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PRIN LLGGparatie filtranti definitivo · Figura 16. Meccanismi di rottura e relative distribuzioni...

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Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca PRIN 2010-2011 La mitigazione del rischio da frana mediante interventi sostenibili 1 PRIN 2010-2011 La mitigazione del rischio da frana mediante interventi sostenibili Raccomandazioni per la progettazione di paratie filtranti per la mitigazione del rischio da frana Responsabili scientifici del prodotto: Polimi-Parthenope 21 Aprile 2016
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La mitigazione del rischio da frana mediante interventi sostenibili

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PRIN2010-2011

La mitigazione del rischio da frana mediante interventi sostenibili

Raccomandazioni per la progettazione di paratie filtranti per la mitigazione del rischio da frana

Responsabili scientifici del prodotto: Polimi-Parthenope

21 Aprile 2016

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La mitigazione del rischio da frana mediante interventi sostenibili

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Unità di ricerca responsabili del prodotto: Politecnico di Milano Università di Napoli Parthenope Report redatto da: Claudio Di Prisco Andrea Galli Stefano Aversa Rosa Maria Stefania Maiorano Marianna Adinolfi Raffaele Di Laora

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Sommario

Premessa ....................................................................................................... 7

1. Introduzione ........................................................................................... 8

1.1 Descrizione dell'intervento 9

1.2 Approcci progettuali 10

1.3 Interazione palo-terreno 12

1.4 Comportamento meccanico del palo 13

1.5 Interazione tra pali 14

1.5.1 Effetto arco .............................................................................................. 14 1.5.2 Effetto ombra ........................................................................................... 16

2. Equilibrio limite – Metodi SLU ......................................................... 17

2.1 Terreni a grana fine in condizioni non drenate (terreni coesivi) 17 2.1.1 Pali liberi di ruotare in testa .................................................................... 17

2.1.2 Pali impediti di ruotare in testa ................................................................ 21

2.2 Analisi in condizioni drenate 24

2.2.1 Pali liberi di ruotare in testa .................................................................... 24

2.2.2 Pali impediti di ruotare in testa ................................................................ 26

3. Metodi Ibridi ........................................................................................ 30

3.1 Definizione della curva caratteristica 30

3.1.1 Esempio numerico ................................................................................... 32

3.1.2 Osservazioni ............................................................................................ 35

3.2 Metodi Ibridi all’equilibrio limite 35

4. Metodi completi negli spostamenti- Verifica SLE ........................... 37 4.1 Profilo di spostamento fissato 37

4.2 Profilo libero 39

4.2.1 Esempio: pendio indefinito ..................................................................... 40

5. Analisi sismica di pendii stabilizzati con pali ................................... 44

5.1 Metodi pseudostatici 44

5.1.1 Coefficiente di sicurezza di pendio indefinito stabilizzato con pali ........ 46 5.1.2 Coefficiente di sicurezza di pendio ad altezza limitata stabilizzato con pali 47

5.2 Analisi dinamiche semplificate: metodo degli spostamenti 48 5.2.1 Esempio numerico finalizzato alla la valutazione degli spostamenti sismoindotti per

pendio di altezza limitata stabilizzato con pali ........................................ 49

6. Osservazioni conclusive ...................................................................... 53

6.1 Monitoraggio 53

6.2 Criticità, durabilità, sostenibilità 53

6.3 Cantierizzazione 54

7. Bibliografia .......................................................................................... 55

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Lista delle figure Figura 1. (a) esempio di pendio caratterizzato da un meccanismo di scivolamento attivo; (b) valutazione dell’efficacia dell’intervento di stabilizzazione. ............................................................... 8 Figura 2. (a) schematizzazione di una paratia filtrante per la stabilizzazione di un pendio; (b-c-d-e) schematizzazione dei vincoli in testa ai pali. ....................................................................................... 9

Figura 3. Definizione schematica dei differenti approcci progettuali. ............................................... 11 Figura 4. Distribuzione degli sforzi lungo il fusto del palo: (a) condizioni di riposo, (b) attivazione del movimento.................................................................................................................................... 12

Figura 5. (a) esempi di curve P-y; (b) interazione palo-terreno tramite molle non lineari per un assegnato profilo di spostamenti del terreno U(z). ............................................................................. 12

Figura 6. Risposta non lineare nel diagramma momento-curvatura per la sezione di palo. .............. 14

Figura 7. Distribuzione di sforzo orizzontale sui pali: (a) pali isolati, (b) setto continuo, (c) effetto arco. .................................................................................................................................................... 14

Figura 8. Valutazione dell’azione unitatria A in funzione di S. ........................................................ 16 Figura 9. (a) disposizione di due file di pali nel pendio; (b) schema per la valutazione della distanza Bcr. ...................................................................................................................................................... 16

Figura 10. Meccanismi di rottura e relative distribuzioni di reazioni del terreno, taglio e momento flettente per terreni coesivi e palo libero di ruotare in testa. .............................................................. 18 Figura 11. Rappresentazione schematica del taglio adimesnionalizzato sulla superficie di scorrimento per terreni coesivi e palo libero di ruotare in testa e relativi meccanismi di rottura ...... 21

Figura 12. Meccanismi di rottura e relative distribuzioni di reazioni del terreno, taglio e momento flettente per terreni coesivi e palo impedito di ruotare in testa. ......................................................... 22 Figura 13. Rappresentazione schematica del taglio adimesnionalizzato sulla superficie di scorrimento per terreni coesivi e palo impedito di ruotare in testa e relativi meccanismi di rottura . 23

Figura 14. Taglio adimensionale per analisi in condizioni non drenate per diversi valori del momento di plasticizzazione adimensionale e rapporti di resistenza tra lo strato suuperiore e lo strato inferiore: (a) palo libero e (b) palo impedito di ruotare in testa. .............................................. 24 Figura 15. Meccanismi di rottura e relative distribuzioni di reazioni del terreno, taglio e momento flettente per analisi in condizioni drenate e palo libero di ruotare in testa. ....................................... 26 Figura 16. Meccanismi di rottura e relative distribuzioni di reazioni del terreno, taglio e momento flettente per analisi in condizioni drenate e palo impedito di ruotare in testa ................................... 27 Figura 17. Taglio adimensionale per analisi in condizioni drenate per diversi valori del momento di plasticizzazione adimensionale e rapporti di resistenza tra lo strato suuperiore e lo strato inferiore: (a) palo libero e (b) palo impedito di ruotare in testa. ........................................................................ 28

Figura 18. Formule di regressione per i valori limite del rapporto di infissione del momento adimensionalizzato per pali liberi di ruotare e impediti di ruotare per analisi in condizioni drenate. ............................................................................................................................................................ 29 Figura 19. Esempi di curve caratteristiche. ........................................................................................ 31

Figura 20. (a) Geometria del sistema; (b) andamento delle curve P-y per lo strato di sabbia sciolta (calcolate secondo Reese et al., 2006). .............................................................................................. 32

Figura 21. Profili di spostamento del terreno: (a) localizzato; (b) non localizzato; (c) rotazionale. (da Galli e di Prisco, 2013). ..................................................................................................................... 33

Figura 22. Evoluzione della forza di sostegno T trasferita al pendio per un profilo di spostamenti del terreno uniforme: (a) palo in CLS e (b) palo in acciaio (da Galli e di Prisco, 2013). ........................ 33

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Figura 23. Evoluzione della forza di sostegno T trasferita al pendio per diversi profili di spostamenti del terreno, per un palo libero in testa: (a) palo in CLS e (b) palo in acciaio (da Galli e di Prisco, 2013). ................................................................................................................................................. 34

Figura 24. Profili di spostamento del palo per diversi profili di spostamenti del terreno, per un palo libero in testa e per uno spostamento U0=20cm: (a) palo in CLS e (b) palo in acciaio (da Galli e di Prisco, 2013). ..................................................................................................................................... 34

Figura 25. Momenti flettenti nel palo per diversi profili di spostamenti del terreno, per un palo libero in testa e per uno spostamento U0=20cm: (a) palo in CLS e (b) palo in acciaio (da Galli e di Prisco, 2013). ..................................................................................................................................... 34

Figura 26. (a) applicazione di diverse curve caratteristiche al calcolo di FS secondo la (27); soluzione della (28) per due diversi esempi di curve caratteristiche. ................................................ 36 Figura 27. (a) Evoluzione dello spostamento del terreno e della profondità di falda in assenza dei pali. Evoluzione dello spostamento del terreno in presenza dei pali: (b) palo in acciaio e (c) palo in CLS (da Galli e di Prisco, 2013). ....................................................................................................... 39

Figura 28. (a) esempi di profili di velocità nel terreno; (b) interazione tra palo e terreno in moto laminare. ............................................................................................................................................. 40

Figura 29. Profili di velocità del terreno per i quattro diversi scenari. .............................................. 42 Figura 30. Profili di spostamento del terreno per i quattro diversi scenari. ....................................... 42 Figura 31. Schema di pendio indefinito stabilizzato con file di pali. ................................................. 46 Figura 32. (a) superficie critica per il pendio non rinforzato e (b) sua analisi a seguito di stabilizzazione con pali. ..................................................................................................................... 48

Figura 33. Casi studio di tre pendii stabilizzati con tre diverse configurazioni di pali. ..................... 50 Figura 34. Spostamenti di Newmark (registrazione ATMZ270). ...................................................... 51 Figura 35. Spostamenti sismoindotti in funzione del coefficiente di sicurezza in condizioni statiche. ............................................................................................................................................................ 52

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Lista delle tabelle Tabella 1. Valori di taglio e momento offerti dal palo per ciasuno dei sei meccanismi di Figura 10. ............................................................................................................................................................ 19 Tabella 2. Proprietà dei materiali granulari considerati. .................................................................... 33 Tabella 3. Proprietà dei due tipi di palo considerati. ......................................................................... 33 Tabella 4. Definizione delle proprietà del sistema. ............................................................................ 38 Tabella 5. Proprietà geometriche e meccaniche dello strato instabile. .............................................. 41 Tabella 6. Descrizione della tipologia di palo. ................................................................................... 41

Tabella 7. Caratteristiche dei pendii e risultati delle analisi di stabilità. ........................................... 50 Tabella 8. Database accelerometrico. ................................................................................................ 51

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Premessa

Questo documento nasce dalla collaborazione fra due gruppi di ricerca geotecnici, quello di Napoli Parthenope e quello del Politecnico di Milano, nell’ambito del progetto PRIN 2010-2011: “La mitigazione del rischio da frana mediante interventi sostenibili”.

La principale finalità di questo testo, è quella di un approccio razionale al problema della corretta

progettazione di paratie filtranti per la messa in sicurezza di pendii potenzialmente instabili. Nell’ambito di questa ricerca sono stati sviluppati in forma organica metodi, approcci e strumenti innovativi per la progettazione di tali opere di messa in sicurezza. La definizione dei dettagli progettuali ed esecutivi sono pertanto demandati alle competenze professionali del singolo progettista, preferendo qui definire le variabili geometriche e meccaniche che governano la risposta del sistema, e descrivere in qual modo esse influenzino la “prestazione” dell’opera.

Gli autori intendono infatti in questo modo dare un contributo alla sistematizzazione delle conoscenze, che consenta al progettista di affrontare correttamente il problema della progettazione dell’intervento.

Nel Capitolo 1 è inquadrato il problema, viene introdotta una nomenclatura di base riguardante

la geometria e sono descritti gli attuali approcci progettuali suggeriti in letteratura. All’interno del Capitolo 2 sono descritti più in dettaglio gli approcci progettuali allo Stato Limite Ultimo, ove per descrivere il comportamento del terreno e quello dei pali sono utilizzati legami costitutivi rigido-perfettamente plastici. All’interno del Capitolo 3 sono invece poste le basi teoriche di approcci progettuali negli spostamenti e sono descritti i cosiddetti “Metodi Ibridi” che consentono di modellare l’evoluzione delle forze di interazione tra pali e pendio in funzione dello spostamento del terreno. Nel Capitolo 4 è sviluppato un metodo innovativo, ancorchè semplificato, per risolvere in modo “accoppiato” il problema della valutazione delle forze di interazione palo-terreno e dell’influenza che, a loro volta, queste hanno sull’evoluzione del movimento franoso. In altre parole, si mostra come, anche nel caso di pendii, sia possibile utilizzare metodi allo Stato Limite di Esercizio. Nel Capitolo 5 è affrontato in modo sintetico il problema della valutazione dell’effetto di stabilizzazione offerto dalla paratia filtrante in condizioni sismiche, proponendo sia approcci psesudostatici (essenzialmente cioè riconducibili a metodi SLU), sia approcci pseudodinamici (assimilabili a metodi ibridi), che consentono una stima degli spostamenti sismoindotti. Nei capitolo 6, senza alcuna pretesa di completezza, sono riassunte infine alcune brevi considerazioni circa le modalità di esecuzione del monitoraggio di queste opere, sono introdotte brevi osservazione di carattere più propriamente cantieristico alcune ed è richiamato il problema della durabilità dell’opera.

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1. Introduzione

L’attivazione di un movimento franoso lungo un versante comporta, da un punto di vista cinematico, la nascita di un campo di velocità nel terreno in generale variabile da punto a punto all’interno del pendio (Figura 1a). La frontiera F tra la zona di terreno in movimento e il substrato stabile può variare notevolmente a seconda dello stato del dissesto: per movimenti franosi “maturi” le deformazioni tendono a localizzarsi e la frontiera viene ad assumere uno spessore trascurabile rispetto alle dimensioni del pendio (con la formazione di una ben definita superficie di scivolamento, che induce una discontinuità nel campo di velocità del terreno); al contrario, i movimenti del versante precedenti la localizzazione sono caratterizzati da un campo di velocità continuo, e la frontiera rappresenta per lo più una “zona di processo”, di spessore anche non trascurabile.

