PASSAGGIO GENERAZIONALE DELL’AZIENDA:
PATTI DI FAMIGLIA
Viviana CAPOZZI
Dottore di ricerca in diritto tributarioAvvocato cassazionista in Roma
PATTO DI FAMIGLIA
DISCIPLINA CIVILISTICA
3Avv. Viviana Capozzi 3
La legge 14 febbraio 2006, n. 55 ha inserito un nuovo capo
V-bis all’interno del titolo IV del libro II del codice civile,
dedicato all’istituto del patto di famiglia.
Detta modifica normativa è stata sollecitata da diversi
interventi della Commissione europea:
• la Raccomandazione n. 94/1069 del 7 dicembre 1994
invitava gli Stati membri ad adottare misure per facilitare la
successione nelle piccole e medie imprese al fine di
assicurarne la sopravvivenza e il mantenimento dei livelli
occupazionali;
• la Comunicazione 98/C 93/02 del 1998, relativa alla
trasmissione delle piccole e medie imprese, segnalava i patti
di impresa e gli accordi di famiglia come misure per migliorare
la continuità delle imprese.
Premessa
4Avv. Viviana Capozzi 4
Premessa
La Commissione ribadisce che, dalla prassi riscontrata, il
successo della trasmissione dell’impresa si è ottenuto in
presenza di due dati significativi:
1. la preparazione della trasmissione da parte del
cedente con largo anticipo;
2. la familiarità con la struttura da parte del cessionario.
Pertanto nell’ambito dell’operazione assume un ruolo
rilevante il procedimento valutativo del complesso
aziendale che potrà effettuarsi tramite l’utilizzo di metodi
basati, tra l’altro, sul valore intrinseco, sul reddito, sul
rendimento dell’investimento, sui flussi di cassa, sul valore
di mercato.
5Avv. Viviana Capozzi 5
Ai sensi dell’art. 768-bis del c.c. “E’ patto di famiglia il
contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in
materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti
tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in
parte, l’azienda e il titolare di partecipazioni societarie
trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote ad uno o più
discendenti”.
L’istituto consente all’imprenditore ancora in vita di
trasmettere la propria azienda, o le partecipazioni societarie
da lui detenute, ai discendenti, in deroga espressa alle
disposizioni in materia di successione ereditaria (art. 458
c.c., relativo al divieto di patti successori).
Disciplina civilistica
6Avv. Viviana Capozzi 6
1. consentire all’imprenditore di trasferire i beni strumentali
dell’impresa ai propri discendenti, selezionando tra
questi coloro (o colui) che per qualità o attitudini hanno le
capacità per proseguire l’attività;
2. l’imprenditore può trasferire la propria attività quando è
ancora in vita;
3. sperimentare il passaggio generazionale e in caso di
esito negativo poter provvedere eventualmente ad
adottare nuove soluzioni;
4. adottare una soluzione che non pregiudichi i diritti dei
legittimari;
5. evitare controversie tra gli eredi.
6
Obiettivi perseguiti dal legislatore
7Avv. Viviana Capozzi 7
Il patto di famiglia è espressamente definito comecontratto.
Il contratto deve essere concluso, a pena di nullità,per atto pubblico (art. 768-ter del c.c.).
Si presenta come un contratto bilaterale:
- sono parti del contratto il disponente e idiscendenti assegnatari della azienda o dellepartecipazioni societarie;
- per il coniuge e gli altri legittimari nonassegnatari è prevista la partecipazione allastipulazione.
Natura del patto di famiglia
8Avv. Viviana Capozzi 8
Il patto di famiglia si qualifica come atto inter vivos
e infatti:
• l’effetto traslativo avviene
nell’immediatezza e contestualmente al patto
(ad es. si noti la differenza con quanto è
previsto dall’art. 587 c.c. per il testatore la cui
disposizione sarà efficace “ … per il tempo in
cui avrà cessato di vivere …”);
• non è contemplata la facoltà di revoca da
parte del disponente, come ad es. viene
previsto per le disposizioni testamentarie.
Natura del patto di famiglia
9Avv. Viviana Capozzi 9
Presupposto, quindi, delle considerazioni fiscali
che seguono è che il patto di famiglia non si
sostanzi in una mera indicazione di come l’asse
ereditario andrà suddiviso una volta aperta la
successione.
Ai fini fiscali, infatti, il patto di famiglia realizza
esso stesso il trasferimento dell’impresa o delle
partecipazioni societarie dal disponente al suo
discendente.
Natura del patto di famiglia
10Avv. Viviana Capozzi 10
Al patto di famiglia, quindi, partecipano un imprenditore (o
un titolare di partecipazioni societarie ), uno o più dei suoi
discendenti, il coniuge dell’imprenditore e “tutti coloro che
sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la
successione nel patrimonio dell’imprenditore”.
A mezzo di detto negozio l’imprenditore trasferisce la
propria azienda (o il titolare le proprie partecipazioni) ad
uno o più dei suoi discendenti, i quali devono liquidare (in
denaro o in natura) gli altri partecipanti, per un importo
corrispondente alle quote di legittima che spetterebbero
loro in base agli artt. 536 e ss. del cod. civ., salvo non vi
rinuncino in tutto o in parte.
Natura del patto di famiglia
11Avv. Viviana Capozzi 11
Il comma 3 dell’art. 768-quater del c.c., con
un’espressione linguistica di dubbia
interpretazione, stabilisce che:
“i beni assegnati con lo stesso contratto agli altri
partecipanti non assegnatari dell’azienda, secondo
il valore attribuito in contratto, sono imputati alle
quote di legittima loro spettanti; l’assegnazione può
essere disposta anche con successivo contratto
che sia espressamente dichiarato collegato al
primo e purché vi intervengano i medesimi soggetti
che hanno partecipato al primo contratto o coloro
che li hanno sostituiti”.
Natura del patto di famiglia
12Avv. Viviana Capozzi 12
Probabilmente il legislatore intende qui riferirsi ai
beni trasferiti ai legittimari non assegnatari, dal
discendente assegnatario, a titolo di liquidazione in
natura della rispettiva quota di legittima.
Altri autori, attribuendo particolare rilevanza alla
necessaria imputazione a quote di legittima di
questi trasferimenti, hanno sostenuto che con il
patto di famiglia sia possibile che il disponente,
oltre a trasferire l’azienda o le partecipazioni ad
uno o più discendenti, trasferisca altri beni ai
legittimari che non hanno beneficiato del
trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni.
Natura del patto di famiglia
13Avv. Viviana Capozzi 13
Natura del patto di famiglia
Non si applica l’art. 179 lett. b) del c.c., secondo
il quale: “sono beni personali, esclusi dal regime
di comunione legale tra i coniugi, anche i beni
acquisiti successivamente al matrimonio per
effetto di donazione”.
Conseguentemente, anche se non è
espressamente previsto dalle disposizioni
codicistiche, è meglio se partecipi al patto di
famiglia anche il coniuge dell’assegnatario che
sia coniugato in regime patrimoniale di
comunione legale.
14Avv. Viviana Capozzi 14
Prima di procedere alla trattazione dei profili
tributari inerenti i diversi trasferimenti realizzati
con il patto di famiglia, va evidenziato che:
• nelle diverse opinioni espresse dalla dottrina
in ordine a tale istituto, l’unico elemento che
non sembra controverso è «la natura
liberale» che caratterizza il trasferimento
dell’azienda o delle partecipazioni societarie
dal disponente al suo discendente.
Natura del patto di famiglia
15Avv. Viviana Capozzi 15
Decisamente più discussa appare, invece, la
causa sottostante l’atto di liquidazione
effettuato da parte del discendente assegnatario
nei confronti degli altri legittimari.
A seconda dell’interpretazione adottata, ne
discendono rilevanti conseguenze in ordine,
soprattutto, alla possibilità di considerare, o
meno, tale liquidazione un costo inerente
l’acquisto dell’azienda da parte del discendente
assegnatario.
Natura del patto di famiglia
16Avv. Viviana Capozzi 16
MODELLI IMPOSITIVI APPLICABILI AL PATTO DI FAMIGLIA
17Avv. Viviana Capozzi 17
Condizionamento derivante dalle incertezze
interpretative manifestate dalla dottrina civilistica sulla
qualificazione giuridica del patto di famiglia.
Mancanza di una organica normativa di settore sia
ai fini delle imposte dirette che delle indirette (è
esclusivamente dettata una norma di esenzione per le
imposte indirette).
Necessità di ricondurre la fattispecie e modelli
impositivi già esistenti, mediante ricerca di criteri
impositivi non più onerosi di quelli applicabili alla
successione mortis causa.
Premesse metodologiche
18Avv. Viviana Capozzi 18
Conclusioni di carattere civilistico da cui si
prendono le mosse:
- negozio inter vivos ad effetti immediati;
- parti: imprenditore ed i suoi legittimari;
- obbligo dell’assegnatario di liquidare gli altri
legittimari;
- facoltà di liquidare in denaro o natura;
- possibilità di rinunciare alla liquidazione.
