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Pieno sostegno alla nostra scuola I L’assemblea approva...

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Non solo un’assemblea annuale dei giornalisti iscritti nell’Al- bo di Milano per l’approvazione del conto consuntivo 2004 e del bilancio preventivo 2005, ma soprattutto un momento di festa, di incontro fra vecchie e nuove generazioni di profes- sionisti. Questo il senso della cerimonia che si è tenuta il 24 marzo al Circolo della Stampa, nella Sala napoleonica (“Bracco”), presieduta da Franco Abruzzo, che da sedici anni guida l’Ordine dei giornalisti della Lombardia. «Secondo la legge – ci tiene a sottolineare Abruzzo – questa è un’assemblea per la votazione del conto consuntivo del 2004 e del bilancio preventivo per il 2005. Negli anni, però, la 24 MARZO 2005, CIRCOLO DELLA STAMPA L’assemblea approva con i bilanci anche il contributo di 10 euro “pro-Ifg” A S S E M B L E A D E G L I I S C R I T T I 2005 1 ORDINE 4 2005 Ordine dei giornalisti della Lombardia Anno XXXV n. 4 Aprile 2005 Direzione e redazione Via A. da Recanate, 1 20124 Milano Telefono: 02 67 71 37 1 Telefax: 02 66 71 61 94 http://www.odg.mi.it e-mail:[email protected] Poste Italiane SpA Sped.abb.post. Dl n. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1 (comma 2). Filiale di Milano Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo Convegno il 27 maggio al Circolo della Stampa di Milano mentre il 28 maggio verrà onorato il sacrificio del leader sindacale con una targa in via Salaino (cerimonia alle ore 11) IL DOVERE DELLA MEMORIA Milano, 7 marzo 2005. Il 28 maggio cade il 25° anniversario dell’as- sassinio di Walter Tobagi, un collega che si è distinto nella sua breve, purtroppo, attività professionale (1968-1980) per aver contribuito a far comprendere, attraverso gli articoli pubblicati dal Corriere della Sera, il fenomeno del terrorismo rosso, la storia del movimento sindacale nonché quella del Movimento studentesco e dei marxisti leninisti in Italia in un decennio cruciale (1970/1980) della storia nazionale. Il Presidente della Repubblica, il 2 marzo, ne ha ricordato il sacrificio. Grazie al sostegno del Comune di Milano e all’impegno diretto e gene- roso del vicesindaco Riccardo De Corato, il 28 maggio prossimo verrà scoperta una targa sul luogo del delitto (via Salaino) a ricordo di un cittadino, ucciso a 33 anni, che serviva la professione giornalistica anche come presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti. L’Ordine e l’Associazione lombarda dei giornalisti organizzeranno per il 27 maggio un convegno al Circolo della Stampa e, come riferi- to, per il 28 (ore 11) lo scoprimento della targa in via Salaino. L’Ordine della Lombardia, inoltre, ha predisposto la stampa di due volu- mi (editore Scheiwiller): il primo è una riedizione del saggio di Mario Borsa La libertà di stampa con un’analisi storica di Walter Tobagi su Mario Borsa, mentre il secondo è una tesi di laurea a firma Federica Mazza dal titolo La storia del sindacato dei giornalisti da Francesco De Sanctis a Walter Tobagi (1877-1980). Questo lavoro, che nasce nell’am- bito della cattedra di Storia del giornalismo dell’Università degli Studi di Milano Bicocca, dimostra la sensibilità dei giovani verso temi di grande impatto sociale e politico della nostra storia recente. È possibile che il Capo dello Stato assista a una delle due cerimonie di Milano. “Sarebbe bello – hanno dichiarato Franco Abruzzo e Giovanni Negri – che fossero presenti a Milano anche i rappresen- tanti delle nostre istituzioni nazionali e regionali per onorare in manie- ra giusta e adeguata il sacrificio di Walter”. Ricordo di Walter Tobagi nel 25° dell’assassinio di Marta Ottaviani ed Elena Seno Voto unanime sul conto consuntivo 2004 e sulle previsioni di spesa (di quest’anno) dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia. Pieno sostegno alla nostra scuola segue a pagina 2 SOMMARIO Editoria Periodici, radiografia di un mercato in preda a “schizofrenia editoriale” pag 16 Professione Il rischio della gogna elettronica pag 18 Ifg Lascia Gigi Speroni pag 21 Storia e Max Salvadori. giornalismo Chi ha la schiena dritta non può fare il saltimbanco pag 22 Osservatorio Corriere della Sera, da Paolo Mieli a Paolo Mieli pag 26 Personaggi Susan Sontag. I media davanti al dolore pag 30 Libri Uliano Lucas, Tatiana Agliani Storia d’Italia 1945-2000 pag 32 Mostra Roby Schirer, la vita dietro le sbarre pag 33 I nostri lutti Giancolombo. Quando la fotografia è un pezzo di storia pag 34 Giorgio Cingoli. Il rigore morale in redazione pag 36 Walter Sabino. Cronista poliedrico e inflessibile pag 36 Mostra Emilio Tadini, pennello e bisturi alla pari pag 37 Libreria di Tabloid pag 38
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Non solo un’assemblea annuale dei giornalisti iscritti nell’Al-bo di Milano per l’approvazione del conto consuntivo 2004 edel bilancio preventivo 2005, ma soprattutto un momento difesta, di incontro fra vecchie e nuove generazioni di profes-sionisti. Questo il senso della cerimonia che si è tenuta il 24

marzo al Circolo della Stampa, nella Sala napoleonica(“Bracco”), presieduta da Franco Abruzzo, che da sedici anniguida l’Ordine dei giornalisti della Lombardia.«Secondo la legge – ci tiene a sottolineare Abruzzo – questaè un’assemblea per la votazione del conto consuntivo del2004 e del bilancio preventivo per il 2005. Negli anni, però, la

24 MARZO 2005, CIRCOLO DELLA STAMPA

L’assemblea approvacon i bilancianche il contributo di 10 euro “pro-Ifg”

ASSEMBLEA

DE

GLI ISCRITT

I

2005

1ORDINE 4 2005

Ordinedeigiornalistidella Lombardia

Anno XXXVn. 4 Aprile 2005

Direzione e redazioneVia A. da Recanate, 120124 MilanoTelefono: 02 67 71 37 1Telefax: 02 66 71 61 94

http://www.odg.mi.ite-mail:[email protected]

Poste Italiane SpA Sped.abb.post. Dl n. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1 (comma 2). Filiale di Milano

Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al GiornalismoIstituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo

Convegno il 27 maggio al Circolo della Stampadi Milano mentre il 28 maggio verrà onorato il sacrificio del leader sindacale con una targain via Salaino (cerimonia alle ore 11)

IL DOVERE DELLA MEMORIA

Milano, 7 marzo 2005. Il 28 maggio cade il 25° anniversario dell’as-sassinio di Walter Tobagi, un collega che si è distinto nella sua breve,purtroppo, attività professionale (1968-1980) per aver contribuito a farcomprendere, attraverso gli articoli pubblicati dal Corriere della Sera, ilfenomeno del terrorismo rosso, la storia del movimento sindacalenonché quella del Movimento studentesco e dei marxisti leninisti inItalia in un decennio cruciale (1970/1980) della storia nazionale. IlPresidente della Repubblica, il 2 marzo, ne ha ricordato il sacrificio.Grazie al sostegno del Comune di Milano e all’impegno diretto e gene-roso del vicesindaco Riccardo De Corato, il 28 maggio prossimo verràscoperta una targa sul luogo del delitto (via Salaino) a ricordo di uncittadino, ucciso a 33 anni, che serviva la professione giornalisticaanche come presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti.L’Ordine e l’Associazione lombarda dei giornalisti organizzerannoper il 27 maggio un convegno al Circolo della Stampa e, come riferi-to, per il 28 (ore 11) lo scoprimento della targa in via Salaino.L’Ordine della Lombardia, inoltre, ha predisposto la stampa di due volu-mi (editore Scheiwiller): il primo è una riedizione del saggio di MarioBorsa La libertà di stampa con un’analisi storica di Walter Tobagi suMario Borsa, mentre il secondo è una tesi di laurea a firma FedericaMazza dal titolo La storia del sindacato dei giornalisti da Francesco DeSanctis a Walter Tobagi (1877-1980). Questo lavoro, che nasce nell’am-bito della cattedra di Storia del giornalismo dell’Università degli Studi diMilano Bicocca, dimostra la sensibilità dei giovani verso temi di grandeimpatto sociale e politico della nostra storia recente.È possibile che il Capo dello Stato assista a una delle due cerimoniedi Milano. “Sarebbe bello – hanno dichiarato Franco Abruzzo eGiovanni Negri – che fossero presenti a Milano anche i rappresen-tanti delle nostre istituzioni nazionali e regionali per onorare in manie-ra giusta e adeguata il sacrificio di Walter”.

Ricordo diWalter Tobagi nel 25°dell’assassinio

di Marta Ottaviani ed Elena Seno

Voto unanime sul conto consuntivo 2004 e sulle previsioni di spesa (di quest’anno) dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia.Pieno sostegno alla nostra scuola

segue a pagina 2

SOMMARIOEditoria Periodici, radiografia

di un mercato in preda a “schizofrenia editoriale” pag 16

Professione Il rischio della gogna elettronica pag 18

Ifg Lascia Gigi Speroni pag 21

Storia e Max Salvadori.giornalismo Chi ha la schiena dritta

non può fare il saltimbanco pag 22

Osservatorio Corriere della Sera, da Paolo Mieli a Paolo Mieli pag 26

Personaggi Susan Sontag.I media davanti al dolore pag 30

Libri Uliano Lucas, Tatiana AglianiStoria d’Italia 1945-2000 pag 32

Mostra Roby Schirer, la vita dietro le sbarre pag 33

I nostri lutti Giancolombo.Quando la fotografia è un pezzo di storia pag 34

Giorgio Cingoli.Il rigore morale in redazione pag 36

Walter Sabino.Cronista poliedrico e inflessibile pag 36

Mostra Emilio Tadini, pennello e bisturi alla pari pag 37

Libreria di Tabloid pag 38

2 ORDINE 4 2005

LA CRONACADELLA GIORNATA

ASSEMBLEA

DE

GLI ISCRITT

I

2005Circolo

della Stampa

giovedì 24 marzo

FrancoAbruzzo“Informazione-pubblicità:sulla commistione appello al buon senso degli editori affinchéacquistino consapevolezza deidanni provocati ai media sul pianodella credibilità e scrivano con l’Ordine nuove regole,ma ineludibili”1. PremessaLe cinque decisioni del 24 gennaio. Il Consi-glio dell’Ordine dei giornalisti della Lombar-dia, riunito il 24 gennaio 2005, per esaminareil problema della commistione pubblicità-informazione e i procedimenti disciplinariavviati o aperti in relazione a tale tematica,ha deliberato:a) in autotutela di annullare gli avvisi discipli-

nari e le delibere di apertura dei procedi-menti disciplinari (riguardanti i giornalistiprofessionisti Patrizia Avoledo, SilvanaGiacobini, Giovanni Iozzia, Maria Giovan-na Mazzocchi, Paolo Panerai, CarloRossella, Rosellina Salemi, Mauro Tede-schini, Fiorenza Vallino) in tema di commi-stione pubblicità-informazione per daretempo (al massimo un anno) alle partifirmatarie del Cnlg di stipulare nuovi e piùdettagliati accordi sul tema della commi-stione della pubblicità con l’informazionealla luce anche del monitoraggio avviatodal Consiglio nazionale dell’Ordine;

b) di avviare con i giornalisti-direttori e con iCdr un tavolo per definire in sede lombardaun quadro analitico di regole interpretativedelle norme contrattuali e di legge esistenti;

c) di riavviare, comunque, i procedimentidisciplinari in materia a partire dal gennaio2006, e di continuare a svolgere la norma-le attività istruttoria sul tema della commi-stione, tenendo sotto vigilanza quotidiani eperiodici editi in Lombardia;

d) di chiedere al Corecom vigilanza (e colla-borazione), come l’ordinamento impone(art. 8, comma 2, della legge n. 223/1990),per scongiurare fenomeni analoghi allacarta stampata sulle reti televisive nazio-nali, regionali e locali.

e) di segnalare, come soggetto pubblico inte-ressato alla correttezza dell’informazionegiornalistica, all’Autorità Garante dellaConcorrenza e del Mercato (Antitrust)“tutte le ipotesi di pubblicità tradizional-mente denominata ‘redazionale’, la qualesi rivolge al pubblico con le ingannevolisembianze di un normale servizio giornali-stico, apparentemente riconducibile aduna disinteressata scelta della redazione”.Queste ipotesi ricadono nella pubblicitàocculta vietata da Dlgs n. 74/1992 e di cuil’Antitrust è giudice esclusivo nei riguardidegli editori.

Il Consiglio, con questa delibera, ha intesooffrire agli editori una possibilità concreta diriaprire il dialogo per arrivare, sul tema dellacommistione, alla scrittura di regole comuni eha, comunque, richiamato le sue delibere 20novembre 1986, 1° aprile 1996 e 27 ottobre1997 sul tema della commistione tra informa-zione e pubblicità. Il Consiglio, con la delibe-ra, ha inteso, inoltre, rivolgere un appello albuon senso degli editori affinché acquistinoconsapevolezza dei danni provocati ai mediasul piano della credibilità e scrivano con l’Or-dine nuove regole, ma ineludibili.

cerimonia è cambiata: oggi è una festa in cuisi gratificano i colleghi con 50 anni di Alboalle spalle e si consegnano le tessere ainuovi praticanti». In più, dal 1999, si premia-no le migliori tesi di laurea dedicate al gior-nalismo.Con il presidente dell’Ordine sul palco cisono i colleghi che rappresentano e lavora-no costantemente nell’istituzione: il vicepre-sidente Cosma Damiano Nigro, il segretarioSergio D’Asnasch, il tesoriere AlbertoComuzzi, il presidente del Collegio di revisio-ne dei conti, Giacinto Sarubbi, la responsa-bile dell’Ufficio relazioni con il pubblico, Leti-zia Gonzales, il notaio Antonio Carimati (cheverbalizza l’assemblea) e il consulente fisca-le Roberto Marcianesi..E poi i rappresentanti delle scuole di giornali-smo milanesi: Walter Passerini, condirettoredel Master biennale dell’Università Cattolica eGiuseppe Barranco di Valdivieso, presidentedell’Associazione per la Formazione al Gior-nalismo “Walter Tobagi”, ente senza fini dilucro che gestisce l’Istituto per la Formazioneal Giornalismo “Carlo De Martino”. AssenteGiovanni Puglisi, rettore dello Iulm e direttoredel Master in giornalismo di questa Università,trattenuto a Roma dai lavori del Crui.Senza dimenticare che l’aula del Circolodella Stampa è gremita di iscritti giovani emeno giovani della Lombardia. Sono presen-ti almeno 300 persone.A rompere il ghiaccio è Alberto Comuzzi, cheha esposto la situazione economica dell’Or-dine per il 2004: le entrate totali ammontanoa 2.712.207 euro a fronte di 2.705.516 eurodi uscite. Un avanzo quindi di 6.691 euro. Dasottolineare il risparmio di almeno 32milaeuro dovuto all’impiego della posta priorita-ria invece delle tradizionali raccomandate. Eper il 2005 Comuzzi preannuncia due inizia-tive editoriali importanti: la pubblicazione diun libro su Water Tobagi in occasione dei 25anni del suo assassinio (La storia del sinda-cato dei giornalisti da Francesco De Sanctisa Walter Tobagi) e la riedizione di un vecchiolibro di Mario Borsa (Libertà di stampa)assieme a un saggio di Walter Tobagi suMario Borsa.Sempre per quanto riguarda la situazioneeconomica, la parola passa a GiacintoSarubbi, presidente dei revisori dei conti. Inevidenza per il 2005 l’accantonamento di65mila euro in vista delle elezioni del 2007per il rinnovo del Consiglio dell’Ordine: si trat-ta di una misura ispirata al principio dellaprudenza e volta ad assicurare la coperturadelle spese future.Dopo l’analisi dei conti è il momento del voto:Abruzzo invita i presenti a prendere la parolae chiede l’approvazione dei bilanci. Il sì èunanime. Il presidente mostra la sua soddi-sfazione: un attivo di 6.691 euro in un anno,il 2004, in cui si sono dovute sostenerespese extra per il trasloco nella nuova sededi via Antonio da Recanate e per l’organiz-zazione delle elezioni dell’Ordine. Oltre alsostegno essenziale alla scuola di giornali-smo Ifg con un contributo complessivo di131mila euro e di 205mila nel 2005 grazie auna “tassa” una tantum di 10 euro per ogniiscritto (5 a carico dei pensionati) volta asupplire alla diminuzione del contributoannuale della Regione Lombardia. Il votounanime abbraccia, quindi, anche la “tassa”dei 10 euro “pro-Ifg”. Il sostegno alla nostrascuola è pieno.

Tra i temi caldi affrontati, quello della commi-stione informazione e pubblicità. A questoproposito il presidente Abruzzo ha lanciatoun appello al buon senso degli editori perchéacquistino consapevolezza dei danni provo-cati ai media sul piano della credibilità. Unappello volto anche a riscrivere (editori eOrdine assieme) nuove regole ineludibili peril futuro, partendo dal presupposto che lapubblicità non va demonizzata, ma che deveal tempo stesso essere chiara, esplicita ericonoscibile.È Sergio D’Asnasch a disegnare invece ilquadro complessivo degli iscritti all’Ordinelombardo, in aumento rispetto all’annoprecedente (21.758 rispetto ai 20.932 del2003), soprattutto fra le donne. Da non sotto-valutare la tendenza degli editori sempre piùrestii ad assumere giovani con regolarecontratto di praticantato. «Per questo ricono-sciamo – dice D’Asnasch – il praticantatod’ufficio a tutti coloro che dimostrano di aver-lo comunque fatto con un costante impegnoin una o più testate».Al tema della precarietà è dedicato invecel’intervento di Letizia Gonzales, responsabiledell’Urp, che non nasconde una nota dipessimismo. «Il quadro non è roseo, vistodalla finestra del nostro osservatorio, anchese spesso la “passione” per questo lavoro fasì che molti giovani continuino tenacementea tener duro, nonostante l’eccesso di flessi-bilità».Prima delle premiazioni, tocca al condiretto-re del Master biennale dell’Università Cattoli-ca, Walter Passerini prendere la paroladavanti ai suoi allievi. «La sfida vera – dice –è come accompagnare questi giovani allaprofessione, che desiderano e spesso mitiz-zano, senza creare delusioni, ma fornendoquello che davvero serve».Giuseppe Barranco di Valdivieso è il neopresidente dell’Afg e ci tiene a mettere inevidenza la sua formazione professionalediversa, da esperto di economia di impresa.«Quando entro all’Ifg – dice Barranco – sonosempre un po’ intimidito: sono l’unico a nonessere un giornalista. Ma sono anche colpitodall’impegno, dalla dignità e dalla competen-za dei giovani e degli insegnanti che lafrequentano». Il XIV biennio si sta chiuden-do, ma già si guarda al futuro. «Un ringrazia-mento sincero va a Gigi Speroni, che halasciato la direzione della scuola il mesescorso e ad Alfredo Pallavisini che termineràil suo mandato con la fine del corso adagosto. L’Istituto “Carlo De Martino”, in conti-nuità con le precedenti direzioni, devemantenere il suo livello di eccellenza guar-dando al futuro della professione».Dopo gli interventi è il momento delle meda-glie d’oro a chi per 50 anni ha lavorato comegiornalista professionista o pubblicista. Unmomento emozionante in cui 21 colleghi piùanziani ricevono il riconoscimento della stra-da compiuta. Dalle vecchie generazioni aigiovani che si affacciano oggi alla professio-ne, con la consegna dei tesserini da prati-canti ai 32 allievi delle scuole di giornalismodelle università Cattolica e Iulm di Milano. E,infine, le borse di studio di 2.500 euro asse-gnate a quattro giovani laureati, che nelleloro tesi hanno approfondito argomenti dirilevanza giornalistica. Tanti applausi, sorrisie fotografie. Si chiude, con un rinfrescogioviale.

Marta Ottaviani ed Elena Seno

segue dalla prima pagina

La relazione del presidente dell’Ordine

Anno 1997 Procedimenti avviati n. 32; procedimenti archiviati n. 41. Sanzioni disciplinari inflit-te: Avvertimento n. 2; Censura n. 1; Sospensione n. 1. 77 interventiAnno 1998 Procedimenti avviati n. 21; procedimenti archiviati n. 42. Sanzioni disciplinari inflit-te: Avvertimento n. 7; Censura n. 6; Sospensione n. 1. 77 interventiAnno 1999 Procedimenti avviati n. 16; procedimenti archiviati n. 57; Sanzioni disciplinari inflit-te: Censura n. 1; Sospensione n. 1. 75 interventiAnno 2000 Procedimenti avviati n. 30; procedimenti archiviati n. 71; Sanzioni disciplinari inflit-te: Avvertimento n. 2; Censura n. 2; Sospensione n. 3; Radiazione n. 2. 110 interventiAnno 2001 Procedimenti avviati n. 23; procedimenti archiviati n. 37; Sanzioni disciplinari inflit-te: avvertimento orale n. 4; censura n. 2. 66 interventiAnno 2002 Procedimenti avviati n.24; procedimenti archiviati n.55; Sanzioni disciplinari: avver-timento orale n. 2; censure n. 2; sospensione n. 3. 86 interventiAnno 2003 Procedimenti avviati n. 9; procedimenti archiviati n. 44; Sanzioni disciplinari: avver-timento orale n. 1; avvertimento scritto n. 7; censure n. 2; sospensione n. 0; radiazioni n. 3 = 66interventiAnno 2004 Procedimenti avviati n. 22; procedimenti archiviati n. 46; Sanzioni disciplinari: avverti-mento orale n. 3; avvertimento scritto n. 4; censure n. 0; sospensione n. 0; radiazioni n. 0 = 75interventiAnno 2005 Procedimenti pendenti: n. 78

Deontologia: bilanciodi 7 anni (1997-2004)

I dati statistici sulle decisioni disciplinari dal1997 al 2003. L’assemblea è chiamata adapprovare i bilanci dell’ente, che per leggesono illustrati dal consigliere tesoriere e dairevisori dei conti. Il rendiconto riguarda anchele decisioni disciplinari e tutte quelle pronun-ce rese come pareri nel corso del 2003:

3ORDINE 4 2005

2. La pubblicità non va demonizzata

La delibera mette in luce che il Consigliodell’Ordine dei giornalisti della Lombardia,come il Consiglio nazionale (delibera 14/15aprile 2004), sa bene che la pubblicità, nellesue diverse forme, costituisce uno dei perni suiquali si regge oggi il sistema dei mass media.Essa non va dunque in alcun modo demoniz-zata, a patto che - a tutela primaria del lettore- rimangano tracciati con chiarezza i confini trale diverse sfere del giornalismo, del marketinge del messaggio promozionale. In questosenso il Consiglio dell’OgL ricorda che proprioattraverso il protocollo firmato nel 1988 con leorganizzazioni del settore pubblicitario - unita-mente alla Fnsi - nonché attraverso le normerecepite (a partire dal 1988) nei contratti dilavoro è stata prevista - in pieno accordo conla Federazione degli editori - una trasparenteseparazione fra notizie e pubblicità formulandoe applicando rigorose norme di comportamen-to, nel comune intento di mantenere distinti itesti giornalistici dai messaggi a finalitàcommerciali. Oggi queste regole vengonosistematicamente eluse o erose. Troppo spes-so si leggono testi impaginati come articoligiornalistici, ma sostanzialmente indirizzati allapresentazione di un prodotto e quindi privi deldistacco e dello spirito critico necessari, finen-do per costituire uno spot pubblicitario più omeno mascherato;Incontri sistematici tra direttori di testate evenditori della pubblicità. Il Consiglio ha presoatto che, secondo alcune notizie di stamparecenti, in alcune case editrici è invalso ilsistema, “per riproporre la stampa periodicacome utile mezzo pubblicitario”, di fare incon-trare sistematicamente i direttori delle testatee i venditori della pubblicità; che i maggiorimarchi chiedono e ottengono, a fronte di ognipagina di pubblicità tradizionale acquistata,una pagina sotto forma di testo giornalistico;che, negli ultimi anni, i redazionali sono invertiginosa ascesa; che, in contrasto nettocon le regole deontologiche, si va profilandouna nuova figura professionale, quella delgiornalista-pubblicitario o quella del pubblici-tario-giornalista; che il potere soverchiantedella pubblicità ha raggiunto in taluni casilivelli aberranti influenzando la politica edito-riale fino a rendere le testate deteriori veicolidi propaganda commerciale oppure veri epropri cataloghi.

3. I doveri dei giornalistiIl Consiglio ha sottolineato:a) che commette illecito disciplinare il direttoreche avalli copertine o articoli pubblicitari comeemerge da questa massima: “Costituisce ille-cito disciplinare, in quanto contrario al prescrit-to dovere di lealtà nell'informazione, il compor-tamento del direttore responsabile di un perio-dico, che avalli la pubblicazione di una coperti-na e di articoli dotati di contenuto pubblicitarionon chiaramente differenziato rispetto al datoinformativo” (Trib. Milano, 11 febbraio 1999Parti in causa Monti c. Consiglio reg. ord. gior-nalisti Lombardia; Riviste: Foro It., 1999, I,3083 Rif. legislativi: L 3 febbraio 1963 n. 69,art. 2; L 3 febbraio 1963 n. 69, art. 48).b) che “il direttore quantomeno deve renderepubblico il proprio dissenso all'ufficio marke-ting”, principio ribadito nella sentenza n.1827/2003 della prima sezione civile dellaCorte d’appello di Milano. In sostanza laCorte d’Appello ha affermato la responsabi-lità soggettiva del direttore per culpa in vigi-

lando in merito a casi di pubblicità inganne-vole: “Il direttore quantomeno avrebbe potutoevidenziare – scrivono i giudici – il propriodissenso all'ufficio marketing… essendo fattograve che un direttore responsabile tolleri chenella pubblicazione da lui diretta siano inseri-ti, non solo dépliant separatamente aggiunti,ma anche pagine che vadano a formare uncorpo unico con la rivista stessa, senza eser-citare in alcun modo quel controllo che il ruolosvolto rigorosamente impone. Il direttoreavrebbe avuto l'onere di intervenire pressol'editore e/o presso l'ufficio marketing e/opresso l'ufficio diffusione periodici., con unventaglio di possibilità, che andavano dallarichiesta più drastica di bloccare la distribu-zione a quella più lieve di semplice segnala-zione de1 proprio dissenso. Al contrario nonha ritenuto di intervenire in alcun modo ed inquesta inerzia non può che ravvisarsi unasua grave omissione. Né poteva legittima-mente temere di esporsi in modo pericolosonei confronti dell'editore (dato e non conces-so che un simile timore rappresenti un'esi-mente o un’attenuante alla propria responsa-bilità) posto che nei suoi confronti avrebbeavuto facile gioco limitandosi a rappresentarele già ricevute proteste della redazione e delfiduciario sindacale”;c) che “gli articoli pubblicitari giustificano ledimissioni del giornalista, perché ledono ladignità professionale. Inserimento di articoli dinatura pubblicitaria in un periodico contro lavolontà del condirettore può giustificare le

dimissioni del giornalista, con diritto all'inden-nità sostitutiva del preavviso per lesione dellasua dignità professionale”; (Cassazione sezio-ne lavoro n. 5790 dell'11 giugno 1999).

4. L’allarme lanciatodall’Autorità Garantedella Concorrenza e del Mercato

Il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti dellaLombardia valuta con preoccupazione lecommistioni fra pubblicità e testi giornalistici,che compaiono con sempre maggiorefrequenza, in particolare all'interno dellepubblicazioni periodiche a stampa, mentre nonignora l’allarme lanciato dall’Autorità Garantedella Concorrenza e del Mercato che ancherecentemente ha giudicato “ingannevoli” alcunimessaggi pubblicitari apparsi su noti periodicidelle maggiori case editrici (“i messaggi pubbli-citari vantano caratteristiche del prodotto inesi-stenti, inducendo i consumatori in errore suirisultati che con l’uso degli stessi si possonoottenere”). Il Consiglio ha pertanto deciso dirivolgere un muovo pressante appello ai diret-tori responsabili, ai vicedirettori, ai capiredatto-ri, ai capicronisti di quotidiani e periodicinonché ai Cdr perché sia rispettato l'articolo44 del vigente Contratto nazionale di lavoro(che ha forza di legge con il Dpr n. 153/1961),articolo che impone la separazione tra infor-

mazione e pubblicità. L'articolo 44, introdottonel 1988, traduce una “delibera di indirizzo”(del 20 novembre 1986) di questo Consiglioche, richiamandosi ai principi etici della profes-sione (articoli 2 e 48 della legge 3.2.1963 n.69), invita i giornalisti a rafforzare soprattutto ilrapporto di “fiducia tra la stampa e i lettori” e aosservare sempre “i doveri imposti dalla lealtàe dalla buona fede”.Il Consiglio è consapevole che il malessere èavvertito nei quotidiani ma soprattutto in moltiperiodici dove ha raggiunto, in talune testatedefinite “di servizio”, aspetti che eliminano difatto qualsiasi margine di demarcazione franotizia e messaggio pubblicitario, il Consigliodell'Ordine della Lombardia richiama tutti igiornalisti, direttori soprattutto, al dovere diesercitare la professione al di fuori di possibilicondizionamenti, in piena libertà di giudizio edi scelta, nel solo intento di informare onesta-mente il lettore, secondo coscienza.

5. La pubblicità deve essere chiara,palese, esplicita e riconoscibile

La pubblicità deve essere chiara, palese,esplicita e riconoscibile: deve esserlo soprat-tutto la pubblicità chiamata, con espressioneimpropria, “redazionale”.Il giornalista incaricato di redigere i servizicosiddetti redazionali può legittimamenteopporre il suo rifiuto: qualora aderisca a taleincarico deve esigere che il testo risultipresentato con caratteristiche grafiche chelo distinguano dai normali servizi e notiziari,salvaguardando così la dignità dell'interocorpo redazionale.Da parte sua il direttore deve astenersidall'esigere che il giornalista rediga testidestinati a finalità pubblicitarie o, peggioancora, mascheranti l'intento mercantileperché si verrebbe in tal modo ad istituzio-nalizzare un rapporto inquinato fra messag-gio e notizia.Deve essere osteggiato e vanificato ognidegenerato uso dei canali informativi. Il gior-nalista ha diritto di difendere la propria iden-tità professionale esposta a insidie equivo-che e ad ambigue e talvolta grossolaneforme di pressione.

Frattanto è possibile individuare un primo nucleo di considerazioni e diregole deontologiche, che dovranno essere discusse a ogni livello d’ac-cordo con le aziende editoriali, i direttori e i Cdr, regole deontologichelegate ai tempi in cui viviamo e allo sviluppo della professione come è algiorno d’oggi:1.Vietare ai giornalisti che vanno in televisione di fare da testimonial a

un prodotto, citare stilisti o prodotti. La citazione di un prodotto in tvvale molto di più che sui giornali (nel senso che dalle aziende è paga-ta molto di più). Se una rivista viene letta da 200mila persone unprogramma televisivo viene visto da milioni di spettatori, e quindi leditte di abbigliamento o di altri prodotti sono disposte a pagare moltis-simo i giornalisti per tali citazioni, anche decine di milioni di vecchielire.

2. I giornalisti non possono avere come agenti quelli che sono ancheagenti di dive e starlette televisive. Altrimenti succede, come avvieneora, che direttori di telegiornali, direttori di giornali o opinionisti di famafavoriscono nei loro tg, giornali, e nelle trasmissioni dove sono ospiti,i personaggi che sono gestiti dal loro stesso agente. È ovvio che perfare un favore al loro stesso agente nei loro giornali o telegiornali idirettori dedichino tanto spazio a quegli stessi personaggi che sonorappresentati dal loro stesso agente.

3. I giornalisti nei loro articoli e nelle didascalie non devono citare espertidi comunicazione o pierre di moda, cosmetica e altro.

4. I giornalisti non devono poter ricevere regali superiori a una certa cifra.Come avviene negli Usa. E come avviene negli Usa i conti correntidei giornalisti e dei loro familiari devono poter essere controllati.

5. I giornalisti e i loro familiari non possono costituire società con perso-naggi che compaiono poi nei loro giornali, articoli ecc. Quelle dellesocietà è uno escamotage che è oggi molto in uso fra i giornalistieconomici e non solo.

6. I giornalisti, non solo quelli che si occupano di automobili, ma anchequelli economici o di altri settori, non possono chiedere alle caseautomobilistiche auto in prova durante il week-end o per motivisemplicemente personali. Le auto devono essere date solo a chi scri-ve di automobili.

7. I giornalisti non possono scrivere cartelle stampa di prodotti di abbi-gliamento, cosmesi, comunicati stampa di aziende, tenere le pubbli-che relazioni di ditte, se lavorano in una testata giornalistica o televisi-va.Perché questo rappresenta un modo subdolo per comprarsi i gior-nalisti. Se scrivi le cartelle stampa delle collezioni di XX, che fra l’altrovengono pagate profumatamente, decine di milioni di vecchie lire,come può il giornalista accennare una critica a quello stilista? Al

contrario, un giornalista che ha scritto una cartella stampa si senteobbligato a essere generoso nei confronti dello stilista X anche negliarticoli che poi scrive per il suo giornale.

8. Gli articoli che vengono scritti su personaggi che sono inserzionistidel giornale devono potersi distinguere da altri articoli, almeno nellagrafica. O con la scritta informazione pubblicitaria anche se tali solu-zioni non piacciono agli inserzionisti. Bisognerebbe chiedere a ungrande esperto di pubblicità qualche possibile soluzione.

9. Nei settimanali femminili gli inserti allegati al giornale sugli accessori(scarpe e borse) sono tutti esclusivamente pubblicitari. I prodotti cheappaiono sono di aziende che hanno pianificato: cioè pagato. Maanche i giornalisti che partecipano a quella realizzazione con servizifotografici o con testi scritti sono pagati a parte dalla pubblicità cosìcome vengono pagati a parte i grafici. Molte case editrici oggi fannoai giovani solo contratti cococo o altri contratti a basso costo. I giorna-listi soprattutto giovani guadagnano poco e quindi sono disposti atutto anche a scrivere quello che non pensano e sempre più spessoarrotondano il loro misero salario. Come? Le case editrici offrono lorodi guadagnare molto con la pubblicità. Realizzando la campagnapubblicitaria di uno stilista o di un prodotto di bellezza o inserti pubbli-citari. Così loro pagano poco i giornalisti, ma questi ultimi mantengo-no uno standard medio di stipendio con le entrate dei lavori pubblici-tari sul loro stesso giornale o sugli inserti speciali del loro giornale.Nessuno di questi inserti contiene la scritta informazione pubblicitariao catalogo pubblicitario.

10. Una buona soluzione sarebbe di riportare nei settimanali, come avve-niva negli anni 60/70, il rapporto pagine di pubblicità e pagine reda-zionali al 50 per cento, ciascuno. Cosa che oggi non avviene più.Ristabilendo una proporzione adeguata e aumentando il numero dipagine redazionali si può solo avere un vantaggio per il lettore e piùspazio per argomenti giornalistici.

11. Perché nei giornali americani come Herald Tribune una giornalista dimoda come Susy Menkes riesce a scrivere che la sfilata di Gucci èbrutta con a fianco mezza pagina di pubblicità di Gucci? Primoperché la giornalista non si lascia condizionare dalla pubblicità.Secondo perché quando Gucci chiama l’Herald Tribune e minacciadi togliere la pubblicità, il giornale difende la sua giornalista, non subi-sce ricatti e gli risponde per le rime, faccia pure. In Italia, invece quan-do il direttore riceve questa telefonata cerca di mediare anche perchéGucci o gli altri minacciano di togliere la pubblicità a tutto il gruppo.Per cui le giornaliste di moda di settore scrivono bene di tutti.

Franco Abruzzo

6. Nuove possibili regole deontologiche legate ai tempi d’oggi

CosmaDamiano Nigrovicepresidentedell’OrdinedellaLombardia

Servizio fotografico di Walter Meloni

4 ORDINE 4 2005

Sergio D’AsnaschIl mobbing nelle redazioni arma per allontanarei giornalisti ritenuti scomodiAnche quest'anno, come è avvenuto costante-mente anche nei precedenti, registriamo unaumento complessivo degli iscritti all'Ordine deigiornalisti della Lombardia: i giornalisti nellanostra Regione sono infatti 21.758 rispetto ai20.932 dello scorso anno. I professionisti sono6.601, di cui il 42,02% donne (contro il 41,35%dello scorso anno), ed i pubblicisti 11.105, conuna componente femminile pari al 37,99%.Abbiano inoltre 675 praticanti, 3.311 iscritti all'e-lenco speciale, 59 all'elenco stranieri e 10 all'e-lenco temporaneo.Significativo il continuo aumento delle donnetra i professionisti. È un fenomeno che si staverificando ormai da tempo in Lombardia e leprevisioni sono di un ulteriore incremento neiprossimi anni: lo indica il fatto stesso che tra i675 praticanti iscritti nel nostro Ordine ledonne sono addirittura il 50,22. Del resto l'oc-cupazione femminile in campo giornalistico èin Lombardia la più alta non solo in Italia, maanche in Europa.Il numero dei praticanti iscritti è pressoché inva-riato: 675 contro 664 dello scorso anno. Si èperò ben lontani dai numeri del passato. Glieditori sono sempre più restii ad assumeregiovani con regolare contratto di praticantato,ricorrendo invece a forme meno impegnative. Ilnostro Ordine cerca di contrastare questatendenza, riconoscendo il praticantato di ufficioa coloro che dimostrano di averlo comunquefatto con un costante impegno in una o piùtestate.Siamo stati i primi in Italia a dare il dovu-to spazio al praticantato di ufficio (anche freelance) e continuiamo su questa strada.Tuttavia,anche quando diventano professionisti con ilpraticantato di ufficio, i giovani continuano arimanere tra i precari. Per avere l'agognato arti-colo 1 del contratto occorre per lo più rivolgersialla magistratura del lavoro.Coloro che lo fanno,vincono molto spesso le cause e per l'Ordine èuna grossa soddisfazione. Non tutti però hannoil coraggio di intraprendere le vie legali, soprat-tutto se lavorano in piccole case editrici. Hannopaura di trovarsi di fronte ad un futuro fatto diboicottaggi, se non di vero e proprio mobbing.E non hanno tutti i torti, perché ormai il mobbingha fatto il suo ingresso nelle redazioni, comemezzo per costringere ad andar via giornalistiritenuti scomodi. Noi cerchiamo di contrastarlocon i procedimenti disciplinari, quando ce nevengono denunciati dei casi.Anche la magistra-tura ordinaria sta accentuando la sua attenzio-ne contro il fenomeno del mobbing, che sembradilagare ovunque ed in tutti i tipi di lavoro subor-

dinato. Ma sono pochi coloro che hanno ilcoraggio della denuncia.Un vero boom di iscrizioni all'Ordine dei giorna-listi è in corso tra i pubblicisti. È dovuto all'appli-cazione della legge che prevede l'obbligatorietàdi iscrizione all'Ordine di coloro che svolgonoattività di ufficio stampa presso enti pubblici.L'iscrizione viene ottenuta frequentando unapposito corso organizzato dall'Ordine, simile aquello che abbiamo sempre svolto per prepara-re i praticanti all'esame di Stato. Per non crearediscriminazioni, l'Ordine nazionale ha quindideciso che una simile procedura possa essereusata anche da coloro che lavorino in ufficistampa privati. Anche per questi si è apertapertanto la possibilità di ottenere l'iscrizioneall'elenco dei pubblicisti. Finora, invece, il tesse-rino di pubblicisti si poteva “conquistare” solodimostrando di aver svolto attività giornalisticaper due anni con la pubblicazione di unasessantina di articoli.I nostri corsi sono così frequentatissimi e noi glidedichiamo un forte impegno per assicurare lamigliore preparazione. I nostri corsi sono anchegli unici, rispetto a quelli degli altri Ordini regio-nali, che hanno un esame scritto e orale finale.Vogliamo che questi pubblicisti abbiano unapreparazione il più possibile eguale a quella deiprofessionisti.Corsi per i praticanti, corsi per i pubblicisti, corsidi aggiornamento professionale per i disoccu-pati, gestione dell'Ifg: la formazione rappresentauno dei capisaldi dell'attività dal nostro Ordine.Per l'Ifg vi sono state difficoltà economiche,dovute alla diminuzione del contributo annualedella Regione. Per questo abbiamo deliberatouna aggiunta (una tantum) di dieci euro allaquota annua di iscrizione all'Ordine. La decisio-ne ha avuto una gran maggioranza di consen-si, ma anche una minoranza di dissensi. Questisono venuti in particolare dal sindacato deipensionati. Ci dispiace moltissimo che sianostati proprio dei vecchi giornalisti a non capire ilvalore sociale dell'Ifg, che permette a giovaniselezionati severamente di accedere allaprofessione esclusivamente per i loro meriti,senza raccomandazioni e senza dover pagarele migliaia di euro che vengono chieste per icorsi universitari di giornalismo. Mi sembra chetenere alto un simile principio valga l'equivalen-te di alcuni caffè sorseggiati al bar in un anno.Voglio infine rivolgere un sentito ringraziamentoal personale dell'Ordine, che continua a svolge-re il proprio lavoro con grande dedizione, puraumentando gli impegni.

Relazione del consigliere segretario

Letizia Gonzales e Laura MulassanoI “fluttuanti di redazione”un precariato permanenteQuest’anno abbiamo deciso di dedicare lanostra relazione annuale a tutti quei giovaniprecari che vivono l’odissea della flessibilità.Sono in genere trentenni, maschi e femmine,che si rivolgono ai nostri uffici chiedendo infor-mazioni per accedere alla professione. “Vogliosostenere l’esame a Roma” ci dicono spesso “ediventare giornalista professionista” anche senon hanno in tasca uno straccio di contratto.Sono freelance figli dell’uso distorto della leggeBiagi che ha costellato il mondo dei giornali dicollaboratori, i così detti “fluttuanti di redazione”che cumulano contrattini su contrattini senzapoter accedere, se non molto raramente a vericontratti di lavoro. Quella dei precari permanen-ti è una piaga che ho denunciato più di una voltanel corso di questi anni, che si è abbattuta comeun tsunami devastante su moltissimi giovaninon solo della nostra categoria, in nome di undistorto concetto di flessibilità. I moderni socio-logi del lavoro li chiamano “nomadi multiattivi”per sintetizzare una condizione di vita che licostringe a mettere in discussione almeno unavolta l’anno se non più spesso la qualità del lorolavoro, con l’ansia ogni volta di rincominciare daicolloqui a raffica, dai curriculum spediti a piog-gia per ottenere di ritorno soltanto l’ennesimocontrattino. Questi giovani bloccati nelle loroaspirazioni di progetti per un futuro remoto,persino in quello banale di cambiare la macchi-na rivendicano lo “status” del giornalista perottenere almeno l’appartenenza ad una grandefamiglia con il segreto sentire di un diritto ad unrisarcimento morale per un lavoro precariocontinuamente da ricostruire come un infinitopedaggio che non termina mai.Nell’epoca dei lavoratori senza fissa dimora,l’Ordine è il primo punto sul territorio dove rivol-gersi per trovare assistenza, informazioni edalcune volte supporto umano, facce amichecon le quali sfogarsi, raccontare del propriomalessere e della grande solitudine dei sottolavoratori. Successivamente questi giovaniscoprono le altre istituzioni della nostra cate-goria dal sindacato all’Inpgi anche se daqueste non si aspettano niente.L’appartenere alla generazione dei garantiti, aquei fortunati che hanno maturato una pensio-ne decente, a quelli che oggi supportano spes-so i figli precari, mette a disagio quando dobbia-mo spiegare loro che no, non ci sono le condi-zioni per ottenere il praticantato d’ufficio, ilguadagno annuale è insufficiente e nonraggiunge il tetto richiesto, l’esperienza matura-ta ha qualche lacuna. Ecco, quando ci si trovadi fronte a queste facce deluse ci si chiede se leregole che governano l'accesso alla nostraprofessione tengono conto di questo crudelemercato del lavoro, attraversato spesso daeditori senza scrupolo che “ti lasciano libero”quando scade il contrattino, come si usa dire,che ti trattano “come un vecchio softwear, pron-to da disinstallare quando ne arriverà uno piùeconomico” come racconta un precario in unabella inchiesta pubblicata recentemente daRepubblica e intitolata “paura del domani”.Anche il consulente legale, avv. Luisella Nico-sia, ed il consulente fiscale, dott. SalvatoreGentile, registrano nei loro colloqui il forte disa-gio di tanti giovani di oggi. Luisella Nicosia, daoltre sei anni allo sportello per l’assistenzalegale, che ha ricevuto nell’ultimo anno circaun migliaio di giovani, come d’altronde il fisca-lista e noi consiglieri, segnala il crescentedisinteresse da parte degli editori, piccoli, medima anche grandi (dai periodici ai quotidiani,alle emittenti radiotelevisive) per le retribuzionidei collaboratori, come se per il freelancefosse un grande privilegio lavorare gratis ovedersi commissionare dei pezzi che nonsaranno mai pubblicati. Sempre più diffuso poiil fenomeno del mobbing all’interno delleaziende, ci dice ancora Nicosia, soprattutto làdove ci sono giornalisti di consolidate posizioni

di reddito per grandi capacità professionali, maoramai pronti per una prematura “rottamazio-ne” in nome di improbabili sinergie aziendali odelle così dette “ristrutturazioni” per far quadra-re i conti economici. Pessimismo? Bè, ilquadro non è roseo visto dalla finestra delnostro osservatorio, anche se spesso la“passione” per questo lavoro fa sì che moltigiovani continuino tenacemente a tener duroper ottenere una buona qualità della vita,nonostante l’eccesso di flessibilità.

Nel corso del 2004recuperati 35mila euroDalla relazione dell’avv. Luisella Nicosia.“Per quanto riguarda il recupero crediti, nelcorso del 2004, sono state avviate numerosenuove pratiche. Di queste, solo poche hannotrovato soluzione con l'immediato pagamentoda parte del debitore diffidato a mezzo di lette-ra raccomandata, in maggior numero hannoavuto sbocco in sede giudiziale. Sono arrivatea conclusione vertenze già pendenti, con recu-pero di crediti per complessivi 35.500,00 (tren-tacinquemilacinquecento) euro.Quanto all'entità dei crediti vantati dai giornalistiche si sono rivolti al servizio, va infine precisato,che si tratta di cifre comprese tra un minimo di250 euro e un massimo di 15.000. Per conclu-dere, una notazione, ricavata direttamentedall'esperienza di questi anni di assistenza lega-le, affinché possa servire come richiamo a uncorretto comportamento tra colleghi. A volte,duole constatarlo, sono proprio alcuni giornalistitrasformatisi in editori (ma vale anche per certidirettori!) a dimenticare la buona abitudine (eanche questa è deontologia) di rispettare il lavo-ro di chi assicura prestazioni preziose alle variepubblicazioni, negando i compensi, sottraendo-si a un rapporto collaborativi con il collega ester-no, continuando a commissionare lavoro pursapendo che la propria azienda è in fase di liqui-dazione o prossima al fallimento, così ingan-nando il collaboratore, offrendo compensi ver-gognosi e poco rispettosi del decoro e delladignità dell'intera categoria”.

La “legge Biagi”problema soffertoDalla relazione del dott. Salvatore Gentile(Studio Marcianesi & Partners).Nel corso del 2004, le richieste di informazionisono state numerose come di consuetudine,infatti si può ritenere che i contatti sia mediantecolloqui telefonici che attraverso incontri perso-nali, abbiano superato 1.200. Nel corso di taleanno, l’aspetto che ha maggiormente interes-sato i giornalisti è stato l’impatto che ha prodot-to la nuova normativa prevista dalla legge n. 30del 14 febbraio 2003 (riforma Biagi).Per completezza informativa va segnalato chela riforma Biagi si applica ai pubblicisti ma nonai giornalisti professionisti, in quanto il comma3 dell’art. 61 Dlgs 276/2003 sancisce che“sono escluse le professioni intellettuali perl’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizionein appositi albi professionale”. Nel caso deigiornalisti tale norma si riferisce esclusivamen-te ai giornalisti professionisti, e non ai pubblici-sti (che svolgono attività giornalistica, ma nonla professione giornalistica). Al fine di agevola-re tutti gli iscritti nell’applicazione della norma-tiva in esame si riportano di seguito i requisitiminimi del contratto a progetto:• Forma scritta.• Indicazione della durata del rapporto di colla-

borazione e del progetto.• Il corrispettivo e i criteri usati per la sua quan-

tificazione.• Descrizione e definizione del progetto.

Relazione dei consiglieri (responsabili dell’Urp)

LE RELAZIONI“POLITICHE”

ASSEMBLEA

DE

GLI ISCRITT

I

2005Circolo

della Stampa

giovedì 24 marzo

Bilanci

esperienze

e prospettive

5ORDINE 4 2005

Relazione del Collegio dei revisori dei conti letta dal presidenteGiacinto Sarubbi.

Il Collegio dei revisori dei conti, composto dai giornalisti EzioChiodini, Marco Ventimiglia e Giacinto Sarubbi, in conformità aldisposto di legge, presenta la propria relazione sul conto consun-tivo per l’esercizio 2004 e sul bilancio preventivo 2005.I membri di questo Collegio hanno proceduto ad una accurataanalisi e verifica di tutte le poste in entrata e in uscita, controllan-do l’inerenza e la correttezza della documentazione contabilepresentata.Sono sempre state effettuate le verifiche trimestrali con puntualitàe sono stati ottemperati gli obblighi di legge relativamente all’at-tuazione di tali verifiche, in particolare i revisori hanno procedutoal controllo sulla tenuta della contabilità ed al controllo dell’ammi-nistrazione.Nel corso degli incontri trimestrali, così pure come in alcuneriunioni del Consiglio, il Collegio dei revisori ha monitorato la situa-zione finanziaria, invitando il Consiglio ad una gestione prudentee finalizzata alla tutela del patrimonio degli iscritti.

Anche dalle verifiche di cui sopra è emerso quanto segue:

■ entrate per € 2.712.207,00di cui le più importanti:

■ quota di iscrizione € 1.953.754,00■ diritti di segreteria € 119.218,00■ aggi su quote CNOG € 160.598,00■ corso praticanti e uff. stampa € 166.472,00■ esami praticanti € 67.569,00■ tassa iscrizione albo per € 88.765,00■ pubblicità Tabloid € 33.754,00

■ uscite ammontanti a € 2.705.516,00di cui le più importanti sono:

■ quote competenza CNG € 1.070.651,00■ spese pubblicazione tabloid € 174.233,00■ spese iniziative culturali € 277.208,00■ spese per il personale € 423.558,00

ed un avanzo di gestione pari a € 6.691,00

È da rilevare inoltre che i crediti verso gli iscritti per gli anni dal1998 al 2004 ammontano a € 244.346,00.Il Collegio dei revisori dei conti sottolinea come nel bilancio sianostati al 31/12/2004 accantonati i seguenti fondi istituzionali:

F.do iniziative culturali € 50.000,00F.do aggiornamento professionale € 969,65F.do attività editoriali € 69.387,76F.do DPR 445/00 € 200.000,00F.do condono quote € 4.052,21F.do adempimenti pluriennali € 97.715,47

TOTALE FONDI ACC.TO € 422.125,09

ai quali va aggiunto l’avanzo dell’esercizio in corso (euro6.691,00).

Il Collegio dei revisori ha, inoltre, controllato la rispondenza deidati di bilancio con i saldi effettivi esistenti sia in cassa che pres-so le banche, riconciliandoli trimestralmente e a fine anno.

Il Collegio precisa che il bilancio preventivo 2005 prevede specifi-catamente un accantonamento per spese rinnovo Consiglio Ordi-ne (elezioni 2007) pari a euro 65.000 e che è stato redatto sullabase del consuntivo 2004, dei dati e delle informazioni disponibiliad oggi, ispirandosi al principio della prudenza.

Il Collegio dei revisori pertantoinvita

l’Assemblea ad esprimere voto favorevole al conto consuntivo2004 ed al bilancio preventivo 2005.

Il Presidente del Collegio dei revisori: Giacinto SarubbiIl Revisore: Ezio ChiodiniIl Revisore: Marco Ventimiglia

Giacinto SarubbiPrimo accantonamento (65mila euro)per le elezioni del 2007

Relazione del Collegio dei revisori dei conti

Alberto ComuzziDall’utilizzazione avanzata dell’informatica e del web verranno i futuri tagli alle speseSignor presidente, colleghe e colleghi, sottopongo allavostra attenzione il conto consuntivo 2004 e il bilanciopreventivo per il 2005.

BILANCIO CONSUNTIVO 2004Per quanto riguarda il bilancio consuntivo qui di seguitodarò ampia spiegazione delle voci di bilancio

Le entrate totali ammontano a € 2.712.207,00Le uscite totali ammontano a € 2.705.516,00avanzo di esercizio pari a € 6.691,00ENTRATELe entrate ammontano appunto a € 2.712.207,00 e sonoallineate con quelle del precedente esercizio. La voce piùconsistente è data dalle quote di iscrizione per un importopari a € 1.953.754,00 così suddivise:€ 1.631.174,00 (prof.-pubb.-prat.) e € 322.580,00 (elenco speciale).I diritti di segreteria hanno fatto registrare entrate per €119.218,00 circa, sempre in linea con quelli dell'esercizioprecedente. II totale delle tessere Alitalia ammonta a € 9.20,00, mentre il totale delle tessere FF.SS. è di €18.056,00.Per l'anno 2004, gli interessi attivi ammontano a €

10.212,00 di cui € 8.360,00 derivanti dalla Gestioneportafoglio affidato alla Banca Intesa Bei.I crediti (anni dal 1998 al 2004) verso gli iscritti ammonta-no a € 244.346,00 circa. Nel corso del 2005 le esattorieprovvederanno a notificare le cartelle esattoriali agli iscrit-ti morosi.

USCITELe uscite ammontano a € 2.699.016,00; la voce più rile-vante è relativa alle quote di competenza Cnog è pari a €1.070.651,00.L'affitto degli uffici, comprensivo di spese condominiali,ammonta a € 95.668,00 circa.Per la convocazione dell'assemblea del 25 marzo 2004sono state spese per l'invio delle lettere di convocazione(per posta prioritaria al posto delle lettere raccomandate) € 16.057,00 circa con un risparmio di almeno 32milaeuro. A seguito di un’istruttoria condotta dal presidente, ilConsiglio ha deciso unanime, con delibera del 23febbraio/22 marzo 2004, di utilizzare il nuovo strumentodella posta prioritaria in luogo delle tradizionali raccoman-date per la convocazione dell’assemblea dei bilanci appli-cando l’articolo 3 del Dlgs n. 382/1944. Le Poste ci rila-sciano distinta sull’inoltro delle lettere così come avvenivacon le raccomandate. La linea di Milano è stata seguitada altri Ordini. Altre amministrazioni pubbliche (Istruzione,Interno, Inps, Inail) utilizzano la posta prioritaria al postodelle raccomandate. Si risparmiano così almeno 32.000euro per assemblea.Il Consiglio con il conforto di un parere legale (firmato dalprof. avv. Giuseppe Minieri) intende seguire questa lineaanche in futuro. Va detto che “l’Ordine professionale nonè tenuto a munirsi della prova della ricezione degli avvisida parte di tutti i destinatari, dovendo viceversa provaresolo che gli avvisi personali della convocazione sianostati, almeno, inviati agli iscritti” (Cons. naz. Forense,28/12/2001, n. 307 – fonte Rass. Forense, 2002, 317).La delibera, come già detto, votata all’unanimità dalConsiglio è stata ratificata all’unanimità dall’Assembleadegli iscritti all’Albo tenutasi il 25 marzo 2004 al Circolodella Stampa di Milano.Ancora nel capitolo che riguarda il contenimento dellespese postali va ricordato che il Consiglio intende prose-guire lungo la strada intrapresa stipulando un contrattocon Posteitaliane per quanto riguarda la cosiddetta“postemail certificata AR”… Si tratta di un servizio checonsente di inviare via Internet messaggi e allegati, garan-tendo sicurezza, identificazione del percorso della comu-nicazione e certezza che il messaggio sia stato ricevuto eaperto. La sicurezza della trasmissione del messaggio edegli allegati è garantita dal protocollo SSL (spazio stan-dard sulla linea). La certezza che il messaggio elettronicosia giunto a destinazione è data da una notifica (conevidenza di data e ora) al destinatario, il quale può deci-dere di accettarlo o rifiutarlo.Le direttive dello Stato hanno delineato la posta elettroni-ca certificata come sistema più adatto per le comunica-zioni tra Pubbliche amministrazioni, nonché tra queste ulti-

me e i cittadini.Tenuto conto che dal mese di giugno 2004ad oggi sono stati spesi per l’invio della corrispondenzacirca 37.000 euro e che il costo del servizio prevede ilpagamento di un canone annuale, che da 6 a 10 utenzeè di euro 142 + Iva, si comprende subito l’entità del rispar-mio.

Le spese legali-notarili ammontano a € 27.946,00 circa;le spese di trasporto e spedizioni ammontano a €

12.183,00.Il gratuito patrocinio per l'assistenza legale ammonta a €19.930,00 quello fiscale ammonta a € 7.586,00.Nel corso dell'anno 2004 in conformità a quanto dispostodal al DPR 97 del 2003, l'Ordine dei giornalisti si è dotatodi una contabilità economica finanziaria.Fra le spese non ricorrenti segnaliamo quelle per il traslo-co ammontate a circa € 20.000. oltre le spese per leelezioni – attinte al fondo adempimenti pluriennali – chesono risultate, in dettaglio:affitto sale € 30.273,60servizio banqueting € 20.167,68varie + cancelleria € 7.220,64notaio € 10.320,00compenso scrutatori € 62.246,65rimborso scrutatori € 1.195,75spese postali € 13.707,56

TOTALE € 145.131,88

L'Ordine dei giornalisti, nel corso del 2005, compatibil-mente con le risorse disponibili, intende rafforzare ulte-riormente la biblioteca dedicata al giornalismo, ricca di4.500 volumi e di oltre mille tesi raccolte dal 1999, annod’istituzione, appunto, del Premio sulle tesi.Sempre per l’anno 2005 l'Ordine ha richiesto agli iscrittiun contributo straordinario e una tantum destinato per laAFG / IFG di € 205.000,00. S’è trattato di un provvedi-mento volto a salvare la nostra scuola, che nel corso del2005 riceverà dalla Regione contributi destinati a coprireappena il 61 per cento dei costi.Inoltre sono previste, per il corrente anno, spese per €11.000,00 per la stampa di un libro su Walter Tobagi (Lastoria del sindacato dei giornalisti da Francesco DeSanctis a Walter Tobagi) da prelevare dal fondo attivitàeditoriali. La stampa del libro sarà curata dalla casa editri-ce Echeiwiller e prevede la consegna all’Ordine di 1600copie. Il consiglio ha anche deciso di stampare, conScheiwiller, un vecchio libro (edizione 1945) di MarioBorsa, La libertà di stampa, con prefazione di SergioRomano e un saggio di Walter Tobagi su Mario Borsa(Mario Borsa giornalista liberale. Il Corriere della Sera ela svolta dell’agosto 1946, in Problemi dell’Informazionen. 3 del luglio-settembre 1976).Il costo per 1600 copie è di 11.000 euro. In questo modoil Consiglio ha inteso onorare la memoria di Walter Tobaginel XXV anniversario dell’assassinio, che cade il 28maggio prossimo. Quel giorno verrà scoperta una targa invia Salaino, dove il collega è stato ucciso.Sempre nel 2005 per gli adempimenti di cui al DPR445/00, sono previste spese per € 50,000,00 euro circa,che verranno prelevate sempre dal relativo fondo.

