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PO 76 Seidenari Distacco2

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Distacoo di retina
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1 ANNO 7, NUMERO 76, APRILE 2013 Newsletter per l’aggiornamento e la formazione professionale continua degli oculisti Corso accreditato presso il Ministero della Salute con il codice N. 5-50473 DISTACCO DI RETINA II Dr. Mauro Cassinerio ANNO SETTIMO, NUMERO 76, APRILE 2013 RESPONSABILE SCIENTIFICO PROFESSIONE OCULISTA PERCORSO FORMATIVO PROFESSIONE OCULISTA 2013 800 198 966 www.professioneoculista.it
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ANNO 7, NUMERO 76, APRILE 2013

Newsletter per l’aggiornamento e la formazione professionale

continua degli oculisti

Corso accreditato presso il Ministero

della Salute con il codice N. 5-50473

DISTACCO DI RETINA II

Dr. Mauro Cassinerio

ANNO SETTIMO, NUMERO 76, APRILE 2013

RESPONSABILE SCIENTIFICO PROFESSIONE OCULISTA

PERCORSO FORMATIVO PROFESSIONE OCULISTA 2013

800 198 966

www.professioneoculista.it

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ANNO 7, NUMERO 76, APRILE 2013

DISTACCO DI RETINA II

Dr. Patrizio Seidenari - Direttore della II Divisione di Oculistica - Ospedale Fatebenefratelli Oftalmico, Milano

C ome già specificato, questa serie di lezioni è indirizzata a chirurghi non esperti nella chirurgia vitreoretinica che intendono iniziare ad operare distacchi di retina utilizzando una tecnica episclerale. Nella

prima lezione (che si consiglia di rileggere dall’archivio 2012), avevo descritto il metodo più semplice per iniziare ad operare con chirurgia episclerale i distacchi di retina più facili, cioè con una rottura a ferro di cavallo singola, utilizzando la tecnica di Lincoff, che consiste in un’indentazione sclerale localizzata con spugna di silicone radiale e che non prevede la puntura evacuativa del liquido sottoretinico. Tale tecnica ha il vantaggio di essere completamente extra bulbare e di permettere di evitare, appunto, le complicazioni legate alla puntura evacuativa che possono essere anche molto gravi: purtroppo è utilizzabile soprattutto in distacchi con rotture poco sollevate rispetto al piano coroideale ed è in genere di difficile esecuzione in caso di rotture multiple, specie se ravvicinate. Come fare a continuare quindi, dopo aver acquisito una buona sicurezza nella tecnica di Lincoff, per poter affrontare distacchi di retina di maggior difficoltà e quali tipi di distacco scegliere ? Per poter intervenire su distacchi di retina di maggiore difficoltà, specie se bollosi, sempre volendo utilizzare una chirurgia episclerale, è necessario ricorrere ad una tecnica chirurgica più complessa che comprende la puntura evacuativa, l’iniezione di aria in camera vitrea, il cerchiaggio e le indentazioni parallele al limbus. Questi nuovi passaggi chirurgici vanno però introdotti gradualmente, tralasciando all’inizio i distacchi da rotture a ferro di cavallo e facendo pratica con distacchi con vitreo sano, quali quelli da fori atrofici (così detti retinogeni) e quelli da dialisi periferiche (Tab.1 e vedi

lezione 62 del 2012). Quando si è infine padroni di questi ulteriori passaggi chirurgici, è possibile occuparsi anche dei distacchi da rotture a ferro di cavallo in cui è necessario eseguire una puntura evacuativa, cioè quando la retina è molto sollevata in corrispondenza della rottura retinica.

Distacco da fori atrofici (retinogeni) Dopo aver acquisito una buona sicurezza nel trattamento dei distacchi da rotture a ferro di cavallo singole con sollevamento limitato in corrispondenza della rottura retinica, operabili quindi con la tecnica di Lincoff, cioè senza puntura evacuativa, il tipo di distacco successivo da affrontare è quello da fori atrofici (cosiddetto retinogeno). In questo caso le rotture retiniche non sono provocate da trazione vitreale in sede di aderenze vitreo retiniche (e quindi a forma di ferro di cavallo con lembo in trazione attaccato al vitreo), bensì sono legate a degenerazione retinica (e quindi sono fori rotondi). Questi distacchi sono a lenta evoluzione e vengono spesso diagnosticati solo quando si estendono fino alla regione maculare. Spesso vengono scambiati per schisi perché la retina diventa molto sottile e sono quasi stazionari. La diagnosi viene posta quando si repertano appunto i fori retinici; sovente sono presenti

Tabella 1 - DIFFICOLTA CHIRURGICA IN BASE AL TIPO DI ROTTURA

La difficoltà chirurgica aumenta andando dall'alto in basso

ROTTURE A FERRO DI CAVALLO con retina poco sollevata in corrispondenza della rottura

FORI ATROFICI

DIALISI

ROTTURE A FERRO DI CAVALLO con retina molto sollevata in corrispondenza della rottura

ROTTURE GIGANTI

ROTTURE POSTERIORI

Figura 1 - Distacco da fori atrofici

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pigmentazione da autosbarramento ai bordi del distacco e tralci cicatriziali sottoretinici. Questo tipo di distacco è facile perché il vitreo è sano, non vi è trazione retinica e le rotture non hanno tendenza a fare delle bocche di pesce. Per tale motivo può essere riparato anche con dei piombaggi paralleli al limbus e rimane un distacco facile anche in presenza di rotture multiple. Dato che il vitreo è sano, questo offre un’ottima controspinta all’indentazione. Questi distacchi devono quindi essere operati con una tecnica episclerale mentre è assolutamente controindicata la vitrectomia (soggetti giovani con tendenza alla pvr e cristallino trasparente). Anche la tecnica di Lincoff è però quasi sempre controindicata in questi casi perché il liquido sottoretinico, long standing e quindi molto denso, tende ad assorbirsi con difficoltà, a permanere e ad impedire la chiusura delle rotture retiniche. È quindi quasi sempre indispensabile la puntura evacuativa.

