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prima edizione novembre 2012 - · PDF fileLe poesie che Bendandi introduce nei lavori...

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iArt Edizioniprima edizione novembre 2012

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Fin dall’inizio della sua vita, l’uomo è condizionato a credere che il mondo in cui vive sia assolutamente una realtà materiale. Così cresce sotto l’effetto di questo condizionamento e costruisce la sua intera vita su questo punto di vista. Tutte le informazioni che abbiamo sul mondo esterno sono convogliate dai nostri cinque sensi. Il mondo che conosciamo consiste in ciò che VEDIAMO, SENTIAMO, ODORIAMO, GUSTIAMO, TOCCHIAMO. L’uomo è dipendente da questi cinque sensi fin dal momento della nascita, per questo conosce il “mondo esterno”. Ma che cos’è quello che chiamiamo il “mondo esterno”.Totalmente diverso è il formarsi del significato in base al quale noi leggiamo questa configurazione di lettere come un testo. Qui ha luogo un’emancipazione da tutte le condizioni di formazione e sviluppo. È evidente che l’affacciarsi di un senso e di un significato, quindi della vita, è legato a un tipo di complessità superiore della materia. Anche se il risultato non è qualcosa complesso, bensì di assolutamente semplice: è l’interiorità. La vita non è uno stato della materia, ma è l’essere di un vivente.Il formarsi del significato in base al quale noi leggiamo, capiamo ogni cosa da luogo a un’emancipazione da tutte le condizioni di formazione e sviluppo. È evidente che l’affacciarsi di un senso e di un significato, quindi della vita, è legato a un tipo di complessità superiore della materia. Anche se il risultato non è complesso, bensì assolutamente semplice: è l’interiorità. La vita non è uno stato della materia, ma è l’essere di un vivente, e quindi oltre la materia.La Galleria Wikiarte risponde a queste problematiche di stampo esistenzialista con un progetto svolto in collaborazione con l’azienda Oltremateria, coinvolgendo tre artisti, Dejà vu, Mauro Bendandi e Roberto Pagnani, che danno, ogni uno con i propri mezzi espressivi, una soluzione artistica alle suddette problematiche. L’alleanza tra due ambiti che curano la persona, la galleria come tempio dell’anima, e l’azienda dell’abitare ecosostenibile come tempio del corpo, è un metodo già ben noto, che ha generato, oltre i design, la nuova arte “utile”.La forma semplice che assume un significato profondo è ben illustrata dagli oggetti artistici di Dejà vu, dove oltre la funzione concreta e materiale (materica) è presente quella comunicativa e concettuale (artistica).La convivenza tra materiale duro, il metallo, e la softness dell’idea, la poesia, sta alla base dei lavori di Mauro Bendandi. La sua arte racconta al meglio la doppia vita delle cose, che esistono grazie alla realtà materiale, ma che assumono una vita propria solo quando se ne liberano.La materia di per se, senza limiti e forme, è il cuore della pittura di Roberto Pagnani. L’Informale nella storia dell’arte, è tra le prime correnti che si caricano di più di concettualismo e negano la materia, meglio, scavano in essa. Pagnani condivide questo stile, ma lo oltrepassa, affascinato dalla dimensione che va oltre il quadro, oltre la materia.Sono questi i meccanismi che fanno nascere una mostra d’arte all’interno di uno showroom aziendale, dinamiche che scaturiscono da una sensibilità comune a due realtà che mezzo secolo fa erano considerate opposte, mentre oggi condividono lo stesso campo, quello dell’Arte.

Denitza Nedkova

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DEJAVU

La corsa contro il tempo

Déjà vu…..sento di averlo già visto ,ma mi rendo conto che non corrisponde realmente a un’esperienza vissuta….ma allora le mie funzioni cognitive si sono alterate……..

