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Progetto Memoria e Legalità La Pedemon - al Don...

Date post: 02-Aug-2020
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Il dIarIo dI SeveSo LUNEDÌ 10 luglio 2017 Anno 41 - Numero 0 Istituto di scuola superiore secondaria Don Mi- lani di Meda da sempre sensibile agli argomen- ti relativi all’ambiente e allo sviluppo sostenibi- le di un territorio, ha istituito all’interno del suo PTOF il progetto dal nome “Memoria e legali- tà”. Nell’ambito di tale progetto, soprattutto per gli alun- ni del biennio, si propone una visita al Bosco delle Quer- ce in modo da trasmettere la memoria dell’accaduto del 1976 e soprattutto la volontà di rinascita di un territorio. L’ all’evento di Seveso del 1976 è comincia- ta una storia di resilienza che dura inin- terrotta da quarant’anni. Le istituzioni e i cittadini, nel corso di questi anni, hanno saputo dare vita a un percorso di rinascita senza precedenti. Grazie alla sinergia dei soggetti istituzionali e del tessuto socio economico lom- bardo, il grave incidente di Seveso è servito d’innesco per tante esperienze positive: il recupero ambientale, la ricer- ca scientifica, la normativa e i regolamenti sulla preven- zione e sulla sicurezza”. Lo sostiene l’assessore regionale all’Ambiente, Energia e Sviluppo sostenibile Claudia Terzi. Il primo ad introdurre il termine resilienza in cam- po ecologico fu Holling, ecologista canadese, nel 1973, e la definì come “la quantità di anomalie che un ecosistema può tollerare senza cambiare i pro- cessi di autorganizzazione e le sue strutture di base”. “Nel caso di Seveso – come sostiene Terzi – la comunità ha saputo reagire indirizzando le scelte politiche per rilan- ciare il diritto a vivere sul territorio: ha saputo essere resi- liente. La resilienza rappresenta molto più che una capa- cità di fronteggiamento, di sopravvivenza o di adattamento ad una situazione problematica, è l’insieme delle condizio- ni di ripresa di un nuovo sviluppo dopo una agonia trauma- tica, un processo psichico, culturale e sociale che riesce a liberare nuove ed insospettate possibilità di esistenza”. In occasione dei 40 anni dall’incidente dell’Icmesa di Meda , nel mese di ottobre del 2016 a Seveso, durante un convegno internazionale è stata sottoscritta la “Car- ta delle Regioni e delle Città resilienti”, che ribadisce la necessità che le città e le regioni europee collaborino attivamente attraverso progetti comuni di cooperazione per prevenire rischi ambientali e industriali, mettendo in comune le rispettive esperienze e best practices adot- tate. La Carta sollecita quindi l’Europa ad attivare una maggiore formazione e sensibilizzazione dei cittadini sui pericoli derivanti da incidenti di questo tipo, promuovendo maggiori strumenti e politiche di prevenzione, anche in ambito legislativo. Progetto Memoria e Legalità al Don Milani di Meda di Livia Vasile LUGLIO 1976 Seve- so: un esempio di resi- lienza per tutta Europa OTTOBRE 2016 viene sot- toscritta la “Carta delle Re- gioni e delle Città resilienti” di Daniele Cannistrà “D La Pedemon- tana passerà per Seveso? di Stefano Valandro N ell’incontro del 20 gennaio 2017 organiz- zato dal coor- dinamento “No Pedemontana”, si è provato a fare chiarezza sull’impat- to che ha avuto la diossina sulla popolazione di Seve- so e dintorni; alla presenza di un team di esperti si è valutato, inoltre, le conse- guenze relative a un even- tuale apertura del cantiere della Pedemontana lega- te alla dispersione di ul- teriori polveri inquinate. È stato rilevato dalle anali- si del territorio di Seveso e dintorni che il suolo è anco- ra contaminato dalla dios- sina, questo riferisce il Co- mitato Ambientalista. Per poter far passare l’autostra- da Pedemontana si dovrà asportare la parte di terreno contaminato e solo dopo costruire l’infrastruttura. Alla luce di ciò, gli ambien- talisti chiedono a gran voce un’altra analisi del territorio per poter valutare i rischi dell’esposizione derivante dalla movimentazione del- la terra, si pensa di dover tener conto della somma- toria per bioaccumulo di nuove dosi nell’organismo che dal 1976 sono stati già esposti al potente tossico. LABORATORI DIDAT- TICI PER LA SCUOLA: Bosco delle Querce luo- go di esperienze educative. di Giulia D’Antuono I l Bosco delle Querce è sempre di più un luogo aper- to all’educazione ambientale e alla riflessione. Il par- co è aperto al pubblico per sensibilizzare l’opinione delle persone al problema ambientale ed è meta anche di visite didattiche di scolaresche provenienti da numerosi Istituti scolastici di diverso ordine e grado. Nell’ultimi anni scolastici, tra questi partecipanti si sono distinti gli alunni della scuola media Quasimodo di Mi- lano che si sono caratterizzati in tale drammatica espe- rienza della diossina con il loro «immaginario» raccon- to: protagonisti di un messaggio «ricevuto e condiviso» 40 ANNI DOPO Alla pagina 2 IL BOSCO DELLE QUERCE UN ECOSI- STEM DINAMICO Alla pagina 2 SEVESO: LA DIOSSI- NA FA ANCORA DISCUTERE Alla pagina 3 “SISTEMA GESTIONE DELLA SICUREZZA” Alla pagina 4 ICMESA: INFOR- MAZIONI TECNICO IMPIANTISTICHE Alla pagina 5
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Page 1: Progetto Memoria e Legalità La Pedemon - al Don …ipcmeda.edu.it/.../IL-GIORNALE-IL-DIARIO-DI-SEVESO.pdf1976 e soprattutto la volontà di rinascita di un territorio. L’ all’evento

