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Prodotti di protezione solare

Date post: 25-Dec-2016
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I 50-200-A-10 Prodotti di protezione solare P. Thomas, A. Bonnevalle Secondo l’Agenzia francese di sicurezza sanitaria applicata ai prodotti di salute, un pro- dotto di protezione solare (PPS) deve avere uno spettro che copre armoniosamente gli ultravioletti B e A (UVB e UVA). Deve essere ben tollerato e avere una buona compat- tezza per resistere all’acqua e al sudore. Deve essere fotostabile per proteggere a lungo e accettabile dal punto di vista cosmetico. La determinazione dell’indice di protezione contro l’eritema è validata. La protezione contro gli UVA, fondata sulla foto-ossidazione della melanina, è in corso di normalizzazione. Una valutazione in condizioni naturali è giustificata tanto più che le quantità applicate in condizioni reali sono inferiori rispetto a quelle utilizzate per la misurazione dei fattori di protezione, cosa che diminuisce, in realtà, il livello di protezione indicato. La protezione del genoma e la riduzione della foto-immunosoppressione e dell’eliodermia sono in corso di valutazione. Nessuno stu- dio dimostra la prevenzione dei carcinomi basocellulari grazie all’utilizzo dei PPS, ma diversi studi mostrano un ruolo preventivo nella comparsa delle cheratosi attiniche e dei carcinomi epidermoidi nel soggetto sano e nei trapiantati d’organo. La pubblicazione recente dei risultati di una vasta coorte appare per la prima volta a favore di un effetto preventivo dei PPS sulla comparsa dei melanomi. © 2013 Elsevier Masson SAS. Tutti i diritti riservati. Parole chiave: Fotoprotezione; Antisolari; Filtro chimico; Schermo fisico Struttura dell’articolo Introduzione 1 Composizione 2 Filtri chimici 2 Schermi fisici 3 Eccipiente 3 Altri componenti 3 Metodiche di valutazione 4 Protezione anti-UVB 4 Protezione anti-UVA 5 Protezione anti-IR 5 Valutazione degli altri effetti 5 Protezione antiradicali 5 Protezione del genoma 5 Protezione contro il fotoinvecchiamento 6 Protezione contro la foto-immunosoppressione 6 Protezione contro la carcinogenesi foto-indotta 6 Protezione delle fotodermatosi 7 Effetti secondari degli antisolari 7 Regolamentazione dei prodotti di protezione solare 8 Conclusioni 9 Introduzione I prodotti di protezione solare (PPS) o antisolari hanno a lungo protetto solo dalla frazione di ultravio- letto B (UVB) della luce ultravioletta. L’evidenziazione del ruolo degli ultravioletti A (UVA) nell’elastosi solare, nell’immunosoppressione e nei cancri cutanei ha portato allo sviluppo di antisolari a largo spettro, che assicu- rano una protezione contro l’insieme dello spettro UV. L’antisolare ideale deve, quindi, avere uno spettro di assor- bimento esteso dagli UVB agli UVA o anche al visibile e all’infrarosso (IR). Deve essere ben tollerato e avere una buona compattezza per resistere all’acqua e al sudore. Deve essere fotostabile per proteggere a lungo e accettabile dal punto di vista cosmetico. Gli antisolari sono testati sulla loro efficacia con- tro diversi danni indotti dagli UV. La determinazione dell’indice di protezione contro l’eritema è validata. Tut- tavia, l’eritema non è che uno degli effetti degli UV, e delle dosi suberitemali di UVB causano già danni. Inoltre, gli UVA si rivelano più nefasti di quanto non si pensi. La valutazione della protezione contro gli UVA, fondata sulla foto-ossidazione della melanina, è in corso di riconoscimento internazionale. La protezione del EMC - Cosmetologia medica e medicina degli inestetismi cutanei 1 Volume 10 > n 1 > luglio 2013 http://dx.doi.org/10.1016/S1776-0313(13)62485-5
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Prodotti di protezione solare

P. Thomas, A. Bonnevalle

Secondo l’Agenzia francese di sicurezza sanitaria applicata ai prodotti di salute, un pro-dotto di protezione solare (PPS) deve avere uno spettro che copre armoniosamente gliultravioletti B e A (UVB e UVA). Deve essere ben tollerato e avere una buona compat-tezza per resistere all’acqua e al sudore. Deve essere fotostabile per proteggere a lungoe accettabile dal punto di vista cosmetico. La determinazione dell’indice di protezionecontro l’eritema è validata. La protezione contro gli UVA, fondata sulla foto-ossidazionedella melanina, è in corso di normalizzazione. Una valutazione in condizioni naturali ègiustificata tanto più che le quantità applicate in condizioni reali sono inferiori rispettoa quelle utilizzate per la misurazione dei fattori di protezione, cosa che diminuisce, inrealtà, il livello di protezione indicato. La protezione del genoma e la riduzione dellafoto-immunosoppressione e dell’eliodermia sono in corso di valutazione. Nessuno stu-dio dimostra la prevenzione dei carcinomi basocellulari grazie all’utilizzo dei PPS, madiversi studi mostrano un ruolo preventivo nella comparsa delle cheratosi attiniche e deicarcinomi epidermoidi nel soggetto sano e nei trapiantati d’organo. La pubblicazionerecente dei risultati di una vasta coorte appare per la prima volta a favore di un effettopreventivo dei PPS sulla comparsa dei melanomi.© 2013 Elsevier Masson SAS. Tutti i diritti riservati.

Parole chiave: Fotoprotezione; Antisolari; Filtro chimico; Schermo fisico

Struttura dell’articolo

■ Introduzione 1■ Composizione 2

Filtri chimici 2Schermi fisici 3Eccipiente 3Altri componenti 3

■ Metodiche di valutazione 4Protezione anti-UVB 4Protezione anti-UVA 5Protezione anti-IR 5

■ Valutazione degli altri effetti 5Protezione antiradicali 5Protezione del genoma 5Protezione contro il fotoinvecchiamento 6Protezione contro la foto-immunosoppressione 6Protezione contro la carcinogenesi foto-indotta 6Protezione delle fotodermatosi 7Effetti secondari degli antisolari 7

■ Regolamentazione dei prodotti di protezione solare 8■ Conclusioni 9

� IntroduzioneI prodotti di protezione solare (PPS) o antisolari

hanno a lungo protetto solo dalla frazione di ultravio-letto B (UVB) della luce ultravioletta. L’evidenziazionedel ruolo degli ultravioletti A (UVA) nell’elastosi solare,nell’immunosoppressione e nei cancri cutanei ha portatoallo sviluppo di antisolari a largo spettro, che assicu-rano una protezione contro l’insieme dello spettro UV.L’antisolare ideale deve, quindi, avere uno spettro di assor-bimento esteso dagli UVB agli UVA o anche al visibile eall’infrarosso (IR). Deve essere ben tollerato e avere unabuona compattezza per resistere all’acqua e al sudore.Deve essere fotostabile per proteggere a lungo e accettabiledal punto di vista cosmetico.