A fine anno i fondi accantonati erano così composti:F.do iniziative culturali € 50.000,00F.do aggiorn.to professionale € 969,65F.do attività editoriali € 69.387,76F.do DPR 445/00 € 200.000,00F.do condono quote € 4.052,21F.do adempim.pluriennali € 97.715,47

TOTALE FONDI ACC.TO € 422.125,09

Propongo di devolvere l’avanzo di gestione a incrementodel fondo di aggiornamento professionale e vi chiedo diapprovare il conto consuntivo 2004 e il bilancio di previ-sione 2005.Ringrazio tutto il personale dipendente che ha contribuito,con impegno e professionalità, al buon andamento delnostro Ordine e voi colleghi per l’attenzione prestata.

Alberto Comuzziconsigliere tesoriere

Relazione del consigliere tesoriere

LE RELAZIONIFINANZIARIE

6 ORDINE 4 2005

LE SCUOLEDI GIORNALISMO

ASSEMBLEA

DE

GLI ISCRITT

I

2005Circolo

della Stampa

giovedì 24 marzo

Bilanci

esperienze

e prospettive

Massimo DiniUna Scuola di giornalismo di alto livello destinata a svolgere una funzioneessenziale nella formazione dei nuovi cybergiornalistiImmaginiamo che un passeggero, appenaatterrato, stia cercando la via di uscita dall’ae-roporto di un Paese lontano, che visita per laprima volta. Conosce solo l’Italiano, non sadecifrare gli ideogrammi della lingua locale eneppure le scritte in lingue europee diversedalla propria. Che fare? Può cavarsela solo auna condizione e cioè che la segnaleticadell’aeroporto sia chiara e precisa. Uso questasemplice metafora per esprimere due concettialtrettanto semplici. Primo: la realtà che ciavvolge (l’aeroporto) è sempre più complessa,sovraccarica di segni e conseguentementesempre meno codificabile.Secondo:una scuo-la deve porsi come primo obiettivo quello difornire agli allievi una segnaletica il più possibi-le ordinata di questo mondo labirintico dove trala disarticolata congerie di Internet e il disordi-ne della vita vera sembra sussistere un rappor-to speculare.Principio ovvio, anche se non sempre appli-cato. Meno ovvia è l’idea che questo ordine, amaggior ragione, deve ispirare e guidare ilprogramma didattico di una Scuola di giornali-smo polivalente dove carta stampata, radio,televisione, agenzie, on line e uffici stampahanno pari dignità. Essendo stato chiamato direcente a dirigere l’Istituto Carlo De Martino,l’Ifg, che tutti per il suo consolidato prestigioconoscono come la Scuola di giornalismo diMilano, insisto su questo punto. Ormai tuttocorre a velocità digitale. Corrono le informa-zioni, le immagini, gli scenari politici e cultura-li, la scienza e la tecnologia a ogni livello e inogni settore. E dato che i media, per definizio-ne, sono consacrati alla rappresentazionediretta, spesso in tempo reale, dei fatti è deltutto naturale che abbiano bisogno di profes-sionisti della “cultura a cronometro”, capaci diraccontare in tempi rapidi una contempora-neità che accelera e muta costantemente. Ilritmo dei giornali, delle tv, delle radio nonconcede tuttavia pause per elargire insegna-menti. Così è stato e così è in un presente chemai come oggi tende a proiettarsi nel futuro.

Questa è la ragione essenziale per la qualeuna Scuola di giornalismo di alto livello, checoniughi l’esercitazione pratica con la lezioneteorica, appare destinata a svolgere unafunzione essenziale, sempre più importantenella formazione dei nuovi cybergiornalisti.Spetta dunque alla direzione dell’Ifg fare sìche gli allievi, peraltro selezionatissimi, sfrutti-no questa occasione unica di imparare ilmestiere avendo come guida un corpo docen-te paziente, rigoroso, di indiscusse qualitàprofessionali, costituito da giornalisti e profes-sori universitari. Va da sé che tutti devono(dobbiamo) lavorare fianco a fianco, in unsistema organico, avendo ben chiaro l’obietti-vo finale: disegnare una segnaletica lineareche, a conclusione del biennio, consenta agliallievi di orientarsi agevolmente nello sfaccet-tato universo mediale dove parole e immaginifluiscono con la rapidità dei bits.Sulla carta può sembrare un compito relativa-mente facile. Non è così. Anche la Scuola, lanostra Scuola, deve aggiornarsi, fare unesame di coscienza e, laddove sia necessario,correggere la rotta. I mezzi informatici e tele-matici devono essere rinnovati per essere alpasso con l’era multimediale. Importante è nondare accelerate improvvise per quanto riguar-da la didattica. Sarebbe pericoloso rincorrere ilnuovo in modo affannato, così come sarebbealtrettanto pericoloso cedere all’inerzia. Inquesto senso, comunque, non occorrono acro-batici voli pindarici. Il modello didattico delmaster universitario, con gli aggiustamentisuggeriti dalle peculiarità della professionegiornalistica, offre ormai un punto di riferimen-to stabile e ineludibile. È necessario altresì cheanche gli allievi, fin dal primo giorno dei corsi,prendano coscienza che la loro preparazioneculturale è un humus prezioso, il patrimonio alquale potranno attingere in ogni istante duran-te il loro viaggio nell’universo parallelo del gior-nalismo.Per il resto è necessario non dimenticare maiche la strenua difesa di alcuni valori primari,

grazie al suo fondatore e alle direzioni seguen-ti, hanno costruito il prestigio della Scuola digiornalismo di Milano. E sono valori, a iniziaredall’etica e dalla deontologia dell’informazione,che non cambiano, non devono cambiare eche anzi dovranno essere fortemente consoli-dati proprio in anni durante i quali la credibilitàdella professione viene messa a rischio dallamarcata tendenza alla faziosità, a perdere divista quello che era e resta il compito del gior-nalista, anzi che dovrebbe costituire la suanaturale vocazione: la ricerca della verità. Inuti-le sostenere la necessità di una “certificazionedi qualità” per i prodotti mediatici se poi siconsente che gli allievi della Scuola accantoni-no questo principio che non è pura astrazionebensì un pre-requisito, umile eppure impre-scindibile, per chi aspiri a inoltrarsi nella terraincognita della comunicazione.In questa ottica, per combattere il virus dellafaziosità, è di cruciale importanza non perderedi vista i parametri europei ai quali si confor-meranno sempre più profondamente la nostraidea di cultura e il nostro stesso modo dipensare. Sia chiaro: queste coordinate nontracciano perimetri insormontabili. Al contrariohanno già allargato la curva del nostro oriz-zonte culturale. Oggi viviamo in due mondiconcentrici: nel nostro Paese e contempora-neamente in un Paese molto più grande,l’Unione Europea. Una Scuola di giornalismoche intenda conservare e, se possibile, raffor-zare il proprio prestigio non può ignorarequesta nuova dimensione.Lo spirito europeo (intrecciato alla globalizza-zione come le trame di un canestro) si riflettesul piano didattico e impone alla Scuola, perlimitarsi a un solo esempio, di avviare unostudio comparato dei media internazionali dalpunto di vista dei contenuti, dei linguaggi, dellenuove forme di design e architettura dell’infor-mazione. Il raffronto non è un mero espedien-te per mostrare agli allievi “come sono fatti igiornali degli altri”. Si prefigge uno scopo benpiù elevato: affinare il loro spirito critico, farcapire che la complessa realtà attuale deveessere analizzata attraverso una molteplicitàdi prospettive e può quindi essere resa acces-sibile ai lettori in modo equilibrato solo se la sifa ruotare nella mente come una sorta diologramma la cui percezione varia a seconda

del punto di osservazione. Una ragione di piùper intensificare la tradizione degli incontri edegli interventi all’interno della Scuola con illu-stri esponenti della cultura, umanistica escientifica, provenienti da Paesi occidentali enon.Naturalmente ci sarebbero tanti altri argomentisui quali riflettere, dall’interpretazione dellasocietà multietnica alla rivoluzione del digitaleterrestre. Il ventaglio delle materie, inoltre, saràallargato dando più spazio al sapere scientifi-co e tecnologico che condiziona la nostra vita,urbana e interiore, e conseguentementepervade i media. Lo spazio assegnatomi nonconsente altri chiarimenti. Ci sarà tempo emodo per farlo. E tuttavia mi sia consentitaun’ultima osservazione. Un altro degli obiettiviessenziali dell’Ifg sarà quello di far crescere lapropositività degli allievi. Sa di luogo comune,è vero, ma come sanno per esperienza direttamolti colleghi, talvolta le riunioni di redazionelanguono per carenza di proposte o almeno diproposte con un “taglio” originale che consen-ta di approfondire la conoscenza di fatti notima che, affrontati da angolazioni particolari,mostrano risvolti inediti.Ecco perché mi sembra opportuno chiuderecon una citazione tratta da un libro recente, Lamorale dei giornalisti, firmato da Claude-JeanBertrand, professore emerito all’InstitutFrançais de Press: “La pigrizia, la ripetitivitàdella burocrazia, la mancanza di immaginazio-ne generano la routine: si coprono sempre glistessi settori, si dà attenzione agli stessi feno-meni, si pubblicano i comunicati stampa, siconsultano sempre gli stessi sedicenti esper-ti”. Rispetto delle regole (etiche, deontologiche,giuridiche), apprendimento dei linguaggi edelle tecniche della comunicazione, sviluppodella facoltà immaginativa.È questa, a mio avviso, la segnaletica prima-ria che, combinandosi con una fase succes-siva di esplorazione metodica e specialistica(abbinata alle prime prove “sul campo” pilo-tate dai tutor), consentirà agli allievi del pros-simo biennio, come è avvenuto ai tanti deicorsi precedenti, di trovare facilmente la stra-da per uscire dal piccolo-grande aeroportodi via Fabio Filzi 17 e introdursi nella proble-matica ma affascinante città-ragnatela delgiornalismo.

Relazione del direttore dell’Ifg “Carlo De Martino”

Giuseppe Antonio Barranco di Valdivieso, presidente

associazione “Walter Tobagi”per la Formazione

al Giornalismo.Nelle altre foto di questa pagina

i ragazzi delle scuole di giornalismo all’assemblea.

7ORDINE 4 2005

Giovanni PuglisiUna scuola che coltiva la cifradell’innovazione intesa comeformazione ai vecchi e nuovi mediaCari colleghi, cari amici, caro presidente,sono lieto di partecipare all’assembleaannuale dell’Ordine dei giornalisti dellaLombardia, che ha ancora al suo centroproprio l’incontro tra i veterani della profes-sione, premiati con la medaglia per icinquant’anni d’iscrizione all’Ordine, e igiovani, le nuove leve appena entrate nelleScuole di giornalismo riconosciute dall’Or-dine.Non ho certo bisogno di sottolineare l’im-portanza della formazione al giornalismonella città che quasi trent’anni fa ha avviatola prima scuola italiana.Noi siamo giovani, la nostra scuola è giova-ne, dato che ha aperto i suoi corsi e la suaredazione tre anni fa. Ma credo di poteresottolineare che proprio la nostra presenza,accanto all’Ifg Carlo De Martino e alla scuo-la dell’Università Cattolica, rilancia e conso-lida il ruolo di questa città nell’ambito nazio-nale.Milano è stata la prima città a creare unascuola di giornalismo, Milano è oggi la cittàitaliana ad avere, come Roma, tre scuoledi giornalismo. Milano, dunque, continuaad essere laboratorio avanzato e d’avan-guardia per la formazione dei giovani gior-nalisti.Tre scuole, e tre modelli diversi per ordina-mento istituzionale e percorsi formativi,sono davvero un laboratorio. Unificati dalrispetto del Quadro d’indirizzi dettato dalConsiglio nazionale dell’Ordine, apparentatidalla comune appartenenza allo stessoConsiglio regionale, quello lombardo, questitre istituti di formazione rappresentanocertamente una ricchezza che va ricono-sciuta e coltivata.Per parte nostra, coerentemente agli indi-rizzi complessivi della nostra Università,abbiamo cercato di costruire una cifradistintiva attorno a due, tre elementi di sicu-ro rilievo. Come ogni altra scuola nonpossiamo che partire dalla base dell’ap-prendimento giornalistico: dalla cronaca,dalle notizie, dall’insegnare come ricono-scerle, verificarle, scriverle. Tutto questo,com’è ovvio, va da sé. A questa base comu-ne abbiamo legato l’impegno di costruire uncorpo docente che ormai va consolidandosinegli anni di ottimi professionisti, chesappiano essere anche ottimi didatti: in ordi-ne sparso e, chiedendo scusa delle dimen-ticanze, vi ricordo i nomi di GiancarloSantalmassi, Milena Gabanelli, GabrieleTacchini, Giuseppe Di Piazza, Piero Scara-mucci, Sandro Petrone, Luca De Biase,Fabio Ventura, Enrico Ragazzoni, BrunoLuverà, Giorgio Lonardi, naturalmente Fran-co Abruzzo, e poi il nostro caporedattoreIvan Berni.A questi e agli altri docenti abbiamo chiestodi impegnarsi a fondo sul carattere, sulcuore dell’insegnamento che è l’innovazio-ne tecnologica.E non certo l’innovazione per modernismo,o fine a se stessa, ma l’innovazione intesacome una formazione completa ai nuovi evecchi media, perché i nostri ragazzi esca-no dalla scuola capaci di declinare notizie eanalisi giornalistiche in tutti i modi chepossono rispondere ai bisogni d’informazio-ne di una società complessa ed evoluta. Lenotizie per sms, come la breve di nera, icanali televisivi all news come il settimanaleo il periodico locale, il giornale radio come

la costruzione di un sito web. È su questaplurimedialità e sulla capacità di coltivarespecializzazioni tematiche che si giocano lecarte professionali dei giovani giornalisti inun mestiere e dentro un mercato del lavoroche sono certamente difficili, ma offronooggi enormi opportunità a chi sappia pensa-re e praticare l’innovazione.Proprio su questa strada sta l’altra nostracaratteristica che, con la creazione delConsorzio campus Multimedia in formazio-ne, coltiva tanto il versante dell’innovazionee della multimedialità, quanto il versante delrapporto tra Università e impresa.A Campus Multimedia aderiscono, insiemeall’Università IULM, aziende come Media-set, Sky, Gruppo Sole 24 Ore, Mondadori.Altre ancora entreranno nei prossimi anni.Campus multimedia promuove per ora unMaster in management delle aziende multi-mediali in collaborazione con la FondazioneAlmaMater dell’Università di Bologna e ilnostro Master in giornalismo.Attraverso Campus multimedia, da que-st’autunno, gli studenti del secondo annodel nostro Master avranno ha disposizionedue redazioni: quella multimediale in univer-sità, quella completamente digitale nei loca-li messi a disposizione da Mediaset a Mila-no Due. Nella redazione in ateneo gli allievigiornalisti continueranno a produrre il gior-nale, le agenzie, il sito web, il giornale radioe alcune inchieste televisive.Nella redazione a Milano Due produrrannoun Tg e programmi d’approfondimentodestinati ai canali del digitale terrestre, masoprattutto metteranno a punto prodottisperimentali e innovativi destinati a piat-taforme multimediali: dal telefono allo strea-ming in web, dalla tv on demand ai canaliIntranet.Io sono convinto, come abbiamo più voltesottolineato nei nostri interventi in pubblico,e anche in occasione dell’incontro con ilcardinale Tettamanzi, che queste nostreesperienze non vadano conservate gelosa-mente, quasi fossero il tesoro privato dell’U-niversità IULM e del Consorzio CampusMultimedia. Sono convinto non solo che lescuole debbano, come la legge prescrive,essere rigorosamente controllate dall’Ordi-ne, ma che debbano epossano anche condivi-dere i risultati dei lorotentativi d’innovazione.Io lo faccio qui ora,raccontandovi quantoandiamo sperimentando.Ma voglio assicurarvil’impegno mio e deidocenti del Master Iulmnel creare occasioni diconfronto e scambio coni colleghi delle altre scuo-le milanesi, perché –come ho detto all’inizio –tutti capiscano che Mila-no è capitale dell’editoriaed anche, vorrei diresoprattutto, capitale dellaformazione al giornali-smo, come l’Ordine lom-bardo ha meritoriamentecompreso aprendo que-st’assemblea annualealla presenza delle suescuole.

Relazione del rettore dell’Università Iulm e direttore del Master in giornalismo

Relazione del condirettore per la didatticadel Master biennale in giornalismodell’Università Cattolica di Milano

Walter Passerini Giornalismo,bisogna tornare ai fondamentaliQUANDO 3 X 3 PUÒ FARE… 10. GIOR-NALISMO, LA PROFESSIONE PIÙ AMATADAI GIOVANI. Non se la passa troppo bene,ma resta la professione più amata daigiovani. Il giornalismo vive un momento diriflessione, di forte drammatizzazione e di“rivoluzione”. Di riflessione, etimologica-mente, che può trovare prospettive nuovenon rinchiudendosi nella fortezza dellevecchie certezze ma aprendoci alla sfide.Di drammatizzazione, perché la guerra è ilmomento spesso più alto ma anche piùtragico di una professione che trova sulcampo la sua identità (56 giornalisti uccisinel 2004). Di rivoluzione per quel che stacapitando nei quotidiani, ma non solo, conl’avvento di nuove formule che, dietro l’ap-parenza della razionalità tecnologica,nascondono opportunità e insidie.

I tre saperi minimi necessariNon si tratta di rifondare ma di ricordare e,semmai, di ri-tornare. Dove? Ai fondamen-tali. Nella Scuola di giornalismo dell’Univer-sità Cattolica di Milano si parla spesso, e sicerca di mettere in pratica, la teoria dei tresaperi necessari. Sarà perché viene dalontano (le origini risalgono al 1961, quan-do il filologo e storico del teatro, Mario Apol-lonio, fondò la Scuola superiore di giornali-smo e mezzi audiovisivi, oggi Master bien-nale in giornalismo, con 20 studenti ognianno).Sarà per l’ambizione di voler sempre faresistema (il Master in giornalismo è oggiinserito nell’Alta scuola in media, comuni-cazione e spettacolo, che offre altri seimaster e dottorati di ricerca). Sarà per ilvezzo dei semiologi, abili a coniare defini-zioni, e per la presenza mista di docentiuniversitari e di noti professionisti dellacarta stampata e delle radio-Tv. Sarà perquel mix di soggettività e di istituzione cheda sempre la caratterizza e che è parteintegrante del suo Dna, ma la formula deitre saperi rappresenta ancora oggi unabussola utile. La premessa culturale è che ilgiornalismo è una professione e non solo

un mestiere, che il giornalismo ha unadeontologia stabilita dalla legge sull’Ordinee che il giornalista è un comunicatore ma ditipo diverso dagli altri comunicatori. Uno deidifferenziali sta proprio nel tentativo di tene-re insieme nell’offerta formativa i tre saperi:i saperi pratici (su cui la Scuola ha prodottoinnovazioni importanti), i saperi, senzaaggettivi (le conoscenze fondative necessa-rie e una buona cultura di base), e i sapericritici (la chiave di lettura degli avvenimentie la qualità dell’interpretazione, ricordandoche il giornalista è un professionista maanche persona).

Le tre sfide del futuroÈ con questa visione che il Master affrontale sfide del futuro, che sinteticamente, tra letante, possono essere ridotte a tre. Laprima sfida è la capacità di corrispondere auna domanda e a una forte aspirazione cheviene dai giovani, che desiderano diventaregiornalisti. Si tratta oggi di ragazzi conlaurea, ma più giovani che in passato.Tecni-camente spesso dotati, ma socialmente ecriticamente qualche volta meno attrezzati.La sfida vera è come accompagnarli allaprofessione, che desiderano e che spessomitizzano, senza creare delusioni, mafornendo quel che davvero serve, rispettan-do sempre il patto formativo, senza produr-re uniformità e conformismi, ma dotandolidi forte spirito critico. Senza nascondereche il mercato, troppo spesso mitizzato,rappresenta un impatto forte sulle condizio-ni in cui si svolge oggi la professione,schiacciata tra assunzioni regolari colcontagocce, collaborazioni esterne, undestino da free lance e le sirene dellepubbliche relazioni. La seconda sfida èquella del rapporto ambiguo tra informazio-ne e pubblicità. L’invadenza del marketing edella pubblicità è sotto gli occhi di tutti.Vanno ristabilite le regole, che restano quel-le della netta separazione e della reciprocaautonomia.Un male oscuro pervade le redazioni:speciali, redazionali, “marchette” convivonocon la produzione delle notizie, in unamacedonia non sempre invitante. A ciascu-no il suo mestiere e la sua professione.Sapendo che ciò che tiene in piedi un gior-nale è il rispetto, nella separazione, di tutti.E che il peso di pubblicità e dei cosiddettiprodotti collaterali è oggi in termini di ricavinettamente al di sopra dei ricavi da venditee da copie. La terza sfida è l’accennata“rivoluzione” in corso. La chiamano “fullcolor”, ma il colore è solo una parte.La chiamano “all in”, che significa tuttodentro un unico dorso, ma non è tutto. Disicuro è una trasformazione che cambierà iquotidiani. Per molti sarà il tramonto deidorsi, dei supplementi e della segmentazio-ne dei target. Avremo modo di riparlarne,perché vivremo in diretta, insieme ai nostriaspiranti giornalisti questa rivoluzione. Saràuna trasformazione produttiva, organizzati-va, tecnica, grafica e cromatica, ma anchenei linguaggi, nei modi di scrivere e nelladislocazione del potere. Come sempre lesfide sono un insieme di rischi e di opportu-nità. Siamo convinti che queste ultimeprevarranno sui primi.

8 ORDINE 4 2005

MEZZO SECOLONELL’ORDINE

ASSEMBLEA

DE

GLI ISCRITT

I

2005Circolo

della Stampa

giovedì 24 marzo

Ventuno

medaglie

d’oro

AndreinaAiraldi Pinotti “Ho sempre amato questo modo di lavorare,questo modo di vivere, questa professione”.Andreina Airaldi Pinotti ha ottantatré anni, ericorda con calore e nostalgia la sua vita dagiornalista, forse abbandonata troppo presto.Nata il 5 novembre del 1921 a PorrettaTerme, in provincia di Bologna, Pinotti svilup-pa la passione per questa professione fin dagiovane.Dopo una prima esperienza a Brescia, lasvolta avviene nel 1946, quando vieneassunta come praticante presso la redazio-ne milanese del quotidiano l’Unità, alloraorgano del Partito Comunista Italiano.Dopo i diciotto mesi di praticantato arriva ilcontratto a tempo indeterminato. Vi resteràfino al 1962, quando si apre per lei la secon-da svolta della sua vita: la nascita della figlia,quando ormai aveva 41 anni. Da qui la scel-ta di lasciare la vita di redazione, per dedi-carsi completamente alla sua piccola.Ma l’amore per il giornalismo non la ha maiabbandonata. L’ha coltivato dentro di sé,continuando a studiare e a informarsi, ededicandosi, quando poteva, a scrivere qual-che articolo.E ancora oggi, a ottantatré anni, ha vivo ilricordo di una vita che avrebbe voluto conti-nuasse, a cui ha dovuto rinunciare permetterne al mondo un’altra. G.M.C.

GiovanniCesareoÈ una carriera movimentata quella di Giovan-ni Cesareo. Attività diverse, una passionecostante: l’inesauribile curiosità per le cose, ifatti, il mondo.Le radici in Sicilia, a Palermo, dove nasce nel1926. Il lavoro a Roma e a Milano. Nel 1948l’iscrizione al Pci e le prime collaborazioni conla terza pagina dell’Unità dove, due anni dopo,viene assunto come praticante. La svolta è nel1953, quando diventa capocronista dellaredazione romana. Quindi passa al settima-nale Noi donne: “Un’esperienza bellissima”che sfocia in un libro, La condizione femmini-le. Nel 1961 torna all’Unità come critico televi-sivo, collaborazione che continua anche dopole dimissioni dal quotidiano nel 1969.Da quell’anno si dedica a nuove iniziative: Sé,supplemento di Abitare; un nuovo libro, Anato-mia del potere televisivo; quindi le rivisteSapere e Ikon. E ancora, dopo l’uscita dal Pcinel 1981, la fondazione di Se – Scienza espe-rienza, le collaborazioni alle trasmissioni RaiMediamente e Parlato semplice. Fino all’inse-gnamento, con la cattedra di Sociologia dellecomunicazioni di massa all’Università di Tori-no e poi al Politecnico di Milano. “Ma sonosempre rimasto un cronista: ciò che più mipiace è scrivere e, soprattutto, guardare eanalizzare i fatti. Insomma, fare inchieste, insenso lato”. E.B.

Nicola FudoliDella sua lunga carriera che lo ha portato aviaggiare per tutto il mondo, sono due imomenti che Nicola Fudoli definisce “esal-tanti”. Innanzitutto, l’esperienza alla Gazzet-ta del Sud come responsabile della redazio-ne all’inizio degli anni ’60. “Tempi in cui AldoMoro era segretario della DemocraziaCristiana e là, in provincia, la Dc stavatentando l’apertura a sinistra”. E tempi in cuiquesto professionista nato a Ciminà (RC) sitrovava a “interpretare il pensiero dei lettori,esponendosi politicamente”, fino a doverlasciare il giornale che ha segnato il suoesordio.Quindi la chiamata a Milano, quella “irresisti-bile e irrinunciabile” per uno che è “nato gior-nalista”: quella a lavorare con e accanto aIndro Montanelli nella fondazione del Gior-nale, nel 1974. Al “giornale dei giornalisti” hasvolto incarichi agli esteri, prima di diventareresponsabile del settore “Turismo e viaggi”.Anni di lavoro intenso, dei quali ricorda leserate dopo la chiusura, quando tutta laredazione si raccoglieva in cerchio attorno almaestro “per ascoltare i suoi racconti,pendendo dalle sue labbra”.Quindi la pensione nell’87 e la decisione dicreare il Centro del Turismo di Milano, dovesi occupa delle pubblicazioni. Oggi dirige ilsito Internet ViaggiVacanze.it e, sempre peril turismo, collabora con Chi. A.S.

Emilio Fede“Non sarò presente alla cerimonia dellaconsegna delle medaglie d’oro ai colleghi chehanno onorato la categoria con 50 anni diimpegno, sacrificio, onestà morale e profes-sionale”: lo scrive Emilio Fede al presidentedell’Ordine dei giornalisti lombardi, FrancoAbruzzo, spiegando di non condividere “certimomenti della gestione del Consiglio regiona-le della Lombardia che è arrivato, perfino, aparteciparmi un avvertimento che interferiscenelle norme inviolabili ancora del rapporto fradirettore e redazione”.“Io sono testimone – spiega Fede nella lettera–, come tanti altri colleghi, di una storia straor-dinaria della nostra categoria. Sono stato,sono, e morirò cronista. Sono stato nel sinda-cato con il Cdr del Tg1. Sono stato nell’esecu-tivo dell’Ordine nazionale dei giornalisti emembro della Commissione cultura. Conti-nuerò a offrire di me stesso il massimo impe-gno perché altri, che crescono o in attesa dicrescere, possano trarre motivo di amore perla nostra professione. Più liberi possibile dapolemiche di parte e di partito”. “Vi saluto, viringrazio – conclude Fede – e vorrei che fossetrasmesso un particolare pensiero ai colleghiche sono presenti per questo importantetraguardo. A coloro che non sono più con noi.Ma che rimangono nella storia del giornali-smo”. (Ansa, 23 marzo 2005)

GianfrancoCarmignanoRadio, periodici, agenzie di stampa: la vita diGianfranco Carmignano è come un viaggiofrenetico, sempre in movimento da un’espe-rienza all’altra. Un percorso che si snoda trasuoi progetti e lavori in aziende come Rizzoli eMondadori. Con un unico punto di riferimento:l’interesse per l’economia. In sessant’anni digiornalismo fonda, dirige, collabora con diver-se testate – Staff, Manager, Radio Kelly, ilCorriere Lombardo solo per citarne alcune –cercando sempre di fornire un contributo inno-vativo.Da consigliere dell’Ordine si batte, a fianco diCarlo De Martino (che ricorda come “un otti-mo giornalista e una persona con una caricacontagiosa”) per rendere meno ostico l’acces-so alla professione. È favorevole alla creazio-ne di una scuola dell’Ordine, quella scuola cheè oggi l’Istituto per la formazione al giornali-smo di Milano. Nonostante sia in pensione dasedici anni, Carmignano non ha perso lo spiri-to battagliero di un tempo. Anzi. Con l’aiuto disua moglie si dedica alla edizione di due bime-strali – Private label in Europe e I quadernidella distribuzione – con la stessa tenacia.La sua lezione è chiara, ed è un monito pertutti i giovani che vogliono intraprendere lacarriera, “una passione che si sente da bambi-no” dalla quale non ci si libera più: non si smet-te mai di essere giornalisti. E.B.

Adone CarapezziPer decenni Adone Carapezzi è stato croni-sta e inviato della redazione sportiva del gior-nale radio Rai. “Feci il concorso nel 1946.Iniziai come collaboratore, ma venni assuntoil 1° ottobre 1955. Ero un cane sciolto”. Il fasci-colo dell’Ordine accenna a un “caso Carapez-zi”: la Commissione responsabile non gliconcedeva il praticantato per mancanza dellaquota (un praticante ogni 10 professionisti). Ilproblema si risolse nel 1954.La storia dello sport non è passata solodavanti a Carapezzi, ma anche al suo fianco.“Ho lavorato con De Zan, Ciotti, Martellini,Angela. Dividevo il mio ufficio con BeppeViola”. Con questa compagnia, Carapezziraccontava i grandi personaggi sportivi. “Hointervistato Villoresi e Ascari alla Mille Miglia,Coppi e Bartali al Tour de France. Quello chemi ha colpito di più? Fausto Coppi. Legger-mente gobbo, spallucce strette, il torace apunta. Sembrava fatto per la bici”.Dopo più di tre decenni alla Rai, nel 1982Carapezzi passò a Tele Montecarlo, dove hachiuso la carriera. Testimone di cinquant’anniche hanno segnato la metamorfosi dellosport. “Oggi i ciclisti e i calciatori parlano comelaureati, ai miei tempi c’era il dialetto. E lasemplicità. Un giorno chiesi a Nordhal diraccontarmi un suo gol. «Semplice. Presopalla, guardato porta, tirato, fatto gol»”. S.B.

Liana Bortolon“Sono molto contenta perché è il mio mondogiornalistico a darmi un riconoscimento”.Liana Bortolon accoglie con entusiasmo lamedaglia d’oro per i cinquant’anni di iscrizio-ne nell’albo dell’Ordine. Nata a Feltre, inprovincia di Belluno, è all’Università Cattolicadi Milano che, dopo aver conseguito lalaurea in Lettere moderne, ha appreso i primirudimenti del giornalismo, lavorando comesegretaria editoriale e redattrice di Vita epensiero. Nel 1957 ha iniziato a lavorare perGente come critica d’arte, ma la svolta èstata nel 1959, quando ha lasciato definitiva-mente l’Università per scrivere, sempre d’ar-te, su Grazia. “Ho speso la vita per questaparticolare forma di giornalismo – commen-ta oggi – per comunicare con la gente, noncon un’élite”.Per Grazia Liana Bortolon ha scritto per più ditrent’anni. Anni densi di viaggi e soprattuttod’incontri con artisti, da Mario Mafai a ManRay, da Marc Chagall a Massimo Campigli.Anni contraddistinti dall’attenzione semprerivolta ai lettori. “Ho parlato loro con affetto,entusiasmo e loro hanno ricambiato questoaffetto scrivendo valanghe di lettere. Ancoroggi incontro gente che mi ringrazia perché irudimenti dell’arte li ha appresi grazie alla miarubrica. È come se fosse il mio pubblico –aggiunge infine – a darmi questa medaglia”.

R.C.

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GualtieroMantelliGualtiero Mantelli, Walter per gli amici, è diquei giornalisti concreti ed intellettualmentevivaci che “fanno” il giornale. Non è una firma,non è stato un “grande inviato”, ma la suacarriera si è sviluppata dietro una scrivania.“Mi piaceva fare il giornale, vederlo prendereforma, seguirne le fasi dal menabò alla primacopia ancora calda”.Dietro gli occhiali spessi, lo sguardo è quellosoddisfatto di chi rifarebbe tutto con la stessapassione. Quella che lo ha portato a fare il“cronista del porto”, a cercare la notizia “inquell’aria spessa, carica di sale, gonfia diodori” della Genova di Fabrizio De Andrè. “E’tra quei moli che ho imparato a scrivere equando l’Unità di Genova chiuse, decisi diandare a Milano”.Da piazza Cavour lo sguardo era rivolto all’I-talia intera. Quella degli anni delle grande lottesindacali, degli scontri tra studenti e polizia,delle Br. Il suo era un rapporto privilegiato coni lettori: la rubrica delle lettere, per un decen-nio, dal 1980 al 1990. Dopo la pensione, diffi-cile per Walter troncare i rapporti con il “suo”giornale. Ma alla sua età si può tornare acollaborare. Coltivando, nel tempo “libero”,anche altre passioni. Come i libri, ad esem-pio. “Ho avuto modo di conoscere critici eletterati, che stimavo e stimo, in un rapporto dicollaborazione reciproca”. P.M.

ArmandoMariottoNato a Milano nel febbraio del 1931, Arman-do Mariotto comincia la sua carriera, ancoraventenne, al giornale La Patria. Nel 1954entra in forze come praticante al Corrieredella Sera, dove, passato tra le fila dei profes-sionisti nel ’55, affina al tecnica per altri venti-quattro mesi. Negli anni successivi, Mariottonon si fa mancare nulla: interviste ai campionidello sport per i settimanali sportivi, inchiestedi cronaca nera per Gente e pubbliche rela-zioni per la Sipra e per il Mercato internazio-nale del tessile.E mentre nel Belpaese esplode il boomeconomico, dalle colonne del mensile Quat-trosoldi - dove lavora tra il ’62 e il ’68 comeredattore e caposervizio - Armando Mariottomostra agli italiani cosa fare della loro nuovaagiatezza. È l’era del turismo di massa edella corsa al frigorifero: dalle inchieste sullapulizia dei mari a quelle sugli alimenti, sonomolti i temi curati da Mariotto per la rivistadell’editrice Domus. L’interesse per la tecnicae l’economia lo accompagna anche nellasuccessiva esperienza al mensile economi-co-finanziario Espansione della Mondadori.Qui inizia da redattore, ma diventa benpresto caposervizio e poi redattore capo,grazie ai lavori d’inchiesta e alle interviste ai“grandi nomi” del settore tessile, meccanico,turistico e alimentare. A.C.

Mario Lodi“Sono molto contento e anche onorato diricevere la medaglia dell’ordine per i 50 anniufficiali dell’iscrizione all’ordine”. Ufficialiperché Mario Lodi, classe 1919, non dimen-tica i primi dieci di gavetta passati tra incer-tezze e precariato, tra collaborazioni coi gior-nali di Varese e le corrispondenze per laGazzetta dello Sport, per Tuttosport e per loStadio di Bologna. Erano gli anni a cavallotra il ’40 e il ’50 quando “lasciai il certo perl’incerto abbandonando il campo tecnicodove ero già all’apice per ripartire da zero nelgiornalismo”.Una carriera che Lodi ha vissuto sempre aipiedi del Monte Rosa in quel giornale, laPrealpina di Varese, dove lavorò per 35 annie di cui divenne nel 1960 direttore. Traguardoraggiunto “da solo senza spinte esterne,armato soltanto della ferrea volontà di riusci-ta”. E quel ruolo di responsabilità fu copertoper più di vent’anni, fino al 1983 quandolasciò la direzione per passare all’impegnocivico. Nella sala del Circolo della Stampal’orgoglio personale, l’emozione si accompa-gnano ai ringraziamenti. Quelli per la famigliaa cui dedica l’onorificenza appena ricevuta“perché hanno saputo accettare i miei oraribalordi, sette giorni su sette, festività compre-se. Ma alla fine ce l’abbiamo fatta”. Insieme.Come in un lavoro di squadra. D. C.

Mario Pancera“Cosa provo? Niente…” confessa MarioPancera dopo aver ricevuto la medaglia per icinquant’anni di professionismo. Fedele allasua linea: sincero, asciutto, da grande giorna-lista. Uno che non si è mai fermato. Arte e libri– ne ha scritti 17 – sono le passioni di Pance-ra. Ha cominciato con un racconto sul Popolo,il quotidiano della Democrazia Cristiana, nel1947. Anno 1950, è alla giudiziaria: “Pagato arighe”.Professionista dal ’55, dal ’57 è alla Notte:“Facevo Prima e Terza pagina, e curavo leinchieste”. Esce il primo libro, Gino Bartali. Lamia storia, scritto con il grande ciclista, “uomodi bontà unica ma di cui molti approfittavano”.Nel ’62 lo chiama Rusconi per Gente: lui accet-ta, il rotocalco cresce e insidia Oggi, ma doposei anni va proprio al settimanale Rizzoli.Nel ’69 è redattore capo di Annabella, quindiFamiglia Cristiana, la rubrica “Dizionarietto”su Amica e, nel ’72, il Corriere d’Informazio-ne. Sei anni, e nel ’78 è alla Domenica delCorriere.Nel 1984 è a Salve, pochi mesi. Arte è il perio-dico più adatto a lui. “Fino al ’95, come diretto-re”. Va in pensione, ma non smette: collaboracon La Repubblica e Il Giornale. “Un giornovado alla Stampa, a Milano. Propongo al capodella redazione cultura una rubrica”. E Pance-ra è ancora sulla breccia. A. F.

Gaetano NeriAttraversare piazza Cavour, sgattaiolaredentro la redazione prima del Corriere lombar-do, poi della Notte, scendere le scale cheportano al fracasso della tipografia, stanzonienormi dove più di 600 operai impaginavano ilgiornale. Per 33 anni, dal 1952 al 1985, Gaeta-no Neri, un settantaseienne dai modi affabili ediscreti, ha confezionato i quotidiani del pome-riggio: “Era un giornalismo d’urgenza, confrequenti ribattute”Quando entra per la prima volta come impagi-natore al Corriere lombardo “c’erano sempreparcheggiate tre auto e una moto”. Un filorosso lega la sue personale interpretazione delgiornalismo a piazza Cavour, che ancor oggiospita il palazzo dell’Informazione: “Mi piace-va moltissimo lavorare in tipografia, dove sistava gomito a gomito con personaggi straor-dinari”. Dalle viscere del Corriere lombardo,dal 1966 assorbito dalla Notte, Neri ha vissu-to tutte le fasi dell’impaginazione, dalla compo-sizione a caldo, a piombo, a quella a freddofino al sistema informatico. Da quando è inpensione, Neri scrive e dipinge. Ha già pubbli-cato 5 libri: raccolte di racconti brevissimi, fermiimmagine sulle piccole idiosincrasie dellaquotidianità. Ed è con estrema leggerezza chericeve la medaglia d’oro dell’Ordine: “Sono feli-ce e dovrò tenermela ben stretta perché i mieinipoti vogliono rubarmela!”. S.O.

Luigi PizzinelliDoveva diventare carabiniere, di ritorno dalfronte. Invece è finito sulla scrivania delCorriere della Sera.Luigi Pizzinelli, 87 anni, ha cominciato nel1946 una carriera lunga 37 anni che l’ha vistolavorare al fianco di personaggi del calibro diDino Buzzati, alla Domenica del Corriere,Gaetano Afeltra, al Corriere d’Informazione,Orio Vergani, di cui fu segretario dal 1954 al1959. “Maestri di giornalismo e persone diprofonda umanità”, li descrive, pescando fraaneddoti e ricordi che si affollano nella mentea ripensare alle giornate trascorse in viaSolferino.Perché lui, nonostante l’occasione non siamancata (“Me lo propose Zucconi”, precisa),ha sempre rifiutato di diventare inviato. “Sonopago del mio lavoro redazionale – dice oggi –e di quello didascalico”. Oltre all’attività di gior-nalista, Pizzinelli ha infatti curato volumi divul-gativi di carattere storico. Oggi, a ormai venti-due anni dal giorno della pensione, svolgericerche bibliografiche su commissione e sidedica all’attività sindacale, ma ha dato l’ad-dio ai giornali. “Mi sembrerebbe di strapparequalcosa ai giovani”, si schermisce, ammet-tendo, però, di non potere fare a meno dellacarta stampata: “Ormai è una malattia: escoalla sette per comprare il Corriere. La televi-sione? Soporifera. Non soppianterà mai ilgiornale”. S.B.

Enrico Morati“Ricevere questa medaglia è un grande onoreper me. Ma voglio ricordare anche tutti i mieicolleghi che non sono qui oggi e che l’avreb-bero sicuramente meritata”. È commosso,Enrico Morati, mentre stringe la medaglia d’oroche il presidente Franco Abruzzo gli ha appe-na consegnato. Il suo pensiero vola ai tanticolleghi che ha incontrato sul suo cammino di“giornalista per passione”, come dice lui stes-so. Iniziato a 14 anni, quando corregge lebozze de L’Azione Giovanile. Passato, nel1952, a La Notte, dove impara la professionesotto la guida del direttore e maestro NinoNutrizio.Capitolo poco felice è quello trascorso a L’Ita-lia, dove rimane 6 anni. “Mi sono trovato ingrande difficoltà: quasi non riuscivo a scrive-re”. Infine la svolta decisiva: la Rai. Un matri-monio durato 21 anni. Prima all’Ufficio stampa,poi come segretario di redazione e, negli ultimitre anni, alla rubrica Azienda Italia. Comesegretario di redazione ha portato avanti duebattaglie molto importanti: la prima, per miglio-rare i rapporti giornalisti-tecnici, e la seconda,per far diventare giornalisti anche gli operatori.Per due anni è stato anche responsabile delGazzettino Padano.Una vita giornalistica a tutto tondo: cartastampata, radio e tv. Con tre punti fermi:ricerca della verità, rispetto per gli altri epassione. V.M.

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GiancarloArmuzzi“Sono soddisfatto del traguardo, 50 anni damedico e 50 anni da giornalista. Ma purtrop-po questa è anche un’occasione per fare deibilanci. E accorgersi che gli anni passano”.Giancarlo Armuzzi quest’anno raddoppia: 50anni come giornalista sportivo e medicodermatologo. Non si è mai pentito della scel-ta: “Il giornalismo sportivo mi piaceva per lacreatività della scrittura. Ma l’ho semprevissuto come un gioco. Il lavoro è una cosaseria”.Inizia a scrivere quasi per caso: durante laguerra, nel 1944, fa la cronaca delle partiteche si svolgono nel collegio dove si è trasferi-to. Nel 1949 si iscrive a Dermatologia e nel1952 inizia a collaborare alla Gazzetta delloSport. Qualche anno dopo passa a Milan-Inter e nel 1954 è al Corriere Lombardo. Illavoro gli piace, ma gli impegni universitarialla fine hanno la meglio. “Ho dovuto direaddio al giornalismo sportivo perché mi sonotrovato a lavorare anche la domenica”. Ma lapenna non l’ha messa nel cassetto. Daglianni Sessanta fino a poco tempo fa è passa-to a rispondere alle lettrici di Oggi, Annabellae Marie Claire. “Negli anni cinquanta comeassistente straordinario all’Università prende-vo 40mila lire al mese. Senza lo stipendio dagiornalista, non avrei potuto comprarmi lacasa e forse neanche sposarmi”. E.C.

ErmannoComuzio“Mi sento sempre sulla breccia, non mi sentoin pensione anche se lo sono da anni. Conti-nuo a lavorare e a fare giornalismo. Ma ricor-do sempre con grande affetto i tempi in cuiero inviato alla Mostra del Cinema di Vene-zia e subito dopo la proiezione del film detta-vo l’articolo alla redazione”, racconta Erman-no Comuzio, 81 anni, bergamasco, giornali-sta, scrittore e critico di cinema e teatro.La sua carriera è cominciata al Giornale diBergamo nel 1953 e due anni dopo si è iscrit-to all’Albo dei pubblicisti. È autore di numerosisaggi e ha curato voci di enciclopedia e dizio-nari specializzati.Tra i suoi libri ne ricorda due:“Quello che ha richiesto più lavoro è statoColonna sonora – Dizionario ragionato deimusicisti cinematografici, del 1980, il primonel suo genere in Italia e il Dizionario deimusicisti, presentato alla mostra del Cinemadi Venezia l’anno scorso”.Mezzo secolo passato a scrivere di cinemae teatro offre a Comuzio uno speciale puntod’osservazione sulla pagina degli spettacoli.“È cambiato tutto: una volta le recensioniuscivano sempre il giorno dopo una primavisione. Allora erano collocate in una posi-zione importante, oggi sono conglobate inun’unica pagina, gli si dà scarsa importanza.Questo essere spinti ai margini è una cosadi cui si lamentano tanti critici”. C.D.O.

AntonioDorsaUn regalo da un mondo al quale ha scelto dinon appartenere mai completamente. Laconsidera così Antonio Dorsa la medagliad’oro per i 50 anni di iscrizione all’Albo.Un rico-noscimento che non esporrà nel suo studiolegale a Milano. D’altra parte, assicura, “ai murimi piace appendere soltanto fotografie”. Comequelle scattate in Sardegna che troneggianosulle pareti del suo ufficio. Finestre su ununiverso che l’avvocato esperto di diritto tribu-tario, nato a Civita, in Calabria, 81 anni fa, hapreferito non esplorare: “Sono un sedentario”.E anche per questo, dopo contratti e collabo-razioni giornalistiche, ha optato per la profes-sione legale. “Si dice che i giornalisti abbianocome caratteristica quella di girare il mondo. Ame non sarebbe piaciuto”.Viaggiare sarebbe stata un’imposizione inac-cettabile. Come la vita redazionale, con i suoiritmi serrati. Un ambiente nel quale Dorsa hamosso i primi passi a Roma, al Popolo, per poipassare agli uffici stampa Rai e Montecatini-Edison. E le collaborazioni con il Piccolo diTrieste, dove Dorsa firmava i Gialli del Giovedí.Lo faceva per hobby, ma quando l’impegnocominciava a diventare pressante, ha smesso:“Volevo sentirmi libero”, assicura. “Mi sonochiesto spesso se ho sbagliato a non optareper il giornalismo, e la risposta è sempre lastessa: no”. T.C.

Emilio MarianoUna carriera inesauribile, quella di EmilioMariano, critico letterario e saggista, esegetadell’opera di D’Annunzio e dal 1954 “prestato”al giornalismo (è iscritto all’Albo dei pubblici-sti).E galeotto è stato per lui il Vittoriale, la villa-magione del Vate a Gardone Riviera (Brescia),di cui è stato sovrintendente dal 1956 oltre chepresidente dell’omonima Fondazione. Sui suoigradini, infatti, incontra la donna della sua vita,una nipote del poeta pescarese, che diverràsua moglie.Laureato in Lettere e filosofia alla Statale diMilano, Mariano ha collaborato a riviste presti-giose come Nuova Antologia e ha diretto Iquaderni dannunziani, raccogliendo alcunedelle firme più importanti della critica italianadel dopoguerra. Nel suo curriculum anche unvolume su Riccardo Zandonai, direttore d’or-chestra del primo Novecento (autore di unaFrancesca da Rimini su idea e testi di d’An-nunzio), la raccolta Italia dei poeti (che contie-ne tutte le poesie scritte da Goethe durante ilsoggiorno italiano), la traduzione per il teatrodi Maria Stuard di Schiller e il carteggio traD’Annunzio e Badoglio.Autore per tv del programma Incontri con lapoesia, Mariano sta ultimando un volume su Ilfuoco. Il romanzo autobiografico con cui il Vateha consegnato ai posteri la descrizione dellasua tempestosa storia d’amore con EleonoraDuse. B.N.

Alcide Paolini“Soddisfazione” per una medaglia d’oro chericonosce mezzo secolo di attività nel mondodel giornalismo è stata espressa da AlcidePaolini a margine della cerimonia svoltasi alCircolo della Stampa. Un riconoscimento chepremia un artista poliedrico, capace dipassare con successo dalla poesia alromanzo. Nato a Udine nel 1928, Paolini hainiziato l’attività letteraria come poeta nel1952, per poi abbracciare il giornalismo. Trale sue collaborazioni figurano testate stori-che come Belfagor, La Fiera Letteraria, IlGiorno e il Corriere della Sera.Tornato ad Udine nel 1958, ha fondato ediretto la rivista di cultura e poesia La Situa-zione, che per quattro anni ha rappresentatoun salotto di incontro tra artisti di diversetendenze. Al 1965 risale la scelta di spostar-si a Milano, dove risiede tuttora. Nel 1967Paolini fa l’esordio come romanziere conl’opera Controvoglia, alla quale fanno segui-to Verbale d’Amore, Lezione di tiro, La Gatta,Paura di Anna e La Bellezza, L’eterna Finzio-ne, La donna del nemico, Una strana signo-ra, Il paese del cuore.Parallelamente Paolini ha proseguito nell’at-tività giornalistica, diventando direttore dellacollana di narrativa per i ragazzi di Monda-dori, casa editrice con cui ancora collabora.Dal 1994 è editorialista del MessaggeroVeneto. L.d’O.

PasqualeScardillo“Questo riconoscimento lo dedico a miamoglie che mi ha lasciato poco tempo fa. È alei che devo tutto. La mia passione è andataavanti anche grazie alla sua figura. Mi hasempre incoraggiato, perché sapeva cheamavo lo sport”. Pubblicista dal 7 dicembre del1955, Pasquale Scardillo inizia la sua carrieracome correttore di bozze e impaginatore alCorriere del Giorno a Taranto, città nella qualeha vissuto per molti anni.Diventa corrispondente sportivo dalla perla delGolfo per una quindicina di testate, tra le qualiil Corriere lombardo, Sportsud (fondato ediretto da Gino Palumbo), Lo stadio, il GuerinSportivo e Milan-Inter. Seguendo il suggeri-mento di Sergio Turone, caporedattore delGuerin Sportivo di passaggio a Taranto aseguito del Giro d’Italia, nel 1957 si trasferiscea Milano. Qui scrive per Milan-Inter, La Notte,L’Italia e Football, del quale diviene anchesegretario di redazione. Nel 1968 inizia quelsodalizio con il Corriere della Sera che conti-nua ancora oggi. Qualche anno più tardi ècollaboratore della Gazzetta dello Sport direttada Gino Palumbo. Pubblica l’almanacco Il libroazzurro del calcio italiano. A suggerirgli l’ideadel volume, fu il senatore a vita Giulio Andreot-ti allora direttore della rivista Concretezze perla quale Scardillo aveva pubblicato una storiadella nazionale italiana a puntate. R.M.

Mario ConterMi stringe forte le mani mentre attende, mentreattende di essere chiamato alla premiazione. Ècontento, dice, ma non emozionato. Anche sela sua stretta tradisce la parola. “Metterò lamedaglia con tutti gli altri premi”. Premi di musi-cista e giornalista. Questo, in tre parole, è MarioConter, da cinquant’anni. I tanti ricordi, i presti-giosi riconoscimenti e le irripetibili emozioni deiconcerti, che ha tenuto per il mondo con il duopianistico fondato con la moglie Lydia e alla dire-zione dei “Cameristi lombardi”, vanno a fondersicon le soddisfazioni raccolte da critico musicaleal Giornale di Brescia, il quotidiano della suacittà, con cui collabora dal 1952 per la paginadegli spettacoli. I primi passi nel mondo dell’in-formazione corrono paralleli a quelli mossi nelmondo della musica; indelebili nella mente lecorse nel cuore della notte per consegnare alproto i foglietti dopo aver assistito agli appunta-menti della stagione lirica bresciana e le respon-sabilità di scrivere nel bene e nel male di unconcerto, di un musicista. “Il suo cruccio, giorna-listicamente parlando - confida la figlia Fulvia,anche lei giornalista e musicista - è statosempre quello di pesare ogni vocabolo, ogniaggettivo nel tentativo di condensare le emozio-ni di un concerto in 30 righe, perché ha sempresentito grande la responsabilità di poter esalta-re o rovinare la carriera di un musicista, soprat-tutto se un giovane esordiente. Perché ai giova-ni ha sempre tenuto”. G.P.

ASSEMBLEA

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GLI ISCRITT

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I neolaureati Giuseppe Gori Savellini, Pame-la Notaro, Federica Mazza e Letizia Magnanihanno conquistato per il 2005, con i loro lavo-ri, riferiti alle attività accademiche dell’anno2004, il Premio di eccellenza che da setteanni rende merito alle migliori tesi di laureadedicate al giornalismo e alle istituzioni dellanostra professione. Il premio, che prevede unassegno di 2.500 euro per ognuna delle settesezioni in cui il concorso si articola, è orga-nizzato dal Consiglio regionale dell’Ordinedei giornalisti della Lombardia.Il confronto è aperto ai laureandi di ogniregione e di ogni facoltà universitaria. Dellesette sezioni, la prima è dedicata alla Storiadel giornalismo italiano, la seconda alla storiadel giornalismo occidentale, la terza alle isti-tuzioni della professione giornalistica, la quar-ta al giornalismo radiotelevisivo, la quinta algiornalismo telematico, la sesta al giornali-smo economico e finanziario, la settima algiornalismo culturale, sociale, scientifico,sportivo e di costume.Tutti gli altri particolari si trovano nell’ampiocomunicato emesso dal presidente delnostro Ordine, Franco Abruzzo, pubblicato inqueste stesse pagine, al quale rimandiamo.Ripeteremo qui soltanto che dei lavoripresentati i commissari avevano il compito divalutare l’originalità e l’interesse dell’argo-mento in direzione delle finalità del concorso,la quantità e la qualità della ricerca, la docu-mentazione esibita in termini di bibliografia edi interviste effettuate, lo stile di scrittura(dove per stile si intenda – minimalisticamen-

te parlando – un uso corretto e maturo dellinguaggio), l’uso eventuale di nuovi medianella realizzazione dell’opera, lo spirito critico(unanimemente giudicato dalla Commissionecome fattore importante di giudizio).La seduta plenaria delle Commissione esami-natrice, nominata dal Consiglio regionaledell’Ordine della Lombardia e coordinata dalcollega Gianni De Felice e da chi scrive, si èsvolta nel pomeriggio e nella serata delloscorso 15 marzo e si conclusa con l’assegna-zione dei soli premi relativi alle sezioni prima(giornalismo italiano), seconda (giornalismooccidentale), terza (istituzioni della professio-ne) e settima (giornalismo culturale). Ottimeerano certamente anche le tesi finalisteanche per le altre sezioni, ma esse sono stategiudicate dalla Commissione plenaria ricche,sì, di valori riferibili allo speciale “prodottoculturale” che è una tesi di laurea, ma non talida raggiungere il pieno traguardo delle finalitàdel concorso, indirizzato statutariamente apremiare lavori destinati a lasciare un segnosignificativo nella storiografia della nostraprofessione e a fare emergere un’apprezzabi-le creatività nella ricerca, tale da creare nuoviimpulsi di conoscenza e di valorizzazionedella professione stessa.In compenso, in seno alla sezione prima (gior-nalismo italiano) la Commissione ha ritenutomeritevole di una segnalazione anche la tesidi Elena Falcone dell’Università degli studi“Gabriele D’Annunzio” di Chieti.I concorrenti costituivano una schiera foltissi-ma: 232 tesi di laurea presentate, un lavoroabbastanza ponderoso per i commissari delPremio. Quello che fa piacere constatare èche, a parte le inevitabili, ma limitatissime

presenze di défaillances – che per carità dipatria chiameremo “espositive” – la qualitàdella lingua italiana ha segnato nei lavoriuniversitari presentati un generale migliora-mento nel confronto della media delle tesi inconcorso nelle precedenti sessioni. Si speranon solo per una fortunata coincidenza.Dall’altra parte, la Commissione ha potutoconstatare una certa “stanchezza”, una sortadi “ripetitività” negli argomenti proposti dairelatori, a prescindere dal potenziale valoreaggiunto che una tesi può presentare neiconfronti anche di argomenti esposti allareiterazione.Il fatto che la settima sezione del concorso(giornalismo culturale) abbia registrato unnumero di tesi concorrenti particolarmentenutrito non autorizza, poi, a un’affrettataconclusione circa un particolare picco in altodei rapporti tra cultura e giornalismo. La setti-ma sezione, infatti, prevede resi che vadanodal giornalismo culturale tout court (percapirci con terminologia classica: da terzapagina) a quello sportivo, da quello con cara-ture sociali o di costume a quello scientifico.Tanto che non è escluso che i coordinatoridella sessione testè conclusasi, nella rela-zione finale che andranno a presentare alConsiglio regionale dell’Ordine della Lombar-dia nei prossimi giorni, chiedano una rifles-sione tesa a introdurre elementi utili a miglio-rare i criteri di classificazione. In quella sede(relazione finale) non è altresì escluso che,al fine di rendere più ristretto il numero deiconcorrenti, i coordinatori portino all’attenzio-ne del Consiglio anche la possibilità che letesi concorrenti prevedano, ai fini dell’ammis-sibilità, l’avallo dei relatori. Si dirà che difficil-

I 4 VINCITORITRA LE 232 TESI

ASSEMBLEA

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GLI ISCRITT

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2005Circolo

della Stampa

giovedì 24 marzo

Il profilo

degli studenti

premiati

mente un relatore che ha assegnato alti votidi laurea, neghi il suo patrocinio, ma tuttisappiamo che spesso, se non sempre, l’altovoto che incoraggia il concorrente alla parte-cipazione a un premio di eccellenza comequesto è il risultato di una serie di crediti daiquali prescinde il valore intrinseco della tesidi laurea.Due parole, per finire, sui lavori dei vincitori:Giuseppe Gori Savellini, laureato pressol’Università degli studi di Siena, facoltà diLettere e filosofia, corso di laurea in Scienzedella comunicazione, ha vinto con una tesisul “Giornalismo italiano del dopoguerra”,indiziato dall’autore di essere “giornalismodi rimozione”, rimozione della non sentitaguerra accanto all’alleato sbagliato, rimozio-ne della sanguinosa atipica guerra civile chealla prima era seguita e che aveva appenafinito (se aveva finito) di lacerare il paese,rimozione di sangue e divisioni: una rimozio-ne che da una parte costituiva un espedien-te (rimedio?) politico per avviare la ricostru-zione e dall’altra un’effettiva atmosferagenerale di stanchezza per le sofferenze;paura, spesso subliminale, di nuove separa-zioni, quando non dir reciproci spalanca-menti di armadi contenenti scheletri reali emetaforici.Notevolissima la quantità della ricerca edeccellente, secondo il giudizio fatto propriodalla Commissione plenaria, la documenta-zione esposta dal concorrente in uno stileconsiderato dal Commissario relatore come“corretto e colto”, al servizio di uno spirito criti-co “molto vivo”.Pamela Notaro dell’Università Statale di Mila-no, facoltà di Lettere e filosofia, ha vinto il

Milano, 16 marzo 2005. Con il Premio alle migliori tesi di laurea sul giornalismo (giuntoquest’anno alla settima edizione), il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardiapunta a valorizzare il collegamento tra l’Università e la professione giornalistica, ma anche arilanciare la ricerca sul mondo dei media. La Giuria (formata dai consiglieri dell’Ordine),assistita da 61 consulenti (giornalisti e professori universitari), ha individuato gli autori degnidi ricevere il riconoscimento.La Giuria (coordinata da Nicola D’Amico e Gianni de Felice) ha preso atto che le tesi, pur divalore, relative alla quarta e quinta sezione del Premio (giornalismo radiotelevivo e giornali-smo telematico), non presentavano elementi di eccellenza e di creatività tali da meritare ilriconoscimento, mentre la sesta sezione (giornalismo economico e finanziario) era priva diconcorrenti. Ogni vincitore riceverà un assegno di 2.500 euro il 24 marzo al Circolo dellaStampa in occasione dell’assemblea (h. 15) degli iscritti all’Albo di Milano. Estratti (di 400righe) delle tesi premiate (e segnalate) verranno pubblicati su Tabloid, organo mensiledell’Ordine dei giornalisti della Lombardia. Hanno partecipato al concorso 232 neolaureati,che hanno discusso le tesi nelle Università italiane (pubbliche e private) nel periodo gennaio-dicembre 2004. Ecco i nomi dei quattro vincitori sezione per sezione:

I sezione - Storia del giornalismo italiano, dei suoi interessi e dei suoi protago-nisti, anche attraverso le vicende storiche e di costume che lo hannoimpegnato.

