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7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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Ettore LeporeAlfonso Mele
Pratiche rituali e culti eroici in Magna GreciaIn: Modes de contacts et processus de transformation dans les sociétés anciennes. Actes du colloque de Cortone
(24-30 mai 1981) Rome : École Française de Rome, 1983. pp. 847-897. (Publications de l'École française de Rome,
67)
Riassunto
E. Lepore analizza la leggenda di Epeo in Magna Grecia, mostrando la congruenza tra la vicenda focese dell'eroe e quella
precoloniale magno-greca, egualmente legate ad un mondo di boschi e di tecniche di lavorazione del legno. A. Mele riprende la
leggenda dell'eroe di Temesa e attraverso una analisi delle tradizioni relative ne rileva i fondamenti economici, storici, religiosi e
ne ricostruisce la storia come di un luogo di commercio ausone originariamente sotto controllo ionico, evolutosi attraverso il
rapporto con Sibari e Crotone, dissoltosi in seguito alla conquista locrese con la piena assunzione entro un contesto agricolo-
cittadino.
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Lepore Ettore, Mele Alfonso. Pratiche rituali e culti eroici in Magna Grecia. In: Modes de contacts et processus de
transformation dans les sociétés anciennes. Actes du colloque de Cortone (24-30 mai 1981) Rome : École Française de Rome,
1983. pp. 847-897. (Publications de l'École française de Rome, 67)
http://www.persee.fr/web/ouvrages/home/prescript/article/efr_0000-0000_1983_act_67_1_2489
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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ETTORE
LEPORE - ALFONSO
MELE
PRATICHE
RITUALI
E
CULTI
EROICI
IN
MAGNA GRECIA
Noi ci divideremo il tempo a disposizione
con
una mia rapidissima
introduzione, poi
con
la relazione
Mele,
poi
con
un
mio codicillo, per
ché pratiche
rituali
e
culti
eroici
sono
divisi
in
due
esempi che
noi
vogliamo
fornire.
Dopo
gli 'historical charters'
(ο
unhistorical'
per
l'amico Leveque)
e
i
«miti
di precedenza»,
noi
possiamo passare adesso
al rapporto tra
miti
e riti
in
culti
eroici
e voi vedrete come il rapporto
mito-rito sia
più
chiaro
in
certe
situazioni
e
meno
chiaro nel
caso
che
vi
esporrò io,
anzi problematico. Questi
rapporti si legano nei nostri
esemp
i
oprattutto ad attività economiche e tecniche, ed esse daranno anche
luogo
a
evidenza
di
correnti secondarie che affiancano la
corrente
principale
coloniale, specialmente su
fondamento di genealogie
mitiche
accanto
ai
charters,
cioè
su
una
struttura
molto
composita
del
mito,
che
qui
va
inteso non
solo in
senso
proprio. A
proposito
della
relazione
di
Morel,
Morel
ha messo
in
evidenza della
triade
famosa
di Johannes
Hasebroek, legno, metalli
e
grano, soprattutto i
metalli,
con
un
accenno
al grano, che noi
lasceremo completamente
da parte, anche perché,
come Mele ha dimostrato in quel suo saggio sul commercio arcaico,
esso è un
fenomeno
forse
più
tardivo. Andremo,
invece, a connetterci
alla
emporta dei
metalli
e
del
legno, ma
a
questa emporta vorremo
accompagnare sempre il fenomeno artigianale che la
integra, come noi
vediamo
per
esempio
a Pitecusa. Quindi
Mele
si
soffermerà soprattutto
sui rituali emporici
di
Temesa e
la vicenda
del
suo eroe in rapporto alle
navigazioni, a prekteres
ο emporoi io mi fermerò di
più
sulla
tradizione
artigianale
del
legno
(quella che Tucidide designava
con
i ναυπεγήσιμα
ξύλα) sulla costa
ionica
meridionale,
legata soprattutto alla leggenda
di
Epeo e inscritta
in
un
orizzonte
che va dai
nostoi
alla colonizzazione, e
si potrà
vedere
che il mondo indigeno, in questa griglia, apparirà più
fortemente
nella
relazione
di Mele, molto più problematicamente nella
mia relazione.
E. L.
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ETTORE LEPORE-ALFONSO MELE
L'EROE DI TEMESA TRA AUSONI
E GRECI
I - II problema dell'antica
Temesa
è tornato
negli ultimi anni ad
imporsi all'attenzione degli studiosi grazie ad una serie
di
indagini,
di
cui
si
sono
resi
benemeriti Paola Zancani Montuoro1 e G.
Maddoli2.
Si
è
tenuto
infine,
nel
1981
un
apposito
colloquio
tra
Perugia
e
Trevi,
i
cui
atti
sono di
recente
pubblicazione3.
II problema messo
a
fuoco è stato sopra
tutto
quello
della
localizza
zione
i
questo
antico
centro ausone, greco, brettio, che la Zancani
Montuoro vorrebbe collocato nella
zona
dell'altro Esaro,
e il Maddoli
invece, sulla
scorta delle
notizie, non sempre corrette
ma non
tuttavia
trascurabili, degli itinerari
antichi,
vorrebbe collocare più a Sud.
La questione è
lungi da una
soluzione definitiva
né
è nostra
inten
zione riprenderla. Alcuni punti ci paiono, comunque, acquisiti.
La
loca
lizzazione
nell'alta
valle dell'Esaro
non
sembra troppo convincente.
Essa prescinde
sia dai dati contenuti negli itinerari,
in particolare quelli
della Tabula Peutingeriana, su cui ha richiamato l'attenzione il Maddoli,
sia
da
una
serie di esplicite testimonianze antiche
che
fanno
cadere
Temesa
nell'ambito del golfo
di
Hipponio. Se Mela4 e
Tolomeo5
si limi
tano a connettere Temesa ad Hipponio,
Licofrone
la
colloca
nello
spa
zio delimitato
dall'opposizione di Clampetia
a Hipponio6, e Plinio coe-
rentemente
fa rientrare nel sinus Vibonensis Clampetia appunto, Temes
a la
vicina
Terina7.
1Rend. Line,
ci. se. mor.,
XXIII, 1968, p. 249 ss;
Atti
M. Grecia, 1968-69, p.
7 ss.;
Rend.
Nap., XLIV,
1969, p. 11
ss.
; Almanacco
calabrese, 1970-1971,
p. 75
ss.
2
P.P. CXLVI,
1972, p. 331 ss.
3
Temesa e il suo territorio,
Atti del
Colloquio Perugia-Trevi, 1981, Taranto, 1982. Ques
ti tti ho
potuto
leggere
solo
quando
questo
lavoro era ormai
compiuto.
4 Chor.,
II,
69.
5Geogr.,
Ili, 1, 9.
6 Alex., 1067-1072.
7 N.H.,
III, 72.
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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 849
Ancor
più
esattamente Licofrone
proietta Temesa verso Crotone;
ne vede
il
territorio in
contrapposizione e
in parallelo
allo
stretto di
Messina8.
Il dato
non
è isolato
se
è vero che
Temesa
è appartenuta
a
Sibari9
prima
che
a Crotone ed
è
rimasta
ancora
strategicamente
legata
a
Crotone,
quando
nel 194 a.C.
10
i Romani si sono assicurati il controllo
della zona con
opportune
dislocazioni
coloniali. Temesa,
dunque, non
può essere collocata troppo in
alto,
ma in rapporto al
golfo
di
Hippo-
nio, ai
limiti dell'area
di
espansione politica
di Sibari
sul
Tirreno, geo
graficamente
piuttosto
proiettata verso Crotone.
Precisare
ulteriormente
non
è
del tutto facile. Certo il fatto che
Temesa insista
su
di
un golfo che
prima si
è detto
a partire dal Lamato
e
dai
Λαμητΐνοι
Lametino/Napetino11,
poi
a
partire da
Terina,
località
che
geograficamente
seguiva
Temesa12,
Terineo13
e,
alla
fine,
Hipponia-
te 14,
lascia suppore
che
Temesa
si trovasse piuttosto
settentrionalmente
decentrata
rispetto
a questo
stesso golfo.
C'è
quindi,
il rapporto
di Temesa con
Cosenza15. Esso è complicato
dal
fatto
che
Temesa
è sulla costa,
mentre
Cosenza
e il
suo
entroterra
con
Pandosia
e
l'Acheronte
è
all'interno: intus
come
dice esplicitamente
Plinio.
Si
sente in
questo rapporto l'esistenza
di
un itinerario, che
la
Tabula
Peutingeriana
documenta16, da
Temesa a Cosenza; ma
proprio
la diversa collocazione costiera ο
interna
delle
due
località, induce a
chiedersi
fino
a
che
punto
i
geografi antichi
potessero
avere
la
perce
zione delle
rispettive
altezze dei due centri
e
fino
a
che
punto,
quindi,
citando Cosenza dopo Temesa
e
Terina,
lo
facessero con chiara coscien
za
i
una loro collocazione più settentrionale rispetto
a Cosenza. Tanto
più,
poi, se l'itinerario che univa Temesa a Cosenza invitava a darne
8
Alex,
1071.
9 Paus., VI, 6, 11. vedi sotto p. 863 ss.; 881
ss.
10 Liv., XXXIV,
45,
4-5.
11
Aristot.,
Poi.
VII,
1329
b,
10
ss.
:
golfo
Lametico,
in
un
passo
che
appare
dedotto
da Antioco. Nei fr.
3 e 5
Jac.
dello stesso il golfo in questione è detto Ναπητΐνος, che è
denominazione evidentemente da connettere a Λαμητΐνος
(Steph.
Byz., s.v.), anche se non
si
vuole
ritenere corruzione di quest ultimo etnico. Cf. S.
Calderone, Messana,
IV, 1956,
p. 85 n. 2; R. Spadea, Klearchos, 1979, p. 5 ss.
12Strabo,
VI,
1, 5,
253 C.
» Thuc, VI, 104;
Plin., N.H., HI, 72.
Cf. Spadea, art. cit., p. 21 ss.
14Cic,
Ad
Ait., XVI, 6;
Strabo,
VI,
1,
4, 255;
Plin.,
N.H., III, 72. Cf. Spadea, art. cit.,
p.
24
s.
15 Strabo, VI,
1, 5,
253 C; Plin., N.H., III, 72-73.
16 Cf. Maddoli, art. cit.,
p.
339
ss.
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ETTORE
LEPORE-ALFONSO MELE
conto subito dopo di
aver
raggiunto
sulla costa la zona
in cui Temesa
sorgeva.
Infine
la distanza tra Temesa
e il fiume detto
erroneamente Tanno
nella Tabula non
può essere
immediatamente
utilizzata.
Se
è vero,
infatti,
che, come
vuole
il Maddoli, quel nome si
applica di fatto
al
Savuto17, altrettanto vero è che il
nome Tanno
mal
si spiega
come cor
ruzione
di
Sabutus
e
meglio invece
come
corruzione
di
un
Lama-
tus/Amatus.
Nella
Tabula,
quindi,
abbiamo
una
probabile
confusione
tra Savuto e Amato,
distanti
tra
di
loro circa 20 km la distanza da
cui
partiva
il Maddoli
per collegare
Temesa a
Fiumefreddo, potrebbe, in
altri termini, essersi riferita originariamente all'Amato, col
che la posi
zione
di Temesa
andrebbe allora cercata una
ventina di
chilometri
più
a
sud
di
Fiumefreddo.
Allo stato
attuale della nostra
documentazione bisognerà,
dunque,
accontentarsi di una
generica collocazione sulla costa e nella parte se
ttentrion le del
golfo
di
Hipponio
ο
golfo
di
S.
Eufemia.
C'è
un dato, tuttavia, su
cui
i due filoni
di ricerca ora
ricordati
con
cordano. L'antica
Brettia
nella zona
a ridosso della piana di
Sibari,
a
occidente
e
a
sud,
possedeva risorse minerarie
di
rame
e
queste consen
tono
lle necropoli dell'età
del
ferro
sulle alture
che circondano la pia
na
di
Sibari
e
fiancheggiano la valle
del Crati
di
esibire
una
quantità
rilevante
di
oggetti
enei: segno
evidente
che
quelle
risorse non
solo
es
istevano ma erano già sfruttate in età molto antica (IX-VIII sec. a.C.)18.
D'altro
canto,
gli stretti legami che uniscono Sicilia orientale
e
Calabria
nello XI
sec, lo
sviluppo di una metallurgia locale di
Molino della
Badia-Madonna del Piano in quest'epoca in una con la perdita
dei cont
atti
con
le
zone minerarie dell'Italia
centrale, inducono
a
supporre che
lo sfruttamento
delle
risorse minerarie della Calabria sia
iniziato
già
in
quest'epoca 19.
Questa constatazione
da,
così,
sufficiente certezza che
la
Temesa
omerica,
a
cui si va in cerca
di
rame,
sia appunto la
Temesa
brettia.
L'erudizione
antica,
infatti,
non
era del
tutto
sicura
di
tale
identità.
La
presenza
di una
Τάμασος-Ταμασσός
a
Cipro, con ricche risorse
di
minerale, dava origine ad
una
lezione
Ταμάσην
in Od. I 184 e ad una
17 Art. cit., p. 326
ss.
18 P. Zancani Montuoro,
Rend.
Nap., XLIV (1969), p. 11 ss.
19 A.
M.
BiETTi Sestieri, Kokalos, XXVI-XXVII, 1980-1981, p. 60 ss. Cf.
M.
Guarascio,
in
Atti
Temesa e il suo territorio, (cit.)
p.
125 ss.; J . de La
Genière,
ibid., p. 179.
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PRATICHE
RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA
851
identificazione della
località
omerica
con quella cipriota20.
Contro tale
ipotesi sta, però,
la
lezione
Τεμέσην, unica
a noi
restituita
dai manosc
ritti;
e l'osservazione
straboniana che la Temesa cipriota era all'inter
no
non
sul mare,
come il
contesto omerico
richiedeva, e che la Temes
arettia, appunto,
era
in antico in
possesso
di
giacimenti di
rame21.
Contro tale ipotesi, infine, stanno tradizioni
locali
ed
arcaiche,
le
quali la
Temesa
brettia facevano
risalire all'età dei νόστοι
ed esplicit
amentedentificavano
con
la
Temesa
frequentata dal re
dei Tafii per
acquistarvi
rame. Vi sono
per cominciare
tradizioni
relative
ad una
colonizzazione eroica
di Temesa
ad
opera di
Focidesi22 ο
di
Etoli23,
reduci da Troia. Alla prima colonizzazione allude Licofrone,
connetten
dola
l
dominio crotoniate
su Temesa.
Questo
dato, unito all'altro che
vede
un eroe focidese,
Epeo
costruttore
del
cavallo24, fondatore
in
ambito acheo
di Lagaria25 ο
della
stessa
Metaponto26
e un altro
eroe
focidese,
Daulio di Crisa,
fondatore
di Metaponto27, fa capire che
que
sta tradizione
è
da connettere alla
colonizzazione
achea e,
quindi,
al
dominio esercitato
su
Temesa da
Sibari
prima
e
da Crotone
dopo28: è
tradizione,
quindi, risalente
al VI/V
sec.
e sostanzialmente
locale.
Altrettanto
locale ed arcaica
è
la
testimonianza
callimachea.
Calli-
maco negli Aitia,
a
proposito dell'atleta locrese
Euthykles
e
della statua
che i Locresi
gli
avevano eretta, parlava
di
metallo
di Temesa29
e, quind
i
ccettava
la
tradizione
di
una connessione della Temesa
Brettia
con
giacimenti
di rame. Lo stesso Callimaco a Temesa nella
Brettia faceva
pervenire
Odisseo durante il suo νόστος30,
e le
assegnava, così,
un
livel
lo i esistenza adeguato a questa età
eroica. Tutto
ciò
egli
faceva
seguendo tradizioni
locresi,
provenienti
quindi
da zone prossime
a
20Schoi
Od.
I,
184;
Strabo,
VI, 1, 5, 253; Steph. Byz.
s.v. Τάμασος; Eustath.,
ad. Od.
I, 185.
21 Strabo, Le.
22
Lycophr.,
Alex.,
1067
ss.
23 Strabo,
Le.
24 IL,
XXIII,
664 ss.; 838 ss.; Od.,
Vili,
492 s.;
XI, 523.
Cf. Strabo VI
1,
13, 263 e il
rapporto con Panopeus, città focidese.
25 Lycophr., Alex, 948; Ps.
Ar.,
Mir.,
116;
Strabo,
Le; Steph. Byz. s.v. Λαγαρία.
26 Troc-Justin., XX,
2.
27Ephor.,
fr. 141 Jac. = Strabo, VI,
1,
15,
265.
28 Vedi sotto
p.
878 ss. Contro : E. Ciaceri, Storia
della
Magna Grecia, I,
Napoli,
1928,
p. 258
ss.
29 Fr.
85,
10 Pf.
30 Fr. 98 Pf
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852
ETTORE
LEPORE-ALFONSO MELE
Temesa,
della prima
metà
del
V sec, epoca
cui
appunto
risale
l'attività
dei
due
olimpionici, in
relazione
a Temesa da
lui
citati31.
D'altra
parte sia la dieghesis aéìì'Aition
callimacheo
relativo
ad
Euthymos, 11. 5
ss.,
sia
lo
scolio
a
Pausania
VI,
6, 4
si
riferiscono
alla
storia
di Polites, che fa
violenza
a una fanciulla, viene lapidato dagli
indigeni,
diviene
apportatore
di
morte
e
si vede quindi riconosciuto da
Apollo
un
culto eroico. Se ciò
è
vero qualche altra precisazione si rende
possibile.
La
storia
di Polites presenta infatti
caratteristiche proprie
e
alla storia
di
Palinuro e
a quella
dei
prigionieri focei dopo la battaglia
di
Alalia.
Palinuro viene ucciso dagli
indigeni
di
Velia;
ne
derivano
pestilenza e
prodigi
e, per intervento
di
Apollo,
onori eroici
per il
defunto
compagno
di
Enea32. I prigionieri
focei,
rei
di pirateria
ai dan
ni
ei
περίοικοι,
sono
(come
Polites)
lapidati
ne
derivano invalidità
fis
iche per
bestiame
ed abitanti e il
riconoscimento,
per intervento
di
Apoll
o
elfico, di
onori eroici
ai
defunti33.
Queste
tre storie sembrano, dun
que,
obbedire a
un modello
unico,
i
cui
punti
di
riferimento
sono
la
battaglia
di Alalia
e la
fondazione di
Elea.
Col
che la storia di Polites, in
questa fase
della
sua
elaborazione, risulta
databile almeno alla seconda
metà
del
VI secolo.
In conclusione l'identificazione della
Temesa
brettia
con
quella
omerica, anche
per quest'altro
versante della tradizione, risale ad
età
arcaica,
ad
ambienti
locali, prossimi
alla
stessa
Temesa
e
interessati
al
controllo
di
questa
località34.
A proposito
di
quest'ultima
tradizione,
che fa
risalire
Temesa
all'età
dei νόστοι,
ma
ne
fa solo
una
tappa
del
ritorno
di
Odisseo, qual
che altra
osservazione
è, però possibile. Essa faceva della Temesa eroi
ca na preesistente realtà
indigena e
in
questo
modo da
un
lato rispet
tava l dato
omerico,
secondo cui nell'andare
a Temesa
il re
dei Tafii
si
recava έπ
άλλοθρόους
ανθρώπους, tra gente d'altra lingua35; dall'altro
recuperava la tradizione
di
un'origine ausone
del
centro brettio, quale
Strabone esplicitamente attesta36. D'altra
parte questa
stessa tradizione
se attribuiva
alla
Temesa
brettia
ricchezze
minerarie,
da
Locri
utilizzat
ei mostrava disposta ad accettare il dato omerico
di
una
Temesa
bar-
31
L.
Moretti,
Olympionikai,
Roma, 1957,
n.
180.
32
Virg., Aen., VI, 337 ss. ;
Serv.,
ad
he.
Hdt., I,
166-167.
34 Vedi
sotto
p. 878
ss.
35 Od., I,
183.
36Strabo,
VI, 1, 5,
253.
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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 853
barica aperta al contatto
con
i Greci ed anzi
lo
ribadiva a chiare
lettere
attraverso il racconto della vicenda
di Polites,
dalla quale, come da
quella
dei
prigionieri di Alalia
ο
di Palinuro, scaturiva la necessità di
un
rapporto col
greco, garantita
da
una ragione
di
culto.
In altri
termini, origine
ausone, possesso di risorse minerarie, culto
dell'eroe greco sono
il
modo con cui queste tradizioni locresi
recepisco
noa tradizione omerica
di una
Temesa,
abitata
da non
parlanti
greco,
luogo
di
πρήξις
di
βασιλείς
interessati
ai
metalli,
costretti alla rinuncia
delle pratiche piratesche
ai
danni delle popolazioni costiere
e tutelati,
nei loro riguardi,
dal rispetto che queste nutrono
per
i
loro
dei37. La
bontà di questa traduzione
brettia dei
modelli omerici di πρήξις può
essere in
vario
modo provata.