Gli antisolari sono testati sulla loro efficacia con-tro diversi danni indotti dagli UV. La determinazionedell’indice di protezione contro l’eritema è validata. Tut-tavia, l’eritema non è che uno degli effetti degli UV,e delle dosi suberitemali di UVB causano già danni.Inoltre, gli UVA si rivelano più nefasti di quanto nonsi pensi. La valutazione della protezione contro gliUVA, fondata sulla foto-ossidazione della melanina, è incorso di riconoscimento internazionale. La protezione del

EMC - Cosmetologia medica e medicina degli inestetismi cutanei 1Volume 10 > n◦1 > luglio 2013http://dx.doi.org/10.1016/S1776-0313(13)62485-5

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genoma e la riduzione della foto-immunosoppressionee dell’eliodermia sono in corso di valutazione. La pre-venzione [1] dei melanomi non è confermata dagli studiepidemiologici, ma diversi di essi confermano la preven-zione delle cheratosi attiniche (KA) e di certi cancri nelsoggetto sano e nei trapiantati d’organo.

� ComposizioneUn antisolare è costituito da uno o più principi attivi

incorporati in un eccipiente. La scelta del principio attivo(o dei principi attivi), così come della loro concentra-zione, è limitata dalla legislazione ai prodotti di cui èriconosciuta l’innocuità [2]. Essa è in funzione del livellodi protezione auspicato. Si tratta, di solito, di filtri chimiciche assorbono gli UV o di polveri riflettenti, difrangenti oassorbenti gli UV. Possono essere incorporati altri principiattivi: captori di radicali liberi, antinfiammatori, autoab-bronzanti e acceleratori di abbronzatura, la cui efficacia intermini di fotoprotezione resta da dimostrare. In funzionedel livello di protezione ricercato, i formulatori associanodiversi filtri e degli schermi fisici per aumentare il fattoredi protezione solare (FPS) e per migliorare la fotostabilità.La scelta dell’eccipiente è in funzione della permanenzaauspicata, della zona di applicazione, del tipo di cute, dellafacilità di utilizzo e così via.

Filtri chimiciVentisei prodotti sono attualmente presenti sulla lista

europea dei filtri ultravioletti (Tabella 1) autorizzati neiprodotti cosmetici [2]. Il PABA è stato ritirato dalla lista.I filtri chimici assorbono i fotoni attraverso un anello

benzenico presente nella loro struttura. Essi agisconocome cromoforo assorbendo l’energia dei fotoni incidentie ritornano allo stato basale liberando l’energia acquisitasotto forma di calore, di irradiazione, di fluorescenza odi isomerizzazione. La maggior parte dei composti uti-lizzati è costituita da molecole di sintesi, in cui diversesostituzioni permettono di modificare lo spettro di assor-bimento. Essi sono idro- o liposolubili. Il loro spettro diassorbimento è più o meno ampio.

Si distinguono i filtri a banda stretta, che assorbonogli UVB (salicilati, cinnamati Parsol MCX®), i derivatidella canfora come il metilbenzilidene canfora (Eusolex6300®), i triazolati e gli acrilati, e i filtri a banda larga,che assorbono anche una certa quantità di UVA (benzo-fenoni, derivati del dibenzoilmetano, fenilbenzotriazoli,ecc.). In effetti, i lavori che dimostrano il ruolo degli UVAnell’induzione dei cancri cutanei [3] hanno reso necessarioil potenziamento della protezione contro gli UVA. Il Parsol1789® o 4-tert butil 4’metossidibenzoile metano è moltoutilizzato fino al 5%. Il suo spettro di assorbimento è mas-simo a 356 nm negli UVA lunghi. Altri filtri sono utilizzatiper la protezione UVA, come i benzofenoni, in parti-colare l’ossibenzone o 2-idrossi 4-metossibenzofenone,molto utilizzato in passato con uno spettro di azioneche si estende da 270 a 350 nm. Degli accidenti di aller-gia da contatto, di fotoallergia o di fototossicità [4] hannocondotto a non utilizzare più l’ossibenzone, ma altribenzofenoni sono ampiamente utilizzati (sulisobenzene,mexenone). L’octocrilene della famiglia degli acrilati è piùrecente (1995). È un prodotto liposolubile e fotostabile.Esso è utilizzato alla concentrazione massima del 10%. Ilsuo spettro centrato sugli UVB si estende fino agli UVAcorti. Il Mexoryl Sx®, o acido tereftalilidene dicampo sul-fonico, derivato canforato, introdotto in commercio dal1993, è idrosolubile, fotostabile e copre gli UVB così come

Tabella 1.Principali filtri chimici.

Famiglia INCI Picco d’assorbimento Nomi commerciali

Benzoimidazolici Acido-2 fenilbenzimidazolo 5-sulfonico 308 nm Eusolex 232®

Parsol HS®

Benzofenoni (BZP) Ossibenzone (BZP3 o2-idrossi 4-metossibenzofenone)Sulisobenzene (BZO4 o Ac 2-idrossi4-metossi-benzofenolo 5-sulfonico)

288 e 330 nm Eusolex 4360®

Escalol 567®

Escalol 577®

Canfore 3-(4’metilbenzilidene) canfora 290-300 nm Unisol S22®

Ultren BK®

Cinnamati 2-etilesile p-metossicinnamato(octimetossicinnamato)Isoamil-p-metossicinnamato

310 nm Escalol 557®

Eusolex 2292®

Parsol MCX®

Neo heliopan E1000®

Dibenzoilmetano Butilmetossi-dibenzoilmetano 356 nm Parsol 1789®

Avobenzone®

PABA e derivati PABA2-etilesile p-dimetilamino-benzoato(octildimetil PABA)amildimetil PABAmonogliceril PABA

310 nm Escalol 507®

Eusolex 6007®

Padimato O®

Escalolo 506®

Padimato A®

Escalol 106®

Fenil Benzotriazoli Acido tereftalilidene dibornanone(dicamfro) sulfonicoDrometrizolo trisilossano (silatrizole)DibenzotriazoloAnisotriazina

345 nm303 e 344 nm306, 348, 378 nm310 e 340 nm

Mexoryl SX®

Mexoryl XL®

Tinosorb M®

Tinosorb S®

Salicilati Omomentil salicilato (omosalato)Octilsalicilato (2 etilesilsalicilato)

300 nm Eusolex HMS®

Escalol 587®

Triazolati Octiltriazone 303 nm Uvinul T150®

Acrilato Octocrilene Uvinul M 35®

INCI: International Nomenclature Cosmetic Ingredients.

2 EMC - Cosmetologia medica e medicina degli inestetismi cutanei

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Tabella 2.Schermi fisici.

Ti02, Zn0 pigmentari Diametro di 200-500 nmAssorbe UVA lunghiCosmeticamente male accettato

Ti02, Zn0 micronizzati(Z Cote, MPI-sorb)

Diametro di 10-50 nmAssorbe scarsamente UVA lunghiTrasparente nel visibile

Dibenzotriazolo(Tinosorb M®)

Diametro di 130 nmAssorbe UVB, UVA corti e UVAlunghi(rapporto UVB/UVA 0,94)Non penetra, insolubile in olio eacqua

gli UVA corti fino a 380 nm, con un picco di assorbimentoa 345 nm. Il Mexoryl XL®, o drometrizolo trisilossano,autorizzato nel 1998, è liposolubile e fotostabile, con unpicco UVA/UVB centrato a 303 e a 344 nm.

