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Programma Del Corso Di Diritto Criminale Tomo 7 (01)

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VOL. VII.
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PROGRAMMA

CORSO DI D I E I T T O C R IM IN A LE

DAL PROPESSOIiE

FRANCESCO CARRARASOCIO CORRISPONDENTE DELL' ACCADEMIA DI LEGISLAZIONE DI TULOSA E DELLA

REALE DEL BELGIO, S OCIO DELLE REALI ACCADEMIE DI LUCCA, D I MACERATA

E DI URBINO, Ml?,flBliO DELLA CO~IMI SSIONE NCARICATA DEL PROG ETT O

DI CODICE PENALE ITAL IAAO, PRESIDEKTE DELLA CAMERA

DEGLI AVVOCATI PIIESSO LA R. CORTE

D I A P P E L L O D I L U CC A

P A R T E SPECIALE

O S S I A

ESPOSIZIONE DEI DELITTI 18 SPECIE- e---- - --CON A G G I U N T A D I- N ~ Y Ì -

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r c n u s o D E L L A P R A T Q - A I ' ~ R E N S C-. ', -5- -- 3

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s r s c o n i ) , i E ~ I ~ I G $ ~ : -.-"L- - - - - m - .*

\\ LVOL. VII.

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L2Autore poiie anche questa parte del s i i o Prog~rl)ri-

» Z C ~ sotto la sa lvaguard ia delle vaglianti leggi sulla proprie-

tf letteraria,

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PARTE SPECIALE

( SEGUE) S E Z I O N E S E C O N D A

D E L X T T I S O C I A & Z

C L A S S E SESTA

DBLZTTI COI)'TIiO LA PUBBLICA FEDE

>?%.

.-

,.---,idea,e eontennto &&a class6 , . . .

8 & "% ' , - -

, . 8 a , ! .,

S. 3355.t : ://

-;*C;I-*

F i i i c t i ~gli uomini si considerano in uno stato di

mera consociazione naturale ordinata sal principiodella ngaaglianea, non B possibile immaginare il

coricetto di una fe& plizcbblica, cioè. di un vincolo

comune che li costringa a credere certe cose. L' uo-mo posto a contatto de l suo simile ha nelle sue

operazioni e nclle sue contrattazioni frequente bi-

sogno d i C?-@&re; m a AnciiB non si presuppone

un' autoriti che 21 imponga una ragione superiore

di credere, egli creaera sempre o perclib indotto aci; dai propri sensi, dalle proprie verifìcazioni, dal

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proprio giudizio; oppure pcrchh indotto a ci6 daIla

ficlucia nello individuo clie lo viene assicurando ili

un dato fatto. L' uomo in quello etato ipotetico (b en

dissimile, come più voltc notai, dallo stato inixnagi-

nmio ed impossibile di completa dissociazione) asrr&

pui bisogno di contrattare: ma quando egli un og-getto da lui occupato o prodotto permutera con un

oggetto di altri che a lui meglio accomodu., il va-

lore dell' oggetto clie riceve o lo giudicherà (fosseanche

unpezzo di

metallo)pe r i sensi ed oscer-

vazioni proprie, o lo crederà sulla osservazione d i

ch i glielo porge; o sur8 sempre fede prtuaCcc: equando snilh chiamato acl. eseguire un patto proprio

o do1 suo genitore, creder8 alla esistenza di quel

patto cd alla sua forza moralmente obbligatoria, o

per reminisce~eee veriflcazioni proprie o per la

stima che avrà nelle attestazioni di altri che a lu i

ricordano quel patto ; sempre sarà fede privata.

&la contemplate il sorgere della società civile.Essa viene a tutelare il diritto, ciob la lil~ertà n-

ilividtiiale di tuiti i consociati, e lo esercizio razio-

ndrnen te libero delle attivita umane. Essa costituisce

una autoritzi sovrastaiito a tutti, la quale mantenga

la osservanza dei rapporti obbligatorii madiarite il

magistero civile; e mantenga il rispetto ai diritti

d i tutti mediante il magistero penale. Questa auto-

rita provvede a rendere più libero e pronto lo wol-

gin~ eiito elle attivit8 umane nelle contrattazioni, e

crea dellemeloci

di una o d i altra materia formate,alle qualli assegna un valore, e vuole che sia quello

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c die sia da tutti senza discussione creduto qualeessa lo dichiaro: ecl ecco la 9lzotaeta. Tutti i conso-

ciati al vedere quell'oggetto al quale l'autorità at-

tribuì il valore di dieci crede senza esitazione che

valga dieci; e lo accetta per il valore di dieci; e le

cose sue che nella propria opinione valgono dieci

da in cambio di quella moneta. L' autorità sociale

procede oltre. Essa crea dei segni materiali, e de-

lega a certi cittadini l'a potestà di assicurare me-

diante tali segni o le condizioni di un oggetto ve-nale, o la esistenza di certi fatti e di certe conven-

zioni:Ecco i bolli; ecco i pubblici zcfi2cz'al.i destinati

alla parte di fidefacienti con presunzione di veridi-

cita fra i cittadini; ecco i pubolici docu?~zentiesti-

nati ad essere prova di avvenimenti e di conven-

zioni che per loro si ricordano. Così nasce nei con-

sociati una fede che non deriva nè dai sensi, n6

dal giudizio, n& dalle m ere attestazioni di un indi-

viduo privato; ma da un prescritto della autoritit

che la impone. Io credo che quel pezzo di metallo

abbia il valore di dieci, perch8 vi scorgo i caratterimateriali imposti dalla autorità come concomitanza

costante del valore di dieci. Io credo che quell' og-

getto sia di oro, perchk vi scorgo il segno che 1 au-

torità prescrive dovere essere infisso soltanto agli

oggetti d' oro. Io credo che quel fatto o convenzione

siano avvenuti perchè ne leggo la attestazione in

un foglio che presenta i sigilli e la firma di un

pubblico ufficiale a cui la legge ha dato balia di

attribuire presunzione di veritk a quanto da lui si

venga attestando. Ecco che in tutti tali ca si la mia

fede non è più fede privata ma è fede pubhlz'ccc:ed e tale sogg~tt2.uarnenle, orchè da quelle condi-

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zioni non nasce la credenza di un solo particolare,

iiia la credenza pubblica, la credenza di tutti i cit-

fxidini: ed è tale oggettivamente, perchè io non ho

fede in chi presenta la moneta o il contratto ( e

posso anche avere ragioni di diffidarne ) ma ho fede

nell' autorith pubblica, nel suo segno, nel suo em-

I~lema, el suo mandatario.

I1 cornetto della fede pubblica, tutto figlio della

società civile e che serve di criterio tipico della

presente classe di malefizi, non B dunque una sot-

tile astrazione. Esso esprime una realtà, positiva che

nasce da un fatto della potestà superiore, e si estrin-

seca in una serie di altri fatti universali e costanti.

Questa formula di fede pubblica al presente luogo

risponde ad una idea molto difforme da quella con-

tenuta nella identica formula quando si adoperava

nella materia dei farti per designare tra questi

quelli che dalla offesa alla pubblica fede desume-vano una aggravante. Sappiamo (g . 2223) che ag -

gravati dalla offesa della pubblica fede soiio i furti

che caclono sovra cose abbandonate all'aperto per

cagione di una necessità relativa, la quale non per-

mette di usare intorno a quelle la difesa e vigilanza

privata. Ora questa 9zcbblica fede violata in simili

furti non B precisamente lo stesso della pzcbblica

fede violata con certe falsitk. In queste la pubblica

tède nasce da un provveclin~ento dell' auto rità che

la impone: in quelli la pubblica fede nasce dalla

necessità di certe condizioni di fatto e dalla volontàdei proprietarii che preferiscono ad una intollera-

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bile spesa di vigilanza lo abbandono delle cose loro

alla presunta onestà dei cittadini. L a si ba fiducia

nella opera del governo e suoi mandatarii. Qua siha Adacia nella prohitk dei singoli cittadini.

Tale essendo il senso della pubblica fede che si

contempla come determinatrice della presente classe

di nialefizi, facile de finire le singole figure c~lizni-nose che debbono richiamarsi nella med e~ i ma . ella

moneta si deve aver fede da tutti i cittadini pe r la

fiducia ne l governo che Ia conia. Qneata B fede p%&-

7ilica, e si viola da ch i falsifica la moneta: dunque

i1 f d s o 1zumw2u?~2oa qui la sua vera sede. Nei do-

cumenti pubblici e nei bolli si ha fede da tutti i

cittadini pe r la fiducia nei rnandalarii del governo

o in colora che ebbero balia dalla autorit8 superiore

di creare mediante i primi, o medianie i secondi

urla presunzione di veridicith in una attestazione, a

di esistenza di certe condizioni in un oggotto. Qne-sta è fede putiblica, e si viola da chi falsifica i pwO-blic$ dòcuilncszti od i ho@: dunque il falso (1 ) 212 clo-

cumefito pubblico ed i1 falso i?$ fioili offrono altri

due titoli clie qui vogliono essere esaminali.

(1) La parola fede qu i non si adopera nei senso di fe-

deltd o manlenimeulo di un impeguo contralto: ma ne l

censo di credenza o fiducia. Questn quando B individuale

forma I'obieftivo di un delitto ~m lu r n l e ei fa t t i che Ia tradi-

scono. Quando c? .zmivcrsalc ( e quasi necessaria ) perchè, im-posta da certi provveditnenti dell' autoriiìi dello Stalo oEre ve-

ramente 1' obiettivo di u n reato sociale. P i l iin 6 i e ri (scicn-

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,-t& della legislazione lib. 5, tit. 8, cap. 48 ) ideb la classe

dei reati contro la pubblica fede collocandovi la bancarotta,

il peculato, ed il falso pubblico, ma vi aggiunse ancora la

predizione. C a r in i gn a n i felementu S. 1192 ) riprodusse

questa classe, ma vi collocò soltanto il peculato, Ia b(c?zca-

rotta, e i l falso nummario. G i u i a n i {istituzioni d i di -

rit to crim inale lib. 2, pay. 19 8) mantiene anch7 egli la

classe dei reati contro la pubblicn fede richiamandovi i soli

tre titoli di peculato, bancarotta, e falsa moneta. Il titolo

di falso parve a questi du e maestri dovesse trovar sede nei

reati contro la pro prie td rea le del cit tadino. Ma finchè siparla del fulso pr iva to io aderisco a tale concetto e non vi

ravviso che una forma d i furto. Non posso per ò a derirv i

quando contemplo il falso in pubblico documento. L' obiet-

tivo di questo reato non è più quello soltanto della proprietd

priv ata , m a- be n' anche quello della pubblica fede, il quale

è. prevalente ed assorbente del primo. Molte sono le ragioni

che mi confortano in queslo conc etto: 1 . O L' autenticitd è

data a d un foglio munito di ce rte forme ed esarato da certe

persone nel modo stesso che 1' autenticit8 è data ad un pezzo

di metallo foggiato a moneta. Ed il p ubblic o pone la sua fede

in qu ei caratteri di autenticità così nell' uno com e nel19altro

caso - .O Se 1' obiettivo del falso in pubblico documentofosse soltanto la pro prie tic pr iva ta, il malefizio non potrebbe

dirsi consumato con la sola falsificazione del17 atto autentico,

ma bisognerebbe a spettare I' aggressione del diritto deteruii-

nante la classe del m alefizio, ci08 la lesione della proprietà

privata - .0Posto come positivo il concorso del doppio

obiettivo, cioE dirilto di proprietà (minacciato nel particolare )

e diritto a rispetto di cosa investita dalla pubblica fede ( leso

per la falsificazione del pubblico d ocume nto in tutti i citta-

dini ) deriva dai cardini fondamentali della classazione dei

reati che 1' aggressione al diritto u t~ ive rs ale ome prevalente

sulla minaccia del diritto particolare sposti la classe del ma-

lefizio e lo conduca nei reati sociali - . O La prevalenza delsecondo obiettivo è riconosciuta da tutti i legislatori nella

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ecoa on~ia delle pene. Quando si punisce con parecchi anni

di casa di forza la falsificazione di un titolo che può rec are

31 privato .un miserabile danno di cento lire E evidente che

il criterio misiiratore della quantità del reato non si desume

dal solo dirilto particolare di proprietà, ma bensì dal diritto

universale violato nella pubblica fede della quale riveste

ltautorità i l documento alterato. Negando ciò sarebbe impos-

sibile po rgere congrua ragio ne di una penalità così poco pro -

porzionata al danno patrimoniale. Se dunque 1' obiettivo della

pubblica fede si considera come prev alente nella misura del-

la penalità, sareb be contradittorio non riconoscerlo come pre-valente nella nozione e nella classificazione del malefizio.