Vincitore (2.500 euro):

■ Giuseppe Gori Savellini, Università degli Studi di Siena, facoltà di Lettere e filoso-fia, tesi “GIORNALISMO ITALIANO DEL DOPOGUERRA: GIORNALISMODI RIMOZIONE”, relatore prof. Giovanni Gozzini.

Segnalazione a Elena Falcone, Università degli Studi “G. D’Annunzio”, facoltà Lette-re e filosofia, tesi “CARLO PLACCI ED ENRICO NENCIONI: DUE INTEL-LETTUALI NELLA FIRENZE DI FINE SECOLO (CON UN CARTEGGIOINEDITO)”, relatore prof. Gianni Oliva.

II sezione - Storia del giornalismo occidentale.Vincitore (2.500 euro):■ Pamela Notaro, Università degli Studi di Milano, facoltà di Lettere e filosofia, tesi

“UN GIORNALE SPORIVO FRANCESE. L’EQUIPE NEL SECONDODOPOGUERRA”, relatore prof. ssa Rita Cambria.

III sezione - Istituzioni della professione giornalistica. La deontologia e l’inqua-dramento contrattuale dei giornalisti in Italia, in Europa e nel restodel mondo occidentale.

Vincitore (2.500 euro):■ Federica Mazza, Università degli Studi di Milano Bicocca, tesi “FNSI E ASSOCIA-

ZIONE LOMBARDA DEI GIORNALISTI, STORIA DI UN SINDACATO RALIBERTÀ E DIRITTI. DALLE ORIGINI A WALTER TOBAGI”, relatore prof.Francesco Abruzzo.

VII sezione - Giornalismo culturale, sociale, scientifico, sportivo e di costume.Vincitore (2.500 euro):■ Letizia Magnani, Università degli Studi di Siena, facoltà di Lettere e filosofia, tesi

“C’ERA UNA VOLTA LA GUERRA … E CHI LA RACCONTAVA. DA IRAQA IRAQ: STORIA DI UN GIORNALISMO DIFFICILE”, relatore prof.Giovanni Gozzini.

di Nicola D’Amico

Premio tesi di laurea sul giornalismo:sono 4 i vincitori su 232 concorrenti(tre sezioni senza riconoscimenti)

Nicola D’Amico“Ecco come la commissione ha scelto le migliori tesi”

12 ORDINE 4 2005

Studente Università Titolo tesi Relatore prof.Adesso Maria Serena Università studi Bari-facoltà lettere e filosofia L'uso pubblico della storia: analisi del "Corriere della Sera" (1978-1990). Prof. Luigi MasellaArcieri Maria Istituto universitario orientale Napoli-facoltà lettere e filosofia Per una storia del giornalismo su carta. Prof. Michele FaticaAttanà Vittorio Libera Università Iulm-facoltà scienze della comunicazione e dello spettacolo Progetto per un sito internet. multimediale di informazione locale. Prof. Angelo AgostiniBaldasarre Deborah Università studi Trieste-facoltà scienze della formazione Avventure e disavventure della scrittura del quotidiano "Roma" attraverso la sua storia Prof.ssa Tiziana PirasBarattini Livia Università studi Roma "La Sapienza"-facoltà scienze della comunicazione I nuovi format dell'informazione: il caso "tgtg" Prof. Michele SoriceBassano Anna Università studi Padova-facoltà scienze politiche La stampa politica a Padova durante la Resistenza, 1943-1945 Prof. Filiberto AgostiniBassi Chiara Un. Catt. Sacro Cuore Milano-facoltà scienze linguistiche e letterature straniereLa sfida della free press: i casi di Italia e Francia Prof.ssa Nicoletta VittadiniBastianetto Laura Università studi Roma "La Sapienza"-facoltà scienze della comunicazione New journalism, piccoli eredi crescono. Tra cronaca e letteratura, due casi italiani. Prof. Aldo FontanarosaBattocchio Luca vittorio Università Cattolica Sacro Cuore Milano-facoltà lettere e filosofia Nuove dimensioni culturali dell'ospitalità e della ristorazione. Prof.ssa Giovanna SalvioniBenedetti Federica Università studi Firenze-facoltà scienze politiche Educazione e istruzione nell'"antologia" 1821-1832. Prof. Cosimo CeccutiBerlingacci Maria Pia Università studi Pisa-facoltà scienze politiche "Diritto di cronaca e professione del giornalista" Prof. Saulle PanizzaBeshku Klodiana Università studi Siena-facoltà scienze politiche Giornali, giornalisti e giornalismo in albania. I rapporti con l'Italia e il caso del "korrieri". Prof.ssa Donatella CherubiniBezzi Cristina Università Cattolica Sacro Cuore Milano-facoltà lingue e letterature straniere "Le notizie on line in Italia e in Inghilterra: i casi tgcom e itvnews." Prof.ssa Nicoletta VittadiniBlasco Salvatore Università studi Roma "La Sapienza"-facoltà scienze della comunicazione Il disordine dei giornalisti. Diritti, doveri, sanzioni. Prof. Giuseppe MazzeiBoccaccini Veronica Università studi Firenze-facoltà lettere e filosofia Telegiornali regionali della Rai: la nascita, il prototipo e i passaggi fondamentali dell'edizione toscana. Prof. Alessandro BernardiBoggia Manuela Libera Università lumsa-facoltà lettere e filosofia Il caso Zanzara: storia e cronaca. Prof. Francesco MalgeriBonamico Serena Università studi Trieste-facoltà scienze della formazione Teorie e tecniche della conduzione del telegiornale: l'esperienza Telequattro. Prof. Euro MetelliBonfrisco Maria Anna Università per stranieri di Perugia-facoltà lingua e cultura italiana Il quarto potere di carta e la sua fine negli Stati Uniti d'America Prof. Carlo Simon BelliBoscolo Anzoletti Roberta Università studi Padova-facoltà lettere Talk show e tv della rissa. emittenti venete e caso Adel Smith. Prof. Roberto RealeBracco Leandro Università studi Torino-facoltà lettere e filosofia La guerra dei giusti: Bruno Caccia, la 'ndrangheta e cosa nostra. Prof. Nicola TranfagliaBraga Alessandro Università studi Milano-facoltà lettere e filosofia Luigi Pintor, giornalista (l'Italia 1971-1991) Prof.ssa Rita CambriaBravi Alessandra Università studi Perugia-facoltà lettere e filosofia L'epurazione mancata: l'alto commissariato e la revisione dell'albo dei giornalisti (1943-1948) Prof. Dario BioccaBressanin Davide Università studi Genova-facoltà scienze politiche Genova giolittiana nel confronto tra il Corriere mercantile e il Secolo XIX. Prof.ssa Marina MilanBrumana Alberto Libera Università Iulm-facoltà scienze della comunicazione I periodici di cinema in Italia Prof. Marino LivolsiBulgarella Giorgia Università studi Perugia-facoltà lettere e filosofia L'immagine della donna tra stereotipo e pregiudizio attraverso un'analisi dei quotidiani. Prof.ssa Giancarla CicolettiBurnelli Stefania Università studi Milano-facoltà scienze della formazione La lingua nei quotidiani dagli anni venti ad oggi. I disastri idrogeologici nelle cronache italiane: il Gleno, il Vajont, le alluvioni del 2002. Prof. Andrea MasiniButti Marco Libera Università Iulm-facoltà scienze della comunicazione Aspetti etici nel rapporto stato e tv pubblica: Rai e Bbc Prof. Paolo Del DebbioCadisco Marco Università studi Milano-facoltà lettere e filosofia "Il Gallo": voce profetica di un cattolicesimo rinnovato. Prof. Giorgio RumiCalabrese Cristiana Università lusma-facoltà lettere e filosofia La stampa femminile tra ieri e oggi. il caso "Amica". Analisi di un cambiamento. Prof. Francesco MalgeriCalcagni Stefano Università studi Macerata-facoltà scienze della comunicazione La rappresentazione sociale della violenza nella cronaca locale. Prof.ssa Barbara PojaghiCallegaro Elena Università studi Padova-facoltà lettere e filosofia Più del silenzio. Esperienza all'ufficio stampa della provincia di Treviso Prof. Michele CortelazzoCaltabiano Simona Università studi Catania-facoltà scienze politiche Un caso di uso pubblico della storia: l'applicazione del paradigma antifascista alla guerra del golfo del 1991. Prof. Rosario MangiameliCamba Angelo Università studi Cagliari-facoltà scienze politiche Le lotte per la libertà di stampa e di informazione in sardegna nel decennio 1967-1977. Prof.ssa Laura PisanoCaon Luca Università studi Padova-facoltà lettere e filosofia Il caso Regina Pacis. Un'esperienza di videogiornalismo. Prof. Bruno VoglinoCapomagi Emanuela Università studi Macerata-facoltà scienze della comunicazione Più che vincere convincere. La narrazione della guerra nel tempo della comunicazione. Prof. Francesco TotaroCappiello Mauro Università studi Roma "La Sapienza"- facoltà scienze della comunicazione La realtà come un puzzle. Omogeneità e differenze nei criteri di selezione delle notizie fra la “Repubblica” e il “Corriere della sera”. Prof. Giuseppe MazzeiCarboni Bruno Alessandro Università studi Firenze-facoltà scienze politiche Obiettivo puntato sull'informazione: fotogiornalismo in Italia oggi. Prof. Carlo SorrentinoCardinale Sebastiana Università studi Siena-facoltà lettere filosofia "L'ora" di Nisticò le pagine letterarie: 1954-1972 Prof. Roberto BigazziCaredda Ignazia Università studi Cagliari-facoltà lingue e letterature straniere Il modello dello “Spectator” nel giornalismo di Gasparo Gozzi. Bilancio della storiografia del '900. Prof.ssa Laura PisanoCarletti Albina Simona Università studi Milano-facoltà lettere e filosofia La lettura liberale moderata della questione Romana attraverso le pagine della "Perseveranza". Prof. Nicola Del CornoCarmelo Annalisa Università studi Napoli Federico II-facoltà lettere e filosofia La stampa italiana e la perestrojka di Gorbacev Prof. Francesco BarbagalloCatolfi Salvoni Giorgio Università studi Macerata-facoltà scienze della comunicazione "Madrid, 11 marzo 2004: un esempio di manipolazione mediatica" Prof. Pierfrancesco GiannangeliCattaneo Marcello Libera Università Iulm-facoltà scienze della comunicazione e dello spettacolo Analisi del successo editoriale della testata turistica "Partiamo" Prof. Mauro FerraresiCavallini Caterina Università studi Pisa-facoltà lettere e filosofia Il giornalismo nell'Inghilterra del '700: Swift e Defoe Prof.ssa Lia PacinottiCentra Eleonora Università studi Roma "La Sapienza"-facoltà scienze della comunicazione Un futuro di interattività dietro le spalle. I venti anni di Televideo. Prof. Giuseppe MazzeiCerioni Monica Università studi Macerata-facoltà scienze della comunicazione Il giornalismo d'inchiesta. Indagine sul difficile caso Italia. Prof. Sandro PetroneChendi Federico Riccardo Università studi Modena e Reggio Emilia-facoltà lettere e filosofia 12 dicembre 1969: "la" strage nella stampa italiana. Piazza fontana come oggetto e come rappresentazione. Prof. Alberto MelloniChirulli Francesca Università studi Roma tre-facoltà lettere e filosofia Il giornalismo online al bivio "free to fee". Prof. Riccardo StaglianòCiardi Lisa Università studi Firenze-facoltà lettere e filosofia Un'iniziativa editoriale Rizzoli negli anni del fascismo: "Piccola". un rotocalco e le sue lettrici (1928-1938). Prof.ssa Silvia FranchiniCiocca Roberta Libera Università Iulm-facoltà scienze della comunicazione e dello spettacolo L'informazione economica in radio: sviluppo, modelli, analisi di casi Prof. Angelo AgostiniCocchi Daniele Università studi Bologna-facoltà lettere e filosofia Dietro la notizia. Analisi delle routine produttive del Modenanews: dalle fonti di informazione alla scelta delle notizie. Prof.ssa Pina LalliComari Diana Athena Giorgia Università studi Milano-facoltà lettere e filosofia Il telegiornale, la sua ricezione e la sua influenza. Considerazioni estetiche Dott. Piero GiordanettiCorrias Angela Libera Università lusma Roma-facoltà lettere e filosofia La stampa conservatrice in Europa: Frankfurter Allgemeine Zeitung e Le figaro Prof. Francesco MalgeriCortese Rosangela Università studi Teramo-facoltà scienze comunicazione Le istituzioni totali negli anni '70 tra informazione e controinformazione. Prof. Piero Nicola Di GirolamoCortesia Federica Università studi Genova-facoltà lingue e letterature straniere Il dibattito sull'immigrazione nel confronto tra “El pais” e la “Repubblica”. Prof.ssa Marina MilanCorti Valentina Università studi Milano-facoltà scienze politiche Viaggi, esplorazioni, guerre: Vittorio Beonio Brocchieri e il "Corriere della Sera". Prof.ssa Ada Gigli MarchettiCorvino Raffaele Università studi Roma "La Sapienza"-facoltà lettere e filosofia La schiavitù e la guerra civile americana nelle pagine della "Civiltà cattolica". Dott.ssa F. Loverici

LE 232 TESI

ASSEMBLEA

DE

GLI ISCRITT

I

2005

Premio per la Sezione seconda del concorso, con la sua eccellente tesi “Un giornale sportivofrancese: l’Equipe nel secondo dopoguerra”, una tesi che rivisita il tempio del giornalismo spor-tivo mondiale (e non solo francese), negli anni della rinascita e del consolidamento della nuovaFrancia dopo la liberazione. La Commissione ha convenuto nel riconoscere al lavoro profon-dità, ricchezza, completezza e puntualità dell’analisi, convenendo di trovarsi davanti a un’operanotevole e imparziale, sorretta da uno stile sempre piacevole.Federica Mazza si è aggiudicato il premio per la terza sezione, dedicata alle istituzioni del gior-nalismo italiano. Sua la tesi su “FSNI e Associazione dei giornalisti, storia di un sindacato tralibertà e diritto, dalle origini a Walter Tobagi”, una tesi il cui merito principale, ma non il solo, stanel fornire quanto di nuovo può essere emerso da un’accurata ricerca per la migliore e comple-ta intelligenza dei fatti. Il racconto, scientificamente condotto senza concessioni alla letteratura,parte dai primi fenomeni associazionistici dei giornalisti e dai primi congressi della Fnsi fino allanascita della corrente di Stampa democratica animata da Walter Tobagi, una svolta che vieneconsiderata una delle motivazioni, se non la sola, come asserisce il commissario relatore, delsacrificio della vita del giovane e indimenticabile collega, che resterà sempre giovane nellamemoria di tutti.Concludiamo con un accenno alla tesi vincitrice della sezione settima, relativa al giornalismoculturale in senso esteso. Si tratta della tesi di Letizia Magnani, neolaureata della facoltà diLettere e filosofia dell’Università di Siena, dallo stimolante e attualissimo tema, che inquietaognuno di noi: “C’era una volta la guerra e chi la raccontava: da Iraq a Iraq. Storia di un giorna-lismo difficile”. La tesi parla dei pericoli dell’ingabbiamento come della esuberanza delle infor-mazioni che si sovrappongono al “visto coi propri occhi” e ne confondono spesso il significatocome la mente dell’inviato lo ha percepito.Il lavoro è corredato da 40 scrupolose e obiettive interviste a professionisti che parlano delleesperienze fatte sulla propria pelle e a professionisti al desk che dai reportages debbono trarregiorno per giorno, quando non ora per ora, il materiale che farà il giornale dell’indomani odell’ora dopo, con tutte le “necessità” e le limitazioni che una messa in pagina comporta. Accu-rata e ricca la ricerca, equilibrata la messa in pagina delle testimonianze, moltissimi i nuovi siticitati, spirito critico acuto e ben governato. A tutti i vincitori, ma anche ai concorrenti tutti, l’au-gurio dei coordinatori della VII edizione del concorso, lombardo ma nazionale, di un avvenireprofessionale ricco di gratificazioni.

Nicola D’Amico

“L’idea è venuta dalla stretta di mano chechiude La lunga notte del ’43, il film di Flore-stano Vancini ispirato a uno dei raccontiferraresi di Bassani”: pacificazione naziona-le in celluloide.Per la Prima sezione, “Storia del giornali-smo italiano, dei suoi interessi e dei suoiprotagonisti, anche attraverso le vicendestoriche e di costume che lo hanno impe-gnato”, il vincitore della borsa di studiodell’Ordine della Lombardia è GiuseppeGori Savellini, laureato in Scienze dellacomunicazione all’Università degli Studi diSiena con una tesi su “Giornalismo italianodel Dopoguerra: giornalismo di rimozione”.Relatore il prof. Giovanni Gozzini.Tre anni, 1947-1950, riletti sulle pagine diquattro quotidiani: Il Nuovo Corriere dellaSera, La Nazione Italiana, Il Messaggero, IlGiornale di Trieste. Tra ricerche e incursioniin archivi ed emeroteche, il lavoro è duratoun anno. “Volevo ripercorrere le fasi delprocesso che ha consentito agli italiani dielaborare una memoria pubblica, anche aprezzo di rimozioni collettive”, spiegaGiuseppe, 27 anni, inconfondibile accentotoscano. Rimozioni di cosa? “Eccidi, proces-si a fascisti, le questioni lasciate irrisolte

di Maria Serena Natale

Giuseppe Gori Savellini

dalla storia”. Una lunga colata di inchiostrosulle ferite di un Paese, pozze di sangue esilenzio da asciugare.Gigantesca opera di ricostruzione su trebinari, “tre volontà: governo, giornali e popo-lazione. I politici avevano tutto l’interesse arinviare la resa dei conti con il passato efocalizzare l’attenzione sul nazismo. LaResistenza è stata definita da alcuni ilsecondo Risorgimento italiano, ma il Risor-gimento fu una guerra di popolo contro unnemico straniero. La Resistenza è stataanche guerra civile“.I giornali? “Furono tolti ai vecchi editoricompromessi con il fascismo, penso aiCrespi, ai Perrone. Meglio dimenticare. Lastessa scelta fece la società civile”. Consa-pevolmente? “Non proprio, fu più un senti-mento condiviso tra ‘italiani brava gente’. Delresto, amnistia e amnesia hanno la stessaradice. In Napoli Milionaria di Eduardo DeFilippo, Gennaro torna dalla guerra, manessuno vuole ascoltare il suo racconto”.Mai avuto paura degli spettri del revisioni-smo? “Due cose mi spaventavano, revisio-nismo e retorica, ma il mio lavoro consiste-va nell’accertare i fatti, le fonti erano i gior-nali, è su questo che mi sono concentrato”.Le principali differenze tra i quotidiani chehai esaminato? “Il Corriere resta un giorna-le diplomatico, istituzionale. La Nazione e Il

Il giornalismo del dopoguerratra amnesia e amnistia

13ORDINE 4 2005

Cosentino Raffaella Maria Università studi Roma "La Sapienza"-facoltà scienze della comunicazione L'essenziale è invisibile agli occhi. Com'è cambiato il reporter televisivo dalla prima alla seconda guerra del golfo. Prof. Michele SoriceCucciniello Cristina Libera Università Luiss-facoltà scienze politiche Il giornale on line. Prof. Massimo BaldiniCundrò Daniela Università studi Siena-facoltà lettere e filosofia Il giornalismo di oggi: le molteplici forme di una professione. Prof. Maurizio BoldriniCurcio Manuela Università studi Calabria-facoltà scienze politiche Giornali d'emigranti. Gli italiani in Svizzera. Prof. Pantaleoni SergiDalto Elisabetta Università studi Trieste-facoltà scienze della formazione La posta di Linus: realtà e linguaggio negli anni settanta. Prof. Fabio FinottiD'assiè Giuseppe Università studi Padova-facoltà lettere e filosofia La voce dei campi. Gli scritti giornalistici di Antonio Caccianiga (1823-1909) Prof. Carlo FiumanDe Rosa Ilenia Università studi Salerno-facoltà lettere e filosofia Il rilancio d'agenzia. Il caso Abagnale e Metropolis. Prof. Andrea ManziDe Santis Debora Università studi Roma "La Sapienza"-facoltà lettere e filosofia L'arte del gossip. mode, linguaggio, tecnica. Prof. Paolo GambesciaDe Santis Simona Università studi Roma "La Sapienza"-facoltà scienze della comunicazione "Se l'altro è musulmano…".La rappresentazione giornalistica dell'Islam nella stampa settimanale italiana. Un'indagine empirica. Prof. Roberto GrittiDe Thomasis Francesca R. Università studi Teramo-facoltà scienze della comunicazione Tra speranza e scetticismo. La stampa italiana e la perestrojka di Gorbacev. Prof. Piero Nicola Di GirolamoDeidda Mirko Università studi Cagliari-facoltà lettere e filosofia La conferenza di pace e la politica estera italiana nell'analisi del "Corriere della sera" (1918-1919) Prof. Claudio NatoliDel Re Giulia Università lusma Roma-facoltà lettere e filosofia L'informazione in guerra: un confronto tra Desert storm e Iraqi freedom" Prof. Roberto PapiniD'Elia Maria Università Iulm Milano-facoltà scienze della comunicazione e dello spettacolo Elementi d'analisi etica della televisione nelle riflessioni di Aldo Grasso. Prof. Paolo Del DebbioDella Valentina Andrea Università commerciale Luigi Bocconi-facoltà economia Lo spettacolo dell'informazione. Note sul rapporto tra verità e partecipazione politica. Prof. Stefano Baia CurioniDelle Fave Sabrina Università studi Trieste-facoltà scienze della formazione Il genere del reportage nel panorama del giornalismo italiano: l'informazione di approfondimento costruita sul campo. Prof. Umberto BosazziDi Fant Michela Università studi Trieste-facoltà scienze della formazione Il linguaggio della cronaca televisiva. Prof. Fabio FinottiDi Fioia Roberta Fortunata Università Cattolica Sacro Cuore Milano-facoltà lettere e filosofia Blog: il nuovo giornalismo dell'era digitale. Prof. Emilio CarelliDivino Gisella Università studi Roma "La Sapienza"-facoltà sociologia Internet, leggere leggero. L'informazione popolare e generalista nei quotidiani in rete. Prof. Rinaldo FontanarosaDovigi Maurizio Università studi Urbino-facoltà scienze della comunicazione Tgx - video giornalismo personalizzato on-line. (www.tg-x.net) Prof. Gianluigi MontresorElisei Francesa Romana Università studi Roma "La Sapienza"-facoltà sociologia Be your media! l'informazione indipendente nelle maglie della rete. Prof. Mario MorcelliniEremita Giulia Università studi Perugia-scienze della comunicazione L'altra stampa: free press. Analisi dei maggiori quotidiani free nel mercato dei nuovi media Prof. Federico FioravantiFalcone Elena Università studi "G. d'Annunzio" Chieti-Pescara-facoltà lettere e filosofia Carlo Placci ed Enrico Nencioni: due intellettuali nella Firenze di fine secolo (con un carteggio inedito). Prof. Gianni OlivaFasan Gabriele Università studi Pavia-facoltà lettere e filosofia L'opinione pubblica francese di fronte alle leggi antiebraiche italiane nel 1938. Prof.ssa Elisa SignoriFascitelli Maria Grazia Libera Università Maria ss. Assunta Roma-facoltà lettere e filosofia Le due guerre del golfo "in diretta tv" (1991-2004) tra spettacolo, informazione e propaganda. La copertura di reti e inviati rai. Prof. Andrea MelodiaFemia Diego Università della Calabria-facoltà lettere e filosofia La storia grafica del quotidiano "la Repubblica". Prof. Pantaleone SergiFergnani Flavio Umberto Università Catt. del Sacro Cuore Milano-facoltà lingue e letterature straniere. Forum online: l'attentato di Nassiriya tra informazione e discussione. Prof.ssa Nicoletta VittadiniFerrante Antonietta Università studi Salerno-facoltà lettere e filosofia Filippo Cifariello: storia di un assassino Prof. Guido PanicoFerretti Ilaria Università studi Macerata-facoltà scienze della comunicazione Disciplina delle pubblicazioni on line. La legge 7 marzo 2001 n. 62, nuove norme sull'editoria e i prodotti editoriali. Prof.ssa Elda BrogiFiglioli Nicola Università studi Pavia-facoltà scienze della formazione Costume e società: la rivoluzione siciliana. dal caso viola al delitto d'onore, le grandi svolte degli anni '60 viste dai giornali. Prof. Franco NicastroFiumanò Maria Carmela Università studi Bologna-facoltà lettere e filosofia Le lacrime di Cogne: lo stato dell'informazione oggi. Prof. Claudio SantiniFortunati Guendalina Università studi Roma "La Sapienza"-facoltà scienze della comunicazione Le parole del calcio Prof. Luciano RussiFranceschetto Laura Università studi Genova-facoltà scienze della formazione Il "mirabile" stabilimento di Ludovico Lavagnino, tipografo genovese. Prof.ssa Marina MilanFranz Roberta Università studi Roma tre-facoltà lettere e filosofia Warblog: l'alternativa on line al giornalismo embedded. Prof. Riccardo StaglianòGabbio Samuele Università studi Torino-facoltà lettere e filosofia "Sviluppo della televisione d'informazione nei paesi arabi e rapporti con l'evoluzione della libertà d'espressione". Prof. Mimmo CanditoGaliano Marina Università studi Napoli Federico II-facoltà sociologia Caratteri ed evoluzione del giornalismo dell'800. Il caso Martino e l'esperienza del supplemento letterario della domenica di Matilde Serao. Prof.ssa N. MarroneGallizioli Barbara Università studi Bergamo-facoltà lingue e letterature straniere Der Europaische Publizist: Maximilian Harden, die Zukunft e il giornalismo tedesco dell'età guglielmina Prof. Oliviero BergaminiGambaro Simona Università studi Calabria-facoltà lettere e filosofia Il linguaggio giornalistico per la radio: in Calabria, Rlb - radioattiva Prof. Vincenzo ArcuriGarioni Claudio Libera Università Iulm-facoltà scienze della comunicazione e dello spettacolo Carlo Lucarelli giornalista: la drammatizzazione della cronaca Prof. Paolo GiovannettiGarofalo Anna Università studi Bari-facoltà lettere e filosofia Materiali, temi di ricerca e ipotesi per una storia di un'impresa e di una testata del giornalismo meridionale:

l'editoriale del “Mezzogiorno” e il “Corriere del Mezzogiorno”. Prof. Federico PirroGastaldi Sciltian Università studi Bologna-facoltà lettere e filosofia Gli effetti del maccartismo sul giornalismo americano (1947-1954). Prof. Angelo VarniGessa Daniele Guido Università Bologna Alma Mater Studiorum-facoltà lettere e filosofia Giornalismo appassionato. La componente passionale nell'informazione. quotidiani italiani e cubani a confronto. Prof.ssa Maria Pia PozzatoGiacomin Virginia Università Cattolica Sacro Cuore Milano-facoltà lettere e filosofia La storia di “Diario” dalla nascita a oggi Prof.ssa Anna Lisa CarlottiGiordano Cristina Un. Catt. Sacro Cuore Milano-facoltà scienze linguistiche e lett. straniere Dal regime coloniale alla democrazia: passato e presente della stampa in Kenya. Prof.ssa Anna Lisa CarlottiGiorgi Emanuela Università studi Roma "La Sapienza"-facoltà sociologia Migradio. La rappresentazione del fenomeno migratorio nell'informazione radiofonica italiana. Prof. Mario MorcelliniGiornelli Marta Libera Università degli Studi "S. Pio V"-facoltà lingue e letterature straniere Lingua e linguaggio: l'influenza dello sport. Prof. Peter C. FarrellGiovannini Eva Università studi Pisa-facoltà lettere e filosofia Il giornalismo di Dickens: una dimensione in ombra. Prof. Francesco M. CasottiGori Savellini Giuseppe Università studi Siena-facoltà lettere e filosofia Giornalismo italiano del dopoguerra: giornalismo di rimozione. Prof. Giovanni GozziniGosti Elisa Università studi Genova-facoltà scienze politiche Il dibattito sull'informazione nella stampa internazionale dopo l'11 settembre 2001 Prof.ssa Marina MilanGualtieri Giulia Università studi Torino-facoltà lettere e filosofia L'italie dans "Le Monde" Prof. Nicola TranfagliaGuarascio Raffaella Università Cattolica Sacro Cuore Milano-facoltà lettere e filosofia "Il crotonese": storia e cronaca di un giornale locale. Prof.ssa Anna Lisa CarlottiGuerriero Fabiano Università studi Napoli Federico II-facoltà lettere e filosofia Il calcio nel linguaggio giornalistico italiano. Prof. Nicola De BlasiGuiotto Francesco Università studi Padova-facoltà lettere e filosofia La fabbrica delle memorie. Quando la storia incontra la televisione. Prof. Bruno VoglinoGuzzi Mariagrazia Università studi Siena-facoltà scienze politiche La comunicazione dell'11 settembre. Studio empirico sulla categorizzazione di un evento epocale attraverso i quotidiani. Prof. Roberto De Vitalentile Annamaria Università studi Perugia-facoltà lettere e filosofia "Un media per ognuno di noi". Dalla passività dell'utente all'interattività Prof. Michele MezzaLandi Leonardo Università studi Siena-facoltà scienze politiche Nascita e sviluppo del giornalismo sportivo italiano: "la Gazzetta dello Sport" (1896-1914) Prof.ssa Donatella CherubiniLandi Serena Università studio Siena-facoltà lettere e filosofia Più notizie, meno informazione. La stampa quotidiana italiana durante la guerra in Afghanistan. Prof. Maurizio BoldriniLanza Andrea Università studi Genova-facoltà scienze politiche “Il secolo XIX” di Umberto V. Cavassa. Gli anni della ricostruzione (1945-1948). Prof.ssa Marina Milan

Messaggero mantengono, anticipandoquanto accade oggi, una tendenza allaspettacolarizzazione del privato, basteràricordare i Diari di Mussolini e la presenta-zione del dittatore nei panni della personacomune; mentre del processo a ValerioBorghese, il comandante della DecimaMas, Il Messaggero non parla neanche. IlGiornale di Trieste usa la lente dellacontrapposizione tra antifascismo e antico-munismo: è il quotidiano filo-italiano che simuove nella palestra nostrana della guerrafredda - la Trieste spezzata dalla cortinainterna che separa anglo-americani esocialisti - e che ritrae De Gasperi come illiberatore che riporterà Trieste all’Italia. DiTrieste, fino al ’54 il resto della stampa nonfa parola”.Quando hai saputo di aver vinto la borsa distudio? “Tardi. Avevo dimenticato di indicarel’indirizzo e-mail sul modulo. Per fortuna ilcomunicato è arrivato anche a una miaamica che aveva partecipato al concorso.Ho subito telefonato all’Ordine per avereconferma”. Come userai i soldi? “Pagheròla seconda rata di un master in Comunica-zione”. E comunicare oggi, si sa, costamolto.

Uno studio approfondito dell’Equipe, princi-pale quotidiano sportivo francese, permetterne in risalto le caratteristiche e le diffe-renze rispetto alle pubblicazioni di oggi e percapire come il giornalismo sportivo sia diven-tato un fenomeno di costume. È questo loscopo della tesi scritta da Pamela Notaro, 26anni, di Carate Brianza (Milano), laureata inLingue e letterature straniere all’UniversitàStatale, con una tesi in Storia del giornalismodal titolo “Un giornale sportivo francese.L’Equipe nel secondo dopoguerra”. Relatorela prof. ssa Rita Cambria.Il lavoro prende in considerazione i numeripubblicati nel 1948 e nel 1958 e ne analizzacontenuti, titoli, foliazione, uso delle fotogra-fie, tiratura e molti altri aspetti, per tracciarel’identikit del giornalismo francese nel secon-do dopoguerra. “Studiando i numeri dell’E-quipe pubblicati in due epoche così diverseho riscontrato molte differenze – racconta laNotaro. Nel corso degli anni è aumentatoprima di tutto il numero delle pagine. Se nel1948 il giornale usciva con soli quattro fogli,dieci anni dopo i giornalisti avevano a dispo-sizione molto più spazio per occuparsi didiscipline prima poco seguite. In secondo

di Daniela Uva

Pamela Notaro

Notaro evidenzia come l’Equipe abbiamostrato fin dai primi numeri “un taglioapolitico ed internazionale riportando solonotizie sportive e cercando di veicolareun’informazione imparziale sia a livellonazionale che mondiale. Queste caratteri-stiche, insieme alla qualità del lavoro e delprodotto offerto e del dinamismo nellapromozione di eventi, portarono l’Equipe adessere negli anni Cinquanta il quotidianofrancese più letto il lunedì mattina”.Due anni di intenso lavoro, spesi in granparte nelle sale della Biblioteca dello sport diRoma, spinta da una grande passione per ilgiornalismo. “Ho sempre voluto fare questomestiere – racconta Pamela. Avrei volutostudiare Scienze della comunicazione a Tori-no poi, per non lasciare la mia città, ho scel-to Lingue. Al momento di scrivere la tesi,però, sono tornata al mio vecchio amore. Perdue anni ho collaborato con il quotidianol’Esagono di Seregno occupandomi di sport,spettacoli, politica, mostre ed eventi culturali.Nel 2002 ho dovuto interrompere per motividi studio, adesso vorrei ricominciare. Il mioobiettivo è tentare di entrare all’Ifg nel prossi-mo biennio. Intanto, ho spedito il mio curricu-lum a diverse redazioni”.

luogo, ho notato il ricorso alla settimanalizza-zione degli eventi, ossia alla pubblicazione dirubriche settimanali create per affezionare illettore. Se poi nel 1948 l’Equipe dava spazioquasi esclusivamente all’automobilismo, nel1958 cominciavano già a essere molto segui-ti il ciclismo e il calcio”.Il lavoro si apre con un’introduzione sullastoria del giornalismo sportivo francese eparte dalla presentazione del primo quotidia-no interamente dedicato all’argomento: LeVelo. La tesi procede con l’analisi di un altrogiornale: l’Auto, vero e proprio precursoredell’Equipe, che nel giro di pochi anni prendeil posto de Le Velo e diviene l’unico quotidia-no sportivo del Paese. Alla metà degli anniQuaranta l’Auto chiude, perché sospettato dicollaborazionismo con il regime nazista, equesto apre la strada alla nascita dell’Equi-pe, avvenuta nel 1946. Le conclusioni sonodedicate a una panoramica sulla situazionepolitica, economica e sociale della Francianel secondo dopoguerra e a un raffronto frala stampa sportiva d’oltralpe e quella italiana.“Attraverso questo lavoro – dice l’autrice –ho spiegato i motivi per i quali il giornalismosportivo sia diventato un vero e proprio feno-meno di costume. Determinante è semprestata la sua capacità di innovarsi, di farsicapire e di raggiungere qualsiasi lettore”. Einfatti nelle pagine della sua tesi Pamela

Equipe, se un giornale sportivodiventa fenomeno di costume

14 ORDINE 4 200514

Lazzotti Federico Università studi Siena-facoltà lettere e filosofia Il “Corriere della Sera” in Iraq: informazione di guerra. Prof. Nicola La BancaLeonardo Laura Università Cattolica Sacro Cuore Milano-facoltà lettere e filosofia Multigiornalismi: i linguaggi dell'on line e della carta stampata nei principali quotidiani italiani Prof. Walter PasseriniLicitra Anna Università studi Roma "La Sapienza"-facoltà psicologia Rappresentazioni sociali, identità e memoria sociale di un evento traumatico. L'11 settembre attraverso l'analisi dei mass media e dei new media. Prof.ssa A.S. De RosaLilliu Sara Università studi Siena-facoltà lettere e filosofia La televisione in televisione: evoluzione, linguaggio e pubblico in blob. Prof. Enrico MenduniLo Iacono Salvatore Università studi Palermo-facoltà scienze della formazione L'untore quotidiano. Pagine vagabonde di Gesualdo Bufalino, ultimo elzevirista. Prof. Franco NicastroLonardi Elena Università studi Bologna-facoltà lettere e filosofia Il reportage fotografico. Il caso di "d": veloci flash sui contrasti del mondo. Prof. Mauro SartiLongaretti Monica Università Cattolica Sacro Cuore Milano-facoltà lettere e filosofia L'islam di carta. L'immagine dei musulmani in Italia su alcuni quotidiani nazionali prima e dopo l'11 settembre 2001. Prof.ssa Anna Lisa CarlottiLonghi Lorenzo Università studi Bologna-facoltà lettere e filosofia L'evoluzione del quotidiano sportivo in Italia (1969-1983) Prof. Angelo VarniLorenzetti Ilaria Libera Università luiss-facoltà scienze politiche Storia, realtà e guerra: un processo ai mezzi di comunicazione Prof. Daniele PitteriLovrovich Chiara Università studi Trieste-facoltà giurisprudenza Il lavoro giornalistico. Prof. Luigi MenghiniLuciano Tomaso Università studi Siena-facoltà lettere e filosofia Il nazionalismo catalano e i suoi periodici barcellonesi nell'evoluzione del giornalismo spagnolo. Dalle origini alla guerra civile. Prof. Giovanni GozziniLussana Aurora Università studi Milano-facoltà scienze politiche Da "Lombardia autonomista" a "La Padania": storia della Lega nord attraverso la sua stampa. Prof.ssa Ada Gigli MarchettiMacaro Francesco Libera Università Maria ss. Assunta Roma-facoltà lettere e filosofia La religione che fa notizia: i quotidiani e Karol Wojtyla Prof.ssa Daniella IannottaMaddalena Erika Università studi Roma "La Sapienza"-facoltà scienze della comunicazione Quando il virus fa notizia. la copertura giornalistica della Sars su "La Repubblica" Prof. Alberto AbruzzeseMagliacano Roberta Università studi Milano Bicocca-facoltà sociologia Mario Borsa, giornalista liberale nel periodo 1893-1946, e la sua concezione di libertà di stampa come modello per i giornalisti di oggi. Prof. Francesco AbruzzoMagnani Letizia Università studi Siena-facoltà lettere e filosofia C'era una volta la guerra… e chi la raccontava. Da Iraq a Iraq: storia di un giornalismo difficile. Prof. Giovanni GozziniMalatesta Saverio Università Cattolica Sacro Cuore Milano-facoltà scienze politiche Informazione e guerra durante il secondo conflitto mondiale: il caso della battaglia di Cassino Prof. Fausto ColomboMancini Stefano Libera Università lumsa-facoltà lettere e filosofia Storie di inviati di guerra: Luigi Barzini ed Ernest Hemingway. Prof. Francesco MalgeriManduchi Stella Lusma libera Università Maria ss. Assunta-facoltà lettere e filosofia L'informazione sanitaria nei media: luci e ombre Prof. Sergio ChizzolaManessi Marzia Università studi Bergamo-facoltà lingue e letterature straniere "More taste than money" Vogue, Edna Chase e il giornalismo femminile americano. 1895-1952 Prof. Oliviero BergaminiManno Ilaria Università studi Napoli Federico II-facoltà lettere e filosofia "Il Sofà delle Muse": la terza pagina del "Corriere della Sera" tra il 1971 e il 1974. Prof. Matteo PalumboManzoni Chiara Politecnico di Milano-facoltà architettura e società L'architettura della domenica. Gli stadi per il calcio tra spazi, costume e informazione. Prof. Emilio FaroldiMariani Cristiana Università Cattolica Sacro Cuore Milano-facoltà lettere e filosofia Calciomercato: da guerra dei sogni e delle vanità a business ai tempi della crisi. Dagli anni ottanta ai primi anni duemila. Prof. Giancarlo PadovanMariani Milla Università studi Parma-facoltà lettere e filosofia Gruppi in movimento. Sei mesi nelle dinamiche sociali e nell'evoluzione del movimento dei movimenti attraverso la stampa. Prof.ssa Tiziana ManciniMaroli Stefano Università studi Milano-facoltà scienze politiche Alla ricerca dell'informazione: nuove tendenze giornalistiche in Brianza tra referenzialità e sensazionalismo. Prof. Gianpietro MazzoleniMartinelli Gianni Libera Università Maria ss. Assunta Napoli-facoltà lettere e filosofia Guido Gonella il giornalista Prof. Francesco MalgeriMassarotti Mario Università studi Teramo-facoltà scienze politiche Il giornalismo degli anni settanta e ottanta di fronte al fenomeno del terrorismo: il caso "G. D'urso". Prof. Piero Nicola Di GirolamoMattiuzzo Federica Università studi Padova-facoltà scienze politiche Carcere e controinformazione: l'esempio di ristretti orizzonti. Prof. Giuseppe MosconiMazza Federica Università studi Milano Bicocca-facoltà sociologia Fnsi e Associazione lombarda dei giornalisti, storia di un sindacato tra libertà e diritti. Dalle origini a Walter Tobagi. Prof. Francesco AbruzzoMeggiolaro Laura Università studi Padova-facoltà lettere e filosofia Gli esteri nella stampa italiana: il caso Internazionale. Prof. Fabrizio TonelloMenna Antonio Università studi Napoli "Federico II"-facoltà scienze politiche Il mostro in prima pagina. I mass media italiani e la comunicazione del crimine dagli anni cinquanta ad oggi. Prof.ssa Giuliana GuadagnoMenotti Arianna Università studi Roma "La Sapienza"-facoltà scienze della comunicazione L'evoluzione del linguaggio giornalistico su Internet: la nuova frontiera del web-journalism. Prof. Ernesto AssanteMezzatesta Manlio Università studi Palermo-facoltà scienze della formazione Le voci dello sport. Miti, riti e linguaggi del più popolare genere giornalistico. Prof. Franco NicastroMigliozzi Alessandra Università studi Roma "La Sapienza" - facoltà scienze della comunicazione Cronisti nell'era dell'umts. sms e video news: i canali e le forme del giornalismo senza fili. Prof. Rinaldo FontanarosaMiletta Sonia Università studi Milano Bicocca-facoltà di sociologia Paolo Mieli, dal gruppo Espresso alla “Stampa” e, negli anni di tangentopoli, al “Corriere della Sera”:

Un metodo che ha segnato una svolta nel giornalismo italiano. Prof. Francesco AbruzzoMoneta Silvia Università Cattolica Sacro Cuore Milano-facoltà lettere e filosofia Il giro d'Italia negli anni 1961-1969 Prof. Giovanni SantambrogioMulleri Enrica Università studi Cagliari-facoltà scienze politiche La guerra d'Etiopia nella stampa sarda Prof.ssa Bianca Maria CarcangiuMusina Paola Università studi Bologna-facoltà lettere e filosofia Il movimento del 1977 e i grandi quotidiani della sinistra: “La Repubblica”, “il Manifesto”, “l'Unità”. Prof.ssa Pina LalliNapolitano Roberto Università studi Bologna-facoltà lettere e filosofia "Newsline": How events become news. Etnografia di una newroom americana. Prof.ssa Pina LalliNasca Gesualdo Università studi Palermo-facoltà scienze della formazione Il giornalismo di Sciascia sui quotidiani siciliani: "l'Ora" e il "Giornale di Sicilia". Prof. Franco NicastroNebuloni Paola Elisabetta Università Cattolica Sacro Cuore Milano-facoltà lettere e filosofia 1939: nasce "Oggi", un settimanale Rizzoli. Prof.ssa Anna Lisa CarlottiNencini Martina Università studi Trieste-scuola sup. lingue moderne interpreti e traduttori Il telegiornale francese: il conduttore tra ritualità e soggettiva enunciativa Prof.ssa Nadine CelottiNoseda Valentina Università studi Roma tre-facoltà scienze politiche Radio b90. Un’esperienza di comunicazione in ambito concentrazionario Prof. Fortunato MinnitiNotaro Pamela Università studi Milano-facoltà lettere e filosofia Un giornale sportivo francese: “L’Equipe” nel secondo dopoguerra Prof.ssa Rita CambriaOdorifero Maria Carmen Libera Università luiss Guido Carli-facoltà scienze politiche Miti e realtà di una libertà: l’informazione. Prof. Alberto AbruzzeseOjetti Francesco Saverio Università studi Roma “La Sapienza”-facoltà lettere e filosofia Terze pagine: spogli 2003. Prof. Marcello CarlinoOliva Mara Libera Università Iulm-facoltà lingue, letterature e culture moderne La stampa americana: “l’International Herald Tribune”. Prof. Francesco MeliPace Fatima Università studi Palermo-facoltà scienze della formazione Raccontare la letteratura alla radio. Le conversazioni radiofoniche inedite di Arnaldo Bocelli sulla letteratura italiana. Prof. Antonio IurilliPacella Antonella Università studi Salerno-facoltà lettere e filosofia Problematica giuridica delle interviste giornalistiche Prof. Salvatore SicaPalanca Stefano Università studi Cassino-facoltà lettere e filosofia Henry James e il giornalismo. Un modello per il periodico di cultura. Pro. Giuseppe NoriPalladino Gianluca Università studi Torino-facoltà lettere e filosofia La stampa periodica locale nella provincia di Torino Prof. Mimmo CanditoPansa Viviana Università studi Torino-facoltà lettere e filosofia La stampa italiana all’estero: quattro paesi a confronto. Prof. Arnaldo BagnascoPaone Mariangela Università studi Roma “La Sapienza”-facoltà scienze della comunicazione Orient ex-press. La costruzione mediatica del rischio: la stampa e il caso sars. Prof. Alberto AbruzzesePasquali Valentina Università studi Bologna-facoltà lettere e filosofia Gli esteri nei media italiani 1983-2003 Prof. Fabrizio TonelloPasserotto Tiziana Università studi Bergamo-facoltà lettere e filosofia I dorsi: le strategie del “Corriere della Sera” nel mercato della stampa locale Prof. Franco BreviniPatti Fabrizio Giuseppe Università commerciale Bocconi Milano-facoltà economia I processi di cambiamento nelle imprese editoriali: il caso delle agenzie di stampa. Prof.ssa Paola DubiniPaulucci Maria Università studi Roma “La Sapienza”-facoltà scienze della comunicazione I giornali arcobaleno. Dieci magazine per la comunità omosessuale. Prof. Rinaldo FontanarosaPeralta Eugenio Università Iulm Milano-facoltà scienze della comunicazione e dello spettacolo Il giornale elettronico: informazione e cronaca sul televideo Prof. Angelo AgostiniPeru Maria Giovanna Università Cattolica Sacro Cuore Milano-facoltà lettere e filosofia L’informazione televisiva tra globale e locale. Il tg di Videolina. Prof. Marco Deriu

Undici capitoli, per “descrivere ed esaminareil cammino professionale e sindacale dellacategoria giornalistica”. Un lungo lavoro diricostruzione, che ha permesso di scoprire leorigini delle prime associazioni, di seguirne losviluppo attraverso le due guerre, fino allacomparsa della figura – carismatica e unica –di Walter Tobagi.Questa, in estrema sintesi, è la tesi di laureadi Federica Mazzi, intitolata “Fnsi e Associa-zione lombarda dei giornalisti, storia di unsindacato tra libertà e diritti. Dalle origini aWalter Tobagi”: lavoro conclusivo di un percor-so di studi presso l’Università Bicocca di Mila-no. Relatore il prof. Francesco Abruzzo.Un’opera che è risultata vincitrice nella terzasezione del premio per la miglior tesi di laureasul giornalismo. E che non solo ha indagato ericostruito la storia del sindacato dei giornali-sti italiani, ma ha posto l’accento su alcuneprecise tematiche.Dalla nascita dell’Associazione stampa perio-dica a Roma, prima forma associazionisticadella categoria giornalistica nel 1877, e della“Lombarda” del 1890, Federica Mazza proce-de a trattare la stesura del primo contrattogiornalistico, avvenuta nel 1911 e perfeziona-

di Elena Nieddu

ASSEMBLEA

DE

GLI ISCRITT

I

2005

Federica Mazza

ta poi nel 1913. Altro caposaldo della tesi, èl’analisi del “Progetto Modigliani”, una propo-sta di legge avanzata nel 1918 da un deputa-to socialista, che anticipa le norme sullatrasparenza delle proprietà e del finanziamen-to dei giornali, trasformate in legge solo nel1981.Ben quattro capitoli sono poi dedicati al perio-do del ventennio fascista e al secondo dopo-guerra: con l’istituzione dell’Albo dei giornali-sti, la rinascita della Federazione nazionalestampa italiana (avvenuta il 26 luglio 1943,proprio un giorno dopo il Gran consiglio delfascismo), il primo congresso della stampanell’Italia liberata del 1946.Nelle ultime due parti si riassumono le vicen-de alterne della Fnsi dal dopoguerra al 1979,punteggiate di scontri duri con gli editori, macaratterizzate anche dal ruolo sempre piùimportante della “Lombarda” come incubatri-ce di nuove iniziative, in particolare con lacorrente “Stampa democratica”, che trova inWalter Tobagi una guida carismatica.Proprio a Tobagi è dedicato l’ultimo capitolodella tesi: definito leader dell’intera categoria,l’inviato del Corriere della Sera – esposto inprima linea contro il terrorismo, ucciso dalleBrigate Rosse il 18 maggio 1980 – è raccon-tato come una figura a tuttotondo. Dall’esordioalla Zanzara, agli anni della “gavetta”, all’in-

La storia del sindacato dalle originia Tobagi (passando per Borsa)

La giuria tecnica che ha aiutato il Consiglio

Camillo Albanese, Andrea Baiocco, Gino Banterla, Aldo Bernacchi, Andrea Biglia, RitaBisestile, Gianfranco Bonanno, Andrea Bosco, Gianfranco Buosi, Maria Gabriella Busso-lati, Giovanna Calvenzi, Daniela Castelli, Leonardo Coen, Matteo Collura, Arturo Colom-bo, Vittorio Da Rold, Nicola D’Amico (coordinatore scientifico), Antonio D’Orrico, Giaco-mo de Antonellis, Gianni de Felice (coordinatore scientifico), Marzio De Marchi, MassimoDini, Gianluigi Falabrino, Enrico Fedocci, Giacomo Ferrari, Dario Fertilio, Antonella Fiori,Franz Foti, Emma Franceschini, Mario Furlan, Marco Garzonio, Robertino Ghiringhelli,Michele Giordano, Elisabetta Invernici, Lorenzo Leonarduzzi, Anna Mannucci, ArmandoMassarenti, Alberto Mazzuca, David Messina, Francesco Napoli, Alfredo Pallavisini, MarioPancera, Paola Pastacaldi, Patrizia Pedrazzini, Emilio Pozzi, Ruben Razzante, TizianoResca, Gianni Rizzoni, Roberto Rocca Rey, Francesca Romanelli, Ottavio Rossani,Giovanni Santambrogio, Claudio Scarinzi, Filippo Senatore, Simona Spaventa, Gigi Spero-ni, Livio Sposito, Gregorio Terreno, Camilla Testi, Lucia Vastano, Roberto Zoldan.

LE 232 TESI

15ORDINE 4 2005

Piras Daniele Università studi Sassari-facoltà scienze politiche Limiti professionali al diritto di cronaca. Dott. Rosario CecaroPirotto Sara Università studi Siena-facoltà lettere e filosofia Ultime notizie dell’arte oggi. I courtroom artists Prof. Omar CalabresePirri Alessandra Università Cattolica Sacro Cuore Milano-facoltà lettere e filosofia Dagli eventi alle notizie: costruzione sociale o decostruzione della realtà? Il caso “Studio aperto”, il tg di Italia 1. Prof. Marco DeriuPisani Michele Libera Università lumsa Roma-facoltà lettere e filosofia Mito terzista e realismo della fronda nel giornalismo italiano. Prof. Pasquale RotunnoPoli Stefania Università studi Firenze-facoltà lettere filosofia Natalia Ginzburg giornalista. Dott.ssa Rita GuerricchioPolicicchio Mara Università studi Messina-facoltà giurisprudenza Il giornale telematico Prof.ssa Francesca PanuccioPolidori Stefania Università Cattolica Sacro Cuore Milano-facoltà lettere e filosofia Alfredo Todisco tra giornalismo e letteratura. Prof. Enrico ElliPopescu Diana Università studi Cagliari-facoltà scienze politiche Jessie White Mario. Il primo femminismo del risorgimento. Prof.ssa Maria Corona CorriasPossenti Valentina Libera Un. Maria ss. Assunta Roma-facoltà scienze della comunicazione Comunicare la salute pubblica internazionale Prof. Carlo GelosiPraino Jessica Università Cattolica Sacro Cuore Milano-facoltà lingue e letterature straniere La guerra in Cecenia attraverso un confronto tra la stampa russa e la stampa americana. Prof.ssa Annalisa CarlottiPrattichizzo Anna Libera Università lusma-facoltà lettere e filosofia “Il Secolo d’Italia”. Com’è cambiato il giornale della destra dopo Fiuggi. Prof. Francesco MalgeriPressenda Andrea Università studi Roma tre-facoltà scienze politiche Società e giornalismo. Il caso Germania tra integrazione e corrispondenze. Prof.ssa Maria Luisa ManiscalcoRadojkovic Monica Università studi Udine-facoltà lingue e letterature straniere I giornali elettronici: modelli e tendenze dell’informazione on line in Italia. Prof.ssa Antonella VaresanoRaniolo Lorenzo Università studi Urbino-facoltà sociologia La stampa a Fabriano (1875-1878) Prof. Vittorio PaolucciRasero Francesco Università studi Torino-facoltà lettere e filosofia Giornalisti “embedded” nella terza guerra del golfo (marzo-aprile 2003) Prof. Mimmo CanditoRaspa Beatrice Università studi Padova-facoltà lettere e filosofia Una tradizione, una città, un quotidiano: “Il giornale di Brescia” 1945-‘47 Prof. Silvio LanaroRatto Stefano Università studi Genova-facoltà lingue e letterature straniere Autori e temi della letteratura latino-americana negli anni ‘90 attraverso due quotidiani europei: “El Pais” e “la Repubblica”. Prof. Marco CipolloniRe Luca Università studi Siena-facoltà lettere e filosofia L’alpinismo sui quotidiani: dal K2 a Messner (1954-1986). Prof. Giovanni GozziniRivieri Elena Università studi Parma-facoltà lettere e filosofia La costruzione del consenso: il franchismo. Analisi dei quotidiani madrileni del 1939. Prof. G. PadovaniRocco Krizia Università studi Napoli “Federico II”-facoltà sociologia Basilicata: la regione oscurata. Luci e ombre della stampa lucana. Dott.ssa Nunzia MarroneRodda Giordano Università studi Genova-facoltà economia Le nuove tecnologie e le professioni del giornalismo: il caso genovese. Prof. Agostino MassaRomano Alessia Università studi Milano Bicocca-facoltà sociologia La rappresentazione del parenticidio sulla stampa quotidiana. Due casi a confronto. Prof. Maurizio PisatiSabato Miriam Università studi Roma “La Sapienza”-facoltà sociologia Penne oneste e antenne responsabili. Il giornalista radiotelevisivo in Italia. Prof. Franco ChiarenzaSagrestano Stefano Università studi Bologna-facoltà scienze politiche “L’Italia” di Milano e l’avvento del centro sinistra 1960-1963. Prof. Paolo PombeniSamà Isabella Università studi Roma “La Sapienza”-facoltà scienze della comunicazione “Bibbia in tasca e giornale sottobraccio”. Formazione e informazione nella comunità di Sant’Egidio di Roma. Prof. Mario MorcelliniSantese Giammarco Università studi Roma tre-facoltà scienze politiche Il PCI e il conflitto arabo-israeliano. “l’Unità” e “Rinascita” (1945-1956). Prof. Renato MoroSarno Adele Giorgia Università studi Perugia-facoltà lettere e filosofia Tv7: l’inchiesta televisiva in Italia dal miracolo economico agli anni di piombo Prof. Dario BioccaSernia Filomena Università studi Teramo-facoltà scienze della comunicazione Un giornale cattolico di provincia nell’Italia liberale: “L’araldo abruzzese”. Prof. Piero Nicola Di GirolamoServenti Longhi Giulia Università studi Roma “La Sapienza”-facoltà scienze della comunicazione Indipendente da chi? Il giornalista italiano tra autonomia e controllo: il caso de “l’Unità” Prof. Mario MorcelliniSettanni Angela Università studi Bari-facoltà scienze della formazione Evoluzione del giornalismo televisivo Prof. Vito GallottaSichera Vincenza Roberta Università studi Palermo-facoltà scienze della formazione L’evoluzione delle news tv: confronto di una notizia fra i tg tradizionali e Rainews24 Prof. Etrio FidoraSilla Andrea Libera Università Iulm-facoltà scienze della comunicazione In prima linea. Motivazioni, paure ed emozioni degli inviati di guerra. Prof. Angelo AgostiniSincinelli Simona Università studi Bergamo-facoltà lingue e letterature straniere Dar voce a chi non ha voce. L’informazione alternativa: il caso della Missionary Service News Agency. Prof. Oliviero BergaminiSolimando Giovanna Università studi Siena-facoltà lettere e filosofia Il gruppo editoriale Giunti: strategie e risposte alla crisi del mercato editoriale in Italia Prof. Giovanni GozziniSomaschini Cristiano Università studi Bologna-facoltà lettere e filosofia L’ansa in parallasse. Storia e mutamenti del ruolo dell’agenzia nell’Italia del II dopoguerra (1945-2000). Prof. Angelo VarniSoragna Danilo Università Bologna-facoltà lettere e filosofia Fascismo e costruzione del consenso. “La voce di Mantova” 1935-1943. Prof. Luciano CasaliSpinella Viviana Università studi Roma La Sapienza-facoltà scienze della comunicazione Edizione extra-ordinaria. Tg1 e Tgla7: le notizie di immigrazione tra produzione, rappresentazione e percezione. Prof. Mario MorcelliniSpinosa Massimo Università Cattolica Sacro Cuore Milano-facoltà scienze della comunicazione I figli di Dayton. La condizione dell’infanzia nella Bosnia del dopoguerra. Prof. Alessandro ZaccuriSudati Ilaria Università studi Milano-facoltà lettere e filosofia L’informazione teatrale: i quotidiani milanesi nel secondo dopoguerra Prof.ssa Rita CambriaSvegliati Cristina Università Cattolica Sacro Cuore Milano-facoltà scienze linguistiche L’11 settembre 2001 in alcuni giornali spagnoli. Prof.ssa Anna Lisa CarlottiTaccani Ettore Università studi Milano-facoltà scienze politiche Il feuilleton: tra genere letterario ed espediente editoriale. Prof.ssa Ada Gigli MarchettiTanzi Paolo Università studi Parma-facoltà lettere e filosofia “Il Male” (1978-1982): la nuova satira politica in Italia Prof. Antonio ParisellaTessarin Beatrice Università studi Ferrara-facoltà giurisprudenza Rilievo civilistico del codice deontologico dei giornalisti. Prof.ssa Maria Vita De GiorgiTibollo Alessandra Università studi Perugia-facoltà lettere filosofia e scienze politiche Nelle rete delle redazioni: viaggio dal “Corriere dell’Umbria” a Rainews 24. Prof. Pierfrancesco PensosiTissone Nadia Università studi Genova-facoltà scienze politiche Stampa italiana ed Islam. La svoltà dell’11 settembre (“La Repubblica”, “Il manifesto”, “l’Unità”). Prof.ssa Marina MilanTommasiello Luca Università studi Napoli Federico II-facoltà economia L’informazione economica nel periodo del boom. “Il Globo” dal 1958 al 1961. Prof. Nicola De NanniTonetto Ilaria Università studi Padova-facoltà scienze politiche “La tribuna“ di Treviso (1978-2003) venticinque anni di presenza nel contesto locale Prof. Filiberto AgostiniTraverso Francesca Università studi Genova-facoltà lingue e letterature straniere La donna degli anni novanta in “Time” e “Newsweek” Prof.ssa Marina MilanVasai Nicola Università studi Siena-facoltà scienze politiche 1954-2004: 50 anni di tg. La storia del telegiornale italiano e il caso di Rtv 38 in Toscana. Prof.ssa Donatella CherubiniVasquez Lorena Università studi Bologna-facoltà lettere e filosofia “Città del Capo radio metropolitana”: sguardo etnografico all’interno di un’emittente locale e indipendente. Prof.ssa Pina LalliVeronelli Elena Università studi Roma "La Sapienza"-facoltà scienze della comunicazione La libertà di stampa nell'Unione europea e nell'ordinamento italiano Prof. Gian Piero OrselloVitiello Ciro Università studi Urbino-facoltà sociologia "Free Press" in Italia Prof. Gianluigi MontresorZaccarella Pietro Università studi Torino-facoltà scienze politiche Politica estera e comunicazione: "la prima guerra del Golfo secondo “la Repubblica” e “l’Unità”. Prof. Gia Giacomo MigoneZaccarelli Jessica Università studi Torino-facoltà scienze della formazione I linguaggi della radio e della televisione nel giornalismo. Prof. Sergio ZenattiZambelli Francesco Università studi Bologna-facoltà lettere e filosofia L'informazione nelle radio comunitarie del circuito Global audio project. Prof. Angelo AgostiniZanier Karen Università studi Trieste-facoltà lettere e filosofia Carolina Sabbadini Luzzatto: una protagonista della Gorizia d'altri tempi. Prof.ssa Maria Cristina BenussiZedda Denise Università studi Cagliari-facoltà lingue e letterature straniere La terminologia giornalistica tra contesto italiano e contesto anglosassone. Prof.ssa Laura PisanoZipponi Diego Università studi Trieste-facoltà scienze della formazione Cronaca e tecnologia. Cinquant'anni di informazione televisiva in Italia Prof. Euro MetelliZuccon Boris Università studi Milano Bicocca-facoltà sociologia Onde libere. Nascita e sviluppo dell'emittenza privata in Italia. Leggi e contenuti. Prof. Francesco Abruzzo

treccio tra professione e sindacato.Una personalità di spicco nel mondo del gior-nalismo che, nelle conclusioni, è paragonataad un’altra grande figura: quella di MarioBorsa. “Le idee di Tobagi rappresentano lacontinuità del pensiero di Borsa” – spiegaFederica Mazza. “Entrambi – si legge –hanno saputo esporsi in prima persona nelpromuovere e difendere il sindacato dei gior-nalisti, nazionale e lombardo. Borsa, neglianni difficili del fascismo. Tobagi, in quelli dipiombo”. Federica apprezza di Tobagi “l’eclet-ticità, il fatto di essere stato un giornalistaimpegnato. Con un motto ben definito: volercapire per poter spiegare”. Federica Mazzaha le idee ben chiare: “da grande” vuol fare lagiornalista. E occuparsi di storia: “Sono piùattratta dal giornalismo di ricerca che nondalla cronaca”. In altre parole: preferisce i librial “marciapiede”. Ama viaggiare e leggeromanzi: soprattutto di quegli autori che “scri-vono con semplicità e raccontano bene lesituazioni quotidiane”. Cosa si augura per ilfuturo? “La realizzazione professionale,innanzi tutto. Ma ci sono anche altre coseimportanti. Sono ottimista e contenta di quel-lo che ho”. Un bel punto di partenza.

