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ALLENARE LE COMPETENZE ALL’INNOVAZIONE IN UNA MODERNA ASSOCIAZIONE

DI SPORTPERTUTTI

PROGETTO LEGGE 383 D/2007

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Questa guida metodologica è stata realizzata nell’ambito del progetto, finanziato dal Mi-nistero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali - Legge 383/2000, “Allenare lecompetenze all’innovazione in una moderna associazione di sportpertutti”.

L’esperienza formativa è stata svolta a partire da novembre 2008 grazie al lavoro di:- Daniela Rossi, responsabile progetto- Umberto Porri, coordinamento formazione- Loredana Rosa Uliana e Paolo Recchia, progettazione e relazioni istituzionali- Paola Palombo, segreteria organizzativa- Francesca D’Ercole, segreteria redazionale- Gian Nicola Acinapura, rendicontazione- Monica Tanturli, raccolta testi e immagini- Antonella Pusceddu, segreteria amministrativa- Ivano Maiorella, comunicazione

Si ringraziano i docenti Filippo Ferrari e Alessandro Scali per il loro prezioso contributo, itutor dell’Uisp, i presidenti, i direttori, i funzionari e le guide degli Enti Parco (Parco Na-turale dei Nebrodi, Parco Nazionale del Pollino, Parco Naturale Regionale del Beigua,Riserva Naturale del Tevere Farfa, Parco Naturale Regionale delle Dolomiti Friulane, ParcoNazionale dell’Appennino Tosco Emiliano), e naturalmente tutti i corsisti.

Roma, novembre 2009

La redazione: Daniela RossiUmberto PorriFrancesca D’ErcolePaola Palombo

Foto di copertina realizzata da Antonio Marcello.

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Allenare le competenze all’innovazione in una moderna associazione di Sportpertutti

INDICE

Un esempio di metodologia attiva pag. 7

I motivi della scelta. Gli obiettivi e i risultati attesi “ 9

I contenuti del progetto “ 11

Le tappe dell’allenamento “ 14

I° appuntamento nazionale: al via la staffetta formativa “ 15

I sei incontri interregionali: il racconto delle esperienze “ 19

II° appuntamento nazionale: i risultati dell’allenamento “ 42

Le competenze trasversali: verso quale modello “ 45

Osservazione metodologica “ 49

Il ruolo di dirigente di comitato: verso quale profilo “ 51

Il modello delle competenze: i fondamenti teorici “ 57

Il bilancio sociale: l’esperienza toscana “ 60

L’allenamento continua… “ 64

I nuovi appuntamenti “ 66

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PROGETTO LEGGE 383 D/2007ALLENARE LE COMPETENZE ALL’INNOVAZIONE IN UNA MODERNA ASSOCIAZIONE DI SPORTPERTUTTI Novembre 2008 - Novembre 2009

UN ESEMPIO DI METODOLOGIA ATTIVA

Massimo Davi - Responsabile formazione progettazione e risorse umane Uisp

Il tema è fortemente innovativo. Fare formazione e verificare contestualmente quan-to una organizzazione sia in grado di apprendere, partendo dalla realizzazione edallo sviluppo degli apprendimenti individuali nonché dalla loro ricaduta sull’or-ganizzazione stessa, fa della Uisp una Associazione attenta ai mutamenti.Ecco perché “Allenare le competenze all’innovazione in una moderna associazionedello sport per tutti” non vuole essere solo un titolo di un progetto ben riuscito.Anzi possiamo dire che è proprio l’attenzione posta alle tematiche affrontate a de-terminare un percorso progettuale volto ad allenare le competenze.Ma le competenze di chi? La Uisp è una associazione che contempla sia la possibilità di individuare nuovefigure dirigenziali a fronte di nuove esigenze, sia quella di “aggiornare” dirigentigià impegnati sul fronte dello sport per tutti dando loro più strumenti per meglioaffrontare il loro compito. Si è scelto di rivolgere questo progetto alla fascia dei dirigenti che rappresentanol’attuale ampio sistema di governo. Una vera e propria scelta di campo dettata dal-l’esigenza da una parte di far dialogare fra loro diverse componenti che già ope-rano per la qualità e, dall’altra, di dare continuità a tematiche già affrontate nelpercorso formativo precedente su cui ci si era orientati per la qualificazione di que-sto skill. Dunque continuità e innovazione; il tutto in una ottica orientata alla con-divisione ed alla coerenza “di e su” tematiche connesse all’esigenza di governa-re la Uisp.Scelto il profilo, individuato il contesto progettuale (lo sviluppo delle risorse uma-ne), si è proceduto a collocare l’intervento sul territorio. Le due fasi previste (na-zionale ed interregionale) hanno dato la possibilità di intrecciare le riflessioni sulruolo del dirigente, sugli stili di direzione, sulla tipologia e sulla trasversalità del-le competenze stesse. Dopo un primo appuntamento nazionale nel quale si sonodichiarati gli intenti, ciò che si è realizzato ha visto “posizionare” un’ingegneria

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formativa omogenea in più sedi; si è scelto intenzionalmente una azione concer-tata con i parchi, in continuità con il precedente progetto (“L’outdoor training comeesperienza formativa nel sistema ambiente”). Il tutto è stato portato a sintesi in un ultimo incontro nazionale. Il metodo individuato per la formazione è da collocare all’interno delle cosiddet-te “metodologie attive”: attuando un marcato coinvolgimento degli allievi, o attraversol’outdoor (esperienze di formazione in ambiente) o mettendo in atto gruppi di la-voro, si è potuto non solo individuare le competenze che caratterizzano il ruolodel dirigente nello sport per tutti, ma anche dare loro un significato operativo non-ché una priorità in ordine di “importanza”.Marcare un protagonismo attivo dei dirigenti nell’individuazione delle competen-ze e dell’importanza relativa che le stesse hanno in rapporto al contesto, al momentospecifico, alle relazioni, ai tempi, alle organizzazioni ed alle persone, ha significa-to poter entrare nel merito. Non dunque una formazione teorica frontale, ma unprogetto “vivo” in grado di raccogliere dalle specifiche esperienze portate le miglioripotenzialità e di farle diventare “contenuto di una competenza”, cioè un ambito perla caratteristica propria di colui che dimostra di saper svolgere in modo adegua-to una certa attività, un certo compito. Per dirla come il pedagogista Piero Berto-lini un orientamento al saper fare ed al saper far fare. Fondamentale per un diri-gente che quotidianamente fa i conti con situazioni problematiche da governare,fondamentale anche per allenarle… le competenze.

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I MOTIVI DELLA SCELTA. GLI OBIETTIVI E I RISULTATI ATTESI

Daniela Rossi - Responsabile ufficio progetti Uisp

Questo progetto di formazione, finanziato nell’ambito della legge 383/2000 di pro-mozione sociale, è stato dedicato ai dirigenti e ai giovani quadri del sistema as-sociativo Uisp.Dopo le positive esperienze dei due precedenti progetti 383, la scelta più logica è sta-ta quella di proseguire nel processo di individuazione e misurazione delle competenzedirezionali per la Uisp del prossimo futuro, accentuando i caratteri di trasversalità econfronto di esperienze tra comitati e leghe intra e interregionali. All’interno del sistema delle competenze è stata data priorità a quelle trasversali,rispetto a quelle di base e tecnico-professionali, per favorire la maturazione del-la classe dirigente Uisp su nuovi contenuti e doti lavorative in linea con le esigenzedel contesto sociale.Un ulteriore approfondimento progettuale ha portato a focalizzare l’obiettivo del-la condivisione delle competenze, attraverso la definizione di una check list in cuisiano inserite in ordine di importanza e nella quantità/qualità necessarie, per av-vicinare i diversi stili di direzione.In questo piano formativo assume particolare valore anche l’inserimento di unasessione dedicata al bilancio sociale, come processo e prodotto per monitoraree valutare le scelte programmatiche dell’Associazione e le sue politiche rispettoalle risorse umane, oltre che economiche.Va sottolineata la scelta metodologica di sviluppare l’itinerario formativo con unincontro nazionale di lancio, seguito da 6 appuntamenti interregionali, in una sor-ta di staffetta, che passi il testimone costituito dalle successive elaborazioni perconsegnarlo al momento di chiusura nazionale, dando così luogo ad un labora-torio di progettazione partecipata.L’altro aspetto qualificante è rappresentato dall’impostazione della didattica, cheintegra le docenze frontali con le esperienze sul campo dei partecipanti, permettendoloro una messa alla prova immediata delle nozioni apprese in aula e quindi un pro-tagonismo nel proprio percorso di apprendimento.L’outdoor training è il terreno ideale per la formazione sul tema delle competenzetrasversali, perché pone i corsisti nella condizione di misurarsi in situazioni nuove,sviluppando le capacità di leadership, team building, problem solving e favorendole dinamiche relazionali, anche attraverso le sessioni di rielaborazione di gruppo.

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E le impressioni raccolte dai partecipanti, che troverete riportate, sono la migliore te-stimonianza della efficacia di questa “formula” formativa dell’apprendere facendo.La scelta infine di collocare nei parchi e nelle aree protette gli appuntamenti in-terregionali e alcuni momenti nazionali vuole sottolineare la volontà di continua-re ad agire in sinergia con le politiche ambientali dell’Associazione e di consoli-dare ulteriormente la collaborazione con gli Enti Parco.

GLI OBIETTIVI DEL PROGETTO E I RISULTATI ATTESI

• Formare su scala nazionale gli attuali dirigenti e i giovani quadri dell’Uisp in re-lazione a un modello di competenze necessarie per governare in chiave inno-vativa l’Associazione

• individuare e sviluppare in particolare le competenze trasversali, non connes-se ad una attività specifica, ma che consentono comportamenti professionali intutte le situazioni

• realizzare un intervento formativo che rafforzi i carattere di sistema dell’Asso-ciazione sul piano identitario e valoriale e porti alla costruzione di un quadro fi-nale di competenze comuni a tutti i dirigenti, condivise e coerenti, per unifica-re gli stili di direzione

• inserire in questo contesto come elementi didattici le linee di fondo per l’impo-stazione del bilancio sociale, strumento essenziale di valutazione dell’attività edi sviluppo del capitale costituito dalle risorse umane

• in continuità con le precedenti esperienze formative, strutturare gli appuntamentiin momenti d’aula, per trasferire concetti e modelli, e momenti in outdoor, in cuimettere alla prova le teorie sulle competenze e confrontarle successivamentecon la didattica iniziale

• avviare la sperimentazione con un incontro a carattere nazionale e svilupparel’intervento in appuntamenti interregionali, che raccolgano progressivamente ilavori dei gruppi e si concludano con una sessione nazionale di rielaborazione

• rafforzare i rapporti di collaborazione progettuale e programmatica con gli EntiParco

• favorire la trasferibilità del modello e sviluppare azioni di sistema, capaci di ave-re ricadute su tutto il territorio, anche con la redazione di una guida metodolo-gica del progetto.

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I CONTENUTI DEL PROGETTO

Umberto Porri - Settore risorse umane Uisp

In occasione dei 60 anni dell’Associazione (1948-2008), prende piede l’idea di pen-sare ad un percorso formativo in grado di dare ulteriore slancio al necessario rin-novamento organizzativo già comunque in atto.E così nasce questo progetto nel cui titolo spicca la parola “innovazione”.La Uisp non è certo nuova a sfide e cambiamenti di rilievo; nel suo recente pas-sato ha prodotto innovazione nella mission (il concetto di “sportpertutti” che su-pera quello di “popolare”) ; ha saputo introdurre regole e pratiche in tutte le di-scipline sportive in grado di differenziarla dagli altri Enti di promozione sportivaed è attivamente impegnata sul terreno dei diritti di cittadinanza e di difesa del-l’ambiente.Questo percorso ha introdotto un livello di complessità organizzativa e gestiona-le che, sommato al periodo di particolare turbolenza socioeconomica sollevata dal-

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la crisi globale in atto, impone all’Associazione un ripensamento delle pratiche digestione strategico-organizzativa.A partire dai suoi livelli dirigenziali. E a questo proposito dobbiamo ricordare cometale ripensamento fosse già nell’aria da almeno un biennio e fossero già stati av-viati specifici percorsi formativi.Così, l’occasione del sessantesimo fornisce copertura simbolica alla prosecuzio-ne del lavoro di formazione dell’attuale classe dirigente e di scoperta di quella chedovrà raccoglierne il testimone.Il tema al centro del progetto è quello della messa a fuoco di un modello di com-petenze per dirigere in chiave innovativa un’associazione proiettata in un nuovomodello di sviluppo sociale, nel quale le competenze prettamente “specialistiche”o disciplinari devono andare di pari passo con quelle “trasversali” che, come ri-portato anche nel capitolo di Filippo Ferrari, sono centrali sia per la trasmissionedei contenuti disciplinari, sia per dirigere in senso generale i vari settori della no-stra Associazione.