Sono queste le ragioni che mi determinarono a m antenere

nella classe dei delitti contro la pro prie ti il falso privato per-

che la proprie tà particolare esau risce tutta la sua oggetlivilà

giuridica ; d a serbare la trattazione del falso in pubblico

docum ento alla presen te classe dei reati contro la pubblica fe-

de. Cosa importa c he I' uno e l' altro abbia il nome di falso?

I nomi non fanno le cose: e l'accidentalità di un nome non

mi sedurrà mai a postergare la contemplazione della sostanza

delle cose sulle quali porto i miei studi. Io sento anzi pro-

fondissima la convinzione che questa dislinzione radicale tra

falso pubblico e falso priva to sia utilissima a purga re la dot-trina e la pratica da tante amba gi ne lle quali si agita la ma-

teria del falso documentale.

Ma la pzcbblica fede dà uno speciale carattere ad

altro malefizio sotto un punto d i vista analogo a1

precedente benchb non esattamente conforme. I1 ne-

goziante non 8, a vero dire, un pubblico ufficiale:

malgrado ciò i suoi libri purchè regolarmente te-

nut i fanno fede en tro ce rti limiti del loro contenu-to, e piena prova in giudizio. Ecco un termine d i

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- 12 -:intelogia per il quale 1%bsbizca>*olta icliiamasi alla

presente cktsse. dgziungnri a ci4 dle se il (lare afido la ~sroprict olxt od i1 proprio denaro i: bene-

ralmente atto di vcslont:t, bisogna dir lo atto di ne-cessitk nelle transazioni fra i negozianti per la 6is-

tanza deHe dimore, per la desiderata rapiclitu degli

affari, e pe r la moltitudine loro che quasi rende im-

possibile compire le transazioni commerciali a pronto

ed effettivo contante. Di qu i la conseguenza di un

fido più o meno esteso che si accorda ai negoziantida tutti per guisa che il credito (cioi! la reciproca

credenza nella lealta respettiva) si dice a ragione

la ~ i t a l 'ani ma del commercio eti il moltiplicato-

re indefinito dei capitali effettivi con mirabile uni-

versale vantaggio. Fuo ri del cornrnercio se fidasi

roba o denaro ad alcuno sulla nuda parola su a sen-

za cautele o riialleverie ci6 avviene per un a speciale

opinione di probitk o solventezza che abbiamo di

quello individuo: questa i: fede p~*ivata.Ma nelcommercio si contratta per anni e per somme smi-

surate con chi forse mai videsi in faccia ed a millemiglia di distanz a; e ad un semplice avviso suo gli

si spediscono valori e merc i ad immense distanze pe r

obbligazioni da rimettersi poi e da estinguersi a

lunghi termini, Ed anche per questo lato ha il ne-

goziante una fede pubblica di forma speciale, la

quale rende in lui delitto il fallire che tale negli

altri non %; e lo rende delitto d' indole sociale per-

chB quella universalita di fiducia trad ita non e r a

figlia di speciali rapporti fra inclividuo ed indivi-

duo, ma della posizione di negoziante assunta rim-

p&to a tutta la consociazione.

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Finalmente la fecle pzcbbliccc assu me nn'altra for-

ma particolare quando la nazione ed i suoi legit-

timi rappresentanti hanno avuto in qualche indivi-

duo una fiducia della sua probità che si è estrin-

secata con affidargli la pubblica pecunia. Se costui

maliziosamente si appropria quella pecunia o p arte

della medesima, egli rompe la fede pubblica, la fe-de ciob che ebbe in lui la intera consociazione po-

nendo in sua mano quei capitali che provenivano

dal patrimonio di tutti i consociati, e che serv ire

dovevano a benefizio di tutti loro; ed ha tradito la

fiducia di tutti. Non può dubitarsi pertanto che an-

che il peculuto proprio sia titolo di reato referibile

alla presente classe.

Vi sarebbero altre forme di pubblica fede traditaanaloghe pur esse a questa ultima e costituenti de-

litti: ma le medesime sono distolte dalla presente

classe per la teorica della prevalenza. I1 Generale

di Armata, il Ministro, lo Ambasciatore ebbero per

fiducia di tutti i consociati e dei loro rappresentanti

un a relativa qu antità di poteri, conle la ebbero iDeputati ad un Parlamento entro più angusti con-

fini, ma di natura perfettamente identica. Tutti co-

storo tradiscono la fede pubblica se nello esercizio

dell' ufficio conferito loro maliziosamente ne usino

a danno della Nazione ed a profitto di potenza es-tera, e molto .pih so a profitto di potenza nemica.

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- 14 -7

IIa poichè simili fatti presentano un oggettivo chesi componetra con la vita politica dello Stato, ciue-sta piiSr importante oggettiviti li richiama sotto il

titolo cli prodizione alla classe dei reati contro la

sicurezza dello Stato; non permette si callochino

in una classe cho desume il sno criterio prominente

dalla violazione della put~blica fede ; iflatta viola-

zione non si disprezza ma si tiene a calcolo quale

accessorio, ed ha nei medesimi la debita valutazio-

ne ed i suoi effetti giuridici coi-ne cpalitk aggra-vante del tcialefizio prjncip~ilea cui fa bruttissimaconcornitmza. Sicchb i titoli di reato pertinenti alla

presente cllmsc si riducono al peczcluto, alla banca-

?*attct, alla foZsu rrzoncta, al falso 2npubOEco ~luczm/cc~z-

to , ed ti1fal.5;o in 7,oZZi. D i ciascuno sc~)arntnmento~

P e c u l a t o p r o p r i o .

La forza logica che esercita per. propria virlii la

oggettivitk giuridica sulln nozione de i reali anche

irzconsape~olmente coli dove pik trova fautori Itr

dottrina soggettiva, yortb diverse czntinomie nei mo-

nunienti clel piure rciinaiio intorno al titolo di $C-

cul~tto.G1 interpetri inii.tilmente tontarano di con-

cilicrde niontro esso non erano che la espressiune

dello svolgimonto storico di qriesto titolo, o per con-

seguenza manifestavano una vera difl'ormitd di clot-

triria. Nel prisco giure romano la sottr:rzionl: della

pecunia pal~blica si elhe coma rncritovole di oclio

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speciale in ragione della cosa sottratta che guar-

dossi come sacgma: nde i peculatori forono posti

in compagnia dei sacrileghi. Nei diritto cesareo pre-

valse invece la considerazione della fiducia tradita

e della facilitd d i delinqzcere. Di qui nacquero le

divergenze. Trovato, il criterio dello aggravamento

iiella san tità de lla cosa ne consegui: 1." Che sog-

getto passivo del peculato fosse soltanto il patrimo-

nio del popolo romano che solo era scccro, e non le

proprietà dei Municipii e delle città, che si consi-cleravano come private - .0 Che la sottrazione

della pecunia del popolo romano (.l) si avesse come

sacrilega e costitutiva di peculato ancorchè com-

messa da persona privata niente congiunta per lo

ufficio alla pubblica fede. Quando al contrario nel

diritto cesareo si prese a desum ere 1 odio contro i

peculatori dalla fidncia tradita, quelle due proposi-

zioni dovettero naturalm ente rovesciarsi : e si venne

a stabilire: 1." Che anche le cose delle città e di

ogni pubblica amministrazione fossero soggetto pas-

sivo di peculato - ." Che la severita maggioredelle leggi penali dovesse serbarsi contro coloro che

la pecunia pubblica si appropriavano abusando del-

l' ufficio a loro fidato. Di qu i le discordie (lei fram-

menti : di qui le lotte fr a gl' inter petr i; di qui la

divergenza delle scuole e delle pratiche protrattasi

fino ai di nostri intorno alla nozione del peculato;

e la impossibilith assoluta di descrivere questa no-

zione senza incontrare contradittori. In simile con-

flitto noi ci s iam o ten ut i a lla opinione piii affine a1

diritto cesareo insegnata dal C a r m i g n a n i , ap -

provata e seguitata dal dotto G i n i a n i , e chcmeglio consuona alle legislazioni contemporanee.

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Twvianlo nella cosa pubblica una ragione di ag-gravamento che non clenatura il furto: la sottra-

zione di quella commessa da privata persona la de-

scriviamo t ra i farti ( S . 2080 e segg. ) col nome

di peczclato f ~ i p ~ o p - o ,roviamo nel vincolo di ede

rotto e esevito di mezzo al delitto la offesa di undiritto sociale, un oggettivo prevalente sulla consi-

derazione della cosa, un' alea d i maggiore pericolo

per la proprieti comune, e ne costituiamo la figrira

del pczclato polprio che qui andiamo a descrivere.Chi si limita a contemplare nella sottrazione della

pecunia pubblica l'oggettivo delIa proprietà più o

meno iutsressante non si trova innanzi che una for-ma di furto: per costituire del pecnlato una figura

criminosa fritta spedals e distinta bisogna ricono-

scere nellkoggettivo della pnbtilica fede il criterio

determinante di questa specie delittuosa.

(1) 11 patriaohio del popolo romano designavasi col nome

di ncrnriunl. Col nome di f isco desigriossi pi ù specialmente

i lpatrimonio del principe: R a e v a r d u s Variorum l ib . 4,

cap . 4 , psg. 84 .

