Anno Accademico 2015-2016
Piero Fiorino, Elettra Marone
Appunti di Lezione 2015/2016
Cenni sui fattori della produzione: clima, terreno, pianta
Cenni sui fattori della produzione:
clima, terreno, pianta
Appunti di Lezione 2015/2016
1. Maggiori quantità del prodotto voluto
(definizione agronomica)
2. Prodotto cercato con alcune particolari
caratteristiche di pregio,
indipendentemente dai costi (definizione
commerciale)
3. Prodotto definito al minor costo possibile
(definizione economica)
AMBIENTE VOCATO:
Appunti di Lezione 2015/2016
1. FATTORI AMBIENTALI (climatici e
pedologici)
2. CARATTERISTICHE GENETICHE
della specie coltivata
3. FATTORI TECNOLOGICI, derivanti
dall’azione dell’uomo
Nei disciplinari dei prodotti “tipici” concorrono:
Appunti di Lezione 2015/2016
Difetti sempre presenti nei vini
prodotti in una specifica zona
Una definizione corrente di “tipicità” potrebbe essere…!
Miravalle R.
Appunti di Lezione 2015/2016
CLIMA
(temperatura piovosità)
SPECIE
(genotipo)
Uomo
SUOLO
Le caratteristiche di una produzione vegetale sono
determinate dall’interazione di tre elementi:
Appunti di Lezione 2015/2016
La coltivazione di un vegetale si basa sulla razionale utilizzazione
delle risorse naturali (acqua, luce, suolo) operata da una pianta e
ottimizzata dall’intervento dell’uomo, che può correggere e
modificare i fattori limitanti dell’ambiente (fertilizzazione,
irrigazione), ridurre i fattori di stress (drenaggio, difesa
fitosanitaria) ed organizzare la raccolta del prodotto, la sua
conservazione e la sua trasformazione.
Appunti di Lezione 2015/2016
L’OTTIMIZZAZIONE della produzione
non implica soltanto un aumento della resa (prodotto
grezzo raccolto), ma anche un miglioramento della qualità,
misurata attraverso le caratteristiche materiali (valore
nutrizionale ed organolettico) e immateriali (provenienza,
modelli di produzione).
Appunti di Lezione 2015/2016
CLIMA
Appunti di Lezione 2015/2016
Il clima è la successione abituale dei
fenomeni meteorologici (considerati per un
lungo periodo di tempo) che caratterizzano
lo stato medio dell’atmosfera sulla regione
geografica considerata (in un punto o zona
della Terra).
IL CLIMA (definizione)
Appunti di Lezione 2015/2016
È determinato da “fattori” ed
è caratterizzato da
“elementi”, cioè i parametri
che indicano, in un certo
istante, per un luogo definito,
lo stato fisico dell’atmosfera.
Appunti di Lezione 2015/2016
I FATTORI DEL CLIMA
I FATTORI DEL CLIMA
FATTORI COSMICI:
Movimento di rivoluzione della terra
Eccentricità dell’orbita terrestre
Movimento di rotazione
Forma sferica della terra
Inclinazione dell’asse terrestre (incidenza dei raggi solari)
FATTORI GEOGRAFICI:
Circolazione atmosferica alle diverse scale
Distribuzione delle terre, dei mari e dei corpi idrici
Distanza dal mare
Correnti marine
Orientamento delle masse continentali e dei sistemi montuosi;
Rilievi ed esposizione topografica
Attività vulcanica
Appunti di Lezione 2015/2016
GLI ELEMENTI DEL CLIMA
GLI ELEMENTI DEL CLIMA
Radiazione solare
Temperatura dell’aria
Precipitazioni
Umidità dell’aria
Venti
Pressione atmosferica
Appunti di Lezione 2015/2016
LA DISTRIBUZIONE DEI
VEGETALI SULLA TERRA È
REGOLATA
PRINCIPALMENTE DALLA
DISTRIBUZIONE DELLE
PIOGGE E DALLA
TEMPERATURA.
A. IL CLIMA
Appunti di Lezione 2015/2016
Indice di DE MARTONNE:
IA = P/(T+10)
Dove:
IA = Indice di aridità;
P = precipitazioni medie annue (mm);
T = temperatura media annua (°C).
Appunti di Lezione 2015/2016
IA TIPO DI VEGETAZIONE
< 5 Deserto
5 – 15 ? Steppa circumdesertica
15 – 20 ? Prateria
20 – 30 Macchia
30 - 45 Foresta
Appunti di Lezione 2015/2016
L’indice di De Martonne, studiato per l’area
mediterranea, è largamente diffuso per la
valutazione di vaste aree del globo, mentre quello
ufficialmente accettato dalla FAO è:
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Indice di aridità UNEP
Appunti di Lezione 2015/2016
I = P/ET0
Dove:
I = Indice di aridità;
P = precipitazioni annue (mm);
ET0 = evapotraspirazione della coltura di riferimento (“potenziale”) annua (mm).