“Scrivo queste pagine mentre ancora in Iraq sispara e si muore”. Inizia con queste parole lalunga ricerca di Letizia Magnani, laureatasiall’università di Siena con una tesi sul giornali-smo di guerra: “C’era una volta la guerra e chila raccontava. Da Iraq a Iraq: storia di in gior-nalismo difficile”. Relatore il prof. GiovanniGozzini. Il 20 marzo 2003 ebbe inizio l’opera-zione “Iraq freedom”: truppe anglo-americaneentrarono da sud in territorio iracheno, missiliCruise e bombardieri colpirono la periferia diBaghdad. Gli stessi spari di mortaio si odonooggi, a distanza di quasi due mesi dalle primelezioni democratiche. Nulla è cambiato. Letiziarisponde al telefono e accetta con entusiasmodi parlarmi della sua tesi di laurea.“Ho impiegato due anni per raccogliere mate-riale, leggere, capire, incontrare persone, gior-nalisti e storici”, sottolinea. Ma perché proprioil giornalismo di guerra? “Forse perchè lo statodi guerra permanente ci induce spesso apensare che ciò di cui abbiamo notizia, ciò cheavviene – scrive nell’introduzione alla sua tesi– sia una novità. In realtà censura e orrori,distruzione e morte sono sempre stati all’ordi-ne del giorno nella storia dell’uomo”.Nessuno, o pochi di noi, nel mondo occidenta-

di Claudia Mazzaferro

Letizia Magnani

che avviene mentre avviene. Tentando di dareun senso a ciò che vivono senza mai perde-re l’obiettività”. “Tramite loro ho potuto capireun po’ meglio chi sia e cosa faccia il giornalistadi guerra. Tutti i giornalisti incontrati mi hannoinsegnato che fare giornalismo essenzialmen-te significa ‘capire e far capire’”.Il lavoro racchiude in sé due anime e tieneinsieme due metodi: quello giornalistico e quel-lo storico. La storia dell’uomo è una storia dicambiamenti. Osservare i fenomeni del tempo,questo è ciò che in genere fa lo storico, maanche quello che spesso prova a fare il gior-nalista. Il giornalista “investiga, indaga, cercadi capire, e si testimone orgoglioso dellarealtà”. Ma questo giornalista è morto. “Mentrefino a pochi anni fa – continua – il giornalista diguerra era ancora una figura mitica che anda-va in luoghi sconosciuti ai più, ora che ricevia-mo comunicazioni da tutto il mondo, anche lafigura del giornalista è cambiata”. “Intanto ilgiornalista non è più solo. Accanto a lui, araccontare la guerra, ci sono altri soggetti chevedono, vivono. Così che il giornalista non èormai che uno dei protagonisti in campo, chevive il peso sempre maggiore che hannoassunto i sistemi mediatici”.

le, ha esperienza diretta della guerra. Tutto ciòche sappiamo e vediamo è esperienza media-ta. Sono i giornalisti inviati, in particolare, araccontare ciò che vivono: la guerra vera, inmaniera più diretta rispetto a tutto il resto delmondo. Eppure, scrive Letizia, almeno da diecianni a questa parte, ognuno è certo di viverein un periodo di guerra permanente, un perio-do nel quale la violenza e il terrore sono temiricorrenti nei Tg della sera e non solo. Oggi,continua, “ognuno di noi ha in qualche modoesperienza della guerra”. Ma le guerre sonocambiate e con esse il modo di raccontarle. “Ilgiornalista di guerra è un testimone professio-nista che racconta di un mondo che apparelontano, ma che spesso lontano non è”. Nascequi la passione di una ragazza di provincia chevuol saperne di più. “Quello del giornalista èun lavoro tanto meraviglioso, quanto difficile. Èun lavoro in piena mutazione fino al punto chepuò sembrare che si stia convertendo in altro”.Il tema della tesi è proprio il cambiamento. “Laguerra è cambiata, non sai mai se il nemico cel’hai davanti o dietro, avventurarsi è molto diffi-cile.Bisogna seguire le tracce, i segni, la guida.Capire chi è il nemico è sempre più difficile”.Ma, questo è solo uno degli elementi delcambiamento. “Al centro del mio lavoro – conti-nua – ci sono le storie di uomini e di donne chehanno un ruolo non semplice: raccontare ciò

Come è cambiato il giornalistae il giornalismo di guerra

16 ORDINE 4 2005

Assemblea nazionale indetta dalla Fnsi al Circolo della Stampa di Milano

Periodici, radiografia di un mercato in preda a “schizofrenia editoriale”

■ “C’è chi rischia la vita andando a fare l’in-viato di guerra – ha esordito il segretario

nazionale della Federazione della stampa,Paolo Serventi Longhi –. C’è chi la rischiarischiando di perdere, ogni giorno, la propriadignità.Nel settore dei periodici, abbiamo assi-stito ad avventure editoriali assurde, fruttodella logica dell’inseguimento, dell’imitazione,della competizione sfrenata, al solo scopo diriuscire a strappare brandelli di mercato. Unavera e propria schizofrenia editoriale si è impa-dronita degli editori, di quelli dei periodici inmodo particolare. Per loro, il giornale è solo unprodotto industriale”.

■ I “numeri” li ha forniti Giovanni Negri,presidente dell’Associazione lombarda

dei giornalisti. Nel 2004, il bilancio comples-sivo della pubblicità ha raggiunto gli 8.122milioni di euro, il 7,3% in più rispetto all’annoprecedente. Di questi, 4.551 milioni sonoandati alle televisioni (+ 10,4%) e 2.888 allastampa (+ 2,4% ai quotidiani, + 0,3% aiperiodici). “Lo strapotere televisivo, il duopo-lio Rai-Mediaset, non sono certo garanzia dipluralismo”, ha ribadito Negri, sottolineandocome, in Italia, le Tv assorbano il 57% degliinvestimenti pubblicitari, contro una mediaeuropea del 29%, mentre alla carta stampa-ta va il 37%, a fronte del 55% dell’Europa.“In quattro anni – ha aggiunto – i giornalihanno perso 570 milioni di euro in pubblicità,mentre Mediaset, da sola, fattura più di tuttala carta stampata. La risposta degli editori atutto questo? Ridurre i costi, e non assume-re più”.Di qui lo scorporo, la riduzione, la definitivachiusura delle redazioni; il decentramentodella forza lavoro; la vendita delle testate; lospostamento dei colleghi in posti meno tute-lati sul piano economico e normativo. “Quasitutti i periodici – ha detto Serventi Longhi –sono reduci da situazioni che hanno richie-sto l’intervento del sindacato, mentre, dalGoverno, non arriva una parola su questo

particolare settore. Nel quale, non dimenti-chiamolo, la realtà lombarda rappresenta, inassoluto, la realtà”.

■ “Quello della crisi dei periodici – gli hafatto eco Guido Besana, segretario

generale aggiunto della Fnsi – è un problemanazionale, che ha il suo cuore a Milano, mache si inserisce in un quadro europeo, ancheperché si tratta del settore della carta stampa-ta nel quale maggiore e più forte è la presen-za delle multinazionali. Per non parlaredell’annunciata, nuova direttiva europea che,prospettando per i giornalisti italiani che lavo-rano all’estero l’applicazione dei contratti invigore negli altri Paesi della Ue, minaccia diavere effetti devastanti sul nostro mercato dellavoro. Il tutto inserito in un quadro generaleche fa rabbrividire: aziende che, tutte le volteche si delinea una crisi, non sanno fare dimeglio che cambiare la concessionaria dellapubblicità; un marketing che sa solo concre-tizzarsi nella vendita di collane di libri inutili eingombranti; un intervento sul prodotto-gior-nale che si materializza esclusivamente neltaglio di posti di lavoro. Il sogno di questi edito-ri? Fare i giornali senza i giornalisti”.Un obiettivo che – i partecipanti all’affollatis-sima assemblea lo hanno sottolineato in piùoccasioni – ha trovato un valido alleato nellalegge Biagi. “Il panorama giuridico delmercato del lavoro dei giornalisti – ha dettoMario Fezzi, avvocato del lavoro del collegiolegale dell’Alg – è peggiorato. Già prima ilcontratto a termine era una prassi quasinormale, ma, con la legge Biagi, sono stateintrodotte ulteriori forme di flessibilità e diprecarietà. Già il titolare di un contratto atermine è, sempre e comunque, un lavorato-re ricattabile. In più, sono arrivati concettiquali l’affitto, il distacco, l’appalto, i quali, aparte il fatto che si tratta di termini da sempreapplicati alle cose, non alle persone, appaio-no tutti caratterizzati da una sempre minoretutela del giornalista. Così, gli articoli 1 sonoquasi del tutto scomparsi, mentre i contrattiatipici, che poi sono diventati tipici, rappre-sentano la norma”.

■Ma se la legge Biagi si configura comeun ottimo “strumento”, è innegabile che,

a monte, altre e altrettanto pesanti siano lecause della crisi della stampa periodica. Unquadro i cui contorni sono stati delineati dalsociologo Fausto Colombo, responsabiledell’Osservatorio della comunicazione, ilquale è partito da una considerazione dibase: gli italiani titolari di una “competenzaalfabetica elevata” sono l’8% della popolazio-ne, contro il 13% dei tedeschi e il 32% deglisvedesi.Un dato cui va ad aggiungersi tutto il resto:“la costante caduta della spesa per l’acqui-sto dei periodici; la concorrenza a questigiornali, data dall’aumento dei nostri conna-zionali che, per avere informazioni, si avval-gono di Internet; la legge Gasparri, dellaquale non si potrà mai arrivare a dire abba-stanza male; la mancanza di una seria politi-ca antitrust; l’arretratezza dei nostri investito-ri pubblicitari, che puntano tutto sulle televi-sioni. Per non parlare dello scenario che siprofila con l’avvento del digitale, e che saràanche peggiore”.Il tutto, a fare da supporto a un modello diprecarizzazione continua che, secondo ilsociologo, affonda le sue radici in fattori quali“il qualunquismo nazionale, una culturaaziendalistica semplicistica, che riporta tuttoalle ragioni del mercato, una strategia politi-ca evidente e chiara”.

■ In tema di pubblicità, Monica Bozzelli-ni, caporedattore del settimanale

Pubblicità Italia, ha illustrato le previsioni peril 2005: un incremento del 2,4% per le tv,dell’1,5% per i quotidiani, dell’1,3% per iperiodici. Insomma, un anno ancora difficileper la stampa, anche se contraddistinto dauna certa crescita. Chiaro che, della pubbli-cità, i giornali hanno bisogno, ma, ha avverti-to la Bozzellini, attenzione: il pericolo è chequesti diventino “malleabili”, quasi “ostaggi”della pubblicità, facendo passare insecond’ordine, se non accantonandocompletamente, la qualità del prodotto cheoffrono al lettore.

■E ancora Paolo Martinello, avvocato epresidente dell’associazione Altrocon-

sumo: “Le cattive abitudini della pubblicitàtelevisiva si ripercuotono su quella dellacarta stampata. E ci sarebbe da stupirsi secosì non fosse.Da una recente indagine condotta su settecanali tv – i tre Rai, i tre Fininvest e La 7 –nella fascia oraria protetta del tardo pome-riggio, è emerso che sei su sette, con la solaesclusione di Rai 3, sforano in misura varia-bile dal 10 al 25% i limiti dell’affollamentopubblicitario, collocando inoltre, in una fasciaper l’appunto protetta, spot di alcolici e dibevande energetiche. Di contro, sui giornaliregistriamo la presenza di pubblicità occultao non trasparente, mentre gli organi di stam-pa liberi di informare sulle truffe in materia, ocomunque di dare al lettore informazioniscomode, sono sempre meno numerosi ehanno vita difficile”.

■Questo il quadro generale che fa dasfondo alla crisi del mercato dei perio-

dici, sui quali rischia tra l’altro di ricadere,come ha fatto notare Gabriele Porro,consigliere nazionale della Fnsi, “anche unapossibile crisi di credibilità, frutto dellospostamento informativo che si sta verifi-cando: perché se le notizie le dà la tv, iquotidiani bene o male finiscono per fare isettimanali, i settimanali fanno i mensili, e imensili non si sa bene che cosa finiranno afare”.“In un settore nel quale i direttori sonosempre più direttori di marketing e di pubbli-cità che difensori dell’autonomia giornalistica– ha accusato Paolo Serventi Longhi – ilcompito del sindacato è duplice: da un latodare tutela a quella miriade di collaboratori edi precari che non ce l’hanno, dall’altro difen-dere i giornalisti dipendenti e il ruolo delleredazioni. Quello che abbiamo di fronte è unavversario duro, che gioca sporco e che tiracolpi bassi. Il nostro obiettivo è riportare lalegalità nelle aziende, e la serenità sul postodi lavoro. Non posso promettervi altro cheuna stagione di lotte”.

di Patrizia Pedrazzini

Roma, 16 febbraio 2005. Risultati positiviper la stampa italiana nel periodo 2001-2004, nonostante la crisi delle entratepubblicitarie, che penalizzano l’editoria atutto vantaggio della tv. È questo, in sintesi,il quadro che emerge dalle indagini realiz-zate rispettivamente dall’Ufficio studi dellaFieg sull’andamento economico-produttivodel settore dell’editoria giornalistica, quoti-diana e periodica nel periodo 2001-2004 edalla società Deloitte & Touche (su incaricodella stessa Fieg) sui bilanci dei quotidianinel triennio 2001-2003. In dettaglio, cresco-no i ricavi editoriali (+5,4% nel 2003 e +7%nel 2004), i margini di redditività e gli utilidelle imprese editrici di quotidiani (+16,5%nel 2003). Tiene la diffusione e aumenta ilnumero dei lettori.

QUOTIDIANI Stabile la vendita media giornaliera, consegni di ripresa negli ultimi mesi del 2004che fanno crescere la media annua quoti-diana (+0,2%). L’andamento negativo delleentrate pubblicitarie non ha impedito aibilanci aggregati delle 58 imprese editrici diquotidiani di far registrare nel 2003 un risul-tato netto aggregato positivo di 262,7 milionidi euro (+16,5% rispetto al 2002). L’incre-mento dei ricavi editoriali nel 2003 (+5,4%)è stato superiore a quello dei costi operativi(+4,1%): di qui l’aumento del margine opera-tivo lordo del 17,2%. Decisivo il contributodelle vendite collaterali. Nei primi nove mesidel 2004 le cinque principali società editricidi quotidiani e periodici quotate in Borsavalutano nell’ordine di circa 550 milioni di

euro il fatturato di questi prodotti, cioè+36,5% rispetto allo stesso periodo del 2003(402,4 milioni). Nel 2003, sono state vendutiin edicola, abbinati a quotidiani e periodici,62 milioni di copie di libri (+40% sul 2002) enel 2004 si prevede che raggiungano i 70milioni di copie: una conferma - secondo laFieg - della capacità delle testate giornalisti-che di orientare le scelte del pubblico. Per il

2004 si stima, sul fronte dei ricavi, un’evolu-zione degli investimenti pubblicitari pocosoddisfacente (+2%) bilanciata da unacrescita dei ricavi da vendita complessivi(+10,5%) spinti dai prodotti collaterali inaumento del 30-35%. Questo dovrebbecomportare un’ulteriore crescita del MOL(+33%) determinato da una minore dinami-ca dei costi operativi (+3,6%).

PERIODICINel 2002-2003 crescono le copie vendutesia per i settimanali (+1,4%) che per imensili (+4,9%). Nel 2003, il fatturato edito-riale è aumentato del 13,5%, mentre i ricavipubblicitari sono rimasti pressoché fermi(+1,5%): la loro incidenza è scesa dal32,6% del 2002 al 27,5% del 2003. Altroproblema è il circuito distributivo, con unlivello elevato di rese (34,9% delle copie deisettimanali e 48,1% dei mensili) e scarsiabbonamenti (solo il 28,2%).I ricavi da vendita senza i prodotti collatera-li sono aumentati nel 2003 del 10,6%, quel-li da add on sales sono saliti del 31,7%. Nel2004, si stima un incremento dei primi del5% e dei secondi del 35%. Positivi anche idati della diffusione (rilevazioni ADS): per isettimanali (65 testate analizzate), il dato èstabile (-0,1%), mentre per i mensili (159testate) nel 2003 è salita del 5,2%.

LETTURANel 2002, l’indice di penetrazione dei quoti-diani era del 38,9%, con un numero di letto-ri nel giorno medio pari a 19,496 milioni.Nella rilevazione Audipress di primavera2004 il numero dei lettori è salito a 20,658milioni (+6%) e l’indice di penetrazione haraggiunto il 41,5%.Per i periodici, leggera flessione nel numerodi lettori nell’ultimo periodo sia nel 2003 (-0,2%) che nel 2004 (-1,7%) e nell’indice dipenetrazione nella popolazione adulta (dal66,8% al 66%).

(ANSA)

E D I T O R I A Pubblicità e legge Gasparri. Sinergie e contratti a termine. Lavoro atipico e legge Biagi. Questi i temi maggiormente discussi, il16 febbraio scorso al Circolo della Stampa di Milano, nel corso dell’assemblea nazionale dei giornalisti della stampa periodica,indetta dalla Fnsi a pochi giorni dalla scadenza del contratto. Sotto gli occhi di tutti, ultime spie di una situazione generale chedefinire difficile suona come un patetico eufemismo, i recenti casi Edit (chiusura di tutte le testate, una trentina di giornalisti incassa integrazione) e Hachette Rusconi (quattro testate chiuse, 21 cassintegrati su 33 chiesti dall’azienda); Rizzoli (cessione diuna testata a una società controllata) e Darp (una testata chiusa); Mondadori (due testate chiuse) e Gruner und Jahr/Monda-dori (cessione di una testata).

Fieg:risultati positivi nel 2001-2004,ma la pubblicità va a vantaggio

della tv

17ORDINE 4 2005

Acquisto o ristrutturazione della casa,ma anche spese mediche gravi:si può chiedere un anticipo al Fondo previdenza complementare

È un diritto che pochi conoscono. Tutti i colleghi iscrittida almeno 8 anni al Fondo di previdenza complementa-re dei giornalisti Italiani possono chiedere un anticipofino al 70% delle somme tuttora maturate a loro favoreper le spese sanitarie per interventi straordinari o tera-pie riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche,nonché per l’acquisto della prima casa per sé o per i figlie per la ristrutturazione della casa. Il CdA del Fondo hadi recente varato un apposito Regolamento in materia(allegato 1). Pertanto un collega, assunto a tempo inde-

terminato con almeno 8 anni di anzianità aziendale eche intenda comprare casa, può ottenere dall’aziendafino al 70% del Tfr maturato (come prevede l’art. 2120del codice civile) e dal Fondo complementare fino al70% del proprio capitale accumulato (come prevedel’art. 13 dello Statuto del Fondo). Basta allegare allarichiesta il compromesso di acquisto (e non più il rogitonotarile come stabilito dalla Corte Costituzionale consentenza n. 142 del 5 aprile 1991) o costruire su unterreno di proprietà. In tal modo potrà investire sul matto-ne una parte sia del Tfr aziendale, sia del capitale gesti-to dal Fondo integrativo.

nota di Pierluigi Franz

Agcom:sanzioni a Mediaset e Rai. Il duopolio soffoca il mercato e rende difficile il pluralismo

Roma, 8 marzo 2005. L'Autorità per legaranzie nelle comunicazioni (Agcom) hacomminato a Rai, Rti e Pubblitalia 80 unasanzione pari al 2% del fatturato nel settorepubblicitario realizzato nell'esercizio 2003.L'Autorità ha infatti accertato che le societàinteressate al richiamo a loro indirizzato afine giugno 2003, dopo averne accertato losforamento dei tetti previsti dalla leggeMaccanico nella raccolta pubblicitaria neltriennio 1998-2000, è stato completamenteignorato. La stessa legge Maccanico preve-deva appunto una multa compresa tra il 2%e il 5% del fatturato. La multa a carico dellaRai si aggirerebbe intorno ai 20 milioni dieuro (nella decisione è stato scorporato ilcanone) mentre quella a Mediaset (di cui Rtiè una controllata) sarebbe intorno a 45 milio-ni di euro (40 per Rti e 5 per Pubblitalia). LaRai ricorrerà contro quelle che definisce«sanzioni infondate e ingiuste». AncheMediaset ritiene «inaudita e priva di alcunfondamento giuridico la decisione dell'Auto-rity» e annuncia «immediato ricorso al Tar,sicura che nessuna multa dovrà mai esserepagata».L’Agcom il 3 marzo aveva reso note leconclusioni delle sue indagini. Una quota del73,8% del ricavi del settore tv e una concen-trazione dello share intorno al 90%: così Raie Rti (Mediaset) hanno “ingessato” il merca-to nel 2003. Sul fronte della raccolta pubblici-taria, sempre nel 2003 Publitalia, la conces-sionaria del gruppo del Biscione, ha rastrel-lato il 62,7%. È da questo quadro che è parti-ta l'Autorità per le garanzie nelle comunica-zioni (Agcom) per varare - con la deliberacon cui ha chiuso l'accertamento sulle even-tuali posizioni dominanti nel mercato tv del2004 alla luce della legge Gasparri - unaserie di misure destinate ad evitare che leposizioni di vantaggio dei due colossi tv sitrasferiscano anche nel nuovo mercato deldigitale terrestre. Come emittenti, la Rai nel2003 ha occupato il 39,5% del mercato (incalo dal 41,8% del 2002), Rti (Mediaset) il34,3% (a fronte del 34% dell'anno preceden-

te). Sul fronte degli ascolti, Rai ha rastrellatoil 44,9%, Rti il 43,9%: una "concentrazione",secondo l'Autorità, che fornisce, con partico-lare riferimento al mercato della raccoltapubblicitaria, un “vantaggio competitivo dure-vole che può essere replicato nelle offerte sureti digitali terrestri, con rischi di restrizionedella concorrenza in orizzonte di medioperiodo", nonché di "una riduzione del plura-lismo effettivo nel panorama del sistema tele-visivo".La distribuzione delle risorse pubblicitariepremia in particolare Mediaset, con il 62,7%di Publitalia, dato rispetto al quale non"appare in grado di effettuare una adeguatapressione competitiva" il 27,7% di Sipra (laconcessionaria Rai). Per di più, rileva l'Auto-rità, l'analisi del trend evidenzia che Publita-lia ha mantenuto stabile la sua quota nelbiennio 2001-2002 (passando dal 61,6% al61,2%) ed è cresciuta nel 2003 (appunto al62,7%), mentre Sipra è calata nel 2003 di 2punti rispetto all'anno precedente (29,7%).La stabilità della quota di mercato, ricordal'organismo di garanzia, "è considerata comeun ulteriore indice di dominanza".Inoltre la Rai, in quanto concessionaria delservizio pubblico, ha limiti di affollamentopubblicitario più stringenti: e così "un investi-tore intenzionato ad acquistare spazi pubbli-citari durante programmi con un elevato livel-lo di share, una volta che Rai avrà saturato isuoi spazi, potrà rivolgersi esclusivamente aPublitalia". La società, dunque, sottolineaancora l'Authority, "si trova nella condizionedi un significativo potere di mercato, cosìcome definito dal nuovo quadro comunitario,avendo la possibilità di attuare comporta-menti indipendenti dai concorrenti e daiclienti". "Posizioni di così forte concentrazio-ne di risorse sia in termini di infrastrutture,che di risorse economiche e di audience"quali quelle che possono vantare Rai e Rti,individuano dunque per l'Authority "unduopolio simmetrico nel mercato televisivoda ritenersi mantenimento di posizione lesi-va del pluralismo". (ANSA)

Roma, 2 marzo 2005. Al Quirinale, CarloAzeglio Ciampi consegna i premi Cronistadell'anno a giornalisti che si sono distinti e sirivolge in particolare a Giorgio Lascaraki, clas-se 1926, decano dei cronisti di nera della capi-tale. Lo indica come il premiato “che è giova-ne da più tempo di tutti”. Ricorda che faceva ilsuo lavoro già nel luglio del 1945. Una datache suscita in entrambi ricordi ed emozioni.“Il 1945 - dice il presidente della Repubblica- è un anno davvero denso di ricordi perquelli della mia generazione. È l'anno delritorno di tutta l'Italia alla libertà, alla demo-crazia. L'anno in cui risorse in tutta Italia unastampa libera e una radio libera”. Mancanomeno di due mesi, sottolinea Ciampi, allecelebrazioni del sessantesimo anniversariodi quella data, del 25 aprile che segnò ''lafine della guerra in Italia e la riunificazionedella nostra Patria.Ci tornerà alla mente - aggiunge - anchequel che significò per noi che avevamo 25anni avere, per la prima volta, la possibilità discegliere fra tanti giornali diversi l'uno dall'al-tro per orientamento politico ma uniti dal fattoche i giornalisti ci scrivevano liberamentequel che volevano”.Il presidente alza gli occhi dal foglio versol'uditorio raccolto nella Sala degli Specchi,vede volti giovani e a loro si rivolge: “Forseper voi non è facile comprendere appienoquel che volle dire la rinata libertà di stampa,non soltanto per i giornalisti, ma per tutti noi,per tutta la società. In quelle giornate, in queigiornali e nelle trasmissioni radio di queltempo, ha le sue radici la vostra libertà, nonlo dimenticate mai”.Per la libertà di stampa, si sono battuti inquesti anni anche i giornalisti, dice Ciampi, ericorda “quei giornalisti, Carlo Casalegno,Walter Tobagi che qui in Italia diedero la vitanegli anni bui del terrorismo, vittime della loroonestà, della loro passione di testimoni dellaverità. Combattevano una battaglia giusta econtribuirono, a prezzo della loro vita, a farce-la vincere. Conosciamo il nostro debito versodi loro. Non li abbiamo mai dimenticati”.

Ai giovani cronisti, Ciampi riconosce l'impor-tanza, la funzione sociale del lavoro chesvolgono, che può sembrare umile, ma ricor-da il presidente, “è l'essenza stessa del gior-nalismo”. “Pare, mi dicono i miei amici gior-nalisti - aggiunge Ciampi, volgendo lo sguar-do al suo consigliere Arrigo Levi, veteranodella professione - che per un giovane fare ilcronista sia la miglior scuola di giornalismo.La cronaca insegna a mantenere il contattocon la realtà, con i fatti. Pare che l'esperien-za del cronista insegni soprattutto a rispetta-re i fatti così come sono e insegni anche adandare alla ricerca dei fatti, della realtà veradietro le apparenze, che talvolta ingannano,alla ricerca della verità che talvolta vienetenuta nascosta. Ma voi - conclude - questecose le sapete. La vostra è una granderesponsabilità. Senza il vostro lavoro fatiche-remmo a conoscere a fondo la società in cuiviviamo”. (ANSA)

Ciampi ai cronisti: “Senza il vostro lavoro, faticheremmo a conoscere a fondo la società in cui viviamo”

Lettera

Chi lavora negli Uffici stampaè assicurato soltanto con l’InpgiNel numero di febbraio, Tabloid ha pubblicato una sintesi della sen-tenza n. 11944 del 26 giugno 2004 con questo titolo: “Per un dipen-dente comunale addetto all’Ufficio stampa i contributi previdenzialidevono essere versati all’Inpgi in caso di iscrizione all’Albo profes-sionale e di applicazione del Cnlg”.Pubblichiamo una lettera sull’argomento:

Egregio dottor Abruzzo, Gino Falleri ha letto sull'ultimo numero diTabloid (febbraio 2005), la sentenza della Corte di Cassazione chegiudicava non obbligatoria l'iscrizione all'Inpgi per i giornalisti (pro-fessionisti, praticanti e pubblicisti) che pur svolgendo attività di tipogiornalistico erano soggetti a contratti di lavoro diversi da quellogiornalistico ed ha avvisato tutti gli iscritti del Gus in merito. Dalmomento che la sentenza mi riguardava, in quanto svolgo attivitàdi Ufficio stampa presso un canale televisivo (quindi con contrattodiverso da quello giornalistico), ho chiesto ulteriori delucidazioniall'Istituto stesso. Le giro per sua informazione quanto mi hannorisposto. Buon lavoro.

Francesca Lo Furno Relazioni esterne Home Shopping Europe S.p.A. -Canale d

La risposta ineccepibile dell’InpgiConoscevamo già la sentenza n. 11944 del 26/06/2004, peraltrofavorevole all'Inpgi. Chi ha diramato il messaggio da Lei trasmessoha male interpretato la sentenza. Infatti, la stessa si riferisce allacausa tra l'Inpgi ed un Comune in Sicilia, per il recupero della con-tribuzione riferita all'addetto stampa di quell'ente, al quale venivaapplicato il contratto giornalistico.Il recupero si riferisce a periodi precedenti il gennaio 2001. La Cortedi Cassazione con tale sentenza ha riconosciuto l'obbligo di versa-mento all'Inpgi, dando torto a quel Comune, con la motivazione che- nel periodo interessato - l'obbligo di iscrizione all'Inpgi dei dipen-denti della Pubblica amministrazione era previsto per i casi in cuiveniva applicato il Cnlg (D.lgs 503/92), mentre per tutti gli altri eraprevista l'assicurazione all'Inpdap.L'estensore del messaggio non ha, o non ha voluto, considerare lemodifiche normative intervenute. Infatti, come più volte comunica-to, l'art.76 della legge 388/2000 - a decorrere dal 1° gennaio 2001- ha fatto venir meno tale limitazione. Di conseguenza, Le confer-mo che dal 1° gennaio 2001 sono obbligatoriamente iscrittiall'Inpgi tutti i giornalisti che svolgono attività lavorativa riconduci-bile a quella professionale giornalistica, a prescindere dal Ccnlloro applicato ed a prescindere dalla natura pubblica o privata deldatore di lavoro.

Inpgi/2: calano le sanzioni per i versamenti in ritardo

Roma, 18 marzo 2005. I ministeri vigilanti sull’Inpgi (Welfare ed Economia) hanno approvato una modifica delRegolamento della Gestione separata, che era stata deliberata dal Comitato amministratore nella riunione del 21dicembre scorso. La novità, che riguarda la graduazione delle sanzioni in caso di ritardato pagamento dei contributi,è di grande interesse per chi è iscritto alla Gestione separata.Il previgente regolamento, infatti, stabiliva che il pagamento dei contributi effettuato oltre il 60° giorno dalla scadenzacomportasse una sanzione fissa pari al 15% del capitale non versato. L’applicazione di tale sanzione – piuttostopesante – scattava automaticamente indipendentemente dall’entità del ritardo. Questo meccanismo ha dato luogomolto spesso a proteste da parte degli iscritti, i quali lamentavano l’eccessiva onerosità della sanzione che si trova-vano a dover pagare anche nel caso di versamento effettuato con un solo giorno di ritardo.Il Comitato amministratore, sulla base della considerazione che nell’ordinamento generale è sempre prevista unagradualità delle sanzioni in relazione al periodo di ritardo con il quale i versamenti vengono effettuati, ha dunqueproceduto ad una modifica del Regolamento, ora approvata dai ministeri vigilanti.Il nuovo testo dell’articolo 9 del regolamento – in vigore dal 16 marzo 2005 – prevede che il ritardo nei pagamenti,se superiore a 60 giorni, comporti una sanzione sul capitale non pagato nei termini, pari al:

– 5% se il pagamento è effettuato tra il 61° e il 90° giorno dalla scadenza;– 10% se il pagamento è effettuato tra il 91° e il 120° giorno dalla scadenza;– 15% se il pagamento è effettuato dopo il 120° giorno dalla scadenza.

Modifica del Regolamento della Gestione separata

Nella relazione 2004 del Garante della privacypreoccupazioni di una deriva tecnologica

Il rischio, sotto gli occhi di tutti, che chiunque di noi possa essere messo alla gogna elettronica, cioè esposto contutti i suoi dati personali - anche i più intimi - alla curiosità dei passanti on line: il presidente dell’Autorità garanteper la protezione dei dati personali (più semplicemente della privacy) Stefano Rodotà nella relazione per il 2004ha sottolineato che si tratta di una gogna alla quale ci può sottrarre. Tra le proposte di Rodotà quella dell’istituzio-ne di un bollino blu per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ma anche un maggiore controllosulle carte per il pagamento dei programmi televisivi, l’autostrada o il telefono. Vera e propria deriva tecnologicasarebbe, poi, la costituzione di banche dati del Dna.Quello che viene pubblicato non è il testo completo del discorso di Rodotà ma solo un accorpamento di lunghibrani di esso (9 febbraio 2005).

Il riferimento al rischio dellagogna elettronicaSiamo entrati in un nuovo mondo, di cui non èpossibile definire una volta per tutte i contorni,ma le cui caratteristiche via via emergenti ilGarante ha sempre segnalato, con una capa-cità di anticipazione confermata dai fatti. Ilnostro è davvero un cantiere sempre aperto,al quale ogni giorno si aggiungono nuovimateriali.Basta ricordare, tra i nostri ultimi interventi,quelli riguardanti la legge della RegioneToscana sulle elezioni primarie e la possibilitàdi sottrarsi a quella moderna gogna elettroni-ca rappresentata da una perenne presenza inrete di un numero crescente di dati personali.Tutto questo non è avvenuto all’insegna dellamutevolezza, del caso, di un inseguimentosenza criterio della realtà. Mentre cresceva laconsapevolezza di vivere in una situazione inperenne movimento, si faceva netta lacoscienza che era necessario riferirsi a princi-pi forti che, già indicati fin dall’articolo 1 dellalegge, dovevano poi vivere nel nostro lavoroe, tramite questo, venir trasmessi alla societàitaliana.È stata un’impresa agevole e ardua. Agevole,perché il riconoscimento del nuovo diritto allaprotezione dei dati personali ha subito desta-to attenzione diffusa, testimoniata dall’ininter-rotto flusso di richieste rivolte al Garante.Ardua, perché più d’uno ha cercato, e cercatuttora, di ridurre la portata della nuova disci-plina, di presentarla in opposizione ad altridiritti.Nell’attenzione della società italiana abbiamocolto un profondo bisogno di “rispetto”, edabbiamo adoperato proprio questa parolaprima ancora che venisse proposta comegenerale criterio interpretativo da importantiricerche sociologiche.E, partendo da questo bisogno profondo,abbiamo valorizzato il riferimento legislativo alprincipio di dignità, prima ancora che questovenisse collocato in apertura della Carta deidiritti fondamentali dell’Unione europea. Nonabbiamo “inventato la privacy”, come si èdetto. Abbiamo reagito ad ogni forma di ridu-zionismo, ispirato da interessi settoriali o damiopia culturale. Abbiamo proiettato la prote-zione dei dati personali in una dimensione piùricca, senza arbìtri, ma interpretando corretta-mente una disciplina che vuole collocata taleprotezione nel quadro dei diritti e delle libertàfondamentali, legata alla tutela della dignità.Abbiamo così potuto accompagnare unaprogressiva presa di coscienza della societàitaliana e pure, possiamo dirlo con un certoorgoglio, dell’opinione pubblica europea.In Europa, infatti, siamo stati i più fermi asser-tori del rispetto di un diritto fondamentale chesi presenta come uno dei più importanti diquest’avvio di millennio, ed abbiamo curatouna informazione all’estero con una presenzadiretta in diversi istituti italiani di cultura. Abbia-mo dialogato con istituzioni di altri Paesi, colla-borando allo sviluppo della legislazione e deglistrumenti di garanzia.Pensavamo di discutere soltanto di protezio-ne dei dati. In realtà, ci stavamo occupando ditemi che riguardano il destino delle nostresocietà, il loro presente e soprattutto il loro

futuro. Abbiamo affrontato questioni di sicu-rezza interna e internazionale, di genetica edi salute, del credito e delle telecomunicazio-ni, del funzionamento del mercato e dell’orga-nizzazione dell’impresa, del sistema deimedia e del rapporto tra tecnologie e politica,della nuova dimensione della libertà persona-le, della libertà d’espressione e di circolazio-ne. L’intero orizzonte dei temi di questi tempidifficili è davanti ai nostri occhi. Emerge unlegame profondo tra libertà, eguaglianza,democrazia, dignità e privacy, che ci imponedi guardare a quest’ultima al di là della suastorica definizione come diritto ad esserelasciato solo.Senza una forte tutela delle loro informazioni,le persone rischiano sempre di più d’esserediscriminate per le loro opinioni, credenze reli-giose, condizioni di salute: la privacy sipresenta così come un elemento fondamen-tale della società dell’eguaglianza. Senza unaforte tutela dei dati riguardanti i loro rapporticon le istituzioni o l’appartenenza a partiti,sindacati, associazioni, movimenti, i cittadinirischiano d’essere esclusi dai processi demo-cratici: così la privacy diventa una condizioneessenziale per essere inclusi nella societàdella partecipazione. Senza una forte tuteladel “corpo elettronico”, dell’insieme delle infor-mazioni raccolte sul nostro conto, la stessalibertà personale è in pericolo e si rafforzanole spinte verso la costruzione di una societàdella sorveglianza, della classificazione, dellaselezione sociale: diventa così evidente chela privacy è uno strumento necessario persalvaguardare la società della libertà. Senzauna resistenza continua alle microviolazioni,ai controlli continui, capillari, oppressivi o invi-sibili che invadono la stessa vita quotidiana, ciritroviamo nudi e deboli di fronte a poteripubblici e privati: la privacy si specifica cosìcome una componente ineliminabile dellasocietà della dignità.

La costruzioneelettronica della persona Le maglie dei sistemi di controllo basati sullacontinua raccolta di informazioni personalisembrano farsi sempre più strette. Si tratta diuna vicenda che il Garante ha sempre analiz-zato e seguito nelle sue manifestazioni piùsignificative.Possiamo ben dire d’essere stati i primi inItalia a richiamare l’attenzione su temi comela videosorveglianza, la conservazione deidati del traffico telefonico, i dati genetici, l’in-serimento nel corpo di chip elettronici. Allar-mi ingiustificati, forzature catastrofistiche?Quando, nella relazione dell’anno scorso,richiamavamo l’attenzione proprio sui micro-chip introdotti sotto la pelle delle persone esulle etichettature di persone e prodotticontrollabili a distanza con le tecnologie delleradiofrequenze (Rfid), a qualcuno sembròche il Garante si fosse avventurato sul terre-no scivoloso della fantascienza. Ora, a pochimesi di distanza, possiamo dire che la nostraprevisione era approssimata per difetto.Conosciamo molte situazioni nelle quali ilricorso a quegli strumenti si avvia ad esseredi uso corrente, ad esempio nel settore dellasalute con l’inserimento sotto la pelle di un

microchip per l’identificazione di pazientiaffetti da particolari patologie, e soprattuttocon il ricorso alle “etichette intelligenti” nelladistribuzione e nel commercio. E stiamo indi-cando i criteri generali da seguire.Vi sono usi delle Rfid per sole finalità di gestio-ne aziendale che, non implicando trattamentidi dati personali, sono esclusi dall’applicazio-ne delle relative norme. Vi sono etichettaturedi prodotti che, potendo determinare uncontrollo sui movimenti e le utilizzazioni degliacquirenti, esigono valutazioni di proporziona-lità, informative adeguate, consenso, eserci-zio di un “diritto di uscita” grazie alla disattiva-zione dell’etichetta. Vi sono impianti di micro-chip sottopelle che, potendo portare ad unamodifica del corpo contrastante con la dignitàdella persona, devono essere in via di princi-pio esclusi, salvo casi eccezionali di usoproporzionato a tutela della salute.Siamo alla vigilia di un cambiamento dellenatura stessa del corpo che, modificato tecno-logicamente, diverrebbe per ciò post-umano?I casi appena ricordati, infatti, sono solol’avanguardia più visibile di una larghissimaserie di sperimentazioni volte ad inserire nelcorpo umano strumenti elettronici e a colle-garli con un computer.L’“etichettatura” delle persone viene giustifica-ta anche con l’argomento che, grazie aicontrolli a distanza, alcune categorie di perso-ne, come gli anziani, avranno migliori oppor-tunità di essere aiutate in situazioni di emer-genza. Ma possiamo affidare un numerocrescente di persone solo ad un “AngeloCustode Digitale”? Il rispetto della dignità dellepersone esige che siano interrotte derive chepropongono cura elettronica e determinanoabbandono sociale.Il rischio dell’impropria deriva tecnologica simanifesta anche in alcune proposte di costi-tuzione di banche dati del Dna. Apparegiustificata una normativa che, seguendo leindicazioni della Corte costituzionale, disci-plini il prelievo di campioni genetici per fina-lità di giustizia in forme rispettose dellegaranzie della libertà personale e delladignità. Per quanto riguarda la costituzionedi banche dati del Dna di persone condan-nate, imputate o indagate, vanno peròrispettati i principi di necessità, finalità eproporzionalità che, in primo luogo, richie-dono un rigoroso controllo della rilevanzadei dati genetici per ciascun tipo di reato.Che senso ha il prelievo di un campione delDna di un imputato o un condannato percorruzione o diffamazione? La capacità diintercettare il futuro, inoltre, è stata mostratadal Garante anche intervenendo sullaconservazione dei dati di traffico telefonicoe sulle proposte di estendere tale conserva-zione a quelli riguardanti la posta elettronicae l’accesso ad Internet. Non sempre, però,l’importanza capitale di questo problema èadeguatamente percepita. Un esempioviene dal ricorrente dibattito sul numeroeccessivo delle intercettazioni telefoniche,pur avendo queste intercettazioni alla loroorigine un provvedimento del magistrato,riguardando persone indagate, essendoaccompagnate da specifiche garanzie. Inve-ce, la conservazione massiccia dei dati deltraffico telefonico, ormai superiore a seicen-to miliardi di informazioni per le chiamate inuscita (e si conservano anche i dati riguar-danti i trecento milioni di sms scambiati ognigiorno), viene considerata senza particolari

preoccupazioni, probabilmente perché nonriguarda i contenuti delle conversazioni e deimessaggi.Ma questo è un modo ormai del tutto inade-guato di affrontare il problema, poiché quelleraccolte consentono controlli capillari di tutti icittadini, non solo una minoranza sia purcospicua di sospettati. E si pone comunquel’ulteriore questione di rendere più rigorose leregole di sicurezza, soprattutto quando allagestione dei dati riguardanti le intercettazionio il traffico telefonico contribuiscono soggettiprivati.

Un nuovo quadrocostituzionale Nasce da qui la necessità di riconsiderarealcune fondamentali categorie costituzionali.Il costante riferimento alla necessità di“rispetto dei diritti e delle libertà fondamenta-li” (art. 2.1 del Codice) non implica soltantoun confronto continuo tra le specifiche formedi trattamento dei dati personali ed i singolidiritti e libertà.Impone ormai una ricostruzione di libertà ediritti aderente all’ambiente tecnologico nelquale vengono esercitati. Non si può sfuggi-re ad alcune domande: le “formazioni sociali”(art. 2 Cost.) possono essere anche le comu-nità virtuali create nel ciberspazio? Le garan-zie della libertà personale (art. 13) devonoessere estese anche al corpo “elettronico”,seguendo la traiettoria della rilettura dell’ha-beas corpus come habeas data? Qual è laportata della libertà di circolazione (art. 16)in presenza della videosorveglianza e deldiffondersi delle tecniche di localizzazione?Regge la distinzione tra dati “esterni” e “inter-ni” delle comunicazioni quando queste sisvolgono su Internet, modificando i termini incui deve parlarsi della loro libertà e segretez-za (art. 15)? Come si atteggiano in rete lalibertà di associazione (art. 18), la stessalibertà religiosa (art. 19)? Il diritto di manife-stare liberamente il proprio pensiero (art. 21)deve essere messo in rapporto con il dirittoall’anonimato nelle comunicazioni elettroni-che, con il diritto a respingere i controlli sulleproprie relazioni elettroniche (lo abbiamosegnalato in una lettera al Presidente delSenato)? L’accessibilità alla proprietà (art.42.2), quando si traduce nella libera appro-priabilità di determinati beni per via elettroni-ca, secondo una logica dei commons, deibeni comuni, deve anche escludere l’identifi-cazione personale dei soggetti che accedo-no? Se non si procede a questa reinterpre-tazione e ricostruzione del quadro costituzio-nale, la sua capacità di garanzia ne risulte-rebbe gravemente menomata.Verrebbe esclusa, infatti, la tutela dellapersona proprio nelle situazioni che, oggi,mettono più a rischio la sua libertà e dignità.

Il Garante el’interesse generale Questo non è compito dei soli studiosi, diuna dottrina costituzionalistica consapevole.È obbligo, in primo luogo, del legislatore e ditutti coloro che sono chiamati ad applicarenorme nelle materie toccate dall’innovazione

P R O F E S S I O N E

Il rischio della gogna elettronica

18 ORDINE 4 2005

19ORDINE 4 2005

scientifica e tecnologica, dunque in primoluogo della nostra Autorità. Ma l’osservazio-ne della realtà mostra quante siano la diffi-coltà di muoversi in questa direzione.Registriamo violazioni dell’art. 154.4 delCodice per la mancata consultazione delGarante in occasione del varo di normeregolamentari e di atti amministrativi su-scettibili di incidere sulle materie disciplina-te dal Codice stesso. Mentre vi è buonacollaborazione con la Presidenza del Consi-glio, molti sono i casi di “disattenzione” mini-steriale. Ed è nostro dovere segnalarli perdiverse ragioni.L’omessa consultazione del Garante produ-ce un vizio dell’atto, che può essere impu-gnato e dichiarato invalido. La consultazioneè stata prevista per rendere possibile lacoerenza tra l’attività di governo ed il siste-ma della protezione dei dati personali, nelquale – è bene ricordarlo sempre – si mani-festa la rilevanza di un diritto fondamentaledella persona, ora esplicitamente riconosciu-to in ben due articoli del Trattato per la Costi-tuzione europea. Come abbiamo appenascritto al Presidente del Consiglio, “nellevarie occasioni nelle quali è stata tempesti-vamente avviata, la consultazione hapermesso di prevenire delicati problemiapplicativi nell’interesse pubblico e dei citta-dini, e in un quadro di proficua collaborazio-ne istituzionale che diversi ministeri hannoriconosciuto più volte”.L’omessa consultazione non può essere innessun caso giustificata con l’argomento chela richiesta di parere avrebbe ritardato l’ema-nazione dell’atto ministeriale.Quando è stata prospettata l’urgenza dell’in-tervento, il Garante è intervenuto con asso-luta tempestività, addirittura esprimendo ilsuo parere nel giro di un paio d’ore, com’èavvenuto in occasione della ricerca telefoni-ca dei dispersi nel Sud-Est asiatico.Abbiamo segnalato al Presidente del Consi-glio “la sequenza degli svariati decreti attua-tivi del sistema di monitoraggio della spesasanitaria e di introduzione della tessera sani-taria: per diversi provvedimenti adottati nel2004, i ministeri dell’Economia e delle Finan-ze e della Salute non hanno consultato ilGarante”, pur trattandosi di un diritto fonda-mentale riconosciuto dal Trattato che istitui-sce la Costituzione europea.Peraltro, il Garante aveva formulato criticheprecise al sistema previsto dall’art. 50 dellalegge finanziaria 2004, perché la raccoltacentralizzata dei dati ricavati dalle ricettemediche e da altre prescrizioni specialisticherischia di compromettere la tutela dei delica-tissimi dati sulla salute, oltre a comportarenotevoli costi. Quelle critiche, inascoltate,sono ora confermate dai fatti e condivise dadiversi ambienti.Il tema della consultazione del Garante rive-ste una crescente rilevanza istituzionale inpresenza di una situazione in cui si diffondeil ricorso alla tecnica delle norme attuative diprovvedimenti legislativi generali. È il casodell’ultima legge finanziaria, che prevede uncentinaio di decreti attuativi, dei quali alme-no un terzo incide sulla materia della prote-zione dei dati. Omissioni della consultazionedel Garante rischierebbero di produrre unridimensionamento della protezione dei datiin forme contrarie ai principi di legalità.Dobbiamo poi tornare sul tema delle carteelettroniche. È giunto il momento di una ulte-riore riflessione per armonizzare le iniziativein corso (carta d’identità, carta dei servizi,tessera sanitaria), per evitare che strumentivolti a migliorare i rapporti con i cittadinipossano creare inutili duplicazioni e grandibanche dati centralizzate non necessarie,con una possibile diminuzione delle garan-zie.

Indipendenza ed efficienza Questo progressivo allargamento degli oriz-zonti non riflette una sorta di volontà di poten-za del Garante, che vorrebbe signoreggiaretutte le possibili materie.Nel larghissimo spettro dei temi appena indi-cati si riflette l’attività quotidiana alla quale cichiamano i cittadini, le istituzioni nazionali edinternazionali.Il Garante non può sottrarsi a questo conti-nuo confronto con la società. E non lo hafatto. Il lavoro comune con il vice presidenteGiuseppe Santaniello, con Gaetano Rasi e

Mauro Paissan, e con il segretario generaleGiovanni Buttarelli, ha avuto una caratteristi-ca meritevole d’essere sempre sottolineata:la discussione serrata, ma una vera unani-mità nelle decisioni. Non è un fatto formale.Nessuno dei risultati raggiunti sarebbe statopossibile senza l’assunzione comune diresponsabilità, il rispetto reciproco, l’intensitàdell’impegno. Chi ha presieduto questo colle-gio sa che qui è la ragione vera degli esitipositivi del nostro lavoro. E vuole darne testi-monianza, e dire un pubblico ringraziamento.Lasciamo parlare i dati. Nel 2004 abbiamodeciso 731 ricorsi (609 nel 2003, 390 nel2002), abbiamo risposto a 7.770 segnalazio-ni e reclami (3.796 nel 2003, 2.532 nel 2002)ed a 1.692 quesiti (786 nel 2003, 824 nel2002). Anche le ispezioni sono cresciute, del45%. Le questioni risolte superano le prati-che sopravvenute.L’incremento del lavoro e della produttivitàdell’Ufficio con picchi superiori al 100% èevidente, anche se i problemi davanti a noichiedono che si faccia di più, e meglio.Le valutazioni qualitative confermano l’anda-mento positivo. Le decisioni sui ricorsimostrano una elevata capacità del Garantedi ottenere una soddisfazione totale (50% deicasi) o parziale (19%) delle richieste già nelcorso del procedimento: lavoro enorme, nontraducibile in dati statistici. Questa adesioneall’iniziativa del Garante è confermata dalfatto che, su centinaia di decisioni, ne sonostate impugnate davanti al giudice ordinariosoltanto 12. Di queste, 7 sono poi state ritira-te, 2 sono state respinte, 2 accolte (ma unasulla base della produzione di nuovi docu-menti e, per la seconda, dovrà pronunciarsila Corte di cassazione), 1 risulta ancora indecisione. A questi dati statistici va aggiuntaalmeno la sottolineatura della nuova proce-dura per le notificazioni con impiego dellafirma digitale, primo caso di uso di massa diuna tecnologia per produrre effetti giuridicivincolanti, che mostra quanto il Garante siaattento ad ogni uso positivo delle novitàtecnologiche.L’accettazione sociale dell’attività del Garanteci appare significativa, come la sua sintoniacon le altre istituzioni. Nei quattro casi finorasottoposti alla Corte di cassazione, le deci-sioni sono state tutte favorevoli al Garante. IlConsiglio di Stato ha sempre dato rilievo ainostri pareri e, nei casi di omessa richiesta,ha invitato il Governo a provvedere. Nelladimensione europea, oltre la decisione dellaCorte europea dei diritti dell’uomo di cuiparlerò, riconoscimenti sono venuti dal Parla-mento, e la Commissione europea ha appe-na accolto una sollecitazione da noi avanza-ta fin dal 1999 per nuovi criteri volti alla prote-zione dei dati personali anche nelle materiedella cooperazione giudiziaria e di polizia.Fiducia dei cittadini, pieno inserimento neicircuiti istituzionali nazionale e sopranaziona-le. Ma quali le prospettive per il futuro? I risul-tati indicati sono il frutto del lavoro di un orga-nico di appena ottantasette persone, peraltronon tutte a pieno tempo, che vogliamo quipubblicamente e sinceramente ringraziare.Ma questa limitatezza dell’organico pesa, erischia di pregiudicare la qualità del lavoro delGarante, la sua capacità di analizzare letendenze e anticipare i problemi, la tenutacomplessiva del suo rapporto con la società.Così come pesa l’inesorabile erosione dellesue risorse, che si sono ridotte del 20% negliultimi quattro anni.Non è nostro costume abbandonarsi alpessimismo. Ci conforta, anzi, il riscontrareche questa diagnosi, già prospettata l’annoscorso, sia divenuta patrimonio comune adaltre autorità e segnali un problema che néGoverno, né Parlamento possono ormaieludere. Torniamo a dire che la nostrafunzione di garanzia, volta ad assicurarebuona qualità della vita, rappresenta un limi-te preciso alla possibilità di finanziarci conrisorse proprie. Le garanzie non si paganocon balzelli, esigono l’attenzione della fisca-lità generale.Non chiediamo soltanto risorse. Crediamoche sia necessario salvaguardare la naturadelle autorità di garanzia, consentire chepossa consolidarsi e rafforzarsi un nuovocircuito istituzionale che sta disegnandonuovi equilibri tra i poteri. Il progetto di rifor-ma costituzionale approvato dalla Cameradei deputati attribuisce rango costituzionalealle autorità indipendenti, come già avevafatto, proprio per l’autorità per la protezionedei dati personali, il Trattato per la Costituzio-ne europea.