Premesse metodologiche
19Avv. Viviana Capozzi 19
Esistono due diversi metodi d’indagine: il criterio
cd. “atomistico” e quello “unitario”.
ATOMISTICO: analizza la natura delle singole
attribuzioni
UNITARIO: assegna prevalenza all’individuazione
di un’unica causa negoziale
Entrambi riconoscono la natura liberale del
trasferimento d’azienda o delle partecipazioni,
mentre è discussa la natura della liquidazione a
favore dei legittimari non assegnatari.
Premesse metodologiche
20Avv. Viviana Capozzi 20
Infine, posto che si farà frequente riferimento aqueste due nozioni, è bene premettere cheliberalità e gratuità sono due fenomeni bendistintiti.
Mentre, infatti, la liberalità è disposizione chemira esclusivamente a raggiungere il risultato diincrementare il patrimonio del beneficiario, lagratuità inerisce il titolo del trasferimento.
La natura liberale di un trasferimento non neimplica anche il titolo gratuito.
Premesse metodologiche
21Avv. Viviana Capozzi 21
Le teorie unitarie
Funzione di anticipazionesuccessoria
Negozio assimilabile allaDONAZIONE MODALE
Unica causa di liberalitàcaratterizzante tutti itrasferimenti patrimoniali
Anche la liquidazione degli altrilegittimari è una liberalità chetrova causa nel trasferimentod’azienda
il modus nella donazione è un elemento accidentale
la liquidazione dei legittimari è un obbligo che nasce ex lege alla stipula del contratto
22Avv. Viviana Capozzi 22
Vero e proprio PATTO
SUCCESSORIO DISPOSITIVO
Disciplina individuata dal diritto
internazionale privato
Applicabilità, della lex
successionis
nel patto di
famiglia
l’effetto
traslativo è
immediato
Le teorie unitarie
23Avv. Viviana Capozzi 23
NEGOZIO A FAVORE DI TERZI
caratterizzato dalla gratuità delle
prestazioni seppur, in parte,
corrispettive
è corrispettiva ma non onerosa la
liquidazione a favore dei
legittimari non assegnatari
corrispettività e onerosità non coincidano
però
non è possibile individuare un contratto a prestazioni corrispettive a titolo gratuito
Le teorie unitarie
24Avv. Viviana Capozzi 24
Le teorie atomistiche
Negozio a causa mista: NEGOZIO MISTO CON DONAZIONE
Causa liberale: trasferimento d’azienda o di partecipazioni
Causa solutoria: liquidazione dei legittimari non assegnatari
teorie oggi minoritarie
da un punto di vista fiscale non è necessario prescindere dall’esistenza di un’unica causa negoziale
25Avv. Viviana Capozzi 25
Qualificazione delle singole attribuzioni
Secondo altra parte della dottrina, nel patto di
famiglia si dovrebbe riconoscere l’esistenza di
un’unica causa negoziale di tipo liberale, ma ai fini
fiscali sarebbe comunque opportuno procedere alla
qualificazione delle singole attribuzioni, tenendo
conto delle diverse posizioni soggettive coinvolte.
Dal punto di vista del DISPONENTE:
• liberalità diretta nei confronti del discendente
assegnatario;
• liberalità indiretta nei confronti degli altri
legittimari.
26Avv. Viviana Capozzi 26
Dal punto di vista dell’ASSEGNATARIO:
• riceve un trasferimento d’azienda e/o
partecipazioni in parte a titolo gratuito e in
parte a titolo oneroso;
• la liquidazione dei legittimari è il costo
d’acquisto di parte dell’azienda e/o della
partecipazione.
La quota di trasferimento a titolo oneroso,
consisterebbe nella quota di azienda e/o
partecipazione corrispondente al valore liquidato
agli altri legittimari.
Qualificazione delle singole attribuzioni
27Avv. Viviana Capozzi 27
Sul tema la prassi amministrativa ha sottolineato che
il patto di famiglia:
• “è caratterizzato dall’intento – non prettamente
donativo – di prevenire liti ereditarie e lo
smembramento di aziende o partecipazioni
societarie ovvero l’assegnazione di tali beni a
soggetti inidonei ad assicurare la continuità
gestionale degli stessi”;
• “non comporta il pagamento di un corrispettivo
da parte dell’assegnatario dell’azienda o delle
partecipazioni sociali, ma solo l’onere in capo a
quest’ultimo di liquidare gli altri partecipanti al
contratto, in denaro o natura” (circolare n. 3/E del
2008).
La posizione della prassi amministrativa
28Avv. Viviana Capozzi 28
Tali affermazioni:
• da un lato confermano la correttezza della
qualificazione del patto di famiglia come una
liberalità piuttosto che non come una donazione
modale (l’intento del disponente non appare
prettamente donativo);
• dall’altro, definitivamente escludono la natura
onerosa della liquidazione effettuata dal
legittimario assegnatario nei confronti degli altri
legittimari.
La posizione della prassi amministrativa
29Avv. Viviana Capozzi 29
PROFILI DI IMPOSIZIONE DIRETTA
30Avv. Viviana Capozzi 30
Il trasferimento gratuito d’azienda
Il trasferimento dell’azienda, da parte del
disponente nei confronti dei propri discendenti,
concretizza una liberalità; di conseguenza, sul piano
dell’imposizione diretta, detto trasferimento va
ricondotto all’art. 58 del Tuir.
Trasferimento in regime di neutralità fiscale:
• integrale detassazione del trasferimento
gratuito dell’azienda;
• norma derogatoria al principio personalistico
delle imposte sui redditi.
31Avv. Viviana Capozzi 31
La disciplina del trasferimento gratuito d’azienda
persegue l’obbiettivo di impedire che un eccessivo
carico fiscale ricada sui beneficiari dell’azienda
in occasione del passaggio generazionale.
La disciplina della neutralità fiscale, tuttavia,
garantisce anche la salvaguardia dei diritti
dell’Erario, facendo sì che i plusvalori maturati in
capo all’imprenditore emergono fiscalmente al
momento del successivo trasferimento della
medesima azienda.
Il trasferimento gratuito d’azienda
32Avv. Viviana Capozzi 32
I plusvalori maturati in capo all’imprenditore
emergono al momento del successivo trasferimento
a terzi, come:
• redditi diversi, se l’assegnatario con la
vendita cessa l’attività d’impresa art. 67 lett. h
bis del Tuir;
• componente positiva del reddito
d’impresa, se l’attività prosegue dopo la
cessione a terzi dell’azienda.
Il trasferimento gratuito d’azienda
33Avv. Viviana Capozzi 33
Alcuni interpreti, con riferimento alla disciplina
descritta, hanno ravvisato diversi problemi di
coordinamento normativo nell’ipotesi in cui detta
plusvalenza venga tassata come reddito diverso,
anziché all’interno del regime d’impresa:
• cessione a titolo gratuito e destinazione
all’autoconsumo non rappresentano
fattispecie imponibile nei redditi diversi;
• non sono plusvalenze d’impresa e quindi non
sono rateizzabili.
Il trasferimento gratuito d’azienda
34Avv. Viviana Capozzi 34
L’art. 58 del Tuir prevede la trasmissione di valorifiscali riferiti all’azienda intesa come complessounitariamente considerato, senza disporre nulla inmerito ai valori cui devono essere iscritti i singolibeni che la compongono.
Di questi valori si occupava il c. 2 dell’art. 16 della l.n. 383 del 2001, il quale stabiliva che, in caso didonazione d’azienda, “i beni e le attività ceduti”fossero assunti ai valori fiscali del disponente.
La norma è stata abrogata con il D.Lgs. n. 247 del2005 e, secondo alcuni, l’intento è stato proprioquello di offrire un’opportunità di pianificazionefiscale nel passaggio generazionale delle aziende.
Il trasferimento gratuito d’azienda
35Avv. Viviana Capozzi 35
L’eventuale rivalutazione dell’azienda può
comportare:
• il venir meno del regime di neutralità e realizzazione
della plusvalenza in capo al disponente;
• l’iscrizione di una plusvalenza per l’assegnatario,
fiscalmente irrilevante.
Le eventuali riserve in sospensione d’impostacontabilizzate nel patrimonio netto del disponente, nonpossono perpetuarsi nei confronti del beneficiario(eccezione le riserve che presentano una strettacorrelazione con determinate poste del patrimonio, es.riserve per ammortamento anticipato).
Il trasferimento gratuito d’azienda
36Avv. Viviana Capozzi 36
La neutralità fiscale viene meno nell’ipotesi in cui il
discendente rivesta la qualifica di imprenditore già
prima del trasferimento.