Ne deriva la seguente classificazione climatica:
CLIMA Indice UNEP
Umido > 0,65
Subumido-secco 0,65 – 0,5
Semiarido 0,5 – 0,2
Arido 0,2 – 0,05
Iperarido < 0,05
Con questo indice circa il
47% della superficie del
pianeta risulterebbe
caratterizzato da terre aride
o semiaride, perché considera
valori medi di pioggia ed ET
che sono del tutto irrealistici,
in quanto in realtà questi
valori fluttuano nel tempo.
Appunti di Lezione 2015/2016
EVAPOTRASPIRAZIONE
Per evapotraspirazione (ET) si intende la perdita d’acqua da parte
del terreno con copertura vegetale, attraverso i processi
contemporanei di evaporazione dalla superficie del suolo (E) e di
traspirazione da parte delle piante (T).
In questo indice la temperatura è stata sostituita dall’ET0
Appunti di Lezione 2015/2016
Il tasso di evapotraspirazione da una superficie di riferimento, in
condizioni di disponibilità idriche non limitate, è definito
evapotraspirazione della coltura di riferimento o “potenziale” e si
indica con ET0.
Il tasso di evapotraspirazione è normalmente espresso in
mm/unità di tempo.
Il tasso esprime l’ammontare di acqua perduta da una superficie
coltivata in unità di “altezza” di acqua. L’unità di tempo può essere
un’ora, un giorno, una decade, un mese, o anche un’intera stagione
di crescita oppure un anno.
Appunti di Lezione 2015/2016
Poiché un ettaro corrisponde ad una superficie di 10.000
m2 ed 1 mm è uguale a 0,001 m, una perdita di 1 mm di
acqua corrisponde ad una perdita di 10 m3 di acqua per
ettaro.
In altri termini, 1 mm d-1 equivale a 10 m3 ha-1 d-1.
RAPPORTO PIOVOSITA’/SUPERFICIE
Appunti di Lezione 2015/2016
La distribuzione dei vegetali sulla Terra
è regolata principalmente dalla
distribuzione delle piogge e dalla
temperatura.
Appunti di Lezione 2015/2016
Un metodo per fornire con immediatezza ed accettabile
capacità di previsione un quadro delle limitazioni climatiche
che possono influenzare le tecniche agricole è rappresentato
dal diagramma climatico di Bagnouls e Gaussen (1957).
Denominato anche “termoudogramma”, questo tipo di
diagramma climatico offre un quadro sintetico dei caratteri
termopluviometrici di una stazione.
DIAGRAMMA CLIMATICO DI
BAGNOULS E GAUSSEN
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Consiste nel tracciare un diagramma delle temperature e delle piovosità medie
mensili legando le rispettive scale in modo da evidenziare graficamente i
periodi di carenza idrica o di eccesso di piovosità in relazione alle temperature.
Tale diagramma è denominato anche “xerotermico” per queste sue prerogative.
In particolare, i valori delle precipitazioni sono riportati a scala doppia rispetto
a quelli delle temperature (1 °C = 2 mm), secondo la definizione di “aridità”
proposta da Gaussen (1963), per la quale si verificano condizioni di aridità
quando il rapporto p/t è inferiore a 2, cioè quando la quantità di precipitazioni
(in mm) assume un valore numerico inferiore al valore numerico pari al doppio
della temperatura corrispondente. In questo caso le curve si intersecano,
determinando un’area chiusa, la cui ampiezza è proporzionale al periodo di
aridità.
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Il diagramma climatico di Bagnouls e Gaussen fu modificato
successivamente da Walter e Lieth (1959-1966), in modo che per valori
mensili delle precipitazioni superiori a 100 mm, il periodo piovoso è
rappresentato con campitura in nero e a scala 10 volte più piccola di
quella adottata per le precipitazioni mensili minori di 100 mm. Gli
Autori hanno redatto un atlante mondiale dei climi, pubblicato in
edizioni successive dal 1960 al 1967 (Walter Heinrich und Lieth
Helmut, Klimadiagram Weltatlas, VEB Gustav Fischer Verlag, Jena,
1967).
Appunti di Lezione 2015/2016
Appunti di Lezione 2015/2016
Walter e Lieth hanno perfezionato le rappresentazioni grafiche
dei regimi termici e pluviometrici di Bagnouls e Gaussen.
Questi diagrammi danno un quadro sintetico dei caratteri
termopluviometrici relativi alle diverse stazioni di
registrazione. I diagrammi (vedi figura) riportano sull'ascissa i
mesi dell'anno e sull'ordinata le precipitazioni e le temperature
relative. I valori delle temperature sono riportati a scala
doppia rispetto a quelli di precipitazioni (1°C = 2 mm). Così
elaborati, i diagrammi consentono il confronto grafico fra il
regime termico e quello pluviometrico annuale. Secondo
Gaussen quando la curva delle precipitazioni scende sotto
quella della temperature (P < 2t) il periodo interessato deve
considerarsi secco.
