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PRE ATTI ABSTRACT CONVEGNO DEFINITIVO - … · o Augusta Nicoli, Daniela Farini, Fabrizia...

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PRE ATTI ABSTRACT CONVEGNO
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PRE ATTI ABSTRACT CONVEGNO

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VENERDI’ 17 GIUGNO 6

SIMPOSIO 6 o Proponente: Bruna Zani 6

“Il service-learning e le molteplici forme di impegno nella comunità: riflessioni ed esperienze 6 o Antonella Guarino e Bruna Zani 8

“Riflessioni sul concetto di Service-Learning e su esperienze italiane di formazione al civic engagement” 8 o Marisa Bergamin, Paolo Santoro, Massimo Santinello 9

o Patrizia Meringolo, Nicolina Bosco; Susanna Giaccherini 10

o Caterina Arcidiacono, Fortuna Procentese 12 “Competenze psicologiche in una esperienza di tirocinio formativo per la rigenerazione urbana e riqualificazione territoriale” 12

TAVOLA ROTONDA 13 o Proponente e chair: Alberto Zatti 13

“Una “frontiera” interna: dov’è finita la clinica della psicologia di comunità?” 13 SESSIONI TEMATICHE : 15

1. SESSIONE TEMATICA: COMUNITA’ IN SALUTE: 15

o Marco Fontana , Sofia Banzatti: 15 “Il territorio come laboratorio solidale: attraversamenti tra il clinico e il sociale, tra il soggetto, le istituzioni e la comunità. “ 15

o Filippo Ciucci, Giorgio Chiaranda, Debora Vecchiettini, Elena Cammi, Elisabetta Borciani 16 “Promozione partecipata della salute: comunità emiliane a confronto.” 16

o Paola Dario, Enrichetta Zamò 17 “Promuoviamo L’ABC: promuoviamo l’anziano sviluppando il suo benessere attraverso la comunità.” 17

o Giovannelli, I., Tomai, M., Braibanti, P., Bacchini, P., Bua, V., Cramarossa, G., Foti, M. T., Giardinieri, L.,

Laricchiuta, D., Lutri, D., Mancinone, D., Moro, A., Ragonesi, M.C., Pascucci, T., Sabino, G., Spera, M., Valotta, R.,

Romagnuolo, M.R., Tanese, A., Goletti, M. Bertini, M. 18 “Percorsi di partecipazione per la co-costruzione della Casa della Salute.” 18

o Luana Valletta, Elvira Cicognani 20 “Costruire salute con le comunità. Un’indagine esplorativa sulle rappresentazioni della partecipazione nei dirigenti e operatori coinvolti nei progetti “Guadagnare salute in contesti di comunità”.”20

2. SESSIONE TEMATICA: OLTRE IL GENDER-STIGMA: EQUITA’ ED ALTRO 22

o Norma De Piccoli, Silvia Gattino, Chiara Rollero 22 “La medicina di genere: una riflessione psicosociale su atteggiamenti e conoscenze scientifiche.” 22

o Picardi I., Borrelli G. 23 “Il mentoring: uno strumento trasformativo di genere. “ 23

o Marah Dolfi, Nicolina Bosco 24 “Oltre il gender-stigma, aspetti positivi del sé: gay e lesbiche in Toscana. “. 24

o Minou Mebane, Mauro Giacomantonio, Marco Lariola 25 “Donne in parlamento: ostacoli, efficacia percepita nella carriera politica e progressione di carriera” 25

KEYNOTE 26 o Ibrahim Makkawi 26

o 26

o “Towards decolonizing community psychology: Insights from the Palestinian colonial context” 26

TAVOLA ROTONDA 27 o Patrizia Meringolo 27

“Resilienza e Frontiere di comunità” 27

3. SESSIONE TEMATICA: OBIETTIVI IN LOCO: I VOLTI DELLA CONVIVENZA URBANA 28

o Marta Gaboardi, Michela Lenzi, Massimo Santinello 28 “Assistenza abitativa e integrazione sociale di persone senza dimora.” 28

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o Fortuna Procentese, Maria Florencia Gonzalez Leone, Fabrizio De Carlo 29 “Spazi pubblici e risorse naturali quale bene comune nei processi di convivenza urbana.” 29

o Gabriele Prati, Luca Pietrantoni, Federico Fraboni, Marco De Angelis, Víctor Marín Puchades 31 “Ciclisti vs. automobilisti: due comunità a confronto .” 31

o Augusta Nicoli, Daniela Farini, Fabrizia Paltrinieri, Giulia Rodeschini, Vittoria Sturlese, Vanessa Vivoli 32 “Il Community Lab: metodologia per innovare la Pubblica Amministrazione e agire processi collettivi.” 32

o Silvia Martin 34 “GENIUS LOCI. Progetto Inter-servizi nei quartieri” 34

o Davide Boniforti, Marco Rondonotti 35 “Scatti di comunità: mettere “a fuoco” un quartiere.” 35

4. SESSIONE TEMATICA: SPECCHI DELL’IMMIGRAZIONE 36

o Terri Mannarini, Monica Mezzi 36 “L’interfaccia individuo-comunità e gli atteggiamenti della popolazione locale nei confronti delle strategie di acculturazione degli immigrati.” 36

o Francesco Fattori, Anna Maria Meneghini 38 “Quando “vecchi stereotipi” filtrano e modellano la percezione. Nuovi gruppi: il caso dei Rom, romeni in Italia.” 38

o Halina Hatalskaya, Ksenya Dzhiganskaya 39 “Fenomenologia delle esperienze affettive dei migranti dal sud-est dell’Ucraina. “ 39

o Alessia Rochira, Roberto Fasanelli, Anna Liguori 40 “Stesse persone, immagini differenti. Le rappresentazioni sociali dei migranti in una piccola comunità locale.” 40

o S. Martinez Damia, , D. Marzana, , S. Alfieri, , E. Marta 41 “Uno studio qualitativo sul processo di integrazione degli immigrati peruviani” 41

o Agnese Stefanini, Filomena Cillo, Alessandra Inglese 42 “Empowerment di comunità e psicologia transculturale: esperienze a confronto a Bologna e dintorni.” 42

5. SESSIONE TEMATICA: SCUOLA ATTIVA TRA EMPOWERMENT E RESILIENZA 44

o Maria Pina Di Fazio, Laura Clorinda Rinaldi 44 “Dirigenti scolastici e Buona Scuola: un’ipotesi di burnout” 44

o Moira Chiodini, Patrizia Meringolo 45 “La costruzione della realtà: empowerment e resilienza” 45

o Consuelo, Serio & Cinzia, Novara 47 “La corresponsabilità scuola-famiglia-comunità nella specificità adottiva” 47

o Giulia Lopez, Ariela Francesca Pagani, Raffaella Iafrate 48 “Rappresentazioni dell’affido e fiducia nel sociale” 48

o Cinzia Albanesi 49 “Sguardi sull’adolescenza:generazioni a confronto” 49

SIMPOSIO 50 o Proponenti: Elena Marta e Anna Maria Meneghini 50

“Nuove forme d’impegno e cittadinanza attiva: la partecipazione del futuro” 50 o Anna Maria, Meneghini* – Antonella, Morgano* – Maura, Pozzi** – Elena, Marta** – Massimo,

Santinello*** – Michela, Lenzi*** – Sandro, Stanzani* 50

o Angela Fedi, Terri Mannarini 52

o Cinzia Novara, Gianluigi Moscato, María José Martos Méndez, Luis Gómez Jacinto, Maria Isabel Hombrados

Mendieta 53 “Comportamento psicosociale e reciprocità positiva/negativa: un confronto tra Palermo e Malaga” 53

6. CROCEVIA TRA POLITICA E SOCIAL HUB 54

o Fausto Petrini, Cristina Cecchini, Camillo Donati, Laura Remaschi 54 “Spiders: il sistema dei Social Hub diffusi” 54

o Patrizia Milesi, Augusta Isabella Alberici 55 “Fondamenti morali e azione collettiva: una ricerca sulle motivazioni morali alla base della partecipazione” 55

o Chiara Bodini, Martina Riccio, Marianna Parisotto 56

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“Salute (e) Politica: una ricerca-azione partecipata” 56 o Paolo Brambilla, Giuliana Rocca, Claudio Tortone 58

“La formazione dei walking leader dei gruppi di cammino nel processo di empowerment per il benessere e la salute dei singoli e della comunità” 58

o Davide Mazzoni, Iana Tzankova, Elvira Cicognani, Salvatore Zappalà 59 “Partecipazione sociale, tempo libero e benessere sociale in un campione di studenti universitari” 59

7. SESSIONE TEMATICA: VOLTI DELLA VIOLENZA 60

o Gioacchino Lavanco, Carolina Messina, Laura Clorinda Rinaldi, Maria Pina Di Fazio 60 “Autosabotaggio del futuro e violenza gruppale giovanile” 60

o Elisa Guidi, Andrea Guazzini 62 “Ignorare o intervenire? Il punto di vista dei giovani rispetto alla violenza nelle coppie” 62

o Stefano, Tartaglia; Chiara, Rollero. 63 “Dal sessismo alla giustificazione della violenza sessuale” 63

o Maria Monica Ratti, Caterina Irma Laini, Stefano Ardenghi, Valerio Salverani, Federica Bertin, Sara Sofisti,

Maria Grazia Strepparava 64 “Le molteplici forme della violenza nella società di oggi: action research presso il centro di prima accoglienza San Fedele di Milano” 64

POSTER 65 o Agnese, Acconci 65

“Un’indagine qualitativa sulle rappresentazioni sociali della malattia mentale nei giovani studenti universitari” 65 o Donato Cattani, Paolo Scapellato 66

“Il bps- basic psychological support®: un protocollo per tutti. Soccorso psicologico di base per l’attacco di panico, autoefficacia e maturità emotiva” 66

o A.M.Ferilli,M. Musio,M.Santinello,S. Bortolami,V. Santoro 70 “Photovoice: le reti relazionali e le attività ricreative viste da un gruppo di soggetti psichiatrici” 70

o Jose Ricardo Alvarado Sanchez, Irene Barbieri 71 “Municipios saludables: il progetto città sane nel comune di Nocaima, Colombia. Un esempio di collaborazione tra comunità e Università” 71

o Pietro Berti, Serena Cartocci, Luana Grilli, Donatella Ceccarelli 72 “Percorsi di reinserimento sociale per disabilità acquisite” 72

o Simone Cerrina Feroni 73 “Community e interfaccia vite-lavori” 73

o Chiara Cifatte, Jorge Mosquera, Linda Pierozzi, Raffaella Ramirez 78 “Le frontiere della mafia e dell’anti-mafia: riutilizzo sociale dei beni confiscati” 78

o Giulia Bruna Delli Zotti, Eleonora Sangiovanni, Benedetta Vai, Roberta Resega, Giorgio Slaverio, Aurelio

Limido, Silvio Bertoli, Lucio Sarno, Donatella Spotti 79

o 79 “Lo psicologo in Nefrologia: prevenzione del disagio dell’operatore e miglioramento della qualità delle cure del malato” 79

o Giuliana Rocca, Giorgio Barbaglio, Paolo Brambilla, Alessandra Maffioletti, Lucia Fontana 81 “Una comunità in movimento: la promozione della salute e l’empowerment nell’esperienza dei gruppi di cammino dell’ATS di Bergamo” 81

o Emanuela Firetto 83 “Arte migrante: una nuova frontiera generativa per l’inclusione sociale” 83

o Giovanni Battista Modonutti, Luca Leon, Fulvio Costantinides 84 “F.a.m.i.g.li.a: Finalizzare al meglio le iniziative giovani liberi dall’alcol” 84

o Giovanni Battista Modonutti 85 “Le bevande alcoliche nel vivere quotidiano degli studenti della Scuola Secondaria di 1° grado (SS1) della provincia di Trieste” 85

o Luca Leon, Alberto Fabris, Modonutti Giovanni Battista 86 “Studio sui comportamenti economici degli studenti delle Scuole Secondarie di 2° grado (SS2) del Friuli - Venezia Giulia (FVG)” 86

o Bacchini P., Milani L., Ferri R. 87

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“Complessità nella valutazione psicodiagnostica di un bambino italiano e di una bambina adottata: analisi delle difficoltà e delle risorse e confronto tra i due casi” 87

o Carmen Principato 88 “Burnout e odontoiatria: fattori di rischio e di protezione (un contributo di ricerca)” 88

o Francesca Maspes, Moira Chiodini 89 “La valutazione dei processi di cambiamento” 89

o Francesca Esposito, José Ornelas, Valentina Caiazzo 90 “Una analisi ecologica di un centro di identificazione ed espulsione per migranti in situazione di irregolarità” 90

o Germana Spagnolo 91 “Attualizzazione della ricerca-azione struttura idonea alla cura dei traumi emotivi” 91

o Vittorio Tripeni 93 “Trasformazioni sociali e coesione urbana. Il ruolo di interfaccia della polizia locale” 93

o Rossella Zufacchi, Silvia Spigno 95 “Il network per l’anziano” 95

o Ilaria Mantegazza, Maria Monica Ratti 96 “Il burnout, la salute mentale e la comunità scolastica: uno studio preliminare” 96

o Gabriella MariaPia Piazzolla 97 “Senso di comunità e partecipazione: uno studio tra i giovani studenti pugliesi” 97

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VENERDI’ 17 GIUGNO

SIMPOSIO

o Proponente: Bruna Zani Dipartimento di Psicologia, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna

“Il service-learning e le molteplici forme di impegno nella comunità: riflessioni ed esperienze Intervengono: Antonella Guarino, Bruna Zani; Marisa Bergamin, Paolo Santoro e Massimo

Santinello; Patrizia Meringolo, Nicolina Bosco e Susanna Giaccherini; Caterina Arcidiacono e

Fortuna Procentese

Il Service-Learning (S-L) (o apprendimento community based o anche community engaged) è definito nella letteratura nord americana, contesto in cui è stato sviluppato, come una filosofia, una pedagogia e un modello per lo sviluppo di comunità. In specifico, rappresenta un metodo di insegnamento e apprendimento, che integra un servizio alla comunità con lo studio accademico, con l’obiettivo di arricchire l’apprendimento, insegnare la responsabilità civica e rafforzare le comunità (www.servicelearning.org). Si propone di fornire benefici sia agli studenti sia ai partner della comunità mediante lo sviluppo di partnership, reciprocità, riflessione e contatti sociali (McIlrath, 2012). Dagli USA il S-L si è diffuso in altri Paesi (Australia, Cina, Canada, Europa), basandosi fondamentalmente su alcuni Indicatori essenziali, quali: affrontare bisogni reali attuali, collegarsi al curriculum dello studente, facilitare la riflessione, imparare nei settings del mondo reale (Pearce & Pearson, 2007; Stark, 2015). Attualmente un network di 12 università europee è impegnato in un progetto Erasmus + KA2 (Europe Engage, 2015-17) finanziato dalla EU, per promuovere e sostenere le attività e le pratiche di Civic engagement e Service Learning. Obiettivo del presente simposio è di analizzare la situazione italiana, partendo dal fatto che, pur non utilizzando il termine di S-L, vi sono tuttavia moltissime esperienze di impegno nella comunità (variamente denominate), riconducibili alla logica del S-L. L’intento è anche quello di inserirsi nella discussione in atto nelle Università, volto alla promozione della c.d. Terza missione”, centrata sulla “Produzione di beni pubblici di natura sociale, educativa, culturale”, per creare una “Università civica” basata sulla responsabilità sociale. In questa ottica si inseriscono i contributi che compongono il simposio. La disamina del concetto di Service Learning in relazione ad altri concetti/interventi già presenti nella letteratura della psicologia di comunità, quali il mentoring, il volontariato, il tirocinio, il Servizio civile volontario, il Servizio volontario europeo, sarà l’oggetto del primo contributo di Antonella

Guarino e Bruna Zani (Università di Bologna).

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Marisa Bergamin, Paolo Santoro e Massimo Santinello presenteranno l’esperienza padovana del Mentoring come Service-learning, focalizzando l’attenzione sui possibili benefici a livello di aumento dell’autoefficacia per gli studenti universitari impegnati nel ruolo di mentor. Patrizia Meringolo, Nicolina Bosco e Susanna Giaccherini illustreranno l’esperienza fiorentina di Service Learning, condotta in forma sperimentale con studenti universitari presso il servizio di salute mentale di una AUSL. Verranno discussi il percorso seguito e i risultati ottenuti in termini di apprendimento per i partecipanti coinvolti e di benefici per gli attori della comunità. Infine, Caterina Arcidiacono e Fortuna Procentese presenteranno un’esperienza di tirocinio formativo effettuata da studenti della laurea triennale in psicologia, in interrelazione con i comitati attivi in diverse realtà della città di Napoli per progetti di rigenerazione urbana, con l’obiettivo di promuovere capacità riflessiva, lo sviluppo di azioni di reciprocità e partecipazione. Al termine della presentazione dei 4 contributi, sarà promossa una discussione tra tutti i presenti sulle caratteristiche, specificità e potenzialità del Service Learning nell’ottica della psicologia di comunità. Bibliografia Europe Engage (2015-17) developing a culture of civic engagement through service learning within higher education in Europe, www.psicologia.unibo.it/ricerca/progetti-europei McIlrath, L., (2012) Higher education and civic engagement: Comparative perspectives, New York, Palgrave Pearce J. & Pearson,M. (2007), the Ivory town and beyond: Bradford University at the heart of its communities. The Bradford University REAP Approach to measuring and evaluating community engagement. Stark, W.(2015) Quality standards for service learning activities. Manoscritto per il progetto Europe Engage.

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o Antonella Guarino e Bruna Zani Dipartimento di Psicologia, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna

“Riflessioni sul concetto di Service-Learning e su esperienze italiane di formazione al civic engagement” Introduzione. Vi sono alcune sfide legate alla definizione di service learning termine nato negli Usa (Furco, 2010) e aperto a diverse interpretazioni. In altri contesti si parla di Civic Education Engagement (UK), Lernen durch Engagement (Germania), Aprendizaje- servicio (contesto Iberoamericano), Voluntariado Educativo (Brasile), Trabajo comunal universitario (Costa Rica). Varie sono le definizioni formulate, che sembrano tuttavia riferirsi ad una metodologia di apprendimento basata sulla combinazione tra attività didattica e impegno civico nella comunità locale (Vigilante,2014). Non esiste una traduzione in italiano dei termini service-learning, ma esistono diverse opportunità offerte da istituzioni e organizzazioni per promuovere lo sviluppo della cittadinanza attiva nei giovani, attraverso forme di impegno civico (Tapia, 2006). Obiettivi: Analizzare le caratteristiche del service-learning nel contesto italiano attraverso il confronto tra le molteplici forme di cittadinanza attiva e la disamina del linguaggio utilizzato per definire le diverse esperienze, che in alcuni casi attribuisce rilevanza all’aspetto del servizio, in altri casi a quello dell’apprendimento. Metodologia. Sono stati presi in considerazione alcuni programmi di servizio e di apprendimento attivi in Italia, quali il Servizio Civile Nazionale, il Servizio Volontario Europeo, il volontariato, il mentoring e il tirocinio curriculare. Risultati. La prospettiva della psicologia di comunità permette di riflettere su questi programmi in rapporto ai bisogni della comunità locale, del protagonismo giovanile, del senso di responsabilità individuale e collettivo e delle diverse forme di apprendimento. Si propone di riconsiderare il ruolo del contesto universitario nel promuovere una formazione civica dei giovani e favorire processi di riflessione e valutazione di esperienze di service-learning. Bibliografia Furco, A. (2010), The community as a resource for learning: an analysis of academic service-learning in primary and secondary school, in: Dumont H, Instance D. and Benavides F., The Nature of

Learning, pp.228-229. Parigi: OECD Publishing. Tapia M. N. (2006), Educazione e solidarietà. La pedagogia dell’apprendimento- servizio, Città Nuova, Roma. Vigilante A. (2014) Il service learning: come integrare apprendimento ed impegno sociale, Educazione Democratica, anno IV, numero 7, 155-193

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o Marisa Bergamin, Paolo Santoro, Massimo Santinello Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione, Università di Padova Introduzione: Mentor-UP è un programma dell'università degli Studi di Padova rivolto agli studenti dell'ateneo con l’obiettivo di sviluppare competenze trasversali ai curriculum disciplinari. Gli studenti dopo una breve formazione vengono affiancati a un preadolescente tra gli 8 e i 12 anni (mentee) delle scuole di Padova che vive una situazione “a rischio” con l’obiettivo di sviluppare una “buona relazione”. Gli incontri prevedono una cadenza settimanale di almeno 2 ore e un incontro di supervisione ogni 3 settimane circa . Diversi sono gli studi che hanno indagato i benefici per i mentee, con risultati che vanno nella direzione di un maggiore senso di connessione con la scuola, insegnanti e la comunità, un aumento dell'autostima e un minor numero di problemi comportamento (DuBois et

al., 2011). Poche invece sono state le ricerche sui vantaggi per i mentor (Weiler et al., 2013). Obiettivi: L’obiettivo del presente lavoro è quello di documentare l’impatto del programma Mentor-UP sugli studenti che lo frequentano. Metodologia: All’interno del nuovo sistema di monitoraggio del programma, introdotto nell’anno accademico 2015/2016, sono state rilevate le motivazioni degli studenti che decidono di partecipare al programma (VFI), la percezione di autoefficacia sociale (Pastorelli et al. 1998) e come questa esperienza abbia cambiato la loro percezione rispetto alla comunità (mentor impact). Risultati: Verranno presentati i principali risultati, in particolare sulla connessione tra motivazioni prosociali e l’incremento dell’autoefficacia. Bibliografia DuBois, D. L., Portillo, N., Rhodes, J. E., Silverthorn, N., & Valentine, J. C. (2011). How effective are mentoring programs for youth? A systematic assessment of the evidence. Psychological Science

in the Public Interest, 12 (2), 57-91. Pastorelli, C., Caprara, G. V., & Bandura, A. (1998). La misura dell’autoefficacia percepita in età scolare. Un contributo preliminare. Età Evolutiva, 61, 28-40 Weiler, L., Haddock, S., Zimmerman, T. S., Krafchick, J., Henry, K., & Rudisill, S. (2013). Benefits Derived by College Students from Mentoring At Risk Youth in a Service Learning Course. American

Journal of Community Psychology, 52(3-4), 236-248.

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o Patrizia Meringolo, Nicolina Bosco; Susanna Giaccherini * Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia, Università degli Studi di Firenze ** Servizio di Salute Mentale Adulti-SOS Salute Mentale 11, Firenze Introduzione. Il progetto di Service Learning si è ispirato alle elaborazioni sul Service Learning (Europe Engage, 2014), che lo identificano come una esperienza che mette in relazione l’apprendimento accademico con l’impegno civico in una comunità locale, i cui valori fondanti sono la fiducia, la mutualità, l’interdipendenza, la costruzione di partnership e la co-creazione di conoscenza. La ricerca in questo ambito (Baldwin, Buchanan, & Rudisill, 2007; McIlrath,2012; Yorio, & Ye, 2012) mette in luce gli esiti positivi sia nel rapporto tra università e comunità locale sia nelle competenze degli studenti. Il percorso svolto all’Università di Firenze è stato intrapreso, in via sperimentale, durante il primo semestre didattico 2015/2016. Ha visto coinvolti in questo primo step dieci studenti del CdS Magistrale in Psicologia del Ciclo di vita e dei Contesti. Obiettivi. L'obiettivo è stato quello di favorire l'apprendimento sul tema della Salute Mentale in una comunità locale dell’area fiorentina. Gli studenti hanno preso parte a due progetti: il primo finalizzato ad individuare le esperienze efficaci di comunicazione online rivolta a giovani adulti sul benessere e la salute mentale; il secondo finalizzato a realizzare una ricerca esplorativa sul tema del suicidio, fenomeno emergente nella comunità locale, con l'obiettivo di elaborare percorsi successivi di intervento di comunità. Metodi. Nel primo progetto, gli studenti hanno avuto modo di rilevare le esperienze esistenti e le parole chiave più utilizzate dai giovani adulti, analizzando e valutando siti presenti online; nel secondo progetto, gli studenti sono stati coinvolti nell'elaborazione di uno strumento di ricerca, utilizzato con la comunità locale. Risultati. Sono stati elaborati report, indicanti le principali tappe di apprendimento realizzate attraverso il lavoro svolto nella comunità. Il lavoro ha costituito una parte del corso universitario di Empowerment di Comunità (3 CFU), prevedendo ore in presenza, la rielaborazione dei contenuti e la disseminazione sia nella comunità locale che nel corso. E’ stato valutato congiuntamente dal docente e dal responsabile del servizio di Salute Mentale. Bibliografia Baldwin, S. C. Buchanan, A. M., & Rudisill, M. E. (2007). What teacher candidates learned about diversity, social justice, and themselves from service-learning experiences. Journal of Teacher

Education, 58, 315-327. Europe Engage (2014). Europe Engage - Developing A Culture Of Civic Engagement Through Service-Learning Within Higher Education In Europe. McIlrath, L. (2012). Higher education and civic engagement: Comparative perspectives. Palgrave Macmillan.

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Yorio, P. L., & Ye, F. (2012). A meta-analysis on the effects of service-learning on the social, personal, and cognitive outcomes of learning. Academy of Management Learning & Education, 11(1), 9-27.