Tecnica chirurgica

Agli albori della chirurgia del distacco di retina questi distacchi venivano operati con successo unicamente con una puntura evacuativa e con un crio-trattamento (o una dia-termocoagulazione!) delle rotture: tutto poteva andare bene perché il vitreo è sano e non esercita alcuna trazione sulla retina. È comunque consigliabile e più sicuro mettere anche dei piombaggi.

La congiuntiva va aperta al limbus in modo localizzato o più esteso a seconda del numero e della posizione delle rotture retiniche, praticando dei tagli radiali (almeno due) abbastanza lunghi e scollando con forbici smusse fin oltre all’equatore. I muscoli retti vanno caricati su fili e stabilizzati con dei Klemmer. Si procede quindi con la crio delle rotture. In genere, trattandosi di fori rotondi, è sufficiente eseguire un solo spot per ogni rottura e di solito la retina non è tanto sollevata da non consentire il contatto con l’epitelio pigmentato quando si indenta la sclera. La localizzazione deve essere precisa come per le rotture a ferro di cavallo, ma è sufficiente un solo punto per ogni rottura. Se è presente un solo foro e si pensa di sistemare una spugna radiale, è sufficiente la precisione in senso meridionale, mentre se sono presenti più rotture ed è quindi necessario sistemare un piombaggio parallelo all’equatore, è fondamentale la precisione in senso antero posteriore (distanza dal limbus). Come per le rotture a ferro di cavallo, anche i fori atrofici sono posizionati nella maggior parte dei casi a circa 12 mm

dal limbus, cioè quasi all’equatore del bulbo oculare. Bisogna però aver cura di segnare tutte le rotture, perché la distanza dal limbus può essere diversa per ognuna di esse. Dopo aver segnato tutti i punti corrispondenti alle rotture sulla sclera, si rivaluta il piano dell’intervento: se è presente un solo foro, è sufficiente, come nel

caso dei distacchi più semplici con un’apertura local izza ta de lla congiuntiva, mettere un’indentazione radiale in corrispondenza della rottura, come già descritto nella lezione 62/2012. In questo caso i punti devono essere passati radialmente ad una distanza tra loro pari ad una volta e mezzo il diametro della spugna;

se vi sono più rotture non troppo distanti tra loro, si può fare un’indentazione con una spugna parallela al limbus di 5 mm di diametro. Come già detto, con i fori rotondi e senza trazione vitreale, è più difficile che si formino delle pieghe radiali sull’indentazione parallela e quindi, il fenomeno della bocca di pesce, a differenza di quanto succede invece con le rotture a ferro di cavallo. I passaggi dei punti sclerali devono essere paralleli al limbus, possibilmente abbastanza lunghi (> di 2 mm), uno anteriore e l’altro posteriore ed equidistanti dal segno sulla sclera corrispondente alla rotture retinica. La distanza tra loro deve essere pari a circa un po’ meno di una volta e mezzo il diametro della spugna o a circa 2 mm in più rispetto ad un espianto in silicone pieno;

se le rotture sono disposte in diversi quadranti, la cosa più semplice è mettere un cerchiaggio. Ovviamente il cerchiaggio deve coprire tutti i punti segnati sulla sclera, corrispondenti ai vari fori retinici. Se i fori retinici sono disposti a distanze differenti rispetto all’equatore, è necessario aumentare l’ampiezza dell’indentazione fissando sotto il cerchiaggio dei pezzi di rotaia di silicone, oppure usando una banda di cerchiaggio più ampia. Nel caso, il cerchiaggio va posto per primo: si fa passare la bandelletta sotto i retti e si lasciano i capi liberi nel quadrante ove non sono presenti rotture; i capi liberi possono essere uniti con una sleeve di silicone o semplicemente con un filo serrato intorno. Il cerchiaggio viene fissato alla sclera con dei punti a materasso paralleli al limbus al centro di ogni quadrante: la distanza tra i passaggi sclerali deve essere appena superiore alla larghezza della banda ed i nodi vanno serrati quanto basta da non consentire che il cerchiaggio si sposti anteriormente o posteriormente dalla posizione desiderata, ma in modo che possa scorrere liberamente quando viene messo in tensione. Il punto ovviamente non va messo ove si desideri poi mettere un’indentazione aggiuntiva. Infine si passano i punti per i segmenti di piombaggio paralleli al limbus.

Prima di eseguire la puntura evacuativa, sarebbe prudente sistemare provvisoriamente tutti gli espianti serrando i punti con un cappio (dopo aver eseguito una paracentesi per abbassare il tono) e controllare con l’oftalmoscopio che le indentazioni corrispondano correttamente alle rotture retiniche. In caso contrario bisogna spostare i punti e ricontrollare fino a che non sia tutto a posto. Se tutto è a posto, si rilasciano i nodi, si asportano gli espianti, si allenta il cerchiaggio (per evitare di eseguire l’evacuativa in ipertono e per consentire una completa distensione retinica) e si procede con la puntura evacuativa. L’evacuativa deve essere eseguita in un punto ove il liquido sottoretinico è abbondante. Dato che il vitreo è formato e non vi è pericolo di ricircolo di liquido dalla cavità vitreale nello spazio sottoretinico e dato che i fori sono piccoli e quindi non vi è pericolo che il vitreo possa affacciarsi