Roma, 19 marzo 2005. "Pensioni? Scordatevele". Così il ministro del Welfare, Roberto Maro-ni, ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano novità sull'incontro con i sindacati di mercoledìprossimo."Proprio a voi giornalisti dico che l'Inpgi merita una qualche attenzione insieme alle altrecasse privatizzate. Ci stiamo occupando della sostenibilità finanziaria ed economica dellecase ed anche dell'Inpgi perché destano una qualche preoccupazione. Nulla di drammatico edi immediato - ha rassicurato il ministro - ma dobbiamo garantire la sostenibilità nei prossimidecenni". (ANSA)

Classificazionedell’attivitàgiornalisticaai finidell’aperturadella partita Iva

Fino al 31 dicembre 2003 per la professione dei giornalistierano previsti due codici di attività, come sancito dalla classi-ficazione delle attività economiche “ATECONFIN 1993”. Talicodici erano:- 92.40.A GIORNALISTI PROFESSIONISTI- 92.40.B PUBBLICISTI E ASSIMILATI

Con il provvedimento denominato “ATECONFIN 2004” il mini-stero dell’Economia e delle Finanze, ha proceduto a riclassifi-care dal 1° gennaio 2004 le attività economiche. I codici 92.40.Ae 92.40.B sono così confluiti in un unico codice attività:- 92.40.0 - ATTIVITÀ DELLE AGENZIE DI STAMPA

Tutti i giornalisti che intendono aprire la partita Iva, per l’eser-cizio della professione, devono pertanto utilizzare il codiceattività 92.40.0.

(ricerca del dott. Salvatore Gentile)

Franco Abruzzo ai praticanti giornalisti:“Non si può sostenere l’esame di Stato senza aver frequentato un corso o un seminario dell’Ordine oppure un corso aziendale supervisionato dall’Ordine”

“Le pensioni? Scordatevele”:il ministro Maroni parla dell’Inpgi e della previdenza dei giornalisti

Milano, 5 marzo 2005. Esiste l’obbligatorietàdella frequenza di un corso o di un seminarioorganizzati dall’Ordine oppure di un corsoaziendale supervisionato dall’Ordine primadell’esame di Stato. Questa la lettera cheFranco Abruzzo ha indirizzato ai praticantigiornalisti lombardi:“I praticanti normalmente assunti come tali ei praticanti iscritti d’ufficio (redattori di fatto ofreelance) dovranno attestare, prima dell’e-same di idoneità professionale, di averfrequentato i seminari organizzati dal Consi-glio nazionale dell’Ordine dei giornalisti oppu-re il corso di 120 ore organizzato dall’Ordinedei giornalisti della Lombardia. Corsi diformazione possono essere attuati in sede

aziendale anche in collaborazione con l’Ordi-ne regionale.Senza la frequenza di uno di tali corsi oseminari non sarà possibile essere ammessia sostenere l’esame di Stato. Quanto soprariflette un indirizzo elaborato dal Consiglionazionale dell’Ordine dei giornalisti e appro-vato nella riunione del 5 luglio 2002 (in:http://www.odg.it/primo_piano/show_news.asp?ID=16.L’analisi critica dei risultati delle ultime sessio-ni dell’esame di Stato, soprattutto della faseorale, che ha messo in evidenza una impre-parazione preoccupante di molti candidati,impone una stretta e il recupero della regolaelaborata nel 2002 dal Cnog”.

REGOLA FISSATA DAL CONSIGLIO NAZIONALE

Quotidianigratuiti,un fenomeno che si èconfermatocome una realtàe che è ancheapprezzato da lettori

Milano, 17 febbraio 2005. Quello dei quotidiani gratuiti èun fenomeno che, secondo una ricerca dell’Euriskopresentata oggi a Milano, “si conferma come una realtà”. Èquesta la sintesi dello studio illustrato da Remo Lucchi,amministratore delegato di Eurisko, che ha compiuto laricerca per conto degli editori e dei concessionari di pubbli-cità dei tre quotidiani City, Leggo e Metro. Sono 1.738.00 ilettori di almeno uno dei quotidiani gratuiti nel giornomedio, con un lieve incremento, stimato in circa 100 milaunità (erano 1.642.000), rispetto alla medesima ricercacompiuta lo scorso anno e la crescita è stata definita“tendenziale” dai ricercatori che hanno comunque spiega-to che “il fenomeno è importante in termini qualitativi”.Obiettivo della ricerca era “dimensionare la readership” deitre quotidiani gratuiti e “descrivere il profilo dei lettori delletre testate al fine della loro qualificazione come veicolopubblicitario”. La rilevazione ha riguardato 8 regioni e sonostate condotte in totale 15.300 interviste telefoniche. Nellaanalisi per sesso ed età risulta che i gratuiti sono letti piùda donne che da uomini (52 a 48) e soprattutto nelle fasced’età che vanno dai 25 agli oltre 64 anni. Il titolo di studiodei lettori è in prevalenza quello delle medie inferiori (39),seguito da elementari (29), medie superiori (25) e laurea(7). Per quel che riguarda la professione sono in testa ipensionati (22), seguiti da casalinghe (17), operai ecommessi (16), impiegati (14), studenti (10,) artigiani ecommercianti (9) ma ci sono anche disoccupati (6) eimprenditori, dirigenti e liberi professionisti (3). Quanto ailettori nel giorno medio delle singole tre testate, la ricercaha dato questi risultati: Leggo (distribuito a Milano, Torino,Padova, Verona, Venezia, Bologna, Firenze, Roma eNapoli) raggiunge 1.157.000 lettori; City (distribuito a Mila-no, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Bari) ne ha 747.000;Metro (solo Milano e Roma) 626.000. (ANSA)

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■ Giornalistica (istituzioni professionali, deontologia-privacy, analisi critica e compara-ta dei media, tecniche professionali, modelli redazionali, sistemi editoriali, tecnichedi gestione degli uffici stampa; infografica e photo-editor).

■ Grafica, Informatica e innovazione (architettura dell’informazione; design dell’infor-mazione; produzione, selezione e trattamento delle immagini; comunicazione visi-va; strumenti e tecnologie dell’informazione visiva; storia dell’informazione visiva;tecniche avanzate di informatica applicata al giornalismo; teorie e tecniche del foto-giornalismo e del videogiornalismo; comunicazione multimediale; tecnologie dell’im-magine digitale).

■ Linguistica (tecniche dei linguaggi del giornale quotidiano e del periodico, delleagenzie di stampa, del web e degli uffici stampa. Tecniche del linguaggio televisivo,radiofonico e fotografico; semiotica del testo scritto e visivo).

■ Lingue straniere (conoscenza funzionale di inglese e spagnolo).

■ Storica (storia del giornalismo e delle comunicazioni di massa. Elementi di storiamoderna e contemporanea).

■ Geografia politica ed economica, globalizzazione e relazioni internazionali.

■ Giuridica (elementi di diritto costituzionale, di diritto comunitario, di diritto del gior-nalismo e dell’editoria, di diritto penale e di procedura penale, di diritto amministra-tivo con riguardo anche al ruolo delle autorità indipendenti, di diritto privato).

■ Sociologica–psicologica (elementi di scienza dell’opinione pubblica e dei sondaggi;di sociologia della comunicazione; di psicologia della comunicazione).

■Economica–finanziaria (elementi di economia politica, storia economica, marketing,economia dei media e delle imprese editoriali, diritto pubblico dell’economia, merca-to del risparmio e degli investimenti familiari con riguardo particolare al mercatoborsistico, dei fondi di investimento e della gestione del risparmio).

■ Sindacale (con attenzione particolare al contratto e al sistema previdenziale/previ-denziale complementare/assistenziale integrativo sanitario dei giornalisti).

La Scuola in 28 anni di vita ha creato 563giornalisti professionisti (tra questi: 35 direttori, 22 addetti stampa, 4 vicedirettori, 77 capiredattori, 42 inviati o corrispondenti dall’estero, 88 capiservizio, 2 segretari di redazione, 193 redattori ordinari, 19 cococo e 6 “vari”)

L’IFG, SCUOLA DI ECCELLENZA EUROPEA, CERCA 40 GIOVANI LAUREATI, DETERMINATI, CON UN OTTIMO CURRICULUM DI STUDI E CHE SAPPIANO COGLIERE LE NUOVE OPPORTUNITÀ DELLA PROFESSIONE

Giornalisti si diventaa Milano,capitale dell’editoria

Milano, 18 febbraio 2005. Sono aperte dal 1° marzo fino al30 giugno 2005 le iscrizioni al concorso di ammissione al XVbiennio (2005-2007) dell’Istituto "Carlo De Martino" per laFormazione al Giornalismo (Ifg). Il corso, sostitutivo del prati-cantato tradizionale, è promosso dall’Ordine dei giornalistidella Lombardia in collaborazione con la Regione Lombar-dia. L’Ifg è il centro di formazione professionale gestitodall’Associazione "Walter Tobagi" per la formazione al gior-nalismo. Al termine dei due anni di corso, e superato l’esamedi Stato, gli allievi-praticanti verranno iscritti all’elenco profes-sionisti dell’Albo dei giornalisti.Questi i titoli richiesti per l’ammissione al concorso che ènazionale:

• i candidati non devono superare il limite di anni 30 al 31dicembre 2005.• laurea (anche triennale) di qualsiasi disciplina.• Il concorso è aperto anche ai cittadini dei Paesi dell’Unioneeuropea.I posti a disposizione sono 40. La tassa annuale di frequenza èdi 50 euro, che va versata interamente alla Regione Lombardia.Il concorso di ammissione avrà luogo nell’autunno 2005 eprevede tre prove scritte e una orale. Il bando può essererichiesto per posta (dietro rimborso delle spese) o diretta-mente alla segreteria dell’Ifg: via Fabio Filzi, 17 - 20124 Mila-no - tel. 02.6749871 - fax: 02.67075551 (orario 9-12.30 / 14-17, escluso sabato e festivi). Il questionario per iscriversi alla

selezione può essere stampato (con il bando) direttamentedal sito www.odg.mi.it oppure www.ifg.mi.it.La Scuola di giornalismo dell’Ordine di Milano e della Regio-ne Lombardia in 28 anni di vita ha creato 563 giornalistiprofessionisti (tra questi: 35 direttori, 22 addetti stampa, 4vicedirettori, 77 capiredattori, 42 inviati o corrispondentidall’estero, 88 capiservizio, 2 segretari di redazione, 193redattori ordinari, 19 cococo e 6 “vari”).Nel corso del biennio, in osservanza anche delle indicazionidel Consiglio nazionale dell’Ordine e delle norme che presie-dono al funzionamento dell'Istituto, sono impartite lezioniteoriche di base o di approfondimento, nelle seguenti areedisciplinari:

BANDO PER IL XV BIENNIO (2005-2007) DELL’«ISTITUTO ‘CARLO DE MARTINO’PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO»

Gli allievi dovranno affrontare un esame al termine di ognisingola materia in base a un calendario stabilito dalla dire-zione. I singoli esami verranno annotati nel libretto personaledello studente. Gli esami potranno essere ripetuti, in caso dibocciatura, a distanza di un mese.La preparazione degli allievi/praticanti verrà valutata, ognimese, dai rispettivi tutor.

Al termine del primo e del secondo anno agli allievi verrà rila-sciato un certificato di frequenza con l’attestato del supera-mento delle materie del programma.Al termine del biennio i praticanti affronteranno un esamefinale, scritto e orale.Della Commissione giudicatrice (nominata dal Consigliodell’Ordine dei giornalisti della Lombardia d’intesa con la

direzione dell’Istituto) farà parte anche un rappresentantedella Regione Lombardia. La direzione della scuola, tenendoconto dei risultati dell’esame finale, rilascerà un certificato difrequenza e profitto. La prova, propedeutica all’esame diStato, condiziona il rilascio, da parte del presidente dell’Ordi-ne dei giornalisti della Lombardia, del certificato di fine prati-cantato.

Consiglio nazionaledell’Ordine

La nuova legge sull’esame di Stato ancorasenza regolamento. Così restano in vigore le vecchie norme

Roma, 21 marzo 2004. A seguito delle richieste di chiarimentiprovenienti dai praticanti che intendono partecipare alla sessioned’esame indetta per il 30 aprile 2005, il Consiglio nazionaledell’Ordine dei giornalisti precisa:

1) il decreto-legge sulla competitività stabilisce all’art. 2 comma 6che “nelle commissioni per l’esame di Stato per l’abilitazioneprofessionale non più della metà dei commissari sono desi-gnati dall’Ordine o Collegio territoriale tra gli iscritti all’albo”,

2) il decreto-legge citato non specifica quali titoli debbano averegli altri commissari e da chi debbano essere nominati;

3) tali specificazioni saranno verosimilmente oggetto di normeregolamentari successive alla conversione del decreto-legge;

4) fino a quando le nuove norme regolamentari non sarannooperanti, restano in vigore quelle vigenti prima dell’emanazio-ne del decreto-legge, come peraltro confermato dal ministerovigilante;

5) pertanto, la sessione d’esame indetta per il 30 aprile 2005 èconfermata.

Delibera dei 10euro “pro-Ifg”

Abruzzo a Castelli:“Prenda atto che la decisione,non impugnata, è oramaiesecutiva e definitiva”

Milano, 17 marzo 2005. L’Unione giornalisti pensionatiha presentato nel dicembre 2004 un esposto al ministerodella Giustizia contro la delibera 15 novembre 2004 delConsiglio dell’OgL sulla determinazione di un contributodi 10 euro “pro-Ifg” (ex articolo unico della legge n.292/1978 ed ex articolo 27 del Dpr n. 115/1965) inaggiunta alla quota di euro 100 (di cui 50 euro per ilConsiglio regionale della Lombardia e 50 per il Consiglionazionale dell’Ordine dei giornalisti).

Si tratta, comunque, di un contributo straordinario euna tantum, perché, a questo punto, il futuro dell’Ifg“Carlo De Martino” dipende dalla capacità del Consi-glio dell’Ordine di collocare la scuola di giornalismoall’interno di una Università milanese. Traguardo nonimpossibile e, secondo voci ricorrenti, molto vicino.

Secondo queste voci, rimarrà collegata all’Ordine e allaRegione Lombardia soltanto l’Associazione “Walter Toba-

Le iscrizioni dal 1° marzo al 30 giugno 2005aperte anche ai cittadinicomunitari.La tassa annualedi frequenza è di 50 euro, che va versatainteramente alla RegioneLombardia

gi” per la Formazione al Giornalismo, che si dedicheràunicamente all’aggiornamento permanente dei giornalistidipendenti, disoccupati e free lance (come vuole l’artico-lo 45 del vigente Cnlg).

Franco Abruzzo ha trasmesso al ministro della GiustiziaRoberto Castelli questa lettera:

“Si specifica:

a) che la delibera in oggetto ha avuto ampia e tempesti-va diffusione tramite email nonché pubblicazione sul sitowww.odg.mi.it e sul periodico Tabloid - (entrambi organidell’Ordine lombardo dei giornalisti) - n. 12/2004, speditoper posta ai 21.500 iscritti negli elenchi dell’Albo);

b) che la stessa delibera non è stata impugnata davantial Tar Lombardia nei termini dei 60 giorni previsti dallanormativa in vigore: “Ai sensi dell’art. 7 d.l.lgt. 23 novem-bre 1944 n. 382 spetta ai consigli degli Ordini e dei Colle-gi professionali stabilire, entro i limiti necessari a coprirele spese, una tassa annuale a carico degli iscritti; pertan-to è inammissibile il ricorso con il quale un iscritto all’Or-dine provinciale forense chiede l’annullamento di unadeliberazione dell’assemblea degli iscritti favorevole all’e-levazione della misura del contributo senza aver impu-gnato l’atto del Consiglio dell’Ordine che costituisce ilvero provvedimento lesivo” (Tar Lombardia, sezione I, 24aprile 1985 n. 219 in Trib. Amm. Reg., 1985, I, 2222);

c) che la società di riscossione Esatri (Bancaintesa) hagià notificato agli iscritti l’avviso bonario con la richiestadi una somma complessiva di 110 euro.

Tutto ciò premesso, si invita l’on. ministro a prendereatto che la delibera 15 novembre 2004 è esecutiva edefinitiva”.

21ORDINE 4 2005

Centro studi comunicazione sul farmaco, Università degli Studi di Milano, Ordine dei giornalisti della Lombardia

Corso per addetti agli Uffici Stampa del settore salute

Milano, 22 febbraio 2005. Sono aperte le iscrizioni al 1° corso per addetti agli Uffici stampadel settore salute organizzato dal Centro studi comunicazione farmaco, Università degli Studidi Milano, con il patrocinio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia. Il corso è indirizzato aquanti operano nelle istituzioni pubbliche e private dei settori socio-sanitario, socio-assisten-ziale, associazionismo, assessorati, editoriale, comunicazione, agro-alimentare, chimico-farmaceutico.Il corso risponde ai requisiti fissati dalla legge 150/2000 per l’iscrizione nell’elenco Pubblicistidell’Albo giornalisti, che potrà avvenire presso l’Ordine dei giornalisti della Lombardia. Lelezioni si svolgeranno dal 5 aprile al 30 giugno 2005 presso il Settore didattico di via Celoria20, con frequenza martedì e giovedì, ore 17-20, e sabato mattina, ore 9-13, per un totale di120 ore. La frequenza non inferiore all’80% delle ore previste, il superamento dell’esamevalutativo finale, la presenza degli altri requisiti previsti, conferiranno al partecipante il dirittodi iscrizione nell’elenco Pubblicisti dell’Albo dei giornalisti.I posti disponibili saranno assegnati secondo l’ordine cronologico di presentazione delledomande. Il corso partirà al raggiungimento di 30 iscritti e le iscrizioni si chiuderanno dopol’iscrizione di 100 iscritti. La quota al corso è di 1.000 euro, che dovranno essere versati tramitebonifico bancario o postale su c/c 1192 – ABI 03512 – CAB 01621 – Cin L. (IBAN IT 64 L035I201621000000001192), Credito Artigiano, Agenzia 16, Milano, con l’indicazione del nomedell’iscritto, dell’eventuale ente e sua partita IVA, e dell’eventuale richiesta di fattura.Per ulteriori informazioni si prega di contattare il Centro studi comunicazione Farma-co, viale Abruzzi 38 – 20138 Milano tel. 0250317505 – fax 0250317501 – e- mail: [email protected] – Segreteria amministrativa: SISF (Società italiana di Scienzefarmaceutiche), Milano.

Strutturato in una programmazione teorica e in una serie diesercitazioni pratiche in uno studio televisivo e/o in esterno

Corso di aggiornamentoprofessionale televisivo per giornalisti

Centro diassistenza fiscale presso la “Lombarda”

L’Istituto “Carlo de Martino” per la Formazione al Giornalismo (Ifg) organizza un corso diaggiornamento professionale televisivo aperto a 20 giornalisti (professionisti e pubblicisti).Il corso - che è GRATUITO - è strutturato in una programmazione teorica e in una serie diesercitazioni pratiche in uno studio televisivo e/o in esterno. Le specializzazioni riguardano:a) conduzione dei tg;b) interviste televisive;c) telecronache.Le lezioni avranno inizio mercoledì 1° giugno e termineranno venerdì 1° luglio 2005. I primi 10giorni saranno dedicati all’apprendimento teorico nella sede dell’Ifg, in via F. Filzi 17-20124 Mila-no, dalle ore 10 alle 13. Nei successivi 20 giorni verranno effettuate esercitazioni pratiche pressogli studi televisivi di FORMAS TV, situati in via De Sanctis 33 a Cinisello Balsamo, dalle 10 alle 13e dalle 15 alle 18. Le domande, in carta libera, dovranno pervenire alla sede dell’Ifg (via F. Filzi17-20124 Milano) entro il 14 maggio 2005. Saranno accettate soltanto se consegnate a mano oinviate con raccomandata. Nel caso di invio con raccomandata farà fede il timbro postale.Le domande dovranno contenere i seguenti dati:- cognome e nome, luogo e data di nascita, indirizzo completo, recapito telefonico;- codice fiscale;- titolo di studio;- curriculum professionale;- numero della tessera di iscrizione all’albo dei giornalisti (professionisti o pubblicisti);- liberatoria per il trattamento dei dati personali.L’ammissione al corso avviene mediante graduatoria compilata in base alla documentazionepresentata e agli esiti di un colloquio con un’apposita commissione.

Milano, 21 marzo 2005. Presso l’Associazione lombarda deigiornalisti (via Monte Santo 7) funziona il Centro di assisten-za fiscale, un Caf di Base, per modelli 730, Unico, Ici, Red,Isee è attivato, a partire da venerdì 15 aprile per tre mesi eper un eventuale ulteriore periodo per le pratiche in scadenzaa luglio.I colleghi potranno usufruirne il lunedì dalle 9 alle 12,30, ilmercoledì dalle 14 alle 17, e il venerdì dalle 9 alle 12,30.

La prenotazione è obbligatoria (02-6375202 o 203 o 204).Il costo è di 15 euro per le pratiche da compilare, mentre ilservizio è gratuito in caso di pratiche già compilate corretta-mente.Chi consegna il 730 o il modello Unico fruirà del calcolo Icigratuitamente. Il servizio è prestato nella sede dell’Alg, ma ilCaf è esterno: la privacy è garantita in base alle leggi e ilpersonale dell’Alg non può avervi accesso. È a disposizionel’elenco della documentazione necessaria.

Roma, 25 marzo 2005. La Federazione nazionale della stampaesprime «totale dissenso dalla posizione manifestata dal presi-dente dell'Agenzia per la contrattazione nel pubblico impiego(Aran) nell'incontro convocato dalla stessa Agenzia per l'apertu-ra formale delle trattative per il contratto quadro dei giornalistidegli Uffici stampa pubblici».«Nell'incontro, convocato dall'avvocato Guido Fantoni su solleci-tazione del ministro della Funzione pubblica, Mario Baccini,l'Aran - spiega la Fnsi - ha sostenuto l'impossibilità di proseguireil confronto in assenza di una parte delle organizzazioni sinda-cali riconosciute ai tavoli dei negoziati per gli accordi quadro delPubblico impiego. All'incontro di oggi erano, infatti, presenti ledelegazioni della Cida, della Confedir e della Cosmed, mentreerano assenti Cgil, Cisl, Uil, Cisal, Confsal, Rdb/Cub, Usae eCgu. La delegazione della Federazione della stampa era guida-ta dal segretario generale, Paolo Serventi Longhi e dal presi-dente, Franco Siddi, ed era composta dalla segreteria e dalpresidente del Gruppo uffici stampa».

Spiega inoltre la Fnsi che «il presidente dell'Aran Fantoni hareso noto che alcune delle organizzazioni che hanno rifiutato dipartecipare all'incontro, hanno inviato una lettera per sostenerel'illegittimità di un tavolo al quale partecipi la Fnsi, che non fareb-be parte delle organizzazioni ammesse alla contrattazionequadro ai sensi del Decreto legislativo 165/2001.La Fnsi ha, invece, ricordato che sia l’ex ministro Franco Frattinisia l'attuale ministro Baccini hanno riconosciuto per iscritto lavalidità della legge 150 che riconosce il diritto della Fnsi a parte-cipare alle trattative per il contratto degli Uffici stampa della P.A.,in deroga esplicita al Decreto legislativo 165. Il sindacato deigiornalisti ha, quindi, dovuto prendere atto con rincrescimentodella posizione del presidente dell'Aran e di alcune organizza-zioni sindacali, posizioni peraltro contestate oggi al tavolo dairappresentanti delle confederazioni presenti. La Fnsi ha quindimanifestato dissociazione dalla decisione annunciata dall'avvo-cato Fantoni di non dare corpo al negoziato e ha chiesto unimmediato chiarimento al ministro della Funzione Pubblica,Mario Baccini». La segreteria della Fnsi ha confermato il ricorsoalla Magistratura del lavoro già presentato contro la mancataapertura della trattativa e la cui prima udienza è stata fissata perlunedì 11 aprile presso il Tribunale civuile di Roma.«Il sindacato dei giornalisti invita l'intera categoria dei giornalistiitaliani a proseguire la mobilitazione per il riconoscimento delruolo professionale delle colleghe e dei colleghi degli Uffici stam-pa, e per l’affermazione dei diritti sindacali previsti dalla legge150. Le iniziative di mobilitazione saranno decise dal Diparti-mento degli Uffici stampa della Fnsi, convocato per il 12 aprile aRoma». (ANSA)

Uffici stampa:salta il tavolo del confronto.La Fnsi va all’attacco

Novità nella direzione dell'Istituto "Carlo De Martino" per laFormazione al Giornalismo (meglio noto come "Scuola di gior-nalismo di Milano"): lascia Gigi Speroni, direttore negli ultimisei anni, per scadenza del contratto. A Gigi Speroni, giornali-sta professionista e storico, il Consiglio dell'Ordine e il Consi-glio di presidenza dell'Associazione "Walter Tobagi" hannoespresso stima e gratitudine, rilevando lo straordinario contri-buto dato allo sviluppo e alla crescita del prestigio dell'Istituto.Il vicedirettore dell'Ifg, Alfredo Pallavisini, si era, invece, dimes-so a fine dicembre 2004, avendo maturato la pensione.Il Comitato ristretto dell'Associazione ha nominato vicediret-tore della scuola Massimo Dini, che ora svolgerà funzionivicarie di direttore, avvalendosi della collaborazione di Alfre-do Pallavisini, che contribuirà al completamento del XIV bien-nio, assicurando la continuità didattica. Entro maggio, ilConsiglio di presidenza provvederà a integrare la direzionedell'Ifg con un altro giornalista professionista.Massimo Dini, fiorentino, giornalista professionista dal 1980,ha conseguito la laurea in Letteratura italiana nel 1971 all'U-niversità di Firenze, con il professor Lanfranco Caretti: voto110 e lode (con pubblicazione della tesi su "Ateneo Veneto"e "Revue d'Etudes Italiennes", rivista edita dal Cnr francese,diretta da Paul Renucci). Dini ha lavorato a La Gazzetta delPopolo di Torino; Il Sole-24 Ore; Panorama e L'Europeo(inviato). Successivamente ricopre l'incarico di "free lanceinterno", cioè inviato (regolarmente assunto) per varie testa-te del Gruppo Rcs Periodici: Il Mondo (diretto da GuidoGentili), Io Donna; Amica, Dove, Gulliver e altre riviste delgruppo. Ha scritto diversi libri e saggi sul teatro, su PrimoLevi e sull'architettura di Renzo Piano. Nella sua attività diinviato, Dini è stato utilizzato nel campo della politica esterae della cultura internazionale.

Per rompere il ghiaccio, una battuta: “Dadomani potete darmi del tu, ma solo dadomani”. Gigi Speroni arriva in aula magnaal termine della pausa pranzo, però stavol-ta è diverso. Niente precisazioni o annuncisul lavoro interno alla scuola: “Dopo seianni intensi passati qui dentro, lascio”.Un discorso stringato e commosso quellodel direttore, che indossa la divisa disempre: giacca di velluto, gilet, camiciascura e cravatta. Più che un addio – dice –un arrivederci. “Torno a fare il giornalista enon più il burocrate” spiega a noi allievidella scuola “Carlo De Martino”.

Il XIV biennio è agli sgoccioli e mancanopochi mesi all’ultimo stage estivo, ma c’èancora tempo per un cambio in corsa. Loscorso anno, l’addio del presidente BrunoAmbrosi sostituito da Giuseppe Barrancodi Valdivieso, a dicembre le dimissioni delvicedirettore Alfredo Pallavisini, che hamaturato l’età pensionabile ma resterà connoi fino al termine delle lezioni. Perché l’at-tività della scuola continua. “E continueràsenza traumi – garantisce Speroni – Sono

orgoglioso dell’Ifg, di voi e dei docenti. Perunanime ammissione è la prima scuola digiornalismo italiana, e questo è merito ditutti”.E ricorda come il quotidiano Ore 13 siauscito tutti i giorni anche a febbraio,malgrado l’influenza che ha colpito tutor eredazione. Un segno di professionalitàmaturata. Ad accompagnarci fino a maggioe poi all’esame per professionisti dell’au-tunno sarà Alfredo Pallavisini, insieme alnuovo vicedirettore, Massimo Dini.

Per Gigi Speroni invece domani è un altrogiorno: “Lunedì sono a firmare l’ennesimolibro per Bompiani. E poi ho aperto un sito,www.gigisperoni.it con cui tenerci incontatto”. Alla fine, un messaggio: “Citengo alla serenità della scuola. State allalarga dalle meschinità che ci sono inquesto mestiere. La vostra forza è supera-re l’esame e prepararvi al meglio al lavo-ro”. Il direttore lascia l’aula di via FabioFilzi. “La campana - dice - stavolta suonaanche per voi”.

Daniele Lorenzetti

La scuola guidata da Massimo Dini

Ifg “Carlo De Martino”:lascia Gigi Speroni

Il saluto di Speroni

22 ORDINE 4 2005

Rivisitazione storica passando dagli archividi polizia. Uno studioso dell’apparato fasci-sta, Mauro Canali, ha pubblicato di recente ilvolume Le spie del regime (Il Mulino) nelquale afferma che Max Salvadori, già mili-tante di Giustizia e Libertà, antifascista dianima liberale, ufficiale decorato dei servizimilitari inglesi, nel dopoguerra intellettualeliberal, storico ed economista, docente negliUsa, morto a Northampton (Massachusetts)il 6 agosto 1992, avrebbe avuto prima delconflitto connivenze col governo fascista.Va sotto la lente d’ingrandimento degli Sher-lock Holmes delle delazioni nel Ventennio unpersonaggio di rilievo, Max Salvadori, la cuiimmagine si presta a suggestionare storici enarratori. Paracadutato oltre le linee nemichedurante gli sbarchi alleati in Europa, autoredi testi come L’eresia liberale e Resistenza eazione, una ventina di volumi e un centinaiodi saggi, era allievo di Gaetano Salvemini edi Riccardo Bauer. Un suo saggio su capita-lismo e libertà fu elogiato dal presidente UsaEisenhower. Il volume sulle spie fasciste,purtroppo, ne macchia ingiustamente l’im-magine.

Salvadori era a Milano dal febbraio 1945.Ufficiale del Soe, Special Operations Exe-cutive, uno dei servizi britannici, operavanella clandestinità con i membri del Clnai.Come i suoi colleghi disseminati nello scac-chiere di guerra, aveva 75 probabilità su 100di essere scoperto e fucilato ed era al frontedal 1943.Dopo la morte, la sua figura viene attratta nelgorgo delle ricostruzioni storico-giornalisti-che sull’epilogo del fascismo. Il 10 novembre1995 il Corriere della Sera pubblicava DeFelice: i servizi inglesi dietro la morte delduce. Nell’occhiello sovrastante il titolo:Agenti britannici avrebbero indotto i partigia-ni a ucciderlo. Motivo, i carteggi con Chur-chill.Nel testo, occasione la consegna del premioAntonio Feltrinelli bandito dall’Accademia deiLincei, lo storico De Felice dichiarava: Sedovessi dire di avere in mano un documentodefinitivo dovrei dire cose non vere… E lostorico inglese Denis Mack Smith aveva nelfrattempo commentato: De Felice dice diaver trovato nuovi documenti che dimostre-rebbero il coinvolgimento di spie britannichenell’arresto e nell’uccisione del duce. Bene,perché non li mostra? C’era un interesse - controbatté De Felice -a far sì che il capo del fascismo non arrivas-se mai a un processo. Ci fu il suggerimentoinglese: fatelo fuori.La polemica tra i due storici attirò l’attenzio-ne della stampa: ne scrissero il settimanaleEpoca e vari giornali che evocarono l’ombradel più importante agente inglese operantein Lombardia, appunto Max Salvadori. Il figliodi Salvadori, Clement, chiese dagli Usaprecisazioni allo storico De Felice, alloraancora vivo, che gli rispose: Non affermoaffatto che suo padre abbia suggerito al

Clnai di uccidere Mussolini e tanto meno chel’avrebbe ucciso lui… Che i giornali italiani sisiano buttati su (questa notizia) è dovuto alloro continuo ricercare colpi giornalistici chefacciano effetto su un pubblico assetato dinovità. Questo ormai è purtroppo il punto alquale è giunta gran parte della stampa italia-na… Se crede, prima di pubblicare potreifarle avere in lettura le pagine nelle quali sitratta la questione della morte di Mussolini edell’atteggiamento del Soe, dell’Oss e di suopadre in quei giorni dell’aprile 1945.

La presunta operazione da 007 sulle rive dellago di Como ritorna a galla di recente. Nelsettembre 2004 nel corso di una puntata diRai 3 della serie La grande storia si fa cennoalla partecipazione diretta di un agente segre-to britannico all’esecuzione di Benito e Claret-ta a Giulino di Mezzegra. Questo ufficiale nelleindicazioni del narratore non poteva essereche Max Salvadori, in collegamento con ilComitato liberazione nazionale alta Italia,coordinato dal generale Cadorna, dopo esse-re stato paracadutato in territorio occupato.Arriviamo ai compromessi col fascismo elen-cati dal professor Canali. L’ipotetico cedimen-to di questo giovane liberale, picchiato daglisquadristi nel 1924 quand’era liceale a Firen-ze, rifugiatosi col padre in Svizzera, studiosodi economia, animatore in Italia centrale diuna sezione clandestina di Giustizia eLibertà, sarebbe avvenuto alla fine degli anni

’30, quelli più duri per la clandestinità. Giusti-zia e Libertà era un’associazione cospirativaliberale fondata da Carlo Rosselli (assassi-nato dai fascisti in Normandia nel 1937 colfratello Nello), Lussu, l’ex redattore capo delCorriere della Sera Alberto Tarchiani, Riccar-do Bauer, Ernesto Rossi.Il fascismo trionfava, la mancanza di infor-mazioni, di incoraggiamenti e solidarietàrendeva l’attività degli oppositori difficilissimaa fronte dell’efficienza del capillare apparatorepressivo guidato dal temuto capo dellapolizia Arturo Bocchini, ideatore dell’Ovra,controllato personalmente da Mussolini. Ingalera, dall’avvento delle leggi fascistissime,del 1926, erano finiti i comunisti (7000 annidi reclusione dal Tribunale speciale) e i socia-listi che non erano riusciti a fuggire all’este-ro, i cattolici si erano dispersi in Francia o inSvizzera, i liberali e i repubblicani a Parigi ea Londra. Diecimila deportati sulle isole o neipiccoli comuni, 16 mila pericolosi schedati.C’erano delatori ovunque, agenti anche nellecapitali estere. Molti di Giustizia e Libertà allafine degli anni ’30 furono arrestati, raccon-terà Ernesto Rossi nel volume Una spia delregime, per le delazioni di Carlo Del Re, unmilitante nel gruppo milanese, ex giocatored’azzardo, trasferitosi per denaro nel “maleo-dorante retrobottega” della polizia fascista.La repressione arrivava dappertutto.Non è chiaro come una povera canna alvento, in carcere e al confino a Ponza per unanno, nel 1932, isolato e umiliato, comeappare il Max illustrato dal Canali, avrebbetrovato il coraggio durante la guerra dirischiare la pelle, lui presunto traditore, para-cadutato più volte oltre le linee. Eppure nel

S T O R I A EG I O R N A L I S M O

MaxSalvadori

Chi ha la schiena diritta non può fare il saltimbanco

inchiesta di Roberto Zoldan

Già militante di Giustiziae Libertà, democratico dianima liberale, ufficiale

decorato dei servizimilitari inglesi, spentosinegli Usa nel 1992, inesilio aveva sempre

presenti le parole scrittenel 1929

da Riccardo Bauer.

Era un antifascistadella sua stessa razza.

Ogni volta che gli si affacciava l’idea del ritorno, sorgeva

nella sua mentel’immagine

dei tanti amici con lacasacca a strisce

dei detenuti politici.

In territorio nemico erasempre in pericolo di vita.

Eppure nel recente volume

Le spie del regime, di Mauro Canali,

si ipotizza un compromesso

di Max Salvadoricon la dittatura…

Nel gorgo delle ricostruzioni:non suggerì di uccidere il Duce

Più volte paracadutatooltre le linee nemiche

Al centro Max Salvadori. Alla sua sinistra Riccardo Bauer, uno dei fondatori del movimento antifascista Giustizia e Libertà. Nel 1980 il comune di Premosello Chiovenda, provincia di Verbania, gli conferisce la cittadinanza onoraria.

23ORDINE 4 2005

libro si cita una lettera del Salvadori daPonza, indirizzata al Duce, il cui testo sareb-be un atto umiliante di sottomissione al fasci-smo. Ma la prosa enfatica lascia mille dubbi:l’avvio che dice “Eccellenza! Perdoni l’ardireche un oscuro recluso… l’ammirazione perl’opera che Vostra Eccellenza à (con l’accen-to) compiuto e va diuturnamente e assidua-mente compiendo…” fa pensare a un testoredatto da un poliziotto di regime, fatto firma-re sotto pressione e inviato a Roma.

Un altro documento sarebbe un verbale diconfessione, dopo l’arresto del luglio 1932,di adesione a Giustizia e Libertà ma in posi-zione secondaria. I responsabili, avrebbesoffiato Salvadori, sarebbero stati altri. Poi,scrive Canali, ci sarebbero documenti di uncontatto con l’agente della Polpol (Poliziapolitica) Enrico Gozzi, all’albergo Cornevindi Ginevra, il 12 dicembre 1939, che ne fecerelazione a Bocchini. Nel corso dell’incontroMax avrebbe affermato di voler mettersi adisposizione delle autorità per il bene del suoPaese. L’anziana madre Giacinta, già diffida-ta nel 1937, già arrestata, era al confino e luichiese che fosse liberata.Rivisitazione dello scenario in luce più chia-ra: Salvadori prende riguardosi contatti colregime più volte attraverso le ambasciate, daLondra o da New York, finge disponibilità (maper venire in Europa ha chiesto le ferie nellafabbrica americana di aerei nella quale hatrovato impiego) al fine di far liberare lamadre. Appartiene a famiglia prestigiosa, perla quale i fascisti hanno deferenza, non è unrosso estremista, ha confidenza col mondodiplomatico e accademico. Il padre Gugliel-mo dei conti Salvadori-Paleotti, di Fermo,filosofo positivista, era professore universita-rio, autore di pubblicazioni. La madre ingleseera Giacinta Galletti di Cadilhac. Il bisnonnomaterno, generale Bartolomeo Galletti,aveva collaborato con Mazzini e Garibaldidurante la Repubblica Romana nel 1848. Ilbisnonno paterno Robert Collier fu attorneygeneral (procuratore generale) del RegnoUnito al tempo del Great Cabinet di W.E.Gladstone 1868-1874.Può ottenere, quindi, fingendo di dare. E nonfa mai delazioni: di queste non c’è traccia innessun archivio. Rivela del resto il professorCanali che ha attinto negli scaffali della poli-zia politica: Non si hanno documenti suffi-cienti per accertare compiutamente come sisviluppasse la successiva attività di Massi-mo Salvadori nella direzione annunciata aidirigenti fascisti.Nel 1939, scriverà lui stesso nelle sue notebiografiche, Salvadori aveva fatto domandaa Londra di essere arruolato nell’esercitoinglese ma fu messo in lista d’attesa fino al1943 a causa della doppia nazionalità. L’Ita-lia e gli Usa, dove risiede in quel periodo,non sono ancora in guerra. Degli anni ameri-cani che precedettero la guerra, del resto,Salvadori ricordava l’umiliazione delle riunio-ni disertate dagli emigranti italiani, infatuati diMussolini e del fascismo, mentre i teatrierano colmi di folla attratta dal filonazistaLindbergh, nel 1927 primo trasvolatoredell’Atlantico. Allo scoppio del conflitto, la

scelta che rivela chi fosse veramente MaxSalvadori: volontario al fronte nel più perico-loso dei servizi segreti inglesi.Seguono articoli di recensione e relativesmentite. Quasi scusandosi, il Canali affer-ma: Non l’ho mai definito un delatore, né mai[ho] affermato che la sua collaborazione conla polizia politica fascista danneggiasse ofacesse correre pericolo ad altri antifascisti.In dettaglio le ultime polemiche. Si torna sulpresunto mistero di Dongo. Il 23 ottobre scor-so il Corriere della Sera pubblica un articoloa firma Enrico Mannucci dal titolo Dongo,così Salvadori insospettì De Felice. Sopra iltitolo: Lo storico vide in un memoriale laconferma alla tesi della pista inglese nellamorte del Duce. La notizia viene ripresa inun numero della rivista Nuova storia contem-poranea di Francesco Perfetti, allievo dellostorico De Felice. Secondo Perfetti, De Feli-ce avrebbe affermato a proposito dell’ucci-sione di Mussolini: Fecero tutto i partigiani.Un agente dei servizi segreti inglesi li esortòa far presto a chiudere la partita. Mannucciconclude: Questo agente era Salvadori.Il professor Perfetti preciserà in seguito: Noncredo alla pista inglese: quest’ipotesi misembra non molto logica e troppo fantasio-sa, in linea con la tendenza a inventaremisteri nella storia italiana. Colgo l’occasio-ne per manifestare la mia stima per MaxSalvadori…

Su Magazine, settimanale del Corriere dellaSera del 28 ottobre scorso, Mirella Serrirecensisce il libro di Mauro Canali in un arti-colo dal titolo L’uomo che visse due volte,prima al servizio del Duce, poi di SuaMaestà. Il sommario dice Max Salvadori fuantifascista audace e integerrimo, poi agen-te segreto degli inglesi per i rapporti con icapi della Resistenza. Ma ora un libroracconta che, prima della guerra, era in stret-to contatto con la polizia politica del regime.

Scende in campo su il Giornale MassimoTeodori, politologo, docente di storiaamericana, che demolisce la complicità colfascismo. Si unisce a lui, in difesa dell’im-magine di Salvadori, un altro storico, PieroCraveri, con un corsivo di 60 righe sull’in-serto culturale del Sole-24 Ore. ScriveTeodori il 23 dicembre scorso: nessundoppiogioco, i documenti che Canaliproduce nel suo libro non provano cheMax abbia collaborato con il regime. Affer-ma: È proprio la questione della madre lachiave di volta per interpretare i contatticon l’ambasciata italiana di Washington egli incontri in Svizzera. Max Salvadori vole-va rientrare in possesso del suo passapor-to italiano per incontrare la madre e siadoperava affinché le fosse consentito diviaggiare oltreoceano. A Salvadori ilpassaporto fu restituito nel luglio 1940 ealla madre qualche tempo prima, cosa chele permise di incontrare il figlio in Svizze-ra. Poi, nell’agosto 1941, la signoraGiacinta, di 66 anni, fu di nuovo sbattutaal confino come nel 1937.Nelle sue memorie Salvadori del resto haraccontato: Scrissi al ministero dell’Internoprotestando per la persecuzione di cui eravittima mia madre e dichiarai che se lovolevano potevano denunciarmi come libe-rale, giellista, democratico o altro. Noncome anarchico o comunista.Su Magazine del Corriere dell’11 novem-bre Mirella Serri torna sull’argomento coltitolo Salvadori non fu una spia che vissedue volte e nell’occhiello sovrastante il tito-lo chiarisce: Un libro anticipato da “Maga-zine” insinuava dubbi sulla limpidezza delfamoso agente segreto inglese, accusan-dolo di contatti col regime fascista. Ora lostorico Massimo Teodori, che lo conobbebene, smonta la tesi. La verità? Il dibattito(storico) è aperto.Forse sarebbe meglio chiuderlo. Max Salva-dori fu un intellettuale liberale combattenteche dette il meglio di sé alla lotta contro ilnazifascismo. Se hai la schiena diritta e rigi-da non puoi fare il saltimbanco, scrivevaRiccardo Bauer (intellettuale milanese, unodei fondatori di Giustizia e Libertà, condan-nato a 20 anni nel 1930) a Ernesto Rossinel 1929. E di Salvadori che era della stes-sa tempra ricordava: L’idea di tornare inpatria dopo la fuoruscita del 1933 affioravaogni tanto. La lontananza pesava, vi eranomomenti di nostalgia, c’era la sensazionedell’inutilità dei propri sforzi, c’era la pres-sione esercitata con le condanne inflitte allamadre, con le denunce. C’era la visionedella realtà storica che fa dipendere lacaduta delle dittature non dagli anti madalle pressioni esterne e dai conflitti in senoalla dittatura… Ogni volta che gli si affacciava l’idea delritorno, di un compromesso che erasempre possibile, sorgeva l’immagine deitanti che aveva conosciuto, di cui era statocompagno e che da anni indossavanol’uniforme a strisce dei detenuti nei peni-tenziari.

Non c’è traccia di delazioninegli archivi della polizia fascista

Così gli ultimi titolitra accuse e ritrattazioni

Scrisse al ministero dell’Internoin difesa della madre

PER SAPERNE DI PIÙI temi che colora-no di giallo le pagi-ne del fascismohanno più di unlettore appassio-nato. Chi vuolesaperne di più inlibreria può trovareanche, di MimmoFranzinelli, I tenta-coli del regime(Bollati Boringhieri1999) e Delatori(Mondatori 2001).Chi ama storie diintrighi e sabotag-gi può leggere,uscito in questesettimane, ancheLa guerra segreta nell’Italia liberata (Libreria EditriceGoriziana 2004), di Donald Gurrey, ufficiale dei ser-vizi inglesi nel Comando supremo alleato a Caserta.

Le foto che illustrano le pagine sono tratte dal volumeMax Salvadori:l’uomo, il cittadino(Andrea LiviEditore, Fermo,1996), nel qualesono riassunti gli atti del convegno su Max Salvadori tenutosi il 14 marzo 1992 dalla SocietàOperaia di MutuoSoccorso di Porto San Giorgio.

1908 Max W(illiam) Salvadori or Massimo Salvadori-Paleot-ti nasce a Londra il 16 giugno da famiglia italo-inglesedi fede valdese, italiano per jus sanguinis, inglese perjus loci. Frequenta il liceo a Firenze.

1924 Perseguitato e picchiato dai fascisti, a 16 anni riparacol padre in Svizzera.

1929 Si diploma in Scienze sociali a Ginevra. Aderisceall’organizzazione clandestina Giustizia e Libertà efonda la sezione italiana a Roma e in Italia centrale.

1930 Si laurea in Scienze politiche a Roma con una tesi suIrving Fisher e altri economisti dal titolo Stabilizzazio-ne del potere d’ acquisto della moneta.

1931 Frequenta per sette mesi la scuola ufficiali dei bersa-glieri, a Milano.

1932 Incarcerato e condannato dopo tre anni di attività anti-fascista clandestina, come aderente a Roma a Giusti-zia e Libertà, viene rinchiuso per un anno a ReginaCoeli e a Napoli, poi al confino sull’isola di Ponza.

1933 Agli arresti domiciliari, anche grazie a pressioni delladiplomazia inglese. Seconda fuga in Svizzera.

1934 Sposa Joyce W. Pawle, pittrice irlandese. Avranno duefigli, Cynthia, nel 1936, e Clement, nel 1940. Si trasfe-risce con la moglie a Njoro, in Kenia, e fonda l’EquatorFarm, una fattoria che avrebbe dovuto produrrenoccioline. Prima del primo raccolto va per un breveperiodo in Spagna accanto agli antifranchisti.

1939 Chiede di entrare volontario nell’esercito inglese maviene accettato, a causa della doppia nazionalità,soltanto nel 1943. Per i primi nove mesi si addestra inGran Bretagna e poi sbarca in Francia. GaetanoSalvemini (docente ad Harvard) lo coopta nel ‘41 nellaMazzini Society, un’associazione di giellisti e repubbli-cani antifascisti.

1943 Volontario nella Special Operations Executive (Soe),uno dei servizi segreti militari inglesi, partecipa allosbarco in Sicilia, a Salerno e poi ad Anzio accanto agliamericani, dove rimane ferito in modo serio. Attivitàclandestina di collegamento in Italia centrale.

1945 Nel febbraio si fa paracadutare nel Nord Italia occupa-to, tiene i collegamenti con il Comitato di liberazionenazionale alta Italia e in maggio riceve la MilitaryCross, Croce al valore militare, e il DistinguishedService Order, Ordine al merito, due decorazioni chelo portano al grado di tenente colonnello. Cittadinoonorario di Milano.

1947 Lavora in Italia per i liberali, con Unità popolare di Parrie con i socialdemocratici. Partecipa alla fondazionedel Partito radicale.

1948 Responsabile della Divisione scienze politiche dell’U-nesco a Parigi.

1952 È nella segreteria della Nato nella capitale francese.1957 Lavora per l’Eni di Enrico Mattei e dirige seminari

dell’Internazionale liberale. Scrive, studia e insegna.Vive tra Fermo e Northampton, in Massachusetts.Scriverà una ventina di testi di politica, economia estoria tra cui Resistenza e azione (1951), L’econo-mia della libertà (1962), L’Eresia liberale (1979), uncentinaio di saggi e un migliaio di articoli e recen-sioni.

1980 Il comune di Premosello Chiovenda, in Val d’Ossola,provincia di Verbania, gli dà in febbraio la cittadinanzaonoraria per i lanci alleati che aveva favorito nellazona. Alla cerimonia erano presenti gli azionisti Riccar-do Bauer, Mario Melino, Domenico Beccaria Balduzzie il console inglese a Milano Thompson.

1992 Il 6 agosto si spegne a Northampton.

ITALIANO PER JUS SANGUINIS, INGLESE PER JUS LOCI

segue

24 ORDINE 4 2005

S T O R I A E G I O R N A L I S M O

Quella vogliadi libertàche lo spingevaa sfidare la morte

Rispetto per il passato,responsabilità verso l’avvenire

In otto discorsi tra il 24 aprile, in un paesino del Monferrato, e il 26 novembre1988 in una cittadina della Valle Esina,Salvadori ripercorse le tappe della guerra al nazifascismo che costò al mondo 60 milioni di morti, di cui un terzo in divisa.Rievocò figure libertarie e maestri di impegno civile come Riccardo Bauer.

di Giorgio Di Gregorio

A Max Salvadori non fui presentato. Lo incon-trai facendogli da assistente nell’anonimato,nel corso di una militanza della quale viracconto l’antefatto. L’ultimo anno di liceoclassico (1943-44) l’avevo fatto a Codogno,oggi in provincia di Lodi, dove alcune classidel mio istituto, il Parini di Milano, erano sfol-late. Lì si sapeva chi era contro e chi a favoredel regime: un geometra dell’Anas, il giovanefriulano Aldo Aniasi, poi sindaco di Milano,organizzava spedizioni in bicicletta per porta-re i giovani a fare i partigiani in Val d’Ossola;il pizzicagnolo Ignazio Buttitta, poeta verna-coliere siciliano, comunista, era lì confinato.Divenni amico di quelli che lì si davano dafare e nell’inverno 1944-45, a 18 anni, nellaMilano piena di fame e di macerie, decisi didare una mano agli antifascisti. Mi spinseall’adesione anche un mese di internamentoin una caserma di Monza in seguito a unaretata. Il primo incarico: incontrare colui che(a liberazione avvenuta) avrei saputo essereil colonnello di origine italiana dei servizisegreti inglesi Max Salvadori. Aveva 37 annie teneva i contatti,per conto degli allea-ti, col Comitato diliberazione nazionalealta Italia (Clnai) econ le attività antifa-sciste. Si era paraca-dutato oltre le lineenel febbraio del 1945,preceduto dal mes-saggio convenuto Ni-coletta ha gli occhiazzurri, trasmessovia radio alla clande-stinità del nord. Avreidovuto portare con luiuna copia dell’Osser-vatore Romano, forsecon un messaggio criptato, al ragionier Cesa-re Merzagora della Pirelli (nel dopoguerrapresidente del Senato della Repubblica) negliuffici che la società occupava in corso Litto-rio, oggi corso Matteotti, nel pieno centro diMilano.Sotto i portici si sarebbe affiancato a me unsignore alto, in abito dimesso, che non miavrebbe detto una parola e al quale non avreidovuto rivolgermi: era Max Salvadori. Lasegretaria di Merzagora mi trattenne permezz’ora in sala d’attesa e mi congedò quan-do anche quel signore venne via. Lo ritrovainella caserma della Guardia di Finanza diComo. Chiesi al comandante (Eugenio DiGregorio, mio cugino, allora tenente, poicombattente a Milano durante l’insurrezione,in seguito generale) chi egli fosse. “Un caroamico”, mi rispose. In quel periodo bastavapoco per capirsi e non si facevano domande.Gli incontri avvenivano spesso in piazzaFontana, davanti alle macerie dell’albergoCommercio, bombardato nell’agosto del ‘43.

Mi raccomandava prudenza: mai passaredalla Galleria, mi disse, specialmente dallaparte prospiciente il sagrato del Duomo. Queitizi che ti fotografavano e poi ti rilasciavanouno scontrino, per il ritiro della foto il giornodopo, ricevevano dai tedeschi i rulliniGevaert. I tedeschi provvedevano allo svilup-po e alla stampa. Una centrale visionava tuttele foto e controllava se qualche ricercato erada quelle parti. Quel signore, Max, nel pome-riggio scompariva su una bicicletta Bianchi,si diceva per andare a Bruzzano, oltre la peri-feria, dove aveva qualche amico…Una volta mi affidò l’incarico di dire a un ricer-cato che pranzava nella trattoria che frequen-tavo in via Rastrelli di scappare in montagna.Lì io mangiavo, lasciando il conto da pagarea un mio zio paterno, avvocato con studio invia S. Antonio, ora via Larga. Dallo studio sipoteva controllare chi entrava e chi uscivadall’Arcivescovado del cardinale Schuster: avolte, assente lo zio, mi veniva dato l’incaricodi lasciare che qualcuno si appostasse allefinestre.Una sorpresa l’ebbi incontrando Max sull’u-scio dell’appartamento della signorina NellyArabian, in via Eustachi, 10 (la mia famiglia

possedeva il palazzo), nella zona Città Studi.Nelly, già quarantenne, era bellissima econsiderata la miss degli armeni di Milano.Un giorno mi disse, piena di sdegno, di odia-re i tedeschi, perché, secondo lei, era statol’ambasciatore nazista von Papen a spingereil premier turco Ataturk a sterminare la suagente. Tuttavia durante il coprifuoco ricevevavisite di ufficiali tedeschi: per me era pericolo-sa e lo dissi. Max e il portiere Lino, operaiocomunista che lavorava alla Bianchi, con unsorriso, ma nessuna spiegazione, mi disserodi star tranquillo: la Nelly era fidatissima.Nei giorni 22 e 23 aprile 1945 ebbi l’incaricodi raccogliere notizie fra i militari di piazzaFiume, ora piazza della Repubblica. I giovanidi leva non presentatisi alle armi venivanofucilati e temevo la vendetta di qualche uffi-ciale fascista vicino alla sconfitta. A Salvadoriportai due notizie: che sull’asfalto di piazzaFiume si bruciavano documenti fascisti e chequelli della Decima Mas, alloggiati a destradella piazza, avevano puntato le armi verso il

L’autore di quest’articolo aveva 18 anni quando decise,nella Milano in macerie, di dare una mano agli antifascisti.Max Salvadori si era fattoparacadutare nell’Italia occupatae teneva i contatti con le forze clandestine.Gli diventò amico. Ecco il suoritratto, quello di una persona dialto spessore morale e civile.

Ecco alcuni stralci di quelle prolusioniIl giorno in cui viene scoperta la lapidededicata al capitano Keaney, ufficialebritannico di collegamento (Blo), ucciso il9 marzo 1945 durante un rastrellamento,voglio accennare a ciò che aveva signifi-cato per noi la guerra del 1939-45 duran-te la quale, dicono i manuali di storia,perirono dai 50 ai 60 milioni di persone,quasi un terzo militari. Keaney era statoparacadutato in Italia il mese precedente.Si era arruolato nel 1940. Stava aiutandoalcuni partigiani italiani a raggiungere unbosco nel quale dileguarsi…

Nessuna guerra è inevitabile. Per evitarlabasterebbe arrendersi, come fecero i romanidel V secolo di fronte ai barbari, come si fecein Italia nel 1494, come fecero le democraziea Monaco nel 1938. Tra i giovani britannici dioggi è diffuso un sentimento d’indifferenzaper i nonni e le nonne che combatterono.Non ne valeva la pena, sembrano dire. Manel 1939 occorreva scegliere… per lasopravvivenza e il bene dell’umanità. Molto sideve ai 60 milioni di britannici del RegnoUnito e del Commonwealth i quali combatte-rono, soltanto loro ininterrottamente, sei anniinteri di guerra…

Se avesse vinto il nazismo sarebberoandati perduti la dignità dell’individuo…la priorità della ragione… il concetto diuguaglianza dei cittadini dotati degli stes-si diritti e doveri… l’eguaglianza moraleche ha portato alla formulazione di dirittiinalienabili… lo stato di diritto e il costitu-zionalismo. Lo Stato totalitario e la supre-mazia di una razza sull’altra avrebberoespresso una schiavitù moderna.

Paine scrisse che la democrazia rappre-sentativa, quale secondo Jefferson avreb-be dovuto essere la Repubblica nordame-ricana (oligarchica nel 1776, non ancorasufficientemente democratica nel 1989),era stata la più grande invenzione deisuoi tempi. Commuovono ancora le paro-le di Lincoln sul campo di battaglia diGettysburg: “Governo del popolo, dalpopolo, per il popolo”…

Riccardo Bauer era chiaro: “La democra-zia è l’organizzazione della libertà”, dice-va agli studenti durante un giro di confe-renze in Nordamerica. È l’elezione a libe-ro suffragio universale di coloro chediscutendo liberamente in un’assembleafanno le leggi e controllano l’operato di chile applica. Detto così, non sembra ungran che, ma è tutto…

Da Nuova Antologia 2174,aprile-giugno 1990,editore Le Monnier

Il suo pensiero nel lavoro intelletualeIl 26 aprile 1945 a MilanoLe pallottole che mi fischiavano alle orec-chie erano le ultime che dovevo sentire. Lasera mi trovai alla radio con il nuovo prefet-to di Milano. Tutta l’Italia sapeva che un’in-surrezione popolare aveva messo fine alleultime tracce di regime fascista e tedesco.Senza aiuto di truppe alleate, il Clnai gover-nava l’Italia del nord liberata. Dissi pocheparole, non so come parlai. All’improvvisomi sentii stanco, quasi che risentissi in quelmomento di quanto era successo duranteventidue anni; le aggressioni a Firenze nel’23 e ’24, i passaggi clandestini di frontiera,il primo e il secondo esilio, la cospirazione,Regina Coeli, Ponza, l’aggirarsi irrequietoattraverso i continenti, gli sbarchi di Saler-no e di Anzio, le missioni lungo la costatirrenica e quella adriatica, i lanci in paraca-dute, le ultime settimane a Milano. Avevoun solo desiderio: andarmene e non vede-re più nessuno…

Sulla libertàUn essere limitato ed imperfetto qual èl’uomo non può aspirare alla libertà tota-le, ma è libero nella misura in cui puòdecidere delle proprie azioni. L’essenzadella libertà non è un fatto politico né unfatto economico, è un fatto dello spirito.La libertà fondamentale, sulla quale nonsi può transigere, è la libertà di pensieroe di espressione. Da questa derivano lealtre, da questa deriva anche il progres-so. La libertà come autonomia, dignità eresponsabilità del singolo è un’aspirazio-ne che pochi posseggono. Indipendente-mente dai colori dell’arcobaleno ideologi-co-politico, il dispotismo è dispotismo, siacon campi di concentramento che conisole del gulag e i morti restano mortiquale che sia l’uniforme del carnefice.