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o Caterina Arcidiacono, Fortuna Procentese Università Federico II, Napoli

“Competenze psicologiche in una esperienza di tirocinio formativo per la rigenerazione urbana e riqualificazione

territoriale” Introduzione: E‘ sempre più evidente l’esigenza di proporre formazione universitaria radicata nei contesti di vita e di azione così da far acquisire agli studenti competenze scientifico- metodologiche, ma allo stesso tempo offrire loro l’opportunità di sperimentare i problemi che insorgono nella interazione con i contesti di vita e le organizzazioni che vi operano, promuovendo capacità riflessiva, lo sviluppo di azioni di reciprocità e partecipazione. Obiettivi: Il contributo intende presentare un’esperienza di tirocinio effettuata da 180 studenti della laurea triennale in psicologia, che hanno conseguito 6 CFU, nella interrelazione con i comitati attivi in diverse realtà della città di Napoli per progetti di rigenerazione urbana che hanno coinvolto insieme al Dipartimento di Architettura, ad Iris (Centro Innovazione e Sviluppo del CNR) , il Comune di Napoli-progetto Urbact, il Comitato Piazza Mercato, FMSV (Friends Molo San Vincenzo), I Love Portacapuana, Quartiere Intelligente e Scalzabanda di Montesanto. Metodologia: Il lavoro è consistito nell’utilizzo di competenze psicologiche anche attraverso gli strumenti dell’osservazione, dei profili di comunità, del lavoro di gruppo, di interviste, focus group, advocacing, world café) al servizio di progetti di rigenerazione urbana in cui erano coinvolti diversi attori sociali locali. Risultati: La valutazione e gli esiti dei diversi interventi hanno portato indicazioni sull’interazione tra psicologi, attivisti e professionisti nel lavoro territoriale, delineando in tale contesto uno spazio per lo psicologo di comunità. La domanda sull’uso di competenze psicologiche e sulla loro peculiarità nel service learning accompagna l’intera proposta. Bibliografia Arcidiacono C., Grimaldi D., Di Martino S., Procentese F., (2016) Participatory visual methods in the “Psychology loves Porta capuana” project Action research, 1, 2 Arcidiacono M., Clemente M., Giovene di Girasole E., Porcentese F. (2015), “Identità marittima e dimensione collaborativa per la rigenerazione e valorizzazione della costa metropolitana di Napoli”, in Moccia F.D., Sepe M. (a cura di ), Urbanistica Informazioni - IX Giornata Studio INU Infrastrutture blu e verdi, reti virtuali, culturali e sociali, n. 263 Special Issue, ISSN 0392-5005, INU Edizioni, Disponibile on-line: http://www.urbanisticainformazioni.it/-263-special-issue-.html Arcidiacono C. (2016) Rigenerazione urbana e ricerca azione partecipata. PSICOLOGIA A PORTA CAPUANA www.communitypsychology.eu

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TAVOLA ROTONDA

o Proponente e chair: Alberto Zatti Univesità di Bergamo

“Una “frontiera” interna: dov’è finita la clinica della psicologia di comunità?” Intevengono: Alberto Zatti, Gioacchino Lavanco, Massimo Bellotto, Cristina Riva Crugnola 1Università di Bergamo, 2Università di Palermo, 3Università di Verona, 4Università di Milano Bicocca

Introduzione. La Psicologia di Comunità nasce come incontro fra due aree storiche della Psicologia: la Psicologia sociale e la Psicologia clinica. L’interpretazione dei disagi individuali e gruppali, insieme all’impegno nell’affrontare le problematiche sociali e psicologiche delle condizioni umane svantaggiate o emarginate o alienate (un caso su tutti: la psichiatria) sono state il motore che hanno fatto ibridare fra loro la tradizione clinica e la tradizione sociale della psicologia. In tempi più recenti, però, per varie ragioni storico-culturali (si vedano le richieste derivanti dalle valutazioni bibliometriche delle ricerche psicologiche), la psicologia clinica si è sempre più “specializzata” nell’occuparsi di situazioni patologiche, mentre la psicologia sociale ha incrementato la propria credibilità scientifica con strumenti quasi esclusivamente quantitativi. La psicologia di comunità non può che aver “accusato il colpo” della separazione che le proprie due anime costitutive (sociale e clinica) hanno subito, ma forse non lo sa... Su questa “rottura” del mito fondativo della Psicologia di comunità si interrogheranno gli studiosi che hanno dato la loro disponibilità al presente simposio-tavola rotonda. Obiettivo. Individuare alcuni elementi caratterizzanti la Psicologia clinica, non tanto per l’oggetto – ciò che è definibile come patologico –, bensì per il metodo – come la soggettività del ricercatore sia strumento di conoscenza dell’oggetto conosciuto –. Portare in evidenza come le domande di senso provenienti dai contesti comunitari e organizzativi richiedano delle ipotesi interpretative di ampio respiro a cui solo una feconda sintesi come la “clinica sociale” può probabilmente far fronte. Metodologia. Tavola rotonda fra gli studiosi invitati, che, partendo da un possibile “luogo sorgivo comune”, rintracciabile ad esempio nel lavoro di Franco Fornari, dialogano fra loro, anche grazie all’attivazione di un pensiero mitico-narrativo, della memoria soggettiva e autobiografica dei partecipanti e alla presentazione dei più significativi exempla derivati dalle proprie personali esperienze di ricerca-intervento in campo comunitario e/o organizzativo. Risultati e conclusioni.

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Porre ufficialmente la questione di come reintegrare l’approccio clinico nella psicologia di comunità, a favore soprattutto delle nuove generazioni di psicologi che sembrano non aver idea di come la Psicologia clinica possa essere un riferimento epistemologico oltre che di “campo” della Psicologia di comunità. Bibliografia. Franco Fornari, Psicoanalisi in ospedale, Cortina, Milano, 1985. James Hillman, Il potere, Rizzoli, Milano, 2004. Francisco Varela, Evan Thompson, Eleanor Rosch, La via di mezzo della conoscenza, Feltrinelli, Milano, 1992.

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SESSIONI TEMATICHE :

1. SESSIONE TEMATICA: COMUNITA’ IN SALUTE:

o Marco Fontana , Sofia Banzatti: Associazione Contatto Onlus

“Il territorio come laboratorio solidale: attraversamenti tra il clinico e il sociale, tra il soggetto, le istituzioni e la

comunità. “

Il processo di deistituzionalizzazione che ha portato alla chiusura degli ospedali psichiatrici ha avuto come esito saliente la delega del processo di cura del disagio psichico alla comunità. Spesso questo processo è avvenuto senza una chiara delimitazione delle diverse competenze. In questa frattura si inseriscono alcuni interventi territoriali affidati alle realtà del terzo settore. Il nostro progetto “Il territorio come laboratorio solidale” si colloca qui e lavora secondo un paradigma di salute comunitaria che integra a più livelli la psicologia sociale a quella clinica. I livelli individuati sono quello del soggetto, di gruppo, dell'istituzione e della comunità L’obiettivo della presentazione è proporre una meta-riflessione sugli effetti che l’attraversamento dei suddetti livelli da parte degli attori sociali coinvolti (utenti, operatori del terzo settore, membri dell'istituzione e della comunità) produce sulle loro reciproche relazioni (relazioni operatori-pazienti, pazienti-società, operatori-società). Questi passaggi tra un livello e l’altro generano vissuti ed emozioni che spesso possono interferire nei processi di cura, acutizzando pregiudizi, stereotipi e distanze tra tutti i soggetti implicati e riattivandone difese e strategie di coping non sempre funzionali e adattive. Sono stati realizzati nell’ambito del Progetto alcuni focus-group in cui sono emerse le tematiche di cui sopra. In tal senso sono state condotte delle interviste semistrutturate ad operatori. Parte del materiale è stato tratto anche da supervisioni cliniche su casi complessi. E’ risultato un disagio e una difficoltà di comprendere i confini entro cui muoversi, da parte degli operatori del terzo settore, che hanno evidenziato: da un lato, una delega da parte dell’istituzione nella gestione di alcuni casi complessi; dall’altro, un’aspettativa elevata rispetto alla loro risoluzione da parte della comunità. Comunità in cui si manifestano i problemi, ma anche comunità che si attiva nel processo di cura perché si tratta della salute comunitaria. Inoltre è emersa l’ambivalenza (desiderio vs paura) nell’incontro tra l’istituzione e utenti e comunità. Bauleo A.J., Ideologia gruppo e famiglia, Feltrinelli(1978) Bauman Z., Vita liquida, Laterza (2006) Corbella S., Liberi Legami, Borla (2014) Fabietti U., Etnografia della frontiera. Antropologia e storia in Baluchistan, Meltemi, (2000) Flores J.M., presentazione “Progetti di intervento socio comunitario”, (2016) Kaes R., Il malessere, Borla (2013)

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o Filippo Ciucci, Giorgio Chiaranda, Debora Vecchiettini, Elena

Cammi, Elisabetta Borciani Ausl Piacenza

“Promozione partecipata della salute: comunità emiliane a confronto.” Introduzione: Guadagnare salute è un programma promosso dall’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) per la modifica degli gli stili di vita comportamentali alla base del crescente carico di malattie croniche non trasmissibili (cattiva alimentazione, uso di alcolici e tabacco, inattività fisica). L’empowerment delle comunità rispetto a questi temi è una delle strategie ritenute più efficaci. Sono stati realizzati tre progetti di empowerment di comunità con metodologia simile: negli anni 2011 – 2012 a Podenzano (PC) e negli anni 2014 - 2016 in un quartiere della città di Piacenza (Besurica) e nel Comune di Traversetolo (PR). I tre progetti, hanno prodotto output (es. azioni: gruppi di cammino, laboratori di cucina, gruppi teatrali, ecc.)molto simili, ma differenze in termini di andamento delle attività e outcome (risultati a medio e lungo termine). Obiettivi:Analizzare quali elementi determino le differenze osservate ed indentificare gli indicatori utili a orientare le scelte progettuali future. Metodologia:I progetti hanno coinvolto la cittadinanza attraverso un lavoro di ricerca-azione partecipata che, a partire da stakholders, ha prodotto un processo di progettazione partecipata con logica bottom-up, secondo i principi del “Lavoro di Comunità” descritti da E.R. Martini et al. (2003). La valutazione ha impiegato un approccio partecipato combinando strumenti quantitativi descrittivi e qualitativi non standard, monitorando in particolare: obiettivi progettuali, lavoro e ruolo degli operatori, partecipazione degli attori, impatto sui determinanti di salute, cambiamenti prodotti nei partecipanti. Risultati e conclusioni: Le caratteristiche ambientali, sociali e politiche incidono sia sulle dinamiche di gruppo che sulla strutturazione delle attività progettuali. Il monitoraggio e la valutazione di progetti metodologicamente simili suggeriscono aspetti, osservabili e rilevabili in itinere, che è opportuno monitorare per poter prevedere l’impatto futuro del progetto e quindi orientare le attività. Si evidenziano in particolare: a) il grado affezione dei cittadini al progetto, b) l’autonomia e l’empowerment sviluppati dalla comunità coinvolta. Quest’ultimo aspetto è di rilievo perché condiziona il mantenimento sul territorio di attività di promozione della salute anche una volta terminato il progetto finanziato. Bibliografia “Valutare i progetti di promozione della salute” (Ciucci F. 2014, in Prospettive Sociali e Sanitarie)

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o Paola Dario, Enrichetta Zamò A.A.S. 3 “Alto Friuli – Collinare – Medio Friuli” ITACA COOPERATIVA SOCIALE ONLUS

“Promuoviamo L’ABC: promuoviamo l’anziano sviluppando il suo benessere attraverso la comunità.” Introduzione :Punto di partenza è stata l’esigenza, da parte dell’A.A.S. 3, di individuare un soggetto per realizzare e sperimentare modelli alternativi per il supporto agli anziani nel loro contesto di vita montano, considerando che gli over 64 nella Carnia rappresentano il 21,9 % dell’intera popolazione. Obiettivi:Gli obiettivi del progetto: a) costruire in maniera condivisa il significato di “animazione con anziani”; b) coinvolgere un numero maggiore di volontari; c) supportare la “domiciliarità leggera” nei confronti degli anziani soli; d) costruire una rete per l’animazione degli anziani tra le strutture e i centri di aggregazione, indipendentemente da dove questi siano collocati; e) sperimentare un modello gestionale/assistenziale che salvaguardi e promuova il benessere e il domicilio. Metodologia: Il contesto territoriale in cui si andava ad operare richiedeva necessariamente modalità operative flessibili e trasversali. Il punto di partenza per lo sviluppo di comunità è stato il coinvolgimento di tutti i soggetti a vario titolo coinvolti (volontari, associazioni, operatori,…) considerando l’individuo come parte di una complessità che egli contribuisce a costruire. La logica dell’intervento è stata quella del “welfare community”: un modello che, modificando i rapporti tra istituzioni e società civile e territori, garantisce maggiore soggettività e protagonismo alla comunità civile, aiutandola nella realizzazione di un percorso di auto-organizzazione e di autodeterminazione fondato sui valori della solidarietà, della coesione sociale e del bene comune. Il progetto ha preso avvio da una prima mappatura delle risorse territoriali presenti. Parallelamente a questo si è tracciata una mappa di anziani soli, mediante la partecipazione ai tavoli di comunità della Cooperativa Itaca e unitamente al supporto dei centri di aggregazione e delle Case di Riposo. Successivamente a questa prima fase si è provveduto alla messa in rete delle risorse e dei programmi di animazione, anche intergenerazionali esistenti, potenziandone la portata e l’efficacia, attivando percorsi formativi specifici per gli operatori, e introducendo strumenti di monitoraggio e rendicontazione. Risultati e conclusioni: Il progetto ha consentito, oltre che di attivare innovativi percorsi di animazione, di rendere la Comunità maggiormente consapevole sulle proprie competenze relazionali e risorse: superando l’appartenenza alle singole strutture o Istituzioni. Bibliografia: A. Twelvetrees, Il lavoro sociale di comunità, Erickson

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o Giovannelli, I., Tomai, M., Braibanti, P., Bacchini, P., Bua, V.,

Cramarossa, G., Foti, M. T., Giardinieri, L., Laricchiuta, D., Lutri,

D., Mancinone, D., Moro, A., Ragonesi, M.C., Pascucci, T., Sabino,

G., Spera, M., Valotta, R., Romagnuolo, M.R., Tanese, A., Goletti,

M. Bertini, M. Dipartimento di Scienze Politiche, Università degli Studi di Perugia; Scuola di Specializzazione in Psicologia della Salute, Sapienza - Università di Roma; ASL Roma 1 (ex Roma E).

“Percorsi di partecipazione per la co-costruzione della Casa

della Salute.” Le Case della Salute sono strutture polivalenti all’interno delle quali operano servizi territoriali finalizzati all’erogazione di prestazioni socio-sanitarie e assistenziali. Esse si configurano, sia come luoghi di integrazione tra molteplici professionalità, che come catalizzatori di reti tra l’ambito territoriale e ospedaliero. Esse, in particolare, sono finalizzate alla costruzione di percorsi di promozione della salute calibrati sulle esigenze della popolazione di riferimento. Fin dalla loro ideazione, le Case della Salute sono state concepite come contesti di ascolto e

valorizzazione delle esperienze territoriali che avrebbero dovuto prendere forma, e sostanza, grazie alla realizzazione di percorsi partecipativi attraverso i quali dare voce e protagonismo alle necessità della cittadinanza. Nonostante tali linee di indirizzo, ad oggi si necessita di ulteriori sforzi orientati ad una maggiore co-costruzione di domande di salute, individuali e collettive, in grado di far emergere nuove e poliedriche istanze di benessere da parte delle persone, delle famiglie e della comunità. A tal fine è stato ideato il Progetto “Percorsi di partecipazione per la co-costruzione della Casa della

Salute” pensato, in accordo con la Direzione della ASL Roma 1 (ex ASL Roma E), e, specificatamente, per il Distretto 14/Municipio 14 del Comune di Roma all’interno del quale, nel 2016, nascerà una nuova Casa della Salute che verrà collocata all’interno del Parco dell’ex manicomio Ospedale psichiatrico romano del Santa Maria della Pietà. Il Progetto mira all’attivazione di un processo di partecipazione in grado di coinvolgere diverse figure chiave del Distretto e del Municipio sopra menzionati - quali ad esempio enti, istituzioni, associazioni, cooperative, cittadinanza, ecc… - con l’obiettivo di mettere a punto nuovi piani strategici, servizi e progettualità da collocare all’interno degli spazi, fisici e non solo, della Casa della Salute. La prima fase del Progetto prevede l’esplorazione delle specificità del territorio attraverso la messa a punto di profili di comunità e di salute, la realizzazione di attività volte all’analisi e alla ricostruzione della trama degli attuali servizi socio-sanitari ed educativi e delle progettualità passate e future. Una volta preso contatto con le peculiarità e le narrazioni provenienti dal territorio, il percorso si dirigerà verso la realizzazione di Laboratori del Futuro attraverso i quali valorizzare le visioni di salute emergenti e trasformarle in strategie di azione da consegnare alla Dirigenza della Ex Asl Roma E al fine di guidare il loro operato nella costruzione della Casa della Salute. Per un’efficace

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realizzazione del Progetto verranno utilizzate metodologie e strumenti di intervento mutuati dalla psicologia di comunità e della salute, quali ad esempio le camminate territoriali, il photovoice e lo storytelling.

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o Luana Valletta, Elvira Cicognani Regione Emilia-Romagna, Direzione Generale Cura della persona, salute e welfare Dipartimento di Psicologia, Università di Bologna

“Costruire salute con le comunità. Un’indagine esplorativa sulle rappresentazioni della partecipazione nei dirigenti e

operatori coinvolti nei progetti “Guadagnare salute in

contesti di comunità”.” Introduzione: I governi e le organizzazioni sanitarie internazionali ribadiscono da tempo l’importanza dell’attivazione di processi di partecipazione al fine di coinvolgere cittadini e stakeholders sui temi riguardanti la salute e il benessere delle comunità. La partecipazione dei cittadini negli interventi di promozione della salute, è ritenuta importante per rafforzare l'empowerment della comunità, migliorare la salute generale e per ridurre le disuguaglianze. In coerenza con queste premesse, la Regione Emilia-Romagna ha promosso e finanziato un estensivo programma biennale “Guadagnare salute in contesti di comunità” al fine di promuovere processi partecipativi sui temi dei sani stili di vita (Guadagnare Salute) attraverso un lavoro intersettoriale, interdisciplinare e con il forte coinvolgimento delle comunità locali. Il programma ha previsto la realizzazione di sei progetti che hanno coinvolto diversi territori della Regione. Analizzare e valutare la partecipazione dei cittadini e la sua efficacia, all’interno queste progettazioni, è molto complesso anche per le diverse posizioni dei decisori e operatori sanitari su ciò che significa partecipazione, comunità e coinvolgimento della comunità. Obiettivi: L’obiettivo del presente studio è di approfondire le rappresentazioni della partecipazione nell’ambito degli interventi di promozione della salute, condivise da chi ha coordinato la predisposizione e l’implementazione, regionale e locale, dei sei progetti di comunità regionali finanziati. Metodologia: Sono state realizzate e analizzate diciassette interviste semi-strutturate che coinvolgono i Dirigenti e funzionari regionali (DG Cura della Persona, Salute e Welfare), i responsabili dei progetti per area vasta e alcuni operatori coinvolti nell’implementazione a livello locale. Le interviste sono state effettuate nei primi mesi dall’avvio dei progetti di comunità. Risultati e conclusioni: I risultati presenteranno alcuni nodi chiave delle rappresentazioni sulle progettazioni di comunità, sulla comunità e sui significati concreti della partecipazione all’interno di interventi di promozione della salute. Anche se la partecipazione continua ad assumere una molteplicità di definizioni e rappresentazioni è possibile analizzarne diverse dimensioni e possibili influenze, in particolar modo tra chi condivide posizioni più egualitarie e partecipate e in chi predilige forme più utilitaristiche e strumentali della stessa.

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Il presente studio si colloca in un più ampio studio quali - quantitativo di analisi e monitoraggio di alcuni dei processi ed esiti implicati in queste progettazioni di comunità. Bibliografia: Altieri, L. (2002). Ascolto e partecipazione dei cittadini in sanità: Dimensioni, modelli, prospettive e problemi. Salute e Società, 2, 9-21 Braibanti, P., Strappa, V., & Zunino A. (2009). Psicologia sociale e promozione della salute, vol. I:

Fondamenti psicologici e riflessioni critiche. Milano: FrancoAngeli. Braun, V., & Clarke, V. (2006). Using thematic analysis in psychology. Qualitative Research in

Psychology, 3, 77–101. Valletta L., Arlotti A., Colitti S., Baroni P. “Interventi per alimentazione e attività fisica: cosa

funziona” Collana Contributi, Prevenzione nei luoghi di vita e di lavoro, Regione Emilia-Romagna ISSN 2464 – 9252 N° 89 – 2015 World Health Organization. (2015). Taking a participatory approach to development and better health: Examples from the Regions for Health Network. Copenhagen: WHO Regional Office for Europe Zani, B. & Cicognani, E. (2000). Psicologia della salute. Bologna: Il Mulino. Progetti “Guadagnare Salute in contesti di Comunità”: http://salute.regione.emilia-romagna.it/prp/gscomunita

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2. SESSIONE TEMATICA: OLTRE IL GENDER-STIGMA: EQUITA’ ED ALTRO

o Norma De Piccoli, Silvia Gattino, Chiara Rollero Dipartimento di Psicologia, Università di Torino Facoltà di Psicologia, Università eCampus

“La medicina di genere: una riflessione psicosociale su atteggiamenti e conoscenze scientifiche.” Introduzione: E’ oggi fatto noto che la maggior parte della conoscenza relativa alla salute e alla malattia sia basata sulla figura maschile come prototipo del corpo umano. Si auspica pertanto una ridefinizione del concetto di malattia, in quanto si tratta di un concetto biomedico che assume significati diversi a seconda delle caratteristiche degli individui e dei contesti sociali all’interno dei quali essi vivono (Lagro-Janssen, 2007; Rollero, 2012; De Piccoli, 2015). Nel marzo 2012 la Camera dei Deputati ha approvato all’unanimità una mozione sulla Medicina di Genere la quale, tra le altre cose, sottolinea che “(…) La conoscenza delle differenze di genere favorisce una maggiore appropriatezza della terapia e una maggiore tutela della salute per entrambi i generi” e che “senza un orientamento di genere, le misure politiche a tutela della salute risultano metodologicamente scorrette, oltre che discriminanti”. E’ quindi necessario sviluppare una ricerca, di carattere clinico, psicosociale ed epidemiologico, volta a ridurre il bias di genere in medicina. Obiettivi: La seguente ricerca si propone di studiare la sensibilità alle tematiche di genere da parte del personale medico, sia in servizio sia in formazione, indagando quanto queste possano trovare una spiegazione sia nelle diverse forme di sessismo, sia in una tendenza eventuale all’empatia in medicina. Infine, un ulteriore obiettivo è rilevare una adeguata conoscenza clinica circa alcuni disturbi che si presentano differentemente in uomini e donne e quanto essa sia eventualmente correlata alla gender awarness e a forme di sessismo. Metodologia: Lo strumento è composto sia dalle seguenti scale: Nijmegen Gender Awareness in Medicine Scale (Verdonk, Benschop, De Haes, & Lagro-Janssen, 2008), Ambivalent Sexism Inventory, short version (Rollero, Glick e Tartaglia, 2014), Jefferson Scale of Physician Empathy (Di Lillo, Cicchetti, Lo Scalzo, Taroni, Hojat, 2009); sia da una scheda socio-anagrafica e da una batteria di domande di carattere clinico, volta a rilevare la conoscenza circa differenze di genere relative a sintomi e reazioni terapeutiche. Alla ricerca hanno partecipato circa 300 individui tra studenti di Medicina e Medici di Medicina Generale. Risultati e conclusioni: I dati verranno analizzati considerando sia differenze di ruolo (studente versus medico), sia di percorso formativo (primi anni versus ultimi anni di Medicina), sia di genere. Limiti e sviluppi saranno discussi.

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o Picardi I., Borrelli G.

“Il mentoring: uno strumento trasformativo di genere. “ Gli studi statistici sulle presenze femminili nelle università mostrano il persistere di un ampio gap di genere tra i percorsi di carriera accademici maschili e femminili. Nell’ambito del progetto europeo GENOVATE, l’Università di Napoli Federico II ha promosso un programma di mentoring come azione concreta di supporto alle giovani ricercatrici. L’obiettivo del progetto è stato quello di sperimentare nell’ateneo partenopeo una trasformazione consapevole circa le questioni di genere. La relazione intrapresa dalle partecipanti è stata one to one, ovvero una professoressa associata o ordinaria ha affiancato una ricercatrice a tempo determinato, un’assegnista di ricerca oppure una dottoranda. La specificità del programma è stata proprio quella di voler attuare un mentoring di “genere”. Sono state formate 20 coppie mentore-mentee donne appartenenti a diversi settori disciplinari diversi ma affini, onde evitare un conflitto d’interessi. Durante l’anno 2015, sono stati proposti 5 incontri, uno ogni due mesi, tra le coppie formate per non gravare sui numerosi impegni scientifici delle partecipanti. La valutazione del progetto si è svolta in itinere con l’utilizzo di interviste strutturate e focus group, i dati ottenuti sono stati elaborati tramite il metodo della grounded theory. I risultati saranno discussi in sede.

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o Marah Dolfi, Nicolina Bosco Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia, Università degli Studi di Firenze

“Oltre il gender-stigma, aspetti positivi del sé: gay e lesbiche in Toscana. “.

Introduzione: La ricerca sulle persone gay lesbiche e bisessuali (LGB) si è focalizzata in gran parte

sugli aspetti negativi, sulla salute mentale e sul minority stress (Meyer, 2003). Tuttavia una buona

immagine di se è un aspetto importante per il benessere e per ridurre il self -stigma (Herek, 2007).

Nonostante le persone LGB debbano affrontare importanti sfide, esse trovano anche delle opportunità

significative di creare identità positive (Riggle et al., 2008). La popolazione LGB adulta in Italia ha

dovuto lottare negli anni per mantenere la resilienza dovendo attivamente confrontarsi con le

pressioni eteronormative ed i pregiudizi ancora presenti nella società italiana.

Obiettivi: Indagare le percezioni positive rispetto alla propria identità di gay e lesbiche adulti,

partendo da un approccio basato sulla resilienza.

Metodi:Questa ricerca, condotta con metodo qualitativo, ha coinvolto 36 persone gay e lesbiche che

hanno risposto sugli aspetti positivi della loro identità. Le risposte sono state elaborate tramite analisi

di contenuto ispirata all' approccio della grounded theory.

Risultati e conclusioni: I partecipanti hanno riportato contenuti che riflettono aspetti positivi

ascrivibili alla sfera individuale e relazionale riferiti alla loro identificazione come gay e lesbiche. In

particolare emerge il tema della libertà sia a livello individuale che come confronto sociale con le

norme e gli stili di vita riferiti alla maggioranza eterosessuale. Questi risultati suggeriscono che le

persone LGB sono in grado di fronteggiare il minority stress e sviluppare resilienza, e quindi di vivere

vite pienamente soddisfacenti e piene di significato. Diffondere la conoscenza sugli aspetti positivi,

può fornire ai professionisti della salute, agli amici e ai familiari delle persone LGB strumenti

adeguati di supporto per aiutare ad immaginare e rivendicare gli aspetti positivi della propria vita.