L’altra caratteristica essenziale dei filtri è la foto-stabilità, che condiziona il loro comportamento dopol’assorbimento della radiazione UV e la durata di effica-cia, ma che non garantisce la tolleranza. Essa dipende daltipo di emulsione e dal tipo di filtro. La determinazionedel FPS mediante spettrofotometria (trasmissione da 290 a400 nm) prima dell’irradiazione standard (Suntest®) per 2ore [5] e dopo permette di individuare i filtri molto fotosta-bili (acido para-aminobenzoico [PABA], benzofenone 3,phenylbenzimidazole sulfonic acid, benzofenone 5, metilenebis-benzotriazolile tetrametil butilfenolo) e solo fotosta-bili (dietilesilbutamidotriazone, omosalato, octocrilene,octilmetossicinnamato, octiltriazone, 4-metilbenzilidenecanfora).

Alcune miscele di filtri idrofili e lipofili permettono lorodi proteggersi reciprocamente contro i raggi UV (per esem-pio, il dibenzoilmetano è poco fotostabile ma l’octocrilenelo stabilizza, permettendo di migliorare la protezioneUVA in caso di associazione). La possibilità di interazionenegativa tra i filtri [6], per esempio l’aggiunta di etilesil-metoxicinnamato al dibenzoilmetano, non migliora lafotostabilità, mentre l’aggiunta di octocrilene lo stabi-lizza. È, quindi, necessario valutare la fotostabilità delcomplesso filtrante e non solo individualmente quelladei filtri [5, 7, 8]. La mediocre fotostabilità di un filtro comel’avobenzone (butilmetossidibenzoile metano), ancoramolto utilizzato nei prodotti per il grande pubblico, spiegala caduta tra il 27% e il 57% del fattore di protezione con-tro gli UVA (FPUVA) dopo un’irradiazione al simulatoresolare di 50 J/cm2 riscontrata per sette su otto dei prodottipiù utilizzati dai soggetti a rischio in Australia e NuovaZelanda [9]. Prodotti più recenti conservano il 90% del loroFPUVA ma restano poco diffusi, tenuto conto del costo.

Schermi fisiciSi tratta delle polveri minerali inerti, ottenute per tritu-

razione, più o meno opache all’irradiazione UVB, UVA, IRe visibile. L’efficacia è condizionata dal tipo e dalla gran-dezza delle particelle. Gli ossidi di titanio (TiO2) e di zinco(ZnO) operano per assorbimento nel settore UV e diffra-zione e riflessione nel settore visibile e IR. I prodotti a basedi mica ricoperti di ossidi di titanio, di ferro o di magne-sio operano per riflessione e dispersione della radiazioneUV, visibile e IR (Tabella 2). Essi sono sempre più utilizzatiin quanto non causano allergia o fotoallergia. Sono, tut-tavia, relativamente male accettati sul piano cosmetico,in quanto conferiscono un aspetto biancastro a partiredal 5%, a causa dell’agglomerazione delle particelle cheriflettono la luce visibile. È il caso del biossido di titanioe dell’ossido di zinco, le cui particelle hanno un diametrodai 200 ai 500 nm.

Una riduzione della granulometria ottenuta con pro-cedimenti chimici o fisici ha portato allo sviluppo deiprodotti «micronizzati» fino a delle nanoparticelle (da 10a 50 nm di diametro), trasparenti nel visibile ma che assor-bono debolmente gli UVA lunghi [10]. L’ossido di titanio,il cui picco di assorbimento è pari a 308 nm, proteggein parte a 320 e a 340 nm. L’ossido di zinco (Z-Cote®)ha un migliore assorbimento negli UVA lunghi verso i380 nm [11]. Questi pigmenti minerali ultrafini fornisconouna certa fotostabilità e una protezione più ampia, antiUVB-UVA e IR. Ben tollerati a causa della loro inerziabiologica, sono consigliati per i soggetti affetti da foto-dermatosi. Viceversa, esiste una controversia sulla loroinnocuità generale.

Il dibenzotriazolo (Tinosorb M®, autorizzato nell’agosto1999) è una polvere organica fatta di particelle insolubilinell’olio e nell’acqua. Esso agisce come le polveri mine-rali per assorbimento e riflessione, e l’energia assorbita èrestituita sotto forma di calore. Lo spettro di assorbimentosi estende dagli UVB agli UVA corti e, soprattutto, agliUVA lunghi (picco a 306, 348 e 378 nm) con un rapportoUVA/UVB di 0,94. La grandezza delle particelle (130 nm)spiega la sua assenza di penetrazione cutanea.

EccipienteEsso mira a garantire che il prodotto possa essere spal-

mato bene in uno strato sottile, ma svolge un ruoloimportante nella permanenza del prodotto. Esistononumerosi tipi di preparazioni, sotto forma di crema olatte, formulate sotto forma di emulsione semplice, dimicroemulsione o di emulsioni multiple. Le emulsioniolio in acqua si applicano facilmente ma resistono pocoall’acqua e al sudore. Le emulsioni acqua in olio a base dioli vegetali o di siliconi sono più permanenti e limitanol’assorbimento dei filtri. Al contrario, i gel-emulsione abase di fosfolipidi che formano dei liposomi favorisconola penetrazione cutanea [12]. Possono essere utilizzate altreforme: gel idroalcolico, gel oleosi, schiuma, stick e così via.La formulazione è condizionata dall’obiettivo (indice diprotezione elevato, etichetta resistente all’acqua, risultatoestetico, ecc.).

La microincapsulazione in una matrice lipidica incui la sostanza attiva è dispersa permette un rilascioregolare, diminuisce rispetto a una formulazione in solu-zione oleosa la penetrazione percutanea e aumenta laritenzione nello strato corneo dei cinnamati del 77%e dell’ossibenzone del 50% [13]. Dopo due irradiazioni,la penetrazione transcutanea dell’octocrilene aumenta,mentre quella del benzofenone 3 diminuisce [14].

Altri componentiCome gli altri cosmetici, gli antisolari contengono

dei conservanti, dei coloranti o dei profumi che pos-sono svolgere un ruolo nell’efficacia e nella tolleranzadel prodotto finito. Infine, vi si possono trovare variesostanze ad attività antiradicali, antiossidanti e antiheat shock proteins (HSP), che possono essere di originevegetale o meno e il cui scopo è quello di rinfor-zare la protezione nei confronti di un effetto degli UVdiverso dall’eritema (antinvecchiamento, protezione delgenoma, ecc.) [15].

Lo sviluppo recente di gel-emulsioni che favorisconola penetrazione dei filtri, cosa che aumenta indiretta-mente la durata della protezione o dopo l’asciugatura,non corrisponde più alla legislazione dei cosmetici. Essisono in contraddizione con l’obiettivo di innocuitàdei cosmetici antisolari che si ritiene non penetrinooltre lo strato corneo, per ridurre il rischio di foto-sensibilizzazione, di sensibilizzazione da contatto e dimutagenicità.

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� Metodiche di valutazioneEsistono delle metodiche di misurazione in vivo e

in vitro. Le metodiche utilizzate in vitro per valu-tare la fotoprotezione richiedono una separazione dellediverse irradiazioni. In vivo si può testare l’insieme dellospettro UV indoor (simulatore UV) e outdoor (insiemedell’irradiazione solare).