In altre parole, occorre fornire un quadro concettuale più definito di cosa impli-chi il “saper dirigere” un’organizzazione complessa nella quale, fino ad oggi, è sta-ta prevalente la provenienza dei nostri dirigenti dalle aree“tecniche”; e quindi ini-ziare a modificare una cultura gestionale spesso settoriale e al più arricchita dacompetenze di tipo “politico”, utili ma non esaustive di ciò che occorre possedereper dirigere in un contesto che va verso forme di responsabilità e di capacità de-cisionali spesso non presenti nell’esperienza di molti dirigenti.Ancor più in dettaglio, da questo progetto si vuole ricavare un modello di compe-tenze trasversali da diffondere ai nostri dirigenti, a partire dal livello strategico (di co-mitato, lega/coordinamento, area, ecc) che è quello che s’interfaccia con i nostri “clien-ti”: le società sportive e/o i singoli soci. Scelta determinante, poiché è a questo li-vello che si sviluppa l’Associazione attraverso l’adesione al nostro modo d’intende-re lo “sportpertutti”, e si fornisce opportunità di benessere, di partecipazione alla vitasociale.L’output del progetto è un contributo a chiarire cosa occorra “saper fare” in ter-mini di competenze direzionali in una “moderna associazione dello sportpertut-ti” come dice il titolo stesso.E’ poter disporre, alla fine, di un riferimento, di una sorta di “decalogo” di com-petenze comuni a tutti i nostri dirigenti, nel tentativo non certo trascurabile di uni-ficare lo stile di direzione, superando molto “spontaneismo” riscontrabile nella pras-

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si attuale (anche se molto spesso lodevole ed efficiente).

Abbiamo scelto di proseguire l’attività formativa con la formula già sperimentatada almeno un biennio, che vede presenti sia momenti d’aula, in cui trasferire con-cetti, teorie e modelli, sia momenti di formazione “fuori dall’aula” in cui, in rela-zione al contesto territoriale specifico, mettersi “in gioco” e attraverso queste pra-tiche produrre osservazioni e riflessioni sulle competenze “messe in gioco”, con-frontandole alla fine con i modelli d’aula.

Inoltre, secondo nostra consuetudine, abbiamo scelto di coinvolgere in maniera am-pia i nostri territori, sia per avvicinarli che per conoscerne le potenzialità, dislocandol’iter formativo in 6 incontri (due al nord, due al centro e due al sud) preceduti daun seminario di “lancio” a livello nazionale (cioè aperto a partecipanti provenien-ti da tutto il sistema associativo) e chiusi da un analogo appuntamento con l’obiet-tivo di tirare possibili “somme” e aggiungervi ulteriori spunti.Con una tale impostazione abbiamo avuto anche la possibilità di coinvolgere unnumero decisamente ampio e interessante di dirigenti, attuali e potenziali, in gra-do di testare e validare un modello di competenze trasversali da proporre all’As-sociazione.

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LE TAPPE DELL’ALLENAMENTO:

Fase nazionale:23 - 25 gennaio: Roma e Riserva Naturale Tevere Farfa

Fase interregionale:6 - 8 marzo: Parco Naturale Regionale dei Nebrodi

http://www.parks.it/parco.nebrodi/29 - 31 maggio: Parco Nazionale del Pollino

http://www.pollino.it/19 - 21 giugno: Parco Naturale Regionale del Beigua

http://www.parcobeigua.it/26 - 28 giugno: Riserva Naturale Tevere Farfa

http://www.teverefarfa.it25 - 27 settembre: Parco Naturale Regionale delle Dolomiti Friulane

http://www.parks.it/parco.dolomiti.friulane/par.html2 - 4 ottobre: Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano

http://www.parks.it/parco.nazionale.app.tosco.emil/

Fase nazionale:16 - 18 ottobre: Roma e Riserva Naturale Tevere Farfa23 - 25 ottobre: Roma - Incontro di valutazione con dirigenti Uisp

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I° APPUNTAMENTO NAZIONALE: AL VIA LA STAFFETTA FORMATIVA(23 - 25 gennaio 2009)

A Roma la sala era veramente gremita: persone provenienti da ogni parte d’Ita-lia, segno che l’attenzione verso i temi del progetto era molto alta.La riflessione sul cambiamento e sulla capacità d’innovazione nella nostra Asso-ciazione è entrata in maniera forte e decisa e la proposta di lavorare all’individuazionedi quelle competenze necessarie per dirigerne l’evoluzione, è stata altrettanto sti-molante.Dopo la presentazione del programma e della sua logica “itinerante” costituita dai6 appuntamenti interregionali, il cui focus è rappresentato dalla possibilità di rac-cogliere le elaborazioni dei gruppi e passarle -in forma di simbolica staffetta- a quel-li successivi, è iniziata la riflessione vera e propria, con la presentazione e spie-gazione del modello di competenze così come formulato dall’ISFOL (Istituto perlo sviluppo della formazione dei lavoratori).Ne riportiamo qui sinteticamente la struttura tripartita di competenze e la relativa de-finizione, facendo osservare che lo stesso schema è stato replicato in occasione diciascuno degli appuntamenti interregionali, con un ampliamento concettuale con-dotto da Filippo Ferrari e riportato in questa guida metodologica.

L’ISFOL utilizza una definizione di competenza legata alle caratteristiche della per-sona:“...la competenza risiede, in ultima analisi, nella capacità, da parte del sog-getto, di porre in atto, gestire, coordinare e monitorare le attività comprese in unaarea di attività (ADA)”. Dove per ADA si intende “...un insieme significativo di at-tività omogenee ed integrate, orientate alla produzione di un risultato ed identi-ficabili all’interno di uno specifico processo.” La competenza, così definita, viene articolata in tre macro categorie: • competenze di base, cioè quelle che garantiscono alla persona la cittadinanza

e sono ritenute fondamentali per la sua occupabilità; sono il sapere minimo, ilprerequisito per l’accesso alla formazione;

• competenze trasversali, riguardano sempre la persona e la sua “...modalità difunzionamento (cognitivo; affettivo; motorio)”, non sono connesse ad una atti-vità specifica, ma entrano in gioco in tutte le situazioni; consentono alla perso-na comportamenti professionali e sono cruciali per la trasferibilità delle competenzein attività differenti;

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• competenze tecnico-professionali, cioè “...l’insieme di conoscenze e capacitàconnesse all’esercizio efficace di determinate attività professionali nei diversi com-parti/settori”; queste competenze sono desunte dalle caratteristiche e dal con-tenuto del lavoro.

Questo progetto ha scelto di sviluppare i contenuti relativi alle competenze trasversali,poiché la loro introduzione potrà aumentare il livello di successo sul lavoro in ognitipo di organizzazione e nel prossimo futuro ciò non sarà dato tanto dal tipo di pro-fessione intrapresa, ma dalla maturazione nei singoli di una nuova cultura e re-lative doti sul “lavoro”. Doti e cultura che possono essere ampiamente elencate,ma sostanzialmente sono attinenti ad una continua capacità di creatività ed in-novazione nel gestire la propria prestazione, di problem solving, di comprensio-ne del contesto, dei vari linguaggi, di comunicazione, di negoziazione ed adatta-bilità.

Le altre due categorie solo state accantonate solo per ragioni di tempo, consapevoliche il lavoro dovrà essere completato (e per quanto concerne le competenze tec-nico-professionali la Uisp è attenta da sempre alla loro implementazione), in tem-pi che ci auguriamo brevi.

Dopo questa introduzione, sono iniziati gli interventi dei partecipanti attorno al temadel cambiamento degli stili di direzione e del futuro profilo del “dirigente Uisp”.Va ricordato che questo appuntamento di apertura cadeva nel pieno della campagnacongressuale e quindi in sala entrava frequentemente l’eco di quelle riflessioni; cir-costanza che ha caratterizzato anche le prime sessioni sul territorio, crediamo inmodo positivo, consentendo di arricchire il dibattito e le proposte congressuali.

Fin qui la parte concettuale del seminario; poi è iniziata l’ esperienza “outdoor”finalizzata a far comprendere concretamente come le competenze trasversali sia-no osservabili attraverso azioni e comportamenti specifici.Il gruppo ha progettato e gestito l’intera seconda giornata dell’incontro che pro-poneva due attività di riferimento:• nordic walking• orienteeringIn realtà, sottintesa e inizialmente non colta dai partecipanti, vi era tutta l’attivitàdi coordinamento e di assunzione di tutte le microdecisioni relative all’intera ar-

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ticolazione e gestione della giornata.Infatti le difficoltà maggiori si sono avute proprio da una scarsa considerazione del-la parte legata agli spostamenti tra la sede romana e quella della Riserva Teve-re Farfa, con conseguente sottovalutazione e “abbandono” dell’attenzione lega-ta ad orari e mezzi di trasporto, che hanno causato un ritardo dell’inizio delle at-tività rispetto a quanto previsto ed un loro inevitabile ridimensionamento.Il gruppo insomma non ha agito come tale.Le considerazioni emerse nel debriefing si sono ovviamente concentrate su que-sto “incidente” ed hanno condotto alla condivisione del concetto secondo cui “di-rigere” implica la presa in carico di un progetto e di un processo (o più proces-si) complessivi, dall’inizio alla fine e che non vi sono zone neutre o parti che sia-no disgiunte, pena il ripetersi di disfunzioni in grado di impedire il raggiungimentodi un livello minimo di risultati. In particolare, l’assenza di una leadership in gra-do d’intervenire sia per assicurare coesione e rapidità di reazione ai disguidi (checapitano quasi sempre), sia per stimolare processi decisionali in grado di riposi-zionare obiettivi realisticamente conseguibili, si è fatta sentire. Così come il numero elevato dei partecipanti si è di fatto tradotto in creazione spon-tanea di sottogruppi, spesso slegati tra loro ancora una volta a causa della già ci-tata assenza di leadership e della (prevedibile) difficoltà di comunicazione tra per-sone e gruppi. Sottogruppi, comunicazione inadeguata e non leadership hannoportato sconvolgimenti nel timing giornaliero, mostrando però chiaramente ai par-tecipanti l’aspetto determinante dell’uso del tempo e dell’attenzione che ad essova prestata nelle organizzazioni moderne.Le riflessioni su questa giornata, focalizzate sull’individuazione delle competen-ze trasversali messe (o no) in campo, hanno confermato che queste sono:• osservabili• acquisibili• incrementabili

Quindi l’ultima parte del seminario iniziale è stata dedicata alla messa a punto del-la struttura-tipo dei 6 seminari a livello interregionale che dovevano raccogliere leindicazioni di un campione significativo di dirigenti, attuali e in nuce, a proposi-to di un insieme di competenze trasversali dalle quali estrarre quelle ritenute prio-ritarie; per lasciare margini di discussione e confronto si è scelto di attestarsi suun numero massimo di 10.Infine, per dare un ulteriore contributo all’aspetto di evoluzione-innovazione per

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la gestione dell’Associazione, si è ritenuto indispensabile introdurre un argomentodi vasta rilevanza organizzativa, strettamente connesso con il tema della conver-genza su un insieme di competenze trasversali da individuare e sviluppare nel tes-suto dirigenziale Uisp: il bilancio sociale.Questo tema è stato affidato ad un relatore interno, Alessandro Scali, in posses-so di una solida esperienza in materia, grazie alla sperimentazione in atto in To-scana da alcuni anni.Nel seguito di questa guida si troveranno le sue riflessioni sul concetto di bilan-cio sociale e i risultati, in divenire, dell’applicazione interna al comitato toscano.Val comunque la pena indicare fin da subito l’importanza del tema in relazionealla struttura di competenze (trasversali, ma non solo): ogni organizzazione chepunti allo sviluppo della sua presenza sulla scena sociale non può non porsi il temadella misurazione delle competenze dei suoi attori (dirigenti, quadri, tecnici, col-laboratori), al fine di verificare se, quanto, cosa abbia saputo restituire ed imple-mentare di queste risorse, affinché possano continuare a fornire valore ai vari sta-keholders che ruotano attorno all’Uisp, in mancanza di ciò l’organizzazione rischiala cristallizzazione e un possibile declino.

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I SEI INCONTRI INTERREGIONALIIl racconto delle esperienze

1° INCONTRO: PARCO DEI NEBRODI (6 - 8 MARZO 2009 )

Per la seconda volta, dopo il precedente progetto 383, torniamo nel Parco Natu-rale Regionale dei Nebrodi, per esplorarne un’altra parte.La base, infatti, è a Randazzo, sulle pendici settentrionali dell’Etna, in questa sta-gione magnificamente innevato.Sperimentiamo la sequenza degli interventi:

prima sessione: Filippo Ferrari• apertura concettuale sul modello delle competenze • individuazione delle 10 competenze necessarie per dirigere nei comitati terri-

toriali e nelle leghe (o coordinamenti)

seconda sessione: Umberto Porri• attività outdoor• debriefing serale

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terza sessione: Alessandro Scali e Umberto Porri• ripresa modello delle competenze e verifica di quelle messe in atto nell’outdoor• concetti e modelli: esempi Uisp• connessioni possibili tra competenze e bilancio sociale• conclusioni

Questa scaletta si rivela molto efficace e non verrà più modificata per i successi-vi 5 incontri.