La paramnesia, la sensazione di estemporaneità, diventa il moto e il logo del giovane artista bolognese DEJAVU I suoi lavori, seguendo questo credo, sembrano scoppiare di forme e colori, uscire dalla superficie pittorica e dai margini della cornice. Immediata è l’ associazione delle immagini con i loro creatori, le mani di DEJAVU, coperti di tatuaggi variopinti. Ma oltre questa prima corrispondenza che, indubbiamente, ha condizionato l’artista, c’è tutto un mondo più complesso; il mondo che ha incantato DEJAVU durante i suoi viaggi in America e Cuba e che ha lasciato un’impronta profonda nella sua espressività artistica. Cosi vediamo DEJAVU lavorare su superfici ceramiche con risultati che ricordano non a caso Amelia Peláez e i suoi celebri murales di ceramica. Le raffigurazioni sono piene d’immagini e colori, carichi di simbologie esplicite e non, che esplodono nei dinamici ritmi afro-cubani. Quest’ultimo termine fa riferimento alla combinazione di elementi culturali africani e di altri che si trovano nella società cubana come la mitologia, la religione, la musica, la lingua, le arti e la cultura di classe. Ebbene, tutto questo è presente anche nei lavori di DEJAVU. Pensiamo solo ai simboli più ricorrenti: non è il pesce uno dei più potenti simboli della religione cristiana oppure non è il geco l’unione tra uomo e natura in molte mitologie, non è la donna La Vergine e anche il peccato originale?! Con questo spirito creavano le loro figure ibride i grandi come lo stesso Wifredo Lam , che con il suo capolavoro The Jungle rileva la selvaggia genuinità che anima anche i lavori di DEJAVU. Queste caratteristiche cubani-sub sahariane sono la base per tutto quello che sarà dopo in America il graffitismo di un Haring, il primitivismo di Basquiat , la Pop Art o la religione eretica di Andres Serrano. Seguendo questo iter storico è evidente come l’arte popolare, non è altro che il risultato, la conseguenza di un’arte prima primitiva, istintiva, frazionata e solo dopo resa popolare semplificandola in veloce disegno grafico. La rappresentazione veloce, leggera e coloratissima, che tanto vorrebbe essere ludica, narra invece i soggetti più impegnativi della storia umana, che attraggono l’attenzione proprio per il loro manifestarsi giocoso. Una volta che l’occhio ha percepito tutta la policromia seduttrice, emergono altri strati di lettura che interessano l’inconscio, i ricordi remoti del genere umano. Questo contrasto tra forma semplice e significato profondo è il punto di forza anche degli ultimi interventi di DEJAVU. Oggetti come biciclette, sanitari, piastrelle vengono coinvolti in una danza di arabeschi che li trasforma, e non solo decontestualizza, in oggetti d’arte che hanno il privilegio di avere una duplice funzione, quella prettamente utilitaria e quella comunicativa dell’opera d’arte. Le radici dell’arte di DEJAVU sono quindi lontani dalle ben famose correnti contemporanee alle quali è spesso associato. I tatuaggi stessi, la più antica espressione della Body Art, dimostrano come l’artista è attratto dalle più antiche espressioni artistiche, quelle senza nomi e firme, che avevano la liberta di disegnare ovunque, su i sassi, su le brocche, sul legno…..cosi come oggi disegna DEJAVU……..il ricordo di qualcosa già stato molto tempo fa e mai dimenticato.

Denitza Nedkova

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WC styletecnica mista su ceramica

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Pesce di cuoritecnica mista su ceramica

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Mimetic jekotecnica mista su teca