I metodi fisici sono basati sulle proprietà di tra-smissione. Gli effetti degli UV sono dovuti agli UVtrasmessi attraverso lo strato corneo, da cui l’idea diutilizzare un metodo spettrofotometrico per valutarela protezione fornita dall’antisolare. Questa tecnica èbasata sulla trasmissione o sulla riflessione di diversisupporti Transpore®, o strato corneo ottenuto a par-tire da impronte di resine plastiche, con e senzal’applicazione di antisolare, a 2 mg/cm2. Delle misuredi trasmissione sono eseguite ogni 5 nm, da 290 a400 nm. Questa metodica è utilizzata per la misurazionedella lunghezza d’onda critica, definita come la lun-ghezza d’onda per la quale l’integrale della curva dellospettro di assorbimento che inizia a 290 nm inglobail 90% dell’integrale della curva di assorbimento trai 290 e i 400 nm.

(290

∫370 ≥ 0,9 290

∫400)

Questa lunghezza d’onda critica è attualmente fissata a370 nm nelle raccomandazioni francesi ed europee.

Le metodiche biologiche sono basate sulla protezionecontro alcuni effetti cutanei degli UV.

Protezione anti-UVBDeterminazione del fattore di protezionesolare

Una metodica in vivo ben standardizzata è disponibilee riconosciuta dalle autorità di sanità per valutare la prote-zione contro l’eritema dovuto agli UVB e agli UVA. Nellesue raccomandazioni del 22 settembre 2006 [16], la Com-missione europea raccomanda, per la determinazione delFPS, l’utilizzo del metodo internazionale di valutazionedel FPS aggiornato nel 2006. Fondato sulla metodica diSchultze, esso utilizza il rapporto della dose eritemaleminima (DEM) valutata su cute protetta e non protetta(Fig. 1). La fonte di irradiazione è, di solito, un simulatoresolare (lampada ad arco xenon) ed è filtrata per emettereuna percentuale di UVB e di UVA prossima alle condizioninaturali (norme del Comitato di collegamento delle asso-ciazioni europee dell’industria della profumeria [Colipa])e che permette di riprodurre un eritema in alcuni minutidi esposizione. Il simulatore UV (Solar Light Co®), cheesclude la maggioranza del visibile e dell’IR, si allontanadalle condizioni naturali, in quanto l’interazione dellevarie componenti della luce solare sull’eritema non è tra-scurabile.

Nelle condizioni di misurazione, il prodotto è appli-cato a 2 mg/cm2 per avere una distribuzione omogenea eriproducibile, il che resta un problema, poiché, in pratica,le quantità applicate spontaneamente dai consumatorisono più basse, il che riduce notevolmente il FPS reale [17].Da qui deriva la necessità, nelle raccomandazioni ai fab-bricanti, di notare chiaramente per il consumatore unacorrispondenza facile per l’applicazione (dispositivo dimisurazione comune in cucchiaio da caffè o flacone-pompa dosatore).

I test sono realizzati in 10-20 soggetti (statisticamentevalidati) e il FPS è ottenuto realizzando una mediaaritmetica dei FPS ottenuti. Il valore del FPS documen-tato X corrisponde al limite inferiore dell’intervallo diconfidenza al 95%, cioè al numero intero arrotondato alnumero inferiore ottenuto secondo la formula:

X = xm - t s/√

n

A

B

Figura 1. Dose eritematosa minima senza filtro (A) e con filtro(B).

dove xm è il valore medio dei FPS, t è il valore dellatavola di Student per un rischio di 0,005, s la deviazionestandard e n il numero di soggetti. I valori dei FPS men-zionati sono limitati a quelli che figurano nella Tabella 3.Per valori di FPS intermedi, deve essere indicato il valoreimmediatamente inferiore. Si noti che, per evitare la ten-denza al rialzo degli indici di protezione, è stato deciso, dalnovembre 2007, di limitare gli indici al numero 50 e i pro-dotti il cui FPS è superiore a 50 devono essere etichettati50+.

Gli studi animali per la valutazione di nuove molecolela cui innocuità per l’uomo non è stabilita e per la messaa punto di protocolli non sono più utilizzati per ragionietiche.

Valutazione nelle condizioni naturaliLa valutazione dei prodotti solari nelle condizioni di

utilizzo dimostra una variazione importante rispetto aitest di laboratorio (riduzione del 47-60% degli indici peruno stesso prodotto). Ciò è forse dovuto in parte all’IRcontenuto nello spettro solare, ma eliminato dal simula-tore solare utilizzato per i test e/o alla degradazione deifiltri durante l’esposizione, in quanto la fotostabilità èridotta durante le esposizioni, molto più lunghe al soleche nel corso dei test. Globalmente, l’indice è ridotto del50%. È difficile standardizzare le condizioni naturali diirradiazione anche controllando la dose ricevuta. Perciò,solo i metodi di laboratorio sono utilizzati per confron-tare i prodotti tra di loro. Nella vita reale il FPS deveessere diviso all’incirca per 3, in quanto il valore del FPS èinversamente proporzionale al logaritmo dello spessore(ex) applicato (legge di Beer-Lambert). Un FPS di 16 a2 mg/cm2 scende a 4 (2√16) a 1 mg/cm2 e a 2 (4√16) a0,5 mg/cm2 [18, 19]. In pratica, l’utilizzo di un FPS elevato50+ compensa in parte l’insufficienza della quantità real-mente applicata e il fatto di dimenticare di rinnovarel’applicazione.

Studio della permanenzaLo stesso tipo di studi in vivo è realizzato per veri-

ficare la permanenza del prodotto, cioè il tempo per il

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Tabella 3.Classificazione dei prodotti di protezione solare.

Categoria FPS indicato FPS misurato FPUVA Lunghezza d’onda critica minima

Scarsa protezione 6 6-9,9 1/3 del FPS indicato 370 nm

10 10-14,9

Protezione media 15 15-19,9

20 20-24,9

25 25-29,9

Protezione elevata 30 30-49,9

50 50-59,9

Protezione molto elevata 50+ ≥ 60

FPS: fattore di protezione solare.

quale esso conserva la sua efficacia. Infatti, la fotode-gradazione del filtro provoca una riduzione dell’efficaciae delle variazioni nello spettro di assorbimento. Lasi valuta misurando le variazioni di quantità di filtrodurante l’esposizione [20]. Le polveri sono fotostabili, male componenti hanno la tendenza ad agglomerarsi almomento della spalmatura, fenomeno compensato dalrivestimento [21]. La compattezza dei filtri sullo strato cor-neo e la natura dell’eccipiente condizionano la resistenzaall’acqua e al sudore. Una fase esterna oleosa conte-nente dei siliconi assicura una permanenza migliore.L’etichetta di resistenza all’acqua proposta dalla Foodand Drug Administration (FDA) richiede una valutazionedell’indice dopo l’immersione nell’acqua [22]: applicazionedel prodotto, riposo di 15 minuti, 1a immersione per unbagno tra i 22◦ e i 27◦ per 20 minuti, riposo di 20 minutifuori dall’acqua senza asciugatura, 2a immersione per 20minuti e, poi, determinazione dell’indice. L’etichetta diresistenza all’acqua è ottenuta se gli indici prima dei duebagni e dopo sono vicini. Una variante è stata propostadal Colipa. Per l’etichetta waterproof, ribattezzata «moltoresistente all’acqua», il numero di bagni è pari quattro. Èvalutata anche la resistenza al sudore dopo 30 minuti disudorazione controllata.