Bibliografia:

Meyer, I.H. (2003). Prejudice, social stress, and mental health in lesbian, gay and bisexual

populations: Conceptual issues and research evidence. Psychological Bulletin, 129, 674-697.

Riggle, E.D.B., Whitman, J.S., Olson, A., Rostosky, S.S., & Strong, S. (2008). The positive aspects

of being a lesbian or gay man. Professional psychology: Research and practice, 39, 210–217.

Herek, G.M. (2007). Confronting sexual stigma and prejudice: Theory and practice. Journal of Social

Issues, 63, 905-925.

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o Minou Mebane, Mauro Giacomantonio, Marco Lariola Università degli studi di Roma La Sapienza

“Donne in parlamento: ostacoli, efficacia percepita nella carriera politica e progressione di carriera” Introduzione: La psicologia di comunità mira ad aumentare l'empowerment sociopolitico delle donne

e delle minoranze (Gelli, 2009). Diversi approcci teorici: strutturale, situazionale, gatekeeping e teoria

della differenza (Eagly e Carly, 2007) hanno cercato di comprendere le cause del political gender gap.

Altri studi mostrano come le variabili disposizionali abbiano un impatto sul successo lavorativo.

Nello specifico, in ambito politico, varie ricerche mostrano come l’efficacia percepita influenzi la

partecipazione politica.

Ad oggi scarseggiano studi sull’impatto delle variabili disposizionali (tratti e valori personali)

sull’efficacia percepita delle donne elette in parlamento.

Obiettivi: comprendere l’impatto delle variabili di personalità e dei valori personali sull’efficacia

percepita delle donne parlamentari nel superare ostacoli legati al gate-keeping, ai mass media, alla

conciliazione lavoro ed al senso di empowerment. verificare se vi sia una relazione tra variabili

disposizionali e la velocità di carriera delle donne elette in parlamento.

Metodologia: Hanno partecipato alla ricerca 109 donne parlamentari. Alle parlamentari sono state

somministrate tre scale: il Big Five Questionnaire (BFQ) suddiviso in cinque dimensioni:

estroversione, amicalità, coscienziosità ed apertura mentale e stabilità emotiva. Il PVQ Portrait Values

Questionnaire che si suddivide in quattro dimensioni: auto-trascendenza, conservatorismo, auto-

accrescimento ed apertura al cambiamento. La scale di efficacia di carriera politica è composta da

quattro dimensioni che misurano l’efficacia nel superare ostacoli legati ai mass media, empowerment,

conciliazione lavoro e famiglia e gate-keeping.

Risultati e conclusioni: I nostri risultati indicano che ad alti livelli di estroversione corrisponde un

alta efficacia nel contrastare il gate-keeping, conciliare lavoro e famiglia, accedere ai mass media e

perseguire ambiziosi obiettivi. Rispetto ai valori personali l’auto-trascendenza mostra un

associazione positiva con due dimensioni dell’efficacia relativa alla carriera politica: l’empowerment

ed il gate-keeping. Da nostri dati si evince, inoltre, un associazione positiva di tratti e valori alla

velocità di carriera politica.

Bibliografia:

Bianca R. Gelli. Psicologia delle differenze di genere. FrancoAngeli, Milano, 2009.

Eagly, A.H., e Carli, L. L. (2007). Through the labyrinth: The truth about how women become leaders,

Harvard Business School Press, Boston.

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KEYNOTE

o Ibrahim Makkawi Birzeit University

o

o “Towards decolonizing community psychology: Insights from

the Palestinian colonial context” Discussant: Francesco Paolo Colucci

Chair: Caterina Arcidiacono

As a result of Zionist-settler colonialism in historic Palestine , the Palestinian people today do not live together as a vibrant and cohesive community in a clearly defined geopolitical space, but rather they are dispossessed and scattered in various socio-political contexts: one group lives in its native homeland, which was conquered in 1948 and holds an official Israeli citizenship; another group lives in the occupied West-Bank and Gaza and has been under Israeli colonial occupation since 1967; the rest of the Palestinian people are dispossessed refugees living in various locations mainly in Jordan, Syria and Lebanon. In mainstream psychological research and practice each one of these Palestinian communities has been examined and treated as a “unique case” by and in itself in isolation of the whole, rather than examining the fragmentation itself as an outcome of a prolonged colonial condition. In this presentation I focus on collective-national identity as the thread that connects all Palestinian communities as one colonized collective group and unpack/deconstruct key situations in Palestine where mainstream psychology has been deployed and where decolonizing and liberation psychology can and should be implemented as an alternative way to understand the Palestinian anti-colonial struggle for self-determination. In such colonial context, people’s collective self-determination and anti-colonial national liberation movement constitute the very fabric of which academic community psychology must be constructed. Drawing on similar colonial conditions in the Global South, I contend that unless connected to the national liberation movement, academic psychology remains a toll of colonization rather than means for liberation. Biography: Ibrahim Makkawi is an associate professor of psychology at Birzeit University, Palestine. He founded the Masters Program in Community Psychology at Birzeit University and served as its founding director (2009-2013). He convened and chaired the first International Community Psychology

Conference: Global Perspectives Local Practices at Birzeit University (May, 2013). His research interests focus on collective-national identity development and collective resistance in colonial contexts, libratory and decolonizing community psychology, critical pedagogy and students’ collective-national identity development under prolonged colonial conditions.

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TAVOLA ROTONDA

o Patrizia Meringolo

“Resilienza e Frontiere di comunità” Intervengono: Piero Amerio, Cinzia Albanesi, Caterina Arcidiacono, Patrizia Meringolo

Chair: Norma De Piccoli

Nella letteratura psicosociale il concetto di resilienza è stato elaborato, a livello di comunità, soprattutto in riferimento a situazioni di emergenza, in particolare i disastri, e alla capacità delle comunità di assorbire il trauma e/o di utilizzarlo come occasione per un cambiamento positivo. Nella tavola rotonda si intende discutere su come il concetto di comunità resiliente possa essere esteso al confrontarsi con le situazioni di vita quotidiana di una comunità territoriale, a partire dalla consapevolezza che oggi si tende a prefigurare soluzioni in cui le “frontiere” di una comunità vengono intese come chiusure, mentre la resilienza più autentica ed orientata al cambiamento non può che basarsi sull’apertura al nuovo e all’altro. Si intende quindi discutere su possibili modelli di resilienza di comunità, sui costrutti teorici che ne sono alla base, su esperienze esistenti e sull’esistenza di indicatori o strumenti di misura relativi ai fattori in grado di promuovere o ostacolare una risposta resiliente ai cambiamenti che si presentano nella comunità.

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3. SESSIONE TEMATICA: OBIETTIVI IN LOCO: I VOLTI DELLA

CONVIVENZA URBANA

o Marta Gaboardi, Michela Lenzi, Massimo Santinello Università degli Studi di Padova, Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione

“Assistenza abitativa e integrazione sociale di persone senza dimora.” Molte ricerche si sono concentrate sul verificare come programmi di assistenza abitativa possano favorire un miglioramento nella salute e nella stabilità abitativa in persone senza dimora ma, sono poche quelle che dimostrano come programmi di assistenza abitativa, ad esempio il nuovo modello di intervento Housing First, possano favorire l’integrazione sociale nei beneficiari (Pleace, 2013). Il motivo di questa carenza scientifica riguarda sia questioni metodologiche nell’operazionalizzare il costrutto, poiché l’integrazione riguarda diverse dimensioni (psicologica, sociale, politica, lavorativa…), sia per la difficoltà nel trovare misure standard per un target così variegato. Con questo studio saranno presentati i risultati di un’indagine sul grado di integrazione sociale tra le persone inserite da almeno 6 mesi in programmi Housing First di diverse città italiane. L’integrazione è stata misurata attraverso la versione italiana della scala “Community Integration Scale” (Patterson et al., 2014; Ornelas et al., 2014). Inoltre, i dati verranno confrontati con quelli di altre realtà europee. Bibliografia: Ornelas J., Martins P., Zilhao M.T & Duarte T. (2014). Housing First: A Ecological Approach to Promoting Community Integration. European Journal of Homelessness, 8 (1), 29-56. Patterson M.L., Moniruzzaman A., Somers J.M. (2014). Community Participation and Belonging Among Formerly Homeless Adults with Mental Illness After 12 months of Housing First in Vancouver, British Columbia: A Randomized Controlled Trial. Community Mental Health Journal,

50, 604-611. Pleace N., Quilgars D. (2013). Improving Health and Social Integration through Housing First. Brussels: FEANTSA.

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o Fortuna Procentese, Maria Florencia Gonzalez Leone, Fabrizio

De Carlo Dipartimento di Studi Umanistici, Università Federico II di Napoli

“Spazi pubblici e risorse naturali quale bene comune nei processi di convivenza urbana.” La ridefinizione degli spazi pubblici e delle risorse naturali come bene comune è fondamentale per la realizzazione delle condizioni di common ground (Ostrom, 2006; Ostrom, Gardner and Walker, 1994); condizioni necessarie per favorire il senso di appartenenza, la fiducia, la responsabilità e la negoziazione delle norme di condivisione per l’uso del bene. Lo spazio pubblico e le risorse naturali quali common sociale possono costituire lo spazio-luogo in cui ripensare allo spirito collaborativo per il bene comune ridefinendo gli stili di convivenza urbana (Procentese, 2011). Obiettivi: Il presente contributo è volto a presentare le esperienze di lavoro svolte in collaborazione con il Laboratorio di pianificazione e progettazione collaborativa CNR-IRIS e Communitypsychologylab dell’Università di Napoli Federico II, in relazione all’accessibilità e uso dell’area portuale della città di Napoli. Il lavoro ha avuto lo scopo di individuare processi e metodi di collaborazione cittadina attraverso cui rendere accessibile lo spazio stesso in una prospettiva di sostenibilità psicosociale, economica ed ambientale. Metodologia: Partecipanti Cittadini, membri di associazioni operanti nelle aree cittadine, studenti, professionisti. Strumenti 200 Questionari, 50 interviste, foto, osservazioni in loco, creazione di eventi sono stati utilizzati per individuare le rappresentazioni del luogo e del suo potenziale uso e per consentire l’avvio del processo di collaborazione (Arcidiacono, Procentese, 2005; Arcidiacono, Procentese, 2010; Procentese, Schophaus, 2013). Risultati: In particolare si evidenzia quanto l’azione psicosociale legata all’identificazione con lo spazio pubblico richiede di promuovere la cultura di convivenza responsabile nella dinamica comunitaria di dono-scambio. L’investimento personale e comunitario può infatti attivare nuovi spazi di pensiero e di azione che ridefiniscano i confini tra spazio pubblico e privato. Ciò consente di rilevare e favorire la motivazione dei cittadini e degli stakeholder a percepire la loro efficacia e responsività nelle azioni per la rigenerazione dei luoghi urbani. La ridefinizione in termini di legami e riconoscimento della funzione dei luoghi marginali permette di ricercare nuove percezioni e attribuzioni di significato allo spazio pubblico, e trasformare così un territorio ritenuto “neutro” o alieno in spazio di investimento simbolico e funzionale. Bibliografia:

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Arcidiacono C, Procentese F (2010) “Participatory research into community psychology within a local context” Global Journal of Community Psychology Practice, 1(2): 1-10. Retrieved from: http://www.gjcpp.org. Arcidiacono C, Procentese F (2005) “Distinctiveness and sense of community in the historical center of Naples: a piece of participatory action-research” Journal of Community Psychology 33 (5): 1-8. Ostrom E (2006) Governare i beni collettivi, Marsilio, Venezia (Original: Ostrom E (1990), Governing the Commons. The Evolution of Institutions for Collective Action, Cambridge University Press, New York). Ostrom E, Gardner R, Walker J (1994) Rules, Games, and Common-pool Resources, The University of Michigan Press, Unites State of America. Retrieved from: http://www.press.umich.edu/pdf/9780472065462-fm.pdf. Procentese F, Schophaus M (2013) “Citizens' exhibitions as urban catalysts” in D Keppler, B Bohm and H.L Dienel (eds.) Die Burgerausstellung. Die Perspektive von Burgern und Burgerinnen als Gegenstand qualitativer Sozialforschung und praktischer Beteilingung, Oekom, Monaco: 151-164. Procentese F (2011) “Convivenza responsabile e prospettive di intervento” Psicologia di Comunità 2: 5-8.

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o Gabriele Prati, Luca Pietrantoni, Federico Fraboni, Marco De

Angelis, Víctor Marín Puchades Dipartimento di Psicologia, Università di Bologna

“Ciclisti vs. automobilisti: due comunità a confronto .” Introduzione: Ciclisti e automobilisti si trovano spesso a condividere gli stessi spazi in una situazione di interdipendenza positiva, ma anche negativa a seconda delle circostanze. Dall’interazione sulla strada derivano sia gli atteggiamenti reciproci che la valutazione dell’esperienza connessa alla mobilità (Gatersleben & Uzzell, 2007). I ciclisti sono stati definiti utenti vulnerabili della strada e, per le ragioni che sottostanno a tale definizione, possono essere concettualizzati come delle minoranze tra gli utenti della strada (Garrard, Rissel, & Bauman, 2012). Obiettivi Lo scopo del presente studio è quello di analizzare la percezione e gli atteggiamenti degli automobilisti e dei ciclisti nell’interazione sulla strada. Metodologia Nel presente studio sono stati coinvolti due gruppi di utenti della strada. Nel primo gruppo i partecipanti si sono definiti appartenenti alla comunità dei ciclisti (n = 299). Nel secondo gruppo si sono definiti appartenenti alla comunità degli automobilisti (n = 219). Entrambi i gruppi comprendono sia uomini che donne. I partecipanti hanno compilato un questionario in cui erano incluse domande volte a indagare la percezione e gli atteggiamenti di ciclisti e automobilisti nell’interazione sulla strada. Risultati e conclusioni Da una parte, la maggioranza degli automobilisti tende a pensare che molti ciclisti non rispettano il codice della strada e non hanno le competenze per utilizzare il mezzo. Dall’altra parte, i ciclisti tendono a percepire la condivisione della strada con gli automobilisti con un senso di pericolo. Pericolo che deriva dall’eccessiva vicinanza delle automobili e dalle loro manovre. Bibliografia Garrard, J., Rissel, C., & Bauman, A. (2012). Health benefits of cycling. In J. Pucher & R. Buehler (Eds.), City cycling (pp. 31–56). Cambridge: MIT Press. Gatersleben, B., & Uzzell, D. (2007). Affective appraisals of the daily commute comparing perceptions of drivers, cyclists, walkers, and users of public transport. Environment and behavior, 39(3), 416-431.

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o Augusta Nicoli, Daniela Farini, Fabrizia Paltrinieri, Giulia

Rodeschini, Vittoria Sturlese, Vanessa Vivoli Agenzia Sanitaria e Sociale Regionale Emilia-Romagna – ASSR

“Il Community Lab: metodologia per innovare la Pubblica Amministrazione e agire processi collettivi.”

Il presente intervento intende offrire un contributo all’area di discussione “metodologica e delle prassi” del convegno attraverso la presentazione del metodo “Community Lab” (CLab), ideato e promosso dall’Agenzia Sanitaria e Sociale della Regione Emilia-Romagna in collaborazione con il Servizio Assistenza territoriale e il Servizio coordinamento politiche sociali e socio-educative, programmazione e sviluppo del sistema dei servizi della Direzione Generale Cura della Persona, Salute e Welfare, con la finalità di innovare la Pubblica Amministrazione e agire processi collettivi. Tale modello è applicabile a diverse politiche e contesti pubblici e prevede la produzione di conoscenza attraverso l’azione e la contemporanea riflessione con la comunità. Il metodo si fonda sui presupposti teorici di sperimentalismo circolare (proposto da Charles F. Sabel) e di apprendimento

situato (proposto da Jean Lave e Etienne Wenger) e risponde a domande quali: come agire e sostenere processi di integrazione sociale e sanitaria? Come avvicinare i servizi ai reali bisogni del proprio territorio? Come attivare processi di empowerment non solo dei cittadini e delle cittadine, ma anche della comunità e dei professionisti e delle professioniste all’interno del sistema dei servizi sociali, socio-sanitari e sanitari territoriali? Si tratta di un metodo “trasformativo” finalizzato a produrre cambiamenti e implementazioni di processi complessi attraverso diverse azioni contemporanee: l’individuazione, il sostegno e l’accompagnamento di casi/territori che sperimentano pratiche innovative; l’analisi, lo studio, la riflessione condivisa sia con i soggetti attori della sperimentazione, sia con altri soggetti di contesti locali che vivono o possono vivere esperienze similari; la generalizzazione e il trasferimento dell’innovazione anche attraverso la definizione di Linee guida e il percorso di monitoraggio/valutazione della loro applicazione nei contesti locali; infine l’avvio di una nuova riflessione. Questo metodo/modello si traduce in percorsi che comportano l’allestimento di tre diversi livelli di lavoro: formazione in aula; accompagnamento/supporto in loco; ricerca/valutazione. A livello empirico, il percorso CLab ha preso avvio nel 2012 con l’obiettivo di estrapolare dallo studio di casi (11 esperienze in atto a livello regionale) indicazioni operative su come realizzare la programmazione locale (Piani di zona per la salute e il benessere sociale) in senso partecipativo. Una seconda edizione del percorso ha preso avvio nel 2013 con l’obiettivo di sperimentare in 22 casi le Linee guida prodotte nella prima edizione del percorso. Una terza edizione è iniziata nel 2015 con due processi istituzionali distinti: il primo prosegue il percorso già iniziato sula programmazione locale dei Piani di Zona coinvolgendo 15 casi; il secondo ha coinvolto 11 Unioni dei Comuni e riguarda il processo di unione dei Comuni con l’intento di riflettere sulle questioni cruciali che si trovano ad affrontare, in particolare rispetto alle funzioni dedicate alla programmazione e alla gestione delle politiche di welfare. Il percorso CLab ha visto la partecipazione di più di 150 persone (tra cui Direttori di Distretto delle Aziende sanitarie, Responsabili di Ufficio di Piano e di Uffici di

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Supporto alla CTSS ecc.) durante i laboratori e un ampio coinvolgimento di professionisti e professioniste, oltre che di cittadini e cittadine, a livello territoriale attraverso sia la creazione di cabine di regia ristrette ed allargate sia vari momenti di allargamento fuori dalle istituzioni sui territori. I processi locali attivati hanno portato quindi ad una forte partecipazione della comunità. Il Community Lab ha permesso la “creazione” di una comunità di pratica basata sull'apprendimento induttivo a partire dai casi; ha prodotto la crescita di una cultura e di nuove prassi di programmazione partecipata e di ripensamento dei servizi, connettendo all'interno di questo “laboratorio” situazioni che sarebbero rimaste isolate.

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o Silvia Martin ITACA COOPERATIVA SOCIALE ONLUS

“GENIUS LOCI. Progetto Inter-servizi nei quartieri” Introduzione – Il progetto ha esordito nei quartieri di Villanova e Borgomeduna (PN) nel 2010, attraverso un laboratorio di fotografia e avviando assemblee di quartiere, gruppi di lavoro, iniziative di carattere informativo, aggregativo e di scambio. Nel 2012 il progetto si è esteso ai quartieri di Vallenoncello e S. Gregorio (Circoscrizione Sud). Obiettivi – a) mappare i problemi/bisogni della Comunità; b) mettere in connessione bisogni e risorse; c) individuare, sostenere e rafforzare reti di solidarietà, processi di partecipazione e di volontariato, arrivando a costituire nuclei di riferimento locale; d) progettare, organizzare e gestire interventi (con la Comunità) in un’ottica di sussidiarietà con le Istituzioni; e) diventare, per la Comunità, facilitatori a cui fare riferimento; f) svolgere una funzione di mediazione, tra cittadinanza, cooperazione, e istituzioni, favorendo l’ascolto e l’avvio di risposte comunitarie non specialistiche. Metodologia – La metodologia si rifà alla ricerca-azione. Le azioni, in coerenza con il macro-obiettivo dello Sviluppo della Comunità, si sono svolte interagendo con gli abitanti attraverso molteplici momenti: incontri di formazione, proiezione di film, cene, assemblee, laboratori teatrali, laboratori di cucina, documenti informativi, esperienze interculturali e intergenerazionali, iniziative di scambio e incontro. Gli Operatori di comunità si incontrano periodicamente in un tavolo inter-servizi in cui sono presenti referenti della Cooperazione sociale (3 coop coinvolte), referenti dell’A.S.S. 5, un consulente tecnico scientifico (Stefano Carbone) e referenti dell’Ambito 6.5 del Comune di Pordenone. Risultati e conclusioni – Il progetto ha raggiunto una sua maturità e prosegue, avendo attivato nella Comunità una familiarità rispetto alle figure dei facilitatori di quartiere, ritenendoli una risorsa integrata e importante. Fra i risultati auspicati, oltre agli aspetti di cambiamento concreto delle condizioni di vita delle persone e del quartiere, vi sono i possibili aspetti di miglioramento psicofisico e socio-relazionali; di aumento del capitale sociale; di evoluzione dei Servizi nell’ottica di prossimità e accessibilità. Bibliografia – Realtà e prospettive del lavoro di rete, Seminario A.S.S. 5, Provincia di Pordenone, A. Twelvetrees, Il lavoro sociale di comunità, Erickson, F. Stoppa, Istituire la vita. Come riconsegnare

le istituzioni alla comunità, Vita e Pensiero. E.R. Martini, A.Torti “Fare lavoro di comunità”

Riferimenti teorici e strumenti operativi

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o Davide Boniforti, Marco Rondonotti Metodi srl, Parrocchia S.Francesco alla Rizzottaglia di Novara

“Scatti di comunità: mettere “a fuoco” un quartiere.” Introduzione: Scatti di comunità è un progetto nato da una riflessione sulle possibili forme di partecipazione e relazione con il territorio in comunità qualificate da una forte condivisione spirituale. Il progetto si è configurato come un percorso di ricerca-intervento, avviato nell’aprile del 2015 in una parrocchia di Novara, per concludersi nel giugno del 2016. Obiettivi: Obiettivo generale è stata la promozione e la creazione di legami tra le persone appartenenti alla comunità parrocchiale e la promozione della loro relazione con il territorio. Nello specifico il percorso si è orientato a sviluppare forme di collaborazione, aumentando la consapevolezza dei bisogni presenti e stimolando la capacità di fornire soluzioni condivise. Il progetto ha operato sviluppando legami “bond” e “bridge” al fine di aumentare il senso di comunità interno evitando l’autoreferenzialità. Metodologia: Il progetto si è articolato in più fasi. È stato introdotto dalla strutturazione di un gruppo-guida di parrocchiani, con i quali sono stati individuati i problemi iniziali. La seconda fase ha ingaggiato l’intera parrocchia attraverso alcune metodologie di ricerca-intervento e di facilitazione di gruppi (un adattamento dello strumento photovoice e dei successivi tavoli di lavoro). L’identificazione di alcune aree (giovani, famiglie, solidarietà e stile di vita) ha avviato la terza fase durante la quale, attraverso l’uso del world cafè, di interviste e focus group, sono stati raggiunti ulteriori soggetti territoriali, avanzando alcune possibili soluzioni e idee per intervenire sia all’interno del contesto parrocchiale che in risposta a bisogni diffusi nel territorio. Risultati e conclusioni: Il percorso ha coinvolto circa un centinaio di parrocchiani e una cinquantina di soggetti appartenenti alle realtà del territorio a diverso grado di attivazione, offrendo alcuni spunti di riflessione: l’opportunità di ripensare il proprio contesto sempre più in connessione con il territorio ha consentito di avviare una pastorale sempre più integrata a livello ecclesiale e non; inoltre, accrescendo la capacità di individuare forme di marginalità presenti nella zona sud di Novara, ha stimolato la promozione di alcune forme di cittadinanza attiva traducendo in scelte concrete e locali l’umanesimo ecologico

promosso da papa Francesco. Bibliografia D'Angella F. - Orsenigo A. (a cura di) (1999), La progettazione sociale, EGA, Torino. Ripamonti E. (2011), Collaborare. Metodi partecipativi per il sociale, Carocci

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4. SESSIONE TEMATICA: SPECCHI DELL’IMMIGRAZIONE

o Terri Mannarini, Monica Mezzi Università del Salento

“L’interfaccia individuo-comunità e gli atteggiamenti della popolazione locale nei confronti delle strategie di

acculturazione degli immigrati.” Introduzione: Considerata la natura bidirezionale e situata del processo di acculturazione, gli atteggiamenti che la società ospitante sviluppa nei confronti delle strategie di acculturazione degli immigrati possono essere influenzati da variabili psicosociali, sinora poco considerate, che catturano l’interfaccia individuo-comunità (tra questi, principalmente il senso di comunità, SOC, e la resilienza di comunità, RC). Gli studi sul SoC e relazioni interetniche non sono numerosi; da un lato, la coesistenza di diversi gruppi etnico-culturali non sembra influire sui sentimenti di attaccamento e identificazione con la comunità locale (Prezza et al., 2008), dall’altra si osserva che un’elevata eterogeneità etnica della popolazione tende ad indebolire il senso di comunità di chi in quella comunità è nato e vissuto (Castellin et al., 2011; Hombrados-Mendieta et al., 2013). Obiettivo: Lo studio ha l’obiettivo di far emergere le relazioni tra un set di variabili connesse alla specifica comunità di residenza, vale a dire senso di comunità (SoC), resilienza di comunità (RC), contatto inter-etnico (CIE) e qualità delle relazioni interetniche (QRI), e gli atteggiamenti dei soggetti “autoctoni” verso le strategie di acculturazione adottate dagli immigrati. Metodologia: E’ stato realizzato uno studio pilota con 301 Italiani residenti nel Salento, a cui è stato somministrato un questionario volto a rilevare SoC, RC, CIE, QRI e gli atteggiamenti di acculturazione nei confronti del gruppo etnico rappresentato dagli immigrati Albanesi. Il Relative

Acculturation Extended Model di Navas et al. (2005) è stato utilizzato come modello teorico per l’identificazione degli atteggiamenti e dei domini di acculturazione (famiglia, amici, lavoro, valori, ecc.). Risultati e conclusioni: Atteggiamenti favorevoli all’integrazione degli Albanesi sono associati ad alcune componenti del SoC (la connessione emotiva) e della RC (efficacia di comunità), oltre che al contatto e alla qualità delle relazioni interetniche. Simmetricamente, atteggiamenti propensi all’esclusione degli Albanesi dalla società sono negativamente associati ad altre componenti del SoC (membership) e della RC (leadership, attaccamento al luogo). Bibliografia: Castellini, F., Colombo, M., Maffeis, D., & Montali, L. (2011). Sense of community and interethnic relations: Comparing local communities varying in ethnic heterogeneity. Journal of Community

Psychology, 39, 663–677. Hombrados-Mendieta, M. I., Gómez-Jacinto, L., Domínguez-Fuentes, J. M., & García-Leiva, P. (2013). Sense of community and satisfaction with life among immigrants and the native population. Journal of Community Psychology, 41, 601–614.