(a) (b) Figura 1. (a) esempio di pendio caratterizzato da un meccanismo di scivolamento attivo; (b) valutazione dell’efficacia dell’intervento di stabilizzazione.

La realizzazione di un intervento strutturale di sostegno, quale ad esempio una fila di pali con

interasse maggiore del loro diametro, che nel seguito indicheremo come paratia filtrante, intende trasferire alla massa di terreno in movimento un’azione stabilizzante A in modo da ridurre ovunque (possibilmente azzerandola) la velocità di spostamento. Si distinguono a tal proposito interventi “attivi”, per i quali l’azione A è imposta direttamente in fase di messa in opera e risulta essere pressochè indipendente dal campo di spostamenti del terreno (ad esempio, opere pretirantate), da interventi “passivi”, per i quali l’azione A dipende esclusivamente dagli spostamenti relativi tra il terreno e l’opera stessa. Non sono tuttavia infrequenti casi di interventi a funzionamento misto: progettati inizialmente come attivi, ma che durante la loro vita utile si comportano come opere passive a causa di una successiva evoluzione del campo di spostamenti nel pendio. Il problema risulta quindi fortemente accoppiato dal momento che il campo di velocità della massa di terreno instabile dipende dall’entità dell’azione A, la quale, a sua volta, dipende dal campo di spostamenti relativi tra terreno e struttura. La progettazione di un’opera di stabilizzazione quale una paratia filtrante richiede allora la soluzione dell’equazione di equilibrio della massa di terreno tenendo conto delle azioni stabilizzanti fornite dalla struttura, in funzione del suo comportamento meccanico.

Una volta nota l’azione di sostegno A è formalmente possibile studiare l’equilibrio della massa di terreno per verificarne la stabilità (approccio allo stato limite ultimo, SLU). D’altro canto, adottando un approccio di tipo prestazionale (Figura 1b), l’ambizione è quella verificare l’efficacia

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dell’intervento in termini di contenimento degli spostamenti U del terreno entro un valore di progetto Ud (stato limite di esercizio, SLE). Nel caso in cui l’approccio numerico permetta di tenere in conto del fattore temporale (analisi idromeccanica accoppiata, evoluzione dei carichi ambientali, natura viscosa del comportamento meccanico dei materiali), diventa possibile anche stimare l’intervallo di tempo atteso che intercorre tra l’esecuzione dell’opera (istante t0) e l’arresto della massa di terreno (istante td).

1.1 Descrizione dell'intervento

L’intervento in oggetto è generalmente costituito da una serie di pali verticali di lunghezza L e diametro D, disposti perpendicolarmente alla linea di massima pendenza, secondo una spaziatura S (intesa come interasse tra i pali di una stessa fila). In caso di superficie di scivolamento molto estese, potrebbe rendersi necessario inserire più file di pali a distanza B, come schematicamente rappresentato in Figura 2a. A seconda del grado di vincolo in testa si possono distinguere almeno quattro tipologie di interventi: paratie filtranti ad estremo libero (Figura 2b), paratia filtrante con vincolo alla rotazione in testa (Figura 2c), paratia con vincolo alla traslazione in testa (Figura 2d) e paratia con vincolo alla rotazione e alla traslazione (Figura 2e). In generale, il vincolo alla rotazione in testa può essere ottenuto solo collegando due file di pali prossime tra loro con una struttura di rigidezza molto elevata. Il vincolo allo spostamento della testa può essere invece ottenuto utilizzando un ancoraggio profondo, preferibilmente preteso, per limitare l’effetto della deformabilità del tirante.

(a)

(b)

(c)

(d)

(e)

Figura 2. (a) schematizzazione di una paratia filtrante per la stabilizzazione di un pendio; (b-c-d-e) schematizzazione dei vincoli in testa ai pali.

Il valore della spaziatura S e il posizionamento dell’opera entro la zona di terreno instabile

devono essere attentamente scelti dal progettista in modo da massimizzare l’azione di sostegno A e minimizzare, per quanto possibile, i costi dell’intervento, prevenendo al contempo l’attivazione di

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ulteriori possibili meccanismi di rottura secondari nel pendio. Nella progettazione dell’opera, non secondaria è la scelta della tipologia di palo, dell’ancoraggio profondo e della geometria della trave di coronamento. Il comportamento meccanico di queste componenti deve essere correttamente modellato in quanto esso influenza il valore dell’azione di sostegno A, e risulta strettamente connesso alla definizione della la gerarchia delle resistenze all’interno dell’opera, governando la duttilità globale del sistema.

In base alla geometria qui descritta, e coerentemente con la ricerca di un approccio progettuale semplificato, appare ragionevole nel seguito articolare la trattazione omogeneizzando la risposta lungo lo sviluppo della paratia, assimilando quindi il problema ad un problema piano equivalente.

1.2 Approcci progettuali

I metodi progettuali allo Stato Limite Ultimo (come ad esempio i metodi dell’equilibrio limite) studiano l’equilibrio della massa di terreno instabile adottando leggi costitutive di tipo rigido-plastico, assumendo per il terreno un atto di moto rigido e ipotizzando che l’azione A offerta dalla struttura di sostegno sia completamente mobilitata. È quindi introdotto nell’equazione di equilibrio un coefficiente di sicurezza FS come riduttore delle resistenze del terreno unicamente lungo la superficie di scorrimento

Fk

S

FkF

k AF

RE += , (1)

in cui E, R ed A sono rispettivamente le azioni instabilizzanti, l’azione stabilizzante associata alla resistenza al taglio del terreno lungo la superficie di scivolamento e l’azione di sostegno offerta dall’opera. Il pedice “k” indica che i termini della (1) sono calcolati assumendo i valori caratteristici dei parametri meccanici e geometrici, mentre l’apice “F” fa riferimento al particolare meccanismo di rottura nel pendio cui l’analisi è riferita. Gli attuali riferimenti normativi (NTC 2008, EC7) generalizzano la (1), imponendo il rispetto della seguente disuguaglianza

Fd

Fd

Fd ARE +≤ , (2)

in cui il pedice “d” indica che i termini E, R ed A sono calcolati in base ai valori di progetto dei parametri meccanici e geometrici, desunti da quelli caratteristici applicando i coefficienti parziali di sicurezza. Tanto la (1) quanto la (2) consentono quindi per lo specifico meccanismo di rottura in esame (F) di stimare il grado di “sicurezza” associato all’azione A, in quanto questa non è influenzata dall’ampiezza dello spostamento U (Figura 3a). Infatti le forze di interazione terreno-struttura si intendono immediatamente e completamente mobilitate indipendentemente dall’ampiezza degli spostamenti; in altre parole, solo la forma del cinematismo concorre alla definizione dell’azione A. I metodi allo SLU non sono evidentemente in grado di fornire una valutazione dell’efficacia dell’intervento in termini di spostamenti attesi nel pendio, né di fornire una stima dei tempi necessari al raggiungimento di tale condizione. Si noti che il termine A che compare sia nella (1) che nella (2) è da intendersi come il minimo tra i valori della forza di interazione associati ai possibili meccanismi di rottura locali tra opera e terreno. Ad esempio, per pali rigidi e infinitamente resistenti senza alcun vincolo in testa (si veda la successiva Figura 10), tre sono i possibili meccanismi di rottura, associati rispettivamente al trascinamento del

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palo entro il sottostante terreno stabile (Modo A), alla rotazione rigida del palo (Modo B) e allo scivolamento tra i pali dello strato instabile di terreno superficiale (Modo C).

Fin dai primi anni ’80 sono stati proposti in letteratura alcuni metodi, detti “ibridi”, i quali passano attraverso la definizione esplicita, essenzialmente mediante metodi numerici, di una funzione “caratteristica” per l’opera di sostegno, andando a studiare l’evoluzione dell’azione A in funzione del campo di spostamenti U che si avrebbe nel terreno in assenza dell’opera:

( )UAA F

dkF

dk ,, = . (3)

In questo modo, tanto la forma quanto l’ampiezza di U concorrono alla definizione dell’azione

A (Figura 3b). Una volta nota la curva caratteristica espressa tramite la (3), ancora applicando un metodo dell’equilibrio limite, è possibile determinare la dipendenza del coefficiente di sicurezza dal campo di spostamenti U, o da un suo particolare parametro scalare di interesse (ad esempio la ampiezza massima, o il valore di spostamento in corrispondenza di un punto monitorato, …), e determinare quindi l’entità dello spostamento associato al valore di FS di progetto.

Equilibrio Limite

(metodi SLU) Metodi Ibridi

Metodi Completi (metodi SLE)

(a) (b) (c) Figura 3. Definizione schematica dei differenti approcci progettuali.

I metodi “completi” (Figura 3c) cercano invece di tenere debitamente in conto l’effettivo

accoppiamento tra il campo di spostamenti U del terreno nel pendio e l’azione di sostegno A. Andando a risolvere l’equazione completa del moto per la massa di terreno instabile, è possibile determinare il profilo di velocità del terreno in corrispondenza del palo e, in base all’equazione di interazione tra palo e terreno, determinare la distribuzione delle forze di interazione che forniscono l’azione AF

k,d. Queste, introdotte nell’equazione del moto del pendio, consentono di determinare la nuova distribuzione di velocità del terreno e, quindi, di procedere al passo di integrazione successivo. Tale approccio “completo” cerca di superare le limitazioni dei metodi precedentemente citati, e, seppur a prezzo di un maggior onere computazionale e limitatamente alla validità delle ipotesi semplificative che vengono introdotte, consente di pervenire ad una reale progettazione della paratia filtrante mediante un metodo prestazionale, così da valutarne l’efficacia in termini di spostamenti attesi (per il terreno e per la struttura) e di tempi necessari a raggiungere tali spostamenti. Si sottolinea che un approccio completo consente di intervenire efficacemente anche su dissesti non ancora maturi, per i quali cioè non si è ancora osservata la localizzazione lungo la superficie di scivolamento. L’opera quindi viene a costituire un effettivo intervento di protezione del territorio, ottimizzata in funzione del reale campo di spostamenti osservato.

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1.3 Interazione palo-terreno

Le forze di interazione tra palo e terreno nascono dalla risultante della distribuzione di sforzi agenti sulla superficie laterale del fusto del palo. In assenza di spostamenti del terreno (U=0, condizioni “a riposo”), per ogni sezione di palo la distribuzione di sforzi normali alla superficie è con buona approssimazione assialsimmetrica rispetto all’asse del palo (sez. A-A di Figura 4a), mentre gli sforzi di taglio in direzione verticale lungo il fusto sono pressochè nulli (a meno del peso del palo stesso e di eventuali carichi verticali applicati alla testa del palo). La risultante è quindi nulla, e tra palo e terreno non è scambiata nessuna forza. In caso di attivazione del movimento franoso (U>0, Figura 4b) tali distribuzioni si modificano significativamente sia all’interno del corpo di frana sia esternamente ad esso. In corrispondenza di ogni sezione di palo, la risultante degli sforzi nel piano orizzontale non è più nulla e in generale, si mobiliteranno anche sforzi di taglio in direzione verticale lungo il fusto del palo stesso.

(a) (b) Figura 4. Distribuzione degli sforzi lungo il fusto del palo: (a) condizioni di riposo, (b) attivazione della frana.

(a) (b) Figura 5. (a) esempi di curve P-y; (b) interazione palo-terreno tramite molle non lineari per un assegnato profilo di spostamenti del terreno U(z).

Per ogni sezione di palo è possibile definire il valore della risultante delle distribuzioni di sforzo

nel piano orizzontale (trasversale all’asse del palo) e di taglio in direzione verticale (parallelo all’asse), in funzione degli spostamenti relativi tra palo e terreno. Fin dai primi anni ’60 numerose ricerche sono state sviluppate al fine di studiare la distribuzione di carichi trasversali lungo il fusto di un palo singolo (Broms, 1964a,b; Matlock, 1970; Reese et al., 1974; Reese and Welch, 1975;

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Georgiadis and Butterfield, 1982; Georgiadis, 1983; O’Neil and Gazioglu, 1984; Gabr et al., 1994; Fan and Long 2005). In generale è possibile definire per ogni sezione di palo isolato una curva P-y (Figura 5a) che lega la risultante P degli sforzi (espressa come forza per unità di lunghezza lungo l’asse del palo) agli spostamenti relativi y tra palo e terreno, definiti come la differenza (alla profondità z della sezione considerata) tra lo spostamento U di “far field” del terreno e lo spostamento locale u del palo. Le curve P-y possono allora essere pensate come rappresentative del comportamento di “molle” generalizzate che vincolano il palo al terreno (Figura 5b). Integrando il valore di P lungo lo spessore H del corpo di frana, si ottiene la forza trasversale di sostegno che il singolo palo trasferisce al terreno e viceversa:

( ) ( )( ) ( )∫=−

H

Fd dzzPzuzUT . (4)

I differenti approcci progettuali brevemente citati in precedenza nel §1.2 assumono differenti

relazioni costitutive per descrivere le curve P-y, coerentemente con le ipotesi introdotte da ciascun metodo. I metodi allo SLU, ad esempio, assumono un comportamento rigido-perfettamente plastico per le curve P-y e per la sezione di palo, e si preoccupano unicamente di definire il valore limite della forza T. Metodi Ibridi o metodi allo SLE, invece, procedono assumendo per le curve P-y relazioni costitutive non lineari e integrando le reazioni P lungo l’asse del palo in funzione del campo di spostamenti del terreno (si rimanda ai capitoli 3 e 4 per maggiori dettagli).