Democrazia e uguaglianzaSono per un sistema istituzionale in cuihanno diritto di cittadinanza anche ideali-sti e materialisti dialettici e non dialettici,credenti e atei, patrioti e internazionalisti,liberisti e collettivisti. Lo sono per il moti-vo semplice che la cosa più preziosa chel’essere umano possiede è la sponta-neità, come la chiamava Kant, o libertà, eche la libertà di tutti ha precedenza asso-luta sulla mia o quella di qualsiasi partedel tutto, perché nessuno ha il monopoliodella verità e ognuno ha il diritto e il dove-re di essere se stesso, purché non privialtri del medesimo diritto e dovere, perchéla verità di tendenze è la ricchezza di unanazione e la fonte del progresso.

Dal volume Max Salvadori:l’uomo, il cittadino,

Andrea Livi Editore, Fermo, 1996

Max Salvadori

25ORDINE 4 2005

Il Soee i Servizi segreti alleatiin Italia

I servizi alleati operanti in Italia nella secon-da guerra mondiale furono diversi e, seoperarono seriamente, di documentazionene lasciarono poca e di poco rilievo. Se nonoperarono seriamente, essa è quindi pocoattendibile. Molti di coloro che ne hannoscritto, del resto, non avevano documenta-zione, né sufficiente conoscenza del quadrooperativo…L’OSS americano divenne attivo in Sicilia apartire dalla primavera 1943, in vista deglisbarchi di luglio. Lavoravano in Italia anchetre Servizi britannici differenziati compostisoltanto da militari.C’era il SIS (Secret Intelligence Service),filiazione del MI 6, il quale si occupava esclu-sivamente di spionaggio e aveva una propriarete di radio clandestine e di contatti. Perragioni di sicurezza non aveva contatti congli altri servizi.L’ A Force, ovvero l’MI 9, aveva una propriarete, la cui funzione, sul modello di quantoera stato fatto in Grecia dopo il disastrodell’aprile-maggio 1941, era quella di farfuggire i prigionieri di guerra (in Italia ne aiutòcirca 10 mila a passare il fronte o a raggiun-gere la costa dove venivano prelevati da navie sottomarini britannici).Poi operava il SOE (Special OperationsExecutive), conosciuto in Italia anche colnome di Number 1 Special Force, corpo divolontari autonomi dipendenti dalle forzearmate britanniche, creato con lo scopo diaiutare la Resistenza. Il SOE operava clan-destinamente in territorio occupato dal nemi-co e abitato da popolazione in gran parteamica. Alle sue dipendenze, quasi sempreparacadutati, c’erano i Blo (Bristish LiaisonOfficer), ufficiali britannici di collegamento. Simetteva per iscritto il meno possibile e sidistruggeva più di quanto fosse stato scrit-to… Il segreto era l’arma più importante:lanci di armi, invio di missioni, demolizioni diponti, costruzione di una pista di atterraggio,attacco a un treno non venivano scritti in

documenti che potessero cadere in manonemica… La selezione era severa e lapreparazione durava mesi. Le probabilità disopravvivenza per gli agenti in territorionemico erano del 75%.Oltre agli americani, anche francesi, sovieti-ci e tedeschi avevano servizi analoghi alSOE, di solito di minor rilievo e aggregati aiservizi d’informazione. Vennero approntatialcuni manuali il cui autore, generaleGubbins, divenne nel 1943 comandante delSOE: L’arte della guerriglia, Manuale delpartigiano, L’uso di esplosivi.I sette mesi da maggio a novembre 1940furono i più difficili della guerra. Mille aereitedeschi al giorno bombardavano il Paese. Il25 maggio, quando si profilava la possibilitàche Regno Unito e Commonwealth rimanes-sero soli contro il Reich hitleriano, sostenutoin tutti i continenti dal nazifascismo diventatomovimento mondiale, il Comando supremobritannico chiese al governo l’autorizzazionea organizzare le azioni clandestine di uncorpo militare specializzato, allo scopo diarrecare danno economico al nemico e diindebolirne il morale. Furono fusi la SezioneD e il MI R: nacque il SOE, affidato a Dalton,numero due laburista e ministro della guerraeconomica, che lo rappresentava nel gabi-netto di guerra. Progettato nel 1938, il SOEvenne strutturato a partire dal luglio 1940.Nel1944 aveva in forza 10 mila uomini e 3 miladonne, con 2 mila e 800 ufficiali.Il comando era in Inghilterra, i campi diaddestramento erano gli stessi deicommandos, ed erano sul suolo ingleseanche le basi per operazioni al di là dellaManica e del Mare del Nord. Le operazioniin Medio Oriente e nei Balcani avevano unabase al Cairo. Nel dicembre 1943 venneorganizzato il SOM (Special OperationsMediterranean) per operazioni nell’Europameridionale. Le operazioni in Asia sud orien-tale partivano da una base di Ceylon (SriLanka).

Si è scritto con distorsioni ideologiche unamemorialistica frettolosa sulla Resistenza:ricostruzioni storiche rigorose delle operazionisegrete non ce ne possono essere.Dietro l’operatività non ci furono strategieantipartigiane. Si aiutavano i partigiani pertrattenere in Italia truppe tedesche chesarebbero affluite sul fronte nordeuropeo.

lato dove c’erano il comando italiano e tede-sco. Insomma, i nazifascisti erano nel caos.Il giorno dopo, credo il 24 aprile, lasciati gliabiti borghesi, Max era in divisa di ufficialeinglese. Sono certo che non era a Dongoquando Mussolini fu catturato, come haipotizzato qualche storico-romanziere. Oraincontrarlo era meno facile, ma trovò modo diinvitarmi a pranzo, se ben ricordo, al ristoran-te Diana. Il giorno che appesero i cadaveri diMussolini, della Petacci e altri gerarchi a piaz-zale Loreto, era corso al Campo Giuriati perinterrompere le esecuzioni dei fascisti cheerano stati autori di torture e fucilazioni.Erano ormai inutili. Nei mesi successivi ebbela cittadinanza onoraria di Milano, rappresen-tava la prima autorità militare alleata nellaMilano liberata.Ricordo che i liberali non avevano carta perstampare Italia Libera e lui gliela procuròcome fece per il Corriere della sera, allorasoltanto di quattro pagine. I nostriincontri cessarono perché iodovetti tornare in famiglia in Siciliaed egli in America a insegnarestoria allo Smith College diNorthampton, nel Massachusetts.Io nel 1949 mi sposai. Quandoveniva a Milano era spesso mioospite. Si parlava delle sue avven-ture. Gli incontri durarono fino allasua morte, avvenuta nel 1992 enell’ultimo periodo ci telefonavamospesso. Max era persona di gran-de modestia - era pur sempre unex-agente segreto di prima classe- riservatissimo sugli argomentitabù. Grazie a lui conobbi LeoValiani, passato dal Pci al Partitod’Azione, prolifico sul piano cultu-rale ma meno radicato nellemasse, col quale restai a lungo inrapporto tanto che, anche dopo lamorte di Max, mi dava libri daspedire alla vedova. Max mipresentò gli antifascisti RaimondoCraveri e Teodori i cui figli, PaoloCraveri e Massimo Teodori, sonointervenuti a confutare la tesi diCanali secondo la quale Maxsarebbe stato una spia del regime.Conobbi con Salvadori GaetanoSalvemini, lo storico che avevadefinito, poi ritrattando, il liberaleGiovanni Giolitti, già a capo diquattro ministeri a cavallo del ‘900,ministro della malavita. Salvemininutriva antipatia per l’Inghilterra.Max però gli era simpatico, quell’i-talo-inglese che proprio lui avevareclutato nel 1941 a New Yorknella Mazzini Society, un’associa-zione di giellisti e repubblicani anti-fascisti.Max spia del regime? È ridicolo.Una volta parlammo del suo sbar-co in Algeria e poi in Sicilia comevice di Malcom Munthe (figlio diAxel), che era stato ferito e di cui avrebbepreso il posto. Ebbi l’impressione che ritenes-se che in quel ferimento e nella perdita diquasi tutto il reparto c’entrasse la mancatariservatezza di qualche donna. Mi diceva chequando si hanno responsabilità di uomini e dioperazioni difficili bisogna vivere come mona-ci, dimenticando le donne delle quali, comun-que, era ammiratore. Le organizzazioni dispionaggio tedesche, come l’Abwehr e la Sd,erano temibili ed efficienti.Dopo lo sbarco in Algeria, l’ammiraglio fran-cese François Darlan, ministro degli Esteridel collaborazionista Pétain, capo del gover-no filonazista francese di Vichy, fu misteriosa-mente assassinato il 24 dicembre 1942. Unastoria torbida che avrebbe ispirato il drammadell’americano Irwin Shaw dal titolo L’ucciso-re. Gli chiesi che cosa sapesse dell’esecuzio-ne. Mi rispose: “Se lo meritava…”.Una volta andai a trovarlo nella sua casa dicampagna di Fermo. Era orgoglioso della

fattoria affidata a fedeli contadini di Caltanis-setta. La villa era piena di libri, distribuiti invarie stanze. Nella sua vita scrisse più di ventitesti di politica ed economia e almeno uncentinaio di saggi. Fondamentali Resistenzae azione e L’eresia liberale. Ben in vista c’erauna scultura di don Chisciotte, datagli per miainiziativa nel 1977 dal circolo culturale mila-nese Friday club, come cavaliere dell’ideale.Finiti i ricordi di guerra si parlava delle fami-glie. Il padre era stato pensatore antifascista,la madre fu ostile al regime tanto che finì alconfino. Allevarono i figli con spirito cosmo-polita e anticonformista. Che Max nel 1941possa aver preso contatti dagli Usa con espo-nenti del regime per migliorarne la condizio-ne non dovrebbe meravigliare, io però loescludo. Col fascismo, per carattere e convin-zioni, Max Salvadori non venne mai a patti.La sorella Joyce era personaggio di grandespessore. Ricordava di averla liberata dal

carcere nelle Marche col marito Emilio Lussu,l’autore di Un anno sull’altipiano. Del figlioClement diceva che era un po’ matto perchéaveva attraversato l’America in moto in lungoe in largo. Non meno anticonformista gliappariva la figlia Cynthia, che aveva attraver-sato tutta l’Africa a piedi. Entrambi si sonocimentati in prove letterarie e sociologiche.Salvadori era molto legato ai figli e del restola lettera di Clement allo storico De Felice, indifesa dell’onestà politica del padre, dimostrala forza di quell’affetto.Joyce, la moglie, rimpiangeva che, a causadelle battaglie condotte da Max in giro per ilmondo (c’era stata nel 1942 anche unadigressione in Messico con un incontro conLeo Valiani), i figli avessero appreso pocol’italiano, quel poco che lei, irlandese, avevapotuto insegnargli in assenza del padre. I figlidi Michele Cantarella, un altro fuoruscito libe-rale, parlavano invece italiano benissimo. Eper lei questo era un cruccio.

Max e la moglie alla Equator Farm a Njoro, Kenia nel 1935.In basso, nel novembre 1944, pronto per essere paracadutato dietro le linee nemiche.

Max a Boston nel 1945, dopo essere stato insignito delle onorificenze inglesi.

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Il Corriere della Seradi Sonia Miletta

Milano, 19 dicembre 2004. I vertici della Rcs in riunione. Staper avvenire un cambiamento. Stefano Folli sta per esserespodestato da un successore-predecessore. Sì, perché il gior-no dopo, 20 dicembre 2004, la notizia divulga il nome: PaoloMieli.Lo storico Corriere della Sera opta per un nuovo direttore, omeglio, ri-direttore. Paolo Mieli, già alla guida del quotidiano dasettembre 1992 a maggio 1997, ritorna alla fine del 2004nell’ufficio di via Solferino.Si apre il 2005: anno nuovo, che prevede Corriere e direttorenuovo! A distanza di sette anni dal primo periodo di direzioneal Corsera, Mieli commenta che non se lo sarebbe mai aspet-tato, e al momento della nomina dichiara: “ma in fondo al cuoresperavo che in qualche momento ci fosse ancora bisogno dime. Sono sempre rimasto in questa casa”.Il neodirettore ha deciso di ricoprire l’incarico in modo formalesolamente dopo l’assemblea dei giornalisti. Infatti il suo primo(e per ora anche ultimo, dopo un mese di lavoro) editorialecompare solamente venerdì 24 dicembre.Martedì 21 dicembre i giornali diffondono la scelta di Mieli rela-tivamente alla formazione da schierare in campo: Paolo Ermi-ni, invariato, rimane condirettore; i vicedirettori designati diven-tano quattro e sono Luciano Fontana (vicedirettore su tutto ilquotidiano), Dario Di Vico (vicedirettore con delega sull’econo-mia). Due new entry: Gianni Riotta, vicedirettore con delegasulla politica internazionale, e, in ultimo, ma non ultimo, Pierlui-gi Battista, con delega sulla cultura e i rapporti con il Magazinee gli inserti.Riotta rientra dal suo incarico di inviato del Corriere negli StatiUniti (dopo l’esperienza a La Stampa come condirettore duran-te la direzione di Marcello Sorgi); Battista, che condivide conMieli la passione per la storia, (infatti proprio con Mieli hacondotto una trasmissione dedicata alla storia su La7), lascia ilruolo di editorialista a La Stampa; Stefano Folli non deveabbandonare la barca perché rimane tra gli editorialisti. Nelfrattempo l’ex direttore del Corriere e ex vicedirettore ai tempidi Mieli, Ferruccio de Bortoli conquista il podio al Sole 24 Ore.Mieli, dopo aver terminato il suo lavoro alla direzione del Corrie-re nel maggio del ’97, si è insediato nei vertici della Rcs MediaGroup come Direttore editoriale, ma, non ha abbandonato ilruolo di giornalista per la carta stampata. La Stanza di Monta-nelli nel 2001 diventa proprietà di Mieli: dopo l’attentato alle TorriGemelle dell’11 settembre, Mieli si occupa della rubrica quoti-diana nella quale risponde alle lettere dei lettori. Ritornato diret-tore, deve rinunciare e prende il suo posto Sergio Romano.

Milano, 20 dicembre 2004, Corriere della Sera, via Solferino.Mieli illustra il suo programma e i suoi obiettivi ai giornalisti chedevono votare per l’approvazione e il gradimento.Intorno alle sedici e trenta varca la soglia della sala Albertini inprocinto di cominciare il discorso in uno stato d’animo d’emo-zione, come se fosse la prima volta, poiché considera il suoruolo di neodirettore come un debutto più che un ritorno.Infatti così esordisce: “Lo spirito è di una persona che debutta,non che ricalca la scena”. Mieli è emozionato, ma a detta diqualcuno è solo una facciata emotiva perché niente e nessunoriesce ad alterare il suo equilibrio e la sua irremovibile imper-turbabilità. Difatti, Mieli è ricordato dai cronisti per la sua durez-za, soprattutto nei confronti di chi lavora poco: “difficile chequalcuno possa imbrogliarlo”, per questo credono poco all’au-tentica emozione.A proposito di Albertini, menzionato in onore della sala riunionia lui stesso dedicata, lo storico direttore del Corriere dellaSera, molti paragonano Mieli proprio a lui: Albertini ebbe unruolo fondamentale come direttore, in quanto rese lo storicoquotidiano autorevole. Stesso ruolo ha avuto Mieli nel periodo’92-’97, mantenendo l’autorevolezza del giornale moderniz-

zandolo e rilanciandolo allo stesso tempo, stesso ruolo devemantenere ora con l’attuale direzione: rilanciare il Corrierone,ripristinando autorevolezza e severità.Anche Giuliano Ferrara paragona Mieli alla figura di Albertini,ma non solo: il personaggio di Mieli, per il suo caro amico, èper un terzo Ulisse, per un terzo Luigi Albertini e per un terzoMario Missiroli. Così si esprime Ferrara in un articolo di Pano-rama del 30 dicembre 2004: “Ulisse voleva sapere com’era ilmondo, Albertini voleva il potere che è connaturato a unmestiere pubblico e politico, Missiroli subiva con un certo smal-to gli equilibri e gli equilibrismi del potere”.Il discorso di Mieli verte, quindi, sulla severità del suo giornale,ma sarà sereno e non noioso, basato sui valori della democra-zia, della Costituzione, della Resistenza e della libertà.Sarà inoltre un giornale schierato, ma senza pregiudizi, cheusa l’autorevolezza per farsi sentire.Per quanto riguarda il mielismo e lo stile televisivo “Ho ripen-sato al mio passato: un’esperienza felice ma anche con alcunidifetti di conduzione. Un eccesso di attenzione al mondo dellatelevisione”.Il programma-Mieli, dall’alto del suo incarico a tempo indeter-minato, prevede due fasi: la prima fase, che andrà fino alleelezioni del 2006, è dedicata interamente al delicato passag-gio al full color, importantissima innovazione per il giornale che,nonostante sia già pronto il numero zero, non partirà se nondopo luglio 2005.Il secondo punto del suo programma, invece, è dedicato allacreazione di una squadra di lavoro, “di un nuovo solido gruppodirigente, che vada dal collega appena assunto a un collegache possa sostituirmi alla direzione, così come è avvenutonelle mie esperienze precedenti sia alla Stampa sia al Corrie-re della Sera” e questo straordinario lavoro sarà raggiuntopuntando “molto sulla serenità e piacevolezza del lavorareinsieme, con tanta attenzione ai rapporti umani e alla massimadistensione”.Riprendendo l’argomento del Mieli in difficoltà per il suo esor-dio, anche secondo il parere di .COM (martedì 21 dicembre2004, “Mieli accolto con un mazzo di rose”) la sua emozione ècostruita ad hoc per esporre le problematiche con molto tatto“smielando” un po’ per entrare nelle grazie dei giornalisti inassemblea, durante il suo discorso: “difficile per il ri-direttoretrattenere l’emozione… E così, prima ancora di annunciare iriconfermati, Mieli ha tracciato un quadretto ecumenico ezuccheroso da quel gran paraculo che è. Il messaggio all’indi-rizzo dei giornalisti è stato: lavorare per ricreare un clima miglio-re (segno che ha percepito le tensioni fortissime che agitano ilquotidiano) viste le difficili scadenze (leggi passaggio al fullcolor) che la redazione dovrà affrontare il prossimo anno”.I giornalisti hanno votato segretamente esprimendo un giudi-zio sulla nomina di Paolo Mieli martedì 21 e mercoledì 22dicembre 2004. Lo scrutinio ha dato il risultato di gradimentoper il nuovo direttore: aventi diritto 379, votanti 318, favorevoli243, contrari 55, schede bianche 19, schede nulle 1.Mieli, al momento della nomina sottoscrive due documenti: loStatuto dei giornalisti (scritto nell’aprile del 1972), che mettonoin evidenza l’autonomia dei giornalisti, e la Dichiarazione diindipendenza che garantisce ai lettori l’imparzialità, la comple-tezza, l’accuratezza, la correttezza e la comprensibilità dellenotizie.Intanto Mieli riscuote un buon successo, non solo tra i giornali-sti del Corsera, ma anche dal presidente della Camera PierFerdinando Casini che ritiene che la scelta ricaduta su Mielisia di altissimo livello; dal segretario dei Ds Piero Fassinoconvinto che questa sia una nuova sfida per il neodirettore chesenza dubbio vincerà; dal ministro delle Comunicazioni Mauri-zio Gasparri che si complimenta con gli azionisti per la sceltadi un grande giornalista.

La scelta giornalistica di Mieli

Mieli ha una alta concezione della cartastampata, delle notizie commentate edesaminate a fondo. D’altra parte, il metodostoriografico, appreso ai tempi dell’univer-sità dai suoi maestri (Renzo De Felice eRosario Romeo), che gli permette di analiz-zare con estrema precisione e con cura deldettaglio i fatti (nel caso del giornalismo, ifatti-notizia), continuerà sempre ad influen-zare e ad accompagnare il suo stile giorna-listico in tutti i suoi aspetti e in tutte le sueforme. Bisogna ricordare che prima di esse-re un giornalista, Mieli è uno storico revisio-nista attento ai particolari. Infatti, intende farrivivere i valori della Costituzione, dellaResistenza e dell’antifascismo: “sono valorivivi e sono valori che fanno parte dellastoria, particolarmente di Milano e delCorriere della Sera, valori che sono il fonda-mento di quell’autorevolezza e di quel fareil giornale schierato”.Ritiene che la stampa sia il migliore mezzoattraverso il quale si possano sviluppare leidee, la cultura e un intelligente dibattito.Infatti, in un’intervista rilasciata nel novem-bre 2004 a Prima Comunicazione, dichiarache “il ruolo della stampa sarà sempre piùquello di costituire il luogo dell’autorevolez-za, della riflessione, del vero dibattito. È giàchiaro fin da ora che il futuro del mondodella comunicazione sarà appannaggio dialtri mezzi, come internet. Il mondo dellastampa scritta resterà tuttavia quellodell’autorevolezza. Pensi a quel che èsuccesso con cinema e televisione. La tele-visione è diventata uno strumento molto piùpervasivo del cinema e del teatro, ma cine-ma e teatro, anche dopo cinquant’anni, nonsono diventati residuali e inutili. È lì che siproducono gli eventi culturali (nel senso latodel termine) di maggior spessore. È al cine-ma che gli attori veri vengono riconosciuticome tali, non certo alla televisione. Lostesso vale e varrà per il giornalismo dellacarta stampata che è e rimane il più poten-te mezzo di affermazione delle idee. Il gior-nalista di un quotidiano ha e continuerà adavere un peso che un giornalista televisivo,pur rivolgendosi a un pubblico infinitamentepiù vasto non ha. Qualcuno se ne puòdispiacere, io me ne rallegro: è un segno divitalità di tutto il sistema informativo. Sottoli-neo: tutto”.Poche righe fa ho menzionato il revisioni-smo di Mieli come giornalista che ricorrespesso al metodo storiografico e alla suaformazione storica. Mieli diventa revisioni-sta anche con se stesso, in quanto rivedele sue posizioni di metodo e stile giornalisti-co: nelle dichiarazioni rilasciate alla stam-pa, in un certo senso, autocritica il suo inte-resse forse un po’ eccessivo per il mondotelevisivo durante la sua precedente dire-zione.La stampa, come accennato poco fa, ha,invece, un ruolo autorevole. Per questo ènecessario distinguersi maggiormente dalmondo della televisione e occuparsi inmisura minore di ciò che accade in tv.Mieli revisiona il suo precedente stile: “conla redazione ho passato in rassegna i temiche ci aspettano per i prossimi tre anni. Hoparlato di me e poco della mia precedenteesperienza: ma quel poco, criticandonealcuni aspetti, che non fa male”, “ma non sututto il mielismo, ma il rapporto pronunciatocon la televisione: questa volta di televisio-ne ne guarderò un po’ meno e ci andròanche di meno” e ancora: “voltandomi indie-

Via Solferino sotto osservatorio per un mese (dicembre 2004gennaio 2005).

Ecco i cambiamentiPaolo Mieli in via Solferino a Milano in due fotografie di Silvano Del Puppo(Fotogramma)

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da Paolo Mieli a Paolo Mielitro, mi accorgo che lo spazio dato alla tv daigiornali ha preso eccessivamente piede.Tutto quel fenomeno andato sotto il nomedi mielismo è diventato un po’ troppopresente nella stampa, e mi prendo le mieresponsabilità”. Da ciò si deduce chedovremmo aspettarci un mielismo revisio-nato sotto l’aspetto imitazione stile televisi-vo-gossip, per il resto non dovrebberoesserci evidenti cambiamenti.Chissà se manterrà la promessa e seriuscirà a tenersi lontano dal mondo dellatv, non solo con la sua presenza fisica, maanche dai suoi contenuti, con un giornaleun po’ meno televisivo?Il Giornale di martedì 21 dicembre intitolacosì l’articolo riguardante il nuovo ri-diretto-re: “Mieli torna al Corriere e rinnega il mieli-smo” di Stefano Filippi. Forse ne esageraun po’ i toni… la parola “rinnega”, forserisulta un po’ ostentata, per culminare, poi,con una critica un po’ troppo dura neiconfronti di Mieli all’inizio dell’articolo: “Ilcapolavoro di Paolo Mieli, bi-direttore delCorriere della Sera, è arrivare a criticare sestesso. Il principe dei revisionisti che revi-siona il mielismo, quell’impasto di informa-zione seriosa e leggera, di retroscena egossip, di notizie esclusive e rincorse alla tvche Mieli aveva imposto quando per laprima volta guidò la portaerei di via Solferi-no tra il 1992 e il 1997. Dovette subire, eperdere, anche un referendum interno alCorsera, ostile a quel modo di intendere ilgiornalismo.Ieri pomeriggio invece il successore diStefano Folli si è presentato alla redazionerinnegando se stesso, almeno in parte”.Quest’ultima frase “almeno in parte” salvaFilippi in corner: stempera un poco l’inade-guatezza del termine “rinnegare”.Più che rinnegare, Mieli ritiene che quelmodello sia un po’ superato. Il quotidiano,ora, ha bisogno di qualcosa di nuovo, dirinnovarsi con autorevolezza. Non cheprima non fosse autorevole, ma la troppapreponderanza televisiva, ora non servepiù: bisogna rilanciare il giornale in mododiverso da sette anni fa.Il problema di riuscire a mantenere l’autore-volezza fa parte della tradizione di un gior-nale storico come il Corriere della Sera.Mieli pensò a questa necessità anche setteanni fa. A quei tempi, però, il giornale eratroppo invecchiato, pesante da leggere,troppo poco moderno: aveva bisogno dirimodernizzarsi, di presentare un lato piùleggero e scorrevole per conquistare l’atten-zione dei lettori, certamente, però, mante-nendo l’animo antico che dava un tocco disolennità e austerità.Ora il problema, probabilmente, è l’opposto:la ricerca dello stile televisivo, la rincorsa afare concorrenza alla tv, sottrae autorevo-lezza al giornale disperdendo nel gossip ilpeso della tradizione; (anche se la proble-matica legata alla tradizione tocca lecoscienze di tutti i giornalisti che approda-no alla direzione del Corriere, che tentanodi fare del proprio meglio perché una taleautentica e preziosa tradizione non vadaperduta!).Mieli deve rilanciare il Corsera adottandouna tattica diversa e ha deciso che il suogiornale sarà autorevole e severo, ma nonnoioso e sereno: “un giornale autorevole eschierato, ma senza pregiudizi. Un giornaleche usi l’autorevolezza per far sentire la suavoce ogni mattina sui problemi di attualità eche faccia discutere per le sue prese diposizione.I rapporti con la politica saranno chiari, allaluce del sole, come lo sono stati in questi

anni. Un rapporto franco senza preconcetti.Da anni scrivo sul Corriere tutti i giorni,nella pagina delle risposte ai lettori: presedi posizione franche e dirette”. “Il giornalesarà indipendente ma schierato, a colori,ma austero”.Riporta Italia Oggi del 21 dicembre, aproposito di severità e di linea politica, cheil giornale sarà realizzato con la schienadritta (come il Corriere di Mario Borsa), eMieli aggiunge in una sua dichiarazione: “laposizione del Corriere verrà decisa aquesto tavolo, quello della sala Albertini, ein nessuna altra sede. E anche sulla specu-lazione politica fatta intorno alla mia nomi-na faremo giustizia con quello che scrivere-mo tutti i giorni”.Una rinuncia all’equidistanza e al cerchio-bottismo?Analizzando bene le sue parole, però, c’èqualcosa che non torna. Alla luce delle suedichiarazioni qualcosa fa pensare che,probabilmente, non cambierà molto dalladirezione del ‘92-’97. Mieli, presumibilmen-te, continuerà ad essere cerchiobottista oterzista o come lo si voglia chiamare: ungiornale schierato fa pensare a delle nettee inequivocabili prese di posizione e, aquanto pare, proprio in difesa del centro-sinistra. Ma Mieli stesso ha confessatonell’intervista di novembre a Prima Comu-nicazione: “Silvio Berlusconi non ha sempree comunque ragione. Ma nemmeno sempree comunque torto”. Questa affermazione ècoerente con la frase “schierato, ma senzapregiudizi”. Senza pregiudizi, quindi, signifi-ca che se il centro-destra agirà in modopositivo, il Corriere dovrà ammetterlo. Ma,anche se il centro-sinistra commetterà qual-che errore, il Corriere dovrà essere giudiceimparziale e ammettere lo sbaglio dellaparte favorita.Questo vuol dire che se il centro-sinistrasbaglierà, si meriterà dal Corrierone un belcolpetto.Allora, forse è troppo presto gridare vittoriae dire addio al cerchiobottismo… rimarràsempre in agguato!

Il programmaIl programma di Mieli viene da lui spiegatodurante l’assemblea ai giornalisti delCorriere. Il suo intento è quello di raggiun-gere due obiettivi, prima di poter pensareche il suo incarico abbia avuto termine inmaniera adeguata: in primis, introdurre l’in-novazione del full color, poi, come secondafase, l’istituzione di una vera squadra dilavoro che permetta di ottimizzare al megliotempo e risorse.Ciascuna fase dovrebbe essere della dura-ta di un anno e mezzo/due.La prima fase, che finirà in concomitanzadelle elezioni del 2006, serve per riorganiz-zare il giornale e per prepararlo a un diver-so formato e al colore. Il full color prevedel’introduzione del colore nelle pagine delquotidiano. È un’importante innovazioneche Mieli vuole introdurre con un buonsuccesso, quasi garantito dagli inserzionistiallettati dall’idea del colore. Attirare gli inser-zionisti è molto proficuo perché più spazipubblicitari si vendono, meglio è per ilportafoglio del Corriere.Questa riforma dovrebbe iniziare ad averevita nelle pagine del giornale nel periodoestivo, non prima di luglio. E per mantenerel’austerità del giornale, di cui si è tantoparlato, Il Manifesto del 21 dicembre ipotiz-za: “se la vetrina è a colori, il contenutodovrebbe essere in bianco e nero: serioso,austero, ma non noioso”.

La seconda fase, come accennato sopra,riguarda la creazione di una squadra dilavoro di redattori in grado di guidare il gior-nale nei prossimi anni, che possa continua-re sulle orme di Mieli una volta dimessosidalla carica di direttore.Solamente dopo l’adempimento di questidue obiettivi fondamentali, Mieli avrà lacoscienza in pace e potrà lasciare la guidadel Corriere al suo successore. “Per portarea termine il compito la proprietà non mi hadato indicazioni di tempo e mandato, ma iomi prefiggo un tempo limitato”.Sembra un déjà-vu: anche nel mandato del’92-’97, Mieli aveva dato molta importanzaad un clima lavorativo disteso e sereno esoprattutto alla creazione di una squadrache perpetuasse il suo lavoro, il suo mododi fare giornalismo anche in sua assenza.Comunque Mieli aveva già ottenuto un buonrisultato in passato, si presume l’esito siapositivo anche con questo periodo di ri-dire-zione.

Perché ancora Mieli?Questo momento per il Corriere è un impor-tante periodo di transizione. Il passaggio alfull color necessita di basi stabili, di essererilanciato e per fare ciò, si deve far conto sudi una presenza professionale ben prepara-ta, non solo in campo giornalistico, maanche in campo manageriale.Il Corriere di Folli stava vivendo una fase distallo, ma la situazione doveva esseresbloccata. Mieli ha messo tutti d’accordo,tutti hanno pensato che fosse la personagiusta al momento giusto. Anche sette annifa, Mieli si è rivelato adattissimo per fron-teggiare un momento critico. Si pensa chepossa raggiungere risultati stratosfericianche nel momento attuale.L’introduzione del full color è una vera epropria rivoluzione e Mieli è estremamentepreparato per risolvere questo tipo diproblematiche: anche sette anni fa è riusci-to a ristabilire un certo trend favorevole peril quotidiano e a ripristinare il primato dellevendite che il Corriere aveva perso a favoredi Repubblica.In questo caso, oltre a dover riconquistarele copie perdute durante la direzione diFolli, deve risolvere nel migliore dei modi ildiscorso relativo al full color: “sarà un gior-nale nuovo, ma il lettore dovrà esser consa-pevole di comprare sempre il Corriere”.Senza contare l’ingente impiego di capitaliche comporterà quest’innovazione: l’investi-mento vedrà coinvolti 350 milioni di euro eRepubblica è già molto più avanti, quindirappresenta una minaccia per la stabilitàdel Corsera.Infatti, secondo un articolo di Italia Oggi, inti-tolato “Repubblica è troppo vicina e viaRizzoli disse: si cambi”, il Corriere, come aitempi della prima direzione di Mieli, ha biso-gno di recuperare un sostanziale numero dicopie vedute, perché si stava riproponendolo stesso problema di qualche anno fa:Repubblica troppo vicina alla tiratura delCorriere rischia di sorpassarlo. “Il cambio didirezione si deve esclusivamente a ragioni dicarattere gestionale e amministrativo”, “Mieliin sella al Corriere creerà molti grattacapi aRepubblica. Che con Folli, dicono indiscre-zioni, dormiva invece sonni tranquilli”..Com di martedì 21 dicembre cosìcommenta: “Innanzitutto l’amministratoredelegato di Rcs, Vittorio Colao in una fasedi risparmio per razionalizzare una macchi-na che di soldi pare ne sprechi non pochi,cambia direttore alla sua corazzata senzaappesantire il conto economico Paolo Mieli

era già in casa come direttore editoriale,pagato molto bene e quindi l’ad prende duepiccioni con una fava, superando il proble-ma Folli, che stava diventando imbarazzan-te, e togliendosi di torno una figura chepoteva infastidirlo nella realizzazione delnuovo piano industriale.Dal punto di vista editoriale, invece, ilCorriere doveva uscire necessariamente dauna fase di sbraco e di perdita dell’identitàdi quotidiano soprattutto milanese e lombar-do, prediletto da una borghesia sempre unpo’ antisistema, che invece in questo annoe mezzo s’è ritrovata in mano un giornaleromanocentrico e se ne è anche un po’stufata, col risultato che sul campo sonostate lasciate alcune decine di migliaia dicopie (si parla di quasi ventimila perse soloa Milano città). Avanti in questo modo nonsi poteva andare vista la sfida che il Corrie-rone ha davanti a sé” il full color “e che vedeRepubblica già molto più avanti su questastrada. Meglio perciò tornare a un passoriveduto e corretto, sperando di ripetere isuccessi di allora”.Per continuare con un articolo comparso,sempre su .Com, il 29 dicembre: “Se lamacchina riprende a girare bene sul circui-to, per la Repubblica loro saranno dolori,anche perché la menata di telefonarsi fradirettori la sera per fare i titoli uguali è fini-ta”.La predisposizione di Mieli ad occuparsidella situazione manageriale che ha datobuoni esiti già nel mandato ’92-’97, ora èmaggiormente accentuata grazie alle cari-che ricoperte negli anni successivi ai verticidella Rcs. Ora più che mai c’è bisogno diuna figura orientata al mercato e che sappiaottimizzare e ridurre le spese.Anche Libero (“Dal Mielismo al direttoremanager” martedì 21 dicembre di VittorioRavà) nota quanto Mieli sia interessato aldibattito istituzionale, ma anche alle esigen-ze di mercato: “Veniamo alla nomina diPaolo Mieli che, da quando ha lasciato ladirezione del Corriere, ha studiato damanager. Dal 1997 ad oggi facendo il diret-tore editoriale di Rcs Media Group hacercato di capire tutto quello che i direttoridi giornale normalmente non fanno: i contieconomici, la pubblicità, la distribuzione, ladiffusione e infine i costi di struttura. Laverità è che gli azionisti del Corriere non sison sentiti di investire 340 milioni di euro sulfull color affidandosi a un direttore che erarimasto sostanzialmente un editorialista enon aveva fatto nulla per diventare un uomodi macchina”.Ravà, però, non ha tenuto conto che l’inte-resse di Mieli per tutto questo fosse antece-dente al suo ruolo di direttore editoriale edil perfetto esempio è stata la lotta assoluta-mente strategica contro Repubblica perripristinare il primato delle vendite, ottenutocon successo!Infine, c’è da considerare un altro pretestoche ha condizionato il ritorno di Mieli: unasorta di sfida al centro-destra.Molteplici voci affermano che la nomina diStefano Folli provenisse direttamente daPalazzo Chigi. Pare che il nome di Follifosse congeniale alla maggioranza chestava (e che sta tuttora al governo).Gli industriali italiani, in particolare, LucaCordero di Montezemolo, non condividonola politica del centro-destra, quindi, i verticie gli azionisti Rcs hanno optato per Mieli, inmodo da arginare il potere di Berlusconi edel suo schieramento.Liberazione del 21 dicembre dedica unampio articolo a questo discorso: “Dopoanni di “berlusconismo” sopportato male, la

Questi gli azionisti del Corriere della Sera

RCS MediaGroup. I soci: Mediobanca (13,126%) rappresentata dal presidenteGabriele Galateri; Fiat (10,189) rappresentata da Franco Grande Stevens; Grup-po Italmobiliare (7,000) rappresentato da Giampiero Pesenti; Fondiaria-Sai(5,000) rappresentata da Salvatore Ligresti; Caltagirone editore (5,00) rappre-sentato dal Francesco Gaetano Caltagirone; Magiste international (4,99) rappre-sentata da Stefano Ricucci; Generali Assurances Vie SA (3,557) rappresentatada Raffaele Agrusti; Dorint Holding (3,003) rappresentata da Diego Della Valle;Pirelli & C. (2,911) rappresentata da Marco Tronchetti Provera; Banca Intesa(2,907) rappresentata da Corrado Passera; Capitalia gruppo bancario (2,000)rappresentata da Cesare Geronzi; Sinpar (1,876) rappresentata da Luigi Lucchi-ni; Merloni Invest (1,501) rappresentata da Francesco Merloni; Mittel (1,228)rappresentata da Giovanni Bazoli; Er.Fin. Eridano Finanziaria (1,117) rappre-sentata da Roberto Bertazzoni; Edison (1,001) rappresentata da UmbertoQuadrino; Gemina (1,000) rappresentata da Cesare Romiti. Il 57,47% del capi-tale ordinario è controllato da un patto di sindacato di blocco e consultazione,del quale non fanno parte, allo stato attuale, Merloni, Caltagirone e Ricucci.Presidente del gruppo è Guido Roberto Vitale, amministratore delegato VittorioColao.Il gruppo controlla al 100% Rcs quotidiani, Rcs periodici, Rcs pubblicità, Rcsbroadcast e al 99,99% Rcs libri; ha partecipazioni del 15,42% nel gruppo edito-

riale Dada, del 9,99 in Poligrafici editoriale, dell’1,89 in Pirelli, dello 0,96 in BancaIntesa e dell’1,02 in H3G.RCS MediaGroup è l’editore italiano con la più forte presenza all’estero ed inparticolare in Spagna e Francia. A Madrid possiede la maggioranza azionariadel gruppo spagnolo Unedisa (editore di El Mundo, il secondo quotidiano piùvenduto in Spagna) e a Parigi la casa editrice francese Flammarion.Quotidiani: Corriere della sera (con edizioni locali, magazine e tabloid settima-nali), La Gazzetta dello sport. Presidente di Rcs Quotidiani è PiergaetanoMarchetti, amministratore delegato Vittorio ColaoPeriodici: Oggi, Visto, Novella 2000, Astra, Vie del Gusto, Domenica Quiz eDomenica Quiz Mese; nei “maschili” con Il Mondo, Capital, Max, L’Europeo,Newton e nei “femminili” con Amica, Io Donna, Anna, Brava Casa, Casamica,Insieme, Salve. RCS Periodici raggiunge il mercato anche con le testate delgruppo Sfera, acquisito nella seconda metà del 2000, e con i periodici DARP(DeAgostini Rizzoli Periodici), società in joint-venture tra RCS Periodici e IstitutoGeografico De Agostini. Sfera Editore opera dal 1983 nel settore dei periodicidestinati ai mercati della prima infanzia e della cosmetica con pubblicazioni diret-te sia al consumatore sia agli operatori e alle imprese di settore. Presidente diRcs Periodici è Gianpaolo Sala, direttore generale Laura Comini. (Ucsi-notizie-gennaio 2005 in www.odg.mi.it)

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buona borghesia torna a organizzarsi, siriprende leve importanti di potere, riconqui-sta i giornali. Montezemolo al vertice di Fiate Confindustria, poi de Bortoli al Sole 24Ore e ora il gran colpo del ritorno di PaoloMieli al Corriere della Sera. C’è uno sposta-mento evidente. E un disegno: quello diriconquistare la propria capacità di condi-zionare la politica italiana. Puntando atrascinare verso posizioni moderate ilcentro-sinistra, specialmente sulle politicheeconomiche e sociali”. E ancora: “il cambiodi direzione del maggior quotidiano nazio-nale non è mai un fatto solo editoriale ogiornalistico. E lo è tanto di meno se nellaproprietà di quel giornale sono presenti tuttii grandi gruppi imprenditoriali e finanziaridel Paese”.“La legge finanziaria del governo Berlusco-ni non piace agli imprenditori italiani, la suapolitica non aiuta la competitività delle loroimprese.Ma finora, malgrado tutto, la grandeborghesia ha subito. I poteri forti nonhanno mai amato Berlusconi, ma nonhanno mai pensato di coalizzarsi contro dilui. Hanno ironizzato, ma hanno sopporta-to. Ora qualcosa è cambiato e quel che èavvenuto in via Solferino ne è direttamen-te la prova. Il nuovo direttore è per suaesplicita ammissione un elettore del centrosinistra. Terzista, moderato, ma non berlu-sconiano. Ed è soprattutto la prova che ilCavaliere, che può molto, non può scalareil Corsera”.Inoltre, si deve tenere in considerazione chenel 2006 ci saranno le elezioni politiche (equest’anno cadono a fagiolo le regionali): ilcambio di direzione in un gran quotidiano,che riscuote molto successo sull’opinionepubblica, in favore dello schieramento delcentro-sinistra, pone le basi per le prossi-me elezioni politiche previste per il 2006.In vista di queste elezioni, il Corriere, antici-patamente, inizia la propria campagna elet-torale, puntando su una clamorosa sconfit-ta del centro-destra a favore dell’opposizio-ne.Ma Mieli, non si lascerà influenzare cieca-mente dall’appartenenza politica, pensieroche ha sfiorato i giornalisti del Riformista(21 dicembre 2004): “L’uscita di scena diFolli non può che essere gradita a Prodi. Ilquale, però, sa anche che da Mieli nonpotrà aspettarsi sconti, ma piuttosto unapungolatura costante”. Infatti il terzismo diMieli “vuol dire stare da una parte, il centro-sinistra, ma essere nei suoi confronti anchepiù severo e pungente nell’individuarne lepecche, le debolezze, i ritardi, gli estremi-smi”. Comunque il sostegno di Mieli per ilcentro-sinistra è considerato come “unsostegno mica male” (il Riformista 29dicembre 2004).In conclusione, riassumendo, il ritorno diMieli è causato dall’individuazione di tremotivi principali: rilanciare un giornale chedeve presto attraversare la fase critica delfull color, e Mieli è l’unico che riesce a farfronte con disinvoltura ai cambiamentianche a carattere manageriale; sbloccare ilquotidiano da un prolungato appiattimentoe rialzare il numero di copie vendute peraumentare il distacco, ormai divenuto mini-mo, dall’avversario di sempre: Repubblica;infine, dare al giornale un tono politico piùacceso ma controverso sempre più a favo-re del centro-sinistra e contro il consensoberlusconiano in vista delle elezioni politi-che del 2006.

L’editorialeGiovedì 23 dicembre 2004, Stefano Follilascia la direzione del Corriere della Sera escrive il suo ultimo editoriale da direttore,

facendo un “Bilancio di una direzione breve.Un giornale credibile”.“Il bene più prezioso di un giornale èsempre la sua indipendenza. […] È un eser-cizio indispensabile e faticoso che si rinno-va ogni giorno, tra gli eventi imposti dall’at-tualità, su di una strada irta di ostacoli. Poi,quando si sente di aver raggiunto un suffi-ciente grado di indipendenza morale e intel-lettuale, si scopre di essere ancora lontanidalla meta. Perché alla fine chi giudica èsoltanto il lettore. Sta a lui percepire quantoil giornale e le persone che lo preparanosappiano essere libere, sta a lui apprezza-re questo dono quotidiano. Senza il giudiziodel lettore lo sforzo è inutile”. Intorno all’in-dipendenza del quotidiano “si costruisce,giorno dopo giorno, l’autentica credibilità diun grande giornale e la credibilità è lapremessa indispensabile se si vuole essereautorevoli”.Il tema dell’indipendenza è ricorrente neglieditoriali dei direttori che arrivano o chevanno, sarà presente anche nell’editorialedi Mieli che ribadirà questo concetto, comeha sempre fatto, anche in precedenza.Come l’indipendenza, è ricorrente anche latematica legata alla tradizione: per chidiventa direttore del Corriere della Sera,mantenere l’antica e regale tradizione delgiornale, diventa un compito fondamentale.Infatti, così continua Folli “Lungo talecammino”, di diciotto mesi, “i giornalisti delCorriere e il loro direttore si sono ispirati allamigliore tradizione, antica e recente, di viaSolferino, dimenticando le pagine buie chepure non sono mancate in una storia diquasi 130 anni”.Folli conclude con queste parole: “un gior-nale di qualità, ma non un giornale elitario;in fondo era questo l’obiettivo. “Andandome-ne, mi sento la coscienza tranquilla, comedi uno che ha fatto il suo dovere”. Sonoparole scritte quasi sessant’anni fa da undirettore che si chiamava Mario Borsa.Sono perfettamente attuali.Auguri calorosi a Paolo Mieli, l’uomo giustoper il Corriere di domani”.Purtroppo non pochi giornalisti hanno criti-cato la direzione di Folli, asserendo che ilgiornale si era troppo appiattito e viveva inuna fase di stallo che doveva essere asso-lutamente sbloccata, che aveva perso trop-pe copie e che Folli stesso dormiva sugliallori. Alcuni gli hanno imputato di non esse-re ricorso all’aiuto degli articoli di OrianaFallaci, molto gradita e seguita dall’opinionepubblica, che gli avrebbero permesso dialzare le vendite.Vittorio Feltri, su Libero di martedì 21dicembre, occupa parte del suo articolo,dedicato alla nuova nomina del direttore delCorriere, esprimendo delle constatazionisulla direzione di Folli: “Conclusa anchel’era di Folli; più che un’era, un sospiro: unanno e mezzo di direzione del Corrieredella Sera. Un record. […] Perché hannoimpallinato Folli? È stato un eccellente noti-sta politico. Inarrivabile. Affidabile. Impertur-babile. Ma per fare il direttore di un quoti-diano non è sufficiente. […] Per comandarei giornalisti è opportuno essere peggiori diloro e sfruttarne soprattutto i difetti: l’ambi-zione, la carogneria, la spudoratezza, l’an-sia di notorietà e di guadagno.Stefano è un malinconico violinista, abitua-to agli uffici studi, alla politica libresca. Nongliene è mai fregato nulla del potere, dellacontabilità, delle copie, della “macchina”.[…] I giornali, piccoli o enormi, sono azien-de. Per Folli il Corriere era ed è un’istituzio-ne. Lui non è mai andato a bersaglio. Avevaa disposizione l’arma segreta, aveva Oria-na Fallaci, cioè l’atomica per distruggere laRepubblica. Non ha avuto il coraggio nél’umiltà di usarla. L’avesse usata, le copie

del Corriere sarebbero salite e salite e sali-te e dall’alto della pila egli si sarebbe fattoquattro risate osservando i fessi intenti araggiungerlo onde buttarlo giù. Se vendinessuno ti tocca. Lui, invece, imprudente eabbastanza vanitoso, ha snobbato la signo-ra Fenomeno.I libri di Oriana facevano sfracelli. Folli nonse ne curava e passava oltre. Sciocco. Conquattro o cinque fallaciate provvidamenteassestate in prima pagina si sarebbe garan-tito la permanenza al Corriere”.Anche il Riformista nota che la Fallaci nonaveva un buon rapporto con Folli e che siastata uno dei grandi elettori occulti di PaoloMieli alla direzione del Corriere.Mieli non seguirà l’errore di Folli e riabiliteràla Fallaci: “Sarà un giornale serio, il nuovoCorriere, ripete chi si appresta a farlo; e almomento non c’è niente di più serio di Oria-na Fallaci”.Il 24 dicembre, Paolo Mieli prende ufficial-mente le redini della direzione del Corriere,che pubblica il suo primo editoriale: “Il pote-re di criticare i poteri. La libertà di stampa”.Riporto il testo integrale per non riassume-re banalizzando le sue parole: “La libertà distampa non sembra godere oggi in Italia diuna buona salute. Il Corriere della Sera hasempre aspirato ad essere nei periodi chia-ve che hanno fatto la sua storia e in qual-che modo anche quella della democraziaitaliana il custode di tale libertà. Non dasolo, naturalmente, ma di certo in una posi-zione di preminenza che gli è stata datadalla sua stessa forza editoriale.La libertà di stampa riveste oggi una dupli-ce, vitale importanza. Come sempre, essacostituisce l’elemento fondamentale di unasocietà democratica dal momento che inessa si realizzano due condizioni crucialiper la sua vitalità: da un lato l’esistenza diun pubblico informato dei fatti, dall’altro unadiscussione collettiva sul significato di talifatti, sulle conseguenze politiche da trarne,sui provvedimenti da prendere in relazionead essi. Tutto ciò, come è noto, ha semprecostituito e costituisce il miglior antidotocontro il diffondersi di quel nemico mortaledella democrazia che sono il fanatismo el’ideologismo. Oggi, tuttavia, a questafunzione per così dire classica, se ne staaggiungendo un’altra non meno importan-te, anzi forse di più: la libertà di stampa aigiorni nostri significa anche la difesa dellaparola scritta contro l’invadenza (non solotelevisiva) dell’immagine, della percezionedella realtà sotto specie esclusivamentevisiva.La difesa della libertà di stampa significasalvare per le future generazioni il lascitoimmenso della lettura, da cui dipende tuttaintera la trasmissione del patrimonio cultu-rale della nostra civiltà e la possibilità checontinui ad esistere un valido sistema diistruzione.La libertà di stampa è una libertà di un tipotutto particolare. Essa esiste solo se i gior-nali, gli organi di informazione in generale,hanno il potere, la capacità e la volontà diopporsi al potere. La libertà di stampa èdunque un potere per contrapposizione, percontrasto: se la stampa è compiacente,infatti, essa finisce molto rapidamente pernon contare più nulla, per non avere piùpotere. Libertà di stampa vuol dire dunque,alla fine, solo e sempre libertà di criticare ipoteri. Avendo costantemente presente cheè bene ad ogni critica accoppiare un’idea dicostruzione, ad ogni scelta che si giudicasbagliata contrapporre una situazione alter-nativa. Pronti, inoltre, a dare atto a colui checorregge i propri errori della sua buonavolontà e del coraggio che spesso richiedeaverla.In una democrazia la verità non è in linea di

principio monopolio di alcuno. Proprio perquesto è necessario che la stampa abbiauna costante disponibilità ad ascoltare ognivoce ed eviti di appiattirsi sullo scontro poli-tico con troppo facili entusiasmi e troppofacili anatemi. Ciò non vuol dire che quandoè giusto – come è stato per esempio inoccasione del conflitto di interessi, delleleggi ad personam, della nuova regolamen-tazione radiotelevisiva – i giornali nonabbiano il dovere, sì il dovere, di prendereposizione senza reticenza e chiamare iresponsabili davanti al tribunale dell’opinio-ne pubblica.Sotto la guida di Ferruccio de Bortoli e diStefano Folli, la direzione e l’intera redazio-ne del Corriere della Sera sono semprestate fedeli a questi indirizzi. Chi viene dopodi loro non può che impegnarsi a seguire lastessa strada, cercando altresì di assicura-re al giornale una sempre maggiore incisi-vità e una sempre maggiore severità.Questo chiedono i tempi che il Paese stavivendo”.L’editoriale di Mieli dà credibilità alla mia tesiche, il “giornale schierato ma senza pregiu-dizi” di cui egli stesso parla nelle sue dichia-razioni, non sarà molto diverso da quellodella direzione degli anni passati. Mieliparla di libertà di stampa come libertà dicriticare i poteri. Tutti. Le prese di posizionediventano necessarie soltanto in alcuni casiestremi, da lui stesso citati, come il conflittodi interessi ecc. anche se effettivamente, leultime frasi, forse, hanno un qualcosa divelatamente antiberlusconiano: il dovere deigiornalisti di schierarsi apertamente quan-do è giusto che sia così; il fatto di ripeterecostantemente e ripetutamente quasi inmodo fastidioso la frase “la libertà di stam-pa”, come a dire che Berlusconi non potràmai fermare il potere del Corriere; l’incisi-vità e la severità che richiedono i tempi cheil Paese sta vivendo oggi.Già ai tempi aveva schierato il giornalecontro Berlusconi a favore delle sinistre inoccasione del conflitto di interessi con uneditoriale inequivocabilmente esplicito.Inoltre, fino ad ora, un mese e mezzo dopola sua nomina, non si è mai esposto pale-semente in prima persona, e, per ora, nonha preso posizioni come nell’editoriale disette anni fa. Lascia molto spazio agli edito-rialisti: in effetti il suo primo e, per ora, ulti-mo editoriale è stato quello del 24 dicem-bre.Il periodo storico è mutato rispetto all’iniziodegli anni ‘90.Mieli divenne direttore negli anni in cuiscoppiò lo scandalo di Tangentopoli e ilruolo dei giornali era quello di contrapporsia tutti i poteri specialmente quello politico.L’informazione doveva essere obiettiva,neutrale e superpartes. Libertà di stampaassolutamente. La stampa era il guardianodei poteri.Il concetto di libertà di stampa continua edeve continuare a vivere, ma le contingen-ze storico-politiche sono cambiate. Mieli,però, insiste sul fondamentale ruolo del“partito dei giornali” che devono continuarea vegliare e a sorvegliare sui poteri comeun attentissimo guardiano che non si lasciasfuggire nulla e che punisce a dovere ognisgarro.Le concezioni che hanno accompagnatoMieli nel mandato precedente continuanoad affiancarlo: sono sagge convinzioni ideo-logiche giornalistiche che, probabilmente,porterà sempre con sé.Intanto il Riformista del 22 dicembre pubbli-ca un articolo intitolato: “L’editoriale di Mielidel ‘92 va ancora bene”. Ma non si riferisceal potere guardiano e vigile dei giornali,paragona e riporta le situazioni storiche,economiche e politiche dell’epoca a quelle

Agenzia di stampa/Tv: Mieli riconosce nella televisione laprincipale agenzia di stampa, quale mezzo di comunicazionedi massa che negli ultimi decenni ha accresciuto esponenzial-mente la propria rilevanza ed invadenza nella vita di ogni indi-viduo e della società in generale. Mieli sostituisce le fonti infor-mative con la Tv, la quale gli consente di unire, amalgamareciò che è intellettualmente elevato con ciò che è leggero, dal“televisivamente popolare” al “popolarmente televisivo”.Anticipazioni tg/prima pagina del quotidiano: secondoMieli, esistono le anticipazioni dei quotidiani oltre a quelle deitelegiornali. Le anticipazioni nella carta stampata sarebberofornite dalla prima pagina. Essa, infatti, concentra tutte lenotizie principali che, poi, saranno riprese nelle pagineseguenti. Nel giornalismo le notizie principali della primapagina sono considerate tali se rispondono alla regola dellecinque “S”, cioè se sono presenti notizie aventi per argomen-to sangue, sesso, soldi, spettacolo e sport.Ascensore: “il giornalista è un ascensore che va dai cieli deigrandi problemi ai sottofondi della cronaca più bassa”.Questa metafora sta ad indicare che i giornalisti non si devo-no occupare esclusivamente di problematiche di una certarilevanza, ma devono interessarsi ed occuparsi anche di noti-zie con un peso decisamente minore, trattando con serietàargomenti frivoli (il gossip) e con più leggerezza argomentiseri (per esempio la politica).

Attenzione al dettaglio: è una prerogativa giornalistica checaratterizza la stampa femminile (che si occupa di curare tuttii particolari al fine di rendere più intrigante il gossip). Mieli hacercato di cogliere ogni sfumatura della notizia, andando ascavare al di là del fatto stesso e cercando le spiegazionianche nei retroscena degli avvenimenti.Cerchiobottismo: secondo la definizione del dizionarioZanichelli vuol dire: “nel linguaggio giornalistico, atteggia-mento di chi rivolge contemporaneamente apprezzamenti ecritiche sia a una parte che a un’altra in contrasto con laprima”. Questo termine indica l’accusa rivolta a Paolo Mielida Eugenio Scalfari di dare un colpo al cerchio e un colpoalla botte, senza mai schierarsi apertamente.Doppiopesismo: la definizione data dal dizionario Zanichel-li di doppiopesismo è la seguente: “nel linguaggio giornalisti-co, atteggiamento di chi dà su vicende simili giudizi differenti,a seconda che tali vicende si riferiscano alla sua parte o aquella avversa”. Doppiopesismo è l’accusa che Paolo Mielimuove a Eugenio Scalfari replicando all’accusa di cerchio-bottismo. Doppiopesismo significa utilizzare due pesi e duemisure, a seconda della situazione.Gerarchizzazione delle notizie: gerarchizzare le notizie èquello stile giornalistico nel quale i titoli, a seconda dell’im-portanza dell’argomento trattato, occupano un numeromaggiore o minore di colonne.

Nel Corriere di Mieli questa concezione viene sfalsata. Infatti,tutte le pagine hanno i titoli a nove colonne, anche se latematica non lo giustifica.Giornale ibrido: deriva dalla formula omnibus, cioè un gior-nale per tutti. Il giornale ibrido, (tali caratteristiche le ha ilquotidiano mielista) è contraddistinto dalla caratteristica diessere per metà elitario e per metà popolaresco, dueelementi diversi mescolati inscindibilmente, quindi, adatto adun target ampliato di lettori.Giornale in minigonna: l’appellativo dato dall’avvocatoAgnelli alle testate (Stampa e Corriere) rimodernizzate, purmantenendo la tradizione: presente e passato convivonosenza contraddizioni.Giornale sportivo: la storia è basata sul resoconto dei vinci-tori e dei vinti, ma raramente la cronaca quotidiana riesce adadottare questo metodo nel riferire i fatti. I giornalisti sportivi,invece, secondo Mieli, sanno raccontare in modo diverso ifatti, seguendo lo schema del mondo dei vinti e dei vincitori(si ricordano le narrazioni di Omero delle antiche gesta nell’I-liade e nell’Odissea: le storie erano imperniate sul raccontodi battaglie in cui l’esito finale avrebbe determinato inevitabil-mente l’individuazione dei vincitori e dei perdenti).Gossip: è un vocabolo di derivazione inglese, ma corrente-mente usato anche in Italia per sostituire il termine pettegolez-zo. Il gossip è estremamente attento al dettaglio, scava nei

Il vocabolario di Mieli ’92-’97

29ORDINE 4 2005

attuali: “Del resto era il 10 settembre 1992e Paolo Mieli nel suo fondo d’esordio sulCorsera elencava quattro grandi temi nazio-nali: la questione politico-morale (e oggistiamo ancora alla salva-Previti, tanto perfar un nome); il risanamento economico invista di Maastricht (e oggi il premier propo-ne di rivedere i parametri di Maastricht peruscire dalla crisi); le riforme istituzionali (e iltesto cosiddetto Calderoni ancora avanti eindietro, senza contare che entrerà in vigo-re nel 2011); l’emergenza crimine del Sud(e a Napoli c’è una guerra di camorramentre in Sicilia Provenzano è sempre lati-tante). Più circolare di così si muore”.