Particolarmente
significative
in
proposito
sono
le
caratteristiche
che il
culto
dell'eroe
di Temesa
possiede. Innanzi
tutto
esso si
pone
al
centro
di una
comunità che è fatta
di έπιχώριοι38
ο
εγχώριοι39,
che sono
όμοροι40, περίοικοι41,
πρόσοικοι42:
una
comunità che pare più
un
ci
rcondario che un centro unificato.
All'interno
di
tale circondario si intravedono i segni
di
un
preciso
modo di produzione. Il demone ci viene presentato in
veste
di
lupo43; il
culto
relativo
rimanda, quindi, a una
comunità pastorale minacciata da
tale animale, così come
a
frequentazione
e
prossimità
di
montagne. Il
demone
ci
appare,
inoltre,
entro
un contesto
acquatico,
fatto
di
fiumi e
di fonti44;
il
culto
relativo
rimanda, quindi,
al controllo delle risorse
idriche, una realtà che riappare nella posizione stessa
di
Temesa,
om o
nima, come
dice Stefano Bizantino, di
un
vicino
fiume45. La
prossimità
al mare
di
Temesa
e
del relativo
centro
di
culto46 completa
il quadro,
unitamente al fatto che la fonte
citata,
denominata
Lyka,
si connette
essa stessa al lupo e al
suo
habitat
montano.
È
tutto
un sistema idrico,
quindi, ad essere chiamato in gioco, fonti montane, fiumi, foci,
mare.
37 Cf. A. Mele, // commercio
greco
arcaico. Prexis ed emporte, Napoli, 1979 p. 71
ss.
38 Callim.,
fr.
98 Pf.; Strabo, VI,
1, 5,
253;
Paus.,
VI,
6, 7.
39 Sud., s.v.
Εύθυμος.
40 Callim., fr. 98 Pf
41 Strabo, Le.
42Ael.,
V.H., 8, 18.
43Paus.,
VI, 6, 11.
44 Paus., le.
45
Steph.
Byz., s.v. Τάμασος.
46 Paus.,
VI, 6,
10.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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854
ETTORE LEPORE-ALFONSO MELE
L'impressione che
se
ne ricava è
quella di una
comunità
pastorale,
proiettata tra mare
e
montagna; sviluppantesi lungo determinati itine-
rari e
risorse idriche
e
minerarie;
distribuita,
piuttosto che accentrata,
sul
suo territorio; interessata agli
scambi
con
l'esterno, se
è
appunto
al
culto dell'eroe
di
Temesa viene
affidato il
compito
di assicurare
i rap
porti
col mondo greco.
Ma si può forse
fare
qualche altra
osservazione. Il demone
era
provvisto
di temenos
e
di
un
edificio
sacro47, che Strabone
dichiara
ricoperto
di
olivi selvatici48. Il
fatto
che l'heroon apparteneva
a
un
demone-lupo dalle
abitudini
rupestri
e
montane, lascia supporre che il
particolare notato
dal
geografo non
sia casuale. E
più
fatti
sembrano
confermarlo. L'oracolo
delfico
relativo alla fondazione
di
Regio in
Ausonia
(e
Temesa
era
Αύσόνων κτίσμα)
ne
individua
la
posizione
agli
occhi dei
futuri
coloni
in
riferimento
a una vite unita a
un fico
selvati
co49. ntioco
di Siracusa
conservava ancora il
ricordo di una
trasfo
rmazione
che ad opera
del
mitico
re
Italo si
era realizzata nella
Brettia:
la trasformazione
dei
νομάδες
in γεωργοί e Γ instituzione
dei
συσσίτια50,
forme
di
cameratismo
a
sfondo
militare.
Il quadro, topografico, economico
e
sociale
che
in
tal
modo si deli
nea, trova
corrispondenza per altro
sul piano della
documentazione
archeologica.
La
Calabria
della
prima
età
del ferro, con
la necropoli
di
Torre
Galli,
offre
il
quadro
di
una
comunità
ancora
legata
all'allev
amentoarnesi per scardassare la lana), non interessata
a sottolineare
pratiche di disboscamento (assenza di
scuri), la quale differenzia la
posizione della donna rispetto
a quella
dell'uomo
unicamente
in
base
alla
presenza
ο meno
di
armi
e, a
partire
da
un
certo
momento,
anche
in
base all'uso di
determinate
fibule51.
Un preciso riferimento all 'agr
icoltura
e
alle piantagioni
ο
al ruolo privilegiato che in
un tale
contesto
l'uomo viene
ad
assumere manca.
47
Strabo, VI,
1,
5, 253 (ήρώον);
Paus.,
VI, 6, 8
(τέμενος,
ναός);
Ael., Vu,
8, 18 (ιερόν);
Sud., s.v.
Εύθυμος
(τέμενος).
48 L.c.
49
DiOD., Vili, 23,
2. Cf. Heracl.
Lem.,
Pol., 25; Dion. Hal., ΚΑ, XIX,
2,
Ad Ausoni nelle
regioni dello stretto
di
Messina
allude
anche Lycoph.,
Alex., 44.
50 Aristot., Poi. 1329 b, 14 ss. : da Antioco, come mostrano i confronti con i framment
i
555
FGrH, fr. 2,
3, 5,
7 e comm. del Jacoby ai fr. 3 e 13).
51 B.
D Agostino,
La civiltà del ferro nell Italia meridionale e
nella
Sicilia, in Popoli e
civiltà dell Italia
antica, II,
Roma 1974,
p.
40 ss.;
Id., Preistoria
e protostoria, in Storia della
società italiana, I,
Milano,
1981, p. 153 ss.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA
855
Per
i periodi immediatamente precedenti, pur nella scarsità della
documentazione,
due dati restano, comunque, significativi. A partire
dalla media
età
del bronzo,
le regioni tirreniche
meridionali si attarda
noelle
attività
pastorali,
capro-ovine,
di
tipo
transumante, document
atealla frequenza
di
stazioni in grotta52. Un rilievo sempre
maggiore
assumono élites
guerriere,
in tutto l'arco dalla tarda età del bronzo alla
prima
età
del ferro. Rilievo testimoniato
sia
dalla presenza di armi nel
le
epolture (Vibo Valentia,
S.
Domenico
di
Ricadi, Castellace, Serra
Aiello, Torre
Galli), sia
da
sofisticate forme
di
armamento e
combatti
mento
Vibo Valentia,
Castellace)53. Questo
è
evidentemente
il necessar
ioresupposto della importanza assunta, secondo
Antioco,
dai συσσίτ
ια
sfondo militare entro questa area e
di quella dialettica, attestata
dalla
necropoli
di
Torre
Galli,
tra
armati
di
spade
e
armati
di
lancia
con ο senza schinieri54; ma
lo è altrettanto
bene
di
quella realtà che
vede barbari
locali ma
anche i Greci
in
qualche
modo costretti a quel
reciproco rispetto che rende possibile
lo
scambio economico.
Infine la storia degli
insediamenti calabri, sullo sfondo di una con
tinuità
di
vita
degli
abitati
dall'età del
bronzo
finale
alla
prima età del
ferro55, lascia intravedere insediamenti in posizione
dominante, con
controllo degli
assi
naturali di
percorrenza e
delle
vie
d'acqua, inseriti
entro un sistema
di
insediamenti
collegati,
nell'ambito del quale si rea
lizza un
processo
di
accentramento,
caratterizzato
dalla
crescita
di
un
centro
maggiore,
e
da
uno
di decentramento,
caratterizzato
dal
diffon
dersi
i
centri
minori
interessati
a
un migliore
sfruttamento
del
territo
rio56.
In
conclusione, il
quadro offerto
dalla
Temesa
brettia
in
quanto
identificata
con
quella omerica
e
caratterizzata dal culto dell'eroe-
demone, si rivela coerente non solo
con
quanto
le
fonti greche mostra
no
i
sapere sui più antichi insediamenti della Calabria 'ausone', ma
soprattutto
coerente con quanto la documentazione archeologica, in
relazione
all'area
bréttia
verosimilmente
interessata
dallo
sfruttamento
52 Bietti Sestieri, art. cit., p.
26,
36.
53 R. Peroni, La problematica dell insediamento dell età
del
Bronzo e
della
prima età
del
ferro, in Ricerche sulla protostoria della Sibaritide, Napoli, 1982,
p.
11
ss.
Cf. D Agostin
o
iviltà, cit. p. 43;
Preistoria,
cit.
155.
54 D Agostino, Civiltà, cit.,
p.
41 s.; Preistoria, cit., p. 155.
55
Peroni,
Problematica, cit., p. 11.
56 P. Guzzo, ibid.,
p.
30
ss.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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856
ETTORE LEPORE- ALFONSO MELE
delle risorse minerarie
e
dal connesso commercio, lascia intravedere.
La
bontà
e l'arcaicità della tradizione
foceo-locrese ne
esce così piena
mente
confermata.
La
tradizione
sulla Temesa dell'età
dei νόστοι
come
interessata
da
colonizzazione
greca, etolica ο
focidese,
è, dunque,
più
recente
e
con
nessa a
momenti diversi
dalla
storia di questo centro brettio. Si
tratta di
tradizioni
alternative rispetto
a quella foceo-locrese. Esse
attestano un
vero
e
proprio stanziamento
greco a Temesa
nell'età dei
νόστοι,
la stes
san cui Polites
resta vittima dei
barbari locali
e
Mente va a
cercare
rame tra genti di altra lingua. In
questo
caso
il primitivo
stanziamento
ausone, quando non scompare del tutto,
rappresenta
una
fase
anterior
e
n cui ύστερον viene a calarsi
lo stanziamento
degli
eroi
reduci da
Troia57.
Queste
tradizioni,
in
altri
termini,
in
qualche
modo
respingono
ο riducono la
portata
della tradizione ausone
con tutto
quanto vi si con
nette.
Contemporaneamente esse introducono un diverso tipo
di
econo
mia.Toante
etolo,
fondatore di Temesa58
è il
successore di Oineo, al
quale
si collegano tradizioni agricole di
έμφύτευσις, rese evidenti
da
tut
ta
a
sua
genealogia Orestheo,
l'uomo dei
monti; Phytios, il
piantatore;
Oineo,
l'uomo
del
vino.
Egli rappresenta, dunque,
la viticoltura
montan
a uale al Bruttio si
adattava,
e dovette
adattarsi a
Temesa, dal
momento
che
Plinio ricorda
la
bontà del
vino
di Temesa59.
Questa
tra
dizione, dunque, da un lato
conferma quei caratteri
che si
erano
intra
visti
nel
territorio
controllato
da Temesa, dall'altro implica distacco dal
primitivo
orizzonte ausone, pastorale, minerario
e
commerciale, in cui
si inseriva il
culto filelleno
del
daimon-lupo circondato
da ulivi
selvatic
i.n
questo
senso l'insediamento etolico riflette
realtà greche
della
colonizzazione di
età storica, nell'ambito della quale si afferma
in Italia
l'agricoltura
dei
φυτά.
Un
analogo
significato ha anche la tradizione sull'arrivo dei Foci-
desi.
Si
trattò,
come
dice
Licofrone,
dei
compagni
dei
figli
di Naubolo,
Schedio
perito a Troia, ed Epistrofo,
i
quali,
occupando
la
zona
tra
Lampete e
Hipponio, con l'aratro tratto da
buoi
areranno la terra di
Crótone posta
di
fronte allo stretto60. Temesa, dunque, è stata
oggetto
Strabo, VI,
1, 5, 253.
58 Strabo, Le.
59 Plin.,
N.H.,
XIV,
69.
60 Lycophr., Alex., 1067 ss.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 857
di una colonizzazione
greca di tipo
agricolo,
la quale ha investito il ter
ritorio
di
Crotone e
corre
parallela allo
stretto
di
Messina, collocandosi
tra
Clampetia
e
il
promontorio
di
Hipponio:
entro
quello spazio
cioè
che per
Plinio
è il sinus Vibonensis61.
Anche in
questo
caso, dunque, abbiamo una realtà
che
supera quel
la riginaria, ausone
e
pastorale,
e
che si
connette, questa
volta in
maniera
assai esplicita,
alla
colonizzazione greca:
alla
colonizzazione
achea e
a
Crotone. Anche in questo caso è un
nuovo
aspetto
del
paesag
gio
he
si rivela:
la
cerealicoltura
presuppone
spazi pianeggianti ο
declivi,
che si
proiettano
verso l'interno, verso
Crotone
e in parallelo
con
lo
stretto.
Si
può aggiungere che,
come nel
caso della viticoltura v'è
la posteriore testimonianza
dei
vini locali, così
nel
caso degli
arativi e
del
rapporto
con Crotone v'è
una
posteriore ricorrere
di
queste
stesse
realtà, nella colonizzazione romana
del
194 a.C, che
interessa contem
poraneamente Temesa
e
Crotone
quali coloniae
civium
Romanorum62.
Un'ultima
nutazione,
infine,
a
proposito
di Licofrone.
Il dotto poeta
mostra
di
essere ben cosciente
di questa
diversa funzione che
egli
attr
ibuiva
a
Temesa,
fondazione
focidese
di
carattere agrario. Quando,
infatti, parla
delle offerte
di
Menelao ad Atena in
Iapigia
parla
di
un
Ταμάσσιον κρατήρα63,
un cratere
di Tamassos, la
località
cipriota in
concorrenza
con Temesa
nel
rivendicare l'identificazione con
la
Temes
a
merica.
Licofrone, quindi,
come
attribuiva
alla
Temesa
bréttia
una
caratterizzazione eroica ma agraria, così nell'età
dei
νόστοι
voleva
valo
rizzato il rame della Tamaso cipriota: il significato polemico della colo
nizzazione focidese
attribuita
a Temesa appare così in tutta la sua evi
denza.
In conclusione la
storia
di
Temesa attraverso
questo
complesso
di
fonti
relative alla
sua fondazione, ci si
presenta nei
termini di
una
evo
luzione da comunità ausone a comunità
greca;
da comunità di pastori a
comunità
di
piantatori
e
agricoltori; da sistema periecico
a
sistema uni
ficato intorno
a
un centro maggiore; da luogo
di
commercio
a polis.
Una evoluzione nell'ambito della
quale
andrà,
dunque,
collocata e
interpretata
la
storia del
culto
dell'eroe-daimon
che ne rimane la carat
teristica più
appariscente fino alla dissoluzione ad opera dei Locresi.
61 Plin., N.H.,
III,
72.
62 Liv., XXXIV,
45,
3-5.
63 Lycophr., Alex., 854.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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858
ETTORE
LEPORE-ALFONSO MELE
2 -
La leggenda dell'eroe
di Temesa
e il relativo
culto ci
è stato
conservato
da varie
fonti, in
una veste tuttavia abbastanza unitaria, si
da far pensare ad un'unica fonte comune.
Per noi il
testimone più anti
co Callimaco64, che alla vicenda dedicava uno
dei suoi
Aitia.
La
die-
ghesis relativa attesta che il poeta richiamava il
passato
olimpico
dell'atleta
Euthymos di
Locri e, quindi, narrava del
suo
scontro
vitto
rioso con l'eroe di Temesa. Stando a quel
che
la dieghesis
conserva
egli
chiariva che questo
eroe
era stato
un
compagno
di
Odisseo il quale
riceveva
un
tributo dai locali
e
dai
vicini.
Questo prevedeva
l'offerta di
un
letto
e
di una
κόρη
in
età da marito, che all'alba i genitori
riportava
nocasa donna
invece
che vergine. La fine
di
questo tributo fu opera
del pugile Euthymos.
Il
riassunto
proseguiva, ma
delle
successive
linee
14-17
a parte
il
πύκτης
iniziale
niente
altro
si
riesce
con
certezza
a
recu
perare;
delle linee 18-21,
poi, non resta nulla. Qualcos'altro, comunque,
c'era
in Callimaco,
a
parte la conclusione dell'episodio. Un passo
di
Pli-
nio65 ci
permette
di
sapere che Callimaco s'era parecchio interessato
alla storia dell'atleta locrese
e, in particolare, delle vicende
che
gli ave
vano
consentito
di ricevere onori
divini. Il pugile, tre
volte
vincitore ad
Olimpia
e
una sola volta vinto, aveva
avuto
onori divini da vivo per
ordine dell'oracolo di Delfi
e
col
consenso
di Zeus. Fonte della notizia
era Callimaco, che, secondo
Plinio,
aveva espresso la
sua
ammirazione
per
il
fatto
che
le
due
statue
dell'atleta,
erette
una
a
Locri
l'altra
a
Olimpia, erano state entrambe colpite dal
fulmine
nello stesso giorno;
che
era
stato ordinato
di
far sacrifici
a
lui, cosa che si fece tanto durant
e
a vita quanto dopo la morte
di lui ;
e che
tale pratica era
stata
voluta
degli
dei.
Ne
deriva
l'impressione fondata che Callimaco conservasse
una
tradizione sull'atleta,
le
sue gesta
sportive, lo
scontro con
l'eroe,
la
natura
divina che
gli
era stata riconosciuta e il
culto
che
gli
era stato
tributato.
Si trattava
evidentemente di una tradizione locrese, in quanto
legata
a
un atleta locrese
con culto a
Locri, dalle evidenti implicazioni
elee,
data
la sua
caratteristica
di
olimpionico,
e
delfiche, se era
stato
l'oracolo di
Delfi ad imporne il culto.
Questa stessa tradizione si ritrova nelle
fonti
parallele, sia
perché
coincidenti con
Callimaco
per
ciò che attiene alla
vicenda
della vittoria
di Euthymos sull'eroe
di
Temesa;
sia perché
manifestamente
legate,
64 Fr. 98 Pf
65
Plin.,
N.H., VII, 152 = Callim.,
fr.
99 Pf.
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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA
859
quando non si
limitano
a
questo
solo
episodio,
ad
un
analogo
schema,
comprendente
il racconto
delle
sue
gesta
sportive e le forme assunte
dal
suo
culto.
Questo
schema
è
presente
in
Pausania,
Eliano
e
la
Suda.
Pausan
ia66, infatti,
traccia l'intera biografia dell'atleta: la nascita in Italia
a
Locri; la paternità; la discendenza dal
Kaikinos
secondo i locali;
le
vit
torie olimpiche
e
l'unica sconfitta ad opera
di Theagenes;
lo
scontro
con l'eroe
di
Temesa; la morte prodigiosa. Significativo
è
il richiamo
agli
έπιχώριοι
come
fonte della notizia relativa
al Kaikinos, fiume
di
frontiera
tra
Locride e
Reggio
e
connesso
ad una leggenda
di
cicale che
cantano nella Locride
e
tacciono
nel territorio reggino.
Il
riferimento è
a fonti
locali e
nello stesso tempo
alla
natura divina
attribuita
all'atleta,
cui
si
nega
un
padre
mortale nello stesso tempo
in
cui
si
concede
una
morte prodigiosa.
Tratti
questi che trovano riscontro nelle note offerte
locresi alle ninfe che recano l'immagine cultuale di Euthymos nelle
vesti di una divinità fluviale in forme taurine67.
Su
una
linea analoga
è
Eliano68. Di Euthymos pugile
locrese
di
meravigliosa
forza, egli
ricorda che sollevò
e
pose dinnanzi alla porta
una grossa pietra, che i Locresi sono
ancora in
grado
di
indicare;
ricor
da
o
scontro con l'eroe di Temesa
e la morte come
scomparsa nelle
acque del
Kaikinos.
Notevole in
questo
caso,
è l'esplicita
sottolineatura
del
modo
della morte, cui
Pausania
alludeva
solo
implicitamente
e il
preciso
riferimento ai
Locresi come
fonte
delle
notizie.
Sulla
stessa
linea si pone anche la
voce
della Suda69.
La
rievocazio
neello
scontro con l'eroe di Temesa
è preceduta
dal ricordo
dell'atti
vitàtletica
del
pugile, dal ricordo dell'unica
sconfitta
patita da Thea
genes
e
delle
due successive vittorie. La tradizione è
ancora
la
stessa,
ma le affinità anche letterali sono soprattutto
con
Pausania.
Lo schema cui queste fonti si attengono
è quello
stesso di
Callima
co:'esaltazione
del
vigore dell'eroe, il
culto
e il rapporto col Kaikinos,
lo
scontro
con
il daimon
di
Temesa. A ciò si aggiunga, in particolare
per
Pausania, la
precisa
attestazione
della congruenza
tra
le
sue
notizie
e quelle
di
Callimaco,
segnalata dallo
scolio
a
Pausania VI,
6 4 (Τα
κατά
66 Paus., VI, 6, 4 ss.
67
P. E. Arias,
Euthymos,
Sicul. Gymn.,
1941,
p.
77
ss.
Cf. A.
De
Franciscis, Stato e
società
in
Locri Epizefirii, Napoli, 1972, p. 102 s.
68Ael.,
V.H.,
Vili,
18.
69
S.v.
Εύθυμος.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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860
ETTORE
LEPORE-ALFONSO MELE
Εύθυμον
τον πύκτην
ού και Καλλίμαχος
μέμνηται) e
la
netta
discrepan
zaolla tradizione timaica, che
il mito
delle cicale
e
il confine col regi-
no
connetteva non
al Kaikinos ma all'Halex70.