Partecipano a questo appuntamento dirigenti e giovani collaboratori provenientidalla Sicilia, Calabria e Puglia, molti dei quali al loro primo approccio con questotipo di formazione.

La prima sessione, dedicata al lavoro sulle competenze trasversali, porta a que-sto risultato (in ordine: 1= + importante, 10 = - importante):

COMPETENZE COMITATO LEGACOMUNICARE EFFICACEMENTE 1 3ESSERE FLESSIBILI 2 4SVILUPPARE I COLLABORATORI 3 5PERSUADERE E INFLUENZARE 4 1PROGETTARE 5 2OSSERVARE 6 6ESSERE ORIENTATI AL RISULTATO 7 7PIANIFICARE 8 8CREDERE IN SE STESSI 9 9COSTRUIRE RETI RELAZIONALI 10 10

Come si può notare, questo gruppo ha valutato che sia per il ruolo più “politico”,sia per quello più tecnico-gestionale, le competenze trasversali siano le stesse eche l’ordine d’importanza in termini di utilizzo per il buon esito della copertura delruolo stesso non sia poi molto differente (lievi dislocazioni di ranking nelle primecinque posizioni e poi uguaglianza).

La seconda sessione consiste in una prova di orientamento per sottogruppi, condelle osservazioni da compiere durante l’escursione.

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Il territorio è stato monitorato in anticipo dagli amici del parco, che hanno indi-viduato un percorso ad anello che ha come meta una struttura che l’Ente Par-co ha risistemato con un bivacco a disposizione degli escursionisti e compren-dente anche un piccolo museo della vita agro-pastorale. Questo luogo si rivele-rà determinante.La mattina ci porta una sorpresa non pienamente apprezzata dai partecipanti: ilcielo è gonfio di nuvole basse e nere, ma la consegna nell’attività outdoor è “si vain ogni caso”.Ci si divide in due sottogruppi, che dovranno raggiungere il bivacco, collocato inposizione mediana rispetto al circuito completo, con due differenti itinerari. Ognisottogruppo dispone di una cartina che riporta solo la propria traccia, perché albivacco i gruppi dovranno scambiarsi le informazioni per rientrare a Randazzo,senza più l’ausilio della cartina.Si parte e ben presto quello che era facilmente prevedibile, dato il cielo, si avve-ra: piove e verso la fine del percorso, aumentando l’altitudine, l’acqua diviene ne-vischio e poi neve.Ma i gruppi prendono gli eventi atmosferici in maniera positiva e, al ricongiungi-mento al bivacco, volano palle di neve e risate e scherzi tra tutti.

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Il rientro, sempre sotto la pioggia, avviene seguendo le istruzioni verbali che i grup-pi si sono scambiati per poter tornare alla base, con l’indicazione aggiuntiva di in-dividuare alcuni punti interessanti che caratterizzano ogni rispettivo itinerario, do-cumentandoli fotograficamente. Nel debriefing serale si analizzano comportamenti, di gruppo e individuali, faci-litanti o meno il compito assegnato, si raccolgono i commenti di ciascuno sul pro-prio vissuto e sulle dinamiche complessive, si cercano le connessioni tramite il pen-siero metaforico con il vissuto nell’Associazione.I partecipanti riconoscono nei propri comportamenti l’esplicitazione di quasi tut-te le competenze individuate nella sessione iniziale, anche se l’esperienza appe-na conclusa ha messo in particolare evidenza le capacità di “comunicazione” edi “orientamento al risultato”.Questo primo seminario si chiude con la presentazione dei concetti base del bi-lancio sociale e con una discussione finale in cui si consolida l’apprezzamento perl’obiettivo del progetto di fissare un profilo di competenze (trasversali, per inizia-re) riconoscibile per tutti i dirigenti della nostra Associazione.

LE VOCI DEI PARTECIPANTI:

“Rispetto al precedente corso - sottolinea Giuseppe Buggea, lega giochi tradi-zionali e lega attività subacquee Uisp Ragusa - posso dire che in questa for-mula si avverte il passaggio ad una nuovo fase e ad una proposta formativa piùstrutturata, con una prima parte dedicata ai contenuti teorici e la successivagiornata in outdoor. Il trekking della mattina è stato strettamente legato alla mes-sa in opera della dinamiche discusse in aula”.

“Ho avuto una impressione sicuramente positiva di questo momento formati-vo - sostiene Simona Trunzo, presidente del comitato Uisp di Lamezia Terme- è una proposta di crescita associativa che predispone le persone ad aprirsicon le persone sconosciute. Un appuntamento molto utile, perché in grado diaprire nuovi scenari di confronto e di relazioni”.

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2° INCONTRO: PARCO DEL POLLINO (29 - 31 MAGGIO 2009)

Bis doveroso anche nel Parco del Pollino, per dare l’imprimatur alla nuova sedeUisp di Mormanno, ristrutturata ad opera dei comitati della Calabria, Campaniae Puglia, e che servirà come base per attività formative e turistiche.Sistemati i partecipanti, provenienti da queste regioni, si è seguita la scaletta inau-gurata in Sicilia: quindi teoria ed esercitazione su quali competenze trasversali ilgruppo ritiene necessarie per ricoprire il ruolo di dirigente territoriale a livello dicomitato / lega (Filippo Ferrari).Il risultato delle riflessioni di questo gruppo, nel quale è presente una quota si-gnificativa di dirigenti già effettivi, è riportato di seguito:

COMPETENZE COMITATO LEGAPIANIFICARE 1 1PROGETTARE 2 2GESTIRE I COLLABORATORI 3 7COSTRUIRE RETI RELAZIONALI 4 8COOPERARE 5 3COMUNICARE EFFICACEMENTE 6 5SVILUPPARE I COLLABORATORI 7 6ANALIZZARE SITUAZIONI E RISOLVERE PROBLEMI

8 4

LAVORARE IN GRUPPO 9 9AVERE CAPACITA’ D’AUTOCRITICA 10 10

Quelli evidenziati in giallo sono i fattori che aveva indicato anche il gruppo dei Nebrodi,ma la valutazione d’importanza è differente.

La sessione outdoor è stata progettata con il qualificato contributo di Giovanni Cugnetto,coadiuvato dai suoi giovani ma esperti arrampicatori delle ”piccole Dolomiti calabre”. Infatti, l’esperienza clou sarà focalizzata su un’arrampicata in parete attrezzata.Ma essendo il gruppo abbastanza numeroso, si è deciso che ci si dividerà in duesottogruppi e mentre il primo si cimenterà con imbragature e corde alla ricercadei necessari appigli per mani e piedi, l’altro effettuerà un’escursione sulla mon-tagna circostante, sotto l’occhio esperto di una guida; quindi i due gruppi si scam-bieranno i compiti, in modo che tutti, a fine giornata, avranno potuto compiere en-trambe le esperienze.

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La sera, si scruta il cielo per coglierne le avvisaglie meteo: sembra che qualcunoabbia gufato per la pioggia…E la mattina, infatti, nuvole grigie e gonfie ci accolgono adagiate proprio sulle li-sce pareti che dovremmo scalare.La tecnica di rimotivazione basata sulla ripetizione del motto powelliano “non esi-ste buono o cattivo tempo, ma solo buoni o cattivi materiali” non funziona alla per-fezione e qualcuno marca visita…Come usa dire Obama “never waste a good crisis” (non dobbiamo sprecare un’ot-tima crisi), infatti, è nei momenti di massima difficoltà che si tende a dare il me-glio di se stessi; o come dicevano anche prima di lui i fratelli del blues (John Be-lushi e Dan Aykroyd) “quando il gioco si fa duro…”Noi, più modestamente, siamo alle prese solo con un po’ di pioggia e, dal mio pun-to di vista, trovo che persista una “favorevole” alleanza meteo che ci consente disperimentarci in condizioni più o meno umide velocizzando la possibilità di co-struire gruppi “forti”.Questo risultato, infatti, si raggiunge sia grazie alla motivazione intrinseca, comela chiamano gli psicologi, sia con la comparsa dell’elemento “fatica”.Camminare, arrampicare in queste condizioni fa sì che venga impegnata una no-tevole quantità di energie psico-fisiche e mobilita la nostra attenzione a tutto ciòche ci circonda. Il nostro sistema percettivo-sensoriale lavora nei dintorni del fuori-giri, fissando idati di esperienza e consentendo un apprendimento quasi “sottocutaneo”. Penso che ognuno abbia potuto “ascoltarsi” e individuare se, quali, quanto e comeabbia tirato fuori le competenze necessarie a gestirsi nelle situazioni di cammi-nata e/o di arrampicata.

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Questa operazione di autoanalisi può e deve continuare anche a distanza di tempo.Chi ha camminato tra la nebbia delle nuvole basse, su un crinale a volte un po’esposto, con qualche sintomo di vertigine, per poi salire, anche solo di qualchemetro, sostenuto e incoraggiato dal compagno/a in sicurezza che attendeva allabase della parete, sa che è stata un’esperienza entusiasmante e valeva la penaqualche goccia d’acqua sotto la giacca a vento.Riflessioni che, puntualmente, sono state fatte nel debriefing serale, conferman-do che la natura presenta lati emozionanti in ogni condizione e che certi tagli diluce grigio-umida mettono in risalto doti particolari negli animi umani, che noi ab-biamo riconosciuto come “competenze trasversali”.

L’ultima sessione, guidata da Alessandro Scali, sulla tematica del bilancio socia-le, scorre liscia come la pioggia passata, permettendo ai concetti organizzativi diriunirsi a quelli comportamentali.

LE VOCI DEI PARTECIPANTI:

“Un’esperienza di formazione notevolmente diversa da quelle tradizionali e mol-to positiva, - afferma Alberto Caprio, responsabile web Uisp Campania - no-nostante le condizioni atmosferiche della giornata trascorsa in outdoor. Dicia-mo che la pioggia e la parete scivolosa dell’arrampicata hanno messo a duraprova tutti, anche i più esperti, ma ne è valsa la pena”.

“E’ stato davvero un bel momento di confronto sulle tematiche dell’Associazio-ne. Molto suggestiva la giornata in outdoor - commenta Rita Piperissa, del set-tore ambiente dell’Uisp di Crotone - . L’escursione tra la pioggia e la nebbia, ciha permesso di percepire il contesto che ci circondava in tutta la sua forza, bel-lezza e difficoltà. Anche la parte di formazione in aula è stata un’occasione perdiscutere di Uisp, lanciando input per il futuro”.

“ Mi è piaciuta molto la metodologia e l’impostazione di questi appuntamenti –sottolinea Vito Iacovelli, coordinatore della lega pallacanestro pugliese -. Anchein condizioni metereologiche difficili siamo riusciti a raggiungere dei buoni ri-sultati di interazione e partecipazione complessiva. La parte di formazione d’au-la ha fornito spunti molto interessanti sia per quanto riguarda il bilancio socia-le che rispetto al modello delle competenze”.

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3° INCONTRO: PARCO DEL BEIGUA (19 - 21 GIUGNO 2009)

Sarà l’attesa del prossimo Consiglio Nazionale; sarà che ci sono in contempo-ranea tante altre iniziative; sarà la voglia di schivare l’ennesima bagnata; saràla musica che gira intorno, visto che siamo in casa di un altro Fossati…saràche siamo in undici, non in dieci, ma come si dice? Pochi ma buoni.E’ qui, su questo terrazzo sopra l’aurora (ricordate l’appuntamento dello scor-so anno?), che si svolge il terzo atto di questo tour attorno alle competenze tra-sversali.Ospiti nelle sale del Parco ad Arenzano, Filippo Ferrari guida la sessione cen-trale del progetto; grazie anche al ridotto numero di presenti, questa volta il tem-po non ci è tiranno e la partecipazione non è avara.La graduatoria che alla fine emerge come proposta del gruppo è questa (in gial-lo i fattori comuni anche ai 2 precedenti incontri):

COMPETENZE COMITATO LEGAPIANIFICARE 1 3ANALIZZARE SITUAZIONI E RISOLVERE PROBLEMI **

2 2

COOPERARE ** 3 5COMUNICARE EFFICACEMENTE 4 6ADATTARSI AL CAMBIAMENTO 5 8LAVORARE IN GRUPPO** 6 7ESSERE ORIENTATI AL RISULTATO * 7 1SVILUPPARE I COLLABORATORI 8 4AVERE CAPACITA’ D’AUTOCRITICA ** 9 9GRATIFICARE 10 10

* = fattori in comune con gruppo Nebrodi** = fattori in comune con gruppo Pollino

= fattori “new entry”

Dopocena si approfitta del tempo libero per esplorare gli stand dislocati sul lun-gomare, in occasione di una festa d’inizio estate.