S. 3363.

La circostnnza che le cose sottratte dalla manodel ladro anzieh0 essere pertinenti ad un solo indi-

viduo, o ad aria sola famiglia, spettino ad un numero

di uomini per comunanza o consociazione privata,

od anche ad una personaliti morale, come una pub-blioa amministrazione, od anche allo Stato, e così

niediatamente a tutti i cittadini, noil induco muta-

zione radicale nella oggettivitl giriridica del male-fizio. I1 diritlo aggredito è sempre il diritto di pro-

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pitieth: n socielh civile interviene in cotesto ugdet-tivo come nn qzricZ fttcli in cpanto accade clie la

proprietk violata sia di persona collettiva aiizichk

di un individuo ;ma non aggiunge un quEd j u ~ i s l

malefizio, e non ne muta la indole giuridica. Essoi! sempre una lesione del diritto di proprieth ed es-

clusivatnente di questo diritto. Potrà a taluno sem-

brare che la proprietà della nazione abbia una im-

portanza maggiore, e le tradizioni dei romani chs

assimilavano alla sacra la pecunia pubblica cun-

dnrre a ravvisare in questa oircostanea uno aggra-

vamento ds l furto :ma nella vari&& delle circostanze

il furto della pecunia pubblica potra recare un dan-

no assai meno sensibile e meno doloroso (li yucllo

che rechi il furto di altrettanto a danno di unaprivata famiglia che ne sia condotta a rovina. E

ad ogni modo 1' oggettivo non varia. Laonde col-

l o c a i ~ l peculato ;i'~~pmpvioche 8 quello commesso

da porsona privata sopra. cose di publ~lica pettan-

za) nella. classe dei reati contro la proprietb, io

esposi succintamente cola le ragioni e gli effetti <liquesto aggravamento (1).

(1) Liisoordò F i l n n g e r i rettiirnente censurato ds G i u-

l i a n i stlltrsioni criniinali vol . 2, puy. 200. Anche C a r m -

s. n n ii i f cle?)ie?itn9. 3201 ) concorda nel ravvisare uri fidrto

r: non u n peculato nella sottraziorie che ftlociasi d a uu pri-

vato de l pubblioo denaro. Singolare B i l niodo di vedere clel

codice bunamila j i l quale considera come meno griiae i l

furto clie il privnto coinrileltn sulla pecunia piihlilicti, e come

piìr grave i l furto caduto sulle cose de i privati: A 11 b s r r1 rrode dnnrlrnilc vol. 1 , pag. 1 e t 2.

VOI,. VII. 2

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>IL?a cosa muta sostanzialmente di aspettoiiuando si contempla il pcculato prop?*io (1) che

A - a u11procpriaz.ione di cosa pubblica covz?)tessa

da; pwsowa rivestita di p.icbblico ztflcio, alla qzcale

in ragio?ae appzc?zto dZ gucllo e.iqasi consegnata la

t;osa a ~ p ~ p r ~ u f uO ~ Z 0Ob1igo di consevvarla c

~-wstittrivlu,

( i ) B I B L I ~ G ~ A F ~ An ge o de dclictis cap. 96 - 1 e-

n o c li i o de arbilrari is cas. 586 - c c o colleetunaa

2087-3012- F a r i n a C C i o cle furtis quaest. 171- ) -

C i a n o tractulus c ~ i a i n a l i silr. 8 , crrp. 28 , V O L . %, pag. 537- a u f e i i c c dsciaiones ,V~apolitanae col. 2 , dee. 166,

284, et 285 - r u s o de indiciis par s 3 , cap. 4 - y 1-

il C r d i k obseruntio~lzcnr ur is vol. 1 , cc-p. 12- e l d e elc-

menta j u r i s unlvcrsi pag. 191 - e l a e q u e z consilia

vol , P , cola . 145 - e rm i g l i o l o cons i l . 4BG - ara -

v i t a iirsliiudiunes crr'ninales lib. 4 , $. 1, cap. 62, n, 12-

D a m h o u d e r p vnx i s c r i m i ~ u l i seup. 116 - n i rn in -

% h a s jus Szcsatc»se art. 147, p a g , 159, 160- o l e r o

dccisiones decis . 155, et 207 - e y s e r nleditutiones in

pnnrleelus spcciinen. 62 1 - 1 a t t h eu e t S a i z tractalus

de re cri!riisali conlrou. !5,R8,77- e r eg r ino d c juro

/?sc i lili. 5 , i l . 3- s y n iìislil ulio~i es ?*intiaulesti(r.2,

l i ( . 3 - o u a s e jusl ice crimi~tcl lc i t . 40 , vol. 4 , pag, 26- ;a r r a r d dc le jurisprudencc crintinelle ~ c c t .2,

t1np.4 , S . 4 -' C e rn a II i de jurc crOirinali l ib. 2 , cap. 4,

trrl. 5 , $. G - u l m e l n clei~ret&ta$, 498 e t seq?, -a i e i s e r principia juris S. 360 et seqq.- a r m g n a n i

olrmenln S. 1199 - i ia n i rblilu.tioni vol . 2 pug. 200.

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I n questi termini sorge come prcirili~ente ' ulte-

riore obiettivo della fiducia tradita. I1 fatto nci suoi

termini semplici sarebbe ineiio d i un furto a causa

della consegna, sarebbe una tr~ffc.1, n abuso di ii-

ducia, o aria frodata amministrazioiie, agli occhi di

chiunque si fermasse a coritemplare la obiettivita

giuridica del maleflzio nella sola proprieth violata.Ma se la liiolala @dztciapresenta appo le scuole e

legislazioni conterriporanee una importanza minore

di iluella che trovasi nel violato possesso, per le

ragjoni che a suo Iuogo (5 . 2.279 e segg.) esornai,

questo avviene finelle si tratta d i fld26~ii~ rivata,

perchl? potenclo sempre rimproverarsi di poca cau-

tela ed avvedutezza cului che ultroneamente con-

fidi, le cose proprie a persona indegna di fiducia,

si crede meritevole di protezione minore la vitti-

ina di quel reato; questo pnb affermarsi s0ltant.o

dove la fiducia della vittima si8* stata ultronen, edove sia stata volontaria per parte sua la sceltadella persona tiella quale poneva fede.

Quando peri> 1a Iìtlucia sia conseguenza d i un a

necessiti, e tale necessith si connetta con le con-

dizioni inseparabili ilall' ordiilamento ilella cosa pub-

blica incontrasi un risultamento tutto co~itrario. a

nazione 11abisogno di uficiali che amministrino il

patrimonio di lei: essa sceglie siffatti uficitili 1'1.:~

quei cittadini che pii1 hanno fama d i piluLi, l i l':i

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iniccIiidi emolamenti bnstevoli ai bisogni loro, t li

solleva u1Ia dignitk d'impieghi onorcr~oliesii~ii,t~e -

sti individni ricevono cosi la flducia di tutta la na-

zione, ed ognuno che S chiriruato a fare u n versn-mento od una consogna di denari o di ripgctti du-

vuti allo Stato non puG ~ e r s a r e consegnare in

mani diverse. Sia che vnolsi pertanto de l cunfronio

&a il ulaiuto possesso e la aiolata fiducia finchk t3

iliiuciap?*hata,egli i, certo clie quello ha nlis irti-purtanza minore di questa tutte Ie volte che quri-

sta e fiducia pz~bOlica.Laonde se l' abuso di ficiu-

cia fra privato e privato b delitto miiiore del fiirto,

i' ai~uso i fiducia fra persona pui~l~ l icad il pnl~l~lilico

b delitto di gran lunga pii1 orlioso del furto. Cosi :~v-

vieno clie il privato il qriale rubi ila uiza pu111,licn cas-sa 11iuiiuscirne in certi casi con witi pene, l a d ~ l o ~ o

severissime sono le puniziorii minacciato ai pulsWici

ufficiali che derubino le casse a loro affidate. C i t non

ilsrivn da veilx~to mpirichhe di utiliti+, nb da int6resm

finanziario che cosi voglia; ma una spontanea de-duzione giuridica doi pilincipii cardinali regolatori

M a uantith dei reati ; ci6 appunlo ~ierclllE!nel

fatto del pubblico rificiale s' incontra una oggetti-

r i t k giuridica ulteriore, in quanto da lu i non si

viola solamente il diritto d i proprietà mit si violn

ancora la pv,fiblica fede, vale a dire quella, fiducia

che nella sria genesi i! necessa~ict er le condizioni

della societh civile, e clie nel suo svolgimento cs-

sendo imposta a tutta Ia nazione 11:i per corrispon-

dente il diritto di tutta In nazione al suo esai'lo

~nantenimcnto.

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1~rili:ttii c\sr,i;irr/i d i questa qiecirilita crirninos:i

jclit: tritto(1i corre n~11c (!UOIC e nel fora cotto i l110rt;i? di ~ ~ 1 r 1 t / t 1 ! / 3 nel vero e proprio sul-I ricnso)

f lu f l ~ n o ercarsi : 1 ." nella persowa - 2.0 rielln

crrsn - nelle comli~ioni ella consegna (1).

'1) Secondo i l giure e pratica Sasconicn cernhra si @SI-

resse ancora un qunrlo requisilo al deliito d i peculalo, od

era quello che i l peculalore avesse prestato giurainentu i l i

i'edelc gsstir~ne rima di assamero 1' ufficio : iJ'e r n h e r o/ / -

serualiot~csuris tmal. , purlo 3, nbsert*.12-1 piig. 614. Pr r

te 1 rnudr~s'irrosavii a1 pcculatore la pena dcllit spcrgiiiro

P~~I J IOSTREMO - 'ersolta. Soggetto attivo del

~ieculata on pub esscre clle il ~iu l i l~ l icounzionario

riconosciuto come tale dalla p u ~ ~ h l i c amministra-zione, e dic ncll' ufficio suo ha la ragione di met-

tere in sua Inano la cosa pnl~l~l icaie indebitanicnte

si appropria. Non ii divario nella essenza del titolo

il rango pii1 o meno elevato dcll' ufficiale ; i? lo in-

tervento o i' assenza (li uno stipcnilio. Ma & iieces-

sario ch e l'usurpatore della puLWica pecunia sia

riconosciuto dalla autorila: c cih si comprende fa-

cilrilente r~ualiilosi ricorda che la spccialc ocliosil~

d i i~r~cstololo nasce clalla violazione della pu%Wit:ct

f ~ d c ;n qual fidc qui non pub costiliiirsi ciic dii l la

norriina o ilnl riconnscirncntl) dcll' nntoritA. U n Aiutoclxe siasi dato il Cassiere anche con autorizzazione

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superiore, ma per elezione e noinina ilcl Cassierestesso (ed anclic con stipendio ma pagato dal Cas-siere) non è che un privato in faccia alla. pul~hiiclz

amministrazione. Esso non tradisce la fidricia di

questa ma la fidncia del Cassiere che lo lia scelto

e IU tiene ad arbitrio suo : aonde se profitti di tale

sna ingerenza per appropriarsi il denaro pubblico,

non è propriamente resl~onsal~ilei peculato.

SECONDOSTREMO - La cosa. Intorno alla cosa

i? a considerarsi in primo luogo la sua gzrslith eil

i11 secondo luogo la sua j~ertitacnzn.Circa la gzcn-

Itflt della cosa tutti i dottori e legislatori così m-ticlii come moderni concordano nello accettare il

concetto pii1 larga. Non fa divario che tratiisi cli

denaro o di altre cose purcbè aventi valore n&che

siano tali cose fungibili o iion fungibili (I) i èhe

le medesime siano state consegnate direttamente

cialla amministrazione oppure da privati por conto

ileli' arnrninistrazionr?.T3nstra che le ~nedesime iano

pervenute in niatio del pubblico ufficiale per ragionedell' rificio, ed egli sc le sia indebitainente appro-

piBiateper veduta di Iricro: sempre si ha il peculato.

