il paziente siaspetta dal trattamento. È importante garantire ascolto,obiettività e risposte, stabilire obietti-vi chiari, prestare attenzione alle reazio-

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ni del paziente e ai segnali non verbali;stabilire i valori culturali e le credenzedel paziente, evitare di formulare ipote-si sull’influenza degli eventi pregressi,controllare i valori personali in modo daevitare che compromettano il giudizioprofessionale, controllando le reazioni. Quindi, fare un colloquio psichiatricovuol dire una piena conoscenza sia dellapsicopatologia generale, sia della pro-pria dimensione personale, nonchéacquisizione della capacità di osserva-zione e di comprensione.L’osservazione infermieristica assumeun significato più ampio di quello comu-ne, poiché prevede l’utilizzo di tutti isensi, di tutte la abilità e conoscenze.L’infermiere osserva i pazienti in modospecifico, ricorrendo alle sue conoscen-ze sull’assistenza infermieristica, allavalutazione fisica, alle scienze di base esociali, alla fisiopatologia.Le abilità intellettuali e decisionali sononecessarie quando si tratta di stabilirequali dati servono per una valutazionecompleta.La valutazione dello stato mentale è unostrumento per accertare disfunzioni psi-cologiche e per accertare le cause psi-copatologiche.Esso consente all’infermiere di pro-grammare interventi di nursing adegua-to attraverso l’accertamento del:livello di coscienza (ovvero, risposta astimolazioni, grado e qualità dei movi-menti, contenuto e coerenza del lin-guaggio verbale, apertura dell’occhio eil contatto dello sguardo); l’aspetto generale (peso, colorito, condi-zione della cute, odore, corporatura ealterazioni fisiche evidenti, postura.Osservare qualsiasi discrepanza tra l’os-servazione oggettiva e la percezione cheil paziente ha della propria salute.Osservare il contegno del paziente e ilmodo in cui si pone in relazione aglialtri. Osservare se il paziente è collabo-rativo, diffidente, imbarazzato, ostile otroppo aperto. Il linguaggio del corpopuò rivelare tensione, rigidità o irrequie-tezza);l’umore (osservare la disposizione gene-rale dell’individuo,e il modo in cui que-sta viene espressa. Chiedere al pazientecome si sente e valutare nel contempol’espressione del viso e la postura);

le capacità intellettuali (valutazionequalitativa e dei contenuti. Analizzareincoerenze, risposte illogiche, il modo diparlare, interruzioni, volume, alterazionidel tono, risposte monosillabiche);il giudizio (consiste nella capacità divalutare possibili scelte e trarre conclu-sioni);di introspezione (capacità di effettuareun’auto-valutazione realistica); di percezione (interpretazione della real-tà e utilizzo dei sensi);il tipo di pensieri (osservare le capacitàdi ragionamento astratto, di formularegiudizio o risolvere problemi, test.Valutare l’orientamento, la rievocazioneimmediata o ritardata, la memoriarecente o remota, il livello di attenzione,la comprensione, la formazione dei con-cetti e le conoscenze generali).Attraverso il colloquio e la valutazionedello stato mentale si potranno osserva-re significativi mutamenti del comporta-mento.I segni e sintomi-chiave comprendono lealterazioni dell’appetito, del livelloenergetico, della motivazione, dell’igie-ne, della propria immagine, dell’autosti-ma, del sonno, dell’impulso sessuale. Èimportante, inoltre, accertarsi di even-tuali segni di comportamenti autodi-struttivi.I test diagnostici (esami di laboratorioinvasivi, esami di laboratorio non invasi-vi, test psicologici) aiutano a formulareuna diagnosi accurata, analizzano qual-siasi turba fisiologica latente, stabili-

scono la normalità delle funzioni renaleed epatica prima che il paziente assumai farmaci psicotropi prescritti, ne deter-minano i livelli terapeutici, stabilisconose il soggetto fa uso di sostanze psico-attive.Diagnosi infermieristicaLa diagnosi infermieristica è un giudizioclinico riguardante le risposte delle per-sona, della famiglia o della comunità aproblemi di salute/processi vitali attualio potenziali, si può differenziare daquella medica perché essa descrive lapatologia di organi specifici, raccoglieinformazioni sui segni e sintomi del pro-cesso di malattia ed offre modi percomunicare richieste di trattamento.La diagnosi infermieristica non è altroche l’atto clinico dell’identificazione deiproblemi, ma anche la loro definizione;costituisce la base su cui scegliere gliinterventi infermieristici e si ottiene dal-l’analisi dei dati soggettivi e oggettiviraccolti durante l’accertamento. Le diagnosi possono essere:– reali, quando la condizione della

persona o della famiglia o della col-lettività è stata convalidata dai datiraccolti dall’accertamento;

– di rischio, quando una persona, unafamiglia o una comunità è più vulne-rabile rispetto ad altre in condizioniuguali o simili;

– a sindrome, formulato quando lapersona è in una situazione di com-plessità assistenziale;

– di benessere, relativo a persona,

Una scena della fiction Rai dedicata a Franco Basaglia:"C'era una volta la città dei matti"

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famiglia o comunità che ha le poten-zialità per mantenere o aumentare ilproprio stato di benessere.

I gruppi diagnostici comprendono: lapercezione della salute, la nutrizione,l’eliminazione, l’attività e l’esercizio fisi-co, il riposo e il sonno, l’aspetto cogniti-vo e percettivo, la percezione del sé, ilruolo e le relazioni, la sessualità, la tol-leranza allo stress e le modalità peraffrontare situazioni problematiche, iprincipi e i valori. Le diagnosi infermieristiche offrono unlinguaggio comune che permette diattuare l’azione di assistenza necessa-ria al paziente e aiuta l’infermiere a con-cettualizzare il tipo di risposta umanadel paziente che può essere affrontata,tramite il nursing, anche in un contestointerdisciplinare.PianificazioneTutta la fase progettuale del processoinfermieristico, l’accertamento, la dia-gnosi e l’identificazione degli obiettivi,culmina nella formulazione di un pianod’assistenza infermieristica.Questa fase è incentrata sulle esigenzespecifiche del paziente, tenendo contodei suoi punti forza e delle sue debolez-ze, esortarlo a partecipare alla determi-nazione degli obiettivi raggiungibili eall’assistenza stessa, deve includereinterventi attuabili e rientrare nell’ambi-to della pratica infermieristica applica-bile.Obiettivo della pianificazione infer-mieristica dell’assistenza è l’usomigliore delle risorse disponibili alfine di aiutare la persona a raggiun-gere i risultati attesi.Gli obiettivi devono essere appropriati,collegati direttamente alla diagnosiinfermieristica e riflettere i desideri delpaziente, della famiglia e dell’infermie-re; perché la formulazione degli obietti-vi sia efficace, questi devono esserevalutabili, realistici e formulati in modo

tale che il paziente e la famiglia possa-no comprenderli.Gli interventi stabiliti, possono essere dibreve o di lungo termine (strategie, azio-ni e attività) e richiedere la collaborazio-ni di altre professionisti (medici, assi-stenti sociali, dietisti, fisioterapisti)Il programma assistenziale può essererivisto e aggiornato secondo necessità;funge da guida scritta e da base docu-mentale per l’assistenza garantendo lacontinuità.AttuazioneNella quarta fase del processo infermie-ristico si realizza concretamente l’assi-stenza infermieristica. Inizia dopo la ste-sura del programma assistenziale e ter-mina nel momento in cui gli obiettivistabiliti sono stati raggiunti.Prima di attuare qualsiasi intervento,l’infermiere dovrà sottoporre il pazientead un ulteriore accertamento per valuta-re se gli interventi stabiliti sono - e con-tinuano - ad essere appropriati.Nella fase di attuazione, l’infermieremette in atto le abilità necessarie perfar fronte alle diagnosi infermieristichedel paziente e per risolvere i suoi biso-gni di salute. Pertanto le competenze richieste daparte dell’infermiere sono:cognitive (conoscenza della pratica cli-nica corrente e delle tecniche di base);affettive (conoscenza degli aspetti lega-ti alla comunicazione verbale, non ver-bale e l’empatia); psicomotorie (azioni infermieristichetradizionali quali il rilevamento dei para-metri vitali e somministrazione dellaterapia);organizzative (attività di consulenza,abilità gestionali, sapere delegare).ValutazioneDurante questa fase, viene accertatal’efficacia del piano di assistenza.Essa consiste nella raccolta di dati sog-gettivi e oggettivi sugli obiettivi identifi-

cati durante la fase di programmazione:tali dati andranno analizzati per stabilirese gli obiettivi siano stati conseguiticompletamente, parzialmente o nonsiano affatto stati raggiunti. La valutazione deve coinvolgere ilpaziente e/o i familiari per poter stabili-re se la diagnosi non è più valida, altri-menti, se gli obiettivi non fossero statiraggiunti o raggiunti solo parzialmentesi dovrà rivalutare il programma, ilperiodo di tempo fissato e gli obiettivi.L’analisi costante del nostro piano diassistenza, attraverso la valutazionepromuove un meccanismo di feedback,permettendoci, in un clima di assolutacircolarità ed elasticità, di modificareobiettivi ed interventi, rivalutandolicostantemente.Infine, è importante documentare ilmomento e il modo in cui gli obiettivisono stati raggiunti.

CONCLUSIONI Il processo di nursing è una serie defini-ta di azioni, eseguita per raggiungere gliobiettivi dell’assistenza infermieristica,mantenere il benessere e/o fornire lanecessaria e qualificata assistenza inbase alla situazione, per consentireall’utente di recuperare il proprio benes-sere o contribuire alla sua qualità divita. Le prestazioni infermieristiche nonpossono essere più improvvisate, mavanno pensate e programmate.Orientati da ciò, gli infermieri si presen-tano sempre più capaci di ricercare, sce-gliere e proporre le modalità giuste perconseguire risultati efficaci e di qualità.

AUTORIIone Moriconi, responsabile Sai Dsm-Residenzialità- Asl Rm/A;Sheila Antonio, studentessa III anno corso dilaurea in Scienze infermieristiche, universitàdi Roma “La Sapienza”- canale C.

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Indagine esplorativa sulla motivazione del personale infermieristico di Salvatore Carpentieri

IABSTRACTIn questo studio viene trattato il temadella motivazione al lavoro nella profes-sione infermieristica. Sulla base di una“mappatura” delle diverse teorie ci si èavvalsi come strumento di indagine diitem ad hoc per la rilevazione di qualileve motivazionali siano, oggettivamen-te, ritenute più importanti dal professio-nista infermiere operante presso ildipartimento di Scienze Neurologiche ePsichiatriche del policlinico “Umberto I”di Roma.Scopo dell’indagine è rilevare le areeattinenti i fattori stimolanti al fine diun’utilizzazione operativa da parte delcoordinatore infermieristico, tenutoconto della letteratura sull’argomento.

MATERIALI E METODILo studio è stato condotto presso ildipartimento di Scienze Neurologiche ePsichiatriche del policlinico “Umberto I”di Roma ed è stato rivolto a 50 infermie-ri (30 donne e 20 uomini) che sono statiinvitati ad indicare l’importanza attribui-ta agli aspetti proposti nell’indagine,con riferimento a tre diversi momentidella carriera lavorativa di ciascuno,apponendo una o più preferenze.Al fine di una maggiore conoscenza delgruppo, abbiamo chiesto: sesso; titolo distudio; carriera lavorativa e percezionedel riconoscimento del proprio ruolo diinfermiere. Ecco il questionario:“Gentile professionista,ti chiedo pochi minuti del tuo tempo dadedicare a questa indagine esplorativa

sulla ‘Motivazione e aspettative nel tuolavoro’.Tale studio rappresenta uno strumentodi indagine necessario per permettere larealizzazione della mia tesi finale per ilmaster universitario in: ‘Managementinfermieristico per le funzioni di coordi-namento’.

