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Proposta di un nuovo modello organizzativo per il Team di Cure...

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Proposta di un nuovo modello organizzativo per il Team di Cure Primarie in Emilia Romagna Bologna, 8 Giugno 2019
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Proposta di un nuovo modello organizzativo per il

Team di Cure Primarie in Emilia Romagna

Bologna, 8 Giugno 2019

F.R.E.R. – F.I.M.M.G. * FEDERAZIONE REGIONALE EMILIA ROMAGNA

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Sommario

Introduzione ............................................................................................................................................................... - 3 -

Rapporto fiduciario ..................................................................................................................................................... - 9 -

Autonomia delle strutture territoriali ...................................................................................................................... - 11 -

Assistenza Territoriale Integrata .............................................................................................................................. - 12 -

Formazione ............................................................................................................................................................... - 16 -

Analisi del fabbisogno ............................................................................................................................................... - 18 -

Analisi d’impatto economico .................................................................................................................................... - 19 -

Conclusioni ............................................................................................................................................................... - 23 -

Bibliografia ................................................................................................................................................................ - 24 -

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Introduzione

Le risorse dedicate alla cronicità e alla fragilità oggi rappresentano una porzione considerevole della spesa

del Sistema Sanitario Nazionale e le previsioni per il prossimo futuro non sono rassicuranti. I dati

demografici presentano una popolazione di Regione Emilia-Romagna che continua ad invecchiare; in

particolare la popolazione dei “grandi anziani”, ovvero gli over 75enni, incide per circa il 13% sul totale dei

residenti (Piano Sociale e Sanitario di Regione Emilia-Romagna, 2017-2019). Intorno a questi pazienti si

delinea dunque la necessità di strutturare nuovi processi di cura e di assistenza, multidimensionali e

multi-professionali, che siano orientati alla gestione proattiva del paziente. Tutto ciò pone la necessità di

ridefinire, da un punto di vista organizzativo, i servizi territoriali con un approccio mirato alla gestione

integrata e condivisa dei pazienti cronici in cui il MMG rimanga il professionista di riferimento per il

singolo paziente. Lo sviluppo della Medicina Associativa diviene lo strumento attuativo della

programmazione sanitaria con conseguente cambiamento strategico del ruolo dell’Ospedale chiamato a

diventare sempre più specializzato e tecnologicamente attrezzato per la cura delle malattie acute.

La motivazione che spinge alla stesura della presente proposta è sicuramente la volontà di migliorare

quanto già in essere in Regione Emilia-Romagna in tema di assistenza alla cronicità - fragilità, con

l’obiettivo di favorire soluzioni organizzative in linea con il paradigma della medicina d’iniziativa. La

natura di lenta ma progressiva evoluzione delle patologie croniche richiede una strategia di gestione

preventiva del paziente, tesa ad anticipare il bisogno di salute prima che si instauri la malattia o si

verifichino episodi di aggravamento. In tal senso, la proposta intende puntare ad una valorizzazione

dell’assistenza in un’ottica di programmazione del percorso di cura e di gestione attiva del soggetto

cronico e fragile.

Le strutture ospedaliere e i Pronto Soccorso in particolare, diventano spesso per i cittadini punti di

riferimento per necessità che potrebbero trovare più semplice risposta in altre strutture del territorio, se

queste fossero meglio ridefinite. Si è giunti infatti ad un incremento degli accessi, spesso inappropriati

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(Documento Policy Statement SIMEU: sovraffollamento dei Pronto Soccorso), in conseguenza di alcuni

fattori tra i quali:

- Convinzione del cittadino di ottenere diagnosi e un inquadramento clinico terapeutico migliore in

tempi brevi;

- Ruolo di “rete di sicurezza” rivestito dal pronto soccorso per le categorie di popolazione che sono

socialmente deboli.

La crescente complessità della domanda di salute esige quindi un cambio del paradigma di cura e, al

contempo, un visione sistemica del sistema assistenziale in cui il fabbisogno di cura del paziente trovi

espressione nel setting assistenziale più appropriato. Già le Linee guida del Ministero della Salute in tema

di riduzione degli accessi impropri nelle strutture di emergenza e miglioramento della rete assistenziale

territoriale (Ministero della Salute, 2009) rilevavano come sul totale degli accessi al pronto soccorso, una

quota importante presentasse quadri clinici che avrebbero potuto essere trattati e risolti adeguatamente

a livello territoriale.

