PPRROOGGEETTTTOO CCOOMMUUNNIISSTTAAPeriodico delPartito di Alternativa Comunista sezione dellaLega Internazionale dei Lavoratori (Quarta Internazionale)ALTERNATIVACOMUNISTA.org EEssttaattee 220011 33 99 NN°°4411 99 22€€ 99 AAnnnnoo VVII II 99 NNuuoovvaa sseerriiee
Il patto della vergogna: respingiamolo con la lotta!LL''aaccccoorrddoo ssuullllaa rraapppprreesseennttaannzzaa ssiinnddaaccaalleeCorrispondenza dai compagni di Red Movement (Litci)MMoobbiilliittaazziioonnii rriivvoolluuzziioonnaarriiee iinn TTuurrcchhiiaa
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Quattro pagine a cura dei giovani del PdacSSuupppplleemmeennttoo aall CCoorrrreeoo IInntteerrnnaacciioonnaall1415 Con un testo inedito di Lev TrotskyAApppprrooffoonnddiimmeennttoo:: cchhee ccooss''èè iill cceennttrriissmmoo??1011 ll''iinnsseerrttoo ddeeiiGGIIOOVVAANNII ddii AALLTTEERRNNAATTIIVVAA CCOOMMUUNNIISSTTAAnellepagineinterne
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RT.1COMMA2D.L.353/03DEL24/12/2003(CONV.INL.46/04DEL27/02/2004)DCBBARI
La rivoluzione in Siria
Fabiana Stefanoni
Dopo un travagliatoparto postelettorale, ènato un governofotocopia del precedente
governo Monti. Il governo Letta –sostenuto da Pd (di cui Letta èuno dei dirigenti), Pdl, Scelta civica (Monti) e Unione di centro –rappresenta interessi sociali benprecisi: quelli della grandeborghesia italiana (industriale efinanziaria), che si unisce a difesadei propri interessi di fronte al rischio di un'esplosione sociale.
La borghesia nel pantanoIn Italia la crisi economica si fasentire con sempre maggiore virulenza: la disoccupazione –stando ai dati ufficiali, che nontengono conto delle centinaia dimigliaia di persone che hanno rinunciato a cercare un lavoro enon sono quindi registrati negli
uffici di collocamento – è pari al10%. La disoccupazione giovanile è stimata al 30%: ma i dati realisono molto più drammatici. Aquesti, vanno aggiunti milioni dilavoratori che non figurano ufficialmente come disoccupati malo sono di fatto: esodati, cassintegrati, lavoratori precari concontratti in scadenza.Significativamente, il presidentedei giovani industriali recentemente, aprendo un convegno daltitolo beffardo (“Scateniamoci.Liberiamo l'Italia da vincoli ecatene”) ha dovuto ammettereche “senza prospettive per il futuro, l'unica prospettiva diventa larivolta”. E ha continuato: “Le istituzioni democratiche vengonocontestate e possono arrivare alladissoluzione quando non riescono a dare risposte concrete a bisogni economici e sociali”. Unadichiarazione che ha messo inimbarazzo i rappresentanti del
nuovo governo, in particolare ilneoministro dell'economia, cheha cercato di correggere il tiro conun commento che è apparso ridicolo: “è una crisi che non vuoleandare via, ma passerà”.Vale la pena di soffermarsi sulleparole del giovane padroneperché ci indicano chiaramentequali sono le preoccupazionidella grande borghesia (e dei suoirappresentanti al governo): vi è laconsapevolezza che la crisi delcapitalismo non ha vie d'uscitanel breve periodo. Fino a qualchetempo fa i ministri azzardavanoprevisioni relativamente ottimistiche – “ancora un paio d'anni epoi la crisi finirà” – che sono statesistematicamente smentite daifatti. Oggi quelle previsionihanno lasciato il posto a unosconsolato “passerà”...La verità è che i padroni non
IlgovernoLettaincontinuitàcolgovernoMontiLanecessitàdiunarispostaunitariaediclasse
Ultim'oraBBrraassiillee:: ssii eesstteennddee llaa pprrootteessttaa ddii mmaassssaa 14Il Pstu (Lit) in prima fila nella lotta
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2 Estate 2013 PROGETTO COMUNISTAPOLITICA
hanno più briciole da distribuirealle masse popolari ed è prevedibile – come è costretto adammettere anche il presidentedei giovani industriali – che siaprirà una stagione di conflittosociale di massa (come già in altriPaesi europei). In questo contesto, il governo Letta svolge il ruolodel dottore che dà un po' di sedativo al paziente gravementemalato, ma che nessuno sperapiù di far guarire. Letta, dopo averannunciato, nel discorso d'insediamento, lo stop all'aumentodell'Imu e l'intenzione di rinunciare all'aumento dell'Iva, adistanza di due mesi fa una brusca retromarcia. Mentre scriviamo, il ministro del TesoroSaccomanni annuncia che non cisaranno sconti su Iva e Imu:“servirebbero 8 miliardi e non cisono, servono tagli severi”.
Un governo di ripiego?Il governo Letta non è probabilmente il governo migliore chela grande borghesia nostrana e laTroika auspicavano. È un governo che appare instabile, per leforti tensioni esistenti tra i dueprincipali partiti che lo sostengono (Pd e Pdl). Il Pdl, in cambio delsostegno al governo Letta, alza laposta e chiede garanzie perl'immunità di Berlusconi,spingendosi fino alla richiesta –accolta da Napolitano e dallostesso Letta – di modificare la Costituzione nel senso del presidenzialismo (per assecondare leambizioni di Berlusconi di diventare presidente della Repubblica). Tuttavia, è un governonecessario per la tenuta della
stessa Unione europea.Per alcuni giorni l'Italia si è trovata in una situazione di“vuoto dipotere”: senza un governo, senzaun presidente della Repubblica,senza – in questo caso per ironiadella sorte – il capo della polizia.Si è trattata di una paralisi, dettataanche dal risultato elettorale (invirtù dell'exploit elettorale diGrillo), che dimostra la difficoltàin cui si trova la borghesia persinonella gestione delle proprie istituzioni, cioè le istituzioni democratico borghesi: a moltirappresentanti del padronato èprobabilmente apparso chiaroche una situazione del genere, inun contesto sociale diverso, potrebbe diventare molto rischiosaper la conservazione del poterecapitalistico.Ecco perché i timori del presidente dei giovani industriali sonorivolti non solo verso possibiliascese delle lotte operaie e giovanili nel nostro Paese, così comegià avviene in altre piazze d'Europa; i padroni riflettono anchesulla capacità del loro Stato, delleloro istituzioni, di conservare eamministrare il potere di fronte auna esplosione di rabbia e di lottacome quella che stainfiammando in queste ore lepiazze della Turchia, dove unanuova rivoluzione (l'ennesima diquesti mesi) sta muovendo i primi passi.È presto per dire se i padroniopteranno in un prossimo futuroper una svolta in senso autoritario e bonapartista, ma senzadubbio non è un'ipotesi da escludere. Per ora la grande borghesiabrinda al primo importante risultato ottenuto all'ombra delgoverno Letta: l'ignobile accordo
concertativo sulla rappresentanza, siglato da Cgil, Cisl e Uilcon Confindustria, e sostenutodalla Fiom di Landini (si vedal'articolo nelle pagine interne). Èun accordo che ha lo scopo, nelleintenzioni dei firmatari, dismorzare ogni possibile conflittonelle fabbriche. Ma, come la storia insegna, gli accordi truffaldinitra le burocrazie diventano cartastraccia quando le masse proletarie scendono in campo.
Socialdemocraziae grillismo
Le ultime elezioni politiche, conil risultato disastroso della listaRivoluzione civile di Ingroia,hanno accelerato la crisi della socialdemocrazia. Rifondazionecomunista è in via di scomposizione e i suoi dirigenti stanno valutando il da farsi, senzaescludere la possibilità di decretarne lo scioglimento: una partedel gruppo dirigente probabilmente andrà con Vendola,un'altra parte guarda con interesse il progetto politico di Cremaschi (Ross@). Sel di Vendola,in virtù dell'alleanza col Pd, nonostante lo scarso risultatoelettorale è riuscita ad entrare inparlamento: attorno a Sel potrebbe nascere un nuovosoggetto socialdemocratico, maad oggi il progetto di Vendola –quello di creare una sorta dipartito del lavoro con settori delPd e la Fiom di Landini – apparearenato. Nel frattempo Vendolaalza un po' la voce contro il governo ma si guarda benedall'ostacolarlo realmente, tantonelle piazze come in parlamento.Per quanto riguarda il grillismo, è
un fenomeno che si spiega soloalla luce del contesto sociale italiano: massacro sociale, crisi economica devastante, assenzatuttavia di un'ascesa di massadelle lotte (in particolare a causadel freno imposto dagli apparatisindacali concertativi di Cgil, Cisle Uil). In questo quadro, il disagiosociale, in particolare dei settoripiccoloborghesi, si è tradotto inun'ondata di indignazione neiconfronti della corruzione del sistema politico italiano. Èun'indignazione che ha raccoltoBeppe Grillo col suo partito(perché di partito si tratta, perquanto a conduzione individuale, da parte del comico milionario), traducendola in unlinguaggio interclassista e qualunquista “contro i partiti” in generale: nella retorica grillina “ipartiti” – indifferentemente dallaloro base sociale, borghese o operaia – vengono indicati come i responsabili del disastroeconomico e sociale. È una retorica a cui, inizialmente, hannostrizzato l'occhio anche settoridell'alta borghesia, con la conseguente benevola accondiscendenza da parte della stampaborghese e di numerose trasmissioni televisive. Del resto, indicare come unico colpevole ilsistema dei partiti significava (eancora significa) nasconderenell'armadio i veri colpevoli, cioèil capitalismo e i padroni.Il risultato elettorale di Grillo (diventato da un momento all'altroil secondo partito in termini diconsenso elettorale) ha fattocambiare atteggiamento a questisettori, tanto che oggi le principali testate giornalistiche lo additano come un nemico. La grande
borghesia comprende che nonpuò permettersi di giocare conGrillo in un momento così delicato per i propri equilibri di potere: per questo oggi ha dichiaratoguerra al comico, contribuendo adeterminarne il calo elettorale inoccasione delle ultime amministrative.Il M5s è riuscito a guadagnare favori pure in ampi settori dellaclasse operaia, anche per l'assenza di partiti operai in gradooggi di rappresentare un riferimento credibile agli occhi dellaclasse lavoratrice. Nell'ultimoperiodo si è andato tuttaviaaccentuando l'aspetto concretodel grillismo: quello di essere unmovimento a forte caratterizzazione piccoloborghese. Grillo,guru indiscusso e indiscutibile diun partitomovimento privo distrutture e di democrazia interna,rincorre gli umori della sua basesociale piccoloborghese: perquesto associa vaghe (e spessoambigue) rivendicazioni progressiste (“reddito sociale”) a rivendicazioni reazionarie epersino esplicitamente razziste(basta pensare alla sua ferma egridata opposizione alla cittadinanza per i figli degli immigrati).Non è possibile prevedere oggi glisviluppi di questo fenomeno mediaticoelettorale: può scomparire in breve tempo o, invece,tramutarsi in un soggetto politicostrutturato, cementando unapropria base sociale stabile tra lapiccola borghesia. Ciò che è certoè che finché saranno le paroled'ordine della piccola borghesiaimpoverita dalla crisi a fare datraino alla classe operaia nulla dibuono potrà nascere per i lavoratori.
Per una prospettivadi classe
Ciò che è realmente è necessarioper le classi sfruttate è che la classe operaia si ponga alla guida diuna crescita delle lotte nei luoghidi lavoro e nelle piazze e sia ingrado di egemonizzare per questa via anche settori della piccolaborghesia in cerca di una soluzione radicale alla crisi. Perchéquesto accada, occorre anzituttorafforzare le lotte, coordinarle suscala nazionale e internazionale,al fine di contrastare laframmentazione in cui oggi sitrovano per volontà congiuntadel padronato e delle burocraziesindacali (ma una parte di responsabilità ricade anche suigruppi dirigenti del sindacalismonon concertativo, chiuso in genere nel suo ristretto orizzonte,nella sua autoreferenzialità).Occorre rafforzare gli organismidi coordinamento delle lotte (come il Coordinamento No Austerity). Ma non basta. Bisognacostruire un partito rivoluzionario, che mostri ai milioni di lavoratori e di giovani che subisconola crisi del sistema che l'unica viad'uscita è quella del rovesciamento del sistema capitalistico edella costruzione di una societàsocialista basata sulla proprietàcollettiva dei mezzi di produzione. Al rafforzamento e all'unificazione delle lotte, ma anche allacostruzione in Italia e su scalainternazionale di quel partito(che ancora manca), il Pdac dedica le proprie energie militanti.(14/6/2013)
segue dalla prima
PROGETTO COMUNISTAPeriodico del PARTITO DI ALTERNATIVACOMUNISTAsezione della Lega Internazionale dei Lavoratori 9 Quarta Internazionale
Estate 2013 – n.41 – Anno VII – Nuova serieTestata: Progetto Comunista – Rifondare l'Opposizione dei Lavoratori.Registrazione:n. 10 del 23/3/2006 presso ilTribunale di Salerno.Direttore Responsabile:Riccardo Bocchese.Direttore Politico:Fabiana Stefanoni.
Redazione e Comitato Editoriale:Giovanni“Ivan” Alberotanza, Mauro Buccheri, Patrizia Cammarata,Nicola De Prisco, Adriano Lotito, Claudio Mastrogiulio,Fabiana Stefanoni,ValerioTorre.
Grafica e Impaginazione: Giovanni“Ivan” Alberotanza[Scribus+LibreOffice su Debian GNU/Linux]
Stampa:Litografica '92 – San Ferdinando di PugliaEditore:ValerioTorre, C.soV.Emanuele, 14 – 84123 Salerno.
Per scrivere alla redazione mandare una e–mail a:[email protected]
Recapito telefonico:328 17 87 809
LafintaopposizionealgovernodiSeleM5s
Claudio Mastrogiulio
La formazione del governo Letta, nato sottole insegne delle largheintese tra Pd e Pdl, ha se
gnato un elemento di continuità con quello che harappresentato il governo Monti.La sola differenza esistente tra ledue compagini governative riguarda il criterio delle scelte ministeriali: appannaggio totaledei tecnici per il governo Monti;un miscuglio di rappresentantidell'alta burocrazia con esponenti di Pd e Pdl il governo Letta.
Le opposizioniparlamentari
La grande coalizione tra i duepartiti dominanti della borghesia italiana ha di fatto tagliatofuori, costringendole ad unapresunta opposizione, le dueorganizzazioni che, nel corsodel periodo di stallo istituzionale, erano state in procinto diformare un governo di coalizione con il Pd.Stiamo parlando del M5s e diSel. Si tratta di due organizzazioni che, in occasione delleultime elezioni amministrative,hanno subito un arretramentosostanziale sul piano elettorale.L'opposizione parlamentare diqueste organizzazioni, e ciò èevidente a chi osservi le loro manovre tattiche e strategiche, nonha nulla di effettivamentealternativo rispetto alle dinamiche sociali e politiche dominanti.
Sel: le parole e i fattiIl partito di Vendola, alleandosiorganicamente col Pd in occasione delle ultime elezioni politiche ed amministrative, haavallato tutte le sue scelte antioperaie ed antipopolari, dall'Imu
alla controriforma delle pensioni elaborata dalla ministraFornero, passando per i rifinanziamenti continui alle missioni imperialistiche italiane.Appare lampante, dunque, come un partito che abbial'obiettivo strategico di governare con il maggior rappresentante della borghesiaitaliana, non possa offrire nulladi nuovo e radicalmentealternativo ai lavoratori,pensionati e giovani che quotidianamente subiscono un arretramento delle propriecondizioni di vita e, quando c'è,di lavoro.Dopo la formazione del governoLetta, Vendola, da buon parolaio opportunista quale è, ha rivendicato la propriaopposizione alla formazione diun esecutivo con Berlusconi.Ciò è stato fatto con il soloobiettivo di ricostruire unaverginità politica al comitatoelettorale vendoliano che,seppur già in crisi elettorale negli ultimi tempi, senza questascelta avrebbe addirittura finitoper scomparire. Il rischio diun'implosione della propria base militante ha fatto sì cheVendola chiamasse per l'11maggio a raccolta vari esponenti della sinistra riformista(tra cui settori della Fiom) e liberale per imbastire una piattaforma politica che portasse adun polo a sinistra del Pd. Un polodi sinistra, però, che nonavrebbe certamente messo indiscussione l'alleanza strategica col partito di Epifani, unavolta terminata l'esperienza delgoverno Letta. Ecco, dunque, ilvero motivo dell'opposizione diSel al governo; un'opposizionenon solo fasulla perché nonoffre alcunché di alternativo,ma addirittura autoreferenzialee opportunista.
L'opposizione del M5s
Il Movimento 5 Stelle, natosull'onda dell'indignazione neiconfronti degli sprechi e dei privilegi della politica dominante,dopo aver ottenuto un risultatoclamoroso alle scorse elezionidi febbraio, ha intrapresoun'attività parlamentare indirizzata ad un'opposizione soloapparentemente dura. In realtà,l'opposizione che connotal'operato del M5s ha i caratteritipici delle organizzazionipiccoloborghesi, conciliandoal tempo stesso un'apparenterottura con l'esistente e unatendenza a deviazioni reazionarie. Il primo punto, quelloinerente ad una presunta radicalità del M5s è il discrimine trachi ha una visione autenticamente di classe della realtà sociale e chi no. L'organizzazionedi Grillo e Casaleggio, infatti,nelle sue tirate “radicali”, arrivatutt'al più a criticare i finanziamenti pubblici ai partiti, glisprechi e le ruberie che disseminano la cronaca politica italiana. Ma l'analisi dei grillini, nonpartendo da presupposti diclasse, non coglie lo stretto legame che esiste tra l'establishment dell'economiaitaliana ed i servi sciocchi dellapolitica dominante. Gli esponenti dei partiti politici che daanni gestiscono l'amministrazione dello Stato possonopermettersi di perpetrareimpunemente questo scempiosemplicemente perché sonoconnessi a doppio filo con i potentati economici nazionali edinternazionali di cui pervicacemente fanno gli interessi. Noncomprendere questa connessione e farneticare a propositodi una “politica trasparente”, “aservizio del cittadino”, “della cosa pubblica”, significa discuteredi aria fritta. Perché, ed è la sto
ria ad insegnarcelo, gli apparatistatali non rappresentanoun'entità astratta, posta al di là eal di sopra delle classi, mascendono essi stessi nell'arenadella lotta e dei contrasti di classe, prendendovi attivamenteparte con l'obiettivo di tutelaregli interessi dei loro mandanti.Spunti reazionari, come in tutti imovimenti piccoloborghesi, siravvisano nel momento in cuialcune delle rivendicazioni solomillantate dai grillini debbanotradursi in realtà. Ad esempio, sipuò parlare di eguaglianza, diritti, giustizia finché si vuole, mase si sposano tesi anacronistiche come quella per cui il dirittodi cittadinanza spetti solo a chi ènato in Italia e non anche a chi inItalia lavora da anni, strizzandocosì l'occhio alle più becerepulsioni razziste, non si
inganna nessuno.Un atteggiamento del genere hail solo obiettivo di continuare amantenere ad un livello indecente le condizioni di vita e di lavoro degli immigrati, creandoquella spirale di “guerra tra poveri” tra lavoratori nativi e migranti che fa comodo ai padroni.
ConclusioniIn conclusione, dunque, ciò cheappare chiaro è la considerazione per cui se non si mettono indiscussione gli assi fondamentali del sistema economicodominante, vale a dire la proprietà privata dei mezzi di produzione e lo sfruttamento di unmanipolo di avvoltoi sulla stragrande maggioranza della popolazione produttiva diricchezza, non ci sarà alcunapossibilità di ingannare le mas
se. Potranno esservi amori fugaci, attrazioni temporanee,com'è accaduto qualche annofa con Sel e come sta avvenendocon il M5s in questi mesi, ma allaprova dei fatti, quando i lavoratori, i pensionati ed i precariosserveranno il venir meno delvelo mistificatorio di cui siammantano queste organizzazioni, allora i rivoluzionari potranno raccogliere i frutti di ciòche ora stanno seminando.Perché è soltanto in una prospettiva genuinamentealternativa e internazionalistache si potranno guadagnareanche quelle fette di sfruttatiche, per mancanza di alternative, si sono fatte abbindolare daquesti pericolosissimi e subdoliservi del sistema capitalistico.(13/6/2013)
In Parlamento nessuna voce a difesa dei lavoratori
PROGETTO COMUNISTA Estate 2013 3POLITICA
Valerio Torre
La crisi economica colpiscein particolare alcuni settori e l'edilizia è uno di questi: di cantieri in giro
nemmeno a parlarne. La crisi delriformismo e della socialdemocrazia, invece, produce un proliferaredi “cantieri” che nascono dal processo di scomposizione a sinistra.Dopo la rapida parabola di Rivoluzione civile di Ingroia, l'ulterioreconferma del disfacimento di Rifondazione comunista ha fatto riprendere fiato a un soggetto – ilComitato No debito di GiorgioCremaschi – che era rimasto oscurato dal progetto del magistratopalermitano.Abbiamo a più riprese sostenutoche questo pateracchio riformistacomposto dagli stalinisti Carc e Rete dei comunisti, dal Prc e da Usb,da Sinistra critica e dal Pcl, erafunzionale alle pretese elettoralidel suo portavoce Cremaschi, chea lungo ha accarezzato l'idea, unavolta che la Fiom l'aveva pensionato, di buttarsi in politica occupando lo spazio lasciato libero da
Ferrero e Diliberto. Tutto ilpercorso della “creatura” dell'exsindacalista puntava esattamentein questa direzione. Figurarsiperciò la sua delusione quandoIngroia lo ha bruciato sul tempo facendo sfumare il suo progetto. Èquesto che spiega la piccata dichiarazione con cui non gli è restato che esprimere “la rabbia dichi insieme a tanti altri ha provatoper un anno a costruire sul campouna forza ed una rispostaalternativa. E che ha visto il 31marzo a Milano e soprattutto il 27ottobre a Roma delinearsi una possibilità reale di successo. Ma non èandata così”(1).
Dal Comitato No debitoa Ross@
Ma il pessimo risultato elettorale diRivoluzione civile ha riacceso lesperanze di Cremaschi, chedunque ha subito inaugurato unaltro di quei “cantieri” da cui,impastando sempre la stessamalta, spera di tirar su un “nuovo”manufatto. E così, l'11 maggioscorso, è nata a Bologna, a partire
dall'appello “Per un movimentopolitico anticapitalista e libertario”, Ross@, acronimo di Resistenza, Organizzazione,Solidarietà, Socialismo, A comeanticapitalismo, antipatriarcato,antirazzismo, antifascismo,ambientalismo (e chi più ne ha,più ne metta).Si tratta, a ben vedere, del tentativoartificiale, sulla base di presuntecomuni “radici comuniste e libertarie”, di mettere insieme esperienze politiche tra loro moltodiverse. Tra i firmatari ci sono dichiarati difensori dello stalinismo(come i rappresentanti della Retedei comunisti) e attivisti che si proclamano antistalinisti (come lametà turigliattiana di Sinistra Critica che è confluita in questo progetto). Per questo, nel testo noncompare alcuna chiara e nettacondanna dello stalinismo per lasconfitta che ha inferto alla classeoperaia nel secolo scorso; mentre,parallelamente, si strizza l'occhioalle deviazioni opportuniste delcastrochavismo (significativol'elogio del presunto “socialismodel XXI secolo”).Di più: nel programma propostonon si mette in discussione il capitalismo in quanto tale. Comeemerge dalla piattaforma rivendicativa, si attacca solo “questo capitalismo”, neoliberista e finanziario,come se esistessero modelli capitalistici più “umani”. E non è finita,perché il documento finale approvato dall'assemblea annovera fragli “avversari il governo Napolitano Letta Berlusconi, il suo programma e chi lo sostiene”, nonché“la politica di austerità della Troikaeuropea e la sua traduzione nellerelazioni sindacali con il pattocorporativo tra Cgil Cisl Uil(2) eConfindustria”, mentre invece,con una bella strizzatina d'occhio,il centrosinistra viene blandito conun ben più indulgente “altro danoi”.
Un progetto che nondecolla
Mentre scriviamo, è passato unmese da quell'assemblea(3). La lista delle adesioni sul sito web delnuovo soggetto – rigorosamenteindividuali(4) – elenca malinconicamente poco più di trecentonomi. Le assemblee territoriali(secondo lo schema già praticatoda Rivoluzione civile), che dovrebbero preparare un altroincontro nazionale a settembre epoi una manifestazione nazionale in ottobre, stentano a decollare e si respira molto pocoentusiasmo negli ambienti diquella sinistra che dovrebbe darelinfa e gambe a questo progetto.Cremaschi stesso si è perciò vistoobbligato a scrivere una lettera achi ha aderito al documento persollecitare un maggiore impegnonella costruzione territoriale chead oggi latita.Abbiamo dichiarato che un progetto così raccogliticcio, confuso, posticcio e ambiguo non ciinteressa. Nondimeno, lungi dalguardare con sufficienza al suopercorso, torneremo ad analizzarne gli sviluppi. Certamente,però, ad oggi non può nontornarci in mente la scaramantica osservazione che lo stesso
Cremaschi ha fatto nella relazione introduttiva dell'assembleadell'11 maggio, notando che, infondo, non è stato esattamentebeneaugurante organizzare unatto di nascita proprio nel luogoche celebrò una ben più famosasepoltura. Quella del più grandepartito comunista occidentale:la Bolognina!
Note
(1) Http://blogmicromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2012/12/18/giorgiocremaschiiocistomaperfareche/.(2) Non sono dunque le burocra
zie sindacali in sé ad essereconsiderate “avversarie” di unsimile progetto!(3) Sì e no un centinaio di presenti – e non già i 300strombazzati dagli organizzatori– di età media parecchio alta,molti burocrati sindacali o dipartito, una serie di piagnucolosiinterventi e dolenti recriminazioni sugli errori commessi:insomma, non proprio unbell'inizio!(4) Ma si riconoscono, benchétravestiti da militanti qualunque,i “colonnelli” ferreriani, piazzatilì dentro per occupare per tempoi primi posti.
UnaBologninaperRoss@?Il “cantiere”di Cremaschi arranca
FFrroossiinnoonneeProsegue la vertenza dei 270lavoratori della ex Multiservizi dicui era maggiore azionista laRegione fino al 2006 (con il 49%delle azioni) che svolgevanoattività presso tre enti pubblici –Provincia di Frosinone, Comune diAlatri e Comune di Frosinone – eche adesso sono aggrappati allacassa integrazione che termina il30 giugno, con scarse possibilità direimpiego. Questi lavoratori, exlavoratori socialmente utili, sonostati retribuiti per dieci anni dallaRegione, anche se erano alservizio degli altri enti citati, per poipassare alla “Frosinonemultiservizi” che, grazie alle lottedei lavoratori negli anni, ha dovutofare altre assunzioni.Successivamente, per unagestione scriteriata la societàmultiservizi è stata posta inliquidazione e sono stati tagliatisalari e posti di lavoro. Dopo variping pong di responsabilità tra glienti suddetti, non si è approdati auna soluzione che permettesse ai270 lavoratori di mantenere ilposto di lavoro. Nonostante la
situazione drammatica dal puntodi vista occupazionale, la vertenzacontinua nelle lotte quotidiane.GGrroosssseettooLe ex lavoratrici della Mabro hannocontestato a muso duro ilpresidente della Regione ToscanaEnrico Rossi e l'assessoreGianfranco Simoncini nell'ultimoincontro avuto con negli scorsigiorni sul loro futurooccupazionale. Dopo la chiusuradell'azienda, le lavoratrici sono sullastrico, aggrappate soloall'elemosina sociale della cassaintegrazione, mentre le istituzioniborghesi e i loro rappresentantipolitici sono impegnati nelprendere tempo attraverso tavoliistituzionali per cercare nuovipadroni che sostituiscano l'altro. Inquesta situazione d'impasse, lelavoratrici continuano, per quantopossibile, a tenere in piedi uncomitato di lotta.BBeerrttiinnoorroo ((FFCC))Prosegue la lunga vertenza deilavoratori della Cte, fabbrica diBertinoro, paese della Provincia diForlìCesena, in lotta contro il
licenziamento. Gli operai avevanoanche occupato la fabbrica dopouna lunga mobilitazione che vaavanti dalla fine dello scorso anno.GGuurrggaaoonn ((IInnddiiaa))È partito un appello internazionalein appoggio ai lavoratori dellaMaruti Suzuki, incarcerati perinsubordinazione in seguito a unavera e propria cospirazioneantioperaia. Infatti, dopol'annuncio di 2500 licenziamenti ela conseguente mobilitazione, 147lavoratori tra essi sono statiarrestati e sono incarcerati dalluglio dello scorso anno perché sisono ribellati all'espulsione dallafabbrica. Un'azienda dove èproibito rivolgersi all'infermeria seun lavoratore sta male durante iturni di lavoro, o andare in bagnose non durante le due pauseprogrammate; se un lavoratore stain malattia per 34 giorni gli vienedecurtato la metà del salario; isuperiori possono schiaffeggiaree ridicolizzare gli operai sul postodi lavoro. In sostanza siamo inpresenza di un regime lavorativo disemischiavitù. La presa di
coscienza operaia ha portatoall'arresto di buona parte di loro.Per questo chiediamo l'immediatorilascio degli arrestati eesprimiamo la nostra solidarietàinternazionalista ai lavoratori inlotta della Maruti Suzuki WorkersUnion.LLaatteerrzzaaProsegue la mobilitazione deilavoratori della Natuzzi di Laterzache dopo lo sciopero di qualchesettimana fa continuano adopporsi all'intento della famigliaNatuzzi e del suo management diridurre la presenza in fabbrica deilavoratori al 50%. Queste misureantioperaie avvengonononostante Regione Puglia,Regione Basilicata e governonazionale abbiano regalato circa100 milioni di euro in tre anni perconvincere i padroni del salotto anon dare seguito ai paventatilicenziamenti annunciati circa unanno fa. La tattica è sempre quella.Minacciare licenziamenti perottenere tanti soldi pubblici difinanziamenti mentre si continua amaltrattare i lavoratori, tra cassa
integrazione e nuovi annunci diesuberi. Alternativa comunistaPuglia è stata l'unica forza politicache ha sempre ritenuto che laNatuzzi andasse espropriatasenza indennizzo e dovesseessere gestita direttamente da uncomitato di lavoratori elettodemocraticamente al propriointerno. La tattica padronale è
sempre la stessa. Alzare il tiro conminacce di licenziamenti,lavoratori in cassa integrazioneper poi chiedere (ed ottenere)cospicui soldi pubblici specie dalgovernatore Vendola, abituato adelargire ricche prebende a tutti ipadroni che fanno affari sulterritorio pugliese.