L’approccio per curve P-y è concettualmente estendibile anche alla stima della forza di interazione agente parallelamente all’asse del palo. In questo caso, la risposta è dominata dal comportamento dell’interfaccia palo-terreno (cioè dalla capacità portante del fusto del palo). Per semplicità e per brevità, tuttavia, nel seguito ci si concentrerà solo sulla valutazione della forza trasversale T, in quanto essa risulta certamente essere la componente dominante nella progettazione di paratie filtranti per la messa in sicurezza di pendii potenzialmente instabili.

1.4 Comportamento meccanico del palo

Il palo può essere considerato come una trave a sezione cilindrica soggetta essenzialmente (per quanto detto al paragrafo precedente) a carichi trasversali al proprio asse. Assumendo un modello di trave alla Eulero-Bernoulli, il comportamento meccanico di ogni sua sezione può essere descritto da una relazione momento-curvatura (M-θ), come schematizzato in Figura 6. Anche in questo caso i differenti approcci progettuali si distinguono per le ipotesi introdotte per descrivere il comportamento del palo. I metodi allo SLU assumono ancora un comportamento rigido-perfettamente plastico per la sezione di palo (EJ�∞), il cui unico parametro costitutivo risulta essere il momento di completo snervamento MY, corrispondente all’attivazione di una cerniera plastica. Metodi Ibridi o metodi allo SLE, invece, descrivono (pur se in maniera semplificata) l’intera curva M-θ.

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Figura 6. Risposta non lineare nel diagramma momento-curvatura per la sezione di palo.

1.5 Interazione tra pali

L’interazione tra la massa di terreno in movimento e l’opera di sostegno si configura essenzialmente come l’interazione con un gruppo di pali soggetti a carichi orizzontali. In letteratura esiste una notevole mole di risultati teorici, numerici e sperimentali a riguardo: Matlock e Reese, 1960; Brown et al. 1987, 1988; Brown e Shie, 1991; Ruesta e Townsend, 1997; Rollins et al., 1998; Zhang et al., 1999; Ng et al., 2001; Holloway et al., 1981; Liang e Zeng, 2002; Lirer, 2012.

In sintesi, due sono gli aspetti principali che dominano la risposta meccanica del gruppo di pali: l’effetto “arco”, che nasce tra pali adiacenti (appartenenti cioè alla stessa fila di pali), e l’effetto “ombra”, associato all’interazione tra file di pali limitrofe.

1.5.1 Effetto arco

Come osservato in Figura 4b, in caso di spostamento del terreno U>0, la distribuzione di sforzi orizzontali agenti sulla superficie laterale del palo si modifica, aumentando nella zona di monte e diminuendo a valle. Se la spaziatura S è sufficientemente elevata (Figura 7a) le zone di influenza di pali adiacenti non si sovrappongono, e il comportamento di ciascun palo può essere assimilato a quello di un palo isolato, soggetto ad un carico orizzontale. Se, al contrario, la spaziatura fosse ridotta fino a coincidere con il diametro dei pali (Figura 7b), il comportamento sarebbe assimilabile a quello di un setto continuo, con distribuzioni uniformi di sforzo orizzontale sia a monte che a valle, che tendono progressivamente alle condizioni di spinta passiva e attiva. Evidentemente, tra le due condizioni geometriche estreme esiste un campo di transizione (Figura 7c) in cui le zone di influenza si sovrappongono, interagendo tra loro.

(a) (b) (c) Figura 7. Distribuzione di sforzo orizzontale sui pali: (a) pali isolati, (b) setto continuo, (c) effetto arco.

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Si definisce allora un valore critico Scr della spaziatura come quel valore al di là del quale non si osserva alcuna interazione tra pali e il comportamento può essere assimilato a quello di pali isolati. In letteratura si tende a valutare Scr in rapporto al diametro D con espressioni del tipo (Durrani et al., 2006)

ap

pcr

KK

K

D

S

−=

2

, (5)

in cui Ka e Kp sono rispettivamente i coefficienti di spinta attiva e passiva per il terreno in esame. In generale, i vari autori sono per lo più concordi nel suggerire valori di spaziatura critica

43 ≤≤D

Scr . (6)

In Letteratura vari metodi hanno cercato di descrivere l’effetto arco facendo dipendere la forza

di interazione dalla spaziatura S (Ito and Matsui, 1975; De Beer, 1977; Poulos, 1995; Liang and Zeng, 2002; Ellis et al., 2010; Gou and Quin, 2010). In alternativa, da un punto di vista applicativo, una possibile scelta è quella di definire l’azione AF

k,d combinando opportunamente, in funzione della spaziatura S, i valori della forza di interazione unitaria che il terreno scambia rispettivamente con un setto continuo (forza F) e con un palo isolato (forza T), quest’ultima normalizzata rispetto alla spaziatura S. Come suggerito in Figura 8, si possono riconoscere almeno tre zone:

- la prima, zona (a), è quella corrispondente a bassi valori di S/D (in genere inferiori a 2), per i quali il comportamento è assimilabile a quello di un setto continuo;

- la seconda, zona (b), rappresenta una zona di transizione tra i comportamenti estremi di setto continuo e palo isolato;

- la terza, zona (c), corrisponde a valori di spaziatura maggiori di Scr, per i quali l’interazione tra pali è assente.

Assumendo per semplicità, entro la zona (b), un andamento lineare variabile tra i valori F e T/Scr, l’azione AF

k,d può essere formalmente espressa come

>=

<≤

−⋅−

−+=

<≤=

D

S

D

S

S

TA

D

S

D

S

D

S

DS

FSTFA

D

SFA

crFdk

cr

cr

crFdk

Fdk

,

,

,

222

21

. (7)

ove la forza F potrà essere valutata integrando la differenza tra le distribuzioni di sforzo

orizzontale in spinta passiva (a monte) e attiva (a valle) agenti sulla paratia.

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Figura 8. Valutazione dell’azione unitaria A in funzione di S.

In linea di principio, infine, la curva AFk,d(S/D) di Figura 8, descritta analiticamente

dall’equazione (7) dovrebbe dipendere anche dalla profondità H, in quanto pali di egual diametro D posti alla stessa spaziatura S tendono ovviamente a collaborare maggiormente al crescere della loro lunghezza L. Tale aspetto non è tuttavia considerato attualmente nella pratica progettuale, né sono presenti in letteratura risultati specifici a riguardo.

1.5.2 Effetto ombra

Nel caso l’intervento preveda più file di pali (Figura 9a), nella definizione dell’azione di sostegno AF

k,d occorre tenere in conto possibili fenomeni di interazione tra di esse. Se la distanza B tra loro fosse infatti molto ridotta (al limite B≈D), il valore della forza trasmessa al pendio tenderebbe a coincidere con quello che si avrebbe nel caso un’unica fila di pali; al crescere della distanza B l’interazione si riduce e il comportamento diventa assimilabile a quello di paratie filtranti indipendenti l’una dall’altra. In analogia a quanto suggerito all’interno del paragrafo 1.5.1, è possibile allora definire come distanza critica Bcr quel valore di B oltre il quale l’interazione tra le file di pali è trascurabile. Tale distanza può essere stimata imponendo che le zone a rottura nel terreno (in spinta attiva, a valle della fila più a monte; e in spinta passiva, a monte della fila più a valle) tra le due file non si sovrappongano. A titolo di esempio, e immaginando di fare riferimento ancora al meccanismo di scivolamento del terreno superficiale entro pali immorsati rigidamente nello strato stabile di base, tale condizione può essere geometricamente espressa come suggerito in Figura 9b, ove sono schematicamente mostrati i cunei di rottura in spinta attiva e passiva.

(a) (b) Figura 9. (a) disposizione di due file di pali nel pendio; (b) schema per la valutazione della distanza Bcr.

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2. Equilibrio limite – Metodi SLU

Per la progettazione allo Stato Limite Ultimo, l’azione che si scambiano terreno e struttura può essere valutata con i metodi a rottura esistenti in letteratura che si dividono in due gruppi: il primo (Blum, 1932; Broms, 1964a,b; Brinch Hansen, 1961; Viggiani 1981) considera il caso di palo isolato, e riconduce il problema reale a quello della rottura palo-terreno; il secondo gruppo (Ito e Matsui, 1975; De Beer, 1977; De Beer e Carpentier, 1977; Musso, 1977, Broms, 1983) studia il comportamento di una o più file di pali che attraversano una coltre in frana e, a differenza dei metodi precedenti, fa dipendere la pressione ultima esercitata dalla coltre dall’interasse fra i pali, portando in conto in qualche modo l’effetto arco che nasce fra i pali (paragrafo 1.5.1). All’aumentare dell’interasse tra pali (S/D>4) non si sviluppa tale effetto e i pali si comportano come isolati.

Per pali isolati immersi in un pendio infinitamente esteso, Viggiani (1981) ha proposto delle espressioni analitiche per valutare l’azione AF

k,d esercitata da un palo di lunghezza L, che attraversa uno strato instabile di spessore l1, soggetto ad uno spostamento uniforme e infisso nel terreno stabile sottostante per una lunghezza l2. Viggiani, seguendo un approccio alla Broms (1964a), identifica sei diversi meccanismi di rottura, di cui tre corrispondenti a pali infinitamente resistenti (meccanismi A, B e C) e tre corrispondenti a pali aventi resistenza flessionale MY finita (meccanismi B1, B2 e BY). Il metodo si basa sulle seguenti ipotesi semplificative per ottenere espressioni analitiche di taglio e momento nel palo:

(i) il terreno è costituito da 2 strati, con lo strato superiore che si muove uniformemente rispetto allo strato sottostante;

(ii) il piano campagna e la superficie di scorrimento sono orizzontali; (iii) i due strati sono di materiale puramente coesivo con resistenza non drenata pari

rispettivamente a cu1 e cu2 e, quindi, in ogni strato la reazione del terreno è costante con la profondità;

(iv) la testa del palo è libera di ruotare. Nel seguito il metodo è stato esteso ai terreni puramente attritivi, in condizioni drenate e a pali

impediti di ruotare in testa (Di Laora et al., 2016).

2.1 Terreni a grana fine in condizioni non drenate (terreni coesivi)

Per pali infinitamente resistenti, i meccanismi dipendono dalla lunghezza e dal diametro del palo, dalla resistenza dei due strati di terreno e dallo spessore della massa instabile, mentre per i pali con resistenza flessionale finita MY, i meccanismi dipendono anche da quest’ultima.

2.1.1 Pali liberi di ruotare in testa

Per pali liberi di ruotare in testa, i sei meccanismi di rottura sono riportati in Figura 10. Il meccanismo A si riferisce al caso di un palo corto, per il quale la rottura ha luogo all’interno del terreno di fondazione. Il meccanismo B consiste in una rotazione rigida del palo, mentre il meccanismo C ha luogo per pali correttamente immorsati nello strato stabile.

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Figura 10. Meccanismi di rottura e relative distribuzioni di reazioni del terreno, taglio e momento flettente per terreni coesivi e palo libero di ruotare in testa.

I meccanismi B1, B2 e BY, ricavati a partire dal meccanismo B, implicano, oltre alla rottura del

terreno, anche la formazione di una o due cerniere plastiche nel palo. Definendo le quantità adimensionali:

1 1

2 2

2

1

21 1 1

χ

λ

u uu

u u

yu

u u

l

k c

k c

Mm

k c d

l

l

=

=

=

(8a,b,c)

dove ku1 e ku2 sono coefficienti di capacità portante (considerati rispettivamente pari a 4 e 8 da Viggiani (1981), anche se altri autori considerano valori differenti) ed MY è il momento di

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plasticizzazione della sezione del palo, il taglio e il momento offerto dal palo lungo la superficie di scivolamento per i sei meccanismi di rottura sono riportati in Tabella 1.

Modo A

1 1 1

AuA

u u u

T λt

k c d l χ= = (i-a)

21 1 1 1 1 12 2

A AuA

u u u u

M Tλ λ t

k c d l k c d l= = (i-b)

Modo B1: ( )( ) ( )

( )( )

2 2

21 1 1

1 1

1 11uB

uBu u u u uu

λ λ( χ λ )Tt

k c d l χ χ χχ

+ ++= = + −+ ++

(ii-a)

( )2

21 1 1

1

4uB1

u u

tM

k c d l

−= (ii-b)

( )2

21 1 1 4

u uB2

u u u

tM

k c d l

λ χχ

−= (ii-c)

Modo C

1 1 1

1CuC

u u

Tt

k c d l= = (iii-a)

21 1 1

1

2C

u u

M

k c d l= (iii-b)

Modo B12:

1 21 1 1

2 2 21

2u uB1

uB uu u u u

χ χT λ t 4 m

k c d l χ χ λ

+ += = + − + (iv-a)

( )2212

1 1 1

1

4 u uBu u u

M λ χ t

k c d l χ

′= − (iv-b)

Modo BY

( )1 1 1

21

BYuBY

u u u

uTt

k c d

m

l χ= =

+ (v-a)

Modo B2 ( )( )2

1 1 1

1 2 1 1 4 1

2 1u uB2

uBu u u

χ m Tt

k c d l χ

+ + + −= =

+ (vi-a)

( )2122

1 1 1

1

4 uBu u

M 1 t

k c d l

′′= − (vi-b)

Tabella 1. Valori di taglio e momento offerti dal palo per ciascuno dei sei meccanismi di Figura 10. L’azione AF

k,d, definita all’interno del Capitolo 1, dovrà essere in generale calcolata componendo i valori di taglio e momento.