Quando i valori mensili delle precipitazioni superano i 100
mm il periodo piovoso viene rappresentato, oltre questo
valore, in nero e a scala dieci volte più piccola di quella
precedentemente adottata per le precipitazioni mensili minori
di 100 mm.
Da sinistra a destra e dall'alto in basso sono riportati nel
diagramma di Walter e Lieth i seguenti dati:
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In ascissa nel diagramma vengono riportati i mesi dell’anno, incominciando da gennaio per l’emisfero Nord,
e da luglio per l’emisfero Sud. In questo modo al centro del grafico cadono sempre i mesi estivi.
Quando la curva delle precipitazioni supera quella delle temperature, si tracciano delle linee verticali (ogni 2
mm), ad indicare la stazione umida.
Un’altra variabile importante è rappresentata dalle gelate. Quando la temperatura media mensile è inferiore a
0 °C, si inserisce una barra orizzontale per indicare gelate sicure.
In alcuni casi si inserisce anche una barra di un altro colore o trama per indicare i mesi di gelate probabili e i
mesi liberi da gelate.
1 . Paese - Nome, coordinate geografiche (latitudine e
longitudine) e altitudine della stazione sul livello del mare
2. Durata del periodo di osservazioni (anni) rispettivamente per
la temperatura e le precipitazioni
3. Media annuale di temperatura (°C) e precipitazioni (mm)
4. Curva delle temperature (rosso)
5. Curva delle precipitazioni (blu)
6. Indicazioni dei periodi delle gelate (periodi di gelate sicure,
probabili e liberi da gelate)
7. Media delle temperature massime del mese più caldo
8. Media delle temperature minime del mese più freddo
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Appunti di Lezione 2015/2016
La maggior parte dei terreni coltivati
ricade nella fascia “calda” del
pianeta; ad accentuare le differenze
quantitative tra le produzioni vegetali
tropicali e temperate si aggiunge
anche il fatto che, nell’emisfero
australe, gran parte del globo
compresa tra i 30-35° ed i 50-55°
latitudine è molto ridotta proprio per
la mancanza di terre emerse (solo
Sud America con Cile ed Argentina).
ZONA EQUATORIALE
O INTERTROPICALE:
0-15° N-S
ZONA TROPICALE:
15-30° N-S
ZONA
SUBTROPICALE: ~30°
N-S
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RUOLO DELLE TEMPERATURE
Nella parte precedente si è visto come la crescita delle piante
sia regolata dal rapporto precipitazioni/temperature, mettendo
in luce il vero FATTORE LIMITANTE della crescita delle
piante, che è la DISPONIBILITÀ IDRICA; la pianta può
essere vista come una struttura la cui matrice è immersa
nell’acqua, ed isolata dall’atmosfera mediante difese
impenetrabili (idrofobe) quali cere e cuticole.
Appunti di Lezione 2015/2016
L’acqua non è soltanto indispensabile sorgente di idrogeno per la
FOTOSINTESI, ma è anche il vettore utilizzato dal vegetale per il
TRASPORTO degli elementi minerali dalle radici agli apici vegetativi,
per la distribuzione dei fotosintati e per il RAFFREDDAMENTO dei
tessuti che, esposti alla luce solare, potrebbero rapidamente raggiungere
temperature letali.
Questo processo di raffreddamento è un vero e proprio processo di
evaporazione, che consente alle foglie di abbassare la propria
temperatura anche di una decina di °C.
Appunti di Lezione 2015/2016
La risposta delle piante alle temperature è molto complessa, potendo le
piante regolare la quantità di crescita, la produzione di metaboliti, la
formazione ed organizzazione di strutture cellulari in grado di superare
stress termici (resistenza al freddo), o potendo indirizzare la crescita
verso formazione di meristemi vegetativi o riproduttivi.
RUOLO DELLE TEMPERATURE
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-196 °C t di conservazione delle cellule embriogenetiche
o degli embrioni
-38 °C limite della t di sovraffusione
0 °C congelamento dell’acqua
6-7 °C esigenza termica necessaria per il superamento
del fabbisogno in freddo
6-8 °C danni da raffreddamento in specie equatoriali
8 °C t media del mese più freddo per la coltivazione
delle specie subtropicali
10 °C circa t di germinazione Graminacee
10-11 °C t critica specie legnose
15 °C soglia inferiore minima utile per la crescita delle
specie tropicali
> 24 °C riduzione dell’induzione antogena e
rinverdimento dei frutti nell’arancio
25-30 °C t ottimali di crescita C3
40>t>30 °C t ottimali di crescita C4
> 38 °C (appross.) caduta fotosintesi
> 45 °C (appross.) inizio danni in foglie
Appunti di Lezione 2015/2016
Partendo da un fenomeno naturale, e che è facilmente osservabile, come la
“crescita” di un ramo a primavera, si osserva che esiste una risposta di tipo
quantitativo all’aumentare delle temperature.
Però se si considerano specie diverse, ugualmente ci si rende conto che queste
possono rispondere in modo diverso alla stessa temperatura. Le erbe dei prati sono
le prime a diventare verdi, anche quando le temperature sono vicine a 0 °C,
mentre piante sempreverdi come l’alloro e l’olivo hanno bisogno di temperature
più elevate per poter cominciare a crescere.