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MAURO BENDANDI

La vita delle cose

“Cosa” è un vocabolo che sostituisce ogni termine proprio, concreto o astratto, che riceve determinazione dal contesto, indicando una realtà ancora non individuata. Questa definizione è la prima “cosa” utile e indispensabile quando si vuole parlare dell’arte di Mauro Bendandi.Un’arte già analizzata che ha ricevuto le sue corrette risoluzioni: un oggettivismo di stampo pop, un purismo minimal, il patchwork Neo Dada, la diversificazione del materiale di stampo informale. Tutte osservazioni che permettono di capire qual’è l’iter formativo dell’artista e quali sono gli stili che condizionano il suo.La decontestualizzazione dell’oggetto, propriamente indicata nei lavori di Bendandi, perde via via forza. L’oggetto non è più “fuori campo” ma inizia a valere di per sé, senza contesto, come una cosa individuata dallo spettatore e riconosciuta per quello che è e non per quello a cui serve, ma importante per le sue forme, per i suoi colori, per il modo in cui si pone al mondo. Quest’aspetto è reso possibile non solo dall’occhio di chi guarda, ma certamente dall’occhio di chi vede. Sappiamo che il primo a vedere il quadro è l’artista. L’inquadramento che Bendandi dà ai suoi lavori ha una forte impronta fotografica. Il dettaglio della cosa la tradisce tutta, sfuocando lo sfondo, a volte, eliminandolo, per farla contrastare con il resto, non tramite colori o luci, ma tramite la presenza della cosa stessa. Un atteggiamento macrofotografico da un pittore che sperimenta con le forme e i materiali. Si torma al vecchio binomio Pittoricismo/Iperrealismo, dove nel primo la fotografia imitava la pittura colorando solo il soggetto, mentre nel secondo la pittura emula la fotografia creando immagini “troppo” verosimili. Bendandi prende la via mediana, dipingendo con sguardo fotografico, creando opere che si fondono con il muro bianco cosi come con il prato verde a seconda di quale cosa mette a fuoco l’obiettivo. L’esistenza della cosa è sintetizzata solo nella sua forma, come nella fotografia informale. Urge sottolineare come l’artista con una sola soluzione artistica riesca a toccare stilisticamente i due paragrafi dell’arte informale, quello pittorico, di solito privo di figurazione, e quello fotografico, caratterizzato dalla “banalità” della raffigurazione.La lamina di ferro, la foglia oro e argento, il metallo in generale è segno che l’artista “sforza” la superficie bidimensionale ed è attratto dalla terza dimensione con la profondità di uno sfondo neutro ma materico o lo sbalzo della dura applicazione metallica.L’incanto della convivenza di due soluzioni artistiche in un solo oggetto pittorico è attraversato da parole, piccoli versi che sostano sullo sfondo, come portati dal vento. L’elemento verbale non è il nonsense cubista, né il fonema decorativo delle avanguardie, ma dimostra l’atteggiamento analitico della Pittura Pittura, la corrente artistica che studia le “strutture” dei linguaggi - visivi, verbali, musicali, ecc. - nelle loro forme elementari e complesse. Le poesie che Bendandi introduce nei lavori pittorici non hanno una funzione esplicativa, didascalica, non esprimono un’idea o un pensiero ma la completano perché l’immagine di per sé è sempre abbastanza loquace, in quanto, per dirla con Vasarely «il creatore d’arte è l’intuitivo catalizzatore di tutte le informazioni della sua epoca».

Denitza Nedkova

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Elettriciolio su Lamiera

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Lampadario verdeolio e foglia d’argento su lamiera

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Venezia violaolio e foglia d’oro su lamiera

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ROBERTO PAGNANI“Quando partirai, diretto ad Itaca,che il tuo viaggio sia lungoricco di avventure e di conoscenza…”