(1) fi stato giudicato che non si faccio pccul atore qiiel

puliblico uficlale che veiidn o in altro inodo si approprii ld

~iiobilia ai ~ de guarnito il suo uflizio. E si E dcciso benis-

simo per la ragione che la mobilia dell' uflizio sebbene dc-

stinata a l servigio dei funzionari per i tempi non pu b dirsi

clie formi soggetto della loro amminis trazi one. Ma non po-

~re l i l j eda questo trarsene la proposizionc generale clic il

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peculnlo cada soltanto sopra le cose fiinyililli. I libri eil i

quadri sono certsmcole cose tren fitvgibili, nia ad onta di

siff atla qualllh della cosa io orederei che i l Bibliotecario prib-

hlico ed i l direttore di un pubblico museo i quali sottraes-

sero quadri o libri d i proprietà pubblica per farrie privalo

lucro sarebbero veri e prop ri poculatori. Ciò era certo nel

giure romano, poici18 il titolo di peculato si applicava anche

a coloro che avessero soLlratlo la preda fatta sui neinici

(cioè gli stessi oggetti materiali anche non furiaibili tolti iìinemici) e non i soli sottraitori detie manubine, ciob dei dc-

nari ch e i questori ritraevano dalle prede fattc in suerra :G e l i o nn c l e s alt icne l i b . 15, cap. 25.

Circa poi la portine?zza r i è contradizione fra il

pr+iscogiure romano e la comnne dottrina odierna.

I1 responso d i P a p i n i a n o clie trovasi alla leg. 8 f

c7e fecrtis, sernbra stabilire in modo assoluto che

il peculato cade soltanto sulle cose pcrtinonti al po-

polo romano; e che i aattrattori dello cose perti-

nenti alle città ai municipii od altre amrninistra-zioni pubbliche secondarie si rendano colpevoli di

furto e non di pecrilato. Ma al contrario i', rescritto

di Trajano ed Adriano che trovasi ricordato nellaleg. 4, 2,fì^. ccd bg. A% peczchlzcs avrebbe disposto che

si porseguitassero come responsabili di peculato an-

che i cassicri infedeli delle citth e dei municipii.

Sudarono gl' interpetri ( 2 ) per conciliare quei due

frammenti, proponendo diverse congetture od enien-

cle al ff ne di mettere d' accorclo le du e proposizioni

tliaiiietraln~erits ontrarie: ma parmi si a p p o n p al

vero il dotto G i u l i a n i quando opina che P n-p i n i a n o mantenesse la piU stretta clottrinn del-

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1 ;iiltico giare romano a ilispetto del rescritto de-

gli Imperliitnri che avevano s7oluto allargare la acl-

zione del pecnlato. Sin ciio vuolsi di ciG certo k che

nelle scriole e leggi moderne il pensiero di Trajanu

si & reso d o ~ n i n m t e ;e comunemente si considera

come re o di peenlato tanto 1 uniciale consegnatariodelle cose della nazione quanto quello cile si q p r o -

prii le cose della provincia, del Comune, di ua IIontc

io, o di altra pubblica amministrazio~ie: ed anchein certi casi le cose private consegnate Eqaknerlzle

nelle pnl)l)Iiche casse o locali pubblici a cib destinati.

(1) A l c i a l fdispsnct . 1, 3 ) ricorse alla erncnrlazione

delIa 1. 81 supplendovi un nec per voltare il non (negazione)

in un rrec non, ch e suona anèrmnzione. B y n lio r s e k f ob-

ssruniio?runì j t ~ r i s o r~ la ni ib . 4 , c @ p.5) VOI I C che il ~ z o ~ r

s' intendesse pe r noli tnnlu??b, osicchb i1 frammento dicesse

ch e il dilapidatore dei muaicipii non era tenuto con la sola

azione p~clclntzcs,ma anche con la aotio furti. Qileste ipo-

tesi si censurarono giustariiente dai niicliorj interpetri, e dal-1' A n t o n i o iii a t t h e o f de crirtilnibtts EiB. 4 8 , t i t , 10,

rap, 1, 71. 5) il quale vide in quei du e frammenti uno cvol-

gimenlo storico della dotlrina del peculato ed iina reale dif-

ferenza portata sulla nozione del medesinio. Altra concilia-

zione idcb R a e v a r d us vnr i o n~a t i b . 2, cap* 19. Possono

consultarsi in proposito C u j o o i o in resp , Pnpi?iictniad 1, 81

- n c h o v i o ad Treutlerztm vol. 2 , dispct . 32, thes. 0,

[ { t . e , pug. 1299 et seqq. - D u a r e n o d i s p i ~ t . nnivers .

li%. 2 , cap. 26 - ,y o l a m a ntenibranarum l ib . 5 , cap. 8

- o o n ir io emendatdonitnt lib. 7 , c u p . 10 - m a y a

observnlio~aicn ur is eiuilis lili. 5 , cop. 7, n. 20 e t seqq.

-i l d c r

dy k obsc~uat ionu?~i

tefilentiationurn vol. l ,

c u p . 13, liti!/. 94.

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5. 3371.

Soltanto ai di nostri potrebbe nascere una ele-

gante questione in proposito di certe societa che

veramente sono private (come, a modo di esempio,

le societk di ferrovie) ma nelle quali ha per0 un

qua lcl~e ntere sse economico il governo, sia perchè

ne p artecipi ai 'lucri, sia perchè ne guaren tisca gli

utili. Lo ibridisino di tali amministrazioni può farnascere un grave dubbio. Chi guardi allo interesse

pecuniario che vi ha la nazione potrii dire che il

sottrattore delle cose pertinenti a quelle societa si

appropria cosa che almeno in parte C di pubblica

spettanza. Ma chi guardi invece alla natur a di quelle

amministrazioni e al modo di elezione dei funzio-

narii bisogna che dica essere le medesime sostan-

zialmente private e non essere i loro gere nti legati

a rigore di term ini da un a fecièpubblica. I n questa

difficoltà turbano la mente le tradizioni delle antiche

reverenze alla santità della cosa. Ma oggi che lafigura del peculato si guarda principalmente nei

rapporti dellapz6bbEca fede si complicano gli argo-

iiienti di disputa. I1 denaro di certe Banche, Casse

di risparmio, e simili, non B a proprio dire pubblico

ma privato. La persona del Cassiere cui si fida quel

denaro B anche essa a rigore di termini privata,

psrchB (eletta da privati e stipendiata con denaro

privato) male potrebbe dirsi ufficiale pubblico. Cosi

la coscc e la persona parrebbero escludere il carat-

tere di peculato cla coteste ipotesi. Ma pero il ri-

guardo alla p2cOblicct fcde porta a consiilorare nelleinedesime anche la indole ecl il fine di tali istitu-

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- G -zioni. Le Casse di risparmio, le Societh d i asili, e

siniili lianno una Cassa che è priuatcc e impiegati

che sono pl*ivati: ma nella costituzione loro non

avvi nessoiia speculazione di lucro privato; e tutto

si fa a beneflzio del pnUblico: il danno derivantedalla dilapidazione di tali casse B unirerscale, cornt:

i! nniversale la fiducia che si lia nelle medesime:

e tnttocib porta ad assirriilare (malgrado le specia-

lita di cosa e di persona) i dilapidatori delIc. me-

ilesirne ai veri peculatori.

TERZO srnmro - Co?zi!izloni c7@7ellacolzseglltr..

Qui si apre una cliscordia fra i principii (le1 giui3e

romazio e dclla cornune dottrina penale, eil i pi2n-

cigii clie si sono voluti sanzionare da qualche le-

gislazione contemporanea. Nella comune giurispra-

denza prevale la regola che ad avere il titolo d i

~)ccula to ia requisito indispensabile che il publ~lico

dcpsitario fosse debitore di sjecic e non di qzlalz-

titd; lo che si esprime generalmezite nelle defini-

zioni del peculato con la formula peczclela ~zo?zsuo

ye)*2'cuZoszcsceptcc: ondizione che noi riproducemmo

ricllri ilostrri definizione con In formula con o12Oligo

di co?zservn?*lc~?-est tz~irlch.11pul~b lico unzionario

clio sia contabile e responsal~ile in p r o p ~ ~ i oelle

somme che anirninistrn col mcro obbligo di ciareil tasztzcmckm, qualora non riesca fedele nel darne

wnto iion sarebbe passibile per la opinione predi-letta da qrialclke dottore (1) che di azione civile

soltanto, corric ogni altro debitore del fisco : et~rcbbcper In pih retta e piìl coinnrie dottrina reo di riri

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titolo d i delitto ( d e ~esic7uis)ma non responsa-

bile di peculato.

(1) A n t o n i o M a t t l i e o applicando il cr imen de re s i -

d u i ~ casi differenti si fece p,ropiignatore della dottrina che

per giure romano il debitore di quantità fosse a tenersi come

mero debitore civ i le del fisco. Altri videro in questo il titolo

de re s iduis . A n to n M a t t h e o argomenta dalla 1.9, S. La -

beo e t $. i s aittena a d leg. Jztl. pecalatus, la quale peral-

tro contempla quei privati che intraprendevano il trasporto

da luogo a luogo delle cose pubbliche a prop rio rischio e

pericolo. RIa difficilmente si conce pisce la figura del delitto

de re s iduis se non vi si trova in generale il caso del fun-

zionario debito re di qua ntità: e dilTicilmente si giunge a cre-

dere che i romani si contenlassero dell' azione civile contro

il pubblico ufficiale usurpatore malizioso della pecunia pub-

blica. Ma lasciando queste dispute agii eruditi certo è che in

punto di scienza la dottrina del n1 a t t h e o n o n è accetta-

bile n6 politicamente n6 giuridicam ente : non polflicamente

per il grave pericolo; non giuridicamente perchb vi B sem-

pre il dolo, i l dann o, e la fiducia tradita. La più esatta e

conveniente teoricaè

quella che esclude il più odioso titolodi peculato, ma il debitore di quantith tiene sempre respon-

sabile in via crim inale pe r il delitto speciale di vuolo di

cassa che più sotto e spor rò. Rlalgrado la ragionevolezza della'

moderna teorica ( sia dessa o no la riproduzione della distin-

zione romana fra peculato e residui ) nella pratica si oscillb

lungamente fra le due opinioni estreme : alcuni insegnarono

che il Cassiere costituito debitore di quantilb, che abbia for-

nito cauzione, diviene padr one del dena ro, e non com mette

delitto con la distrazioite di quello a proprio benefizio:

G a t i a n o disceptuliones furenses cap . 504, n , 11 - i1 e-

n o C li i o dc arbi11.nriis cas . 586, n. 18 cl seqq. - a r r e a

rrllc gnti oii~ s isccllcs a llc g. 83. Altri perb sostennero Io api-nione più rigorosa, e il Ca b a l 1 0 f t*esoluliones cfls. 99 )

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- 28 -ricorda di avere egli stesso coudannato a morte i n Fireuze

un Cassiere distratto re di pecunia p ubblica a lui consegnata

come quantità. bIa è da notarsi che un' apposita legge piih-

blicata in Firenze il 9 seltembre 1681 espressamente mi-

nacciava la pena di morte anche contro i Cassieri debitori

di quantith che avessero distratto in proprio uso una somma

superiore a scudi cento. Non si dimentichi mai nello studio

dei dottori la osservazione di ciò che deriva da leggi posi-

tive locali prim a cli ac ettarn e lo insegnam ento corne dottr ina

scientifica. Questa cautela è interessantissima, e per 1 oblio

dalla medesima spesso parvero principii di dottrina i ca -pricci feroci di qualcbe particolare legislatore. Di qui le con-

seguenze fatali alla scienza ch e deriv ano dallo inseg nare co-

me teoria il diritto criminale costitui io. In quan to alle pra-

tiche Germaniche vedasi C r a m e r observat io 954.