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Navas, M., Garcìa, M. C., Sánchez, J., Rojas, A. J., Pumares, P., & Fernández, J. S. (2005). Relative Acculturation Extended Model (RAEM): New contributions with regard to the study of acculturation. International Journal of Intercultural Relations, 29, 21–37. Prezza, M., Zampatti, E., Pacilli, M. G., & Paoliello, A. (2008). Territorial sense of community, ethnic prejudice and political orientation. Journal of Community & Applied Social Psychology, 18, 315–332.

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o Francesco Fattori, Anna Maria Meneghini Università di Verona, Dipartimento di Scienze Umane

“Quando “vecchi stereotipi” filtrano e modellano la percezione. Nuovi gruppi: il caso dei Rom, romeni in Italia.” Introduzione: La migrazione e la conseguente presenza di popolazioni rom in Italia è attualmente un fenomeno molto rilevante a livello socio-politico e pone interessanti riflessioni sulla possibilità di convivenza tra gruppi sociali culturalmente diversi. Studi italiani (Monaci & Trentin, 2008) e studi cross-culturali (Costarelli, 1999) hanno evidenziato negli italiani un marcato pregiudizio nei confronti delle popolazioni rom. Inoltre, negli ultimi decenni l’Italia ha visto consistenti migrazioni rom prima dai paesi balcanici, poi dalla Romania. Ciò ha contribuito a dare maggiore salienza a tale gruppo culturale a livello di discussioni politiche e mass media, soprattutto nei confronti di gruppi specifici quali sono i rom romeni (RR). Obiettivi: L’obiettivo dello studio, inserito nel progetto europeo The Immigration of Romanian Roma to Western Europe: Causes, Effects, and Future Engagement Strategies (2013-2017), è stato quello di rilevare gli atteggiamenti, le emozioni, gli stereotipi e la percezione di minaccia che gli italiani nutrono nei confronti dei RR. Metodologia: La somministrazione di un questionario self-report online ha raggiunto un campione di 660 italiani. Il questionario includeva scale atte alla rilevazione degli atteggiamenti dei partecipanti verso gruppi culturali diversi, l’outgroup projection tra rom e romeni, stereotipi, emozioni, percezione di minaccia suscitati dai RR nei partecipanti e grado di contatto intergruppo. Risultati e conclusioni:I risultati hanno evidenziato che ai RR è attribuito uno stereotipo fortemente negativo e che questa valutazione ha carattere esplicito. Le emozioni suscitate dai RR sono prevalentemente emozioni negative, ma affiancate da curiosità e interesse. Le emozioni empatiche (Monaci & Trentin, 2008) hanno invece intensità molto basse. Inoltre i RR sono considerati una minaccia, più per quanto riguarda la salute e la proprietà (minacce realistiche) che non per le tradizioni culturali (minacce all’identità sociale). Tali percezioni, insieme alle altre variabili rilevate saranno discusse in termini di conseguenze per i rapporti tra i due gruppi entro le comunità. Bibliografia: Costarelli, S. (1999). L’immagine sociale degli zingari: un’indagine transnazionale. In L. Piasere (Ed.), Italia Romanì (pp. 23–33). Roma: CISU. Monaci, M. G. & Trentin, R. (2008). Gli alunni Rom/Sinti nella scuola media: Effetti del contatto sull’atteggiamento etnico nelle classi multiculturali. Giornale Italiano di Psicologia, 3(4), 933–958.

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o Halina Hatalskaya, Ksenya Dzhiganskaya Università statale pedagogica “M.Tank” (Minsk, Belarus)

“Fenomenologia delle esperienze affettive dei migranti dal sud-est dell’Ucraina. “ Attualmente i processi migratori hanno acquisito maggiore ampiezza. Il numero di migranti provenienti dall'Africa del Nord, il Medio Oriente e Sud Asia in Europa quest'anno è ammontato a più di mezzo milione di persone. Questo è stato per l’Europa l'inizio della crisi della migrazione, in quanto impreparata a ospitare un grande flusso di rifugiati. Anche la Repubblica di Belarus è divenuta terra di rifugio per 150 mila migranti dal sud-est dell'Ucraina,fuggiti a causa delle azioni militari verificatesi negli ultimi anni, e da noi definiti “migranti forzati”. Abbiamo condotto una ricerca sulla fenomenologia delle esperienze affettive di tali migranti forzati. Lo scopo della ricerca era definire le caratteristiche delle esperienze affettive dei migranti forzati, i fattori determinanti l'intensità, la profondità, la durata di tali esperienze. I risultati ottenuti permettono di costruire un modello efficace di assistenza sociale e psicologica ai migranti. Gli strumenti psicodiagnostici comprendono l’intervista semi-strutturata, alla forza, all’intensità delle esperienze affettive e il successo dell'adattamento dei migranti forzati; il Content analysis; il Coping Questionnaire di Lazarus; il Test di orientamenti del senso della vita; la Scala di valutazione dell'impatto di eventi traumatici; la Tecnica dell’identificazione della natura dell'adattamento al nuovo ambiente socio-culturale; l’analisi statistica. La ricerca ci ha permesso di identificare i fattori determinanti l'intensità delle esperienze affettive negative dei migranti. Essi sono: la residenza prima della partenza nelle zone del conflitto militare ad alto rischio; il pericolo vissuto durante i bombardamenti; il trasferimento imprevisto; la perdita di persone care, la loro permanenza in situazioni di rischio; la mancanza di relazioni sociali in Belarus; la complessità di risoluzione dei problemi legati alla legalizzazione; la natura dello stato psicologico ed emotivo. Sono stati analizzati i tipi dominanti dell’adattamento dei migranti, le strategie di coping utilizzate per far fronte allo stress, le particolarità della crisi esistenziale vissuta. Sulla base dello studio eseguito sono stati determinati gli orientamenti dell’assistenza socio-psicologica ai migranti forzati dal sud-est dell'Ucraina. Migration Policy Institute tabulation of data from the United Nations, Department of Economic and Social Affairs. Trends in International Migrant Stock: The 2013 revision. United Nations database, Rev.2013)

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o Alessia Rochira, Roberto Fasanelli, Anna Liguori Dipartimento di Storia, Società e Studi sull’Uomo, Università del Salento Dipartimento di Scienze Sociali, Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’ Faculté de Psychologie et des sciences de l’éducation (FPSE), Università di Ginevra

“Stesse persone, immagini differenti. Le rappresentazioni sociali dei migranti in una piccola comunità locale.” Introduzione: A fronte della crescente eterogeneità etnica che caratterizza la società italiana, le comunità locali sono chiamate ad implementare politiche migratorie a sostegno di un positivo adattamento interculturale, la cui efficacia può essere condizionata dall’immagine dei migranti condivisa dalla popolazione autoctona (Berry, 2011). La questione è complessa poiché agli occhi degli italiani i migranti non sono tutti uguali; al contrario, lo stereotipo complessivo dei migranti si frammenta in una serie di rappresentazioni specifiche (Volpato e Durante, 2008) che si differenziano fra loro quanto ai contenuti e alla loro organizzazione. Obiettivi: In una prospettiva multidisciplinare che interseca la psicologia di comunità e la teoria delle rappresentazioni sociali, la ricerca ha perseguito i seguenti obiettivi: rilevare le rappresentazioni sociali (RS) di un gruppo target di migranti condivise dalla popolazione autoctona residente in una comunità locale del sud Italia; rilevare le differenze fra le rappresentazioni sociali condivise da specifici sotto-gruppi di residenti distinti in base ai livelli di senso di comunità (SoC) e pregiudizio; Metodologia: La ricerca è stata condotta in una piccola comunità locale del sud Salento, in Puglia. 494 adulti autoctoni (51% donne), di età compresa fra i 18 e gli 81 anni (M = 44.34, SD = 17.47), hanno compilato un questionario strutturato. I dati sono stati sottoposti ad analisi di similarità tramite il software SIMI2005. Risultati e conclusioni: I risultati hanno evidenziato che la percezione sociale del gruppo target di migranti è condivisa dalla generalità degli intervistati e riflette le loro condizioni di vita precarie suggerendo che politiche di accoglienza efficaci possano contribuire a sradicare le immagini negative diffuse a livello locale e a promuovere una percezione positiva dei migranti a sostegno dell’accomodamento interculturale. Al contempo, il focus sulla struttura interna delle RS di specifici sotto-gruppi di residenti ha rivelato che gli elementi periferici filtrano l’intensità del legame con la comunità di appartenenza (SoC). Bibliografia Berry, J. W. (2011). Integration and Multiculturalism: ways towards social solidarity. Papers on

Social Representations, 20, 2.1-2.21. Volpato, C., & Durante, F. (2008). Tutti uguali? Le immagini dei gruppi immigrati negli stereotipi

degli Italiani. Contributo presentato al Convegno «Spazi interculturali: trame, percorsi, incontri», 18-19 Settembre, Roma, IT.

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o S. Martinez Damia, , D. Marzana, , S. Alfieri, , E. Marta Dipartimento di Psicologia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

“Uno studio qualitativo sul processo di integrazione degli

immigrati peruviani” L’attivismo, inteso come la partecipazione ad attività comunitarie, risulta essere di fondamentale importanza per le persone che entrano a far parte di una nuova società attraverso l’esperienza della migrazione, così comune ai giorni nostri. Esso e’ infatti veicolo di benessere e integrazione sia quando significa stare insieme a persone appartenenti al proprio grupo etnico, sia quando significa collaborare con altri immigrati o relazionarsi con gli autoctoni (Fisher & Sonn, 1998; Jensen, 2008; Lopez & Marcelo, 2008; Marini, 2013; Paloma, García-Ramírez, de la Mata & Association Amal, 2010Ramakrishnan, 2010; Sanchez-Janokowski, 2002; Sonn, 2002; Wray-Lake, Syvertsen & Flanagan, 2008; Taurini, Paloma, García-Ramírez, Marzana & Marta, 2014). L’intenzione di questo studio è quella di comprendere come l’attivismo nelle CBOs (community based organization), nella maggior parte dei casi fondate dagli immigrati stessi, influenzi il loro processo di integrazione, inteso secondo il pensiero critico della psicologia della liberazione (PL. Albar, Camacho, García-Ramírez, El Jebari, El Karkri, Hernández-Plaza & Sevillano, 2010; Freire, 1972; Montero, 2007; Prilleltensky & Gonick, 1996). A tal fine sono state condotte delle interviste con 18 immigrati peruviani impegnati all’interno di CBOs nella città di Santiago del Cile. Verrà in primo luogo fornita una breve descrizione della situazione delle CBOs peruviane presenti nella capitale cilena, con l’esplicita intenzione di fornire un ritratto localizzato di tale realtà; in secondo luogo verrà chiarito l’approccio epistemolgico adottato, che si basa sulla grounded theory e sulla sua evoluzione nella situational analysys. Infine si presenteranno i primi risultati raggiunti che, data la qualità esplorativa della ricerca, lasciano spazio a molti interrogativi e sviluppi per studi futuri.

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o Agnese Stefanini, Filomena Cillo, Alessandra Inglese Associazione Diversa/mente

“Empowerment di comunità e psicologia transculturale: esperienze a confronto a Bologna e dintorni.” Introduzione: I nomadismi globali hanno una diretta influenza sulla ridefinizione del significato/senso di comunità. L’idea di omogeneità interna come fattore strutturante il gruppo è sostituita da una necessaria diversità, che mette in luce una discontinuità tra territorio, bisogni e risposte dei servizi. Presentiamo due esperienze in cui l’associazione ha agito come interlocutore tra migranti, soggetti istituzionali e comunità. Nel progetto Cittadinanza Attiva: Costruire Community e Networking in

zona Mirasole” a Bologna, il lavoro con i cittadini, motivato da conflitti tra italiani e stranieri, ha problematizzato una serie di temi: il legame tra territorio e costruzione identitaria, la divisione tra cittadinanza come appartenenza al paese d’origine e riconoscimento dei diritti nel paese ospite, la discontinuità tra politiche di riconoscimento istituzionale e accettazione sociale. A confronto riportiamo l’esperienza maturata nell’ambito del progetto del Centro Regionale contro le

discriminazioni, comprensiva di diversi interventi nel territorio del Comune di Pianoro: Sportello dedicato al supporto psicologico di migranti vittime di discriminazioni ed iniziative di contrasto alla discriminazione razziale. Attraverso la descrizione di un caso presentatosi allo Sportello, si evidenzia un quadro molto complesso, dove i temi precedenti si coniugano nella discriminazione sul luogo di lavoro, nella difficoltà di accedere ai servizi socio-sanitari, di conciliare i diversi modelli di salute/malattia, di famiglia/genitorialità. Obiettivi: Scopo di questa presentazione è mettere in relazione la psicologia di comunità con la psicologia transculturale, cercando di evidenziare la specificità di ognuna, i punti d’incontro teorici e metodologici e la possibilità di fecondarsi vicendevolmente. Metodologia: Procede dall’analisi dell’esperienza a quella dei contesti macro, accomodando il processo bottom-up con quello top-down. Si sofferma su quanto ha funzionato e sugli ostacoli che riducono o non consentono il cambiamento. Risultati e conclusioni: Nella prima esperienza sono state adottate con successo strategie di miglioramento del rapporto tra il singolo, la comunità di appartenenza e le istituzioni. Nella seconda, l’assenza della rete tra servizi, di formazione degli operatori al rapporto con provenienze altre, la distanza socioculturale nella/dalla comunità, nonostante la buona volontà dei diversi attori in gioco, hanno di fatto reso difficile e limitato il buon esito del progetto. Per essere di concreto aiuto alle persone/famiglie migranti in difficoltà, occorre ripensare le attuali politiche del territorio e promuovere la costruzione di progetti a più livelli, integrati e progressivi nel tempo. Bibliografia: Agamben, G. (1990) La comunità che viene. Einaudi. Torino Beneduce R., Martelli P. (2005) Politics of Healing and Politics of Culture: Ethnopsychiatry, Identities and Migration Transcultural Psychiatry 42: 367 Campbell C. (2014) Community mobilization in the 21st century: Updating our theory of social change? Journal of Health Psychology 19:46

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Di Miscio A.M. (2010) Da Kleinman a Farmer, esperienza soggettiva della malattia alla malattia come incorporazione della sofferenza sociale. http://www.rivistadiscienzesociali.it/da-kleinman-a-farmer-dallesperienzasoggettiva-della-malattia-alla-malattia-come-incorporazione-dellasofferenza- sociale/

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5. SESSIONE TEMATICA: SCUOLA ATTIVA TRA EMPOWERMENT E

RESILIENZA

o Maria Pina Di Fazio, Laura Clorinda Rinaldi Università degli Studi di Palermo, Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche e della Formazione XEIRON – Associazione, Formazione e Progettazione

“Dirigenti scolastici e Buona Scuola: un’ipotesi di burnout” INTRODUZIONE: Il presente contributo mira ad esplorare il ruolo del dirigente scolastico, conseguentemente, al Decreto Legge del 13 luglio 2015 n.107. ‘La buona scuola’ si prefigge di costruire una visione condivisa nella prospettiva di ‘scuola per la società’ tesa ad educare, istruire e formare al fine di realizzare un’istituzione formativa aperta. Il raggiungimento di tali obiettivi richiede, inevitabilmente, al dirigente competenze tecniche, pedagogiche, capacità di leadership, strategie di management e decision making. Queste peculiarità costituiscono la base per annoverare questa professione tra le helping profession. OBIETTIVI: Obiettivi della ricerca sono: 1. comprendere se, dall’attuazione del Decreto Legge, la vita professionale del dirigente scolastico ha subìto cambiamenti, nonché le dimensioni maggiormente interessate, rispetto al passato; 2. indagare la conoscenza in merito al burnout e se, in virtù della riforma dell’istruzione, i dirigenti si percepiscano maggiormente a rischio di sviluppare tale sindrome; 3. esplorare il livello di soddisfazione lavorativa. METODOLOGIA: Sono stati contattati 46 dirigenti scolastici di istituti superiori della Regione Sicilia, ai quali sono stati somministrati una scheda socio-anagrafica, una scala costruita ad hoc, che esplora l’area professionale/personale, le caratteristiche della comunità scolastica, nonché territoriale, e un protocollo di autovalutazione volto ad indagare: - il burnout, mediante il Maslach Burnout Inventory (MBI), secondo l’adattamento italiano a cura di Sirigatti e Stefanile (1991), che permette di misurare le tre dimensioni della sindrome;

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o Moira Chiodini, Patrizia Meringolo Centro di Terapia Strategica, Arezzo; LabCom: Ricerca-azione per il benessere psico-sociale – Firenze Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia

“La costruzione della realtà: empowerment e resilienza” Introduzione L’epistemologia costruttivista (Von Glaserfeld, in Watzlawick & Nardone, 1997) evidenzia come l’interazione fra persone e contesti costruisca una realtà che può facilitare il benessere bio-psico-sociale. La costruzione di realtà è collegata alla possibilità di individui e gruppi di sviluppare percorsi di resilienza e/o di empowerment, attuando cambiamenti di tipo conservativo o trasformativo (Cattaneo & Brodsky, 2013), ovvero attuando un cambiamento di primo o di secondo ordine (Watzlawick, 1976, 1997; Foster-Fishman et al., 2007). Obiettivi Evidenziare le caratteristiche dei sistemi che permettono di implementare interventi empowering e/o di resilienza. Attraverso la presentazione di casi si intendono approfondire gli aspetti metodologici e di intervento a partire dagli studi di Watzlawick fino ai più recenti sviluppi in campo di problem solving strategico e di comunicazione applicata al cambiamento. Metodologia Verrà utilizzato lo studio di caso. Primo caso: intervento con operatori delle marginalità sociale per promuovere l’empowerment individuale e di gruppo. Secondo caso: intervento di formazione con gli insegnanti per la promozione della resilienza dei docenti e degli studenti. Risultati e conclusioni Lo studio dei due casi permette di evidenziare come gli interventi di empowerment e resilienza hanno alcune caratteristiche comuni che tuttavia svolgono un ruolo specifico e differenziato negli ambiti: Presenza di reti sociali di supporto Abilità di comunicazione e utilizzo della comunicazione per produrre cambiamento Abilità di problem solving e costruzione di obiettivi raggiungibili (autostima e autoefficacia) La presenza di elementi comuni e specifici permette di ipotizzare un possibile passaggio fra i due livelli di cambiamento. Bibliografia: Cattaneo, L.B., Brodsky, A. E. (2013). A Transconceptual Model of Empowerment and Resilience: Divergence, Convergence and Interactions in Kindred Community Concepts. American Journal of

Community Psychology 52:333–346.

Foster-Fishman, P.G., Nowell, B., & Yang, H. (2007). Putting the system back into systems change: a framework for understanding and changing organizational and community systems. American

Journal of Community Psychology, 39, 197-215.

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Watzlawick, P. (1976). How real is real? Communication, Disinformation, Confusion. New York: Random House. Watzlawick, P. & Nardone, G. (1997). Terapia breve strategica. Milano: Raffaello Cortina.

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o Consuelo, Serio & Cinzia, Novara Università degli studi di Palermo

“La corresponsabilità scuola-famiglia-comunità nella

specificità adottiva” Introduzione – Le Linee d’indirizzo del Miur (2014) invitano a far conoscere e portare a regime buone prassi di inserimento e di accoglienza in classe del minore adottato. A tal riguardo, da alcuni anni la cattedra di Modelli Psicodinamici del Lavoro di Rete dell’Università di Palermo – assumendo una prospettiva di co-responsabilità tra istituzione scolastica, famiglie, servizi socio-educativi e comunità – indaga lo stato dell’arte nelle scuole palermitane al fine di indirizzare operativamente l’azione scolastica in merito alla specificità adottiva. In particolare, l’analisi dei risultati dell’indagine si è soffermata, con vari gradi di sofisticazione, sulle conoscenze e le rappresentazioni che gli insegnanti hanno dell’adozione, presumendo che esse guidino il lavoro didattico ed educativo in aula (Becker, 2013). Obiettivi – L’ultima fase di elaborazione dei dati è stata orientata alla formulazione di una substantive

theory delle rappresentazioni che gli insegnanti hanno del bambino adottato e della sua famiglia, in relazione alle scelte didattiche intraprese dagli stessi per trattare in classe i temi caldi dell’adozione. Metodologia – Per l’analisi delle interviste di 268 docenti di 8 scuole primarie di Palermo – 5,6% maschi e 94,4% femmine, d’età compresa tra i 26 e i 65 anni (M= 47,66; d.s.= 8,41) – è stato utilizzato l’approccio Grounded Theory (Chamberlain-Salaun, Mills, & Usher, 2013). Con l’ausilio del software ATLAS.ti 7.0 è stata individuata la core category che ha consentito un’elaborazione teorica del fenomeno indagato. Risultati e conclusioni – L’adozione sembra sancire, agli occhi degli insegnanti, una seconda opportunità per il bambino e per i genitori adottivi capace di ‘annullare’ le difficoltà vissute da entrambi prima e durante l’iter adottivo. Questa immagine distorta sembra giustificare la sottovalutazione, da parte degli stessi insegnanti, della necessità di attivare scelte didattiche mirate ed adeguate ad accogliere la specificità dei bisogni di questi minori. Bibliografia Baker, F. S. (2013). Making the quiet population of internationally adopted children heard through well-informed teacher preparation. Early child development and care, 183(2), 223–246. Chamberlain-Salaun J., Mills J., & Usher K. (2013). Linking Symbolic Interactionism and Grounded Theory Methods in a Research Design:

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o Giulia Lopez, Ariela Francesca Pagani, Raffaella Iafrate Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano)

“Rappresentazioni dell’affido e fiducia nel sociale” Introduzione. Il tema delle rappresentazioni dell’affido familiare è stato poco indagato e limitati sono gli studi che hanno sondato come l’affido è visto e percepito dalla popolazione generale. Emerge, quindi, l’importanza di approfondire il tema delle rappresentazioni in quanto “guida per l’azione”. Obiettivi. Il presente studio assume le caratteristiche di una ricerca-azione volta a sondare le rappresentazioni dell’affido e promuovere una cultura dell’accoglienza. Obiettivo generale è indagare quali fattori predicano una rappresentazione positiva e realistica dell’affido. Sono stati presi in considerazione il comportamento prosociale, l’atteggiamento generativo ed una visione di un mondo sociale coerente, ipotizzando che visioni più positive e realistiche dell’affido siano ad essi connessi favorendo, conseguentemente, una potenziale disponibilità all’accoglienza. Metodologia. Un questionario self-report contenente variabili socio-demografiche, variabili relative alle rappresentazioni dell’affido, la Scala di Comportamento Prosociale (Caprara et al., 2005), la Sense of Coherence Scale (Antonovsky, 1993) e la Loyola Generativity Scale (McAdams & De St. Aubin, 1992) è stato somministrato a genitori e insegnanti di nove Istituti Comprensivi (N = 1285). Risultati

e conclusioni. Valutazioni positive verso l’affido sono connesse a livelli più elevati dei tre aspetti indagati. Il comportamento prosociale, l’atteggiamento generativo e la visione del mondo come coerente risultano predittori di una rappresentazione positiva e realistica dell’affido. I soggetti che presentano livelli più elevati di comportamenti prosociali, di atteggiamento generativo e di una visione del mondo coerente potrebbero essere maggiormente sensibili a interventi volti a individuare potenziali famiglie affidatarie. Verranno realizzati percorsi formativi per gli insegnanti ed un convegno dedicato alla presentazione dei risultati della ricerca. Bibliografia. Antonovsky, A. (1987). Unraveling the mystery of health: How people manage stress and stay well. San Francisco: Jossey Bass; Caprara, G. V., Capanna, C., Steca, P., & Paciello, M. (2005). Misura e determinanti personali della prosocialità. Un approccio sociale cognitivo. Giornale Italiano di Psicologia, 2, 287-307; McAdams, D. P., & De St. Aubin. (1992). A theory of generativity and its assessment through self-report, behavioral acts, and narrative themes in autobiography. Journal of Personality and Social

Psychology, 62, 1003-1015.

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o Cinzia Albanesi Università di Bologna

“Sguardi sull’adolescenza:generazioni a confronto” La ricerca nasce nell'ambito dell’accordo di collaborazione tra Caritas Diocesana di Faenza - Modigliana e CESCOM (Centro per l'Empowerment delle Scuole, delle Organizzazioni e delle Comunità) del Dipartimento di Psicologia -Università di Bologna. L’obiettivo della ricerca era di avere un quadro aggiornato della qualità percepita delle relazioni sociali degli adolescenti residenti nel territorio di riferimento della diocesi di Faenza Modigliana. La ricerca inoltre ha messo a confronto il punto di vista degli adolescenti con quello degli adulti che hanno responsabilità educative nei loro confronti, su alcune tematiche al centro del dibattito pubblico sull’adolescenza nella società contemporanea (diffusione dei fenomeni di prepotenza, qualità delle relazioni sociali nella comunità e a scuola, e ruolo dei social network nelle relazioni tra pari e tra le generazioni). La ricerca è stata realizzata nel periodo febbraio-aprile 2015. La raccolta dei dati è avvenuta utilizzando un questionario on-line in due versioni (adulti –adolescenti), distribuiti mediante la piattaforma Qualtrics. Hanno compilato il questionario 545 adulti di cui il 36% genitori, il 27% insegnanti, il 24% catechisti e 855 adolescenti di età compresa tra gli 11 e i 18 anni, di cui il 56% femmine e il 58% di scuola secondaria di primo grado. Lo strumento ha esaminato il Senso di comunità territoriale, utilizzando una riduzione della Scala breve del Senso di Comunità (SoC) per adolescenti nella sua validazione italiana (Chiessi et al., 2010), il Senso di comunità a scuola, utilizzando una riduzione della scala di Cicognani e Albanesi (2015), la percezione di diffusione di prepotenze (cf. Prati, Pietrantoni, Buccoliero e Maggi, 2010), le abitudini di uso dei social network (incluso nelle relazioni intergenerazionali) e la percezione delle potenzialità dei media. Abbiamo verificato che la rappresentazione dell’adolescenza degli adulti è grandemente centrata sugli aspetti di problematicità e che sussistono differenze rispetto ai contenuti di tali rappresentazioni in relazione al ruolo specifico dell’adulto considerato (genitore, insegnante, catechista, operatore socio-educativo). I ragazzi percepiscono di avere più risorse e pensano di potere contare sugli adulti più di quanto credono gli stessi adulti. Anche la percezione di diffusione di prepotenze varia in base al gruppo (adolescenti vs. adulti).Gli adolescenti sono più inclini a vedere le potenzialità delle nuove tecnologie e a riconoscerle come possibili strumenti per mettersi in relazione con gli adulti.