LLoottttee ee MMoobbiilliittaazziioonniiRubrica a cura di MMiicchheellee RRiizzzzii
4 Estate 2013 PROGETTO COMUNISTALAVORO E SINDACATO
Cgil,Cisl e Uil (con l'avallo della Fiom)consegnano i lavoratori ai padroni
Ilpattoscelleratosullarappresentanza
Alberto Madoglio
Come abbiamo giàscritto in passato, la crisi economica mondialenon si limita a falcidiare
il salario e il welfare pubblico deilavoratori, ma intacca in profondità anche diritti “democratici” che sembravano acquisitiuna volta per sempre.Dopo l'accordo del 28 giugno2011, attraverso il quale si èschiusa la possibilità che ilcontratto nazionale di lavoropossa essere derogato in peggioa livello locale e aziendale, alla fine di maggio è stato siglato daConfindustria, Cgil, Cisl e Uil,l'accordo sulla rappresentanzanelle imprese, che infligge unaltro durissimo colpo ai dirittidei lavoratori.Con la sigla di questo patto sicerca, non di normalizzare, madi espellere il conflitto di classedalle fabbriche e dagli uffici,concedendo nei fatti ai padronila possibilità di agire indisturbati, senza che i sindacatipossano in qualche modoopporsi.Imprenditori, burocrati sindacali e la totalità dei mezzi diinformazione borghesi, parlanodi accordo storico che consentirà a tutti, padroni e operai, dioperare in un clima di maggiorecollaborazione per il bene ditutti.
Cosa prevede l'accordoNon ci sono assolutamentedubbi che si tratti di un avvenimento di importanza storica, mache questo possa in qualche modo favorire anche la classe lavo
ratrice è assolutamente falso.Dicevamo che l'accordo del 28giugno aveva nei fatti cancellato,con la possibilità di deroghepeggiorative, l'importanza delcontratto nazionale di lavoro. Leclassi dominanti italiane non ritenevano però sufficiente questapur rilevante vittoria. Bisognavacompletare l'opera, rendendoimpossibile ogni opposizioneorganizzata da parte dei lavoratori ai diktat padronali. E quiinterviene l'accordo sullarappresentatività sindacale chetentiamo di analizzare.Si stabilisce che possano partecipare alle contrattazioni nazionali solo i sindacati che, in base auna media tra iscritti certificati,cioè noti ai padroni, e voti nelleelezioni in azienda, rappresentino almeno il 5% dei lavoratori inuna categoria. A prima vista potrebbe sembrare una grandeconquista democratica, ma inrealtà non è così. È noto, infatti,che in moltissime aziende sidiscriminano lavoratori per ilsolo fatto che aderiscano asindacati non graditi ai padroni.Per evitare tutto ciò molti operaidecidono di iscriversi direttamente al sindacato: questecentinaia di migliaia di proletarisfuggono quindi alla “certificazione ufficiale” e vedono negati illoro diritto a essere rappresentati.Si prevede la cosiddetta esigibilità degli accordi, il fatto cioè cheuna volta siglati dal 50% più unodei sindacati rappresentati inazienda e ratificati da unaconsultazione dei lavoratori(che può avvenire anche senza ilvoto segreto, limitando dunque
la possibilità per un lavoratore diesprimersi senza il timore di minacce o rappresaglie), questinon solo diventano validi, macontro di essi non ci si puòopporre: il sindacato che volessescioperare sarebbe passibile disanzioni e perderebbe la possibilità di fare propaganda, proselitismo e di partecipare alleelezioni delle rappresentanzesindacali in azienda. Ma la veradiscriminante, quella che determina il carattere assolutamente reazionario dell'intesa, èla premessa che stabilisce chesolo i sindacati che la firmanopossono entrare nei luoghi di lavoro.Quindi cosa abbiamo in sostanza? Un accordo in cui, neifatti, si creano dei sindacati diStato, aziendali nel senso più deleterio del termine, che cioè nontutelano i lavoratori ma gli interessi delle aziende e dei loro padroni. Chi non accetta lapremessa è condannato a unasorta di clandestinità, oggi solosostanziale, ma in futuro, nonpossiamo escluderlo, ancheformale.E non basta. Se un sindacatocambiasse idea e volesse scioperare (o anche soltanto ricorrerein tribunale) contro accordi cheritiene ingiusti, passerebbe, come già spiegato, automaticamente in questa specie di“illegalità”.
La burocrazia Fiom gettala maschera
Se non stupisce che l'accordo siastato sottoscritto dalla Camusso,qualcuno potrebbe essere
sorpreso dal fatto che Landini,segretario della Fiom, abbiaapplaudito all'intesa. Noi, alcontrario, non siamo assolutamente sorpresi da una similescelta.Negli ultimi mesi la Fiom ha viavia abbandonato i toniconflittuali: parliamo di toniperché la sostanza della suaazione rivendicativa è statasempre molto moderata.Prima ha offerto a Federemeccanica la pace sociale nelle fabbriche in cambio del suo ritorno altavolo della trattativa. In Fiat hasostituito gli scioperi, isolati e limitati nel tempo, con i ricorsialla magistratura borghese. Daultimo ha accettato di riconoscere l'accordo del 28/6/11.Perché stupirsi dunque? Si ètrattato solo dell'approdo finaledi un percorso iniziato tempo fa,e che ha subito un'accelerazionegrazie al clima di unità nazionaleche il governo delle “larghe inte
se” (con l'opposizione compiacente di Sel di Vendola, che haavuto il pieno sostegno dellaFiom alle ultime elezioni politiche) ha creato.
Un accordo repressivonon fermerà i lavoratori
Il senso di questo accordo è chiaro. Di fronte a una crisi che siavvita sempre di più, con il calodrammatico dell'occupazione econ il crollo dei salari, padroni,partiti borghesi e burocraziesindacali si attrezzano peraffrontare l'esplosione socialeche tutti prevedono scoppierà inItalia in un prossimo futuro.Purtroppo per loro ogni tentativo sarà inutile. Gli eventi di questi anni, e da ultimo lo scoppiodella rivolta in Turchia, in cuicentinaia di migliaia di giovani elavoratori protestano controuna situazione per loro non piùsostenibile, provano che nessu
na repressione preventiva, nessun apparato sindacalepreoccupato solo di tutelare sestesso, possono nulla quandoesplode la rabbia delle massesfruttate.I militanti classisti presenti ogginella Fiom, nella Rete 28 Aprilecosì come nei vari sindacati dibase (Cub, Usb, Si.Cobas, ecc.),devono abbandonare ogni titubanza, ogni settarismo e cominciare a coordinarsi a partiredalle varie lotte presenti oggi nelPaese, contribuendo a far sì chesi unifichino e estendano, preparando le condizioni diquell'esplosione sociale cheterrorizza padroni e burocrazie,ma che è l'unica possibilità dellemasse per salvarsi dalla miseria edalla disperazione. Come Partitodi Alternativa Comunista ciimpegniamo perché ciò avvengaal più presto.
Massimiliano Dancelli*
Dopo l'illusione di poter tornare al tavoloverde delle trattativedalla porta principa
le delle elezioni, con la speranzaper niente celata, anzi apertamente suffragata, di una nettavittoria del centrosinistra, laFiom e il suo segretario Landinisi sono rassegnati a chinarsi allelogiche di chi questo gioco gestisce: i padroni.
Una resa di fattoDopo mesi di assurde e nefastepolitiche di attendismo ecompromesso – politiche cheAlternativa comunista hasempre denunciato – l'ultimaspiaggia rimasta al segretariogenerale della Fiom e ai suoicortigiani per sperare di poterattingere ancora dalla tortadella concertazione (un'altraFiat non sarebbe sopportabileper la sopravvivenza della bu
rocrazia e dell'apparato Fiom)era quella di alzare definitivamente bandiera bianca, proponendo a Confindustria a aglialtri due sindacati confederali(FimCisl e UilmUil) una tregua dal sapore della resa, sulpiano non solo della conflittualità (già scarsa da tempo) mapersino per quanto riguarda ilritiro di tutte le cause aperte neitribunali della giustizia borghese. Una distensione offerta incambio di un ritorno al dialogotra le parti, atto a poter esserenuovamente riconosciuti, dalmomento che la legge sullarappresentatività e agibilitàsindacale in ambito contrattuale pareva naufragata con lo tsunami elettorale subitodall'accoppiata PdSel.Subito dopo Landini ha espresso soddisfazione per l'accordosulla rappresentanza recentemente firmato dalla Camusso(Cgil) con Cisl, Uil e Confindustria: “in mancanza della legge,
ben vengano intanto gliaccordi, anche se inapplicabiliper il momento in Fiat, inquanto fuori da Confindustria”:queste le parole espresse daLandini, ben rappresentativedel definitivo passo indietro deivertici del maggiore sindacatoitaliano dei metalmeccanici.L'accordo del 28 giugno 2011sulla possibilità di derogare alcontratto nazionale e persinoalle leggi, tanto osteggiato a suotempo, viene ora applauditodurante la sua formalizzazione:si tratta di un patto ignobile, stipulato tra padroni e coloro chedovrebbero rappresentare gliinteressi dei lavoratori che ha ilsolo intento di eliminare le altreorganizzazioni sindacali dallefabbriche, dando modo adentrambe le “parti sociali” di reprimere meglio il dissenso tra ilavoratori e negando di fatto, adifferenza di come viene presentato, la democrazia nei luoghi di lavoro.
Le tranquille passeggiatein compagnia
Per nascondere la realtà ai lavoratori e indorare la pillola specialmente alla propria base e aidelegati, si continua a propinare una finta opposizione basatasu piattaforme di generico richiamo ai diritti e al lavoro masenza soluzioni concrete. Èstata organizzata a maggio unamanifestazione a Roma a cuinon verrà data la giusta continuità e che ha avuto più il sapore di una tranquilla gita incompagnia che di una realegiornata di lotta. Del resto noi
già in passato abbiamo denunciato la mancanza di veraopposizione (al di là dei proclami) da parte della Fiom allepolitiche antioperaie che i varigoverni ci hanno propinato.Non a caso e non per mancanzadi volontà loro, negli ultimiduetre anni i lavoratori metalmeccanici hanno subito ognigenere di attacco: dall'innalzamento dell'età pensionabile alpeggioramento delle condizioni di vita nelle fabbriche. E laFiom? prima alzava la voce e poisi barricava nei tribunali e organizzava di tanto in tantotranquille passeggiate nellecittà, preoccupandosi tra l'altrodi tenere fisicamente ben divisii lavoratori.Le necessità per la classe operaia erano ben altre, c'era bisognodi unità tra i lavoratori, ma nonl'unità tra i sindacati al tavolodella concertazione a cui si richiama ora Landini, piuttostoun'unità d'intenti su piattaforme di lotta e di conflitto fortecontro gli interessi del padronato. Del resto la politica dellaFiom di rinuncia alla lotta da unlato e di opposizione parolaiadall'altro non ha giovatoneanche alla propria burocra
zia. Se per un verso i lavoratorivedevano nella Fiom l'unicobaluardo a difesa dei propri diritti, di contro i padroni hannocolto la palla al balzo per estromettere il sindacato dallefabbriche e da tutte le trattative,cioè allontanandoli dai lavoratori e mettendone a rischio lasopravvivenza stessa, da qui ivistosi passi indietro degli ultimi tempi.
Cosa serve ai lavoratori?Ai lavoratori, serve ben altro checontrattare coi padroni aumenti di orario di lavoro, riduzioni salariali, restrizioni deidiritti o cassa integrazione,ovverosia solo quanto hanno daoffrire i padroni in tempo di crisi. Bisogna rompere con la logica della concertazione cara soloai padroni e utile soltanto per ilmantenimento dei privilegi deifunzionari sindacali. Ai lavoratori non serve un sindacato diservizi, ma un sindacato che difenda realmente i loro interessiimmediati e futuri, un sindacato che tuteli il posto di lavoro,che sappia mettere gli interessidegli operai davanti agli interessi di un qualunque funzionario. Per ottenere qualcosa
non ci si deve né sedere ad untavolo né scendere a patti ignobili col padrone, e neppure ci sideve barricare nelle aule di unagiustizia che non ha mairappresentato né tutelato laclasse degli sfruttati.Solo la lotta paga! Ne sono unesempio i facchini delle cooperative del settore della logistica,che stanno dimostrando comesolo non piegando la testa,senza compromessi, senza farsiintimidire sono riusciti astrappare dei risultati concreti ebuone prospettive per il futuro.Per questo motivo noi diAlternativa comunista continueremo ad appoggiare la lottadi questi lavoratori, a portareloro la nostra solidarietà ed ilnostro aiuto militante. E per lostesso motivo, fino a che la lineapolitica non prenderà una direzione rivoluzionaria, seguiremo a dare battaglia econtinueremo ad opporci allescelte di Landini, della Camusso e di tutto il gruppo dirigentedi quei sindacati: o state coi padroni o state con gli operai!(13/6/2013)*Direttivo Fiom Cremona,Rete
28 aprile
L'appoggio di Landini all'accordo siglatoda Cgil, Cisl, Uil e Confindustria
LaresadelladirezioneFiomalpadronato
PROGETTO COMUNISTA Estate 2013 5LOTTE DELLA LOGISTICA
Oraesempre...facchiniinrivolta!Continua la lotta esemplaredel movimento operaio della logisticaAdriano Lotito
Non accenna a placarsi il ciclo di lottenel campo logistico,una mobilitazione
senza dubbio all'avanguardianel panorama piuttosto smortodel conflitto sociale nel nostroPaese. Il movimento dei lavoratori delle cooperative dellalogistica ha dimostrato in tuttiquesti mesi una combattivitàradicale e una determinazionesenza pari nel portare avanti leproprie giuste rivendicazioni,andando incontro a una sistematica repressione da partedelle istituzioni e della polizia.
Lo sciopero del 15maggio
Dopo lo scorso sciopero del 22marzo, il 15 maggio si è avuto ilsecondo sciopero generale delsettore, indetto da Si Cobas, AdlCobas e Conf. Cobas Privato, riscuotendo una grande adesione ed estendendosi a moltecittà. Dall'Interporto di Bologna, alla Cittadella della Logistica di Padova, a tutte le altrerealtà della logistica (Bartolini,Tnt, Artoni, Gls, Dhl, Sda, ecc),per l'intera giornata del 15 si sono susseguiti blocchi totalidella circolazione delle merci emolti magazzini hanno dovutochiudere interamente. A Milano, Piacenza, Brescia, Bologna,Verona, Padova, Treviso, Torino, Ancona, Roma i lavoratorisono scesi in sciopero, sostenuti da numerose organizzazionipolitiche e sociali, tra cui ilCoordinamento di lotte No Austerity, che fin dall'inizio a so
stenuto le lotte del settore e hapartecipato agli scioperi indettinel Milanese, a Piacenza e allaGranarolo di Bologna.Il perno dello sciopero ruotavaintorno al rinnovo delContratto nazionale di categoria, scaduto il 31 dicembre2012, ma in realtà questa mobilitazione guarda oltre, mira amettere in discussione il sistema capitalista in quanto tale, equando lotta, fa male ai padroni. Non a caso questa lotta èstata costellata da una serie sistematica di tentativi repressivi, culminata proprioall'indomani del 15, quandouna delibera della Commissione di garanzia per gli scioperiha inserito la movimentazionee il trasporto merci tra i servizipubblici essenziali, con laconseguente applicazione diuna dura normativa antisciopero. Questo è il ritratto delcapitalismo giunto al suo statodi massima putrefazione eparassitismo: si paragona ilservizio col quale si riempionogli scaffali dei supermercati,con il lavoro in ospedale; lemerci divengono persone, e lepersone divengono merci. Unadelibera accompagnata da unacinquantina di licenziamentipolitici ai danni dei lavoratoriin lotta nel bolognese (Granarolo, Interporto, Coop. Adriatica).
La manifestazione del 1°giugno a Bologna
La risposta operaia a questoennesimo duro attacco al diritto di sciopero si è tradotta inuna partecipata manifestazio
ne tenutasi sabato 1 giugno aBologna, che dopo Milano ePiacenza, è ormai diventata ilterritorio centrale della battaglia della logistica. Il corteo del1 giugno è stato partecipato daalcune centinaia di lavoratori,sostenuti dai centri sociali econ un presenza consistentedei militanti di Alternativa Comunista, che hanno sostenuto ilavoratori della logistica findalla lotta alla Esselunga diPioltello. Durante la manifestazione si sono avuti slogan inparticolare contro le istituzionie la Commissione di garanzia,accusate a ragione di applicaredelle politiche repressive inaudite e giuridicamente nonfondate. L'unica nota manifestamente negativa è stata l'assenza pressoché totale di altresigle sindacali di base,all'infuori di singoli attivisti.
La lotta non si ferma: ilblocco alla Tnt di
Orbassano
La mobilitazione riparte seigiorni dopo, il 7 giugno, con losciopero e un serrato fermodelle merci alla Tnt di Orbassano (Torino) dove i lavoratori sono riusciti a ottenere dalpadrone della cooperativa lecondizioni avanzate nella lotta.Ma il presidio permanente rimane a oltranza fin quandonon verranno ratificati gliaccordi. Un'altra dimostrazione del livello avanzato dellamobilitazione, che non cededavanti alle promesse dei padroni, che non si fida del padrone! A ragione! Questa lotta ci hainsegnato che solo rifiutando le
dinamiche concertative sostenute dalle direzioni dei sindacati confederali è possibileottenere anche le più minimerivendicazioni salariali e occupazionali. Tutto questo mentreCamusso e Landini accettanol'accordo sulla rappresentanzache sigilla la controffensivaconfindustriale. Non a caso laCgil è stata uno bersagli principali della manifestazione del 1giugno di Bologna, quando i lavoratori si sono fermati davantialla sede regionale del sindacato, lanciando invettivecontro la Camusso.
Le prospettive delconflitto
Sempre a Bologna, il percorsoriapre il 16 giugno, in occasione
di un'assemblea di confronto ediscussione in cui si decideranno le azioni per il prossimoperiodo, a partire dall'opposizione alle misure repressive neiconfronti dei lavoratori, in primis quelli della Granarolo. Crediamo che la lotta debbacontinuare ed estendersi ad unsempre maggior numero direaltà del settore della logisticae non, cercando di unificaretutte le vertenze combattiveche nascono nel nostro Paese eche, rimanendo isolate, sispengono velocemente. Questa mobilitazione, lo abbiamogià scritto, è di fondamentaleimportanza ed è fondamentaleche continui allo stesso livellodi combattività: una mobilitazione che colpisce un settore,quello della logistica, che è di
venuto strategico nell'economia italiana a seguito dellaprogressiva delocalizzazione dinumerosi settori produttivi.Come confermano vari progettiinfrastrutturali in costruzione,dai treni ad alta velocità allaTem (Tangenziale esterna diMilano), la movimentazionedelle merci è centrale dal puntodi vista produttivo per i profittipadronali. Bloccare ad oltranzala circolazione è dunque doveroso per danneggiare il ciclo diaccumulazione del capitale. Èquello che da ormai molti mesista facendo il proletariato deimagazzini. Alternativa comunista è al suo fianco, lo sostieneincondizionatamente e saràpresente a tutte le prossimeiniziative del movimento. Inprima linea. (13/6/2013)
a cura di Riccardo D'Ercole eFabiana Stefanoni
Abbiamo incontrato JaanAli, delegato sindacaleSi.Cobas alla Granarolodi Bologna, che ci ha
raccontato dell'esperienza di lottadel settore della logistica che dapiù di un mese sta mettendo indifficoltà padroni e padroncinidell'Emilia Romagna. Ali è stato licenziato, come tanti suoi altricompagni di lavoro, per lamaggiore immigrati, per non averchinato la testa davanti ai soprusidella cooperativa Sgb, che operanella Granarolo, azienda leadernella produzione di latte e derivatiin Italia. Alternativa Comunista haseguito fin dall'inizio gli sviluppidella lotta delle cooperative – dallaprima lotta all'Esselunga diPioltello a quella all'Ikea di Piacenza fino ai recenti scioperi prolungati nelle cooperative delbolognese – e continua a interessarsi e a portare nelle piazze e davanti ai luoghi di lavoro lasolidarietà attiva ai lavoratori chelottano contro le pessime condizioni di lavoro a cui sono sottoposti e contro i ricatti dei padroni.IlprimoscioperoallaGranarolorisale a poco più di un mese fa,quando i lavoratori della coope
rativa Sgb (che aveva l'appalto deltrasporto merci da parte della Granarolo) hanno protestato control'abbassamento del salario del35%. Dall'azienda, dopo i tavoliconcertativi con la Cgil, non ègiunta alcuna risposta: la Cgil haaccettato le condizioni dei padroni, rinunciando a qualsiasi formadi protesta. Così i lavoratori hannodeciso di autorganizzarsi con ilSi.Cobas: come per i facchini delpolo logistico di Piacenza, il sindacato di base è diventato unimportante strumento di lotta perportare avanti una battaglia duracontro il padrone, come ricorda illoro slogan più urlato nelle manifestazioni: “Lotta dura senza Paura!”. Di sicuro ciò che ci interessasottolineare è che la battaglia deilavoratori della logistica è il puntopiù avanzato dello scontro di classe in Italia: una lotta animata, nonacaso,dalavoratoriimmigrati,chesubiscono una doppia oppressione nei luoghi di lavoro, anche acausa del ricatto della legge BossiFini (che li obbliga ad avere uncontratto di lavoro per ottenere ilpermesso di soggiorno). La situazione di riscatto e sfruttamentoselvaggio si è trasformata in unalotta dura, senza compromessi,che sta mettendo in seria difficoltài padroni e i loro profitti.
Le mancate risposte della Sgbhanno spinto i lavoratori a proseguire sulla strada della lotta, conscioperi e picchetti prolungati davanti alla Granarolo. Uno scioperoriuscitissimo, con partecipazionealtissima. La Granarolo, con il sostegno degli apparati repressividello Stato borghese (la polizia inassetto antisommossa era semprepresente durante i picchetti) e conla complicità della commissionedi garanzia sugli scioperi, ha risposto dichiarando illegittimo losciopero perché “non ha garantitol'usufrutto di merce pubblica necessaria”. Subito dopo decine difacchini sono stati licenziati.Il 1° giugno una grande manifestazione a Bologna (a cui erano presenti anche i compagni diAlternativa Comunista) ha chiestoil reintegro dei lavoratori licenziati. Mentre scriviamo, la Granarolo ha annunciato di volertogliere l'appalto alla Sgb (“perdanno d'immagine”): la logisticapasserà alla cooperativa Ctl. Nessunagaranziaperoraperifacchinilicenziati, anzi: provocatoriamente, la Ctl ha annunciato che“rientreranno solo quelli che nonhanno mai partecipato ai blocchi”.Una dichiarazione che dimostral'arroganza dei padroni, che vogliono discriminare chi ha esercitato un proprio diritto: il diritto discioperare contro la decurtazionedei salari. I lavoratori non sifermano e intendono portareavanti la lotta fino a quando tutti ilavoratori che sono stati licenziatinon saranno reintegrati e siriapproprieranno di un posto dilavoro tale da permettere condizioni di vita dignitose.
Siamo qui con Jann Ali, lavoratore originario del Pakistan, delegato sindacale del Si.Cobas allaGranarolo di Bologna, che ciracconta con le sue parole la loro
lotta e ci parla anche dei licenziamenti politici che hanno subito ilavoratori. Ci racconti come eperché è iniziata la vostra lottaalla Granarolo?La nostra lotta è cominciataintorno al primo maggio, quandoavevamo comunicato all'aziendala volontà di scioperare contro i tagli agli stipendi del 35%. Ad oggi (5giugno, ndr) è un mese e diecigiorni che siamo in lotta. Andiamoavanti nella battaglia consapevolidel fatto che questa è una lotta dura e lunga. Ciò che si legge negliarticoli non è quello per cui lottiamo. A noi non interessa se la Granarolo manda via Sgb e haintenzione di appaltare il lavoro adun'altra cooperativa. A noi interessa che i licenziamenti venganocancellati e che ci sia il reintegroper tutti. Per questo andiamoavanti e attendiamo risposteconcrete.
Avete deciso di organizzarvi nelSi.Cobas, in un sindacato di base.Infatti dalle vostre dichiarazionirisulta che avevate constatato laCgil si è schierata con i padroni, eha approvato i tagli agli stipendi.Sì hanno firmato, come fannoovunque. Si siedono al tavolo delletrattativeesvendonoidirittidei lavoratori scendendo a compromessi con i padroni.Tutto qua.
Avete dato vita a questi scioperimolto partecipati, avete fatto deipresidi davanti alla Granarolo edavanti ad altre aziende del bolognese e sempre i lavoratori si sono dimostrati compatti e decisinella lotta.Ce ne parli?Si questo è vero. Abbiamo partecipato a tutti gli scioperi indetti finoadoraessendosolidalicontutti.Sesi sciopera per i nostri diritti noiandiamo avanti e ci dimostriamouniti nella lotta, ovunque. Non c'èdifferenza fra i lavoratori della
Granarolo o quelli della coopAdriatica o delle altre cooperative.La lotta ormai riguarda tutti, è unabattaglia per i diritti dei lavoratori.Tutti.
Proprio perché lo sciopero è riuscito danneggiando la produzione, c'è stata una dichiarazionedella commissione di garanziache sosteneva l'illegittimità degliscioperi in quanto non hannopermesso la regolare distribuzione di “merce pubblica essenziale”. Di sicuro un pretesto perlegittimare i licenziamenti. Secondo noi è la dimostrazione chela vostra lotta ha fatto paura aipadroni.Sei d'accordo?Sì,questoinfatti risultaesserestrano.LamercedellaGranarolononèaffatto come le medicine che, senon arrivano dove è necessarioche arrivino, c'è gente che ne risente in maniera grave. Durante lamanifestazione di sabato 1° giugno siamo stati davanti alla prefettura contro la commissione digaranzia sostenendo la legittimitàdi questo sciopero. Lo sciopero èregolare perché lottiamo per i no
stri diritti che sono dimenticati daipadroni. Lottiamo perché vengacancellata la disposizione del taglio degli stipendi del 35 % e per ilreintegro di tutti i licenziati.Quando avremo raggiunto questoobiettivo potremo considerare labattaglia vinta.
Un licenziamento politico.Mentre sabato per le strade diBologna sfilava la bellissima manifestazione (a cui abbiamopartecipato), la Cgil firmava conConfindustria un vergognosoaccordo che ridimensiona fortemente il diritto di sciopero. Questo sottolinea l'importanza dellavostra lotta anche sul terreno nazionale. Credi che il diritto disciopero debba essere garantitosempre?Sì, lo credo. Il diritto di scioperodeve essere sempre garantito proprio perché è un modo con cuiaffrontareiproblemiedifenderelanostra dignità. Ci siamocomportati sempre in modo regolare, avvisandoli del fatto che
Granarolo:lottaduracontroilicenziamenti!Intervista a Jaan Ali,delegato sindacale Si.Cobas alla Granarolo di Bologna
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6 Estate 2013 PROGETTO COMUNISTALOTTA DI CLASSE
a cura dellasezione PdAC Vicenza
Alle Accierie Valbruna diVicenza, quasi 1.500 dipendenti nel solo sito diviale della Scienza, si sta
procedendo al licenziamentocollettivo, per riduzione di personale, di 52 lavoratori.I nomi dei lavoratori che farannoparte di questo gruppo, mentrescriviamo, non si conosconoancora, a parte dieci che, invece,sono già stati individuati e chefanno parte della“Squadra MinutoMantenimento”, unità del riorganizzato servizio di manutenzioneche ora l'azienda ha deciso disopprimere per prima, licenziando i dieci lavoratori.L'azienda, per giustificare il licenziamento di questi operai,afferma che questo gruppo ècomposto di personale caratterizzato da “skill professionali inadeguate e di basso livello privipressoché di qualsiasi specializzazione..”I lavoratori, invece, denunciano:“la costituzione di quella 'squadretta'èstatopernoiunveroeproprio declassamento. Noi eravamooperai in produzione, ci hannomesso a spazzare il piazzale, spalare la neve, tirar su l'acqua piovananegli uffici, ripulire armadietti. Un'demansionamento' completo” eci dicono: “la Valbruna cavalca lacrisie licenziaoperai invalidieprovenienti da malattia o infortuni,nel frattempo apre nuovicapannoni e assume nuovo personale”.“Sono licenziamenti odiosi e chepotrebbero essere letti in una logica di selezione della razza”commenta un ex sindacalista, cheora ha ottant'anni, intervenuto persolidarizzare con la lotta dei lavoratori.Gli operai sono stati abbandonati alorostessidaiburocratisindacalidiFiomFimUilm nonostante questi stessi burocrati avessero dichiarato alla stampa: “sonolicenziamenti ingiustificati ediscriminatori”. Nel frattempo,anche perché in fabbrica non sonoancora conosciuti i nomi degli altri42 interessati al licenziamento, ilricattoelapaurasonofortie lasolidarietà stenta a manifestarsi.I lavoratori della “Squadra Minuto
Mantenimento” si sono rivolti alsindacato Cub (ConfederazioneUnitariadiBase)chedapocopiùdiun anno ha aperto una sede sindacale a Vicenza. La Cub ha organizzato momenti di lotta, presidi,volantinaggi e conferenze stampaperdenunciarequantosivolevafarpassare sotto silenzio. Di particolare importanza il presidio organizzato, il 24 maggio scorso, con lacollaborazione di “No AusterityCoordinamento delle lotte”. Sottouna pioggia battente, operai delegati della Fiom e della Cub Ferraridi Maranello, come portavoci delcoordinamento, sono stati davantiai cancelli della fabbrica, insiemeai lavoratori della famosa “squadretta” della Valbruna, ai rappresentantidellaCubVicenzaeadunadecina fra lavoratori e studenti ecompagni del Pdac arrivati in solidarietà. Anche in quest'occasionele burocrazie sindacali concertative non si sono smentite. È arrivatoun comunicato dalla Fiom di Modena, appeso in bacheca dentro lafabbrica e diffuso alla stampa, incui la Fiom di Modena smentiva lapresenza di suoi delegati al presidio del 24 maggio e diffidava diusare il simbolo e il nome dellaFiom!Incredibile! Non solo i delegatiFiom c'erano veramente (comepoi confermato da un comunicatoreso pubblico dallo stesso Coordinamento No Austerity) ma soprattutto quest'atto rendeevidente la reale preoccupazionedi queste burocrazie sindacali:hanno paura e ostacolano, in tutti imodi, l'unità e la solidarietà dei lavoratori!È chiaro che quello che sta succedendo all'interno dellaValbruna, ilclima di ricatto, di divisione fra i lavoratori e di paura, è possibile solocon l'attiva collaborazione di certisindacalisti.Prima di questi annunciati“esuberi” in azienda sono avvenuti altri licenziamenti, in questo caso“individuali”, come il licenziamento di G., operaio che si trova aVicenza dopo aver, anni fa,abbandonato la sua città nel sudd'Italiaperaverelapossibilitàdiunlavoro, e al quale chiediamo diraccontarci la sua storia.