Alcuni codici moderni hanno voluto abolire que-

sta distinzione (1) ed hanno dichiarato peculatore

e come tale punibile anche il pubblico funzionario

che si approprii il denaro pubblico cla lui tenutoa

proprio pericolo. &fa questa sev era opinione non ri-

sponde nB a i principii giuridici n& ai principii mo-

vali. Non ai principii giuridici, perchh il funzionario

debitore di qzcuntita B fatto pro2)rieturio delle cose

che riceve: la nat ura del contratto gli d& la facoltà

di disporne, cosicclik il delitto non si consuma qua ndo

usa della cosa o del clenaro che b suo a tutto rigore

di termini, rna soltanto quando all' occasione del re-

soconto non paghi esattamente il suo clebito alla

pubblica amministrazione. Non ai principii morali,

perchS mentre il pubblico funzionario non S in clolo

quando usa a suo pro del denaro che tiene come

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suo e che ha a proprio pericolo può poscia non

essere in dolo neppure quando manca di corrispon-

dere al suo debito nel giorno del ricliiamo, perché

circostanze fortuite gli abbiano fatto venir meno

quei mezzi sui quali ragionevolmente aveva calco-

lato come bastevoli a metterlo in grado di dar con-

to di sB.

(1) Il codice Francese del 1791 manteneva con una dif-

fereuza di pena la distinzion e fra pubblico ufficiale con tabilee pubblico ufficiale depositario di proprietà pubblica. 3Ia il

codice del 1810 tuttora vige nte colà tolse aI17 ar t. 169 e segg.

simile distinzione; e con ciò in luogo di migliorare la teorica

la intorbidò : vedasi B l a n c h e eludes prntiqites sur le code

pérzal vol. 3 , pay . 594 et szciu. h osservabile ancora c he il

codice Fran cese confonde al17 art. 173 e 255 col peculaio

il Jalso per soppressiotze di docum enti. Il codice Sard o asl i

art. 310, 211, 212 e 213, copia in sostanza le disposizioni

francesi. e confonde esso p ure col peculato il fitlso p e r sop-

l~r es sio ne : soltanto al danno di lire tremila clie pel codice

Francese B sufic iente a cond urre ai lavori pubblici a tempo,

i l codice Sardo sostituisce la condizione che le cose trafiignleo sottrnttc siano di un valore di lire cinquemila.

Ci6 non ostante la dottrina che il contabile in-

contri nella suddetta ipotesi una responsabilità rne-

ramente civile è paruta a bnona ragione soverchia-

mente benigna. Laonde la odierna dottrina ha creato

anche per questa ipotesi una azione penale, imma-

ginando un titolo di malefizio distinto dal pecrilato,

e che denomina vzcoto di cctssa. Questo nuovo titolo

di reato incontra una pena assai pii1 henigna, c su-

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bordinata a condizioni più favorevoli all'accusato.

Cosi il codice penale Toscano, che all'art. 174 ha

conve rtito in precetto legislativo simile dottrina , pu-

nisce come colpevole di ?;uoto di cassa quel pub-

blico zbficiale o szbo sostittslo od aiuto ap p~ovato ,

celi siap e? . zcflcio ccfliduta come a debilorv d i qztan-

titci, l' a~~zwzi?zistrazio~~ei dc~?zav-i ello Stal o, o d i

un C O ? ? L Z C ~ Z ~di qzcalzcizqz~e Stabilinlejzto pubblico,

qualora non renda esatto conto dei valori in lui

perven uti: ma se in tal guisa il codice suddetto non

limita i suoi provvedimenti alla semplice azione civile

i., pero mitissimo nella pena, minacciando soltanto

quella della truffa, la quale corre sulla misura del

valore del tolto; ed aggiungendovi unicamente la

interdizione dal pubblico servizio : o che porta enor-me differenza con la pena del peculato che è quella

(art. 169) del furto qrialificato, cioè la casa di forza.

Vi B poi differenza ulteriore nelle condizioni della

punibilita, avvegnachè il suddetto articolo al S. 2

disponga doversi eliminare ogni pena afflittiva di

corpo e limitare la repressione alla sola interdizione

dall' ufficio fino ad un triennio qua lora il pubblico

riflciale od altri per lui ripiani il vuoto di cassa

prima che sia emesso il decreto d' invio al giudizio.

lk evidente clie rluesto ulteriore provvedimento lio

la sua ragione nello interesse del pubblico patrimo-

nio anzidib nei principii della criminaliti, poichè

ainrnette come escusante il fatto del temo senza

concorso nessuno della volonth del colpevolc. P u c-

G i O n i i-itrl SU O commentario nll' art. 174 lia dato al

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- 31 --vuoto di cassa il nome di pe c z i l ~bi~rqroprio. oi

al $. 2080 diemmo i1 nome di peculato wiqroprio

al furto di denaro pubblico commesso da personache non lo avea in consegna. Non vi B peraltro con-

tradizione fra no i ed il chiarissimo commentatore.

Una volta per sempre si avverta che in ogni male-

@io il iitol~ rq~r ionon può essere che uno; m a

niente repugna che dei titoli improprii ve ne sia110

parecc.hi e difformi tra loro, La bnpropriu~ione i

un titoIo nasce costantemente da questo che in unadata figura cririiinosa manchi alcuna cielle condizioni

costitutive del titolo p*op~*iod essenziali al mede-

sinio. Ora siccome tali condizioni sono il pih delle

volte pareccl~ie, osl pu d avvenire che in un a con-

figurazione di fatto manchi una delle medesime ed

in altra configurazione no manchi un' altra divcr-

sa: in ambo le ipotesi il titolo dovrA dirsi inytqo-

priuto. Casi nel furto di cosa pubblica coilimessci da

persona privata Uiancu il primo estrerno, ciob quel-

lo della ~1t37*sotz~,perciò il peculato s' impropria:

txgucilmente xiella sottrazione di cosa pubblica com-messa dal filnxionario debitoro di qnantitk, manca

il terzo estremo de l peculaio proprio, ci08 1 obbligo

di cotiservare la syecie; ed il peculato una seconda

volta s' inipl.opria per causa differente dalla priina.

11 $1o l* nella sua tco~'icnde l codice pe~zabnpng. 173 si diffuse n lnostrarre che non sia a pu-

nirsi come reo di vuoto di cassa quel contabile clie

non abbia potuto dar colito per un fortuito indipen-doilte dal fatto e volontit sua; per esempio, un furto

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- 32 -od un incendio. i513 giustamente osservb P u c c i o-

n i commeni,sncio l' art. i74 che quella fa una (ti-

gressione superflua, avvegnadib sia regola generale

che nessnno B crirninalmerite responsabile del fai.-

tuito o del fatto del torzo, e questa regola sia as-soluta e comune aiiclie a1 peculato proprio come

ad ogni altro titolo d i malefizio, e non già speciale

al titolo di vuoto di cassa. E inutile pertanto dimo-

rare su tale condizione e farne uno estremo spe-

ciale. Certi requisiti cardinali che sono della essenzadi ogni delitto non hanno liisogno di essere ripetuti

in ogni specialità, e se avviene che uno scrittore

od un legislatore ne tacciano nella descrizione d i

qnalclio titolo (li reato bisogrlsi, averli come sottin-

tesi per le regole geliorali.

Altri gottb in questa materia un ponio di discor-

dia dando valore alla distinzione h a sot/rnaz'ont: e

clist~~azio~se,prendendo a sostenere ch e il Iiiecu-lato esigeva la S O ~ ~ ? * Q N " ~ O ~ ?ellrt. cosa publ~lica,nb

bastara una semplice di.strnziwfie a consumtrrlo ( 2 ) .

Questo sistema fu reietto dalla lettera di molti co-

dici contemporanei, iua in veriki io non comprendo

come possa seriarnents sostensrsi. E nella naturadel pecuIato clie 1 oggetto pubblico sia co~z.segnnto

ti1 pul~blicouitlciale il quale indebitamente lo volpe

in suo lucro. Costui non pa b dirsi che .sott~tlgg{6~

yerchi! ha il possesso della cosa: egli se i' appropriac la distrae dall' riso al qua10 era stata (lestinata c

pel clriale ne aveva ricevuto la consegna. Dunrlue

hcn lnngi (la1 potersi dire che la rZislrnuiolz~ crcn

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dai termini del peculato, e desca invece ch e ne pre-

santa le condizioni ordinarie. Non pub essere che

eccezionale e rarissimo il caso di un peculato coiir-

messo per via di vera e propria ~ o t t . ~ ~ u x i ~ ' ~ ~ e ,or-tando cioè clandestinamente la mano sopra cosa che

non era a consegna nostra. E dunque insostenibile

la tesi che la c7istru~ione on basti a consumare il

peculato, se la parola distrazione si adoperi nel srzorigoroso significato; casi rettament~l corlice To-

scano all' art. 171mantiene il titolo di peculato un-

clie contro il Cassiere debitore di s9eeie che faccia

commercio col denaro pubblico beneh8 non ne de-

rivi danno allo erario. La assenza del danno puii

influire stilla pena (art . 171, 5. 2 ) ma noil inverte

il titolo. Se con questa dottrina si volle sostenere

la distinzione fra debitore di q~clzH.itcie specie, la

teorica era buona. ma si espose con formula disa-

datta. Se poi si volle fare una qucstione ifzte?zzio-nuZe alludendo alla ipotesi che il pubblico ufficiale

debba avere avuto la intenzione di appropriarsi cle-

finitivamente la cosa pul~blicae non basti ch e eglise ne sia momentaneamente servito pe r un SUO bi-

sogno, si porta innan5i rina dottrina pericolosissima

la quale pri8 servire di facile scusa a tutti i pecu-

latori. Altro e il dire che il ripiano della cassa fattoternpestivamelite renda assai ardua la prova della

distrazioile e del dolo ch e deve accompagnarla:al-

tro e il dire che la intenzione di i5pianare conver-tendo la sottrazione in dis t~~uiorieasti act elimi-

nare l' accusa di peculata.