Protezione anti-UVALa metodica attualmente riconosciuta per determi-

nare la protezione contro gli UVA è la metodica dipigmentazione persistente applicata dall’industria giap-ponese e modificata dall’Agenzia francese di sicurezzasanitaria applicata ai prodotti di salute (AFSSAPS) [16, 23].Si tratta di una metodica in vivo fondata sulla foto-ossidazione delle premelanine (fenomeno di Meirowski)indotta dagli UVA lunghi e dal visibile, il che imponedi utilizzare solo delle sorgenti UVA pure. Questo feno-meno si osserva soprattutto nei soggetti di fototiposcuro. La lettura della pigmentazione immediata (imme-diate pigment darkening o IPD) è resa difficile a causadell’eritema termico associato. Inoltre, essa varia con lapotenza della lampada. La pigmentazione immediata per-sistente denominata persistant pigment darkening (o PPD)valutata 2-6 ore più tardi è più affidabile, in quantoessa aumenta con la dose in modo lineare e non variacon l’intensità [24]. Questo è il motivo per cui è statascelta questa metodica. Il FPUVA è il rapporto delle dosipigmentogene con e senza protezione. Nelle nuove rac-comandazioni dell’AFSSAPS [16, 23] il rapporto FPS (metodoColipa)/FPUVA (metodo PPD) deve essere inferiore ouguale a 3 per ottenere la denominazione «prodottoantisolare» e la lunghezza d’onda critica (�c) deve esseresuperiore o uguale a 370 nm, il che testimonia una distri-buzione omogenea della protezione tra gli UVB e gli UVAcorti e lunghi.

Protezione anti-IRGli effetti degli IR sono poco conosciuti e contro-

versi. Una pre-irradiazione con IR protegge i fibroblasti incoltura dall’apoptosi UV indotta arrestando il ciclo cel-lulare attraverso la via p53, tanto più se l’irradiazioneIR è posteriore all’irradiazione UV [25]. A questo titolo,essi potrebbero essere utilizzati per prevenire gli effettidegli UV. Essi sarebbero in parte responsabili dell’elastosisolare, il che giustifica una valutazione della protezioneIR. Questa è realizzata mediante riflettometria rispetto auna placca nera, confrontando la cute protetta con lacute non protetta dopo l’irradiazione IR. I risultati sonoespressi in indice di riflessione [26]. In pratica, la prote-zione contro gli IR è correlata con la protezione controgli UVA.

� Valutazione degli altrieffettiProtezione antiradicali

Gli UV determinano dei radicali liberi ossigenati i cuiprincipali bersagli sono l’acido desossiribonucleico (DNA)con sezione di catene, creazione di ponti DNA-proteinee ossidazione di basi guanina, gli acidi grassi insaturidelle membrane attraverso la perossidazione lipidica cheporta alla formazione di malondialdeidi, le proteine distruttura di trasporto e di trascrizione (NFkB) e deglienzimi antiossidanti (superossido dismutasi, catalasi, tire-doxina riduttasi, ecc.). L’incorporazione di trappole diradicali liberi (vitamina C ed E, betacarotene, glutatione,oligoelementi, ecc.) mira a limitare l’azione dei radicaliliberi formati. La vitamina E liposolubile si concentraall’interno delle membrane e protegge sperimentalmentecontro la perossidazione lipidica causata da UV: ridu-zione del 50% dei tassi di malondialdeidi formati almomento della perossidazione dopo l’applicazione diuna preparazione al 5% di acetato di tocoferolo e lariduzione del numero di sunburn-cells per dosi di 1-3DEM. L’attività è stata dimostrata in vitro e nell’animale,ma non esiste attualmente alcuno studio controllatonell’uomo.

Protezione del genomaGli UV inducono la formazione di dimeri tra due timine

adiacenti, così come delle rotture di catene di DNA sottol’azione dei radicali liberi indotti dagli UVA. Esistonodiversi metodi di studio [27], ma nessuno è ufficialmentevalidato. A livello dei cheratinociti in vitro e in vivonel topo o nell’uomo con e senza antisolari, il conteg-gio dei dimeri formati tra due timine adiacenti del DNA

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sotto l’azione dei radicali liberi [28] permette una valuta-zione indiretta della protezione del genoma. Il test dellecomete permette di individuare le rotture di filamentodel DNA. La migrazione dei frammenti di DNA rottiavviene verso l’anodo in un campo elettrico. Dopo unamarcatura fluorescente è realizzata una quantificazionemediante l’analisi di immagine. Il controllo non irra-diato appare come una sfera. I filamenti rotti migranomeno bene e realizzano un aspetto di coda di cometa,la cui lunghezza è proporzionale al numero di rotture.Differenti laboratori utilizzano questa metodica per dimo-strare l’efficacia dei loro prodotti, ma queste tecniche nonsono validate.

Altre metodiche sono basate sulla soppressione di feno-meni biologici di adattamento all’aggressione degli UV, ilche è discutibile in quanto essa testimonia la soppressionedi un effetto benefico. L’espressione della proteina p53induce un rallentamento del ciclo cellulare che lascia alsistema enzimatico il tempo di assicurare la riparazione ol’induzione di un’apoptosi, se i danni sono troppo impor-tanti. Gli antisolari riducono l’espressione della proteinap53 nei cheratinociti, il che indica indirettamente unpotere protettivo [29, 30]. Le HSP, o proteine di stress, sonoprodotte sotto l’azione degli UVB e degli UVA. HSP 72,a sede citoplasmatica, migra verso il nucleo per svolgereil ruolo di molecola chaperon sulle componenti nucleari.L’evidenziazione di una riduzione della traslocazione diHSP 72 nel nucleo, con l’applicazione di un antisolare,testimonia indirettamente l’effetto fotoprotettore. Tuttequeste metodiche sono in corso di validazione. In tuttii casi, esse testimoniano un livello di protezione debolerispetto ai valori dell’indice di protezione solare, nonsuperando 2-3, motivo per cui esso è espresso in percen-tuale. Proteggere il 50% delle cellule è più appetibile cheun indice p53 di 2 paragonato a un FPS di 50.

Protezione contro ilfotoinvecchiamento

L’invecchiamento cutaneo foto-indotto (o eliodermia)derivante da un’esposizione solare cronica si aggiungeall’invecchiamento intrinseco dove l’accorciamento deitelomeri svolge un ruolo essenziale. Esso è dovutoall’azione diretta degli UVB e indiretta degli UVA che,tramite la produzione di radicali ossigenati, stimolano laproduzione di metalloproteinasi e inducono delle muta-zioni del DNA mitocondriale. L’evidenziazione di depositidi lisozima e di alfa 1-antitripsina sulle fibre elastiche,l’inibizione dell’attività dell’elastasi e della collagenasi ela riduzione delle fibre ossitalamiche, considerate indi-catori precoci dell’elastosi solare, sono utilizzate per lavalutazione dei PPS [31, 32]. Pochi studi sono stati realiz-zati nell’uomo, tenuto conto del tempo necessario perl’instaurazione dell’eliodermia. È soprattutto nel topo,senza pelo, o su cute umana ricostituita [33] che sono staticondotti gli studi. Essi confermano il ruolo preventivodegli antisolari sul fotoinvecchiamento nell’animale [34, 35]

a condizione di avere una larga protezione che copra gliUVA [36, 37]. Solo i PPS a spettro largo esteso agli UVA1(� > 360 nm) sarebbero in grado di bloccare l’induzionedelle metalloproteinasi di tipo I [38] o la riduzione della tra-scrizione foto-indotta del gene che codifica l’elastina [34].Il FPS non è, quindi, il miglior criterio di fotoprotezionecontro l’invecchiamento.