Per quanti anni hai lavoratonell'AcciaierieVabruna?
Ho lavorato circa undici anni. I primi mesi tramite agenzia interinale,poi sono stato assunto concontratto formazione e poi è arrivata l'assunzione a tempo indeterminato. Lavoravo nel repartotrafila, facevoancheiturnidinotte.Ho fatto delle proposte per migliorare il lavoro che era pesantissimoe che, ad un certo punto, non riuscivo più ad affrontare da solo, hochiesto in alcuni momenti di essere affiancato da un'altra persona.Inoltre, a causa del ritmo veloce dellavoro, in quelle condizioni, hosubito un infortunio al braccio. Lemie proposte avrebbero, secondome, risolto diversi problemi e miavrebbero messo in condizioni dilavorare in modo più efficace e conminor rischio. Queste mie richieste hanno causato lo scontro conalcuni preposti e caporeparto.Senza giustificazioni mi hannotolto dalla macchina su cui lavoravo e mi hanno spostato su unamacchina obsoleta e vecchia, daquel momento intorno a me si èsviluppata un'ostilità nei mieiconfronti da parte dei capi ed'alcuni colleghi. Uno dei prepostiha ordinato ai miei compagni di lavoro che non dovevano più rivolgermi la parola. Alcuni hannoobbedito, quelli che sempre dimostravano ossequio al capo e chepuntavano in qualche modo adavere delle migliori condizioni dilavoro dicendo sempre di sì, altriinvece mi hanno dimostrato solidarietà.
Era meno pesante il lavoro rispetto a quello di prima?No, al contrario. Nonostante il lavoro fosse giornaliero e non facessipiù i turni di notte, il tipo di lavoroera più pesante del precedente, piùmanuale e meno professionale. Daquel periodo è iniziato il climad'isolamento nei miei confronti, ilperiodo dello svuotamento dellemie mansioni professionali ed èiniziata una lunga serie di richiamidisciplinari a mio avviso chiaramente pretestuosi, come quandomi è stato ordinato di spostarmi edi andare a prendere degli attrezzie poi mi è arrivato il provvedimento disciplinare per abbandono del posto di lavoro. Lasituazione continuava a peggiorare e si è aggravato l'attrito fra me e ilcapoarea.
Ti sei rivolto ai sindacati? A chesindacato eri iscritto?Ero iscritto alla Uil, come lamaggior parte degli operai del mioreparto. Ho chiesto aiuto al sindacato ma non ho avuto nessuna risposta, nel frattempo il clima èpeggiorato, alcuni dei mieicompagni di lavoro, in alleanzaconilcapoareaeilcaporeparto,mifacevano addirittura dei dispetticome nascondermi gli attrezzi, omi sporcavano di grasso e polverela macchina su cui lavoravo. La Uil,al posto di far calmare il capo e
condannare il mio isolamento, miha detto che avrei dovuto risolvereil problema mettendo per iscrittola richiesta di cambio del reparto.Ho seguito queste indicazione e hofatto la richiesta scritta e sono statospostato al reparto laminatoio.Dopo un anno circa è cominciata agirare la notizia della creazione diuna“squadretta”, era chiaro a moltiche in quella “squadretta”l'azienda stava facendo confluireoperai con problemi fisici e operaiche si erano, in qualche modo, evidenziati per essersi scontrati conl'azienda. Dopo qualche settimana il caporeparto mi ha detto, a voce, che ero stato convocato daldirettore al personale, in un orarioin cui io non potevo andare permotividi famiglia(dovevoandareaprendere il bambino a scuola). Eroanche molto spaventato perchétemevo i toni arroganti cheavrebbe potuto usare il direttore emisentivofragileperchél'incontrosarebbe stato senza la presenza disindacalisti, sarei stato da solo conlui. Non mi sono quindi presentato. Così è stato il caporepartoad informarmi che dovevocambiare lavoro e sono stato,infatti, inserito nella famosa“squadretta” che chiamavanoallora Squadra di Assistenza Manutenzione.
Che lavoro facevi?Un lavoro “demansionato” e nonpiù in produzione: spazzare ipiazzali, pulire gli uffici dei capi, gliarmadietti dei colleghi, tinteggiarenelle condizioni più disagiate e neiluoghi più disagiati, ecc.Io ho chiesto ai sindacalisti comemai eravamo stati inseriti in unasquadra che si chiamava “Squadradi assistenza manutenzione”mentre nella realtà non assistevamo nessun manutentore e in seguito a questa mia domanda,rivolta ai sindacalisti, è arrivata larisposta dell'azienda che con unmessaggio di posta elettronicainformava il cambio del nomedella squadra in“Squadra di minuto mantenimento”…Nel frattempo il clima di umiliazio
ni, isolamento e disprezzo nei mieconfronti aumentava. Ho denunciato anche che nel repartoerano affissi immagini di Mussolini e della Lega, ho chiesto anche adalcuni sindacalisti di intervenirema non è successo nulla.In tutto questo io ho avuto uncrollo psicofisico e mi sono ammalato gravemente, con forti depressioni, stati d'ansia e attacchi dipanico. Quando sono stato costretto a rimanere a casa per malattia è successo anche che,nonostante fossi stato giustificatodall'Inps, l'azienda non mi ha giustificato e si è trattenuta due settimane di soldi dal mio salario e mi èanche stato fatto un provvedimento disciplinare. È tutto certificato. Dopo quattro anni in cui hocercato giustizia e risposte (hoanche fatto intervenire lo Spisal),in cui mi sono rivolto ai sindacatisenza ottenere né risposte né aiuto(mi rispondevano “non sappiamocosafare”),mièarrivatalaletteradilicenziamento individuale chesubito non ho impugnato perché,dopo dieci anni di iscrizione allaUil, l'avvocato della Uil, sumandato del sindacato, si è rifiutato di farmi la causa e mi ha proposto la conciliazione.Conciliazione che non hoaccettato di fare. Ho capito chiaramente che i sindacati concertativisono dalla parte dei padroni.
Ora, nonostante attualmente seilicenziato e fuori della fabbrica,hai portato la solidarietà e haipartecipato ai presidi,organizzatidalla Cub, contro i licenziamentiannunciati.Non è molto comune,purtroppo,questa reazione.Avere incontrato i compagni dellaCubdiVicenzaèstatocomevederela luce in fondo ad un lunghissimotunnel buio in cui mi sentivo solo,ora non mi sento più solo. La Cubnon aveva iscritti o delegatiquando è successo tutto questo,altrimenti penso che la situazionesarebbe stata diversa. Credo cheanche se non si è sicuri di vinceresicuramente una lotta seria ci sarebbestataeanchecisarebbestato
un lavoro per unire la classe, che èla cosa più urgente.HovistocompagnisiadellaCubsiadella Fiom che, senza conoscerci,sono arrivati da Maranello con ilCoordinamento No Austerity esotto la pioggia sono stati insiemecon noi per protestare. Ho capitoche se anche noi dentro la Valbruna fossimo uniti i sindacati nonpotrebbero stare dalla parte delpadrone come fanno e non succederebbero le situazioni di gravesfruttamento e ingiustizia cheaccadono in tanti posti di lavoro.Era necessario respingere subitocon gli scioperi tutte le situazionid'ingiustizia e i licenziamentiavvenuti e annunciati, non soloqualche ora di sciopero ma scioperi e presidi fino al raggiungimento dell'obiettivo. Invece isindacati proclamano qualche orae poi basta e non incoraggiano lalotta,anzidiffondonoladivisioneela paura.In queste settimane io con altrisiamo andati a fare volantinaggionon solo davanti alla fabbrica maanche in città e davanti all'ospedale perché tutti devono saperecosa sta accadendo, invece FiomFimUilm hanno fatto di tutto pertenere un basso profilo.Spero che alcuni lavoratori dentrola Valbruna possano leggere questa intervista. Non sono purtroppoil primo ad aver subito questa situazione e non sarò l'ultimo. Il miomessaggio è che dobbiamo stareuniti e organizzare la lotta operaia,dobbiamo cacciare i burocratisindacali all'interno dell'aziendache ci hanno portato a questa situazione.Nondobbiamoaccettareil concetto che “chi è licenziato èperché non ha voglia di lavorare” o“se lo meritava”: questo è ilconcetto dell'azienda e dei sindacati che ci tradiscono.Sto lottando, ora, per riavere il mioposto di lavoro che mi è stato toltoingiustamente e lo voglio fare perme ma anche per tutti gli altri.(10/6/2013)
Sfruttamento,divisioni,paura,silenzi,menzogneevogliadiriscatto
AcciaierieValbrunadiVicenza:licenziamentiindividualiecollettivi
stavamo scioperando per i nostridiritti, contro il taglio degli stipendieicontroilicenziamenticheci rendono impossibile vivere.Dalla commissione di garanzia èvenuto fuori che non possiamoscioperare. Secondo me lo sciopero è fra i più fondamentali dei nostri diritti. Se non possiamo vedergarantiti i nostri diritti alloradobbiamo fare sciopero. Ma comepotremmo dimostrare i nostriproblemi se non facciamo sciopero? Se i padroni non ci ascoltano?Scioperiamo per questo!
Sono in gran parte lavoratoriimmigrati i protagonisti di queste lotte e questo ci ricorda lavergognosa legge BossiFini chelegittima i ricatti reiterati dai padroni nei confronti dei lavoratoriimmigrati. Se un lavoratoreimmigrato non possiede uncontratto di lavoro non ottiene ilpermesso di soggiorno: i padronine approfittano per cercare diimporre condizioni salariali e dilavoro da sistema schiavistico...
Ho rinnovato da poco il permessodisoggiorno–diceconunsorriso–ma la legge BossiFini non vaaffatto bene per gli stranieri.Perché? Perché per esempio adesso che siamo stati licenziati e nonabbiamo possibilità di trovare unlavoro come possiamo pensare dipoter rinnovare il permesso disoggiorno? Se non c'è lavoro dovelo prendo un contratto per garantirmi la permanenza in Italia?Credo che l'intento sia anchequello di mandarci via da questoPaese o di utilizzarci come schiavi.Ci sono casi in cui stranieri che vivono da molti anni qui non si vedono rinnovato il permesso disoggiorno a causa della mancanzadi un regolare contratto di lavoro.Questa legge non è un bene per glistranieri.
Quali le ultime novità?Il direttore di Granarolo Gianpietro Corbari si è detto in passatodisponibile a risolvere questo problema. Qualche giorno fa hannodichiarato che loro manderannovia sia Sgb per lasciare l'appaltoalla Ctl o noleggiare un'altra cooperativa. Questa è la soluzione che
propongono. Io dico che questanon è una soluzione. Non hannodetto nulla per facchini licenziati.Allora noi non siamo stupidi,pensano che abbiamo preparatouna bella tavola con deliziosi cibiper fare un piacere all'azienda e aifacchini che hanno accettato di lavorare al posto nostro e in cambioveniamo licenziati e fatti morire difame.No! laGranarolodeveridarcii nostri posti di lavoro con tutti inostri diritti.
Adesso la lotta non si arresta. Nonostante la repressione avete deciso di andare avanti con la lotta,vero?La lotta va avanti. Noi andiamo fino in fondo e vogliamo prenderci inostri diritti. Li pretendiamo e vogliamo vederli applicati. Comeabbiamo urlato in piazza sabatoprimo giugno: lotta dura senzapaura!
Il Partito di Alternativa Comunista sarà al vostro fianco nellalotta!(7/6/2013)
segue da pagina 5
Il Pdac alla manifestazione del 1° giugno a Bologna in solidarietà ai lavoratori Granarolo
PROGETTO COMUNISTA Estate 2013 7LOTTA DI CLASSE
I compagni di Alternativa comunista in prima fila:solo la lotta paga!
Nicola Porfido
Il 17 maggio, dinanzi icancelli della fabbricaOm Carrelli di Bari,appartenente al gruppo
tedesco Kion, ha luogo un'assemblea pubblica presso ilpresidio permanente dei lavoratori che affrontano l'ennesima minaccia per il proprioposto di lavoro in seguitoall'ulteriore fallimento delletrattative di riconversionedell'azienda.
Due anni di prese in giroCitiamo la dichiarazione diFrancesco Carbonara, operaioOm in lotta nonché militantedi Alternativa comunista, laquale sostiene in toto la lottadei lavoratori Om: “Dopol'annuncio della chiusura delsito di Bari da parte della OmCarrelli, il 5 luglio 2011, e dopodue anni di passione segnati davari tentativi di riconversioneindustriale falliti, sembravache le cose si fossero messe sulbinario giusto. Il 15 gennaio si
era, infatti, firmato al Ministero dello Sviluppo Economicoun accordo con gli inglesi dellaFrazer Nash che si impegnavano a rilevare lo stabilimento e aconvertire la produzione percostruire i famosi taxi londinesi. A seguito di questa enunciazione, acquisite le varierassicurazioni dalle istituzioni, MiSE e Regione Puglia, sullabontà dell'accordo firmato, ilavoratori sotto direttiva deisindacati ultimavano la produzione residua di carrelli Om.Si pensava finalmente a unastoria a lieto fine in nettacontrotendenza con quellache è la situazione disastrosain cui versa oggi il mondo dellavoro, non fosse che il 29 aprile arrivava l'ennesima docciafredda, ovvero l'annuncio(arrivato anche nel peggioredei modi, attraverso una email) di ritiro da parte di FrazerNash, che faceva piombare i lavoratori in un nuovo incubo.Anche se oggi i lavoratori, congrande spirito di sacrificio,hanno organizzato un presidio
permanente davanti i cancelliper non far uscire i macchinarigià smontati, non si può nonnotare come questa vertenzasia stata gestita con sufficienzadalle istituzioni. MiSE e Regione Puglia si sono fatte raggiraree non hanno avuto la minimainfluenza sulle decisioni dellamultinazionale inglese, laquale notiamo può svincolarsicon estrema facilità da qualunque legame senza pagarealcuna conseguenza, anchedopo aver firmato un accordoquadro in sede ministeriale.Anche il sindacato in questastoria ne esce con le ossa rotte.Oggi gli ex lavoratori Om,affermando che se avranno lafortuna di avere un futuro lavorativo non avranno più unatessera sindacale in tasca, giudicano negativamente l'operato delle parti sociali,colpevoli di non aver fattoaltro che affidarsi alle notizieche arrivavano da Roma, determinando così la scelta di finire la produzione di carrelli.In questo modo Om va viasenza aver subito il benché minimo danno”.Questa ed altre testimonianzesi susseguono, conl'intervento di lavoratori Om,lavoratori di altre realtà delterritorio, dei giovani diAlternativa comunista,dell'associazionismo del territorio e del Coordinamento Pugliese dei Lavoratori in Lotta(aderente al coordinamento dilotta No Austerity). Il filo comune degli interventi si dipana sul tradimento delleistituzioni e delle parti sociali,incapaci di far rispettare i diritti dei lavoratori nemmenoinnanzi ad un accordo al ministero, e sulla necessità di nonaffidare più al padroneaziendale o alla multinaziona
le la direzione della produzione, lasciando nelle mani deilavoratori stabilimento emacchinari (ottenuti a suon difinanziamenti pubblici). Temaconclusivo dell'assembleapubblica è l'organizzazione diuna manifestazione nella cittàdi Bari.
La manifestazione del29 maggio
Ha dunque luogo, il 29 maggio,la manifestazione dei lavoratori dinanzi alla sede dellaRegione Puglia sul lungomaredi Bari. Alla manifestazioneaccorrono un buon numero dilavoratori dell'Om e di altrerealtà lavorative e associazionistiche. Pieno appoggioall'iniziativa ovviamente vieneda Alternativa comunista e daisuoi militanti presenti al sit in.Così, coi lavoratori armati ditamburi e megafoni, il presidioprende vita improvvisando amezzo di altoparlanti un'assemblea pubblica sul momento. Scontati i tentativi disgombrare la strada da partedegli agenti, prima con le buone e poi con la minaccia di denuncia e l'azioneintimidatoria da parte di unagente a volto coperto il qualeprende a scattare foto ai presenti. Le parti sociali entranonel palazzo e dopo un'ora emezza tornano in stradaportando la testimonianza diimpegni presi a parole da partedell'assessore e del prefetto(contattato telefonicamente)in un continuo ringraziamento alle istituzioni, nonostante il tema di cori e slogandei lavoratori manifestanti ricordasse chiaramente e senzaambiguità come, ad esempio,in campagna elettorale la situazione dell'Om era data per
risolta da parte del governatore Vendola, salvo poi ritrovarsial punto di partenza ancorauna volta. Insomma, niente dinuovo viene fuori dai palazzi digoverno, tranne il solito rinvioal solito tavolo istituzionale aRoma il 5 giugno.
Solo la lotta paga!Come ci si poteva aspettare,l'incontro a Roma si concludecon il ritiro della Frazer Nashdalle trattative senza fornirealcuna spiegazione per unpatto di segretezza tra leaziende. L'unica risposta datada istituzioni e parti sociali difronte a quest'ennesima presain giro è stata l'intenzione di ricorrere nel prossimo futuro adun'azione legale in virtù delmancato rispetto dell'accordo.Un'azione legale nata nelleistituzioni borghesi e che sisvolgerà nei tribunali borghesi, un mondo che si è dimostrato a conti fatti ben lontanodalla realtà dei lavoratori edelle loro famiglie lasciatiancora una volta nell'incubodella miseria.
Mentre scriviamo, i lavoratoriin assemblea hanno deciso diproseguire la lotta ponendoall'ordine del giorno la gestione operaia e l'esproprio dellafabbrica. Sono intenzionati aproseguire per riprendersi illavoro che è stato loro tolto.Alternativa comunista e i suoimilitanti appoggiano i lavoratori nella loro intenzione dinon cedere ai tavoli istituzionali e sostengono la gestioneoperaia dell'azienda. La crisidel sistema capitalistico hamostrato fin troppo chiaramente come le istituzioniborghesi e le aziende privateconcorrano assieme versol'unica via che questo sistemaè in grado di dare: la privatizzazione dei profitti e lasocializzazione delle perditesulle spalle dei lavoratori. Oramancano persino quelle pochebriciole che i padroni lasciavano cadere dai tavoli istituzionali in passato. Mai comeora solo la lotta paga!(15/06/2013)
Reportdaunafabbricainlotta:OmCarrellidiBari
E la partita non è ancora finita!
Stefano Bonomi
La vertenza dell'ospedaleSan Raffaele di Milano inquesti mesi ha rappresentato senza ombra di
dubbio uno dei momenti più significativi del conflitto sociale inambito sanitario a livello nazionale, anche e soprattutto considerando tutto il contesto in un cui si ècollocato. La vertenza ha, infatti,rappresentato un progetto pilotanella strategia padronale che nelcorso degli anni ha favorito losmantellamento del servizio sanitario pubblico a favore dei profittiprivati. La vicenda del San Raffaeleha dimostrato ampiamente
l'intento di consegnare un serviziodi qualità nelle mani di pochegrandi caste imprenditoriali. Unprocesso degenerato nel corso deltempoecheoggisipalesaintuttalasua mostruosità: la conversionedella salute in merce. Dopo mesi dilottefattedapresidi,blocchiescioperi con lo spettro di una repressionesemprepiùevidentedapartedell'Amministrazione, dopo unatrattativa in Regione durata diciassette ore, il 10 maggio è stata siglatala nuova ipotesi d'accordo che èstato poi ratificato il 17 maggiodallaRsuedatutteleorganizzazioni sindacali a seguito di sei assemblee con i lavoratori.Le assemblee, alle quali hanno
partecipato oltre 1500 lavoratori, sisono concluse con un pressochétotale plebiscito. Appoggiamoalcune considerazioni contenutein vari comunicati diramati dalsindacato di base che proprio alSan Raffaele ha la maggioranza assoluta degli iscritti e dei delegati:riteniamo positivo che rispetto alprecedente accordo firmato a Roma e bocciato dai lavoratori, sonocambiati alcuni punti di grande rilievo. A seguito di questo accordosono salvi tutti i posti di lavoro eazzerati i licenziamenti, respinta laderoga alle voci salariali delContratto nazionale e respinto ilpassaggio al contratto della Sanitàprivata. Sono ritirati, inoltre, tutti i
pesanti provvedimenti disciplinari, emanati dall'amministrazionenei confronti dei lavoratori che nelcorso delle lotte avevano superatole ore d'assemblea previste.
Una lotta importantePur valorizzando gli obiettiviraggiunti con la lotta, nonintendiamo esaltare l'accordo, così come stanno facendo alcune sigle sindacali e politiche. Unaccordo che in ogni caso ha dei limiti da un punto di vista sindacalee nello specifico in merito alloscambio tra salario e occupazione.Quella del San Raffaele è stata unalunga e difficile vertenza, in risposta ad un pesante attacco da partedell'Amministrazione,
che ha salvato non solo posti di lavoro, ma anche l'erogazione di servizi ai pazienti. Unavertenza molto forte poiché haprodotto uno scontro, con i lavo
ratori e con la Rsu, particolarmente duro, e i delegati hannodovuto far fronte, oltre agli attacchirepressivi della direzione aziendale, anche agli attacchi dei sindacaticonfederali, che in varie circostanze non hanno perso l'occasione per cercare di screditare tutta la
Rsu arrivandopersino ad additarla come responsabile dei licenziamenti.Lagrandeegenerosaresistenzadeilavoratori, della Rsu, e l'azione diretta e solidale del Coordinamento
dei Lavoratori Ospedalieri Milanesi, queste sì sono le cose chevanno esaltate!La lotta, pur con i sacrifici ad essaconnessi, paga sempre e quella delSan Raffaele ne è la dimostrazionepiù evidente. Solo la perseveranza
e la lotta dei lavoratori portanoad ottenere deirisultati concretianche se, al momento, parziali.I militantid'AlternativaComunistainvitano tutti ilavoratori a rimanere vigili ea non smobilitare rispettoalla tutela deipropri posti dilavoro.Costruiamocomitati dilotta territoriali collegatitra di loro, a livello nazionale einternazionale, comitatidei lavoratoridella Sanità e
contro le privatizzazioni. Perservizi sociali pubblici e gratuitisotto il controllo dei lavoratori edegli utenti! Uniti e in lotta si vince!(13/6/2013)
San Raffaele: lavoratori 1 – speculatori 0
8 Estate 2013 PROGETTO COMUNISTANO AUSTERITY!
Si rafforza il coordinamento delle lotteNuovi passi in avanti del Coordinamento No Austerity
Matteo Bavassano
Dalla sua nascita sei mesi fa, ilcoordinamento No austerityha fatto una serie di passi inavanti verso il suo obiettivo
cardine: riuscire a coordinare le principali lotte operaie e popolari. Dopo leprime due assemblee nazionali – scaturite dalle necessità di una serie di lavoratori in lotta, dagli operai della Fiom edella Cub dello stabilimento Ferrari diMaranello ai lavoratori dell'Esselungadi Pioltello agli immigrati del Coordinamento migranti di Verona, per citarnesolo alcuni – è stata definita una piattaforma rivendicativa del coordinamento.Particolarmente importante è stato ilsupporto dato da No Austerity lavoratori in lotta delle cooperative della logistica: dopo la loro partecipazione alNo padroni day (2 febbraio) organizzato a Maranello da No austerity edopo la partecipazione di No austerityagli ultimi due scioperi generali dellalogistica nonché a varie manifestazionie presidi promossi dai lavoratori delSi.Cobas (la manifestazione del 6 aprilea Piacenza contro il foglio di via ad AldoMilani, coordinatore nazionale delSi.Cobas; il 1° maggio a Piacenza; il 1°giugno a Bologna contro i licenzia
menti subiti dai lavoratori della Granarolo), No Austerity è ormai parteintegrante delle lotte della logistica.
Uno strumento per le lotteParallelamente all'intervento a sostegno dei lavoratori delle cooperative,che, in quanto rappresentano al momento il settore di lotta più avanzato eattivo, sono uno dei settori principalidell'intervento di No austerity, è continuato il lavoro per unire le lotte, che si èconcretizzato nel supporto portato dagli operai della Ferrari di Modena, tracui i delegati della Fiom e della Cub, aglioperai delle acciaierie Valbruna a Vicenza che, col supporto della Cub di Vicenza (che aderisce a No austerity)hanno scioperato contro i licenziamenti decisi dall'azienda.Nei primi mesi di vita, No austerity ècresciuto includendo nuove realtà (vedi l'adesione del Coordinamento pugliese lavoratori in lotta) ed hacominciato a strutturarsi operativamente, per esempio con la stampa e ladiffusione di un bollettino informativonei luoghi di lavoro e nelle varie manifestazioni e presidi. Si sta lanciando a livello nazionale una cassa di resistenzaper sostenere i licenziati politici, checon i primi proventi cercherà di aiutare ilicenziati dell'Esselunga di Pioltello e
del Gigante di Basiano. È già partitainvece una campagna internazionaledi solidarietà con i lavoratori della FiomFerrari di Modena, che subiscono nellostabilimento in cui lavorano una durarepressione a causa della loro indisponibilità a piegarsi al modelloMarchionne.
Una dimensioneinternazionale
Anche la dimensione internazionale èfondamentale per No austerity: se, come ormai è chiaro, il capitale attacca ilavoratori in tutto il mondo, anche la risposta dei lavoratori deve essere il piùpossibile unitaria a livello internazionale. Per quanto questo sia un compitoimpegnativo, No austerity ha dato e stadando il suo modesto contributo: comedeciso all'assemblea fondativa di dicembre in seguito a un invito fatto allastessa assemblea da un compagno dirigente del sindacato di base CspConlutas, No Austerity ha partecipato allaConferenza sindacale internazionaleche si è tenuta a Parigi alla fine del mesedi marzo e che ha dato vita alla Retesindacale internazionale di solidarietàe di lotta, alla quale No austerity ha deciso di aderire.Da qualche mese si è aperta una nuovafase nella costruzione di questo coordinamento: dopo l'iniziale aggregazionea livello nazionale, stanno prendendovita comitati locali di No Austerity.Particolarmente importante quello diMilano, sorto a seguito di un'assembleatenutasi l'11 maggio a Pioltello, con lapartecipazione di lavoratori del SanRaffaele, della RiMaflow, della JabilNokia e di altre realtà del territorio come il movimento No Tem. Da quella assemblea si è costituito un gruppo dilavoro con diverse realtà, da cui è scaturito un primo nucleo di attivisti di Noausterity formato dai compagni piùattivi delle lotte nella zona della Martesana (zona est di Milano), tra cui esponenti del movimento No tem e dellaRete di sostegno attiva JabilNokia. Almomento, il comitato No austerity Mi
lano ha partecipato alla importantegiornata di manifestazione degli immigrati a Milano del 15 giugno ed ha anchecominciato a programmare delle iniziative per raccogliere fondi per la cassadi resistenza per i licenziati politici.Ovviamente a queste iniziative siaggiungerà il supporto militante a scioperi e lotte, come alla Ibm di Vimercatee di Segrate, dove l'azienda ha giàannunciato forti tagli al personale:abbiamo preso contatto con un delegato Rsu della Fiom che ci ha chiesto dipartecipare alle prossime iniziative chei lavoratori stanno programmando.
È solo l'inizio!Milano non è la sola città dove è statocreato un vero e proprio coordinamento territoriale: sono già in programma altre assemblee per lanciare
No austerity nei vari territori.Un'importante iniziativa mentre scriviamo è in programma a Lecco il 20 giugno. Questi sono solo i primi passi perdare una struttura territoriale a No austerity, coordinando le lotte dal basso,partendo dagli attivisti più coscienti ecombattivi, sempre nella prospettiva dicoordinarsi a livello nazionale, sullabase di una piattaforma di classe. Adoggi questa piattaforma non ha pari inItalia per radicalità.I militanti del Pdac partecipano conconvinzione alla costruzione di No austerity nei vari territori: come sempre,infatti, ci battiamo per l'unità delle lottedei lavoratori e delle lotte sociali nellaprospettiva di rovesciare questo sistema di sfruttamento. Solo con l'unità ditutte le lotte si può farla finita una voltaper tutte con il capitalismo. (15/6/2013)
DemocraziainFerrariecassadiresistenzaLe prime campagne di No Austerity Coordinamento delle lotte
Daniele Cortinovis
Il 15 Dicembre 2012, con un'assemblea tenutasi a Cassina De'Pecchi (Mi), convocata da lavoratori rappresentanti delle lotte più ra
dicali dell'Italia settentrionale, nascevaNo Austerity Coordinamento dellelotte. Uno dei metodi d'azione delcoordinamento, a cui ha aderito anchePdac, è quello di creare una reale unitàfra le lotte (il contrario di quello che vienefatto sistematicamente dalle burocraziesindacali) con l'obiettivo di favorire lacrescita delle mobilitazioni ancoratroppo deboli in rapporto agli attacchipadronali, guardando all'esempio degliscioperi e delle imponenti manifestazioni che si svolgono negli altri paesi europei come Grecia, Spagna e Portogallo.Fra i primi lavoratori in lotta che hannosentito l'esigenza di creare questocoordinamento – e che continuano a sostenerlo attivamente – ci sono (il nomeNo Austerity arriva proprio da una loroproposta) gli operai in lotta di Fiom eFlmuniti Cub della Ferrari di Maranello.