Alla
conformità dello
schema
corrisponde d'altro canto
un
richiamo esplicito
alla
tradizione
locrese e locale. La
tradizione, insomma,
è per questo
verso unitaria.
Una prima conclusione ne deriva.
La
vicenda dello scontro
di
Eut-
hymos
coH'eroe-daimon di Temesa nella misura in cui si inserisce in
una
trama più
complessa, si
inserisce in
un contesto la
cui
unità
sta nel
riconoscimento
delle doti
atletiche e
insieme
della natura
fluviale
e
sovrumana
del
pugile locrese.
E
la cosa non è
casuale. Per vincere un
eroe-daimon non
occorrevano
soltanto straordinarie
doti fisiche, ma
una
qualificazione
adeguata sul
piano
mitico-cultuale ed Euthymos ne
viene
in
possesso
per volere di
Zeus
ed Apollo
e
in
forza del suo
legame
col Kaikinos.
Tutto
ciò
permette
qualche
ulteriore precisazione
a
proposito del
momento
in
cui
questa vicenda
dello
scontro
con
l'eroe di Temesa
ven
ne efinita. Le vittorie atletiche
di
Euthymos, che
Callimaco,
Pausania
e
la Suda mostrano
di
considerare
come una premessa
all'episodio,
cadono
rispettivamente
nel 484, 476, 472 a.C.71. La
statua offerta
ad
Olimpia, di
cui
si
conserva l'iscrizione72, venne eretta
a vittorie
ottenut
e:
unque
dopo il 472
a.C.
Sopravvenne poi,
l'episodio del
fulmine, da
cui
prese le mosse il processo
di
divinizzazione
del
pugile, il quale per
altro ebbe,
secondo
Pausania73,
vita
lunghissima.
Le
nostre
fonti
su
Euthymos,
dunque,
hanno perfettamente ragione
a
considerare come
due
blocchi cronologicamente successivi
le
vittorie olimpiche e
lo
scon
tro
on
l'eroe; e lo
scontro
stesso, per le forme che
assume, va datato in
epoca non troppo
vicina
al 472
a.C.
Conclusione
questa
che l'analisi del
la
ocumentazione numismatica
conferma,
facendo
cessare
il
rapporto
di
Temesa
con
Crotone intorno alla metà
del
V
sec.74.
3
-
La leggenda dell'eroe
di Temesa ci
è pervenuta
oltre
che
nelle
fonti
interessate
alla
carriera
di
Euthymos,
anche
in
altre,
come
Stra-
bone ed Eustazio, unicamente interessate alla
storia
di
Temesa
e
alla
70 Tim., fr. 43 Jac.
71 L.
Moretti,
Olympionikai,
Roma,
1957, n. 191, 214,
227.
72
1. Ebert,
Epigramme auf
Sieger an gymnischen
und
hippischen Agonen, Berlino,
1972, p. 69, n.
16.
Cf. L.
Moretti,
Iscrizioni
agonistiche
greche,
Roma,
1953, p. 30 ss.
73 Paus.,
VI,
6, 10.
74 Vedi sotto p. 878 ss.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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PRATICHE
RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 861
vicenda, divenuta proverbiale, dell'eroe relativo. Questo secondo
grup
po
i fonti si caratterizza
sia per
l'interesse
al
proverbio,
sia per
l estr
emaoncisione
con cui
la vicenda è narrata, la quale
contrasta
con il
racconto
particolareggiato
di
Callimaco,
di Pausania
e
della
Suda.
Strabone75
ricorda
l'heroon
presso
Temesa,
ricoperto di
olivi selvat
ici,
i
Polites compagno
di
Odisseo, che ucciso
a tradimento
dai barbar
igli Ausoni
di cui
ha parlato poco
prima), divenne loro esoso persecut
ore,
er cui,
secondo
un oracolo, ricevette
tributi
da loro e
diede
origi
nel
proverbio riguardante
quanti
avanzano pretese eccessive,
ai
quali
in
forma
di ammonimento,
si ricordava che essi si comportavano come
l'eroe di Temesa76.
L'uso dei
tributi cessò ad opera del pugile
Euthy-
mos, che, in occasione della conquista locrese della città,
affrontò e
vin
se
'eroe costringendolo
a smettere.
Le parole
di
Strabone
sono
riprese
da Eustazio77, che però non va oltre la citazione del proverbio
e
la
sua
spiegazione in
riferimento
a
quanti
eccedono
le loro
pretese e vanno,
quindi, incontro alla sorte
patita
dell'eroe
: aspetto, quest'ultimo,
che la
restante
tradizione sul
proverbio
si incarica
di rendere
sempre più
esplicito78. A
parte
il
richiamo
al
proverbio,
che
non sappiamo se Call
imaco
riprendesse,
la tradizione
è
ancora
quella
callimachea, come pro
va l confronto
tra
Strabone e la Dieghesis.
Quel
che manca
nella
dìe-
ghesis è il
nome di
Polites attribuito al
compagno di
Odisseo e la
detta
gliata descrizione
del
modo
della sua
morte.
Tenuto conto, tuttavia,
del
fatto
che
la
dieghesis
è
un
riassunto
più
interessato
ad
Euthymos
che
alla storia precedente dell'eroe, nel quale tuttavia riconosce un
compa
gno
rascurato
di
Odisseo (περίλοιπος
της 'Οδυσσέως
νεώς) tenuto altres
ì
onto del
fatto, già noto, che la vicenda
di
Polites è
in
Pausania, il
cui
racconto si colloca
nello
schema della tradizione locrese-callimachea
e
viene
accostato
dallo scolio a quello stesso di
Callimaco,
l'ipotesi che di
Polites e
della sua
deplorevole morte accennasse anche
Callimaco
pare
giustificata.
Eliano79 ha una
posizione
intermedia tra
tutti
costoro.
Si
inserisce
anche
lui
nello
schema
locrese
callimacheo, come
si
vide, e
quanto
alla
Strabo,
VI, 1, 5, 253.
76 II
luogo straboniano
è
corrotto,
ma
il
senso
ultimo
del proverbio
è
chiaro attraver
so
l
confronto con Eustazio
(ad Od.,
I, 185), che
deriva da
Strabone,
e
con
le
altre
fonti
che
ne
fanno
menzione: Zenob. Ath.,
Ili, 175 (=
Ps.
Plut.,
Prov.
Alex., 131);
Ael.,
V.U.,
Vili,
18;
Sud.,
s.v.
ό
έν Τεμέση
ήρως.
77 Ad Oc?., I,
185.
78 Vedi n. 76.
79
V.H.,
Vili, 18.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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862
ETTORE LEPORE-ALFONSO
MELE
storia
dell'eroe la riduce alle esazioni ai danni dei locali, che l'eroe
compiva,
e alla liberazione operata
da Euthymos affrontando
e
vincen
do
'eroe. Se egli dipenda anche nei
particolari
da Callimaco non può
dirsi
:
in
ogni
caso
non
da
notizie contrastanti
colle sue
ed
è
esplicito,
come si vide,
in
lui il
richiamo
diretto ai
locresi.
Pausania, al contrario, da la
storia
in tutti i suoi dettagli80. Odisseo
nel
corso del suo νόστος
capitò
in Italia e in Sicilia
e
insieme alle
navi
giunse anche
a Temesa.
Qui uno dei suoi compagni ubriaco fece violen
zauna
vergine
e per questa colpa
venne lapidato dai
locali.
Odisseo
non
si
diede
pensiero
della sua perdita
e ripartì. Il daimon dell'uomo
lapidato non trascurò alcuna occasione
per
uccidere quanti erano
ο
capitassero
a
Temesa,
qualunque età avessero,
fino
a
che la
Pizia a
quelli
che
si
accingevano
ad
abbandonare
del
tutto
l'Italia,
non permise
che
partissero
e
ordinò
di
placare
l'eroe, di
ritagliargli
un
temenos,
costruirgli
un sacrario ed offrirgli annualmente la più bella
delle vergi
ni
i Temesa
perché ne facesse
una
donna.
Dopo
che quelli ebbero
ese
guito
gli ordini del
dio,
non ebbero più nulla a temere da
parte
del da
imon Euthymos, giunto
a Temesa
nel
momento in cui veniva
fatta la
consueta offerta, si informò del perché ed espresse il desiderio
di
entrar
nel
tempio
e
vedere la
vergine.
Vistala, ne ebbe prima pietà e poi
se ne innammorò. La
fanciulla gli
giurò che se fosse stata salvata
l'avrebbe
sposato
ed Euthymos, armatosi, attese l'arrivo
del
daimon. Lo
vinse
in
battaglia
e
lo
scacciò dalla
terra;
l'eroe
scomparve
sprofondan
doel
mare,
Euthymos celebrò splendide nozze e i locali per sempre
furono liberati dal daimon.
La Suda sostanzialmente si
attiene a
questo
racconto81
: il
νόστος
di
Odisseo in Italia
e
Sicilia; l'ubriachezza, la violenza e la
lapidazione
del compagno; la
partenza
incurante di Odisseo; la reazione del da
imon la tentata
fuga degli
abitanti, l'intervento
della Pizia,
il temenos,
l'offerta
annuale della più bella
vergine,
perché
il
daimon si unisse a
lei, l'arrivo di Euthymos
che
apprende dell'uso durato
già
molti
anni,
l'entrata
nel
temenos;
la
vista
della fanciulla; la
pietà,
l'amore,
l 'arma
mento, lo
scontro notturno;
la vittoria e la cacciata
del
daimon; la
sua
scomparsa
definitiva, le nozze
con
la vergine. Non
c'è nulla
che
non
sia
in Pausania. Unica differenza
l'accenno
esplicito al fatto che il daimon
80 VI, 6,
7-10.
81 5.
ν.
Εύθυμος.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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PRATICHE
RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA
863
veniva fuori di notte : ma
Pausania
aveva
pur detto che il
pugile
entrato
nel tempio dovette poi
attendere
l'uscita
del
daimon e
questo,
ad un
orecchio
accorto,
doveva suonare significativo del
suo
notturno arrivo.
Per
di
più
Pausania
aveva
subito
dopo
descritto
il demone
come
χρόαν
δεινώς μέλας e questo
di nuovo
confermava la
natura
notturna
del
demone. Le
coincidenze
anche verbali con Pausania sono, comunque
troppe per
non ammettere
un
rapporto stretto del
testo
della
Suda
con
quello dato dal Periegeta.
Si deve
però aggiungere
che la sostanza è ancora
quella di Callima-
co, così come dalla parte restante
della dieghesis
si viene
a capire.
L'eroe
di Temesa
è
un compagno
di
Odisseo
e
la
sua
storia
è
conse
guenza della permanenza della sua nave a Temesa; l'eroe riceveva
un
tributo
da
locali
e
vicini,
consistente
in
un
letto
e
una
fanciulla
da
marit
ohe
veniva
lasciata nel
tempio
e ritirata al
mattino
defiorata. Euthy-
mos pose
fine
al tributo. L'accenno al compagno
di
Odisseo restato nel
posto allude alla
storia
di Polites
e
alla noncuranza di Odisseo verso di
lui,
che è poi la causa dell'ira
del demone
e
di tutto quel
che segue.
L'accenno in Pausania e nella Suda al
fatto
che
l'eroe
dovette attendere
lo
arrivo del demone
e
che il combattimento fu
notturno
conferma che
anche per
costoro
il rito si compiva durante la notte. L'accenno al
fatto
che la παρθένος veniva offerta
come
γυναίκα
oppure
ές
γυναίκα
all'eroe
lascia intendere che anche queste fonti concepivano
il
rito
nei
termini
descritti
nella
dieghesis.
Se
a
questo
si
aggiunge
la
già
notata
identità
dello schema, locrese-callimacheo, seguito da queste
fonti
e la
notizia
dello
scolio,
che attribuisce
a Callimaco
un
racconto analogo a
quello
di
Pausania, il cerchio
del
ragionamento si chiude e la conclusione obbli
gata
è
che anche quegli elementi che la dieghesis non
riferisce
detta
gl iatamente , ma solo parte essenziale della storia
del
compagno
di
Odisseo (il nome
Polites,
la
vicenda
della
morte, l'ira, l'intervento
di
Delfi)
rientrano
nella
stessa
tradizione.
Insomma tutto
questo racconto su Euthymos e sull'eroe di
Temesa
nelle sue diverse
articolazioni
rientra
in
una
unitaria
tradizione
elea
e
delfica, ma soprattutto
locrese,
che
in tutto
ο
in
larga parte si
giova
della mediazione callimachea, ma che
deve,
per le ragioni prima accen
nate,
essersi compiutamente
definita
intorno alla metà del
V
secolo
a.C.
4 - Pausania,
tuttavia,
da ancora una notizia
su
Temesa
e il
suo
daimon, riferendoci
di
una γραφή μίμημα
di
un'altra αρχαία che egli
avrebbe
direttamente
vista.
La
fonte ora
è
mutata
e mutate sono anche
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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864
ETTORE LEPORE-ALFONSO
MELE
le forme della
tradizione.
Si trattava
di una serie di
personificazioni
tra
le quali
in
ogni
caso mancavano
Polites,
Euthymos, il Kaikinos, la
παρθένος, la cornice
eleo-delfica,
e comparivano invece il νεανίσκος
Sybaris,
il
fiume
Kalabros, la
fonte
Lyca,
Hera,
Temesa,
il
δαίμων
in
veste
di
lupo
e
col nome
di
Alybas. Una serie
di elementi
vengono così
in primo piano. Ma
per
cominciare occorre precisare che
tanto
nell'edi
zioneeubneriana
di
Pausania curata
dallo
Spiro, quanto poi in
quella
della Rocha Pereira, in
questo
contesto Γήρα
dei
codici viene corretto,
col
Clavier,
in ήρωον,
mentre al δαίμων si attribuisce,
correggendo
il
tradito λυβαντα, il nome Λύκαν.
Le
due soluzioni
non
convincono affatt
o.ulle
due
lezioni concordano
i
codici
di miglior
valore,
il
Parisinus
Greecus
1410
(P)
e il Laurentianus 56, 11 (F) e il
codice più
antico,
il
Venetus
graecus
1413
(V):
esse
risalgono,
dunque
all'archetipo82.
La
corruzione di
un
ήρωον in
ήρα è inoltre
assai improbabile in
un
conte
sto
n cui
si parla
di
un ήρως
a più riprese. Anche una
corruzione
di
Λύκαν τα in
Λύβαντα
non pare spiegabile : λύκου si diceva subito prima
a proposito della pelle
indossata
dal
daimon e Λύκα un
pò prima
anco
rai chiamava la fonte connessa
a tutto
l'insieme
delle
figure. Neppure
in questo caso la corruzione pare
spiegabile.
Al contrario la tradizione
indiretta,
rappresentata dalla Suda, che già si
vide ripetere perfino
del
la ettera Pausania, conserva
Άλύβας come
nome
dell'eroe.
Se ciò
è esatto,
una serie di considerazioni si
impongono.
Hera
è
la
grande
divinità
achea,
presente a
Crotone83, Sibari84,
Metaponto85,
Posi-
donia86. Alybas è
Metaponto87 ο
il
padre
di Metabos88, che è
eponimo
82 Cf. Pausanias, Graeciae descriptio,
ed.
M.H. Rocha
Pereira,
I, Lipsia,
1973 p.
VIII-
IX.
83 G. Giannelli, Culti e miti della Magna Grecia, Firenze, 1963,
p.
135
ss.
Cf.
P.
Orsi,
Not.
Se,
1911,
Suppl.,
p. 62 ss.; G. Spadea,
Klearchos,
1974,
p. 5.
84
Giannelli,
cit.,
p.
101
ss.
85
Giannelli,
cit.,
p.
69.
Cf.
Tempio
Β
(D.
Mertens,
Atti
XIII
Conv.
di
studi
sulla
M. Grecia,
Taranto 1973,
Napoli
1974,
p.
201
ss.)
e
quello
extramurario delle Tavole
Pala
tine {ibid.,
p.
212
ss.).
86 Giannelli, cit., p. 125
s.
Cf. P. Zancani
-
U. Zanotti Bianco, Heraion alla
foce del
Sele,
HI, Roma,
1951-54; P. Zancani e altri, Atti M. Grecia, 1964,
p.
57
ss.;
1966, p. 23 ss.
per l Heraion del
Sele;
ad Hera
erano
ancora dedicata la principale area sacra
della
città,
con il
ed.
Tempio di Nettuno e
la
Basilica:
P.
Zancani Montuoro,
EAA, V,
Roma 1963,
p. 833 ss.
87 Ap.
Soph., Lex.,
24,
18; Schol. Od. XXIV, 304; Steph. Byz., s.v. Άλύβας; Hesych., s.v.
Άλύβας; Eustath., ad Od., XXIV,
304.
88 Et. M., s.v. Μέταβος.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA
865
della primitiva
Metaponto
ed
ancora eroe italico a
Priverno89. Esso è
quindi figura acheo-italica, la cui presenza accanto al Sybaris
e
ad
Hera neppure
è casuale. La γραφή per questo
aspetto ha, dunque, netto
e
coerente
carattere
acheo.
D'altro canto Σύβαρις qualificato come νεανίσκος, maschile quindi
come il
fiume,
e
non
femminile come
la città,
strettamente unito
a
un
altro
ποταμός, il Kalabros,
e
ad
una
fonte,
Lyca,
è
il fiume omonimo
della città
distrutta nel
510
a.C.
Sarà allora da notare che
esso
non era
rappresentato,
come
di
regola
avveniva
per i fiumi, come
barbuto άνήρ.
Eliano ricorda un'eccezione
a
questa
regola
:
si trattava
del
fiume om o
nimo alla
città
di
Akragas, il quale veniva concepito ed era rappresentat
oome παις ωραίος90. La qualifica indica un
livello di età
assai
vicino a
quello
del
νεανίσκος e
in
qualche
modo
serve
ad
intendere
una
qualifi
cael genere era tutt'altro che
limitativa.
Ma c'è di più in
questo
senso.
Un
νεανίσκος
Σύβαρις
posto
accanto al daimon
di Temesa
ricorda
assai
da
vicino un altro νεανίσκος
ο παις ώραϊος pure messo in
relazione
con
tale
daimon :
Euthymos rappresentato
come toro
dal
volto
umano,
gio
vanile
ed
imberbe91, divinità
fluviale connessa al Kaikinos,
il fiume
che
in questa
veste
delimitava il territorio
locrese92
ed era considerato
προ
της των
Λοκρών
πόλεως93. Il
νεανίσκος Σύβαρις,
dunque, non solo
richiama il caso
agrigentino, del fiume
omonimo della città, ma
richi
amauthymos divinità fluviale
elevato, in
rappresentanza
di
Locri, al
rango
di
antagonista
del
daimon
di
Temesa94.
Se
ne
devono
dedurre più
cose.
La connessione evidente di
questo fiume
con la
città
omonima; la
necessità
di vedere in questo
fiume
l'esaltazione di questa
città e
una
particolare
tradizione iconografica locale; la necessità
di
considerare
questa
figura
non solo
coerente con l'ispirazione
achea della
γραφή,
ma
centrale
nel rapporto
con Temesa
la
necessità,
infine,
di vedere
in que
sta
γραφή
non
un
qualunque prodotto culturale ed
erudito,
ma il
cosciente richiamo a
un
passato acheo-sibarita di Temesa.
Una
realtà
più antica,
quindi, di
pieno VI secolo, che in quanto
escludeva
Euthy-
89
Cato,
fr. 62 P.; Virg., Aen., XI, 535
ss.; Serv.,
Aen., VII, 803; XI,
567.
9<>
Ael.,
V.H.
II, 33.
91 V. sopra n. 67.
Paus., VI, 6,
4.
«Ael.,
V.H.,
Vili, 18.
94
Questo
ruolo del Sybaris nella tradizione confluita
nella γραφή era stato già, in
epo
ca nteriore alla scoperta dell ex-voto fittile di
Locri,
individuato da : G. De Sanctis,
L eroe di
Temesa.
Scritti minori, I, Roma,
1970 p.
28
s.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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866
ETTORE LEPORE-ALFONSO
MELE
mos, il Kaikinos,
Polites,
la παρθένος, Apollo, ossia
gli
ingredienti tutti
della tradizione
callimacheo-locrese,
era destinata, conservandosi, ad
assumere un valore polemico rispetto
a
questa ultima.
Questa
realtà
come
si
è
visto
era pervenuta
a
Pausania
sotto
forma
di una
rappresentazione figurata,
che
egli
considerava ripresa da un
dipinto antico. Se ne dovrebbe dedurre che
questo
complesso
e l ' insi
emeei
valori con cui era
costruito
aveva
trovato
ad
un
certo momento
una
sua consacrazione
figurata, che Pausania nel II d.C. riteneva
anti
ca. La Zancani Montuoro pensa che questa consacrazione risalga alla
metà
del
VI
sec.
a.C. e si sia avuta
in Olimpia,
dove Pausania ne
avreb
beitrovata la riproduzione95. L'ipotesi
potrebbe
trovare
sostegno
in
alcuni
fatti.