(1)Cn

rm i 2 11 a n

ii n una sua

celebre difesa tentòsostcl-

nere che la sula d i s t r ~ s i b n e el. denaro pubblico no n costi-

VOL.VII. :3

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triiva peculatore nemrneno il Cassiere debitore di specie.Jla questa tesi rirnpetto a l CassIere non sostenibile, Potra

siova re ad un complice il quale avendo ricevuto p er p ropr i

bisogni denaro dal pubblico Cassiere alleghi la sua buona fede

col dire o che credeva che il Cassiere potesse far cià, o che

iiuri aveva scienza della qualitk di pubblico ne l denaro che

riceveva : e difatti in quella difesa di Ca r m i g u a ii i ( alla

quale ebbi io pure l'onore di partecipare) il cliente ottenne

1: assolusioiie per mancanza di scionzn e non per la tesi di

diritto. In questo argomento vi è stata confusione di termini

piu clie esattezza giuridica a causa della inesatta formulausatu dal codice Francese nell' art. 169. Li parola soltrazlQrici

;? vuota di senso quando si applica ad un Cassiere debitore

{l i specie, Esso è a rigore di termini un dcposi tnr io: il de-

positario no n sott?-iie riia distrae,percliì: ha la cosa in con-

sesna. L a parola sottt*iizione è inesrilti ancho applicata i11

ihsslero debitorc di quu?ititic, perchb costui essendo debitorc

~lel la oi,sna usa'legitliuiamc~ite l denaro che ha esatto, men-

tr e & tenuto a corrispolidcrc eliuirr de szon exact is: egli si

rende colpevole solttlnlo quando ali' or a del versaniento non

In eseguisce. Sicchk egli riori B colpevole per aver &strutto

iua per essersi ulipropriuto la sostanza pubblica il giorno

aiella chiainata ai conti: ed a nche i11 questo moniento nonpu8 dirsi che egli sott?-cly$n. Ponclo un Camarìingo che per

favorirc un iiuico debitore per dueinila lire del Coniune glie-

faccia ricevuta senza toccare il dci1ai.o; o cib hcciu per-

i'hig colui ora suo privato ct*ediiore in antecedcnza : ponete

4.11~ quel Cassiere a l $orno del versamento trovisi in vuoto

l'ci. quello dueinila lire: costui iioir pu b dirsi che abbia rib

s ~ t t ? ' n l l orU dislrulto i l deiiaro che niai è entralo in cassa:

I' pure C colpovolc. E per l'ol>posto se al. debltorc di quali-

lilk s i vuole apporno iiiClisLiriiaiiietik una colpovolezza nella

? : ~ S ~ P ' U . Z ~ O P I Cu avi.iene clic il C;imai.linSo iiicorra l;n perla

1'ur :tvcrc iitlchc r i i~~aiei~ir inearr ier~lcpeso in SUO pr o i). ri-

cS .1~i i ln cllc sue cstizioiii q~i i t i lu~iqi ie11)bi;idopo hrevissitnoi i 'I ji l )fi i'i~lcsS0 l deiioro, e ~~urilunlriic~i[ocdolmcilte da lo

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conto completo di ogaI SUO ebito. Infelicissirxia pertanto fu

la formula sotfrnziutle e r l is t~u;;lo)r t isafa dal cudice Frau-

cese a questo luogo : e pure per lo spirito d' imilnzinne

quella forriiula fu senza valritur'ue la Iuiyortanza) cicopiata

io parecchi codici successivi.

La unica ricerca d ~ eresenti una utilitk pratic a

6 quella ch e cade srillo stabilire il uiomento consu.-

xnativo del mlefizio nel confronto ira le due figu-

re criminose del pecultito e del vuoto di cassa. No1

pecullrto proprio supponendosi nGlpabhlico uflciale

la mera cletenzione della specie pul~blicti tt nome

p8T conto altmi scnza nessun diritto suo proprio

sulla medesinla, b mnriifesto c11e c!ol solo distrc~rlw!

quella specie ;L ~i-inefizio iroprio o di altri 1 uffi-

ciale conslknzcs.cleiinitivcziilentc il r e d o : abbia egli

pure od :rfletti 1 : ~ iutenzionc di servirsi procaria-

mente cii quella cosa per un suo bisogno e pusciti

~estituirblaLI

clepu~ito,questa deduzione intenzionale(troppo agovole ad assuinorsi) non muta i criterii

esseriziali ilel fatto criminoso, o mtllgratlo ci6 In vio-

lazione tlel diritto k corisuinata :il mornento in cu i

egli siite ttllo jtow si I! V ; ~ SO di cosri non sua. Di-

verrsarrieatc rrvviene nel vuoto (li cassa: questo ti-

tolo suppunendo il ~ ~ r i b t l i c ounzionario dc-.,ljitort: d i

yzcaditci, c? cusi proprietario iicll;~qwc%ea lui con-

segnata, non tollcr.:~dic si ravvisi la consnrriazione

(le1 maI~Siziunolln seiiiplice distrnzione, pet1dii? ri

questo ii~omcntunon SUI=(? nlfro cun(?~t toiilidiilic'(r

timric (juello clcll' 11s~ i ~ g i t t i ~ ~ ~ oli ~:US;Lp r y w i u . S l i i l

1,uir :tdiiltaidsi ii coiieottu i l i il!rdto o t i*uffti t11 !rso,

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- 36 -

dove l h s o è perniesso. Il moniento consumativo del

vuoto di cassa si ha dunque soltanto allora quando

il Cassiere richiamato a dar conto della quantitk

dovuta rim anga moroso, e non faccia il debito ver -

samento: è solo in questo momento che si consa-

ma il reato per parte sua.

Nèdicasi (per riprodurre la opinione di queidottori i quali volevano il debitore di quantità pas-

sibile in caso di mora di semplice azione civ ile)

che in tal guisa si crea una delinquenza priva dei

necessarii elementi; che riconosciuto innocente il

fatto del dist rarre, la colpevolezza riducesi tu tta in

un atto negativ o; che questo atto negativo (di non

avere riposto nella Cassa il denaro che si era ap-

propriato senza delitto) non si può incriminare per-

che pub essere figlio di un' accidentalità impreve-

duta che abbia contro sua volontà renduto il Cas-

siere impotente al versamento ; uO avere per mero

spirito di beneficenza soccorso un amico e questi

averlo tradito ; uò la gragnuola, la inondazione, od

altra calamitk avergli tolto quei prodotti sui quali

faceva calcolo per corrispondere al debito suo. Qa e-

sta argomentazione apparisce a prima vista molto

gagliarda; poichk stabilito che il delitto nan si com-

metta nel priino momento della distrazione possono

thcilmente apparire deficienti le. condizioni della col-

yevolezza nel secondo momento della mancata res-

tituzione. Ma cih non ostante i caratteri crin~inosi

(lei fatto possono essere senza errore sostenuti. Sia

pure che il Cassiere debitore di quantità essendo

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- ;-jy

un depositario in proprio possa senza colpa usaredei denari depositati. E per9 suo debito di guaren-

tirsi a proprio rischio e pericolo i n faccia ad ogni

evenie nza della propria impossibilità di corrispnn-

dere agli obblighi contratti. I1 suo ufficio gl'impo-

n e di non usare della cosa altru i se non lia la cer-

tezza di poterla rimettere. Lo evento successivo h a

inostrato che quella certezzcc egli non aveva quando

imprudentemente distrasse le cose affidategli : d in

ciò sta la sua colpa, e questaè

sufficiente per darbase ad una imputazione criminale. Egli sa rà vit-

tima d' illusioni, di esagerate speranze, di calcoli

errati. Ma e colpa che confina col dolo in un pub-

blico ufficiale lo avventurare la sostanza pulsblica

sopra dolle speranze e de i calcoli eventualmente

fallaci. Se s' incriminano legittimamente (co me a

suo luogo vedremo) anche gli atti d i gr ave imp ru-

denza nel mercan te che fallisce non può esitarsi

ad incriminare ugualmente gli atti del pubblico uffi-

ciale che vogliono palliarsi sotto il colore d' impru -

denza, ma che con tutta probabilità non furono esentida dolo. PuO dirsi che lo evento posteriore in certa

guisa si retrotra gga, e riversi ne1 mom ento della

distrazione la previsione della futura impotenza e

conseguentemente un vero dolo precedente. Coloro

che assumono una posizione (pubblici ufficiali o

mercanti) che attribuisce loro la pubblica fiducia non

possono essere giudicati con la stregu a benigna con

la quale si giudicano le imprudenze dei privati.

Ma vi I: una forma speciale che pui> presentart:la consurnazio~edel vuoto di cassa anche prece-

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Jentemente al giorno in cu i doveva il Camarlingo

cseguire il versamento. Questo a me pare si cleb11a

riconoscere nella ipotesi della fisga. I1 Cassiere clie

doveva dar conto a decembre si appropria g1 in-cassi fatti e fugg e nel settembre dallo Stato. Chi

vorrà dire che questo delitto si consumi soltanto

col 31 clecemhre?Fosse pure quel Cassiere un de-

bitore di quantita ed il suo obbligo fbsse cli versaye

a decembre :ma con la anticipata sottrazione della

propria persona alIa giustizia del suo paese non haegli anticipato anche il momento consumativo del

delitto ?i La pubbliea amministrazione rimpetto al

dehitore di specie ha un diritto sopra la cosa, e

quando questa B divertita il diritto violato : ssa

rimpetto al del~itoredi quantith ha un diritto sulla

perr-sona, e quando questa k sottratta alla giustizia

locale il diritto B violato. I1 grande inte res se della

ricerca del momento consumativo apparisce evi-

dente, quando si faccia la ipotesi della pinesc+*ia.ione

dell' azione penale :ma i? singolare clie sotto que-

sto punto di vista lo accelerare il rnoinento con-sumativo i? tutto a l~enefiziodel delinquente.

Se peraltro è indubitato che in quei due niornenti

sopraccennati si consumi respeitivamente in modo

definitivo il malefizio del peculato o del vuoto di

cassa, i? pur vero che le odierne legislazioni (1)

hanno in questa materia ammesso una eccezione

alla regola fondamentale factufn fifectzcm lievi ne-

qz&, o almeno hanno dato sulla quantiti del reatouna efficacia gagliardissim a anche alle circostanze

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p o s t ~ i i a i ~ llla consumazioiie del delitto. Copi i1 co-

dice Toscano all' art. 171 dispone in tenia di pe-culato proprio - vi - Qcrsu?zdo il colyevole od

alt93 pcr hci abgiu, risnilciio pienu?ne?zte il dan~za

cbjile del peczclato, priv:lllb~cliC sia ~ ~ ~ o ~ t / , n ~ i a t o2c7ecreto d iftvio a2 pubblico giwcliuio; l l ~asa cti

fol.za o allt~ urcwe s i sostiluiscc I'esilio ~ I U T ~ ~ C ' G O -

lmle da sei mn.cisi cc t1*e urtiti felvna sinlz$e It c i j 2 -

tc?*&isio?ze ui pubbl.ico so,-vigio. E analoga d ispo-

sizione deT,ta pure all' art. 174, S. 2 i11 teina di

vuoto di cassa.

(1) La restjluzione lempestiva e complelli del tolto si :mi-rtiise corno circostanza diiyiinuento del peculalo da l codice

Eslense (art . 181) il quale n l l a r gb il beuetizio oniinellctidb

la ulilith del ripiano fino alla prolazionc della sentenza de-

finitiva: pii1 ollra spinse le cose i l codice Dadesc che a [ 5.692

trova nella restituzione del tollo prinra che l a sentenza di con-

danna sin passata in cosa giudicata iina completa d i r i v z e ? l t ~ ~

riduccndola agli effelti di atteiluante (S . 693) oltgnto q u a n d n

i l peculato sia slato accompagnato da falsità docunieniale.