Una rappresentazione schematica dei diversi meccanismi nel piano tu : λ è riportata in Figura 11. Per piccoli valori della lunghezza di infissione e bassi valori di momento ultimo il palo risulta

1 Nel lavoro originale di Viggiani vi è un errore nella equazione (ii-c): il parametro χ che moltiplica il taglio

adimensionalizzato tuB manca. La stessa correzione è stata anche fatta da Chmoulian (2004). 2 Nel lavoro originale c’è un errore tipografico nell’equazione (iv-a): nel primo termine della radice quadrata è riportato λ invece di χ. La stessa correzione è stata anche fatta da Chmoulian (2004).

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rompersi secondo il maccanismo B1. All’aumentare del momento ultimo della sezione del palo, non si formeranno cerniere plastiche ed il sistema giungerà a rottura secondo i meccanismi A o B. Per profondità di infissione maggiori e bassi valori del momento di plasticizzazione, nel palo si formano due cerniere plastiche (una per ogni strato, meccanismo BY). Per elevati valori di λ ed m, il palo si rompe secondo il meccanismo B2 o C. I campi corrispondenti ai meccanismi B1 e BY sono separati da una retta (Figura 11) di equazione:

111

11

uu

u uu

u

χ λt λ

χ χχ

χ

+= = − + + per *λ λ< (9)

essendo λ* :

( )1u*

u

χ +1λ

χ

−= . (10)

Per valori di λ maggiori di λ*, la frontiera tra i campi associati ai meccanismi BY e B2 è una retta

orizzontale:

( ) 11u* * u

u uu u

χ +1 χ +1 t t

χ χλ

−= = +

per *λ λ> . (11)

Per valori di λ maggiori di λlim, il taglio adimesionalizzato sulla superficie di scorrimento si mantiene costante e pari al massimo valore tu=1. Questo punto corrisponde alla minima lunghezza di infissione nel terreno stabile tale da garantire il massimo contributo tagliante per una fissata sezione del palo.

Il valore λlim si ottiene dall’intersezione dei meccanismi B e C:

22 2lim u u uλ χ χ χ = + + (12)

Il massimo contributo tagliante si ottiene sia per il meccanismo C, sia per un caso particolare del meccanismo B2, quando cioè la cerniera plastica si trova in corrispondenza della superficie di scorrimento (f2=0 e g1=0 in Figura 10) con un valore del momento di plasticizzazione adimensionalizzato pari a:

1

2u

u ,lim

χm

+= (13)

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che, quindi, indica il valore del momento di plasticizzazione della sezione del palo oltre il quale, ipotizzando per il pendio un meccanismo di rottura traslazionale, non si ha alcun ulteriore beneficio alla stabilizzazione (il contributo tagliante del palo per diversi valori del rapporto di resistenza e diversi valori del momento di plasticizzazione adimensionalizzato è riportato nella successiva Figura 14a).

Figura 11. Rappresentazione schematica del taglio adimesnionalizzato sulla superficie di scorrimento per terreni coesivi e palo libero di ruotare in testa e relativi meccanismi di rottura

2.1.2 Pali impediti di ruotare in testa

Tra i 6 meccanismi individuati per pali liberi, solo 4 sono possibili nel caso di pali impediti di ruotare in testa, ed in particolare i meccanismi A e C per pali infinitamente resistenti, e i meccanismi B1 e BY per pali con resistenza finita (Figura 12). Per il meccanismo C è immediato ricavare il taglio lungo la superficie di scorrimento, mentre i momenti in testa al palo e in corrispondenza della superficie di scorrimento non possono essere determinati con le sole equazioni di equilibrio e sono, quindi, indeterminati.

Una rappresentazione schematica dei diversi meccanismi nel piano tu: λ è riportata in Figura 13. L’effetto benefico dell’incastro alla testa del palo è evidente per pali con elevati valori del momento di plasticizzazione. Il meccanismo A sostituisce il meccanismo B dei pali liberi di ruotare in testa, dando luogo a valori più elevati del contributo tagliante.

Analogamente, i campi corrispondenti ai meccanismi B1 e BY sono separati da una linea ancora descritta dall’equazione (10), fino ad un valore di λ pari a

11

11

1

ulim,r u

uu

u

χλ χ

χχ

χ

+= = + + − (14)

Per λ > λlim,r il taglio adimensionalizzato massimo si ottiene per ogni valore di mu > mu,lim,r, dove:

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1

4u

u ,lim,r

χm

+= (15)

Confrontando le equazioni (13) e (15), si evince che mu,lim,r è pari alla metà di mu,lim, corrispondente al palo libero di ruotare. Il contributo tagliante del palo per diversi valori del rapporto di resistenza e diversi valori del momento di plasticizzazione adimensionalizzato è riportato in Figura 14b.

Figura 12. Meccanismi di rottura e relative distribuzioni di reazioni del terreno, taglio e momento flettente per terreni coesivi e palo impedito di ruotare in testa.

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Figura 13. Rappresentazione schematica del taglio adimensioionalizzato sulla superficie di scorrimento per terreni coesivi e palo impedito di ruotare in testa e relativi meccanismi di rottura

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(a) (b) Figura 14. Taglio adimensionale per analisi in condizioni non drenate per diversi valori del momento di plasticizzazione adimensionale e rapporti di resistenza tra lo strato superiore e lo strato inferiore: (a) palo libero e (b) palo impedito di ruotare in testa.

2.2 Analisi in condizioni drenate

In questo paragrafo sono riportati i risultati relativi al caso di terreni granulari in condizioni secche (Di Laora et al., 2016). Sostituendo il peso efficace dell’unità di volume del terreno γ’ a quello secco γ, è possibile estendere la trattazione anche al caso di terreno saturo e falda in quiete.

2.2.1 Pali liberi di ruotare in testa

In Figura 15 sono riportati i sei meccanismi per pali liberi di ruotare in testa completi dei corrispondenti diagrammi di reazioni ultime del terreno e le sollecitazioni agenti nel palo. Da considerazioni di equilibrio, come suggerito anche da Muraro et al. (2014) in relazione a pali rigidi,

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il taglio adimensionalizzato in corrispondenza della superficie di scorrimento per i meccanismi A e C è dato da:

Meccanismo A:

21 1

12

AdA

d d

T λ λt

k d l χγ = = +

(16)

Meccanismo C

21 1

1

2C

dCd

Tt

k d lγ= = (17)

dove γ è il peso dell’unità di volume del terreno, per semplicità assunto uguale nei due strati, kd1

= 3kp1 e χd = kp1/kp2. (Broms, 1964b) Per tener conto dell’inclinazione del pendio α, i coefficienti kp1 e kp2 possono essere valutati con

la teoria di Rankine per pendio indefinito. Per il meccanismo B il taglio e il momento nel palo non possono essere ricavati analiticamente

in forma chiusa. Il problema è stato risolto numericamente per ogni coppia d valori λ e χ. Le soluzioni sono state ottenute sia per il caso di palo infinitamente resistente, che per palo con resistenza finita (meccanismi B1, B2 e BY), espressa in forma adimensionale:

31 1

yd

d

Mm

k d lγ= (18)

Il contributo tagliante del palo per diversi valori del rapporto di resistenza e diversi valori del

momento di plasticizzazione adimensionalizzato è riportato nella successiva Figura 17a.

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Figura 15. Meccanismi di rottura e relative distribuzioni di reazioni del terreno, taglio e momento flettente per analisi in condizioni drenate e palo libero di ruotare in testa.

2.2.2 Pali impediti di ruotare in testa

Per pali impediti di ruotare in testa i meccanismi presi in considerazione coincidono con quelli di Figura 12, ma l’andamento degli sforzi varia con la profondità (Figura 16). I risultati quantitativi in termini di taglio adimensionalizzato sono riportati in Figura 17b. Qui di seguito sono riportate le equazioni che correlano χd con i valori limite del rapporto di infissione e del momento di plasticizzazione adimensionalizzato, ricavate interpolando i risultati ottenuti numericamente sia nel caso di pali liberi sia di pali impediti di ruotare (Figura 18):

0 61

0 64

1 192

0 108 0 17

0 977

0 053 0 086

.lim d

d lim d

.lim,r d

d lim,r d

.

m . .

.

m . .

λ χχ

λ χχ

= ⋅= ⋅ +

= ⋅= ⋅ +

(19a,b,c,d)

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Figura 16. Meccanismi di rottura e relative distribuzioni di reazioni del terreno, taglio e momento flettente per analisi in condizioni drenate e palo impedito di ruotare in testa

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(a) (b) Figura 17. Taglio adimensionale per analisi in condizioni drenate per diversi valori del momento di plasticizzazione adimensionale e rapporti di resistenza tra lo strato superiore e lo strato inferiore: (a) palo libero e (b) palo impedito di ruotare in testa.

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Figura 18. Formule di regressione per i valori limite del rapporto di infissione del momento adimensionalizzato per pali liberi di ruotare e impediti di ruotare per analisi in condizioni drenate.

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3. Metodi Ibridi

I metodi cosiddetti “ibridi” cercano di coniugare tra loro in via semplificata aspetti diversi del problema di interazione tra palo e terreno in frana. Essi infatti assumono differenti approcci per descrivere

(i) il comportamento della massa di terreno instabile, (ii) l’interazione del terreno con i pali (iii) il comportamento meccanico di questi ultimi.

L’equilibrio della massa di terreno instabile può infatti essere studiato tenendo conto dell’azione stabilizzante AF

k,d mediante approcci allo SLU, quali ad esempio i classici metodi dell’equilibrio limite, o con approcci negli spostamenti, andando ad integrare l’equazione completa del moto per la massa di terreno, ipotizzata come corpo rigido (tale ipotesi viene peraltro comunemente introdotta per lo studio in condizioni sismiche mediante metodi pseudodinamici, come discusso in seguito nel Capitolo 5). Invece l’interazione palo-terreno e la risposta flessionale del palo, seguendo un approccio agli SLE, sono in genere modellate mediante approcci semplificati negli spostamenti, ad esempio introducendo rispettivamente le curve P-y e la curva M-θ.

Nell’ipotesi di moto rigido per la massa di terreno in frana, i punti (i) e (ii) sono disaccoppiati e possono essere risolti separatamente. Appare chiaro allora che i metodi ibridi possano essere convenientemente impiegati in tutte quelle situazioni in cui il meccanismo di rottura nel pendio è ben localizzato e per le quali si possa quindi ipotizzare un atto di moto rigido; in tutti i casi in cui, al contrario, il movimento franoso non è ancora “maturo” tali approcci risultano ben più approssimati e possono portare ad una sovrastima dei valori dell’azione stabilizzante AF

k,d.

3.1 Definizione della curva caratteristica

L’evoluzione dell’azione AFk,d in funzione del campo di spostamenti U del terreno può essere

ottenuta mediante la definizione di una curva “caratteristica”, associata al meccanismo di rottura del pendio in esame. Assumendo un atto di moto rigido per la massa di terreno instabile, il profilo di spostamenti U del terreno lungo la profondità può essere descritto come prodotto di una quantità scalare U0 (che rappresenta lo spostamento in un punto significativo, quale ad esempio alla profondità z=0 corrispondente alla testa del palo) e di una funzione di forma

( ) ( )zUUzU ˆ

0 ⋅= . (20)

Nell’ipotesi inoltre di considerare unicamente la componente della forza di interazione che agisce in direzione trasversale all’asse del palo, la curva caratteristica, che ha in origine la dimensione di una funzione vettoriale di variabile vettoriale, è ridotta a funzione scalare della sola variabile scalare U0:

( )0,0 UAAA F

kpFk += . (21)

Nella (21), per brevità si è fatto riferimento ai valori caratteristici delle grandezze, e si è messa

in evidenza la possibile presenza di un ancoraggio attivo cui viene inizialmente assegnato un pretiro

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di progetto A0,P, a spostamento nullo del terreno. Tipici esempi di curva caratteristica sono qualitativamente riportati in Figura 19, in particolare:

(i) intervento di stabilizzazione passivo, comportamento duttile (ii) intervento di stabilizzazione passivo, comportamento fragile (iii) intervento di stabilizzazione attivo, comportamento duttile (iv) intervento di stabilizzazione attivo, comportamento fragile.

Figura 19. Esempi di curve caratteristiche.