Pausania
parla
del quadro senza dare indicazioni sul luogo
in
cui
l'ha
ammirato,
ma
ne
parla
entro
un
contesto
eleo.
D'altra
parte
l'interesse
ionico
e
foceo
a
Temesa, denunziato
come
si vide96 dalle ana
logie
tra la storia
di Polites,
quella
dei
Focei
di
Alalia
e
di Palinuro,
giustificherebbe
un
analogo interesse sibarita a
definire lo statuto
acheo di Temesa
e
a
farlo
in
una
sede solenne come Olimpia.
Vi sono,
però,
anche altri momenti della successiva storia
di
Temes
ahe possono giustificare la ripresa figurata di tradizioni sibarite. Si
pensi alla
conquista
locrese
e
alle sue conseguenze97; si pensi all'ascesa
della vicina
Terina, che
si realizza da
un lato
nella opposizione a
Turi98,
dall'altro nell'egemonia
sul
golfo
di
S. Eufemia, che da Lametino
divie
ne
erineo ; si
pensi a Crotone,
come
Terina
ostile a
Turi,
con
l 'appog
gioegli
antichi
esuli
pitagorici100, i quali contavano alleati
tra
i
Lucan
i101, anch'essi coinvolti nelle lotte contro Turi102.
Ve
ne
è
a sufficienza
95
Atti M. Grecia, 1968-69, cit., p. 13.
96 Vedi
sopra
p. 852.
97
Strabo,
VI, 1, 5, 253.
Questa
tradizione
trova
il
suo sostegno
sia nella scomparsa
delle
monete
crotoniate per Temesa intorno
alla
metà
del V
sec.
(vedi
dopo
p.
878 ss.),
sia
nella netta
opposizione tra
la tradizione
locrese
e quella
acheo-sibarita riflessa
nella
γραφή. Contro : De Sanctis, cit., p.
24,
che è seguito dalla Zancani Montuoro Atti M. Grec
ia,
1968-9,
cit., p.
17.
98POLYAEN., II, 10, 1.
99 Vedi
sopra
p. 849 e n.
11-13.
10° Jam., V.P.,
263.
101 1
Lucani aiutano
gli
esuli di Crotone,
consentono loro
di
riorganizzarsi
(Plut., Mor,
583 A)
;
a un Lucano, Aresa, viene affidata la
direzione
del movimento
pitagorico
dopo la
crisi
di metà
V
sec.
(Jam., V.P.,
266) e quest ultimo compare come Oresandros tra Lucani
e lucane aderenti al
Pitagorismo
nel Catalogo di Jamblico (Jam., V.P.,
267).
Cf. A.
Mele,
//
pitagorismo e
le popolazioni
anelleniche d Italia, in
AION,
III, 1981,
p.
64 s.
102
Polyaen., II,
10,
2; II,
10, 4-5.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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PRATICHE
RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 867
per
immaginare
che tradizioni sibarite, non locresi, né crotoniati ο
teri-
nee, venissero
per
Temesa
polemicamente
richiamate. E il richiamo
non era solo possibile ai
difensori
dell'autonomia di
Temesa,
ma anche
ai
negatori
della
stessa,
almeno nella
misura
in
cui
potevano
presentars
i
ome
legittimi eredi
di Sibari
:
si pensi
in particolare al
tentativo di
Turi
di riprendere
le
posizioni sibarite sul
Tirreno, lottando
con Terina
e
i Lucani, ma anche alle lotte
di
Turi
contro i Brettii all'epoca della
spedizione
di
Alessandro il Molosso 103.
Insomma, le
tradizioni sibarite
su
Temesa
che
risalivano a prima
del 511/10 hanno avuto più
di
un motivo
della metà
del
VI sec. fino alla
conquista
brettia
e oltre per essere tenute
in
vita e costituire
così
l am
biente adatto alla nascita
e/o
conservazione
della γραφή
di
cui
Pausania
constatava
gli
ultimi
effetti.
La
tradizione
neoclassicista
di
II-I
a.C.
di
cui
si è invocato il
ruolo a
proposito
della
γραφή nel recente
convegno
su
Temesa
e
il suo territorio, cronologicamente
parlando
non può
esse
re
ltro,
quindi, che l'ultimo
motivo
atto a spiegare la
conservazione del
quadro.
5 -
L'analisi
della vicenda mitica
e
cultuale dell'eroe di
Temesa
è
cosa su
cui
già si provarono il Maas104, il Pais105, il
De
Sanctis106, il
Giannelli 107,
che ha anche il merito
di
aver
riassunto
e
criticamente
discusso le tesi
dei
suoi predecessori.
Ad
essi tutti, anche
se in
una
misura
diversa,
si
può
obiettare
col
Gernet
108,
che
le
loro
analisi
appaio
noiù interessate
al
sostrato storico della
leggenda che
al tema
mitico
in
sé.
I due aspetti vanno
invece
tenuti costantemente presenti se
rea
lmente
il
sostrato storico del
mito si
intende chiarire ed
è
quanto ora ci
accingiamo
a
fare,
partendo, ovviamente,
dalla
versione
meglio docu
mentata
: quella
locrese ο
callimachea.
103
Cf.
Plut.,
TimoL,
16,
3-4;
19, 2
con
Trog.-Justin.
XII,
2, 15
e
Strabo,
VI,
3, 4,
280.
Per le mire di
Alessandro
il Molosso
su
Temesa, vedi sotto p.
883.
104
Der Kampf um
Temesa,
1dl, XXII,
1907, p. 18
ss.
105
La leggenda di Eutimo di Locri e dell Heroon di Temesa, in Italia
antica,
II,
Bolo
gna, 1922, p. 79 ss.; Nuove osservazioni sulla lotta di Eutimo di Locri a Temesa, ibid.,
p.
93
ss.
106 L eroe di Temesa, in
Atti
Tor., XLV, 1909-10,
p.
164
ss.
=
Scritti
minori, I, Roma,
1970, p. 21 ss.
107 Culti e miti, cit.,
p.
223
ss.
Cf. anche E.
Ciaceri,
Storia, cit.,
p.
258
ss.
108
Anthropologie delà Grèce antique, Parigi, 1968, p. 168 n.
79.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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868
ETTORE LEPORE-ALFONSO
MELE
II significato
del
rito secondo questo
ambiente
può essere
a
suffi
cienza
chiarito,
se si
tiene
conto
di
una parallela
vicenda mitica,
riferita
da Antonino Liberale
109,
la
cui
affinità
con
la vicenda
di Temesa
è stata
da
tempo
sottolineata110.
Una
belva
carnivora dal nome
di
Lamia
ο
anche Sybaris, la quale abitava
una grotta
del
monte
Kirphys presso
Crisa, rende
impossibile
la vita nei
campi a uomini
e
bestie.
I Delfi si
vedono
costretti
all'emigrazione,
ma
il
dio a loro
che
chiedevano dove
andare, risponde che si
sarebbero
liberati dall'incomoda situazione,
esponendo un
giovane scelto
tra i cittadini nei pressi della grotta. La
sorte
volle che fosse scelto allo scopo il giovane Alcyoneo, figlio unico
di
Diomos e Meganeira, bello d'aspetto e di
carattere.
I sacerdoti
inco
ronano
il giovane
e lo
conducono alla
spelonca,
ma
per fortuna
giunge
dalla
Curetide
Eurybatos
figlio
di
Euphemos,
stirpe
del
fiume
Axios,
giovane
e nobile (νέος και
γενναίος),
che visto il
giovane
e innamoratos
enehiede il
motivo
del
sacrificio
e decide
di
opporsi. Tolte le corone
ad Alcioneo e
postele sul suo capo,
si fa condurre alla
grotta,
vi penet
ra, trappa la belva al suo
covo,
la trascina fuori
e
la fa
precipitare
giù. Quella cade sulle rocce ai piedi
del
monte,
e
ferita svanisce
(αφανής
έγένετο), mentre
dal
luogo
della roccia
dove
era caduta
sgorga
una
font
e, ai locali chiamata Sybaris.
Si
tratta della fonte da cui i
Locresi
trassero
il
nome della
città
italiota da
essi
fondata.
Si
tratta,
come è
evidente dall'ambientazione
e dai personaggi
coinv
olti,
di
una
storia delfico-locrese, che
va
per vari
motivi,
considerata
colla massima attenzione. Intanto
la
fonte cui immediatamente
Antoni
noiberale attinge è il poeta Nicandro
di Colofone,
che col suo omoni
mo
oeta
epico rappresenta una tradizione poetica, familiare
e
locale,
non solo legata al
sacerdozio di Apollo a
Claros
e
al
culto di Apollo a
Delfi, ma anche con particolari interessi etolici111 : dunque una fonte
assai
autorevole per
una
vicenda
delfico-locrese.
Si
aggiunga
che la
storia viene raccontata
con
un occhio rivolto all'Occidente : abbiamo
infatti
il
particolare della fondazione
locrese
di Sybaris.
Si tratta
di
una
notizia
tendenziosa, ma
non
isolata.
Zaleuco
di
Locri
compare
come
legislatore
di
Sibari112.
Sagari,
figlio
di
Aiace locrese, appare fondatore
109 Met., Vili.
110
E.
Rhode, Psyche,
Freiburg,
1890-4,
trad.
ital. Bari, 1970,
p.
197, n. 1.
111 Cf. A. Lesky,
Gesch.
d.
gr.
Literatur3, Berna-Monaco, 1971,
p.
843 ss.
cfr.
F.Gr.
Hist., 271-272.
112 Ps. Scymn., 346
ss.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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PRATICHE
RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 869
di Sibari
in Solino113, per il quale Sagari
fonda
Sibari assieme ai Treze-
ni : quei
Trezeni
che, secondo
Aristotele,
prima
σύνοικοι
degli
Achei
a
Sibari, poi divennero vittime della loro hybris
e
ne
furono espulsi114. La
notizia
è
particolarmente
interessante,
in
quanto
concede
ai Locresi
il
diritto
di
rivendicare l'eredità
di
Sibari, nell'ambito della quale si
ponev
a ome
vedemmo, anche Temesa.
E che la vicenda
delfica
venga concepita in funzione
delle
pretese
locresi su Temesa
è
più che evidente,
per
la molteplicità analogie tra
le
due
storie di Eurybatos
ed
Euthymos
che
fanno della storia delfica in
un certo modo commento
di quella
temesana e
viceversa.
Il demone
di
Temesa
era
rivestito
di
una
pelle di lupo115 assaliva
chiunque
vivesse ο
venisse in
rapporto
con Temesa116; ebbe
la
sua
dimora definitiva
in
un
ναός
nei
pressi
della
città
ricoperto
di
olivi
selvatici117.
Comportamento,
collocazione, ambiente ed aspetto ricordano da vicino la fiera di Delfi,
che
uccide uomini
e
bestie
e vive
in
un covo rupestre,
in
montagna. La
comunità delfica
vittima
della fiera vuole emigrare
e
così vuoi
fare
la
comunità
di Temesa
vittima
del
demone.
In
entrambi i casi
l'oracolo
interviene ad impedire la partenza e
impone
un'offerta118. In entrambi
i casi si tratta
di una
offerta umana in giovane
età
:
una
κόρη
έπίγα-
μος119,
παρθένος120
e
παις121
nel caso
di Temesa;
un
κούρος
che è un
παις122 nel
caso
di
Delfi.
La ragazza era la più bella
di
Temesa123, il
ragazzo era
bello d'aspetto e per
costumi124. Salvatore
nel
primo caso
era
Euthymos
locrese,
figlio
del
fiume
Καικΐνος,
che
giungeva
al
mo
mento dell'offerta,
s'informava del fatto e entrava
nel tempio,
vedeva la
fanciulla se
ne
innamorava125; nell'altro
il
salvatore era
Eurybatos,
locrese, discendente
del
fiume Axios, che
giungeva
al
momento
dell'of-
113
il,
io.
n*Pol., 1303 a 30 ss.
115
Paus.,
VI,
6, 11.
116
Id.,
VI,
6, 8.
117 Strabo, VI,
1, 5, 253.
118 Ant. Lib., Met.,
Vili,
2-3.
119
Callim., fr. 98
Pf.
(= Diegh., IV, 9).
120Callim. fr. 98 Pf. = Diegh., IV, 11-12; Paus., VI, 6, 8-9;
Sud.
s.v.
Εύθυμος.
121 Paus., VI, 6, 9.
122
Ant. Lib., Met., VIII, 2, 4, 5, 6.
123
Paus.,
VI, 6, 8; Sud., Le.
124
Ant. Lib., Met.,
Vili,
3.
125
Paus.,
VI,
6, 9.
Cf. Sud., le.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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870
ETTORE LEPORE-ALFONSO
MELE
ferta,
si informava del fatto
e
si innamorava
del
fanciullo126. Quindi,
come
Euthymos penetrato
nel tempio,
veniva a
lotta
col demone che,
scacciato dalla terra, si inabissava
per
sempre
nel
mare 127, così Euryba-
tos
entrato
nella
grotta
ne traeva
fuori
la
fiera,
che, vinta,
si
dissolveva
nelle
acque
di una
fonte128.
Le analogie sono,
come
si
vede,
assai
forti per
essere casuali. È
chiaro che
v'è
un
unico
modello alla
base delle
due storie, che si sono
volute manifestamente agganciare. Si può notare, per altro, che la
vicenda
delfica riecheggia quella di Temesa anche in particolari
che
per noi sono testimoniati dalla γραφή
descritta
da Pausania, piuttosto
che nella tradizione callimachea. Le implicazioni ferine del
daimon
sono,
infatti,
sottolineate
nel
dipinto;
e
ancora
nel dipinto compare
una
Λύκα
πηγή
come
controparte
di
un δαίμων
che
aveva come
veste
un
λύκου δέρμα, particolare che trova riscontro nella
storia
delfica dove
la
fiera
Λάμια ο
Σύβαρις
ha
come
controparte una πηγή Σύβαρις129. Ques
to ndica
un
rapporto tra la
storia
di
Delfi
e
quella
di Temesa
che sca
valca in taluni particolari
la
versione
callimachea per
risalire
piuttosto
a quella
acheo-sibarita
della
γραφή.
La
cosa
è
perfino ovvia in
un
racconto
che
si chiude col richiamo a
Sibari e tende
a far di Locri l'erede di
quest'ultima, ma serve
a chiarire
alcuni punti : serve
di conferma
dell'origine sibarita della tradizione
riflessa
nella
γραφή; e serve
a
capire che il
racconto ripreso
da
Nican-
dro
rispecchia
la
tradizione
locrese
in
una
forma che non
è
in
tutto
e
per
tutto quella poi rielaborata da Callimaco.
Chiarito questo punto,
si
può tentare
di spiegare
anche il
senso del
rituale
cui
la storia
di Delfi
manifestamente allude. Il nome
di
Lamia
attribuito alla fiera
è
particolarmente significativo. I caratteri che essa
possiede,
il
rapporto
con
Delfi, la
vita
in una caverna,
le
abitudini car
nivore la preferenza per i ragazzi, le connessioni
acquatiche
sono tratti
in vario modo comuni alle realtà denominate allo stesso modo. Una
Λάμια, figlia
di Poseidon
è
madre della sibilla delfica130;
la regina
libica
dello
stesso
nome
viveva
in
una
vasta
e
profonda
caverna
e
arrecava la
126 Ant.
Lib., Met., Vili, 7.
127
Paus., VI, 6, 9-10.
128 Ant. Lib.,
Met., VIII,
7.
129
Paus., VI, 6,
11.
130 Paus.,
Χ,
12, 1.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 871
morte ai bambini131; λάμια si
definivano
le voragini132 e λάμια
era
il
nome
di
uno
squalo133.
Ma la figura mitica più
vicina
per
abitudini
e
funzione
alla fiera
di Delfi
è
la Λάμια di Corinto134,
un
φάσμα
che
rivol
ge
a sua
attenzione
ai
giovani,
li
seduce
e corrompe
con ogni genere
di
piacere, per poi dissanguarli
e
divorarli : simbolo,
quindi,
della
rovino
sanconsistenza
di una
vita
di
piaceri,
cui
naturalmente è
portato
ad
indulgere
il
giovane
che resti
prigioniero dei
suoi impulsi
giovanili.
Il giovane si chiama Alkyoneus
e per
questa via è connesso al m on
do
ell'alcione,
ai
miti
e
personaggi acquatici ad
esso
connessi
:
a
un
uccello
assunto a simbolo della morte
e
rinascita rituale
e
a personaggi
legati
all'idea della transizione
e
del passaggio135.
Diomos è,
secondo
Teofrasto136, il sacerdote ateniese
di Zeus
Po-
lieus
autore del
primo sacrificio
di
un
bove
aratore
:
come
tale
sua
pos
sibile
controparte è Sopatros, il salvator
della
patria, che col
far
assu
mere
dalla
città
intera l'onere
di
un tale sacrificio, ne consente libera
zione dalla siccità
e
dalla carestia. Il sacrificio di cui
egli
si fa, nell'inte
resse
ella
patria,
iniziatore
è particolarmente sofferto e
drammatico,
dato
il
rapporto privilegiato del bove da lavoro con la comunità
agricol
a137.
Meganeira,
sua
moglie, ha anch'essa in ambito attico il
suo
pen
dant
:
è figlia
di Krokon connessa attraverso di
lui
a Triptolemos
e
spo
sa i
Arkàs, colui che
insegnò
agli
Arcadi
cerealicoltura, panificazione e
filatura dei
tessuti138
:
in altri
termini
colui che
diffuse
tra
i
suoi
i
doni
di Triptolemo
e quelli
di Krokon, l'uomo delle κρόκαι
ο
del
filo139;
divi
so
uindi tra cerealicoltura
e allevamento.
131
Eurip. TGF, fr.
922;
Duris, fr.
17 Jac; Diod.
XX,
41; Strabo, I, 2, 19; Schol. Ar.
Pax,
758.
Cf. Schwenn, RE, XII, 1, 1924, col. 545 e Jacoby nel
comm.
a 76 F 17.
132
Choerob.,
in
An. Ox. 2, 239; Et. M.,
s.v.
133
Aristot.,
HA,
540bl8;
Gal.,
6,
727;
Plin., N.H.,
IX,
78.
134
Philostr.,
V.Ap.,
IV,
25;
Vili,
7, 9. Cf.
M.
Delcourt,
SMSR,
37, 1966,
p.
139
s.
135
F.
Vian,
RA,
39,
1952,
p.
143, 152 ss.
136Poph.,
Abst., 2, 10 e 28-30;
da Teofrasto,
cf. W. Burkert, Homo necans, Berlino-
New York, 1972, trad. it.
Torino,
1981, p. 110, η.
6-7.
137 M. Détienne, Archiv, de soc.
des
religions,
29,
1970,
p.
157
ss.
insiste sul carattere
drammatico
del sacrificio, sull equivalenza
che in esso si realizza
tra
sacrificio ed omicid
io,ulla necessità di un tale
atto
ai fini della
salvezza
della città e dell agricoltura.
138 Apd., Ili, 9, 1 ;
Paus., Vili,
4,
1.
139
Bekker, Anecd. I, 273; Phot.,
s.v. Κροκουν.
La cornice atticizzante della vicenda di
Alcioneo
e
la coerenza del
legame di
Meganeira
con Diomos con quelli di
Meganeira
con
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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872
ETTORE LEPORE-ALFONSO
MELE
Eurybatos, infine, connesso all'Axios e
quindi
in
qualche
modo
parificato ad
Euthymos;
proveniente dalla Kouretìs
e
quindi
locrese
in
quanto κουρής140 si trova perciò esso stesso nella
condizione
di
chi
assume
l'onere
dell'iniziazione
dei
κούροι141.
Una
condizione
che
il
lega
me
mosessuale conferma142. D'altro
canto
Euthymos rappresentato in
veste
di
divinità fluviale è
giovane imberbe
e,
dunque, vicino
anche per
questo
ad Eurybatos κουρής in quanto
νέος
και γενναίος143.
La vicenda, per altro, si
svolge
sullo sfondo
della polarità tra
εσχατ
ιά, atta
di
montagne, rocce, grotte, fiere, e αγροί irrigati da fiumi e
fonti,
su
cui vivono uomini
ad animali domestici.
Ne deriva
l'immagine
di
un rituale
ben
preciso. Il rituale «alcioneo» dell'iniziazione
di
un
kouros, dove la morte rituale si richiama allo
spazio
marginale
dell'èaxaxia,
gravido
di
pericoli
per
la
comunità
agricola
organizzata,
mentre
la salvezza si
connette,
grazie all'azione del Cureta
e
alla risco
perta della connessione tra εσχατιά
e sorgenti,
al mondo degli αγροί
e
degli
animali domestici; fondamento di
quella
πόλις che Diomos, Megan
eira e
Zeus Polieus così
bene
rappresentano.