In materia sarebbe comunque utile un approfondimento specifico che parta dalla necessità di mettere in

discussione, da un lato l’equivalenza tra il concetto di non urgenza e di non appropriatezza dell’accesso

(Mengoni 2007), mentre dall’altro andrebbe posta attenzione alla non uniformità delle scale di triage

utilizzate nelle varie esperienze e dalle diverse figure deputate alla definizione del livello di urgenza.

È pertanto necessario definire un nuovo modello organizzativo - gestionale orientato al superamento

della logica ospedale-centrica in favore della promozione della medicina territoriale. Uno sforzo è già

stato fatto in questi anni e ha portato ad un trend decrescente dei ricoveri ospedalieri, che nel 2017

rispetto al 2016 risultano essere stati oltre 171 mila in meno (-2%) (rapporto SDO, 2017), con una presa in

carico territoriale che è sempre più efficace. “Tutto questo nonostante i Medici della Medicina di Famiglia

siano chiamati a combattere con armi spuntate”, cita in un’intervista il segretario Generale FIMMG.

Oggi, infatti, le strutture territoriali risultano essere povere o addirittura prive di risorse utili alla

diagnostica strumentale, radiologica o di laboratorio; oltre a ciò, la scarsa presenza in luogo di specialisti

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rende tali strutture non ancora in grado di fronteggiare appieno il bisogno di salute dei cittadini a livello

territoriale.

Ormai è difficile “negare”, proprio al fine di evitare ricoveri o accessi inutili al PS, una RX o un prelievo

ematico: è arrivato il momento di disegnare modalità innovative di presa in carico, che possano, da un

lato, fornire agli utenti risposte tempestive, e dall’altro permettere agli operatori di aver a disposizione, in

tempi brevi, tutte le risorse necessarie per lavorare in modo appropriato e far fronte alle possibili

casistiche.

In questo scenario dovrà essere centrale il ruolo delle cure primarie che, organizzate in strutture

territoriali autonome e multidisciplinari, saranno deputate alla presa in carico del paziente e alla

continuità dell’assistenza nel tempo e nei livelli di cura.

In un processo congegnato secondo i nuovi criteri, una volta individuati i bisogni del paziente, gli verrà

prestata assistenza continuativa nelle 24 ore coinvolgendo ora l’ospedale, ora le strutture territoriali,

utilizzando ove necessaria l’assistenza a domicilio, con un occhio anche alle altre strutture di Cure

intermedie (hospice, RSA …).

Attraverso la gestione integrata ospedale-territorio, già sperimentata in regione Emilia-Romagna ad

esempio per i pazienti diabetici, si auspica di offrire una adeguata risposta ai bisogni sociosanitari delle

popolazioni a rischio ospedalizzazione, migliorando la qualità delle cure, riducendo in modo significativo

gli accesi al Pronto Soccorso e i ricoveri evitabili. A tal proposito, in letteratura, si possono individuare

studi che dimostrano l’efficacia dei modelli associativi di cure primarie sul territorio relativamente alle

malattie croniche (Bodenheimer et al., 2002; Olivarius, 2001), e anche l’elevata qualità dell’assistenza

offerta nel quadro di tali modelli (Solberg et al., 2009). Inoltre, alcuni studi dimostrano performance

migliori per associazioni di medici rispetto ai singoli MMG (Mannino et al., 2009). E’ nostra convinzione

che la più “diretta” collaborazione tra MMG e specialisti territoriali indotta dai nuovi modelli organizzativi

porterà ad una riduzione delle consulenze specialistiche e, conseguentemente, delle liste d’attesa.

Il nostro obiettivo è quello di passare da una “Medicina d’attesa”, dove il bisogno si trasforma in

domanda, a una “Medicina d’iniziativa” che mira ad anticipare il bisogno e a scongiurare l’insorgere o

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l’aggravamento della malattia. Ciò richiede di sviluppare un approccio “proattivo” e integrato tra il

personale sanitario e i pazienti stessi, nonché tra i familiari e i care-giver.

Certamente tutto questo non può realizzarsi senza un solido contesto organizzativo che potrà realizzarsi

implementando in modo concreto le forme associative della medicina generale e l’attuale organizzazione

dei Nuclei di Cure primarie.