Ti chiedo, pertanto, di indicare l’impor-tanza da te attribuita agli aspetti propo-sti nell’allegato che troverai di seguito,con riferimento a tre, diversi momentidella tua carriera lavorativa, apponendouna o più preferenze con una ‘x’. Ti ringrazio per la preziosa collaborazionee ti ricordo la garanzia dell’anonimato”.

Aspetto Al primoimpiego

Dopo 5/10 annidi lavoro

Dopo 25/30 annidi lavoro

Rapporto inter-personalecolleghi

Riscontro alle rimostranze

Formazione e addestramento

Supervisione da parte delcapo

Prospettiva di carriera

Riconoscimenti (premi, lodi,etc)

Sicurezza sul lavoro

Sicurezza del posto

Retribuzione

Ambiente di lavoro (orario,ubicazione dell’azienda,etc…)

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Sesso – M– FDa quando tempo lavori in questaAzienda?– Da 0 a 12 mesi– Da 1 a 5 anni– Da 5 a 10 anni– Da oltre 10 anniIl tuo diploma di infermiere lo hai conse-guito attraverso:– Corso regionale Asl– Corso universitarioDa quanti anni svolgi questa professio-ne?– Da 0 a 12 mesi– Da 1 a 5 anni– Da 5 a 10 anni– Da oltre 10 anniTi senti riconosciuto nella veste di pro-fessionista competente?– Sì – No– Talvolta

Aspettative nel lavoroIndica, apponendo una o più “X” nellacasella corrispondente l’ importanza date attribuita negli aspetti elencati nellagriglia che segue, con riferimento a trediversi momenti della tua carriera.Nel primo momento ricorda il tuo primoimpiego (prima colonna); nel secondo,immaginati di avere già alcuni anni diesperienza (seconda colonna); nel terzo,immaginati con 30 anni di esperienza(terza colonna).Quali sono gli aspetti del lavoro checontano di più, per te”?Nella seconda parte sono stati propostidieci item a cui ogni professionista indi-cava l’importanza attribuita, riferendosia tre diversi momenti di carriera: nelprimo momento, viene proposto il primoimpiego; nel secondo, fase centrale dicarriera con cinque/dieci anni di lavoroe nel terzo, a fine carriera.In particolare i dieci aspetti proposti, eda collocare a scelta nei tre diversiperiodi temporali già citati, erano, nel-l’ordine:– rapporto inter-personale con i colle-

ghi;– riscontro alle rimostranze;– formazione e addestramento;– supervisione da parte del capo;

– prospettiva di carriera;– riconoscimenti (premi, lodi, etc.);– sicurezza dell’ambiente di lavoro;– sicurezza del posto;– retribuzione;– ambiente di lavoro (orario, ubicazio-

ne dell’azienda, etc.).

ANALISI DEI DATI Le infermiere si sentono ricono-sciute professionalmente più deicolleghi uomini (il 60% contro il45%): il 37% di queste ha risposto “tal-volta” (gli uomini, il 30%) e solo il 3%non si sente riconosciuta (gli uomini nonsi sentono riconosciuti per una percen-tuale pari al 25%).E’ risaputo che avere un buon rapportocon i colleghi di lavoro risulta un ele-

mento significativo per mantenere sere-nità e tranquillità, oltre a consentire unamigliore produttività ed efficienza sullavoro: ciò sembra caratterizzare piena-mente la “filosofia lavorativa” degliintervistati che, con frequenza costante,sottolineano questo aspetto più deglialtri (lo fanno, oltretutto, in tutta la trilo-gia del periodo lavorativo, sin dal primoimpiego, quasi a voler dimostrare che ilrapporto interpersonale con gli altri è diper sé garanzia di adattamento e svilup-po alla nuova realtà lavorativa).Non meno importante, l’aspetto retribu-tivo che occupa sempre le prime posizio-ni, seguito dalla formazione (intesacome i continui corsi di aggiornamento,peraltro resi obbligatori a tutti i profes-sionisti sanitari con il programma di

Tabella 1. Uomini

Tabella 2. Donne

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Educazione Continua in Medicina, Ecm).Va notata, inoltre, l’idoneità dell’am-biente di lavoro in cui si esplica il ruolo

di ciascuno e che, certamente, influiscepositivamente quando le condizionigenerali di ubicazione e l’orario sono

congrui, stimolando puntualità e for-s’anche incoraggiando la presenzacostante dei lavoratori.Le donne al primo impiego, sembranoricercare più sicurezza materiale, sotto-lineando, più di ogni altro, quest’aspet-to che ritroviamo, con frequenza moltoalta, in tutti e tre i periodi di tempo. L’aspetto relazionale del rapporto coicolleghi emerge incontrastato a metà ea fine carriera. (tabelle 1 e 2)L’aspetto formativo mostra una frequen-za costante e rilevante per le professio-nalità che, sin dal primo impiego, sotto-lineano l’aspetto del riconoscimentoprofessionale.La rappresentazione maschile, in parti-colare, sottolinea le relazioni interper-sonali (specie al primo impiego e a finecarriera), valorizzando l’aspetto materia-le della retribuzione solo dopo i cin-que/dieci anni di pari livello con il con-testo emotivo delle rimostranze.I professionisti uomini si rilevanomolto attenti alla formazione, in par-ticolare, all’inizio della carriera; la fre-quenza, però, diminuisce drasticamenteal maturare della carriera, dove suben-trano l’importanza o altri aspetti propo-sti, come la sicurezza dell’ambientelavorativo e la stabilità del posto.La carriera ha una frequenza bassasia per gli uomini che per le donne.I colleghi che si sentono “riconosciuti”professionalmente esprimono senzaremore la componente relazionale,ossia il rapporto con i colleghi al primoposto che emerge sin dal primo impiegoe a fine carriera: esso va di pari passocon la componente materiale rappre-sentata dall’aspetto retributivo.La formazione e l’aggiornamento pro-fessionale vengono valorizzati dopo i25/30 anni, quasi come a intendersi nel-l’acquisire nuove conoscenze professio-nali da legare e confrontare all’ormaipiena esperienza lavorativa.Il controllo del proprio operato, ossia la“supervisione da parte del capo” rivelauna frequenza bassa nel contesto delriconoscimento ed è citato sono nel-l’ambiente del primo impiego.Le relazioni interpersonali degli interes-sati che lavorano presso l’Azienda, ècitato sin dai primi anni, e qui, sin dalprimo impiego.

Tabella 3. “Ti senti riconosciuto professionalmente?”. Risposta: “Sì”

Tabella 4. “Ti senti riconosciuto professionalmente?”. Risposta: “No”

Tabella 5. “Ti senti riconosciuto professionalmente?” Risposta: “Talvolta”

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L’aspetto retributivo in particolare vienemenzionato sin dai neoassunti dei primicinque anni che dal personale ormai conesperienza decennale. (Tabelle 3, 4, 5).

CONCLUSIONIIl coordinatore infermieristico è ilperno centrale per promuovere lamotivazione del gruppo nell’ambitodell’assistenza infermieristica ten-dendo al massimo livello di qualità.Se il professionista gode di opportunitàatte a sviluppare i fattori di motivazione(quali, ad esempio, un buon rapporto coni colleghi, la crescita professionale, la for-

mazione, la partecipazione attiva alledecisioni da prendere, l’informazione e lacondivisione degli obiettivi aziendali daraggiungere, la partecipazione al gruppodi lavoro), allora, la sua performance saràinfluenzata in senso positivo.Nell’ambito del lavoro, finiamo per tra-scorrere gran parte del nostro tempo, tal-volta in misura maggiore di quello dedica-to alla nostra famiglia e ai nostri affetti. Pertanto, avere un buon rapporto con icolleghi di lavoro risulta un elementosignificativo per mantenere serenità etranquillità interiore, oltre a consentiremaggiore produttività ed efficienza.

Tutto ciò sembra caratterizzare piena-mente la “filosofia lavorativa” degliintervistati che, con frequenza costante,sottolineano questo aspetto più deglialtri e, oltretutto, in tutta la trilogia delperiodo lavorativo (ovvero, sin dal primoimpiego), quasi a voler dimostrare che ilrapporto interpersonale con gli altri è diper sé garanzia di adattamento e svilup-po alla nuova realtà lavorativa.

AUTORE:Salvatore Carpentieri, infermiere professio-nale policlinico Umberto I, Roma - master inCoordinamento.

Megginson L, Mosley D, Pietri P, Management, concetti e applicazioni. Milano: Franco Angeli. 2002.Calamandrei C, Orlandi C, La dirigenza infermieristica. Manuale per la formazione dell’infermiere con funzioni manageriali. Milano:McGraw Hill. 2002.Novara F, Rozzi R, Sarchinelli G, Psicologia del lavoro. Bologna: Il Mulino. 1983.Collegio Ipasvi di Roma, La nuova regolamentazione dell’esercizio della professione infermieristica: profilo professionale, CodiceDeontologico, ordinamento didattico, percorsi formativi, leggi e decreti di interesse infermieristico. Roma, 2007.

BIBLIOGRAFIA

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IN PILLOLE

L’apnea notturna si batte a tavolaIl problema delle apnee notturne colpisce, negli Stati Uniti, circa 12 milioni di persone ed è correlato spesso ad ipertensio-ne arteriosa e patologie cardiovascolari. Dopo una serie di accurati studi, i ricercatori di sei atenei americani, guidati dal professor Gary Foster della Temple uni-versity (Usa), sono riusciti a dimostrare che perdere peso riduce le apnee. Per arrivare a questa considerazione, gli scien-ziati hanno monitorato 265 pazienti obesi con diabete di “tipo II”, tra i 45 e i 75 anni. Tutti lamentavano un'apnea notturnasevera.Quindi, li hanno sottoposti ad una dieta, abbinata all’attività fisica.Dopo un anno, i soggetti a dieta avevano perso circa nove chili ciascuno e il 13,6 % del gruppo aveva, addirittura, speri-mentato una completa remissione dell'apnea notturna. I risultati del test dimostrerebbero che, eliminando i chili in eccesso, si possono ottenere notevoli benefici per quanto riguardail fenomeno delle apnee notturne e, di conseguenza, effetti positivi sulla salute cardiologica e sul benessere generale.

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Il periodico “Panorama della Sanità”ha dedicato, ad agosto, un numeromonotematico al professor Elio Guz-zanti, che ha compiuto novant’anni.Eminente studioso, ex ministro, di re-cente ha accettato il ruolo di garanteall’interno del neonato Centro di Ec-cellenza per la Cultura e la Ricerca In-fermieristica. Di seguito, riportiamol’intervento scritto per l’occasione dalpresidente del Collegio Ipasvi di Roma,Gennaro Rocco.