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SABATO 18 GIUGNO

SIMPOSIO

o Proponenti: Elena Marta e Anna Maria Meneghini

“Nuove forme d’impegno e cittadinanza attiva: la partecipazione del futuro” Intervengono: Anna Maria Meneghini, Antonella Morgano, Maura Pozzi, Massimo Santinello,

Michela Lenzi e Sandro Stanzani; Angela Fedi e Terri Mannarini; Cinzia Novara, Gianluigi Moscato,

María José Martos Méndez, Luis Gómez Jacinto, Maria Isabel Hombrados Mendieta

o Anna Maria, Meneghini* – Antonella, Morgano* – Maura,

Pozzi** – Elena, Marta** – Massimo, Santinello*** – Michela,

Lenzi*** – Sandro, Stanzani* *Università degli Studi di Verona **Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano ***Università degli Studi di Padova Consistente è ormai la letteratura che attesta la crisi della partecipazione nelle sue forme più classiche, come ad esempio il volontariato organizzato (Marta e Cristini, 2012). Più scarsa è la letteratura che cerca invece di rilevare e comprendere le nuove forme di partecipazione, come per esempio il Volontariato Episodico. Con questa espressione si indicano quelle attività di volontariato messe in atto dalle persone per rispondere a esigenze particolari e contingenti, per brevi periodi (Macduff, 1990; Meneghini et al. submitted). A parere di alcuni autori alla base del volontariato episodico vi sarebbe una motivazione individualistica (Hustinx, 2010), a parere di altri, invece, la motivazione di gran lunga più pregnante sarebbe quella prosociale (Smith et al., 2010). Il presente lavoro si propone di indagare il profilo socio-demografico, il percorso di avvicinamento e i pattern motivazionali dei volontari che hanno prestato la loro opera per Expo 2015. A tutti i volontari è stato proposto un questionario on-line in tre momenti: all’inizio del servizio, alla fine e circa 6-8 mesi dopo la fine del servizio. Il questionario era composto da domande socio-demografiche e scale volte a rilevare, tra altro, le motivazioni al volontariato in generale e in maniera specifica per l’evento in esame, il percorso di avvicinamento all’evento, l’intenzione a continuare o meno a impegnarsi. Verranno qui presentati i dati dei volontari che hanno collaborato alla prima fase della ricerca, ossia 2378 soggetti, il 48% del totale dei volontari di Expo. Le analisi hanno consentito di individuare le caratteristiche dei volontari in Expo e individuare l’articolata configurazione motivazionale degli stessi.

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Hustinx, L. (2010). Institutionally Individualized Volunteering: Towards a Late Modern ReConstruction. Journal of Civic Society, 6(2), 165-179. Macduff, N. (1990). Episodic Volunteers: Reality for the Future. Voluntary Action leadership, 15, 17. Marta, E., Cristini F. (2012) Commitment or disaffection? Framing the forms, meanings and predictors of youth civic engagement in Italy. Journal of Prevention & Intervention in the

Community, 40 (1), 1-7. Meneghini, A.M., Romaioli, D., Rossi, P., Bottura, D. (Submitted). La forma dell’impegno prosociale sta cambiando? L’esperienza del volontariato episodico al Festivaletteratura di Mantova. Psicologia

di comunità.

Smith, K.A., Holmes, K., Haski, D., et al. (2010). Motivations and Benefits of Student Volunteering: Comparing Regular, Occasional and Non-volunteers in Five Countries. The Canadian Journal of

Nonprofit and Social Economy Research, 1(1) 65–81.

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o Angela Fedi, Terri Mannarini Università di Torino, Università del Salento La letteratura sulla valutazione della partecipazione dei cittadini è abbondante ed è fondamentale sia per implementare processi efficaci, sia per ottenere risultati di alta qualità. Seguendo la teoria della democrazia deliberativa (Habermas, 1989; 1996), dialogo-correttezza e conoscenze-competenze sono stati considerati i due criteri principali per valutare la qualità dei processi deliberativi (Steiner et al., 2003; Stromer-Galley, 2007; Edwards et al., 2008). Sulla base dell'analisi dei tre giurie di cittadini, lo studio qui presentato si concentra su tre qualità relative al dialogo: equità, cooperazione e pluralismo, interpretate come indicatori della qualità del processo deliberativo (Mannarini, Fedi, 2013). Obiettivo dello studio è analizzare la qualità del processo deliberativo realizzatosi nelle giurie di cittadini secondo i criteri accennati attraverso la percezione dei partecipanti. Sono stati utilizzati metodi quantitativi e qualitativi per l’analisi di tre tipi di dati: a) interviste semi-strutturate a giurati; b) questionari post-giuria deliberativa; c) turni di conversazione dei giurati. Le analisi hanno mostrato che, nonostante lo squilibrio nella partecipazione, il processo di deliberazione è percepito come equo, ma esso non sembra aver promosso la capacità dei partecipanti di generare nuova conoscenza collettiva. Tali risultati sono discussi in ottica teorica ed applicativa. Bibliografia

Edwards, P., Hindmarsh, R., Merer, H., Bond, M. & Rowland, A. (2008). A three-stage evaluation of a deliberative event on climate change and transforming energy. Journal of Public Deliberation, 4 (1), art.6. Habermas, J. (1989). The Structural Transformation of the Public Sphere. Cambridge, Mass.: MIT Press. Habermas, J. (1996). Between Facts and Norms: Contributions to a Discourse Theory of Law and

Democracy. Cambridge, Mass.: MIT Press

Mannarini, T., Fedi, A. (2013). La qualità procedurale della deliberazione. Parità, cooperazione e pluralismo. In L. Bobbio (a cura di) La qualità della deliberazione. Processi dialogici tra cittadini. pp.66-92 Roma: Carocci editore. Steiner, J., Steenbergen, M. R., Bachtiger, A. & Spörndli, M. (2003). Measuring political deliberation: A discourse quality index. Comparative European Politics, 1, 21-48. Stromer-Galley, J. (2007). Measuring deliberation’s content: A coding scheme. Journal of Public

Deliberation, 3 (1), art. 12.

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o Cinzia Novara, Gianluigi Moscato, María José Martos Méndez,

Luis Gómez Jacinto, Maria Isabel Hombrados Mendieta Università di Palermo; Università di Malaga

“Comportamento psicosociale e reciprocità

positiva/negativa: un confronto tra Palermo e Malaga” Introduzione. Il comportamento prosociale (CP), inteso come interazione diretta con altre persone che si vogliono beneficiare attraverso la propria condotta (Marta, Scabini, 2003), presenta ad oggi alcune sovrapposizioni concettuali con il costrutto di reciprocità, noto agli economisti sociali ma poco esplorato nell’ambito della psicologia sociale e di comunità. In linea generale, possiamo riferire a entrambi le caratteristiche di gratuità, proporzionalità e capacità di produrre beni relazionali. Obiettivo. Lo studio muove da un accordo di ricerca tra le Università di Palermo e di Malaga, per testare la relazione tra CP e reciprocità – che s’ipotizza essere rispettivamente di causa ed effetto – e le molteplici dimensioni che a livello individuale, interpersonale e di comunità intervengono sui due costrutti. Metodologia. Un modello di equazione strutturale (con metodo Lisrel) è stato usato per valutare se principio di equità, credenza in un mondo giusto, senso di comunità e norma di quartiere aumentano il CP e se questo insieme a visione del mondo e fiducia sociale, aumentano, a loro volta, la reciprocità positiva e decrescono la reciprocità negativa. Il modello è stato testato su un campione transnazionale costituito da: 455 soggetti, residenti nelle otto circoscrizioni di Palermo (M=193; F=262; età media= 24,30 anni, d.s.: 12,5) e da 436 residenti negli undici distretti di Malaga (M=137; F=299; età media= 20,05 anni, d.s.: 1,8). Risultati e conclusioni. Dall’analisi dei dati, i parametri del modello risultano soddisfacenti (RMR_Palermo=0.044, RMR_Malaga=0.055; GFI_Palermo=0.98; GFI_Malaga=0.98). In particolare, interessante è l’impatto della norma di quartiere sul CP, solo se riferita alla città di Malaga; mentre si registra l’assenza di effetto del SdC per entrambe le città in studio. Inversamente correlata a entrambe le forme di reciprocità è invece la fiducia generalizzata verso tutti che quindi non influisce sull’attivazione di comportamenti di reciprocità positiva, essendo questi ultimi fondati su rapporti storicizzati tra persone che stanno in una particolare relazione interpersonale. Bibliografia Marta E. & Scabini E. (2003). Giovani volontari. Impegnarsi, crescere e far crescere. Firenze: Giunti.

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6. CROCEVIA TRA POLITICA E SOCIAL HUB

o Fausto Petrini, Cristina Cecchini, Camillo Donati, Laura

Remaschi Università degli studi di Firenze

“Spiders: il sistema dei Social Hub diffusi” INTRODUZIONE: il progetto “SPIDERS”, realizzato da LabCom (spin-off accademico dell’Università di Firenze) e il Comune di Rosignano M.mo, ha usato il metodo della “social

recognition” (Martini, 2002; Martini and Sequi, 1995) per l’attivazione di comunità e la promozione della partecipazione. Si rifà ad interventi in ottica di psicologia di comunità (Meringolo, Bertoletti e Chiodini, 2009) volti a promuovere la partecipazione giovanile ed è finanziato dal bando ANCI “Meetyoungcities: social innovation e partecipazione per i giovani dei comuni italiani”, inerente la social innovation e la co-progettazione di attività e spazi del territorio. Il progetto mira a dare ai giovani la responsabilità della co-gestione di beni comuni, identificati nei tre spazi giovani presenti sul territorio comunale. OBIETTIVI: creare un’occasione di stimolo, confronto e produzione condivisa di idee; stimolare l’acquisizione di competenze per sviluppare nuove forme di imprenditorialità; promuovere la costituzione di un gruppo di riferimento di giovani in grado di produrre attività sul territorio; fornire competenze ai partecipanti nel coinvolgimento dei coetanei. METODOLOGIA: fase 1: formazione ai 35 partecipanti sui temi delle tecniche di comunicazione, gestione di processi partecipativi, forme di imprenditoria light e capacità di lavoro in team; fase 2: contest di idee progettuali per l’organizzazione e gestione delle attività negli spazi individuati; fase 3: co-progettazione e implementazione delle idee vincitrici; fase 4: coinvolgimento delle risorse locali nello sviluppo delle attività da realizzare. Si è svolta un’analisi qualitativa su aspettative e motivazioni dei partecipanti rispetto al progetto ed una valutazione intermedia del percorso formativo. RISULTATI E CONCLUSIONI: Il progetto è in corso; i risultati della valutazione intermedia riguardano la soddisfazione percepita dai partecipanti, che risulta molto buona. Le principali difficoltà e punti di forza del processo emergono da alcuni indicatori (numero di presenze e compiti svolti e note di campo degli operatori) da cui emergono le scelte operative in corso di realizzazione. BIBLIOGRAFIA: Martini E. R. La ricognizione sociale, in Santinello Prezza, Conoscere la comunità, Il Mulino, 2002 Martini, E.R., & Sequi, R. (1995). La comunità locale. Roma, Carocci Meringolo, P., Bertoletti, S., Chiodini, M. (2009). Giovani Creatività Città. Ideare e progettare contesti di divertimento. (11-15). Milano: Unicopli

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o Patrizia Milesi, Augusta Isabella Alberici Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Dipartimento di Psicologia

“Fondamenti morali e azione collettiva: una ricerca sulle motivazioni morali alla base della partecipazione” Introduzione La partecipazione ad iniziative collettive, di carattere civico e/o politico, è riconducibile non solo a motivazioni psicosociali, connesse all’appartenenza a un movimento, ma anche a motivazioni personali, in particolare alle convinzioni morali sui temi centrali del movimento e all’obbligo morale ad agire sulla base della propria coscienza (Van Zomeren, 2013, 2016). La teoria dei fondamenti morali può essere utile per approfondire gli antecedenti di tali motivazioni morali in quanto individua cinque categorie di intuizioni morali innate, che si associano al giudizio su temi politici e sociali (Graham et al., 2013). Obiettivi Questa ricerca indaga se l’adesione a tali categorie di intuizioni morali si associa all’intenzione di partecipare ad azioni collettive ed esamina come tale adesione si combina con le altre motivazioni psicosociali e morali alla base della partecipazione. Partendo dall’ipotesi che attivisti di movimenti differenti siano spinti da intuizioni morali diverse, si considerano movimenti diversi per obiettivi e orientamento ideologico. Metodologia Sono stati contattati attivisti di un movimento di centro-sinistra a difesa dei diritti delle donne; di un movimento di centro-sinistra a difesa del diritto all’acqua pubblica; di un movimento di centro di ispirazione religiosa; di un movimento politico di destra. Risultati e conclusioni In tutti gli studi, l’adesione a certi fondamenti morali si associa all’intenzione di partecipare alle attività del movimento e, in combinazione con le altre motivazioni psicosociali e morali, esercita su di essa effetti sia diretti che mediati. Nei diversi movimenti indagati, inoltre, risultano predittive, di volta in volta, intuizioni morali connesse alla cura dei deboli, all’equità, alla fedeltà al proprio gruppo, al rispetto dell’autorità. Tali risultati suggeriscono l’opportunità di indagare ulteriormente come intuizioni morali di vario tipo contribuiscono a spingere le persone alla partecipazione. Bibliografia Graham et al. (2013). Moral foundations theory: The pragmatic validity of moral pluralism. Advances

in Experimental Social Psychology, 47, 55–130. Van Zomeren, M. (2013). Four core social-psychological motivations to undertake collective action. Social and Personality Psychology Compass, 7/6, 378-388. Van Zomeren, M. (2016). Building a tower of Babel? Integrating core motivations and features of social structure into the political psychology of political action. Political Psychology, 37, 87-114.

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o Chiara Bodini, Martina Riccio, Marianna Parisotto Centro Studi e Ricerche in Salute Internazionale e Interculturale, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche (DIMEC), Università di Bologna People's Health Movement (PHM)

“Salute (e) Politica: una ricerca-azione partecipata”

Introduzione Da circa un anno, è attiva sul territorio nazionale una rete (Gruppo Permanentemente Aperto, o Grup-pa) impegnata in una ricerca-azione su movimenti sociali e salute, come parte di un progetto internazionale promosso dal People’s Health Movement. La rete origina da un movimento culturale di taglio critico che promuove un approccio orientato alla determinazione sociale della salute e alla giustizia sociale, nonché alle interconnessioni tra globale e locale nella produzione di salute e malattia. Obiettivi Obiettivi della ricerca-azione sono: comprendere e rafforzare le strategie con cui i gruppi e movimenti sociali agiscono, tramite processi di cambiamento sociale, per la promozione del diritto alla salute (inteso come accesso ai servizi e azione sui determinanti sociali di salute); mettere in connessione realtà, gruppi e movimenti attivi su diversi ambiti della salute (cibo, ambiente, lavoro, servizi...), superando la frammentazione che indebolisce l’azione dal basso e imparando da altri contesti; sperimentare metodologie e pratiche integrative rispetto alle forme tradizionali dello scambio di parola, e orientate al mutuo supporto; contribuire alla costruzione di un movimento nazionale per la salute. Metodologia Le attività si fondano sul metodo e i principi della ricerca-azione partecipata, in cui il processo è strumento e fine al tempo stesso: il processo decisionale è orientato dalle motivazioni ed esperienze delle persone, e costruito tramite pratiche di ascolto attivo, condivisione emotiva e gestione partecipata; alla formazione sulle capacità personali e relazionali e sulle metodologie di gruppo è data importanza pari alla formazione tecnica sulle metodologie di ricerca; il tentativo è che più persone possibile contribuiscano a generare conoscenze a partire dall'esperienza della ricerca, e ne beneficino (anche tramite restituzioni sociali). Risultati e conclusioni La ricerca-azione è tuttora in corso, ma ha mostrato finora le seguenti potenzialità: favorire la contaminazione e lo scambio di idee e pratiche tra gruppi attivi nei diversi ambiti della salute, e la costruzione di azioni comuni (azione di rete);

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aprire spazi di discussione sulla salute come questione sociale e politica su cui tutt* hanno legittimità a esprimersi e agire (politica dal basso); creare contesti di sperimentazione di pratiche in spazi intermedi tra l’individuale e il collettivo (creazione di “comune”). Bibliografia Grup-pa,The contribution of civil society organisations in achieving health for all, 2015 (https://dl.dropboxusercontent.com/u/6564831/Report%20Gruppa%20%28Def-ultimo%29.pdf). Loewenson R et al. Participatory action research in health systems: a methods reader. TARSC, AHPSR, WHO, IDRC Canada, EQUINET, Harare, 2014. Genat B. Building emergent situated knowledges in participatory action research. Action Research, 2009; Vol.7(1):101-115. Montero M. Participation in Participatory Action Research. Annual Review of Critical Psychology, 2000; Vol.2:131-143. Baum F, MacDougall C, Smith D. Participatory action research. J Epidemiol Community Health 2006; 60: 854-857.

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o Paolo Brambilla, Giuliana Rocca, Claudio Tortone ATS Bergamo; DoRs Regione Piemonte

“La formazione dei walking leader dei gruppi di cammino

nel processo di empowerment per il benessere e la salute dei singoli e della comunità” Introduzione Nella provincia di Bergamo sono attivi oltre 300 gruppi di cammino in 148 Comuni. La formazione dei conduttori nasce dall’esigenza di rinforzare il ruolo e le competenze di una leadership di servizio e di fornire degli strumenti per la gestione più efficiente ed efficace dei gruppi di cammino, attraverso l’individuazione di strategie condivise e uniformi sia per la cura del gruppo con un approccio inclusivo, sia per la presa in carico degli aspetti organizzativi, sia per la valorizzazione dei gruppi/reti locali già esistenti e l’integrazione dei gruppi nelle reti locali della comunità in un processo di empowerment individuale e di comunità. Obiettivi: sostenere la leadership: il conduttore ha il ruolo importante di sostenere l’entusiasmo per assicurare cura e longevità al gruppo e supporto sociale ai singoli e di creare un’atmosfera positiva di confronto e reciproca fiducia e di attenzione dentro e fuori per far maturare gruppi aperti, inclusivi e in rete promuovere abilità di gestione del gruppo con l’obiettivo di mantenere la motivazione alla partecipazione, puntando sui benefici del camminare (benessere e salute, socialità, cittadinanza attiva, responsabilità, attenzione ai beni comuni...) e di favorire l’evoluzione del gruppo di cammino verso l’autonomia e l’empowerment promuovere capacità di leggere e attivare le risorse del territorio, essere cittadini attivi, e favorire la creazione di legami bridging per potenziare il capitale sociale e la responsabilità delle istituzioni locali Metodologia: Il corso di formazione è fondato sull’approccio dei metodi d’azione moreniani. La durata è di due incontri di tre ore ciascuno. Il lavoro d’aula facilita l’incontro con l’altro senza pregiudizi e crea condizioni per essere spontanei e creativi in un continuum che procede dalla dimensione individuale, a quella inter-soggettiva e infine a quella gruppale. I temi affrontati sono: il ruolo sentito e rappresentato del walking leader, la collaborazione con l’altro in una dimensione di fiducia, la ricerca partecipata delle risorse della comunità, la promozione della partecipazione a gruppi di cammino aperti e inclusivi in rete con le risorse della comunità. Risultati e conclusioni: sono stati attivati tre corsi per 90 conduttori. I corsi hanno: rinforzato le conoscenze sui benefici acquisiti con il cammino e il mantenimento di uno stile di vita attivo; creato relazioni e rapporti di fiducia tra walking leader e camminatori, e tra questi e le istituzioni in un’ottica di cittadinanza attiva; promosso la partecipazione ad altre forme di socializzazione con l’obiettivo di coinvolgere maggiormente i partecipanti al gruppo per incrementare la coesione reciproca (momenti conviviali, adesione collettiva ad iniziative di promozione dell’attività fisica cittadine, parrocchiali, di quartiere) e il capitale sociale.

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o Davide Mazzoni, Iana Tzankova, Elvira Cicognani, Salvatore

Zappalà Dipartimento di Psicologia - Università di Bologna

“Partecipazione sociale, tempo libero e benessere sociale in un campione di studenti universitari” Introduzione: La letteratura si è da tempo occupata, a partire da un’ottica di psicologia di comunità e psicologia evolutiva, del rapporto esistente tra partecipazione sociale e civica e benessere nei giovani (Pancer et al., 2007; Mazzoni e Cicognani, 2009). Un aspetto di interesse è il ruolo che in questa relazione può giocare la quantità di tempo libero a disposizione. Il tempo è una delle risorse cruciali per potersi dedicare all’impegno civico e sociale (Brady et al., 1995). Inoltre, la scarsità di tempo libero può essere fonte di stress e ostacolo per il benessere dei giovani. Obiettivi: L’obiettivo dello studio era esplorare i diversi profili di partecipazione e percezione di tempo libero in un campione di giovani universitari. Inoltre, intendevamo indagare la relazione tra questi profili e il benessere sociale, l’empowerment e il senso di comunità. Metodologia: È stato inviato il link ad un questionario on-line agli studenti universitari di un campus dell’Università di Bologna. Il questionario è stato compilato da 353 studenti (225 femmine, 128 maschi). Le scale utilizzate esploravano le seguenti aree: partecipazione civica, partecipazione politica online, comportamento di voto, percezione di tempo libero, benessere sociale, empowerment, senso di comunità. Risultati e conclusioni: L’analisi dei cluster, effettuata su partecipazione civica, partecipazione politica online, comportamento di voto e percezione di tempo libero, ha identificati 4 cluster, caratterizzati da un diverso profilo di partecipazione e di tempo libero percepito. I livelli di partecipazione erano relativamente bassi. Il cluster caratterizzato da livelli più alti sulle scale di partecipazione e da poco tempo libero ha ottenuto i punteggi più alti su benessere sociale, empowerment e senso di comunità. I cluster caratterizzati da livelli più bassi di partecipazione e diversi punteggi di tempo libero (alti vs. bassi) non si differenziavano sulle variabili psicosociali considerate. Bibliografia Brady, H.E., Verba, S., & Schlozman, K.L.. (1995). Beyond Ses: A Resource Model of Political Participation. The American Political Science Review, 89(2), 271–294. Mazzoni, D., Cicognani, E. (2009). Partecipazione sociale e benessere: Una rassegna della letteratura. Psicologia Scolastica, 8, 225-253. Pancer, S.M, Pratt, M.W., Hunsberger, B., Alisat, S. (2007). Community and political involvement in adolescence: What distinguishes the activists from the uninvolved? Journal of Community

Psychology, 35, 741-759.

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7. SESSIONE TEMATICA: VOLTI DELLA VIOLENZA

o Gioacchino Lavanco, Carolina Messina, Laura Clorinda Rinaldi,

Maria Pina Di Fazio Università degli Studi di Palermo, Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche e della Formazione; **Associazione Empowerment Sociale; ***Xeiron Associazione Formazione e Progettazione

“Autosabotaggio del futuro e violenza gruppale giovanile” INTRODUZIONE: La paura del fallimento è considerata alla base delle strategie di self-handicapping. Tale paura rende impermeabili e statici davanti al cambiamento, impedisce il raggiungimento di obiettivi prosociali, per questo l’autosabotaggio può essere considerato una forma di anticipazione della frustrazione che potrebbe nascere dal fallimento. Si tratta di caratteristiche che possano essere associate alla motivazione che spinge ad aggregare una banda giovanile violenta? Una sorta di contenimento della frustrazione e di distrazione dagli obiettivi da raggiungere versus obiettivi di potere sociale sull’altro e sul contesto? OBIETTIVI: La ricerca promossa dalla cattedra di Psicologia di comunità dell’Università di Palermo ha avuto lo scopo di testare un modello che correlasse il comportamento violento giovanile con le strategie di autosabotaggio. In particolare: si è costruito un modello esplicativo delle aggregazioni giovanili violente (bande) che spiegasse l’esercizio della forza come compensatorio dell’esperienza fallimentare precostituita; si sono indagati gli effetti dell’autosabotaggio nei gruppi di azione violenta; si è verificato se l’autosabotaggio possa essere considerato un fattore predittivo della violenza giovanile. METODOLOGIA: Sono stati intervistati 136 giovani appartenenti a gruppi e bande giovanili con utilizzo abituale della forza; con un questionario ad hoc si sono registrate le variabili principali del modello, oltre le informazioni sociali sui soggetti. RISULTATI E CONCLUSIONI: I primi risultati della ricerca, attraverso l’analisi delle regressioni, hanno permesso di confermare che la paura del fallimento e le strategie di autosabotaggio correlano con la rabbia e le attitudini alla violenza fisica. Inoltre, la percezione del controllo e la rappresentazione dell’approvazione sociale determinano l’utilizzo di strategie di autosabotaggio che isolino rispetto al gruppo sociale maggioritario, alla ricerca di una identità che nell’ingroup contenga la frustrazione e la paura di non essere accettati. L’approvazione del peer group è anche in grado di bilanciare il rifiuto del gruppo familiare e la mancanza della sua approvazione. BIBLIOGRAFIA: Maddux, J.E. (2005). Self-efficacy. The power of believing you can, Handbook of positive

psychology. New York: Oxford Press. Martine, A.J. et al. (2003). Self-handicapping, defensive pessimism and goal orientation. A qualitative study of university student. Journal of Educational Psychology, 95(3), 627-628.