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La mattina del sabato le previsioni meteo sono smentite da un ottimo sole; sem-bra invece che tirerà vento, ma dalle coste liguri, grazie a questo elemento, sonosalpate schiere di navigatori. Prendiamolo come viatico per un nostro “viaggio”nell’esplorazione delle competenze trasversali di cui dispone il gruppo.La guida del Parco che ci accompagna ha studiato un itinerario che ci porterà daquota 290 di partenza al Passo della Gava (752 slm), toccando un osservatorio-ricovero per i migratori di passaggio; dal passo, ove è previsto il pranzo al sacco,si ridiscende per una variante in modo da compiere un diverso tragitto per il rien-tro; lungo il sentiero si vedranno sia antiche tracce di alpeggi sia rari esemplaridi flora.Caratteristica principale di questo gruppo è la provenienza regionale molto di-versificata: Toscana, Sardegna, Piemonte, Lombardia e ovviamente Liguria; il che,unito alla relativa esiguità del numero, porrà al centro la capacità di mettere in azio-ne le competenze del “fare gruppo”, del “comunicare” e delle altre necessarie per-ché si possa realizzare un’esperienza di trekking efficace in ambiente non noto,

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rispettando gli obiettivi stabiliti dallo staff (orari partenza-arrivo, tappe intermedie,punti di osservazione).Il gruppo realizza molto bene il compito ma, se volessimo trovare dei punti di cri-ticità, questi sarebbero da attribuire alla debolezza della leadership e ad una nonsempre esplicita assunzione dei ruoli all’interno del gruppo.La discussione nel momento serale di debriefing sottolinea queste criticità, anche serispetto alla prima, la leadership, conviene sulla obiettiva difficoltà di farla emergerein un arco di tempo così breve, tra persone che non si sono mai incontrate prima.Ma vengono colti anche i momenti ed i comportamenti messi in atto da ciascu-no durante l’esperienza, in cui si possono riconoscere le competenze trasversa-li indicate nel lavoro di gruppo della giornata d’apertura.

La sessione finale sul bilancio sociale si sviluppa come previsto: questa modali-tà di registrare e misurare le attività e le prestazioni di tipo organizzativo e perso-nale è immediatamente percepita nella sua validità e nella sua potenzialità inno-

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vativa per il cambiamento dell’Associazione e anche in relazione alle aspirazio-ni di molti giovani quadri.

LE VOCI DEI PARTECIPANTI:

“Il mio giudizio sull’esperienza del Beigua è estremamente positivo, - affermaSebastiano Lopes, coordinatore della lega montagna Uisp Genova - sia per illuogo che per l’attività in generale. Una formazione così strutturata prevede mo-menti molto importanti dal punto di vista individuale, ma anche di vita collet-tiva. Un aspetto da sottolineare è l’eterogeneità del gruppo: giovani e meno gio-vani, appartenenti a diversi livelli dell’Associazione, hanno avuto la reale op-portunità di dialogare e confrontarsi”.

“Abbiamo appena finito di ripulire dalla polvere e dal fango delle zone umide lescarpe da trekking dopo la sessione in outdoor, ma le sensazioni rimangono - spie-ga Fosca Bonacchi - lega montagna Uisp Firenze. Ancora una volta l’organizza-zione è stata una macchina ben funzionante in questo angolo meraviglioso, inun contesto paesaggistico incantevole; siamo stati assistiti affettuosamente, maanche con professionalità, da dirigenti locali dell’Uisp e da guide esperte”.

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4° INCONTRO: RISERVA TEVERE FARFA (26 - 28 MAGGIO 2009)

E’ trascorsa solo una settimana dal Beigua e già si apre a Nazzano (Roma), nel-la Riserva Naturale Tevere Farfa, il 4° appuntamento del nostro progetto itinerante.Il gruppo è di nuovo numeroso e la provenienza vede persone dalla Sardegna, Abruz-zo e in maggioranza Lazio. Anche in quest’occasione molti volti nuovi, giovani cheaffrontano con interesse ed entusiasmo questo momento di conoscenza e di con-tributo al futuro dell’Associazione.

Si inizia con la presentazione del modello delle competenze e la risultante del la-voro del gruppo porta a questa tabella:

COMPETENZE COMITATO LEGAANALIZZARE SITUAZIONI E RISOLVERE PROBLEMI *

1 4

NEGOZIARE 2 9GESTIRE COLLABORATORI***** 3 8COSTRUIRE RETI RELAZIONALI*** 4 3ESSERE ORIENTATI AL RISULTATO ** 5 2PIANIFICARE 6 1COMUNICARE EFFICACEMENTE 7 5METTERSI NEI PANNI DEGLI ALTRI 8 6AVERE CAPACITA’ D’AUTOCRITICA * 9 10GRATIFICARE**** 10 7

= fattori comuni ai 3 incontri precedenti= fattori “new entry”

* = fattori comuni a Beigua e Pollino** = fattori comuni a Beigua e Nebrodi*** = fattori comuni a Pollino e Nebrodi**** = fattori comuni a Beigua*****= fattori comuni a Pollino

Questo lavoro di analisi e riflessione sul modello di competenze dirigenziali met-te in luce una visione abbastanza diversa rispetto a quella degli altri gruppi e, sinota una “classifica” più sfasata tra “comitato” e “lega”, in particolare per il fat-tore ritenuto più importante:

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“Analizzare situazioni e risolvere problemi” è al primo posto per il ruolo di diri-gente di comitato, ma passa al 4° per quanto concerne le leghe; al 1° posto que-ste indicano “Pianificare”, mentre per il comitato slitta al 6°. Ormai c’è materia sufficiente per analisi articolate e più complesse tra i lavori svol-ti in ciascun incontro interregionale; questo aspetto diventa una base per la ripresadel ragionamento intorno ai ruoli che verrà lanciato nell’ultimo incontro naziona-le e che vedremo al termine di questo lavoro.

Se pensavamo che la stagione estiva avesse definitivamente scongiurato il rischiopioggia, bene, ci siamo sbagliati.La mattina della giornata dedicata alle esperienze outdoor si presenta nella vestegià nota dei Nebrodi e del Pollino. Viene riesumato per l’occasione il motto già usa-to in quelle circostanze, relativo al brutto e cattivo tempo, ecc. ecc., con effetti nondel tutto convincenti, e comunque il sospetto di una particolare iattura che aleg-gia sul progetto si fa più forte.Il programma prevede un’attività nel fiume sul “dragon boat” e tre in terraferma:una camminata d’avvicinamento con i bastoncini (nordic walking) al punto in cuisaliremo su queste particolari barche, poi una sessione di presa di contatto con il

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tai chi e una prova di tiro con l’arco. Questa intensa e articolata giornata è stataconcordata ed organizzata con il valido supporto di Sergio Barbadoro, che ha coin-volto istruttori esperti delle discipline e il risultato a fine giornata è particolarmen-te positivo, come risulta anche dalle testimonianze. E poi la pioggia tanto temutasi è rivelata molto meno intensa e prolungata di quanto i pessimisti temessero.L’alternanza di attività ad alto impiego di energia fisica (nordic walking e dragonboat) e di quelle ad alta intensità emotiva e concentrazione mentale ha mostra-to in modo diretto ed efficace come anche nel lavoro di direzione associativa sia-no necessarie risorse psicofisiche legate a competenze relazionali specifiche.Va segnalata, infine, solamente la caduta in acqua dal dragon boat del capobar-ca Sergio Barbadoro, recuperato dall’equipaggio dopo una negoziazione circa il

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compenso per tale operazione.Poi, durante la discussione serale di debriefing, egli stesso ci ha fornito una versio-ne in chiave metaforica (che, lo ripetiamo, è il pensiero suggerito per interpretare ilsenso delle attività outdoor) di quella caduta: si è trattato di un volontario gesto di-mostrativo di come anche la leadership sia soggetta a perdite d’equilibrio, a bagni (d’umil-tà) e a pazienti negoziazioni con equipaggi sempre pronti al cambio di guida.L’effetto motivatore di questa giornata, per la validità esperienziale delle attività pra-ticate e soprattutto per la connessione concettuale con il modello di competen-ze, ha preparato un terreno molto fertile, una predisposizione positiva all’ultimasessione con Alessandro Scali.Il concetto e le esperienze di bilancio sociale già presenti nella Uisp hanno tro-vato facile alloggio nel bagaglio complessivo che i partecipanti si sono portati alrientro nei comitati e nelle leghe

LE VOCI DEI PARTECIPANTI:

“Sono tornata molto caricata dall’esperienza - afferma Francesca Romana Cic-chetti, della lega montagna Uisp Lazio - Devo dire che mi è piaciuta l’intera pro-posta, sul piano personale la ritengo una vera e propria boccata di aria fresca.Il programma sviluppato nei 3 giorni è stato davvero stimolante e penso che siastato in grado di tirare fuori da ognuno di noi riflessioni, commenti e “utopie”che avevamo quasi timore di condividere. Ho trovato molto interessante la presentazione del modello delle competenze,la possibilità offerta di mettere in campo e in comune la personale “visione” del-l’Associazione, il fatto di poterlo discutere con altre persone e di formalizzarlo”.

“Tre giorni molto intensi quelli appena trascorsi nella Riserva, - conferma Ema-nuela Serra, del comitato Uisp di Sassari - durante i quali ci sono stati fornitimolti input, toccate tematiche interessanti, ma forse con poco tempo a di-sposizione per gli approfondimenti. Come ci ha detto Umberto Porri, gran par-te di ciò che è stato fatto in questo appuntamento lo abbiamo portato a casacon noi e tornerà spesso alla nostra attenzione durante tutto l’anno, attraver-so una rielaborazione e personalizzazione postuma dei contenuti. L’aspetto “speciale” di questo tipo di formazione è la possibilità di totale con-fronto e condivisione con un gruppo di persone che vivono l’Associazione intanti modi diversi”.

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5° INCONTRO: PARCO DELLE DOLOMITI FRIULANE (25 - 27 SETTEMBRE)

Appuntamento dedicato ai comitati del “mitico” nordest, i veneti ed i friulani, inbuon numero e qualità diffusa.Punto di raccolta all’hotel Vittoria di Claut, accompagnati dal solito clima instabi-le: pioggia altamente probabile, nuvole e vapori dal bosco.

Le attività d’aula si tengono nella sede del Parco a Cimolais, potendo utilizzare leconfortevoli ed attrezzate sale da poco ristrutturate.Ormai il canovaccio è ipercollaudato e Filippo Ferrari guida il lavoro di gruppo cheproduce il seguente risultato:

COMPETENZE COMITATO LEGAOSSERVARE # 1 6ASCOLTARE ATTIVAMENTE 2 4COMUNICARE EFFICACEMENTE 3 5PROGETTARE ***** 4 1COSTRUIRE RETI RELAZIONALI ** 5 8ANALIZZARE SITUAZIONI E RISOLVERE PROBLEMI *

6 7

GESTIRE COLLABORATORI *** 7 3LAVORARE IN GRUPPO **** 8 2AVERE CAPACITA’ D’AUTOCRITICA * 9 9RICONOSCERE 10 10

= fattori comuni ai 4 incontri precedenti= fattori “new entry”

* = fattori comuni a Tevere Farfa, Beigua e Pollino** = fattori comuni a Tevere Farfa, Pollino e Nebrodi*** = fattori comuni a Tevere Farfa e Pollino **** = fattori comuni a Beigua e Pollino ***** = fattori comuni a Nebrodi e Pollino # = fattori comuni a Nebrodi

Si conferma, ancora una volta, una diversa visione di competenze trasversali le-gate al ruolo dirigenziale e la differente classifica d’importanza tra attività “politi-che” e “tecniche”.

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La sera si consultano i (rari) anziani del villaggio per avere previsioni sul tempo chefarà la mattina: ne ricaviamo rassicuranti indicazioni, ma con l’accortezza di por-tare nello zaino tutto l’occorrente per il possibile mutare del meteo (!).In ogni caso, mettendo le mani avanti, informiamo che l’esperienza che abbiamoprogettato con la collaborazione delle espertissime guide alpine del Parco saràdedicata al canyoning con trekking d’avvicinamento alla discesa. Quindi, un ba-gno non ce lo leverà nessuno.