La figura di un professionista dell’assistenza a tutto tondo è ilfrutto recente di un’idea antica: garantire protezione sociale at-traverso un sistema sanitario pubblico, completo e solidale. Dopo decenni di impegno e sacrifici, spesso ben poco valorizzati, gliinfermieri sono oggi divenuti a pieno titolo gli artefici primari del-l’assistenza. E’ stato un percorso lungo e disseminato di ostacoli,anche culturali. Tuttavia negli ultimi anni la professione infermie-ristica ha segnato in Italia uno sviluppo davvero straordinario, tra-sformandosi radicalmente a suon di conoscenze e competenze, finoa meritare sul campo il riconoscimento giuridico di professione in-tellettuale dotata di piena autonomia e responsabilità. Oggi gli infermieri sono laureati, esprimono capacità professio-nali esclusive in campo socio-sanitario, hanno una formazione dialto livello e competenze sviluppate nelle università, nella ricerca,nella didattica. Si sono dotati di un moderno Codice deontologicoche raccoglie le difficili sfide etico-professionali dei nostri tempi.E da ultimo è nato a Roma il primo “Centro di Eccellenza per laCultura e la Ricerca Infermieristica”, un progetto che lancia la pro-fessione all’avanguardia dello scenario sanitario internazionale,

per migliorare le performance degli operatori e dei gruppi profes-sionali in campo assistenziale con un sistema rigoroso di certi-ficazione delle competenze.La vecchia figura dell’infermiere professionale è archiviata dallaStoria, evoluta ormai in una figura specialistica, autonoma, concapacità manageriali e organizzative, di riferimento per l’eserci-zio clinico e il coordinamento dei servizi. La nuova natura profes-sionale dell’infermiere è legata anche allo sviluppo della liberaprofessione, sempre meno correlata all’ambiente ospedaliero esempre più integrata sul territorio, laddove i cittadini vivono echiedono di essere assistiti.A ben guardare, è la storia di un coraggioso percorso professionaleche il professor Elio Guzzanti ha intravisto già molto tempo fa, in-dicando nella centralità dell’assistenza e nella sua continuità attra-verso lo sviluppo dei servizi territoriali la chiave di volta di una sa-nità moderna, più efficace e vicina alle esigenze della popolazione. Su questa strada, non senza affrontare a viso aperto resistenzeanacronistiche e spesso interessate, il professor Guzzanti hasempre incoraggiato e stimolato gli infermieri. Lui, insigne me-dico, ha spinto costantemente per lo sviluppo e la valorizzazionedella professione infermieristica quale componente assisten-ziale primaria del processo complessivo di cura, dalla sala ope-ratoria fino all’assistenza domiciliare. E’ una sintonia totale quella che lega gli infermieri italiani al pro-fessor Guzzanti e al suo concetto della sanità pubblica, un afflatoideale che lui stesso rinverdisce con il suo ultimo studio su“L’Assistenza primaria in Italia” che mette in luce, fra gli altri,l’aspetto fondamentale del lavoro di squadra fra le professioni sa-nitarie per rispondere ai principi di equità, universalità e soste-nibilità del Servizio sanitario nazionale.

Gennaro Rocco

Dal Collegio gli auguri al professor Guzzanti

Affrettati ad attivare gratis la tua casella di posta certificata!È scaduto il termine ultimo per comunicare al Collegio la propria casella di posta elettronica certificata (PEC), obbligatoria pertutti i professionisti.Con l’intento di promuovere fra gli iscritti la più ampia diffusione della PEC e per incentivarne quanto più possibile l’utilizzo, ilCollegio di Roma ha deciso di venire in soccorso dei Colleghi che non l’abbiano ancora attivata, offrendo gratuitamente unanuova casella PEC (con dominio @PEC.IPASVI.ROMA.IT), a tutti coloro che ne faranno richiesta.Per richiederla:– collegarsi al sito internet dedicato per la richiesta, ovvero http://www.gigapec.it/wrapper/convenzioni.html e seguire le istru-

zioni a video;– inserire il codice fiscale e il numero di iscrizione all’Albo di Roma (solo numeri, ovvero se IP-77890 sarà 77890);– successivamente saranno necessari: i tuoi dati completi, un documento di identità valido, e un indirizzo di posta elettro-

nica tradizionale (o personale/aziendale) dove verranno recapitati i moduli di adesione al servizio che successivamente an-dranno rispediti via fax al gestore, datati e firmati, assieme alla fotocopia del documento di identità precedentemente co-municato;

– terminato il flusso di attivazione, l’utente riceverà 2 email: una di avvenuta attivazione contenenti i parametri tecnici perusare la nuova mailbox, un’altra contenente la modulistica da compilare e spedire via fax. La nuova mailbox sarà subitofunzionante, ma disattivata se non saranno inviati i moduli al gestore.

Ricordiamo che, essendo una mailbox certificata, è strutturata per essere utilizzata solamente inviando e ricevendo da altre mail-box certificate; se si intende utilizzarla anche come posta elettronica tradizionale, si può attivare l’opzione attraverso il pan-nello di controllo dedicato, chiamato “gestione mail” all’indirizzo descritto nella lettera di attivazione.

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Attività formative ECM del Collegio IPASVI di Roma

Collegio Provinciale IPASVI di Roma

focusfocusSanit 2010

Collegio Provinciale IPASVI di Roma

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Nelle quattro giornate di Sanit, al Pa-lazzo dei Congressi dell’Eur, esperti e po-litici si sono confrontati sui grandi temidella scienza e della cura infermieristicaper il nuovo millennio.Una sfida che il collegio Ipasvi di Romaha accettato, curando come di consuetoun ricco programma formativo a bene-ficio di infermieri e studenti.

MARTEDI’ 22 GIUGNOLa dignità della persona nel fine vitaNon è possibile che proprio una medicinaaltamente tecnologizzata, con le sue te-

rapie automatizzate, oggi, condanni ilmalato terminale all’isolamento: la di-gnità della persona nel fine vita è do-narle, pazientemente, del tempo, perdargli conforto. Quanto è importante, per il malato incu-rabile, una dedizione umana che duri finoalla fine! La dedizione del medico e degliinfermieri (dedizione non sovvenzionatadal Ssn, né acquistabile dal paziente) cheè più preziosa di molti medicinali.Questo è, forse, l’ultimo, grande donoche si può fare ad una persona soffe-rente.

Ora sappiamo che anche un malato ter-minale, ormai incapace di parlare, puòascoltare; sappiamo che il contatto cor-poreo può comunicargli conforto, anchequando non è capace di muoversi.La prima giornata formativa si è postal’obiettivo di:– dimostrare che è fuori discussione l’il-

liceità morale di ogni eutanasia anchequando la giustificazione è in un si-stema sanitario in grave difficoltà dirisorse;

– promuovere una professionalità at-tenta all’uomo e per l’uomo, in cui la

focus

AL PALAZZO DEI CONGRESSI DELL’EUR, QUATTROMILA PRESENZE PER L’ANNUALEAPPUNTAMENTO DELL’IPASVI PER PARLARE DI COME AFFRONTARE

LE SFIDE DELL’INFERMIERISTICA MODERNA

Sanit 2010, la persona al centrodelle scienze e delle cure

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professione infermieristica, attra-verso la norma deontologica, siasalda sui valori e sui principi ispiratoridel nursing moderno;

– rendere consapevoli i partecipanti egli ospiti del convegno che gli infer-mieri sono interlocutori preferenzialinelle tematiche di bioetica, proprioper la loro posizione privilegiata dimediatori.

Il presidente del Collegio Ipasvi di Roma,Gennaro Rocco, nel suo intervento diapertura, ha ribadito come la professioneinfermieristica abbia vissuto - e stia vi-vendo - una trasformazione radicale: daprofessione ausiliaria, esecutrice dicompiti assegnati da altri professionisti aprofessione intellettuale, responsabiledel processo di assistenza alla persona.L’infermiere, dunque, è un soggettoattivo, che agisce in prima persona, conautonomia di scelta e responsabilità,entro una cornice valoriale in cui il ri-spetto dei diritti fondamentali dell’uomoe dei principi etici della professione ècondizione essenziale poter assistere eperseguire la salute intesa come beneassoluto della persona ed interesse pe-culiare della collettività.Un concetto di “responsabilità” ben pre-sente all’interno del nuovo Codice Deon-tologico, come sottolineato nell’inter-vento della consigliera Angela Basile:a lei, infatti, è toccato ricordare l’etimo-logia di questo termine. Dal latino“spondeo”, il cui senso originario eraquello di assumere un impegno solenne.Un impegno quasi di tipo “religioso”.E della qualità e sacralità della vita nellapersona umana (altro tema “caro” alnuovo Codice) ha trattato, con estremaperizia, il direttore dell’Istituto diBioetica di Roma, Antonio G. Spa-gnolo; mentre il consigliere Ipasvi,Mario Esposito, ha parlato del: “Pren-dersi cura della persona nel momentodifficile del vivere”.Interventi che hanno preparato la vastaplatea all’atteso intervento della presi-dente nazionale della Federazione, An-nalisa Silvestro, che si è soffermatasul recente pronunciamento dell’Ipasvisul “fine vita”, chiedendo ai politici pre-senti l’impegno a dare agli infermieri ita-

liani la possibilità di richiamarsi a quantoprevisto dall’articolo 8 del proprio CodiceDeontologico che recita: “L’infermiere,nel caso di conflitti determinati da di-verse visioni etiche, si impegna a trovarela soluzione attraverso il dialogo.Qualora vi fosse e persistesse una ri-chiesta di attività in contrasto con iprincipi etici della professione e con iproprio valori, si avvale della ‘clausola dicoscienza’, facendosi garante delle pre-stazioni necessarie per l’incolumità e lavita dell’assistito”.Sul delicato argomento, vanno segnalateanche le relazioni della responsabile forma-zione Antea, Chiara Mastroianni, a pro-posito di cure palliative, e di Angela Chia-retti e Massimo Carru (rispettivamente,dal policlinico Umberto I e dal dipartimento“P. Stefanini”) sulla visione della mortenelle diverse culture del mondo.Nel pomeriggio, invece, spazio alla pre-sentazione delle recenti iniziative messein campo dall’Ipasvi per lanciare il fran-cobollo che Poste Italiane ha dedicatoalla professione infermieristica e che èstato presentato ufficialmente a Roma,in occasione della Giornata interna-zionale dell’Infermiere e della maratonabenefica “Race for the cure”, alle Terme

di Caracalla (di cui abbiamo dato ampiorilievo sullo scorso numero della rivista).L’alta adesione degli infermieri della Ca-pitale all’evento sottolinea non solo lasoddisfazione per questo riconosci-mento, ma la condivisione di un progettodi grande rilevanza sociale: quello cheKomen-Italia porta avanti da anni per so-stenere le donne colpite dal tumore delseno e ridurre, con la prevenzione, l’inci-denza della mortalità.Valorizzare il ruolo degli infermieri inquesto contesto è fondamentale perchésono presenti e attivi in ogni segmentodel sistema sanitario, e, soprattutto,sono al fianco dei malati 24 ore su 24.La responsabile dell’ufficio stampa dellaFederazione, Emma Martellotti, haquindi presentato un filmato della mani-festazione con i momenti più signifi-cativi, illustrando, tra gli altri aspetti, lavasta copertura mediatica dell’evento. E proprio a proposito del francobollo, vasegnalato il simpatico e apprezzatissimointervento dell’attore e doppiatore PinoInsegno, che, per il secondo anno con-secutivo, si è “concesso” alla platea diSanit, confermando il suo saldo rapportodi amicizia e di stima con gli infermieriromani.

L’intervento del ministro della Salute, Ferruccio Fazio

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MERCOLEDI’ 23 GIUGNOModelli organizzativi infermieristiciin ospedale e qualità delle cureUn’azienda sanitaria che punta all’eccel-lenza non può sottovalutare il peso chel’assistenza infermieristica ha sulla per-cezione dell’utente, sui risultati e suicosti.Il modello assistenziale influenza va-riabili come il carico di lavoro, la soddi-sfazione del lavoratore, l’autonomia pro-fessionale, permette il passaggio ad unlavoro per obiettivi, migliora la qualitàdell’assistenza e influenza la soddisfa-zione dell’utenza. Con l’obiettivo di:– presentare delle realtà virtuose che

applicano modelli organizzativi inno-vativi;

– porre a confronto esperienze e risultatiinerenti l’applicazione pratica di mo-delli assistenziali; proporre soluzionigestionali innovative, la secondagiornata di Sanit è stata introdotta dal-l’intervento della coordinatrice infer-mieristica al Bambin Gesù, FatimaMassucci che ha presentato l’espe-rienza del week hospital all’interno deldipartimento di Nefrologia-Urologia.