Il dIarIo dI SeveSoLUNEDÌ 10 luglio 2017Anno 41 - Numero 0

Istituto di scuola superiore secondaria Don Mi-lani di Meda da sempre sensibile agli argomen-ti relativi all’ambiente e allo sviluppo sostenibi-le di un territorio, ha istituito all’interno del suo PTOF il progetto dal nome “Memoria e legali-

tà”. Nell’ambito di tale progetto, soprattutto per gli alun-ni del biennio, si propone una visita al Bosco delle Quer-ce in modo da trasmettere la memoria dell’accaduto del 1976 e soprattutto la volontà di rinascita di un territorio.

L’

all’evento di Seveso del 1976 è comincia-ta una storia di resilienza che dura inin-terrotta da quarant’anni. Le istituzioni e i cittadini, nel corso di questi anni, hanno saputo dare vita a un percorso di rinascita senza precedenti. Grazie alla sinergia dei

soggetti istituzionali e del tessuto socio economico lom-bardo, il grave incidente di Seveso è servito d’innesco per tante esperienze positive: il recupero ambientale, la ricer-ca scientifica, la normativa e i regolamenti sulla preven-zione e sulla sicurezza”. Lo sostiene l’assessore regionale all’Ambiente, Energia e Sviluppo sostenibile Claudia Terzi.Il primo ad introdurre il termine resilienza in cam-po ecologico fu Holling, ecologista canadese, nel 1973, e la definì come “la quantità di anomalie che un ecosistema può tollerare senza cambiare i pro-cessi di autorganizzazione e le sue strutture di base”. “Nel caso di Seveso – come sostiene Terzi – la comunità ha saputo reagire indirizzando le scelte politiche per rilan-ciare il diritto a vivere sul territorio: ha saputo essere resi-liente. La resilienza rappresenta molto più che una capa-cità di fronteggiamento, di sopravvivenza o di adattamento ad una situazione problematica, è l’insieme delle condizio-ni di ripresa di un nuovo sviluppo dopo una agonia trauma-

tica, un processo psichico, culturale e sociale che riesce a liberare nuove ed insospettate possibilità di esistenza”. In occasione dei 40 anni dall’incidente dell’Icmesa di Meda , nel mese di ottobre del 2016 a Seveso, durante un convegno internazionale è stata sottoscritta la “Car-ta delle Regioni e delle Città resilienti”, che ribadisce la necessità che le città e le regioni europee collaborino attivamente attraverso progetti comuni di cooperazione per prevenire rischi ambientali e industriali, mettendo in comune le rispettive esperienze e best practices adot-tate. La Carta sollecita quindi l’Europa ad attivare una maggiore formazione e sensibilizzazione dei cittadini sui pericoli derivanti da incidenti di questo tipo, promuovendo maggiori strumenti e politiche di prevenzione, anche in ambito legislativo.