La parte più faticosa dell’esperienza risulta l’ora scarsa di cammino sul sentiero chesale all’inizio del torrente, percorso con addosso la muta di neoprene.Poi è un’emozionante sequenza di calate di corda e di scivolate nei toboga na-turali scavati dalle acque del torrente; l’ultima calata, in particolare, resterà im-pressa per la sua lunghezza e lo strapiombo.Le due guide che ci hanno fornito assistenza per la sicurezza del “gioco” sono sta-te molto abili nel gestire un gruppo numeroso come il nostro, limitando al mas-simo le pause e le attese tra un salto e l’altro.Le testimonianze fotografiche spiegano meglio di ogni altro commento la bellez-za e la specificità di questa esperienza, culminata nella “scoperta” delle improntedi dinosauro impresse su lastroni di dolomite caduti nel torrente.Conviene, invece, sintetizzare al massimo l’interessante discussione emersa neldebriefing che abbiamo tenuto prima di cena, poiché il nostro oste aveva in-serito nel menù serale fricco e stinco: difficile pensare a qualche ripresa po-stprandiale.La scelta di sperimentare un’attività di canyoning anziché altre offerte dal conte-

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sto dolomitico è legata alla possibilità che questo ambiente ha di esemplificare me-taforicamente il momento “liquido” della società attuale.Per scendere occorre, infatti, una tecnica precisa (quindi competenze speciali-stiche evolute), competenze trasversali basate su affiatamento (comunicazione,ascolto, collaborazione tra ruoli) e fiducia reciproca; è necessario vincere la pau-ra del vuoto e controllare lo stress.Ogni partecipante ha potuto constatare come il terreno su cui posava/puntava ipiedi non fosse né prevedibile, né dominabile; siamo scesi traversando cascatellee trovandoci spesso con un piede nell’acqua e l’altro sulla roccia; abbiamo do-

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vuto farci trascinare dalla corrente per piccoli salti e tuffi nelle pozze sottostanti,legandoci e slegandoci dagli imbrachi.Le metafore relative al contesto economico e sociale che queste azioni hanno por-tato in evidenza sono state colte in modo chiaro e profondo. Compreso l’interro-gativo se questa società sopravviverà ai suoi disastri, oppure lascerà impronte ri-cordabili solo per pura registrazione storica.

Con ancora addosso i brividi dovuti all’adrenalina da vuoto e da acqua gelida (cheentrava dal collo della tuta), ci siamo ritrovati nell’accogliente sala a Cimolais perl’ultima sessione domenicale dedicata al bilancio sociale: ennesima conferma del-l’interesse per il tema e per la sua applicazione in ogni struttura associativa.

LE VOCI DEI PARTECIPANTI:

“Tra queste vallate, prive di viabilità principale e di centri abitati, che si addentranotra vette dolomitiche, - afferma Giulia Stacul coordinatrice progetti Peace Ga-mes Uisp Friuli Venezia Giulia - abbiamo avuto la possibilità non solo di osservarele bellezze ambientali e naturalistiche, ma anche di metterci alla prova e spe-rimentare la forza che ti dà il gruppo per superare gli ostacoli”.

“Sono rimasto molto sorpreso da questa esperienza, mi sono piaciute la situazione,l’ambientazione, le persone e la proposta dei contenuti - conclude Sereno Zor-zanello, presidente del comitato Uisp Vicenza -. Ho ritenuto molto importantela riflessione sul modello delle competenze e sulle sfumature che riguardano idirigenti di lega e quelli di comitato. Sono emersi numerosi aspetti che deriva-no dall’esperienza di ognuno e questo scambio ha contribuito ad una visioneideale di una Uisp condivisa”.

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6° INCONTRO: PARCO DELL’APPENNINO TOSCO-EMILIANO (2 - 4 OTTOBRE 2009)

Per l’ultima tappa sul territorio siamo ospitati in una confortevole struttura, la “Casanel bosco”, all’interno del Parco dell’Appennino tosco-emiliano, nel Comune diCorniglio (Parma)..

I partecipanti provengono da Lazio, Marche, Toscana ed Emilia Romagna.

Seguiamo, ancora una volta, la scaletta delle sessioni che alternano i momenti d’au-la con le esperienze outdoor e che si è rivelata ben strutturata ed armonica perraggiungere efficacemente gli obiettivi del progetto.

La sessione di Filippo Ferrari dà, come ultimo quadro di proposta per un elencodi competenze trasversali necessarie per dirigere un’associazione moderna, que-sto schema:

COMPETENZE COMITATO LEGAANALIZZARE SITUAZIONI E RISOLVERE PROBLEMI ***

1 1

PIANIFICARE * 2 2COSTRUIRE RETI RELAZIONALI ** 3 4GESTIRE LO STRESS 4 8ESSERE FLESSIBILI # 5 5GESTIRE COLLABORATORI **** 6 6ASCOLTARE ATTIVAMENTE 7 7INNOVARE 8 2COOPERARE ***** 9 9COMUNICARE EFFICACEMENTE 10 10

= fattori comuni ai 5 incontri precedenti= fattori “new entry”

* = fattori comuni a Tevere Farfa, Beigua, Pollino e Nebrodi** = fattori comuni a Dolomiti, Tevere Farfa, Pollino e Nebrodi*** = fattori comuni a Dolomiti, Tevere Farfa, Beigua e Pollino **** = fattori comuni a Dolomiti, Tevere Farfa e Pollino ***** = fattori comuni a Beigua e Pollino # = fattori comuni a Nebrodi

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Quest’ultima rappresentazione della struttura di competenze trasversali utili a di-rigere si discosta dalle precedenti, perché sostiene che non vi sia molta differenzatra ruoli di comitato e lega e infatti vi è elevato grado di coincidenza nel ranking,ad esclusione delle due “new entry”.

Una volta tanto le previsioni meteo sono rassicuranti e la mattina del sabato, gior-no dedicato all’esperienza outdoor, il cielo è sereno, fa fresco, ma per cammina-re va bene e i boschi che circondano il nostro rifugio agrituristico stanno indos-sando la livrea autunnale.Abbiamo concordato con la direzione del parco un trekking nel cuore della riservanaturale, zona soggetta a tutela assoluta, in cui è vietato tutto. Saremo infatti ac-compagnati (e sorvegliati) da due guardie forestali che ci consentono tuttavia lapossibilità di osservare luoghi e particolari altrimenti inaccessibili, con una sim-patia e un garbo speciali.

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E per la parte d’informazioni scientifico-naturalistiche viene con noi una guida delparco che c’inonda di descrizioni sul territorio, la storia, la flora, la fauna, l’an-tropizzazione dei secoli passati e l’attuale de-antropizzazione; e chi vuole può chie-dere notizie su ricette gastronomiche o antiche storie di carbonai.La camminata segue sentieri ben segnati che faremo sia in andata che al ritor-no, senza che a nessuno passi per la mente una proposta alternativa. Siamo tor-nati alla gita scolastica….. E nel ritorno per sentieri già battuti s’intrecciano differenti conversazioni nel grup-po in fila indiana, con la mente rivolta all’esperienza di nordic walking che chiu-derà questa giornata.Nella riflessione durante il debriefing si discute (anche abbastanza animatamente)attorno ad alcuni temi: scarsa organizzazione e non definizione di ruoli nel grup-po, mancanza d’iniziativa nella ricerca di alternative, nessi tra esperienza e com-petenze enunciate il giorno prima. Si accenna solo rapidamente al parallelo metaforico tra l’ambiente protetto inte-

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gralmente di questa parte di parco, rispetto alle altre zone, e la situazione asso-ciativa. Forse la discussione avrebbe potuto portarci a definire meglio cosa nellamission, nella struttura e nelle pratiche va conservato “integralmente” e cosa vapiù o meno innovato. A giustificazione occorre però dire che il tempo in questo incontro, come negli al-tri, è stato un po’ limitato e questo fattore ha pesato tanto più quanto più nume-rosi erano i partecipanti, portando alla dilatazione sia delle discussioni in plena-ria sia dei lavori di sottogruppo.Per la terza sessione, dedicata al bilancio sociale, oltre alla conferma dell’interessemanifestato negli incontri precedenti, in questa tornata si è aggiunto un elementonuovo, costituito dalla presenza nel gruppo di persone che hanno portato la te-stimonianza di un’altra esperienza di applicazione di questo approccio realizza-ta in Emilia Romagna.

LE VOCI DEI PARTECIPANTI:

“Abbiamo vissuto l’intera esperienza formativa attraverso la forza della dimensionegruppo - racconta Daniela Conti. Dirigente nazionale Uisp - settore internazio-nale -, riportando un’impressione complessiva di soddisfazione. La cornice delparco poi è davvero affascinante, con la straordinaria ricchezza di ambienti ecolori: dalle praterie alle brughiere a mirtillo alle vette più impervie, laghi, ca-scate, pareti rocciose a picco sui torrenti, animali e rarità botaniche. La formulacon un’attività motoria moderata, per tutti i livelli di allenamento, ha permes-so la sperimentazione di tutto ciò che viene discusso e utilizzato come inputin aula. Altro aspetto da non sottovalutare è stata la convivialità, grazie al con-testo informale che ha accompagnato tutta l’esperienza e che ha permesso diavvicinare persone che ogni giorno vivono e lavorano su territori e realtà diffe-renti, creando una prima vera occasione di contatto a livello umano e associativo”.

“ Mi è piaciuta molto la metodologia e l’impostazione di questo appuntamen-to - sottolinea Francesco Cicoria, presidente lega giochi tradizionali Uisp Emi-lia Romagna - . Siamo riusciti a raggiungere dei buoni risultati di interazionee partecipazione complessiva. La parte di formazione d’aula ha fornito spun-ti molto interessanti sia per quanto riguarda il bilancio sociale che rispetto almodello delle competenze”.

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II° APPUNTAMENTO NAZIONALE: I RISULTATI DELL’ALLENAMENTO (16-18 ottobre 2009)

Si torna a Roma, dove si era aperto questo progetto, come simbolico atto di chiu-sura di un percorso itinerante, con una presenza al di sopra delle aspettative di 40persone, ognuna delle quali ha partecipato ad almeno un incontro interregionale.

La struttura di questo atto conclusivo è stata parzialmente diversa, perché non viera la necessità di fornire gli elementi concettuali sul modello delle competenze,e così, dopo una breve presentazione del quadro dei 6 incontri, si è lanciata l’ul-tima sessione dedicata alla riflessione e classificazione dei fattori di competenzatrasversale ritenuti utili per dirigere nell’Associazione.E’ importante chiarire, prima di riportare i risultati di questo lavoro, che l’obiet-tivo non era quello di tentare una sintesi delle classificazioni fornite dai territori,poiché non sarebbe stato corretto applicare concetti di “medie statistiche” a ri-flessioni caratterizzate nettamente dalla composizione socio-organizzativa di cia-scun gruppo. Approfittando della presenza di un numero significativo di persone che già occupanoposizioni di dirigente di comitato o di lega, come pure di molte “giovani speran-ze”, abbiamo composto i 4 sottogruppi in questo modo:• tutti i partecipanti con esperienza nelle leghe e nelle attività in due sottogrup-

pi: uno composto da quelli già pienamente in ruolo, l’altro da coloro che potrebberodomani ricoprirlo;

• analogo metodo per i presenti con esperienza di comitato: un gruppo degli at-tuali dirigenti e l’altro dei futuri possibili tali.

Prendendo spunto dalle caratteristiche dei presenti, abbiamo lanciato un lavoro diriflessione e ripensamento sul ruolo del dirigente, dopo averlo brevemente definito.

I 4 sottogruppi hanno lavorato quindi su due versanti:• identificare le competenze trasversali e classificarle in ordine di importanza, sia

in riferimento al ruolo di dirigente di comitato territoriale sia a quello di dirigen-te di lega/coordinamento/attività

• tracciare il profilo di ruolo organizzativo, limitatamente al dirigente di comitato( per ragioni di tempo), scelta motivata dal fatto che al suo interno vi sono re-sponsabilità di coordinamento complessivo e quindi anche delle attività.

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Abbiamo poi chiesto che, per quanto riguardava il ranking delle competenze, i duesottogruppi per ciascun ambito (comitato-lega) tentassero un accordo, una con-divisione della lista, mentre i due gruppi “comitato” avrebbero dovuto lavorareseparatamente sul “ruolo organizzativo di dirigente di comitato”, poiché c’interessavaconfrontare l’eventuale differente descrizione, da parte di chi è già in posizionee di chi, invece, potrebbe esserlo in futuro.

Anche per quest’ultimo appuntamento è prevista la sperimentazione concreta delmodello di competenze trasversali e si torna nella Riserva Tevere Farfa.Questa volta, però, la composizione numerica del gruppo ha posto seri problemiorganizzativi a Sergio Barbadoro per coordinare le tre attività previste (dragon boat,tai chi e tiro con l’arco), poiché era determinante la loro sincronizzazione nello svol-gimento delle attività da parte dei sottogruppi.Inoltre, poteva mancare l’agguato meteo? Le previsioni infatti preannunciavanopioggia.Che puntuale si è manifestata in maniera intermittente e perciò ancor più disturbantepoiché ci costringeva ad interrompere e poi riprendere le prove di tiro con l’arcoe le sessioni di tai-chi.Il dragon boat no, perchè, tanto, bagnati sopra, bagnati dentro…E a fine giornata il rientro alla stazione di Poggio Mirteto Scalo (circa 6 km) eraprevisto a piedi, costeggiando per lunghi tratti il corso del Tevere.