Una pratica che ha incrementato il turnover dei pazienti, riducendo i tempi di de-genza, ottimizzando la distribuzione dellerisorse infermieristiche e delle sale ope-ratorie e contribuendo ad una generalediminuzione dei costi di gestione.A seguire, una tavola rotonda sulle pro-spettive del panorama sanitario re-gionale.Prima della pausa pranzo, spazio allapremiazione del Torneo di calcio a cinqueIpasvi Cup (vedi articolo presente nelFocus).La sessione pomeridiana, poi, ha visto ilsusseguirsi di numerose relazioni, tuttesu aspetti specifici dei nuovi modelli or-ganizzativi infermieristici sul territorio. Si è parlato, infatti, di indice di com-plessità assistenziale con Gianlucad’Agostino e Alessandro Monte-vecchi dell’ospedale Sant’Andrea e diteam nursing con Alessia Mancinidell’Usl Roma-D.Quindi, Lucia Mitello e Angelo Po-chini hanno illustrato le modalità di ge-

stione dell’accoglienza nel percorso di ri-covero al San Camillo-Forlanini, dov’èstato costituito un team di accoglienzaanimato principalmente da infermieri,detti “ottimizzatori”. Il team lavora alladefinizione della migliore collocazionedel malato, dialogando con le strutturepiù adatte a soddisfare le sue esigenze.Il ricercatore dell’università di TorVergata, Alessandro Sili, ha, quindi,parlato della figura del coordinatoredelle attività assistenziali.Il direttore del servizio infermieristicodell’Asl Roma-B, Antonella Leto, èpartita dalla recente esperienza del-l’ospedale Sandro Pertini per affrontare iltema della gestione dell’assistenza perintensità di cure.Grazie a Diego Ceci e Marisa Vene-ziano (rispettivamente, del Sant’Andreae dell’Umberto I) è stata approfondita lafigura dell’infermiere esperto clinico diwound care.Di primary nursing (il sistema organiz-zativo sperimentato in Usa per fornireun’assistenza basata sulla relazione traprofessionista e persona da assistere) harelazionato Maria Grazia Montalbano(Lusan Srl).La giornata si è chiusa con la presenta-zione dei primi risultati della ricerca mul-ticentrica sul benessere organizzativo, acura di Andrea Maccari (Asl Roma-B),una tematica oggetto di uno progettospecifico del neonato Centro di Eccel-lenza per la Ricerca e la Cultura Infermie-ristica.

Il senatore Cesare CursiIl senatore Lucio D'Ubaldo

I consiglieri Stefano Casciato, Carlo Turci, Nicola Barbato,

Mario Esposito

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focusGIOVEDI’ 24 GIUGNONuovi modelli organizzativi per l’as-sistenza sul territorio e la qualitàdelle cureUna giornata nata con l’obiettivo di ac-quisire conoscenze in merito al Psr ri-guardo le cure primarie, l’integrazione ela continuità dei servizi; conoscenze suiprincipali modelli organizzativi per l’inte-grazione e la continuità dei servizi terri-toriali, valorizzando il ruolo e le oppor-tunità dell’infermiere; discutere sulleesperienze di colleghi che hanno messoin atto o collaborato alla realizzazione diservizi integrati per la persona. Il focus sull’assistenza territoriale fina-lizzata al miglioramento della qualitàdella vita, alla prevenzione delle sequeleinvalidanti della malattia cronica e dei ri-coveri impropri è stata al centro delle di-scussioni di tutta la mattinata.Una mattinata caratterizzata dalla vi-vacità del confronto politico tra il respon-sabile nazionale per la Sanità del Pdl, se-natore Cesare Cursi e del presidentedell’Asp Lazio (Azienda di Sanità Pub-blica), senatore Lucio D’Ubaldo.Dibattito preceduto da un incisivo inter-vento del presidente Rocco sull’allar-mante stato in cui versa la sanità lazialee seguito dai preziosi dati sulla popola-zione della nostra regione, raccolti e illu-strati dalla segretaria del collegio Ipasvidi Roma, Maria Grazia Proietti.Dalle parole dei due senatori è emersa latendenza ad una sempre maggiore de-ospedalizzazione, a vantaggio dell’incre-mento di servizi sanitari su scala territo-riale.Un processo, questo, in cui anche le far-macie sono chiamate a svolgere un ruoloattivo di primo presidio sanitario a con-tatto con il cittadino.Proprio del ruolo che l’infermiere avrànella farmacia del futuro ha parlato ilconsigliere Ipasvi Nicola Barbato.Il pomeriggio è stato animato da nu-merosi interventi relativi ad esperienze diservizi innovativi sul territorio messe apunto nella regione Lazio: da “Unastruttura residenziale a gestione infer-mieristica” (Luigia Carboni, Asl Roma-G) a “Scheda di dimissione infermieri-

stica per la continuità assistenziale”(Maurizio Zega dell’Asp).L’infermiera Angela Giubilei ha quindiintrodotto il concetto di Pac (PacchettoAmbulatoriale Complesso), ossia un mo-dello organizzativo del sistema delle cureche risponde alla necessità di affrontarei problemi clinici in modo integrato. L’esperienza degli ambulatori infermieri-stici distrettuali è stata raccontata daAnna Maria Longano, dell’Asl Roma-A; mentre, il case management in assi-stenza domiciliare è stato affrontato daFabio Siru, dell’Asl Roma-D.Le figure innovative dell’infermiere diprossimità e del care-manager nella pre-venzione cardiovascolare sono stati og-getto delle relazioni di: Tiziana Galardi,Laura Culmone e Francesca Russo.A chiudere la giornata, il consigliereMario Esposito con il: “Progetto edu-cativo per l’infermiere in sanità pub-blica”.

VENERDI’ 25 GIUGNOLa multiculturalità. Differenti puntidi vista: integrazione e ricchezzadell’assistenza infermieristicaPensare e agire in una prospettivaglobale è tra le impellenze del terzo mil-lennio.Questa considerazione ha notevoli ri-svolti teorico-etico-pratici per tutti i pro-

fessionisti sanitari, a cominciare propriodagli infermieri che hanno sempre rive-stito un ruolo importante nello starevicino (to care) all’individuo in salute-ma-lattia.La notevole presenza di stranieri in Italia(circa quattro milioni di immigrati) ponenuove sfide assistenziali, fatta di assi-stenza individualizzata e solistica ad uncittadino sempre diverso, con bisogni checambiano rispetto alle traiettorie esi-stenziali, con identità sempre mutevoli.Nella società complessa in cui l’infer-

Il presidente Rocco con il sottosegretario alla Salute Roccella

La vice presidente Pulimeno

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miere si trova ad esperire la sua operaprofessionale, la sua nozione d’identitàprofessionale è multipla, dinamica e ri-flette la varietà di fili intrecciati che ri-strutturano nella sua formazione profes-sionale e nel suo processo di apprendi-mento per tutta la vita professionale.L’identità professionale sempre cangiante,ibrida, liquida, presuppone un nuovo pro-cesso di identità professionale non più ca-ratterizzato da schemi di riferimento noti erassicuranti (dal lavoro nello stesso settingassistenziale e clinico per un lungo periododi tempo o per tutta la vita), ma una realtàfatta di nuove sfide e scommesse, unmondo fatto di incontri dialogici con l’altro,per costruire percorsi di assistenza transcul-turali, attenti alle dinamiche della persona,

ma anche ricchi di specifico infermieristico,esperito in autonomia funzionale e, al con-tempo, in forte integrazione con gli altriattori del processo di cura. L’ultima giornata di Sanit è stata de-dicata proprio al tema dell’integrazionedegli infermieri stranieri e del, cosid-detto, nursing transculturale, ovvero,l’impiego delle competenze infermieri-stiche in contesti lontani dal Paese natio,come accade in scenari di guerra, di pro-getti di cooperazione internazionale, inoperazioni internazionali di ProtezioneCivile.Il presidente Gennaro Rocco, inapertura, ha illustrato come la percen-tuale di infermieri stranieri iscritti aiCollegi Ipasvi in Italia sia arrivata al9,9% del totale, pari a: 35.991 unità.Di questi, quasi la metà è di origine extra-comunitaria: un dato significativo chedeve essere analizzato anche in termini diarricchimento culturale della professione.Non a caso, proprio in seno al collegioIpasvi di Roma è nata l’Ait (AssociazioneInfermieristica transculturale), il cui pre-sidente, Alessandro Stievano, ha illu-strato le finalità, durante un interventoseguito da una discussione aperta ai par-tecipanti. Nel corso della mattinata, l’infermiereMassimo Spalluto ha illustrato il ruolo diEmergency nell’integrazione degli scenariemergenziali; il responsabile della forma-

zione dell’Asl Roma-A, Paolo Tarantino,invece, ha chiarito i punti salienti dei re-centi progetti in favore delle donne migrantie delle vittime di tratte e torture.Dall’infermiera Ewa Jagiela è arrivata laproposta di istituire un master di primo li-vello in “Infermieristica transculturale” performare la figura di infermiere esperto diprocessi culturali e comunicativi.Gli interventi del pomeriggio sono statianimati, principalmente, da marescialli eluogotenenti infermieri, in forza al-l’ospedale militare del Celio di Roma, alcomando operativo Interforze e allaScuola di Sanità militare di Roma.A loro, chiamati ogni giorno ad operaresul campo, è andato il compito di af-frontare delicate tematiche come: “Iltriage nelle forward operations”; “Il ma-nagement sanitario a bordo dei vettorimarittimi per il soccorso dei feriti inmare”; la gestione delle urgenze ortope-diche e il trattamento del piede colpitoda mina; l’infusione intraossea in emer-genza; l’assistenza transculturale al pa-ziente pediatrico.Gli interventi sono stati a cura di: MarioFalomi, Alessandro Rizzo, RenatoSilei, Salvatore Vecchio; Danilo Car-della; Tonino Caporali; OronzoChialà; Silvio Marasco e FrancescoCampagna.

(sintesi a cura di Tiziana Mercurio)

Andrea Costanzo con il Comandantegenerale dei Nas, Cosimo Piccinno

I ministri Meloni e Fazio seguono il dibattito insieme alla presidente della Regione Polverini

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focus

Il 22 giugno scorso, durante il con-vegno inaugurale che il CollegioIpasvi di Roma ha tenuto per Sanit2010, il ministro della Salute, Fer-ruccio Fazio, ha dichiarato cheentro la fine dell’anno il disegno dilegge che trasforma i Collegi inOrdini professionali sarà reale.Così, come altri due impegni nellasua agenda: la legge 69, sull’inseri-mento degli infermieri in farmacia eil confronto sui numeri della pro-grammazione universitaria: “Oggi,gli atenei assicurano non più di14mila infermieri laureati all’anno,contro un fabbisogno di circa 22milaunità”.“Non possiamo non apprezzare gliimpegni ribaditi, ancora una volta,dal ministro - ha commentato il pre-sidente Ipasvi Roma, Gennaro

Rocco - e ci auguriamo che si tra-ducano, presto, in atti conformi allenostre aspettative: la partecipa-zione al convegno di tante autoritàattesta la loro, grande attenzione”. Il ministro per la Gioventù, GiorgiaMeloni, ha ribadito il suo impegnoa sostegno delle opportunità con-crete che la professione infermieri-stica offre ai ragazzi.E anche il presidente della Regione,Renata Polverini, ha volutoesprimere la sua vicinanza agli in-fermieri: “Sostengo la categoria soprattuttoper due motivi: in primis, perché l’hovista all’opera e poi, perché, visi-tando gli ospedali, i pazienti midicono che, anche se pochi, fatesempre tantissimo”.

Tanti ospiti, tra ministrie personalità politiche

E per chiudere in bellezzasul palco “Le matite colorate”

I partecipanti ai convegni Ipasvi sono stati “omaggiati” anchedell’esibizione del coro “Le matite colorate”, composto da 50bambini e ragazzi dai 6 ai 18 anni, che svolge da oltre diecianni la sua attività presso la Basilica romana di Santa Croce inGerusalemme, sotto la direzione artistica di Padre Luca M.Zecchetto e la direzione musicale del Maestro Germano Neri.Il nome è un omaggio alla “piccola Matita nelle mani di Dio”la Beata Madre Teresa di Calcutta, che nel maggio del ’96 be-nedisse i primi passi del coro, da quel giorno madrina ufficiale.Da allora più di 500 tra bambini e ragazzi hanno cantato nelcoro, indossando i cinque colori del logo, rappresentativi delcarattere multietnico e dell’universale impegno missionario.Il repertorio prodotto spazia dalla musica pop alla musicasacra. “Le matite colorate” rappresentano un un progetto arti-stico-musicale, che si realizza attraverso la produzione disco-grafico editoriale e la messa in scena di spettacoli dal vivo.L’obiettivo è quello di trasmettere la passione per il canto e

per la musica, in un dialogo collaborativo con l’altro. Attra-verso la preparazione degli spettacoli ciascuno è chiamato aconfrontarsi con le proprie possibilità espressive, con lapropria timidezza o esuberanza, nel contempo viene solle-citata la creatività e si da spazio alla fantasia.