Il primo mese al CorriereMieli sarà stato sincero e avrà messo in attotutti i nuovi propositi per la seconda direzio-ne?Leggendo i numeri del primo mese di Mielial Corriere della Sera, dalla vigilia di Natale(giorno in cui è apparso il suo primo edito-riale) fino alla fine del mese di gennaio, sipossono fare delle considerazioni e deiparagoni con il precedente periodo direzio-nale riguardo allo stile, alla grafica, allinguaggio, agli argomenti trattati e a comesono trattati. Tutto ciò in relazione a quantopromesso recentemente a proposito dellecaratteristiche che dovrà assumere lo stori-co quotidiano.Per quanto riguarda la grafica, si devonoprendere in esame tre aspetti: i titoli, lagerarchia delle notizie e l’utilizzo delle foto-grafie.Mieli ha sempre utilizzato titoli a nove colon-ne, titolo gridati, che attirano immediata-mente l’attenzione del lettore, (ancheperché, chi non ha molto tempo per legge-re il giornale, si deve soffermare e limitareai titoli e approfondire solo gli argomenti chepreferisce e che più interessano). Questocarattere un po’ aggressivo e graffiante diproporre i titoli e quindi le notizie stesse, èstato appreso alla scuola scalfariana duran-te la permanenza di Mieli all’Espresso e aRepubblica: non l’ha mai abbandonato. Erapresente prima ed è presente nuovamentetra le pagine dell’attuale Corriere.In ogni pagina titoloni che, talvolta, nongiustificano i contenuti. Notizie non partico-larmente rilevanti sono accompagnati datroppa enfasi grafica.Tutto questo, come nella direzione prece-dente, causa l’effetto della perdita dellagerarchizzazione delle notizie. L’esistenzadi una gerarchia delle notizie, permette diindividuare le notizie più importanti e distin-guerle da quelle più futili. La grafica, quindila titolazione e la collocazione delle notizie,dovrebbe dipendere dal valore della notizia.Ciò non avviene nel quotidiano mielista: tito-li che non si adattano all’entità della notiziae notizie anche trascurabili situate tra leprime pagine.A questo discorso si ricollega anche quelloriguardante la formazione e la grafica dellaprima pagina.La prima pagina di un giornale è la vetrinache riassume brevemente quali sono gliargomenti principali trattati e approfonditinelle pagine seguenti, esattamente comeaccade nelle anticipazioni del telegiornale.E Mieli ha creato la prima pagina su questomodello televisivo, anche perché la tv hasempre influenzato il mondo della cartastampata: una notizia data in televisionenon può essere trascurata dalla stampa.Ecco perché il direttore dei direttori ricono-sce alla tv il ruolo e il compito di agenzia distampa. Anche se, con la nuova direzioneha intenzione di seguire meno la televisio-ne, non potrà fare a meno di occuparsidelle principali notizie che si sentono al tg:

un quotidiano come il Corriere della Seranon può permettersi un “buco giornalisti-co”.La prima pagina è fondamentale perché èla presentazione di tutto il resto del giorna-le. La prima pagina deve piacere e attiraresubito l’attenzione affinché il lettore siainvogliato a proseguire. Come la copertinao come la prima pagina di un libro: se l’inci-pit è noioso e non interessa il libro sarà,probabilmente, richiuso e mai più letto, ocomunque si caratterizza a priori comepoco interessante.L’inizio deve essere sempre stimolanteperché si possa andare avanti.La prima pagina del Corriere è semprecurata ad hoc: le notizie più importanti, chefanno presa sull’opinione pubblica, sonosbandierate lì, all’inizio e a metà articolo “…continua”. “Apriamo il giornale e vediamocome continua, come finisce questo fatto,che opinione dà il giornalista”.Gli argomenti ricorrenti in prima paginasono generalmente di politica interna e/oestera, cronaca e tutto ciò che accade eche porta seri effetti e conseguenze perl’Italia e per il resto del mondo.Fondamentalmente, Mieli continua a rispet-tare più o meno liberamente la regola dellecinque “S”: le notizie principali vengonoriportate in vetrina, (anche brevemente, inpillole) e hanno per argomento sangue,soldi, sesso, sport e spettacolo.Per terminare il discorso sulla grafica ènecessario spiegare la funzionalità dellefotografie. L’immagine ha la precedenzavisiva anche sui titoli, si nota prima un’im-magine di un testo scritto. Un’immagine èimmediata e descrive meglio di tante parolescelte accuratamente. L’immagine attira epuò essere determinante se scegliere dileggere l’articolo o no.Mieli ha sempre ben inteso l’importanzadell’aspetto visivo e, in precedenza, hautilizzato fotogrammi estrapolati da film chefossero in linea e inerenti al testo scritto. Giàai tempi il direttore si accorse che, forse, eraun po’ azzardato scegliere le fotografie inquesto modo. Ma ciò non vuol dire cheabbia deciso di non puntare più su quest’ar-ma infallibile.Le fotografie continuano ad essere impor-tanti e disseminate in tutte le pagine, picco-li o grandi, in bianco e nero o a colori, ma cidevono essere. Inoltre, con il full color, leimmagini accentueranno ancora di più laloro funzionalità.Ultimamente, c’è stata una progressivaintroduzione del colore nelle immagini. Peresempio, dopo lo tsunami, la portata dellatragedia e del dramma vissuto viene ampli-ficata attraverso il colore delle grandi foto-grafie, che documentano l’avvenuta cata-strofe. Quelle immagini, rese reali dal colo-re, toccano profondamente la sensibilità dichi osserva.D’altra parte, Mieli, rimarrà sempre attentoal dettaglio, al singolo elemento che, appa-rentemente insignificante, gioca un ruolodecisivo e incisivo.Talvolta è proprio un piccolo particolare,che ad altri sfugge, che fa la differenza, chepuò cambiare completamente l’interpreta-zione di una vicenda: il particolare potrebbeessere la chiave che permette di avvicinarsialla verità dei fatti, quindi ad una maggioreobiettività.L’attitudine a occuparsi dei risvolti minori epiù oscuri, fa parte della sua formazione.Come il suo “indottrinamento” alla scuola diScalfari, in campo giornalistico, anche gliinsegnamenti universitari ricevuti da duegrandi storici (Rosario Romeo e Renzo DeFelice), faranno sempre parte di Mieli river-sandosi sul modo di affrontare le notizie edi fare giornalismo, influenzando positiva-

mente la sua professionalità.Tuttavia l’attenzione al dettaglio, conduceMieli ad occuparsi anche di fatti più margi-nali: soprattutto, per quanto riguarda lacronaca, il giornale tratta sia avvenimenti diuna certa portata, sia eventi più futili legati,magari, a qualche personaggio famoso. Atale proposito, ricordo un articolo di crona-ca (mercoledì 29 dicembre 2004) che argo-mentava sulla privacy degli sms partendodal discorso della separazione tra SimonaVentura e Stefano Bettarini. La notizia èsviluppata in tono più serio, e prende inesame i risvolti legislativi della questione,ma, ciononostante, c’è sempre la compo-nente gossip.Il pettegolezzo fa spesso capolino tra lepagine di cronaca invece di essere posizio-nato, solo ed esclusivamente, in coda tra lepagine di cultura e spettacolo: un altroesempio, i capi di abbigliamento delle sfila-te maschili a Milano (martedì 18 gennaio2005).La mescolanza dei generi, quindi, continuaa sussistere, come nel giornale ibrido“caratterizzato dal fatto di essere per metàelitario e per metà popolaresco”, che misce-la e fonde questi due elementi opposti. Noti-zie da giornaletto popolar-femminilemascherati da notizie di spessore.Continua ad esistere il cosiddetto infotain-ment: l’unione di informazione e intratteni-mento. Forse, però, con toni un po’ piùstemperati rispetto al passato.Mieli, comunque, ha sempre pensato che ilgiornalista fosse da paragonare ad unascensore che sale ai piani superiori escende fino ai sotterranei: il giornalista,associato a questa metafora, si deve occu-pare di notizie che salgono fino ai “cieli dellapolitica più alta” e scendono “ai sottofondidella cronaca più bassa” e, ovviamenteutilizzando un linguaggio semplificato, chesia comprensibile a tutti indipendentementeda chi stia leggendo il giornale. Evidente-mente anche questa concezione continua avivere nel giornale di cui Mieli è direttore. Eproprio in questo giornale si continuano adanalizzare sia fatti minori sia eventi signifi-cativi per la vita del nostro Paese: gli unicon tono più serio e gli altri con maggioresarcasmo (con particolare riferimento allapolitica, che dovrebbe figurare tra gli argo-menti giornalistici da trattare con attentariflessività).Sicuramente il dibattito politico è moltoaccurato, ma, a volte, assume dei toni unpo’ ostentati, da sembrare quasi una cari-catura. Si ritorna al discorso della politicatrattata come fosse un teatrino.Senza dubbio il Corriere di Mieli, di fondo,rimane schierato a favore della coalizionedi sinistra, ma non risparmia nessuno. Senon fosse così, non si potrebbe più parlaredi quarto potere: il potere che la stampa hadi criticare tutti i poteri, di essere al di sopradi tutti in maniera obiettiva e superpartes. Il“cane da guardia” della carta stampatasorveglia e non si lascia scappare nulla per“mazzolare” a dovere chi se lo merita.Il terzismo o cerchiobottismo, come lo sivoglia chiamare, rimane per Mieli il metodomigliore per fare un giornale obiettivo e,come lui stesso ammette, senza pregiudizi:lo schierarsi, per Mieli, deve rimanere difondo. Quando si legge si deve esserecoscienti che il centro-destra non sarà maila parte favorita, ma si deve anche esserecoscienti che, se il centro-sinistra sbaglia, ilgiornale lo ammetterà. Come non escluderàa priori che una mossa della parte avversaconsiderata giusta sarà riconosciuta cometale.La linea politica del quotidiano di Mieli nondeve rappresentare un limite all’obiettività,e non deve essere ostentata, perché

potrebbe infastidire il lettore: il troppo stor-pia.Riprendendo il discorso del teatrino in cui sisvolge l’intera politica italiana, lo spargi-mento di polpettine di zizzania, rimane ilpiatto preferito.Il periodo storico, forse meno delicatorispetto al periodo di Tangentopoli (eranocrollate le fondamenta della democrazia),rende lo “spettacolo” politico un po’ menoacre, suscitando reazioni meno esagerate,ma il linguaggio di articoli e titoli del Corrie-re continua ad essere abbastanza provoca-torio. Mette in risalto, esasperandone i tratti,i litigi, creando un dibattito politico accesoe, volendo, anche ironico.Più i politici litigano, meglio è. Se gli scontriavvengono all’interno dello stesso schiera-mento, è ancora più stimolante. Il parere deldissidente è sempre di maggiore richiamo.Alla fine il putiferio.Ridicolizzare l’avversario, battibecchi e vocicontrarie all’interno di uno schieramentorendono più divertente un argomento serioe, talvolta, un po’ noioso come quello politi-co.Solo facendo attenzione ai titoli, il lettore èdivertito e si ritrova con un sorriso sarcasti-co… “Ma tu pensa in che mondo viviamo!Che fine farà il nostro Paese se nemmenoin un unico partito vanno d’accordo… Senon vanno nemmeno d’accordo tra di lorocome pretendono di governare un’interanazione?”.Il lettore-cittadino italiano si sente quasipreso in giro e si considera una marionettanelle mani di politici, ma i politici stessi noncomprendono di essere ugualmente mani-polati dal dibattito politico. Si offendono, siarrabbiano e si scatenano a suon di dichia-razioni senza, spesso, creare nulla dicostruttivo.Il Corriere ha capito tutto ciò e punta moltosu questa autoditruttività grottesca.Come, del resto, ha sempre fatto.

ConclusioniÈ passato circa un mese e mezzo dallanomina di Mieli al Corriere della Sera.Ha mantenuto le promesse? Meno gossip,meno tv? Un giornale autorevole? Sì, forse…Mieli non esagera mai, e nemmeno neicambiamenti. Il Corriere non ha mai persola sua autorevolezza anche negli annipassati.Probabilmente il rapporto con la televisioneora è un po’ meno morboso e un po’ menoattento al gossip, ma con moderazione.È improbabile trascurare ciò che accade intv: il giornalismo della carta stampata deveraccontare la nostra società e la televisioneha un ruolo fondamentale, ormai da anni.Il Corsera era ed è rimasto un giornaleautorevole, insomma, una vecchia signorache, da quando è arrivato Mieli nel ‘92, hamesso la minigonna per sembrare piùmoderna. L’idea della minigonna è piaciuta:la vecchia signora ha deciso di non toglierlapiù. Non ha scelto però il lifting, solo unasemplice minigonna. Sa di non essere piùgiovane e non vuole nasconderlo, ma vuolestare al passo con i tempi.Il mielismo esiste ancora, altro che “bastamielismo”! Toni meno evidenti, più diluiti, mac’è. D’altra parte il Corriere deve mantenerele caratteristiche di un giornale ibrido, nondeve essere esclusivamente riservato perl’elite, né tanto meno deve rischiare didiventare noioso. È un giornale per tutti ecome tale deve mescolare i generi.L’importante è che lo sappia fare con inge-gno e raffinatezza… e Mieli ormai è ungrande maestro.

Sonia Miletta

retroscena e si insinua nella vita privata dei personaggi in qual-che modo famosi, creando così le notizie. Però, a differenzadei giornali femminili (spesso sono associati ai giornali scan-dalistici, quindi di bassa qualità), il metodo Mieli tratta anchegli argomenti frivoli e il pettegolezzo con un tono serioso.Guardiano dei poteri: Paolo Mieli è sempre molto attento anon sbilanciare mai i commenti in favore di uno schieramen-to piuttosto di un altro. Bisogna fare attenzione: commentipositivi, potrebbero mettere in buona luce atteggiamenti cheobiettivamente non lo sarebbero e di conseguenza influen-zerebbero erroneamente la pubblica opinione che potrebbefidarsi ciecamente di quanto legge. Guardiano dei poteri,secondo Mieli, è la funzione che deve avere un giornale. IlCorriere, infatti, era la guardia che sorvegliava il potere politi-co. Soprattutto in un periodo storico particolarmente delicato,come quando scoppiò lo scaldalo delle tangenti nel 1992: igiornali dovevano assumere un ruolo di informatori e criticiimparziali per non distorcere oltremodo le notizie riguardantiindagini, arresti ed avvisi di garanzia.Linguaggio televisivo: il mielismo, per risultare tale, oltre altipo di argomenti trattati e allo stile in cui essi sono trattati,deve anche operare sul linguaggio. Il politichese, cioè il gergotecnico della politica viene “ammorbidito” per lasciare spazioal lessico televisivo: un linguaggio più semplice e privo ditecnicismi che dia la possibilità a chi non si intende di questacomplessa materia di comprendere meglio quanto spiegato.Metodo Mieli o mielismo: della formula del mielismo, esisteun’ampia, completa e chiara definizione elaborata dal gior-

nalista Filippo Ceccarelli in un articolo comparso su La Stam-pa a pagina 21 il giorno giovedì 24 aprile 1997: “Inconfondi-bile miscela di spirito alto e materia bassa; attenzione a tuttoquanto è televisivamente popolare e popolarmente televisi-vo; suggestioni perlopiù anti-retoriche, non di rado articolateattraverso disseminazioni di dubbi su mitologie consolidate;apparente leggerezza; allegra e spavalda disponibilità algossip (vulgo: pettegolezzo); visione conflittuale della realtà,con conseguente sottolineatura di «casi», «polemiche»,«duelli» e, quando possibile, spargimento di polpettine dizizzania destinate soprattutto a uomini politici e intellettualiche si prendono troppo sul serio”.Metodo storiografico: non si deve dimenticare che PaoloMieli ebbe, durante la sua attività universitaria come maestridue grandi storici, Renzo De Felice e Rosario Romeo. Il gior-nalismo di Mieli, segue un metodo storiografico preciso, chegli consente di porsi sempre in modo critico nei confronti deifatti e di maneggiare le notizie con attenzione, prestandomolta cura al dettaglio: bisogna porsi sempre l’interrogativo“e se le cose non fossero andate come ce le hanno raccon-tate?”.Mielig: ricorda foneticamente il programma comico televisivoZelig. Con Mielig ci si riferisce positivamente alla personalitàattiva e operativa di Mieli. Negativamente si intende: “Mielidiventa Mielig, campione del giornalismo trasformista, pissipissi bao bao, quello che si costruisce trasversalmente neisalotti, nelle omissioni e nei weekend in barca col Potere”.Parere della Sera: Così venne ribattezzato il Corriere quan-

do Mieli ne era direttore, “ironizzando sulla mania della nuovapolitica informativa del Corriere di raccattare anche l’opinio-ne dell’attricetta o del cantante di mezza tacca su tutto”.Spettacolarizzazione: affermare che Mieli fa del giornali-smo una spettacolarizzazione, cioè informazione gridata, èl’ennesima critica al suo metodo, questa volta attribuibile adEugenio Scalfari, di cui Mieli fu allievo per diversi anni all’E-spresso prima e a Repubblica poi. Scalfari sentenzia: “Hafatto il suo tempo il teatrino dell’informazione strillata, emoti-va, gridata… c’è fastidio nel vederci così male imitati”.Teatrino politico: Mieli riesce, con uno “spargimento dipolpettine di zizzania” a suscitare reazioni nei politici, i qualicadono nella sua trappola, perché questo è esattamente ilsuo obiettivo. In altre parole tiene vivo e sempre più acre ildibattito politico. Sembra che riesca a muovere i politici comele marionette in un teatro e di conseguenza la politica divie-ne il teatro in cui i politici si muovono e danno spettacolo coninutili litigi e provocazioni.Terzismo: sinonimo di cerchiobottismo, discende dall’arte dinon sbilanciarsi mai. Il terzismo di Mieli, per gli amici risultaessere: “autonomia, libero esercizio di critica, smarcamentodai pregiudizi di appartenenza”. Per i nemici terzismo “signifi-ca neutralismo, attendismo a oltranza, sostanziale diserzio-ne, ambeduismo, convenienza dell’acquattarsi in climatemperati che al momento buono ci permetteranno discegliere”. Per gli indifferenti terzismo significa che: “di frontealle succitate visioni del terzismo si esprima il seguente pare-re: hanno ragione entrambi, dipende”.

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P E R S O N A G G I

SusanSontag

I media davanti al dolore

I terroristi hanno studiato comunicazione nelle migliori universitàdel mondo? È, ovviamente, un pensiero provocatorio. Certo sonocapaci di far giungere i loro proclami ovunque vi siano delle televi-sioni e dei giornali. E dunque, pur essendo privi di mezzi e di retitelevisive, hanno trovato il modo di farsi conoscere, lo diciamo conuna certa amarezza.La televisione introduce queste realtà nelle case senza il tempo avolte per le riflessioni, i giornali rincorrono la tv con foto sempre più“reali” e vicine, straordinariamente vicine al reale nel suo svolgersi.Foto e giornali sono alla portata di tutti nelle edicole e gratis, graziealla free press distribuita nei metro e nelle stazioni. E per chi èpovero, ci sono sempre i giornali gettati nei bidoni della spazzatu-ra. Le immagini della cronaca inseguono il cittadino dal mattinoalla sera, da quando va a dormire a quando si alza.È quasi impossibile dire oggi: “Quel fatto non l’ho visto”. In più vaaggiunto che alcune di quelle immagini sono sovente le stesse intutti i media del mondo. La realtà viene rappresentata sempre piùspesso con le stesse fotografie e queste immagini “raccontano” ifatti al mondo intero, offrendo al globo un’unica visuale, una solaangolatura e, dunque, un unico pensiero.

di Paola Pastacaldi

È morta a fine dicembre del 2004 lascrittrice statunitense Susan Sontag

(era nata a New York nel 1933).Abbiamo creduto di farle onore

riprendendo in mano i suoi due librinon solo per rileggere il suo pensiero

elaborato sulla fotografia, ma per ricavare strumenti per

una lettura delle modalità attraversole quali noi giornalisti raccontiamo

la realtà della guerra

È morta a fine dicembre del 2004 la scrittri-ce statunitense Susan Sontag (era nata aNew York nel 1933). Saggista e autrice diromanzi e pièce teatrali, ha diretto film (ed èapparsa in Zelig di Woody Allen); si definivauna zelota della serietà, cioè una guerriera,di pensiero liberal. Autrice, tra gli altri, oltre alsaggio Malattia come metafora (Einaudi ‘77),di Sulla Fotografia. Realtà e immagine nellanostra società (Einaudi, ‘73), uno dei testibasilari per chi studia la fotografia. Trent’annidopo, sempre sulla questione delle immagi-ni, Susan Sontag ha scritto un’altra impor-tante riflessione sulle immagini cruente neimedia, intitolata Davanti al dolore degli altri(Saggi Mondadori, 2003).Abbiamo creduto di farle onore riprendendoin mano i suoi due libri non solo per rileg-gere il suo pensiero elaborato sulla fotogra-fia, uno dei mezzi dominanti dell’informazio-ne, ma anche per ricavare strumenti peruna lettura delle modalità attraverso le qualinoi giornalisti raccontiamo la realtà dellaguerra e, dunque, della coscienza critica emorale che sottende le scelte legate allefoto.Insomma, una occasione professionale perriflettere su cosa significa per i giornalisti diquotidiani o di settimanali avere a che fareogni giorno con la necessità di rappresenta-re una realtà legata alla guerra che è siste-maticamente mediata da scatti fotografici difotocronisti o artisti e dalle riprese deglioperatori. Su cosa significa, infine, doverquotidianamente scegliere tra mille immaginiquella “giusta” da inserire dentro giornali etelevisioni, laddove la parola “giusta” assom-ma in sé due necessità apparentemente incontraddizione, che sono la riflessione eticae quella commerciale del dover catturare piùlettori e ancora più lettori di quelli che ha ilgiornale concorrente.

Abbiamo deciso di rileggere Susan Sontagconsapevoli ormai del fatto che i mezzitecnologici sono in grado di farci vedere inun tempo quasi reale, o potremmo anchedire più reale del reale, una realtà assoluta-mente vera e insieme virtuale.Perché diciamo più reale del reale? Maperché noi veniamo a conoscenza di certerealtà delle quali abbiamo già avuto notiziaverbale o scritta in modo ripetitivo nelle diver-se edizioni dei telegiornali e dei vari quoti-diani esposti in edicola. Ci troviamo allora difronte alla possibilità di vedere e rivedere gliavvenimenti veri ed esserne spettatori privi-legiati, in quanto li vediamo e li rivediamorendendo ripetibile ciò che sarebbe, nellarealtà, irripetibile. La realtà accade, ma nonsi ripete mai nello stesso modo.Mai, grazie alle foto, ci siamo così avvicinatialla realtà nella sua versione più crudele, siaper causa degli uomini che per volontà dellanatura, come è accaduto nello Sri Lanka.Foto alle quali, sappiamo, nessuno puòsottrarsi, pur volendolo. La realtà dei media

e delle immagini vive ovunque, per la stradae nelle case.La fotografia digitale è così facile e alla porta-ta di tutti da rendere protagonisti anche isoggetti meno potenti nel processo di rico-struzione che i media fanno della realtà.Come è accaduto in Iraq, con le foto di AbuGrahib e le violenze ai detenuti. MichaelIgnatieff, storico e direttore del Carr Centerfor Human Rights Policy ad Harward, hadetto a proposito: “Ci si è dimenticati di unarealtà che riguarda i soldati americani: hannotutti macchine fotografiche digitali e accessoa Internet. La guerra al terrorismo è unaguerra mediatica. I terroristi che hanno deca-pitato il reporter del Wall Street JournalDaniel Pearl in Pakistan e quelli responsabilidi decapitazioni di professionisti che hannolavorato in Iraq hanno mostrato di avere unavisione più acuta del potere delle immaginidigitali rispetto ai loro avversari americani”.I terroristi hanno studiato comunicazionenelle migliori università del mondo? È,ovviamente, un pensiero provocatorio. Certosono capaci di far giungere i loro proclamiovunque vi siano delle televisioni e dei gior-nali. E dunque, pur essendo privi di mezzi edi reti televisive, hanno trovato il modo difarsi conoscere, lo diciamo con una certaamarezza.

La televisione introduce queste realtà nellecase senza il tempo a volte per le riflessioni,i giornali rincorrono la tv con foto sempre più“reali” e vicine, straordinariamente vicine alreale nel suo svolgersi. Foto e giornali sonoalla portata di tutti nelle edicole e gratis,grazie alla free press distribuita nei metro enelle stazioni. E per chi è povero, ci sonosempre i giornali gettati nei bidoni della spaz-zatura. Le immagini della cronaca inseguonoil cittadino dal mattino alla sera, da quandova a dormire a quando si alza. È quasiimpossibile dire oggi: “Quel fatto non l’hovisto”.In più va aggiunto che alcune di quelle imma-gini sono sovente le stesse in tutti i media delmondo. La realtà viene rappresentatasempre più spesso con le stesse fotografie equeste immagini “raccontano” i fatti al mondointero, offrendo al globo un’unica visuale,una sola angolatura e, dunque, un unicopensiero.Il cormorano morente per l’inquinamento dapetrolio del mare del Nord e la morte diGiuliani durante il G8, solo due esempi fissa-ti dai media, pur distanti tra loro quanto asignificato e a verità contenuta. Le immaginidecidono la globalizzazione delle nostreletture, dunque degli avvenimenti. E persinodei nostri sentimenti. Il mondo si globalizzaattraverso le immagini. Avremmo potutoimmaginare o sapere quanto accadevadentro Abu Grahib? Certamente, ma vederele sevizie in una fotografia è stato altra cosa.Abbiamo riletto, dunque, i saggi dellaSontag. E insieme abbiamo pensato di rive-dere una parte di ciò che i quotidiani hannopubblicato sugli avvenimenti di prima paginanell’ultimo anno. Una carrellata sommariache certo dimenticherà qualche immagine

importante e ce ne scusiamo, ma che nonaltera la riflessione.Tra le foto più dure e recenti certo vi sonoquelle legate al video della giornalista delManifesto, Giuliana Sgrena, l’ennesimovideo che ci propone la minaccia di morte indiretta e la paura e l’impotenza ad essoconnessa.Le foto dei corpi ammassati sulle baie delloSri Lanka, corpi di gente uccisa dalla furiadelle onde. Pezzi di esseri umani che ad unocchio poco attento potevano sembrare solorifiuti in una discarica.Abbiamo rivisto la testa mozzata dell’ameri-cano ucciso per mano dei terroristi afgani,pubblicata dal quotidiano Il Foglio, un’imma-gine vera ma in bilico tra fantasia e realtà,come fosse il dipinto di un decollato seicen-tesco del Caravaggio.Abbiamo rivisto le foto delle donne kamikazececene dell’ ottobre 2002, uccise dal gasparalizzante. Reclinate sui braccioli, a boccaaperta, sembrava che la morte le avessesolo assopite.I cadaveri della strage di Madrid dell’11marzo e il volto pietrificato della giovane ucci-sa nell’attentato ai convogli dei pendolari; sichiamava Isabel e aveva 32 anni e con lamorte si è conquistata una macabra noto-rietà.Abbiamo visto alcune, tra le tante foto,pubblicate dall’Herald Tribune sugli attentatiin Israele. In una delle foto meno cruente,almeno nei suoi contenuti apparenti, si vedeun gruppo di ebrei che in una strada diGaza raccoglie il sangue di un attentato,chino sull’asfalto, la stella di Davide suldorso e la papalina sulla testa. Sembravapulire un pavimento macchiato nello svol-gersi della quotidianità, era invece sanguedelle vittime che un palestinese avevaprovocato, dirigendo il suo autobus su unafolla.Ma gli attentati si possono anche rappresen-tare in altro modo. Una scelta fotograficainusuale l’ha fatto il quotidiano inglese TheGuardian, mettendo in prima pagina la manoingigantita di una vittima di uno degli attenta-ti fatti a Gaza, bianca per la morte, con uncartellino al polso e un numero di identifica-zione. Il quotidiano inglese aveva deciso diraccontare l’orrore ingigantendo un partico-lare del cadavere e dunque della morte, solola mano di quella donna con le unghie dipin-te; in un dettaglio era riassunta l’assurdità ela pietà per quella morte.

Abbiamo rivisto le vittime dell’11 settembrefotografate mentre precipitavano nel vuoto,perché si erano gettate da una delle Torri.Così abbiamo rivisto la sequenza delle fotodella morte del piccolo Mohammed al-Durra,12 anni, in quel di Gaza, ripreso mentrecercava di proteggersi dai colpi dei cecchini,in un angolo di muro, con il padre accanto,poi sopravissuto.Con questa immagine chiudiamo, lasciando-ne mille altre indietro, ma certo a molti gior-nalisti torneranno alla mente e aiuteranno acomprendere le riflessioni della Sontag.“Le fotografie non possono creare una posi-

Le foto ci avvicinano alle realtà più crudeli

Le immagini della cronaca ci inseguono ovunque

Le vittime dell’11 settembre e il bambino ucciso a Gaza

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Due i punti interessanti delle sue conclusio-ni. Il primo. Ma il ricordare è sempre un attoetico? Il filo del discorso della Sontag correlungo binari filosofici:

La vista sarebbe secondo i filosofi dell’anticaGrecia il più nobile tra i sensi. Dunque guar-dare è bello, facile, si può interrompere quan-do si vuole, che sia da lontano o che sia davicino. Guardare resta sempre e solo guar-dare, conclude Susan Sontag.Alcune foto sono state in effetti un memen-to mori, oggetti di contemplazione chehanno permesso di rendere più profondo ilsenso della realtà. Icone laiche del reale.Per le quali – dice la Sontag – sarebbe utileavere uno spazio laico di riflessione. Macome leggiamo nel capitolo nono, l’ultimo:“…è difficile imbattersi in uno spazioconsacrato alla serietà nella societàmoderna, il cui principale modello di spaziopubblico è rappresentato dal centrocommerciale”. Le emozioni nelle foto poisono fugaci e il peso e la serietà delle fotocedono il passo. Tutta la barbarie che sivedrà, dunque, nelle foto diventerà alla finesolo la barbarie degli uomini in quanto talie le intenzioni del fotografi risulteranno irri-levanti.Che le foto dell’orrore invadano pure i mediae le città. Se questa è la vita degli esseriumani.Grazie, Susan Sontag, per avere ampliatol’orizzonte legato alla riflessione sulle imma-gini e a non averlo isolato solo a posizionirigide di pro e contro la pubblicazione, inmodo da poter accogliere le mille possibilitàche le foto offrono oggi ai cittadini che voglio-no sapere.Ma forse, vorremmo aggiungere, che laquestione tocca anche il come si può pubbli-care e come si può guardare. Pensandoall’arte antica, alla sua forza di rappresenta-zione, ai quadri sulle morti, le uccisioni, idecollamenti, le rappresentazioni più atrocidei martiri cristiani, v’era nei quadri unacompassione, una compartecipazione aldolore, creata dall’artista, con la scelta deivolti, degli sguardi e dei colori, persino deitessuti. Non v’era, dunque, solo la rappre-sentazione dell’orrore.Se il nostro guardare foto è in qualche modoun sostituto dell’arte antica, come del restodice anche la Sontag nel suo libro del ‘73,perché non chiederci se nel fare foto e poinel pubblicarle si tiene ancora conto che siha a che fare con il dolore degli esseriumani? Che di fronte al dolore matura unasorta di rispetto legato appunto alla pietà, unsentire antico come l’uomo.La foto può essere esonerata da questosentimento con una visione assolutamentelaica? Sarei per un passo in più sulla rifles-sione, un passo che va verso quell’umanesi-mo che non è ancora defunto sotto le ceneridel commerciale. Guardare è anche dare lavita. Attraverso il vedere noi decretiamo l’esi-stenza e non la morte. Se conserviamo lapietà e la coralità del sentire che è il dolore.Ma è possibile, nel contesto odierno, per foto-grafi, giornalisti e cittadini conservare viva lapietà di fronte alla rappresentazione fotografi-ca del dolore o della morte? Noi crediamo disì, perché è un must, cioè un dovere moralea cui non possiamo rinunciare.

zione morale, ma possono rafforzarla”, scri-veva la Sontag nel suo saggio Sulla Fotogra-fia. Realtà e immagine nella nostra societàdel 1973.

Ma quarant’anni dopo, l’affollamento dellefoto fa sì che i media si trovino costretti apubblicare immagini di cui non possonocontrollare la provenienza, cioè la fonte. Idecollati in Iraq e la loro prigionia calvario,la grande gabbia allestita per KennethBigley prima che fosse ucciso. Cosa c’eradi più falsamente orchestrato per i media diquella sua catena al collo e della sua figu-ra rattrappita nella gabbia troppo grande?La Sontag nel 1973 aveva una visione criti-ca sulla pubblicazione delle foto di guerra:“Una cosa è soffrire, un’altra vivere con leemozioni fotografate della sofferenza, chenon rafforzano necessariamente lacoscienza o la capacità di avere compas-sione”. In sintesi le immagini paralizzano,le immagini anestetizzano. Quando si èripetutamente esposti alle immagini, essediventano meno reali. Anzi, le fotografierappresentano una forma di consumismoestetico al quale tutti sono dediti. Laconclusione era socratica. Oggi tutto esisteper finire in una fotografia.I giornalisti di oggi, possiamo aggiungere,sanno benissimo quanto questo pensierosia sommamente vero. Non esiste più nullache non sia fotografabile, giornalisticamen-te parlando. E, se non lo fosse, la mannaiadel disinteresse cadrebbe su quel fatto oquella cosa, per quanto importanti edeccezionali. Potremmo dire con la Sontagche: “…avere una fotografia di Shakespea-re sarebbe come avere un chiodo dellaVera Croce”. Dissacrante? No, oggi acca-de esattamente questo. La foto è la noti-zia. Come metafora è priva di sbavature,anzi rasenta l’ironia di quello stato di coseche nelle redazioni si chiama ossessionedelle immagini, imperio dunque delle foto.Eppure il contenuto etico delle fotografie èfragile, non sempre certo, anzi quasi mai.La fotografia ha una molteplicità di signifi-cati. La morte, l’orrore, a loro volta, sonoargomenti eterni, legati al mito, temiinsomma che ci appartengono e cheattraggono oltre misura qualunque essereumano. Anche i lettori e i telespettatori,dunque.

Susan Sontag nell’ultimo libro Davanti aldolore degli altri, mentre si avvicinava allafine della sua vita, cambia radicalmenteopinione. Tra i due libri corre una distanzadi oltre trent’anni. E conclude con unavisione molto diversa da quella del ‘73.“Lasciamoci ossessionare dalle immaginipiù atroci”, esorta nel capitolo ottavo dellibro, il penultimo. Perché mai? “Quelleimmagini dicono: ecco ciò che gli esseriumani sono capaci di fare, ciò che – entu-siasti e convinti d’essere nel giusto –possono prestarsi a fare. Non dimentichia-molo”.

«Lasciamoci ossessionare dalle immagini più atroci»

“Le fotografie possono essere ricordate più velocementedelle immagini in movimento… La televisione è un susse-guirsi ininterrotto di immagini, ognuna delle quali cancellaquella che la precede… Immagini come quella che nel1972 comparve sulle prime pagine di quasi tutti i quoti-diani del mondo – il bambino sud vietnamita che, irroratodal napalm americano, correva su una strada versol’obiettivo, a braccia aperte e urlando di dolore – contribuìprobabilmente ad accrescere l’avversione dell’opinionepubblica alla guerra, più di cento ore di atrocità viste allatelevisione”.

“Fare pace significa dimenticare”. Per riconciliarsi bisognache la memoria sia difettosa. Il secondo. Il fatto che le noti-zie di guerra siano diffuse, non significa che sia cresciutaanche la capacità di riflettere della gente lontana. Ècomprensibile che le persone ad un certo punto voltino lespalle ad immagini che le fanno sentire male. Non è undifetto non essere devastati e non soffrire quando vediamotali immagini. Ma le foto sono pur sempre un invito a riflet-tere, ad analizzare le ragioni con delle domande: “Chi haprovocato ciò che l’immagine mostra? Chi ne è responsa-bile? È un atto scusabile? Si sarebbe potuto evitare…?”.

A sinistra SusanSontag(foto Olympia).

A destra:New York,11 settembre 2001.

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Anno XXXV - Numero 4, Aprile 2005

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ORDINE - TABLOID periodico ufficiale del Consiglio dell’Ordinedei giornalisti della Lombardia

Ordine/Tabloid

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Dalla Provincia di Milanoun premio giornalisticoin memoria di Enzo Baldoni

La presidenza della Provincia di Milano indice un premiogiornalistico con cadenza annuale in memoria di Enzo Baldo-ni, morto in Iraq alla fine dell’agosto scorso. I premi sarannoconsegnati dal presidente della Provincia di Milano, FilippoPenati l’11 settembre 2005.La giuria del premio è presieduta da Antonio Calabrò (diret-tore di Apcom) e composta da Natalia Aspesi (editorialista diRepubblica), Enrico Deaglio (direttore di Diario), Antonio DiBella (direttore del Tg3) e GianGiacomo Schiavi (inviato delCorriere della Sera).Il concorso si articola in tre sezioni: agenzie e stampa, radioe televisione e internet. Saranno premiati servizi pubblicatitra il 1 luglio 2004 e il 30 giugno 2005, che abbiano raccon-tato i processi di dialogo e di comprensione tra diverse cultu-re, etnie e religioni e che siano testimonianza di un impegnolegato ai temi della pace, dello sviluppo sostenibile e dell’af-fermazione dei diritti universali, sociali e civili.Il primo premio consisterà nel finanziamento di un viaggioinchiesta del valore massimo di 15 mila euro. Saranno, inol-tre, assegnati due premi del valore di 5 mila euro.Il regolamento del premio è consultabile sul sito www.provin-cia.milano.it. Per informazioni: 02-77.40.2103.

Milano, 16 febbraio 2005

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Le cinquecento immagini che compongonoquesto volume divengono così, al contem-po, una storia visiva e una storia della visio-ne del paese, del suo modo di concepirsi erappresentarsi; una storia dell’“immagine”,più che della fotografia, che attraverso ilmutamento dei segni della composizione, iltrasformarsi delle estetiche oltre che deicontenuti, parla dell’evolversi delle “ideolo-gie”, dei modelli percettivi e culturali chehanno informato di sé la vita degli italiani,dell’intrecciarsi dei diversi linguaggi con cui ifotografi hanno tentato ora di raccontare ilreale, ora di interpretarlo o di piegarlo a unproprio discorso culturale o ideologico, oradi esprimere se stessi e la propria visionedel mondo.

È una storia che si apre nel 1945 con le fotodei tanti fotografi d’agenzia e dell’esercitoalleato che documentano la fine del regimee la nascita della nuova Italia liberale. Iniziasimbolicamente con i corpi di Benito Musso-lini e Claretta Petacci esposti in piazza Lore-to a Milano al pubblico ludibrio e all’obiettivodi una macchina fotografica che dopo esse-re stata per vent’anni strumento di propa-ganda del regime ne registra ora spietata-mente la fine, affermandosi, fin dal suonascere, come elemento costitutivo dell’Ita-lia democratica.Inizia con le foto della ricostruzione, con leimmagini della vita che riprende nelle grandicittà, del ricostituirsi delle fabbriche, dell’ar-retratezza a lungo taciuta del Meridione, conla documentazione dei grandi fatti di attua-lità, di cronaca nera e rosa che l’Italiamussoliniana aveva nascosto allo sguardodegli italiani e che ora una popolazioneassetata di sapere, desiderosa di vedere lavera realtà del paese, richiede alla nascentestampa, ai quotidiani del mattino e delpomeriggio, ai settimanali che si vannomoltiplicando in pochi anni fino a raggiunge

nei primi anni ‘50 il numero maggiore inEuropa in proporzione agli abitanti: L’Euro-peo, Tempo, Oggi, La settimana Incom, Ladomenica del Corriere, Le Ore, SettimoGiorno, Vie Nuove… Inizia, dunque, comecomprensibile, nel segno di una rottura chenon potrebbe apparire più radicale.

E tuttavia le sue radici affondano proprionell’Italia fascista di cui documenta la cadu-ta, tanto che qualsiasi discorso sulla fotogra-fia italiana non solo del dopoguerra madell’intero trentennio che si conclude con lanormalizzazione del paese degli anni ‘80 econ l’inizio dell’era globale del nuovo millen-nio è anche un discorso sul ritardo che ladittatura fascista e ancora prima la storiapolitica dell’Italia unitaria hanno determinato

nel nostro sviluppo culturale, economico esociale e sulle isole di dissenso che hannoanticipato e poi permesso e condizionato lalenta maturazione del dopoguerra.“Nel 1945 l’Italia è tutta da scoprire” affermaEmilio Radius, caporedattore dell’Europeo,ma a raccontarla sono spesso gli stessioperatori d’agenzia cresciuti alla scuola delLuce e della fotografia di regime: VincenzoCarrese che, nell’immediato dopoguerra,ricostituisce a Milano, insieme a FedeleToscani, l’agenzia fotografica fondata nel1937, la Publifoto, e, intuendo per primo lepotenzialità del mercato, la trasforma inquella che sarà per vent’anni la maggiorfornitrice di immagini fotogiornalistiche perle principale testate del paese, Tullio Fara-bola che eredita l’omonima impresa creatadal padre negli anni ‘30 e poi, a Torino, AldoMoisio, a Roma, Ivo Meldolesi, SandroVespasiani e Porry Pastorel, con l’agenziaVedo, e ancora Riccardo Carbone, France-sco Leoni, Guglielmo Coluzzi e FrancoGrmignani, reclutati nelle piccole agenzie agestione artigianale che fioriscono lungotutti gli anni ‘50 per soddisfare le esigenze diun’editoria in espansione.

Di formazione culturale spesso modesta,usciti dalla gavetta in camera oscura, conuna visione della fotografia come tecnica emestiere, questi operatori fotografano anco-ra con rulli 6x6 o a lastre 6x7, talora, comeTino Petrelli e Tullio Farabola, con scaltraabilità di cronisti, ma sempre rispondendoalle richieste della committenza con una fotonitida, dall’inquadratura frontale, priva diogni ricerca formale e spesso caratterizzatadal ricorso al flash in funzione anche del reti-no tipografico. A dare vigore alle loro imma-gini, a creare documenti dall’incomparabilecapacità comunicativa come il racconto diPetrelli sul paese calabro di Africo del 1948è, come nota Roland Barthes commentan-do la potenza unica della foto di cronaca, ilsoggetto dirompente della realtà che il climadi libertà del dopoguerra chiede loro di foto-grafare, il fatto ripreso che “esplode nellasua ostinazione, nella sua letteralità, nell’e-videnza stessa della sua ottusa natura”, nonla forza interpretativa da loro infusa almomento dello scatto.Lo si vedrà bene già nel 1948 quando lasconfitta del Fronte Popolare alle elezionipolitiche, l’irrigidirsi degli schieramenti nelclima della guerra fredda ed il nuovo corsoche prenderà l’informazione giornalisticaper tutti gli anni ‘50 e ‘60 porrà fine allabreve stagione di questo verismo dellacronaca e, privata della crudezza deisoggetti di documentazione sociale in favo-re di temi leggeri, di attualità politica e dicostume, la foto di cronaca vedrà la dotedella propria istintiva essenzialità trasforma-ta nella povertà semantica di un’immaginevolta a promuovere e perpetuare, attraver-so la sua chiarezza e semplicità compositi-va, quello che Arturo Carlo Quintavallechiama il “sistema della fiaba”, un universodi valori ed una rappresentazione delmondo funzionali al nuovo gruppo politico-economico al potere.

L I B R I

Uliano LucasTatiana Agliani

Storia d’Italia 1945-2000L’immagine fotografica

533 immagini di 226 fotografi e fotoreporter dal dopoguerra ad oggi

Dalle fotografie del regime a quelle della ricostruzione

Un’Italia tutta da scoprire fino all’inizio dell’era globale

Uliano Lucas (a cura di), Storia d’Italia.Annali 20. L’immagine fotografica 1945-2000,Giulio Einaudi editore, pagine 725, 95,00 euro

Testi di:Uliano Lucas e Tatiana Agliani, Paul Ginsborg,Michele Smargiassi, Stefano Boeri, MarcoGarzonio, Enrico Deaglio, Cosimo Schinaia,Eugenio Alberti Schatz, Gianni Mura, LiettaTornabuoni, Sergio Luzzatto, Claudio Marra, MariaPerosino, Antonio Somaini, Gloria Bianchino,Roberto Mutti, Giovanna Calvenzi, ManuelaFugenzi, Gianluigi Colini, Marina Miraglia.

Foto di:Giancolombo, Piergiorgio Branzi, Giorgio Lotti,Federico Patellani, Mario Giacomelli, Ugo Mulas,Franco Zecchin, Luigi Ghirri, Marialba Russo,Antonio Biasiucci, Federico Garolla, MarioDondero, Enzo Sellerio, Piero Raffaelli, IvoSaglietti, Paolo Pellegrin, Francesco Radino,Letizia Battaglia, Gianpaolo Barbieri, TazioSecchiaroli, Carlo Bavagnoli, Caio Garrubba,Mario De Biasi, Luciano D’Alessandro, SilviaLelli Masotti, Mimmo Jodice, Antonia Mulas,Aldo Ballo, Alfa Castaldi, Chiara Samugheo,Massimo Perrucci, Carla Cerati, Franco Vaccari.

Nasce nella camera oscura l’abilità di cronista

Mario De Biasi, Gli italiani si voltano, 1954.

TazioSecchiaroli,Manifestazioneneofascistaall’Altare dellapatria, 1956.

CamilloMeleagri,Alluvione delPolesine, 1968.

33ORDINE 4 2005ORDINE 4 2005

Un uomo preme – il volto, nell’ombra, fatrasparire una nota di rassegnazione – l’indi-ce della mano destra, sporco d’inchiostro, sulfoglio bianco. Indossa ancora un ampiocappotto. Nella sinistra, gli occhiali. Un altro –maglietta, braccia robuste e tatuate, lo sguar-do venato di malinconia – si offre all’obbietti-vo: sullo sfondo, l’immagine di un esuberantenudo femminile. Un altro ancora, le spalleappoggiate al muro, vicino a una finestra, sivolge a guardare fuori, verso la luce. L’ombradelle sbarre si staglia sulla parete e gli dipin-ge il viso.Sono solo alcune delle 68 fotografie chehanno dato corpo alla mostra “San Vittore,custodiscili”: 68 scatti in bianco e nero firmatiRoby Schirer, frutto di un lavoro che, nell’arcodi dodici anni, ha portato il fotoreporter, fonda-tore dell’agenzia “Tam Tam”, a varcare il porto-ne di piazza Filangieri per raccontare, senzapregiudizi e soprattutto con realistica serenità,la vita dietro le sbarre.

Allestita nel mese di febbraio nel corridoiodel primo raggio del carcere, quindi trasferi-ta, fino al 24 marzo, al binario 21 dellaStazione Centrale, la mostra, la prima inassoluto ad aver oltrepassato la barriera diuna prigione, è stata patrocinata – oltre chedal Comune di Milano, da Grandi Stazioni edal ministero della Giustizia – dall’Ordine deigiornalisti della Lombardia, che ha anchecontribuito economicamente alla sua realiz-zazione, con uno stanziamento di quasi2.500 euro, in parte utilizzato per la fornituradi materiale hardware e software destinatoalla redazione del foglio interno di San Vitto-re, il due notizie.Un patrocinio, quello dell’Ordine, che non soloha reso omaggio, per usare le parole delpresidente Franco Abruzzo, alla “sensibilità” e

al “pudore” con i quali Schirer si è sempreposto dietro l’obbiettivo della sua macchinafotografica, ma che ha anche inteso sostene-re e valorizzare un’iniziativa grazie alla quale“anche ‘fuori’, al di là di polemiche talvoltapretestuose, nel pur affrettato e sofferto passodi ogni giorno, si possa lanciare uno sguardomeno superficiale alle immagini fredde edolenti di una cittadella senza gioia”. Eccoallora il dolore e la rabbia, la solitudine e lanostalgia, il rimpianto e la voglia di libertà.L’intonaco scrostato, le sbarre arrugginite, imuri bagnati. Ma anche il letto ben rifatto,sovrastato da una fila ordinata di peluches,della cella di una giovane donna; o la biancacolomba che spicca il volo nella Rotonda,dove il cardinal Martini sta celebrando laMessa di Natale; o i due detenuti che, accom-pagnati da una guardia, in mano due borsecon le loro poche cose, si avviano verso l’usci-ta e salutano, sorridenti. Ecco i musulmaniaccovacciati sui tappeti nella cella adibita amoschea, e l’adesivo di Padre Pio incollatosulla porta del Casellario-Perquisizione. Eccola partita di calcio e la sfilata di moda, l’incon-tro di pallavolo e l’intrattenimento teatrale, gli

scherzi di carnevale e l’esibizione di due somi-gliantissimi Blues Brothers. E le mani: aggrap-pate alle sbarre quelle dei carcerati, a riposodietro la schiena quelle degli agenti.Frammenti di vita quotidiana di “una piccolacittà dentro la metropoli”, come definisce ilcarcere di San Vittore il direttore della casacircondariale, Gloria Manzelli, che ha sottoli-neato il valore della mostra quale “occasioneper far conoscere all’esterno l’universo carce-rario”, perché “finché il carcere ci sarà, nonpotrà esistere senza una partecipazione atti-va e organizzata della società civile”.Per questo, dopo aver rappresentato, dallepareti del primo raggio, una sorta di richiamoper tutti quelli che a San Vittore vivono eoperano, affinché le immagini riflesse dellaloro stessa quotidianità quasi li costringesse-ro a fermarsi, e a pensare, le 68 fotografiesono uscite dalla prigione per portare il loromessaggio nell’universo frettoloso dellaStazione Centrale.

Un luogo dal quale passano, ogni giorno, piùdi 320 mila persone, uno spazio pubblico dallegrandi potenzialità che tuttavia negli ultimidecenni ha vissuto, come un po’ tutte lestazioni ferroviarie italiane, un processo digraduale scadimento che certo non contribui-sce a darne un’immagine positiva. In questosenso, l’allestimento al binario 21 di “SanVittore, custodiscili” rappresenta il concretosegnale di un’inversione di tendenza peraltrogià avviata da qualche tempo con analogheiniziative, e con successo, nell’ambito delprogramma Grandi Stazioni.Questi spazi, dice l’amministratore delegatoEnrico Aliotti, “possono diventare, se corretta-mente valorizzati, straordinari centri catalizza-tori della vita metropolitana”. Cogliendo maga-ri l’obiettivo di riuscire ad avvicinare pendolarie viaggiatori distratti a un mondo sconosciutoe lontano. Fissato nell’intensità del bianco enero. Con stile e, soprattutto, rispetto.

M O S T R A

RobySchirer

La vita dietro le sbarre in 68 scatti a San Vittore

di Patrizia Pedrazzini

Una mostra e un catalogo per fissare nel segno del pudore la sofferenza del carcere

Le immagini fredde e dolentidi una cittadella senza gioia

Alla Centrale dove passa la gente che vive “fuori”

Le fotografie della mostra sono raccolte nel catalogo San Vittore, custodiscili,disponibile alla libreria Hoepli e alla Galleria Bel Vedere di via Santa Maria Valle 5, al prezzo di 25 euro. I detenuti hannoprodotto un numero speciale del loroperiodico dedicato all’evento, il due notizie.

Sopra:Sestoraggio.Sotto,da sinistra:Rilascio di duedetenuti,Messa di Natalecon ilcardinalMartini e Unamanifesta-zione nel cortiledelfemminile.

Pienosostegnodell’OrdinedeigiornalistidellaLombardia

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Già la sua vita è stata una leggenda. Perchécon la leggenda, e nella leggenda, GianBattista Colombo, in arte Giancolombo, ilgrande fotoreporter nato a Venezia il 24marzo 1921 e morto improvvisamente aMilano la mattina del 24 febbraio scorso, èvissuto. Gli anni d’oro del fotogiornalismoitaliano e internazionale, i decenni Cinquan-ta e Sessanta, lo hanno visto testimone,dalle copertine e dalle prime pagine deimaggiori giornali nazionali e stranieri, di unagrande stagione, che non c’è più e che maipiù tornerà, ma che rimane consegnata alfuturo dalla poesia, dall’eleganza e dall’inci-sività dei suoi scatti in bianco e nero.Che si tratti del delizioso broncio di BrigitteBardot, dell’intrigante sorriso di Clark Gable,dell’orrore del massacro di Rina Fort, odell’immagine del soldato americano chesolo, di spalle, sotto la Tour Eiffel, i bagagliappoggiati a terra e il cappotto sotto il brac-cio, guarda lontano verso la vastità di unaParigi che si perde nella nebbia, le sue foto-grafie vanno al di là del tempo. Così come lasensibilità, e il grande mestiere, che da essetraspirano, non possono che catturare l’at-tenzione anche del più distratto osservatore,e dare veramente un senso alla frase che gliera piaciuto appendersi alla porta dellostudio: “Ogni foto deve valere mille parole”.Alto, magro, elegante nei modi e professio-nale nel lavoro, in tasca l’immancabilepacchetto di Gauloises, al collo l’inseparabi-le Rolleiflex, o la Leica, ingegnoso e indipen-dente, è riuscito a coniugare scoop monda-ni, cronaca nera e vita di tutti i giorni grazie aun’elevata dose di intuito giornalistico, maanche di fortuna.

Fu per caso, e quasi di malavoglia, che, lasera del 15 settembre 1948, a una seratadi gala all’hotel di Villa d’Este, sul lago di

Como, si convinse a scattare una fotoassolutamente insignificante, che l’indoma-ni gli avrebbe fruttato la più alta cifra chefosse mai stata pagata, in Italia, per unsingolo fotogramma. L’immagine ritraeva, aun tavolo elegantemente apparecchiato, lacontessa Pia Bellentani e Liliana Willinger,moglie del suo amante Carlo Sacchi. Pochiminuti dopo la contessa avrebbe estrattoda sotto la pelliccia di ermellino una pisto-la, di proprietà del marito e, con un solocolpo, avrebbe freddato, davanti a tutti,l’amante.Ma non era stato grazie a un colpo difortuna che, il 1° dicembre 1946, il giorna-le per il quale allora lavorava, il CorriereLombardo, gli aveva pubblicato in primapagina le sconvolgenti immagini dellastrage di Rina Fort, che aveva ammazza-to a sprangate di ferro la moglie incintadell’amante, Pippo Ricciardi, e i tre bambi-ni di sette, cinque anni e dieci mesi. Nellacasa del delitto, in via San Gregorio, aMilano, Giancolombo era riuscito a entra-re facendosi passare per uno mandatodalla Scientifica a fotografare la tragedia.E doveva essere stato molto convincente,se i poliziotti si erano fatti in quattro peragevolargli il lavoro.Mentre fu un vero capolavoro di furbizia edi ingegno l’esilarante “blitz” che mise asegno, la mattina del 27 agosto 1951, alLido di Venezia. Obiettivo: riprendere ilprimo ministro inglese Winston Churchillmentre faceva il bagno vicino alla digadell’hotel Excelsior. Peccato che la zonafosse transennata, e nessuno potessepassare. Nessuno, tranne lui. O, meglio,tranne un sedicente turista inglese in abitokaki, scarpe gialle, foulard, cappello sgual-cito, pipa all’angolo della bocca e unacopia del Times in mano che, con fare unpo’ assente e accento un po’ anglosasso-ne, riuscì a tenere a bada, e ad acquieta-re, i poliziotti con una serie di “I’m sorry,non capire”. Forte anche dell’aiuto delbagnino, con il quale si era messo d’accor-do la sera prima, e che completò l’ingannointervenendo con un tranquillizzante“Cossa perdè tempo, el xe un po mato, el

passa il tempo a vardar le onde”. In quelleonde si sarebbe gettato, tutto vestito, di lìa poco, le braccia alzate a tenere su lamacchina fotografica, a immortalare, inmezzo agli spruzzi, lo statista inglese chenuotava nella Laguna. Riuscì anche, inquella scomoda posizione, a cambiare ilrullino.Vennero poi i divi di Hollywood e quelli dicasa nostra, la dolce vita a Cortina e l’ari-stocrazia europea. Dappertutto riusciva aintrufolarsi, di tutti otteneva la fiducia.Anche perché, ben consapevole della diffe-renza che corre fra un semplice “paparaz-zo” e un grande fotoreporter, lui non anda-va a caccia di immagini scandalistiche da“rubare” e da gettare in pasto al pubblico.Lui, prima di scattare, chiedeva il permes-so, magari offrendo un fiore: chi, a quelpunto, aveva cuore di negarglielo? Fotore-porter e gentiluomo: così, almeno, narra laleggenda.