RUOLO DELLE TEMPERATURE
Appunti di Lezione 2015/2016
Efficienza metabolica dell’olivo in funzione della temperatura Eff
icie
nza
meta
bolic
a (
O2 c
onsu
mato
)
10 - 12 °C
-2 - 0 °C
20-22 °C 30-32 °C
44 - 50 °C
Temperature (°C)
Una misura dell’effetto delle temperature sull’attività cellulare è data dal consumo di
ossigeno misurato in tessuti sottoposti a temperature diverse.
(-2) 0 10 20 30 40 -10
(Figura modificata da: Mancuso, 2000) Appunti di Lezione 2015/2016
Questo fenomeno è dovuto alla diversa sensibilità e capacità delle piante di
rispondere ad una stessa temperatura, e per ogni specie è possibile individuare una
temperatura “soglia” che segna molto nettamente il limite al disopra del quale
l’azione delle t è forte, determinando un’intensa attività metabolica, ed al disotto
del quale il metabolismo rallenta.
In olivo, misurando l’attività metabolica attraverso il consumo di ossigeno, è stato
possibile determinare l’effetto di t crescenti (da -2 a 50 °C), ed identificare la t
critica, cioè quel valore di t che segna il momento in cui i processi metabolici
vengono modificati (10-12 °C).
RUOLO DELLE TEMPERATURE
Appunti di Lezione 2015/2016
Dal grafico si ricavano alcune informazioni fondamentali sull’effetto delle
temperature sul metabolismo di una pianta, che sarà successivamente meglio
valutata per l’uso dei suoi prodotti: l’olivo.
Intorno ai 10 °C la curva che indica il consumo di ossigeno si innalza bruscamente,
e questo consumo rimane elevato fino a valori di 30-32 °C; queste due
temperature soglia indicano non solo l’arco di t entro le quali la pianta trova le
condizioni ottimali di crescita, ma anche due cambiamenti metabolici.
RUOLO DELLE TEMPERATURE
Appunti di Lezione 2015/2016
- il primo punto di flesso (10-12 °C) (t critica) segnala che i processi
vengono fortemente accelerati al superamento della soglia, mentre
sono fortemente rallentati con temperature più basse;
- il secondo punto di flesso (30-32 °C) indica il superamento della t
ottimale di crescita, ed è segnalato da una lenta ma costante
diminuzione del consumo di ossigeno;
- la temperatura letale in olivo supera i 50 °C.
RUOLO DELLE TEMPERATURE
Appunti di Lezione 2015/2016
L’influenza della temperatura e l’importanza della
sua ciclicità stagionale è resa evidente da un
fenomeno naturale tipico dei semi e delle gemme
delle specie arboree delle zone temperate o fredde,
che viene definito “dormienza”, poiché in questa
fase i semi non germinano e le gemme non
schiudono e non danno origine ai germogli.
LE TEMPERATURE ED IL CONTROLLO DELLA DORMIENZA
Appunti di Lezione 2015/2016
La natura del fenomeno non è stata ancora
identificata, e sembra rispondere a dei ritmi
che sono endogeni nel loro determinismo, ma
che diventano dipendenti dall’ambiente
perché la crescita possa essere ripristinata.
LE TEMPERATURE ED IL CONTROLLO DELLA DORMIENZA
Appunti di Lezione 2015/2016
In particolare, nelle specie legnose da frutto delle zone
temperate, le gemme di un ramo in accrescimento entrano
autonomamente nella fase di dormienza (cioè non
schiudono nemmeno se staccate dalla pianta), e devono
passare un periodo più o meno lungo a seconda delle
specie e delle cultivar, a “basse” temperature delle quali la
più efficace è quella di circa 7 °C.
LE TEMPERATURE ED IL CONTROLLO DELLA DORMIENZA
Appunti di Lezione 2015/2016
La mancanza di “freddo” rende impossibile la
successiva schiusura della gemma che, in un breve
periodo di tempo, dissecca ed abscinde, quando le
temperature iniziano ad aumentare.
LE TEMPERATURE ED IL CONTROLLO DELLA DORMIENZA
Appunti di Lezione 2015/2016
Questo fenomeno rende impossibile o molto
difficoltosa la coltivazione di specie di zone
temperate (melo, pesco, vite) nelle zone tropicali o
equatoriali del pianeta, dove il “fabbisogno in
freddo” non può essere naturalmente soddisfatto.
LE TEMPERATURE ED IL CONTROLLO DELLA DORMIENZA
Appunti di Lezione 2015/2016
La misura del fabbisogno in freddo ormai convenzionalmente utilizzata
per tutte le specie è l’UNITA’ DI FREDDO (CHILL UNIT), che è
rappresentata da un’ora a 7 °C di temperatura,
tenendo conto che allontanamenti dalla t ottimale di 7 °C sia in eccesso
che in difetto diminuiscono l’efficacia del trattamento secondo lo schema
illustrato nella figura.