Progetto Memoria e Legalitàal Don Milani di Medadi Livia Vasile

LUGLIO 1976 Seve-so: un esempio di resi-lienza per tutta EuropaOTTOBRE 2016 viene sot-toscritta la “Carta delle Re-gioni e delle Città resilienti”

di Daniele Cannistrà

“D

La Pedemon-tana passerà per Seveso? di Stefano Valandro

N ell’incontro del 20 gennaio 2017 organiz-zato dal coor-dinamento “No

Pedemontana”, si è provato a fare chiarezza sull’impat-to che ha avuto la diossina sulla popolazione di Seve-so e dintorni; alla presenza di un team di esperti si è valutato, inoltre, le conse-guenze relative a un even-tuale apertura del cantiere della Pedemontana lega-te alla dispersione di ul-teriori polveri inquinate.È stato rilevato dalle anali-si del territorio di Seveso e dintorni che il suolo è anco-ra contaminato dalla dios-sina, questo riferisce il Co-mitato Ambientalista. Per poter far passare l’autostra-da Pedemontana si dovrà asportare la parte di terreno contaminato e solo dopo costruire l’infrastruttura. Alla luce di ciò, gli ambien-talisti chiedono a gran voce un’altra analisi del territorio per poter valutare i rischi dell’esposizione derivante dalla movimentazione del-la terra, si pensa di dover tener conto della somma-toria per bioaccumulo di nuove dosi nell’organismo che dal 1976 sono stati già esposti al potente tossico.

LABORATORI DIDAT-TICI PER LA SCUOLA: Bosco delle Querce luo-go di esperienze educative.di Giulia D’Antuono

Il Bosco delle Querce è sempre di più un luogo aper-to all’educazione ambientale e alla riflessione. Il par-co è aperto al pubblico per sensibilizzare l’opinione delle persone al problema ambientale ed è meta anche di visite didattiche di scolaresche provenienti

da numerosi Istituti scolastici di diverso ordine e grado. Nell’ultimi anni scolastici, tra questi partecipanti si sono distinti gli alunni della scuola media Quasimodo di Mi-lano che si sono caratterizzati in tale drammatica espe-rienza della diossina con il loro «immaginario» raccon-to: protagonisti di un messaggio «ricevuto e condiviso»

40 ANNI DOPO• Alla pagina 2IL BOSCO DELLE QUERCE UN ECOSI-STEM DINAMICO• Alla pagina 2SEVESO: LA DIOSSI-NA FA ANCORADISCUTERE• Alla pagina 3“SISTEMA GESTIONE DELLA SICUREZZA”• Alla pagina 4ICMESA: INFOR-MAZIONI TECNICO IMPIANTISTICHE• Alla pagina 5

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40 anni dopo: un altro colpo basso all’economia di Seveso. A distanza di quasi mezzo secolo la notizia del possibile passaggio del-la Pedemontana nei territori di Seveso riporta l’allarme nella popolazione.

Di Nicoletta Marcario e Giulia D’Antuono

Il bosco delle querce un ecosistema dina-mico: descritta una nuova specie di fungo

LUNEDI 10 LUGLIO 2017Il dIarIo dI SeveSo2

di Marco Cossa e Noemi Adduciessuno poteva immaginare che la laboriosa Brianza poteva passare all’onore delle cronache con questa triste modalità.Il 10 luglio di 41 anni fa un grave incidente nell’a-zienda Svizzera Icmesa tra Seveso e Meda cau-sò la fuoriuscita di una grossa nube di diossina, pro-