E i reportage in giro per il mondo, fra lemacerie e la miseria di un’Europa che inco-minciava faticosamente a rialzarsi, dopo idisastri della guerra: le faccine infreddolitedei bambini di Leningrado, il volto solcatodi rughe e avvolto in uno scialle nero di unavecchia nella Spagna franchista, la giova-ne coppia che spinge la carrozzina con ilbambino davanti a quel che resta delduomo di Colonia, distrutto dai bombarda-menti. E le facce dure e lontane dei nostriemigranti, pronti a riempire, con le loro vali-gie di cartone, i “treni della speranza”. Scat-to dopo scatto, emozione dopo emozione.Stralci di vita e frammenti di storia.Amico personale di Robert Capa, il grandefotografo ungherese ucciso da una mina inVietnam nel 1954, aveva dato vita nel ’50,nel Palazzo dei giornali di piazza Cavour, aMilano, alla “Giancolombo News Photos”,l’agenzia che, strutturata come una vera epropria redazione, arriverà a spedire in 17Paesi del mondo servizi completi di imma-gini e testi. Vi passeranno, e vi impareran-no il mestiere, nomi destinati a lasciare unsegno nella storia del fotogiornalismo italia-no: Gianfranco Moroldo e Gillo Faedi, LuigiTonali e Vittorio Sparviero, Giorgio Lotti eGiannino Gelmi, Lucio Berzioli, GabrieleMilani, Luigi Vacchi.Poi, con l’avvento degli anni Settanta, ilmondo incomincia a cambiare. I fotorepor-ter dell’agenzia se ne vanno, in cerca delleloro strade; i giornali assumono i fotografial loro interno; la concorrenza della televi-sione inizia a farsi pesante.La leggenda sta diventando, per l’appunto,leggenda.Certo non sono più tempi da presentarsi,come aveva fatto la mattina del 21 gennaio1952 a Cannes, alle nozze “blindate” dellacontessa fiorentina Sveva della Gherarde-sca con il principe russo Nicola Romanov,discendente degli zar, in tight e a bordo diuna Hispano Suiza con interno in pelle dileopardo.Altra beffa, altra esclusiva. Lo chauffeur,che in guanti bianchi gli aprì la portiera

I NOSTRI LUTTI

GiancolomboQuando la fotografia è un pezzo di storia

di Patrizia Pedrazzini

Una leggenda del bianco e nero

L’Europa degli anni Cinquantae i “treni della speranza” dal Sud

Le rocambolesche avventure di un fotoreporter che regalava fiori

Pioniere e gentiluomo

Se n’è andato un pezzo di fotogiornalismoitaliano. È morto ieri a Milano Gian BattistaColombo, ma per tutti soltanto Giancolombo,vero maestro di quella stagione di fotografiche dal dopoguerra, per oltre trent’anni, hasegnato il modo di raccontare l’Italia, comeuna vera scuola di giornalismo fatto di corret-tezza e straordinario fiuto della notizia.Già, perché il vero segno distintivo diquest’uomo, nato a Venezia nel 1921, alto,asciutto, che incuteva rispetto per i suoi modieleganti e professionali, era proprio lo stile. Sesi trattava di fotografare un’attrice come Brigit-te Bardot (le era amico) o Sophia Loren, luiregalava fiori mentre gli altri si accalcavanourlanti per rubare uno scatto tra sgomitate einsulti. E se si trattava di fare un servizio eranonote la sua scrupolosità e severità, sia con sestesso che con i suoi giovani collaboratori,tanto da diventare davvero uno scopritore di

che in qualche modo precorreva i tempi,facendo da solo, con intraprendenza e passio-ne, quello che all’estero era un organizzatosistema di trasmissione del sapere. Lui, con lasua piccola grande agenzia nel Palazzo deigiornali di piazza Cavour, nel cuore di Milano,aveva costruito, con la consapevolezza di unautore che guardava più all’estero che all’Ita-lia, quella che sarà riconosciuta nel tempocome la “scuola milanese”. Amico personaledi Robert Capa, fu autore di numerosi scoop(suo lo scatto del bagno di Churchill al Lido diVenezia) attraversando le più importanti testa-te del periodo: Europeo, Tempo, Panorama,Settimo Giorno, ma anche lavorando con lagrande stampa internazionale come ParisMatch e Life.Era un uomo colto, mite ma anche determina-to. Un uomo che ha anticipato i tempi. (dalCorriere della Sera del 25 febbraio 2005)

talenti che avevano in tasca soltanto il sognodi raccontare, da reporter, il mondo che scor-reva loro intorno. Tra questi, giusto per citarnealcuni, Gianfranco Moroldo, di cui si ricordanogli straordinari servizi con Oriana Fallaci dalVietnam, o Giorgio Lotti, indubbiamente unodei grandi fotografi italiani.Come i suoi compagni Fedele Toscani eVincenzo Carrere, Giancolombo ha interpre-tato lo spirito di un giornalismo pioneristico

di Gianluigi Colin

A sinistra:Un soldatoamericanoappenaarrivato a Parigi,(1953).A destra:SophiaLoren nella suacasa di Roma,(1953).

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accennando un inchino, era il giornalistaLuigi Vacchi. E, quanto a Giancolombo,dovrebbe essere superfluo aggiungereche, dentro il cilindro, si era premurato dinascondere la fedele Rolleiflex.

Anno dopo anno il fotoreporter che erariuscito a “sprovincializzare” la fotografiaitaliana, guardando fin dall’inizio oltre i confi-ni di un mondo ancorato ai dettami dell’asso-luta nitidezza e della leggibilità di ogni mini-mo dettaglio, verso un orizzonte internazio-nale che gli aveva fruttato il paragone con igrandi della Magnum (l’agenzia statunitensefondata nel ’47, tra gli altri, da Robert Capa,Henry Cartier Bresson e David Seymour),avverte sempre meno l’entusiasmo di untempo. Non che smetta di lavorare. Solo siadegua: moda, pubblicità, grandi eventi. Mail fotogiornalismo puro, da allora, verrà rele-gato in archivio.Quello stesso archivio storico che ora la figliaSusanna, dopo aver affiancato il padre persei anni nella sua organizzazione, continueràa gestire: milioni e milioni di fotogrammi chetestimoniano la realtà politica, sociale,economica e culturale di tre decenni delnostro Novecento. Entrarvi è come aprireuna porta sul passato. Dalle pareti, tappez-zate di fotografie, guardano i ritratti di RobertCapa e Georges Braque, Vittorio De Sica eAnna Magnani, Sophia Loren e Alain Delon,Pablo Picasso e Giuseppe Ungaretti, JohnKennedy e Brigitte Bardot. Fissati persempre nell’incanto del bianco e nerodall’obbiettivo di un maestro.È là, in mezzo a quel gioco ininterrotto di lucie di ombre, in mezzo a quei volti, ognuno deiquali racconta un attimo di vita, che si capi-sce veramente il senso di quella risposta.“Giancolombo, che cos’è la fotografia?”. “È ilrisultato della perfetta, assoluta sincronia, framente, cuore, e dito”.

Ha “sprovincializzato”il fotogiornalismo italiano

L’inarrestabile ascesa di un “cronista con macchina fotografica”

Nato a Venezia nel 1921,Gian Battista Colombomuove i primi passi nelmondo della fotografiaquando, a 11 anni, si diver-te a “immortalare” i tettidella città con la macchinafotografica del padre.Terminato il liceo classico,si iscrive alla facoltà diIngegneria a Padova,seguendo le orme delnonno e del padre, ma laguerra lo costringe a inter-rompere gli studi universi-tari. Parte per l’Albania,quindi è in Francia comesottotenente d’artiglierianegli Alpini.Dopo l’8 settembre del ’43viene internato in uncampo di concentramentotedesco in Polonia, doveresta per un anno. Finita laguerra, cerca di riprendereIngegneria, ma con la matematica, la geometria analitica ela fisica non riesce proprio ad andare d’accordo.Parte quindi per Milano, città nella quale con una piccola foto-camera, una Retina, incomincia a fissare immagini di vitaquotidiana. Finché nel settembre del ’46, al ristorante Bagut-ta, conosce il direttore del Corriere Lombardo, AngeloMagliano, appena piantato in asso dal suo primo fotografo,Federico Patellani. Si offre di sostituirlo: viene assunto come“cronista con macchina fotografica”, 20 mila lire al mese edue Leica in prestito. Di lì apoco, pubblicando una suafoto, il giornale lo firma, perun errore di stampa, Gianco-lombo: decide che gli piace,e lo adotta come nome d’ar-te.Nel ’47 una sua foto fa il girodel mondo: ritrae di spalleAlcide De Gasperi che, inpiazza del Duomo a Milano,

parla sotto la pioggiabattente a una folla diombrelli. La United Pressgliela compra per 10 milalire, e gli chiede di dirigereil servizio giornalistico foto-grafico per il Nord Italia. Luiaccetta: il fotogiornalismostatunitense sarà fonda-mentale per la sua forma-zione professionale e Gian-colombo è uno dei primi inItalia a utilizzare la Speed-graphic, la macchina deifotografi di guerra america-ni.Diventa quindi fotoreporterufficiale del Gruppo Palaz-zi (Corriere Lombardo,Corriere di Milano, Tempo)e nel 1950, staccatosidalla United Press, fondala “Giancolombo NewsPhotos”. La rivista france-se Paris Match ottiene la

corrispondenza per l’Italia settentrionale, le maggiori agen-zie estere ricevono e inviano servizi da tutto il mondo.L’ascesa è inarrestabile: in Italia L’Europeo, Tempo, Pano-rama, Settimo Giorno, Oggi, Gente, Grazia, Epoca, Visto,Le Ore di Salvato Capelli; all’estero, oltre a Paris Match,Life, Picture Post, Schweizer Illustriert, Stern, Jours deFrance, Daily Express pubblicano sue fotografie. Nel ’64,con colleghi e amici, fonda la Fia, Fotoreporter italianiassociati, della quale rimane presidente fino al 1974, quan-

do lascia l’incarico in occa-sione dell’iscrizione adhonorem nell’Ordine deigiornalisti della Lombardia.Tiene corsi per aspirantifotografi, e partecipa findalla fondazione all’Afip,Associazione fotografi italia-ni professionisti, e all’Airf,Associazione italiana repor-ters fotografici.

Una tesi di laurea

La figura di Giancolombo è stata oggetto di una tesi dilaurea (relatore Giorgio Zanchetti) dal titolo Giancolom-bo: cinquant’anni di un fotoreporter e della sua agenzia,scritta da Elisabetta Abbiati e discussa all’Universitàdegli Studi di Milano, facoltà di Lettere e filosofia, nell’an-no accademico 2000/2001.

Scoop, travestimenti, esclusive. E al collo sempre la fedele Rolleiflex

A sinistra,la celebre fotodel casoBellentani (1948):la contessa è laprima a destra,mentre la donnaal centro èLiliana Willinger,moglie del suoamante;l’uomo è l’industrialeBigi Taroni.A destra,Maestra d’asilocon la suaclasse aLeningrado,(1956).

Da sinistra: Giancolombo nella sua agenzia; al ballo del marchese De Cuevas, a Biarritz (1956);a Cannes nel 1952 in tight dopo essersi infiltrato alle nozze Romanov-della Gherardesca.

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Walter Sabino,cronistapoliedrico einflessibile

GiorgioCingoli,il rigoremorale in redazione

Milano, 25 febbraio 2005. È morto oggi aSesto San Giovanni, centro dell’hinterlandmilanese dove viveva e di cui era originario, ilgiornalista professionista Walter Sabino,redattore all’Agr, l’agenzia giornalisticaradiofonica di Rcs Mediagroup per la qualecurava i notiziari: aveva 34 anni ed era mala-to da tempo di tumore.Nato a Sesto nel ‘70, Sabino aveva comincia-to la sua carriera a Nuovasesto, il quindicina-le cittadino storica fucina di cronisti, direttoall’epoca da Giorgio Oldrini, firma di Panora-ma e attuale sindaco della città. Personalitàlibera ed eclettica, Sabino nella sua attivitàprofessionale ha spaziato su tutti i media, daiquotidiani a internet, dalla radio al cinema, daiperiodici alla tv, suo settore prediletto, affron-tata anche come autore e aiuto regista, oltreche da cronista televisivo.Come giornalista, ha lavorato per Nuovase-sto, l’Unità, Canale 5 (Target), Punto.com,IlNuovo.it, Media Key, Percorsi italiani, Crona-ca vera, Agr. Come autore televisivo è stato aExtreme (La 7). Professionista dalle forti risor-se, Sabino è stato anche aiuto regista Rai pergrandi eventi televisivi come lo show Tornosabato di Giorgio Panariello e i concerti diCapodanno. “Dal punto di vista personale -ha sottolineato il sindaco Oldrini - si tratta diun dolore fortissimo, perché i ragazzi di quel-la nidiata che iniziavano a scrivere con entu-siasmo e passione li ho sempre consideraticome miei figli. Di quel gruppo, che ha prodot-to fior di professionisti nei maggiori giornalimilanesi, Walter è stato uno dei più intelligen-ti. Inflessibile nei giudizi, non scendeva mai acompromessi. Professionalmente era di unaduttilità eccezionale, in grado di passare dallascrittura alla televisione con la stessa compe-tenza ed efficacia”. “Aveva una famiglia splen-dida - racconta Oldrini - che in questi anni dimalattia l’ha curato con affetto straordinario”.Commosso anche il ricordo del produttoreClaudio Cavalli (Ciro, Target, Il figlio di Ciro,Extreme, Giallo Uno), che l’ha avuto con sé aCanale 5 e a La 7. Sabino era stato ancheregista cinematografico: assieme a ClaudioCentimeri aveva firmato i mediometraggi F,Non c’è più la mezza stagione e il documen-tario Inquisizione. Era anche un apprezzatobassista: ha suonato per molti gruppi indipen-denti lombardi, tra i quali i Mattia Pascal.Prima di morire, Sabino ha chiesto di esserecremato. (ANSA)

Il ricordo di Giorgio Cingoli, per i colleghiche l’hanno conosciuto si divide tra Milano– ha cominciato il mestiere nel ’45 all’Unità– e Roma – dove è stato direttore di PaeseSera e creatore di Televideo, alla Rai – conuna breve sosta in Toscana per la direzionedella Gazzetta di Livorno. Ovunque amici. Ele parole che hanno scritto i figli Stefano eMarco al loro Giorgio (il padre lo chiamava-no per nome e sapevano che non gli dispia-ceva), sono esemplari, senza retorica filiale:«Sei un uomo unico, una persona per bene,di grande rigore morale ed onestà intellet-tuale, che fa del rispetto per gli altri, per leloro idee (spesso diverse dalle tue) unaregola di vita. Un gran combattente, corag-gioso. Un uomo libero, che non ha maiaccettato condizionamenti né compromes-si. E poi, altrettanto importante, dotato digrande senso dell’umorismo».Sottoscrivo. Senza riserve. Ci conoscevamodalla fervida primavera del ’45, alla redazio-ne de l’Unità di Milano, in piazza Cavour(per l’esattezza l’indirizzo ufficiale era viaSenato 38). Era arrivato dalla Val d’Ossoladove era stato partigiano, nella II divisoned’assalto Garibaldi-Redi, della quale eracomandante militare Iso (Aldo Aniasi) edove aveva conosciuto Gianni Brera, exparacadutista, aiutante maggiore della Bri-gata Comoli. In Val d’Ossola c’era arrivatodalla Svizzera. Clandestinamente.E leggendo la lettera di Stefano e Marco,agli amici venuti in tanti per il commiato,Enrico Mentana, che è suo cugino, l’haaccompagnata con un richiamo essenzialealla vita di Giorgio, giovanissimo uomo dellaResistenza.I Cingoli, ebrei, erano stati vittime delle leggirazziali del 1938. Il padre, che era un bravomedico, di quelli all’antica, aveva dovutoabbandonare la professione. E Giorgio,ancora ragazzo era stato mandato da Ales-sandria, nelle Marche, a Macerata, pressogli zii, che avevano un negozio di tessuti.Qui aveva imparato a vendere stoffe maanche a fare il rappresentante di commer-cio, e a smerciare parmigiano e pomodoripelati. Si era specializzato pure a far cono-scere una famosa torta al cioccolato di SanMarino. Erano anni brutti e difficili per tutti,

per gli ebrei ancor di più. A Berlino (amGrosse Wannsee), quindici alti gerarchi diHitler, in una riunione di poche ore, il 20gennaio del 1942, avevano pianificato lasorte di oltre undici milioni di ebrei che vive-vano in Europa. Nel Protocollo ufficiale, lasoluzione finale era stata chiamata burocra-ticamente, “l’evacuazione degli ebrei a est”.Era il momento di tentare di mettersi insalvo, anche per i Cingoli. Rientrato ad Ales-sandria, Giorgio riuscì a rifugiarsi in Sviz-zera, con la famiglia. Ma non ci restò molto.Come quei giovani, e non furono pochi, chesentivano il dovere morale, di fare una scel-ta chiara, lasciò il tranquillo rifugio svizzeroe, avventurosamente, attraverso sentieri dimontagna, riattraversò il confine, per diven-tare partigiano in Val d’Ossola.A Milano eravamo subito diventati amici,d’istinto, senza neanche raccontarci lenostre vicende; avevamo già un passato,breve ma intenso. Tutto, fra noi, era dato perscontato. Si era fatto semplicemente ilnostro dovere. Si parlava del futuro, di politi-ca. Ma anche di poesia e d’arte, soprattuttocon Gianni Toti, con Franco De Poli, conMarcello Venturi e gli altri compagni delgiornale comunista. Non eravamo proprio“sdraiati sulla linea”.Nel volume su La grande illusione 1945-1953 Fidia Gambetti aveva annotato, neldescrivere la redazione dell’Unità di Milano:«Defilati alla vista, in un altro stanzoned’emergenza, i tavoli e gli uomini dellacronaca, col capocronista Tommaso Giglio,napoletano e poeta, collaboratore assiduode Il politecnico, intorno a lui, un nutrito ecolorito gruppo di cronisti ventenni o pocopiù che si chiamano Giorgio Cingoli, Flami-nio Bollini, Emilio Pozzi, Bruno Foscanelli,Ilario Fiore, Salvatore Conoscente, AldoPalumbo». C’erano anche Lina Anghel,Gianni Rodari, Quinto Bonazzola, GiovanniPanozzo, Giorgio Todeschini.Giorgio non era molto espansivo, tenevaspesso il capo lievemente reclinato, cometante persone riflessive e pensierose. Gliocchi, però, se ti guardavano, sprizzavanocuriosità e le sue battute secche ed ironicheerano dette quasi sottovoce. Una presenzapacata, ma fondamentale.Si occupava anche di Pattuglia, il settima-nale del Fronte della Gioventù, una sorta diCln dei giovani. Quando il Msi anni dopo

diede lo stesso nome al suo movimentogiovanile con Cingoli si osservò che delresto Pattuglia era stato, invece, un fogliodel Guf di Forlì (e vi collaboravano moltigiovani intellettuali che rappresentavano “lafronda”). Pari e patta.A Roma, dopo la direzione di Paese sera,ebbe molti scrupoli ad accettare l’offerta adentrare in Rai. Il suo maledetto rigore. Civolle tutta la forza di convincimento di ElioQuercioli e di Paolo Grassi, allora presiden-te, a fargli accettare l’assunzione.E ha lavorato, bene, collaborando conMassimo Fichera, e realizzando il primoprogetto di Televideo, del quale è stato ilprimo direttore.Nel settore della Ricerca e sperimentazio-ne ha portato a conclusione anche l’unicofilm diretto da Cesare Zavattini come regi-sta: La verità. Appassionato dei progressitecnologici, si entusiasmava alle novità, agliapparecchi sofisticati e ci giocava come unragazzino.La lunga e dolorosa malattia degli ultimianni, non ne aveva fiaccato lo spirito, nono-stante i frequenti spostamenti da Sacrofanoagli ospedali, per il ricambio del sangue. Sequalche volta si lamentava della snervanteroutine, era per nascondere, forse, qualchecocente delusione esistenziale.Per come vanno le cose del mondo. Idealiinfranti. Grandi illusioni sbriciolate. E sicomportava così, accennando ai guai dellasalute, perché non voleva coinvolgere glialtri nelle sue più profonde amarezze.Anche se ragioni ne avrebbe avute (lo socon certezza), non era uomo da serbarerancori. L’hanno ricordato Stefano e Marconella “lettera a Giorgio” parlando dopoWalter Veltroni e Giancarlo Leone chehanno delineato il suo impegno politico e ilsuo esempio professionale. In una bellamattinata di marzo, senza tristezza nei volti,ma con una infinita malinconia nei cuori.I superstiti della vecchia guardia di piazzaCavour, a Milano, continuano a ricordarlo,seduto alla sua modesta scrivania, nellostanzone della cronaca, a mettere insieme,con fatica, una pagina, perché lo spazio erarisicato, e molte notizie si dovevano buttare.Si riusciva comunque, quasi sempre araccontare con i fatti, e con parole semplici,una giornata di quella Milano, del ‘45, batta-gliera e generosa.

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37ORDINE 4 2005ORDINE 4 2005

M O S T R A

EmilioTadini

Pennello e bisturi alla pari

di Michele Stellato

Bellinzona-Villa dei Cedri

Faccio il medico ma avrei voluto fare il pittore.Questa passione mi ha fatto conoscere EmilioTadini fin dal 1971, quando dalla Calabria misono trasferito a Milano e facevo il giovaneassistente nella clinica Le Quattro Marie diRogoredo. Per un “senza patria” com’ero io,quelle serate d’inverno a Milano con la nebbiaerano una vera tristezza.Alle sette i negozi chiudevano, le strade sisvuotavano perché tutti correvano a casa,solo chi non ce l’aveva rimaneva a vagabon-dare per la città. Ero sempre alla ricerca affan-nosa allora di trovare come passare la serata:in un bar aperto anche dopo le venti, seguen-do incontri culturali, frequentando le sale diconcerto, visitando le gallerie d’arte (per nonandare tutte le sere al cinema). Tra le galleried’arte lo Studio Marconi in via Tadino era quel-lo che la sera non mostrava nessuna fretta dichiudere e qui ho incontrato la prima volta ilmaestro.

Fu una serata memorabile, Tadini si dimostròsubito di una cordialità unica. Mi colpì un certovitalismo, nella voce sicura, nei gesti controlla-ti, nell’espressione autorevole. Nei movimenticome di uno che frequenta le palestre, misu-rati e vigorosi. Finalmente mi riconciliavo con irigori e le nebbie dell’inverno milanese. Quan-do è venuto fuori che ero calabrese gli si illu-minò lo sguardo e cominciò a citarmi MattiaPreti, di cui amava l’impenetrabilità delle tintescure, che aveva dato una potenza pittoricaall’ombra tra le più emotive del Seicento. Ioamavo la pittura ma ne sapevo poco, mi trova-vo a disagio. Aveva anche notizia che stavanoper aprire un museo a Taverna, il paese dellaCalabria dove Mattia Preti era nato. E avevaun piacevolissimo ricordo di una estate in cuiaveva visitato la terra di Bernardino Telesio. Dinotte, in un albergo di Roccella Jonica, dormi-va con la finestra aperta, perché le brezzenotturne gli portavano in camera il profumo deigelsomini da un parco sottostante.Due settimane dopo ero nello studio di EmilioTadini, al numero 13 di via Niccolò Jommelli.Stava lavorando alla Montagne Sainte-Victoi-re, il famoso quadro di Paul Cézanne cheaveva dominato il Salon d’Automne di Pariginel 1907.

Avevo sotto gli occhi, sul cavalletto delmaestro, una rivisitazione ingegnosa e raffi-nata della celebre opera di Cézanne. Senzaalcuna intenzione dissacratoria, anzi in rispet-to ed omaggio verso uno dei grandi dell’im-pressionismo; testimoniato dal fatto che Tadinirealizzava in acrilico una sequenza di angoliacuti dal segno pulito e vertiginoso, una fugadi vette, riproducendo l’ascensione dellaMontagne Sainte-Victoire; ovvero la tensioneverso l’alto, come una presa di coscienzaverso la bellezza e la gioia, l’infinito, che poi èl’impatto dominante che comunica la tela delpittore di Aix-en-Provence.«Un grande maestro, un pittore di rottura, coni germi premonitori di quanto stava maturan-do nell’arte del Novecento; ma non si puòdipingere oggi come Cézanne. Bisognacercare percorsi nuovi» disse, continuando alavorare, intervenendo qui e là, fermandosi unattimo, poi di nuovo addosso a un ocra troppospento, a un azzurro troppo cupo, con la suaarte dominata da una “chiarezza illuministica”come diranno poi i critici, realizzando “l’abban-dono della materia e della figura” per appro-dare alla metafora della favola, confermando-si anche scrittore e giornalista (come era) oltreche pittore.Dal punto di vista della tecnica fui colpito dalfatto che usava nastri di carta adesiva per deli-mitare sulla tela gli spazi geometrici, e armeg-giava di continuo con un paio di forbici, ostrappando direttamente con le mani, peradattare il nastro al progetto, quasi sempreforma geometrica, che voleva realizzare. E quiho suggerito che per fare tutte quelle mano-vre di taglio e sagomatura del nastro, potevaandare meglio, forse, il bisturi dei chirurghi.Che avrebbe potuto trovare in farmacia, colmanico in plastica, la lama sostituibile e dagettare dopo l’uso e consumo. Davvero?Certo maestro. E posso trovarlo in farmacia?Certo maestro.

Quando sono stato di nuovo nel suo studio,ho potuto notare con sorpresa che ora pertagliare i nastri di carta adesiva usava unbisturi. Nessun accenno all’arnese da partedi entrambi. Forse un sorrisetto compiaciu-to, appena accennato, sotto i “baffi”, mentremi sbirciava con la coda dell’occhio. Eimpassibile, seppure cordiale, rimaneva lasua espressione severa. Io da parte mia unpo’ di orgoglio l’ho sentito, perché no. Certa-mente l’uso di quello strumento nel suo lavo-ro (senza tuttavia escludere che abbia potu-to avere lo stesso suggerimento da altrefonti), scaturiva dalla nostra ultima conver-sazione.Ma quello che mi meravigliò maggiormente fula maestria con cui impugnava il bisturi, comese fosse un suo ferro del mestiere da sempre.Da allora l’ho visto usare il bisturi quanto ilpennello. O almeno gli era indispensabilequasi quanto il pennello. Lo impugnava comeun provetto chirurgo, con mano ferma, condisinvoltura; tagliava i nastri di carta con colpidi bisturi secchi e precisi. Usava le strisce dicarta autoadesiva per tracciare quelle lineerette così pulite, a delimitazione delle suegeometrie, fulminee come tiri di schioppo.Senza incertezze, come il suo sguardo diritto,la sua parlata chiara.

Una serata memorabile nel ricordo di Mattia Preti

Usava il bisturi per tagliarei nastri di carta adesiva

Emilio Tadini,Au ciel vague,1992.

EMILIO

TADINILE FIGURE

LE COSE

Nasce la rivista Gli apoti(“coloro che non la bevono”)

“Noi potremmo chiamarci la Congregazione degli Apoti, di‘coloro che non la bevono', tanto non solo l'abitudine ma lavolontà di berle, è evidente e manifesta ovunque…” Di genteche vuole agire… il nostro paese ne ha abbondanza. Dovedifetta è nel resto: la coltura, la vera intelligenza (da non confon-dersi con la furberia)…, la educazione intellettuale e morale, ilsenso profondo e largo dell'umanità… Se noi avremo questivalori umani, i partiti, che non li hanno, sentiranno per forzaquesta influenza. Insomma non dovrebbe essere il nostro unlavorare di pura intelligenza ma tenere alquanto della fede nellavoro stesso e partirsi dalla convinzione che così si collaboraa qualche opera universale”.Con questo attualissimo (e dimenticato) monito di GiuseppePrezzolini, indirizzato nel 1922 a Piero Gobetti, giovane diretto-re della Rivoluzione liberale, nasce una nuova rivista culturaledi letteratura, storia, arte e politica, Gli apoti.Attualizzare una proposta così illustre, a più di ottanta anni dallasua enunciazione, significa soprattutto essere apoti nel “meto-do”, intendendo con ciò il rispetto reciproco, l'assenza di qual-siasi pregiudiziale, il dubbio come strumento e stimolo (noncome vergogna), ma anche il rifiuto dello scetticismo compro-missorio. Ed arduo è il proposito di questo nuovo “foglio”, invendita in venticinque librerie d’Italia: creare un serrato confron-to – dialogico, non dialettico – tra due tendenze culturali diver-se, la “rivoluzionaria liberale” e la conservatrice.Il periodico, pur con una caratterizzazione siciliana, tratta diargomenti nazionali ed internazionali di ampio respiro culturale:il tema principale di questo numero è la cronica assenza di unaclasse borghese in Italia, illustrata nei suoi aspetti religiosi,culturali e politici.Un’ampia sezione, “Il Binocolo Cosmpolita”, è poi dedicata aipiù pressanti temi internazionali: l’identità culturale del nostrocontinente e le sfide dell’Unione Europea in politica estera sonosolo alcune delle tematiche internazionali approfondite.La fecondazione assistita e la separazione dei ruoli animano ildibattito sulla politica interna, mentre alla Sicilia è dedicata unarubrica sui suoi illustri “viaggiatori” ed una dissertazione sulleradici federaliste del regionalismo di Luigi Sturzo.La rivista raccoglie poi gli aforismi di alcuni dei più grandiepigrammisti degli ultimi due secoli:ad ogni piè di pagina diquesto numero sono presenti i calembour di Oscar Wilde.Gli intenti dei giovani “apoti” sono abbastanza chiari: perseguirliin un Paese come il nostro, in cui, per dirla con Longanesi,“bisogna essere estremisti per prudenza”, sarà difficile.Se è vero che la speranza, come diceva Aristotele, è un sognofatto da svegli, essa resta pur sempre il sogno dell'uomosveglio. Filippo Maria Battaglia

Giornalisti Uffici stampa: Falleri riconfermato presidente

Roma, 17 marzo 2005. Presso la Federazione nazionale dellastampa (Fnsi), alla presenza del segretario generale aggiunto,Giovanni Rossi, si è insediato il nuovo Consiglio nazionale deigiornalisti uffici stampa (Gus), Gruppo di specializzazione dellaFnsi. Al vertice, all’unanimità, è stato riconfermato presidenteper il prossimo triennio Gino Falleri (dell’Associazione stamparomana). Sono altresì stati eletti: vice-presidenti PiergiorgioCorbia (Associazione lombarda dei giornalisti) e Piero Piccoli,Vicario (Veneto); segretario Franco Mariani (Associazionestampa toscana); vice-segretari Gianni Firera (dell’Associazio-ne stampa subalpina, che è anche direttore responsabile delsito del Gus) e Assunta Currà (della Lombarda); tesoriere UgoArmati (della Romana). La Giunta è composta da Maria LuigiaCasalengo (Emilia-Romagna), Silvano Bertossi (Friuli-VeneziaGiulia), Antonella D’Aloisio (Puglia), Antonino Calandri (Subal-pina). Il Collegio dei revisori è formato da Massimo Patrignani,presidente, (Lombarda), Roberto Renzi (Lombarda) e FulvioMeloni (Romana).Il Consiglio nazionale ha indicato il collega Giacomo Di Iasio(presidente del Gus Toscana) a rappresentare il Gruppo dispecializzazione nell’ambito del Dipartimento Uffici stampadella Fnsi. Gaetano Perricone (presidente del Gus Sicilia) èstato indicato, all’unanimità, quale delegato del Gus nazionaleai rapporti con l’Inpgi e la Casagit, enti di categoria con i quali –come è stato messo in luce nel corso del dibattito – “il Gusintende sviluppare fattivi rapporti di collaborazione”.Gli obbiettivi per il futuro sono stati ampiamente tracciati daFalleri nel suo intervento: formazione permanente con l’ausiliodella Fnsi, addetti stampa ultraqualificati per arginare i comuni-catori, che chiedono un profilo su due piani: valido per l’internoche per l’esterno. Lotta serrata contro tutti coloro che voglionounire in un unico campo d’azione informazione e comunicazio-ne. Piena applicazione della legge 150 del 2000. Particolareattenzione alle problematiche dei colleghi che lavorano nelsettore privato, e di quelli che lavorano sotto forma di liberaprofessione, in via autonoma. Falleri ha anche sottolineatocome oggi l'informazione è sempre più sinonimo di terzietà,poiché è un valore sociale.In questi giorni inoltre il Gus sta diffondendo il suo primo annua-rio nazionale realizzato in 10.000 copie grazie alla collaborazio-ne delle Edizioni Voices. Per contattare il Gus e-mail: [email protected] tel. 338/8458117.La segreteria nazionale è stata spostata da Milano a Firenze(indirizzo: segretario Gus nazionale Franco Mariani pressoAssociazione stampa toscana, via dei Medici 2 50123 Firenze– Fax 055/210807). Franco Mariani

38 ORDINE 4 2005

AA. VV.,Storia dell’Istituto Geografico De Agostini 1901-1997

di Olimpia Gargano

“L’Italia manca tuttora di unvero e proprio Istituto Geo-grafico privato simile a quelliche esistono in quasi tutti glialtri paesi civili e che hannocontribuito tanto efficace-mente non solo a far progre-dire la conoscenza scientifi-ca della Terra, ma anche apropagare l’amore e l’inte-resse per questi studi, adiffondere nel pubblico coltoe a far penetrare nelle scuo-le i risultati del lavoro dei dot-ti.” Cominciava così la letteracon cui il 1° giugno 1901Giovanni De Agostini davanotizia della nascitadell’Istituto Geografico cheporta il suo nome.Giovanni De Agostini era na-to a Pollone, presso Biella,nel 1863. Dopo la laurea inlegge a Torino, andò inGermania e Svizzera a stu-diare le tecniche cartografi-che di cui quei paesi eranomaestri. La sua formazione sicompì nel celebre istituto diJustus Perthes a Gotha, lacittà della Turingia che dal1785 era punto di riferimento

per geografi e cartografi ditutta Europa.La prima sede dell’Istituto fua Roma, in un edificio affac-ciato su via XX Settembre,quella da cui secondo la tra-dizione sarebbero entrati ibersaglieri di La Marmora.Nel 1904 venne realizzato ilCalendario Atlante, che que-st’anno festeggia il centesimoanniversario.Corredato di un-dici cartine, informazioni dinatura monetaria, indici di pe-si e misure dei Paesi delmondo, si rifaceva alla tradi-zione degli almanacchi.Poco dopo, col trasferimentoin via Novara, l’Istituto creb-be in ampiezza e importan-za, ricevendo dal TouringClub Italiano l’incarico piùprestigioso e impegnativo, larealizzazione della grandeCarta d’Italia: progettata in58 fogli a 9 colori, in scala 1:250.000, fu una grande im-presa editoriale. L’opera do-veva contenere quante piùinformazioni possibile (di-stanze, pendenze delle stra-de, segnalazioni di monu-menti, linee tranviarie, ferro-viarie, funicolari, ecc.). Un la-voro enorme, il primo del ge-

nere in Italia, per la cui rea-lizzazione ci si servì anchedella collaborazione dei socidel Touring: quando erapronta la bozza di un foglio,se ne ritagliavano sezioni re-lative a centri abitati di unacerta importanza. Le variesezioni venivano poi inviateai soci del Touring Club, so-prattutto ingegneri, geome-tri, agrimensori, accompa-gnate da questionari sempli-ci e precisi. I soci-collabora-tori risposero con entusia-smo, tanto che per coloroche avevano recato contri-buti di speciale importanzasi istituirono medaglie e di-plomi di benemerenza.Nella sua lettera d’intenti del1901, Giovanni De Agostini siriproponeva di “rendere utiliz-zabili a servizio dello Stato odei privati tutte quelle esattenotizie di geografia commer-ciale e coloniale che tanto ènecessario conoscere per ungrande sviluppo economiconazionale”. Su queste pre-messe fu realizzata unaCarta dimostrativa dellaTripolitania. Ma in quegli stes-si anni, più che dalle conqui-ste coloniali, gli italiani erano

toccati dal problema dell’emi-grazione: fu così che l’IstitutoDe Agostini pubblicò le carteferroviarie del Sud America,in particolare Argentina eUruguay, su cui i nostri emi-granti tracciarono i loro itine-rari transoceanici.L’ampliamento della produ-zione richiese un nuovo sta-bilimento, più grande e me-glio servito dalle linee di co-municazione internazionali.La scelta cadde su Novara,che a partire dal 1907 diven-ne la sede principale.La storia editoriale dell’IstitutoDe Agostini rispecchia un se-colo di storia nazionale. Nel1916 usciva l’Atlante dellanostra guerra; fra i cartografic’era anche Cesare Battisti,che si occupava delle que-stioni relative al Trentino e laVenezia Giulia. Negli anniVenti, il primo Atlante Auto-mobilistico d’Italia risponde-va alle esigenze dell’Italiaborghese che scopriva il turi-smo estivo in Liguria, To-scana e Campania.I buoni rapporti col regimeagevolarono le commessestatali. Nel catalogo scolasti-co di quegli anni spiccano il

Piccolo atlante dell’ImperoRomano e l’Atlante agricolodell’Italia fascista.Un dato forse poco noto èche, all’indomani del 25 aprile1945, nell’urgenza di sostitui-re le AMLire con cartamone-ta avente corso legale su tut-to il territorio nazionale, laBanca d’Italia commissionòla fornitura di banconote da100 e 50 lire all’IstitutoGeografico De Agostini, cheper un certo periodo svolseanche l’attività straordinariadi Poligrafico dello Stato.A partire dagli anni Cin-quanta, la produzione si di-versificò in tutti i campi delladivulgazione e del saperescientifico, dal libro d’arte al-l’editoria per l’infanzia allamanualistica monografica. L’8marzo 1962, il grande even-to: usciva il primo numero diUniverso, l’enciclopedia chesarebbe entrata nelle casedegli italiani passando per unluogo (l’edicola) e una formadi acquisto (il pagamento ra-teale) più accessibili al gran-de pubblico. Universo fu il pri-mo vasto successo interna-zionale nel campo delle ope-re a fascicoli: tradotta in

Francia col nome di Alpha ein tanti altri paesi del mondo,segnò l’ingresso della casaeditrice novarese nella scenaeditoriale europea e intercon-tinentale.Il resto appartiene alla nostraquotidianità. Guide turistiche,corsi di lingue, opere di scien-ze, letteratura, informatica,arte e tempo libero. Ai fasci-coli si sono aggiunti video-cassette e CD, per tutte le ta-sche e tutte le curiosità.A rileggerla ora, quella letterascritta nel 1901 da GiovanniDe Agostini ricordata in aper-tura, viene da chiedersi cosapenserebbe il fondatoredell’Istituto Geografico ve-dendo quanto spazio occupaoggi la geografia nei pro-grammi di insegnamento del-la scuola italiana. Ma questaè un’altra storia.

AA.VV.,Storia dell’Istituto

Geografico De Agostini1901-1997,

Fondazione Achille e Giulia Boroli,

pagine 208, s.i.p.

Walter Molino,Stefano PorroDisinformation technology

di Dario Fertilio

Dieci anni fa, quando decisi dioccuparmene scrivendo Lenotizie del diavolo, la disinfor-mazione era ancora un og-getto misterioso. Di solito iltermine spuntava nei discorsidi qualche politico particolar-mente aggressivo e polemi-co, il quale naturalmente ac-cusava un avversario ritenutofazioso o sleale di aver mani-polato i fatti e alterato per inte-ressi personali la verità.Tuttavia a partire da quel sag-gio, Le notizie del diavolo ap-punto, alcuni atteggiamentihanno cominciato a cambia-re: si è capito che verità emenzogna, intesi sia comeconcetti filosofici che comemodalità comunicative, sonosempre strettamente intrec-ciate, e costituiscono l’insop-primibile ambiguità del lin-guaggio. Al tempo stesso, sisono cominciate a studiare ledeviazioni più evidenti e “ma-liziose” di un enunciato, so-prattutto se giornalistico, isuoi scarti più o meno co-scienti dai “fatti”. Insomma, siè messo a punto uno schemagenerale sulle tecniche delladisinformazione, e si è avvia-ta una casistica delle notiziemenzognere.L’arte di manipolare il linguag-gio, l’informazione, la comuni-cazione in genere, in quel miosaggio veniva chiamata “di-sinformazione”, e i buchi neriinformativi “notizie del diavo-

lo” (in quanto, come è noto, ildemonio è padre della men-zogna). Si ripercorrevano lesue lontane origini storiche,che affondavano le radici ad-dirittura nell’antichità cinese,precisando che originaria-mente costituivano un aspet-to dell’arte militare volta aconfondere il nemico, sicché“corresse volontariamente in-contro alla propria rovina”. Siprecisava quindi che con iltrascorrere del tempo l’ere-dità era stata raccolta dalmondo della politica, in quan-to “prosecutore di quello dellaguerra con altri mezzi”, perapprodare infine a quello del-l’informazione. Il giornalistache ricorre alle notizie del dia-volo, dunque, non fa altro chemettere a frutto per fini di par-te (personali, ideologici, dicarriera e successo) ciò cheè stato studiato e attuato nelcorso dei secoli da politici emilitari. Niente di nuovo sottoil cielo, insomma, benché tut-to cambi in superficie e tuttosi aggiorni. Quel che manca-va, dieci anni fa (benché sene potessero già cogliere al-cune premonizioni) era il ruo-lo di Internet. Ci si poteva sol-tanto aspettare che la retemondiale, allora poco più diun oggetto misterioso, avreb-be da un lato potenziato e de-mocratizzato il mondo del-l’informazione, ma che dall’al-tro ne avrebbe anche dilatatol’ombra menzognera, la di-sinformazione. Così, puntual-mente, è avvenuto.

Fra i numerosi libri che oggicercano di gettare un po’di lu-ce su questo tema oscuro,quello di Walter Molino eStefano Porro, Disinformationtechnology, appartiene al ge-nere dei pamphlet filosoficimascherati da manuali “diver-tenti” e “giovanili”. Intendia-moci, il sottotitolo dell’agile li-bretto (“Come si manipolal’informazione per divertirsi,fare soldi e magari provocareuna guerra”) non è millantato.E anche la premessa ideolo-gica (“Dai falsi di Internet allebufale di Bush”) allude one-stamente al taglio politico del-la pubblicazione. Le storieraccontate sono spesso di-vertenti, (come la “bufala” suigattini bonsai che sarebberostati fatti crescere in barattolidi vetro), o appartengono aiclassici delle beffe giornalisti-che di successo (le false scul-ture di Modigliani e la loro an-tenata, la “rana toro” che nelletorride notti estive avrebbeaggredito e ucciso i malcapi-tati gatti sconfinanti nel suoterritorio). Si intuisce tuttaviache il vero motore della ricer-ca, benché negato nell’incipit,(“La verità non esiste”), è pro-prio la ricerca di una qualcheverità. Già, ma quale, dal mo-mento che Internet sta travol-gendo il mondo della comuni-cazione sotto una cascata diinformazioni non selezionate,che non si possono verificaree spesso rimandano ad altrefonti altrettanto dubbie? La te-si del libro è che la distanza

fra realtà e finzione sia ormaicancellata, creando uno sce-nario semi-totalitario degnodegli incubi di Orwell. Allostesso tempo, però, lo stessogigantismo del sistema, l’usoiperbolico delle sue “notiziedel diavolo” ne mette allo sco-perto il tallone d’Achille: èpossibile prenderlo in giro,farne una caricatura, denun-ciare insomma che re Inter-net è nudo.Ricca di spunti e suggestioni,la ricerca di Molino e Porro siimpone come manuale di so-pravvivenza nell’era del gior-nalismo virtuale.Purché poi sitenga conto della raccoman-dazione di Carlo Formenti,nella lucida e profonda prefa-zione: la “fictio” è fondamenta-le nel bagaglio di ogni buongiornalista, chiamato semprea raccontare una “storia”, ese possibile anche una storiaaffascinante. Purché non di-mentichi di mettere la suaabilità narrativa al servizio diuna comunicazione apertaed obiettiva, da cui ogni letto-re possa trarre gli strumentiper giungere alla sua, perso-nale “verità”.

Walter Molino,Stefano Porro,

Disinformation technology,

Editore Apogeo,pagine 99, euro 10,00

Sandro Bruni,Gabriele MoroniUstica: la tragedia e l’imbroglio

di Marzio De Marchi

Questo è l’ennesimo volumescritto attorno a una delle pa-gine più buie della recentestoria d’Italia. Un volume che,a questo punto, ventiquattroanni dopo la tragedia del Dc 9Itavia nelle acque di Ustica,non vuole giungere a nuoveconclusioni – come premetto-no gli autori – ma intende limi-tarsi a ripropor-re vecchi inter-rogativi e a ri-leggere testi-monianze. E sequalche bugiasi sgretolerà difronte ai fatti,sarà un passoin più – questavolta sì – versola verità.Ecco allora cheSandro Bruni,politico paveseda anni impe-gnato nel sociale, e GabrieleMoroni, uno dei maggiori in-viati del quotidiano Il Giorno,decidono, con paziente ca-parbietà, di ricostruire gli annibui seguiti alla tragedia diUstica radunando, fra l’altro,gli articoli apparsi in questi an-ni su giornali e riviste. Unastrada, certamente non la piùfacile, per rivedere le sequen-ze di un film che, purtroppo,dura da oltre vent’anni fra in-trighi internazionali e meschi-nità di potere.Il libro si legge d’un fiato, qua-

si fosse la terribile sceneggia-tura di un film d’azione hol-lywoodiano, tanto è il coinvol-gimento che ancora oggi su-scita la vicenda: il ritmo è in-calzante, la scrittura brillante,le intuizioni sempre puntuali.Le conclusioni, però, sono datroppi anni sempre le stesse.«Certo non sappiamo chi lan-ciò il missile assassino – scri-vono gli autori al termine delloro lavoro – ma dovrebbe or-

mai essere certo ilruolo preminentedella nazione odelle nazioni cheprepararono l’ag-guato a Gheddafinel quale cadde in-vece il Dc 9 Itavia.Molte di questerealtà forse eranogià conosciute findall’inizio dell’in-chiesta […]. Per ri-spetto dei morti,dei loro parenti, diun’Italia che crede

ancora nei valori della giusti-zia, della pace e della solida-rietà fra i popoli, è ora di chiu-dere questa inchiesta e l’ap-pello che anche noi sentiamodi fare è questo: chi sa parli.Vale di più un atto di coraggioe di umanità che tutta la forzamilitare che le nazioni posso-no mettere in campo».

Sandro Bruni,Gabriele Moroni,

Ustica: la tragedia e l’imbroglio,

Memoria Pellegrini,pagine 170, euro 12,00

L A L I B R E R I A D I T A B L O I D

39ORDINE 4 2005

L A L I B R E R I A D I T A B L O I D

Salvatore MaffeiSogni, delusioni e sconfittenelle lettere inedite di Giuseppe Marotta

di Vito Soavi

Sarebbe bastato pubblica-re, il 5 aprile 2002, questepoche righe: "Cento anni fanacque Giuseppe Marotta,che fu letturista del gas,giornalista, scrittore, poeta,sceneggiatore, e comme-diografo"; invece questa ri-correnza è trascorsa nel piùassoluto silenzio. Persino ilCorriere della Sera, che pervent'anni ospitò nella terzapagina i suoi elzeviri, se neè dimenticato.C'era già stato un prece-dente segnale di disatten-zione nei suoi riguardiquando la notizia della mor-te, fu liquidata frettolosa-mente dai mezzi di comuni-cazione, causa la contem-poraneità di altri tre eventi:la tragedia del Vajont e lascomparsa di Jean Co-cteau e di Edith Piaf.Di certo la sua straordinariavena creativa accompagna-ta però da un carattere tri-ste ed ombroso, perché se-gnato da una vita di stentiche subì nell'infanzia, nonlo resero universalmentesimpatico.Lo testimoniano i ricordi diIndro Montanelli che lo de-finì "succube di un'ereditàdi cenci che la critica uffi-ciale non gli perdonò mai";ed ancora, in commemora-

zione del suo trigesimo,condannandolo, esageran-do,"per le sue reazionisempre fuori misura e fuoribersaglio che rendevanopericoloso tributargli una lo-de od avanzare una riser-va".Un'altra aggressione al de-funto Marotta arrivò daGianni Brera che scrisse:"per campare ha dovuto fa-re di tutto, persino il capore-dattore, ha scritto elzeviriper il Corriere ma è tornatoa Napoli da borghese pia-gnone e fasullo; ha irriso ipoveri fingendo di capirli,atteggiamento questo, tipi-camente carrieristico ma di-sonesto".Il livore di questi suoi due il-lustri colleghi nascondevaforse un fondo di invidia edun senso di inferiorità neisuoi riguardi. Per ironia del-la sorte Milano ha onoratoMontanelli dedicandogli icentralissimi Giardini pub-blici, Brera, legando il suonome all'Arena del ParcoSempione e relegandoMarotta in estrema perife-ria, nel Parco Lambro, dovesi trova un viale a lui inte-stato.Per ristabilire la verità sullasua figura esce ora, per ini-ziativa dell'Emeroteca-bi-blioteca Tucci di Napoli, conla collaborazione di LuigiMarotta, di Carlotta ed

Alberto Guareschi e diArturo Zavattini, un volumeche raccoglie un carteggio,recentemente ritrovato, di70 lettere inedite di Giu-seppe Marotta.Sotto il titolo "Affabulazionidi un cronista per la primavolta fazioso" SalvatoreMaffei introduce il carteggiopartendo all'attacco conuna puntigliosa ed appas-sionata arringa dalla qualeesce, vivacissima ed uma-na, la figura di questo fe-condo interprete della sce-na culturale contempora-nea. Maffei non risparmianessuno quando distribui-sce i suoi fendenti, sempredocumentati, nemmeno ilsuo difeso, al quale nonperdona l'eterna, spesso

infondata, preoccupazioneche l'accompagnò tutta lavita: quella di non avere in-troiti sufficienti per poter ti-rare la fine del mese.Le lettere, scritte dal 1926al 1963, delle quali granparte destinate alla mogliePia ed al suo miglior amico,l'illustre medico e letteratoprof. Mario Capocaccia, maanche ad altrettanti amicisinceri, come GiovanniGuareschi, Cesare Zavat-tini, Luigi Gedda, AlbertoCavallari, Paolo Monelli,fanno trasparire la suagrande umanità, ed unasconcertante semplicità disentimenti.Una felice iniziativa, questadell'Emeroteca napoletana,per celebrare Marotta attra-verso un'esauriente raccol-ta di documenti che lo ricor-dano; è il modo più efficaceper cancellare l'oblio nelquale egli è stato ingiusta-mente cacciato.

Salvatore Maffei,Sogni, delusioni

e sconfittenelle lettere inedite di

Giuseppe Marotta,Emeroteca-BibliotecaTucci, dicembre 2004,

pagine 177,edizione fuori commercio

Alex Zanardi, Gianluca Gasparini...però, Zanardi da Castel Maggiore

di Filippo Senatore

Ettore Guizzardi fu il mecca-nico pilota che nel 1907 con-quistò il raid Pechino - Parigia bordo della mitica Itala conScipione Borghese e LuigiBarzini senior. Grazie aEttore furono superati osta-coli al tempo proibitivi, in unambiente privo di strade, do-ve si guadavano fiumi ampicome mari e deserti rocciosiinfuocati. Barzini, il primo cor-rispondente del Corriere del-la Sera, racconta così l’Itala:“Era veramente una macchi-na pioniera. Si comprendevache essa stava per andaredove nessun’altra era mai an-data. Strana semplice, snelladava l’idea dell’impeto e dellarisoluzione”.La concezione pionieristica diperenne collaudo e modificadel motore e dell’automobileè l’elemento di maggior spic-co nella scuola italiana dei pi-loti-costruttori da Nuvolari aFerrari.Spirito di frontiera, coraggio esoprattutto azzardo sono glielementi che hanno sviluppa-to l’automobilismo della com-petizione del secolo appenatrascorso.Alex Zanardi è l’erede di talenobile tradizione in cui il pilotasi sporca le mani e muove

l’ingegno leonardesco permigliorare il mezzo oltre chevincere le competizioni.Se vogliamo Zanardi è l’em-blema di un pilota atipico cheha vinto, ha perso con sfortu-na ma non si è mai arreso, nési è fatto divorare dall’am-biente dove a volte vige comeelemento primario la ricercadel profitto.Elementi di umanità e passio-ne, sempre meno presenti,ma per questo più caparbinobilitano un settore dove latecnologia tende a distaccareil pilota dall’officina per farnesolo una macchina che maci-na vittorie senza passione.Alex Zanardi era ed è così si-no all’incidente del 15 set-tembre 2001 in Germania. Inpericolo di vita dopo aver per-so le gambe e una lunga ria-bilitazione ha cercato di tor-nare alla normalità.Per lui la vita è ricominciatadove sembrava essere finitae si è arricchita di analisi criti-ca, di nuove visioni del mon-do al di là dei circuiti e dellegare. Una rigenerazione inte-riore che ha rafforzato il pro-prio ottimismo.Grazie alla preziosa amiciziadi Luca Gasparini giornalistadella Gazzetta dello Sport, ilcampione Zanardi ha raccon-tato la sua odissea e la suavita con gran sincerità in un

bestseller edito da BaldiniCastoldi Dalai.Alle persone ammalate e chesoffrono Alex ha dato conquesto racconto elementipreziosi di umanità e ottimi-smo. Ha superato la provadella vita con il cimento dell’a-micizia e dell’amore dei pro-pri cari. La moglie Daniela e ilfigliolo Niccolò; la nonna e lamamma, il babbo e la sorellascomparsi sono testimoni co-stanti di un affetto perenne.L’amicizia è il volano per tes-sere, condividere e parteci-pare al grande teatro delmondo.“...però, Zanardi di CastelMaggiore “ questo il titolo dellibro, ha lasciato un segnonon soltanto nell’ambientedell’automobilismo, ma nellaletteratura dove la comunica-zione al lettore diventa comu-ne sentimento di riscatto.L’ultima della cronaca e di po-chi giorni fa. Francesca unamamma di 36 anni si sottopo-ne ad un intervento di ampu-tazione che le salva la vitagrazie alla visita in ospedaledi Zanardi che la convince econtinua a correre per la vitaavendo come parametroprincipale la dignità della per-sona e la libertà.È una lezione per tutti impar-tita con dolcezza e modestia.Leggere il suo racconto aiuta

a capire il bene prezioso percui vale la pena andare avan-ti dopo atroci sofferenze.L’idea di tornare a mettersisulle spalle il figlio e cammi-nare è la cosa che ci ha com-mosso di più e, speriamo, siaun augurio per la signoraFrancesca.Alex ricorda quei piloti o noc-chieri dell’antica Grecia chesolcavano i mari a dorso didelfino alla ricerca di nuoveavventure.Il loro nome è poeta.

Alex Zanardi,Gianluca Gasparini,

...però, Zanardi da CastelMaggiore,

Baldini Castoldi Dalai Editore,

pagine 401 con 43 foto a colori, euro 15,50

F. RampichiniAcusmetria.Il suono visibile

di Paolo A. Paganini

C’era una volta... il vecchioonesto diagramma, con il qua-le era ed è possibile rappre-sentare un insieme di valori re-lativi a una determinata gran-dezza.Per esempio, una gran-dezza acustica poteva e puòessere rappresentata con undiagramma che indica le variefrequenze acustiche (spettroacustico).Nel caso di un feno-meno ottico, era ed è possibilela rappresentazione di un dia-gramma di righe colorate, cheindicano in gradazione le ra-diazioni monocromatiche pre-senti nell’emissione di una lu-ce (spettro ottico). Lo strumen-to per la produzione e la visua-lizzazione dello spettro di unasorgente luminosa si chiamaspettroscopio. Mentre con iltermine spettroscopia si indicaquel determinato settore dellafisica che si occupa dello stu-dio degli spettri delle diversefonti di radiazioni, soprattuttoluminose.Oggi, il campo si è ulterior-mente arricchito. È nata l’acu-smetria, novella scienza, chefa superare, sotto un diversopunto di vista, le soglie finoraconosciute dell’ottica e dell’a-custica.Il neologismo (nato dai terminiacustica e – metria, e già ac-cettato dall’Accademia dellaCrusca) è anche il titolo del li-bro a cura di FrancescoRampichini, con scritti di EttoreLariani (architetto e designer),Marco Maiocchi (fisico) e lostesso Rampichini (musicistae compositore).Per meglio ca-pire il nuovo termine, non an-cora entrato nell’uso comune,al titolo è stato anche aggiuntoun sottotitolo, che rende tuttopiù chiaro, anche se apparen-temente contraddittorio: “Ilsuono visibile”. In altre parole, illibro, frutto di lunghe speri-mentazioni su più fronti, cia-scuno autonomo ma comple-mentare all’altro, dalla fisica al-la fotografia, dalla pittura allamusica, dalla scenografia al-l’architettura, tratta, studia e di-mostra come un “oggetto so-noro”, con l’ausilio di determi-nati strumenti, abbia una suaspecifica forma d’onda corri-spondente, caleidoscopica-mente sincrona nel rapportosuono/immagine, secondouna precisa relazione suo-no/segno.Esiste cioè un rapporto video-sequenziale, quasi una combi-nazione alfabetica, che pre-suppone la presenza grafica diun codice, o, meglio, di unagamma di codificazioni, il cuistudio, nel libro qui presentato,non disdegna:- recuperi dall’armonia dellesfere dei pitagorici,

- annotazioni di psicologia in-fantile,

- enunciati relativi a forme mu-sicali classiche,

- forme fenomenologiche nel-l’ambito dell’atto immaginificodell’ascoltatore,

- approcci di fisiologia neuroni-ca, soprattutto per quanto at-tiene all’interpretazione dellinguaggio musicale, da un

punto di vista tecnico edemozionale.

- approfondimento dei fenome-ni di sinestesia, per la quale“la percezione di determinatistimoli è accompagnata daimmagini proprie di un’altramodalità sensoriale” (peresempio, un suono che ri-chiami un colore;oppure, for-me di “allucinazione sonora”,quando, leggendo un brano,sembra di udire la voce delpersonaggio di cui si legge)

- studio e descrizione delle fre-quenze e misurazione deglispazi acusmetrici in terminimatematici e geometrici.

In un ambito così allargato edeterogeneo, il libro – che si po-ne, in un certo senso, come laprima grammatica di acusme-tria - dimostra quanto e comel’accelerazione tecnica subitanegli ultimi anni abbia abbattu-to molte barriere e specifichecompetenze, presentando –questa è la comune realtà, nel-la quale siamo immersi quoti-dianamente – una inesauribileevoluzione di linguaggi e unostraordinario assemblaggio dimateriali grafici, fotografici,museografici, video, acustici,dei quali è ormai impossibilefare a meno e per i quali si im-pongono ordinate classifica-zioni.Nell’entrare nel merito piùstrettamente scientifico, grafici,tabelle, formule e diagrammiche rappresentano i vari cam-pi dell’acustica - frequenze, in-tervalli, modulazioni, toni, piz-zicati, mono e stereofonici - ar-ricchiscono l’erudita ed appas-sionante trattazione, che con-sigliamo soprattutto al piaceredi studiosi e competenti, maanche ai profani, per un primoapproccio a una materia che,da un punto di vista informati-vo e divulgativo, oggi costringetutti a una più attenta confiden-za, grazie a computer, cinemae televisione, in un continuoprocesso di interattività e di ap-profondimenti ipertestuali.Ovviamente, non esercitazio-ne oziosamente accademica,ma scienza dalle precise con-notazioni e applicazioni siaprofessionali sia ludiche, l’acu-smetria spalanca inaspettatiorizzonti su più fronti, nell’ar-chitettura, nell’ambito teatrale,eccetera, indicando perfinonuove professioni, come il“Visual Jockey”, cioè l’espertonell’assemblare musica e for-me dinamiche in occasione diconcerti e in discoteche.Il libro, per questo incredibilecumulo di straordinarie espe-rienze ed annotazioni, sollecitanel lettore molte curiosità, chevengono via via soddisfatte nelprocedere della lettura.Inoltre, il volume, per rendereesplicito il discorso teorico, ècorredato di un eloquente Cd-rom con un test sinestetico e,tra l’altro, un “Capriccio spazia-le” (suono + oggetti acusmetri-ci) di affascinante, ipnotico in-teresse.

Francesco Rampichini,Acusmetria.

Il suono visibile,FrancoAngeli –

Serie di architettura - 2004,pagine 144, euro 16,50

40 ORDINE 4 2005

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