Il senso dell'impresa
di Euthymos,
così strettamente legata
a
que
sta
di
Eurybatos,
appare
allora chiaro. Secondo la versione locrese la
vicenda
della κόρη offerta al demone che minacciava la
vita
della
comunità,
l'intervento
di
Euthymos, l'eliminazione
del daimon,
le noz-
Arkas assicurano
l identità
di questa Meganeira con la figlia di Krokon citata da Apollo-
doro
anche
se
collo
Hercher
bisognasse
identificarla
con la Metaneira citata da Paus., I,
14,
2.
ho il riferimento
alla
Locride occidentale,
generico
nell accenno ai
Λοκροί
come fon
datori di Sibari in Italia (Ant. Lib.,
Met., Vili,
7), si fa più preciso
ove
si tiene conto
col
Papathomopoulos
(Antoninus Liberalis, Les Métamorphoses, Parigi, 1968, p.
87,
n. 9) del
fatto che un demiurgo Εύφαμος omonimo
del padre
di
Eurybatos,
torna in
una iscrizione
da
Galaxidi
(IG IX,
I1, 335)
e che ancora alla Locride
occidentale
rimanda la menzione
della
Κουρητίς,
dal
momento
che
i
Cureti erano tradizionalmente localizzati in Etolia
(II.
IX
529,
532,
549, 551,
589;
Daimachos,
F
1
Jac;
Ephoros,
fr.
122
Jac;
Strabo
X,
3, 1,
462/3;
3,
6, 465; 3, 8, 466-467) tra
Pleurone
e Calidone. Infine è proprio
della Locride
occidentale il recupero di
tradizione etoliche (Oldfather, RE XII, 1, col.
1179-81).
141 Questa
funzione è quella dei
Cureti
etolici, zii
materni di
Meleagro
e
suoi collabo
ratori
ella
caccia al cinghiale, tipica prova
iniziatica a
carattere probatorio :
M. Détienn
e
n Problèmes de la terre
en
Grèce ancienne, Parigi, 1973, p.
303.
Cf. in
generale
M. Éliade, Forgerons
et alchimistes, Parigi, 1977,
p.
85 ss.
142 P. Vidal-Naquet, // cacciatore nero e l origine dell efebia
ateniese,
in // mito.
Guida
storica
e critica, a cura di
M.
Détienne, Bari, 1975, p. 66 s. e n. 58.
143 Ant. Lib.,
Met., Vili, 4.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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PRATICHE
RITUALI E CULTI EROICI IN
MAGNA
GRECIA 873
ze, sono
un
rito di transizione da
παρθένος
a
legittima
sposa
che,
in
quanto vissuto
sullo
sfondo
di
un
contrasto tra
l'animalità
del demone,
ferino
e notturno,
e
la tranquillità della
comunità
liberata,
è
contempo
raneamente
un
rito di
rifondazione
della comunità
stessa.
Qualche
altra
osservazione può essere allora fatta
a
proposito
di
questa liberazione ο rifondazione
di
Temesa. Il momento più significa
tivo
i
questo
atto
è il γάμος επιφανής
di Euthymos
con la παρθένος
di
Temesa144. Euthymos in questa
vicenda
è,
come
si vide, controparte
qualificata
del
daimon,
in
quanto
connesso
al
culto del Kaikinos;
è il
pugile che ha
concluso
la
serie delle
sue
imprese
olimpiche ma dal
momento
che, per affrontare il
demone, ένεσκευάσατο ώς πο-
λεμήσων145
è
anche il guerriero rivestito delle sue armi. La cosa non è
priva
di
significato
:
Eurybatos
si
fa
portare
nella
grotta
al
posto
del
παις
e nel
suo
abbigliamento; e
quanto al modo con cui
egli affronta
la
belva,
egli
non fa
altro
che
afferrarla,
trascinarla fuori
e
precipitarla
giù dalle
rocce
: l'inganno
e lo
scontro
corpo
a
corpo
sembrano
le
sue
armi146. L'armamento, quindi,
è
tratto
specifico
di Euthymos.
Esso
rimanda al suo rapporto con
un fiume
di
frontiera,
lungo
il quale
necessariamente
si
esaltano le
virtù
militari
dei
Locresi147 e
all'episodio
stesso della conquista
locrese
di Temesa148; ma
soprattutto rimanda
alla qualificazione atletico-militare dell'aristocrazia locrese,
quale
le ne
cropoli locresi chiaramente evidenziano,
con
la duplice presenza
nei
corredi
dello
striglie
e
delle
armi149.
In
questo senso
Euthymos
è
il
più
puro rappresentante dell'aristocrazia locale, se ai
pregi
atletici
e
militar
inisce anche privilegi
di natura divina.
Si può inoltre
aggiungere
che
egli, come il collega olimpionico Euthykles150, si trova
a
vivere la crisi
di Locri nella prima
metà del V sec.151
: una
crisi
che,
come
Callimaco
decisamente sottolinea nel caso
di
Euthykles, è
opera di
un δήμος
έπ
144
Paus.,
VI,
6,
9-10;
Sud., s.v.
Εύθυμος.
145
Paus.,
VI,
6,
9-10;
Sud.,
Le.
ho ant. Lib., Met.,
Vili,
6.
Anche
questo
particolare ben si addice ad un rito di
inizia
zione giovanile : cf. ViDal-Naquet, art. cit., p. 56
ss.
147 Cf. Thuc,
III,
99.103,
3, 115, 5; F
GR
H 577 fr. 2.
148 Strabo, VI,
1, 5, 253.
149
L.
Cerchiai,
Sesso e
classi
di età
nelle
necropoli greche di Locri Epizefiri,
in
La
mort,
les
morts dans
les sociétés anciennes,
Cambridge,
1982, p.
292 s.
150 Moretti,
Olympionikai,
cit., n. 180.
151 Cf. M. Torelli, /
culti
di Locri, in
Atti del XVI Conv.
di studi sulla
M.
Grecia,
Taranto 1976,
Napoli, 1977,
p. 180 ss.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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874
ETTORE LEPORE-ALFONSO
MELE
άφνειδις
αίέν
άπαγχόμενος152,
e
prevede l'inserimento dell'oracolo delfi
cohe decreta
onori
divini per la
sua
statua. La vicenda
di
Euthykles,
olimpionica,
investito
di
pubbliche
funzioni,
onorato con
statue,
insigni
to
a
Delfi
di
onori
divini,
vissuto
in
anni
vicini a
quelli
di
Euthymos,
ha molti
punti
di
contatto
con quella di
Euthymos e,
sopra
tutto, ha per
noi
il
pregio di sottolineare
il valore
e
filoaristocratico
e polemico
di
vicende
le
quali si concludono con la concessione di onori
divini per
personaggi che si
trovano
proprio
in quel momento a
subire i sospetti
del δήμος.
La
qualificazione
aristocratica e
conservatrice
di
Euthymos
ne risulta così
ancora più
evidenziata.
Ad un tal personaggio,
quindi,
si attribuiscono nozze
con una
παρθένος
di Temesa
e in una tradizione che,
come
si è visto,
è
di
chiara
origine
locrese.
Questo
vuoi dire che
alla
παρθένος
in
questione
si
attr
ibuisce
una
qualificazione adeguata al
suo
partner. Ne derivano
due
ordini di
implicazioni. La
fanciulla
doveva essere ritenuta
di
origine
aristocratica
e parificata alle donne
della
aristocrazia locrese,
cui Eut
hymos
poteva legittimamente aspirare : donne dell'aristocrazia
locrese
da
cui nascevano
i privilegi politici, economici e
sociali del
ceto dirigent
ella città153. Il senso ultimo della vicenda
di
Euthymos è, dunque,
coerente con la ipotesi dell'annessione
di
Temesa a Locri : si tratta in
altri termini,
di una integrazione dell'aristocrazia locale in quella di
Locri, con tutto ciò che ne
consegue nel
piano politico, economico
e
sociale.
Partendo da questo
dato ci
si può
rendere conto
anche
di
un parti
colare che distingue nettamente la vicenda delfica da quella temesana.
Se
infatti
la sostituzione di una vera
e
propria
belva
al demone
con
indosso una pelle
di
lupo
ο
il ricorso ad
una
iniziazione maschile
invece
che
femminile,
rientrano in uno sforzo di razionalizzazione
e
normaliz
zazione ella
vicenda
temesana,
questo
non
può dirsi
della sostituzione
del
mare alla sorgente come elemento acquatico entro
cui
si
realizza
Γάφανισμός.
Tra
le due
realtà non
vi è
possibile
conciliazione. La
belva·
che
si
trasforma
nella
sorgente viene
in
certo
senso recuperata;
il
demone che si inabissa
nel
mare infecondo scompare
per
sempre.
La
rifondazione di Temesa si presenta dunque in
termini
di
rottura
rispetto al passato;
è
una
liberazione
definitiva
da
un
demone che non
152 Fr.
85,
6.
153 D. Musti, Problemi della storia di Locri Epizefiri, in
Atti del XVI Conv.,
cit.,
p. 37 ss.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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PRATICHE
RITUALI
E
CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 875
è una fiera, ma da una pelle di fiera
è
solo rivestito; che non vive in
una
grotta, ma ricompare
una volta
l'anno
nel
suo tempio
che alla
fine
scompare inabissandosi per sempre nel
mare
come
a
sottolineare che
la
normale
vita
della
comunità
e
dei
suoi
αγροί
passa
attraverso
l ' annu
llamento definitivo
del
demone.
Ora se
noi
rivolgiamo l'attenzione
a
quanto la
storia
di
Polîtes
intende
sottolineare,
il senso
di
questa
correzione appare perfettamente
chiaro.
Le analogie
già
sottolineate con
la vicenda
dei
prigionieri
di
Alalia
e
con quella di
Palinuro
servono a far intendere
che al
fondo del
rito
instaurato
a Temesa in
nome
di Polites, v'è l'esigenza del
rispetto
dei
diritti dello straniero-greco. Nei casi citati
però
questa
l'esigenza
è
valorizzata sotto la
specie del
rispetto
per
i prigionieri
e per
i naufraghi
indifesi.
Nel
caso
di
Polites
c'è
invece
dell'altro.
La
punizione
inflitta
alla comunità indigena si
realizza
nell'offerta annuale entro il ναός
di
una
κλίνη e
di una
παρθένος
all'eroe-daimon, lapidato
per aver,
da
ubriaco,
preso colla
forza
una
παρθένος
locale.
Quel che, dunque, si
vuoi vedere riconosciuto da questa
comunità indigena è il
diritto del
ναύτης
al vino e alla donna
: quel
diritto appunto che nell'ambito
dell'emporio,
antica veniva assicurato
attraverso
καπηλεία
e
πορνεία154,
ma che
in
età
arcaica veniva
realizzato
con
l'opportuna
valorizzazione
di
culti e
riti
nei quali la prostituzione aveva un
suo
posto155.
L'offerta
annuale
di
una παρθένος
e
una κλίνη a colui che in
maniera
privilegiata
rappresentava il
ναύτης
con
le
sue
esigenze ha
da
questo
punto
di
vista
una sua
perfetta giustificazione. La quale si com
prende
ancor
meglio se si tiene presente
che,
compiuta
l'identificazione
della
Temesa
bréttia
con
quella omerica, questa veniva
considerata un
luogo
di
commercio. Né va trascurato, infine, che la cerimonia in que
stione
avveniva nell'ambito di
un
rito di rifondazione
ο
Capodanno, i
quali
di
regola cadevano tra l'epoca del raccolto
e
quello della semin
a156, epoca in cui
appunto
cadeva la cerimonia compiuta da quel
Dio-
mos
che, come
si
è
visto,
viene
richiamato
nel rituale
delfico. Ora
que
sto
è
appunto il
periodo
migliore per
la
navigazione,
secondo
Esiodo157,
154
Pollux IX, 34.
155
Torelli,
/
culti, cit., p. 152
ss.;
Id., Storia degli
Etruschi,
Bari, 1981, p. 148 ss.
156 W. Burkert,
Homo
necans, Berlino-New York, 1972, trad. it. Torino, 1981, p. 113.
157 Hes.,
Op., 663 ss. e
comm.
del
West
(Hesiod, Works and Days,
Oxford,
1978,
p.
313
ss).
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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876
ETTORE LEPORE-ALFONSO
MELE
mentre
il
ritorno annuale nella buona stagione è,
come
diceva Piato
ne158, la
caratteristica prima di quella
specie
di uccelli
migratori che
sono i naviganti a fin
di
lucro presso
città straniere.
In
queste condizioni
è
chiaro che l'integrazione
di
Temesa
entro
un
contesto
agrario,
conservatore ed autarchico, come quello locrese159,
impediva il
recupero di
una marginalità
che
si
atteggiasse
alle
forme
dell'eroe-daimon Polites. Essa
comportava,
infatti, l'istituzionalizzazio
nn
forma
di
δασμός del rapporto
di
scambio
con l'esterno
oltre che
la riduzione della
comunità
a
circondario
pastorale controllato dal cul
to el daimon.
Col
che si realizzava
una doppia
negazione
del
modello
locrese :
sia
in quanto
modello
autarchico ed
agricolo di
πόλις,
sia
in
quanto πόλις
e
non circondario. Questo spiega
il
rifiuto di
integrare
dialetticamente
nella comunità il
demone,
e
la
correzione apportata
con
la storia di
Eurybatos :
l'antagonista
in quel caso dialetticamente
recuperato
non
era
un daimon, solo rivestito da
una pelle di
fiera e
vivente in
un tempio,
ma
una
fiera
a
tutti
gli
effetti.
Il senso ultimo
delle
due
vicende, vissute
entro
un'unica matrice locrese,
è
però
identi
cosi può
integrare
una
εσχατιά liberata dalle fiere, ma non
un'èoxa-
τιά
su
cui
è
insediato
un daimon
col suo tempio e i suoi δασμοί
La tradizione locrese, dunque,
è
coerente e, in specie
nella
diretta
interpretazione
della storia
di
Temesa,
particolarmente
polemica con
chi in
precedenza
ha
gestito
questo
centro,
Crotone
e
in particolare
Sibari.
Alla
prima
infatti,
risaliva, attraverso
la
tradizione
della
coloniz
zazione focidese,
la
pretesa di
aver realizzato
a Temesa una
comunità
agricola nel
pieno
senso
del
termine. A Sibari, poi, stando alla γραφή,
risaliva
un tentativo
di
recupero
del
daimon travestito
da
lupo,
se
è
vero che ad esso si affiancava una
πηγή
dal nome
di Lyka
ο fonte
del
lupo,
la quale ripeteva il rapporto tra il θηρίον Σύβαρις
e
la πηγή
Σύβα-
ρις
anch'essa. D'altro canto sempre in quel rito locro-focidese,
interpre
tazione
come
si vide, del rito
temesano,
il ruolo negativo del θηρίον era
affidato
a una
belva
Λάμια ma
appunto
anche
Σύβαρις
: si suggeriva
così
in
qualche
modo che il
δαίμων e
relativo
δασμός
aveva
stretti
rap
porti
con Sibari. Suggerimento, di cui un'altra
traccia
si può
rinvenire
nella confusa notizia dell'esistenza di una
Λάμια
in Italia
160.
158
Plato, Leges, XII, 592 D-Ε.
159
MusTi,
le.
160 Schol. Ar. Pax, 758.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 877
Infine, ed è
l'elemento più
importante, nella tradizione callimachea
v'è una precisa sottolineatura del fatto che Temesa deve
a
Locri
e
solo
ad essa la liberazione
dal
δασμός che è il
modo in cui
si
realizza
il
suo
asservimento
alla
realtà
non
cittadina
dell'allevamento
e
del
rapporto
commerciale
con l'esterno. A Delfi Eurybatos col suo opportuno inter
vento
impedisce
che la comunità
possa
instaurare un rapporto
con
la
fiera fondato sulla ciclica ripetizione dell'offerta, a Temesa
questo
non
accade.
Una
volta che
si
è
manifestata l'ira di
Polites e
l'oracolo
ha pre
scritto
l'offerta
annuale, il δασμός è stato
pagato
per
tutto
il periodo
di
tempo compreso tra
questo
evento
iniziale e
l'arrivo finale di
Euthy-
mos.
Questo dicono chiaramente la
dieghesis161,
Strabone162, Pausania e
la Suda163,
Eliano164.
In
conclusione
per
tutto
il
periodo
anteriore
alla
conquista
locrese
e
fin
dall'età dei nostoi, il rito
di
rifondazione
di Temesa
s'era, per
Locri, fondato sul δασμός conseguenza della colpa dei barbari
locali.
Se c'erano, quindi,
tradizioni, come
quella
focidese
ripresa da Crotone
circa una
colonizzazione
greca ed
agricola di
Temesa, queste tradizioni
ο erano da respingere del tutto
ο piuttosto
erano da ridimensionare,
perché Temesa, fino alla
conquista
locrese,
era
rimasta
una realtà non
cittadina, non agricola
e
neppure interamente greca. Questo valeva
anche a
limitare il valore
della
tradizione su
una colonizzazione
etolica
di Temesa a
proposito
della
quale tuttavia qualche
ulteriore
precisazio
ne
on
è
fuor
di
luogo.
La
tradizione, alternativa
rispetto
a quella di Temesa di Mente
e
di
Polites e più recente165, si ha in
realtà
qualche motivo per
ritenere
che
non fosse del tutto sgradita
a
Locri. Le tradizioni mitiche della Locride
occidentale prevedono l'integrazione
di elementi
etolici e in particolare
di
quel Toante166, al
quale
viene connessa la colonizzazione etolica
di
Temesa. A Locri
e
a all'Etolia viene connessa la
stessa
fondazione di
Locri Epizefirii 167 ed Eurybatos,
come
si vide,
è un
locrese
dell'Etolia-
161 IV, 6 ss.
162VI, 1,
5,253.
163 VI, 6,
8-9 Sud.,
s.v.
Εύθυμος.
164
Vili, 18.
165
Vedi sopra p.
856.
166
Toante
era
connesso alla Kuretis,
in
quanto signore
di Pleurone
e
Calidone (//.,
II,
638; XIII, 216, 216 ss.); Paus., X,
38,
4
ne
ricorda la valorizzazione
presso
i Locresi di
Amfissa. Vedi anche sopra n.
140.
167Conon, fr.
1,
3 Jac.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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878
ETTORE LEPORE-ALFONSO
MELE
Kuretide che viene ad
agire
entro
un
contesto
delfico-focidese.
Strabo-
ne, infine, ricorda
questa colonizzazione
etolica
di Temesa
subito
dopo
la
fondazione
ausone e conclude il
racconto
con la
notizia della conquis
ta
ocrese
e
della
liberazione
della
città
ad
opera
di
Eythymos168
:
e
come è
l'unico a
citare questa
colonizzazione
etolica
e solo questa,
è
anche l'unico
a connettere l'azione di Euthymos
alla
conquista locrese.
Sembra
logico dedurne che
questa
tradizione etolica
era
l'unica che,
dati i
rapporti tra
Etolia e
Locride occidentale, poteva
essere
recepita
da
una
tradizione locrese, sia
pure
entro i
limiti
di un κτίσμα precedent
ea rifondazione locrese vera
e
propria
e
pur
sempre condizionato
dalla
compresenza dei δασμοί
al demone.
Evidentemente
le
tradizioni
vinicole
di Temesa
non dispiacevano ai Locresi, — sottolineavano tra
l'altro
i limiti
della colonizzazione focidese-cerealicola
—
ma
non
ba
stavano a
dare
a Temesa
la piena
autonomia
e
dignità di polis :
il vino
poteva anche
servire
ad inebriare qualche
altro Polites
o,
come
a Siba-
ri,
poteva
servire
ad alimentare
le esportazioni169.
6 -
La
possibilità
di verifica
della versione forzosamente tenden
ziosa ella tradizione locrese
è
offerta dalla restante documentazione,
non locrese, relativa al rapporto Crotone-Temesa.
Si
tratta della
serie
delle monete
crotoniati interessanti
Temesa; dalle
notizie, che,
indire
ttamente, la tradizione pitagorica fornisce
circa
la
posizione
di Temesa
nell'ambito
dell'organizzazione pitagorica
dell'impero
crotoniate;
e na
turalmente
dalla
tradizione
sulla
colonizzazione
focidese
da
Licofrone
connessa in
maniera
privilegiata
a
Crotone.
La
documentazione più ricca
e
dettagliata
è quella numismatica 170.
Essa
è
particolarmente significativa
circa
la posizione
di Temesa
rispet
t Crotone. Temesa
è
costantemente
oggetto
di una
monetazione
di
impero,
che
a
partire
dalla vittoria
di Crotone
su Sibari e fino alla metà
del
V
sec, vede la
leggenda
TE ο ΤΕΜ e/o
il tipo dell'elmo
sempre
accompagnati dal simbolo
del
tripode
e, per tutta la
serie degli
incusi,
anche dalla leggenda 9PO. A questo dato se ne aggiungono altri che
vedono
Crotone
particolarmente interessata
al ruolo
di
Temesa
nell'am-
168 VI,
1, 5, 253.
169 Tim., F 50
Jac.
170
La documentazione
relativa
viene esaminata e discussa
nelle relazioni
di A. Stazio
e
N.
Parise negli Atti del
Convegno
Temesa e il
suo
territorio (Atti del
Colloquio
Perugia-
Trevi
1981,
Taranto, 1982,
p.