Un momento dell’esibizione del coro “Le matite colorate”

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focusQuattro giornate all'insegna di for

Il presidente Rocco introduce la cerimonia dipremiazione del torneo "Ipasvi Cup" (servizio a pag. 56).

Un momento della premiazione delle squadrepartecipanti.

Tiziana Foschi insieme al presidente Rocco, alla direttricedel corso di laurea al Forlanini Loredana Fabiani e al

tesoriere del Collegio Rodolfo Cotichini.

Tiziana Foschi con gli organizzatori del torneo.

Anche quest'anno Pino Insegno si è soffermatoa firmare autografi con gli infermieri e gli studenti

presenti a Sanit.

Il presidente Rocco e Tiziana Foschi con una partedello staff che ha gestito le iscrizioni

e l'accreditamento alle giornate formative.

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focusfocusformazione, dibattiti e premiazioni

Francesca Diamanti (Cittadinanzattiva Lazio), GennaroRocco (Ipasvi Roma), Antonella Santullo (Asl Rimini),

Giovanni Leonardi (Ministero della Salute), Maria GraziaMontalbano (Lusan) e Gerardo D'Amico (Rai-tv).

Il presidente Rocco con la vicepresidente delParlamento europeo Roberta Angelilli.

Il presidente Rocco con il generale Alberto Germani,direttore del policlinico militare di Roma "Celio",

e il tesoriere Cotichini.

L'arrivo al convegno inaugurale della presidente dellaRegione Renata Polverini, lievemente infortunata,

accompagnata dal consigliere Tosini.

Il giornalista Rai Luciano Onder.

Il luogotenente Mario Falomi, la professoressa RosariaAlvaro, il luogotenente Francesco Campagna, la direttrice

Loredana Fabiani e l'infermiera Ewa Jagiela.

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Un’estate caldissima sul fronte infermieristico ancheper i mass media. Niente dimenticatoio stavolta,piuttosto riflettori accesi ad ampio raggio sulla pro-

fessione. Nel bene e nel male, s’intende. Interessante, ad esempio, l’appro-fondimento pubblicato da Il Sole24 Ore-Sanità (5/08/10) sul rap-porto medici-infermieri. “See&treat,

diritto d’infermieri” è il titolo. Un focus su “I rapporti medi-ci-nursing e modelli di responsabilità sperimentati in alcuneRegioni”. Il messaggio che emerge è racchiuso nel somma-rio: “Contano competenze e norme regolatorie e non le ‘tra-dizioni professionali’”.Gli infermieri, da qualche anno in testa alla graduatoriadelle professioni più ricercate sul mercato del lavoro, man-tengono il primato assoluto anche nel 2010. Italia Oggi

(2/08/10) pubblica i dati elaborati daUnioncamere sulle cosiddette profes-

sioni high-skill: “E sempre più emergenza nelle corsie degliospedali - scrive il quotidiano economico -. Lo rilevaUnioncamere che fa la classifica delle professioni più ricer-cate dalle aziende. Infermieri sempre più introvabili. Siappesantisce il deficit di professionisti. Soprattutto alNord”. Il Corriere della Sera (30/07/10) allarga il podiodella graduatoria e pone gli infermieri al vertice delle richie-ste insieme a “informatici, ingegneri, esperti di marketing ebaristi”.

I giovani italiani sembrano aver capi-to e affollano le segreterie per l’iscri-

zione ai corsi universitari. Le professioni sanitarie primeg-giano anche nelle scelte delle matricole. Richieste in nettoaumento ovunque, da Roma a Milano, da Palermo a Genova.Il Secolo XIX (27/08/10) accende i riflettori sul “Salonedell’immatricolazione” in corso nel capoluogo ligure. Scrive:“Università, 3.403 iscrizioni ai corsi di indirizzo sanitario.Annata record per l’Università di Genova, con un boom diiscrizioni nelle facoltà a numero chiuso. A primeggiare sonoi corsi di laurea in professioni sanitarie come infermieristi-ca, fisioterapia, logopedia”.Ma, come ogni estate, la cronaca riprende il sopravvento.Inesorabile, l’arrivo della canicola riaccende l’emergenza di

personale nelle strutture sanitariepubbliche e private. Il caldo torrido

e le ferie finiscono per complicare ulteriormente una situa-zione già esplosiva. La Repubblica (10/08/10) lancia l’al-

larme a Roma e titola: “Sanità reparti chiusi per ferie”.Salvo spiegare nel pezzo che le ferie c’entrano poco: “Adagosto è vietato ammalarsi - si legge -. Il rischio è di arriva-re in ospedale e non trovare medici e infermieri. DalPoliclinico Umberto I al San Giovanni è emergenza, con lettiparcheggiati nei corridoi e centinaia di malati in attesa diessere visitati. La situazione è al collasso non solo per leferie estive del personale, ma anche a causa del blocco delturn-over imposto dalla manovra finanziaria del governo edal mancato rinnovo dei contratti che ha mandato a casamigliaia di dipendenti in tutto il Lazio”. Qualche giornoprima Il Corriere della Sera (6/08/10) aveva riferito dellagrave carenza di infermieri all’Umberto I: “L’allarme dei sin-dacati: Umberto I al collasso, mancano 400 infermieri. Ladenuncia di Cgil, Cisl e Uil: subito la deroga al blocco delturn over”.L’emergenza personale non risparmia gli altri ospedali delLazio. Il Messaggero (22/08/10) descrive la difficile situa-zione del Sud Pontino: “Pochi infermieri, i sindacati insorgo-no”. Si legge nell’articolo: “Dopo le proteste per il prontosoccorso dell’ospedale San Giovanni di Dio a Fondi, il mal-contento si estende anche ai nosocomi di Formia, Gaeta eMinturno, soprattutto per la carenza di personale infermie-ristico in questo periodo della stagione di massimo sovraf-follamento delle strutture sanitarie”. Il Tempo (18/08/10)rilancia l’allarme alle porte della Capitale: “A Tivoli vietatoammalarsi. Poco personale e reparti chiusi, infermieri inprestito da Subiaco”.

Latina Oggi (17/08/10) foto-grafa così la situazione: “E’crisi infermieri nella Asl Roma

H. Dai Castelli al litorale, passando per Albano e Anzio, finoad arrivare al nosocomio ed agli ambulatori di Velletri, scar-seggia il personale professionale infermieristico, generandonon pochi disagi per l’utenza dei servizi sanitari. In servizio,fanno sapere dalle strutture, ce ne sono circa 1.300 ma cene vorrebbero almeno 500 in più per operare nella normali-tà”.

Emergenza anche nei Pronto soccor-so della Regione. Il Tempo

(17/08/10) riferisce di un Ferragosto di fuoco a Rieti:“Odissea al Pronto soccorso”. Si legge: “Sette ore di attesaal Pronto soccorso del De Lellis nella giornata del 14 ago-sto. E la nottata non è trascorsa meglio. Medici ed infermie-ri ce l’hanno messa tutta ma la storia è la stessa che si ripe-

Infermieri che mancano, infermieri che fuggonoUn’estate contrassegnata dalle “solite” emergenze

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te ogni anno, a causa delle ferie estive e della cronicacarenza di organici. Per snellire le visite, almeno quellemeno serie, qualcuno ha preferito essere dirottato allaGuardia medica. Altri ancora hanno rinunciato, nella spe-ranza di un’automedicazione consigliata dal farmacista diturno”.

Ci scappa perfino la denuncia. IlMessaggero (15/08/10) titola:

“Turni massacranti, scatta la denuncia”. Il caso arriva dalPronto soccorso di Terracina. “II pronto soccorso dell’ospe-dale di Terracina non riesce più a reggere i ritmi incessantidi lavoro causa carenza di personale e un medico decide diinviare due esposti alla Procura di Latina. E già, non ce lafanno più neanche loro, i medici, che con doppi e anche tri-pli turni devono garantire 24 ore su 24 il servizio di prontosoccorso del Fiorini che serve un bacino di utenza di oltre140mila persone che nel periodo estivo raddoppia. DallaAsl, però, non arrivano rinforzi e così il medico ha deciso dirivolgersi alla magistratura per sottolineare come siano arischio non solo gli operatori ma i pazienti che arrivano nellastruttura”.

Non va meglio nelle Maternità. IlCorriere della Sera (26/08/10)

titola: “Gestanti in barella? Mancano ostetriche, occorronoconcorsi”. E scrive: “Personale che d’estate scarseggia, iconcorsi per ostetriche cancellati d’improvviso. Posti lettotagliati - denunciano i sindacati - anche per via di ristruttu-razioni dei reparti che durano più del previsto. Ecco perchéd’estate è così difficile partorire nella Capitale. Dal SanCamillo al Sant’Eugenio non c’è ospedale romano che nonabbia problemi”.Una situazione davvero molto difficile su cui i media accen-dono i riflettori sin dall’inizio dell’estate, riprendendo gliappelli lanciati a più riprese dai rappresentanti della profes-sione sugli effetti dell’imminente varo della manovra corret-tiva dei conti pubblici e delle contestuali misure circa l’etàpensionabile delle donne dipendenti pubbliche. Fa un certo scalpore, ad esempio, la “sveglia” fatta risuona-re a metà estate dalla presidente nazionale Ipasvi con unsuo intervento sul portale web della Federazione. ItaliaOggi (20/07/10) lo registra titolando: “Infermieri: è allarmeper 13.500”.“Circa 13.500 infermieri pronti a lasciare la professione per

schivare le nuove regole sulle pensioni contenute nellamanovra economica (dl 78/2010). E’ questo l’allarme lancia-

to dall’Ipasvi sul portale di categoria. Scrive la presidenteAnnalisa Silvestro: ‘Il nostro gruppo professionale deveinterrogarsi sulle conseguenze della manovra e di alcuniimportanti provvedimenti ad essa connessi, quali l’innalza-mento dell’età pensionabile delle pubbliche dipendenti’”.