LE TEMPERATURE ED IL CONTROLLO DELLA DORMIENZA
Appunti di Lezione 2015/2016
In questo modo si può avere 1 CU trascorrendo 1 ora
a 7 °C oppure 2 ore a 11 °C, oppure 2 ore a 4 °C.
LE TEMPERATURE ED IL CONTROLLO DELLA DORMIENZA
Appunti di Lezione 2015/2016
Per le specie che possono presentare gemme a fiore (gemme destinate alla esclusiva
formazione di organi fiorali) e gemme a legno (dedicate alla esclusiva formazione di germogli
vegetativi, come accade nel pesco), le esigenze in freddo possono essere differenziate, e le
gemme a fiore si presentano più esigenti in freddo di quelle a legno, cioè portando una
determinata varietà di pesco in zone dove il decorso dell’autunno e dell’inverno sono
relativamente miti, spesso al limite con il fabbisogno calcolato per la cv scelta per la piantagione,
nella primavera successiva è più elevata e contemporanea la schiusura delle gemme a legno,
mentre la schiusura delle gemme a fiore può essere assente, sporadica o, comunque, ritardata nel
tempo, cioè il periodo di fioritura invece di durare 7-10 giorni si protrae lungo l’arco di 8-10
settimane.
LE TEMPERATURE ED IL CONTROLLO DELLA DORMIENZA
Appunti di Lezione 2015/2016
FASI DELLA DORMIENZA
Appunti di Lezione 2015/2016
In genere sfugge all’attenzione che le temperature che si
verificano durante la crescita dei diversi organi e tessuti
possono influenzare le caratteristiche qualitative delle
produzioni, attraverso delle modifiche indotte nella sintesi
dei metaboliti che poi saranno utilizzati nella
alimentazione, come nel caso dell’olio di oliva.
TEMPERATURE E CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO (QUALITA’)
Appunti di Lezione 2015/2016
At the left, the year 2005, the coolest; at right, practically superposed, the years 2003,
the warmest, and the 2001, with the longer growing season.
Sommatorie termiche (GDD)
Acid
o o
leic
o (
C 1
8:1
)
1000 1100 1200 1300 1400 1500 1600
52
62
72
82
92
Growing degree days (GDD)
Ole
ic a
cid
(C
18:1
) (%
)
2005 2003
2001
RELATIONSHIPS BETWEEN % OF OLEIC ACID IN THE OILS OF DIFFERENT CVS AND TEMPERATURE TREND,
MEASURED AS THERMAL SUM EXPRESSED AS GROWING DEGREE DAYS (GGD).
SINGLE SINE METHOD WITH INFERIOR THRESHOLD AT 10 °C.
IL FRUTTO DELL’OLIVO
Appunti di Lezione 2015/2016
TEMPERATURE E CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO (QUALITA’)
La formazione degli acidi grassi che compongono i trigliceridi
nell’olio di oliva è influenzata dalle temperature estive e dell’inizio
dell’autunno, attraverso la sintesi di catene C:18, prevalentemente
sature e polinsature, a scapito della catena C:18 monoinsatura
dell’acido oleico.
Questo fenomeno è misurato attraverso la variazione dei
GDH accumulati durante il periodo di crescita e maturazione
dei frutti, ed il valore % di acido oleico (acido grasso C:18
monoinsaturo) reperibile nell’olio.
Appunti di Lezione 2015/2016
TEMPERATURE E CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO (QUALITA’)
Questo fenomeno può essere considerato anche un indicatore
generale della possibilità o delle differenze delle caratteristiche
qualitative che possono insorgere con la variazione degli
areali di coltivazione di questa specie, poiché spostando le
piantagioni nelle zone calde si otterranno oli nei quali la
composizione dei trigliceridi potrà essere spostata, secondo le cv,
verso alti tenori di acido palmitico e linoleico.
Appunti di Lezione 2015/2016
Distribuzione di glucosidi cianogenetici in popolazioni di trifoglio bianco (Trifolium repens L.)
in funzione delle temperature medie di gennaio
Figura tratta da: Fabbri, Produzioni vegetali, Calderini, 2001 Appunti di Lezione 2015/2016
TEMPERATURE E CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO (QUALITA’)
Nella figura è illustrata la distribuzione di glucosidi
cianogenetici in trifoglio bianco, misurata in relazione alle
temperature medie del mese di gennaio.
Si può notare che il contenuto di questi composti diminuisce
con il diminuire della temperatura.
Un elevato contenuto in glucosidi cianogenetici aumenta le
difese naturali dei semi di questa specie proteggendoli dai
predatori.
Appunti di Lezione 2015/2016
TEMPERATURE VARIABILI E CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO (QUALITA’)
L’influenza della temperatura di solito è legata alla t media giornaliera,
ma per alcuni effetti è importante anche l’oscillazione
tra la t massima e la t minima, che può dare risultati diversi anche se la
stessa specie è coltivata in ambienti a t media costante.