Ferrari: di rampantec'è la repressione
Dall'inizio del 2012 nello stabilimentodella Ferrari di Maranello si applica il
contratto nazionale Fiat e il cosiddettomodello Pomigliano. Questo contratto siè subito svelato per quello che è: unattacco frontale ai lavoratori attraverso ilricatto che ha portato in regalo agli operai aumenti dei ritmi di lavoro e decurtazione di stipendi a chi si ammala e alledonne in maternità. Così, chi si è rifiutato di firmare il contratto ha subito unaforte repressione. I delegati della Fiom,primo sindacato per numero di adesioniin Ferrari, hanno perso tutti i minimi diritti sindacali e non possono convocareassemblee né partecipare a trattative. Gliunici che possono fare una contrattazione sindacale restano quindi i sindacatiobbedienti (Film, Uilm, Fismic) checontinuano a ratificare le decisionidell'azienda.Il servilismo di questi sindacati hapermesso, ad esempio, all'azienda diimporre un aumento dell'orario di lavoro per alcuni operai della fonderia e dellameccanica da sette a otto ore notturne,un provvedimento grave che, oltre apeggiorare le condizioni dei lavoratori,aumenta anche il problema della crisioccupazionale del territorio. I lavoratori,in risposta a quest'imposizione, hannoraccolto centinaia di firme con la richiesta di convocare un' assemblea controquesto provvedimento. Da quel momento è partita la rappresaglia
dell'azienda che ha convocato i firmatarie ha inflitto ai delegati Fiom sospensionidal lavoro con conseguenti riduzionidella busta paga.Riteniamo intollerabile il comportamento dei sindacati filopadronali che,anziché solidarizzare coi lavoratoricolpiti dalle sanzioni, li hanno attaccaticon comunicati in cui li definivano“bambini capricciosi”.Ci impegniamo a sostenere, con unappoggio militante, l'appello diffuso daNo Austerity, attraverso tutte le forme dilotta che saranno intraprese, richiedendo che: siano ritirati i provvedimentidisciplinari inflitti ai danni degli attivistisindacali; sia garantito il diritto disvolgere assemblee in cui lavoratori chehanno raccolto centinaia di firme possano decidere sugli orari di lavoro; sia datain Ferrari e nel gruppo Fiat la possibilitàai lavoratori di eleggere i loro rappresentanti.Sono diverse centinaia le firme giàraccolte: tra i sostenitori della campagnaci sono rappresentanti delle principalirealtà di lotta in Italia, ma anche decinedi organizzazioni sindacali e combattivedi molti altri Paesi. Invitiamo tutti e tuttea leggere l'appello sul sito di No Austerity(www.coordinamentonoausterity.org) asottoscriverlo e a diffonderlo.
No Austerityapre una cassa di resistenza
Lo scorso 11 maggio, all'Arci Malabrocca di Pioltello, si è tenuta un'assemblea pubblica promossa da NoAusterity con il titolo “Viaggio nellosfruttamento. Le cooperative del lavoro”, un incontro dove, oltre agliinterventi di rappresentanti di lotte dilavoratori, come quelli dell'ospedaleSan Raffaele, della Ri.Maflow e della Jabil, sono state denunciate una volta dipiù le durissime condizioni di sfruttamento cui sono sottoposti i lavoratoridelle cooperative della logistica. Moltoimportanti sono state le relazioni didue compagni protagonisti nelle lottedelle cooperative: Luis Seclen leader
della lotta all'Esselunga di Pioltello eMohamed Arafat, principale dirigentedella lotta all'Ikea di Piacenza:entrambi, nei loro interventi, hanno rimarcato l'importanza dell'unione fra ilproletariato nativo e quell'immigrato.Il dibattito ha portato alla decisione dicreare una cassa di resistenza che aiutieconomicamente i lavoratori in lotta.Numerose iniziative si stanno svi
luppando in queste settimane a sostegno dei lavoratori della logistica. NoAusterity contribuirà promuovendouna cassa di resistenza per i licenziatidell'Esselunga di Pioltello e del Gigantedi Basiano. Una campagna che vuoledimostrare concretamente ai lavoratori che nelle lotte non saranno maisoli. Solo uniti vinceremo!(13/06/2013)
No Austerity al presidio No Eternit al processo di Torino
GGIIOOVVAANNII ddii AALLTTEERRNNAATTIIVVAA CCOOMMUUNNIISSTTAAFoglio dei giovani del Partito di Alternativa Comunista sezione italiana della Lit-Quarta Internazionale
Dal referendum di Bologna alle lotte di domaniAdriano Lotito
La scuola privata funzionameglio. Gli studenti sonopiù preparati. L'istruzioneha un livello di efficacia e
selettività maggiore. Bisognaadattarsi alle dinamiche globali.Non possiamo permetterci dispendere soldi pubblici per lascuola e le università statali.Quante volte abbiamo sentito queste affermazioni? Quante volte cihanno ripetuto questi dogmi?Televisioni, giornali, politici, ministri,specialisti di un qualche ramoparticolare del sapere accademico,non fanno altro che propinarci,ogni qualvolta si affrontano questotipo di discussioni, il grande comandamento della contemporaneità: privato è meglio! Eppure loscenario che si è concretizzato dopo vent'anni di logiche privatistiche in campo scolastico euniversitario non è dei migliori, perutilizzare un eufemismo.A oggi, l'Italia è uno dei Paesi europeiconilpiùaltotassodidispersione, e quindi con la più altapercentuale di popolazione tra i 18e i 24 anni in possesso solo della licenza di scuola secondaria superiore di primo grado: quasi il 20%,un ragazzo su cinque. Questo è ildato nazionale, ma ci sono regioninel Sud del Paese che arrivano al25%, uno su quattro, a cui siaggiunge un calo dei docenti del22% rispetto al 2006; mentre in merito all'università sono da registrareben50milaiscritti inmenonel2012rispetto all'anno precedente (come se un intero ateneo come laStatale di Milano sia sparito tuttod'un tratto). In questo articolo simetteranno a punto alcune riflessioni in merito alla questionepubblico/privato nelle scuole enelle università a partire dal tantolodato quanto vituperato referendum di Bologna del 26 maggio.In conclusione si proverà a elabo
rare una prospettiva alternativacon la quale approcciarsi al tema inquestione e per mezzo della qualearrivare preparati ai conflitti delprossimo periodo.
Il referendum di BolognaIl giorno 26 maggio, i bolognesi sono stati chiamati ad esprimersi suifinanziamenti pubblici alle scuoleprivate:unmilionedieurocheognianno il Comune elargisce allematerne private, la cui quasi totalità è gestita da istituzioni cattoliche(25 su 27). Due le possibili sceltesullascheda: l'opzioneAprevedevache i fondi fossero destinati soloalle scuole pubbliche; l'opzione Balle private paritarie. Il voto per laprimaèstatosponsorizzatodalComitato Articolo 33 (presieduto daRodotà e promotore del referendum stesso) e sostenuto da Sel eM5s. Il voto per la seconda ha vistoinvece il sostegno di tutta la criccacittadina e nazionale del centrosinistra (giunta Merola, Prodi, Renzi,Fioroni) e chiaramente della Curia.Il referendum non aveva valoreabrogativo, ma solo consultivo. Lanostra posizione rispetto a tutte lecampagne referendarie noncambia: non bisogna nutrire illusioni in questi strumenti di “volontà popolare” perché le decisionivengono prese in ultima istanzasempre in conformità agli interessidei potentati economici. Eppurel'indicazione espressa dalla cittadinanza bolognese è inequivocabile: il 59% ha detto che quelmilione di euro oggi dato alle paritarie deve essere usato per le scuolecomunali e statali. Risultato chiarocome altrettanta chiara è stata lareazione del sindaco Virginio Merola, il quale ha subito affermatoche in ogni caso procederà con i finanziamenti alle private, per darecontinuità al “virtuoso” modelloemiliano che vede affiancarsi allescuole pubbliche le cosiddetteparitarie. Un modello che è stato
inaugurato a livello nazionale proprio da un governo di centrosinistra:si trattadelgovernoD'AlemaIIche il 10 marzo del 2000, nellapersona del ministro all'IstruzioneBerlinguer, promulgava la legge 62,“Norme per la parità scolastica edisposizioni sul diritto allo studio eall'istruzione”. Si tratta della primalegge che di fatto equiparava lescuole private alle scuole pubbliche in materia di finanziamentipubblici. Anche in campo universitario, il primo passo in direzione dello smantellamento delpubblico è stato fatto da un governo di centrosinistra: il Prodi IIche nel luglio del 2007, con il decreto Bersani, conferiva per la primavolta ad una università pubblica lapossibilità di convertirsi in “fondazioni di diritto privato”. Un segnoinequivocabile di come la scelta dicampo fatta dal Pd, e prima ancoradai Ds, non sia mai statacontingente, ma in linea con la suapropria essenza di classe: capitalista, per l'appunto, e dunque privatistica. Ma la volontà disubordinare l'istruzione alle logiche aziendali evidentemente nontrova il sostegno di larghe masse distudenti e lavoratori che da anni sibattono contro la privatizzazionedei saperi, trovando l'opposizionecompatta di quel blocco socialereazionario rappresentato dal PdPdl, oggi finalmente uniti in mododa disilludere definitivamente ognipossibile credenza in una realeopposizione tra le due forze. Unapiccola nota anche su Sel, che aparole ha sostenuto l'opzione A alreferendum. Non ci spieghiamocome mai Vendola continui a finanziare le scuole private nella regione che governa, la Puglia, in cuiogni anno nel bilancio regionale,compare una cifra di un milione dieuro destinata appunto all'istruzione privata (mentre numerosescuole pubbliche consistono instrutture fatiscenti e c'è una forte
carenza di alloggi universitari).
Pubblico o privato? Peruna nuova prospettiva
Ma cosa significa per noi ripubblicizzazione dei saperi? Una domanda per nulla scontata,sebbene possa apparire tale. Anzi,sarebbe meglio parlare di “pubblicizzazione” dei saperi. Infatti, puòsembrare assurdo, ma il sistemadell'istruzione in realtà non è maistato pubblico in quanto tale. Nonè mai stato posto al servizio del“bene comune” e non è mai statosubordinato alla “sovranità popolare” in quanto entrambi i concettiper noi non hanno alcuna ragiond'essere. Non è mai esistito un“benecomune”,cosìcomenonsièmaiavuta una reale, e non soltanto costituzionale, “sovranità popolare”.La formazione e la trasmissionedel sapere sono state sempresubordinate a logiche private nellamisura in cui hanno sempre risposto, nelle forme e nei contenuti,agli interessi di una specifica classesociale, la classe che ha in mano leleve dell'economia, la classe capitalistica. Per questo, lottare controil processo di aziendalizzazionespietata cui stiamo assistendo negli ultimi anni, non significa pernoi esprimere nostalgia nei
confronti della scuole come “entidi diritto pubblico” la cui gestioneanche in passato è sempre statalottizzata dai gruppi di potere politici ed economici.Noi non vogliamo nessun “ritorno”. Sia chiaro. Questo è l'elemento che ci distingue dal restodella sinistra “del pubblico”, che èstata definita più volte da Monti,non senza ragione, comeconservatrice nella misura in cuiguarda al passato. Noi guardiamoal futuro, lottiamo per una nuovaprospettiva sociale ed economica,una nuova prospettiva di gestionedei saperi. Una prospettiva socialista, l'unica in grado di garantirel'effettiva liberazione dei saperidallemaglieasfissiantidelmercatoe della finanza globali. La scuola el'università per cui lottiamo devono superare le separazioni classiste di questa società, devonoridefinire il contenuto e il ruolo delsapere in modo che questo nonrappresenti più uno strumentomeramente funzionale alla riproduzione delle logiche capitalistiche; e per far questo è necessarioinevitabilmente che il sapere nonsia astratto, ma si colleghi, nellalotta di studenti e lavoratori, a unaprospettiva di classe, alla prospettiva della classe operaia, allaprospettiva del potere operaio.
Nello stesso tempo, come causa econseguenza di quanto detto, è diprimaria importanza per noi rivendicare un piano di riorganizzazione della scuola edell'università sotto il controllo dilavoratori e studenti, di contro eoltre alle minimali ma inevitabilirivendicazioni della cancellazionedei finanziamenti alle scuole private e della cancellazione delleingerenze di enti privati nella gestione delle stesse. A ben vedere sitratta di una prospettiva diversa,realmente alternativa. Una prospettiva che si traduce inun'alternativa di potere e in altrerivendicazioni ugualmentefondamentali e in grado diconcretizzare i principi suddetti:lottiamo per un reddito studentesco in forma indiretta, che prevedail comodato d'uso dei libri di testo,l'accesso libero e gratuito a mense,alloggi, trasporti, luoghi di culturae di intrattenimento; lottiamoperché gli studenti e le studentessepossano giocare realmente unruolo attivo e incisivo nella trasmissione dei saperi, istituendonelle scuole superiori unacommissione paritetica docentistudenti che abbia la possibilità dielaborare autonomamente i programmi di offerta formativa e imetodi di didattica e lottando peruna democratizzazione sostanziale degli organi di gestioneuniversitari, eliminando sia il potere cristallizzato delle baronie siala presenza degli enti privatiaziendali nei consigli di amministrazione degli atenei.Ma per fare questo è innanzituttoindispensabile rivendicare e lottare per la cancellazione di tutte lemisure repressive che punisconole lotte di studenti e lavoratori:cancellare voto di condotta, sospensioni facili, bocciature politiche, tetti massimi di assenze,ordini di servizio per i docenti. Lalottaelacapacitàchemetteremoincampo contro i dispositivi repressivi della macchina capitalisticasono le condizioni preliminari perogni successo futuro. Perché l'unica cosa certa è che ci attaccheranno, in modo spietato, comedimostrato dalle numerose e brutali repressioni cui abbiamo assistito nell'ultimo periodo. E noidovremo rispondere con determinazione, unendoci alle lotte delproletariato industriale e terziarizzato, costruendo una direzioneconsapevole e disciplinata delconflitto, lottando per un programma di rivendicazioni transitorie che possa collegare, per quelcheriguardascuolaeuniversità,gliobiettivi immediati di fermare losmantellamento dell'istruzionepubblica con la prospettiva dilungorespirodicostruireunnuovomodello dei saperi per un nuovomodello di economia e società: ilsocialismo. (13/6/2013)
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II GIOVANI di ALTERNATIVA COMUNISTA
Davide Primucci
Qui di seguito, una brevecronaca di quantoaccaduto nel mese dimaggio a Milano e Bo
logna, in merito a due casieclatanti di repressione del dissenso universitario per manodella polizia: lo sgombero dellalibreria exCuem di Milano e latentata occupazione poliziescadi Piazza Verdi a Bologna.
ExCuem: lo sgomberobrutale e la resistenza
studentesca
Ai primi di maggio, gli occupanti dell'ExCuem hanno assistito all'ennesimo attacco daparte della dirigenza dell'ateneo ad un'esperienza di lottadentro e contro l'università. Lalibreria autogestita ExCuemaveva ridato vita ad un luogo datempo abbandonato,riempiendolo delle parolecardine dell'autogestione, dellacondivisione, della lotta politica. La libreria autogestita ExCuem di Milano è stata infattisgomberata e svuotata con brutalità dal rettore, che ha decisodi mettere nuovamente sottoattacco un percorso che a partire dalla ripresa di un aspettocardine del diritto allo studio,l'accesso ai saperi, ha saputomuovere diversi passi in più,contestando l'intera strutturadel sapere universitario e deisuoi processi di governance.Quella mattina il rettore hachiamato la celere che ha fattoirruzione negli spazi occupatisgomberandoli con la forza. Glistudenti sono stati sgomberatidalla polizia dopo ripetute cariche e manganellate. In questoperiodo di tagli al sistema universitario, la gestione dell'università, i problemi di spazi,
libertà di cultura e saperi,vengono gestiti sempre più come problemi di ordine pubblico. Erano anni che non si vedevaentrare la celere in sede universitaria per sgomberare unospazio occupato. Il giorno dopolo sgombero, mentre alla Stataledi Milano proseguono le iniziative per riappropriarsi dellalibreria autogestita ExCuem,studenti e studentesse di diverse città italiane hanno organizzato azioni e presidi percondannare l'intervento dellapolizia all'interno dell'ateneomilanese e portare solidarietàall' ExCuem.A Roma, gli studenti universitari della Sapienza hanno occupato la sede della Crui, laconferenza dei rettori italiani,tra le figure simbolo di chi inquesti anni, di fronte alle mobilitazioni studentesche, hasempre agito in difesa dei propri privilegi e interessi,appoggiando direttamente oindirettamente la distruzionedegli atenei italiani e autorizzando la chiusura di spaziautogestiti come nel caso delrettore Vago della Statale di Milano. Con l'irruzione della polizia, richiesta da rettore e Cdaper sgomberare la libreria ExCuem autogestita, anche larealtà è entrata nelle muraovattate dell'università. Unavergogna che crea un precedente inaccettabile per l'ateneomilanese e per gli atenei di tuttaItalia, ma un episodio perfettamente in linea con i tempi cheviviamo: da Niscemi alla Val Susa, da Napoli a Bologna, da Roma a Torino a Palermo la logica èla stessa.L'austerity dipinge lo stessoscenario ovunque, dietro belleparole come democrazia e dialogo, si nasconde un meccanismo volto a tutelare gli equilibri
di potere (che comincianolentamente a sgretolarsi) e gliinteressi di pochi. Quando il velo si squarcia e le contraddizioni si mettono a nudo,rimangono soltanto i manganelli e i dispositivi polizieschi.Ed è cosi che quegli stessisoggetti che hanno sprofondato il presente in una palude di miseria, solitudine edisperazione hanno anche ilcoraggio di proporre delle soluzioni presentandole come necessarie, scagliando le forzedell'ordine su chiunque si organizzi senza e contro di loro. Studenti universitari, lavoratori insciopero, famiglie sfrattate, migranti, popolazioni in lotta echiunque resiste sono sullastessa barca della crisi. E sonoconsiderate alla stessa streguacome problemi da cancellare.
Napoli: la solidarietà distudenti e lavoratori
contro sbirri e fascisti
Partendo da questi presupposti, gli studenti dell'ExCuemhanno lanciato una giornata disolidarietà in tutta Italia che haraccolto l'adesione degli studenti di diversi atenei. “Austerità e polizia fuori dalle nostrevite”, queste le parole d'ordinedi una giornata in cui la rispostarepressiva dello Stato non si èfatta attendere: a Napoli, uncentinaio di studenti e ricercatori dei collettivi erano inpresidio sotto la Prefettura doveera presente il ministrodell'istruzione Carrozza. Nellastessa piazza, a pochi metri, inmezzo alla protesta di unatrentina di lavoratori, si sonoaggiunti, all'insaputa degli studenti, alcuni nazifascisti aderenti a Forza Nuova che hannocominciato a provocare il presidio studentesco. A quel punto la
tensione è salita e la polizia haviolentemente caricato gli studenti ferendo e fermandonealcuni. Polizia e fascisti eranoevidentemente schierati insieme, nel tentativo di aggredire edisperdere il presidio studentesco in solidarietà all'ExCuem. Icollettivi napoletani hannoanche denunciato e smentitocon forza qualunque ricostruzione della giornata (già fatta daalcuni giornali, tipo Repubblica), sconfessando la tesi della“rissa tra lavoratori e studenti”.Diversi lavoratori hanno infatti,in seguito alla duplice aggressione di fascisti e polizia, dimostrato apertamente la lorosolidarietà agli studenti dichiarando la loro estraneità ai fascisti.
Bologna: riprendiamociPiazza Verdi!
Dopo i fatti dell'ExCuem, la repressione contro le iniziativestudentesche non si è certo
fermata. Il 23 maggio, nella storica piazza Verdi a Bologna, durante un'assemblea pubblica distudenti e lavoratori, polizia ecarabinieri hanno tentato disciogliere l'assemblea e nonostante le cariche, gli studentihanno resistito alla polizia. Pochi giorni dopo i collettivi bolognesi lanciano un'altraassemblea pubblica di analisisui fatti del 23. Questa volta glistudenti trovano lo schieramento di celerini che non vogliono lasciarli entrare inpiazza, ma dopo poco tempo siaggiungono altri studenti e allafine saranno loro a respingere ilcordone delle forze dell'ordineche viene letteralmentecacciato dalle centinaia di universitari presenti. Un esempiodi conflitto sociale che promette di avere la sua durata.Forte è stata la volontà degli studenti e delle studentesse diesercitare in manieraconflittuale il proprio diritto diriunirsi in assemblea tanto da
riuscire a mettere in fuga le istituzioni dell'un per cento.Tornando sull'ExCuem: riteniamo inaccettabile che rettorie atenei rispondano con la forzae l'irruzione della polizia inUniversità. Non siamo nuovi aquesto tipo di episodi dove larichiesta di intervento delleforze dell'ordine contro gli studenti ogniqualvolta venganoespresse istanze di rottura econflitto diventa prassicorrente e testimonia dellaprogressiva riduzione deglistrumenti di mediazione messiin campo dalle istituzioni(accademiche e non) neltentativo di silenziare forme didissenso alla loro crisi ormaidilagante. I Giovani diAlternativa comunista esprimono la massima solidarietà astudenti e studentesse in lottaper riappropriarsi degli spazicomuni, contro le prepotenzedi rettori e polizia. La lotta nonsi ferma! (13/06/2013)
Università: cresce la lotta, cresce la repressione!Gli ultimi episodi di repressione delle lotte
Nicola De Prisco
La A.Di.S.U. (Azienda peril Diritto allo StudioUniversitario) Ateneo“Federico II”è un organi
smo dotato di personalità giuridica pubblica ed autonomiaamministrativa e gestionale. Istituita con L.R.n.21 del 03/09/2002con lo scopo di rimuovere gliostacoli di ordine economico e sociale che impediscono agli studenti capaci e meritevoli l'accessoe la frequenza ai corsi universitari e postuniversitari, l'Azienda,in conformità a quanto previstodal D.Lgs. 68/2012, fornisce aglistudenti iscritti all'Universitàdegli Studi di Napoli “Federico II”borse di studio, alloggi nelle casedello studente, ristorazione tramite esercizi convenzionatiall'interno e nei pressi delle facoltà. Questo è quello che ci dicela home page dell'Adisu dell'ateneo più prestigioso dellaCampania. Purtroppo la realtà cidice tutt'altro. Vediamo perché.
Borse di studioQuest'anno, tra gli immatricolatidella Federico II, soltanto 433
studenti, su un totale di 2790aventi diritto, riceverannoeffettivamente la borsa di studio,quindi soltanto il 17% del totaledegli idonei. Le borse di studioda molto tempo ormai vengonoerogate sempre più a singhiozzoe gli arretrati si accumulano conuna semplicità disarmante, bastipensare che nel 2012 sono statiemessi mandati di pagamento,in maggioranza inerenti ad anniprecedenti, solo nel mese di dicembre.
MenseIl servizio mensa è da tempoesternalizzato, affidato cioè a deiprivati, ai quali l'Adisu della Federico II corrisponde 5,16 europer un pasto completo, 3,12 europer un pasto fast food. Lo studente deve quindi recarsi pressoquesti esercizi commercialiconvenzionati, distanti dal plesso universitario ora qualche metro, ora qualche chilometro,esibire una tessera da rinnovareogni anno e pagare 3 euro (adogni pasto). Moltiplicato per ilnumero medio di giorni nei quali si dispiega mediamente un semestre di corsi (4x4x3=48), fa
144. Ovvero 144 euro per tre mesidi corsi. La qualità del servizionon è sempre impeccabile: nonè raro trovare qualche capello inun piatto di pasta (scotta eraffreddata). Trovare un posto asedere tra l'altro può significareanche aspettare mezz'ora oun'ora: il che non è un dettaglioda poco per chi, come la maggioranza degli studenti, ha non piùdi un'ora di pausa tra una lezione e un'altra. Questo quando ilservizio funziona. Succede però,sistematicamente, che almenouna volta per anno accademico,l'Adisu interrompa il servizio perun paio di settimane, causa“mancanza di fondi”.
StudentatiQuesta è forse la questione piùsottaciuta ma non per questomeno grave. Il numero di alloggiriservati agli studenti è estremamente basso, in relazione al numero di iscritti: 2 sono leresidenze disponibili, per un totale di 209 posti letto, mentre lapopolazione studentesca dellaFederico II è 85769 iscritti:quindi la copertura è per lo 0.2%degli iscritti. Le condizioni perentrare e per rimanerci sonocomplicate: prevedono oltre chesituazioni economiche particolarmente svantaggiose, ancheun rendimento universitarioparticolarmente elevato. Lecondizioni degli stabili invecesono a dir poco penose: evidentiinfiltrazioni d'acqua nelle mura,barriere architettoniche, dubbiasalubrità dell'acqua corrente,mancato rispetto delle elementari norme di sicurezza. Larealtà è che la vera ragione per laquale poco o nulla si sa sullostato dell'arte degli studentati èche gli utenti stessi che vi abitano sono costretti al silenzio daun implicito ricatto, per il qualedenunciare significherebbe
nella migliore delle ipotesi l'inizio della messa in sicurezza dellestrutture, quindi essere costrettiad abbandonare l'unico tettogratuito disponibile.
Amministrazioneaziendalistica
Quando diversi studenti, l'11marzo scorso sono entrati nelsuo ufficio, chiedendo spiegazioni, il dir. Amministrativo Pagliarulo, non ha saputo fare altroche millantare una gestione piùefficiente e trasparente rispettoa quella precedente. Così trasparente che il bilancio dell'aziendanon è consultabile integralmente sul sito dell'Adisu.Così efficiente che sono statispesi, nel 2012, 10.000 euro per il“supporto alla sicurezza
informatica e aziendale”, 29.865euro per il “servizio di supportolegale alle attività del responsabile”. Intanto la “tassa regionaleper il diritto allo studio” (ma se èun diritto, perché è a pagamento?) è passata quest'anno da62 euro a 140 euro per unamaggiorazione complessiva del126%.Ma se l'Adisu ha sempre menoimpiegati (in pochi anni sonopassati da 500 a 94) e i verticidell'azienda si vantano di averottimizzato il lavoro aziendale edi aver eliminato molti sprechidelle amministrazioni precedenti, che fine hanno fatto i soldipagati per le tasse regionali per ildiritto allo studio? La condizionedei lavoratori tra l'altro, tra arretrati da percepire e arrogantiatteggiamenti dirigenziali, è in
progressivo peggioramento.Non è difficile quindi inquadrareanche questa questione nelcontesto più ampio dellosmantellamento dell'istruzionepubblica, dell'abbattimento delsalario indiretto o stato sociale,nelcomplessivorendicontocheigoverni borghesi stanno presentando alle masse popolari,nel tentativo di frenare una crisiprovocata dal loro sistema, dellaloro economia, e per mettere alriparo i loro profitti: ultimoprovvedimento in tal senso, inordine cronologico ma non perimportanza, è il taglio, effettuatodal “governo dei tecnici” nellapersona del Ministro Profumo,del 92% del fondo stabilito per leborse di studio a partire dal 2014.(13/6/2103)
Napoli:AdisuFedericoIICome il capitalismo intende il diritto allo studio
GIOVANI di ALTERNATIVA COMUNISTA III
VertenzaBrauIl racconto di una lotta
La vertenza Brau (Bibliotecadi ricerca di area umanistica) è giunta ad un punto nodale. Iniziato per le ulteriori
riduzioni di un orario già insufficiente, con il coinvolgimento,seppure in misura diversa, di uncentinaio di persone, tra studenti ericercatori, questo percorso è statosegnato, come tutti i percorsi di lotta,da avanzamenti, stalli, nei quali nonsono mancati i momenti di forte dialettica interna e riflussi sconfortanti.Ma vuoi per il momento delicato chele masse popolari stanno attraversando, vuoi per la voglia di rivalsache investe le parti attive di una generazione vessata, denigrata etroppo spesso ritenuta sconfitta inpartenza, l'assemblea permanenteBrau in Agitazione ha saputorialzarsi dopo la caduta, restituirecolpo su colpo e rimettere il matchsui giusti binari.
Siamo a dicembreSi concretizza l'ennesimo tassellodello smantellamento costante deldiritto allo studio. Durante l'anno treunità del personale vengono menoper motivi diversi (decesso, pensionamento, trasferimento); a causa delblocco del turn over, (D.L. 95 del 6 lu
glio 2012) in ogni università o ente diricerca può essere assunto personaleper una spesa pari al massimo al 20%del costo del personale uscente;aggiungiamoci i tagli all' FFO operatidagli ex ministri TremontiGelmini,ed ecco che l'orario di apertura dellabiblioteca viene brutalmente ridotto: si chiude alle 14 per tre giorni asettimana. Tre ore in meno rispettoad un orario di chiusura (16.45) giàridicolo per una qualsiasi struttura diricerca degna di questo nome. Glistudenti si riuniscono in un'assemblea permanente autodefinitasiBrau in Agitazione e decidono dioccupare il piano terra fino alle 19.
Le rivendicazioniSi rivendica la riapertura di tutti i piani della struttura fino a tale orario,attraverso l'assunzione di nuovopersonale. Ben presto però, data lamassa sempre maggiore di utentiche rimangono oltre l'orario ufficialedi chiusura, si evidenzia una scarsitàdi posti a sedere per studiare. Questospinge gli studenti ad occupareanche il primo piano di palazzoSant'Antoniello. Tra ping pong con ilRettore Marrelli e scontri con la direttrice Golia, tra minacce e intimidazioni, gli occupanti continuano a
rimanere lì, a cucire i rapporti con ilavoratori nonostante la macchinadel fango messa in piedi dalla dirigenza; riescono a mantenere lastruttura aperta e a resistere. Ma lamancanza di un avanzamento nelleazioni di lotta, una non sempreimpeccabile capacità comunicativae organizzativa da parte delle realtàpolitiche e di movimento, interneall'assemblea, unito al parzialesvuotamento della Brau dovutoall'inizio dei corsi di marzo, determinano una fase di stagno e di riflusso,nel quale non mancano i momenti ditensione interna e dove si rischiaanche di buttare all'aria tutto il lavoro fatto fino a quel momento. Non èfacile capire esattamente comemuoversi, come uscire dall'isolamento che si sta creando intornoall'Assemblea.
La strategia del RettoreI dirigenti hanno in mente unastrategia chiara: prendere tempo edattendere l'inevitabile logoramento,creare il vuoto intorno, screditarel'Assemblea agli occhi della largamaggioranza di studenti che vive laBrau, ma che non ha ancora piena fiducia nella lotta, e al momento giusto affondare il colpo. Quandol'Assemblea decide di occupareanche il secondo piano, la direzionepassa al contrattacco: la bibliotecaviene chiusa, dapprima per un sologiorno, per “mancanza d'acqua”, poia tempo indeterminato per la miste
riosa sparizione di un testo. Si trattadi un duro colpo dritto allo stomaco,di quei ragazzi e quelle ragazze,utenti abituali o meno della Brau,che da mesi occupano studiando, litigando, organizzandosi ed organizzando, giocando echiacchierando nel cortile oppuresocializzando visioni, utopie erabbia al chiuso di una sala computer. Probabilmente, il provvedimento dovrebbe aizzare gli studenti“normali” contro quelli “facinorosi”,rei di aver causato la chiusura dellabiblioteca con quella loro mania di“fare i ribelli”.