Tabella 2 – Tecnica chirurgica dei distacchi

da fori atrofici

Apertura congiuntiva

Caricamento retti

Crio rotture (un solo spot per rottura)

Localizzazione (un solo punto per rottura)

Indentazione radiale se una sola rottura, parallela se gruppo di rotture, cerchiaggio se rotture sparse

Evacuazione completa del liquido sottoretinico

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nell’evacuativa, è spesso conveniente eseguirla in corrispondenza di uno dei fori retinici. Si è così sicuri di non causare altri fori retinici e di trovare abbondante liquido sottoretinico. L’evacuativa va fatta in un zona libera da vene vorticose. Dato che le vorticose sono costantemente situate una in corrispondenza dell’inserzione del muscolo obliquo superiore (supero temporalmente), una un po’ più in basso dell’inserzione del muscolo obliquo inferiore (infero temporalmente) e le altre nei quadranti nasali in genere al centro degli stessi, i siti più sicuri per bucare la sclera evitando un’emorragia sottoretinica sono appena sotto o sopra i retti mediale o laterale (non esattamente in corrispondenza di essi per evitare le ciliari posteriori lunghe), e appena nasalmente ai retti superiore ed inferiore. Ovviamente bisogna controllare visivamente che la zona prescelta sia effettivamente libera da vorticose. Le tecniche descritte per eseguire la puntura evacuativa sono numerosissime; quella che io tendo ad usare più frequentemente è semplicissima: si incide la sclera con un bisturi 15 gradi per un’estensione di circa un millimetro e una profondità di poco superiore allo spessore della sclera fino a che non inizia a fuoriuscire il liquido sottoretinico, eventualmente eseguendo passaggi ripetuti, ma senza uscire con la lama dall’incisione. Un metodo forse più sicuro per evitare emorragie sottoretiniche da evacuativa è il seguente: si pratica un’incisione sclerale un po’ più lunga (anche due millimetri se la sclera è molto spessa ), approfondendo il taglio progressivamente fino ad evidenziare la coroide; quindi si esegue una diatermia della coroide prima di perforarla con la lama o con un ago da insulina. In ogni caso se il sito dove si sta eseguendo l’evacuativa comincia a sanguinare all’esterno, prima ancora di aver inciso la coroide, bisogna abbandonarlo e cambiare sede. Il liquido deve fuoriuscire spontaneamente, eventualmente divaricando i lembi sclerali con una pinza, ma non bisogna esercitare pressioni eccessive per evitare di incarcerare la retina. Durante questa manovra bisogna tenere lo Schepens in testa per poter controllare ripetutamente se vi è ancora liquido sottoretinico, se non si è bucata la retina o, peggio, se non c’è un incarceramento retinico o un sanguinamento. Nei distacchi da fori atrofici, che sono a lenta evoluzione, come già detto, il liquido sottoretinico è molto vischioso: non è quindi sufficiente, come in altri tipi di distacchi, che non vi sia più liquido sottoretinico solo in corrispondenza delle rotture: esso deve essere evacuato completamente in tutti settori perché altrimenti può permanere sotto la retina, impedire la chiusura dei fori e persistere sotto la macula per diversi mesi. È spesso sufficiente massaggiare la sclera in modo da spingere il liquido verso l’evacuativa; nel caso dovessero rimanere ampie sacche è però necessario fare una seconda evacuativa. Quando si è sicuri che la retina è asciutta e che le rotture sono a piatto, si sistemano gli espianti, si serrano provvisoriamente i punti e si stringe l’eventuale cerchiaggio. Il cerchiaggio va tirato di solito in modo da lasciare circa 6½ cm intorno all’occhio (dato che di solito la lunghezza della banda è pari a 12½ cm, bisogna tirare fino a lasciare 6 cm al di fuori del punto di giunzione). Quasi sempre l’ipotono provocato dall’evacuazione del liquido sottoretinico è quasi esattamente compensato dall’indentazione e dal cerchiaggio e non è quindi necessario iniettare aria. Se invece l’occhio tende ad andare in ipertono quando si serra il cerchiaggio, è sufficiente eseguire un’altra paracentesi della camera anteriore per ristabilire un tono normale. La paracentesi può essere fatta eseguendo un piccolo tunnel corneale al limbus con un bisturi 15° restando paralleli al piano corneale o con un ago 30 g

inserito obliquamente rispetto al limbus in modo da rimanere sempre al di sopra dell’iride e lontani dal cristallino. Quindi si ricontrolla con lo Schepens. Se le rotture sono centrate sulle indentazioni, si annodano i punti definitivamente e si chiude l’eventuale cerchiaggio. Se le rotture non sono centrate, bisogna spostare le indentazioni di conseguenza fino a che non sono in posizione corretta. Se è necessario eseguire queste manovre supplementari, bisogna prima suturare la puntura evacuativa, per evitare che l’aumento di pressione intraoculare provocato dalle trazioni sui retti possa causare un incarceramento della retina (importanza di un accurata localizzazione per centrare l’indentazione al primo colpo ed evitare problemi!). Si tagliano infine i fili dei retti e si sutura la congiuntiva. È opportuno, alla fine dell’intervento, lavare lo spazio sottocongiuntivale con antibiotico e fare un’iniezione sottocongiuntivale di cortisone deposito.

Distacchi da dialisi periferiche

Dopo aver preso dimestichezza con i distacchi retinogeni e con la puntura evacuativa, si possono affrontare dei distacchi appena un poco più complessi, ma sempre ideali per la chirurgia episclerale: i distacchi da dialisi periferiche.