Ospite della trasmissione televisiva diRaiNews24 “Ippocrate” (20/6/10), ilpresidente del Collegio Ipasvi di Roma,

Gennaro Rocco, commenta così una delle misure più contro-verse della manovra economica, i 10 miliardi in meno di tra-sferimenti alle Regioni: “Per il personale sanitario la situa-zione è già molto problematica e con ulteriori tagli è desti-nata ad aggravarsi. Si parla di 200 mila gli operatori sanita-ri in meno nei prossimi due anni e mi chiedo come potràessere assicurata l’assistenza sanitaria. In Italia abbiamoun gap di almeno 40mila infermieri, c’è il rischio concreto ditagli ai servizi. La difficoltà economica esiste, ma va razio-nalizzata”. Su come fare aggiunge: “Riorganizzare con scel-te coraggiose sull’ospedalizzazione e investimenti sul terri-torio. E con gli infermieri in prima linea. I codici bianchi delPronto soccorso possono essere trattati a domicilio del cit-tadino o vicino casa sua. Alcuni modelli sperimentatiall’estero ci indicano la strada: assistenza infermieristicadomiciliare integrata, assistenza socio-sanitaria integrata,infermieri in farmacia, studi infermieristici associati. Unarete così può ridurre molto i ricoveri ospedalieri e gli spre-chi”.La Regione Lazio è alle prese con il maxi debito sanitario.Fra decreti commissariali, impegni e tagli l’estate ribolle diproteste da parte degli operatori e dei sindacati e i mediatengono desta la loro attenzione. La Repubblica(28/07/10) titola: “Precari e 118, battaglia in Regione”. Espiega: “La seduta straordinaria del Consiglio regionalesulla sanità si apre con le trombette della Cgil, davanti allaPisana per denunciare gli effetti dei tagli proprio alla sani-tà regionale. Tra i ‘nodi’ quello dell’Ares 118. Il sindacatodescrive cosi la situazione aggravata dalle ferie: mancano159 medici, 478 infermieri, 579 barellieri/soccorritori”.Il Messaggero (30/07/10) affonda il colpo sull’Ares 118Lazio e in un’inchiesta ne denuncia sprechi e costi eccessi-vi. Gli operatori della postazione Ares 118 di via Trevisoinsorgono per primi. Inviano una dettagliata lettera allaredazione, al presidente della Regione Lazio e al direttoregenerale dell’Ares con la quale confutano punto per punto idati e le conclusioni dell’inchiesta giornalistica. Fissano

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qualche utile punto fermo: gli infermieri non sono parame-dici; l’Ares 118 non c’entra nulla con il trasporto secondariosvolto dalle diverse “Croci” private; una spesa media dicento euro per soccorso salvavita è più che accettabile; nel-l’ultimo Piano regionale l’Ares ha già subito forti tagli dibudget; il terzo operatore in ambulanza è spesso indispen-sabile. E ancora il ruolo dei volontari e la querelle sugli stra-ordinari “obbligatori”. Lamentano infine la scarsa attenzio-ne dei media sui “miracoli” che gli operatori del 118 riesco-no a fare ogni giorno per garantire la vita dei cittadini.Intanto a Milano si grida alla fuga dell’infermiere. Il Giorno(26/08/10) titola: “Stipendi da fame, grande fuga degliinfermieri”. Nel servizio si spiega: “Lasciano Milano allavolta del Canton Ticino dove un camice bianco su tre provie-ne dalla Lombardia”. In una tabella vengono fissati i nume-ri che innescano il fenomeno: “Ottomila posti vuoti in regio-ne e 4mila a Milano secondo Ipasvi, 2.700 posti vuoti inregione secondo il Pirellone, 1.300 euro lo stipendio mediodi un infermiere, 2.500 euro la busta paga degli infermieri inSvizzera, 2.600 posti richiesti dalla Regione nei corsi univer-sitari per infermieri, 1.700 posti assegnati dal Ministero,120 euro l’incentivo agli infermieri per rinunciare al trasfe-rimento in Svizzera”.

È sempre Il Giorno (26/08/10) a pubbli-care un interessante spaccato dell’immi-

grazione infermieristica in Lombardia. “Ogni mese 50 diplo-mati extracomunitari si iscrivono all’Albo”, titola il quotidia-no milanese. E fornisce cifre e conclusioni: “Sono oltre 18mila gli infermieri professionali lombardi. Di questi gliextracomunitari sono cinquecento, ma il numero del perso-nale infermieristico non italiano è destinato ad aumentare.Ogni mese sono cinquanta gli infermieri extracomunitari cheottengono il riconoscimento del diploma ottenuto nel loroPaese e si iscrivono all’albo professionale. La gran partesono peruviani, romeni, polacchi, in numero minore proven-gono da Egitto, India, e Filippine. Tutti sono in Italia conregolare permesso di soggiorno. Solo una piccola parte èresidente all’estero, ma intende trasferirsi nel nostro Paese.Allo stato attuale, la gran parte di questi infermieri noncomunitari operano in strutture private. Al solo SanRaffaele ne sono assunti oltre un centinaio. Così com’èaccaduto negli ospedali della vicina Svizzera, dove oltre il50% del personale infermieristico non è cittadino elvetico,anche in Italia è determinante aprire le porte al personalenon comunitario”.

Tornando al Lazio, Ciociaria Oggi(26/08/10) riferisce di un altro

“fenomeno” che sta a cuore agli infermieri: la mobilitànegata. Il quotidiano del Frusinate titola: “Una sentenza cheha fatto rumore, gli infermieri ottengono il trasferimento”.La vicenda riguarda un gruppo di colleghi del Cassinate inservizio a Roma. Si legge: “Il Tribunale di Roma ha accoltoil ricorso presentato da diversi infermieri, bloccati dal man-cato arrivo del nulla osta della Regione, negli ospedaliromani, pur avendo i requisiti per chiedere ed ottenere iltrasferimento presso l’ospedale di Cassino”. E ancora: “Nelcaso in esame, le Aziende sanitarie romane, a seguito dellavicenda del blocco della mobilità del personale con il decre-to commissariale Marrazzo, sebbene prima autorizzate, ave-vano negato il nulla osta al trasferimento. Con il ricorsoavverso alla decisione, gli infermieri hanno ottenuto la con-danna delle Asl ed il loro trasferimento”.Da un’aula del Tribunale di Milano arriva un’altra sentenzadi tutto interesse per gli infermieri. Ne riferisce con unampio servizio Italia Oggi (12/08/10), che titola: “In ospe-dale vince la trasparenza”. L’occhiello recita: “Il Tar dellaLombardia impone di consegnare i registri infermieristici emedici relativi a un paziente”. Nel servizio spiega così gliestremi della vicenda: “L’interessato ha diritto di averecopia della documentazione relativa al registro delle conse-gne infermieristiche, alla turnazione dei medici, agli ordinidi servizio del personale medico e infermieristico. Così hadeciso il Tribunale amministrativo per la Lombardia (senten-za, sezione III, Milano, n.3322 del 2 agosto 2010) accoglien-do il ricorso del vedovo di una signora deceduta durante ladegenza”.Fra ondate d’afa e nubifragi, i media si misurano perfino conla figura dell’infermiere eroe. Non capita spesso e l’attimova colto. Due casi su tutti: una bimba nata in ambulanzadalla madre morta e l’infermiera “antistupro”. Se ne occu-pano diffusamente quotidiani e tv. Sul primo caso IlCorriere della Sera (25/08/10) titola: “Il cesareo in ambu-lanza decisione eroica”. Riporta le parole del primario diTerapia intensiva dell’ospedale di Como: “Noi abbiamo cer-cato di curarla al meglio. Ma la piccola deve la vita soprat-tutto all’eroicità degli operatori del 118 che hanno deciso difarla nascere sull’ambulanza mentre soccorrevano altri feri-ti in lotta tra la vita e la morte”.Sull’altro caso i media si scatenano: Sempre Il Corrieredella Sera (21/08/10): “Tenta di stuprare un’infermiera.

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Ma lei si libera con una mossa di judo”. Si legge: “Un colpoal braccio, tanto forte da piegare il polso e costringere il suoaguzzino a mollare il coltello. Un’altra mossa poi per atter-ralo e metterlo definitivamente al tappeto. S’è difesa cosìun’infermiera filippina di 61 anni con la passione del judoda un tentativo di stupro avvenuto in un appartamento di viaIppodromo”. Lo stesso giorno La Repubblica scrive:“Infermiera e cintura nera di judo blocca stupratore e lo faarrestare”. Il Giornale titola: “Tenta di violentarla, ma lei lostende con una mossa di judo”. E spiega: “L’anziana infer-miera, esperta in arti marziali, ha messo al tappeto il cinga-lese che l’aveva aggredita. E poi l’ha fatto arrestare”. Gli faeco Libero: “Infermiera sessantenne esperta di judo. Tentadi stuprarla: lei è cintura nera e lo mette ko”.Ma dagli “infermieri-eroi” di oggi a quelli di un tempo ce necorre! L’estate 2010 ce lo ha ricordato segnando il centenario dellamorte dell’eroina per eccellenza della nostra professione, lasua stessa ispiratrice: Florence Nightingale. Molti gli artico-li commemorativi pubblicati a ridosso della ricorrenza. Ne

citiamo uno per tutti, quello dato alle stampe daAvvenire (11/08/10) con il titolo: “E l’Angelodei malati copiò le suore italiane”. Si legge nel

servizio: “Se l’antica passione di assistere gli ammalati si è

elevata a dignità professionale nella persona di tanti bene-meriti infermieri e infermiere, il merito è di una donna chefino a cento anni fa ha ‘illuminato’ il volto di tanti ammala-ti con il suo amore cristiano e la sua precisione lavorativa.Il 13 agosto è il centenario della morte di FlorenceNightingale (spirò nel sonno), la fondatrice della primascuola per preparare future infermiere, chiamata ‘la signoradella lampada’ perché visitava i suoi pazienti armata di unlume: questa immagine è rimasta famosa tanto che compa-re sulla banconota da dieci sterline”.Infine, a margine di Sanit 2010 (vedi focus), da segnalare lalunga intervista che il periodico Panorama della Sanitàha dedicato al presidente Rocco, dal titolo un po’ provoca-torio: “Verso una sanità cittadino-cetrica”. “È un modello per noi concettualmente valido, sia in unarealtà ospedaliera che territoriale - argomenta il presidentedel Collegio di Roma -. I bisogni socio-sanitari della perso-na vanno valutati nella loro globalità. Il ruolo del medico èinsostituibile, ma lo è anche quello dell’infermiere, delfisioterapista; ciò che conta è la valutazione di quale sia ilbisogno del cittadino, e tutti noi professionisti dobbiamoavere l’umiltà di porci in una logica di servizio e non in unalogica di potere”.

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DICONO NOIdi

IN PILLOLE

L’apnea notturna si batte a tavolaIl problema delle apnee notturne colpisce, negli Stati Uniti, circa 12 milioni di persone ed è correlato spesso ad ipertensionearteriosa e patologie cardiovascolari. Dopo una serie di accurati studi, i ricercatori di sei atenei americani, guidati dal professor Gary Foster della Temple University(Usa), sono riusciti a dimostrare che perdere peso riduce le apnee. Per arrivare a questa considerazione, gli scienziati hannomonitorato 265 pazienti obesi con diabete di “tipo II”, tra i 45 e i 75 anni. Tutti lamentavano un'apnea notturna severa.Quindi, li hanno sottoposti ad una dieta, abbinata all’attività fisica.Dopo un anno, i soggetti a dieta avevano perso circa nove chili ciascuno e il 13,6 % del gruppo aveva, addirittura, sperimenta-to una completa remissione dell'apnea notturna. I risultati del test dimostrerebbero che, eliminando i chili in eccesso, si possono ottenere notevoli benefici per quanto riguardail fenomeno delle apnee notturne e, di conseguenza, effetti positivi sulla salute cardiologica e sul benessere generale.dei pro-cessi metabolici.

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Ipasvi Cup 2010Trionfa il Vannini!

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NOTIZIE COLLEGIOdal

Martedì 22 maggio 2010 si è conclusa la terza edizione deltorneo di calcio a cinque riservato ad infermieri e stu-denti in Scienze infermieristiche, ed intitolato alla me-

moria degli indimenticati amici e colleghi Enrico Grassi e Luigi Pa-trizi.Una finale molto equilibrata ha visto prevalere i ragazzi delM.G.Vannini per 1-0 contro i rappresentanti dell’Associazione In-fermieristica Transculturale. Entrambe le compagini erano allaloro prima partecipazione, e certo non avrebbero potuto sperare dimeglio che raggiungere la finalissima al primo tentativo.Nella finale per il terzo posto il San Filippo Neri, campioneuscente, ha sconfitto ai tempi supplementari il Cristo Re, cheinvece si era aggiudicato la prima edizione del torneo.Un ringraziamento va comunque a tutte le squadre partecipanti,quest’anno ben 14, che con impegno e la giusta dose di agonismosi sono sfidate sui campi di Roma Nord (zona Ottavia) e Roma Sud(Casilina) rendendo ogni partita della competizione “tirata” e dal-l’esito incerto.Le premiazioni, per il terzo anno consecutivo, hanno avuto luogonel corso di Sanit, alla presenza del presidente del Collegio Ipasvidi Roma, Gennaro Rocco.Di seguito, riportiamo l’elenco dei premiati e l’albo d’oro deltorneo, la cui quarta edizione inizierà in autunno. (vedi locandina)

Luigi Di Bartolomeo

Elenco delle squadre premiate

Prima classificata: M.G.VanniniSeconda classificata: Associazione Infermieristica

TransculturaleTerza classificata: San Filippo Neri

Capocannoniere: Marco Buffone (Cristo Re)Miglior giocatore: Marco Buffone (Cristo Re)Miglior portiere: Francesco Gallo (Cristo Re)Premio fair-play: Bluenails Sant’Andrea

Albo d’oro2008: Cristo Re2009: San Filippo Neri2010: M.G.Vannini

Seventh BridgeIn piedi: Luca Pizzo, Gabriele Ardito, Sergio Del Monaco. In ginocchio:Francesco Rinaldi, Luca Laterza. Altri giocatori: Fabrizio Burgio, Mattia Tiberi,Marco Biancotti, Mirco Paternoster.