93-101 e
103-118),
che uniche, grazie
alla
cortesia dei due
relatori, ho potuto consultare ed utilizzare fin dal
momento
della prima stesura di queste
pagine.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA
879
bito della propria αρχή. Le monete
crotoniate
relative
a Temesa
si
tr
ovano costantemente
associate a quelle della
stessa
Crotone171,
e le due
serie
di
emissioni sono, per
tutto
il periodo
degli
incusi, strettamente
intrecciate
fra
loro
quanto
a
tipi
e
leggende.
Inoltre,
pur rientrando
Temesa
in precedenza nella
sfera
di influenza sibarita
(si pensi alla
γραφή),
Crotone
la
annette
alla propria
diretta
sfera
di
influenza,
lasciando nella
sfera
sibarita solo
Laos e
Pandosia.
Si
aggiunga
che
almeno fino al 460,
quando
inizia
l'attività
numismatica
di Terina172,
la
presenza numismatica
di Crotone nell'area in
questione è
affidata uni
camente alle
sue emissioni
per Temesa.
Ve
n'è dunque,
a sufficienza
per
intuire
che il ruolo
di Temesa
nell'ambito
delΓάpχή
di Crotone
fu
di
primaria
importanza.
La
tradizione
pitagorica almeno
indirettamente
conferma.
Se
noi
consideriamo la
presenza di eterie
pitagoriche nell'area più direttament
oggetta all'àpxf\ pitagorica, talune circostanze immediatamente
emergono.
Sibari riceve monete
di
impero da Crotone, ma ha
una sua
nutrita
eteria pitagorica173 e
si vede
anche,
attraverso
le
monete
croto
niate interessanti Laos e Pandosia, riconosciuta
una sua
sfera
di
inte
ressi. Si noti
in proposito che neanche Laos
e
Pandosia hanno un'eteria
pitagorica
loro
propria.
Nell'ambito
della αρχή crotoniate-pitagorica
avere,
dunque, un'eteria significa avere
una parvenza
di autonomia
Sibari,
che ha questa
eteria,
ha
non solo,
come
si
vide
una sua ricono
sciuta
sfera
di
influenza,
ma
anche
viene
considerata
pitagoricamente
liberata e non conquistata174.
Temesa
non ha
alcuna
eteria pitagorica;
si trova rispetto
a Crotone nello
stesso rapporto
in cui
sono Laos e Pan
dosia rispetto
a
Sibari ο in
cui
si trova
Terina, colonia di
Crotone,
rispetto alla madrepatria, dal momento che neppure
questo centro,
emanazione di Crotone sul
Tirreno,
possiede un'eteria.
La
tradizione
pitagorica,
in
altri termini, documenta la
diretta
dipendenza
di Temesa
dalΓάpχή
di
Crotone.
Quanto alla
funzione
che
Crotone assegnava in questa
area tirreni
ca
Temesa,
qualcosa
attraverso
la documentazione numismatica e,
indirettamente,
attraverso la tradizione pitagorica
affiora.
L'egemonia
crotoniate-pitagorica ebbe una sua dimensione emporica.
La eudaimo-
171
P.
Guzzo, Klearchos, 1976,
p. 39.
172 K. Schefold, M.H.,
22,
1965, p. 25 s. Sulla possibilità di
una
zecca a Hipponio, vedi
le riserve di Stasio, Atti, p.
98.
173
Jam., V.P., 267, p. 144, 20; 145, 2 Deubner.
174
Aristox., fr. 17 W. Cf. Porph., VP 21 = Jam., VP.,
33.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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880
ETTORE LEPORE-ALFONSO
MELE
nia crotoniate dipese, secondo Polibio, dallo
sfruttamento
delle sue
risorse
portuali175;
Pitagora
regolò
pesi
e
misure176 e i
pitagorici
ebbero
un interesse al
χρηματίζειν177.
Agli
stateri
di
impero
a
partire
dagli inizi
del
V
sec. Crotone fece seguire monetine
d'alleanza,
intese
ad agganciar
e
a
moneta di Crotone a
quelle
di
Agrigento, Siracusa, Imera,
Regio,
Atene, Corinto178. In
questo
ambito avevano avuto
una
loro
prima valo
rizzazione i commerci in area tirrenica.
Ad un
primo momento in
cui
Crotone
si muove sulla scia
di
Sibari
e
si riconnette ai mercati punici ed
etruschi179, ne segue un'altro in cui
il rapporto è piuttosto
con
Atene,
Elea,
e le città calcidesi, ed
in cui
iniziano le
coniazioni di Terina in
rapporto
con
quelle della filocrotoniate Elea
di
Parmenide180.
La
stretta dipendenza di Temesa
da
Crotone
e
l'interesse monetario
di
Crotone per
Temesa
si
inquadrano in
tutto
questo
e
dimostrano
come
Temesa
sia
stata il
tramite
privilegiato
di
Crotone
sul Tirreno.
Mancanza
di autonomia
e
funzione commerciale di Temesa appaiono,
da questo punto
di
vista come due facce
di una
stessa
realtà.
Il
giudizio
locrese
sulla
condizione
di Temesa in
mano
achea
era,
almeno fino a
questo punto,
esatto.
Ma la situazione non era rimasta priva
di
sviluppi. A
partire
dal
460 comincia,
come
si è
detto,
la valorizzazione
di
Terina, in una con la
valorizzazione
dei
rapporti con Elea,
Atene,
Siracusa. Temesa
vede
ridotto
il suo ruolo emporico a vantaggio
di
Terina, la
quale
comincia
quella
ascesa
che
nello
spazio
di
un
secolo
la
porterà a diventare
la
potenza egemone
del
vecchio golfo Lametino181. Parallelamente le mo
nete crotoniato-temesane denunciano una crescita
di
Temesa. La
le
ggenda TE fa la
sua
comparsa
sul dritto degli
incusi
a tondello
spesso182;
sul rovescio continua la vecchia
tradizione,
ereditata dagli incusi
a
ton
dello
largo,
che vuole la
leggenda
TE affiancata da
leggenda e
simbolo
di Crotone183.
Ma
poi
mentre cominciano
a comparire
le frazioni,
gli
175Polyb.
X,
1, 6.
176
Aristox., fr.
23 W.
177
Sud., s.v. Τάρας.
178
Cf. A. Mele, La Megale Hellas pitagorica, in Atti XXI
Conv.
M. Grecia Taranto 1981,
Napoli,
1982, p. 76 ss.
179 Ibid., p. 71
ss.
180
Ibid., p. 75 ss.
181
R.
Spadea, Klearchos, 1979, p. 22 ss.
182
Stazio tipo i
=
Parise
tipo f.
183
Cf. Stazio tipi a,
b
= Parise tipi
i,
1.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 881
stateri
a
doppio rilievo,
di
metà V
sec.184, ultima
manifestazione
del
controllo
di Crotone
su Temesa, vedono comparire la
leggenda
TEM sul
dritto
e
sul rovescio 185 ;
vedono
sul dritto
unicamente
presente
il
tripode
di
Crotone,
ma
affiancato
dagli
schinieri,
ai
quali
corrisponde
nel
rove
scio il tipico elmo
di
Temesa186. La leggenda
di Crotone
è
scomparsa
e
Temesa
«straripa»
imponendo
la propria leggenda e i propri
simboli.
Si
rompe l'intreccio stretto con
la monetazione
di Crotone
e
parallelament
i sottolineano componenti
di
natura
militare.
Il
significato ultimo
di
un
tale processo ci
pare
chiaro. Declina
la
funzione
emporica
di Temesa;
la comunità utilizza anche
frazioni
e,
quindi,
si articola
al
suo
interno;
si impone
un
ruolo
militare
di Temes
a
he è il modo
attraverso cui
nella polis classica si
manifesta
l aut
onomia
politica
e
il
fondamento
agricolo della
polis.
È il
terreno
adatto
alla
valorizzazione della colonizzazione
focidese,
una
colonizzazione
agricola,
opera
dei
compagni
dei
fratelli Schedios, 'l'uomo del combat
timento
ravvicinato' et
Epistrophos,
'l'uomo
dei
commerci', discendent
i
i Naubolos 'colui
che
spinge
la
nave in
mare';
ma
è anche il terreno
su
cui
si
innesta
l'integrazione nel
suo
seno
di una
aristocrazia agricolo-
militare come
quella di Locri.
Per questo rispetto,
dunque,
la
tradizione
locrese è
tendenziosa, ma non
priva
di
agganci
con quella
che effettiv
amente stata la condizione
finale di Temesa
sotto Crotone.
Quanto al rituale
praticato
nel periodo
della dominazione
crotonia-
te, esso
dovrà
aver
posto
il rapporto
con
Γέσχατιά e
le
sue
attività,
piut
tosto in
termini
di
recupero e
integrazione
che
in
quelli
di totale
rifiu
to; a da
sé naturalmente, dopo
quanto
abbiamo
detto
a
proposito
del
ridimensionamento del ruolo commerciale di Temesa, che l'integrazio
ne
n
questione si
muoveva
piuttosto nel senso
della subordinazione alle
realtà di
tipo politico-militare ed agrario che
andavano
maturando
nell'antico
centro
ausone.
7 - La storia achea
di Temesa
tuttavia non è soltanto crotoniate,
ma ancora sibarita, secondo che ciò che dalla
γραφή
descritta da Pausa-
nia
si
deduce.
I personaggi
di
questo
quadro
si dividevano, secondo la descrizione
di Pausania, in tre gruppi
e
primo era
il gruppo
acquatico, col
Sibari
νεανίσκος, il fiume Kalabros, la
fonte Lyka.
Qualche
parola
sarà
ora
il
184
A.
Mele,
Megale Hellas, cit., p. 76, che
tiene
conto anche dei
rilievi
di N.
Parise.
185
Stazio tipo a
=
Parise
tipo i.
186 Stazio
tipo
b =
Parise tipo
1.
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882
ETTORE LEPORE-ALFONSO
MELE
caso di
spendere
a proposito di questo
fiume
Calabro.
Si
tratta di
fiume
non
altrimenti noto
sul cui esatto nome
grava qualche dubbio.
Il nome
Κάλαβρος viene dato da un gruppo
di
codici tutti
dipendenti
dal codice
Riccardianus
gr.
29
(XV
sec,
R)
che
risale
attraverso
il
Palatinus
gr.
56
(a. 1490, Pt) al
più antico dei
codici
di
Pausania
a
noi pervenuto, il Mar-
cianus
gr. 413 (a. 1450, V) che però
conserva
la lezione
Κάλαυβρος,
lad
dove i
due
codici
migliori, il Laurentianus
56, 11
(a. 1485,
F) e
il
Parisi-
nus
gr. 1410 (a. 1490, P) danno la
lezione
Κάλαυρος.
In questa situazio
nea
Rocha
Pereira, come
lo
Spiro, accetta la lezione Κάλαβρος. In
verità le
lezioni Κάλαυρος-Κάλαβρος
sono
dal
punto
di
vista fonico
equivalenti :
dal
momento
che uno stesso suono danno la pronuncia
semivocalica della υ,
e
quella
aspirata
del ß. La lezione
Κάλαυβρος,
invece,
nasce dalla
manifesta
giustapposizione
del
valore
fonico
e
di
quello grafico della υ :
una
giustapposizione
che si può spiegare solo
pensando
che il copista
abbia prima
trascritto il suono e
poi successiva
mente
bbia
trascritto il segno effettivamente
presente
nel testo. Ne
deriva
che anche nel
codice
più
antico
la lezione doveva
essere
Κάλα-
βρος.
I codici migliori,
tuttavia,
dal punto di
vista
della trascrizione del
testo
sono F
e
Ρ
che
danno Κάλαυρος.
D'altro canto la lezione
Κάλαυρ
ος
quella
tenuta
presente
negli scoli ai vv. 852-54
di Licofrone.
In
questi scoli si
cerca
di
spiegare il valore dell'aggettivo Ταμάσσιον;
lo
si
fa
pensando
che
esso sia
da
riferire
alla
Temesa
omerica,
facendone
però
una πόλις Καλαυρίς nella
Japigia
Καλαυρία,
abitata
da barbari
Καλαυροί.
Tutto
ciò nell'ambito
di
un'interpretazione razionalistica
e
quindi
adriatica
del
viaggio
del re
dei
Tafii, collocati
tradizionalmente
nelle coste dell'Acarnania 187
e strettamente collegati con
Itaca188.
La
cosa non
è isolata
: riappare
negli
scoli all'Odissea (v. 184) e in Eustazio,
nel
commento
al v.
185,
e
comporta
l'identificazione
della Temesa omer
ica con Brindisi, la
quale per
essere nella Japigia Καλαβρία è,
per
effetto del
solito scambio β-υ,
nella
Καλαυρία. Alla
base di
questa tradi
zione
ci
sono, quindi,
due
accostamenti,
quello
di
Temesa
alla
Καλαυρία
e quello
di Temesa ad una particolare
città
della
Καλαυρία come
era
Brindisi. Il
primo
accostamento trova
evidentemente
un
aggancio
nella
presenza
di
un fiume interpretato
come
Κάλαυρος
accanto
a
Temesa;
187 Hes.,
fr. 193, 16-18 M.W.
188
Od., I, 180 ss; 417
ss.;
XIV, 452; XVI
426.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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PRATICHE
RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 883
l'altro trova un aggancio nella comune origine etolica
dei
due centri189.
Si
aggiunga che, nell'ambito della
spedizione
del Molosso, che combatt
èuccessivamente contro
Japigi
e Bruttii,
le
tradizioni etoliche di
Brind
isi
ennero
utilizzate190
e
si
può
supporre che
lo
fossero
anche quelle
di
Temesa, nel cui retroterra191, tra Pandosia e l'Acheronte, il condottie
roreco
morì 192. Una
spia in
questo senso è il
fatto
che Eustazio,
a
pro
posito
di
Odissea, I, 183 richiama appunto una citazione
di
Didimo
rela
tiva
alla
spedizione del
Molosso.
Quel
che
dunque a
proposito
di
Brindisi, come
dice Eustazio τινές
φασι,
è
tradizione che si viene elaborando in
seno
a quella
erudizione
ellenistica
che è alla
base degli
scoli
omerici, del
commento
di Eustazio
e
degli
scoli
a Licofrone.
Ma
c'è
forse
di
più.
Quando
Licofrone, che
rifiuta
l'identificazione
della Temesa
Bréttia
con la Temesa
di
Mente
e
di Polites,
fa
andare Menelao tra gli
Japigi e
gli
fa offrire ad Atena un
Ταμάσσιον
κρατήρα193, senza aver incluso Cipro come tappa del viaggio
di
Menelao, è
probabile che
egli,
da quel poeta doctus che è, volesse
appunto
dire
quel che i suoi esegeti hanno percepito : alludere alla tra
dizione brindisina su Temesa, pur senza farla esplicitamente propria.
La conclusione
in
ogni
modo
è
chiara.
La
tradizione brindisina si
è
andata
formando
già
in
età
ellenistica
e,
se
uno
degli
elementi su
cui
è
basata è la connessione
Κάλαυρος-Καλαυρία bisognerà
allora credere
che la connessione sia
nata
come connessione Κάλαβρος-Καλαβρία,
quest'ultima
essendo la
forma
normale
del
nome
in
età
ellenistica
e
romana.
Chiarito questo punto si può
ora
tentare
l'interpretazione del
comp
lesso di
figure
presenti nella γραφή. Le
figure
appaiono raggruppate
in
tre
gruppi :
il gruppo acquatico
(Sybaris,
Kalabros,
Lyka)
quello
di
Temesa
ed Hera; e tra i due (έν δε
σφισι)
il demone nero e
spaventoso,
rivestito dalla pelle
di
lupo
e
denominato Alybas.
La
dialettica del
rito delfico-focidese
di
Eurybatos è in qualche
modo presente. V'è
un daimon
che
conserva
caratteri ferini : la pelle
del
lupo
e
il
suo aspetto
nero
e
spaventoso.
V'è una
fonte
che stando
al
189
Trog.-Justin, XII, 1, 7.
Cf.
Heracl. Lemb., Pol., 56.
190 Trog.-Justin.,
XII,
2, 5
ss.
191 Strabo, VI,
1, 5,
253;
Plin, N.H.,
III,
72-73.
192 Liv.,
Vili,
24; Trog. Just.,
XII,
2,
3-4
e 14; Strabo VI,
1, 5, 256.
Cf.
anche
A. M.
Biraschi,
Atti
cit.,
p.
34 e 36 s.
193
Lycophr.,
Alex.,
854.
194
P.
Wuilleumier,
Tarente,
Parigi, 1968,
p.
15 s.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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884
ETTORE LEPORE-ALFONSO
MELE
suo nome
ripete il
rapporto tra
il θηρίον
di Delfi
e
la πηγή
che
scaturi
sceal
suo αφανισμός
e ne prende anche il nome.
V'è un
fiume
νεανίσκος, che ripete nella
sua
qualifica quella
di
Eurybatos
che
è
κουρής
e
νέος,
laddove
Alkyoneus
è
κούρος
e
παις
:
νεα
νίσκος infatti,
nella visione pitagorico-crotoniate
e per questo
verso
achea, è
un
νέος tra i 20
e
i 40 anni, esponente
di
una classe d'età inte
rmedia
tra
παίδες
e
άνδρες 195.
Il κουρής
Eurybatos
è
figlio di Euphemos
e questi
compare
come
figlio di
Poseidon196 e
di Eurota197, del
quale
compare
anche
come
nipote198.
D'altra parte
egli è γένος
del
fiume Axios199. Si
tratta,
quindi,
di
un κουρής
strettamente
connesso al mondo delle
acque,
fiumi
in par
ticolare.
Nella γραφή strettamente
congiunto al
νεανίσκος
Sybaris è
il
fiume
Kalabros
(και
Καλαβρός
τε
ποταμός).
Analogie molto strette esistono anche col rito di Temesa,
come
ev
idenziato
dalla vicenda
di Euthymos. Quel
che nel
rito delfico era solo
un θηρίον,
diviene
nel
rito temesano
un
eroe —
δαίμων e un δαίμων
è
l'Alybas della
γραφή.
Euthymos
passava per
figlio del Kaikinos
e
veniva
rappresentato a
Locri come divinità fluviale
imberbe
e
giovanile
: come
παις ωραίος ο νεανίσκος200. Nella γραφή il Σύβαρις
appariva
come
νεανί
σκος. Non v'è dubbio, quindi,
che
nella γραφή si allude
oltre
che
al
pas
sato acheo-sibarita
di
Temesa, al rito che
lo
caratterizzava.
Non
sarà
allora casuale, se Temesa ή πόλις
è femminile e fa gruppo con
Hera,
la
grande
divinità achea201
quella
nel culto
della
quale
Pitagora faceva
confluire la
sua
predicazione alle matrone
di
Crotone202.
Nel complesso l'impressione che se ne ricava è che attraverso la
intera serie
delle
personificazioni sia possibile recuperare
l'interpreta-
zione
di
un
rito
di
fondazione, dove
Temesa
ha il ruolo della παρθένος,
Sybaris quello di
Euthymos, Alybas
quello di
Polites e
del
θηρίον, la
fonte Lyka
quello
della fonte
Sybaris,
mentre
Hera rappresenta la cor
nice
religiosa entro
cui
il
rito si
compie.
195
Aristox., fr.
35 W.
196 Hes.,
fr. 253 M.W.
197 Schol.
Pind. P.,
IV, 15.
198 Tzetz.,
Lycophr., 886.
199 Ant. Lib.,
Met.,
Vili.
zoo vedi
sopra
p.
865.
201 Vedi sopra
p. 866.
202
Trog.-Justin., XX, 4,
1 1 ; Jam.,
VP, 56.
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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA
885
Se ciò
è
esatto una serie di
osservazioni
si
impongono,
topografiche
prima, ma soprattutto
politiche.
Da un punto
di
vista
topografico pare
chiaro che
una
volta accettata l'interpretazione rituale prima proposta,
la
fonte
Lyka deve
essere ricercata nella
chora
di
Temesa, ma
non
il
fiume
Kalabros
che, rivestendo rispetto
a
Sybaris la stessa funzione
dell'Axios
ο
del Kaikinos, deve essere ricercato nella zona
di
provenien
zai Sybaris. L'ipotesi
della
Zancani
Montuoro che
Κάλαβρος
sia il
nome più antico dell'Aisaros, ipotesi fondata su precisi riscontri topo
nomastici203, è
abbastanza soddisfacente,
anche
perché, confluendo
l'Esaro
nel Coscile,
l'idea di
un
Kalabros di cui
il
Sybaris
sia γένος
pote
vancor
meglio
prendere corpo.
Da un
punto di vista più specificamente politico,
occorre
chiedersi
che
tipo
di
rapporto
con
Sibari
questo
rituale
ponesse
in
essere.
Sybaris
gioca in
relazione
a Temesa
il
ruolo di Euthymos;
un
ruolo che riman
da
lla conquista e all'integrazione; un
ruolo
che
risulta ancora più sot
tolineato nel caso
di
Sybaris, fiume che dava il nome alla città.