La corretta definizione della curva caratteristica deve prendere debitamente in conto • le proprietà meccaniche degli strati di terreno attraversati, • le proprietà meccaniche del palo, • la presenza di vincoli attivi o passivi (ad es. tiranti), • la forma del campo di spostamenti del terreno

ed è in genere calcolata essenzialmente per mezzo di metodi numerici. Il palo è discretizzato mediante una serie di elementi finiti di tipo trave. Ogni nodo di collegamento tra due travi è connesso al terreno per mezzo di una opportuna molla generalizzata, descritta da una curva P-y. Introducendo una matrice di rigidezza KP per descrivere il comportamento strutturale del palo, un vettore Q che raccoglie i carichi nodali agenti sul palo in direzione trasversale e un vettore u che raccoglie gli spostamenti nodali del palo, è possibile scrivere

uKQ ⋅= P . (22) Per l’equilibrio, tali carichi nodali devono essere uguali alle reazioni delle molle generalizzate

che riproducono l’interazione con il terreno, funzione degli spostamenti relativi tra il terreno U e il palo u per mezzo delle curve P-y. Raccogliendo tali reazioni in un vettore f,

( )uUfQ −= . (23)

Definendo la matrice diagonale D come la rigidezza delle curve P-y (pensate indipendenti l’una

dall’altra)

( )uUf

D−∂

∂= , (24)

e imponendo l’uguaglianza in forma incrementale tra la (22) e la (23), si ha

( )uUDuK &&& −⋅=⋅P . (25)

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32

da cui

( ) UDDKu && ⋅⋅+= −1

P . (26) Risolvendo la (26) per un assegnato incremento del profilo di spostamenti U del terreno, è

possibile determinare l’evoluzione degli spostamenti u dei nodi del palo, e, tramite la (22), il corrispondente vettore Q dei carichi nodali. Da questo è immediato procedere alla stima delle azioni interne nel palo ad ogni passo di carico e, integrando le componenti trasversali di Q lungo lo spessore H dello strato di terreno in movimento, stimare l’azione stabilizzante AF

k,d al variare dello spostamento U del versante.

3.1.1 Esempio numerico

A titolo di esempio per la valutazione della curva caratteristica, si riportano qui nel seguito i risultati discussi in Galli e di Prisco (2013), riferiti ad un intervento realizzato all’interno di uno strato di sabbia sciolta in moto sopra un substrato di materiale addensato e stabile (Figura 20a), le cui caratteristiche sono elencate in Tabella 2. Le curve mostrate nel seguito (Figura 22) sono riferite per semplicità ad un palo singolo e, in coerenza con quanto mostrato nel Capitolo 2, rappresentano il valore della forza T trasferita al pendio.

Le curve P-y sono qui state calcolate adottando il metodo proposto da Reese et al. (2006) e, limitatamente allo strato di sabbia sciolta, sono riportate a titolo esemplificativo in Figura 20b, avendo assunto il piano di falda coincidente con il piano campagna (zw=0). In Figura 22a e b sono confrontati tra loro i risultati riferiti a due tipologie di palo (Tabella 3), il primo in acciaio e il secondo in calcestruzzo armato (CLS); si è anche studiato l’effetto del vincolo in testa (rappresentato da un tirante di ancoraggio), mentre per semplicità si è trascurata la presenza della trave di coronamento.

(a) (b) Figura 20. (a) Geometria del sistema; (b) andamento delle curve P-y per lo strato di sabbia sciolta (calcolate secondo Reese et al., 2006).

Tre diversi profili di spostamento del terreno sono stati considerati (Figura 21): (a) profilo

uniforme, corrispondente ad un meccanismo “maturo”; (b) profilo decrescente con la profondità, corrispondente ad un dissesto non ancora completamente localizzato; e (c) profilo crescente con la profondità, corrispondente ad esempio ad un meccanismo rotazionale. Per coerenza, si è imposto a tutti i meccanismi uno spostamento massimo in superficie U0 pari a 20 cm.

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(a) (b) (c) Figura 21. Profili di spostamento del terreno: (a) localizzato; (b) non localizzato; (c) rotazionale. (da Galli e di Prisco, 2013).

Sabbia sciolta Sabbia densa Peso saturo γsat = 16 kN/m3 γsat = 18 kN/m3 Angolo di attrito φ’ = 28° φ’ = 42°

Tabella 2. Proprietà dei materiali granulari considerati.

Palo CLS Palo acciaio Lunghezza, diametro L = 10 m; D = 80 cm L = 10 m; D = 80 cm Modulo di Young E = 30 GPa E = 200 GPa Tensione di snervamento σy = 350 MPa Spessore - t = 11,5 mm Calcestruzzo C30/35 - Barre armatura 16Φ22, FeB38k - Momento di plasticizzazione MY = 570 kN·m MY = 7500 kN·m

Tabella 3. Proprietà dei due tipi di palo considerati.

(a) (b) Figura 22. Evoluzione della forza di sostegno T trasferita al pendio per un profilo di spostamenti del terreno uniforme: (a) palo in CLS e (b) palo in acciaio (da Galli e di Prisco, 2013).

In Figura 22, limitatamente al caso di profilo di spostamenti uniforme, si confrontano gli

andamenti della forza di stabilizzante T ottenuti per i due tipi di palo al variare della tipologia di

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vincolo: palo libero, tirante attivo (pretiro pari a 200 kN) o tirante passivo. Si nota come ciò abbia notevole influenza non solo sul valore finale dell’azione, ma anche sulla rigidezza della curva.

(a) (b) Figura 23. Evoluzione della forza di sostegno T trasferita al pendio per diversi profili di spostamenti del terreno, per un palo libero in testa: (a) palo in CLS e (b) palo in acciaio (da Galli e di Prisco, 2013).

(a) (b) Figura 24. Profili di spostamento del palo per diversi profili di spostamenti del terreno, per un palo libero in testa e per uno spostamento U0=20cm: (a) palo in CLS e (b) palo in acciaio (da Galli e di Prisco, 2013).

(a) (b) Figura 25. Momenti flettenti nel palo per diversi profili di spostamenti del terreno, per un palo libero in testa e per uno spostamento U0=20cm: (a) palo in CLS e (b) palo in acciaio (da Galli e di Prisco, 2013).

In Figura 23, riferendosi al solo caso di palo libero in testa, è mostrata invece l’influenza della forma del campo di spostamenti sulla curva caratteristica per i due tipi di palo. Anche in questo caso, le curve differiscono significativamente sia in termini di valore limite, sia in termini di rigidezza. Si nota che le curve presentate tengono debitamente in conto le non linearità del comportamento meccanico del palo. In Figura 24, ad esempio, sono mostrati gli spostamenti nodali del palo in corrispondenza dello spostamento U0=20cm. Dalle curve si nota come il palo in CLS abbia sofferto di una forte non linearità, dovuta all’attivazione di una cerniera plastica a circa 5 metri di profondità

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dal piano campagna. Si osserva infatti dalle curve dei momenti flettenti riportata in Figura 25a e b che nel palo in CLS si raggiunge il valore del momento di plasticizzazione MY per la sezione (570 kNm), mentre nel palo in acciaio i valori di momento restano sempre abbondantemente entro il valore limite (7500 kNm),

3.1.2 Osservazioni

(i) Qualora si assuma per le curve P-y e per la curva M-θ un comportamento elastoplastico incrudente, l’integrazione della (26) risulta particolarmente efficiente e robusta da un punto di vista computazionale se eseguita secondo approcci piece-wise linear (PWL), che prevedono la linearizzazione a tratti della funzione di incrudimento e del dominio di rottura di ogni molla. Per maggiori dettagli, si faccia riferimento a (Cocchetti et al. 2002, e Cocchetti e Maier, 2003).

(ii) Nel caso in cui una o più curve P-y mostrassero un comportamento fragile, il problema dell’integrazione della (26), anche con metodi PWL, perderebbe unicità. Come osservato in Galli, Cocchetti, di Prisco (2011) e Tangaramvong e Tin-Loi (2007), tuttavia, lo scarico locale di una molla non influenza significativamente la risposta del sistema nel suo complesso. Per il problema in esame, inoltre, si assume che lo spostamento del terreno sul singolo passo temporale considerato sia comunque tale da mantenere tutte le molle in fase di carico, nonostante l’eventuale scarico locale di una molla per effetto del comportamento fragile di quelle adiacenti.

(iii) La presenza di un tirante può essere modellata introducendo un carico nodale aggiuntivo alla profondità di inserzione del tirante. Nel caso di tiranti attivi, tale carico è imposto direttamente al sistema; nel caso di tiranti passivi, il loro effetto è tenuto in conto modificando opportunamente la curva P-y locale.

3.2 Metodi Ibridi all’equilibrio limite

Una volta nota la curva caratteristica corrispondente al profilo di spostamento in esame, questa può essere immediatamente impiegata nelle analisi di stabilità per il meccanismo individuato dalla superficie di scivolamento F. A tal fine, possono essere impiegati classici metodi dell’equilibrio limite (ad esempio, i metodi dei conci) in cui si valuta un unico valore di coefficiente di sicurezza “globale” FS, in genere come riduttore della resistenza del terreno, definito sui valori caratteristici dei parametri:

( )0,0 UAAF

RE F

kpS

FkF

k ++= . (27)

La risposta è qualitativamente illustrata in Figura 26a con riferimento ai quattro tipi di curve

caratteristiche discusse in Figura 19. A partire da un valore iniziale FS0 per il pendio, in funzione del valore di progetto FS,d, si possono ottenere diverse valutazioni dello spostamento U0 corrispondente, a seconda del tipo di opera (attiva o passiva) e del tipo di risposta (duttile o fragile).

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(a) (b) Figura 26. (a) applicazione di diverse curve caratteristiche al calcolo di FS secondo la (27); soluzione della (28) per due diversi esempi di curve caratteristiche.

Alternativamente, seguendo lo spirito delle attuali normative per la verifica agli stati limite, è

formalmente possibile verificare il rispetto della seguente disequazione, valutata facendo riferimento ai valori di progetto dei parametri

( )0,0 UAARE F

dpFd

Fd ++< . (28)

In questo caso la risposta è qualitativamente illustrata in Figura 26b (con riferimento per brevità

solo alle curve (i) e (iii) di Figura 19), in cui si è anche tenuta qualitativamente in conto la possibile perdita di resistenza Rd del terreno lungo la superficie F al crescere dello spostamento.

Come è evidente, la (27) e la (28) consentono di stimare il valore di U0 teoricamente corrispondente al soddisfacimento della condizione richiesta, ma non danno nessuna informazione circa l’effettivo raggiungimento di quest’ultima, né dell’intervallo di tempo necessario per raggiungerla.

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4. Metodi completi negli spostamenti- Verifica SLE

I metodi allo Stato Limite di Esercizio procedono alla valutazione dell’evoluzione del campo di spostamenti del terreno, tenendo conto dell’interazione con l’opera di sostegno. In generale, quindi, l’ambizione è quella di studiare l’equazione del moto della massa di terreno instabile, identificata dal meccanismo di rottura F nel versante, come formalmente indicato nell’equazione seguente

( )( ) ( )( ) ( )( ) ( )( ) ( )( )zUMzUVzUAAzUtRzUtE F

dF

dFdp

Fd

Fd

&&& ++++= ,0,, . (29)

in cui si è indicata esplicitamente per le grandezze E ed R l’eventuale dipendenza dal tempo t (dovuta ad esempio alla variazione dei carichi applicati, o a possibili fenomeni di creep) e dallo spostamento stesso del terreno (quali ad esempio la perdita di resistenza da valori di picco a valori residui). Nella (29) sono anche state messe formalmente in evidenza la componente di resistenza viscosa V mobilitata lungo la superficie F in funzione della velocità di spostamento del terreno e la componente inerziale M, funzione della sua accelerazione. Per generalità, tutti i termini sono calcolati facendo riferimento ai rispettivi valori di progetto. Punto fondamentale per la corretta applicazione di questi metodi è una affidabile caratterizzazione dei parametri che descrivono i termini della (29), ed in particolare il termine viscoso. Tale parametro infatti non rappresenta solo una proprietà del materiale che costituisce il pendio, ma, piuttosto, una proprietà dell’intero sistema, funzione anche della sua geometria e della storia di carichi (meccanici, ambientali,…) agenti su di esso. Per questo motivo la componente viscosa spesso può essere calibrata solo mediante back analysis su dati di monitoraggio pregresso del pendio. Occorre considerare inoltre che la presenza di una struttura di sostegno come una paratia filtrante modifica in genere questo valore di viscosità “di sistema”, dal momento che, localmente, il campo di velocità del terreno nell’intorno della paratia viene notevolmente modificato rispetto a quello iniziale, e di conseguenza vengono indotti significativi effetti tridimensionali che, se da una parte sono difficilmente quantificabili in sede preventiva, dall’altro, per materiali duttili, inducono in genere un aumento della viscosità globale. Sulla base di questa osservazione, quindi, si può affermate che, per sistemi duttili, la calibrazione del parametro viscoso sulla base dei dati di monitoraggio pregressa risulta essere in genere cautelativa al fine della stima degli spostamenti finali attesi nel pendio. Ricordando l’equazione (20), il profilo di spostamenti del terreno può essere espresso come prodotto di una quantità scalare U0 (ad esempio, lo spostamento in superficie) e di una funzione Û(z) che ne descrive la forma lungo la profondità. Nei paragrafi seguenti sono mostrati due esempi di integrazione della (29), rispettivamente per un caso in cui la forma del profilo di spostamento è fissata e non evolve nel tempo, e per un caso in cui invece essa è libera di variare in funzione dei carichi che il terreno scambia con i pali.