Dovrebbe...appuntoPerché nella mente della direttrice, odel rettore, o di qualsiasi altro burocrate borghese, spesso accade chequelle categorie metafisiche e irreali,come “ i normali”, che costituisconole architravi di un'ideologia cheserve a nascondere il decadimentostorico del regime della loro classe, ea perpetrare il dominio della stessa,vengano inconsciamente considerati elementi fondanti della realtà:come in un famoso mito di Platonedove le ombre divengono elementireali. E accade infine che su di essevengono fondate analisi, destinateperò a decadere, come il regime didominio della classe sociale chequeste ombre tentano invano disalvare. Poi però la realtà, come i fatti,ha la testa dura. E hai voglia dicomprimerla, nasconderla, dissi
mularla ed esorcizzarla. Questa rispunta sempre da qualche parte,violenta, razionale e reale, come lesagome di una moltitudine disoggetti che appaiono dietro allaporta di una biblioteca, che si spalanca brutalmente e che si apre definitivamente.
O quasi...Perché nessuna vittoria è mai definitiva fino a quella definitiva… Matorniamo alla nostra storia. Gli studenti irrompono di forza nellastruttura, la aprono e calano unostriscione all'esterno che dice “BrauOccupata”, minacciando di restare lìdentro giorno e notte sino alla realeriapertura fino alle 19.00. Il pomeriggio si tiene un'iniziativa sulla Resistenza e l'Antifascismo (nella qualeemerge tra l'altro il nefasto ruoloavuto dalla direzione stalinista di Togliatti) con il prof. Aragno, docente distoria presso la Federico II. È nel belmezzo di questa iniziativa che arrivaun comunicato, firmato dal RettoreMarrelli, e recapitata agli studenti daparte del Presidente del Cab (centrodi ateneo per le biblioteche), con ilquale si annuncia la riapertura dellaBrau dal 30 Aprile parzialmente e dal15 Maggio totalmente, fino alle19.00, come esigono gli occupanti. Aquel punto si tiene un'assemblea,dove la maggioranza, con tono festoso, si esprime a favore della disoccupazione della struttura in attesadell'adempimento della promessa
fatta dal Rettore, stavolta nero subianco.Noi di Alternativa comunista esprimiamo certamente una parzialesoddisfazione, per aver costrettol'istituzione ad esporsi in modo cosìnetto, ma mettiamo subito inguardia rispetto alla dubbia affidabilità delle promesse borghesi e poniamo l'accento sul fatto che nelladelibera non si specifica come si sarebbe dovuta attuare questa promessa, nel timore che le modalitàpotrebbero ledere i lavoratori, adesempio obbligandoli a farestraordinari, oppure modificandonei turni di lavoro senza la loro approvazione e senza un'adeguata remunerazione. I nostri dubbi hanno poi(purtroppo!) avuto la conferma deifatti: ad oggi infatti, la Biblioteca nonè ancora aperta completamente ecostantemente fino alle 19.00, masolo a piani alterni e grazie aglistraordinari (volontari e adeguatamente pagati) dei dipendenti. Ora sitratta di mettere il nemico all'angoloe finirlo: approfittare di questaparziale vittoria, di portarla fino infondo, come sempre, con la lotta; ditrasformare, forzatamente, le parolein fatti, reali, concreti e definitivi.Affinché la Brau continui a viveremomenti di condivisione, pranzisociali, iniziative, assemblee, ad essere luogo di cultura, socializzazionee resistenza. (13/06/2013)
Giovani di Alternativa ComunistaNapoli
Queimada:l'imperialismovistodaPontecorvoIl grande regista ha sempre rifiutato le analisi politiche convenzionali,Queimada ne è un esempio
Giovanni Bitetto
Queimada: “bruciata” in portoghese. L'isola che dà il nomeal film porta nella sua naturaun destino tragico e da queste
premesse non può che venirne fuoriun film cinico e duro. Gillo Pontecorvo nella sua carriera registica si èsempre occupato di temi politici, rivisitando alcuni aspetti controversidella storia e fornendo una chiave dilettura che esula da quellaconvenzionale della storia ufficiale:dall'indipendenza algerina al separatismo basco, passando per l'orroredei campi di concentramento nazisti;senza dimenticare la sua prolificacarriera di documentarista anche inquesto caso concentrata sull'esplorazione del modus vivendi delle classimeno abbienti. In Queimada vieneaffrontato lo scottante temadell'imperialismo e ne vien fuori unadura critica che non lascia spazio direplica alle ragioni dell'azione occidentale sulle colonie.
Una storia di sfruttamentoe ribellione
Queimada è un'isola immaginariadell'arcipelago delle Antille, da diversi secoli sottoposta alla dominazione politica ed economica delPortogallo. La corona britannica,interessata ad ampliare i propricommerci nella zona, appoggia lacausa d'indipendenza della riccaborghesia dell'isola ed invia WilliamWalker (un magistrale MarlonBrando), un agente inglese sotto copertura diplomatica incaricato di fomentare la rivoluzione borghese aQueimada. Questi, per perseguire ipropri interessi, riesce a coinvolgerenella rivoluzione anche gli schiavi neri dell'isola, servendosi della leadership di un uomo moltocarismatico tra i diseredati, José Dolores (indigeno e attore non professionista, come gran parte di coloro
che interpretano il ruolo degli schiavi) che lo stesso Walker si è incaricatodi indottrinare ideologicamente. Larivoluzione borghese avrà successo enell'isola s'instaurerà il debole eincapace governo borghese di TeddySanchez.Quando il giovane rivoluzionario JoséDolores infiammerà ancora una voltala sua gente per chiedere l'indipendenza economica dall'Inghilterrae l'uguaglianza di tutti gli uomini, sarà ancora Walker l'incaricato difermare questa nuova rivolta che saràdomata con l'intervento diretto deicannoni e delle truppe inglesi chebruciando le piantagioni di canna dazucchero faranno uscire allo scopertoi rivoltosi. Ancora una volta l'isola sarà bruciata. Walker, ormai disilluso riguardo i valori della civiltàoccidentale costretta a ragionare seguendo solo le logiche del profitto econsumato dal senso di colpa peraver tradito un uomo valoroso come ilsuo antagonista a causa della sua morale cinica e pragmatica, tenterà di farfuggire José Dolores, ma questi rifiuterà ed accetterà il destinodell'impiccagione che lo attende, perrimanere un esempio da seguire per ifuturi rivoluzionari. Sarà proprio unodi questi ad uccidere, pugnalandolo,l'emissario inglese che stava pertornare in patria.
La violenza capitalistica nelmondo coloniale
Il film che presenta una regia scarna elimpida, per massimizzare la resa didascalica della pellicola, si regge sullatensione fra queste due tragiche figure: Brando/Walker, l'uomo occidentale guidato dalla freddezza e dalcalcolo razionale, che però dentro disé nasconde il disagio della civiltà dacui proviene, tanto da essere cosciente dei valori ipocriti di cui si faportatore, e Josè Dolores che inseguecon la tenacia dell'istinto un valoreprimordiale da poco riscoperto, oltre
il quale intravede sangue e dolore, mache non vuol più perdere il sognodella libertà; non sa quale strada seguire né con quali mezzi, ha soltantola certezza che comunque deve lottare (memorabile il suo: “Meglio saperedove andare senza sapere come, chesapere come andare senza sapere dove”). Alla fine diventerà martire,simbolo, mito perché “le fiamme chebruciano Queimada non possonovarcare il mare, ma non sarà possibilefermare le notizie”.La bravura di Pontecorvo sta nel riuscire a raccontare una storia che nellasua realistica specificità riesce perinduzione a diventare esempio paradigmatico delle politiche imperialistiche atte nel sistema capitalistico.Particolare attenzione viene data alpassaggio dall'imperialismo direttodi stampo colonialista al feticciodell'indipendenza che nascondesemplicemente un neocolonialismodi tipo commerciale; senza dimenticare la crudezza della guerra civile edel divide et impera: la violenzadell'esercito e delle truppe inglesi èorrenda nel mostrare gli incendi deivillaggi, l'uso dei cani contro i ribelli elo sradicamento della popolazione.D'altra parte anche i ribelli mostranoun aperto spirito di lotta violenta, gliex schiavi non sono tutti fratelli, alcontrario le truppe del costituitostato indipendente che danno lacaccia ai ribelli sono in maggioranzaneri e alcuni di loro deridono crudelmente il prigioniero Dolores.Mai come in questo momento in cui leforze imperialiste occidentali cercano di mettere il cappello all'insurrezione della masse della PrimaveraAraba un film come questo è attuale eindispensabile da vedere, poiché riesce nel difficile intento di svelare glispietati meccanismi che stanno dietro le dinamiche della politica esteraborghese.
Cinema e rivoluzione
Brau 31/05: pranzo sociale con banchetto pro Rivoluzione Siriana
Il comunicato del Rettore
IV GIOVANI di ALTERNATIVA COMUNISTA
Brasile:cronacadelCongressodiAnelSi riuniscono studenti provenienti da varie parti del mondo
H. Wilson Silva
Il 2° Congresso dell'Anel èstato caratterizzato dalla solidarietà alla lotta dei giovanie dei lavoratori in tutto il
mondo e dalla riaffermazione diuna delle caratteristiche principalidell'organizzazione fin dalla suanascita: l'internazionalismo.
“Hoo...indigeni,potetecombattere, perché l'Anel
vi appoggerà!”
L'evento ha avuto inizio conl'intervento di due giovani indiosdel Mato Grosso do Sul, Sergio Terena e Oriel Kayowá che, soddisfatti di fare parte del Congresso,hanno riferito di un altro criminecommesso contro le popolazioniindigene brasiliane: l'omicidio, daparte della polizia federale, la seraprima (29 maggio), di Oziel Gabriel, uno studente della scuolamedia della loro comunità. Dopoun minuto di silenzio, Sergio ricordava:“Oggi siamo con un dolore profondo nei nostri cuori, masiamo venuti qui per unire le forzecon voi dell'Anel perché sappiamoche in questo congresso troviamosostegno per continuare a lottareper i nostri diritti e contro questotipo di codardia! E che sappiamoche la responsabilità di tutto è delgoverno federale”.
Le Americhe unite nella lottaIn seguito, gli studenti cileni Quesadas Pedro e Felipe Baez hannopreso la parola per denunciare lasituazione della lotta studentescanel loro Paese. Pedro, che hapartecipato alla ribellione di studenti delle scuole superiori nel2006 (“Ribellione dei Pinguini”),ed è stato imprigionato per 72giorni nel 2011 a causa della sualotta per difendere l'istruzione, hadenunciato la mercificazione eprivatizzazione dell'educazione inCile e in tutta l'America latina,attuata dai vari governi, anche di“centrosinistra”, come ad esempioquello di Michele Bachelet nel loroPaese. Un progetto che, citandoFilipe, “può essere bloccato soloattraverso la lotta, cosa che, nelnostro Paese, inizia chiedendo algoverno di nazionalizzare la produzionedelrameedellerisorsedelPaese, investendo i soldi necessariper avere l'istruzione pubblica,laica e di qualità che tutti noi meritiamo”.Priscilla Hernandez, poi, ha emozionato la plenaria portando i saluti degli studenti del Costa Rica alcongresso: “Oggi state facendo lastoria. Nel momento in cui la piùgrande crisi del capitalismo dal1929, spinge il mondo e in particolare i giovani, alla povertà e alladisoccupazione, state dando unesempio di forza e resistenza. Statedicendo a voce alta e chiara, che cirifiutiamo di pagare la crisi creatadai governi e dai padroni. Statedando un esempio per tutti noi,giovani e studenti di tutto ilmondo. Si può sognare! Si puòcombattere!” (…) “Purtroppo, intutto il mondo, non sono state poche le organizzazioni studentesche che si sono schierate concoloro che, oggi, implementanoprogetti che portano all'oppressione e allo sfruttamento dei giovani. E quindi, diciamo grazie adAnel!”.La voce successiva è giunta dalQuebec, Canada, rappresentatadall'Associazioneperlasolidarietàsindacalestudentesca(Asse),cheèstata una delle protagoniste degliscioperi che hanno caratterizzatoil Paese per sei mesi nel 2012.
La gioventù europea sognaancora.E lotta!
Nella continuità del congresso, laspagnola May El Assir ha iniziato ilsuo intervento sottolineando che,in Europa, la Troika (Bancamondiale, Fondo monetariointernazionale e l'Unione europea)stacercandodi“rubareisognidella gioventù e socializzare labarbarie sul continente, portandomilioniemilionidipersoneadunasituazione disperata. Gli esempisono molti. In Spagna, più del 50%
dei giovani sono disoccupati, inGrecia, un terzo della popolazionevive sotto la soglia di povertà, inPortogallo, in Italia, in Irlanda e ingran parte del continente la situazione non è diversa. Ovunque, vogliono [i governi della Troika] che ilavoratori e i giovani paghino per lacrisiconil lorosangueesudore.Manon permetteremo che questoaccada. Continuiamo a sognare.Continuiamo a lottare” (…)“Abbiamo avuto il 15M, in Spagna,e poi il 14N il primo sciopero generale continentale. Sono lotte come queste che ci ricordano chesiamo dei giovani che ancorahanno futuro”. Un futuro che,ancora secondo May, si può costruire solo in stretta unione con ilavoratori e contro tutti glisfruttatori, tra cui “coloro che oggisi atteggiamo come rappresentanti del popolo, ma che nonfanno altro che tradirci: il PartitoSocialista Spagnolo, il Blocco di Sinistra in Portogallo o i governi delPt in Brasile. Per tutti loro, la viad'uscita alla crisi è la stessa: massacrarci. Ma stiamo percorrendoun'altra strada: quella dell'unitàdei lavoratori e dei popoli”.
Africa e Haiti: storie disfruttamento e di lotta
Presente come rappresentante delmovimento Quilombo Razza eClasse e dei gruppi organizzati da
CspConlutas in solidarietà con ilpopolo haitiano, Júlio Condaqueha ricordato che in questo finesettimana si sono compiuti i noveanni di vergognosa occupazionedel Paese caraibico da parte delletruppe Minustah, guidate dai governi del Pt brasiliano: “Sono noveanni di dolore, di violenza e disofferenza imposti contro la primarivoluzione nera nel nostro continente. Ma sono anche nove anni incui la CspConlutas, alla qualel'Anel è iscritta, non ha smesso dilottare in difesa dei nostri fratellihaitiani”. Dall'altra spondadell'Atlantico, è stata la volta di Falilu, studente senegalese, che haparlato della perversa combinazione tra razzismo e sfruttamento,ricordando che “l'Africa è statasfruttata fin dall'inizio; in Senegaloggi, questo si traduce nella privatizzazione di tutto (acqua,energia, trasporti, ecc.), mentremilioni dei nostri muoiono di fame”.
“Suria Bida ruriê”Così, in arabo, gli ospiti più attesidella serata, Thaer e Abdullah, sono stati ricevuti dai partecipantidel congresso. “La Siria esige la libertà” è stato il grido di battaglia ditutti i partecipanti subito dopo chei loro nomi sono stati annunciati.Poco prima di loro, avevanoparlato Maren Mantevani,dell'organizzazione “Stop the
Wall” – che rivendica la finedell'apartheid e dei crimini sionisticontro il popolo palestinese – eHerbet Claros, del sindacato deimetalmeccanici di São José dosCampos che ha sottolineatol'importanza della solidarietàinternazionale, citando l'esempiodel Convegno Sindacale Internazionale, organizzato da CspConlutas e Solidaires francese amarzo di quest'anno a Parigi.Nel suo discorso, Herbert ha ancheevidenziato l'enorme importanzache le rivoluzioni in corso in MedioOriente e Nord Africa hanno avutoper la gioventù di tutto il mondo:“Negli anni‘90, ci sono state persone che dicevano che 'la storia erafinita, che il sogno del socialismoera scomparso'. Beh, Thaer eAbdullah sono qui per ricordarcicome questi signori si siano sbagliati: la lotta in Siria e nell'interopianeta ci ricorda e ci insegna chela classe operaia e la gioventù nonhanno rinunciato al sogno. Non rinunciarono a lottare per la rivoluzione!”. Prima di passare la parolaai compagni siriani, Clara Saraiva,del coordinamento esecutivo diAnel, ha ricordato come il congresso si stesse svolgendo con alcuneore di anticipo rispetto alla“Giornata mondiale di solidarietàcon la Siria”, approvatanell'incontro di Parigi il 31 Maggio.
“Achab Iuríd escáte Nizam”“Il popolo vuole la fine del regime”èstatounaltroslogancheipartecipanti hanno gridato mentrescorrevano le immagini di un filmche mostrava il processo di organizzazione e le lotte dell'UnioneSiriana degli Studenti Liberi, organizzazione della quale Thaer eAbdullah sono coordinatori. Thaerha detto che l'Usel si è formata nelvivo delle lotte rivoluzionarie e hagran parte della sua attività si èsvolta in clandestinità, a causadella sanguinosa repressione diBashar Al Assad. Nonostante questo, l'organizzazione ha svolto unruolo importante non solonell'organizzazione delle lotte deigiovani, ma anche a sostegno di ri
fugiati, figli e parenti dei “martiri”.“La nostra lotta è iniziata pacificamente protestando contro il massacro di innocenti da parte delleforze assassine di Al Assad. Tuttavia, a ogni segno di protesta, la repressione aumentava, il numero dimorti e prigionieri continuava acrescere ed è per questo che siamostati quasi 'costretti' a fare la rivoluzione. Ma nonostante le moltedifficoltà, noi andremo avanti finoalla vittoria. E per questo, il sostegno internazionale è fondamentale! Per questo che siamo qui!”.Abdullhah ha sottolineatol'importanza della solidarietànella lotta contro la politica genocida del dittatore siriano.“Solo tra igiovani studenti, sono migliaia ilnumero di morti, centinaia sottotortura. Né bambini né donne so
no stati risparmiati. Al Assad è unassassino criminale” (...) “Vogliamolafinedelregime.Peravereunasocietà libera in cui poter vivere,studiare e costruire un futuro”.
Molti giovani,una sola lotta!Nel congresso, coperti da unabandiera siriana gigante, i delegatie i partecipanti hanno datoun'appassionante dimostrazioneche l'organizzazione non lesineràenergieesforziperaiutareigiovanisirianiatrasformareillorosognodilibertà in realtà. Un sogno che, come il congresso ha ribadito, oggi ècondiviso da giovani provenientida tutti gli angoli del mondo.(13/06/2013)
««LLaa QQuuaarrttaa IInntteerrnnaazziioonnaalleepprreessttaa ppaarrttiiccoollaarreeaatttteennzziioonnee aallllaa ggiioovvaanneeggeenneerraazziioonnee ddeellpprroolleettaarriiaattoo..TTuuttttaa llaa ssuuaa ppoolliittiiccaa ssiissffoorrzzaa ddii iinnffoonnddeerree nneellllaaggiioovveennttùù llaa ffiidduucciiaa nneelllleepprroopprriiee ffoorrzzee ee nneell ffuuttuurroo..
SSoolloo iill ffrreessccoo eennttuussiiaassmmooee lloo ssppiirriittoo bbeelllliiccoossoo ddeellllaaggiioovveennttùù ppoossssoonnooggaarraannttiirree ii pprriimmii ssuucccceessssiinneellllaa lloottttaa;;ssoolloo qquueessttii ssuucccceessssiippoossssoonnoo rriippoorrttaarree ssuullllaassttrraaddaa ddeellllaa rriivvoolluuzziioonnee iimmiigglliioorrii eelleemmeennttii ddeellllaavveecccchhiiaa ggeenneerraazziioonnee..CCoossìì èè ssttaattoo ee ccoossìì ssaarràà..»»
Lev TrotskyProgramma di transizione
LLaa RRiivvoolluuzziioonnee ssii ppuuòò ffaarree!!
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PROGETTO COMUNISTA Estate 2013 9
L'illusionedel“benecomunismo”Il caso Accorinti a Messina
Mauro Buccheri
Il 9 e 10 giugno scorsi si sonosvolte in Sicilia le elezioniamministrative, con 142 comuni interessati, fra cui
quattro capoluoghi di provincia. ACatania e Messina notevole interesse ha suscitato a sinistra la presenza elettorale di liste civiche“benecomuniste”, che hannoportato con sé un certo carico diaspettative, e ottenuto l'appoggiodi partiti della sinistra riformista ecentrista. Ci riferiamo alla listaCatania Bene Comune, con MatteoIannitti candidato sindaco, e alla lista Renato Accorinti sindaco –Cambiamo Messina dal basso.Senza soffermarci sui risultatielettorali, nel presente articoloabbozziamo un'analisi politica,concentrandoci in particolare sullalistacivicamessinese,anostroavviso paradigmatica rispetto all'illusione istituzionalista alimentata daprogetti riformisti che ciclicamentecontinuano a presentarsi a livellolocale a diverse latitudini e longitudini.
La lista civica diRenato Accorinti
Notevole entusiasmo ha accompagnato a Messina la discesa in campodi Renato Accorinti, docente etecnico della federazione italiana diatletica leggera, pacifista, attivo negli ultimi anni nella lotta contro ilPonte sullo stretto e in altre battaglia ambientaliste. Nei mesi chehanno preceduto le elezioni, la suacampagna elettorale è stata giocatasugli slogan del programma realizzato “dal basso” dai cittadini edella politica al servizio del “benecomune”, espressione che con unartificio retorico pretende di farsparire le differenze fra le classi sociali in lotta, pacificandole nel generico concetto di cittadinanza.Contrariamente a quanto Accorinti
ha sostenuto pubblicamente primadella pubblicazione del suo programma elettorale, in quel progettopolitico non c'è traccia di proposteprogrammatiche non diciamo rivoluzionarie ma che almenomettano in discussione sia purlontanamente il sistema. Né potevaessere altrimenti, data l'impostazione politica dei suoi promotori ela natura localistica del progetto,che in quanto tale risulta sganciatoda una radicale prospettiva antisistema e inevitabilmente destinatoalla dimensione utopica.Accorinti ha celebrato continuamente la “sacralità” delle istituzioni, mettendo al centro della propriaazione politica la battaglia per la“trasparenza”, nonché alla casta e aicosti della politica, prendendoesempio evidentemente dal movimento 5 stelle del comico reazionario Grillo, rispetto al quale del resto,lo stesso Accorinti ha detto chiaramente che “molte cose sono in comune, quasi tutto”(1).Fino all'ultimo, Accorinti ha sperato di fare un accordo elettorale colM5s, memore evidentemente deglienormi consensi raccolti dai grillinia Messina alle politiche dello scorso
febbraio (27% con oltre 30 mila votialla Camera), accordo che non si èrealizzato, come egli stesso ha riconosciuto, per scelta del M5s.Tuttavia, se si considerano i successivi responsi delle elezioni comunali a Messina, col tracollo del M5s(che non arriva nemmeno al 3%,con appena 3 mila voti!) e l'exploitdi Accorinti (che prende quasi 20mila voti), è ipotizzabile che ci siastato un notevole travaso di voti insua direzione dal M5s, tendenzaanche questa abbastanza significativa. E coi grillini, in effetti, Accorinti ha parecchio in comune,incluso il rifiuto delle “ideologie”,nonché il porsi opportunisticamente“né a destra né a sinistra”(2).
Riformisti e centristi asupporto di Accorinti
Questo dettaglio non è sfuggito aRifondazione Comunista, cheinfatti ha appoggiato la candidatura di Accorinti, rimarcandoneentusiasticamente (in un comunicato del Circolo Impastato) “lanaturale propensione a raccogliere attorno a sé tanti giovani, variesensibilità culturali e politiche”,
nonché il “carattere eterogeneo”del programma elettorale(3).Un programma riformista,all'insegna della gestione virtuosadell'esistente e del rispetto della“legalità” borghese, delle “interlocuzioni coi governi regionali e nazionali”, dei tavoli vertenziali,senza che una parola sia spesacontro i finanziamenti pubbliciallescuoleprivate,clericalienon.Eancora, verde e piste ciclabili, biglietti integrati per i mezzi di trasporto (senza garanzia di accessogratuito per le fasce più debolidella popolazione), e poi, ma solo“compatibilmente con i vincoli dibilancio e le possibilità di investimento”, la Flotta Comunale perl'attraversamento dello Stretto(4).Del resto, Guido Signorino, assessore designato al bilancionell'eventuale giunta Accorinti,già nel periodo preelettorale aveva criticato le gestioni amministrative precedenti rimarcandoneil mancato rispetto del “patto distabilità”, di cui dunque dava unalegittimazione.In campagna elettorale Accorintiaveva avanzato la proposta di sostenere “i lavoratori che, in presenza di crisi aziendale o diimprovvide scelte di chiusura e/odelocalizzazione, proponessero dirilevare gli impianti e gestirli informa cooperativa”(5). Una proposta vaga, che sembra orientarsiverso soluzioni radicali, ma che inrealtà ne costituisce solo una caricatura, dato che non contemplaalcun esproprio dei padroni chedelocalizzano. Eppure, è dovutasembrare anche troppo spinta adAccorinti e al suo staff, visto che diessa non vi è più traccia nel programma definitivo.Al supporto del Prc, Accorinti hapotuto aggiungere quello (“critico”!) del Pcl di Ferrando. Ormai aiminimi termini in Sicilia, il Pcl (stavolta non presente alle elezioni),ha provato a intercettare un mini
mo di considerazione dallastampa borghese attraverso un comunicato nel quale si scrive che,nonostante il programma “riformistaminimalista”, il Pcl dàindicazione di voto ad Accorinti,poiché presenta una coalizione civica con “componenti [!] di sinistraindipendente e autonoma dal PdlocalediGenovese,espressionedelgruppo locale dominante (iFranza)”(6). Una presa di posizionepoliticamente molto discutibile,senza considerare che, come silegge nello stesso comunicato delPcl, in alcuni quartieri Accorintinon ha presentato candidati presidenti, al fine di appoggiare deicandidati piddini, come adesempio il renziano Palano Quero.
Contro ogni illusioneriformista e centrista
Poco importa ai centristi del Pcl seAccorinti stesso rimarca la sualarga convergenza col M5s, forzapolitica che i ferrandiani passanogran parte del loro tempo adattaccare, denunciandone, come èvero, la natura di “tappo” rispetto
all'esplosione sociale. Lo stessotappo in verità costituito da Accorinti e dai suoi omologhi “benecomunisti”, dispensatori di ulterioriillusioni,freniamanotiratirispettoallosviluppodellelotte,chenonhacerto bisogno di ulteriori programmi socialdemocratici riciclatidietro un volto rassicurante, né disedicenti rivoluzionari che trasmettono soltanto la loro confusione teorica e pratica, provando anasconderla dietro citazioni di Lenin decontestualizzate.Il cambiamento non passa dallariproposizione di ricette riformiste, ma dalla costruzione dellaprospettiva rivoluzionaria su scalainternazionale. Questo è il progetto che il Pdac porta avantiinsieme alla Lit, e che sta sviluppando anche in Sicilia.(13/06/2013)
Note
(1)http://bit.ly/pc41_14_01(2)http://bit.ly/pc41_14_02(3)http://bit.ly/pc41_14_03(4) http://bit.ly/pc41_14_04(5) http://bit.ly/pc41_14_05(6) http://bit.ly/pc41_14_06
IncidentemortalealpetrolchimicodiPrioloGestione operaia degli impianti contro la violenza dei padroniGianmarco Catalano
Si chiamava SalvatoreGanci, aveva 38 anni, unamoglie e due figli piccoli.L'hanno trovato steso a
terra, senza vita, nell'impiantoindustriale a cui era addetto, a seguito di una fuga di acido solforico avvenuta all'interno dellaraffineria Isab Nord di Priolo.La tragica morte dell'operaiopriolese, a venticinque anni didistanza dall'ultimo casonell'area industriale siracusana,ha riportato l'attenzione suldramma della totale assenza disicurezza e sui pericoli con cuiquotidianamente sono costrettia convivere i lavoratori e la popolazione del “triangolo dellamorte”, come da tempo è stato ribattezzato il comprensorioindustriale di AugustaPrioloMelilli. Il polo petrolchimico piùgrande d'Europa. Nell'area a piùelevato rischio sismico della regione.
Priolo, record di incidenti
A Priolo – tra i 55 siti d'interessenazionale per la bonifica (Sin), ilquarto in Sicilia accanto a Gela,Milazzo e Biancavilla – si è persoil conto del numero degli incidenti industriali che si succedono quotidianamente tra i 17stabilimenti chimici e petrolchimici. Solo per citare gli ultimi datipubblicati dal Dipartimento regionale di protezione civile, nellasola Isab Nord, dove SalvatoreGanci ha trovato la morte – tra gliimpianti più vetusti e a rischio –nel periodo compreso tra ilgennaio 2007 e il dicembre 2009,si sono succeduti ben 96 incidenti industriali (a cui siaggiungono quelli non dichiarati), tra sfiaccolamenti, esplosioni, emissioni in atmosfera esversamenti.L'ultimo incidente grave in ordine di tempo risale alla scorsaestate: la rottura di un oleodottocausò la perdita di oltre 450milalitri di cherosene, finiti dritti nelletto del vicino torrente Cantera –
a pochi passi da quel che restadell'area archeologica di MegaraHiblaea, tra le più antiche colonie greche del sud Italia, oggi coperta dalle industrie –penetrando nel sottosuolo con laquasi certa contaminazionedella falda acquifera sottostante.L'ipocrisia dei sindacaticoncertativiAll'indomani della morte del lavoratore, le burocrazie sindacalidi Cgil, Cisl e Uil hanno proclamato – “in attesa che il Sig. Prefetto convochi tutte le partiinteressate”, precisavano cautamente in un comunicatocongiunto – una risibileastensione dal lavoro di appenaquattro ore con concentramentonel piazzale antistante la portineria Isab Nord. Tutti uniti a rivendicare, attraverso annuncisulla stampa locale, “sicurezzanei posti di lavoro”, “salute deicittadini e lavoratori” e “tuteladell'ambiente circostante”,mentre nei fatti da decenni lapolitica portata avanti dai sinda
cati concertativi siracusani si èsempre dimostrata totalmenteprona a Confindustria e asservitaal volere delle multinazionali delpetrolio che impunemente devastano, stuprano e saccheggiano il territorio aretuseo, sullapelle dei lavoratori e a dannodell'ecosistema, fortementecompromesso.Basti pensare alla foga con cuiquesti burocrati spingevano perla realizzazione del megarigassificatore Ionio Gas (joint venture paritetica ErgShell),nonostante gli acclarati rischiper la sicurezza e la volontàcontraria dei cittadini di Priolo eMelilli espressa attraverso duereferendum consultivi (98% diNo). Oppure, da ultimo, va citatoil recente accordo sulla produttività siglato dal Confapi e sottoscritto unitariamente da Cgil,Cisl e Uil, riguardante prevalentemente i lavoratoridell'indotto del petrolchimico,in cui si riconosce “l'interessecomune di favorire l'obiettivo diattivare lo sviluppo e la diffusione della contrattazione collettivadi secondo livello al fine di promuovere strumenti di articolazione contrattuale mirati adassicurare le esigenze di specificicontesti produttivi”, che tradottosignifica derogare al contrattocollettivo nazionale sulla scia del“modello Marchionne”, incentivare la precarietà e assecondarele logiche di profitto con conseguente arretramento del livellodi tutela dei lavoratori.