vocando un grave disastro ambientale mai avvenuto in Italia. Il giorno dopo il Comune di Seveso si trovò costretto, a causa “del-l´aggravarsi della situazione”, a provvedere all´evacuazione di altre 19 persone, di cui 3 bambini, prontamente inviati presso la colonia medico-psico-pedagogica di Cannobbio. Nel frattempo venne previ-sta l´evacuazione di altri 114 nuclei familiari, corrispondenti a 398 persone, di cui 86 bambini. I risultati degli ulteriori esami di laboratorio avevano infatti consigliato alle autorità sanitarie regionali di ampliare la Zona “A”, zona con la più alta concentrazione di diossina; infatti, venne estesa l’area per circa 1600 metri e venne disposta un ulteriore evacuazione. Complessivamente vennero allontanate dalle loro case 204 famiglie per un totale di 736 persone, per un’area di ben 108 ettari. Furono costrette a chiudere la loro attività anche un’azienda agrico-la, 10 esercizi commerciali, 37 imprese artigiane e 3 industrie, per un totale di 252 dipendenti. Il bilancio relativo ai capi di bestiame mor-ti, abbattuti o usati per esperimenti ammontò a 2.953, solo nel primo periodo. La moria di animali fu continua. I gatti miagolavano in conti-nuazione, i cani diventavano aggressivi, nervosi, inavvicinabili e venne disposto l’abbattimento degli animali stessi. Venne vietata la circolazio-

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l Bosco delle Querce di Seveso e Meda è stato intera-mente costruito dall´uomo con l´intento di dar vita ad un luogo con caratteristiche simili a quelle dei vicini territo-ri originari, costituiti in prevalenza da Farnia, Pino silve-stre, Betulla, Carpino bianco, Ontano nero e Salice bianco.

Dopo i lavori di bonifica, terminati nel 1984, un solo e uni-co grande pioppo era presente nell´area che oggi ospi-ta il Bosco delle Querce; ma già alla fine del 1998, l´area era costituita da oltre 45.000 tra piante arboree ed arbustive.I primi inventari (1988 e 1991) rivelarono che nel comples-so le piante si trovavano in uno stato vegetativo da discre-to a buono, in risposta alla positiva evoluzione del terreno.Nel 1992, quando l’ecosistema si era sviluppato adeguata-mente, venne affidata una ricerca all’Università di Pavia sul-le condizioni della copertura vegetale, comprendente un censimento floristico, un rilevamento della vegetazione e una car-tografia delle caratteristiche ambientali dedotte dall’applicazione di indici ecologici. L’indagine floristica era tesa a rilevare tutte le pian-te nate spontaneamente, conseguenza di casuali apporti di semi.I risultati dello studio indicavano una forte preponderanza del-le specie erbacee, mentre le specie legnose, nate spontane-amente, in aggiunta a quelle piantate dall´uomo, erano rare.Uno studio effettuato nel 1998 evidenziò inoltre che alcune specie (Be-tulla, Pioppo bianco, Ontano nero) mostravano segni di stress ed altre (Frassino, Olmo campestre) avevano comunque difficoltà a rinnovarsi. Ma l’ultima indagine floristica evidenzia che in quei terreni cre-ati appositamente per recuperare e salvaguardare un intera area, è nato un nuovo tipo di fungo, il Simocybe thabarbarina.Ancora oggi vengono condotti studi per comprendere quali siano state le condizioni e i fattori che hanno portato alla nascita di questa specie.

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ne di macchine ed automezzi ad una velocità superiore ai 30 km/h, pro-prio per evitare che, soprattutto nelle strade sterrate, si alzassero le polveri depositate lungo la pavimentazione. Gli studi condotti hanno dimostra-to che tre sono le fonti di esposi-zione: accidentale (legata ad un incidente), occupazionale ( di-pendenti a diretto contatto con i composti chimici), ambientale.Proprio quest’ultima, l’espo-sizione ambientale, è quel-la che più preoccupa ancora oggi ambientalisti e popolazione. E’ di qualche tempo fa la no-tizia che continua a far discu-tere ancora la popolazione di Seveso: la Pedemontana non pas-serà più attraverso la cittadina? La Pedemontana è una delle tre nuove infrastrutture viabilistiche pia-nificate dalla regione Lombardia in vista di Expo 2015. Progettata oltre 30 anni fa, a metà del percorso, at-traversa le città di Meda e Seveso. La popolazione della zona é in allar-me perché dai rilevamenti commis-sionati lungo la tratta B2 sono stati trovati valori di diossina superiori ai limiti consentiti dalla legge. Organiz-zandosi in gruppi di protesta la citta-dinanza, essendo ormai impossibile opporsi alla realizzazione dell’arteria stradale, chiede una maggior tutela.L’amministrazione comunale per venire incontro alle richieste sol-levate dai cittadini chiede ulteriori controlli e rilevamenti sulla soste-nibilità dell’opera e sta cercando di alzare le richieste nell’ambito delle compensazioni ambientali.Quello che noi come cittadini che vivono nel territorio chiediamo è un