In tal caso, trova applicazione l’art. 88, co. 3, del
Tuir, secondo il quale costituiscono sopravvenienze
attive “i proventi in denaro o in natura conseguiti a
titolo di contributo o di liberalità”, salvo che il
trasferimento non riguardi la sfera personale e non
l’attività imprenditoriale del discendente (la
sopravvenienza è data dall’incremento patrimoniale
determinato in base al valore normale dell’azienda).
Il trasferimento gratuito d’azienda
37Avv. Viviana Capozzi 37
Passando ad esaminare la posizione
dell’assegnatario, va osservato che secondo quanti
ritengono che nei sui confronti il trasferimento
dell’azienda sia solo in parte a titolo gratuito,
all’acquisto dell’azienda corrisponderebbe per lui il
costo sostenuto, vale a dire il valore liquidato ai
legittimari non assegnatari e tale costo rileverebbe al
momento della cessione a terzi, a titolo oneroso,
dell’azienda (contra circolare n. 3/E del 2008 e
circolare 18/E del 2013) .
Nel calcolo della durata del possesso dell’azienda si
terrà conto anche del periodo maturato in capo al
disponente.
Il trasferimento gratuito d’azienda
38Avv. Viviana Capozzi 38
Il trasferimento a titolo gratuito di partecipazioni
non costituisce fattispecie imponibile né in capo al
disponente né in capo all’assegnatario.
Fa eccezione il caso in cui le partecipazioni siano
detenute dal disponente in regime di impresa. In tal
caso, infatti, il trasferimento delle partecipazioni
integra un’ipotesi di destinazione a finalità estranee
e, quindi, una fattispecie imponibile.
Gli eventuali plusvalori delle partecipazioni
emergeranno al momento della cessione a terzi a
titolo oneroso (art. 67, lett. c) e c bis) del Tuir).
Il trasferimento gratuito delle partecipazioni
39Avv. Viviana Capozzi 39
Detta plusvalenza è data dalla differenza tra il
corrispettivo percepito all’atto della vendita ed il
costo di acquisto della medesima che corrisponde al
“costo del donante” (co. 6 dell’art. 68 del Tuir).
Anche per il trasferimento di partecipazioni, se si
ritiene che il medesimo (per l’assegnatario) avvenga
con un negozio solo in parte a titolo gratuito, nel
calcolo della plusvalenza derivante dalla
successiva cessione a terzi delle partecipazioni
ricevute si può tener conto del valore liquidato
dall’assegnatario agli altri legittimari (contra circolare
n. 3/E del 2008 e circolare 18/E del 2013).
Il trasferimento gratuito delle partecipazioni
40Avv. Viviana Capozzi 40
La liquidazione delle quote di legittima spettanti ai
non assegnatari non integra, nei confronti di questi
ultimi, alcuna fattispecie reddituale: la particolare
natura di tale liquidazione non consente di ricondurla
ad alcuna delle categorie di reddito disciplinate dal
Tuir.
Quanti escludono il riconoscimento di un «costo»
(corrispondente alla liquidazione dei legittimari non
assegnatari) in capo all’assegnatario, fondano la
propria teoria proprio sull’irrilevanza reddituale di tale
componente, in capo ai non assegnatari (esigenza di
simmetria fiscale).
La posizione dei legittimari non assegnatari
41Avv. Viviana Capozzi 41
La menzione dei negozi aventi ad oggetto il
trasferimento o il godimento di aziende nell’ambito
dell’art. 37-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 è,
probabilmente, finalizzata a scoraggiare eventuali
arbitraggi fiscali sui trasferimenti di azienda a titolo
gratuito.
In sostanza, si vuole evitare che possano realizzarsi
trasferimenti gratuiti d’azienda unicamente finalizzati
a canalizzare la plusvalenza derivante dalla
successiva cessione della medesima su famigliari a
bassa aliquota marginale.
La norma antielusiva
42Avv. Viviana Capozzi 42
Tale operazione, infatti, produrrebbe dei benefici
fiscali nel caso in cui:
• l’aggravio finanziario che sconta la
plusvalenza realizzata sulla cessione a terzi, a
causa della mancata possibilità di rateizzare la
medesima (in quanto plusvalenza realizzata al
di fuori del regime d’impresa), sia più che
compensato dal differenziale negativo di
aliquota esistente fra l’imprenditore disponente
ed il discendente assegnatario.
La norma antielusiva
43Avv. Viviana Capozzi 43
Tuttavia, difficilmente si potrà applicare la norma
antielusiva per colmare la lacuna determinata dal
possibile spostamento, dai redditi d’impresa ai redditi
diversi, delle plusvalenze emergenti al momento del
trasferimento a titolo oneroso.
La norma antielusiva, non opererà con riferimento
all’ipotesi in cui il discendente assegnatario
usufruisca del vantaggio fiscale derivante dal fatto
che, al di fuori del regime d’impresa, non è
imponibile né l’autoconsumo dei beni aziendali
ricevuti con il patto di famiglia, né la loro cessione a
titolo gratuito.
La norma antielusiva
44Avv. Viviana Capozzi 44
Infine, sempre con riferimento all’operatività della
norma antielusiva, va osservato che nel patto di
famiglia sussistono le “valide ragioni
economiche” e vanno individuate nel voler
realizzare un determinato passaggio
generazionale dell’impresa.
Viceversa, le “valide ragioni economiche”
potrebbero essere non ravvisabili in eventuali
operazioni straordinarie prodromiche alla stipula
del patto (per esempio: la scissione dell’azienda
da trasferire).
La norma antielusiva
45Avv. Viviana Capozzi 45
La norma antielusiva è applicabile sia alle
imposte dirette che indirette:
• il c. 7 dell’art. 69 della l. n. 342 del 2000, ne
ha esteso la portata all’imposta sulle
successioni;
• il c. 3 dell’art. 16 della l. n. 383 del 2001, ne
ha esteso la portata alle imposte dovute per
effetto di trasferimenti a titolo di donazione o
altra liberalità.
La norma antielusiva
46Avv. Viviana Capozzi 46
PROFILI DI IMPOSIZIONE INDIRETTA
47Avv. Viviana Capozzi 47
Premessa
Secondo la dottrina prevalente, il trasferimento dell’azienda o
delle partecipazioni dal disponente al legittimario assegnatario
integra, ai fini delle imposte indirette, una liberalità diretta nei
confronti dell’assegnatario e indiretta nei confronti degli altri
legittimari che vengono liquidati dall’assegnatario.
Secondo l’Amministrazione finanziaria, viceversa, le due
operazioni vanno considerate autonomamente e integrano due
distinte liberalità dirette.
L’orientamento adottato comporta rilevanti implicazioni sia ai
fini della determinazione della base imponibile (nelle liberalità
dirette/indirette va tassato il “risultato netto” delle attribuzioni),
sia ai fini dell’individuazione delle aliquote e franchigie
applicabili alla fattispecie.
48Avv. Viviana Capozzi 48
Al di fuori delle ipotesi in cui opera la disciplina diesenzione specificamente dettata dal legislatore (di cuisi dirà fra breve), una volta individuata la baseimponibile della liberalità in esame, quest’ultima andràassoggettata all’imposta sulle successioni edonazioni.
In proposito, va osservato che, prima dell’entrata invigore del D.L. n. 262 del 2006, tale liberalità nonscontava alcuna imposta, a causa dell’intervenuta“soppressione” dell’imposta sulle successioni edonazioni (art. 13 della l. n. 383 del 2001).
Con l’art.6 del D.L. n. 262 del 2006, invece, iltrasferimento scontava l’imposta di registro ex art.13della l. n. 383 del 2001, come modificato dal D.L. n.262del 2006.
Premessa
49Avv. Viviana Capozzi 49
Con l’entrata in vigore della la legge n. 286 del 2006,di conversione del D.L. 262 del 2006, il trasferimentodell’azienda o delle partecipazioni dal disponente aldiscendente assegnatario sconta l’imposta sulledonazioni, con le seguenti modalità:
• se a favore del coniuge e dei parenti in linearetta, con franchigia di euro 1.000.000,00 perciascun beneficiario, il 4%;
• se a favore di altri parenti fino al 4° grado e degliaffini in linea retta, o collaterale (entro il 3° grado),il 6%.
Premessa
50Avv. Viviana Capozzi 50
Come anticipato, la finanziaria 2007 ha ricondottotali trasferimenti fra quelli non soggetti all’imposta, insussistenza di determinati presupposti (art. 3 c.4-ter del D.Lgs n. 346 del 1990):
• gli assegnatari devo proseguire l’eserciziodell’impresa o detenere il controllo per almeno 5anni;
• apposita dichiarazione in tal senso va resa all’attodel trasferimento;
• se vengono trasferite quote o azioni in società dicapitali, queste devono consentire di acquisire ointegrare il controllo, ex art. 2359, c. 1 n. 1 del c.c. (anche se in comproprietà fra più discendenti –Telefisco 2007).