Queste benigne disposizioni offrono una analogiaalla diminuente che si aiilmette nel furto per lìi

spontanea e couipleta restituzione ( fij. 2271 ) tem-

pestiva del talto. Ma le medesiine difficilmente tro-vano la loro ragione iiei rigorosi principii di di-

ritto i quali vorrel11;iero che la regola del girirccon-

suito romano %z4??zqzca??4s post fatto CI-cscit ra!'-

feriti crl?zi+zishipzctatio valesse ancora in senso

rovescio. Ma ne l senso rovescio spsso si daroga

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dalla prudenza dei legislatori a quel ripido pre-cetto, perchk la equitk deve seiupre sovrastare al

rigoroso diritto quando trnttnsi cli punire. Noi lo-diamo peiltanto qnesta moderaziono cli pena, non

gih per rredute finanziarie ma perche la completa

~.ipnrazioi~eatec~lcledel clanno (in quei rnalefizi

iiei quali essa e possibile) diminuisce sempre la

fbrzn niorale oggettiva del delitto non ne1 momento

della consumazione ( l ) ma nello svolgimento poste-

riore della medesima. Dol~biamoperaltro ancbo aquesta occasione lamentare quel protezioni~mode-

gli impiegati che altre volte notammo essere undifetto radicale del codice Toscano; ma che oggi

(meglio eruditi) diciamo essere rin ilifotto generale

dolle legislazioni conterrnporanee. Iti faccia allo nn-

dazzo delle odierne paure acquista ogni giorno d i

pii1 uiistoriosa potenza quel grido clie tisoglia rin-

lòrzaril, il principio (li autorità. Non è qriesto il luogo

1% dissertare snlle funeste conseguenze della idola-

tria esagerata di siffatto pensiero, n& di esporre per.

largo qual sia il principio di autorilk che devess-

sere riiigagliarclito, n& come iiebhn ringagliardirsi.

Dir6 soltanto che 18 vera forza dornina.trice degli

riaiiiini e la fown "~no?~alenon giA la forza fisica,

strui~ionlubrutale che coirzprime i corpi mn non

sigiioreggia le ariinle e clie presto o tardi rivolgesi

conio, un aspide contro la mano che la maneggia:11irO che la forza ~rioraledoll' autoritti non si ac-

cresco per certo col deliiomlizzare gli organi che1 servono: e dir8 per consegrieilxa clic il principio

(li axltoibiti~on si rafforza col proteggere inipiegati

colpwvuli, i~ia ol mosdrare ai cittadini chel nuto-

non lia creature e che esercita un a giristiaiw

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- 1 -rigu:llruente sercrn pe r tutti. Questa 6 la grande

veri ti^ clie non si vuole ricorioscere p-.rclik oggi le

Icggi pii1 non s i fanno da i Principi 1113dai Comizi,

~ i i a n ttitfe piil o muno prsvaIe lo influsso della

così detta Bu?*ocsc$zict,iok de i funzionari del pote-

re ; ne i quali (essencto aoniirii) I'amore clel privi-

legio 2 sempre potente.

1

(1) G1i effetti giuridici della tempestiva restituzione del

tolto lianno recentemente dato argomento allo illustre Ge -

y e r di una dissertazione inserita nel fosci~olo . O de l 1869

della Gericlitsaul, ed Iiitiloluta - n restittizionc: del toilo

t l suc ella essere unn dimi'nitenle dello pena? Tvi il dotto

professore con quella maestria che lo distingue tratta I' argo-

mento, e conclude che se pub essere l a spontiinea restftu-

zione (specialiriente quando procede da pe~it imento) alutala

come diitzinuenle n p n deve mai spingersi agii effetti diri-

nlfnli. In proposito della ceusura che q u i faccio iil codice

Toscano è molto nolabile la regola dettritu da G e y e r intorno

la misura e graduabititli di tale dimtnucnlo. La medesirnn

(egli dice u png. 10 ) tanto più deve essare valutata a dis-

carico clell' accusato quanto pi ù nel punire il delitto da luicorninesso prevale la considerazioae del danno pr iv at o sulla

considerazione del dauno pubblico: e tanlo meno deve essere

profiltevole al reo quanto più nel puuirlo si prenda di mira

il danno pribblico anzichè il privato. Questa osservazione ci

sembra acuta e molto giusta. illa la medesima p;irnea noi

che dia risalto maggiore alla incongruenza nella quale b cn-

duto il nostro codice quando Iii restituzione del tolto Iia ren-

duto profittevole al peculalore pii1 ch e a l ladro privato,

Del resto il difetto del codice Toscalio riclltx ma-teria attuale s i rileva con molta esattezza ~lalP u C-

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- 42 -c i o n i nel suo comrnentario all' art. 172. Esco si

estrinsecn nel confronto che si faccia fra gli efSetti

della restituziozie del tollo nel furto conlrirlc, c gli

effetti della restituzione de l tolto nel furto pii1 adioso

ckie dices i peculato. - ." I1 codice Toscaric) in ttriirn

i l i furto non valuta come dimiriuente la restituzionr:

del tolto quando essa sia fatta da altrepersane fuori

del colpevole. Nel peculato invece esso la vdut:i

ancorchb sia fatta da &?-i - ." Simile dimi~~uente

nel peculato porta lo etiotto di degradareIn s~~e c i e '

della p l za scendendo nientemeno di tanti gradi

quanti ne corrono dalla casa cli forza allo esilio

particolare: invece nel furto ( art. 425) lo effetto

della diminuente si limita ad abbreviare dcIln me ti^

o di un quarto secondo i casi la durata della perw

senza rnoclificarne la specie. P u r; c i o n i soria-

mente dimanda qual' B la ragione di questi diversi

criterii e di queste diverse misure; ma vi vriol pocr.,a capirlo. Si b ammfxsa nel pecnlato coiue dimi-

nuente la restituzioiic del tolto fatta unchi, da terzi

pe r lo interesso fiscale di veclere ripianate le cassa,

si O dato alla restituzione del tolto nel peculato unaefficacia benefica iminerisamente maggiore di quella

che si % concessa nel fUrto,,po~ 0 spirito di prote-

zionisino degli impiegati. E impossibile escogitare.

altre ragioni di quelle d ue d ifferenziali cotailto grn-

vi o notevoli.

S. 3384.

1 criterii misuratori della quantità nel presentereato si desumano dalla ragione composta del va-

lore del tolto come nel furto, e della dignith ed im-

portanza maggiore dell' ufficio del quale si Q atiu-

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- 42 -sato. Per la priiila ragione si anmcntn la yuanliti*

natatckle del malefizio ncI rispetto de l danno .iiluiie-

dic~to:pe r la seconda se nc aumenta In qanntith

pulitica per ~ispe t tol danno nzcdiato (1).

(1) Taluno pose fra i criterii misuralori d i questo male-

fìzio anche la circostanza di avere o non avere il pubblico

funzionario prestato idonea carr=;ici~tc. a circostanza della

c;iflaiooe pub essere vall~tiil~ileome nrgorncnto per ritener@

il pubblico depositario debitorc tli qrtn?klild piuttosloctli! d i

specie. Na tranne ci;> io i ion credo che la cntizioue prestata

possa pe r ce stessa modificare 1;i giianlilu crinniiiosa del pe-

culato. Tanto varre bbe il pretcu dere che i l peculhto corri-

messo da un ricco avesse minore gravita del peculnto corii-

inesso da [I n povero ; e correndo sopra cotesta linea s i ver-

rebbe a dire che. anche i1 furto fosse un delitto miuorc quon-

do S commesso da un ricco, pcrclii! dal suo patrimonio p o y -

sono meglio reou pcrar ci le indenfiit&. Tutlc id ce sbngliutc i r iradice. k perb voi*o che lo dirriinuenfe dello d n t n cauzionc Bammessa il:11 codice di S. Alarino (art . 249 ) , e dal codice

Jonio (art. SO2 i l quale con più significativo ling iia g~ io hin-

ma questo reato r~~a lue r s c i z iu~ i e :col nomc speciale di i t l-

~ l e r s i r l t i e(l i fimdi punisce I' ilso illegiltimo di fondi pub-

btici ch e siasi fatlo da! Cassiere iuiplegando quelli a d un al-

tro riso pubblico diverso da quello al qudc erano destinati.

Qui vogliono essere presi in esame i nzeu-si ado-

perati da l peculatore in qtianto i iizcdesimi possnnu

valutarsi come criterii misuratori. Due sono le vie

thc sogliorio prendersi dai Cassieri infedeli. O con

iiparto cinismo insultano alla iic2ucia dei loro am-itiinistrnti, s via fuggono col bottino rapito; oppure

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usando d' ipocrisia per serbare fama di onesti teii-

tano occultare il materiale del loro delitto. E a tale

occultazione procedono sogretamentc col mezzo del

f'ulso c?oocm/lr~e,zfab, col mezzo clclIa sin$zclcczio?ze

CE delitto. Col mozzo del falso, alterando o soppri-insndo libri, cifre, s registri, conipongoiio conteggi

artificiosi coi quali dimi~luenclo a somma del lore

debito possano aver modo di arriccl-iirscneocculta-

mente. Col uezzo cli si!rbzilasione cl i delitto fingeti-

( lo tli esser vittime ora di un furto, ora di un in-r.eixdio, ed attribuorido a tali infortunii la dispersionts

de i valori sottratti da loro medesimi. Comprenrleogiiuno che se il primo sistsma cli delinqueré pii1

tiudnce, il secondo 1! pii1 pericoloso, pih malizioso,

e di maggioro gravitj,

I1 srivo inorale proclama. In gravitk maggiore d i

colpa cle1 peculntwc ipocrita rimpctto al pcculatorr

trlliicrario. Gensìmi

piaceavvertire

auchcad

oc-casione del presente reato la pratica inaccettabilitli

ilcllrì teorica dolla spinta criminosa c~ualesi volle

inorlorrinmentc costruire; c moslrare come i fantor'i

(li qriclln teorica si potigailo in opposizione con Ici

stesso loro maestro. R o m a g n O s i aveva descritto

c.tolile olcmcuto della spinta crimiiiosa Ia sp~i'anzu"~~c i i ~ y~un i t u ;per impunita egli certanrenle non

intoi~devn a salvezza otteilrita con la ruga i la yuulc!

in sb s tesa una pena cbo s'infligge il colpevr>le;e per li% Incita confcssiona del realo rende più fa-cilr: 13 coilclannn del reo. Non puO essere ci6 c4-

dato in xnliiitc di R o m a g n O s i, perchi! B assrirdo

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tlesnmcre dalla accidfintalo puusil~ilitAmaggioru r i

minore della fnga (clie cosa tutta esteriore al

delitto) nn criterio wisnratore dt4a ytimtitit iritrin-

seca del medesimo : ! tale assurdo palpabile. Se

cosi s'intendeese la speranza d' impuniti, nc ver-

rebbe che il reato commesso dall' italiano a Perii-gia sarei~l~eiu grave del deliito commesso dal-

l' italiano a Firenze; perchk di Iri Q pii1 facile fug-

gire che non di qua; uno stesso reato sarebbe piu

grave se commesso presso il conflne di uno Stato

che non rende i delinquenti, [li quello no1 sarebbe

se commesso presso il confine di uno Stato che h:&

stretto con noi largo trattato di estradizione: anzi

tatti i delitti minori pei quali gli Stati limitrofi non

rendono i colpevoli sarebbero per ci8 piC gravi dei

maggiori pei quali i: promessa la coiisegna. Tutte

incoersnze che rovesciano la economia delle pene,

o &e sono inseparabili dal cercare un criterio mi-

suratore del malefizio nelle accidentdita esteriorl.Impossibile attribuir0 al gran de pul~blicista simile

concetto. No: la Znq~u~zZtulella quale esso parla

esprime la ocotcltu~io:one&Zln reilu, il sottrarre il

delitto o il delinquente alla cognizioiic della giusti-

zia; e non già la semplice assicurazioiie dei corpo

ottenata medialile la propahzione del delitto.