Sono noti anche gli effetti determinati dalle variazioni di temperatura che
si possono verificare tra giorno e notte, di solito frequenti in ambienti a
ridotta copertura nuvolosa o nel caso di coltivazioni in altitudine.
Appunti di Lezione 2015/2016
TEMPERATURE VARIABILI E CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO (QUALITA’)
In questo modo il caffè (Coffea arabica) coltivato in
altitudine, anche in zone equatoriali, acquisisce gusti
e profumi particolari, ed i vini bianchi migliorano
sensibilmente il bouquet se i vitigni vengono coltivati
in zone a forte escursione termica tra giorno e notte
durante le ultime fasi della maturazione.
Appunti di Lezione 2015/2016
IRRAGGIAMENTO
Appunti di Lezione 2015/2016
I processi fotosintetici sono
alla base della vita, ma le
piante in genere utilizzano la
luce per meno del 2% della
quantità di radiazione solare
che arriva sulla superficie
delle foglie.
IRRAGGIAMENTO da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988
Appunti di Lezione 2015/2016
L’irraggiamento è molto differenziato nelle
diverse regioni del globo, ed è legato:
- alla stagione: l’asse della Terra è inclinato di
circa 23 ° sul piano dell’eclittica; questo
determina annualmente dei massimi e dei
minimi nella quantità di radiazione in arrivo,
opposti nei due emisferi;
- alla latitudine ;
- alla presenza di coperture nuvolose: sulla
fascia equatoriale i giorni di cielo coperto sono
più frequenti dei giorni sereni, mentre le due
fasce subequatoriali, a clima arido, sono
pressoché integralmente prive di nubi e quindi
più soleggiate.
IRRAGGIAMENTO
kcal cm-2
kcal cm-2
Appunti di Lezione 2015/2016
IRRAGGIAMENTO
La luce che arriva alle piante è in parte luce “diretta” e in parte
“diffusa”, ambedue ugualmente attive nei processi fotosintetici; come
indicato dalla figura una gran parte dell’energia luminosa viene riflessa
dalle nubi o dal suolo, un’altra parte importante viene assorbita e
ridistribuita come luce “diffusa” e, dell’energia totale proveniente dal
sole, solo 1/5 arriva alla superficie del suolo come radiazione “diretta”.
Nel clima mediterraneo, durante il periodo estivo ed autunnale, la luce
“diretta” è la componente principale della radiazione che illumina la
chioma delle piante, ma spostandosi verso il Nord dell’Europa, tra la fine
dell’estate e l’inizio dell’autunno l’apporto della luce “diffusa” diventa
prevalente.
Appunti di Lezione 2015/2016
IRRAGGIAMENTO
Questo non determina particolari anomalie nei processi di maturazione dei frutti, ma ne
influenza negativamente la pigmentazione, soprattutto per l’elevata componente
“rossa” nei confronti delle bande “blu” e “violetto” nella luce diffusa.
La componente “rossa” infatti risulta ininfluente ai fini della formazione dei pigmenti
durante la maturazione, per cui i frutti che crescono in ambienti con prevalenza di questa
componente della radiazione tendono a rimanere verdi, ed arrivano al consumo poco
pigmentati.
Le componenti “blu” e “violetta”, invece, esaltano i processi che portano alla formazione
di nuovi pigmenti durante l’ultima fase di maturazione.
Appunti di Lezione 2015/2016
Della radiazione solare solo una piccola quantità (finestra del visibile e
parte del vicino infrarosso e del vicino ultravioletto, quest’ultimo presente
quando si lavora in altitudine) è utilizzata per la fotosintesi (il processo
attraverso il quale le piante convertono l’energia solare in energia di
legame chimico mediante la sintesi di carboidrati), con dei picchi di
massima efficienza nel blu e nel rosso, ed un abbassamento nel verde.
Questa frazione di luce è definita PAR (radiazione fotosinteticamente
attiva).
Appunti di Lezione 2015/2016
IRRAGGIAMENTO
L’effetto delle diverse lunghezze d’onda non è irrilevante su alcune
caratteristiche qualitative delle produzioni, poiché possono influenzare
direttamente la sintesi di pigmenti nei frutti per il consumo fresco.
La coltivazione in altitudine, per la maggior presenza di radiazione blu ed
ultravioletta, garantisce una migliore pigmentazione dei frutti “rossi”
(mele, ciliegie, susine, albicocche, fragole) che possono arrivare sui
mercati più precocemente e con una colorazione che rappresenta il primo
fattore di valutazione del consumatore.
Appunti di Lezione 2015/2016
IRRAGGIAMENTO
LA DISTRIBUZIONE DELLA LUCE SULLA CHIOMA DI UNA PIANTA ARBOREA
Le foglie che nascono nelle posizioni più interne, risultano così incapaci di sostenere la crescita, e non
contribuiscono alla produzione di frutti o alla costituzione di nuovi organi (radici, germogli).