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Ellickson, P.L., McGuigan, K.A. (2000). Early predictors of adolescent violence. American Journal

of Public Health. 90 (4), 566-573.

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o Elisa Guidi, Andrea Guazzini Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, Università degli Studi di Firenze Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia, Università degli Studi di Firenze

“Ignorare o intervenire? Il punto di vista dei giovani rispetto alla violenza nelle coppie” Introduzione: Quando siamo testimoni di un episodio di violenza possiamo scegliere di intervenire, ignorare la situazione o perfino peggiorarla. Capire come le persone interpretano gli episodi di violenza nelle coppie è di fondamentale importanza dato che le vittime tendono a chiedere aiuto prevalentemente ai membri della rete di supporto informale (McMahon et al., 2015). Obiettivi: Lo scopo dello studio è quello di esplorare come i giovani valutano due scenari di violenza di coppia che si differenziano per il livello di severità (bassa vs alta). Abbiamo scelto l’ambiente online in quanto quest’ultimo risulta essere uno strumento efficace nelle discussioni inerenti la tematica della violenza sulle donne (Kleinsasser, Jouriles, McDonald & Rosenfield, 2015). Metodologia: La ricerca ha coinvolto 49 studenti (71% F; M=22.79, DS=2.77). Sono stati effettuati 15 online focus group: 8 per il primo scenario e 7 per il secondo. Risultati e conclusioni: I partecipanti hanno indicato due principali conseguenze negative dopo un loro intervento: l’aumento della violenza e la perdita dell’amicizia con la vittima. Per evitare questi problemi gli studenti suggeriscono di attivare una rete di supporto (informale e formale). I giovani si sentono più a loro agio a agire in gruppo piuttosto che da soli. In entrambi i casi, i maschi sono più disposti a affrontare direttamente l’aggressore rispetto alle femmine. Infine, l’amicizia con l’aggressore comporta maggiori reazioni emotive nelle femmine che nei maschi. In conclusione, le strategie di prevenzione dovrebbero fornire ai membri della comunità competenze specifiche di gestione degli episodi di violenza, in quando le criticità riscontrate possono essere diverse a seconda del genere del testimone, del tipo di relazione con vittima/aggressore e della presenza o meno di altre persone. L’ambiente online si conferma per i giovani un setting ecologico che sembra lasciare spazio all’espressione anche di aspetti caratterizzati da una minore desiderabilità sociale. Bibliografia Kleinsasser, A., Jouriles, E. N., McDonald, R., & Rosenfield, D. (2015). An online bystander intervention program for the prevention of sexual violence. Psychology of violence, 5(3), 227 McMahon, S., Peterson, N. A., Winter, S. C., Palmer, J. E., Postmus, J. L., & Koenick, R. A. (2015). Predicting Bystander Behavior to Prevent Sexual Assault on College Campuses: The Role of Self‐Efficacy and Intent. American journal of community psychology, 56(1-2), 46-56

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o Stefano, Tartaglia; Chiara, Rollero. Università degli Studi di Torino; Università eCampus

“Dal sessismo alla giustificazione della violenza sessuale” Introduzione. La teoria del sessismo ambivalente (Glick & Fiske, 1996) postula che gli atteggiamenti sessisti comprendano una notevole ambivalenza da parte di ciascun sesso verso l'altro. Tanto nei confronti delle donne quanto degli uomini, esistono atteggiamenti dichiaratamente ostili e atteggiamenti apparentemente benevoli che comunque implicano una rappresentazione dei ruoli di genere tradizionale e sessista. Questi atteggiamenti influenzano la percezione di uomini e donne e l’attribuzione di responsabilità in situazioni che riguardano la relazione tra i generi, incluso il caso della violenza a sfondo sessuale. Come gli altri stereotipi, anche quelli di genere sono socialmente condivisi ma sono riportate in letteratura differenze tra maschi e femmine e, nel contesto italiano, in base all’appartenenza geografica e culturale (De Piccoli e Rollero, 2010). Obiettivi. La ricerca qui presentata mira a indagare l’influenza di (a) genere di appartenenza, (b) appartenenza geografica culturale, (c) Sessismo sull’attribuzione di responsabilità in casi di sospetta violenza sessuale. Metodologia. L’indagine è stata svolta tramite questionario su un campione di 264 studenti universitari (45.1% Maschi, 54.9% Femmine: età media 23.1 anni, D.S. = 3.83). Risultati e conclusioni. Tutte le variabili prese in esame sono risultate influenzare differentemente l’attribuzione di responsabilità in ipotetici casi di violenza sessuale. Tra i vari predittori particolarmente influente è risultato il sessismo dimostrando come la diffusione di atteggiamenti sessisti nella cultura possa avere degli effetti molto gravi in specifiche situazioni. Bibliografia. De Piccoli, N., & Rollero, C. (2010). Differenze e diseguaglianze di genere tra Nord e Sud d’Italia. Attualità di uno stereotipo. Psicologia di comunità, 6 (2), 65-74. Glick, P., & Fiske, S. T. (1996). The Ambivalent Sexism Inventory: Differentiating hostile and benevolent sexism. Journal of Personality and Social Psychology, 70, 491-512.

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o Maria Monica Ratti, Caterina Irma Laini, Stefano Ardenghi,

Valerio Salverani, Federica Bertin, Sara Sofisti, Maria Grazia

Strepparava

Università degli Studi Milano Bicocca Dipartimento di Medicina e Chirurgia – School of Medicine1, Network Fondazione Onlus Roberto Franceschi2, Centro di Prima Accoglienza San Fedele3

“Le molteplici forme della violenza nella società di oggi: action research presso il centro di prima accoglienza San

Fedele di Milano” Il disagio, la povertà e la violenza assumono diversi significati, e possono presentarsi mediante differenti sfaccettature, che passano dal versante più concreto a quello più simbolico. Tali condizioni riguardano sia la sfera identitaria che quella più strettamente emotiva della persona. In particolare, la violenza si può manifestare non solo fisicamente, ma anche attraverso le dinamiche alimentate dalla mancanza di risorse economiche, emotive, personali e sociali, necessarie per contrastarla. Lo studio si svolge presso il Centro di Prima Accoglienza San Fedele di Milano e, in linea con il modello di action-research di Lewin, l’idea è quella di unire la ricerca all’intervento. Il Centro offre infatti servizi a persone con diverse situazioni di disagio e marginalità sociale. L’indagine è volta a far luce sulle differenti forme di disagio sociale, povertà e violenza che possono sfociare in emarginazione ed emergenza sociale. Saranno valutate, attraverso una scheda anagrafica, GHQ-12 e CORE-OM, le ricadute sul piano del benessere psicofisico e su alcuni aspetti relazionali. La somministrazione si è svolta durante un colloquio sotto la conduzione di uno psicologo. Vengono qui riportati i risultati preliminari(n=38). I dati preliminari mostrano che il 74% delle donne indagate (età m40,74±11,61) riferisce di aver subito una forma di violenza, in particolare il 20% fisica, il 28% psicologica e il 52% legata a dinamiche che influiscono sull’impossibilità di un’indipendenza economica. Si rileva la presenza di disagio psicofisico(17,50±6,19) e di compromissioni clinicamente significative, seppur lievi, a livello del benessere soggettivo(18,22±9,88), del funzionamento generale e sociale(17,49±7,07) e della presenza di sintomatologia psicopatologica(16,31±10,27). Nello specifico chi ritiene di aver subito violenza psicologica possiede più alti livelli di queste variabili (t=-2,63;p<0.5;t=-4,75;p<0,5;t=-2,98;p<0,5). La condivisione di tali risultati preliminari si inscrive nella possibilità di identificare segnali degni di attenzione e di intervento. Infatti, lavorare sul campo permette non solo di identificare l’emergere del disagio e delle problematiche contingenti, ma fornisce anche elementi in un’ottica preventiva. Palmieri et al., Validation of the Italian version of the Clinical Outcomes in Routine Evaluation Outcome Measure (CORE-OM), Clinical Psychology & Psychotherapy,16(5):444-449,2009 Goldberg, Manual of the General Health Questionnaire, NFER Publishing, 1978

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POSTER

o Agnese, Acconci Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia, Università degli studi di Firenze

“Un’indagine qualitativa sulle rappresentazioni sociali della malattia mentale nei giovani studenti universitari” Introduzione: La malattia mentale, intesa come oggetto sociale, ha sempre occupato un largo spazio nell'immaginario collettivo diventando spesso contenitore delle paure delle società. La teoria delle rappresentazioni sociali (Moscovici, 1984) è stata scelta per indagare la rappresentazione della malattia mentale poiché permette di cogliere l'unicità e la complessità della conoscenza condivisa dai gruppi su un aspetto della vita o della società. Obiettivi: Esplorare la rappresentazione di malattia mentale nei giovani studenti universitari, ponendo un accento sul cambiamento di tale rappresentazione in base al percorso universitario intrapreso. Poiché la maggior parte delle informazioni che la popolazione possiede derivano dai mass media, sono state esplorate anche le principali fonti di conoscenza dei partecipanti. Metodologia: Sono stati condotti sei Focus Group con un totale di 37 partecipanti appartenenti alle Scuole di Psicologia, Medicina, Architettura, Scienze (Biologia), Scienze Politiche e Accademia delle Belle Arti. Le sessioni sono state analizzate tramite l'ausilio del software Qualitative Content Analysis (QCAmap). Risultati e Conclusioni: Dall'analisi emerge una differenziazione fra rappresentazioni sociali: in particolare negli studenti che hanno intrapreso un percorso bio-medico (Biologia, Medicina) permane la relazione fra malato, aggressività e pericolosità sociale. In generale restano distinte due rappresentazioni: quella di malattia mentale come stato e quella di malato di mente. Le malattie mentali gravi, distinte dal disagio, secondo i partecipanti sono causate da un danno organico o innato, e la cura avviene attraverso il farmaco. Per queste patologie non è prospettata possibilità di guarigione. Fra le fonti principali di conoscenza assumono un ruolo centrale i film e le serie televisive. Emergono delle caratteristiche comuni all’interno delle rappresentazioni di malattia nei vari gruppi: il comportamento anomalo del malato resta il miglior indicatore di patologia mentale. Secondo i partecipanti la realtà del malato è diversa dalla nostra, questo porta a una forte incomprensione fra malato di mente e società. Emerge inoltre che la malattia mentale è mediata culturalmente: è quindi la società che con le sue imposizioni traccia il limite fra normalità e patologia. Bibliografia Moscovici, S. (1984). The Phenomenon of Social Representatios. In R. Farr, S. Moscovici (Eds.), Social Representations. Cambridge–New York: Cambridge University Press.

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o Donato Cattani, Paolo Scapellato Centro di Selezione e Reclutamento Nazionale dell’Esercito (1)

Università Europea di Roma (2)

“Il bps- basic psychological support®: un protocollo per tutti. Soccorso psicologico di base per l’attacco di panico,

autoefficacia e maturità emotiva” L’attacco di panico è un fenomeno molto frequente nella popolazione generale e la probabilità di assistervi rappresenta un’eventualità sempre maggiore. Assistere e prestare soccorso, nella fase acuta, ad una persona con attacco di panico è un’esperienza molto forte ed intensa. Ci si sente spaventati, talvolta totalmente disarmati ed impotenti e, se non adeguatamente addestrati, l’aiuto prestato potrebbe risultare inefficace o, perfino, controproducente. Nasce così il BPS (Basic Psychological Support®), un protocollo di intervento per soccorritori occasionali, costituito da semplici manovre finalizzate alla gestione precoce dell’attacco di panico, nell’attesa degli interventi di soccorso specialistici. In letteratura, esiste un sostanziale accordo su quanto differenti livelli di autoefficacia influenzino sia il comportamento degli individui che le proprie reazioni emotive dinanzi a situazioni sconosciute e potenzialmente pericolose. Secondo la teoria dell’autoefficacia, infatti, ciò che rende davvero spaventosa una situazione è la convinzione soggettiva di non poterla fronteggiare in maniera competente e sicura. Muovendo da tali premesse, il presente studio ha indagato la relazione esistente tra apprendimento del protocollo e i livelli di autoefficacia nella gestione dei problemi complessi, con particolare attenzione alla Maturità Emotiva (come obiettivo specifico). Nello studio è stato coinvolto un campione composto da 106 soggetti, al quale è stato illustrato ed insegnato il protocollo BPS. Per valutare come e in che misura il costrutto generale dell’autoefficacia e la Maturità Emotiva fossero variati a seguito dell’apprendimento del protocollo, è stata somministrata ad ogni partecipante, sia prima che dopo, la Scala di autoefficacia percepita nella gestione di problemi complessi (M. L. Farnese et al., 2007). I risultati dello studio hanno evidenziato che, a seguito del training di addestramento al protocollo, l’autoefficacia percepita nella gestione dei problemi complessi aumenta significativamente. Nello specifico, la Maturità Emotiva (cioè le convinzioni che le persone hanno circa le proprie capacità di gestire situazioni stressanti, di affrontare imprevisti, di avere un buon autocontrollo su eventi e situazioni difficili) è aumentata dal pre-intervento al post-intervento ad un livello statisticamente significativo. F(1,105)=136,8, Sig. < 0,001. Tale aumento raggiunge anche un’ottima significatività clinica, oltre che statistica: η2 =0,566. Bibliografia Abelson JL, Nesse RM, Weg JG, Curtis GC. Respiratory psychophysiology and anxiety: cognitive intervention in the doxapram model of panic. Psychosomatic Medicine 1996. Abelson JL, Weg JG, Nesse RM, Curtis GC. Persistent respiratory irregularity in patients with panic disorder. Biological Psychiatry 2001. American Psychiatric Association , Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione: DSM-V., Masson, 2013.

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o A.M.Ferilli,M. Musio,M.Santinello,S. Bortolami,V. Santoro Università degli Studi di Padova; S.C. Attività Delegate Direzione Servizi Sociali - Ulss 16 Padova; Tirocinante presso Ulss 16.

“Photovoice: le reti relazionali e le attività ricreative viste da un gruppo di soggetti psichiatrici” Introduzione: la possibilità di esprimere le proprie opinioni su fatti riguardanti la propria vita non dovrebbe essere negata a nessuno. Vi sono delle persone però che a causa di alcune problematiche e della scarsa capacità di esprimersi, sono spesso escluse dai processi decisionali. È per tal motivo che utilizzando la tecnica del Photovoice, si è deciso di dar loro voce. Obiettivo: conoscere le opinioni di un gruppo di soggetti psichiatrici sull’importanza e il ruolo che assumono le reti relazionali e verificare se le attività ricreative svolte presso il Centro Sociale-Ulss16- Padova generano benessere psico-fisico nell’utente problematico e se sono gradite. Metodologia: attraverso il Photovoice sono indagate 2 dimensioni in 6 soggetti psichiatrici,secondo il modello di Drake. Dimensione fisica:indagine sul gradimento delle attività ricreative svolte. Dimensione sociale: indagine sul tema dell’Amicizia e delle relazioni di gruppo. L’analisi è stata effettuata con Atlas.ti. Risultati e Conclusioni: per la dimensione sociale (tema amicizia) sono emerse 5 categorie: solidarietà, condivisione, affetto, stima e fiducia. Emerge l'esigenza di una rete di sostegno familiare e amicale per favorire il recupero, ridurre l'isolamento, la depressione e le ricadute. Dal loro punto di vista risulta importante usare le proprie esperienze per recare del bene agli altri. Le reti relazionali instaurate nel Centro risultano essere un sostegno per superare le problematiche individuali. Per la dimensione fisica (tema attività) sono emerse 7 categorie: teatro, cucina, scambio di idee, attività manuali, orto, uscite sul territorio e gioco carte. Le attività vengono sentite come aiuto per scacciare i problemi, impegnare la mente e esternare le proprie emozioni. Sono apprezzate le attività favorenti la socializzazione, il dialogo e le relazioni. Le dimensioni fisica e sociale contribuiscono a generare benessere e a facilitare il recupero. Dopo tale esperienza si sono apportati cambiamenti in base ai suggerimenti dati dal gruppo. Bibliografia: Wang C., Burris M.A. (1997). Photovoice: Concept, Methodology, and Use for Participatory Needs Assessment. Health Educ Behav., 24(3), 369-87. Cabassa L.J.,Nicasio A.,Whitley R.(2013). Picturing Recovery:A Photovoice Exploration of Recovery Dimensions Among People With Serious Mental Illness.Psychiatric Service,64(9),837-842. Townend Steve(2003).Muhr, T. 1997.ATLAS.ti 5:The Knowledge Workbench.Papers from the Istitute of Archaeology,14,161-169.

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o Jose Ricardo Alvarado Sanchez, Irene Barbieri Escuela de Medicina y Ciencias de la Salud, Universidad del Rosario, Bogotá, Colombia

“Municipios saludables: il progetto città sane nel comune di

Nocaima, Colombia. Un esempio di collaborazione tra comunità e Università” Introduzione: Municipios Saludables é una strategia ispirata al movimento europeo “Cittá Sane” promosso dall’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) a partire dagli anni ’80 come politica pubblica di promozione della salute in cui la comunitá locale partecipa attivamente per migliorare benessere e qualitá della vita (Rodriguez-Ibagué, 2007). In Colombia, Municipios Saludables inizia a far parte della politica pubblica nel 1992: diversi comuni (per lo piú rurali) hanno adottato questa strategia come risposta alla violenza e al conflitto armato (Blanca & Chavez, 2009). Attraverso la partecipazione delle comunitá locali, Municipios Saludables rappresenta un processo fondamentale per i piccoli centri rurali non solo per il miglioramento della qualitá della vita, ma anche per far fronte ad aspetti direttamente relazionati alla guerra (per esempio, povertá, violenza, migrazione). Il comune di Nocaima, un piccolo centro urbano a 80 Km da Bogotá, ha adottato da piú di dieci anni Municipios

Saludables e la Universitá del Rosario accompagna la comunitá dal 2001 con obiettivi tanto di intervento cuanto accademici e investigativi (Alvarado-Sanchez, 2013). Obiettivo Generale: Sviluppare la strategia Municipios Saludables nel comune di Nocaima per promuovere processi di sviluppo democrático (e produttivo) e maggiori livelli di benessere, creando un modello replicabile per un Paese che cerca di uscire dal conflitto armato. Metodologia: E´stata applicata la Attenzione Primaria Orientata alla Comunitá (APOC), una strategia per lo sviluppo di comunitá a partire da una serie di azioni che si svolgono ciclicamente. Risultati e Conclusioni Da marzo 2001, la comunitá ha stabilito come prioritá i seguenti temi/progetti: Generazione di nuovi posti di lavoro Scuola Sana e Utile Sviluppo Umano Integrato Appoggio al Piano di Interventi Collettivi. Il presente lavoro illustrerá alcuni risultati preliminari relativi a questi quattro progetti e il procedimento che ha visto la collaborazione tra comunitá locale e Universitá. Bibliografia Alvarado-Sánchez, J.R. (2013). Municipio Saludable como polo de desarrollo local. Perspectiva para su construcción en Colombia. Bogotá: Editorial Universidad del Rosario. Blanca, M., & Chávez, G. (2009). Limitantes de la estrategia de Municipios Saludables como política pública en Antioquia. Revista Facultad Nacional Salud Pública 2009; 27(3): 264-270. Rodríguez-Ibagué, L.F. (2007). La viabilidad de la estrategia de municipios saludables. Bogotá: Editorial Universidad del Rosario.

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o Pietro Berti, Serena Cartocci, Luana Grilli, Donatella Ceccarelli *Coop. Soc. Il Mandorlo, **INAIL sezione provinciale di Forlì-Cesena

“Percorsi di reinserimento sociale per disabilità acquisite”

Negli ultimi anni l'attenzione alla riabilitazione sociale e lavorativa delle persone con disabilità è aumentata notevolmente. La Cooperativa sociale Il Mandorlo e la sezione di Cesena dell'INAIL hanno recentemente attivato dei percorsi al fine di migliorare il reinserimento sociale di persone con disabilità acquisita. Si tratta di persone con gravi esiti a livello motorio e di alcune funzioni cognitive in seguito a grave infortunio sul lavoro. Il percorso ha visto il coinvolgimento dell'intera famiglia e l'applicazione della metodologia del Coach Familiare. Le famiglie e la persona sono state aiutate a ricreare alcune occasioni e possibilità di reinserimento a livello sociale, ricreare una rete sociale che spesso si deteriora o viene meno dopo un grave incidente. L'intervento si è focalizzato anche sulla creazione di un adattamento alla nuova situazione da parte degli attori coinvolti. Eventi di questo tipo comportano anche un cambiamento nel modo di vedere, di relazionarsi alla persona e nelle richeste che le vengono fatte; elemento non sempre di facile attuazione. Il fine ultimo è di far mantenere alla persona un buon grado di autonomie e ridurre l'isolamento sociale spesso connesso alla disabilità acquisita. Ulteriori approfondimenti saranno forniti in sede di convegno.

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o Simone Cerrina Feroni

“Community e interfaccia vite-lavori” Il tema della call è in linea con una ricerca in corso, partita proprio dall'interfaccia C di Spaltro, organizzazioni-territorio/comunità. Ho provato a interpretarla come interorganizzazioni, e poi più semplicemente come community, applicando a questa (già complessa) pista di riflessione le biopolitiche del lavoro ipercompetitive. Cioè l'induzione, in modo sia smart che mcdonaldizzato, dei prosumer all'attivazione, in cui comunicare, essere, creare, emozionarsi assumono un baumaniano retrogusto amaro di vita «a caccia di qualità», non tutta «buona» perchè il soggetto è gettato avanti (pro-jectum), ma sotto (sub-jectum). Le relazioni lavoro-correlate, incrociate col benessere di community aprono feconde zone d'ombra perchè il virus biopolitico si adegua rapidamente al contesto e contagia la salute, la qualità della vita, il welfare, e anche i common e l’economia relazionale. Queste incursioni nella sociologia, nell'economia e nelle politiche sociali e del lavoro sono state apprezzate, perchè mi pare evidente come non si possano comprendere i mutamenti contemporanei senza avere una buona teoria del soggetto psicosociale. In Lewin prima e in Spaltro poi l'interfaccia, la membrana che apre e chiude, la frontiera è metafora di un soggetto duale collettivo. Nella gruppoanalisi si va oltre e si ipotizza un soggetto gruppale. Ma più che gruppi e organizzazioni mi sono concentrato sulle community, sulle neotribu, sociazioni leggere ma ambigue, anche virtuali (comunità di pratiche, circoli di studio, associazioni, processi partecipativi). Terre di mezzo temporanee, mai vere comunità, ma proprio per questo feconde? In cui associare vite-lavori (lavori è inteso alla Gorz, come attività oltre il lavoro) in welfare di community competenti e accomunare la ricostruzione con-fluente del Long-life learning in well-living&working (and learning) lifes. Squarci di futuro nell'organizzarsi ad abitare collettivamente l'interfaccia vite-lavori, bene comune relazionale di co-vite operose, ma più livellate, che condividono le vulnerabilità e accettano gli hostis.

Socializzare il Longlife learning rendendolo «bios-compatibile» è sostenibile (socialmente) leggerezza dello sviluppo, reincanto dopo il disincanto da benesserismo, post postmoderno del «ben-vivere» di chi co-colora collettivamente gli stili di vita col ben-lavorare e il ben-sentire. In questo lavoro esporrò i risultati ottenuti con la ricerca, tornerò ai “fondamentali” e chiederò aiuto nel mettere meglio a fuoco il quadrante fra interfaccia vita-lavori (interpreta come changing-change) e interfaccia soggetto-oggetto, focalizzata sul livello di funzionamento sociale di community. Da un punto di vista metodologico rileggo la sociologia e la psicosociologia del lavoro sotto l'ombra biopolitica, ma cercando di ribaltarne gramscianamente il segno, da malestante a benestante. Note bio-bibliografiche Simone Cerrina Feroni. Esperto di benessere organizzativo, dal 2006 ricerca con modelli psico organizzativi ispirati a quelli di Spaltro l'Interfaccia B (piccolo gruppo-organizzazione), interpretata come benessere organizzativo, e l'interfaccia C (organizzazione – interorganizzazione), cioè benessere di community. Ha lavorato 14 anni in Elea-Olivetti e diretto una Agenzia Formativa di CNA e Confartigianato, curando progetti, anche internazionali, di formazione, orientamento e consulenza per individui, gruppi, organizzazioni e territori. Esperto di creazione d'impresa e esperto certificato in valutazione degli apprendimenti e delle competenze. Coautore di “L'impresa artigiana”, Maggioli, 2000. Pubblicazioni recenti correlate:

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Cerrina Feroni S.: “L'interfaccia C come “zona di passaggio” al benessere territoriale”, in Atti, I Convegno nazionale Associazione Italiana per gli studi sulla Qualità della Vita “Qualità della vita: territorio e popolazioni”, Centro Studi CISL Firenze, 2013

Cerrina Feroni S.: ”Benesserismo forzato: dal “diritto a perseguire la felicità” alla “spinta gentile” verso l'ultrabenessere”, in Atti V Convegno nazionale Società Italiana di Sociologia della Salute (SISS) “Le sfide della Sanità Italiana tra crisi strutturali e social innovation “- Sessione 3: “Benessere e disagio sociale: l'attività redistributiva dei servizi di welfare, Università di Roma/Senato della Repubblica, 2014 Cerrina Feroni S.: ”Processi partecipativi inclusivi per integrare servizi socio-sanitari e servizi per le Politiche Attive dei lavori e del LongLife learning”, in atti VI Convegno nazionale Società Italiana di Sociologia della Salute (SISS) “La costruzione della salute nel welfare socio-sanitario. Nuovi scenari e pratiche sociologiche- Sessione : “Cittadini protagonisti di buone pratiche sociali per la salute”, Università di Pisa, 2015 Cerrina Feroni S., Taccone L.: “Vite in comune come valore pubblico: i processi partecipativi applicati al learning e all'orientamento lungo tutto l'arco della vita. I cittadini protagonisti di buone pratiche di welfare di community”, in ESPANET 2015, Welfare in Italia e Welfare globale: esperienze e modelli di sviluppo a confronto, Sessione: Tra questione urbana e questione sociale: città, politiche e governance locale dentro e oltre la crisi, Università di Salerno, 2015 Cerrina Feroni S.: “Non puoi non migliorare: il ciclo della qualità delle vite-lavori, in Convegno nazionale AIQUAV 2015, “Qualità della vita e stili di vita”, Sessione salute, Centro Studi CISL Firenze, 2015 Cerrina Feroni S.: “Vite-lavori associate come nuovo koinos e welfare di community competenti” in V Giornata di studio in Geografia Economico-politica “Oltre la globalizzazione -Commons/Comune” Sessione “Beni comuni, economie (alternative) e capitalismi”, Facoltà di Economia e Dipartimento MEMOTEF, Università degli Studi La Sapienza, Roma, 2015 In preparazione: Cerrina Feroni S.: Biopolitiche prosumeristiche e sostenibilità del benessere di community per il Laboratorio Metropolitano Comune di Milano per la conoscenza pubblica su innovazione e inclusione - Aprile 2016 Cerrina Feroni S: Oltre il commoning, il dono? Officine di Longlife Learning a «trazione buona cum-vivenza” - Convegno Vulnerability anf Gift, in economics and business, an interdisciplinary conference Heirs, UI Sophia, Spes Europe, Grace Loppiano, Aprile 2016 BIBLIOGRAFIA AAV.V .(2008): Community engagement to improve health, National Institute for Health and Care (UK) A.A.V.V (2012): “Laboratori di Spazio Comune. Costruire partecipazione al tempo della vulnerabilità”, Supplemento monografico di Animazione Sociale, suppl 12 al n. 259 Andersen S.H.(2008): “The short and long term effects of government training on subjective well-being”, in European sociological Review, n. 24, 4 Antonowsy A. (1987): Unrevealing the mastery of health: how people manage stress and stay well, S. Francisco, Jossey-Bass. Argyris C., Schon D. (1998): Apprendimento organizzativo, Milano, Guerini. Avallone F., Paplomatas A.(2005): Salute organizzativa. Psicologia del benessere nei contesti organizzativi, Milano, Cortina.