Durante l’ultima sessione di debriefing sono state colte le metafore fornite dal-l’esperienza clou, quella in dragon boat, riguardo all’importanza dei fattori di com-petenza ”gestire collaboratori”, “comunicare” e “lavorare in gruppo” .Infatti, durante una delle due prove in acqua, si è verificato un esempio di catti-va comunicazione tra capo-barca ed equipaggio, che ha prodotto un’esperienzacomplessiva non efficace sia come governo-manovrabilità dell’imbarcazione checome efficacia-soddisfazione dell’equipaggio e del leader. Anche durante il tragitto di rientro dal campo base alla stazione ferroviaria si è pro-dotta un’altra esperienza utile per riflettere sull’importanza di possedere e met-tere in atto competenze trasversali: il gruppo si è progressivamente sgranato edallungato. A questo punto sarebbero stati necessari dei ruoli di collegamento - co-ordinamento per trasferire le informazioni ai gruppetti che si erano formati e dareloro le indicazioni indispensabili per non smarrire nei bivi la strada per arrivare allastazione. Ma qualcosa non ha funzionato e la coda del gruppo ha faticato molto

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per arrivare al punto di ritrovo, facendo perdere a tutti la coincidenza prevista, conun rientro ritardato in albergo di circa due ore.Morale facilmente individuabile: comunicazione e ruoli dedicati a questo compi-to sono indispensabili in ogni organizzazione, tanto più se il gruppo è numeroso.Il trasferimento di questa esperienza a quanto può succedere, quindi, in una as-sociazione “grande” come la Uisp è stato immediato; come immediato il portarealla luce esempi di “scollegamenti” avvenuti e che si possono ancora verificarenelle realtà di comitati e leghe.

Programma molto intenso l’ultimo giorno, considerando il termine di chiusura: • presentazione lavori dei sottogruppi e discussione;• considerazioni aggiuntive dello staff (Porri, Rossi, Ferrari), firma del protocollo di

collaborazione tra Parco Regionale delle Dolomiti Friulane e Uisp, con la presenzadel Presidente del parco e del Vicepresidente nazionale Uisp, Vincenzo Manco;

• conclusione del progetto.

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LE COMPETENZE TRASVERSALI: VERSO QUALE MODELLO ASSOCIATIVO

I 2 sottogruppi “comitato” composti da persone che operano a livello territorialehanno trovato, pur tra qualche difficoltà, una sintesi comune che riportiamo:

COMPETENZE COMITATO LEGAPIANIFICARE 1 1ANALIZZARE SITUAZIONI E RISOLVERE PROBLEMI

2 6

COMUNICARE EFFICACEMENTE 3 4COSTRUIRE RETI RELAZIONALI 4 5INNOVARE 5 10SVILUPPARE COLLABORATORI 6PROGETTARE 7 3ESSERE ORIENTATI AL RISULTATO 8 2GRATIFICARE 9ADATTARSI AL CAMBIAMENTO 10 9GESTIRE COLLABORATORI 7LAVORARE IN GRUPPO 8

Come si nota, i due sottogruppi convengono in gran parte (8 su 10) su una seriecomune di fattori e differenziano i requisiti di competenze trasversali tra i due con-testi per 2 fattori che sono per il comitato quelli in e per le leghe quelli in .

Essendo questa un’analisi effettuata da persone che hanno tutte una più o menovasta esperienza nella gestione delle problematiche di “comitato”, riteniamo in-teressante e utile per successive elaborazioni e proposte mettere a confronto que-sta visione dei fattori di competenze trasversali per il ruolo di dirigente di comita-to con quelle di tutti i lavori precedenti:

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Ranking “COMITATO”

COMPETENZE

OSSERVARE 6 1ORIENTAMENTO AL RISULTATO 7 7 5 8PIANIFICARE 8 1 1 6 2 1CREDERE IN SE STESSI 9COSTRUIRE RETI RELAZIONALI 10 4 4 5 3 4ASCOLTARE ATTIVAMENTE 2 7AUTOCRITICA 10 9 9 9ADATTARSI AL CAMBIAMENTO 5 10PERSUADERE E INFLUENZARE 4PROGETTARE 5 2 4 7SVILUPPARE I COLLABORATORI 3 7 8 6ESSERE FLESSIBILI 2 5COMUNICARE EFFICACEMENTE 1 6 4 7 3 10 3GESTIRE COLLABORATORI 3 3 7 6COOPERARE 5 3 9ANAL. E RISOLVERE PROBLEMI 8 2 1 6 1 2LAVORARE IN GRUPPO 9 6 8GRATIFICARE 10 10 9METTERSI NEI PANNI D’ALTRI 8NEGOZIARE 2RICONOSCERE 10GESTIRE LO STRESS 4INNOVARE 8 5

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L’altro lavoro dei 2 sottogruppi composti da persone provenienti dalle disciplineha avuto esito molto diverso.Nel caso del dirigente di lega/attività non è stata, infatti, trovata una convergenza,un elaborato comune, su quali sono competenze trasversali e in che ordine reci-proco si collocano; così, per questa parte, riportiamo i risultati distinti dei gruppi.

Sintesi del sottogruppo “Senior”

COMPETENZE LEGA COMITATOANALIZZARE SITUAZIONI E RISOLVERE PROBLEMI

1 1

COMUNICARE EFFICACEMENTE 2 6PIANIFICARE 3 2COSTRUIRE RETI RELAZIONALI 4 7PROGETTARE 5 3SVILUPPARE COLLABORATORI 6 5INNOVARE 7 10COOPERARE 8ASCOLTARE ATTIVAMENTE 9ESSERE ORIENTATI AL RISULTATO 10GESTIRE COLLABORATORI 4GRATIFICARE 8AVERE CAPACITA’ AUTOCRITICA 9

Anche in questo caso, i due sottogruppi convengono in gran parte (7 su 10) suuna serie comune di fattori e differenziano i requisiti di competenze trasversali trai due contesti per 3 fattori che sono per il comitato quelli in e per le leghe quel-li in .

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Sintesi del sottogruppo “Junior”

Questo sottogruppo ha prodotto un documento dal quale abbiamo estratto unaparte dei risultati, relativi all’elenco delle competenze che dovrebbe avere un di-rigente di comitato, in cui, per immediatezza di confronto, riportiamo nell’ultimacolonna i valori attribuiti dal gruppo “Senior”:

COMPETENZE COMITATO SEN.ANALIZZARE SITUAZIONI E RISOLVERE PROBLEMI

1 1

PIANIFICARE 2 2PROGETTARE 3 3AVERE CAPACITA’ AUTOCRITICA 4 9INNOVARE 5 10COSTRUIRE RETI RELAZIONALI 6 7SVILUPPARE COLLABORATORI 7 5GESTIRE COLLABORATORI 8 4COMUNICARE EFFICACEMENTE 9 6GRATIFICARE 10 8

In i fattori che coincidono per ordine d’importanza.

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OSSERVAZIONE METODOLOGICA

Come si è visto dai resoconti delle esperienze, i partecipanti dovevano sceglieredieci fattori di competenze da una lista di circa quaranta per poi ordinarle in or-dine d’importanza (1 = + importante, 10 = - importante).Perché un decalogo di competenze e non 3 o 7 o altri numeri? E perché metter-le tutte in disciplinata fila?Questi dubbi non sono venuti solo a voi mentre leggevate. Ogni volta, in ogni luogo, abbiamo dovuto affrontare tali obiezioni poiché que-sto compito metteva a disagio i più, che si sentivano costretti a una scelta, men-tre altri sollevavano una questione: quella delle molteplici e altrettanto valide“classifiche”.Partiamo dal numero: se avessimo lasciato ogni gruppo libero di scegliere ci sa-remmo trovati nella situazione di non poter tentare un confronto tra i lavori dei grup-pi e quindi abbiamo (im)posto una regola. E noi che ci occupiamo di sport, sap-piamo come queste siano necessarie, così come lo sono in ogni situazione sociale.Ma perché proprio 10? Ci sembrava un numero che, oltre al facile richiamo sim-bolico, consentisse un lavoro di scelta equilibrata sul totale (40), non costringendoa drastiche eliminazioni né ad aprire la porta del compromesso e della conces-sione a ogni parere.Scegliere necesse est! E’ una competenza che non porremmo nemmeno nella li-sta, anche se c’era, implicita in quella denominata negoziare (peraltro risultata trale meno inserite nei decaloghi). Dirigere vuol dire guidare sempre delle scelte.E perché impegnarsi in discussioni fino al limite del conflitto per decretare che Aè più importante di B e che L è Cenerentola?Perché troppi dirigenti si fermano di fronte ai bivi o alle multipossibilità, lascian-do briglie sciolte sul da farsi.O anche perché occorre combattere la facile tentazione di affermare che tutte sonoegualmente importanti.Se tutto è ugualmente importante nulla è lo è realmente (per utilizzare un con-cetto spinoziano).La forzatura che abbiamo imposto aveva come obiettivo quello di allenare a diri-gere non solo nel saper orientare le scelte, ma anche le priorità. A può venire pri-ma di B se….ecc.Scelte e priorità sono contingenti e possono variare da gruppo a luogo e tempo.Infatti non è emerso un decalogo uguale ad un altro, né abbiamo spinto per una

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“media” tra i risultati dei vari gruppi per arrivare ad un’unica lista.Dirigere implica saper consapevolmente scegliere e mettere in fila le questioni ele soluzioni, di volta in volta, senza “laissez-faire” che nascondono abdicazioni edelusioni da quelle che sono richieste di ruolo fondamentali.

E, dopo questa precisazione, possiamo passare ad esaminare l’ultima parte di la-voro che conclude questo progetto che ci ha visti impegnati per 12 mesi: le riflessionisu quello che è/dovrebbe essere il ruolo di dirigente territoriale, il livello veramentestrategico in una organizzazione di servizi alla persona come la nostra, che ha losportpertutti come modalità per realizzare piena cittadinanza, accoglienza e cre-scita educativa.

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IL RUOLO DI DIRIGENTE DI COMITATO: VERSO QUALE PROFILO

Per effettuare questa parte di analisi avevamo fornito ai gruppi questo schema sucui lavorare:

Quale attività?COSA FARE?

Come? Per quale obiettivo?CON QUALI STRUMENTI? PERCHÈ?

In relazione a chi?CON CHI?

Ma il gruppo dei “Senior” di lega e attività ha lavorato attorno alla definizione delruolo di PRESIDENTE DI LEGA TERRITORIALE; pertanto lo schema riassuntivo è in-completo in uno dei suoi quadranti:

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IL MIO RUOLO

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DIRIGENTE DI COMITATO TERRITORIALE

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Promuovere e diffondere la cultura Uispsul territorio; favorire la diffusione delleattività sul territorio; lavorare per la cre-scita qualitativa e quantitativa; coinvol-gere ed estendere l’attività a chi è fuoridal mondo Uisp; sostenere il radica-mento sul territorio; rispondere alle do-mande ed esigenze della società e dellapopolazione; rispondere ai bisogni deisoci collettivi ed individuali; garantirecontinuità; favorire la crescita e la for-mazione di nuovi quadri dirigenti.

Migliorare le condizioni della qualitàdella vita delle persone; contribuire alladiffusione della conoscenza dell’Asso-ciazione; diffondere i valori associativiconnessi alla visione Uisp dello sport (di-ritti, ambiente e solidarietà); aumentareil numero dei soci e promuovere le atti-vità; contribuire alla creazione di buonepratiche e alla loro diffusione sull’interoterritorio nazionale, anche attraverso l’in-novazione.

Rispondere alle esigenze di:• territoriale• regionale• nazionale• enti pubblici e privati• nucleo operativo:responsabili/co-

ordinatori/operatori/educatoriMotivazioni (+/-), e perché questo è ilmio ruolo, legato ad un mandato poli-tico ricevuto.

SENIO

RJU

NIO

R

Il mio ruolo:PERCHÈ

COMITATO LEGA

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DIRIGENTE DI COMITATO TERRITORIALE

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Allenare le competenze all’innovazione in una moderna associazione di Sportpertutti

Rappresentanza legale e politica; fareattività con diverse realtà sociali (es. car-ceri, ospedali, case famiglia…); rela-zione con le leghe di attività; curarel’immagine del comitato; dare servizi(convenzioni ecc.); creare i presuppostiper la “successione”; formazione dei di-rigenti; delega; gestione della struttura:risorse umane e loro valorizzazione; atti-vità di fund raising (ricerca fondi); cu-rare le relazioni con gli altri territoriali e ilivelli più alti (regionale e nazionale); de-finire di concerto con il consiglio e la di-rezione le linee guida politiche e leattività innovative da sviluppare sulterritorio.