Pare naturale iniziare l’analisi di un animo poetico e avventuroso come quello di Roberto Pagnani con una citazione di Kavafis, che sarà anche banale negli occhi degli altri, ma che racconta in poche parole l’uomo antico e moderno che del viaggio fa la sua meta.Come ogni viaggio anche quello di Pagnani è composto di diverse tappe legate a diverse terre e animate di presenze naturali e innaturali come quelli che incontrava l’eroe omerico.Dopo la partenza, raccontata con raffigurazioni-congedo con le forme famigliari, la serie di marine è quella sulla quale il nostro artista si sofferma di più, scegliendo la nave per la sua prima avventura. Ed è proprio questa serie di dipinti che racconta anche il primo viaggio artistico di Pagnani, un viaggio in apparenza inerte, compiuto all’interno della propria casa e della propria famiglia. Nipote di celebre collezionista, dal nonno aveva preso non solo il nome ma tutta la passione per il mondo dell’arte, il primo che esplora tra le numerose opere che animano la casa natale. La struttura del comportamento, la fenomenologia della percezione costruiscono la coscienza ma anche l’inconscio di Pagnani. La memoria diventa attuale, rinasce in una poetica al contempo giovane e antica, stravolta dalla grande onda dell’Informale e vissuta da Roberto tramite le opere di Moreni, stretto amico del nonno, di Licini, uno dei primi in Italia a muoversi negli anni ‘30 verso l’astrattismo, di Felice Canonico, con l’astrazione densa di architetture vagamente definibili e tanti altri, legati al nonno tramite l’amicizia e legati al nipote tramite la poetica.Il viaggio “statico” continua e porta davanti alle terre sconvolte e mosse dell’espressionismo aggressivo e astratto di Karel Appel, del gruppo CO.B.RA. in generale, di Mario Rossello con il suo rifiuto degli “ismi” sulla scia dei Nucleari. Il frutto di quest’avventura è affascinante. Le Marine di Pagnani sono un incontro tra reminiscenze post-cubiste in forme elementari e sintetiche, caratteristiche dell’arte di Moreni, come le masse informali e pastose delle larghe spatole , e il colore che combatte tra il suo esaurimento nell’astrattismo e la sua violenta esplosione espressionista. La nave , in effetti, non è presente come corpo, ma solo come visione parziale, ricordo vago di pochi elementi visibili, quelli che il mare restituisce alla fine del viaggio alla sua riva, quelli che l’artista raccoglie e ricompone per far rivivere la nave e dunque l’avventura…..Alla fine anni’50 l’Informale “appassisce”, si auto esaurisce…….è la fine di questo viaggio e l’inizio del nuovo. Inizia l’epoca dell’oggetto e dopo quella del concetto e dopo…..l’azzeramento del ritorno.Anche per Roberto Pagnani è arrivato il momento di svoltare, di intraprendere un nuovo percorso.I rozzi profili delle prue “forano” la superficie bidimensionale. La sfida spaziale è la prossima tappa per Pagnani. I resti di nave continuano a dominare la composizione, ma non sono più immagine, sono oggetto, sono realtà. Roberto cerca di resistere nel suo “ fare quadro”, nel suo essere dipintore, impegnando con insistenza gli strumenti della pittura, ma è una battaglia già persa. La promiscuità dei linguaggi è avvenuta, il dialogo è aperto e l’artista non si definisce più, non per la perdita dell’identità ma per l’acquisizione di altre. Le continue collaborazioni di Pagnani con poeti, letterati, musicisti è il chiaro segno di questa nuova consapevolezza artistica che caratterizza gli ultimi due secoli e dalla quale nessun contemporaneo rimane immune perché, per dirla sempre poeticamente, questa volta con Hikmet:“…..il più bello dei mari è quello che non navighiamo…..”

Denitza Nedkova

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Astolfo sulla lunatecnica mista su tela

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Paesaggio Itecnica mista su tela

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Paesaggio IItecnica mista su tela

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L’azienda ECOMAT s.r.l. titolare dei Brand OLTREMATERIA® ed ECOMALTA® è nata da un gruppo di persone: tecnici e ricercatori operanti da anni nel settore dei materiali innovativi e dei rivestimenti resinosi per pavimentazioni, progettisti con esperienze nel mondo del design e del Green Building.OLTREMATERIA Nasce dall’esigenza di costituire una realtà distributiva altamente professionale, dinamica, capace di formare e operare in tutto il mondo, dotata di una profonda conoscenza dei metodi produttivi, applicativi, distributivi e delle tecnologie più avanzate ed eco-sostenibili sul mercato, rivolta ad una clientela di Rivenditori e Professionisti interessati all’utilizzo di sistemi e materiali eco-compatibili per un basso impatto sull’ambiente

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RINGRAZIAMENTI SPECIALI

Angela Galeano Coordinatrice progetto

Denitza NedkovaCritica e storica dell’Arte

Deborah Petroni, Rubens Fogacci e Davide FoschiProprietari della Galleria Wikiarte di Bologna

Loris Casalboni Presidente di Oltremateria

OltremateriaLAB

per la disponibilità degli spazi

Planet Serviceper video e suono

Centro della Ceramicaper la logistica e supporto tecnico

Barbara Mazzolini e Maria Chiara Frati di Flowers per le decorazioni floreali

Vito Basiledella VirtualStudios per lo sviluppo grafico

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Dejavu Mauro Bendandi Roberto Pagnani

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GraficaVito Basile

www.virtualstudios.it

Galleria di riferimentoGalleria Wikiarte Via San Felice 18 40122 Bologna

Tel e fax 051/5882723 mail: [email protected] sito: www.wikiarte.com

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