Le dialisi retiniche periferiche sono disinserzioni della retina di natura idiopatica. Si verificano di solito in soggetti giovani con vitreo sano. Non devono essere assolutamente confuse con le rotture giganti (Fig. 3), che sono in tutti i sensi delle rotture a ferro di cavallo molto grandi, con una trazione vitreale importante, e richiedono un approccio chirurgico completamente differente. Come i distacchi da fori atrofici, anche questi sono a lenta evoluzione. Anch’essi possono essere scambiati per delle schisi, perché la retina col tempo diventa molto sottile e la dialisi, in estrema periferia, spesso passa inosservata. Per metterla in evidenza e fare una diagnosi corretta è quasi sempre necessario esaminare la retina periferica con l’indentazione. Il distacco di retina da dialisi retinica idiopatica è facile da operare quasi quanto quello da fori retinici atrofici: solo la localizzazione presenta una difficoltà lievemente maggiore. Anche in questo caso il vitreo è sano ed offre un’ottima controspinta ad una indentazione; quindi vi è una indicazione assoluta per una tecnica episclerale e la vitrectomia è controindicata. Anche questo tipo di distacco è long standing ed il liquido sottoretinico è

Figura 2

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molto denso. La puntura evacuativa è quindi necessaria ed il liquido sottoretinico deve essere evacuato il più completamente possibile.

Tecnica chirurgica

Anche questo tipo di distacco veniva operato una volta con buona percentuale di successo solo con una crio associata ad una puntura evacuativa. Attualmente la

procedura più sicura comprende anche un’indentazione localizzata parallela al limbus. In questi casi di solito non è necessario un cerchiaggio perché non vi è trazione vitreale e la rottura è raramente più estesa di un quadrante. La congiuntiva va quindi aperta solo nel settore interessato e vanno isolati e caricati solo i muscoli contigui. Il criotrattamento di solito non presenta problemi perché è quasi sempre possibile mettere facilmente in contatto l’epitelio pigmentato con il neuroepitelio. Bisogna trattare tutto il perimetro della rottura, ma, dato che questa è estesa, bisogna stare attenti a non sovrapporre i trattamenti per non mobilizzare troppo epitelio pigmentato (PVR). Bisogna aver cura di trattare i bordi laterali della rottura arrivando fin dentro alla pars plana, per evitare filtrazioni anteriori che possono far recidivare il distacco di retina. La localizzazione deve essere fatta in tre punti: il punto più posteriore e i due corni della rottura anteriormente.

L’indentazione deve coprire tutta la rottura (Fig.4) e a livello dei corni deve essere fissata molto anteriormente a stretto contatto dell’inserzione dei retti. Di solito si usa una spugna di 5 mm tonda o ovale parallela al limbus, di lunghezza appena superiore all’estensione della rottura. I punti vanno sistemati parallelamente al limbus e devono avere un tragitto intrasclerale più lungo possibile. Se la rottura si estende per un intero quadrante, sono necessari almeno tre punti. Il tragitto del punto anteriore in corrispondenza dei corni deve essere sistemato il più anteriormente possibile, come già detto a contatto con l’inserzione dei retti o lungo la linea che congiunge le due inserzioni; il punto posteriore deve essere quasi a contatto col bordo posteriore della spugna, quindi massimo a 5-6 mm da quello anteriore e non più indietro per evitare che l’indentazione si sposti posteriormente. Si fissa quindi la spugna temporaneamente e si controlla. Il piombaggio deve caricare bene i corni anteriori all’ora serrata. Se ciò non si verifica, la spugna va spostata più anteriormente. Spesso non si riesce a capire se il bordo posteriore della rottura è indentato adeguatamente fino a che non si è fatta l’evacuativa: in caso di dubbio conviene sostituire la spugna con una più ampia. Si toglie quindi la spugna e si procede con l’evacuativa che deve essere effettuata il più lontano possibile dalla rottura per evitare un incarceramento del vitreo. Si controlla poi con lo Schepens: la rottura deve essere a piano (il vitreo ancora formato la spinge contro la parete oculare) e non vi deve essere più liquido sottoretinico; in caso contrario bisogna continuare a spremere l’occhio o fare un’altra evacuativa. Si rimette quindi la spugna in sede e si controlla ancora. Se tutto è a posto, si serrano i punti dell’espianto definitivamente. Anche in questo tipo di distacco quasi sempre l’ipotono provocato dall’evacuativa viene esattamente compensato dall’indentazione. In tutti i casi di distacco operato in episclerale, ma specialmente quando gli espianti sono abbastanza ingombranti o quando è presente anche un cerchiaggio, prima di chiudere la congiuntiva bisogna assicurarsi che gli espianti non impediscano i movimenti muscolari e che la capsula di tenone non sia rimasta impegnata in qualche punto in corrispondenza di essi o dei punti. A tale scopo, bisogna ruotare e muovere ripetutamente il bulbo afferrando i muscoli in successione con una pinza anatomica mentre si tiene

Figura 3

Tabella 3 - Tecnica chirurgica dei distacchi

da dialisi periferiche

Apertura della congiuntiva solo nel settore interessato

Caricamento solo dei retti contigui

Crio di tutta la rottura fino ai bordi laterali in pars plana

Localizzazione in tre punti

Indentazione parallela anteriore

Evacuazione completa del srf

Figura 4

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ferma in trazione la congiuntiva con un’altra pinza. Si sutura quindi e si lava con antibiotico come sopra.