confronto aperto e pubblico al fine di mettere a conoscenza l’intera popolazione dei rischi reali su una eventuale movimentazione di quei terreni. Riteniamo che sia indispen-sabile che anche nelle scuole si af-fronti tale argomento, e che le no-stre aule siano luogo di confronto.

Il Maxi rimbor-so che la Givau-dan-La Roche diede a regione e governo. Mai prima di allora si era riusci-ti a ottenere un riconoscimento sostanziale di responsabilità.

’accordo per il risarcimento tra Givaudan-La Roche, Go-verno e Regione, viene rag-giunto nel marzo del 1980, dopo una trattativa iniziata

dal presidente della Regione lombar-da Cesare Golfari e durata oltre un anno: 103 miliardi e 630 milioni di lire complessivi, di cui 7 miliardi e mez-zo allo Stato e 40 miliardi e mezzo alla Regione per le spese di bonifica sostenute nei diversi anni, e altri 70 a carico della società svizzera per programmi di bonifica e ricerca. Pa-rallelamente, tramite un ufficio di Mi-lano, la Givaudan-La Roche liquida migliaia di pratiche con i privati citta-dini, per un totale di più 200 miliardi di lire. In questo senso il caso di Se-veso segna uno spartiacque, perché mai prima di allora si era riusciti a ottenere un riconoscimento sostan-ziale di responsabilità, anche se la transazione farà venir meno il pro-cedimento giudiziario intentato dalla Regione e dalla Procura di Monza.

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LUNEDI 10 LUGLIO 2017 Il dIarIo dI SeveSo 3

Seveso: La diossina fa ancora discutere a decenni di di-stanza dal disastro ambientale si parla ancora di Seveso.

Di Alessia Viganò e Sara Marinelli

V enerdì 24 luglio, quattordici giorni dopo la fuoriuscita della nube tossica, la veri-fica incrociata delle analisi effettuate dalle strutture sanitarie italiane con quelle dei Laboratori Givaudan confermò una presenza notevole di TETRACLORODI-BENZODIOXINA (TCDD) nella zona maggiormente colpita dalla nube tossica.E’ così che l’Italia conosce la “sua” Chernobyl dieci anni prima, quan-

do il 10 luglio 1976 un’anomalia, avvenuta nel reattore dell’industria chimi-ca ICMESA di Meda, fa sprofondare l’intero Paese in un incubo chiamato diossina.L’esplosione ha prodotto e diffuso nell’aria una sostanza pericolosa: molecola TCDD.

Il 7 agosto Luciano Dal Falco, France-sco Paolo Bonifa-cio e Giulio Andreotti autorizzarono abor-ti terapeutici per

le donne della zona che ne avessero fatto richiesta. Gli aborti vennero praticati presso la clinica Mangiagalli di Milano e presso l‘ospedale di Desio. I feti furono inviati in Germa-nia a Lubecca, per gli opportuni controlli. La risposta ufficiale giunse nel 1977: pur non es-sendo evidente i segni di malformazioni, non era possibile stabilire se queste si sarebbe-ro sviluppate, dato che: “Alcune anomalie congenite in particolari quelle minori a carico di certi organi – per esempio il cervello – non sono identificabili nelle prime fasi di sviluppo”.Nonostante all’epoca del disastro in Italia l’aborto fosse vietato, le Istituzio-ni l’hanno messa in derogata per le donne esposte alla diossina; le quali poteva-no effettuare gli aborti terapeutici (l’aborto terapeutico è l’eliminazione dell’embrio-