4.1 Profilo di spostamento fissato

Si consideri l’esempio di pendio infinitamente esteso discusso nel paragrafo 3.1.1, soggetto al campo di spostamenti uniforme descritto in Figura 21a. L’equazione del moto (traslazionale) di tale sistema (tenendo conto dei parametri espressi in Tabella 4) può essere ottenuta dalla (29) in funzione del solo parametro scalare U0 ed espressa come

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( ) ( ) ( )00 UVUAtRE Fd

Fd

Fd

Fd

&=−− (30)

( )SB

UTzHHU wwsat ⋅

−⋅⋅+−= )('tancos'sin 0

0 φαγγαγµ & , (31)

ove l’azione E è considerata costante e pari alla componente del peso dello strato parallela al pendio, la resistenza R lungo la superficie di scivolamento viene fatta dipendere dalla profondità zw della falda sotto il piano campagna e la curva caratteristica è ottenuta normalizzando la forza T per l’area di influenza di ciascun palo (per semplicità si è ipotizzato che la spaziatura S e la distanza B siano tali da poter trascurare l’interazione tra pali e l’affetto ombra). In ragione delle basse velocità attese per questo tipo di dissesti, nella (31) si è trascurata la componente inerziale dovuta alle accelerazioni della massa di terreno. La (31) può essere risolta con una semplice integrazione nel tempo mediante il metodo alle differenze finite. Il secondo membro dell’equazione (31) è introdotto entro il simbolo <⋅> a indicare che vengono considerati significativi solo valori positivi di velocità del terreno, coerenti cioè con uno spostamento verso valle.

Distanza tra gli ordini di palificate B = 12 m Spaziatura tra i pali S = 3,5 m Inclinazione del pendio α = 28° Parametro di viscosità µ = 17 MN·s/m3

Tabella 4. Definizione delle proprietà del sistema.

Imponendo un’oscillazione stagionale del livello di falda come descritta in Figura 27a, e risolvendo la (31) inizialmente in assenza dell’opera di sostegno, è possibile stimare l’evoluzione attesa dello spostamento dello strato di terreno (immaginando un profilo uniforme lungo la profondità, come in Figura 21a) di circa 10 cm all’anno (Figura 27a).

Introducendo nella (31) le curve T(U0) precedentemente mostrate (Figura 22), è immediatamente possibile integrare l’equazione e valutare l’efficienza dell’intervento (in termini di contenimento dello spostamento del terreno e riduzione della sua velocità) per ciascuno dei due tipi di palo e per diversi gradi di vincolo in testa (Figura 27b, c). Per i casi analizzati, si osserva come una paratia di pali in acciaio consenta in ogni caso di arrestare il movimento franoso (con spostamenti finali compresi tra 1 e 3 cm, attesi nei due anni successivi all’installazione della paratia filtrante). Per pali in CLS, nei casi di estremo libero o con tirante passivo, si ha una risposta del tutto simile a quella del palo in acciaio. Nel caso di tirante attivo, invece, la paratia di pali in CLS risulta essere non pienamente efficace, dal momento che il valore scelto per il pretiro comporta l’attivazione di una cerniera plastica: si ha quindi una riduzione della velocità di spostamento del terreno, ma senza garantirne l’arresto.

E’ importante osservare che dati come quelli qui commentati possono anche costituire un utile quadro interpretativo per la comprensione dei dati di monitoraggio dell’opera di sostegno.

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(a)

(b) (c) Figura 27. (a) Evoluzione dello spostamento del terreno e della profondità di falda in assenza dei pali. Evoluzione dello spostamento del terreno in presenza dei pali: (b) palo in acciaio e (c) palo in CLS (da Galli e di Prisco, 2013).

4.2 Profilo libero

Nel caso in cui il dissesto nel pendio non presenti ancora una chiara localizzazione, o quando il moto della massa di terreno instabile non possa essere assimilato quello di un corpo rigido, il profilo di velocità nel terreno non sarà uniforme (curva (i) di Figura 28a), ma sarà caratterizzato da andamenti vari, in generale decrescenti con la profondità (curva (ii)) o irregolari (curva (iii)), in funzione della geometria, delle proprietà del terreno e dell’andamento nel tempo delle azioni instabilizzanti. Risulta pertanto indispensabile studiare simultaneamente:

(i) il comportamento della massa di terreno instabile, (ii) l’interazione del terreno con il palo e (iii) il comportamento meccanico di quest’ultimo,

in modo da cogliere sia l’influenza del campo di spostamenti del terreno sulla distribuzione delle forze trasversali tra il palo e il terreno stesso, sia, a ritroso, l’effetto che queste hanno nel modificare il profilo di velocità, possibilmente arrestandolo.

Facendo riferimento ad un caso monodimensionale di pendio infinitamente esteso, ad esempio, si può in via semplificata assimilare lo strato di terreno instabile di spessore H ad un fluido viscoso in moto laminare (assumendo quindi un legame rigido-viscoplastico perfetto per il terreno) e studiare l’effetto che l’azione di sostegno esercita sull’equazione del moto, scritta alla generica profondità z (Figura 28b). Nel paragrafo successivo è mostrato un esempio numerico.

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(a) (b) Figura 28. (a) esempi di profili di velocità nel terreno; (b) interazione tra palo e terreno in moto laminare.

L’estensione a casi bi- o tridimensionali, se da un punto di vista teorico non presenta

significative differenze rispetto a quanto sopra commentato, da un punto di vista operativo necessita l’indroduzione di un criterio che consenta di definire l’atto di moto corrente (cioè il campo di velocità del terreno nell’intero pendio). Questo infatti, a differenza di quanto fatto poco sopra per il caso di pendio indefinito in cui si deve necessariamente ammettere un moto traslazionale parallelo al pendio, non può essere riconosciuto a priori grazie a considerazioni geometriche. Si ritiene che una trattazione rigorosa di tale aspetto esuli dagli obiettivi delle presenti Linee Guida, e peraltro, a conoscenza degli scriventi, non esistono ancora in Letteratura esempi a riguardo. Casi specifici che interessino geometrie complesse possono tuttavia essere risolti mediante approcci tradizionali basati sulla meccanica del continuo, per mezzo di codici che implementino metodi FEM o FDM, a patto di introdurre legami costitutivi sufficientemente raffinati per descrivere il comportamento del sistema.

4.2.1 Esempio: pendio indefinito

Facendo riferimento ad uno strato di spessore generico z del pendio indefinito schematicamente mostrato in Figura 28b, è possibile scrivere l’equazione del moto in direzione parallela al pendio come

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )zABzc

zzNzWdz

zUdzB +⋅+⋅−⋅=⋅⋅α

φαα

µcos

''tan'sin

cos

&

(32)

in cui è stato trascurato il termine inerziale ed è stata introdotta una componente viscosa dipendente da un parametro µ (in generale variabile lungo la profondità), avendo assunto per il terreno un comportamento viscoplastico. L’azione di sostegno può essere formalmente espressa come integrale delle azioni che palo e terreno si scambiano dalla superficie fino alla profondità z

( ) ( ) ( )( )∫ −=z

duUfzA0

ξξξ (33)

in cui la funzione f fornisce la risultante degli sforzi trasversali agenti sulla superficie del palo alla profondità considerata. La (32) può essere discretizzata, coerentemente alla discretizzazione del palo, e riscritta nella forma

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( )uUAcφu

WWU

µ −+⋅+⋅

⋅−⋅−⋅=⋅⋅αα

ααα cos

''tancos

cossincos

BB

dz

dB w&

(34)

ove i termini in grassetto indicano quantità vettoriali e il vettore A, valutato come somma dei carichi nodali agenti tra la superficie e la profondità considerata, è esplicitamente espresso come funzione degli spostamenti relativi tra terreno e palo. La (34), insieme all’equazione (26), costituisce un sistema di equazioni differenziali nelle due incognite U(z,t) e u(z,t), che rappresentano l’evoluzione dei profili di spostamento del terreno e del palo lungo la profondità z. Per ciò che concerne l’imposizione delle condizioni al contorno, si fa osservare che, in generale, è necessario suddividere il dominio di integrazione spaziale in due sottodomini:

(i) nel caso in cui il palo immorsato nel substrato rigido (L>H), i due sottodomini saranno definiti 0<z<H e H<z<L;

(ii) nel caso invece in cui il palo non sia immorsato nel substrato rigido (L<H), essi saranno definiti come 0<z<L e L<z<H

Per poter integrare il sistema di equazioni differenziali, sarà in ogni caso necessario imporre che al di là della superficie di scivolamento, lo spostamento del terreno sia nullo per ogni istante temporale (U(z,t)=0, ∀t e per z>H).

A titolo di esempio, nel seguito tale procedura è stata applicata al caso di un pendio infinitamente esteso costituito da uno strato di materiale granulare di spessore H (le cui proprietà sono elencate in Tabella 5) che poggia su di un substrato molto più rigido e resistente. Lo strato superficiale viene stabilizzato mediante la realizzazione di una paratia filtrante costituita da pali in CLS (Tabella 6), immorsata per un metro nello strato stabile.

Inclinazione del pendio α = 35° Spessore strato granulare H = 5 m Peso saturo γsat = 18 kN/m3 Angolo di attrito φ’ = 28° Coesione c’ = 0 Parametro di viscosità µ = 2.41×1011 kPa·s

Tabella 5. Proprietà geometriche e meccaniche dello strato instabile.

Lunghezza, diametro L = 6 m; D = 30 cm Rigidezza flessionale EJ = 2.22×104 kNm2 Calcestruzzo C30/35 Barre armatura 10Φ14, FeB38k Distanza tra gli ordini di palificate B = 10 m Spaziatura tra i pali S = 1 m

Tabella 6. Descrizione della tipologia di palo.

Si è confrontata l’evoluzione del sistema in una finestra temporale di 30 anni, per quattro diversi scenari:

a) assenza di pali, b) pali liberi in testa, c) pali con tirante passivo, d) pali con tirante attivo (pretiro pari a 20 kN per ogni palo).

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Per semplicità si è assunto per i pali un comportamento lineare elastico, si è considerata identicamente nulla la pressione neutra nel pendio, e si è assunto che non vi sia interazione tra pali (S>Scr). Ove presente, il tirante è costituito da quattro trefoli in acciaio da 0.6” e lunghezza 20 m, ed è stato modellato come una molla elastica aggiuntiva inserita alla profondità di 30 cm dal piano campagna; per semplicità; non è stata presa in considerazione alcuna trave di collegamento tra i pali.

(a) (b) (c) (d)

Figura 29. Profili di velocità del terreno per i quattro diversi scenari.

(a) (b) (c) (d)

Figura 30. Profili di spostamento del terreno per i quattro diversi scenari.

I risultati sono riassunti in Figura 29 in termini di profili di velocità del pendio, e Figura 30 in

termini di profili di spostamento per differenti istanti temporali compresi tra 0,1 anni (cioè immediatamente dopo la messa in opera) e 30 anni dopo la messa in opera. Per lo scenario (a), assenza dei pali, il profilo di velocità del terreno è descritto da un andamento parabolico di ampiezza costante nel tempo, con valori massimi in superficie di circa 10 mm/anno. Tale profilo viene solo leggermente ridotto in ampiezza quando si considera la presenza di pali liberi in testa, scenario (b), segno che questa soluzione non è da considerarsi pienamente soddisfacente in quanto il palo non è sufficientemente immorsato nello strato stabile. In presenza di tiranti passivi, scenario (c), le velocità sono invece significativamente ridotte con il passare del tempo fino a valori massimi residui dell’ordine di 2 mm/anno, e la forma del profilo è modificata. Infine, in presenza di un tirante attivo con pretiro di 20 kN), scenario (d); le velocità sono grandemente ridotte fin dai primi istanti dopo l’installazione, e non se ne prevedono significative variazioni durante l’intera vita utile dell’opera. Si osserva però che in questo caso la forma del profilo di velocità è diversa da quella iniziale, con velocità residue non nulle per i primi due metri circa di profondità. A seguito della messa in opera della paratia e dell’imposizione del pretiro, verrebbe quindi arrestato il meccanismo di scivolamento

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profondo, ma resterebbero attivi meccanismi di scivolamento più superficiali, per i quali i pali non riescono a mobilitare sufficienti carichi stabilizzanti. Si noti che tale peculiarità non sarebbe stata colta da metodi allo SLU. Per arrestare questi meccanismi superficiali risulta dunque necessario intervenire con ulteriori soluzioni progettuali, o riprogettare la paratia filtrante.

A titolo di esempio, si osserva che, se per lo scenario (a) si adottasse l’approccio dell’equilibrio

limite esteso all’intero strato, si avrebbe un valore del coefficiente di sicurezza FS=tanφ’/tanα=0,76 uniforme lungo tutto lo spessore dello strato. Per portare tale valore a 1, occorrerebbe un’azione stabilizzante tale da verificare l’equilibrio allo scivolamento dello strato:

SB

THH

⋅+⋅⋅=⋅ 'tancossin φαγαγ (35)

da cui T=124,22 kN per singolo palo. Evidentemente tale valore risulta grandemente

sovrastimato rispetto alle reali necessità (quantificate in circa 20 kN/palo, corrispondente al pretiro assegnato), e sarebbe comunque inefficace per arrestare i meccanismi di scivolamento più superficiali.

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5. Analisi sismica di pendii stabilizzati con pali

I metodi per l’analisi del comportamento dei pendii in presenza di azioni sismiche possono essere suddivisi in tre livelli di analisi in ordine di complessità crescente (AGI, 2005):

• metodi pseudostatici • metodi dinamici semplificati o pseudodinamici • metodi dinamici.

Tali metodi presentano notevoli differenze che riguardano: la caratterizzazione dell’azione sismica (considerata costante o variabile nel tempo); il modello di comportamento dei terreni che costituiscono il pendio; il parametro di riferimento per la valutazione della stabilità (coefficiente di sicurezza, spostamento o deformazioni irreversibili); l’approccio utilizzato (analitico o numerico) e la condizione limite di riferimento.