Per molte specie è stato calcolato un particolare indice (LAI, Leaf Area Index) che stabilisce il
rapporto ottimale tra la superficie fogliare sviluppata da una chioma e la superficie della sua proiezione sul
suolo.
La forma di allevamento delle piante influenza l’uso
della luce; una forma a “globo” (a dx nella diapositiva),
che rappresenta il modo naturale di crescere di molte
specie arboree, determina un progressivo abbassamento
dell’intensità luminosa procedendo dall’esterno della
chioma verso l’interno, dove per effetto dei rami e delle
foglie solo una piccola frazione della luce riesce a
penetrare.
Figura da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988
Appunti di Lezione 2015/2016
LA DISTRIBUZIONE DELLA LUCE SULLA CHIOMA DI UNA PIANTA ARBOREA
Per migliorare l’efficienza della chioma, sono state messe a punto delle forme di allevamento
specifiche, che hanno lo scopo di far sviluppare la pianta prevalentemente su 2 dimensioni (altezza e
larghezza) (a sx nella figura), in modo da presentare, a parità di volume, una grande superficie di chioma in
grado di intercettare in modo molto efficiente la luce.
In questa situazione, l’indice LAI perde un po’ della sua importanza, mentre nello studio di queste forme di
allevamento diviene importante il rapporto superficie/volume, e quindi lo stesso modellamento della forma
(un parallelepipedo presenta un rapporto superficie/volume superiore al globo a parità di volume).
Per esemplificare, per l’olivo (specie a chioma rada) il
LAI dovrebbe oscillare intorno al valore di 1,5, mentre
nel melo, specie a chioma densa, può salire fino a
valori di 3-3,5, senza che gli equilibri vegeto-produttivi
ne risentano.
Figura da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988
Appunti di Lezione 2015/2016
Limitazioni nella conveniente utilizzazione della luce rappresentano
oggi uno dei fattori limitanti per l’incremento delle produzioni , ma
anche la distribuzione dei frutti nelle zone meglio illuminate, o anche
la creazione di forme che permettono una adeguata illuminazione di
tutta la chioma compreso il suo interno, hanno un notevole effetto
sulle caratteristiche qualitative del prodotto.
LE TECNICHE AGRONOMICHE E L’USO DELLA LUCE
Appunti di Lezione 2015/2016
Il frutto, in modo generalizzato, si presenta più
zuccherino o ricco di sostanze di riserva e pigmentato
quando viene portato in prossimità della superficie
della pianta. Per alcune specie (vite) sono anche messe
in atto specifiche operazioni di potatura
(sfemminellatura, defogliazione) volte a migliorare la
qualità del prodotto attraverso una migliore
illuminazione.
LE TECNICHE AGRONOMICHE E L’USO DELLA LUCE
Appunti di Lezione 2015/2016
L’acqua, la luce e la temperatura sono essenziali per la crescita e la produzione,
ma carenze o eccessi di ognuno di questi elementi possono determinare danno o
morte dei vegetali (stress abiotici).
Nella figura sono indicati i principali fattori climatici che possono determinare
danno (stress). Appunti di Lezione 2015/2016
I principali fattori climatici sono stati esaminati in
funzione del loro effetto sulla crescita delle piante,
produttività e qualità delle produzioni vegetali, mentre
la trattazione di altri eventi climatici, quali vento e
grandine, che hanno effetti diretti sulla produzione
agendo piuttosto come fattori di danno, esula dagli
scopi di questo corso.
ALTRI EVENTI CLIMATICI
Appunti di Lezione 2015/2016
Il SUOLO o TERRENO è un corpo naturale prodotto dalle interazioni
della litosfera (rocce) con l’irraggiamento solare, l’idrosfera (acqua con
ciò che vi è disciolto), l’atmosfera (soprattutto ossigeno, anidride
carbonica, azoto) e la biosfera (che comprende l’uomo con le sue
necessità, gli animali e le piante di ogni ordine, macro, meso, micro
flora/fauna).
B. IL SUOLO
(Ramunni, A.U., 1983)
Definizione
Appunti di Lezione 2015/2016
Il suolo è un sistema trifasico, comprendente:
- FASE SOLIDA
- FASE LIQUIDA o SOLUZIONE CIRCOLANTE
- FASE GASSOSA o ARIA TELLURICA
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Figura da: Fierotti, I suoli della Sicilia, Dario Flaccovio Editore, 1997
- La FASE SOLIDA (40-60% in volume nei terreni
agrari), costituita per la maggior parte di sostanze
minerali (soprattutto silicati più o meno finemente
suddivisi) e per una piccola parte (1-3% in peso nei
terreni agrari) di sostanza organica.
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- La FASE LIQUIDA o SOLUZIONE CIRCOLANTE è costituita da acqua, che
porta disciolti ioni e molecole organiche o minerali e gas. La quantità di
soluzione circolante presente nel suolo è molto variabile (dopo piogge o
irrigazioni, per esempio, è maggiore); essa è in continuo rapporto di scambio
con la MATRICE, ovvero la fase solida, con la flora microbica e con le piante,
attraverso l’apparato radicale. La fase liquida può rappresentare dal 60 al 40%
del volume del suolo, raggiungendo il massimo dopo piogge o irrigazioni, e
diminuendo per percolamento o evaporazione fino ai limiti minimi (aridità).