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Associazione Infermieristica TransculturaleIn piedi: Marcello Turi, Daniele Antonelli, Alessandro Stievano, Nasser SaidiHajnyaz, Davide Valente. In ginocchio: David Ceci, Jacopo Centini. Altri gioca-tori: Nelson Albuquerque, Luis Albuquerque, Mir Mansour Mosallee, MatteoPersichelli, Francesco Biondi.

AniartiIn piedi: Andrea Di Bari, Ludovico Contarini, Gianluca Salinaro, Nicolò Palazzolo.In ginocchio: Alessandro Sortino, Fabrizio Trovarelli. Altri giocatori: FedericoSalvadei, Marco Rizzo

Aurelia HospitalIn piedi: Stefano Altomonte, Donato Martella, Giordano Maturilli, SimoneMercuri. In ginocchio: Fabio Rubino, Andrea Proietti, Francesco Rosolino. Altrigiocatori: Fabio Caramelli, Enrico Rizzo.

Bluenails Sant’AndreaIn piedi: Flavio Mastrodonato, Massimo Fanucci, Stefano Ciavatta. In ginoc-chio: Giovanni Baù, Giuseppe Carlucci, Antonio Casadidio, Andrea Martini. Altrigiocatori: Stefano Ioni, Luca Tesoniero, Francesco Dalla Bernardina.

Castelli RomaniIn piedi: Daniele Roccia, Alessandro Garofolo, Salvatore Roccia. In ginocchio:Emanuele Kirileison, Emanuele Sileri. Altri giocatori: Giovanni Pagliarini,Roberto Roccia, Paolo Lestingi.

Collegio di RomaIn piedi: Riccardo Pergolini, Mauro Galluccio, Maurizio Fiorda, Luigi DiBartolomeo. In ginocchio: Mario Tiberi, Domenico Salvatori, Dario DiTommaso.

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NOTIZIE COLLEGIO

Cristo ReIn piedi: Francesco Gallo, Marco Orsini, Graziano Faticoni. In ginocchio: DarioDessi, Marco Buffone. Altri giocatori: Massimiliano Orsini, Daniele D’Agostino.

M.G. VanniniIn piedi: Massimo Carbone, Emanuele Caratelli, Giovanni Carbone, DanieleCapri. In ginocchio: Giuseppe Di Vendra, Aniello Manzo, Stefano Liporace.Altri giocatori: Marco Scipioni, Giuseppe Manelfi, Damiano David, PasqualinoMinotti, Luca Patacchiola, Gianpaolo Tavani.

NursindIn piedi: Alessandro Paoletti, Massimiliano Di Biagio, Fabio Talucci, SergioCiciarelli, Paolo Lorizio. In ginocchio: Salvatore Di Gregorio, Yari Gitti, BrunoGitti, Maurizio Carbonetti.

San Filippo NeriDa sinistra: Federico Brughitta, Marco Carosella, Daniele Minni, Mauro Ficini,Gianni Danieli, Fabio De Reya. Altri giocatori: Fabio Marino, Valerio Cuccus,Gianpaolo Angelini.

San GiovanniIn piedi: Fabio D’Agostino, Angelo Morelli, Giuliano Iori, Raimondo Grossi.In ginocchio: Paolo Mazzuca, Alessandro Vitale, Gaia Mancini. Altri giocatori:Francesco Frongillo.

Sant’AndreaIn piedi: Alessandro Vigneri, Umberto Giudice, Marco Lozzi, Francesco Tricomi,Massimiliano Bellini. In ginocchio: Antonio Mattia, Roberto Franzellitti, AlbertoRocchi. Altri giocatori: Piero Nuccio, Antonio Bonfitto, Rossella Cocola.

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Iprocessi di riforma del welfare, in atto da diversi anni in Ita-lia, hanno aumentato in modo significativo l’esigenza di in-tegrare i servizi.

Uno degli snodi principali dell’integrazione riguarda il coor-dinamento e la collaborazione tra servizi sociali e servizi sa-nitari. I settori sanitario e sociale hanno confini molto estesi e mu-tevoli; obiettivi, finalità, modalità di funzionamento ed attoridi entrambi i settori sono, infatti, dinamici e, spesso, orga-nizzati secondo modelli e pratiche professionali e lavorativediverse.In Italia, in particolare, parlare di settore sanitario e di set-tore sociale significa fare riferimento ad ambiti moltoframmentati e diversificati e fortemente condizionati dal-l’evoluzione delle normative e dei sistemi di welfare re-gionali e locali.La diffusione di approcci multidimensionali alle patologiesanitarie e sociali che fanno emergere la natura pluridi-mensionale di molti problemi e la necessità, in una stagione dirazionalizzazione e di crescenti ristrettezze economiche, di limi-tare le inefficienze dovute alla duplicazione degli interventi so-ciali e sanitari e, soprattutto, alla vaghezza con cui sono spessodefiniti i confini tra i due campi di intervento.L’emergere, infine, di una crescente sensibilità ed attenzione daparte dei cittadini e dei beneficiari dei servizi bei confronti dellaqualità e della completezza dei servizi che induce ad un au-mento delle richieste e della pressione nei confronti di approcciolistici di diagnosi e presa in carico.Un nodo importante da sciogliere è relativo all’identificazione de-gli attori che rappresentano il settore sanitario e quello sociale;un secondo contesto con cui l’integrazione sociosanitaria è chia-mata al confronto è quello dei sottosistemi organizzativi e gestio-nali che compongono il settore sanitario e quello sociale; unterzo, importante contesto di riferimento dell’integrazione socio-sanitaria riguarda, infine, le modalità attraverso cui la collabora-zione tra sociale e sanitario può divenire operativa. La discussione su questo argomento è stata, fino ad oggi, moltoricca ma anche frammentata: questo volume si propone di fareuna sintesi della situazione e di fornire le chiavi di lettura e glielementi conoscitivi necessari per una trattazione analitica dellatematica; costituendo uno strumento di grande interesse sia perdecision makers e operatori dei servizi sociali, sanitari e socio-sanitari, sia per studenti e persone che vogliono essere introdotteall’argomento.

Il volume si divide in sei se-zioni: la prima ha carattereintroduttivo; la seconda, siconcentra sulla descrizionepiù dettagliata degli attori edei livelli dell’integrazione so-cio-sanitaria; con la terza se-zione si entra nel merito dellecaratteristiche e modalità, edegli strumenti di attuazionedei diversi livelli dell’integra-zione socio-sanitaria, soffer-mandosi sull’integrazione istitu-zionale; la quarta si prefigge didescrivere i meccanismi, gli stru-menti e gli ambiti dell’integra-zione gestionale; nel quinto, èanalizzato e descritto gli stru-menti, le modalità e le possibili,

principali dinamiche dell’integrazione professionale; nella sestaed ultima sezione sono riportati alcuni approfondimenti tematicirelativi a come funziona e a come può avvenire, in concreto, l’in-tegrazione socio-sanitaria in alcune aree di intervento esempli-ficative. Questi i temi trattati:– definizione, principi e quadro normativo; – gli attori e i livelli dell’integrazione socio-sanitaria;– l’integrazione istituzionale;– gli accordi di programma, la conferenza dei servizi e le con-

venzioni;– la pianificazione;– l’integrazione gestionale;– la delega;– il distretto socio-sanitario;– il sistema informativo;– i protocolli d’intesa;– il lavoro d’equipe;– il case management.

Costruire l’integrazione socio-sanitaria. Attori, strumentie metodi a cura di Giorgio Bissolo e Luca FazziCarocci Faber Editore (27,60 euro)Il ricavato delle vendite del volume sarà interamente devolutoall’Ail

LETTO VOIperIntegrazione socio-sanitaria

Un dibattito di grande attualità per il welfare italiano

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Questo testo o meglio questa “antologia” di con-tributi offre un quadro di riferimento chiaro,semplice, trasparente, limpido ma nello stesso

tempo esauriente sui protocolli e procedure di assi-stenza infermieristica in alcune tipologie di interventichirurgici.Nel primo contributo, “Sterilizzazione”, si introdu-cono gli aspetti salienti del confezionamento e delleprove a cui sottoporre i materiali da sterilizzare. Ne-gli altri contributi, invece, sono elencate con chia-rezza le tecniche, i tempi, le metodologie per diffe-renti interventi chirurgici che vanno dalla chirurgiae chirurgia urologica, alla ginecologia e uro gineco-logia, all’ortopedia, all’otorino, all’oculistica perfinire con la cardiologia. Molto interessante è an-che la parte finale che descrive lo strumentario utiliz-zato nei vari interventi chirurgici descritti in precedenza. Da questa breve introduzione emerge con chiarezza la bontà delprogetto editoriale che vede tra i suoi autori e curatori professio-

nisti competenti delle sale operatoriedel San Carlo di Nancy - Gruppo Idi Sa-nità.Il libro assume una valenza ancor piùspeciale e piena di valori etico-morali sepensiamo che tutti i proventi saranno de-stinati all’associazionismo di solidarietà.Con questo testo si rende comprensibile ilgrande lavoro svolto da colleghi e altrioperatori sanitari preparati che hanno aiu-tato migliaia di persone nel loro difficilecammino di salute nei momenti più criticidella loro vita.Il volume (208 pagine) è edito direttamentedall’Idi e viene venduto al prezzo di 20 euro,che saranno devoluti ad una Onlus.

Per informazioni e acquisti: 349.7828050

Alessandro Stievano

LETTO VOIperMetodologie e tecniche chirurgiche

per infermieri di sala operatoria

Un prestigioso plauso per la rivista “Infermiere Oggi”È una lettera di congratulazioni che ha rallegrato par-ticolarmente la redazione e il Collegio tutto, quellapervenuta a inizio agosto a firma di LucianaDemanega, storica presidente della Federazionenazionale Ipasvi dal 1967 al 1982.La missiva, datata 22 luglio, è stata scritta di getto,a mano, dalla Demanega dopo aver ricevuto pressola sua residenza di Trento alcune recenti copie delnostro periodico. Un lavoro che è stato ritenuto molto valido, dall’altodi un’esperienza decennale e di una consolidataappartenenza al Collegio di Roma. Ecco alcuni passaggi della lettera: “Ringrazio viva-mente il Consiglio per aver avuto il gentile pensierodi inviarmi una copia del periodico che ho moltoapprezzato, sia per il suo contenuto che per la suaelegante veste grafica. […] Il mio pensiero vi segui-rà come sempre, nel ricordo di tempi assai lontani,che tuttavia contribuiscono a rendere più leggero,sereno ed anche gioioso il fardello di un’età piutto-sto avanzata!”.