La politica filopadronaledi Crocetta
Pochi giorni prima dell'incidente accaduto all'Isab, il governatore Crocetta eraimpegnato a incontrare, a Palazzo D'Orleans, Vagit Alekperov,presidente della compagnia pe
trolifera russa Lukoil – proprietaria per l'80% proprio dellaraffineria Isab dopo la cessione diErg – per accogliere e sbandierareai quattro venti la notizia di unfantomatico piano di investimenti da un miliardo di euroannunciato dal colosso industriale, anticipando al contemponuovi vertici anche con i padronidi Eni, cioè con la principaleazienda responsabile della devastazione ambientale a Priolo eGela. Scopo sotteso a questiincontri: dare rassicurazioni allemultinazionali sulla velocitàdell'iter burocratico per il rilascio delle autorizzazioni necessarie alle realizzazione di nuoviimpianti. Che tradotto dal gergocapitalistico significa niente storie sulla pericolosità degli stabilimenti, sui rischi e sui pericoli perla sicurezza di lavoratori e popolazioni.Questo il commento entusiastadi Crocetta al termine della riunione con Alekperov, come riportato dal Sole 24 ore: “laRegione ha manifestato la massima disponibilità ed è molto interessata ad accogliereinvestimenti stranieri: è già quasipronta la legge sulla sburocratizzazione, che accelereràl'iter per le autorizzazioni. Sonofelice che il presidente della Lukoil mi abbia invitato in Russiaper incontrare gli industriali russi”.
Per una gestione operaiadegli impianti
Al cospetto di questo desolantescenario, tra l'arroganza del padronato industriale siracusano, ilservilismo dei sindacaticoncertativi e dei politicanti,l'unicasoluzioneperraggiungeredelle conquiste sul piano dellatutela della salute, della sicurezzae dell'ambiente è affidare ai lavoratori stessi la gestione degliimpianti. Nell'immediato, è necessario che i lavoratori – ritirando ogni delega ai sindacaticollaborazionisti – costituiscanocomitati di lotta, insieme allerealtà associative e ai movimentiambientalisti che non hanno maicedutoairicatti,alleavancesealleregalìe degli industriali e non siarrendono allo scempio capitalistico. Solo l'unione intorno a unalotta radicale e a oltranza, infatti,può strappare risultati e può costringere i padroni ad arretrare.La neonata sezione di Alternativacomunista a Siracusa sarà impegnata in questa direzione di lotta.Per iniziare a rivendicare a granvoce una gestione della produzione e dell'economia compatibile con il rispetto dell'ambientee della salute, che significa porsinell'ottica della costruzione diun'economia pianificata, sotto ilcontrollo dei lavoratori, chesappia conciliare sviluppo delleforze produttive e tutele.(13/06/2013)
DAL TERRITORIO
Paolo Ferrero, segretario del Prc, a sostegno di Accorinti
Le rovine di Megara Hiblaea e sullo sfondo a 1km circa il petrolchimico di Priolo
10 Estate 2013 PROGETTO COMUNISTATEORIA E PRASSI
Francesco Ricci
“La lotta contro i centristi corrisponde alle necessità del nostroobiettivo fondamentaleall'interno della classe operaia:distruggere le organizzazioniopportuniste e riunire la largamaggioranza dei lavoratoriattorno alla bandiera comunista.”(Lev Trotsky, in “Diplomazia opolitica rivoluzionaria?”, 1 luglio 1929)
Talvolta ci capita di costatare che anchecompagni addentro aldibattito politico
fraintendono l'uso che facciamo del termine “centrista”. Nelvocabolario politico correntecon questo termine ci si riferisceai partiti borghesi “di centro”(Fli, Casini, Monti, ecc): ma inambito comunista invece designa quelle organizzazioni cheoccupano una posizione a metàstrada tra rivoluzionari e riformisti.
I centristi sottola penna di Lenin
Forse il primo a utilizzare, inambito marxista, il termine“centrista” con il significato sopra detto è stato Lenin. È neisuoi scritti del periodo della Prima guerra mondiale checompare questo termine. Adesempio, nel saggio “Il socialismo e la guerra” (dell'estate1915) Lenin attacca non solo isocialsciovinisti (cioè i partitisocialdemocratici che si eranoschierati con i rispettivi governiborghesi, sostenendo il macelloimperialista nel 1914) ma anchequei gruppi, singoli dirigenti,partiti, che, collocandosi a sinistra della socialdemocrazia, “rifiutavano” da posizioni“pacifiste” astratte la guerrasenza arrivare alla conclusionedella necessità di trasformarlain guerra civile, cioè in guerra diclasse per rovesciare i governiborghesi.Tipica espressione di questocentrismo era la maggioranzadel Psi (Serrati e Lazzari), l'Uspdtedesca, ecc.
Il centrismo analizzatoda Trotsky
Il centrismo torna... al centrodell'analisi e della battaglia deirivoluzionari dalla fine deglianni Venti: stavolta ci si riferiscea un nuovo tipo di centrismo,sorto all'interno del partitobolscevico e cresciuto con la degenerazione stalinista. Fino a
metà degli anni Trenta, Trotskydefinisce lo stalinismo appuntocome una variante speciale dicentrismo, il “centrismo burocratico”; termine che dal 1935riterrà inadeguato per classificare lo stalinismo ormai passatocompletamente nel campocontrorivoluzionario.Il termine “centrismo”, tuttavia,abbonda proprio nei testi diTrotsky degli anni Trenta: ma riferito stavolta a quelle numerose organizzazioni che sicollocano a metà strada tra ilpolo costituito da socialdemocrazia e stalinismo (che animano i fronti popolari) e il poloopposto dei rivoluzionari (cioè itrotskisti o, come si diceva allora, i bolscevicoleninisti).Rientrano in questa ampia categoria forze come il Sap tedesco,l'Ilp inglese, il Poum spagnolo,l'Osp olandese, il Psop francese,citate nell'articolo che pubblichiamo in queste pagine. Sitratta soprattutto di quelle organizzazioni che danno vita al Bureau di Londra (detto ancheBureau di Amsterdam) deiPartiti socialisti rivoluzionari,che raggruppa le forze non affiliate né all'Internazionale socialista né alla TerzaInternazionale stalinizzata mache, al contempo, rifiutano ilprogetto di costruzione di unaQuarta Internazionale.
L'essenza del centrismoRivoluzionario nella forma,opportunista nella sostanza:ecco come Trotsky dipinge ilcentrismo. La politica concretadel centrismo è, nella maggiorparte dei casi, opportunista main tutti i casi sempre rivestita diuna forma e di una fraseologiapiù o meno “rivoluzionaria”.Mentre il riformismo è l'adattamento profondo alla borghesiae ai suoi governi, il centrismoocculta la sua reale natura, spesso riuscendo così ad attrarresettori e militanti che si allontanano dalle organizzazioni riformiste. È per questo che ilperiodo di maggior fioritura delcentrismo ha sempre coincisocol periodo di più profonda crisidel riformismo (il 4 agosto 1914della socialdemocrazia e ilsuccessivo “4 agosto” dello stalinismo, cioè il fallimento difronte all'ascesa del fascismo diHitler in Germania).Anche oggi vi è la tendenza, invari Paesi, a fronte del fallimento del riformismo classico,alla nascita di organizzazionicentriste. In Italia, come vedremo tra poco, per ora non assistiamo ancora a questofenomeno e anzi, viceversa, ve
diamo una crisi parallela di riformisti e centristi. Ma nuoveforze centriste potrebberosorgere nel prossimo periodoanche da noi: per contrastarequesto rischio futuro, così comeper combattere le scarse forzecentriste già esistenti, è utiletornare sul concetto di centrismo, conoscere meglio l'essenza distruttiva di questoautentico morbo per il movimento operaio.Carattere essenziale del centrismo è l'abbandono di uno o piùpilastri del marxismo rivoluzionario: il programma transitoriooppure la costruzionedell'Internazionale rivoluzionaria o del partito di tipo bolscevico (ocontemporaneamente di piùd'uno tra questi elementi).
Il centrismo odiernoin Italia
Nella definizione di centrismorientrano in Italia varie forzecollocate a sinistra dellamaggioranza dirigente di Rifondazione.È centrista (di destra) Falcemartello, area interna al Prc cheha revisionato il concetto diindipendenza di classe dai governi borghesi (sostiene la possibilità di governi borghesi“neutri” e “influenzabili”: comela giunta De Magistris a Napoli;si riconosce in posizioni filochaviste, ecc.) e ha rimosso ilconcetto stesso di partito rivoluzionario indipendente (sostituito da un entrismo senza finenelle organizzazioni riformiste).Era centrista (oggi è difficile dire, essendo di fatto scomparsacome organizzazione unificata)Sinistra Critica, la cui politica siè caratterizzata per l'abbandono del concetto di opposizionedi classe strategica ai governiborghesi (sostenne per un periodo “criticamente” il secondogoverno imperialista di Prodi,teorizzando la necessità di “verificare” di volta in volta quandosia necessario fare opposizione); e per la negazione delconcetto di Internazionale rivoluzionaria, sostituito dal progetto di “nuovi partitianticapitalisti”, unione tra riformisti “onesti” e rivoluzionari(progetto che di rivela in tutto ilsuo fallimento in Francia, con lacrisi dell'Npa).È centrista il Pcl di Ferrando, cheè caratterizzato da un programma nazionale apparentemente corretto, ma declinato inmille programmi locali cheoscillano tra posizioni franca
mente riformiste e altre simili aquelle rivoluzionarie (l'elemento predominante, comunque, salvo eccezioni, èl'estraneità o il disinteresse degli attivisti per il trotskismo, cioèper il marxismo odierno); ed ècentrista anche e soprattuttosul piano organizzativo, federazione di gruppi eterogeneiattorno all'anziano leader, conuna struttura che richiamaquella del menscevismo storico(tesseramento senza criteri leninisti e dunque indifferenziatotra attivisti e simpatizzanti). Dalpunto di vista della costruzioneinternazionale, manifesta uninternazionalismo platonicoche si traduce nel coordinamento (privo di congressi, dibattito interno, organismipermanenti, ecc.) con altre dueorganizzazioni (il Po argentino eun gruppo greco). Lo stessoprincipale dirigente del Crqi,Altamira, ha recentemente riconosciuto (nel congresso delPo) che “ormai il Crqi è inattivo”(e difficilmente sarà rivitalizzato da una estemporaneaassemblea che è stata organizzata in Grecia).Rientrano nella casistica delcentrismo anche una mezzadozzina di gruppi che discendono in qualche modo dal bordighismo (per quanto Bordiganon li avrebbe mai riconosciuti). Sono caratterizzati dal rifiuto (talvolta teorizzato) di unprogramma di tipo transitorio elimitano l'internazionalismo aun auspicio, non essendo partedi nessun effettivo partitomondiale centralizzato.Su ciascuna di queste forzeabbiamo avuto modo di scrivere analisi critiche più dettagliate: non limitandoci aicaratteri generali ma alle politiche quotidiane che nediscendono (in vari casi anchesegnate da forti elementi diopportunismo, specie sul pianosindacale) ci scusiamo per laschematizzazione resa qui necessaria dalla mancanza di spazio. Ma quanto ci premeva erasemplicemente verificare comele caratteristiche che Trotskyattribuisce al centrismo nonappartengano, ahinoi, a unastoria passata ma si riproducano anche ai giorni nostri.
La dinamicadel centrismo
Trotsky sottolinea varie voltecome il centrismo non sia maiimmobile ma abbia un'originee una direzione di marcia.Oscilla da destra a sinistra e dasinistra a destra, ma queste
oscillazioni non sono tutteuguali. C'è un centrismo chetende a degenerare completamente (e che viene prima o poiriassorbito dal riformismo), vene può essere un tipo che, nelquadro dello sviluppo dellalotta di classe e per l'azione deirivoluzionari, evolve verso sinistra. Il centrismo infatti costituisce spesso (nonobbligatoriamente) uno stadiotransitorio per settori di lavoratori e giovani in rottura col riformismo.
La battaglia per ladistruzione del
centrismo
Non essendo possibile unasintesi tra il programma dei riformisti o dei centristi e quellodei rivoluzionari, il compito deirivoluzionari è quello didistruggere politicamente leorganizzazioni riformiste ecentriste, guadagnandone isettori migliori al programmarivoluzionario, l'unico programma che garantisce l'indipendenza di classe deilavoratori in lotta. Guadagnarequesti settori, aiutandoli nelcorso della loro esperienzaconcreta a separarsi dai dirigenti riformisti e centristi ossificati, è un passaggioineludibile nella strada dellacostruzione di un partito rivoluzionario.Questo obiettivo tuttavia nonpresuppone per niente, comequalcuno crede, il porre lasordina sulla battaglia politicaper evidenziare le differenze trarivoluzionari e centristi (e riformisti): al contrario, senzaalcuna illusione sulla “unitàdella sinistra” (o “unità dei comunisti”), si tratta piuttosto,nel corso della comune partecipazione alle lotte, di mantenere la massima intransigenzaideologica e politica e di evidenziare ad ogni passo, anche especialmente quando si
raggiunge una momentaneaunità d'azione, le differenze trail programma rivoluzionario ele concezioni organizzative chene discendono e il programmae l'organizzazione di centristi eriformisti. È quanto intendevadire Lenin ripetendo il mottochiave dell'Iskra: “Prima diunirci e per unirci, dobbiamoanzitutto delimitarci risolutamente e con precisione”.La lotta implacabile contro i dirigenti centristi, autenticoostacolo sulla via della costruzione del partito rivoluzionario, ha spesso fatto meritare airivoluzionari l'etichetta di“settari”: una definizione, come commentava Trotsky, chesulla bocca di un opportunistasuona per noi come un complimento.
Il testo di Trotsky chepresentiamo
La battaglia per la costruzionedel partito rivoluzionario nonavviene solo nello scontrocontro la borghesia, i suoi governi, il suo Stato: ma si sviluppa anche contro i partitiriformisti (“agenti dellaborghesia nel movimento operaio”) e contro i centristi.Tra i tanti testi di Trotsky dedicati alla battaglia contro ilcentrismo presentiamo qui“The centrism and the FourthInternational” in una nostranuova traduzione (fattacomparando la versione inglese e quella in spagnolo). Il testoreca come data di elaborazioneil 22 febbraio 1934 e fu qualchesettimana dopo pubblicato suThe Militant (la rivista deitrotskisti statunitensi). Per nonappesantire il testo ci siamo limitati a poche note indispensabili all'interno diparentesi quadre: in quanto, aldi là di riferimenti contingenti,l'attualità delle generalizzazioni di Trotsky risulterà subitoevidente al lettore.
Cosaèilcentrismo,comecombatterloCon un articolo di Trotsky (inedito in italiano)
PROGETTO COMUNISTA Estate 2013 11TEORIA E PRASSI
IlcentrismoelaQuartaInternazionale«Il centrista odia il principio rivoluzionario del dire le cose come sono»
Lev Trotsky
1. Gli accadimenti in Austria[l'imposizione, all'inizio del 1934,di norme contro i partiti operai daparte di Dollfuss, che costrinsero lasocialdemocrazia austriaca aconvocare uno sciopero generale,nel quale si produssero scontriarmati a Vienna contro le truppedel governo: con decine di morti earresti, ndt], che seguirono quelli inGermania [l'avvento al potere diHitler, nel 1933, ndt] hanno postouna lapide sul riformismo “classico”. Da ora in poi solo i più sciocchitra i dirigenti del sindacalismo britannico e statunitense, e il loro seguace francese Jouhaux [segretariodella Cgt, riformista e socialtraditore], il presidente della SecondaInternazionale Vandervelde e altrisimili dinosauri politici oserannoparlare apertamente di sviluppopacifico, di riforme democratiche,ecc. Ora la grande maggioranza deiriformisti deliberatamente impiega altri colori dalla propria tavolozza. Il riformismo si adatta alleinnumerevoli varietà del centrismo che predominano nel movimento operaio di tutti i Paesi. Siviene così a creare una situazionetotalmente nuova, in un certosenso senza precedenti, per il lavoro del marxismo rivoluzionario(bolscevismo). La nuova internazionale non potrà costruirsi peraltra via che non sia quella dellalotta contro il centrismo. Intransigenza ideologica e una politicaflessibile di fronte unico sono, inqueste condizioni, due strumentiper conseguire il medesimoobiettivo.2. Prima di tutto bisogna capirequali sono i tratti caratteristici delcentrismo moderno. Non è facile:primo, perché a causa della suaambiguità fisiologica, il centrismoè difficile da definire a positivo: sicaratterizza più per ciò che glimanca che per ciò che esprime. Secondo, mai come ora il centrismoha riflesso tutti i colori dell'arcobaleno, perché la classe operaia non èmai stata in una situazione difermento come lo è ora. Unfermento politico che produce unariorganizzazione, una ricollocazione tra i due poli, riformismo emarxismo, con un passaggio attraverso i diversi stadi del centrismo.3. Per quanto sia difficile dare unadefinizione generale del centrismo, che necessariamente avràsempre un carattere “congiunturale”, possiamo e dobbiamo segnalare le caratteristiche peculiari piùsignificative dei gruppi centristiche sono nati dal naufragio dellaSeconda e della Terza Internazionale:a) Nel terreno della teoria, il centrismo è impressionista ed eclettico;per quanto possibile elude gliobblighiinmateriaditeoriaetende(a parole) a privilegiare la “praticarivoluzionaria” rispetto alla teoria,senza comprendere che solo la teoria marxista può fornire unorientamento rivoluzionario allapratica.b) Sul piano ideologico, il centrismo conduce una esistenza parassitaria. Utilizza contro i marxistirivoluzionari i vecchi argomentimenscevichi (quelli di Martov,
Axelrod, Plechanov), generalmente senza nemmenorendersene conto. Al contempo,prende in prestito dai marxisti, inparticolare dai bolscevicoleninisti, i propri argomenti principalicontro la destra [intesa qui comedestra del movimento operaio, cioèi semiriformisti, ndt] ma,ammorbidendogliaspettipiùacutidella critica e evitando di assumereconclusioni pratiche, smarrisce ilsenso di quegli argomenti.c) Il centrismo è sempre disposto aproclamare la sua ostilità neiconfronti del riformismo, però nonmenziona mai il centrismo. Inoltre,ritiene che la definizione stessa dicentrismo sia “poco chiara”, “arbitraria”,ecc.; inaltreparole,alcentrismo non piace essere chiamatocentrismo.d) Il centrista, sempre insicurodelle sue posizioni e dei suoi metodi, odia il principio rivoluzionariodel dire le cose come sono. Tende asostituire la politica basata suiprincipi con le manovre personali ei diplomatismi tra organizzazioni.e) Il centrista dipende sempre spiritualmente dai gruppi della destra[la destra del movimento operaio,ndt] ed è incline ad accodarsi ai piùmoderati tra essi, a tacerne gli errori opportunisti e ad occultarnel'attività di fronte ai lavoratori.f) Il centrista spesso nasconde leproprie oscillazioni parlando delpericolo del “settarismo”, terminecol quale allude non all'astrattopropagandismo passivo, tipoquello dei bordighisti, ma piuttostoalla cura attenta per i principi politici, la chiarità delle posizioni, lacoerenza politica e organizzativa.g) Tra l'opportunista e il marxista ilcentristaoccupaunaposizionecheè, in un certo senso, analoga aquella del piccolo borghese tra ilcapitalista e il proletario: pietiscel'approvazione del primo edisprezza il secondo.h) Sul piano internazionale ilcentrista si caratterizza, se non perla sua cecità, per lo meno per la suamiopia. Non comprende chenell'epoca attuale un partito rivoluzionario nazionale può esserecostruito solo come parte di unpartito internazionale. Nello scegliere i suoi alleati internazionali èancora meno giudizioso che nelloscegliere quelli nazionali.i) Nella politica del Comintern[l'Internazionale a quell'epoca diretta da Stalin, ndt] il centrista vedesolo le deviazioni “ultrasinistre”,l'avventurismo e il putchismo,ignorando completamente gli zigzag opportunisti di destra (la politica verso il Kuomintang, sul Comitato anglorusso, la politica esterapacifista, il blocco antifascista,ecc.).j) Il centrista è sempre pronto adaderire alla politica di fronte unico,però la svuota di ogni contenuto rivoluzionario, trasformandola daespediente tattico a principio supremo.k) Il centrista si avvale di un moralismo patetico per occultare la propria nullità ideologica; noncomprende che la morale rivoluzionaria si forgia unicamente sullebasidiunadottrinaediunapoliticarivoluzionaria.Sottolapressionedellecircostanze,
il centrista eclettico può arrivare adaccettare anche le conclusioni piùestreme, salvo poi negarle nellapratica. Accettata la dittatura delproletariato, si prenderà un ampiomargine per interpretarla in maniera opportunista; proclamata lanecessità della Quarta Internazionale, lavorerà per la costruzione diuna Internazionale Due e mezzo,ecc.4. L'esempio peggiore di centrismoè, volendo, quello del gruppo tedesco Neu Beginnen (Nuovo Inizio,ndt). Dopo aver ripetuto superficialmente la critica marxista al riformismo, arriva alla conclusioneche tutte le disgrazie del proletariato derivano dalle sue divisioni ela salvezza sta nel difendere l'unitàdei partiti della sinistra. Questi signori mettono al di sopra degliinteressi storici del proletariato ladisciplina organizzativa di Wels ecompagnia. E così come Wels e isuoi subordinano il partito alladisciplina della borghesia, ilgruppo Neu Beginnen, mascherandosi con la critica di sinistra rubata ai marxisti, costituisce inrealtà una dannosa agenziadell'ordine borghese, per quantosia una agenzia di seconda categoria.5. Il cosiddetto Bureau di Londra(ora di Amsterdam) è un tentativodi creare un polo di attrazioneinternazionale per l'eclettismocentrista che pretende di unificare igruppi opportunisti di destra e disinistra, cioè tutti coloro che non siorientano in base a un programma.In questo come in altri i centristicercano di dirigere il movimento inmodo obliquo. Gli elementi checompongono questo bloccospingono in direzioni opposte: ilNap norvegese si dirige, con cautela, verso la Seconda Internazionale; l'Ilp inglese in parte verso laTerza e in parte verso la QuartaInternazionale; il Sap tedesco el'Osp olandese – con dubbi eoscillazioni – verso la QuartaInternazionale. Utilizzando econservando l'ambiguità ideologicaditutti isuoimembri,ecercandodi competere nella creazione diuna nuova internazionale, il bloccodi forze riunite nel Bureau diLondra gioca un ruolo reazionario.Il collasso di questo raggruppamento è assolutamente inevitabile.6. La definizione della politica delComintern come centrismo burocratico mantiene tutta la sua validità. Di fatto, solo il centrismo puòsaltare costantemente dal tradimento opportunista all'avventurismo ultrasinistro, solo la poderosaburocrazia sovietica poteva assicurare per dieci anni una base stabileper questa melanconica politica dizigzag. A differenza dei gruppicentristi che si formarono a partiredalla socialdemocrazia, il centrismo burocratico è il prodotto delladegenerazione del bolscevismo;conserva – in forma caricaturale –alcuni dei suoi tratti, dirige unaquantità considerevole di lavoratori rivoluzionari e può contaresu enormi mezzi materiali e tecnici. Però la sua influenza politica costituisce la più grossolana,pericolosa e disorganizzatrice varietà del centrismo. La sconfitta
politica del Comintern, evidente atutti, comporterà necessariamente un'ulteriore decomposizione del centrismo burocratico. Inquesto ambito il nostro obiettivoconsiste nel guadagnare i migliorielementi alla causa della proletaria. Insieme a una instancabile critica basata sui principi, il nostroprincipale strumento per influiresui lavoratori che sono nel Comintern è una maggiore penetrazione delle nostre idee e dei nostrimetodi tra ampie masse che, inmaggioranza, sono esterne al Comintern.7. È proprio ora, mentre il riformismo si vede obbligato a rinunciarea sé stesso trasformandosi incentrismo o diluendosi in esso, chealcuni gruppi centristi di sinistra, alcontrario, interrompono la propriaevoluzione o persino retrocedono.Sembra loro che i riformisti giàabbiano compreso quasi tutto, chesia necessario solo evitare richiesteeccessive, critiche e fraseologiaestrema, così, in men che non si dica, si potrà creare il partito “rivoluzionario” di massa.In realtà, il riformismo, obbligatodai fatti a screditarsi da solo, senzaun programma chiaro, senza tattica rivoluzionaria, può soloaddormentare i lavoratori avanzatiinculcando loro l'idea che sarebbegià stata ormai conseguita la rigenerazione rivoluzionaria del loropartito.8.Perunmarxistarivoluzionario, inquesto momento, la lotta contro ilcentrismo ha sostituito quasi totalmente la lotta contro il riformismo. Nella maggioranza dei casirisulta inutile la semplicecontrapposizione della lotta legalecon quella illegale, dei mezzi pacifici con la violenza, della democrazia con la dittatura. Ora, ilriformista terrorizzato, desautorandosi da solo, è disposto adaccettare le formule più “rivoluzionarie”: purché non lo obblighino arompere con la sua indeterminatezza, la sua indecisione e la suaattesa passiva. È per questo che lalotta contro gli opportunisti,occulti o mascherati, deve svilupparsi totalmente sul terrenodelle conclusioni pratiche che derivano dalle premesse rivoluzionarie.Prima di accettare le chiacchierecentriste sulla “dittatura del proletariato”, è necessario pretendere unimpegno serio contro il fascismo,una rottura totale con la borghesia,la costruzione sistematica di milizie operaie, il loro addestramentoin uno spirito militante, la creazione di centri di difesa interpartiticiche siano roccaforti antifasciste. E
ancora, dobbiamo pretendere daicentristi che eliminino dalle loro file i parlamentari e i sindacalisti traditori, i lacchè della borghesia e icarrieristi. Esattamente su questopiano deve svilupparsi la principale lotta contro il centrismo. Per riuscire a farlo con successodobbiamo tenerci le mani libere,cioè mantenere la più completaindipendenza organizzativa el'intransigenza critica rispetto allemanifestazioni più “a sinistra” delcentrismo.9. I bolscevicoleninisti di tutti iPaesi devono comprendere chiaramente le peculiarità di questanuova fase della lotta per la QuartaInternazionale. Le vicende di Austria e Francia spingono con forzaverso un riallineamento delle forzedel proletariato in direzione rivoluzionaria. Però proprio questo fenomeno universale di sostituzionedel riformismo palese con il centrismo esercita una poderosa attrazione sui gruppi centristi di sinistra(Sap, Osp) che ancora ieri eranodisposti a unirsi con i bolscevicoleninisti.Questo processo dialettico puòprodurre l'impressione superficiale che il settore marxista è nuovamente isolato dalle masse.Errore clamoroso! Le oscillazionidel centrismo verso destra e versosinistra fanno parte della sua intima natura. Nel nostro camminoincroceremo ancora decine ecentinaia di episodi come questi.Sarebbe una miserabile codardiaavere timore di proseguire sullanostra strada solo perché ciimbattiamo in ostacoli o perchénon tutti i nostri compagni distrada intendono accompagnarcifino in fondo.Le condizioni generali per laformazione della Quarta Internazionale sulla base del genuinobolscevismo divengono semprepiù favorevoli, indipendentemente dal fatto che le nuove vacillazioni opportuniste dei nostrialleati centristi si rivelinocongiunturali o definitive (inrealtà avremo esempi di entrambii tipi). L'accodarsi alla sinistra daparte della “estrema sinistra”centrista, o ai moderati da partedella sinistra, o ai destri da partedei moderati, che ricordano glisforzi di un uomo che cerca diafferrare la sua ombra, non puòdar vita a nessuna organizzazionedi massa stabile; la miserabileesperienza dell'Uspd tedesco ne èla riprova. Sotto la pressione degliavvenimenti e con l'aiuto dellanostra critica e delle nostre paroled'ordine, gli operai avanzati su
pereranno le vacillazioni dellamaggior parte dei dirigenticentristi di sinistra e, se sarà necessario, supereranno i dirigentistessi.Nel camino verso una nuovainternazionale, l'avanguardiaproletaria non troverà altre risposte da quelle elaborate dai bolscevicoleninisti sulla base diun'esperienza internazionaleaccumulata in dieci anni di costante lotta teorica e pratica.10. Dall'anno scorso la nostrainfluenza politica è aumentataconsiderevolmente. Alle seguenticondizioni potremo sviluppare eampliare questi risultati in un periodo di tempo relativamentebreve:a) non prenderci gioco del processo storico, non giocare a nascondino ma viceversa dire lecose come stanno;b) fare un bilancio teorico deicambi della situazione generale,che nell'epoca attuale, spesso,sono molto bruschi;c)valutareaccuratamentelostatod'animo delle masse, senza pregiudizi, senza illusioni, senza autoingannarci e, così, sulla base diuna corretta stima delle relazionidi forza nel proletariato, evitarel'opportunismo e l'avventurismoe guidare le masse in avanti, nonfarle retrocedere;d) tutti i giorni, ora dopo ora,dobbiamo riflettere su quale deveessere il nostro prossimo passo inavanti pratico, prepararloinstancabilmente e,appoggiandoci sull'esperienza,spiegare ai lavoratori le differenzedi principio tra il bolscevismo etutti gli altri partiti e tendenze;e) non confondere gli obiettivitattici del fronte unico conl'obiettivo storico fondamentale,la creazione di nuovi partiti e diuna nuova internazionale;f) non disprezzare nemmeno ilpiù debole degli alleati in funzione dell'attività pratica;g) valutare criticamente anche ilpiù “a sinistra” degli alleati comeun possibile avversario;h) rapportarci con grandeattenzione ai gruppi cherealmente si approssimano a noi;ascoltare pazientemente eattentamente le loro critiche, idubbi e le esitazioni; aiutarli adavanzare verso il marxismo; nonspaventarcideilorocapricci,delleminacce e degli ultimatum (icentristi sono sempre capricciosie suscettibili); non fare loro nessuna concessione di principio;i) e, ancora una volta, non averetimore di dire le cose come sono.