Approccio proattivo significa, per esempio, prevenire le dimenticanze, tanto comuni soprattutto fra gli

anziani. Prevedere un servizio di richiamo attivo, di supporto all’effettiva attuazione dei controlli periodici

medici ed infermieristici, significa dotare la medicina generale di personale amministrativo qualificato

dedicato a queste attività e per queste organizzato. Tale servizio dovrebbe essere flessibile e dovrebbe

tararsi dinamicamente in funzione del numero di pazienti cronici presi in carico .

Il modello di riorganizzazione qui proposto è finalizzato alla gestione del paziente nella sua complessità,

grazie a un’offerta assistenziale integrata che lo coinvolge in prima persona nel processo decisionale. Il

coinvolgimento attivo del malato nella programmazione del percorso di cura è uno snodo fondamentale

del disegno organizzativo. La responsabilizzazione del paziente, tramite la partecipazione attiva alla

pianificazione del proprio processo di cura, esercita una costante tensione all’autogestione della malattia,

che agevola il percorso di presa in carico nel lungo termine.

Le strutture territoriali dovranno essere il luogo in cui favorire il coinvolgimento dei professionisti e la loro

integrazione, l’appropriatezza, la sicurezza, la trasparenza e la sostenibilità delle attività sanitarie e

socioassistenziali, puntando sulla centralità del paziente e sul forte radicamento nella comunità locale.

In questo modo è possibile approcciarsi in modo più adeguato ai bisogni del cittadino, offrendo anche un

servizio al paziente fragile nel proprio ambiente sociale, senza costringerlo a percorsi gravosi per lui, per i

suoi cari e per la comunità.

I punti qualificanti della proposta sono i seguenti:

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1. Consolidamento del rapporto di fiducia tra il MMG e il paziente: il MMG avrà il ruolo di

coordinatore dell’assistenza sanitaria di primo livello, di integrazione dei servizi sanitari e sociali e

il ruolo di primo attore nella risposta alla domanda legata ai bisogni di salute della popolazione;

2. Autonomia gestionale ed economica: al fine di garantire i servizi necessari e di annullare gli

sprechi, riteniamo utile predisporre processi di rendicontazione chiari e monitorati in modo da

conferire alla struttura e ai professionisti più autonomia e responsabilità. L’idea è quella di definire

una struttura territoriale in cui sviluppare il sistema a risorse crescenti di progressiva presa in

carico proattiva e precoce dei malati cronici, tramite la sanità d'iniziativa. Sarà anche necessario

identificare strutture dedicate alla attività di diagnostica di 1° livello in modo da dare ai medici

risposte tempestive senza dover ricorrere a ricoveri inappropriati.

3. Assistenza territoriale integrata: comunicazione tra i vari professionisti attraverso

l’implementazione di percorsi integrati fra ospedale e territorio; a tal proposito potrebbe risultare

utile l’integrazione con le farmacie del territorio soprattutto nelle zone rurali; l’Assistenza

Domiciliare Integrata (ADI), così come l’hospice e i diversi servizi socioassistenziali erogati dai

diversi comuni, devono essere inseriti in questo contesto in maniera sinergica

4. Formazione: il diffondersi a livello territoriale di un sistema di Cure intermedie dovrà orientare sia

i programmi del Corso di Formazione specifica in medicina generale sia i momenti di Formazione

continua ECM. La multi-professionalità e la collaborazione continuativa di servizi e strutture

diverse, impongono anche momenti formativi nuovi. Attraverso la formazione si dovrebbe

mettere in luce la centralità della rete come modalità organizzativa che premia e valorizza le

professionalità garantendo al contempo un coordinamento degli interventi basato sulla

conoscenza clinica degli assistiti.

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L’attuazione di un tale modello richiede sicuramente un forte investimento iniziale in termini sia

economici che di mobilitazione di risorse umane. È indubbio però che, oltre ad un evidente ed immediato

vantaggio per la salute dei cittadini, il modello permetterebbe una razionalizzazione della spesa e un suo

stabile assestarsi, nel tempo, su livelli di sostenibilità. La medicina di iniziativa dovrebbe infatti tradursi in

una riduzione progressiva degli interventi e dei costi legati a eventi gravi o invalidanti.