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La responsabilità dell’infermierenella somministrazione del farmaco

L’AVVOCATOdice

Il Tar (Tribunale amministrativo regionale) della Toscana è ilgiudice di primo grado che si è occupato del caso di una Aslche, con alcuni ordini di servizio, aveva ordinato ad alcuni

suoi dipendenti non infermieri (e neppure con qualifica di infer-mieri generici) di procedere alla somministrazione di farmaciper via orale ai “dimoranti” presso il Centro diurno di socializza-zione per disabili dell’Azienda ove si svolgono attività di riabili-tazione, socializzazione e integrazione di soggetti disabili. I farmaci sarebbero comunque stati somministrati a fronte diprescrizione del medico e di autorizzazione dei familiari.Tra le varie difese della Asl (per come sono state riferite in sen-tenza), questa mi risulta piuttosto ostile: “la somministrazionedei farmaci per via orale, non accompagnata da alcuna attivitàcurativa, non rientra nelle competenze specifiche dell’infer-miere professionale ma dell’infermiere generico, il quale nonabbisogna di una specifica prescrizione medica per la sommini-strazione dei farmaci prescritti”. Mi risulta ostile anche perché, oltre al tentativo confuso di di-stinguere la somministrazione di farmaci dalla cura del malato,i soggetti cui era stato ordinato di somministrare farmaci nonerano neppure infermieri generici (che, lo ricordiamo, nelprofilo hanno tra le competenze anche quella di somministraredi farmaci).Il Tar respinge le difese dell’Asl in considerazione del fatto chein relazione alla finalità del Centro (la socializzazione e integra-zione) ed allo stato anormale dei destinatari dei servizi (trattasidi soggetti con disabilità) e trattandosi di somministrare me-dicine che la sentenza definisce “particolari” e cioè antiepi-lettici, cardiotonici psicofarmaci. Secondo il giudice, infatti, la valutazione del momento dellaloro somministrazione richiede sicuramente una qualificazioneoltre che una esperienza professionale, per cui tale sommini-strazione che hanno gli infermieri, mentre è del tutto estraneaai compiti di personale con qualifiche diverse.La sentenza del Tar viene impugnata dalla Asl ed è decisa dalConsiglio di Stato, giudice di secondo grado che, con la sen-tenza del 9 marzo 2010 n. 1384, anch’esso respinge ogni difesadell’Asl.Il Consiglio di Stato pone l’accento sul fatto che il Centro socio-riabilitativo in questione, pur non essendo una struttura sani-taria in senso stretto, si occupa comunque di soggetti che perla loro disabilità versano in uno stato anormale. Quindi la som-ministrazione di farmaci antiepilettici, cardiotonici psi-cofarmaci “richiede la valutazione del momento dellaloro somministrazione e perciò una qualificazione oltreche esperienza professionale non posseduta” da coloro

cui era stato ordinato di procedere alla somministra-zione dei suddetti farmaci.Secondo il Consiglio di Stato è irrilevante che il Centro in que-stione non abbia carattere sanitario in quanto per la sommini-strazione di questa tipologia di farmaci agli ospiti del Centrocomporta l’esigenza di una valutazione delle condizioni dellapersona al momento della somministrazione per cui tale attopuò essere svolto solo da personale infermieristico che èl’unico che abbia i requisiti di professionalità e di esperienza.Questa statuizione del Consiglio di Stato è importante perchéconferma due aspetti della professione infermieristica che ab-biamo sempre sottolineato.Il primo è che l’infermiere non è un esecutore acritico della pre-scrizione diagnostica o terapeutica. L’infermiere “garantisce lacorretta applicazione delle prescrizioni diagnostiche e terapeu-tiche” e questo obbligo di garanzia è un obbligo diretto verso ilmalato e vincola l’infermiere ad un comportamento che èquello di conoscere il progetto diagnostico e terapeutico e diadoperarsi affinché questo sia attuato al meglio.Anche il Codice deontologico si pone su questa linea dove,

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L’AVVOCATOdice

all’articolo 3, afferma che: “La responsabilità dell’infermiereconsiste nell’assistere, nel curare e nel prendersi cura dellapersona nel rispetto della vita, della salute, della libertà edella dignità dell’individuo”; all’articolo 22, afferma che:“L’infermiere conosce il progetto diagnostico-terapeuticoper le influenze che questo ha sul percorso assistenziale esulla relazione con l’assistito”; e all’articolo 20 afferma che:“L’infermiere ascolta, informa, coinvolge l’assistito e valutacon lui i bisogni assistenziali, anche al fine di esplicitare illivello di assistenza garantito e facilitarlo nell’esprimere leproprie scelte“. L’aspetto dell’esperienza, se vogliamo, è quello meno codi-ficato. L’articolo 1 della legge n. 42 del 1999, nel delineare i criteri didefinizione dell’autonomia e della responsabilità dell’infer-

miere, si riferisce, come è noto, alprofilo professionale, al codice deon-tologico e alla formazione base e postbase.Il Consiglio di Stato distingue espres-samente la “qualificazione” dell’infer-miere dalla sua esperienza.Ora, mentre la qualificazione si puòintendere come il suo status di sog-getto abilitato, l’esperienza deveessere intesa, invece, come “profes-sionalità” in senso ampio e non solocome “esperienza sul campo”. La pro-fessionalità dell’infermiere la rile-viamo bene sempre nel codice deon-tologico che impone all’infermiere diorientare sempre l’assistenza al benedell’assistito (art. 7); all’obbligo diagire con prudenza e di non nuocere(art. 9); l’obbligo di fondare il propriooperato su conoscenze valide e ag-

giornate e sulla ricerca (artt. 11 e 12); la capacità di assumersile responsabilità in base al proprio livello di competenza (art.13).Appare chiaro che l’esperienza cui fa riferimento la sentenza incommento è proprio questa e il “livello di competenza” è datodalla capacità dell’infermiere di prestare la migliore assistenza,di valutare il progetto diagnostico e terapeutico e di capire/va-lutare le condizioni del paziente proprio nel momento in cui sista compiendo l’atto terapeutico. Mi fa piacere quindi aver segnalato questa sentenza che poneun piccolo tassello alla comprensione della professione infer-mieristica e aiuta a capire quanto il codice deontologico sia al-l’avanguardia su questo punto.

Avv. Alessandro Cuggiani

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Spesso abbiamo considerato questa rubrica come l’infer-mieristica legata ad internet, ed alle informazioni che sipossono recuperare o condividere.

Come è vero che abbiamo spesso considerato internet comefruibile solo attraverso il computer. Ora, con la sempre maggiordiffusione di telefoni cellulari sempre più sofisticati, dai palma-ri ai pocketPC, si rende necessario rimodulare il concetto stati-co a favore delle nuove tecnologie. Allo stato attuale, tre sonole piattaforme che si contendono il mercato, e di conseguenzaanche il nostro interesse, in quanto più diffuse e fruibili:Android (telefoni con Sistema operativo do Google), Apple(iPhone ed iPad con Sistema Operativo iOS) e WindowsMobile (telefoni con Sistema Operativo omonimo). Ad eccezio-ne di Apple, per le altre piattaforme potete scegliere modellidifferenti di telefono. In questo numero ci occupiamo parzial-mente di Apple ed iPhone/iPad, con applicazioni testate appo-sitamente per i lettori.

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ESP Mobile (http://profinf.net)“Emergency Solutions in Pain”, applicazione rigorosamente ecompletamente gratuita, offre aggiornamenti scientifici dalmondo della ricerca sulla gestione del dolore. Riservato quasiesclusivamente a professionisti sanitari, espressamente citatigli infermieri. Da annoverare, la possibilità di ascoltare unaradio online tematica sull’argomento.

Se volete segnalarci applicativi per iPhone, Android o WindowsMobile inerenti all’infermieristica ed alla medicina, contattatedirettamente l’autore via email.

A cura di Fabrizio TallaritaWebmaster del Collegio Ipasvi di [email protected]

La febbre del dispositivo “mobile” e l’infermieristica

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CITAZIONI BIBLIOGRAFICHELa bibliografia dovrà essere redatta secondo le norme riportate nel Vancouver Style (consultabili al sito internethttp://www.icmje.org).Il vantaggio dell’uso del Vancouver Style è nel fatto che la lettura di un testo non interrotto dalla citazione risulta più facile e scorre-vole. Solitamente, i rimandi alla bibliografia sono affidati a numeri posti ad esponente (es. parola2 ) che rimandano alla bibliografiariportata alla fine dell’elaborato. Il Vancouver Style prevede:– iniziali dei nomi degli autori senza punto, inserite dopo il cognome;– iniziale maiuscola solo per la prima parola del titolo del lavoro citati;– in caso di un numero di autori superiori a sei, può essere inserita la dicitura et al.

CITAZIONI DA INTERNETPer citare un articolo su una rivista on line, è bene riportare: cognome, nome. “Titolo Articolo.” Titolo Rivista. Volume: fascicolo (anno).Indirizzo internet completo (con ultima data di accesso). Per un documento unico disponibile in rete: Titolo Principale del Documento. Eventuale versione. Data pubblicazione/copyright o dataultima revisione. Indirizzo internet completo (data di accesso).

FIGURE E TABELLELe figure e le tabelle devono essere scelte secondo criteri di chiarezza e semplicità; saranno numerate progressivamente in cifre arabee saranno accompagnante da brevi ma esaurienti didascalie. Nel testo deve essere chiaramente indicata la posizione d’inserimento.Diagrammi e illustrazioni dovranno essere sottoposti alla redazione in veste grafica accurata, tale da permetterne la riproduzionesenza modificazioni.

ABBREVIAZIONI, ACRONIMI E MAIUSCOLELimitarsi alle abbreviazioni più note:ad es. per “ad esempio”n. per “numero”p./pp. per “pagina/pagine”vol./voll. per “volume/volumi”et al. per indicare altri autori dopo il sesto nelle bibliografie.

L’acronimo è un genere particolare di abbreviazione. La prima volta che si incontra un acronimo in un testo è sempre necessario citareper esteso tutti i termini della locuzione, facendoli seguire dall’acronimo tra parentesi - ad es. Associazione Raffredati d’Italia (Ari).Evidentemente, ciò non vale per sigle oramai entrate nell’uso comune, come tv, Usa, Aids, Fiat, Cgil, Ecm. Gli acronimi non conter-ranno mai punti – ad es. Usa e non U.S.A.

DATE E NUMERILe date vanno sempre scritte per esteso, per evitare incomprensioni nella lettura. Ad es. lunedì 28 luglio 2006 e 1° gennaio (non Igennaio o 1 gennaio). I giorni e i mesi hanno sempre la prima lettera minuscola. I numeri da uno a dieci vanno scritti in lettere (tranne che nelle date!). Per tutti gli altri, l’importante è separare sempre con un puntoi gruppi di tre cifre. Per le grosse cifre “tonde”, usare “mila”, “milioni” e “miliardi” invece di “000”, “000.000”, “000.000.000”.

PAROLE STRANIERELe parole straniere vanno sempre indicate in corsivo, soprattutto se non sono ancora entrate nell’uso comune italiano. Se si decidedi usare un termine straniero, è bene ricordare che non si declina mai (ad es. i computer e non i computers).

MODALITA’ E TERMINI PER L’INVIO DEI LAVORIGli autori che desiderano la riserva di un certo numero di copie del numero contenente il loro articolo, devono farne richiesta esplici-ta al momento dell’invio del testo.Tutto il materiale (una copia in formato elettronico, una copia in formato cartaceo) deve essere spedito o recapitato al Collegio Ipasvidi Roma, viale Giulio Cesare, 78 - 00192 Roma.

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III Congresso Nazionale AIT

27 novembre 2010

Hotel Villa Carpegna Via Pio IV,6 (Villa Doria Pamphili)

Rome (Italy)

DIGNITÀ DELLA PERSONA UMANA E ASSISTENZA INFERMIERISTICA

Con il patrocinio di

Associazione Italiana Sociologia • Istituto Nazionale per la Promozione della Salute, delle Popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà (INMP) • Associazione Medici di origine straniera in Italia • Società Italiana di Medicina delle Migrazioni

COLLEGIO IPASVIDI ROMA

PER INFORMAZIONI E ISCRIZIONI: WWW.IPASVI.ROMA.IT

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