Il trasferimento dell’azienda e delle partecipazioni
51Avv. Viviana Capozzi 51
Con riferimento alla condizione di continuitàquinquennale, si deve evidenziare che, nel casoin cui il patto di famiglia abbia ad oggetto iltrasferimento di un’azienda, la norma richiedesemplicemente la prosecuzione, per almenocinque anni, nella gestione dell’impresa.
Di conseguenza, per evitare la decadenza dalbeneficio, sembrerebbe sufficiente che siagarantita la continuità aziendale, risultando, così,irrilevante l’eventuale sopravvenienza di mutamentinella titolarità della gestione dell’azienda.
Il trasferimento dell’azienda e delle partecipazioni
52Avv. Viviana Capozzi 52
E’ ragionevole, pertanto, ritenere che nondecadano i benefici fiscali se nel corso dei cinqueanni successivi al trasferimento, la societàeventualmente costituita tra i discendentiassegnatari dell’azienda si sciolga e l’attivitàd’impresa continui ad essere svolta da uno solodi essi.
Similmente, non dovrebbe determinaredecadenza dal regime di esenzione l’ipotesi in cuiil discendente assegnatario, prima che sia decorsoil quinquiennio, decida di conferire l’azienda o lepartecipazioni ricevute in una società da luicontrollata.
Il trasferimento dell’azienda e delle partecipazioni
53Avv. Viviana Capozzi 53
In tal senso si è espressa anche l’Amministrazionefinanziaria con la circolare n. 3/E del 2008.
In particolare, il citato documento di prassi,riprendendo le considerazioni già svolte nellarisoluzione 23 novembre 2007, n. 341, ha chiaritoche il conferimento dell’azienda ricevutamediante il patto di famiglia non comportaautomaticamente la decadenza dal beneficiodell’esenzione.
Infatti, al verificarsi di determinate condizioni,detto conferimento può essere assimilato allaprosecuzione dell’attività d’impresa.
Il trasferimento dell’azienda e delle partecipazioni
54Avv. Viviana Capozzi 54
La prosecuzione dell’attività d’impresa, peresempio, è sicuramente ravvisabile tutte le volteche l’azienda viene conferita in una società dipersone, a prescindere dal valore dellapartecipazione ricevuta in cambio dal conferente.
Del resto, ai sensi del comma 4-ter dell’art. 3 delD.Lgs. n. 346 del 1990, il requisito del controllo siapplica esclusivamente ai trasferimenti aventi adoggetto quote di partecipazione in società dicapitali, pertanto non si ritiene necessarioverificarne la sussistenza in capo al conferente, nelcaso in cui la conferitaria sia una società dipersone.
Il trasferimento dell’azienda e delle partecipazioni
55Avv. Viviana Capozzi 55
Viceversa, nel caso in cui il conferimento siaeffettuato nei confronti di una società di capitali,prima che siano decorsi cinque anni, la decadenzadal beneficio dell’esenzione si verifica ogni qual voltale azioni o quote assegnate al conferente non gliconsentano di conseguire o integrare il controllo dellasocietà conferitaria, ai sensi dell’art. 2359, comma 1,n. 1), del c.c..
Infatti, in tal caso non può ritenersi che l’assegnatarioprosegua l’esercizio dell’attività d’impresa dopo ilconferimento e l’interruzione dell’esercizio dell’attivitàd’impresa prima che siano decorsi cinque anni daltrasferimento dell’azienda comporta la decadenzadal beneficio.
Il trasferimento dell’azienda e delle partecipazioni
56Avv. Viviana Capozzi 56
Non dovrebbero comportare la decadenza dalbeneficio in esame i casi in cui la continuità non sirealizzi per fatti non imputabili alla volontàdell’erede (per esempio la morte del discendenteassegnatario, prima che siano decorsi cinque annidal trasferimento).
Viceversa, se il legittimario assegnatario, prima chesiano decorsi cinque anni dal trasferimentodell’azienda, decide di cederne un ramo, ladecadenza dal beneficio si verifica limitatamente alramo d’azienda ceduto, sempre ché, relativamentealla parte d’azienda non trasferita, venga proseguitol’esercizio dell’attività d’impresa (circolare n. 3/E del2008 e, in senso analogo, circolare n. 18/E del2013).
Il trasferimento dell’azienda e delle partecipazioni
57Avv. Viviana Capozzi 57
La circolare n. 3/E del 2008 ha offerto importantichiarimenti anche con riferimento alle ipotesi in cui nelquinquennio si verifichino delle operazionistraordinarie che coinvolgono l’azienda trasferita.
In tal caso, il requisito della prosecuzionequinquennale dell’attività d’impresa può intendersiassolto nelle seguenti ipotesi:
• operazioni che diano origine a società dipersone, ovvero incidano sulle stesse, aprescindere dal valore della quota assegnata alsocio;
• operazioni che diano origine, ovvero incidano su,società di capitali, purché il socio mantenga ointegri una partecipazione di controllo, ai sensidell’art. 2359, comma 1, n. 1), del c.c.
Il trasferimento dell’azienda e delle partecipazioni
58Avv. Viviana Capozzi 58
Con riferimento al requisito del controllo, vaosservato che, in base ad una analisi testuale didella norma di riferimento, appare irrilevante che ilrequisito del controllo fosse integrato già in capo aldisponente, ai fini dell’applicabilità del regimeesonerativo in esame
Può darsi, infatti, che il disponente trasferiscaall’assegnatario delle quote partecipative che,insieme con altre già detenute dall’assegnatario,consentono a quest’ultimo di detenere unapartecipazione di controllo nella società di capitali(controllo che non veniva integrato in capo aldisponente, in base alle sole quote partecipative insuo possesso) .
Il trasferimento dell’azienda e delle partecipazioni
59Avv. Viviana Capozzi 59
Trasferimenti di partecipazioni: esemplificazioni
Si propongono i seguenti esempi:
1) Una persona fisica possiede una partecipazione
pari al 60 per cento del capitale sociale di Beta
S.p.A., che dona separatamente ed in parti uguali
a ciascuno dei suoi tre figli.
In tal caso non si applica l'agevolazione di cui
all'art. 3, comma 4-ter, del D.Lgs. n. 346 del 1990,
in quanto nessun donatario potrebbe esercitare il
controllo di cui all'art. 2359, primo comma, n. 1),
del codice civile.
60Avv. Viviana Capozzi 60
Trasferimenti di partecipazioni: esemplificazioni
2) Lo stesso soggetto dell’esempio precedente dona
l’intero pacchetto azionario posseduto ai suoi tre
figli in comproprietà tra loro (prevedendo un
regolamento di comunione, volto a definire le
regole di governance).
In tal caso, in base all’art. 2347 del c.c., i diritti dei
comproprietari sono esercitati da un comune
rappresentante, il quale dispone della maggioranza
dei voti esercitabili in assemblea ordinaria. In
questo caso il trasferimento potrà usufruire del regime
di esenzione d’imposta, mentre, all’atto della
successiva divisione (decorsi 5 anni) si applicherà
l’imposta di registro nella misura proporzionale dell’1%.
61Avv. Viviana Capozzi 61
3) Una persona fisica possiede il 40 per cento del
capitale sociale di una Srl che trasferisce per
donazione in parte uguali ai suoi figli, di cui uno
detiene già il 35 per cento del capitale sociale della
medesima società.
In tal caso, il trasferimento della quota spettante al
figlio, che già detiene una partecipazione nella
società, beneficia dell’esenzione, in quanto lo
stesso consegue, grazie al trasferimento, il 55% del
capitale sociale. Viceversa, il trasferimento nei
confronti dell’altro figlio, non usufruisce del regime
di esenzione.
Trasferimenti di partecipazioni: esemplificazioni
62Avv. Viviana Capozzi 62
4) Una persona fisica detiene una partecipazione
pari al 10 per cento del capitale sociale di una
società in nome collettivo che dona, in parti uguali
e separate, ai suoi tre figli.
In tal caso, i trasferimenti non sono soggetti
all'imposta sulle successioni e donazioni
integrando i requisiti previsti della norma ai fini
dell’esenzione. Infatti, trattandosi di una società di
persone e non di una società di capitali, non è
previsto come necessario il requisito del controllo in
capo ai discendenti assegnatari.
Trasferimenti di partecipazioni: esemplificazioni
63Avv. Viviana Capozzi 63
Sotto il profilo soggettivo va osservato che l’ambito di
applicazione dell’esenzione di cui all’art. 3, co. 4-ter
del D.Lgs. n. 346 del 1990 è stato ampliato dall’art. 1,
co. 31 della l. n. 244 del 2007, n. 244 (finanziaria per
il 2008), che ne ha esteso gli effetti anche al
trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni
effettuato a favore del coniuge dell’imprenditore o
del possessore delle partecipazioni.