Essere costantemente presenti sul territo-rio, sviluppando parallelamente la capa-cità di rappresentarlo a livello nazionale;strutturare e mantenere salde le relazioni;comunicare efficacemente; operare col-laborando col proprio staff riuscendo, sepossibile, a delegare e condividere alcuneresponsabilità.

Indagine conoscitiva territoriale, regio-nale, nazionale e del nucleo operativo.

Creazione di partnership attraversoazioni dirette e indirette con il gruppooperativo (terr.le, reg.le, naz.le).

SENIO

RJU

NIO

R

Il mio ruolo:COSA FARE

COMITATO LEGA

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DIRIGENTE DI COMITATO TERRITORIALE

Allenare le competenze all’innovazione in una moderna associazione di Sportpertutti

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Statuto e regolamento; bilancio econo-mico; riunioni, incontri; formazione;carta dei servizi; bilancio sociale; comu-nicazione internet; comunicati stampa;articoli e servizi su TV e stampa; con-venzioni, protocolli, accordi con altriEnti; attività commerciali.

Analisi tendenze socio - culturali globali,nazionali e territoriali, unita al monito-raggio del territorio e del proprio tessutoassociativo; attività di ricerca di risorsesia umane che finanziarie; per le per-sone: identificazione, gestione, forma-zione, gratificazione.

Costruendo percorsi di educazione per-manente e formazione continua.

Con quali strumenti?• strumenti statutari• bilancio sociale• bilancio economico• partnership per ricerca fondi• costruzione reti• campagne d’informazione e

sensibilizzazione • percorsi formativi

SENIO

RJU

NIO

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Il mio ruolo:CON QUALI STRUMENTI

COMITATO LEGA

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DIRIGENTE DI COMITATO TERRITORIALE

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Allenare le competenze all’innovazione in una moderna associazione di Sportpertutti

Istituzioni del territorio: amministrazionicomunali e provinciali, scuola, mondosportivo, altri enti e agenzie; reti relazio-nali; presidenti delle società sportive;presidenti e coordinatori di leghe, areee settori di attività; organi di stampa; socicollettivi e individuali; dirigenti e quadridel comitato; consiglio territoriale; dire-zione; personale di segreteria; coordina-tori; operatori/educatori; volontari delServizio Civile; presidenti di altri comitatiterritoriali; presidente regionale; dirigentinazionali.

Priorità assoluta al rapporto col territorioe con il tessuto associativo; enti pubblicinel loro complesso; organizzazioni delterzo settore (che possono fungere dapartner); possibili enti o associazioniconcorrenti nonché gli altri territorialiUisp, le strutture regionali e nazionali; leleghe e tutte le possibili articolazioni del-l’Associazione.

In relazione a chi?- provinciale

Territorio - regionale - nazionale

Con chi?• enti pubblici e privati: Comuni, ASL,

Province, Università

• operatori/educatori

• responsabili/coordinatori)

Il mio ruolo:CON CHI

COMITATO LEGA

SENIO

RJU

NIO

R

} nucleo operativo

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PER SEMPLIFICARE, SCHEMATIZZO IN QUESTO MODO IL LAVORO DEL GRUP-PO “SENIOR DI LEGA/ATTIVITÀ”:

Allenare le competenze all’innovazione in una moderna associazione di Sportpertutti

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COSA FARESvolgimento delle attività sul territorio; reperimento,organizzazione e utilizzazione delle risorse umane,

strumentali e finanziarie; valorizzazione delle competenzecon spinta all’innovazione mediante un’azione formativa

continua e centrata sui bisogni rilevati.

CON QUALISTRUMENTI

La comunicazione;l’analisi dei bisogni; la

pianificazione,progettazione e

programmazione; lacreazione e gestione di

un gruppo dicollaboratori;

monitoraggioe verificadei risultati; ricerca

finanziamenti.

CON CHIPresidente di comitato territoriale e regionale; presidentenaz.le di lega; istituzioni locali e scolastiche; presidenti di

lega di altri comitatiterr.li e reg.li; presidenti di altreleghe; partner privati e pubblici; collaboratori, società

sportive e tesserati di lega.

PERCHÈDiffondere la

conoscenza e lapratica della propriadisciplina in accordo

con la mission evision Uisp,

rispondendo aibisogni del territorio,

anche in sensoinnovativo.

Il mio ruolo:PRESIDENTE DI LEGA

TERRITORIALE

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IL MODELLO DELLE COMPETENZE: I FONDAMENTI TEORICI

Filippo Ferrari - formatore risorse umane

L’intervento era strutturato in due parti: una prima teorico-esercitativa, focalizza-ta sul concetto di “modello delle competenze”, una seconda in cui tale modelloveniva applicato alla figura del dirigente territoriale Uisp.

1. DESCRIZIONE DEL MODELLO DELLE COMPETENZE

In estrema sintesi, per modello delle competenze si intende la mappatura dei ruoli or-ganizzativi e la ricostruzione del set di abilità, conoscenze, motivazioni, esperienze pre-gresse ed opportunità ambientali legate a tale ruolo. La prima parte del percorso d’aula aveva la finalità di rendere i partecipanti consapevolidella complessità del concetto di competenza, termine di uso quotidiano e quindi spes-so utilizzato “a senso” più che in maniera tecnicamente corretta. Sono state quindipresentate, analizzate e discusse le componenti della competenza (cioè gli aspetti che,se posseduti, rendono chi presidia un ruolo organizzativo efficace nella sua azione).

• Abilità: ciascun ruolo organizzativo, per essere svolto, richiede che il titolare delruolo sia in grado di svolgere determinate attività; l’abilità è quindi un ‘saper fare’,un essere in grado di…, e nel modello delle competenze si esprime con un ver-bo all’infinito (negoziare, innovare, coordinare, progettare ecc…).

• Conoscenze: ciascun ruolo organizzativo, per essere svolto, richiede che il tito-lare del ruolo possieda determinate informazioni e nozioni, quali contenuti tec-nici, legislativi ecc… la conoscenza è quindi un sapere teorico.

• Motivazione: ciascun ruolo organizzativo, per essere svolto, richiede che il tito-lare del ruolo possieda una spinta motivazionale a svolgere quel ruolo. La mo-tivazione è il ‘motore’ della competenza complessiva.

• Opportunità offerte dal contesto: ciascun ruolo organizzativo, per essere svolto, ri-chiede che il contesto organizzativo (in ogni suo aspetto politico, economico, diinterferenza con altri) permetta al titolare del ruolo di svolgere il ruolo stesso.

• Esperienze pregresse finalizzate: ciascun ruolo organizzativo, per essere svol-to, richiede che il titolare del ruolo abbia svolto determinate specifiche esperienzeche costituiscono un curriculum propedeutico allo svolgimento del ruolo.

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Queste cinque componenti sono tutte necessarie ma, in sé, nessuna è sufficiente.

2. LE COMPETENZE TRASVERSALI DEL DIRIGENTE UISP.

Nella seconda parte i partecipanti erano divisi in due sottogruppi e coinvolti in un’at-tività di discussione, con l’obiettivo di individuare le dieci competenze fondamenta-li per i dirigente territoriale Uisp. A tale scopo, veniva fornito loro un elenco predefi-nito all’interno del quale dovevano individuare questo ristretto numero di competenze,e quindi confrontarsi con l’altro sottogruppo e convergere su un elenco unico.

L’elenco di partenza era il seguente:

L’elenco era costruito selezionando competenze di tipo “trasversale”, cioè legatealla gestione relazionale del ruolo, oppure a caratteristiche personali del titolaredel ruolo.

1 Osservare

2 Monitorare

3 Misurare

4 Ricercare informazioni

5 Esplorare

6 Prestare attenzione

7 Richiamare alla memoria

8 Riconoscere

9 Esprimere giudizi

10 Essere orientati al risultato

11 Essere accurati

12 Pianificare

13 Prendere l’iniziativa

14 Essere flessibili

15 Controllarsi emotivamente

16 Credere in se stessi

17 Competere

18 Cooperare

19 Progettare

20 Mettersi nei panni degli altri

21 Costruire reti relazionali

22 Negoziare

23 Lavorare in gruppo

24 Gestire la propria immagine

25 Esprimere emozioni

26 Scambiare informazioni

27 Ascoltare attivamente

28 Avere capacità di autocritica

29 Essere determinati e tenaci

30 Gestire lo stress

31 Persuadere e influenzare

32 Utilizzare adeguatamente tecniche e strate-

gie di presentazione

33 Integrarsi nell’organizzazione

34 Analizzare situazioni e risolvere problemi

35 Comunicare efficacemente per iscritto

36 Comunicare efficacemente oralmente

37 Gestire un gruppo

38 Sviluppare professionalmente i collaboratori

39 Gratificare

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Ciascun gruppo alla fine del lavoro forniva un suo elenco delle prime dieci com-petenze in ordine di importanza, e il lavoro complessivo dei sei gruppi interregionaliha trovato un’elaborazione comune nell’incontro finale di Roma.

3. CONSIDERAZIONI FINALI

Tutti gli incontri da me gestiti hanno trovato, senza eccezioni, gruppi attenti, par-tecipativi, che fornivano ricchi stimoli e contributi alla discussione. Troppo spesso, però, a questi appuntamenti non partecipavano i destinatari na-turali (i dirigenti), ma operatori o responsabili di progetti specifici, molte volte as-sai giovani (in quanto ad anzianità di ruolo). Questo ha fatto sì che alcune tema-tiche discusse (la crescita dei collaboratori, il passaggio di consegne, il coinvol-gimento nelle decisioni) avvenissero in assenza dei diretti interessati, togliendo unpo’ di efficacia all’azione formativa.

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IL BILANCIO SOCIALE: L’ESPERIENZA TOSCANA

Alessandro Scali - Comitato regionale Uisp Toscana

Nel programma di questo progetto di formazione era previsto uno spazio di di-scussione sul bilancio sociale, che si è tradotto in un modulo di 4 ore inserito al-l’interno di ognuno dei 6 appuntamenti interregionali.

PremessaQuesto strumento risulta ancora scarsamente utilizzato quale sistema di valuta-zione dell’azione di un’organizzazione del terzo settore, a maggior ragione quan-do ci si riferisca al solo mondo sportivo. Per questo motivo, gli incontri sono sta-ti impostati in modo da ridurre gli aspetti pratici al minimo indispensabile, quan-to ritenuto necessario ad inquadrare l’argomento e legarlo al contesto associati-vo di riferimento e agli obiettivi del progetto.

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Nei sei appuntamenti il gruppo dei partecipanti si è rivelato molto eterogeneo, spes-so anche nell’ambito dello stesso incontro formativo, riflettendo probabilmente lediverse realtà territoriali di provenienza. Pur in considerazione delle differenti com-petenze e professionalità, l’argomento del bilancio sociale è risultato pressochésconosciuto alla quasi totalità dei presenti, visto che solo un esiguo numero ave-va avuto modo di trattarlo in precedenza. Fortunatamente i gruppi si sono sem-pre dimostrati molto attenti, interessati e disposti ad apprenderne le elementarinozioni di conoscenza.

La didatticaOgni incontro si è svolto sostanzialmente su due piani, generalmente trattati in fasidistinte e successive:1. Le nozioni generali: evidenziazione degli aspetti essenziali di cui tener conto nel

percorso di elaborazione di un bilancio sociale e i tratti caratteristici del docu-mento, riportando tutto alla dirette esperienze dei corsisti e al loro vissuto as-sociativo all’interno della Uisp.

2. Il caso: trattazione dell’esperienza di elaborazione di un bilancio sociale svol-ta da una realtà Uisp, sottolineando gli aspetti organizzativi, metodologici e lecriticità emerse.

Solo in una occasione, in virtù di un gruppo piuttosto omogeneo e non particolar-mente numeroso, siamo riusciti a effettuare una piccola simulazione per gruppi.

1. LE NOZIONI GENERALI

• Le possibili accezioni del termine “bilancio” e sottolineatura dell’importanza delsignificato di “strumento di valutazione”. Differenze ed affinità tra il mondo forprofit e quello non profit, cui l’Uisp appartiene, evidenziando la funzionalità delbilancio sociale come strumento di valutazione del ruolo e dell’azione delle or-ganizzazioni del terzo settore.

• Il bilancio sociale come “processo” e come “prodotto”: le caratteristiche per un“buon processo” e per un “buon prodotto”; la necessità di un percorso di co-struzione partecipato e coinvolgente, per realizzare un documento finale chia-ro, utile e trasparente.

• Gli aspetti costitutivi essenziali del documento: l’identità associativa, l’attività svol-ta, il bilancio economico.

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• L’identità associativa: individuazione e descrizione dei tratti fondamentali checonsentono di identificare e descrivere al meglio un’organizzazione: i concettidi visione, missione e valori, l’assetto istituzionale e il sistema delle relazioni.