Intesa nei vero suo senso la formula rli I?,o iu a-g n o s i resisterebbe pertanto alla prova. della siin

applicazione no1 confronto fra il peculatore ipocrita

ed il pecrrlatorc sfrontato. Ma i discepoli di R o-ri] a g n o s i trovatisi iinpacciati in moltissimi oasi

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nei qunIi il criterio de lh sperata impunitfi non ris-

pondeva alla coscienza univers:ilu, completarono la

teorica con i' altro eleinento dell' anl!(lcilt,e ponendoinnanzi 1 uutl r~clu lul dolinquorite coue criterio mi-

sriratore sapplirono con rluesti~ l bisogno rlello ug-

gravamento in quei casi nei ilciali il criterio della

sperata impunith faceva loro dit'etto : d k questo ci&

che io qui voleva notare per additare h contradi-zione di sifitto sistema. Infatti il liecnlatore ipocrita

oifririi ragione di aumento por la speranza d'im-

punitk che in lu i si accresce a causa dei uiodi ar-tificiosi che troppo spesso nella realta ciella vita rie-

scono a lasciare psilyetuamcnte ignote lo fkodi degli

athwinistratori: il peculaturt! sfrontato offrir& alla

sua volta ragioni di aumento por l' audacia con la

quale consuma il delitto: cusicchb la dottrixia dellaspinta coi'nl)letatn in ta l guisa non presta pii1 ser-vigio nessuno, perclib lo avvicondrirsi dei due criherii

conduce il ccilculo ad un risultato uguale in tutti i

casi, (? per tal guisa diviene negativo ed inutile.

La scuola ontologicn non passeggia fuori del de -

litto pwr trovare i criteiii iuisnr'atori de l rneclesiruo.

Essa stndia l' ente nelle sue intrinseche condiziolii.

11 delitto non b un ente di fatto, ma un ente g h -

~>idico,isultante dalla ctnntr~adizione el fat,to col di-

ritto. Di qu i il pr'irno postulrito irnpretesibile di que-

sta scrioln che nessnn f'dtto p116 dichiararsi reato se

riuii :iggretlisce il Jirittn ; ostulato die non prib con-culcarsi mni tranne da d i i corii'onrln la giustizia con

Itt polizia, e c l il delitto con la trasgressione. Di (lui

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il secondo postulato che la misura della quantità dei

delitti deve desumersi dalla importanza e quantith

dei diritti aggrediti dal colpevole. Queste due for-

mule altrettanto semplici quanto esatte illuminano

da capo a fondo tutta la esposizione delle specialith

criniinose. I1 danno immediato aumentando col suo

crescere la importanza del diritto leso non perde

mai la sua funzione rnisuratrice. I1 danno mediato

non e mai perduto di vista e serve di guida a va-

lutare tutte le circostanze accessorie del reato inquanto con la violazione di un diritto ulteriore o

con 1 aumento del pericolo di ripetizione si aumenti

per opera loro la forza morale oggettiva del male-

fizio recando piu larga o pih profonda ferita alla

opinione della siczc~ezsa.Così non avvi ipotesi nella

quale la teorica di quella scuola manchi a si! stessa

o venga meno ai bisogni della giustizia distribu-

tiva, mentre interdice ogni accesso nella economia

penale a quei due perpetui nemici della buona giu-

stizia che furono e sono le vedute arbitrarie dello'

ascetismo da un Iato e dall'altro lato i calcoli em-

pirici della utilitk. Se vi è formula che possa arro-

garsi il vanto di avvicinare alla esattezza matema-

tica le cliscipline morali tale si it questa. Ora appli-

cata la medesima al tema presente se ne deducono

facilmente le regole, e le ragioni delle regole.

Contemplando la ipotesi del peculntore ipocrita

hisogna innanzi tutto distinguere se il falso o la

simulazione di delitto furono assunte da lui come

mezzo per consztuzat-e il reato, ciob la appropria-

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zione della pecania pubblica, o come mezzo per

nascondere il deIittu, cioè urla appropriazione giir

consumata precedentemente (I).

(1) La ideotificazione dei due casi del falso commesso pe r

eseguire i 1 peculato e del falso commesso per ?wscondere

il peculato gih consumato, è a parer nostro erronea. Quella

distinzione di casi ha radice nel testo romano olle 1. 28 ff. de

f ivl is - ed s i 6Uhripuit priuaquam delent . . . . . . .delendo ndil nd poenam adiicit. Laonde nella pratica to-

sc:ina si ebbe come regola costiinte che il solo falso per e s t -

guire valesse a qualificare il peculalo; ecl i l falso per *m-

soindere non fosse ch e un fabto famulotivo al\' altro. 31O r i ,

perpeirio nemico della dottriria toscana intorno a i reali pe -

dissequi e famiilalivi, volle anche nelt' art . 170 abolire le

nostre osservanze giudicialt, e non si avvide ch e qu i allar-

gava invece 1a teorica dei raati pedissequi e che con abolire

quella distinzione aboliva uno do~ tr inadi P a o l o. Vedesi an -

ch e R a y n a l d o obseru. crim. cnp. 18, n. 6 et seqq.

Nella seconda ipotesi Q repugnanto trovare un

criterio misuratore del peculato proprio nei modi

usati per occultarlo che furono architettati ed esc-

guiti postrriotrraente alla appropriazione. Scientifica-

mente non credo possa patire eccezione il parenliaromano n u n p a m e 8 posi facto crescit prccelwiticriroinis impulatio. Una volta consurrir;to un delitto

osso e tale guale i; non b possibile mutarne pf i

la natura e le condizioni: le accidentalith, successive

possono influire sulla pena, ma il fatto consumato

Bimmutabile. Se per deludere la ginstizia

edoccul-

tarle un delitto giA consumato sì commettano delitti

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uIteriori, qriesti sono fatti nuovi, sono nuovi enti

giuridici che col prirno non hanno altro rapporto

tranne quello d i trovarvi la causa a delinqnere, i ~ i t i

sono figure criuiinasc tutte distinte che non aIte-rano la prima figura; e che vogliono essere definite

e giudicate ciascuna isolahmcntc.

In conseguenza deve pe r questa prima ipotesi

distinguersi fra pecz'4Zato e ~ u o t oi ccassu; perchi!il primo si consuma col distrn.n.e, il secondo col 9,072

dar cogtto. Questa differenza del momento consu-

mativo prbodnc@o efletto che nel vuoto di cassa lo

incendio o il furto siniulato o 1 alterazione dei libri

devono sempre considerarsi come mezzi per fio%

da?- co.nto, e casi memi per coubsua?zcc?.e il delitto

non ancora consumato, e perciò costiluiscono col

medesimo unità giuridica per i fini che fra poca

dir& Ma al contrario il peculato corisumandosi con

la distr(cgio~ee col semplice riso in proprio van-

taggio della specie data in deposito, può avvenire

che il delitto di falsith o simulasiono sia tutto po-

steriore ad nila sottrazione gih conipiutu; ecl allora

repngna immaginare che ad un antecedente già per-

fetto possa servire di mcxso un susseguente. 1)evonoobiettarsi clrie delitti distinti ed eventualmente tre ;

ciob il pecnlato e quindi la falsità a lo incendio o

la simulazione di furto od altro simile che sinsi po-

sto in essere per occultare il delitto precedente-

mento compiuto. Sarebbe lo stosso che se un av-

velenatore per troncare lo indagini della giristiziaesumasso il cadavere della viltima e lo dispordesse :

VOL.VII. 4

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a costui potreste obiettare il veneficio e la viola-

zioiie di sepoltura come due reati distinti, ma noli

potreste clire davvero che la violazione di sepolcro

qual2fica il veneficio come mezzo servito al mede-

sinio. Giudicati e verificati distintamente i titoli con-

correnti dovranno poi nel punirli osservarsi le re-

gole del cuniulo oc1 assorbililento delle pene già al-

trove ( S. 278 e segg. ) esposte, e che qui non oc-

corre ricordare; e dove si accolga la teorica dei

delitti pedisseyui potrà assorbirsi la pena del se-

coniio reato nella pena del primo per questa speciale

corisiclerazione. Ma gli enti giu ridic i sono due.

Nella prima delle suddette ipotesi (che sarà or-

dinaria nel vuoto di cassa e che è eventuale nel

peculato) supponendosi che la falsità a la simula-

zione siano stati 2x8eordinati a consumnfne l delitto

di approliriazione della pecunia pul~blica, irrecu-

sa l~ ile a unificazione giuridica, e così sorg e il biso-

gno della dottrina dei crite rii misuratori. Ma qui

sYiizconira la teorica della prevalenza, la quale per

principio assoluto di ragion e in terdice che si consi-

deri il p& come qualifica del mefio, e vuole che

sempre il nrelzo si calcoli conle qualifica del pii&.Cib

richiede una nuova distinzione di casi.

Se per consuinare il peculato si sarà adoperata

In furZsilb nei pubblici docutnenti la regola della

pre~aleiiz:l ccsk-attanon porta a spostamento nii; d i

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- 91 -cctteg~ili[bn4 d i cZasse; perctib tanto il falso puls-

blico quanto il pecrilato essendo reati sociali, e per-tinenti entiaml~o lla classe contro In yzsfihficct ede,

non vi b ixnportanzn teorica che si dica commesso

un peculato col naszso di f;tJso o pintlosfo un faIso

a fi12e di peculato, e cosi qualificare il peculato in

ragione clel mezzo o piuttosto cjndiflcare il falso in

ragione clel firie. Ma pub esservi ana prevalenza

G ~ ) ? Z C I - ~ ~ G Gn faccia al giudice che sia chiamato a giu-dicare del caso sulle ilorme di un cciclice il cfuale

segni differenze nella rennlit&punendo il falso pii1del peculato o il pccnl:~to pii1 del falso. Allora nella

pratica applicazione rlollc?. teorica dovrh setnpre cle-

frriirsi il titolo secon(2o il fatto pii1 gravemente pu-

nito e trovare nell'altro una circostanza aggravar~te.

Ma se invece il mezzo per consumare i1 peculnto

fu la siin1.clr6siiiolzc di detil'lo non vi anrk neppure

allora spostamento di categoria, percht! saremo scill-

pre nei reati sociali. Vi sarà por9 spostamento di

classe, perchi! la simulazione di delitto perticile ai

reati contro la pul.&lica giustizia rnent~el pocnlato

appartiene alla classe dei reati contro In publilica

fede: ed allora fennn stante l' applicazioric ilella

prevalenza concreta sulla norma delle poiluliti~ eR -

pettivamente minacciate, la intilolaziune cloirrA de-

terminarsi i11 astratto seconilo la importanza. 1nag-

giore della classe.


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