ne che si presume possa mettere in pericolo la vita o la salute della madre). Proprio grazie alla National Academy of Sciences si venne a conoscenza che la dios-sina aveva effetti tossici sugli animali,ma con correlazioni causa diverse tra le spe-cie e nei periodi dello sviluppo. In alcuni casi aveva dato effetti teratogeni, ossia in grado di alterare il normale sviluppo del feto.Il dibattito sulla necessità di una rego-lamentazione sull’aborto attraverso leggi dello Stato, da anni interessava l’opinione pubblica, acquistando vigore proprio da questo evento e dal dramma che stavano vivendo le donne della zona contaminata. Si arrivò pertanto all’emanazione della Leg-ge 194 del 22 maggio 1978, confermata poi dal referendum del 1981.La disciplina italiana sull’aborto contiene le “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’in-terruzione volontaria della gravidanza”, 22 articoli che ne regolano l’attuazione.Pri-ma del 1978, l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), in qualsiasi sua forma, era considerata dal codice penale italiano un reato.Si può capire la gravità dell’evento parlando non solo degli eventi accaduti all’epoca dei fatti, ma soprattutto parlando delle cause/effetto ancora dopo decenni dal disastro: una ricerca dell’Università de-gli Studi di Milano ha dimostrato che a decenni di distanza il disastro ambientale la-scia ancora il segno. E a risentirne sono i più piccoli. I neonati, le cui madri vivo-no nell’area maggiormente contaminata (area A) all’epoca dalla nube di diossina, hanno il 6,6% di probabilità in più di alterazioni della tiroide, rispetto ai figli di donne provenienti da aree non contaminate. A testimoniare gli effetti prolungati nel tempo dalla nube tossica è uno studio realizzato dal team di Andre Baccarelli dell’Univer-sità di Milano, insieme a colleghi americani, pubblicato sulla rivista “Plos Medicine”.Alcuni studi sugli animali e sull’uomo hanno mostrato che l’esposizio-ne materna alla diossina può danneggiare le funzioni della tiroide dei figli.

La mappatura dei divieti della zona coinvolta dalla nube di diossina

a mappatura della zona fu elaborata in prima ste-sura il 10 agosto dalla Commissione tecnico-scien-tifica statale e definitivamente approvata dal Consiglio regionale lombardo il 7 ottobre 1976.Lo studio condotto portò all’individuazione nell’Area

interessata dal disastro di tre zone in base al grado di rileva-zioni di concentrazione di diossina. Una Zona “A” (suddivi-sa in 7 sotto-zone), quella a più alto tasso di inquinamento, sita tra i comuni di Seveso e Meda, in cui si limitò l’acces-so esclusivamente su autorizzazione e dove si procedet-te con la demolizione delle abitazioni presenti (sotto-zone A1-A5); una Zona “B” a minor tasso di inquinamento che interessò anche i Comuni di Cesano Maderno e Desio per una superficie di 269,4 ettari e una terza zona, (Zona “R” o “di Rispetto” ) non inquinata o inquinata con valori inferiori ai 5µg/m² che interessò una superficie di 1430 ettari, una zona di “cuscinetto” di sicurezza attuata solo con l’intento cautelativo della popolazione. Rimase comunque l´obbligo di intensificazione da parte della popolazione delle norme di igiene personale, il divieto di consumare e vendere frut-ta, verdura e altri vegetali prodotti nella stessa Zona “di Ri-spetto” e l´obbligo di abbattimento di tutti gli animali da cor-tile con il conseguente divieto di allevamento degli stessi.

di Livia Vasile

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• Fonte da Ansa da TgCom24: Fonti di esposizione dai rischi della diossina

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4 LUNEDI 10 LUGLIO 2017Il dIarIo dI SeveSo