12 Estate 2013 PROGETTO COMUNISTAINTERNAZIONALE
La nostra resistenza aTaksim ha raggiunto unanuova dimensione dopogli attacchi effettuati la
mattina dell'11 giugno a piazzaTaksim dalla dittatura dell'Akp.Nonostante le assicurazioni deigovernatori di provincia che“non avrebbero attaccato”, a causa dei duri attacchi delle forze dipolizia coi gas molte persone sono state ferite e molte arrestate.Alcune delle persone feritestanno lottando tra la vita e lamorte...Nonostante tutta questa violenza, il nostro movimento, che èdiventato un'aperta ribellione dimassa contro la dittaturadell'Akp, non si è ritirato. La resistenza, che è durata tutto ilgiorno a Taksim, in serata è continuata in tutta Istanbul e in tutta laTurchia con un sostegno di massa. In molte parti di Istanbul lestrade principali sono state chiuse al traffico da centinaia dipersone. Inizialmente a Izmir eAnkara e in molte altre città e
anche in piccoli paesi le manifestazioni sono durate lungo tuttala notte.D'altra parte, nella serata la polizia ha lanciato gas e liquidi urticanti ancora una volta ed èriuscita a disperdere le nostrebarricate ma non le masse. Nonostante il fatto che hanno significativamente danneggiato ebruciato le tende della resistenzadi Gezi Park, le tende sono statericostruite nella mattinata. La resistenza continua!Fino a che le condizioni della resistenza di Taksim poste al governo non saranno accettate,difenderemo la dignità umanastrada per strada. Vorremmoanche rilevare alcuni problemiche abbiamo notato e che sonoimportanti per il successo dellaresistenza.1. Il governo è debole di frontealla resistenza. L'Akp che non siera ritirato fino a questo momento, ha fatto la proposta di unreferendum. Le masse popolariche non si fidano del governo so
no nelle strade e la polizia attaccale masse con violenza; l'Akp vuole riprendere fiato con l'aiuto delreferendum. Mentre ci sono migliaia di feriti, tre morti e compagni che lottano con la morte, nonaccetteremo un referendum perdimenticare tutto. Il governo dovrà accettare le nostre disposizioni e dovrà rendere conto ditutto!2. La resistenza è ancora disorganizzata. Taksim è davvero affascinante per come èautoorganizzata per risolvere lenecessità di rifugi e cibo, così come nel creare ricoveri temporanei per i feriti o nelladistribuzione di maschere antigas ovunque, ma questo non cideve fuorviare. Bisogna creareuna forza di autodifesacongiunta per supportare la resistenza, per essere in grado diriorganizzarsi se dispersi e prevenire le provocazioni. Solo cosìsaranno respinti i metodi e glistrumenti usati per colpire lemasse che si sono unite alla resistenza.3. La classe lavoratrice deve essere parte attiva della resistenza. Sì,molti lavoratori stanno partecipando alle proteste nei lorodistretti ed escono in strada alle21 ogni sera con le loro pentole.Ma questo apporto non trova unvero sostengo nel campo dellaproduzione. La resistenza ha unaperto supporto da alcune organizzazioni sindacali (Kesk eDisk) ma altre sono assenti, come il Türkiş. Il Türkiş, insiemecon “cooperazione inattiva” econ l'opposizione PiattaformaUnione Collaborazione, devechiamare tutti i sindacati a organizzare uno sciopero generale.Per la realizzazione dello sciopero generale è necessario fare ognitipo di pressione sulla direzione
del Türkİş.4. È necessario condurre una vera lotta contro il nazionalismo.Lo scorso weekend, circa 20 provocatori che sono stati mandatial grande raduno a Taksim dalgoverno, hanno provocato lemasse contro i curdi e volevanoiniziare degli attacchi. Il nostrointervento insieme con i compagni di altri gruppi è riuscito abloccare questa provocazione.Dall'altro lato, tenendo in considerazione il fatto che ognicomportamento che può dividere la resistenza darà più potere algoverno, è essenzialeconcentrarci sulle nostre richieste. Tutte le persone coinvoltenella resistenza devono agire conquesto senso di responsabilità.5. Inoltre, anche gruppi musulmani anticapitalisti e rivoluzionari stanno supportando lanostra resistenza. Questi gruppisono nostri compagni di lotta.Hanno inferto uno schiaffo al governo pregando in piazza Taksimmentre Tayyip Erdogan sta ancora cercando di far leva sui sentimenti religiosi delle masse. E lapolizia ha dimostrato chi sta veramente attaccando i musulmani distruggendo la moscheacostruita in Gezi Park. Nonpermetteremo alcuna discriminazione verso i gruppi musulmani coinvolti nellaresistenza. Invitiamo tutti ad essere sensibili in questo senso.6. La nostra resistenza, invece diprendere posizioni giorno pergiorno, dovrebbe individuare unpercorso. Finché non riusciremoa imporre al governo le nostrecondizioni, dobbiamo difenderecon forza piazza Taksim aIstanbul. Dall'altro lato, quelliche non possono venire a Taksimdevono sostenere la resistenzanei loro quartieri e nelle loro stra
de. Azioni di solidarietà devonoessere organizzate anche in altrecittà. Per la fine della prossimasettimana, il partito che governalo Stato organizzerà due manifestazioni ad Ankara e a Istanbul.La nostra resistenza in entrambi igiorni, che sono anche il 43esimoanniversario della grande resistenza dei lavoratori, dal 15 al 16giugno, sabato e domenica allastessa ora: dobbiamo riunircinelle maggiori piazze delle città.Bısogna prendere le piazze ditutte le città. Dobbiamo mostrare al partito che governa lo Stato ea tutto il mondo la forza della nostra resistenza. Chiediamo a tuttii sostenitori di Red Movement diessere alla testa delle dimostrazioni.7. Il governo dell'Akp, nel tentativo di screditare la resistenza agliocchi della popolazione sostieneche gli Usa e Israele hanno provocato la resistenza. Anche unbambino non crederebbe a questa demagogia. Poiché è lo stessoAkp che ha camminato abraccetto con gli imperialisti e isionisti fino ad oggi. L'esplosionedi rabbia iniziata aTaksim e che sidiffonde attraverso il Paese è unrisultato delle politiche arroganti, repressive e nemiche deilavoratori del governo dell'Akp. Irivoluzionari stanno conducendo la rivolta. Finora, i rivoluzionari di Turchia hanno
condotto una fiera lotta contro ilsionismo e l'imperialismo. Nessuno si berrà le bugie del governo. Inoltre, la nostraresistenza non termineràsemplicemnete con l'accoglimento delle condizioni richieste,ma anche con la caduta del governo dell'Akp. Inoltre, le masseche scendono nelle piazze spesso lanciano slogan per le dimissioni del governo. Noi adottiamoquesti slogan. Il governo non èl'unica alternativa: l'alternativadeve essere costruita nelle strade.8. Dal primo giorno della rivoltain diverse città nel Paese i nostricompagni e sostenitori sono allatesta delle barricate. In questoestenuante processo i nostricompagni sono stati feriti, avvelenati con i gas, picchiati, colpitidai cannoni ad acqua ma nonhanno mai fatto un solo passoindietro. Siamo determinati.Vinceremo e non abbandoneremo mai la lotta. Unisciti a noi!Conquistiamo le strade e lepiazze insieme! Sconfiggiamo ildittatore! Costruiamo il futuroinsieme!
Barrıcate! Scıopero! Rıvoluzıone!Rıvoluzıone permanente fınoalla vıttorıa!(14/6/2013)
Turchia:larivoluzioneèappenainiziata!Corrispondenza dai compagni della Lit in Turchia (Red Movement),in prima fila nella mobilitazione rivoluzionaria
Valerio Torre
Il 5 marzo scorso, dopo avergovernato il Venezuela perquattordici anni, è mortoHugo Chávez Frias. Le elezio
ni del successivo 14 aprile hannoincoronato come successore il vicepresidente Nicolás Maduro,consegnandogli però una risicatavittoria (meno di 240.000 voti) sulcandidato della destra HenriqueCapriles.Il grande seguito popolare di cuigodeva Chávez si è tradotto nel dolore espresso dalle centinaia di migliaia di persone che seguivano ilcorteo funebre: un dolore sincerodi chi ha significativamente vistocambiare la propria vita da unacondizione di estrema miseria amiglioramenti sul terreno della sanità, dell'istruzione e dell'alimentazione.La maggioranza della sinistramondiale, anche di quella che siproclama “trotskista”, sostiene cheChávez aveva avviato, o stavaavviando, il Venezuela sulla stradadel socialismo: il socialismo delXXI secolo. Noi pensiamo che nonsia così.
Il chavismo comemovimento nazionalista
borghese
Il chavismo ha sicuramente datoluogo a un regime diverso dal precedente. Ma quello venezuelano,sotto i vari governi di Chávez, era eresta uno Stato capitalista poichéfondato sul riconoscimento, la difesa e la protezione giuridicopolitica della proprietà privata deimezzi di produzione, e sul pilastrofondamentale di uno Statoborghese, le forze armate, di cuiegli era esponente e sulle quali si èappoggiato, dopo averle ricostruite, per fondare il suo potere.Il chavismo si è costruito come un
movimento nazionalista borghesemolto simile a quelli del XX secolo(Cárdenas in Messico, Perón inArgentina, Nasser in Egitto),espressioni cioè di settori dellaborghesia nazionale in attrito conl'imperialismo, che volevano guadagnare la prima fila nella spartizione del “bottino” derivante dallosfruttamento del proprio Paese, e icui governi, deboli sia rispetto alproletariato locale che al capitalestraniero, oscillavano fra quest'ultimo e quello nazionale, fra larelativamente debole borghesianazionale e il relativamente potente proletariato. Trotsky definivaquesti governi “bonapartisti suigeneris”:perpotergovernare,odevono trasformarsi in uno strumento del capitale stranierosottomettendo a una dittaturapoliziesca il proletariato, oppuredevono manovrare con quest'ultimo facendogli persino delleconcessioni per poter fronteggiarei capitalisti stranieri appoggiandosi sulle masse popolari(1). Si tratta,in quest'ipotesi, di una variante “disinistra”, del bonapartismo sui generis: progressiva quando siscontra con l'imperialismo facendo concessioni alle masse; reazionaria in ragione del suocontrollo totalitario su queste e peril freno imposto alla dinamicaantimperialista.
Un governo bonapartistasui generis
È stato proprio questo il caso diChávez, che ha manovrato dasubito con la classe lavoratrice perpoter godere di una base di massache gli permettesse di non doversisottomettere incondizionatamente all'imperialismo. Ma conun'importante differenza rispettoai governi Cárdenas, Perón e Nasser: che, nell'attuale fase storica (dibrutale offensiva imperialista sulle
economie semicoloniali), si sonoenormemente ridotti i marginipoliticoeconomici per un giocorelativamente autonomo delleborghesie nazionali. E dunquequello chavista ben può essere definito un nazionalismo borghese“tardivo”, con margini molto limitati per potersi sviluppare. Eccoperché i suoi provvedimentiantimperialisti sono ridotti rispetto a quelli di Cárdenas o di Perón, così come le concessioni allemasse sono più ristrette, limitandosi all'assistenza sociale nelcampo della sanità e dell'istruzione(2).In ogni caso, storicamente, nessungoverno bonapartista sui generis,perilsuocaratterediclasse,sièmaispinto oltre i limiti dello Statoborghese nello scontro conl'imperialismo, prima o poi capitolando a esso. E lo stesso Chávez,godendo di margini molto più ristretti, ha sempre più ridotto le frizioni con l'imperialismo e i suoiagenti(3).
Una vera prospettivasocialista
Eppure, l'argomento principeaddotto da chi ritiene che il Venezuela fosse già – o si stesseavviando a essere – uno Stato socialista è quello delle “nazionalizzazioni”. In realtà, si è trattatodell'acquisto a prezzo di mercato ea seguito di negoziati, secondo leregole del capitalismo, di pacchettiazionari in mano a privati(4).Basterebbe già solo questo per ribadire il carattere capitalista delVenezuela “bolivariano”,confermato dalla brutale repressione delle lotte operaie (Petrocasa, Sanitarios Maracay,Mitsubishi) da parte del regime:chiunque si sia opposto alle misure del governo o al padronato èstato etichettato come “destabi
lizzatore” o “controrivoluzionario”. Intanto, mentre i settori piùpoveri hanno ricevuto qualche beneficio dalla politica chavista, i salari e le condizioni di lavoro dellaclasse operaia sono peggiorati,mentre quadri militari e politici delregime si sono arricchiti dandoluogo al sorgere della “boliborghesia” (borghesia bolivariana).Il risultato elettorale così risicatoha sancito la progressiva dinamicadiscendente del chavismo, cheoggi vive una crisi segnata dal crescente allontanamento di alcunisettori popolari e di lavoratori chestanno rompendo politicamentecol governo.Il programma nazionalistaborghese del chavismo, benché siastato sempre limitato, ha consumato le sue possibilità. Per usciredalla grave crisi economica e sociale, sarebbe necessario fare ciòche Chávez non ha fatto, né ha maiavuto intenzione di fare (e ancormeno Maduro): attaccare gli interessi dell'imperialismo espropriando le sue proprietà, imprese,banche e terre, nazionalizzandolesotto il controllo dei lavoratori;porre fine alle “imprese miste” con
cui le multinazionali imperialistedepredano le risorse del Venezuela; rifiutare di pagare l'immensodebito interno ed estero, dedicando tutte le risorse allo sviluppoeconomico al servizio delle massepopolari.È necessario, per questa prospettiva socialista, costruireun'alternativa politica al chavismo, oltre che alla destra golpista,attraverso la riorganizzazione e lamobilitazione indipendente dellaclasse operaia e delle masse popolari venezuelane.
Note
(1) L. Trotsky, Escritos latinoamericanos, Ceip, 2007.(2) Le “misiones” sono misurecompensative destinate ad alleviare le situazioni più disperateevitando esplosioni sociali. Finanziate dalle briciole della rendita del petrolio, esse hanno fatto sìche molti venezuelani per la primavolta nella loro vita abbiano avutoaccesso a cure mediche e odontoiatriche o abbiano avuto un maestro nei loro quartieri: ciò spiegaanche il dolore collettivo per lamorte di Chávez, oltre ad aver
rappresentato la propria forzaelettorale negli anni.(3) Basti pensare che Chávez nonha mai smesso di rifornire di petrolio gli Usa (neanche quando èstatochiaroil lororuoloneltentatogolpe del 2002), ha religiosamentepagato il debito estero osservandoscrupolosamente tutti i dettamidelFmi,haattuatounavergognosacollaborazione con il governo colombiano di Santos (lacchè degliStati Uniti) consegnandogli attivisti legati alle Farc. Da ultimo, haabbandonato ogni retoricaantimperialista nei confronti dellanuova presidenza di Obama.(4) L'art. 115 della Costituzionevenezuelana garantisce il diritto diproprietà e la possibilità di espropriazione solo pagando un “giustoindennizzo”. L'art. 113 garantiscel'iniziativa privata nello sfruttamento delle risorse naturali e neiservizi pubblici: è ciò che rendepossibile alle multinazionaliimperialiste Chevron o ExxonMobil di controllare il 40% dellaproduzione ed esportazione dipetrolio. Nel settore automobilistico tale quota sale fino a oltre il90%!
UnchavismosenzaChávezVenezuela:“socialismodelXXIsecolo”onazionalismoborghese?
Qui (e a sinistra) i compagni di Red Movement, sezione della Lit in Turchia
PROGETTO COMUNISTA Estate 2013 13INTERNAZIONALE
Grecia,Spagna,Portogallo:proletarid'Europainlotta!Il capitalismo produce crisi,disoccupazione,discriminazioni sociali e... lotte!
Riccardo Bocchese
Decine di migliaia di lavoratori, lo scorso 1°giugno, sono scesi inpiazza in tutta Europa
contro la dittatura della Troika: aMadrid, Barcellona, Lisbona, Parigi, Londra, Bruxelles, Francofortee numerose altre città. Unione Europea, Fondo Monetario Internazionale e Banca Centrale Europeasono i complici e i responsabiliprimi delle politiche di tagli e privatizzazioni dei servizi pubblici edei piani d'austerità che stannoaffamando migliaia di lavoratoriin tutta Europa.
I dati ufficialiI dati della disoccupazione: 26,5milioni di disoccupati nel vecchiocontinente (19,2 milioni nell'Eurozona). Nell'ultimo anno il tassodi disoccupazione dell'Unioneeuropeaèsalitodal10,3%al10,9%,nell'Eurozona dall' 11 al 12,1%: ilpiù alto dato registrato da quandoc'è la moneta unica.I disoccupati in Grecia sono il27,2%: 1,35 milioni (una recentelegge di fine aprile approvata inaccordo con la Troika prevede unulteriore licenziamento di altri 15mila dipendenti pubblici dopoche già 25 mila sono stati messi inmobilità); in Spagna il 26,7% (6,2milioni i disoccupati); in Portogallo, nonostante il dato abbiaraggiunto il 18%, il governo prevede un ulteriore taglio del 10% deidipendenti pubblici. In questaclassifica l'Italia è al decimo postocon una disoccupazionedell'11,5%, con quasi tre milioni didisoccupati.Infine va ricordata Cipro: poco piùdi un milione d'abitanti, i disoccupati ufficialmente passano da34.162 a maggio 2012 a 44.424 nelmaggio 2013 con un aumentodella disoccupazione del 30%. ACipro il Fondo monetario internazionale ha accordato un prestitopari a 10 miliardi d'euro a condizione che fossero applicate misurestraordinarie come il prelievoforzoso sui depositi bancari superiori ai 100 mila euro e il taglio deidipendenti statali.Per tutti i Paesi è da sottolineareche sono sempre di più coloro chenonhannounpostodilavoroechenon si iscrivono nelle liste stataliperché hanno rinunciato a cercareun lavoro e, quindi, fuoriesconodalle statistiche ufficiali.La disoccupazione giovanile sottoi 25 anni: in Grecia il 62,5% dei giovani sotto i 25 anni è senza lavoro,la Spagna raggiunge il 56,4%, ilPortogallo il 42,5%, l'Italia il 40,5%.DatuttiquestiPaesisiassisteaunamigrazione verso i Paesi del norddell'Europa dove la disoccupazione giovanile rimane più bassa(Germania, Austria e Olanda dal7,7 al 10,4%).Il prodotto interno lordo nel 2012:secondo i dati Eurostat la Greciaperde il 6% rispetto al 2011; Portogallo meno 3,8%; Cipro meno 3%
maperil2013siattendeuncalodel13%; Italia meno 2,7%; Spagnameno 1,4%.
Le politiche imposte dallaTroika
È dei primi di giugno la notizia diun documento riservato, pubblicato dal Wall Street Journal, delFondo Monetario Internazionale.In questo documento si denunciano gli effetti devastantidell'austerità, frutto di una “pesante sottovalutazione” dellastrategia dell'austerità estremaapplicataallaGrecia.IlFmi(Fondomonetario internazionale) avevaprevisto un calo del Pil (prodottointerno lordo) greco per il periodo20092012 del 5,5% mentre il datoreale è stato di un calo del 17%.Anche sulla disoccupazione si eraprevisto un aumento del 17%.L'aumento verificato è stato, invece, del 25%. Un'altra parzialeammissione di quali siano imeccanismi che comandanoquesti enti è arrivata con la sottolineatura che alcuni Paesi europei(leggi Germania e Francia), carichidi titoli del debito pubblico greco,hanno fatto in modo che il debitopubblico greco rimanesse tale (enon fosse cancellato con un default) facendolopagareinmanieraparticolare ai lavoratori greci, mapiù in generale a tutti i lavoratorieuropei con il blocco o il taglio degli stipendi, l'innalzamentodell'età pensionabile, il taglio deiservizi sociali e della sanità, la privatizzazione di moltissimi benistatali. Tutto questo per permettere alle banche, le principali proprietarie dei titoli di Stato greci, dicontinuare a guadagnare.
Le protesteIn Portogallo centinaia di migliaiadi persone hanno manifestato aLisbona lo scorso 25 maggio perchiedere le dimissioni del governo, contestato per le politichedi austerity messe in atto per farfronte alla recessione e alladisoccupazione. Il malcontentosociale si è acuito dopo l'annunciodell'esecutivo di un nuovo pianodi rigore che prevede l'allungamento dell'età pensionabile, daiprecedenti 65 anni a 66, lasoppressione di 30 mila funzionari pubblici e l'allungamento delleore di lavoro settimanali, da 35 a40. Il tutto accompagnato da unulteriore peggioramento del prodotto interno lordo, che scendedel 4% su base annua a causadell'ulteriore diminuzione delladomanda interna. Mentre scriviamo circola la notizia di un nuovoimminente sciopero generale chesarà organizzato per il 27 giugno,in forma unitaria, dal Cgtp e dalsecondo sindacato nazionale,l'Ugt, assieme a numerose associazioni di consumatori e di categoria.Èlaquartavolta,negliultimi25 anni, che le due principali organizzazioni sindacali del Portogallo – rappresentative di oltre 1,3
milioni di lavoratori – convocanocongiuntamente uno scioperogenerale. La protesta del 27 giugno sarà la quarta dall'inizio delgoverno guidato da Passos PedroPasso Coelho. I 78 miliardi avutinel 2011 dalla Troika hanno provocato la conseguenza di una serie di tagli che per le massepopolari sono diventati insostenibili.In Spagna la giusta rabbia dellemasse popolari, che si stava esprimendo contro il Parlamento a fineaprile, ha visto Rajoy schierare1400 poliziotti per difendersi daicortei organizzati nel centro diMadrid con le parole d'ordine“Occupiamo il Congresso”.Ad Atene ed in Grecia gli sciopericontinuano tra i diversi settori lavorativi. Ultimi, in ordine ditempo, quelli dei medici ospedalieri e dei lavoratori della sanitàche il 7 giugno scorso sono scesi inpiazza per uno sciopero di 24 orecontro lo sfascio del sistema sanitario nazionale che ha portato aduna drammatica mancanza dipersonale medico e paramendiconegli ospedali pubblici. In particolare è stata denunciata lamancanza di ben 6.500 medici e dialmeno 20 mila addetti sanitari.
Generalizziamo laprotesta anche in Italia!
In Europa, con le manifestazionidel 1° giugno contro la Troika, conlo slogan di “Unite the resistence People United Against the Troika”è iniziato il tentativo della generalizzazione della lotta e della mobilitazione dei lavoratori europei. InItalia, pur essendoci molti esempidi lotte condotte con forme moltoradicali, manca a tutt'oggi la coscienza della necessità di unirsiper sovvertire questo sistema chenon è riformabile e che staportando un numero sempremaggiore di lavoratori alla fame,alla disperazione e talvolta al sui
cidio.Nel frattempo, come ci indicano idati statistici, i ricchi capitalistidiventano sempre più ricchi e laforbice tra ricchi e poveri si allargasempre di più. Jacopo Morelli,presidente dei giovani industrialidi Confindustria, parlando delladisoccupazione giovanile haaffermato dal palco del 43°Convegno di Santa Margherita Ligure, che “senza prospettive per ilfuturo, l'unica prospettiva diventa la rivolta”.Il giorno dopo, ospite del convegno, su questa affermazione ètornato il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, dichiarando che il rischio di una rivolta èun “discorso serio. Non avere crescita né opportunità di lavoro per igiovani comporta un rischio di tenuta per il sistema sociale. Pensoche nelle piazze scenderanno coloro che non hanno il lavoro e chenon vedono opportunità per il loro futuro. Noi dobbiamomettercela tutta per evitare chequesto succeda”.Quello che per gli industriali è untimore, cioè quello di piazzeriempite da giovani e lavoratori inlotta per il loro futuro, per i comunisti rappresenta una speranza: ilPartito di alternativa comunistalavora quotidianamente affinchéi timori di Confindustria diventino una realtà e finalmente anchequi in Italia i lavoratori si uniscanoper uno sciopero generale e adoltranza che porti all'espropriodegli espropriatori. Per questo èurgente ripartire dalla coscienzadi classe e dalla necessità di organizzazione tra i lavoratori che, finalmente, devono unirsi anchecon gli altri lavoratori europei,nelle lotte contro un sistema,quello capitalista, che affama lamaggioranza della popolazioneper mantenere al potere una minoranza di ricche sanguisughe.(8/6/2013)
Un giornale che vede continuamente ampliarsi ilnumero dei suoi lettori, a cui dedica un numerocrescente di pagine (ora sono venti, con un fogliocentrale scritto dai Giovani di AlternativaComunista), notizie di lotta, interviste, articoli diapprofondimento sulla politica italiana einternazionale, traduzioni di articoli dalla stampadella Lit-Quarta Internazionale, testi di teoria e storiadel movimento operaio.Progetto comunista è un prodotto collettivo: ad ogninumero lavorano decine di compagni.E' scritto da militanti e si rivolge a militanti e attivistidelle lotte.Viene diffuso in forma militante dalle sezioni delPdac e da tutti i simpatizzanti e da coloro che sonodisponibili a diffonderlo nei loro luoghi di lavoro o distudio.Abbonarsi a Progetto comunista non è soltantoimportante per leggere il giornale e sostenere unacoerente battaglia rivoluzionaria:è anche un'azione utile per contribuire a far crescerele lotte, il loro coordinamento internazionale, la lororadicalità. Se vuoi conoscere PROGETTO COMUNISTA,puoi leggere i pdf dei numeri precedenti sualternativacomunista.org
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La crisi capitalista morde i salari. La crisi capitalistacrea disoccupazione di massa.La crisi capitalista distrugge la vita di milioni dipersone con nuova precarietà e oppressione,miseria, razzismo, sfruttamento!Ma contro la crisi e il tentativo della borghesia e deisuoi governi, di centrodestra e di centrosinistra, discaricarne i costi sui proletari, crescono lemanifestazioni in tutta Europa, dalla Spagna allaGrecia, proteste studentesche in Italia, lotte (per oraancora isolate) in diverse fabbriche del nostro Paese.Lotte contro la Troika europea che detta la linea delpiù pesante attacco ai diritti delle masse popolaridegli ultimi decenni.La situazione è straordinaria e vede un impegnostraordinario del Pdac per far crescere le lotte indirezione di una coerente prospettiva di classe, dipotere dei lavoratori.
14 Estate 2013 PROGETTO COMUNISTAINTERNAZIONALE
Fermarelacatastrofesociale:lottareperun'EuropadeilavoratoriedellemassepopolariIn risposta al manifesto“Che fare con il debito e con l'euro?”
Èstato da poco reso pubblico il manifesto “Che farecon il debito e con l'euro?”,fra i cui firmatari spicca
Francisco Louçã, ex deputato delBloco de Esquerda del Portogalloe membro del Comitato Internazionale IV (il vecchio SegretariatoUnificato), insieme allo spagnoloDaniel Albarracín. Viene presentato come la proposta strategica per affrontare la crisi deldebito che ha condannato la periferia europea alla catastrofe sociale e liquidato la sua sovranità.Il manifesto non è altro che unaspecie di ultima trincea di difesadell'Unione Europea (UE) edell'euro, dato che sostiene che“le alternative sociali e popolari aquesta crisi esigono una audacerifondazione dell'Europa. Tuttavia – si rammaricano i firmatari –“dato che questa rifondazioneglobale sembra fuori dellaportata, visto l'attuale rapportodi forza, in diversi Paesi si propone l'uscita dall'euro come soluzione immediata”. Ma – cosìaffermano – questo sarebbe un“falso dilemma”: la permanenzanell'UE e nell'euro non deve assolutamente essere messa indiscussione. Si tratta invece diformare un “governo di sinistra”che negozi con l'UE la “ristrutturazione del debito” (cioè, continuare a pagare).Da parte nostra, ci rivolgiamo alleorganizzazioni e agli attivisti, acoloro che combattono e resistono alla catastrofe sociale. Non c'èaltra soluzione se non la mobilitazione massiccia della classe lavoratrice e dei giovani contro chici sprofonda nella catastrofe. Unacatastrofe che non può esserefermata se non sappiamo controchi lottare: l'Europa del capitale ela borghesia di ciascuno dei no
stri Paesi. Non c'è riforma possibile dell'UE, bisogna romperecon essa, prendere il destino nellemani della classe lavoratrice eaprire il cammino all'Europa unita dei lavoratori e delle masse popolari.
Un “governo di sinistra”…per continuare a pagare il
debito
Siamo di fronte allo smantellamento delle conquiste storichedei lavoratori con il saccheggio ela devastazione dei Paesi dellaperiferia. Per affrontare questacatastrofe, il manifesto proponeun “governo di sinistra” con una“strategia realistica”, propostasintetizzata in “tre rotture conl'euroliberalismo”.La prima rottura, pensata “a breve termine e come misura immediata”, consiste nel “trovare mezziper finanziare il debito pubblicoal di fuori dei mercati finanziari”.Questa “rottura” (se così possiamo chiamarla) non rappresenterebbe – come riconosconopersino i firmatari – nessuncambiamento per il debito e gliinteressi. L'unica cosa checambierebbe sarebbe il loro finanziamento. Tutto uncontorsionismo, insomma, chepuò essere riassunto in una frase:mantenere il pagamento del debito.La “seconda rottura” già non sarebbe a breve termine:“L'alternativa a lungo termine èdunque la seguente: oun'interminabile austerità,oppure una politica di cancellazione del debito e una moratoriaimmediata del debito pubblico”.A tale moratoria seguirebbe “unaudit civico per determinare ildebito legittimo”, ciò che, a sua
volta, aprirebbe la strada a “unoscambio di titoli del debitoannullandone gran parte secondo necessità”. Ci sarebbe,infine, “una terza rottura: ilcontrollo dei movimenti internazionali di capitale, il controllo delcredito e la socializzazione dellebanche”.Ma è necessario andare al sodo,perché, di queste tre “rotture”, solo la prima è operativa, l'unicache viene definita “a breve termine e come misura immediata”. Lealtre puntano già ad una prospettiva lontana. La formulazione volutamente confusanasconde il fatto che questo “governo di sinistra” non prevedeaffatto la “immediata sospensione del pagamento del debito” eneppure “la socializzazione dellebanche”. Questi provvedimentidebbono essere messi da parteperché l'unico vero obiettivo è rinegoziare il debito.I firmatari, insomma, nascondono l'enorme prezzo che la classelavoratrice e le masse popolaridovrebbero continuare a pagareper una politica di rinegoziazione del debito nel quadro dell'UE.Al di là del loro falso realismo, la“strategia realistica” non è altroche la ricerca del “male minore”,una politica per rendere pi digeribili i piani di saccheggio e devastazione della Troika.