Né
fa
difficoltà
l'ipotesi di
un
eventuale matrimonio Sybaris-Temesa,
tenuto
conto
del
fatto
che per Sibari
esiste
preciso
ricordo di
liberalità in
fatto
di
concessione
di
cittadinanza204 e che l'intervento
di Hera
suggerisce
anch'esso
uno
sbocco matrimoniale
per il rapporto
Sybaris-Temesa.
Il
legame
d'altro
canto,
Alybas-Lyka
e
relativo
recupero dell'èa%a-
τιά come connessa
alla
sorgente d'acqua,
lascia
intravedere,
come nel
caso
di
Delfi,
una valorizzazione
degli
αγροί
di
Temesa;
tanto più,
poi,
se Alybas
con
la
sua pelle di
lupo e il
suo
aspetto
appare
la figura più
vicina
al θηρίον
di
Delfi.
Questo
recupero
ripropone
il legame con le
attività pastorali dialetticamente
legate
al lupo e, nella
misura
in
cui
si
esprime
non
con
un
vero
e
proprio
θηρίον,
ma
con
un δαίμων
travestito
da
θηρίον,
ripropone
il legame con le
attività
che
la
locale
cultura
pastorale
collegava
aH'èa%aTia
:
le attività, per intenderci,
di natura
commerciale
ed emporica. Anche
il
nome
Alybas,
sembra scelto
appos
taer
suggerire tale
legame. Da un lato
infatti
per il legame con Meta-
bos,
richiamava
realtà
acheo-italiche
di
Metaponto
e
Priverno205,
bene
adatte a rendere l'incontro
di
tradizioni achee ed ausoni a Temesa;
dall'altro richiamava un toponimo omerico occidentale, che si voleva in
203
P.
Zancani Montuoro, PP 154-155, 1974, p. 70; cf.
Atti
M.G.
1968-69, p.
15 s.
204Diod., XII,
9,
2.
Ma cf. A. Mele, in Storia della
società
italiana, I,
1,
Milano, 1981,
p. 277.
205
vedi
sopra
p.
864 s.
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886
ETTORE LEPORE-ALFONSO
MELE
qualche
modo connettere col
νόστος di
Odisseo206,
ben
adatto
quindi
ad
alludere al rapporto
Temesa-Odisseo
e
a quello stesso di
Mente con
Odisseo,
Itaca
e Temesa.
In
altri
termini
il
rapporto
Temesa-Sibari,
come
il
confronto con
le
tradizioni
rituali
focidesi suggerisce, si poneva in termini di assunzione
nell'ambito dello sviluppo
di
un'economia agricola, delle
antiche
tradi
zioni
emporiche e
pastorali, giustificando così la
posizione critica
della
tradizione locrese
d'Italia.
A
ben
intendere, tuttavia, il senso della tradizione
sibarita
soccorre
la
sottolineatura di tutto
quanto lo
divide
dalla
successiva
tradizione
locrese, rispetto alla quale la differenza non sta solo nel riconosciment
o
i
un
positivo rapporto
con
la più antica realtà
di
Temesa, ma anche
nel
rifiuto
della
storia
di
Polîtes.
Alybas non
è
Polites
è
una
personalit
à
itica del tutto
autonoma.
Un rapporto
di
esso
con
Polites
potrebbe
recuperarsi solo se si pensasse
che Άλύβας e Άλίβας
siano realtà analo
ghe.
Άλίβας è,
infatti,
il morto,
in
quanto
inaridito, lo
scheletro207 e,
quindi, ove l'equivalenza
di
cui sopra reggesse, un daimon denominato
Άλύβας
perciò stesso
alluderebbe
al
morto
: allusione che a Temesa
vor
rebbe dire
immediatamente Polites. Ma
questa equivalenza
viene rifiu
tata. Il nome
tradito è Άλύβας e
non
Άλίβας, sia
nella Suda, sia
nei
codici, dove
il nome,
pur
corrompendosi, è rimasto pur
sempre λύβαν-
τα.
D'altro
canto
la
tradizione
riflessa
nella
γραφή
è
acheo-sibarita; la
tradizione riflessa da Polites è focea e
in ultima
analisi ionica. Polites è
il compagno
di
Odisseo che nell'isola
di
Circe, sedotto dalla voce e dal
risonar del
telaio
della
maga,
spinge
i compagni
verso
colei che
non
sa
se donna ο dea, accetta
con
loro il
vino
di
Pramno offerto dalla
maga
e
finisce
con i
compagni
mutato in porco, laddove ad altri era capitato di
esserlo
in
lupi
ο leoni208 :
succube,
dunque, del
vino e
di una
donna e
ridottosi,
perciò, a
livello animalesco, come poi nell'episodio
di
Temesa.
Il comportamento noncurante di
Odisseo
verso
il
compagno
morto e la
reazione
del
morto trovano invece, riscontro
nella vicenda
di
Elpenore,
altro
compagno
di
Odisseo
morto
nell'isola
di
Circe in conseguenza del
la ua ubbriachezza, lasciato insepolto da Odisseo
che,
incontratolo
206
Od.,
XXIV,
304.
Cf.
Schol. ad he. e
Apoll.,
Lex., 24, 18.
207
C. Lawson, C/. R., 1926, 52
ss.;
G. Pugliese Carratelli, Archiv. Glott. ital, XXXIX,
1954,
p.
78 ss.; G.
Roux,
REA, 1960
p.
5
ss.
208
Od.,
X, 135 ss.; 203
ss.
251
ss.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA
887
nell'Ade,
si
vede
richiesto da lui
di sepoltura,
affinchè non
divenga
per
lui motivo d'ira
divina209 : episodio in cui si
trovano, come nell'episodio
temesano, associati ubriachezza,
morte,
trascuratezza da parte di
Odis-
seo,
ira per un tale
comportamento.
Punto
di
partenza della vicenda
di Temesa
è, dunque, il racconto
omerico, una
volta
però
che l'isola
di Circe
e il viaggio
nell'Ade sono
come
Temesa
collocati sul Tirreno
:
condizione che Pausania
e
la Suda
sottolineano esplicitamente.
Si presuppone,
cioè, compiutamente defi
nito
l'orizzonte calcidese
del
viaggio di Odisseo, dallo
Stretto
alle Eolie,
alla Campania, al Circeo,
in
zone tutte
di influenza calcidese.
Orizzonte
che
si conferma ove si guardi più da vicino
alla
dislocazione
dei culti
connessi
ai compagni
di
Odisseo : oltre allo heroon
di
Polites
a
Temesa,
Yheroon
di
Drakon
a
Laos210,
il
culto
di
Baio
in
Campania211,
quello
di
Elpenore al Circeo212.
Si
tratta di una rotta tirrenica
e
costiera che ha
il
suo
fulcro
nella localizzazione dell'Averno nell'agro cumano
e
di
Circe
al Circeo.
La storia
di Temesa in quanto
storia
di
Polites
si colloca
quind
i
n quest'ottica
ionico-calcidese.
Su
questo filone
si innesta
il
rapporto della storia
di
Temesa con
quello dei prigionieri
di Alalia
e
di Palinuro,
dove, come
a Temesa l'ira
divina
si rivolge
sui
locali,
mentre
nel caso
di Elpenore minacciava di
rivolgersi verso
lo
stesso
Odisseo,
reo
di
trascuratezza verso il
compa
gnoorto. Si tratta
di
un innesto che è possibile
ancora
verificare
sul
terreno,
se
all'insediamento zancleo-calcidese
a
Metauros213,
corrispond
e
settentrione e
lungo la
stessa
rotta, prima
il
Portus Parthenius
Phocensium, tra
Laos e Clampetia214, e
quindi,
Elea.
Temesa stessa,
d'altra parte, secondo
una
confusa
notizia
di
Solino, era
stata fondazio
neonica215.
In queste
condizioni,
la sostituzione
di
Alybas
a
Polites non è affat
to
asuale ma
è
coerente
con
l'ispirazione
della γραφή. Ne scaturisce la
possibilità
di una
ulteriore precisazione dell'interpretazione achea
di
Temesa.
Essa
costituisce negazione della
primitiva
funzione emporico-
209
Od., X
555;
XI, 51 ss.
210Strabo, VI, 1, 1,
253.
211 Strabo,
V,
4, 6,
245.
212
Theophr., H.P., 5, 83 ; Scylax, 6.
213
Solin., II, 11.
214
Plin.,
N.H., III,
72.
215
Solin., II, 10.
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888
ETTORE LEPORE-ALFONSO
MELE
pastorale
di
matrice
ionico-focea,
in quanto achea e in quanto valoriz-
zatrice
anche della funzione
degli
αγροί.
8 -
La
conclusione
cui
siamo ora pervenuti è, quindi, quella di
una
Temesa
legata
all'eroe-daimon Polîtes
e
quindi
ad
una
sua condizione
emporico-pastorale in ambito ionico,
calcidese
e
foceo.
Su questo punto
qualche
ulteriore osservazione è
però possibile.
La funzione
e
l'organizzazione di Temesa
in rapporto 3ΐΓέμπορία
deve essere stata precedente all'epoca in cui cominciano ad organizzars
i
così detti emporii
:
l'ultimo
quarto
del
VII e
gli
inizi
del
VI
sec.216.
Tutto
ciò
per un motivo
preciso, che quando in tali empori si sviluppa
no
ulti e rituali
connessi
alla
prostituzione,
questo avvenne
di
regola
nel nome
di Afrodite217.
A Temesa, invece,
ì'aition
del
rito si riporta
a
un
eroe-daimon
locale.
Questo
sarà
un altro
modo
per dire
che
Temesa
non
fu
vera polis,
perché tutta incentrata nella sua storia
sul
culto
di
un
eroe
e
non
di una
divinità.
Ma questo vorrà anche
dire
che la prati
ca
il
rito in
questione non
poterono
qui
organizzarsi ex-novo, liber
amente,
ma vennero condizionati da
una
preesistente realtà locale
che
già prevedeva qualcosa del genere. Insomma
le
pratiche documentate
tra fine
VI e inizi V
sec. a Temesa
rappresentavano una
realtà più anti
cad
era
quanto la
tradizione, fin dall'età
arcaica,
voleva,
come si vide,
sottolineare
connettendole al mondo
dei
νόστοι, ai barbari Ausoni e ad
una
comunità
di tipo pastorale-commerciale, la cui esistenza ed attività
risaliva
ad
epoca
anteriore
alla
colonizzazione
greca
dell'Italia
meridio
nale
irrenica. E
se poi si riflette al ruolo
che il lupo ha
in ambito itali
co,mitico,
culturale,
pastorale;
se
si riflette
all'importanza
che dovette
avere il ambito
enotrio,
se Oinotros
era
tra
l'altro
connesso
a
Lykaon218,
questa
conclusione si rafforza e
con
essa la conclusione che, considerat
n tutte le sue implicazioni, la storia dell'eroe
di Temesa
è un pò la
storia
di
questo centro
dall'età precoloniale alla classica ο in altri
ter
mini la lunga storia
dell'ellenizzazione di
un centro
indigeno.
A.M.
216 A. Mele, // commercio greco
arcaico.
Prexis ed emporte, Napoli, 1979
p.
97 ss.;
M.
Torelli, / commercio greco
in
Etruria
tra
Vili e il
VI sec.
a.C,
in
Atti del seminario «II
commercio greco nel Tirreno in età arcaica», Salerno
1977,
Salerno, 1981,
p.
77 s.
217 M.
Torelli,
Storia degli Etruschi, Bari, 1981,
p.
148
s.
218
Paus. Vili, 3, 5.
Per la trasformazione in lupi
dei figli
di
Lycaon
cf. G. Piccaluga,
Lykaon, Roma, 1968
p. 55.
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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA
889
EPEO E LO STATUTO ARTIGIANO NELL'OCCIDENTE GRECO
II mio caso non può
formar
sistema così coerente
come
la ricerca
e
la lucida esposizione di
Mele ha
fatto
e
soprattutto non dispone di una
evidenza così ricca come
quella di cui
disponeva Mele. Io mi son posto
il
problema della
leggenda
di
Epeo e
me
lo son posto
prima di tutto a
partire
da
testimonianze
archeologiche
che
la
hanno già richiamata.
Son mosso, cioè,
dal cosiddetto «cerchio reale»
di
Paola Zancani Mon-
tuoro,
a Francavilla,
nel quale
ella non ha
trovato un
cadavere ma ha
trovato
degli
strumenti
di
lavoro
:
un'ascia
di
ferro
del
tipo
skeparnon
e
non pelekys, ossia
con
la penna perpendicolare al manico
e
non paralle
lal
manico, cioè un'ascia da falegname, da mastro d'ascia,
che serve
a
pulire
il legno, come le sgorbie; e poi uno scalpello,
più una serie di
elementi
metallici di
ferro
e
di
bronzo, dei quali uno, che ella chiama
«un pugnale di ferro
con
attacco eneo alla
impugnatura», con
una
lama
di
25-30
cm.,
è
della
stessa
lunghezza
dello
scalpello.
La
Signora
Zancani
lo
paragona ad una spada della tomba
Τ
87 219. Anche se
vorrei
sentire il
parere degli
archeologi,
a me
il
paragone non sembra calzare
perfettamente e ho un dubbio che si tratti anche in questo caso
di
un
terzo
strumento
per
il lavoro ligneo,
una specie di
punteruolo, non
saprei come chiamarlo
altrimenti;
probabilmente un
suo restauro
po
trebbe portare a
un
tipo
di
restauro simile
a
quello che
è
stato eseguito
per lo
scalpello
e che è fotografato
nella
stessa
pubblicazione220. Se allo
strumento si
applica
un manico
di legno
come allo
scalpello, diventa
un
altro
arnese da falegname,
e forse
crea una maggiore coerenza
del
cor-
21 9
Cfr.
P. Zancani
Montuoro,
La leggenda di Epeo, in Atti e memorie
della
Società
Magna
Grecia,
NS
XV-XVII (1974-75), p.
93-106,
spec.
p. 99-102,
102-104.
22 0 Cfr. fig. 21 a p. 101 e tav. XLI.
La
Zancani ha
dubitato
anch essa inizialmente trat
tarsi di altro
strumento;
e ritiene anche ora che
«nell esemplare
della T. 87
sia da
ricono
scere n arma simile con qualche variante». Per quell esemplare,
P.
Zancani
Montuoro,
Necropoli.
I Tre notabili
enotrii
dell VIII sec. a.C,
ibidem, p.
69-71 con fig. 17 e
tav. XXVIII, a XXXIII, e XXXI, a-b.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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890
ETTORE LEPORE-ALFONSO MELE
redo,
perché sembra
strana
quest'arma, proprio se
paragonata
alla
tomba
Τ
87, che ha
un
puro
corredo da guerriero.
Il
ritrovamento
di
questa tomba ha
creato
alla
Zancani Montuoro
l'immediato
richiamo
alla
leggenda
di
Epeo
e
noi non
possiamo
dubita
re
he
siamo di
fronte
a una
tomba
indigena, quindi la Zancani
ha
dovuto
pensare che i Greci, vedendo un
cenotafio
o,
in
altri
casi, tombe
—
mi
pare difficile
che
fossero
sparsi
cenotafi
per
tutta la
costa —
son
stati
richiamati
al
ricordo di Epeo,
immaginando la sua
venuta
nell'area. La spiegazione
lascia
naturalmente un pò
perplessi,
benché
anche a
detta
di
colleghi archeologi che
ho
consultato, la datazione può
forse
scendere
alla
metà
dell'VIII
a.C,
rispetto
a quella della Zancani
che la vede quasi anteriore all'inizio
del
secolo in rapporto agli altri
tumuli
che
sono
accanto.
Credo che il
contesto
resti
un contesto
indige
no,ino
a
una prova
contraria,
che anzi
sarei
lieto mi si
venisse a dare.
Perché l'analogia
di
rituale, essendo pur quello
di
una tomba vuota,
a
me
è
venuto di farla immediatamente con
le
tombe piene, di
quelle
pitecussane,
rare
ma
esistenti,
che presentano l'eccezione nel tardo geo
metrico 1 e
nel
tardo geometrico 2 : inumazione
di
individui non adulti
con arnesi di lavoro
e ceramica
di impasto,
e di individui cremati
adult
i a sempre solo con ceramica
di
impasto. Nei
due
casi in cui la
cera
mica è
di importazione,
la
ceramica di impasto
è
di livello
migliore e
non
esistono arnesi221. Io mi trovo intanto
di
fronte al parallelismo
di
rituale funebre
ο
«para-funebre»,
tra
il
«cerchio
reale»
di
Francavilla
e
queste
attestazioni, attestazioni
che giustamente già Mele ha ricondotto
ad un ambiente sia dell'Odissea che
di
libri
dell'Iliade stessa,
e ad
Esio-
do222,
dove
noi
assistiamo a questa stretta associazione tra i ceramisti e
i tektones, i
carpentieri.
A
Ischia
essa è
attestata nella
ceramica
di
impas
to ella tomba, sul luogo di Francavilla
è
addirittura attestata dal
dub-
221
Per
tutto
questo
cfr.
G.
Büchner,
in
Contribution
à
l étude
de la
société
et
de la
colonisation eubéennes (Cahiers du
Centre
Jean Bérard, II), Napoli 1975, p. 72-73; D. Rid-
GEWAY,
in
La
céramique
grecque
ou de tradition
grecque au VIIIe siècle en Italie
centrale et
méridionale {Centre Jean Bérard,
Napoli,
1982, imminente) : dell estr. anticipato, p. 3,
e
7
con tav.
2.
22 2 Cfr. A. Mele, // commercio greco
arcaico.
Prexis ed emporte
(Cahiers
du
Centre
Jean
Bérard,
IV),
Napoli, 1979,
p.
69-71 che contiene già la menzione di Epeo, e
la giusta osser
vazione del progressivo colmarsi del distacco
tra
classe guerriera e ceti artigiani
attraver
soemergenza
del
ricco proprietario contadino,
dall Iliade
omerica
ad Esiodo.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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PRATICHE
RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 891
bio stratigrafico, se quel «cerchio
reale»
è
coevo
della
fornace
che ha
demolito,
sorgendo, ο immediatamente
posteriore
alla
fornace esistent
e
ino
al
punto
che grossi
lastroni di argilla della fornace
hanno
servi
to
i
copertura
al
tumulo del
«cerchio
reale»223.
Ecco
allora,
se
noi
pensiamo adesso, in
un
contesto rituale funebre
ο
quasi,
al problema che
ci pone
la tradizione su
Epeo,
esso
ci
si pre
senta
immediatamente
come quello dello statuto dell'artigiano
greco
ο
indigeno,
nelle
correnti
coloniali
che approdano
a
Pitecusa come sulla
costa ionica. Per Pitecusa
abbiamo
già detto abbastanza perché
io
ci
torni
ulteriormente, e
si sono sottolineate
sia
clientele artigiane greche,
sia legami con
clientele artigiane non
greche,
ma non
necessariamente
indigene, e
talvolta addirittura semitiche.
Si
tratta
di
valutare il rapport
o
he
ci
può
essere
tra
queste
strutture
che
assegnano
uno
statuto
intermedio
tra l'aristocratico guerriero (o
il ricco proprietario
contadi
no)il mendicante
(ptochos)
al tekton
e
di
domandarsi quale tradizione
ha alle spalle un
tale
statuto
emergente, sia dalla
realtà della testimo
nianza archeologica, sia poi dall'intera leggenda su
Epeo.
Se esaminiamo infatti
la leggenda
di
Epeo — e
non
sto
a
leggervi le
fonti
una per
una
—
egli
è
Yhippotekton,
il costruttore del cavallo
di
Troia,
ed è il tekton, è anche l'ingegnere idraulico
della spedizione
tro
iana,
il
tecnico
per eccellenza, e
con polivalenza
il costruttore
di
daida-
la,
quali che siano, come il
bel libro
di Françoise
Frontisi-Ducroux224
ci
ha
mostrato.
Questo
lavoro
ci
ha
fornito
anche
tutta
la
serie
lessicale
di
termini tecnici greci che
non
indicano la
serie di operazioni a
ciclo,
legate più in particolare appunto ai tektones
e
ai tektonon daidala :
abbattere l'albero, con l'ascia di bronzo
(pelekys
chalkeos),
raffinare
questo
legno
con lo skerpanon
euxoon,
lo strumento che già
abbiamo
nominato, e
poi tagliarlo in tavole,
e
piallarlo,
infine
l'aggiustaggio vero
e proprio
con
l'aiuto
di
altri elementi e strumenti, i cavicchi per i
buchi
di succhiello,
la colla e così via.
Non
sto
a
dettagliare
tutto
quanto que
sto
ciclo produttivo che tra l'altro viene
a
legarsi poi anche,
come
223 Cfr.
P. Zancani
Montuoro,
La leggenda di Epeo, cit., p. 95.
224 Cfr.
F.
Frontisi-Ducroux,
Dédale. Mythologie de l artisan
en
Grèce ancienne (Parigi
1975), con due accenni
ad
Epeo (p. 24 e 140), come «primo inventore», carpentiere, archi
tetto e scultore di xoana
(che
richiedono,
dunque, gli
stessi
strumenti
per il lavoro
sul
legno). Per il ciclo produttivo
dall hylotomos al costruttore polivalente,
con pluralità di
materie
prime,
citato di seguito nel testo, v. p. 56-57, 60-62.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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892
ETTORE LEPORE-ALFONSO MELE
mostra
bene la Frontisi,
con
altre
risorse
e materie
prime,
che non
sono
solamente il
legno,
ma predominantemente il
legno.