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Sen A K. (1986): Scelta, benessere e equità, Bologna, Il Mulino. Sloan T. (1996): Damaged Life: The Crisis of the Modern Psyche, London, Routledge Spaltro E.(1984): Sentimento del potere : analisi dei rapporti umani, Torino, Boringhieri. Stanghellini G., Monti M.R. (2006): Psicopatologia del senso comune, Milano, Cortina. Toffler A. (1980): The third wave, New York, William Morrow &C (a cura di) Toscano M. A.(2010) , Zoon politikon vol 2 Politiche sociali e partecipazione, Firenze, Ed Le Lettere, John D Calandra Institute Queens College, CU New York Touraine A. (1992): Critica della modernità Milano, EST Varchetta G. (1993): La solidarietà organizzativa, Milano, Guerini Villa M. (2007) Dalla protezione all'attivazione. Le politiche contro l'esclusione fra frammentazione istituzionale e nuovi bisogni, Milano, Angeli Virno P. (2001): Grammatica della moltitudine: per una analisi delle forme di vita contemporanee, Soveria Mannelli, Rubbettino Warr P. (2011): Il gusto di lavorare. Soddisfazione, felicità e lavoro, Bologna, Il Mulino Wenger E.(1998): Communities of practices. Learning, meaning and identities, Cambridge University Press. Zapelli G.M. (2005): Esercizi di coraggio, Per una educazione sentimentale alla vita organizzativa, Milano, ETAS

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o Chiara Cifatte, Jorge Mosquera, Linda Pierozzi, Raffaella

Ramirez * Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, Dipartimento di Psicologia ** Università degli Studi di Genova, Dipartimento di Architettura *** Funzionario del Comune di Genova

“Le frontiere della mafia e dell’anti-mafia: riutilizzo sociale dei beni confiscati” Nel nord Italia aumenta la consapevolezza della pervasiva presenza delle mafie (Dalla Chiesa, 2016), abili ad inserirsi in circuiti economici e politici in maniera lesiva per i processi democratici. In un panorama complesso e non privo di contraddizioni, si intensifica l’azione anti-mafia da parte di associazioni ed amministrazioni pubbliche descrivendo una progressiva coscientizzazione ed azione di contrasto al fenomeno criminale (Natale et al., 2013). In particolare, i beni confiscati assumono valore in termini di “missione di lotta alla criminalità”, rappresentando il dato notorio e visibile del principio di legalità nei luoghi in cui la mafia aveva affermato il suo dominio. Il Cantiere per la Legalità Responsabile è una rete di attivisti che a Genova è impegnata a fare massa critica e sollecitare le istituzioni in un’ottica di collaborazione e attraverso processi partecipativi, per acquisire e destinare al riutilizzo sociale i beni confiscati, come previsto dalla l. 109/96 confluita nel D.lgs 159/2011 c.d. Codice Antimafia. Sono state realizzate due attività che hanno coinvolto abitanti e frequentatori del Centro Storico, la zona maggiormente interessata dalle confische. Nella prima occasione è stata impiegata una tecnica creativa per favorire una possibile progettazione open source (Ratti, 2014): 31 partecipanti adulti hanno risposto a domande sulla percezione del quartiere e proposto idee su come potrebbero essere reimpiegati i beni. Durante un altro evento è stato chiesto a 20 bambini di disegnare le loro idee di riutilizzo. I dati raccolti sono stati presentati ad amministratori locali e cittadini con lo scopo di far crescere una sensibilità sul tema. Queste iniziative di coinvolgimento partecipato hanno contribuito al porre le basi per una successiva ricerca, volta ad indagare i fattori che motivano all’impegno civile contro la presenza criminale e ad approfondire la partecipazione e lo sviluppo di capitale sociale in contesti in cui è forte la percezione e la denuncia della presenza delle mafie. Dalla Chiesa, N. (2016). Passaggio a Nord. La colonizzazione mafiosa. Edizioni Gruppo Abele, Torino. Natale, A., Arcidiacono, C., & Di Martino, S. (2013). From “Gomorrah domain” to “Don Peppe Diana lands”. A Southern Italian experience of work-based liberation, community networking, and well-being. Universitas Psychologica, 12(4), 1037-1047. Doi: 10.11144/Javeriana. UPSY12-4.fgtd Ratti, C. (2014). Architettura Open Source. Einaudi, Torino.

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Giulia Bruna Delli Zotti, Eleonora Sangiovanni, Benedetta Vai,

Roberta Resega, Giorgio Slaverio, Aurelio Limido, Silvio Bertoli,

Lucio Sarno, Donatella Spotti 1 Servizio di Psicologia Clinica e della Salute, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano 2 Università Vita-Salute San Raffaele, Milano 3 Dipartimento di Neuroscienze Cliniche, IRCCS Ospedale San Raffaele e Università Vita-Salute San Raffaele, Milano 4 S.S. Psicologia, A.O. Fatebenefratelli e Oftalmico, Milano 5 U.O. Nefrologia e Dialisi, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano 6 U.O. Nefrologia e Dialisi, A.O. Fatebenefratelli e Oftalmico, Milano 7 U.O. Nefrologia e Dialisi, IRCCS Multimedica, Milano 8 Dipartimento di Studi Umanistici, Libera Università Maria Ss. Assunta, Roma

o

“Lo psicologo in Nefrologia: prevenzione del disagio dell’operatore e miglioramento della qualità delle cure del

malato” Introduzione: La Psicologia della Salute ha tra i suoi ambiti di intervento la realizzazione di attività di prevenzione che coinvolgono a vario titolo paziente e operatore. Tale disciplina si sposa con la Psicologia di Comunità laddove gli aspetti istituzionali rivestono un ruolo fondamentale, per lavorare in un’ottica integrata sul benessere dell’operatore quanto del paziente. In seguito ad uno studio sul Burn-Out rilevato negli operatori del Reparto di Nefrologia e Dialisi1 si è iniziato un progetto di ricerca multicentrico sul paziente emodializzato che consentisse una maggiore generalizzabilità dei dati e la comprensione dell’influenza del benessere psicologico del malato sulle quote di stress dell’operatore. Obiettivi: Valutazione del benessere psicologico di pazienti emodializzati. Metodologia: Somministrazione di batteria testale per valutare i seguenti costrutti: la qualità di vita (KDQOL-SF), l’ansia (STAI 1-2), le quote di depressione (BDI), il distress psicologico (PDI). La rilevazione è avvenuta in tre centri dialisi: IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, IRCCS Multimedica di Sesto San Giovanni, A.O. Fatebenefratelli di Milano. Risultati e conclusioni: Il campione (n=105) presenta livelli di ansia di stato (m=38,85, d.s.=12,40) e di tratto (m=39,38, d.s.=12,85) medio-bassi, livelli di depressione bassi (media=7,55, d.s.=6.66), livello di distress lieve (m= 27,48, d.s.=7,86) e una qualità di vita legata alla salute nella media (“Salute Generale” m=42,71, d.s.=18,48). Tali dati evidenziano le caratteristiche psicologiche del paziente emodializzato e permettono di identificarne le necessità, per proporre un intervento psicologico il più specifico possibile, tenendo in considerazione che esso possa portare ad una riduzione delle quote di ansia e depressione e quindi migliorare la qualità di vita del malato. L’aumento del benessere psicologico del paziente può riflettersi sulla qualità della sua relazione con l’operatore, riducendone di conseguenza le quote di stress derivanti dalla pratica medica a contatto

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con tale paziente1. In un’ottica di comunità, la valutazione psicologica del paziente quanto quella dell’operatore, integrate all’intervento dello psicologo con tali utenti, può apportare miglioramenti significativi alla relazione operatore-paziente e migliorare la qualità delle cure offerte al malato. Bibliografia Ratti M.M. et al. (2015),Il burnout negli operatori sanitari: uno studio condotto nell'U.O. di Nefrologia dell’Ospedale San Raffaele.GIN;32(4)

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o Giuliana Rocca, Giorgio Barbaglio, Paolo Brambilla,

Alessandra Maffioletti, Lucia Fontana ATS Bergamo

“Una comunità in movimento: la promozione della salute e l’empowerment nell’esperienza dei gruppi di cammino

dell’ATS di Bergamo” Introduzione: La Comunità che si prende cura di sé rappresenta il risultato di un percorso difficile, non immediato che prevede il raggiungimento di tanti traguardi, a volte con grande investimento di tempo e di energie. Così sono nati i gruppi di cammino, un progetto che promuove la partecipazione e la cultura locale della salute e dello sviluppo di una comunità, attraverso l’attivazione della comunità stessa. Obiettivi: aumento dell’attività fisica dell’anziano e dell’adulto, con favorevoli e dimostrate ripercussioni su numerose patologie croniche promozione del senso di appartenenza ad una comunità e del senso di responsabilità rispetto ai risultati di benessere (ciascuno è attore e promotore di cambiamento…) promozione del supporto sociale, che incrementa le informazioni e le conoscenze dei partecipanti, motiva le persone ad essere protagoniste attive in un processo significativo per impegno e tempo dedicati sviluppo della rete locale, che può incrementare la capacità dei cittadini di accedere alle risorse della comunità. Metodologia: attraverso il coinvolgimento attivo della comunità, costruire una rete di soggetti con ruoli attivi nel progetto: le Amministrazioni Comunali, che garantiscono l’organizzazione locale e la continuità nel tempo attraverso la rete delle organizzazioni di volontariato e partecipano alla progettazione e alla verifica dei risultati. Le Associazioni di volontariato, che forniscono soggetti che animano i gruppi dopo breve formazione da parte dell’ATS e che svolgono un ruolo attivo nella sensibilizzazione dei cittadini. I cittadini, sensibilizzati e poi coinvolti attivamente nel cammino in gruppo e in incontri periodici su temi di salute connessi soprattutto con l’attività fisica. Il conduttore del gruppo o walking leader ha il ruolo importante di sostenere l’entusiasmo per assicurare longevità al gruppo, e di creare un’atmosfera positiva di reciproca fiducia dentro il gruppo. La collaborazione tra organizzazioni per sostenere il gruppo e la partecipazione ad altre attività nella comunità, come eventi culturali, o attività ricreative e di sostegno sociale, rafforzano i legami e le relazioni dentro al gruppo. Risultati e conclusioni: sono attivi 148 Comuni su 244 della provincia di Bergamo, con oltre 300 gruppi di cammino e 5000 camminatori. Elementi di forza: creazione di relazioni e di rapporti di fiducia tra i soggetti e tra questi e le istituzioni, progettazione partecipata degli interventi. Criticità: sostenibilità, troppo entusiasmo genera grandi aspettative, e le aspettative disattese sono boomerang…

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Bibliografia: The Toronto Charter for Pysical Activity: a Global Call to Action 2010 "Global Recommendations on Physical Activity for Health" WHO 2010 NCD Prevention: Investments that Work for Physical Activity. February 2011

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o Emanuela Firetto CEIPES – Centro Internazionale per la Promozione dell’Educazione e dello Sviluppo [ENGO]

“Arte migrante: una nuova frontiera generativa per l’inclusione sociale” Arte Migrante, un’iniziativa che nasce da un gruppo informale la cui mission è muovere intercultura e inclusione sociale attraverso la condivisione di attività artistico-culturali. Il primo gruppo si costituisce a Bologna nel 2012. Oggi, in Italia, si contano 7 realtà attivate da giovani. In riferimento agli studi di Zani, Cicognani e Albanesi (2011) sulla partecipazione civica, Arte migrante è espressione ‘latente collettiva’ che, con scopo sociale, muove dinamiche di attenzione-azione sui temi dell’intercultura. La Psicologia di comunità aiuta a comprendere la natura di Arte migrante, quale comunità temporanea che condivide valori, norme e risorse. La partecipazione spontanea di attori diversi riflette una “communityship […] in cui riconoscere i soggetti nella loro alterità come

interlocutori in un rapporto di reciproco scambio e visibilità delle differenze” (Lavanco & Novara, 2006, p. 60). Obiettivi: l’iniziativa ha lo scopo di creare spazi d’incontro e condivisione, offrire strumenti di espressione e condivisione della propria etnicità, coinvolgendo le persone – in particolare chi vive condizioni di svantaggio sociale – quindi facilitando la costruzione di “ponti sociali”. Metodologia: condivisione dell’Arte, come qualsiasi forma espressiva personale e sociale (es. canti, danze, racconti); networking e contact-making. Gli incontri che hanno cadenza regolare, sono realizzati in luoghi noti e accessibili della città. Ogni evento è suddiviso in quattro momenti: presentazione dei partecipanti; cena sociale; ‘performance’ artisticoculturali, riflessione conclusiva.

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o Giovanni Battista Modonutti, Luca Leon, Fulvio Costantinides Gruppo di Ricerca sull’Educazione alla Salute (GRES) – Trieste

“F.a.m.i.g.li.a: Finalizzare al meglio le iniziative giovani liberi dall’alcol” Introduzione Il vissuto ed il modo di porsi dei genitori nei confronti degli alcolici e dei problemi alcol correlati (PPAC) sono in grado di condizionare i comportamenti e le abitudini dei più giovani conviventi nei confronti del bere alcolico. Obiettivi e metodi Per approfondire questo argomento è stato chiesto nel 2014 a 242 iscritti (M: 49.2%;F:50.8%) alla Scuola Secondaria di 1° grado della provincia di Trieste – età 1-15aa; in media 12.1aa– di rispondere alle domande di una scheda questionario sull’iniziazione ed il rapporto con gli alcolici e il comportamento alcolico dei famigliari conviventi. Risultati e conclusioni Si beve (FBE) nel 68.6% delle famiglie degli SS1 (M:66.4%;F:70.7%) il 57,0% dei quali vive con il “padre” bevitore (M:57.1%;F:56.9%), il 36.8%, meno numerosi (Pb vs Mb=>M:p<0.0005; F:p<0.0005; MF:p<0.0005), vivono con la madre bevitrice (M:36.1%;F:37.4%) e il 17,8% con il fratello e/o la sorella che beve (M:18.5%;F:17.1%). Gli sperimentatori presenti nelle FBE (M:44.3%;F:40.2%;MF:42.2%) prevalgono (F:p<0.005; MF:p<0.005) su quelli delle famiglie in cui non si beve (FBN) (M:30,0%;F:11,1%;MF:21,1%) e nell’ambito delle FBN i maschi sulle femmine (p<0.05). L’iniziazione alcolica degli SS1 delle FBE (8.5aa) ha anticipato, in media, quella dei coetanei delle FBN (9.7aa) ed i maschi (FBE:8.2aa;FBN:9.5aa) appaiono più precoci delle femmine (FBE: 9.6aa;FBN:11.0aa). Bevono (Bv) il 21.1% degli SS1 nelle FBE ed il 17.3% di quelli delle FBN ed i bevitori (FBE:27.8%;FBN:17.5%) sono piùdelle bevitrici (FBE:14.9%;FBN:17.1%). I consumi alcolici dei Bv nelle FBE (M:8.0g/die;F:7.4g/die;MF:7.8g/die) sono in media superiori a quelli dei Bv delle FBN (M:2.5g/die;F:3.6g/die;MF:3.0g/die). I bevitori abituali (>5.0g/die) delle FBE (9.6%) superano quelli delle FBN (3.9%) ed i maschi (FBE:12.7%;FBN:5.0%) prevalgono sempre sulle coetanee (FBE:6.9%;FBN:2.8%). Sono esposti a maggior rischio di PPAC per il proprio bere alcolico (M:>20.0g/die: F:>10.0g/die) gli SS1 delle FBE (M:3.8%;F:3.4%;MF:3.6%) più di quelli delle FBN (M:0.0%;F:2.9%;MF:1.3%) e gli adolescenti interessati, nell’ultimo anno, dall’intossicazione acuta da alcol (IAA) sono più diffusi nelle FBE (M:6.3%;F:6.9%;MF:6.6%) che nelle FBN (M:0.0%;F:2.8%;MF:1.3%). La convivenza con famigliari bevitori favorisce un approccio più precoce e diffuso agli alcolici. La prevalenza dei bevitori, dei bevitori abituali, dei bevitori a rischio e degli adolescenti coinvolti dalla IAA rilevata nelle FBE rispetto alle FBN non è supportata dalla significatività statistica.

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o Giovanni Battista Modonutti Gruppo di Ricerca sull’Educazione alla Salute (GRES) – Trieste

“Le bevande alcoliche nel vivere quotidiano degli studenti della Scuola Secondaria di 1° grado (SS1) della provincia di

Trieste” Introduzione Il bere alcolico ed il dibattito che l’accompagna sono all’origine dei provvedimenti di promozione della salute finalizzati alla dissuasione dei giovani dalla sperimentazione e dal consumo di alcolici ed alla riduzione del bingedrinking. Obiettivi e metodologia Per monitorare questi eventi 242 studenti (M:49.2%;F:50.8%) della Scuola Secondaria di 1° grado della provincia di Trieste (SS1) – età 1-15aa, in media 12,1aa – hanno risposto (2014) alle domande di una scheda questionario su approccio, modo di porsi, percezione del rischio e conoscenze nei confronti delle bevande alcoliche. Risultati e conclusioni Il 35,5% degli SS1(M:39,5%;F:31,7%) ha già assaggiato gli alcolici, in media a 8,7aa (M:8,6aa;F:8,9aa), e l’iniziazione alcolica è avvenuta per il 6,1% degli SS1 (M:6,7%;F:5,6%) in età prescolare, per un altro 18,4% fra i 6-10aa (M:21,8%;F:15,2%) e per il 10,7% in età >11 aa (M:10,9:%;F:10,4%). Beve alcolici il 19,8% degli SS1 (M:24,4%;F:15,4%), in media 6,5g/die di alcol anidro (M: 6,7g/die;F:6,2g/die). I consumi “a pasto” forniscono buona parte (M:80,1%;F:72,3%;MF:77,1%) della dieta alcolica media (DAM) e prevalgono su quelli “fuori pasto” (M:19,9%;F:27,7%;MF:22,9%), i superalcolici sono il maggior contribuente della DAM (M:69,6%;F:73,4%;MF:72,2%), minore è il contributo della birra (M:24,6%;F:2,5%; MF:16,3%) e del vino (M:5,7%;F:24,1%;MF:12,7%). I bevitori abituali –Bab:>5,0g/die- sono l’8,3% degli SS1 (M: 10,1%;F:6,5%), il 2,9% (M:2,5%;F:3,3%) è a maggior rischio per il proprio bere quotidiano (F:>10,0g/die; M:>20,0g/die) ed il 5,0% è stato coinvolto nell’ultimo anno in episodi di intossicazione acuta da alcol (M:4,2%;F:5,7%). A proposito della natura e delle proprietà dell’alcol il 20,7% degli SS1 ritiene che non riscalda(M:19.3%;F:22,0%),per il 34,7% che non è stimolante (M:29,4%;F:39,8%), per il 72,3%non è un alimento (M:67,2%;F:77,2%), è una droga per il 62,8% (M:61,3%;F:64,2%) Guidare dopo aver bevuto a pranzo o a cena 4bicchieri di birra o di vino o di superalcolici è pericoloso per l’83,9% degli SS1 (M:80,7%;F:86,7%), per il 77,7% bere molto non è sinonimo di forte personalità (M:74,5%;F:80,5%) e per il 73,1% l’assenza degli alcolici ad una festicciola non pregiudica il divertimento (M:68,1%;F:78,1%). La convivenza con famigliari bevitori favorisce un approccio più precoce e diffuso agli alcolici. La prevalenza dei bevitori, dei bevitori abituali, dei bevitori a rischio e degli adolescenti coinvolti dalla IAA rilevata nelle FBE rispetto alle FBN non è supportata dalla significatività statistica.

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o Luca Leon, Alberto Fabris, Modonutti Giovanni Battista

Movimento Volontariato Italiano (MoVI) - Friuli Venezia Giulia Gruppo di Ricerca sull’Educazione alla Salute (GRES) – Trieste

“Studio sui comportamenti economici degli studenti delle Scuole Secondarie di 2° grado (SS2) del Friuli - Venezia Giulia

(FVG)” Introduzione: Il progetto “Economia Sostenibile” (ES), proposto dal Movimento Volontariato Italiano del FVG in collaborazione con Enti pubblici e privati del FVG, promuove un confronto sull’ES presso gli SS2. Obiettivi e metodologia: A 162 studenti (M:56,8%;F:43,2%) scelti a campione in 5 Istituti scolastici della Regione FVG (AS 2014/15) -età tra 13 e 21aa (M:13-21aa;F:16-20aa), in media 17,7aa (M:18,0aa;F: 17,3aa)- è stata proposta una scheda questionario che consentisse di definire le disponibilità economiche degli SS2 e la loro destinazione d’uso settimanale (€/w). Risultati e conclusioni: Il 79,6% degli SS2 ammette di avere una disponibilità economica (M:80,4%;F:78,6%) quantificabile tra 4,0 e 200,0€/w (M:4,0-200,0€/w;F:5,0-50,0€/w), in media 25,5€/w (M:30,3€/w;F:19,0€/w). Il denaro disponibile viene speso dagli SS2 in ragione di 5,30€/w per l’acquisto di bevande alcoliche (BA) e 2,11€/w per quelle analcoliche al bar (Bab), 2,38€/w per le ricariche telefoniche (RTvsBA:p<0,00002) e altri 2,02€/w per comperare sigarette. Ancora, 1,97€/w vengono spesi a scuola per le “merendine/bibite”, 1,30€/w per la benzina (BE) (BEvsRT:p<0,02), 0,95€/w sono per libri o riviste (LR) e 0,75€/w per cinema e teatro (CT). Decisamente ridotta (BEvsMF: p<0,0009; LRvsMF:p<0,0006; CTvsMF:p<0,01) è la spesa di 0,25€/w per musica e film (MF). I maschi investono più delle femmine in BA (M:6,61€/w;F:3,57€/w;p<0,02) e Bab (M:2,60€/w; F:1,47€/w; p<0,03), le ragazze spendono più dei compagni in LR (M:0,37€/set;F:1,71€/w;p<0,01). A proposito delle preferenze per “oggetti cult” ed il loro utilizzo il 35,8% degli SS2 predilige le calzature Nike (Ni) (M:31,5%; F:41,4%), il 34,0% le All Stars (AS) ed un altro 25,3% le Vans (Va). Al momento, il 20,4% degli SS2 calzava AS (M:13,0%;F:30,0%;p<0,01), il 19,1% Ni (M:19,6%;F:18,6%) e il 16,0% Va (M:17,4%;F:14,3%). Tutti gli SS2 hanno un telefono cellulare (TC), nel 93,8% dei casi è uno smartphone (M:93,5%;F:94,3%), il cui costo, tra 14,0-850,0€ (M:14,0-840,0€;F:70,0-850,0€), è in media di 291,9€ (M:302,0€;F:278,7€). Il 48,1% ha un TC Samsung (SM) (M:50,0%;F:45,7%), il 29,0% (SMvsAP:p<0,0005) un Apple (AP) (M:27,2%;F:31,4%). Le bevande alcoliche, fattore di rischio per la salute, sono la maggior voce di spesa degli SS2, il 55% delle calzature indossate appartiene a tre marchi e quasi l’80% possiede un TC SM o AP del valore di circa 300€. La disponibilità e la destinazione del denaro espresse dagli SS2 inducono a riflettere sulle fonti e le modalità di spesa, l’entità delle stesse e la massificazione dei consumi.

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o Bacchini P., Milani L., Ferri R.