Distacchi da rotture a ferro di cavallo singole con retina molto sollevata in corrispondenza della rottura Dopo aver fatto pratica con la tecnica di Lincoff nei distacchi con rotture a ferro di cavallo singole poco sollevate rispetto al piano dell’epitelio pigmentato e dopo aver fatto pratica in seguito con l’evacuativa nei casi appena descritti, si può ampliare ulteriormente il campo d’azione ritornando ai distacchi da rotture a ferro di cavallo, occupandosi anche di quelli con retina molto sollevata in corrispondenza della rottura retinica (Fig. 5). Per limitare il più possibile il (notevole) aumento di complessità chirurgica di questi casi, bisogna restringere all’inizio il campo di azione ai distacchi, di nuovo, con rottura singola. Ancora si ribadisce che l’esame pre ed intra operatorio costituisce un tempo fondamentale dell’intervento: bisogna essere assolutamente sicuri che sia effettivamente presente una sola rotture retinica. Bisogna tenere presente la tabella di difficoltà dei distacchi di retina e selezionare all’inizio quelli meno complicati (Tab. 4 e lezione 62 del 2012). Devono quindi essere scartate all’inizio le rotture troppo grandi (> di 7 mm) o troppo posteriori (> di 15 mm dal limbus), nonché quelle inferiori, che, come già detto, non sono salvabili con un’iniezione di aria e che spesso sono situate più posteriormente rispetto a quelle superiori. Come nel caso dei distacchi più facili descritti nella prima lezione, l’indentazione deve essere eseguita utilizzando una spugna sistemata radialmente, in modo da evitare il fenomeno della bocca di pesce, cioè una

piega lungo il bordo posteriore della rottura, che può impedire il riaccollamento della retina. I distacchi provocati da rotture a ferro di cavallo uniche, anche se bollosi, sono considerati dai chirurghi esperti come dei distacchi semplici, quindi che devono andare comunque bene al primo colpo. Per tale motivo non possono essere affrontati alla leggera, ma solo quando si è acquisita una buona padronanza dell’evacuativa nei distacchi più semplici descritti in precedenza. Tecnica chirurgica In questi casi è conveniente aprire la congiuntiva su 360° ed isolare e caricare i quattro retti. Si esegue quindi la crio regolarmente come primo passaggio chirurgico.

Figura 5

Tabella 4 - Difficoltà chirurgica in base alle caratteristiche delle rotture

Episclerale Vitrectomia

Numero 1 2 3 n

Dimensioni piccola media grande gigante

Posizione anteriore equatoriale postequatoriale posteriore

Quadrante superiore laterale inferiore

Slivellamento modesto ampio estremo

Distanza lontane vicine

Sollevamento modesto medio pronunciato

FACILE MEDIO DIFFICILE

LINCOFF

La difficoltà chirurgica aumenta andando da sinistra verso destra e dall'alto verso il basso: i distacchi con rotture numerose, grandi, posteriori, inferiori e molto sollevate rispetto al piano retinico, sono i più difficili

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Solitamente è possibile porre quasi in contatto l’epitelio pigmentato con la retina con la depressione sclerale indotta dalla sonda crio, anche se la retina è parecchio sollevata in corrispondenza della rottura retinica (dei distacchi veramente bollosi, in cui non è assolutamente possibile mettere a contatto la retina con la sonda crio, parleremo nella prossima lezione). Se l’occhio non è morbido e resiste un po’ all’indentazione, conviene eseguire una prima paracentesi della camera anteriore per facilitare tale manovra. Si esegue poi la localizzazione della rottura retinica a tre punti e si sistemano i punti a materasso per fissare l’espianto (vedi lezione 62—2012). I punti vanno sistemati radialmente ad una distanza tra di loro pari ad una volta e mezza la grandezza della spugna da sistemare. Le dimensioni della spugna da utilizzare dipendono dalla grandezza della rottura. Rotture fino a 4 mm possono essere caricate su di una spugna di 5 mm; al di sopra dei 4 mm conviene sistemare una spugna di 7,5 mm (meglio usare una spugna ovale o una mezza spugna perché quella tonda è troppo ingombrante). Se non si è sicuri della precisione della localizzazione, conviene mettere in sede una spugna da 7,5 mm anche in presenza di una rottura piccola. Prima di decidere se eseguire la puntura evacuativa, conviene comunque eseguire una (seconda) paracentesi della camera anteriore e sistemare la spugna in sede stringendo temporaneamente il punto con una galla. Si controlla quindi se l’indentazione è in posizione corretta (altrimenti va spostata prima di eseguire l’evacuativa !) e se per caso la rottura non sia già chiusa in maniera sufficiente. Se non lo è, si può aumentare l’altezza dell’indentazione sistemando un’altro punto a materasso più largo, un millimetro circa ai lati del primo. Se dopo tale manovra è presente solo un po’ di liquido sottoretinico in corrispondenza della rottura (come già detto il liquido sottoretinico al di fuori della zona delle rotture non interessa minimamente), ci si può fermare a questo punto e cavarsela alla fine di nuovo con la tecnica di Lincoff. Se anche il punto supplementare non è invece sufficiente ad appianare la rottura, si può iniettare in camera vitrea una bolla d’aria. Il problema in questi casi è costituito dal fatto che, dopo aver serrato l’indentazione, il tono oculare è molto elevato. Per poter iniettare aria in quantità sufficiente è necessario aspettare che il tono si normalizzi e che si riformi la camera anteriore, in modo da poter fare un’altra paracentesi. Se non si ha tempo a disposizione, si può rimandare l’iniezione di aria al giorno successivo. Spesso il giorno seguente si avrà la piacevole sorpresa di trovare la retina