Nell’uomo, degli studi rigorosi in volontari sani conirradiazioni ripetute al simulatore solare [37] confermanola riduzione dell’elastosi solare. In condizioni di espo-sizione naturale, delle applicazioni di un PPS a spettrolargo per 2 anni riducono l’elastosi [39], ma al prezzo diun’osservanza rigorosa che richiede diverse applicazionial giorno a 2 mg/cm2 senza dimenticanze, cosa che sirivela illusoria in pratica.

Protezione contro lafoto-immunosoppressione

Gli UV inducono un’immunosoppressione per dosiinfraeritemali, da cui lo sviluppo di studi che mostranol’efficacia degli antisolari contro la foto-immunosoppres-sione. Essi si basano sull’inibizione dell’ipersensibilitàda contatto al dinitroclorobenzene (DNCB) nell’animaleo nell’uomo [40] e sull’inibizione del rigetto di tumorinel topo o delle alterazioni UV indotte dalle cellule diLangerhans (CL) (riduzione del numero delle CL epi-dermiche e riduzione delle capacità di presentazioneantigenica) [41]. I risultati non sono tutti concordanti,ma, complessivamente, i filtri UVB sono insufficienti esolo una larga protezione che copra gli UVA previenela foto-immunosoppressione [40]. Il FPS non è correlatoalle capacità di preservare l’immunità cutanea. Così,nell’uomo, un PPS chimico o minerale che previenecompletamente l’eritema per una dose di 4 DEM riducesolo parzialmente la migrazione delle CL epidermiche.L’applicazione di un PPS con un FPUVA di 3 previenesolo parzialmente (60%) la funzione presentatrice diantigene [42]. Dopo un’esposizione acuta, l’applicazionedi un PPS con un FPS di 15 e un FPUVA di 9 pro-voca una riduzione netta dell’immunizzazione controil DNCB [40]. Il fattore di protezione contro la foto-immunosoppressione è inferiore al FPS. Esso è migliorecon un PPS che abbia una buona protezione UVA. È pro-babile che l’immunosoppressione compaia per dosi piùbasse di quelle che inducono l’eritema.

Protezione contro la carcinogenesifoto-indotta

La carcinogenesi foto-indotta coinvolge gli UVB e gliUVA lunghi. I PPS proteggono sperimentalmente controlo sviluppo dei carcinomi foto-indotti [43] e delle KA [44] o,almeno, ritardano la loro comparsa [45, 46]. Nell’uomo, unostudio [47] che confronta l’utilizzo quotidiano per 2 anni diun PPS di 29 (che associa cinnamato, benzofenone e sali-cilato) rileva 13,6 nuove KA all’anno contro 27 nel gruppoeccipiente. La limitazione dell’effetto promotore degli UVriduce lo sviluppo di nuove KA ma non le fa sparire. Unampio studio di coorte [48] su 1 383 partecipanti che risie-dono in Australia e che applicano quotidianamente unPPS di 15 (metossicinnamato e dibenzoilmetano) rinno-vato in caso di sudorazione e/o di esposizione prolungatariscontra una riduzione significativa (24%) della comparsadi nuove KA solo per 2,5 anni sui 5 anni dello studio. Sirileva che la quantità applicata per giorno è di soli 1,5 ganziché i 20 g raccomandati, ossia 0,79 mg/cm2 anziché2 mg/cm2, e il 50% dei pazienti applica il PPS 5 giorni su 7anziché i 7/7 raccomandati e il 30% soltanto 2 giorni a set-timana [49]. Una sola dimenticanza riduce notevolmentela protezione. Uno studio randomizzato [45] in trapian-tati informati della necessità di evitare il solo intorno almezzogiorno solare e della necessità di una protezionecon gli indumenti confronta l’efficacia di un PPS 50+applicato a 2 mg/cm2 una volta al giorno con l’utilizzodel loro PPS abituale senza educazione terapeutica. Nelgruppo Daylong (60 casi) il numero di KA è ridotto di102 mentre esso è aumentato di 82 nel gruppo con-trollo, e l’adesione è migliore (5,6 applicazioni/settimanacontro 1/settimana) in quanto un’applicazione al giornoè accettata meglio nel lungo corso. Tuttavia, la rac-comandazione di un’applicazione al giorno realizzatarigorosamente da una popolazione di trapiantati non puòessere trasferita alla popolazione generale che desideraabbronzarsi.

Paradossalmente, l’utilizzo regolare di antisolari cheassorbono completamente gli UVB ma che lasciano pas-sare grandi quantità di UVA, da 20 anni nel quadro di

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A B C

Figura 2. Eczema da contatto.A. Con l’Eusolex 8020®.B. Fotoallergia con Parsol 1789® in UVB e fotoaggravamento in UVB con l’Eusolex 8020®.C. Fotoaggravamento con l’Eusolex 8020® e con Parsol 1789® in UVA.

campagne di prevenzione dei cancri in Australia, sembrapiuttosto associato a un aumento del rischio di mela-noma. Oltre i 40◦ di latitudine il rischio relativo di cancronegli utilizzatori di PPS è di 1,6 mentre, sotto i 40◦ di latitu-dine, esso è di 0,7 [50]. Tuttavia, gli utilizzatori di PPS sonoquelli che sono più sensibili e che si espongono di più,il che spiega e relativizza questo paradosso. La pubblica-zione recente dei risultati a 15 anni della coorte di Greenper il melanoma è a favore di un effetto protettore dei PPS,con 11 nuovi melanomi di cui 3 invasivi nel gruppo cheusava quotidianamente PPS di 16 contro 22 nuovi casi dicui 11 invasivi nel gruppo controllo, ma con un p limite(0,005) [51].

Protezione delle fotodermatosiLa prevenzione delle fotodermatosi è un obiettivo

degli antisolari. Essi sono, il più delle volte, solo uncomplemento, tanto la fotosensibilità è importante. Ilmodello studiato meglio è la lucite estiva benigna, chepuò essere prevenuta con un’esposizione controllata. Siutilizza un test di provocazione che confronta un’emi-scollatura protetta con l’altra emi-scollatura non protetta.L’inibizione della reazione sul lato protetto confermal’efficacia dell’antisolare [52]. Ciò è confermato solo condegli antisolari di coefficiente elevato che copre gli UVA.Degli studi in condizioni naturali di esposizione con-fermano questo effetto [53], ma l’applicazione pratica èpiù difficile, in quanto le condizioni di applicazione edi esposizione sono variabili. Inoltre, per le luciti, i PPSsono utilizzati per permettere un’esposizione program-mata per indurre un’assuefazione progressiva (hardeningphenomena) e non per eliminare l’esposizione.