- la visione esplicita l’immagine di successo dell’organizzazione, che deve es-sere idealizzata, ma abbastanza concreta da poter essere realizzata. Per laUisp la visione può essere individuata nell’ideale di sportpertutti;

- la missione è la traduzione nel concreto della visione, ed esplicita gli obiet-tivi a medio e breve periodo dell’organizzazione. Nell’ambito associativo pos-siamo tradurre la missione nei risultati del congresso, che impegnano tut-ta l’Uisp per i prossimi quattro anni;

- i valori evidenziano quel complesso di qualità positive per le quali un’or-ganizzazione è degna di stima. Per la nostra Associazione possiamo diret-tamente riferirci a diritti-ambiente-solidarietà, sostanzialmente condiviso datutti i corsisti e che racchiude gli aspetti valoriali cardine;

- l’assetto istituzionale, con la storia dell’associazione e il suo assetto socia-le (i soci collettivi e individuali) e organizzativo (organigramma e funzioni-gramma);

- il sistema delle relazioni e il concetto di stakeholder: sono stati individuatialcuni tra i principali portatori d’interessi nei confronti della Uisp, tra i qua-li i volontari, i collaboratori e i dipendenti, le aziende e le banche, le istitu-zioni pubbliche, altre organizzazioni del terzo settore, etc… Dato l’obietti-vo del progetto, particolare attenzione è stata rivolta a quelle categorie disoggetti che, a vario titolo, possono essere ricondotti alla definizione di “ri-sorse umane”.

• Il sistema degli indicatori per l’analisi degli aspetti da considerare e studiare perla redazione di un bilancio sociale completo e utile. Definizione e caratteristichealla luce della realtà Uisp: indicatori di processo, di contesto, di risultato, d’im-patto. Esempi e casistica in riferimento all’attività associativa.

• Il percorso di realizzazione del documento: dalla definizione dell’impegno eco-nomico e delle risorse umane da impiegare, alla comunicazione del prodotto ela ricezione dei feedback.

2. IL CASO: L’ESPERIENZA DEL COMITATO REGIONALE TOSCANO UISP

• Perché il comitato regionale toscano ha deciso nel 2005 di impegnarsi in un per-corso nuovo e sostanzialmente sconosciuto: gli obiettivi, le aspettative e le cri-

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ticità emerse, il percorso decisionale, le difficoltà operative e le risorse umaneed economiche messe a disposizione dell’esperienza, i risultati ottenuti dopo treanni e le prospettive per il futuro.

• Gli aspetti rilevanti della realtà istituzionale e organizzativa del comitato regio-nale toscano, ritenuti necessario oggetto di studio, e gli strumenti d’indagine uti-lizzati allo scopo.

• Il percorso dal bilancio sociale 2005 a quello 2007.• Il bilancio sociale 2007 del comitato regionale toscano: come le varie fasi di ela-

borazione sono state tradotte nel documento finale. La scelta del formato gra-fico e il suo utilizzo come strumento di comunicazione e studio della realtà del-l’organizzazione.

• Il bilancio sociale 2008: lo stato di avanzamento nel percorso di elaborazionee l’evoluzione rispetto agli anni precedenti.

ConclusioniDurante l’esposizione dei vari argomenti, è stato lasciato ampio spazio agli in-terventi e alle numerose richieste di chiarimento rispetto all’applicazione del-lo strumento del bilancio sociale alla realtà Uisp. La maggior parte dei corsi-sti ha affrontato per la prima volta l’argomento e questo ha fornito loro uno spun-to per guardare all’Associazione con occhi diversi rispetto al proprio ruolo e alleproprie aspettative. Durante gli interventi sono emerse talvolta criticità relati-ve all’esperienza quotidiana e alla realtà con la quale i partecipanti sono chia-mati a confrontarsi; in particolare si è riscontrato un certo disagio rispetto alproprio ruolo di dirigenti e/o operatori, che si rifà all’impressione che le scel-te riguardo all’assegnazione delle funzioni non siano sempre di natura meri-tocratica.Nell’ascolto delle opinioni al termine delle unità didattiche, abbiamo trovato unagenerale condivisione dell’idea che l’Uisp dovrebbe iniziare a valutare in concre-to la qualità del proprio operato e verificare la realtà della propria immagine siaall’interno (tra i soci e le associazioni affiliate) che all’esterno (tra i partners pub-blici e privati e i cittadini), uscendo da una sorta di autopercezione dedotta da pun-ti di osservazione non sempre oggettivi.Pressoché tutti i corsisti, preso atto delle potenzialità del bilancio sociale - cor-rettamente ed eticamente utilizzato - come strumento di valutazione, ne hannoauspicato una progressiva applicazione ed integrazione all’interno delle politicheassociative.

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L’ALLENAMENTO CONTINUA…

Non riteniamo di dover stendere una “conclusione” poiché l’esperienza appena ter-minata dovrebbe essere interpretata come un capitolo di un progetto più ampio. Nell’incontro finale, infatti, abbiamo analizzato la situazione della nostra Associazione,collocandola in una fase organizzativa caratterizzata dalla gestione di discipline“tradizionali” che si affiancano ed intrecciano ad attività progettuali finalizzate al-l’innovazione come pure dalla ricerca di nessi con la dimensione della promozionesociale e della sostenibilità ambientale. Questa fase richiede non solo un nume-ro più elevato di dirigenti, ma anche un profilo di competenze differente e su basiomogenee.Questa sperimentazione ha voluto mostrare cosa siano le “competenze trasversali”e quale sia l’importanza di averne una padronanza di base; il campione di parteci-panti che ha potuto sperimentarne l’applicazione, ne ha confermato la validità e lanecessità di estenderle in maniera massiccia al resto della base dirigenziale Uisp.Una conferma della validità di questo processo formativo e del raggiungimento deirisultati attesi si è avuta anche in occasione dell’incontro di valutazione finale che

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si è tenuto a Roma dal 23 al 25 ottobre alla presenza dei dirigenti nazionali, re-gionali, territoriali e di lega Uisp.Perciò sarà opportuno sviluppare i capitoli successivi di questo progetto più am-pio che possiamo così schematizzare:

• coinvolgere tutti gli attuali dirigenti di comitato/lega/area/coordinamento a livel-lo provinciale/territoriale, riproponendo questa iniziativa;

• impostare analogo lavoro di individuazione delle competenze trasversali adeguateper dirigere l’Associazione a livello regionale e nazionale;

• avviare la definizione delle competenze specialistiche per i livelli territoriali/re-gionali/nazionale.

Si tratta di un lavoro imponente e di lunga durata, poiché coinvolge un poten-ziale di migliaia di persone, ma va proseguito perché le prospettive di mante-nimento e sviluppo della nostra Associazione dipendono proprio dalla capaci-tà di gestire il passaggio dal volontariato ad una formula in cui volontari sem-pre più preparati e “tecnostrutture” stabili e professionalizzate sappiano reggerel’impatto delle nuove domande che vengono dai cittadini e rendere ancora piùefficace l’intervento.Il raggiungimento di standard di preparazione gestionale basati sul modello del-le competenze consentirà di superare gli attuali limiti dovuti al “volontarismo”, al-l’iniziativa personale, all’auto-aggiornamento che, se pur in molti casi di ottimo li-vello, favoriscono ed evidenziano le differenze tra territori e limitano molto la co-municazione e l’interscambio proficuo delle buone pratiche spesso presenti nel-l’Associazione.

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I NUOVI APPUNTAMENTI FORMATIVI

All’interno delle strategie di formazione rivolte ai dirigenti e ai quadri di tutto il si-stema associativo Uisp, sono stati approvati, sempre nell’ambito della legge 383/2000finanziata dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, altri dueprogetti.

Il primo “Uisp e ambiente: un processo formativo per uno sport sostenibile”, ha pre-so l’avvio a novembre 2009 ed è centrato sul tema della sostenibilità, per incre-mentare competenze di tipo innovativo, tese alla ricerca di connessioni tra le at-tività associative e la valorizzazione ed il rispetto dei territori.Lo sportpertutti si pone nell’ottica programmatica dei diritti di cittadinanza e quin-di si confronta inevitabilmente con i “diritti ambientali”, perché tutte le nostre ini-ziative hanno un impatto e lasciano un’impronta sull’ambiente circostante.La sostenibilità è un tema complesso che comprende pensieri specialistici, scien-tifici, sociali, economici e quindi anche educativi.L’obiettivo è quello di sistematizzare le esperienze di questi ultimi anni e sviluppareun itinerario formativo, che contribuisca alla costruzione di una cultura progettualediffusa, orientata alla logica dello sviluppo sostenibile, con un’azione che sia ca-pace di promuovere le reti associative, valorizzando il contesto in cui si opera.Lo sviluppo sostenibile in questa ottica va inteso non come prodotto, o come ri-sultato da raggiungere, ma come processo, come metodologia suscettibile di unadimensione quantitativa e pertanto misurabile.E questo è un elemento essenziale, perché non si può parlare di sostenibilità senon si dispone di un adeguato sistema di misurazione, capace di essere una gui-da per l’ideazione e la realizzazione di progetti innovativi ed altamente adattabili.L’intervento di formazione, rivolto a dirigenti e giovani quadri, si avvarrà di una im-postazione flessibile, con una prima fase nazionale e specifici momenti di ap-profondimento sperimentale a carattere interregionale.Al termine dell’attività didattica comune, che si svolgerà all’interno di alcuni par-chi, i corsisti si suddivideranno in quattro sottogruppi (impiantistica sportiva, ri-qualificazione urbana, eventi e manifestazioni, attività nei parchi naturali).Ad ogni gruppo sarà assegnato un tutor che accompagnerà e faciliterà il lavorodei partecipanti nella progressiva valutazione e rimodulazione di proposte e pro-getti, attraverso l’adozione di criteri di monitoraggio e indicatori scientifici, in mododa orientare le azioni verso modelli organizzativi dello sportpertutti sostenibili e cer-

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tificati da indici di eco-efficienza.I prodotti della progettazione dei gruppi, che durante questa fase avranno lavora-to in forte interazione tra di loro, saranno presentati in un convegno conclusivo.

A ottobre 2010 inizierà l’altro progetto “Lampi e impronte dello sport di strada: for-mazione per nuovi operatori”, finalizzato all’ aggiornamento degli operatori Uispche quotidianamente operano nell’ambito del mondo giovanile. Rispetto a questo target l’Uisp ha maturato una vasta di gamma di esperienze che,oltre al cosa proporre, hanno sempre tenuto in grande considerazione il come.Sperimentazioni 383 quali “L’Uisp e i giovani” e “Progettisti dello sportpertutti”,i progetti finanziati dalla Commissione di vigilanza sul doping, le esperienze di Pro-getto Ultrà, tutti sono accomunati dal protagonismo attivo dei giovani e dai posi-tivi risultati raggiunti.A differenza di questi interventi formativi, realizzati prevalentemente in ambito sco-lastico e quindi “protetto”, la nuova proposta ha come campo di azione i conte-sti più “difficili”, non strutturati, “sprotetti”, quali piazze, muretti, centri commercialie periferie dove è fondamentale individuare i bisogni dei giovani ed intervenire pro-muovendo situazioni che si caratterizzino come educative, inclusive, che stimo-

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lino la partecipazione e la responsabilizzazione.Sempre più infatti i ragazzi rinunciano ai contesti aggregativi organizzati, per sce-gliere la strada come un mondo distinto dalla società dei “grandi”, ma anche luo-go di incontro, aggregazione, comunicazione e relazione.Numerosi giovani e giovanissimi si ritrovano in spazi urbani periferici e non pra-ticando attività come ad esempio lo skate o il parkour; obiettivo di un’associazio-ne dello sporpertutti è quindi lo sviluppo e l’aggiornamento della propria capaci-tà di interazione con l’universo giovanile, in cui la strada può diventare uno spa-zio e un tempo di azione pedagogica.L’Uisp è caratterizzata da una qualificata presenza di operatori e tecnici sportivi,il cui bagaglio di competenze può essere ulteriormente arricchito di riferimenti teo-rici e pratici propri dello “street-working”, dell’educativa di strada, della “pedagogiadell’avventura”, in sintesi della capacità di mediazione culturale e sociale.Sul piano didattico si prevede una formazione con lezioni frontali d’aula centra-te sulla componente teorica e esperienze pratiche guidate che permetteranno disviluppare la componente sperimentale, favorendo l’apprendimento tramiteesemplificazioni di dinamiche psico-sociologiche. In questo modo sarà anche possibile realizzare una mappatura e una conseguente“messa a sistema” di tutte le realtà territoriali, con le relative esperienze e com-petenze, che nell’Associazione o in collaborazione con essa operano nell’ambitodel mondo giovanile.I risultati del processo formativo saranno rielaborati e raccolti in una guida me-todologica.

Allenare le competenze all’innovazione in una moderna associazione di Sportpertutti

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