Nei metodi pseudostatici si valutano le condizioni di equilibrio limite o di collasso incipiente che corrispondono allo stato limite ultimo e si determina un coefficiente di sicurezza. Nei metodi di analisi pseudodinamici e dinamici si possono verificare lo stato limite ultimo e lo stato limite di danno, confrontando gli spostamenti e le deformazioni accumulate durante l’evento sismico con i valori limite di riferimento.

Il tradizionale approccio pseudostatico per le verifiche di stabilità di pendii sotto azioni sismiche, se condotto utilizzando le massime accelerazioni attese, è certamente troppo cautelativo, non tenendo conto della breve durata delle azioni sismiche. Nella realtà, un coefficiente di sicurezza "temporaneamente" minore dell'unità, nel corso dell’evento sismico, può comportare spostamenti permanenti "tollerabili". È stato riconosciuto dall’EC8-5 (EN 1998-5, 2003), dalla O.P.C.M. 3274/2003 e dal D.M. 14/01/2008 (NCT, 2008) che la stabilità di un pendio o di un fronte di scavo deve essere effettuata valutando l’entità degli spostamenti indotti dal sisma piuttosto che attraverso il coefficiente di sicurezza pseudostatico, in modo da correlare le condizioni di stabilità allo stato di deformazione del pendio. Tuttavia, in Europa, non esiste attualmente una prescrizione normativa a cui far riferimento in merito agli spostamenti ammissibili per pendii naturali. Essi dipendono infatti da numerosi fattori quali la presenza e la natura di strutture/infrastrutture esistenti, il livello di protezione che si intende adottare, la gravità dei danni connessi ad un eventuale movimento franoso. In letteratura pochi contributi (Li et al., 2010) hanno investigato il comportamento di pendii stabilizzati da pali sotto azioni sismiche.

Analogamente a quanto discusso nei capitoli precedenti, l’analisi sismica sarà nel seguito affrontata mediante differenti approcci. In particolare, nel paragrafo 5.1 è presentato un metodo allo Stato Limite Ultimo, mentre nel 5.2 è presentato metodo ibrido.

5.1 Metodi pseudostatici

Gli approcci più comunemente adottati nella pratica professionale possono essere ricondotti ad analisi pseudo-statiche, attraverso la definizione di opportuni valori del coefficiente di riduzione dell'azione sismica. Questi ultimi sono ottenuti a partire da leggi di regressione e analisi statistiche che legano gli spostamenti calcolati, con metodi dinamici semplificati, ad uno o più parametri del moto. La stabilità dei pendii è valutata generalmente nell'ipotesi di problema di deformazione piana,

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impiegando i metodi globali dell'equilibrio limite (oppure i metodi delle strisce) basati sulle equazioni della statica.

Le analisi di stabilità dei pendii vengono generalmente espresse in termini di coefficiente di sicurezza, definito come il valore per cui dividere i parametri di resistenza disponibili lungo la superficie di scorrimento per raggiungere la condizione di collasso incipiente. La superficie di scorrimento critica è quella caratterizzata dal minor coefficiente di sicurezza.

Le ipotesi su cui si basa l'analisi pseudostatica sono: • terreno assimilabile ad un mezzo rigido perfettamente plastico • condizione di rottura simultanea in tutti i punti della superficie di scorrimento (pre-esistente o

potenziale) • resistenza sulla superficie di scorrimento espressa in termini di tensioni efficaci mediante il

criterio di Mohr-Coulomb o in termini di tensioni totali mediante il criterio di Tresca • azione dinamica del terremoto rappresentata come una forza di inerzia statica equivalente,

proporzionale al peso W della massa potenzialmente instabile, ed applicata nel baricentro della stessa (metodi globali) o nei baricentri delle singole strisce (metodi delle strisce).

Le componenti orizzontale e verticale di tale forza possono essere espresse come:

WkF

WkF

vv

hh

⋅=⋅=

(36a,b)

dove kh e kv sono rispettivamente i coefficienti sismici orizzontale e verticale. La superficie di scorrimento caratterizzata dal minimo valore del coefficiente di sicurezza va

ricercata per tentativi considerando diversi possibili cinematismi di collasso, e solitamente assumendo superfici di scorrimento cilindriche, con generatrici ortogonali alla sezione esaminata.

La definizione dei coefficienti sismici presenta svariate interpretazioni, sia in letteratura che nei quadri normativi nazionali ed internazionali. Il D.M. 14/01/2008 (NTC 2008) stabilisce che nelle verifiche allo stato limite ultimo, in mancanza di studi specifici, i coefficienti sismici orizzontale kh e verticale kv possono esprimersi come:

hv

sh

kk

g

ak

⋅±=

⋅=

5.0

maxβ (37a,b)

ove g è l’accelerazione di gravità, βs è un coefficiente di riduzione sismica dell’accelerazione

massima attesa al sito (i cui valori variano in funzione dell’accelerazione orizzontale massima attesa su sito di riferimento rigido ag e della categoria di sottosuolo) e amax è l’accelerazione orizzontale massima attesa al sito. In assenza di analisi specifiche della risposta sismica locale, amax può essere valutata con la relazione:

gTSg aSSaSa ⋅⋅=⋅=max (38)

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dove S è un coefficiente che tiene conto l’effetto dell’amplificazione stratigrafica (SS) e dell’amplificazione topografica (ST), e ag è l’accelerazione orizzontale massima attesa su sito di riferimento rigido.

I limiti dei metodi pseudostatici consistono in: • utilizzare sollecitazioni statiche, costanti nel tempo in modulo, direzione e verso, per valutare

gli effetti di sollecitazioni sismiche che hanno invece un carattere ciclico e transitorio; • considerare che l’azione sismica equivalente derivi solo dall’accelerazione di picco, mentre

ci sono altre caratteristiche del sisma come la durata e il contenuto in frequenza, che vengono totalmente trascurate e che possono essere fondamentali per la valutazione dell’effetto instabilizzante di un terremoto.

5.1.1 Coefficiente di sicurezza di pendio indefinito stabilizzato con pali

Tra i metodi dell'equilibrio limite, il modello di pendio indefinito rappresenta quello di più facile applicabilità, che risulta efficace nella trattazione di problemi di instabilità con le seguenti caratteristiche:

• superficie di scorrimento parallela alla superficie topografica del pendio; • rapporto tra la lunghezza e lo spessore del corpo di frana possa essere ritenuto tanto elevato

da trascurare gli effetti delle estremità (in generale si fissa un limite inferiore pari a 10); • proprietà fisico-meccaniche del terreno siano costanti nell'ammasso.

Nella trattazione che segue si è ipotizzato di trascurare anche il contributo della forza sismica verticale. La trattazione può però essere facilmente generalizzata anche in presenza di tale forza.

Nelle analisi pseudostatiche di pendii indefiniti stabilizzati con file di pali disposti ad interasse S nel piano ortogonale alla superficie di scorrimento e B nella direzione longitudinale (Figura 31), occorre portare in conto il contributo stabilizzante del palo AF

k,d che rappresenta il taglio ultimo Tpile

sulla superficie di scorrimento ricavato come descritto nel Capitolo 2 per i diversi meccanismi di rottura.

Figura 31. Schema di pendio indefinito stabilizzato con file di pali.

Si ottengono le espressioni del coefficiente di sicurezza riportate nel seguito, valutate sia per

pendio non stabilizzato sia per pendio stabilizzato con pali, in condizioni drenate (avendo ipotizzato assenza di falda) e in condizioni non drenate.

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Pendio senza pali – terreni incoerenti in assenza di falda idrica

( )hS

h

c ' B sec W cos k W sin tan 'F

k W cos W sin

⋅ ⋅ α + ⋅ α − ⋅ ⋅ α ⋅ ϕ=

⋅ ⋅ α + ⋅ α (39)

Pendio con pali – terreni incoerenti in assenza di falda idrica

( )hS

pileh

c ' B sec W cos k W sin tan 'F

Tk W cos W sin

S

⋅ ⋅ α + ⋅ α − ⋅ ⋅ α ⋅ ϕ=

⋅ ⋅ α + ⋅ α − (40)

Pendio senza pali – terreni coesivi

uS

h

c B secF

k W cos W sin

⋅ ⋅ α=⋅ ⋅ α + ⋅ α

(41)

Pendio con pali – terreni coesivi

uS

pileh

c B secF

Tk W cos W sin

S

⋅ ⋅ α=⋅ ⋅ α + ⋅ α −

(42)

È possibile estendere facilmente i risultati delle analisi in assenza di falda anche ad analisi drenate in presenza di falda.

5.1.2 Coefficiente di sicurezza di pendio ad altezza limitata stabilizzato con pali

Tra gli svariati metodi proposti in letteratura per individuare il coefficiente di sicurezza di un pendio basati sul principio dell'equilibrio limite, quello di Sarma (1973, 1979) appare particolarmente adatto alle verifiche sotto azioni sismiche in quanto consente di calcolare l'accelerazione critica orizzontale necessaria affinché la massa al sopra della superficie si trovi in una condizione di incipiente collasso. Il corpo di frana, suddiviso in n strisce, è soggetto a forze destabilizzanti (peso proprio ed azioni sismiche) e azioni stabilizzanti (resistenze mobilitate lungo la superficie di scorrimento e, nel caso di pendio rinforzato, contributo dei pali) come in Figura 32. Nell'ipotesi in cui la larghezza della striscia sia sufficientemente piccola da garantire che le azioni normali Ni agiscano nel baricentro e che non ci siano forze esterne agenti all'interfaccia, Σ∆Ei=0 e Σ∆Xi=0, si ricavano le equazioni dall'equilibrio orizzontale e verticale della singola striscia (Tpile≠0 solo nella striscia in cui è presente il palo):

iiipile

iiii XWS

TTN ∆−=⋅+⋅+⋅ ααα sinsincos (43)

pilei i i i i h i i

TT cos N sin cos k W E

S⋅ α − ⋅ α + ⋅ α = ⋅ − ∆ (44)

iiiiii bcNT αφ sec'tan ⋅⋅+⋅= (45)

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Figura 32. (a) superficie critica per il pendio non rinforzato e (b) sua analisi a seguito di stabilizzazione con pali.

Le equazioni di equilibrio (43), (44) insieme al legame costitutivo espresso dall’equazione (45)

e all’equazione di equilibrio alla rotazione globale dell’intera massa, "estese" rispetto al lavoro originale (Sarma,1979) ed implementate in appositi programmi di calcolo (Matlab), consentono di valutare il coefficiente di sicurezza del pendio in condizioni pseudostatiche tenendo conto del contributo benefico offerto dalla paratia di pali. In questo caso il contributo della fila di pali è dato dal taglio ultimo del palo (AF

k,d = Tpile/S) e dal concomitante momento (Mpile/S) calcolato sulla superficie di scorrimento in funzione dei diversi meccanismi di rottura analizzati nel Capitolo 2.

5.2 Analisi dinamiche semplificate: metodo degli spostamenti

I metodi degli spostamenti sono derivati dal modello di blocco rigido di Newmark (1965) nei quali l’azione sismica è definita da una funzione temporale, gli effetti dell’azione sismica vengono valutati in termini di spostamenti accumulati e la sicurezza è stimata confrontando lo spostamento cumulato con quello ammissibile. Tali metodi consentono di superare il limite intrinseco dell’approccio pseudostatico che utilizza sollecitazioni statiche e costanti nel tempo e di tener conto del fatto che la risposta del pendio dipende anche dalle caratteristiche dell’accelerogramma. La determinazione del coefficiente sismico critico avviene mediante un'analisi pseudostatica "inversa" considerato che:

• la condizione di collasso incipiente (FS=1) corrisponde al valore del coefficiente sismico critico;

• il fattore che fornisce un valore nullo dell'accelerazione critica corrisponde al coefficiente di sicurezza critico in condizioni statiche.

Nel caso del pendio indefinito è possibile ottenere il coefficiente sismico critico in forma esatta sia nel caso di pendio non stabilizzato che nel caso di pendio stabilizzato mediante l'utilizzo di paratie filtranti (in questo caso il contributo della fila di pali è dato solo dal taglio ultimo del palo (AF

k,d = Tpile/S ):

Pendio senza pali – terreni incoerenti in assenza di falda idrica

( )21 1 1c

c' tan ' tank

' l cos tan tan ' tan ' tan

ϕ αγ α α ϕ ϕ α

−= +⋅ ⋅ ⋅ + ⋅ + ⋅

(46)

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Pendio con pali – terreni incoerenti in assenza di falda idrica

( ) ( )21 1

1

1 1 1pile

c

Tc' tan ' tank

' l cos tan tan ' tan ' tan S ' B l cos tan tan '

ϕ αγ α α ϕ ϕ α γ α α ϕ

−= + + ⋅⋅ ⋅ ⋅ + ⋅ + ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ + ⋅

(47) Pendio senza pali – terreni coesivi

21

uc

sat

ck tan

l cosα

γ α= −

⋅ ⋅ ⋅ (48)

Pendio con pali – terreni coesivi

21 1

1pileuc

sat sat

Tck tan

l cos S B l cosα

γ α γ α= − + ⋅

⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ (49)

dove con l1 si intende la lunghezza della porzione di palo entro la massa di terreno in esame. Nel caso di pendio di altezza limitata la cui stabilità è valutata con il metodo di Sarma,

l'accelerazione critica si ricava iterativamente, considerato che i parametri di resistenza del materiale lungo la superficie di scorrimento sono divisi per un coefficiente di sicurezza noto.