IL PACCHETTO “SISTEMA DI GESTIONE DELLA SI-CUREZZA” NASCE GRAZIE ALLA DIRETTIVA SEVESO

Gestione sulla sicurezza negli impianti: un approccio improntato sulla verifica analitico-im-piantistica è l’eredità lasciata dalle “Direttive Seveso”

di Sara Marinelli e Alessia Viganòa normativa in materia di pericoli di incidente rilevante ha subito ne-gli anni un costante aggiornamen-to, anche a seguito di eventi inci-dentali avvenuti nei diversi Paesi

europei che hanno richiamato l’attenzione dell’opinione pubblica sulle problematiche di sicurezza e di rischio industriale. Ba-sti pensare alla città di Tolosa ( Settembre 2001) e all’esplosione di un stabilimento contenente nitrato d’ammonio; o ancora all’incendio di Pomezia ( novembre 2016).In seguito al disastro di Seveso, nasce la direttiva comunitaria CEE/82/501 (co-siddetta Seveso I) recepita in Italia con il D.P.R. (decreto del Presidente del-la Repubblica) del 17 maggio 1988, n. 175; essa proponeva di ridurre il rischio ai livelli compatibili, grazie all’interazione tra le misure preventive e quelle mitiga-tive, partendo da un approccio impron-tato sulla verifica analitico-impiantistica.Secondo la normativa Seveso, un’in-cidente industriale è rilevante se si configura come un’emissione, un in-cendio o un’esplosione di grande entità, do-vuti a sviluppi incontrollati durante l’attività.Con la seconda Direttiva 96/82/CE, rece-pita in Italia con il D.lgs 17 agosto 1999, n. 334 , si proponeva di attivare delle mo-dalità adottate per la gestione della sicurez-

L za. Attività come la formazione e l’addestra-mento del personale, il controllo operativo, la progettazione degli impianti e le modifiche che essi subiscono durante il loro ciclo di vita sono parti integranti e sostanziali di un Si-stema di Gestione della Sicurezza (SGS) che deve essere sviluppato in accordo con le linee guida suggerite dal D.M. (Decre-to Ministeriale) ambiente 9 agosto 2000.Nel 2003 è stata emanata la Direttiva Se-veso III (Direttiva 2003/105/CE), recepita in Italia con il D.lgs 21 settembre 2005, n. 238, che apporta alcune modifiche ed in-tegrazioni al D.lgs 17 agosto 1999, n. 334, operando trasformazioni anche significative per quanto attiene il campo di applicazione della disciplina sui rischi di incidente rilevante.La novità assoluta di queste direttive risiede nell’Allegato al D.lgs 17 agosto 1999,n.33 un elenco di circa trenta sostanze, per cia-scuna delle quali sono specificati due valori soglia ritenute a livello non solo nazionale, ma anche europeo, ad alto rischio sicurez-za; per quelle non presenti esplicitamente in quella tabella, sono definiti i valori soglia per categorie di pericolo. Infatti, se uno sta-bilimento detiene sostanze pericolose in quantità superiori ai valori soglia definiti nel-la citata normativa, il gestore è tenuto a tra-smettere a diversi soggetti competenti una notifica (art. 6) ed eventualmente a redige-

re anche un Rapporto di Sicurezza (art. 8) con le modalità del D.P.C.M. 31 marzo 1989. In generale, occorre tenere presente che l’espletamento degli adempimenti contenenti la disciplina dei rischi di incidenti rilevanti è effettua-to dal gestore in regime di autocertificazione. L’osservanza delle disposizioni di legge generali in materia di pericoli di incidente rilevante e più in genera-le di sicurezza non annulla il rischio potenziale, vale a dire la possibilità che si verifichi un evento incidentale con ricadute negative sul territorio e sull’uo-mo, ma di certo aiutano a monitorare e, ove possibili, prevenire episodi gravi.

EFFETTI DELLA DIRETTIVA SEVEAO III RECEPITA CON IL D.Lgs 238/05Il D.Lgs 238/05, è orientato verso una maggiore partecipazio-ne dei lavoratori e della popolazione, una migliore informazione ed a una ricerca di uniformità alla Direttiva Comunitaria 2003/105/CE. Il D.Lgs 238/2005 ha introdotto alcune modifiche ed integra-zioni alla normativa di base del D.Lgs 334 del 1999; in mate-rie di prevenzione e controllo d’incidenti le modifiche rilevanti sono :A. Introduzione di nuove soglie di assoggettabilità;• Predispone nuove soglie, e delle modifiche all’elenco delle sostanze peri-

colose di cui all’Allegato I.B. Ampliamento del campo di applicazione del D.L.gs;• Sono individuate un maggior numero di sostanze cancerogene.• Nuova definizione per le sostanze esplosive ed i nitrati d’ammonio e di