Una dimenticanzaimportante:
lo sfruttamento dellaclasse lavoratrice
Per fermare la crisi di indebitamento il capitale finanziarioespropria il bilancio pubblico(con lo smantellamento e la privatizzazione dei servizi pubblicie delle pensioni) e aumenta lo
sfruttamento dei lavoratori attraverso l'abbassamento dei salari,l'aumento della giornata di lavoro, i licenziamenti facili, l'abolizione della contrattazionecollettiva. Questo processo, brutalmente portato avanti, rappresenta l'asse centrale dei piani delcapitalismo, destinati a prolungare il saccheggio a tempoindeterminato.Per questo, la sospensione delpagamento del debito va di paripasso con la battaglia per espropriare le banche, fermare einvertire lo smantellamento deiservizi pubblici, abolire la riforme del lavoro e ripartire il lavoro stesso. Ciò si aspetta laclasse lavoratrice da un vero “governo di sinistra”, ma queste misure implicano la rottura conl'UE.La soluzione alla crisi: romperecon l'UE, applicare un programma anticapitalistad'emergenza, aprire la stradaall'Europa dei lavoratoriI firmatari dicono che l'uscitadall'euro ci porterà nell'abisso:aumento del debito, fallimentodel sistema bancario e un'altainflazione che divorerà salari epensioni e senza che il Paese guadagni la sovranità. Lo stesso argomento dei governi e deglieconomisti borghesi.La rottura con l'euro e l'UE è assolutamente necessaria, ma dasola non potrà risolvere nulla senon sarà accompagnata dalle misure anticapitaliste di base, necessarie per difendere il Paese dalboicottaggio estero: espropriodelle banche, nazionalizzazionedi imprese e settori industrialistrategici sotto controllo dei lavoratori, controllo dei movimenti di capitale e monopolio delcommercio estero, riorganizza
zione dell'economia riaprendo leimprese chiuse e le terreabbandonate, ripartendo il lavoro esistente tra tutti i lavoratori. E,quel che è più importante, organizzare la solidarietà e la lottaunita con i lavoratori e le massepopolari del Sud e di tutta Europa. Perché senza distruggere tuttiinsieme l'UE e costruire al suoposto un'Europa socialista dei lavoratori e delle masse popolarinessun Paese da solo potràsalvarsi.
Il vero dilemmaLa sopravvivenza del decadentecapitale finanziario della periferia e la sua collocazione nelmercato mondiale dipendonodalla sua permanenza nell'UE enell'euro. Ma il prezzo per questapermanenza è la soggezionecompleta agli ordini della Troika,la disoccupazione massiccia el'imposizione di uno standard disfruttamento che non ha nulla dainvidiare a quello di un Paese semicoloniale.Il programma del manifesto nonriconosce questa realtà perchénon è disposto a scontrarsi con laborghesia dei Paesi periferici.Non si definisce grazie alla suaopzione di classe, bensì per eufemismi come programma “realizzabile” e “progressista”.Non è casuale che il suo grande riferimento sia Syriza che rinunciaad utilizzare il magnificoappoggio concesso alle elezionidai lavoratori greci per fare
appello alla mobilitazione e rovesciare il governo fantoccio, nonandando un millimetro oltre i limiti istituzionali del regime greco. Rinunciando alla strada dellamobilitazione per fermare lacatastrofesocialeneinostriPaesi,il manifesto limita il nostroobiettivo alla conquista dimaggioranze parlamentari eperciò propone un programma“realizzabile” che resti nei limitidell'attuale regime di dominazione.Il “falso dilemma” con cui ifirmatari aprono il manifesto èsolo una cortina di fumo per nascondere il vero dilemma: quelloche contrappone da un lato i difensori del mantenimentodell'Europa del capitale e,dall'altro, coloro che propugnano la mobilitazione di massa perla sua distruzione e l'edificazione, sulle sue rovine, di un'Europasocialista unita dei lavoratori edelle masse popolari. I firmataridel manifesto hanno già sceltol'UE, applicandole la chirurgiaestetica della “rifondazione”.
Mas (Movimento alternativasocialista – Portogallo)Corriente roja (Spagna)Pdac (Partito di alternativacomunista – Italia)
Coordinamento europeo della LitCi (Lega Internazionale deiLavoratori–QuartaInternazionale)
di Fabiana Stefanoni
Le strade di molte città delBrasile sono in queste oreinvase da decine di migliaia di manifestanti in gran
parte giovani studenti o lavoratoriprecarichesibattonocontrol'aumento delle tariffe del trasportopubblico, ma anche per rivendicare un futuro diverso di quello che ilcapitalismo offre loro. Una mobilitazione che si è unita alle protestecontroilgovernodiDilmaRousseff(ilgovernodelPtdiLula)perlespese faraoniche per l'organizzazionedei Mondiali di calcio del 2014:mentre il governo privatizza la sanità e chiude gli ospedali pubblici(con larga parte della popolazionebrasiliana che non ha coperturasanitaria), mentre vengono tagliatii finanziamenti all'istruzionepubblica, Dilma investe miliardiper un evento sportivo.
La repressione brutale...Le mobilitazioni sono iniziate laprima settimana di giugno. Il 10 e
l'11giugno,primaaRiodeJaneiroepoi a San Paolo, sono scese inpiazza migliaia di studenti e giovani lavoratori per protestare control'aumento delle tariffe del trasporto urbano. Importanti risultatiimmediati sono stati ottenuti conla lotta fin dall'inizio: a Porto Alegre, Natal e Goiânia le proteste sono riuscite a bloccare il rincarodelle tariffe.La repressione è stata da subitobrutale: a Rio la polizia ha arrestato31 persone, a San Paolo sono stateutilizzate le forze di polizia specialiche hanno sparato lacrimogeni epallottole di plastica ad altezzad'uomo dando dato vita a una veraepropriacacciaall'uomonelcuoredella metropoli. Anche qui sonostate arrestate circa 20 persone.Il governatore dello Stato di SanPaolo(Alckmin,delPsdB,partitodidestra) ha elogiato la repressione eha bollato i giovani come "vandali"e "rivoltosi". Non diverse sonostate le reazioni di esponenti del Ptdi Dilma e Lula, che hannoappoggiato la repressione (come il
sindaco di San Paolo, FernandoHaddad, esponente del Pt, che haringraziato la polizia). Il ministrodella giustizia del governo Dilma,Eduardo Cardoso, ha dichiaratoalla stampa di aver ordinato allapolizia federale di reprimere leproteste. Gli organi di informazione borghesi hanno avviato unacampagna contro i giovani manifestanti, riprendendo gli epiteti delgovernatore Alckmin: "sono deivandali".
...ma la protesta non siferma e cresce!
La repressione ha avuto come unico effetto quello di fomentare laprotesta. Ai giovani studenti si sono uniti importanti settori popolari e sindacali: in primo luogo laCspConlutas, la più grandeconfederazione sindacale di classedell'America Latina (3 milioni diaderenti), promotrice della ReteSindacale Internazionale di Solidarietà e di Lotta nata a Parigi lascorsa primavera. Anel, il sindacato studentesco che aderisce allaCspConlutas (e che ha da pococelebrato il suo III congresso, conla partecipazione di migliaia distudenti: si veda l'articolo pubblicato sul numero in uscita di Progetto comunista), è alla testa delleproteste studentesche.Il sostegno dei lavoratori e di settori popolari e di lotta ha rafforzato laprotesta: dopo giorni di mobilitazioni continue, il 17 giugno sonoscesi in piazza 100 mila persone aRio de Janeiro, 65 mila a San Paolo,50 mila a Belo Horizonte, 20 mila aPorto Alegre, 15 mila a Belem, 10mila a Brasilia e così in decine dicittà del Brasile. A Brasilia centinaia di studenti e giovani lavoratorisono riusciti a sfondare il cordonedellapoliziaeaoccupareil tettodelParlamento al grido di "il parlamento è nostro" e "facciamo comein Turchia!". Mentre scriviamo, la
protesta non si ferma e si estende amacchia d'olio: non si vedevano inBrasile manifestazioni così imponenti da oltre vent'anni.
Il Pstu in prima fila nelleproteste
Il Pstu (la sezione brasiliana dellaLega Internazionale dei LavoratoriQuarta internazionale, di cui ilPdac è sezione italiana) è in primafila nelle proteste. Per le strade ditutte le città del Brasile nei corteioceanici sventolano le bandiererosse dei nostri compagni brasiliani. Non solo: i militanti del Pstuhanno reso possibile l'unificazione delle proteste studentesche consettori importanti della classe lavoratrice e dei movimenti di protesta popolare. Molti settoristudenteschi che stanno dirigendo le manifestazioni di questigiorni hanno tra i loro dirigenti militanti del Pstu.Il Pstu è un partito radicato,d'avanguardia e con influenza dimassa, che dirige importantisettori della classe operaia brasiliana: da quando è nato, nel 1972,ha guadagnato progressivamenteun'influenza crescente, costruendosi come partito di militanti, sulla base del proprioprogramma rivoluzionario, trotskista, e mantenendo sempre unaposizione di ferma opposizione diclasse ai governi di fronte popolaredi Lula e Dilma: governi che hannofavorito investimenti di capitalestraniero (si pensi alla Fiat) in
cambio della progressiva dismissione di diritti sindacali. Anchegrazie a una politica di concessionicaritatevoli agli ampi settori disottoproletariato presenti in Brasile (si calcola che siano più di 12 milioni gli abitanti delle favelas)tramite la cosiddetta "Bolsa família" (una sorta di assegno caritatevole elargito alle famiglie piùpovere), i governi di fronte popolare sono riusciti a mantenere ilcontrollo delle masse: un controlloche ora, per la prima volta, comincia seriamente a vacillare. Lostesso tanto decantato "miracolo"dell'economia brasiliana (chetanto ha entusiasmato da sempreanche la sinistra governista nostrana) si sta progressivamente sgretolando: le contraddizioni diun'economia dipendente dagliinvestimenti delle multinazionalistanno esplodendo.Oggi in queste imponenti proteste
di massa svolgono dunque unruolo fondamentale i compagnidel Pstu del Brasile, che in questianni di relativa pace sociale hannocostruitoun'influenzasuisettoridiavanguardia della classe operaia edelle lotte popolari (si pensi al ruolo di direzione svolto nella celebreribellione della favela di Pinherinho lo scorso anno; o alla presenzamassiccia tra gli operai della General Motors).
Unità internazionaledelle lotte!
Gli slogan che gridano i giovani perle strade delle città brasiliane sonoslogan internazionalisti: "Facciamo come in Grecia! Facciamo come in Turchia! Riprendiamoci ilfuturo!". E particolarmenteimportante è il fatto che i militantidi Red (la sezione turca della LitQuarta Internazionale) in Turchiastanno diffondendo comunicati disolidarietà alla lotta in Brasile e alPstu: un esempio di solidarietàinternazionale che dimostral'importanzadicostruireerafforzaun'organizzazione politica su scala internazionale per dirigere eunificare le lotte contro il sistemacapitalistico e l'imperialismo. E' ilcompito che si pongono i compagni del Pstu in Brasile, i compagnidi Red in Turchia, i compagni delPdac in Italia, insieme a decine dialtri partiti in Europa e nel mondoche aderiscono alla Lega Internazionale dei Lavoratori QuartaInternazionale. (19/06/2013)
Brasile:siestendelaprotestadimassaIl Pstu (Lit) in prima fila nella lotta
Brasilia: occupazione del parlamento
spezzone del Pstu (LitCi) in una delle imponenti manifestazioni
PROGETTO COMUNISTA Estate 2013 15INTERNAZIONALE
Circondiamodisolidarietàattivalarivoluzionesiriana!Supplemento al Correo Internacional periodico della LitCi
All'inizio del suo terzo anno, la rivoluzione siriana continua e siacutizza. Le masse popolari che hanno impugnato le armi perliberarsi dalla sanguinaria dittatura di Bashar Al Assad continuano a dimostrare eroismo e sacrificio impressionanti
affrontandounnemicochedisponedisuperioritàmilitareechehadimostratodiesseredispostoacommettereicriminipiùatrocieperfinoungenocidio, pur di conservare il potere.Una sanguinosa guerra civile attraversa il Paese. Morte e distruzionerendono la situazione drammatica e le conseguenze dureranno decenni.L'Osservatorio siriano dei Diritti Umani informa che il numero di mortidall'inizio del conflitto armato oscillerebbe tra 94.000 e 120.000 persone.In questa stima, approssimata per difetto, si contano 47.387 civili, di cui4.788 bambini e 3.048 donne.A ciò si aggiunge il dramma di coloro che hanno dovuto abbandonare leloro case. L'Onu informa che ci sono più di quattro milioni di sfollati nelPaese, mentre il numero dei rifugiati all'estero supera il milione e mezzo.Ogni giorno, circa 10.000 persone, di cui la metà bambini, attraversano lefrontiere.Nelleultimesettimanesicontano500.000civilifuggitiall'estero.È comune che, in questo penoso esodo, gli abitanti di interi villaggi, dopodiversi giorni di marce a piedi e sotto attacco delle truppe fedeli al regime,giungano alle frontiere di Libano, Giordania, Turchia o Iraq, dove sopravvivonoincondizionidisumane,sopportandolafameeleintemperie.Inquestoquadro,prodottodeicriminidiAssad,sisviluppanolarivoluzioneelaguerracivileinSiria,indubbiamentelapuntadilanciaelaprincipale arena in cui si definisce la continuità dell'ondata di rivoluzioni chescuotono il Nord Africa e il Medio Oriente dalla fine del 2010.Qualèilcorsodellasituazionepoliticomilitare?Qualiiproblemichelarivoluzione affronta per poter trionfare? Quali sono le prospettive? Qualeposizione debbono tenere i rivoluzionari rispetto al principale scontrodella lotta di classe oggi?
Una controffensiva di Assadcon il protagonismo di Hezbollah
Alcuni mesi fa, il corso della guerra civile vedeva una serie di progressidelleforzeribelliche,inuncertosenso,avevanoparzialmenteequilibratol'enorme differenza di potenziale militare.Tuttavia,nelleultimesettimanequestasituazionehapresoacambiareesisviluppa oggi una forte controffensiva delle truppe fedeli al tiranno, chesono riuscite a riprendere importanti postazioni controllate dai ribelli.La controffensiva di un regime che sembrava sfinito poggia su un elemento nuovo e di grande importanza politicomilitare: l'entrata in scenaafavoredelladittaturasirianadeicombattentidiHezbollah,ilpartitomilizia sciita libanese.Hezbollah è una delle più potenti organizzazioni politicomilitari del Medio Oriente. Di fatto, la partecipazione di migliaia di combattenti al servizio del regime siriano si è dimostrata qualitativa ad Homs, uno dei centridella rivoluzione e terza città per importanza del Paese, che si trova sottoassedio permanente. Senza l'aiuto di Hezbollah, ad esempio, difficilmente la dittatura avrebbe ripresoWadi Al Sayeh, un quartiere strategico. Il bombardamento di Homs è incessante ed infernale e sta riducendola città in cumuli di macerie. Alla pioggia di proiettili seguono incursioniterrestri dirette da Hezbollah, le cui forze hanno avuto un ruolod'avanguardiaanchenellevittorieparzialicheilregimehariportatoaDamasco,dovehariconquistatopostidicontrolloaZamalkaeconsolidatolaripresa di Qaysa, entrambe ubicate ad est della città. Da questi punti dellaperiferia il regime può ora bloccare importanti rotte di invio di armi eapprovvigionamenti per l'Esercito libero della Siria (Els).In tal modo, Hezbollah, che aveva guadagnato grande autorità e l'ammirazionedimigliaiadiattivisti intuttoilmondoperaversconfittol'invasione di Israele nel Libano nel 2006, sta svolgendo in questa guerra civile inSiria un ruolo controrivoluzionario, ponendo tutta la sua autorevolezzapolitica e il suo potere militare al servizio della dittatura della famiglia Assad.Quest'elemento ci porta a una conclusione: a questo punto della guerracivile, la dittatura mantiene il potere fondamentalmente grazieall'appoggio esterno che com'è noto riceve non solo da Hezbollah, maanche dal regime teocratico e reazionario dell'Iran, che fornisce missili especialisti militari; dalla Russia, che fornisce armi moderne e dispositiviantiaerei, oltre a tutta l'attività diplomatica e al peso della sua base navaleaTartus(ilsecondoportodellaSiria:ndt);edaPaesicomeilVenezuela,governato dal chavismo, che fornisce una parte del combustibile utilizzatodall'aviazione del regime per bombardare i ribelli e la popolazione civile.
Intensificazione dei metodi genocidiA quest'appoggio esterno, tutt'altro che disprezzabile, si aggiunge unapolitica di intensificazione dell'uso del terrore e di promozione dei massacri contro la popolazione civile da parte del regime. Poche settimane fa,nella zona costiera, culla della famiglia Assad, le truppe della dittatura e leloro bande di shabihas (feroci mercenari al soldo del regime) hannocommesso atroci massacri nelle località di Banias e Baydas, nella provincia di Tartus, dove i mercenari sono entrati casa per casa persaccheggiare, sgozzare e violentare più di 150 persone, molte delle qualidonne e bambini, in ognuno dei due villaggi. Nel quadro di questa dinamica genocida, i ribelli hanno denunciato che Assad impiega contro lemilizieelapopolazionecivileletaliarmichimiche,soprattuttoilgassarin.Difatto,nonèunsegretocheAssaddispongadiunodeipiùgrandiarsenalidiarmichimichedellaregione:1.000tonnellatedigassarin,gasalpeperoncino eVX, che agisce sui centri nervosi, oltre a cianuro, immagazzinatiin almeno 17 punti differenti del Paese (fonte: El País).
La politica dell'imperialismo …Lastrategiadell'imperialismopersconfiggerelarivoluzioneestabilizzareil Paese e la regione si fonda sull'obiettivo di rimuovere Assad dal potere
primachesianolemasseinsorteafarloeche,conlaloroazionevittoriosa,fomentinoancordipiùlasituazionerivoluzionariainunaregionecentrale per gli interessi delle grandi potenze.Le denunce formali sull'utilizzazione da parte di Assad di armi chimichehanno creato un clima di pressione nel senso di un intervento militarestatunitense in Siria, dal momento che Obama aveva mesi fa annunciatoche questa sarebbe stata la “frontiera” per iniziare un'azione militare delsuo governo contro il regime di Damasco.Tuttavia, la politica dell'imperialismo non prevede un intervento militarecon truppe di terra: e ciò non solo a causa della crisi economica, allamancanza di consenso internazionale e alla relativa forza dell'esercito diAssad (superiore a quello di Gheddafi), quanto fondamentalmente perragioni politiche che hanno a che fare con la sconfitta militare dell'imperialismonordamericanoinIraqeAfghanistan(coneffettiall'internodellastessa società statunitense) e la necessità di muoversi con cautela in unaregione attraversata da un forte processo rivoluzionario che gli Usaintendonocontenere.Inquestosenso,lostessoObamahaenfaticamentedichiarato: “Non riesco a immaginare uno scenario in cui la presenza ditruppe nordamericane possa essere vantaggiosa, né per la Siria, né per gliStatiUniti”(ElPaís),aggiungendochenonagiràalprezzodi“provocareuncaos” in tutta la regione. Benché abbia detto che non potrebbe scartarel'ipotesi di “altre azioni militari” meno “rischiose”, è chiaro che, per il suocosto politico, un'invasione con truppe di terra non figuri fra le sue attualiopzioni.Neppure rientra nei piani dell'imperialismo, ad esempio, armare tutte letruppe ribelli con quanto servirebbe per vincere (aerei, sistemi antiaereo,carriarmati,ecc.),perchécosìarmerebbeerafforzerebbeunarivoluzionepopolare che minaccia i suoi interessi. Tutt'al più, attraverso il Qatar,l'Arabia Saudita e altri Paesi del Golfo, vengono inviate armi leggere adalcuni settori e alcune brigate ribelli, soprattutto quelli legati all'islamismo salafita, come denunciano attivisti siriani e come conferma El País:esattamente perché questi sono i settori più affini a queste petromonarchie e che, benché ora si scontrino con il regime, hanno una visionesettaria della lotta, di matrice confessionale religiosa, fra sciitialawiti esunniti e non del popolo siriano contro la tirannia del Baath.In tal modo, dividendo e allontanando altri settori etnici e religiosi dallalotta rivoluzionaria, milizie come il Fronte Al Nusra (che ha dichiarato fedeltàaAlQaedaedèprobabilmentefinanziatodalQatar)finisconoperfare il gioco della dittatura. Dunque, non è casuale che esse ricevano piùarmi e appoggio rispetto ai settori laici, come l'Els, che hanno maggioridifficoltà nel rifornirsi.
La politica dell'imperialismo per sconfiggere la rivoluzione siriana prevede una soluzione negoziata che allontani Assad dal potere (garantendogliimpunità) e che salvi l'essenziale del regime ottenendo la stabilizzazionedella regione. Questo piano è riassunto nelle parole del Segretario di StatodegliUsa,JohnKerry:“Tuttelepartisisiedanoaltavolonegozialeesiformiun governo di transizione con il consenso di tutti, il che, a nostro giudizio,significa chiaramente che il presidente Assad non ne farà parte” (Abc).Con quest'obiettivo, la diplomazia statunitense ha incontrato il presidente russoVladimir Putin e, successivamente, il premier britannico David Cameron. L'orientamento stabilito è stato di realizzare una“conferenzadipace”sullaSiriaagliinizidigiugno,incui–secondoquantoaffermato da Obama –“riuniremo membri del regime e dell'opposizionea Ginevra per giungere a un accordo su un governo transitorio che possaassumere il potere dopo l'uscita di scena di Bashar Al Assad” (El País).
… e gli attacchi di IsraeleI recenti attacchi aerei di Israele contro installazioni militari sirianevannoanalizzatinelquadrodiquestapolitica. Inprimoluogo, leaggressioni sioniste meritano senz'altro la nostra più categorica condanna eopposizione.È anche importante chiarire che, benché indeboliscano in qualche misura il potenziale militare di Assad, essi non possono essere assolutamente visti dai combattenti siriani come un “aiuto” alla causarivoluzionaria, dal momento che Israele è uno dei maggiori interessatialla sconfitta della rivoluzione, non solo in Siria ma in tutta la regione.E neppure Assad può essere presentato – come egli stesso o la maggioranza della sinistra pretendono – come un “combattente antisionista”,dato che da quarant'anni (lui e suo padre prima di lui) non spara un solcolpo contro Israele, né ha fatto nulla per recuperare le Alture del Golan(territoriosirianooccupatodaisionistinel1967),nétantomenopensadifarlo ora.Come ha dichiarato il Consiglio Militare Rivoluzionario di Damasco,un'importante organizzazione ribelle, “(…) evidenziamo che la nostralotta contro il regime di Assad non ci ha fatto e non ci farà dimenticareche il nostro maggior nemico è Israele (…). Alla luce di ciò, condanniamo inequivocabilmente la recente aggressione israeliana in territoriosiriano e la consideriamo una violazione della sovranità del nostro Paese, la Siria. E finché l'Esercito siriano non tornerà ad essere patriotticodopo il rovesciamento della mafia di Assad, la nostra risposta a qualsiasiattacco israeliano si concreterà in azioni, non in parole come l'inconseguente regime di Assad è abituato a fare” (http://syriafreedomforever.wordpress.com/2013/05/09/statementoftherevolutionarymilitarycouncilindamascusontheisraeliaggression/).Dunque, analizzando i motivi degli attacchi sionisti sarebbe superficiale soffermarsi sul presunto invio a Hezbollah di sofisticate armi (missiliiraniani)dapartediAssad,comesostengonoIsraeleelastampainternazionale. Soprattutto perché, nel mezzo di una guerra civile in cui il regime si gioca la sopravvivenza, è ben difficile che il regime si privi,mandandole fuori dei suoi confini, armi di questo tipo di cui ha invecebisogno nel Paese.Perciò,volendoapprofondireil tema,èpossibilechegliattacchiselettividi Israele (che neppure è interessato ad una guerra col regime di Assad),siano funzionali alla politica generale dell'imperialismo, cioè puntino aforzare il regime a negoziare una transizione. Rappresentano un invito
alla calma, soprattutto in un momento in cui Assad, ringalluzzito daisuoi progressi militari e dall'appoggio dei suoi alleati esterni, è pocoincline a sedersi al tavolo delle trattative, né vuole partecipare alla citata“conferenza di pace”.In sintesi, l'imperialismo, impossibilitato ad intervenire militarmente,da un lato si pone al fianco dell'opposizione al regime e in particolaredella moderata Coalizione Nazionale Siriana, ma condizionandola e rifiutandosi di armare i ribelli per rovesciare Assad, mentre dall'altro nonpuòconsentirecheladittaturaschiaccimilitarmenteiribelli: insomma,un delicato equilibrio che mira a un logoramento generale in grado diforzare una soluzione negoziata. Per questo si è servito della forza militare di Israele, sua enclave nella regione, per dimostrare ad Assad e allasua guardia pretoriana che la miglior soluzione al conflitto sarebbe seguire la strada che gli Usa e i suoi alleati stanno tracciando: un accordodall'alto per evitare un trionfo rivoluzionario delle masse siriane.
Tutto perché la rivoluzione trionfi!La Giornata Mondiale di Solidarietà
con la Rivoluzione siriana
Nel momento in cui il regime di Assad lancia, con la collaborazione diHezbollah e con armi e consiglieri militari di Iran e Russia, una brutalecontroffensiva basata su azioni genocide contro il popolo siriano comeatroci massacri e l'uso di gas tossici, non c'è compito più urgente checircondare la causa della rivoluzione siriana di ogni appoggio e solidarietà attiva.Si tratta del principale scontro, attualmente, fra la rivoluzione e lacontrorivoluzione mondiale. Una vittoria o una sconfitta in Siriaavrebbero un impatto molto forte nella regione mediorientale e nelmondo.Nonsitrattadiuncombattimentolontano,senzarelazioneconla realtà degli altri Paesi, ma è parte di una lotta globale degli oppressicontro gli oppressori.Tuttavia, a differenza purtroppo dei precedenti processi di Egitto o Tunisia, la rivoluzione siriana (com'è accaduto con quella libica) si trovaisolata, dato che la maggioranza della sinistra mondiale, influenzata dalcastrochavismo, in maniera criminale si pone al fianco del dittatore econtro le masse che lo mettono in discussione. Per giustificare questocrimine politico, utilizza argomenti fallaci come ad esempio che questidittatori sanguinari sarebbero leader “antimperialisti” o “antisionisti”,vittime di una “cospirazione internazionale”, quando invece è da decenni che essi si sono prostrati all'imperialismo e oggi si scontrano (o sisono scontrati, come nel caso di Gheddafi) con i loro popoli in lotta, dasempre oppressi e brutalmente repressi.Difronteaquestotradimentodellamaggioranzadellasinistra,èurgenterompere l'isolamento politicomilitare che colpisce la rivoluzione siriana, esprimendo un appoggio incondizionato alla lotta delle masse popolari per rovesciare la dittatura assassina di Assad.La LitCi ha assunto questa posizione sin dall'inizio della rivoluzione,appoggiando senza se e senza ma la rivoluzione siriana, indipendentemente da chi la dirige, e sostiene che la parola d'ordine centrale degliattivistiedeicombattentionestiedellasinistradeveessere,oggipiùchemai,“ViaAssad!Noall'interventoimperialistaesionista!Ogniappoggioperché trionfi la rivoluzione!”.È necessario esigere che tutti i governi del mondo, a cominciare dai Paesi della regione che sono parte del processo rivoluzionario, come Egitto,TunisiaoLibia,rompanolerelazionidiplomaticheecommercialiconladittaturadiAssadeinviinoaerei,carriarmatiearmipesanti,medicinali,generi alimentari e ogni forma di appoggio concreto, direttamente allemilizie ribelli perché possano sconfiggere definitivamente questo regimecheopprimeilpopolosirianoechesièmostratofedelegarantedegliinteressi di Israele e degli Stati Uniti.In questo senso, ci pronunciamo contro il criminale embargo di armi aicombattenti ribelli in Siria imposto dall'Unione Europea e dall'Onu.È urgente organizzare una forte campagna internazionale, la più ampiapossibile, di appoggio alla rivoluzione siriana. Perciò, è stata convocatadalMovimentoGlobalediSolidarietà–unaretediattivistididiversiPaesi – una Giornata Mondiale di Solidarietà con la Rivoluzione siriana chesi è tenuta il 31 maggio scorso in decine e decine città di ogni Paese delmondo con cortei, manifestazioni davanti alle ambasciate di Assad,eventiculturali,dibattiti,ecc.,peraprireladiscussionesullanecessitàdiappoggiare la rivoluzione in Siria e raccogliere appoggio materiale per isuoi combattenti.Questaèlastradache,anostroavviso,debbonopercorrereleorganizzazioni socialiste rivoluzionarie e qualsiasi organizzazione che difenda lelibertàdemocratiche,laloroliberaorganizzazioneedespressione,echestia contro le tirannie nel mondo: la strada della solidarietà attiva, militante, internazionalista,conlelotteelerivoluzionidellemassepopolaricontro i loro governi e l'imperialismo. Il popolo siriano e i suoicombattenti, lesuemiliziepopolari,nondebbonosentirsiabbandonatidalla sinistra internazionale pensando che la“sinistra” stia con i dittatoriacausadelruolonefastodelcastrochavismoedellostalinismointuttelesuevarianti.Ènecessariochelasinistramondialeetuttoilmovimentosindacale, sociale, popolare, studentesco e dei diritti umani, assumanounaposizionechiaradiappoggioallavittoriamilitareribelleesiuniscano per realizzare tutto quanto necessario perché la rivoluzione trionfi.In questo compito la LitCi, nella sua modestia ma con enormeconvinzione, è impegnata. Lottiamo perché le masse popolari sirianesconfiggano, con le loro armi e le mobilitazioni, la dittatura di Assad. Sarebbeunenormetrionforivoluzionariodeisirianiedituttelemassepopolari del mondo e un impulso poderoso per il progresso dellarivoluzione socialista. La rivoluzione in Siria deve trionfare e nonfermarsi alla caduta del tiranno; deve avanzare fino alla presa del poteredella classe lavoratrice siriana e delle masse popolari, iniziando così lacostruzione di una Siria socialista come tassello per la realizzazione diunaFederazionediRepubblicheSocialistedelMedioOrienteedelNordAfrica.(Maggio 2013)
Bologna17/03: manifestazione pro Rivoluzione Siriana
16 Estate 2013 PROGETTO COMUNISTASEMINARIO NAZIONALE del PdAC - RIMINI 7/8 SETTEMBRE 2013