Effetti secondari degli antisolariIntolleranza

La semplice irritazione si traduce con dei pizzicori odelle sensazioni di bruciore o, anche, con un leggero pru-rito, che compaiono rapidamente dopo l’applicazione.L’allergia da contatto è ritardata. Essa è sospettata inpresenza di un rossore più o meno edematoso e molto

pruriginoso, che precede la comparsa di vescicole effi-mere seguita da un trasudamento caratteristico. Le lesionisono localizzate alle zone di applicazione e non predomi-nano nelle zone più esposte. La fotoallergia da contattoassomiglia all’allergia da contatto, ma predomina nellezone esposte. È possibile l’associazione tra allergia da con-tatto e fotoallergia. Deve essere ricercata un’intolleranzain presenza di una dermatosi comparsa o aggravata dopol’applicazione di un antisolare. La diagnosi precisa sibasa sull’indagine allergologica e fotobiologica (epider-motest e foto-epidermotest). Le pubblicazioni di allergiada contatto (Fig. 2A) riguardano [54, 55] il PABA, l’otctil-PABA, il metilbenzilidene canfora, i benzofenoni e, menofrequentemente, i cinnamati, il dibenzoilmetano e i sali-cilati. Le fotoallergie da contatto (Figg. 2B, C) sono dovuteal PABA (4,4% in Scandinavia), all’octil-metil-PABA, aicinnamati e, soprattutto, ai benzofenoni, in partico-lare all’ossibenzone, a causa del suo utilizzo diffuso innumerosi cosmetici di cura per la prevenzione del fotoin-vecchiamento ma anche in prodotti domestici (vernici,smalti, plastica) e in tessili per la protezione dal sole [56].Più recentemente sono state descritte delle fotoallergieall’octocrilene [57]. Esso è utilizzato nella maggior parte deiPPS in sostituzione dell’ossibenzone, ritirato dal mercatoa causa dei numerosi casi di fotoallergia da contatto. Il suoutilizzo irrinunciabile è legato a una buona copertura inUVB e UVA corti e, soprattutto, a un effetto stabilizzatoredel butilmetossidibenzoile metano e dei cinnamati. Sonostati pubblicati numerosi casi di fotoallergia e di aller-gia da contatto nel bambino. È stato creato un registroREVIDAL/GERDA/SFPD. Nei 54 adulti che hanno svilup-pato una fotoallergia da contatto all’octocrilene, 4 hannodei precedenti di fotoallergia da contatto al ketoprofene.Su 47 adulti che hanno una fotoallergia al ketoprofene,3 hanno un patch-test positivo e 33 un fotopatch-testpositivo all’octocrilene [58]. In verità, non esiste alcunaparentela chimica tra questi due prodotti. Si tratta di unaco-sensibilizzazione legata alla fotoreattività particolar-mente elevata dei pazienti o all’utilizzo di PPS contenentioctocrilene da parte dei pazienti sensibilizzati al ketopro-fene? Infine, possono essere incriminate altre molecolecome i conservanti (Kathon CG®, EUXYL 400®) o i pro-fumi.

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MutagenicitàPer definizione, i filtri in grado di assorbire i raggi UV

sono potenzialmente in grado di produrre dei radicaliliberi al momento della disattivazione. In vitro, essi sonoin grado di reagire con il DNA, in particolare nei batteri(test di Ames). Essi sono, dunque, potenzialmente muta-geni. Anche alcuni schermi minerali, come il biossido dititanio nella sua forma anabasi, sono in grado di indurrela formazione di radicali [59]. Per avere un’azione nefa-sta, i radicali liberi formati devono essere in immediataprossimità del loro bersaglio. Ora, si ritiene che gli anti-solari restino sulla superficie della cute, idealmente nellostrato corneo, quindi a distanza dal DNA delle cellulebasali. Gli studi di permanenza con controllo della per-sistenza dei filtri dopo stripping ripetuto confermano chela maggioranza rimane nello strato corneo [20] ma ciò nonè confermato per tutti i filtri. Da questo punto di vista, lapenetrazione dei filtri nell’epidermide non è auspicabile.

Tossicità sistemicaDato che i PPS sono applicati in maniera ripetitiva su

delle grandi superfici corporee, la questione della loroinnocuità sistemica è legittima. La penetrazione trans-cutanea dei filtri, che sono delle molecole di piccoledimensioni, dipende dal prodotto, dalla formulazione,dallo stato della cute (irritazione dovuta all’irradiazionesolare che favorisce la penetrazione) e dall’età (la penetra-zione è più importante nel bambino). L’incorporazionedei filtri in microsfere, in particolare i liposomi multila-mellari, limita in maniera molto importante il passaggiotranscutaneo dei filtri assicurando, al tempo stesso, illoro rilascio regolare rispetto a una formulazione oleosa,a un’emulsione o a dei liposomi monolamellari [14, 60]. IlPABA è assorbito e ritrovato nelle urine [61], come anchel’ossibenzone [62]. Il metossicinnamato e il 3-4 metilben-zilidene canfora, dopo l’applicazione una volta al giornosu tutto il corpo di 2 mg/cm2 di una miscela di filtri allaconcentrazione massima autorizzata per 7 giorni [63], cioèin condizioni di applicazione senza rapporto con la realtà,sono anch’essi presenti nelle urine. Infine, l’irradiazionesolare aumenta la penetrazione dell’octocrilene ma dimi-nuisce quella del benzofenone [64]. Anche le formemicronizzate di biossido di titanio sarebbero assorbite [65].Il rischio potenziale delle nanoparticelle nei PPS derivadalle loro dimensioni che permettono loro di combinarsialle proteine per formare un aptene e di formare dei radi-cali liberi tossici per il DNA. In linea di principio, essi nonattraversano lo strato corneo, ma gli studi sul rischio dellenanoparticelle assorbite per via cutanea sono parziali econtraddittori e sono stati realizzati su cute sana senzairradiazione prolungata [14]. Cosa avviene sulla cute lesa odopo un colpo di sole? L’incapsulamento facilita la pene-trazione transcutanea e gli eventuali effetti sistemici. È,quindi, prudente evitare le applicazioni iterative su grandisuperfici, in particolare nel bambino, tanto più che sonodescritti potenziali effetti estrogenici [66]. Si tratta, tutta-via, di lavori sperimentali nel ratto della stessa equipe cheutilizza un protocollo volto a ottimizzare l’effetto estroge-nico senza rapporto con le condizioni di utilizzo dei PPS:somministrazione di filtri per via orale a dosi crescenti finoa ottenere un effetto biologico. L’osservazione sistematicadegli effetti sugli organi genitali, sui comportamenti ses-suali e sull’espressione dei geni dei recettori estrogenicimostra un effetto simile a quello dell’estradiolo fino allagenerazione seguente, ma meno importante di quello deifito-estrogeni. Il rischio nelle condizioni normali di uti-lizzo dei PPS resta molto basso.

Deficit di vitamina DGli UV consentono la sintesi del 90% della vita-

mina D che noi produciamo. Secondo lo studio sullasupplementazione in vitamina e minerali antiossidanti

(SUVIMAX)-os, l’apporto alimentare non compensa lamancanza di soleggiamento e giustificherebbe una sup-plementazione in inverno. D’altronde, un basso tasso di25OHD è associato a un’incidenza più elevata dei can-cri polmonari, della prostata, del seno, del colon e delretto. Una protezione eccessiva contro il sole rischia diaumentare il rischio di carcinomi viscerali mentre pro-tegge contro i cancri cutanei?