Ora, se
noi
continuiamo ad esaminare la tradizione su Epeo, ci tr
oviamo
immediatamente
di
fronte
al
brano
di
Licofrone
(Alex.
vv.
930-
50), a quello dello Pseudo-Aristotele (Mir. ause, 108) su una
città
in
Ita
lia
chiamata
Gargaria
(= Lagaria)
presso Metaponto, in cui
egli ha
dedicato nel santuario
di
Atena
Eilenia (ovvero Ellenia
dove la lezione
dei
codici
è facilior)
gli arnesi di lavoro,
con un mito che qui
non ci
interessa,
per
l'epiteto.
E Epeo, oltre che
in
questi due
passi fondament
alioi
torna,
come
tutti
voi sapete, sia nella tradizione sulla fondazio
nei Lagaria,
sia
in un'altra più tarda ancora su Metaponto, che è
pro
babilmente da porsi in rapporto
con
la conquista
di
Lagaria da parte
di
Metaponto
e
con
l'ascrizione
di
tradizioni
mitiche
e cultuali
originarie
di
Lagaria
a
Metaponto225.
Chi
è Epeo quando noi
lo
andiamo
a
considerare,
a prescindere
dallo
statuto
artigiano
che
si
è delineato?
Epeo
è soprattutto
l'eroe
foci-
dese
per eccellenza, il tekton focidese che è appartenuto alla spedizione
troiana
(anche
se i
tardi
libri
dell'Iliade
lo
dipingono,
come tutti
sanno,
vigliacco, non atleta e non aristocratico, e
quindi
sono già segnati dal
deterioramento dello statuto dell'artigiano),
ma
egli è direttamente il
figlio
di
Panopeo, che noi
troviamo
appunto connesso alla città
di
Panopea e alle altre nel Catalogo delle
navi
dell'Iliade, alle altre — dico
—
dei
Focidesi
a Troia,
e
quindi va
a
inquadrarsi
nel
quadro della
Foci-
de,
il
cui
nome risalirebbe
appunto
a
Foco,
padre
di
Panopeo e
di
Criso,
e
quindi
indicherebbe la vecchia zona che andava
collocata
tra il Par
naso
e la costa, ad
un
certo stadio. Come ci dicono le fonti, «della terra
focidese, quanta di questa è
intorno
a Titorea
e
a Delfi, è
noto che
prese
nome da un uomo
di
Corinto, Foco
figlio di
Ornitio», e
quindi
c'è tutta
una genealogia
che
ci
riconduce
da
Epeo
al blocco focidese226.
In
Occidente questo blocco focidese lo
troviamo
poi allargato fino
alla Sicilia,
a
Segesta
con
Aigesto il Troiano delle
fonti di
Strabone227,
225 Cfr. Trogo in
Giust., Hist,
phil,
XX, 2, 1 con Strab. VI,
1,
14 C 263 su Lagaria; e
Vell.
Pat. I, 1
su
Epeo a Metaponto.
22 6 Tutta
la genealogia
mitica di Epeo
mette l accento
sulla
Focide,
nei
suoi
diversi
stadi
di estensione. Hom. //. XXIII, 665; Asio fr.
5
Kinkel
(= Paus. Π,
29, 3-4); ν. anche
HoM. //. II, 517
ss.
spec. 520 con Schol. gr.
ad
Hom. IL, II, 520;
Eusth.,
Comm.
ad Hom. Il,
520; e
Paus. II,
4, 3; X,
1,
1.
227 Cfr. Apollod. 244 fr. 167 Jacoby e Timeo in Strab. VI,
1,
3 C 254 (cfr. anche
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
http://slidepdf.com/reader/full/pratiche-rituali-e-culti-eroici-in-magna-grecia 48/52
PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA
893
ma
forse
già
nel
brano di
Tucidide
(VI, 2, 3) su Troiani
e
alcuni Focide-
si all'origine degli Elimi di
Erice e
Segesta,
che
si
è
spesso letto in
un
altro
modo,
ma che è stato anche letto e si può leggere in quest'altra
maniera.
Tutta
questa
tradizione focidese,
che
a
Metaponto
noi
trovi
amon
età tardiva, come è attestato
attraverso la
leggenda
di Epeo,
noi
la ritroviamo
nella
stessa
Metaponto in
un'età forse
meno
tardiva,
quando andiamo a leggere
il
brano di
Strabone
sulla sua
ne 228
Dopo le
varie
proposte
di
Timeo e
di
Antioco,
noi troviamo
l att
estazione
di
Eforo che non
è necessariamente
troppo
tarda,
se si
tien
conto anche
di
certe filiazioni
di fonti
che potrebbero in
Eforo stesso
portarci addirittura
attraverso
Filisto,
fino
a Ellanico
delle
«Sacerdot
esse
i Era»
e
quindi
alla
tradizione del
santuario
di
Hera
Argiva.
Non
dimentichiamo che
con
i Sibariti ci sono i Trezeni dell'Argolide che
vengono in Occidente,
e
quindi possono
essersi radicate nell'ambito
acheo tradizioni
argoliche
note.
Noi
troviamo in Eforo
che il
fondatore
di Metaponto
fu Daulio, il
tiranno di Crisa
presso
Delfi229.
Ora,
questa
tradizione è guasta,
in
un certo
senso,
che ha
subito
un
processo omeo-
Lycophr.
Alex.,
911
ss.;
Ps.
Arist.
Mir.
ause,
107)
che,
accanto alle
tradizioni
su
Filottete
in Italia
meridionale, contengono la notizia
sulla
spedizione da lui inviata
in
Sicilia con
Aigestos.
Non è
escluso
che la
tradizione
tucididea (da
Antioco?,
il quale
potrebbe
essere
la fonte
di Timeo : cfr.
F. Lasserre,
in
Strabon, Géographie,
t. Ill,
Paris
1967,
p. 128 η. 4)
che ha Φωκέων τινές των άπο Τροίας (molto vicina all omerico Φωκήων del Catalogo) che
potrebbe far
scartare
l identificazione
con
i
Focei, più comune presso
i moderni (cfr.
L. Braccesi, in Storia
della
Sicilia I (Napoli, 1979), pp. 78
ss.
e note a p. 84
ss.
spec. n.
74,
che
seguendo I interpretazione di
Tucidide che
lega ai
Troiani
i Focei ne svaluta la
test
imonianza come
atticizzante
e tardiva, eliminando ogni relazione con Antioco, ex silen-
tio).
228 Cfr. Strab, VI,
1,
15 C
264-265.
229
La tradizione sui Pilii a Metaponto è probabilmente
timaica
(cfr. F. Lasserre, cit.,
p. 227,
n.
7
ad
1.)
e non
risale
affatto
ad
Antioco,
come
non
risale
a
costui
la
notizia
su
una distruzione
ύπο Σαυνιτών (così
vorrebbe, ma
a
torto,
G.
F.
Maddoli, / Sanniti a Meta-
ponto. Un capitolo di
storia
lucana
arcaica, in
La parola del
passato,
XXIX, 1974, p. 237-
243 v.
contra E.
Lepore, Problemi
di
storia
metapontina,
in
Metaponto. Atti del
XIII Conv.
di St. sulla Magna Grecia (Napoli, 1974), p.
307-308
: buona analogia Strab. VI,
1,
6 C 258
sull etimo di
Reggio, che risale a Timeo). Ad
Antioco invece chiaramente
tutto
il resto,
fino
alla
citazione
di
Eforo
: 555 F 12 Jacoby. Per Eforo, 70 F 41 Jacoby. Per
la
linea
storiografica Eforo-Filisto-Ellanico,
cfr.
J. A. De Waele, Acragas Graeca I.
Historischer
Teil
( s-Gravenhage,
1971),
p. 69 ss., 85 ss.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
http://slidepdf.com/reader/full/pratiche-rituali-e-culti-eroici-in-magna-grecia 49/52
894
ETTORE LEPORE-ALFONSO
MELE
statico di
incomprensione e
trasformazione
sfociata nella interpretazio-
ne facile
di
Daulios
(o
Daulieus, come
abbiamo
in altre tradizioni),
come tiranno
di
Crisa. In realtà c'è una genealogia che
lo
fa figlio
di
Tiranno,
accanto
a Criso
anch'egli
figlio
di
Tiranno,
genealogia
concor
rente
on quella
di
Foco,
Panopeo e Criso. E
questo
Daulio, che secon
do
na
tradizione avrebbe
appunto
fondato Metaponto,
come
Panopeo
per Panopea, come
Criso
per Crisa, è l'eponimo
della
città Daulide230.
Ora, la cosa interessante
è
che la
Volksetymologie
che
noi
troviamo
in
uno scolio ad Omero dell'Iliade231 e che quindi
non interessa in
quanto realtà ma in quanto
struttura
mentale dell'etimologia stessa, e
del
mito
etimologico ad essa legato, ci dice: «Crisa, pianura della
Locride,
ο come
dicono
i
più nella
zona
di Delfi
chiamata così da Criso,
figlio
di
Tiranno
e
di
Asterodea,
figlia
di
Dioneo. Daulide
invece
è
città
della Focide
e fu chiamata
così da
Daulieo,
figlio di
Tiranno e
di Cre-
stone, ο perché piena di alberi,
infatti gli antichi chiamavano
daulon,
folto,
un
paese boscoso».
È
singolare
che ai due poli
di
queste genealogie
della
tradizione
mitica
di
fondazione,
noi troviamo
i boschi.
I
boschi
di
Daulide focide-
si, i boschi
della
Sila (p.es.
in
Dionigi
di
Alicarnasso, nei Dialoghi
di
Seneca, addirittura nella Volksetymologie
dei
Lucani nella tradizione
antica, dai
boschi e
dalla creta)232. E siamo arrivati alla cultura mater
iale che sottende
tutto
questo
e
alla esportazione
di
tecnologie : p.es. la
tecnologia del legno
che
i
nostri
maestri,
storici
dell'architettura,
Or
landos, Roland Martin ed
altri, ci insegnano poggiare
su due elementi
fortemente compenetrati, e che nel rituale funebre
abbiamo
già visti
23 0 Già
così
J. Bérard, La
colonisation
greque de l Italie méridionale et de la Sicile (Par
igi,
1957),
v. trad. ital. La Magna Grecia (Torino,
1963),
p. 174-175,
332.
Il
processo omeo-
statico
tuttavia
che
ha
trasformato il
figlio
di Tiranno e fratello di Criso
in
tiranno di
Crisa,
deve appartenere
ad
una
società ormai
familiarizzata
con
le tirannidi
(p.
es.
argoli-
che?),
anteriore alla prima guerra sacra e dunque
almeno
di VII secolo a.C, se può
richiamarsi a
Crisa
(e
alla zona
di Delfi) senza alcun timore di disonore ed empietà;
non
va confuso con un errore di
Eforo
ο di Strabone,
ma
attesta
piuttosto
tradizione antica
(di
Argolide,
via
Ellanico?).
Per
i
processi
omeostatici
in
relazione alla
società e
le geneal
ogie
n
tradizioni
orali cfr. Literacy
in
traditional societies, ed. by J. Goody,
Cambridge,
1968, p. 27-67.
231 Cfr.
Schol. gr. Horn. II. II, 520.
232 Cfr.
Dion.
Hal., XX, 15; Sen.
Dial. IX,
2, 13; Paul, ex
Fest.
106, 18
Lindsay.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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PRATICHE
RITUALI E CULTI EROICI IN
MAGNA
GRECIA 895
compenetrati : legno
e
argilla, legno
e
creta233.
Credo
di aver
descritto il
materiale
letterario
sul
quale
io
non avvento se non delle proposte,
che
intanto
segnalano
uno
stretto
nesso
tra la colonizzazione achea
e il
gol
fo
i
Crisa,
che
mi
sembra
molto importante
perché
ci
dice
anche
qual
cosa sui
«prelievi»
connessi al movimento acheo.
È
stato
detto
da
Dun-
babin
che la
colonizzazione
sulla costa ionica è
una
colonizzazione da
avventura
e
non pianificata
e
diretta, politicamente, ο per
lo
meno con
strutture
organizzate, perché
le città
achee della
costa
settentrionale
del Peloponneso non erano
Calcide, Eretria,
Corinto234.
Forse
si
è
dimenticato troppo
che
fra
le
genti
greche
dei
due lati
del
golfo
Corin
zioi
erano
centri come Crisa
con
un
importante
retroterra. Da Strabo-
ne e da altre
fonti sappiamo
che i Crisei e i Cirrei
erano
pirati (e
sap
piamo
adesso
il
significato
della
pirateria, per
il mondo
aristocratico
e
per quello
mercantile),
e che si erano
fatti
ricchi con τα
έκ της
Σικελίας
και τής Ιταλίας
τέλη
(Strab. IX, 3, 4
C 418). Quindi
di nuovo, questa
tradizione
artigiana
va
a
slittare
sul piano
dei
prelievi
fiscali
sull'empo-
ria,
e
sull'emporio, stessa. Il livello
è
certamente quello di
uno statuto
ancora privilegiato
del
tekton
e
quindi uno
statuto
di
tradizione mice
nea, che ci porta giù fino alla vigilia235 delle fondazioni coloniali.
Quale
il rapporto
con gli
indigeni?
Qui
si apre un interrogativo
cui
non so rispondere, ma
al quale
attendo
forse
una risposta dalla
discus
sione. Certo
in
questo caso potremmo pensare
a interpenetrazioni con
mondi non
strutturati,
con
gerarchle
sociali
simili
a
quelle
greche,
e
quindi a
un
incontro tra
uno statuto
privilegiato del tekton di tradizione
greca,
quando
i Greci arrivano sulla costa
italiana
e uno statuto che
ancora ignoriamo del tekton
nel
mondo enotrio236. Come sul Tirreno
l'incontro
insiste sulla
tecnologia dei
metalli,
sullo
Ionio (ma forse
233 Cfr.
A. K. Orlandos, 7α Υλικά
Αόμης
των αρχαίων Ελλήνων. Ι. Το ξυλόν
και
ό
πηλός,
1955;
R.
Martin,
Manuel
d architecture
grecque,
I
(Parigi,
1965),
p. 2
ss.,
46
ss.,
65
ss.
234 Cfr.
T. J. Dunbabin, The
Western
Greeks (Oxford, 1968), p. 23-24.
235 Cfr.
anche
P.
De Fidio, Le
categorie
sociali e professionali
nel
mondo omerico,
in
Ann. Ist. It. di
studi storici,
Napoli, II, 1969, p. 45 ss.
236
Mentre
si stampa questo
contributo la risposta è forse
già
venuta
dall importante
relazione tenuta al XXII
Convegno
di Studi sulla Magna Grecia
(Taranto,
7-11 ottobre
1982) da
Renato Peroni su «Presenze micenee e forme socio-economiche nell Italia proto
storica» che vale anche per l eredità di quelle
«presenze»
e la «ripresa» dei rapporti con
il mondo ellenico.
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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896
ETTORE LEPORE-ALFONSO MELE
anche nelle zone interne) sembra legato alla tecnologia
del
legno
per
ché i vecchi
abitanti come
i nuovi
arrivati
avevano bisogno
e
si serviva
no
i materiali
lignei. Certo il
legno
non aveva la rilevanza che poi
ebbe
nella
polis
greca,
anche coloniale,
perché legato
alla
tektosyne,
perché
legato alla
espansione
edilizia e
urbana, alle grandi costruzioni
archi
tettoniche
ma indubbiamente c'è,
se non
altro, un parallelismo
tra
i
due
mondi
che
andrà discusso
e
stretto più da
vicino,
anche sulla base
del
rapporto
tra
emporta,
colonizzazione
e
clientele artigiane.
E. L.
Università
di
Napoli Ettore
Lepore
Alfonso
Mele
INTERVENTIONS
Pier
Giovanni
Guzzo
:
Le
relazioni
Lepore
e
Mele
riaprono
il
problema
del modo
di
rapporto
tra
Grecia ed Italia nel
periodo
intermedio
tra
la
fine
dell'età del Bronzo e la colo
nizzazione storica : in quest'ultima farei rientrare, come segni
archeologici,
i
ritrovamenti più antichi delle date tramandate per le diverse ktiseis.
Per questo periodo «oscuro» per
definizione,
vedrei due generi di proble
mi.l primo è quello, già ampiamente dibattuto
e
sul quale non mi
fermerò
oltre, dell effettivo rapporto tra tradizione e realtà dei
fatti.
Il secondo
genere
di problemi è quello
archeologico. Dato
per scontato che nei secoli bui si ebbe
una continuità, pur se allentata, di
rapporti
tra Grecia ed
Italia
l'identificazione
di
questi
nella
particolare
classe
della
lavorazione del
legno
e dell'approvvigi
onamento
i
metalli
è
la
logica
conseguenza. Tanto
più che
all'assenza, necessar
ia
rcheologica fa
riscontro
la
critica,
e la collocazione cronologica,
dei
miti e
delle tradizioni.
Da quanto conosco dell'evidenza
archeologica
italiana, il repertorio di
attrezzi da
lavoro
per
il legno, ο altro, non è
affatto
ampio. Oltre
a
quelli di
Francavilla,
citati da
Lepore,
ci
sono
probabilmente
scalpelli,
in bronzo e
ferro,
a Sala Consilina e a Roggiano-Prunetta, in contesto
della
prima età del Ferro
avanzata.
Costruzioni
in
legno,
cioè
in
assi
ο
simili, non sono conosciute. L'uso di
pali, a sezione circolare, è
attestato
in
capanne
a
Torre
Mordillo (scavi america-
7/21/2019 Pratiche Rituali e Culti Eroici in Magna Grecia
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PRATICHE RITUALI E CULTI EROICI IN MAGNA GRECIA 897
ni) : ma
non sembra
particolarmente diffuso,
mancandone tracce
nelle più
recenti (VII-VI
sec.)
capanne di
Scalea-Petrosa. Non sembra
quindi che
l ev
idenza archeologica
faccia trasparire una
caratterizzazione
costante e diffusa
post
mortem
dello
stato
di
falegname.
Esistono,
tuttavia, falcetti
in
ferro deposti in tombe, sia
a
Francavilla
sia
a
Torre Mordillo segni, quindi, che la
società
enotria
della
prima età del Ferro
dava significati specifici
a determinate attività,
forse non esclusive
in
vita, ric
onoscendone
l'importanza economica.
Come al solito, l'evidenza
archeologica
appare piatta e deludente. Tuttavia
esiste, secondo
me,
una possibilità di aggancio
tra
quanto proposto da Lepore e
la presenza di strumenti da lavoro
in
tombe
della
prima età del
Ferro.
Taccio
su quanto detto da Mele,
perché non abbiamo evidenze archeologiche al
riguar
do.arei, cioè,
propenso
a riportare
alla
fase
cronologica
dell'VIII
sec,
in
parallelo all'attestata presenza di importazioni, l'identificazione e la
differen
ziazione
di
individui
artigiani,
segnati
post
mortem dai
loro
strumenti
da
car
pentieri
e
da agricoltori. La sistemazione tipologica
del
materiale
è
favorevole a
questa delimitazione cronologica.
Lo stimolo, e lo
sbocco,
a
tale
specializzazio
neel lavoro indigeno viene
dalla
riapertura,
ο
dall intensificarsi, dei rapporti,
e
delle relative
domande,
dei
Greci. Infatti il
mondo indigeno
conosce
embrioni
di differenziazioni,
a
livello di individui,
in
connessione
con la fine del periodo
di
contatto
miceneo (armamenti di
Oppido
Mamertina), e
dal
secondo quarto
dell'VIII
sec, cioè,
se
è
giusto
quanto
dico,
una
generazione
più
tardi
della
ri
apertura dei contatti con i
Greci.
Tale restrizione cronologica mi pare,
a
quanto
so, anche favorita
per
la
più
stretta connessione al periodo nel
quale si
elabora
la
maggior
parte
del
patrimonio
mitico
ed
epico
dei
Greci.
Ettore Lepore :
Io
ringrazio
Guzzo perché mi permette di
aggiungere una
notizia
che nel
mio discorso rapido avevo
taciuto
e che
invece
mi sembra abbastanza import
ante. La aggiungo nonostante ch'essa non
vuole
avere nessuna aspirazione a
meccanismi
combinatori, verso i quali io sono terribilmente
diffidente.
Ma è
la
testimonianza aristotelica (Arist.,
Pol.,
1329 b 1
s.)
che le classi
occupazionali,
in età precedente a Minosse,
sono
state istituite
anche presso
gli Enotri. E che
gli
Enotri
— per i quali si
cita solo
una
classe occupazionale,
gli agricoltori
conoscevano
i
syssitia,
ed
cioè
erano
anche
un'aristocrazia
guerriera.
In
genere,
quando
esiste una
aristocrazia
guerriera e degli agricoltori esiste una gerarchia
di classi occupazionali e
in
queste classi occupazionali esistono
certamente
del
le echnai.