Una semplice metodologia per la valutazione degli spostamenti sismoindotti (cosismici) di pendii stabilizzati con pali può essere riassunta in tre passi, come segue:

a) analisi di stabilità del pendio non stabilizzato e valutazione della resistenza ultima offerta dai pali

b) implementazione del contributo tagliante e del momento offerto dai pali nei metodi dell'equilibrio limite tradizionali e valutazione dell'accelerazione critica del pendio stabilizzato (analisi pseudostatica inversa);

c) applicazione del metodo di Newmark, con un set di accelerogrammi significativi per il sito e per il periodo di ritorno degli eventi sismici considerati (o per la probabilità di superamento nella vita di riferimento del pendio), per stimare gli spostamenti cumulati permanenti.

5.2.1 Esempio numerico finalizzato alla la valutazione degli spostamenti sismoindotti per pendio di altezza limitata stabilizzato con pali

Si riporta un’applicazione numerica per la valutazione degli spostamenti sismoindotti mediante il modello di Newmark (1965) dove le accelerazioni critiche sono ricavate dall'estensione del metodo all'equilibrio limite di Sarma, applicato sia al pendio naturale (non stabilizzato), sia in seguito alla stabilizzazione mediante pali (Adinolfi et al., 2015). La procedura consente di apprezzare come l'incremento delle forze resistenti dovuto al contributo offerto dai pali giovi alla performance sismica del pendio in termini di riduzione degli spostamenti cumulati.

Per tre pendii omogenei in terreni a grana fine e condizioni non drenate, sono state sviluppate le analisi di stabilità, sia in condizioni non rinforzate che in seguito alla stabilizzazione mediante pali, allo scopo di calcolare i coefficienti critici (kc). I pendii sono caratterizzati da bassi valori della resistenza non drenata (cu=36, 42, 50 kPa); altezze H=10, 12.5, 15 m ed inclinazioni α= 63°, 55°, 50° (rispettivamente pendio n°1, pendio n°2 e pendio n°3). Le superfici critiche individuate per i pendii non rinforzati corrispondono ad accelerazioni critiche rispettivamente pari a kc=0.020, 0.017, 0.035.

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Le stesse superfici sono state analizzate considerando la presenza di una fila di pali infissi nel pendio con differenti valori dell’interasse S e diverse lunghezze L (Figura 33)

In Tabella 7, per ogni configurazione di pali e per ogni pendio, si riportano i valori degli interassi utilizzati, i corrispondenti coefficienti di sicurezza ed i coefficienti critici.

Figura 33. Casi studio di tre pendii stabilizzati con tre diverse configurazioni di pali.

S/D D (m) S (m) FS kc Tpile(kN) MY

(kNm)

PE

ND

IO 1

CONF. 1 3 0.8 2.4 1.304 0.1835 134.8 577.2 CONF. 2 4 0.8 3.2 1.248 0.1563 112.3 769.0 CONF. 3 5 0.8 4 1.197 0.1291 89.9 769.0

NON STABILIZ. 0 0 0 1.027 0.0204 0.0 0.0

PE

ND

IO 2

CONF. 1 2.5 0.8 2 1.302 0.1641 212.2 749.0 CONF. 2 3 0.8 2.4 1.252 0.1423 180.7 805. 8 CONF. 3 4 0.8 3.2 1.203 0.1195 147.6 1049.0

NON STABILIZ. 0 0 0 1.040 0.0179 0.0 0.0

PE

ND

IO 3

CONF. 1 2.5 0.8 2 1.301 0.1598 288.0 518.8 CONF. 2 3 0.8 2.4 1.250 0.1382 238.0 769.0 CONF. 3 4 0.8 3.2 1.200 0.1151 184.4 913.8

NON STABILIZ. 0 0 0 1.054 0.0356 0.0 0.0 Tabella 7. Caratteristiche dei pendii e risultati delle analisi di stabilità.

Ogni configurazione è caratterizzata da diversi momenti di plasticizzazione MY dei pali (ricavato mediante le formule convenzionali per pali cilindrici) e forze di taglio ultime di ogni palo (Tpile) tali da garantire valori di coefficienti di sicurezza fissati a FS= 1.20, 1.25 e 1.30, così come suggerito dalla procedura generale di letteratura (Kourkoulis et al., 2012). Una notevole riduzione degli spostamenti, dovuta alla presenza dei pali nel pendio, può essere apprezzata in Figura 34, dove gli spostamenti

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permanenti sismo-indotti dall'accelerogramma di Tolmezzo (ATMZ270), sono rappresentati per i pendii non rinforzati (linea nera) e per quelli stabilizzati con pali. Si può notare come gli spostamenti dei pendii rinforzati siano stati significativamente più piccoli rispetto a quelli non stabilizzati. Le riduzioni di spostamento variano dal 99 al 93% per il primo pendio (che presentava uno spostamento massimo di 40 cm per pendio non rinforzato), dal 98 al 91% per il secondo pendio (spostamento massimo di 43 cm per pendio non rinforzato) e una riduzione dal 97 all' 83% per il terzo caso (spostamento massimo di 27 cm per pendio non rinforzato).

Figura 34. Spostamenti di Newmark (registrazione ATMZ270).

N° Evento Stazione PGA (g) N° Evento Stazione PGA(g)

1 Chi Chi, 1999 TCU045 0.361 16 Bingol, 2003 007142xa 0.515

2 Friuli, 1976 ATMZ270 0.315 17 Avej, 2002 007718xa 0.446

3 Irpinia, 1980 ASTU270 0.320 18 South Iceland, 2000 006349xa 0.744

4 Irpinia, 1980 ABAG 270 0.189 19 South Iceland, 2000 004674xa 0.318

5 Izmit, 1999 001231xa 0.161 20 Duzce, 1999 006500xa 0.496

6 Izmit, 1999 GBZ000 0.244 21 Oelfus, 1998 004992xa 0.145

7 Loma Prieta, 1989 CYC285 0.484 22 Mt. Hengill area, 1998 005079XA 0.173

8 Tabas, 1978 000182xa 0.338 23 Kozani, 1995 006115xa 0.208

9 Ardal, 1977 000158xa 0.908 24 Firuzabad, 1994 007156xa 0.310

10 Montenegro, 1979 000198xa 0.181 25 Spitak, 1988 000465xa 0.202

11 Hollister,1961 USGS 1028 0.484 26 Etolia, 1988 000428xa 0.166

12 Montenegro, 1979 000200xa 0.224 27 SE_Tirana, 1988 003802xa 0.113

13 Northridge, 1994 24278 090 0.568 28 Umbria Marche, 1997 ENCB090 0.383

14 Olfus, 2008 013006xa 0.665 29 Umbria Marche, 1997 IBCT090 0.162

15 Olfus, 2008 013010xa 0.536 30 Trinidad, 1983 CDMG 1498 0.194

Tabella 8. Database accelerometrico.

Un database composto da 30 registrazioni accelerometriche (Tabella 8) selezionate da diverse fonti (Scasserra et al., 2008, Chiou et al., 2008) è stato in seguito utilizzato per valutare gli spostamenti cumulati mediante il metodo di Newmark. Gli accelerogrammi sono stati scalati alla stessa accelerazione di picco amax=0.25g, ipotizzata essere quella di riferimento per il sito in esame e per il

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periodo di ritorno dell’evento sismico considerato. I risultati (Figura 35) evidenziano che gli effetti della stabilizzazione dei pendii mediante pali comportano una notevole riduzione degli spostamenti sismoindotti, correlabile all'incremento del coefficiente di sicurezza in condizioni statiche (Adinolfi et. al, 2015) Tenuto conto che i metodi degli spostamenti derivati dal modello di blocco rigido di Newmark (1965) fanno riferimento a cinematismi di collasso idealizzati e semplificati, gli spostamenti calcolati devono considerarsi come una stima dell'ordine di grandezza degli spostamenti reali, e quindi come un indice di prestazione del pendio in condizioni sismiche. Lo studio dimostra che i pali, progettati per incrementare il coefficiente di sicurezza statico a prefissati valori, possono drasticamente ridurre gli spostamenti sismoindotti. Le limitazioni del metodo sono dovute alle ipotesi semplificative adottate: sebbene i risultati evidenzino un trend interessante, la generalizzazione richiede attenzione e sarà oggetto di studi futuri.

Figura 35. Spostamenti sismoindotti in funzione del coefficiente di sicurezza in condizioni statiche.

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6. Osservazioni conclusive

6.1 Monitoraggio

Come sempre accade per le opere civili, il monitoraggio della struttura durante la fase di messa in opera è di fondamentale importanza, e, in aggiunta ai tradizionali controlli circa la verticalità e l’integrità dei pali, deve prevedere (per paratie pretirantate in assenza di significativi carichi verticali) essenzialmente la misura degli spostamenti orizzontali della testa dei pali e di alcuni valori di spostamento del terreno circostante in corrispondenza di punti ritenuti significativi. Il monitoraggio di paratie filtranti, più in generale, deve però inquadrarsi in un più ampio progetto di monitoraggio dell’intero sistema, che parte ben prima (ad, anzi, supporta) la progettazione dell’opera. Come brevemente messo in luce in precedenza, infatti, la corretta progettazione di una paratia filtrante non può prescindere dalla precisa conoscenza del campo di spostamenti del terreno attivo nel pendio già prima della realizzazione dell’opera. Analogamente, nel quadro di approcci progettuali di tipo prestazionale, è necessario verificare l’efficacia dell’intervento in termini di riduzione delle velocità di spostamento del pendio a lungo termine, ed è quindi essenziale mantenere attivo tale sistema di monitoraggio anche successivamente alla messa in opera. La progettazione del sistema di monitoraggio e la scelta delle più opportune tecnologie di misura è ovviamente compito del progettista, e può spaziare dall’impiego di inclinometri tradizionali, di misure topografiche (ottiche o GPS), di telerilevamento, ecc. Si ritiene inoltre fondamentale procedere al monitoraggio delle pressioni interstiziali nel pendio e delle forze nei tiranti, così come, possibilmente, alla misura dello stato tensionale nei pali per mezzo di opportune misure estensimetriche.

Si sottolinea che tale mole di dati consente non solo di progettare correttamente la struttura, ma anche di verificarne e interpretarne il comportamento a lungo termine, fornendo al progettista una solida base per riconoscere immediatamente eventuali anomalie del sistema.

6.2 Criticità, durabilità, sostenibilità

Le principali criticità legate alla progettazione e realizzazione di una paratia filtrante sono dovute alla corretta modellazione del comportamento meccanico della struttura e della sua interazione con il terreno circostante. Ciò consente di pervenire ad una precisa definizione delle gerarchie di resistenza di tutte le componenti del sistema (palo, trave di coronamento, tirante…) in modo da garantire la duttilità richiesta in fase di progetto. A tal proposito risulta essenziale valutare la durabilità delle singole componenti del sistema nei confronti di carichi agenti, non solo di natura meccanica (quali, evidentemente, i carichi dovuti allo spostamento del terreno), ma anche di natura ambientale (termici, meteorici, chimici legati all’interazione della struttura con un ambiente aggressivo…), spesso di natura ciclica.

Dal punto di vista ambientale la realizzazione di una paratia filtrante comporta un onere paragonabile a quello di qualsiasi altra opera civile di ugual volume, ma è caratterizzata da un ridotto impatto visivo (che può essere anzi ulteriormente mascherato adottando opportuni accorgimenti accessori, quali ad esempio quelli propri dei metodi di ingegneria naturalistica) dal momento che l’opera è quasi completamente interrata. Rispetto ad un setto continuo, inoltre, una paratia filtrante non costituisce una barriera impermeabile tra monte e valle, non venendo quindi a modificare

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sostanzialmente la circolazione idrica nel pendio (anche se spesso è accoppiata alla realizzazione di sistemi di tubi drenanti), né attività biologiche (quali lo sviluppo di specie animali e vegetali, anche in ambiente sotterraneo), a meno di una inevitabile modifica delle caratteristiche del terreno nell’intorno dei pali.

6.3 Cantierizzazione

I fattori che maggiormente condizionano la messa in opera di una paratia filtrante sono essenzialmente dovuti alla geometria del sistema, in particolare alla pendenza del versante. Pendii molto acclivi potrebbero comportare serie limitazioni operative dovute alla difficoltà di raggiungere con le macchine operatrici il punto scelto per il posizionamento dei pali. A questo proposito, si segnala comunque che l’estrema flessibilità dell’intervento consente di spaziare tra geometrie e dimensioni molto differenti, variabili da quelle tipiche di micropali a quelle di pali di grande diametro, fornendo quindi una serie di valide alternative progettuali utili a superare (almeno in parte) alcune limitazioni dovute alla scarsa accessibilità della zona di cantiere. La natura dell’opera consente inoltre di semplificare notevolmente la progettazione e messa in esercizio, permettendo ove possibile di adottare anche soluzioni modulari con pali e travi di coronamento prefabbricate e ottimizzate per il particolare intervento.

Infine, la realizzazione di tali opere, pur richiedendo un controllo attento sull’esecuzione e soprattutto sulla continuità assiale dei pali (aspetto critico nei pali gettati in opera), non necessita di una particolare specializzazione delle imprese esecutrici, essendo sufficienti imprese abilitate ad eseguire usuali fondazioni su pali.

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7. Bibliografia

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