Appunti di Lezione 2015/2016
- La FASE GASSOSA è anch’essa presente in quantità variabile: è
quasi assente dopo un acquazzone, raggiunge il 40-50% quando il
terreno è quasi secco. E’ detta anche ARIA TELLURICA, per
distinguerla dall’aria atmosferica: esse infatti presentano le stesse
componenti in diversa concentrazione; rispetto all’aria atmosferica
la tellurica presenta meno ossigeno e più anidride carbonica; è in
stretti rapporti con l’acqua (vi si scioglie), con la fase minerale e con
la biosfera.
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Il SUOLO è caratterizzato attraverso i parametri
della TESSITURA e della STRUTTURA.
TESSITURA E STRUTTURA DEL SUOLO
Appunti di Lezione 2015/2016
Si intende per TESSITURA o GRANULOMETRIA la distribuzione percentuale
delle particelle del suolo in classi di grandezze definite in modo diverso secondo le
varie convenzioni.
TESSITURA O GRANULOMETRIA DEL SUOLO
Ramunni A.U., 1983
Appunti di Lezione 2015/2016
Si intende per STRUTTURA del suolo la disposizione delle
particelle singole e/o degli aggregati gli uni rispetto agli
altri con formazione di complessi strutturali diversi per
forma, dimensioni e per numero e grandezza dei pori.
STRUTTURA DEL SUOLO
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Tessitura e struttura determinano la
PORTANZA di un suolo, cioè la capacità che
ha il terreno di sopportare la pressione esercitata
dal movimento di macchine o animali sulla sua
superficie. Un terreno ad elevato contenuto in
sabbia, o un terreno ben strutturato, quindi con
aggregazioni (micelle) di grandi dimensioni
presenta una buona portanza, e quindi sopporta il
transito di mezzi o animali anche in condizioni di
elevata umidità del suolo. Viceversa, un terreno ad
elevato contenuto di argilla e limo, mal strutturato,
povero di sostanza organica, non offre praticamente
nessuna resistenza quando viene sottoposto alla
pressione dovuta al transito di animali o mezzi
meccanici.
Appunti di Lezione 2015/2016
Il PROFILO è una sezione verticale delimitata
superiormente dall’atmosfera ed inferiormente
dalla roccia inalterata. Esso include gli orizzonti
genetici sia minerali che organici, ed il substrato
pedogenetico.
Gli orizzonti genetici sono gli strati di suolo più o
meno paralleli alla superficie, il cui spessore
mediamente varia da pochi centimetri a qualche
decimetro. Essi differiscono tra loro nella
morfologia, composizione e consistenza.
PROFILO DEL SUOLO
Appunti di Lezione 2015/2016
Fierotti, I suoli della Sicilia, Dario Flaccovio Editore, 1997
ANALISI PEDOLOGICHE –PROFILI
Appunti di Lezione 2015/2016
I parametri agronomici (fisico-chimici) caratterizzanti il terreno sono :
Il pH e la CAPACITA’ DI SCAMBIO CATIONICO (C.S.C.)
Un terreno agrario può avere oscillazioni di pH comprese tra 4,5 ed 8,0;
le diverse specie possono adattarsi a valori di pH molto diversi e definiti
per specie o generi; ad esempio, il mirtillo gigante americano può vivere
solo a pH molto acido (< 5,5), mentre l’olivo cresce bene a pH > 7,0.
Le due specie non potrebbero sopravvivere in condizioni di suolo
“invertite”.
pH e CAPACITA’ DI SCAMBIO CATIONICO
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Le cariche negative superficiali dei colloidi del suolo
possono essere neutralizzate da cationi, che possono essere
più o meno facilmente “scambiati” con quelli presenti nelle
soluzioni circolanti.
Tale proprietà si misura attraverso la CAPACITA’ DI
SCAMBIO CATIONICO (C.S.C.), espressa in meq per 100
g di suolo.
pH e CAPACITA’ DI SCAMBIO CATIONICO
Appunti di Lezione 2015/2016
La C.S.C. esprime la capacità di un suolo di
accumulare o trattenere cariche ioniche nella sua
matrice, o cederli nelle soluzioni circolanti, in
altre parole, di accumulare o ridistribuire
elementi minerali o le molecole indispensabili
per la crescita dei vegetali.
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Valori di C.S.C. < 5 (meq/100 g di sostanza secca) indicano
che il terreno non ha sostanzialmente capacità di sostenere
una crescita continua e gli apporti per la crescita delle
piante debbono essere somministrati continuativamente ed
in piccole quantità, mentre valori di C.S.C. > 40 sono
caratteristici di terreni molto fertili, ben strutturati, ed in
grado di poter utilmente “incorporare” importanti
quantità di fertilizzanti che possono essere rilasciati dal
suolo durante lunghi intervalli di tempo.
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