già appianata (o nei giorni seguenti). In caso contrario sarà sempre possibile eseguire successivamente un’iniezione di aria (con paracentesi della camera anteriore), quasi sempre sufficiente ad accollare la retina. Se invece non si è soddisfatti della situazione intraoperatoria ed il liquido sempre in corrispondenza della rottura retinica sembra eccessivo (specie se si tratta di una rottura inferiore) o il tono resta comunque elevato, bisogna effettuare la puntura evacuativa. In tal caso - a meno di non aver già molta esperienza di chirurgia episclerale - è necessario mettere in sede anche un cerchiaggio, che consenta di ristabilire rapidamente il tono oculare in caso di ipotono eccessivo in seguito all’evacuativa e di indentare automaticamente il sito dell’evacuativa in caso di perforazione o incarceramento della retina. Prima di eseguire la puntura evacuativa, bisogna rilasciare i nodi dell’espianto al fine di normalizzare il tono oculare ed eventualmente rimuovere l’espianto temporaneamente. Quindi si esegue l’evacuativa - possibilmente sotto il cerchiaggio - ma in un punto lontano dalla rottura (e dalle vorticose), in modo da evitare il ricircolo di liquido dalla cavità vitreale allo spazio sottoretinico, che tende a mantenere la retina sollevata e a mandare l’occhio in ipotono. Si controlla quindi con l’oftalmoscopio (che come già detto deve essere già in testa prima di iniziare a fare l’evacuativa) e, se la retina si è appianata, si rimette rapidamente in sede la spugna per non lasciare troppo a lungo l’occhio in ipotono e si serrano i punti provvisoriamente. Spesso succede anche in questi distacchi che il volume occupato dall’indentazione sia sufficiente a compensare quasi esattamente l’ipotonia provocata dall’evacuativa; altrimenti bisogna serrare il cerchiaggio progressivamente fino a ristabilire un tono normale. Bisogna assolutamente evitare, viceversa, di mandare l’occhio in ipertono durante queste manovre con l’evacuativa ancora aperta, perché si rischia un incarceramento retinico. Se necessario quindi, prima di far aumentare il tono oculare, bisogna suturare l’evacuativa. Se al controllo oftalmoscopico la rottura retinica è a piatto e collocata correttamente, anche se vi è del liquido posteriormente all’indentazione o in altri settori del fondo (ricordiamo ancora una volta che non ha alcuna importanza l’entità del sollevamento retinico al di fuori delle rotture retiniche), l’intervento è finito. Si chiude il punto della spugna definitivamente e si regola il cerchiaggio, stando attenti a non elevare troppo la pressione oculare: se l’occhio è già in tono, bisogna eseguire un’altra paracentesi prima di serrare il cerchiaggio. Si fissa la spugna con un punto ai fili di sutura in modo da evitare che si possa sfilare dalla sede, si asportano i fili di trazione dei retti, si sutura la congiuntiva e si inietta antibiotico e cortisone sottocongiuntivale (Tab. 5). Purtroppo non va sempre così bene. Vediamo di seguito i possibili (meno favorevoli)scenari. Se la retina è piana dopo l’evacuativa ma la rottura

non è centrata sull’indentazione, bisogna innanzitutto suturare l’evacuativa, per evitare un incarceramento retinico durante le manipolazioni ulteriori da eseguire per spostare la spugna. Si cerca quindi di controllare la localizzazione mantenendo la spugna ancore in sede, in modo da poter poi passare il primo punto della nuova sutura con l’occhio ancora in tono. Purtroppo il secondo punto può essere passato solo dopo aver rimosso la spugna, con l’occhio in ipotono. Si può in parte rimediare a questo inconveniente serrando temporaneamente il cerchiaggio. Si ricontrolla a questo punto la localizzazione (cosa non facile perché ci sono numerose pieghe retiniche indotte dal cerchiaggio serrato), quindi si passa il

Tabella 5 - Rotture a ferro di cavallo con

retina molto sollevata in corrispondenza della rottura: tecnica chirurgica

Apertura della congiuntiva su 360°

Crio

Localizzazione a tre punti

Piombaggio radiale

Cerchiaggio

Evacuativa

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secondo punto, si riposiziona la spugna (se non si è ancora sicuri della localizzazione conviene mettere una spugna più grande, ovviamente distanziando convenientemente i punti) e si controlla. Il procedimento va ripetuto fino a quando la rottura non è posizionata correttamente. Non è detto che alla fine di queste manovre la retina sia attaccata come prima o che la visione oftalmoscopica sia ottimale come prima, e che non ci siano quindi grosse difficoltà a capire se tutto va bene: si ribadisce quindi l’importanza di localizzare correttamente all’inizio per poter centrare la rottura al primo colpo. Se ad un certo punto non si sa più che pesci pigliare, perché la pupilla si è stretta o la cornea non è più trasparente e non si vede più bene, conviene iniettare aria in camera vitrea, serrare spugna e cerchiaggio e chiudere l’intervento così (a meno di non essere un chirurgo esperto in vitrectomia) e rimandare le valutazioni al giorno dopo. Spesso, a meno che la localizzazione non sia completamente sbagliata, l’aria ha sigillato la rottura e la retina è a piano. Altrimenti dovete rioperare il paziente nei giorni successivi, quando di nuovo si vede bene, sistemando la spugna correttamente.