Tuttavia, in tal caso, sarà necessario che il passaggio
generazionale dell’azienda avvenga mediante
istituto diverso dal patto di famiglia.
Il trasferimento dell’azienda e delle partecipazioni
64Avv. Viviana Capozzi 64
L’art. 768-bis del c.c., infatti, riserva l’utilizzo del patto
di famiglia ai soli discendenti dell’imprenditore (o del
possessore di partecipazioni).
La norma stabilisce che “è patto di famiglia il contratto
con cui, compatibilmente con le disposizioni in
materia di impresa familiare e nel rispetto delle
differenti tipologie societarie, l’imprenditore
trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di
partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in
parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti.”
Il trasferimento dell’azienda e delle partecipazioni
65Avv. Viviana Capozzi 65
Se i presupposti fissati per l’applicazione della normadi esenzione non vengono rispettati si applical’imposta di donazione e successione in misuraordinaria, oltre a sanzioni (art. 13 D.Lgs. N. 471 del1997) e interessi.
Il legislatore, nello scegliere di dettare unicamenteuna disposizione di esenzione, senza individuareun’organica disciplina dell’istituto, ha “persoun’occasione” per dissipare i dubbi in merito allacorretta individuazione della natura di taletrasferimento e al suo “regime naturale”.
Le disposizioni di esenzione sono efficaci per i pattistipulati a far data dal 1° gennaio 2007.
Il trasferimento dell’azienda e delle partecipazioni
66Avv. Viviana Capozzi 66
Sempre con riferimento alle imposte indirette
applicabili al momento del trasferimento
dell’azienda, va osservato che, qualora e
l’azienda contenga beni immobili, il
trasferimento di questi sconterà, in linea di
principio, anche le imposte ipo-catastali.
Tuttavia, qualora il trasferimento ha usufruito del
regime di cui all’art. 3, c. 4-ter, del D.Lgs n. 346
del 1990, non si applicano neppure le ipo-
catastali (artt. 1, c. 2, e 10, c. 2, del D.Lgs n. 347
del 1990).
Il trasferimento dell’azienda e delle partecipazioni
67Avv. Viviana Capozzi 67
Come anticipato, secondo l’Amministrazione finanziaria, il
trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni integra
una liberalità diretta, distinta e autonoma dalla
liberalità realizzata dal discendente assegnatario nei
confronti dei legittimari non assegnatari all’atto della
liquidazione delle loro quote di legittima (in tal senso, da
ultimo, circolare n. 18/E del 2013).
L’imposta di successione e donazione, pertanto, ai fini
dell’individuazione delle aliquote e delle franchigie di
imposta si farà riferimento al rapporto di parentela
esistente fra disponente ed assegnatario e la base
imponibile sarà data dal valore dell’azienda o delle
partecipazioni trasferite.
Il trasferimento dell’azienda e delle partecipazioni
68Avv. Viviana Capozzi 68
Esaminiamo ora i risultati cui si giungerebbe
aderendo alle altre ipotesi interpretative:
• liberalità diretta/indiretta: imposta sulle successioni e donazioni, applicata
sul “risultato netto” del trasferimento, in base al
rapporto di parentela esistente fra il disponente e
l’assegnatario;
• donazione modale: si tassa il “risultato netto” del trasferimento
similmente a quanto avviene per l’ipotesi della
liberalità diretta ed indiretta;
Il trasferimento dell’azienda e delle partecipazioni
69Avv. Viviana Capozzi 69
• Negozio a causa mista liberale e solutoria:
il trasferimento integra una donazione tassata
secondo le modalità esaminate, mentre la
liquidazione dei legittimari non assegnatari sconta
il registro in misura proporzionale ai sensi della
disposizione residuale di cui all’art. 11 della
Tariffa parte I del d.P.R. n. 131 del 1986 (altri atti
aventi contenuto patrimoniale);
• patto successorio dispositivo: il trasferimento è soggetto all’imposta sulle
successioni in quanto regolamentato dalla lex
successionis.
Il trasferimento dell’azienda e delle partecipazioni
70Avv. Viviana Capozzi 70
Come anticipato, anche i modelli impositivi applicabili
alla liquidazione da parte del discendente
assegnatario della quota di legittima spettante agli altri
legittimari non assegnatari variano a seconda della
natura che si vuole attribuire a detta liquidazione.
Se si tiene conto che la medesima rappresenta un
obbligo di legge in capo al discendente assegnatario,
dovrebbe escludersi la possibilità di qualificarla come
una liberalità diretta effettuata dall’assegnatario nei
confronti dei legittimari non assegnatari e la si
dovrebbe (più correttamente) considerare una
liberalità indiretta da parte del disponente nei confronti
dei legittimari non assegnatari.
La liquidazione dei legittimari non assegnatari
71Avv. Viviana Capozzi 71
Seguendo questo orientamento interpretativo, la
liquidazione della quota di legittima da effettuarsi per
opera del discendente assegnatario nei confronti degli
altri legittimari andrebbe assoggettata all’imposta sulle
donazioni, per il computo della quale si dovrà tener
conto del legame di parentela esistente tra il
disponente e i legittimari non assegnatari liquidati.
Tale orientamento, tuttavia, sembrerebbe non essere
condiviso dall’Amministrazione finanziaria, la quale
sembrerebbe considerare detta liquidazione
un’autonoma liberalità effettuata dall’assegnatario a
favore degli altri legittimari (sono stati forniti chiarimenti
solo parziali, sui quali si tornerà fra breve).
La liquidazione dei legittimari non assegnatari
72Avv. Viviana Capozzi 72
In ogni caso detta liquidazione dovrà essereassoggettata ad imposta di donazione, medianteapplicazione delle seguenti aliquote e franchigie dadeterminarsi o in base al rapporto di parentela esistentefra l’assegnatario e gli altri legittimari, o al rapporto diparentela esistente tra il disponente e i legittimari nonassegnatari:
• se a favore del coniuge e parenti in linea retta, 4%con franchigia di 1 milione di euro;
• se a favore di fratelli e sorelle, 6% con franchigia di100.000 euro;
• se a favore di altri parenti fino al 4° grado e affini inlinea retta (o collaterale fino al 3° grado), 6%;
• se a favore di altri soggetti, 8%.
La liquidazione dei legittimari non assegnatari
73Avv. Viviana Capozzi 73
Se la liquidazione, anziché avvenire in denaro,avviene in natura e ne sussistono i presuppostisi applica la descritta esclusione da imposta dicui all’art. 3, c. 4-ter del D.Lgs. n. 346 del 1990.
Il comma 4-ter del citato art. 3, tuttavia, faespresso riferimento ai trasferimenti effettuati,anche tramite i patti di famiglia, “a favore deidiscendenti”; pertanto, affinché trovi applicazionela norma agevolativa richiamata, sarà necessarioche il legittimario non assegnatario, liquidato innatura, sia un discendente del dante causa.
La liquidazione dei legittimari non assegnatari
74Avv. Viviana Capozzi 74
La circolare n. 3/E del 2008 afferma che l’esenzione,di cui al co. 4-ter dell’art. 3 del D.Lgs. n. 346 del1990, “si applica esclusivamente con riferimento altrasferimento effettuato tramite il patto di famiglia, enon riguarda anche l’attribuzione di somme didenaro o di beni eventualmente posta in esseredall’assegnatario dell’azienda o delle partecipazionisociali in favore degli altri partecipanti al contratto”.
Siffatta affermazione, tuttavia, non dovrebbeessere intesa nel senso di escludere a priori lapossibilità di effettuare in regime di esenzione anchela liquidazione dei legittimari non assegnatari.
La liquidazione dei legittimari non assegnatari
75Avv. Viviana Capozzi 75
Questo secondo trasferimento, infatti, rientraanch’esso nell’ambito di applicazione dell’imposta didonazione e successione e di conseguenza, qualoravenga effettuato in natura, e nel rispetto di tutti irequisiti posti dall’art. 3, comma 4-ter, dovrebbepoter autonomamente fruire del regime di esenzione.
L’inciso richiamato sembra, piuttosto, rispondere allavolontà di escludere che la liquidazione deilegittimari non assegnatari sia automaticamenteconsiderato esente per il semplice fatto che iltrasferimento dell’azienda (o delle partecipazioni)beneficia di tale regime.
La liquidazione dei legittimari non assegnatari
76Avv. Viviana Capozzi 76
Se la liquidazione avviene mediante iltrasferimento di beni immobili sono dovute anchele imposte ipo-catastali (salvo che si verifichi ladescritta ipotesi di esenzione ai fini dell’impostasulle donazioni).
Anche in questo caso, ovviamente, se iltrasferimento è a favore di un soggetto inpossesso dei requisiti e delle condizioni previsteper l’acquisto della prima abitazione, le ipo-catastali si applicano nella misura fissa.