In teoria, un PPS di FPS 30 che assorbe la maggioranzadegli UVB trasmette una frazione dell’irradiazione ugualea 1/FPS ossia il 3,3% dell’irradiazione eritemale, il che nonpermette di produrre abbastanza vitamina D3 se il PPS èapplicato in modo rigoroso.

In vitro, l’applicazione di PABA al 5% (FPS 8) ostacolala conversione del 7 deidrocolesterolo in colecalciferolodopo un’irradiazione a 1 DEM rispetto a una conversionedel 15% senza PABA [67]. Nei pazienti che applicano rigo-rose misure di fotoprotezione (evitare il sole, protezionecon vestiti e antisolari), si rileva una riduzione del tassodi vitamina A [68].

Tuttavia, in tutti gli studi che riscontrano una riduzionedel tasso di vitamina D, i pazienti evitavano strettamenteil sole, mentre questo avveniva meno per i controlli, ilche costituisce una distorsione. Ciò spiega i risultati con-traddittori degli studi nella popolazione generale con osenza antisolari ma senza restrizione dell’esposizione, chenon mostrano differenze [69] o che mostrano addiritturaun aumento della vitamina D, il che conferma che gliutilizzatori di antisolari si espongono maggiormente [70].

In pratica, i PPS proteggono soltanto se sono appli-cati a 2 mg/cm2, mentre, di solito, si tratta piuttosto di0,5 mg/cm2, il che riduce la protezione in modo logarit-mico (un FPS 16 diviene FPS 2); inoltre, per l’antisolare,la riapplicazione raccomandata o il doppio strato racco-mandato sono raramente effettivi e alcune zone non sonoprotette (orecchie, nuca, piedi, gambe). Esporsi 10 minutisenza protezione sarebbe sufficiente per la sintesi di vita-mina D, poiché il 30% della DEM è sufficiente. Oltre atale tempo, l’utilizzo di un antisolare garantito limita ilrischio di un eccesso di UVB e, ovviamente, di UVA chenon hanno alcun effetto sulla sintesi di vitamina D.

� Regolamentazione deiprodotti di protezione solare

La maggior parte dei PPS è omologata sotto la menzionedi prodotti cosmetici rispondenti alle Raccomandazionidella Commissione Europea relative ai PPS e alle afferma-zioni dei produttori quanto alla loro efficacia, notificatesotto il N◦ C (2006) 4089, comparse nel JO L265 del 26settembre 2006 [16]. Possono rivendicare la qualifica diPPS solo i prodotti il cui FPS sia di almeno 6 e oltre il50 è autorizzata solo la menzione 50+. Per ogni valoredel FPS il valore del FPUVA deve essere tale che il rap-porto FPS/FPUVA sia inferiore o uguale a 3. La lunghezzad’onda critica deve essere superiore o uguale a 370 nm.Il valore del FPS e del FPUVA serve solo a determinarel’appartenenza a una delle classi di protezione: debole,media, elevata e molto elevata (Tabella 3).

Un’esposizione al sole nel Sud dell’Europa provocaun’irradiazione che corrisponde a 5 o a 10 DEM per unfototipo II. Un PPS che abbia un FPS di 10 ben applicatoè sufficiente. Ai tropici, è sufficiente un FPS di 15. Tut-tavia, poiché gli utenti non applicano mai una quantitàsufficiente, il FPS teorico deve essere diviso per 3. Quindi,si raccomanda, per un fototipo II, un FPS di 30 nel Suddell’Europa e di 45 ai tropici [71].

In quanto ai cosmetici, essi non possono pretenderedi avere un effetto terapeutico o un’indicazione medica.Recentemente, dei prodotti di protezione solare sonostati omologati su richiesta del fabbricante come dispo-sitivo medico (DM) di classe IIa, se utilizzati almeno 30

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giorni, ed eventualmente di classe IIb, se utilizzati sucute lesa in caso di colpo di sole [72]. Questa procedurarichiede solo un’autocertificazione e non un controllo apriori, ma, per il tipo IIb, è necessario un controllo diconcezione e di fabbricazione da parte di un organismoriconosciuto. Gli studi clinici che validano l’indicazioneaffermata non sono obbligatori, a differenza di quantoavviene per l’autorizzazione di immissione in commer-cio (AIC) per i farmaci. È, quindi, uno stato intermediodai contorni sfumati tra i cosmetici e i farmaci, in quantouno stesso prodotto può rivendicare lo stato di DM o dicosmetico. Un DM equivalente in termini di protezione aun 50+ che rivendica la prevenzione di alcuni cancri cuta-nei con una sola applicazione in soggetti a rischio che nonsi espongono al sole ha un’efficacia superiore rispetto allostesso prodotto 50+ registrato come cosmetico? Per questimotivi, esso deve essere separato, in farmacia, dal raggiodei cosmetici per distinguerlo dai PPS classici destinati algrande pubblico e, a questo titolo, le raccomandazioniabituali sull’esposizione solare nonché il fattore di pro-tezione solare non sono menzionati.

� ConclusioniNell’impossibilità di correggere efficacemente i danni

cellulari mediante l’incorporazione di antiossidanti (vita-mina E e C) o di endonucleasi, la fotoprotezione sibasa sempre sulla limitazione del passaggio degli UV,indossando degli indumenti e applicando ripetutamentedegli antisolari. Un PPS deve essere cosmetico, resi-stente all’acqua, fotostabile, senza effetti secondari e,soprattutto, deve prevenire l’insieme degli effetti dele-teri. Attualmente, il problema dell’eritema è risolto. Ilsolo criterio validato per la valutazione degli antisolariè il FPS. Questo è affidabile e permette di codificare laprotezione contro l’eritema. Tuttavia, il valore teoricodeterminato in laboratorio deve essere diviso almeno per3 nelle condizioni naturali di esposizione o anche per4, se la quantità applicata è insufficiente. La protezionedura solo se si ripetono le applicazioni dell’antisolare.L’immissione sul mercato di antisolari che richiedono soloun’applicazione al giorno nei soggetti a rischio che nonsi espongono al sole per la prevenzione delle neoplasienon può essere estrapolata alla protezione nel caso delleesposizioni estive, sempre eccessive. Gli altri metodi voltia dimostrare un effetto protettivo contro gli effetti cro-nici testimoniano un effetto parziale ma insufficiente, inquanto, con l’uso prolungato, anche in soggetti che cono-scono il rischio, l’adesione è insufficiente a causa dei varilimiti. Lo sviluppo recente di antisolari altrettanto effi-caci nell’UVB e nell’UVA, per ridurre una sovraesposizioneall’UVA, è un progresso, ma non deve far dimenticareche l’abuso del sole è pericoloso e che la protezionesarà sempre soltanto parziale. Gli antisolari sono uncomplemento della protezione mediante gli indumentie non devono sostituirsi a quest’ultima per permettereun’esposizione più prolungata in vista dell’acquisizionedell’abbronzatura.

Questo articolo è stato oggetto di una prepubblicazione on-line:l’anno del copyright può, quindi, essere anteriore rispetto a quellodell’aggiornamento al quale è integrato.

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Ogni riferimento a questo articolo deve portare la menzione: Thomas P, Bonnevalle A. Prodotti di protezione solare. EMC - Cosmetologiamedica e medicina degli inestetismi cutanei 2013;10(1):1-11 [Articolo I – 50-200-A-10].

Disponibile su www.em-consulte.com/it

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