A volte capita, pur avendo agito correttamente in

tutto, specialmente se si è stati costretti a fare l’evacuativa vicino alla rottura retinica, di avere quasi uno svuotamento dell’occhio con ipotonia marcatissima: in tal caso bisogna serrare in eccesso il cerchiaggio temporaneamente per ristabilire un tono normale (e rapidamente, per evitare un distacco di coroide, specie nei miopi). Con il cerchiaggio così serrato, la retina si presenterà con una grande quantità di pieghe, una della quali sicuramente in corrispondenza della rottura retinica. Bisogna a questo punto mettere in sede la spugna radiale e serrare i punti temporaneamente, allentando progressivamente il cerchiaggio (manovra eseguita dall’assistente) mano a mano che il tono tende ad elevarsi. Si controlla con l’oftalmoscopio e, se la piega in corrispondenza della rottura si è distesa, la rottura è piana e ben centrata, si serra il piombaggio definitivamente, si aggiusta il tono regolando il cerchiaggio e si chiude. Le pieghe retiniche residue sul cerchiaggio al di fuori della sede della rottura retinica non hanno alcuna rilevanza e non devono preoccupare (ovviamente se non sono presenti altre rotture!). Se la piega retinica in corrispondenza della rottura non vuole invece saperne di distendersi, bisogna per prima cosa suturare l’evacuativa, poi togliere il piombaggio, ricompensare l’ipotonia indotta dall’asportazione della spugna serrando il cerchiaggio e infine iniettare aria via pars plana. Mentre si esegue l’iniezione di aria, l’assistente deve rilasciare progressivamente e completamente il cerchiaggio, sia per compensare l’aumento del tono, sia per fare in modo che la retina possa adagiarsi su di un letto non ridotto circonferenzialmente dal cerchiaggio, su cui le pieghe retiniche possano distendersi completamente. Questo passaggio va eseguito con lo Schepens in testa, controllando che l’aria venga iniettata in camera vitrea e non nello spazio sottocoroideale. L’aria deve essere iniettata in bolla unica, in modo da consentire un’esplorazione agevole del fondo dell’occhio: per fare ciò, bisogna ruotare l’occhio in modo che il sito dell’iniezione sia situato più in alto rispetto al resto della cavità, bisogna arretrare l’ago il più possibile ed iniettare rapidamente. L’aria va iniettata fino ad avere un occhio tondo ma molle: in tal modo non si manda

l’occhio troppo in ipertono quando poi si risistema l’indentazione e si serra il cerchiaggio. Se si esagera con la quantità di aria iniettata, bisogna fare una paracentesi prima di serrare i punti della spugna, ma solo dopo aver controllato la correttezza dell’indentazione, perché, specie negli afachici, l’aria può passare in camera anteriore e disturbare notevolmente la visione. Se non si è stati precisi nell’esecuzione del tempo, come già detto fondamentale, della localizzazione e la rottura risulta, alla fine di queste procedure, non correttamente indentata, le difficoltà aumentano in maniera esponenziale anche per un chirurgo esperto, perché non è affatto facile localizzare in una retina appianata su di un cerchiaggio con tante pieghe o anche distesa sotto aria, se non si è riusciti ad ottenere una bolla unica. Altrettanto difficile è ridare dei punti sclerali su di un occhio molle o deformato da un cerchiaggio molto tirato.

Talvolta l’evacuativa, specie se praticata nelle

vicinanze della rottura, può aumentare, anziché ridurre, il sollevamento retinico, perché il liquido della cavità vitreale ricircola sotto la retina attraverso la rottura. Se non si riesce a questo punto ad evacuare altro liquido sottoretinico perché la retina è già asciutta in corrispondenza della sede dell’evacuativa, bisogna serrare il cerchiaggio per dare un po’ di tono e cercare, se possibile, di fare un’altra evacuativa. Se ciò non è possibile (ad es. per la presenza di vorticose), bisogna iniettare aria, che spinge il liquido sottoretinico posteriormente e di solito appiana la rottura, che può essere quindi indentata correttamente. In tal caso è assolutamente indispensabile posizionare il paziente a testa in giù per qualche ora nel postoperatorio, per evitare una translocazione maculare con formazione di una piega retinica al limite inferiore del distacco (spesso localizzata a livello maculare con esiti disastrosi).

Può capitare di non riuscire assolutamente ad

evacuare il liquido sottoretinico perché la sclera o la coroide sono troppo spesse o perché il distacco è localizzato e vi sono delle vene vorticose proprio dove sarebbe possibile fare l’evacuativa. In questi casi si deve scegliere tra: fare un evacuativa in un’altra zona, magari

addirittura in corrispondenza della rottura retinica, con i rischi già descritti;

eseguire una vitrectomia; rinunciare all’evacuativa accontentandosi di una

tecnica di Lincoff, abbassando il tono con ripetute paracentesi ed eseguendo un’iniezione di aria (eventualmente il giorno successivo).

Più frequentemente può capitare di ottenere un’evacuazione solo parziale del liquido sottoretinico e di trovarsi, dopo aver messo in sede il piombaggio, con la rottura ancora parecchio sollevata rispetto al piano dell’epitelio pigmentato. In caso di rottura singola superiore questo può essere accettabile e può essere, come già detto, rimediato con un’iniezione di aria eseguita subito o il giorno seguente. In caso di rotture inferiori bisogna invece assolutamente evitare di finire l’intervento con una rottura indentata in modo insufficiente, non a piatto sul piano sottostante, pena il non riuscire a risolvere il distacco di retina anche nei giorni successivi. Bisogna in tal caso mettere dei punti aggiuntivi più larghi per aumentare l’indentazione, o mettere una spugna più spessa, o eseguire un’altra evacuativa iniettando eventualmente

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aria fino a distendere a piatto completamente la rottura.

Anche il sito dell’evacuativa va localizzato, indentando la sclera sotto osservazione oftalmoscopica, e marcato con una matita dermografica: deve ovviamente corrispondere ad una zona ove sia presente abbondante liquido sottoretinico e dove non vi siano vene vorticose. Nonostante questi accorgimenti, può capitare di perforare la retina e/o di incarcerare la retina nell’evacuativa. Può anche capitare di avere una fuoriuscita di vitreo dall’evacuativa. In tal caso, il vitreo va asportato con forbici o con un vitrectomo. In tutti questi casi, la sede dell’evacuativa va trattata con il crio e indentata. Se è stata eseguita in corrispondenza del cerchiaggio, dopo il criotrattamento, è sufficiente fissare un pezzo di rotaia di silicone sotto di questo in corrispondenza dell’evacuativa.