La liquidazione dei legittimari non assegnatari
77Avv. Viviana Capozzi 77
In base a quanto disposto dal co. 2 dell’art. 768-quater, del c. c., l’obbligo di liquidare le quotespettanti agli altri legittimari non assegnatari puòvenir meno (in tutto o in parte) solo nell’ipotesi in cuiquesti ultimi vi rinuncino espressamente.
Se si condivide la qualificazione del patto di famigliacome una liberalità diretta nei confrontidell’assegnatario e indiretta nei confronti degli altrilegittimari, la rinuncia di questi ultimi dovrebbedeterminare un accrescimento del valore dellaliberalità effettuata dal disponente a favoredell’assegnatario, assoggettata ad imposta didonazione.
La liquidazione dei legittimari non assegnatari
78Avv. Viviana Capozzi 78
Viceversa, la circolare n. 3/E del 2008 haaffermato che detta rinuncia “non ha effettitraslativi ed è, quindi, soggetta alla sola impostadi registro in misura fissa, dovuta per gli atti prividi contenuto patrimoniale (art. 11 della Tariffa,parte prima, allegata al TUR)”.
L’escludere che la rinuncia in questione abbiaeffetti traslativi mette potenzialmente in crisi laqualificazione giuridica di detto atto diliquidazione come liberalità indiretta effettuatadal disponente a favore dei legittimari nonassegnatari.
La liquidazione dei legittimari non assegnatari
79Avv. Viviana Capozzi 79
La rinuncia alla liquidazione dei legittimari nonassegnatari sarebbe priva di effetti traslativi solonell’ipotesi in cui detta liquidazione fossequalificabile come una liberalità (o donazione)spontaneamente (e non per vincolo di legge)effettuata dal legittimario assegnatario nei confrontidei non assegnatari.
Solo in questa ipotesi, infatti, la rinuncia nondeterminerebbe un accrescimento della baseimponibile della prima attribuzione (il trasferimentodell’azienda o delle partecipazioni dal disponente allegittimario assegnatario).
La liquidazione dei legittimari non assegnatari
80Avv. Viviana Capozzi 80
Proprio per la rilevante portata delle incertezzeinterpretative suscitate da alcune delle affermazionicontenute nella circolare n. 3/E del 2008 e ribaditenella recente circolare n. 18/E del 2013, è auspicabileche l’Amministrazione finanziaria intervenganuovamente in suddetta materia, chiarendoesplicitamente quale sia la qualificazione giuridicadelle attribuzioni effettuate mediante il patto di famigliae il conseguente trattamento impositivo agli effettidell’imposta di successione e donazione.
In mancanza, rimane sempre auspicabile un interventonormativo volto ad offrire un’organica disciplina disettore.
La liquidazione dei legittimari non assegnatari
81Avv. Viviana Capozzi 81
La liquidazione dei «legittimari sopravvenuti»
Il co. 1 dell’art. 768-sexies del c.c., prevede che,all’apertura della successione del disponente, ilconiuge e gli altri legittimari «che non hannopartecipato al contratto» possono chiedere aibeneficiari del medesimo il pagamento dellasomma (oltre gli interessi legali) prevista dalsecondo comma dell’art. 768-quater del c.c..
Non è chiaro se la norma va riferita sia ai soggettiche, pur essendo legittimari al momento dellastipula del patto di famiglia, non sono intervenuti almedesimo, sia ai legittimari sopravvenuti allastipula del contratto; ovvero solo a questi ultimi.
82Avv. Viviana Capozzi 82
La liquidazione dei «legittimari sopravvenuti»
L’obbligazione di liquidare i legittimari sopravvenutiricade non solo sull’assegnatario dell’azienda o dellepartecipazioni ma, come coobbligati solidali, anchesu tutti gli altri legittimari che hanno “beneficiato” delpatto di famiglia, ottenendo dall’assegnatario laliquidazione della propria quota di legittima.
Si legge infatti nella rel. ill.: “naturalmente tale dirittopotrà essere esercitato nei confronti del soloassegnatario dell’azienda nel caso in cui non vi siastata liquidazione in favore degli altri legittimaripartecipanti al contratto, ovvero nei confronti dei (oanche dei) legittimari partecipanti che abbianoricevuto la liquidazione di cui ai commi terzo equarto”.
83Avv. Viviana Capozzi 83
La liquidazione dei «legittimari sopravvenuti»
Con riferimento ai modelli impositivi applicabili allaliquidazione dei legittimari sopravvenuti, si sottolineache detta liquidazione, qualora avvenga mediantestipula di apposito accordo, è riconducibile alladisciplina di cui all’art. 43 del D.Lgs n. 346 del 1990(accordi per la reintegra dei diritti dei legittimari).
Tale accordo, infatti, interviene dopo l’apertura dellasuccessione del disponente e l’applicazione delrichiamato art. 43 del D.Lgs. n. 346 del 1990 risultafunzionale a evitare una duplicazione d’imposta,rispetto a quella assolta dai coobbligati solidali, conriferimento ai trasferimenti effettuati al momento dellaconclusione del patto di famiglia.
84Avv. Viviana Capozzi 84
ANALISI COMPARATIVA
85Avv. Viviana Capozzi 85
Passaggio generazionale attraverso il trust
Sempre più di frequente, il passaggio generazionale
dell’impresa viene attuato mediante la costituzione di trust.
I vantaggi dell’utilizzo del trust sono che:
• si può realizzare una pianificazione
multigenerazionale (le vicende personali degli eredi
non comportino l’ulteriore frammentazione delle quote
di partecipazione al capitale sociale, né generino effetti
sulla governance aziendale);
• non richiede che vi sia accordo da parte degli eredi
sulle modalità di disposizione scelte dall’imprenditore o
dal socio;
• risolve i problemi derivanti dalla difficoltà di reperire
risorse necessarie a liquidare la quota agli altri eredi;
85
86Avv. Viviana Capozzi 86
• consente al disponente di dare indicazioni sulla
modalità di conduzione dell’impresa al trustee;
• si neutralizza l’effetto di divisione del patrimonio
aziendale proprio della successione, in quanto per
effetto della segregazione patrimoniale il
patrimonio in trust è distinto dal patrimonio del
disponente ed insensibile alle sue vicende
personali e patrimoniali.
Va, tuttavia, tenuto presente che il trust deve tenere in
giusta considerazione la tutela degli interessi
successori di altri soggetti legittimati i quali, in caso di
estromissione, potranno esperire l’azione di riduzione.
Passaggio generazionale attraverso il trust
87Avv. Viviana Capozzi 87
La disciplina del trust
Il trust è un istituto giuridico nato nei sistemi giuridici di
common law (Inghilterra) già impiegato nel Medioevo
con modalità simili a quelle utilizzate oggi.
Nell’ordinamento italiano non è prevista una disciplina
civilistica del trust, tuttavia, l’applicazione in Italia è
consentita a partire dal 1° gennaio 1992, a seguito
della ratifica della convenzione dell’Aja del 1 luglio
1985 realizzata dalla Legge 16 ottobre 1989 n. 364.
La finanziaria per il 2007 ha introdotto alcune
disposizioni di carattere fiscale che individuano i criteri
di tassazione del trust.
87
88Avv. Viviana Capozzi 88
L’impianto normativo, nel complesso piuttosto scarno, è
stato oggetto di diversi interventi interpretativi da parte della
prassi amministrativa, fra questi spiccano per importanza
due circolari dell’Agenzia dell’Entrate:
• circolare 6 agosto 2007, n. 48/E e
• circolare 27 dicembre 2010, n. 61/E.
Nel corso degli ultimi anno sono stati presentati vari
disegni di legge finalizzati all’emanazione di una legge che
regolamentasse il trust in Italia. Ultimo in ordine di tempo è
il dDL n. 2284 presentato dal Ministro della giustizia
(Alfano) il 10 luglio 2010 nel corso della 16ª Legislatura.
La disciplina del trust
89Avv. Viviana Capozzi 89
Per trust si intende un rapporto giuridico mediante il quale:
• una persona fisica o giuridica, detta disponente (o
settlor),
• pone dei beni o dei diritti (trust fund)
• sotto il controllo di un amministratore (trustee), a sua
volta eventualmente controllato da un garante (protector)
• perché li gestisca nell'interesse di uno o più beneficiari
ovvero per una specifica finalità
Tale definizione coglie gli elementi essenziali del trust che
si caratterizza per essere uno strumento estremamente
mutevole nelle modalità applicative e nelle finalità
perseguibili.
La disciplina del trust
90Avv. Viviana Capozzi 90
Le principali caratteristiche del trust sono:
• fiducia: i rapporti tra disponente e trustee sono improntati
su base fiduciaria,
• versatilità: le suddivisioni e le definizioni dei ruoli sono
rimesse all’autonomia privata (un unico soggetto può
ricoprire anche ruoli diversi, salvo l’opportunità di non
confondere i ruoli del settlor e del trustee),
• autonomia patrimoniale: il patrimonio rimane “segregato”
nel trust sino alla sua estinzione.