potassio.C. Estensione dei processi di partecipazione e informazione;• Viene rafforzato il diritto della popolazione interessata all’informazione sulle

misure di sicurezza D. Maggiore rilevanza attribuita alla partecipazione del territorio;• La pianificazione urbanistica viene specificata ai fini della gestione del

rischio di incidenti nelle aree interessate dagli stabilimenti a rischioE. Procedure di valutazione e controllo;F. Ulteriori modifiche;• E’ previsto un ruolo specifico per i Comandi provinciali del VVF;• Viene esteso l’obbligo, di Piano di Emergenza Esterno per gli art. 6 che,

prima non era previsto;• E’ previsto l’obbligo di scambio delle informazioni e coordinamento, per gli

stabilimenti in cui risulti significativo l’effetto domino, con l’elaborazione di analisi di rischio congiunto.

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ICMESA: INFORMAZIONI TECNICO IMPIANTISTICHE

LUNEDI 10 LUGLIO 2017 Il dIarIo dI SeveSo 5

o stabilimento ICMESA comincia la sua produzione nel 1947. Di proprietà della multinazionale svizzera GIVAUDAN, lo sta-bilimento produce prodotti farmaceutici e cresce nel terri-torio del comune di Meda, al confine con quello di Seveso.Da subito la popolazione presente nel territorio capi-

sce che lo stabilimento ha un impatto negativo sull’eco-siste-ma, soprattutto per i suoi gas maleodoranti che ogni giorno esco-no dai camini fumanti e dalle acque del Torrente Tarò ormai inquinate.Infatti lo stabilimento viene sopranominato : “la fabbrica dei profumi”.10 Luglio 1976 ore 12:30 il sistema di controllo di uno dei reattori andò in avaria, ciò fu causa di un’esplosione.“Diossina” è un nome generico che indica vari composti chimici organici; ma 2, 3, 7, 8 – Tetraclorodibenzo – p – diossina (acronimo TCDD) è uno dei composti organici a base benzenica più tossici, il fardello di Seveso.I termometri per controllare la temperatura degli impianti sono insuf-ficienti a monitorare la reazione che si è innescata nel reattore chi-mico coinvolto. Il reattore, usato per la produzione di un componente per la reazione di sintesi di diserbante (Triclorofenolo), sottoposto ad un’altis-sima pressione a causa della reazione fortemente esoenergetica, quel giorno una procedura sbagliata di raffreddamento della massa non riuscì a contenere l’esotermicità e nella colonna di distillazione si innescò una reazione secon-daria collaterale che portò alla produzione della sostanza tossica, la TCDD.

Odore acre invade l’area e la popolazione e l’infiammazione agli occhi furono i primi segnali dell’eccessiva acidificazione dell’aria causata dalla presenza di cloro (elemento altamente corrosivo nella sua forma acida) che causò ai soggetti contaminati anche lesioni alla pelle e cisti sebacee. Il composto, non biodegradabile, si deposita su case e ter-reni, penetra negli organismi viventi attraverso il più sempli-ce dei meccanismi: quello respiratorio, ma non solo, può esse-re ingerito con carne pesce e latticini. Nel corpo si deposita nei grassi, generando un accumulo biologico deleterio per l’organismo.La realtà di tutto ciò è aggravata dal fatto che non si conosco-no gli effetti a lungo termine su animali, capi di bestiame e uomo.Quindi è necessaria una decisione: evacuare la zona, recin-tarla con filo spinato, radere al suolo case e quartieri interi.Non vi furono morti, ma 676 sfollati tra il 26 luglio e il 2 agosto, di cui ben 41 famiglie non poterono tornare alle proprie case perché distrutte.I vegetali investiti dalla nube si disseccarono, morirono migliaia di ani-mali, anche domestici. I capi di bestiame contaminati vennero abbattuti.Il terreno delle aree più inquinate (zona A) venne asportato e depositato in due vasche successivamente ricoperte. Dall’intera zona venne appor-tato terreno proveniente da zone non inquinate ed effettuato un rimbo-schimento, che ha dato origine al Parco naturale del Bosco delle Querce.

di Livia Vasile

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