“Complessità nella valutazione psicodiagnostica di un bambino italiano e di una bambina adottata: analisi delle

difficoltà e delle risorse e confronto tra i due casi” L’Unità Operativa Dipartimentale di Psicologia Clinica è composta da Psicologi Psicoterapeuti dell’età evolutiva che operano all’interno dell’ Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, Istituto di Ricovero e Cura a carattere Scientifico (IRCCS). La figura dello Psicologo, è attiva all’interno della stessa U.O. (Ambulatori- DH), ed è inserita in tutti i Dipartimenti/Unità Operative, in un contesto multidisciplinare di stretta collaborazione con Medici, Chirurghi, Terapisti ed Infermieri. Questo contesto multidisciplinare permette allo Psicologo della Salute, lo sviluppo di competenze di integrazione tra i vari modelli psicologici (degli psicologi dell’U.O. e gli altri professionisti) consentendogli così di cogliere al meglio la globalità della persona in accordo con quanto sostiene Antonovsky (1996). Ho svolto il mio tirocinio all’ interno dell’UOSD di Psicologia Clinica, alla quale i bambini possono accedere tramite consulenza ( in caso di ricovero), o tramite ambulatorio, o spontaneamente, o inviati da medici (esterni e interni all’Ospedale), insegnanti, terapisti per una valutazione psicodiagnostica, cognitiva e neuropsicologica. Alla prima visita ambulatoriale segue una valutazione diagnostica di lunghezza variabile a seconda del caso; se riguarda esclusivamente gli aspetti emotivi, è costituita da tre o quattro osservazioni o colloqui individuali, tre colloqui con i genitori, eventualmente una seduta di diagnostica familiare e/ o delle osservazioni in gruppo di coetanei. Nel colloquio finale di dimissione, si discutono insieme le indicazioni terapeutiche del caso. Se la consultazione è stata effettuata con un adolescente, il colloquio di dimissione viene svolto in due fasi: prima tra lui e la psicologa che ha condotto i colloqui, e poi con i genitori e la psicologa che ha effettuato i colloqui con loro. In questo lavoro, in particolare, sono descritti due casi clinici, uno di un bambino italiano e un altro di una bambina adottata. In entrambi i casi, la valutazione è stata considerata come un processo da costruire insieme all’utente con il fine di, non solo di ottenere una descrizione del funzionamento cognitivo del bambino/a, ma anche di individuare le sue aree problematiche e le sue risorse. Inoltre, sono stati considerati i diversi obiettivi del percorso valutativo condotto presso l’U.O.S.D. di Psicologia Clinica quali: la valutazione dell’impatto che il problema ha a livello familiare e scolastico; l’istituire spazi di riflessione tra i diversi professionisti che seguono il bambino/a; la personalizzazione nella progettazione di un piano terapeutico , la condivisione della lettura della valutazione con il bambino, i genitori, gli insegnanti; la programmazione e realizzazione di ulteriori spazi di riflessione tra lo psicologo, il terapista, i genitori e l’intero corpo docente.

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o Carmen Principato

“Burnout e odontoiatria: fattori di rischio e di protezione (un contributo di ricerca)” Introduzione: il burnout è una sindrome psicopatologica che si origina dal contesto lavorativo ed ha notevoli implicazioni sull’individuo e sulla comunità; un problema complesso che non deve essere trascurato né dal singolo né dalle istituzioni. Per affrontarlo efficacemente bisogna partire dal presupposto che si tratta di un fenomeno multifattoriale. Obiettivi: questo studio si propone di esplorare la relazione tra burnout, variabili anagrafiche e lavorative. Le ipotesi da verificare sono: esaminare se esiste una differenza significativa tra i livelli di burnout nei due gruppi coinvolti; valutare l’incidenza delle variabili anagrafiche e lavorative sull’insorgenza del burnout; analizzare le correlazioni tra le tre dimensioni del burnout. L’Obiettivo è individuare i fattori di rischio e di protezione. Metodologia: sono stati coinvolti due reparti ospedalieri: Odontoiatria Speciale Riabilitativa nel paziente disabile (n=14) e Gastroenterologia (n=10), entrambi facenti parte dell’AOU ‘Policlinico Vittorio Emanueleʼ (Catania). Gli strumenti utilizzati:

• adattamento italiano del Maslach Burnout Inventory a cura di Sirigatti e Stefanile (1993)

• versione italiana ridotta del Minnesota Satisfaction Questionnaire di Davis et al. (1967) a

cura di Di Nuovo e Alba (1990)

• scheda socio-anagrafica Le variabile in rilievo: soddisfazione lavorativa, numero di figli, ore settimanali di lavoro. Risultati e conclusioni: i reparti sono stati considerati separatamente e come gruppo unico. Nel gruppo di odontoiatria per la soddisfazione lavorativa si riscontra un punteggio medio significativamente più elevato, nel gruppo di gastroenterologia emerge una differenza significativa nelle tre dimensioni del burnout. Inoltre, emerge una correlazione significativa inversa tra soddisfazione lavorativa e burnout

per il gruppo di odontoiatria, per il gruppo di gastroenterologia e per il gruppo intero. Invece, considerando la variabile numero di figli e burnout si riscontra una correlazione significativa positiva per il gruppo di gastroenterologia, per il gruppo intero. Considerando la variabile ore settimanali di lavoro e burnout emerge una correlazione positiva significativa nel gruppo di odontoiatria, nel gruppo di gastroenterologia, nel gruppo intero. Infine, nel gruppo di gastroenterologia si riscontra una correlazione positiva significativa tra depersonalizzazione ed esaurimento emotivo e una correlazione inversa significativa tra soddisfazione lavorativa ed esaurimento emotivo. Quindi, si possono ritenere fattori di rischio le ore settimanali di lavoro e il numero di figli, mentre fattore di protezione è la soddisfazione lavorativa. Parole chiave: burnout, soddisfazione lavorativa, fattori di rischio e di protezione, odontoiatria.

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o Francesca Maspes, Moira Chiodini Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia, Università degli Studi di Firenze. Centro di Terapia Strategica, Firenze.

“La valutazione dei processi di cambiamento” INTRODUZIONE: Uno degli ambiti della psicologia in cui la domanda è riferita al cambiamento è la psicoterapia; il problema riguarda quale metodo utilizzare per valutare il cambiamento. Ne esistono molti, dagli studi di caso ai trials clinici randomizzati (RCTs). I RCTs sono il metodo più diffuso, ma in realtà non rispecchiano ciò che i terapeuti incontrano nella pratica clinica quotidiana (Goldfried, 2013). Nasce così l'esigenza di creare un collegamento fra la ricerca empirica e la pratica clinica conducendo ricerche nei contesti clinici reali con altri metodi di valutazione. OBIETTIVI: La ricerca si propone di valutare il cambiamento dell'individuo durante la terapia tramite l'analisi di contenuto dei trascritti delle sedute. L'attenzione è rivolta al funzionamento della persona nella vita quotidiana e non solo all'assenza dei sintomi. METODO:Partecipanti: 5 pazienti (venti sedute). Analisi dei dati: è stato creato un primo sistema di codifica a partire dalla letteratura sul cambiamento in psicoterapia (Nardone & Watzlawick, 1990) e un secondo a partire da un questionario di valutazione degli esiti della psicoterapia (Core-Om; Palmieri, 2007). L'analisi di contenuto è stata svolta mediante l'utilizzo del software QCAmap (Mayring, 2014). RISULTATI: Sono emersi aspetti di cambiamento relativi al funzionamento generale, relazionale, lavorativo, al benessere e ai sintomi. In particolare risulta importante lavorare sull'autostima e sull'autoefficacia della persona così da ottenere miglioramenti in tutti gli ambiti di cui sopra. CONCLUSIONI: Questo metodo di valutazione risulta interessante poiché permette il passaggio da una logica sintomatologica ad una resource oriented, focalizzata sullo sviluppo delle risorse della persona, e la valutazione del processo di cambiamento dell'individuo. BIBLIOGRAFIA: Goldfried, M., R. (2013). What should we expect from psychotherapy?. Clinical Psychology Review, 33, 862-869. Mayring, P. (2014). Qualitative content analysis: theoretical foundation, basic procedures and

software solution. Klagenfurt. Reperito on line il 9 Dicembre 2014 su: http://nbn-resolving.de/urn:nbn:de:0168-ssoar 395173. Nardone, G., & Watzlawick, P. (1990). L'arte del cambiamento: la soluzione di problemi psicologici personali e interpersonali in tempi brevi. Milano: Ponte alle Grazie. Palmieri, G. (2007). Traduzione e validazione del questionario "Core-Om" per la valutazione degli esiti della psicoterapia (Dissertation). Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.

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o Francesca Esposito, José Ornelas, Valentina Caiazzo * ISPA – University Institute, Lisbon, Portugal, ** Università degli Studi Federico II di Napoli, Italia

“Una analisi ecologica di un centro di identificazione ed espulsione per migranti in situazione di irregolarità”

In Italia, la pratica di confinare le persone a causa del loro status migratorio ha origini recenti, risalendo alla fine degli anni ’90 l’apertura del primo centro di detenzione amministrativa (al tempo erano chiamati Centri di Permanenza Temporanea, oggi Centri di Identificazione ed Espulsione). Da allora hanno avuto luogo molti cambiamenti politico-legislativi, che hanno influenzato il funzionamento di queste istituzioni e la vita quotidiana al loro interno. Nonostante l’ampio interesse accademico sorto negli ultimi anni attorno a questo tema, le difficoltà ad ottenere autorizzazioni per svolgere attività di ricerca fanno sì che esistano ancora pochi studi che testimoniano in modo diretto la vita all’interno di questi centri e le esperienze delle persone che, a vario titolo, li popolano. Nell’area delle scienze mediche e psicologiche i contributi esistenti adottano perlopiù una prospettiva clinica, valutando le conseguenze del trattenimento in termini di distress psicologico. Abbracciando i presupposti teorico-metodologici della psicologia di comunità, il presente contributo illustra una ricerca di carattere etnografico condotta nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Roma, in collaborazione con la Prof. Arcidiacono e il suo team di ricerca della Università degli Studi Federico II di Napoli. E’ stato adottato una disegno di ricerca multi-metodo che ha previsto lo svolgimento di 475 ore di osservazione partecipante e la realizzazione di interviste a persone migranti trattenute e a professionisti. Il diario di campo, 14 interviste a professionisti e 10 interviste a persone migranti sono state analizzate attraverso una analisi tematica. I risultati evidenziano la complessità di questi sistemi che vedono la presenza simultanea di diversi attori. I quattro principi ecologici proposti da Kelly (1968) – interdipendenza, ciclo delle risorse, adattamento e successione – e la dimensione di giustizia illustrata da Prilleltensky (2012) sono utilizzati per analizzare la vita quotidiana all’interno di questo contesto e le dinamiche in gioco tra i diversi attori. In definitiva, il presente lavoro intende promuovere la conoscenza di questi dispositivi istituzionali di confinamento e controllo della mobilità umana e discutere le sfide di fare ricerca in tali contesti. Si intende altresì illustrare il potenziale dell’approccio teorico adottato al fine di promuovere il suo utilizzo in studi futuri in questa area.

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o Germana Spagnolo

“Attualizzazione della ricerca-azione struttura idonea alla cura dei traumi emotivi” Le ricerche e gli studi approfonditi provenienti da tutto il mondo, hanno dimostrato quanto i traumi incidano sullo sviluppo psico-fisico delle persone, bloccandone lo sviluppo e incidendo profondamente sulla qualità della loro vita. Non posseggono un solido senso di Sé che consente di affermare con sicurezza: “ Questo è ciò che penso e sento, questo è ciò che sta succedendo a me” ( Bessel Van Der Kolk ). Dalla mia esperienza professionale maturata con i miei giovani pazienti, è emerso come la struttura di un Sé inconsistente, perché passato attraverso numerosi traumi emotivi, possa sfociare in una psicosi, in modo particolare nella fase adolescenziale. Ciò è molto sinteticamente quanto ho espresso al Convegno ISPS Lombardia di Bergamo nel 2014, patrocinato dall'Università degli Studi di Bergamo e al Congresso ISPS di New York nel marzo 2015. I Sè inconsistenti, nonché quelli definiti “ Sé con gravi guasti permanenti o protratti nel tempo” da Heinz Kohut, da trascuratezze emotive famigliari e sociali e quindi provati da traumi emotivi molto precoci e ripetuti, sono Sè poco coesi, il cui Io è fragile. Le persone quindi provviste di Sè poco coesi, danneggiati e provvisti di un Io fragile, sono anche poco attrezzate di difese adeguate a far fronte alle varie difficoltà interpersonali, famigliari, ambientali e sociali. La loro personalità spesso non è del tutto strutturata, così come non lo è l'identità, talvolta nemmeno l'identità di genere. La crescita e, in modo particolare la fase pubere dello sviluppo che impegna corpo e mente e la successiva fase adolescenziale, richiederebbero probabilmente per un esito positivo, la presenza di un Sè coeso e di un Io sufficientemente forte da reggere il cambiamento ormonale e le nuove esigenze psicologiche; lo sviluppo di gravi patologie in adolescenza, trova allora una spiegazione laddove le caratteristiche della personalità corrispondono a quelle di coloro che sono provvisti di un Sè inconsistente. Si è dimostrato però che gli esordi adolescenziali di gravi patologie, come alcune psicosi, possono essere transitori, se ben diagnosticati e adeguatamente curati. E' necessario quindi predisporre una diagnosi puntuale e un percorso di cura idoneo, adottando anche le nuove tecniche per la cura dei traumi; ma è anche necessario creare nuove strutture, utilizzando anche tecnologie computerizzate già a nostra disposizione e che attraverso la fisica quantistica siano in grado di fornirci una analisi quantitativa e qualitativa delle emozioni vissute. Tali strutture devono avere al loro interno un personale adeguatamente formato di psicoterapeuti, psichiatri, medici, educatori ed infermieri, con diverse formazioni ed utilizzare numerose tecniche e attività per il recupero psicologico delle forme anche più gravi. E' necessario altresì uno stretto e costante dialogo con le ASL, quali referenti principali della struttura stessa. Tale dialogo avrà anche la funzione di realizzare interventi immediati, attraverso l'utilizzo di una squadra di esperti ( psichiatra, psicologo, educatore ) all'interno delle famiglie e/o sul luogo dell'esordio delle crisi. La necessità di instaurare una rete di rapporti e collaborazioni è giustificata anche dalla necessità di attuare collegamenti e interazioni con le scuole e il territorio, per il reinserimento facilitato delle persone nel contesto scolastico, sociale e lavorativo. Ma anche adulti e bambini fruiranno di tale struttura per la cura dei traumi, per i quali verrebbe strutturato un idoneo e personalizzato percorso di cura.

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o Vittorio Tripeni Università Cattolica – Milano

“Trasformazioni sociali e coesione urbana. Il ruolo di interfaccia della polizia locale” Da decenni le città italiane sono al centro di trasformazioni complesse e la polizia locale rappresenta il principale regolatore dei flussi di una trasformazione urbana e sociale in continua evoluzione.E’ del tutto impensabile immaginare un’organizzazione del lavoro di polizia locale con identici modi di gestione e immutate competenze dei propri collaboratori, senza tener conto dei cambiamenti interni ed esterni ormai divenuti costanti. Non potendo trascurare le pressioni trasformative rappresentate dall’incidenza del potere del “cliente” e del “cittadino” sulla ampiezza decisionale degli attori nell’ambito dei servizi e, in particolare, in quello del lavoro di polizia locale che, come sappiamo, si esprime attraverso la relazione mediata dal dipendente (operatore di polizia) che il Sindaco e l’Amministrazione comunale hanno verso il cliente o il cittadino. Il focus sul lavoro di polizia locale ha l’obiettivo di rilevare un ambiente in cui l’addetto è particolarmente sollecitato dalle trasformazioni nella struttura della comunità sociale in cui opera e, contemporaneamente mettere in risalto la relazione di servizio e l’intersoggettività a essa associata. Di conseguenza, dimostrare che la polizia locale dovrebbe svolgere funzioni più pertinenti oltre quella normativa e coercitiva. I dati emersi da una recente ricerca, permettono di evidenziare alcune situazioni nelle quali gli agenti di polizia locale svolgono il loro lavoro; chiarendo alcune circostanze che tendono spesso a inficiare i processi identificativi degli operatori, con il rischio di influire non positivamente sulle loro capacità d’investimento individuale nella professione. Allo stesso tempo, offrono la possibilità di conoscere meglio e approfondire il campo delle percezioni soggettive e delle interazioni di lavoro, in uno scenario professionale sottoposto a costanti pressioni di legittimazione. I risultati sinora ottenuti sostengono la necessità di caratterizzare in modo più opportuno le diverse forme del servizio: in termini di registri, tipi di relazioni, ambiti e norme applicabili; secondo le finalità e le richieste d’intervento e tenendo presente i diversi ruoli e competenze. Affinché gli interventi della polizia locale possano essere adeguatamente riconosciuti e definiti come compiti di soccorso, aiuto, ascolto, consulenza e protezione: in termini di cortesia, fiducia e lealtà nei confronti del cittadino onesto; e in termini di correttezza e tenacia, fermezza e determinazione, nei confronti dei cittadini meno onesti, ma non per questo immeritevoli di rispetto nella loro dignità umana. Tripeni V., (2016). “Percezioni soggettive e interazioni di lavoro in ambienti professionali costantemente instabili: il caso di una organizzazione della polizia locale”. (Prime valutazioni della ricerca, in attesa di pubblicazione) Tripeni V., (2016). “Polizia locale, la sfida della «prossimità» tra difficoltà e incertezze”. Enti Locali

& Pa, 15 febbraio 2016. http://www.quotidianoentilocali.ilsole24ore.com/print/ABNRFb6/0 Tripeni V., “Attese, atteggiamenti e processi relazionali nel lavoro di polizia locale. Risultati di un

approccio etnografico di una ricerca empirica in rete”. Contributo al 2° congresso nazionale: “Oltre la crisi, esperienze e proposte per lo sviluppo delle persone e delle organizzazioni” - Società Italiana

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di Psicologia del Lavoro e dell’Organizzazione - Bologna, 4 e 5 ottobre 2013. Versione riveduta e

corretta, 20 gennaio 2015, in: https://www.researchgate.net/profile/Vittorio_Tripeni

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o Rossella Zufacchi, Silvia Spigno Psi.Me.Co. (associazione culturale e di promozione sociale)

“Il network per l’anziano” Il contributo concerne lo start up di un progetto di ricerca/intervento situato nel comune di Portici (NA) sul tema dei bisogni emergenti (Borzaga C.,2009) della popolazione anziana e dei servizi atti a rispondervi. Dall’analisi di più fonti (tra cui, Saraceno C., 1994, Scarpa S., 2006) e di alcune testimonianze, si è riscontrato che il carico di cura e di assistenza dell’anziano ricade prevalentemente sui familiari prossimi. I servizi sanitari, socio-assistenziali e le risorse sociali non risultano ancora sufficientemente strutturati (Lippi Bruni M., Ugolini C.,2006, Gori C, Casanova G., 2009) per garantire le necessità di ageing in place (Jacobzone S.,1999).L’obiettivo di progetto è costruire un impianto sperimentale di mappatura e monitoraggio dei servizi per gli anziani in modo da: favorire un migliore accesso alle informazioni da parte di tutti i cittadini, creare un sistema territoriale di orientamento, analizzare specificamente i bisogni emergenti e progettare risposte adeguate, implementare le risorse sociali già esistenti anche attraverso la costruzione di reti (Sanicola L., 2009) con gli enti territoriali. La ricerca è partita dalla riflessione secondo cui la presa in carico del parente anziano da parte delle famiglie è in costante aumento, con ipotesi di impatto sulla conciliazione (Greenhaus J.H., Powell G.N.,2006, Arcidiacono C, Procentese F.2008, Procentese F, 2010, Naldini M., Saraceno C., 2011). Gli strumenti sono stati scelti con l’obiettivo di rilevare dati sulla corrispondenza dei servizi con i bisogni emergenti degli anziani e delle loro famiglie. La prospettiva è la Grounded Theory (Glaser B.G.,Strauss A.L.,1998) con il supporto di Atlas.ti (Vardanega A., 2008,Giuliano L., La Rocca G., (2008), interviste semi-strutturate (Arcidiacono C, Corbetta P. 1999) e il focus group (Baldry A.C.,2005, Krueger R. A.,1994, Morgan D.,1996) rivolti ai referenti istituzionali e ai rappresentanti delle risorse sociali. I risultati del primo livello di studio aprono diversi temi. Primo fra questi, la rete psicosociale (Prezza M., Principato M.C.., 2002, Zani B., 2012) come strumento e come obiettivo. Ciascuna delle risorse sociali intervistate ha descritto un’offerta di servizi che risulta parcellizzata, la possibilità di creare intrecci territoriali non era stata contemplata prima di questo intervento. Altro tema rilevante è stato l’incontro con il Comune, i suoi rappresentanti e la sua cultura specifica. In questo spazio di frontiera tra la psicologia di comunità e la politica, con non pochi ostacoli, si sta tuttora costruendo una relazione potenzialmente generativa con la proposta di nuove fasi del progetto: dal segretariato sociale all’attivazione territoriale. BIBLIOGRAFIA Arcidiacono C., Procentese F. (a cura di), (2008), Madri e padri tra famiglia e lavoro, teoria e prassi delle politiche di conciliazione nella provincia di Napoli, Filema, Napoli. Arcidiacono C., 21.Il ricercatore, la comunicazione e l'intervista (semi-strutturata e focalizzata narrativa), Federica Web Learning, Università degli studi di Napoli, Federico II. Baldry A.C., (2005), Focus group in azione. L'utilizzo in campo educativo e psicosociale. Carocci faber, Roma. Corbetta P.G., (1999), Metodologia e tecniche della ricerca sociale, Il Mulino, Bologna.

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o Ilaria Mantegazza, Maria Monica Ratti IIS G. Falcone, Gallarate (Varese)

“Il burnout, la salute mentale e la comunità scolastica: uno studio preliminare” Introduzione Il fenomeno del burnout è sempre più presente all’interno dell’Istituzione Scolastica e rischia di minare la qualità della vita e la salute mentale degli insegnanti – ciò ha spesso un’influenza sul benessere dei colleghi e degli alunni, ossia sulla comunità scolastica. In un’ottica di action-research, attraverso interventi di prevenzione e promozione della salute (individuale, gruppale e collettiva), la psicologia clinica e di comunità si pone l’obiettivo di tutelare l’integrità psicofisica dei soggetti. Risulta quindi fondamentale identificare le componenti psicologiche in grado di predire la salute mentale degli insegnanti e il grado di benessere presente nella realtà scolastica al fine di tutelare gli individui, in un’ottica di promozione della salute di comunità. Obiettivi Identificare quali fattori psicologici, legati al burnout, contribuiscono a compromettere o agevolare il benessere degli insegnanti, ottimizzando la capacità di sintonizzarsi sui bisogni emotivi oltre che formativi dei ragazzi. Metodologia È stato utilizzato un disegno di ricerca osservazionale. Ai docenti di un Istituto Superiore della provincia di Varese (n = 72) sono state somministrate: le scale dell’SF36 che formano l’Indice di Salute Mentale (Alpha di Cronbach: da .75 a .86; α medio = .81), il Link Burnout Questionnaire (Alpha di Cronbach: da .83 a .88; α medio = .84) e il Maslach Burnout Inventory (Alpha di Cronbach: da .84 a .88; α medio = .86). Risultati e conclusioni Delle scale testate, è possibile osservare come: l’esaurimento psicofisico (β = -.166; p = .008; CI95% da -.058 a -.012), l’inefficacia professionale (β = -.153; p = .018; CI95% da -.046 a -.004), la disillusione (β = -.179; p = .024; CI95% da -.055 a -.009) e l’esaurimento emotivo (β = -225; p = .002; CI95% da -.031 a -.007) contribuiscano a predire la qualità della vita legata alla Salute Mentale (R2 = .34, F = 41.08, p < .001). I risultati evidenziano che – nelle professioni “people oriented” – il burnout gioca un ruolo primario nello spiegare la salute mentale. In un’ottica clinica e di comunità, tali risultati suggeriscono la possibilità di strutturare piani di prevenzione e intervento comunitario al fine di garantire una sempre migliore qualità della vita anche nell’organizzazione scolastica. Bibliografia -Chirico F. (2014), Il burnout nella scuola: strumenti per la valutazione del rischio e la sorveglianza sanitaria, Edizioni FerrariSinibaldi, Milano. -Maslach C. (1976), Burned-out, Human Behaviour.

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o Gabriella MariaPia Piazzolla UNIVERSITÁ “ALMA MATER STUDIORUM”, BOLOGNA- DIPARTIMENTO DI PSICOLOGIA

“Senso di comunità e partecipazione: uno studio tra i giovani studenti pugliesi” Introduzione: L’interesse verso il senso di comunità (SoC) ha stimolato una vasta mole di ricerche, soprattutto per ciò che riguarda la sua relazione con il senso di comunità scolastico (SSoC) e la partecipazione dei giovani. Obiettivi: La presente ricerca intende studiare il tipo di relazione esistente tra SoC, SSoC, e partecipazione civica in un campione di diciottenni (N= 289; 39.2% maschi), residenti in quattro paesi della provincia BAT in Puglia, che frequentano l’ultimo anno di scuole secondarie di secondo grado, situate in tre dei paesi considerati. Le ipotesi sono: Il SoC e SSoC correlano positivamente (Vieno,2005) Il SoC ha correlazioni positive con diverse modalità di partecipazione politica e civica (Mannarini & Fedi,2010) In base alle ipotesi precedenti, il SSoC correla positivamente con la partecipazione politica e civica (Albanesi et al.,2007) Ipotizziamo differenze di genere, con punteggi più alti nei maschi, per i tre i costrutti (Pretty et al.,1996) Dallo studio dei profili di comunità, ipotizziamo che non vi siano differenze tra paesi per partecipazione e SoC. Metodologia: Lo strumento utilizzato è un questionario online composto da: scala del senso di comunità territoriale, scala del senso di comunità scolastico (Cicognani & Albanesi,2015) e domande sulla partecipazione politica e civica degli studenti costruite ad hoc per la ricerca (vari formati: domande a risposta multipla e su scala Likert). Per descrivere il contesto esaminato, si è utilizzata la metodologia dei profili di comunità, in particolare i profili: geografico-territoriale, demografico, antropologico, economico e dei servizi. Risultati e conclusioni: I risultati confermano le ipotesi, in linea con quanto riscontrato in letteratura (Barrett & Zani,2015) anche per ciò che riguarda le differenze di genere. Il senso di appartenenza varia in relazioni ai contesti territoriali considerati; non sono emerse differenze nei livelli di partecipazione in base al paese di residenza. La scuola si connota come l’ambiente più importante per il senso di appartenenza degli adolescenti e il luogo privilegiato per la promozione della partecipazione civica e della cittadinanza delle giovani generazioni, difatti il SSoC risulta significativamente maggiore rispetto al SoC e fortemente correlato con la partecipazione. Bibliografia: Barrett, M., & Zani, B. (A cura di) (2015). Political and civic engagement.

Multidisciplinary perspectives. London and New York: Routledge.


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