Con la segregazione i beni vengono sottratti alle vicende
che possono vedere coinvolto il loro proprietario, non
possono essere assoggettati a procedure esecutive, sono
sottratti all’eventuale regime di comunione legale, non
fanno parte dell’asse ereditario.
Le caratteristiche del trust
91Avv. Viviana Capozzi 91
L’art 73, co. 1, lett. b), del Tuir, riconosce soggettività
passiva IRES al trust, mentre il co. 2 del medesimo articolo
dispone che, in presenza di “beneficiari individuati” il
reddito conseguito dal trust deve essere loro imputato, in
proporzione alla loro quota di partecipazione individuata in
base all’atto costitutivo oppure ad altri documenti a
questo successivi, ovvero, in mancanza, in parti uguali.
Pertanto se il trust è privo di beneficiari individuati (trust
opaco) i redditi prodotti dal medesimo saranno assoggettati
ad IRES in capo al trust; se, viceversa, ha dei beneficiari
individuati di reddito, detti redditi saranno assoggettati ad
IRPEF in capo ai medesimi (trust trasparente”).
La tassazione dei redditi del trust
92Avv. Viviana Capozzi 92
È possibile che un trust sia al contempo opaco e
trasparente (trust misto), come avviene nel caso in cui
l'atto istitutivo preveda che una parte del reddito di un
trust sia accantonata a capitale e l'altra parte sia
attribuita ai beneficiari (trust di accumulo).
In tal caso:
il reddito accantonato sarà tassato in capo al
trust (circ. 61/E del 2010);
il reddito attribuito ai beneficiari, qualora ne
ricorrano i presupposti (vale a dire quando i
beneficiari hanno diritto di acquisire detto
reddito), sarà imputato ai beneficiari medesimi.
La tassazione dei redditi del trust
93Avv. Viviana Capozzi 93
Quindi, sia in ipotesi di trust trasparente che opaco, è
necessario:
in prima battuta, determinare il reddito del trust;
solo successivamente, procedere a verificare se
esistano beneficiari individuati, ai quali sarà imputata
per trasparenza, la parte di reddito loro spettante.
Nella determinazione del reddito del trust trovano
applicazione le norme previste per:
gli enti commerciali (se il trust svolge attività
commerciale);
gli enti non commerciali (se il trust non svolge in
maniera prevalente attività commerciale);
gli enti non residenti (se è un trust non residente).
La tassazione dei redditi del trust
94Avv. Viviana Capozzi 94
Per essere soggetto passivo IRES il trust deve esseretitolare esclusivo della ricchezza prodotta dai beni cheha in dotazione patrimoniale, a tal fine:
si richiede che sia irrevocabile (nei rapporti con ilsettlor) e discrezionale per quanto riguarda l’operatodel trustee (risoluzione n. 8/E del 17/01/2003),
maggiore è il potere di gestione attribuito al trustee,maggiore è la possibilità di qualificare il trust comesoggetto autonomo nei confronti del Fisco.
In mancanza la tassazione avviene in capo al settlor.
La soggettività passiva del trust
95Avv. Viviana Capozzi 95
Con riferimento alle ipotesi trust revocabile
(grantor trust), la circolare n. 48/E del 2007, ha
evidenziato come:
in questa ipotesi non si verifica un trasferimento
irreversibile dei diritti;
il disponente non subisce una permanentediminuzione patrimoniale;
conseguentemente, non si verifica la soggettivitàpassiva del trust ai fini delle imposte sui redditiche sono tassati in capo al settlor.
La soggettività passiva del trust
96Avv. Viviana Capozzi 96
Come ricordato dalla circolare 61/E del 2010,
affinché vengano riconosciuti effetti giuridici in
Italia ad un trust, questo deve presentare gli
elementi fondamentali individuati dalla
Convenzione dell'Aja.
Di conseguenza “i beni facenti parte del patrimonio
del trust non possono continuare ad essere a
disposizione del disponente né questi può
beneficiare del relativo reddito”
La soggettività passiva del trust
97Avv. Viviana Capozzi 97
“Non possono essere considerati validamente
operanti sotto il profilo fiscale i trust che sono
istituiti e gestiti per realizzare una mera
interposizione nel possesso dei beni e dei
redditi.
E' il caso, ad esempio, dei trust nei quali l'attività
del trustee risulti eterodiretta dalle istruzioni
vincolanti riconducibili al disponente o ai
beneficiari”.
La soggettività passiva del trust
98Avv. Viviana Capozzi 98
La manovra di finanza pubblica per il 2007 ha,altresì, disciplinato sotto il profilo fiscale i redditiconseguiti dal beneficiario del reddito trust (lett.g-sexies aggiunta al co. 1 dell'art. 44 del Tuir).
Costituiscono redditi di capitale i redditi imputati albeneficiario di trust ai sensi dell'articolo 73, comma2, del Tuir.
I redditi imputati ai beneficiari sono ricondotti allacategoria dei redditi di capitale anche nel caso in cuiil beneficiario sia un soggetto non residente.
La tassazione dei redditi dei beneficiari
99Avv. Viviana Capozzi 99
NB i redditi tassati in capo ai beneficiari del redditodel trust, qualificandoli come redditi di capitale, sonounicamente quei redditi imputati per trasparenzaai beneficiari.
I redditi tassati in capo ad un trust opaco, qualoradopo aver scontato l'IRES vengano trasferiti albeneficiario finale del trust (insieme al resto delpatrimonio), gli stessi non subiscono alcuna ulterioreforma di tassazione.
Tali redditi, infatti, integrano una forma di reddito“patrimonializzato”.
La tassazione dei redditi dei beneficiari
100Avv. Viviana Capozzi 100
Se la dotazione patrimoniale del trust avviene
attraverso la costituzione di un vincolo di
destinazione su beni relativi all’impresa che
fuoriescono da detto regime la costituzione del
vincolo integra un’ipotesi di destinazione a finalità
estranee all’impresa (circolare 48/E del 2007);
Se viene destinata ad un trust un'azienda, il
trasferimento avverrà in piena neutralità fiscale,
secondo le modalità dettate dal co. 1 dell’art. 58 del
T.U.I.R., che deve ritenersi operante nei confronti
della fattispecie in esame.
La dotazione patrimoniale del trust
101Avv. Viviana Capozzi 101
Sotto il profilo delle imposte indirette, i momenti“potenzialmente rilevanti” nella vita di un trustsono:
• la stipula dell’atto istitutivo di trust (con o senzadotazione patrimoniale)
• atto di dotazione patrimoniale del trust da partedel disponente (settlor)
• trasferimento dei beni in trust ai beneficiari finalidello stesso, da parte del trustee.
Le imposte indirette
102Avv. Viviana Capozzi 102
Quando l'atto costitutivo non contiene anche la
dotazione patrimoniale del trust, non realizza
alcun trasferimento di tipo patrimoniale, né
costituisce vincoli di destinazione.
“L'istituzione del trust, senza che si realizzi alcun
trasferimento di elementi patrimoniali costituisce
un programma di attribuzioni, anche patrimoniali,
non ancora realizzato” (Parere n. 19972/2003 del
24 luglio 2003 - Agenzia delle Entrate - Direzione
regionale della Liguria - Ufficio fiscalità).
Le imposte indirette
103Avv. Viviana Capozzi 103
La circolare 48/E del 2007 sul punto ha infatti evidenziato
che l'atto costitutivo del trust, che non contenga al suo
interno anche la dotazione patrimoniale dello stesso:
• va assoggetto ad imposta di registro e non ad
imposta di successione e donazione (non implica
la costituzione di alcun vincolo di destinazione)
• l’imposta di registro deve essere applicata in
misura fissa ex art. 11 della Tariffa parte prima
allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 (altri atti non
aventi contenuto patrimoniale).
Le imposte indirette
104Avv. Viviana Capozzi 104
L'atto con il quale viene costituito il patrimonio del
trust, viceversa, è quell’atto di “dotazione”, ovvero
“segregazione”, con il quale il disponente (settlor)
destina i beni al trust e li affida all'amministrazione
del trustee.
La dotazione patrimoniale del trust può essere
effettuata dal settlor o con atto inter vivos oppure
con atto testamentario (mortis causa).
Le imposte indirette
105Avv. Viviana Capozzi 105
Per le donazioni e gli atti di trasferimento a titologratuito di beni e diritti e la costituzione di vincoli didestinazione di beni l'imposta è determinatadall'applicazione delle seguenti aliquote
a) a favore del coniuge e dei parenti in linea rettasul valore complessivo netto eccedente, perciascun beneficiario, 1.000.000 di euro: 4%;
b) a favore degli altri parenti fino al quarto grado edegli affini in linea retta, nonché degli affini inlinea collaterale fino al terzo grado: 6%;
c) a favore dei fratelli e delle sorelle sul valorecomplessivo netto eccedente , per ciascunbeneficiario, 100 mila euro; 6%;
d) a favore di altri soggetti: 8%.