Un modesto sanguinamento sottoretinico in sede di

evacuativa è normale e non deve preoccupare. Un sanguinamento più abbondante può invece compromettere il recupero dell’acutezza visiva, perché invariabilmente il sangue va a depositarsi per gravità sotto la macula. Una ragione in più per tenere lo Schepens in testa quando si esegue l’evacuativa è per potersi rendere conto immediatamente di un tale

problema. Se questo si verifica, bisogna rapidamente dare tono stringendo il cerchiaggio e iniettando aria. Il paziente va poi posizionato fino al giorno successivo a faccia in giù per cercare di spostare il sangue dal polo posteriore. Può anche capitare di avere un lieve emovitreo nei giorni successivi, ma, in genere, esso tende a risolversi spontaneamente.

Conclusioni Nella prima lezione sui distacchi di retina operabili con tecnica episclerale, abbiamo descritto quelli più semplici, con rottura singola a ferro di cavallo poco sollevata, operabili con la tecnica di Lincoff, che è praticamente priva di complicazioni ed interamente extra bulbare. Chi si sia preso la briga di esercitarsi con questa tecnica, può dopo questa lezione iniziare ad affrontare distacchi via via più impegnativi cominciando ad eseguire passaggi chirurgici potenzialmente pericolosi quali l’evacuativa in distacchi facili quali quelli da fori atrofici e da dialisi periferiche, per poi avventurarsi con una tecnica consolidata in quelli con sollevamenti retinici importanti a livello della rottura. Per limitare il più possibile il notevole aumento di complessità di questi casi, bisogna all’inizio sempre limitarsi ad affrontare distacchi con rottura singola, piccola, non troppo posteriore e superiore. Le tecniche da impiegare nei distacchi veramente bollosi e da rotture multiple saranno descritte nella prossima lezione.

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BIBLIOGRAFIA

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QUESTIONARIO DI AGGIORNAMENTO

1. Nei distacchi retinogeni, le rotture

retiniche non sono provocate da

trazione vitreale, bensì sono legate:

a. A degenerazione retinica

b. Processi infiammatori

c. Invecchiamento

d. Aderenze vitreoretiniche

2. Il distacco retinogeno è facile perché:

a. Il vitreo è sano, non vi è trazione

retinica

b. Il vitreo è staccato

c. Il vitreo è patologico

d. La retina è contratta

3. I distacchi retinogeni devono essere

operati :

a. Con una tecnica episclerale

mentre è assolutamente

controindicata la vitrectomia

b. Con la vitrectomia

c. Con una tecnica mista episclerale

più vitrectomia

d. Senza evacuativa

4. Nei distacchi retinogeni, la tecnica

di Lincoff è però quasi sempre

controindicata perché:

a. Il liquido sottoretinico è long

standing e quindi molto denso

b. C’è poco sollevamento

c. Il liquido sottoretinico è abbondante

d. Non ci sono rotture retiniche

5. Nei distacchi retinogeni con la crio

è sufficiente eseguire:

a. Un solo spot per ogni rottura

b. 3 spots per rottura

c. 5 spots per rottura

d. Un trattamento a caso

6. Se è necessario sistemare un

piombaggio parallelo all’equatore, è

fondamentale la precisione:

a. In senso antero posteriore

b. In senso meridionale

c. Longitudinale

d. Obliqua

7. Con i fori rotondi e senza trazione

vitreale, è più difficile che si formino:

a . Del le p ieghe rad ia l i

sull’indentazione parallela e

quindi il fenomeno della bocca

di pesce

b. Delle pieghe parallele

c. Delle strie oblique

d. Delle emorragie

8. L’evacuativa deve essere eseguita in

un punto ove il liquido sottoretinico:

a. È abbondante

b. È scarso

c. È assente

d. È fluido

9. L’evacuativa va fatta in un zona

libera da:

a. Vene vorticose

b. Arterie ciliari corte

c. Congiuntiva

d. Tenone

10. Nei distacchi da fori atrofici il

liquido sottoretinico:

a . D e v e e s s e r e e v a c u a t o

completamente

b. Deve essere evacuato solo in parte

c. Deve essere lasciato in sede

d. Può essere evacuato solo in

corrispondenza delle rotture

retiniche

11. Anche nei distacchi da dialisi

periferiche vi è una indicazione

assoluta per una tecnica episclerale e:

a. La vitrectomia è controindicata

b. La vitrectomia è necessaria

c. La vitrectomia può essere

associata

d. Non va mai eseguita la puntura

evacuativa

12. In caso di distacchi da rotture a

ferro di cavallo, se al controllo

oftalmoscopico la rottura retinica è a

piatto e collocata correttamente

sull’indentazione:

a. Non ha alcuna importanza l’entità

del sollevamento retinico al di fuori

delle rotture retiniche

b. Bisogna evacuare comunque

completamente il liquido sottoretinico

c. Bisogna evacuare il liquido

sottoretinico se molto abbondante

d. Bisogna evacuare il liquido

sottoretinico inferiormente

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Anno 7, Numero 76, Aprile 2013. Periodico mensile . Editore Medical Evidence Div. M&T. Strada della Moia, 1 Arese (MI) Tel. 02380731 Fax 0238073208

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La compilazione va fatta on-line selezionando la voce “Questionario - Distacco di retina 2”


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