Le imposte indirette
106Avv. Viviana Capozzi 106
Posto che il trust rientra nell’ambito di applicazionedell’imposta sulle donazioni e successioni, anche neiconfronti delle ipotesi in cui il passaggiogenerazionale dell’impresa viene pianificatoattraverso la costituzione di un trust, potrà trovareapplicazione l’esenzione di cui all’art. 3 , co. 4-ter,del D.Lgs n. 346 del 1990.
Anche in questo caso l’esenzione di cui al comma 4-ter dell’art. 3 del D.Lgs n. 346 del 1990 competerà,ovviamente, solo al verificarsi delle condizioninormativamente poste, descritte in precedenza.
In proposito, la circolare n. 18/E del 2013 ha fornitoalcuni importanti chiarimenti.
Il regime di esenzione
107Avv. Viviana Capozzi 107
“In applicazione del comma 4-ter del citato articolo 3,la costituzione del vincolo di destinazione in un trustdisposto a favore dei discendenti del settlor non èsoggetto all'imposta qualora abbia ad oggettoaziende o rami di esse, quote sociali e azioni,purché siano soddisfatte le condizioni prescritte dalpredetto articolo 3, comma 4-ter (cfr. circolare del 6agosto 2007, n. 48/E).”
Dette condizioni si ritengono soddisfatte se:
- il trust abbia una durata non inferiore a cinque anni adecorrere dalla stipula dell’atto che comporta lasegregazione in trust della partecipazione di controlloo dell'azienda;
- i beneficiari finali siano necessariamentediscendenti e/o coniuge del disponente;
Il regime di esenzione
108Avv. Viviana Capozzi 108
- il trust non sia discrezionale o revocabile, vale adire, ad esempio, che non possono essere modificatidal disponente o dal trustee i beneficiari finalidell'azienda o delle partecipazioni trasferite in trust;
- il trustee deve proseguire l'esercizio dell’attivitàd’impresa o detenere il controllo per un periodo noninferiore a cinque anni dalla data del trasferimento(individuabile nell’atto segregativo dell’azienda e/odelle partecipazioni) e, a tal fine, deve rendere,contestualmente al trasferimento, appositadichiarazione circa la sua volontà di proseguirel'attività di impresa (o detenere il controllo).”
Il regime di esenzione
109Avv. Viviana Capozzi 109
Alcuni esempi: risoluzione n. 110 del 2009
Con la costituzione di un trust, il disponente fa acquistare altrustee la proprietà delle quote della società attualmente insuo possesso, pari al 97% del capitale sociale.
Trascorso il periodo di dieci anni il trustee potrà decidere,a sua scelta, di trasferire o meno ai beneficiari (coniuge edue figli del disponente), sulla base delle percentualiprestabilite, quote della società sopra indicata e/o immobiliad essa intestati e/o titolarità di quote di società controllatee/o collegate.
La durata del trust è di dieci anni ed è garantita ladetenzione del pacchetto di controllo da parte deibeneficiari, per mezzo del trustee , per un periodo noninferiore a cinque anni, così come richiesto dall'art. 3, co. 4-bis, del D.Lgs. n. 346 del 1990.
110Avv. Viviana Capozzi 110
Alcuni esempi: risoluzione n. 110 del 2009
In via generale, l’Agenzia delle Entrate haevidenziato anche nel caso di trasferimentodell'azienda in trust la costituzione del vincolo didestinazione potrà godere dell'esenzione in esamepurché siano soddisfatte le condizioni prescritte dalpredetto art. 3, co. 4-ter (in tal senso già la circolaren. 4/E del 6 agosto 2007).
In tal caso, tuttavia, è necessario che lacostituzione del trust sia strumentale alla finalitàliberale del passaggio generazionale aidiscendenti o al coniuge del disponente.
111Avv. Viviana Capozzi 111
Alcuni esempi: risoluzione n. 110 del 2009
Ciò premesso, considerato che nel caso in esame:
• al termine della durata del trust il trustee ha ilpotere di disporre discrezionalmente deltrasferimento delle partecipazioni di controllo;
• a favore dei beneficiari finali non è previsto undiritto incondizionato al trasferimento dellepartecipazioni di controllo della società;
L’agenzia non ha ritenuto soddisfatte le condizioniper applicare la disposizione di esenzione di cui all'art.3, co. 4-ter, del TUS, venendo disattesa la ratio dellanorma di esenzione di favorire: il passaggiogenerazionale ai discendenti o al coniuge deldisponente.
112Avv. Viviana Capozzi 112
Al di fuori delle ipotesi in cui trova applicazione
il descritto regime di esenzione, vanno verificate
le modalità con cui l’imposta di donazione e
successione deve essere applicata quando il
passaggio generazionale dell’impresa avviene
attraverso la costituzione di un trust.
Nel nostro sistema la tassazione dei vincoli di
destinazione, a prescindere da un trasferimento
di ricchezza, potrebbe lasciare spazio a dubbi in
merito alla sua coerenza con i criteri su cui si
fonda l’imposizione della capacità economica.
Le imposte indirette
113Avv. Viviana Capozzi 113
Focalizzando l’attenzione sul momento in cui
si manifesta una ricchezza è possibile ritenere
che una capacità economica si manifesta nei
vincoli di destinazione nel momento traslativo
finale (al beneficiario) e non certamente nel
momento della dotazione patrimoniale del trust
(vale a dire nel momento in cui il disponente
destina l’azienda o le partecipazioni al trust).
Per questo la ratio dell’imposta potrebbe essere
salvata tassando non l’atto ma l’effetto finale.
Le imposte indirette
114Avv. Viviana Capozzi 114
Con la circolare 48/E del 2007 l’Agenzia delle Entrate
ha evidenziato che il trust si sostanzia in un rapporto
giuridico complesso che ha un'unica causa
fiduciaria. Tutte le vicende del trust (istituzione,
dotazione patrimoniale, gestione, realizzazione
dell'interesse del beneficiario, il raggiungimento dello
scopo) sono collegate dalla medesima causa.
Ciò induce a ritenere che la costituzione del vincolo di
destinazione avvenga sin dall'origine a favore del
beneficiario finale (naturalmente nei trust con
beneficiario) e sia espressione dell'unico disegno volto
a consentire la realizzazione dell'attribuzione liberale.
Il trust
115Avv. Viviana Capozzi 115
Quali sono le modalità di individuazione
dell’aliquota e delle franchigie d’imposta applicabili
alle singole operazioni?
Nell’individuazione dell’aliquota dell’imposta
sulle donazioni e successioni, non si deve fare
riferimento al rapporto esistente fra settlor e
trustee, bensì a quello tra settlor e beneficiario
(questo nonostante l'imposta venga applicata al
momento della dotazione patrimoniale e non al
momento del trasferimento al beneficiario finale).
Il trust
116Avv. Viviana Capozzi 116
Secondo l’Amministrazione finanziaria (circolare 47/E del
2007) ai fini dell’applicazione sia delle aliquote ridotte sia
delle franchigie, il beneficiario deve poter essere
identificato, in relazione al grado di parentela con il
disponente, al momento della costituzione del vincolo:
ad esempio, per poter applicare l'aliquota del 4% prevista
tra parenti in linea retta, e' sufficiente sapere che il
beneficiario di un trust familiare sarà il primo nipote al
conseguimento della maggiore età.
Nel trust di scopo, l’imposta sarà dovuta con l’aliquota
dell’8%, prevista per i vincoli di destinazione a favore di
“altri soggetti”.
Il trust
117Avv. Viviana Capozzi 117
Come chiarito dalla circolare 48/E del 2007, la
devoluzione ai beneficiari finali dei beni vincolati
in trust non realizza, ai fini dell’imposta sulle
donazioni, un presupposto impositivo ulteriore:
I beni, infatti, hanno già scontato l’imposta sulla
costituzione del vincolo di destinazione al
momento della segregazione in trust e questa
tassazione ha come presupposto il trasferimento di
ricchezza ai beneficiari finali.
Il trust
118Avv. Viviana Capozzi 118
I chiarimenti forniti dalla circolare n. 48/E del 2007, in
materia di imposte indirette appaiono in aperta
violazione del principio di capacità contributiva
(art. 35 della Cost.).
Una corretta ricostruzione del modello impositivo, non
può non tener conto del fatto che in molte ipotesi l'atto
di dotazione patrimoniale del trust è facilmente
riconducibile all'ipotesi di atto sottoposto a
condizione sospensiva, di cui all'art. 58, co.2, del
D.Lgs n. 346 del 1990 (“Per le donazioni sottoposte a
condizione si applicano le disposizioni relative
all'imposta di registro”).
Il trust