La programmazione regionale dovrà dunque tendere a una logica di continuità assistenziale puntando sul

progressivo potenziamento delle strutture territoriali; queste dovranno essere adeguate al fabbisogno

odierno dei pazienti cronici e in grado di interagire con le strutture ospedaliere. La necessità di garantire

la sostenibilità della spesa sanitaria impone al SSN una radicale revisione dell'intero modello assistenziale

e della rete ospedaliera, così come anche richiesto dalla “spending review”, attraverso la riorganizzazione

e il rafforzamento della medicina territoriale.

Figura 1 - I pilastri fondamentali della riorganizzazione

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Rapporto fiduciario

Il punto di partenza della presente proposta di riorganizzazione territoriale è la ridefinizione e la

valorizzazione del ruolo del Medico di Medicina Generale in quanto punto di primo contatto medico del

sistema sanitario. I MMG sono e dovranno essere anche in futuro i medici di fiducia del singolo utente,

garanti della coerenza, dall’inizio alla fine, dell’erogazione di cure appropriate, integrate e continuative a

ogni singola persona; solo il MMG è in grado di sviluppare un’attenzione stabile nel tempo e capace di

seguire l’evoluzione dell’individuo, della sua famiglia e della comunità alla quale appartengono. Il MMG

ha le caratteristiche ideali per essere il gestore del paziente cronico. Non solo, il MMG è anche l’unica

figura medica del Servizio Sanitario Nazionale con il quale si crea un rapporto fiduciario e stabile nel

tempo, elemento fondante e insostituibile della presente proposta. In quest’ottica il MMG, scelto dal

cittadino, deve essere oltre che “l'arruolatore” anche e soprattutto il responsabile clinico terapeutico del

singolo caso preso in carico, anche quando la complessità del caso stesso preveda interventi medici multi-

professionali (specialisti di riferimento) oppure competenze infermieristiche. La gestione dei diversi

aspetti in cui si articola l’assistenza sanitaria del paziente viene affidata a un unico soggetto gestore

individuato nella figura del MMG, che si occuperà di:

coordinare gli attori coinvolti nella gestione della patologia;

gestire virtualmente le fasi dell’assistenza, in base alle risorse messe a disposizione;

garantire le necessarie competenze di tipo amministrativo, organizzativo e gestionale;

esercitare un ruolo di garanzia a duplice valenza: da una parte, per il cittadino, la garanzia di avere

accesso alle migliori opzioni per la tutela della sua salute in strutture vicine, se possibile o lontane,

se necessarie; dall’altra parte il MMG offrirà al servizio sanitario, la garanzia di individuare e

prendere in carico il cittadino a rischio cronicità nei tempi e nei modi più adeguati.

Ogni MMG dovrà individuare i pazienti che necessitano di uno specifico percorso di cura ed elaborare il

relativo Piano di Assistenza Individuale (PAI); sarà quindi compito del personale amministrativo inserire

nella programmazione delle attività del Team il richiamo attivo dei pazienti, i controlli medici, i supporti

infermieristici necessari, oltreché la redazione del report periodico di attività per l’ASL di competenza.

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I MMG sono un punto di riferimento imprescindibile, soprattutto per la categoria dei pazienti cronici, che

necessita di un controllo e monitoraggio continuo della situazione patologica. Difatti il mondo della

cronicità è un’area in progressiva crescita che comporta un notevole impegno di risorse sia umane che

economiche, richiedendo continuità di assistenza per periodi di lunga durata e una forte integrazione dei

servizi sanitari con quelli sociali, necessitando di servizi capillari sul territorio. Attualmente la discontinuità

di gestione del paziente cronico che si può verificare tra l’ospedale, la medicina specialistica e la medicina

di famiglia, rappresenta una delle maggiori criticità del processo di cura, una criticità che può

comprometterne l’efficienza e l’efficacia, inclusa la duplicazione di prestazioni e altri sprechi di risorse.

In questo schema concettuale risulta fondamentale l’inserimento di un soggetto di raccordo tra il

paziente e l’unità di offerta, con il compito di facilitare il percorso di cura nonché con ruolo di sostegno

nell’implementazione del programma di cura predisposto per l’utente.

In tal senso, il modello del “care manager” andrebbe revisionato, distinguendo nettamente l’aspetto

amministrativo (delegabile a dipendenti) da quello espressamente clinico, che riferisce naturalmente alle

competenze del Medico di Medicina Generale.

La gestione della cronicità e della fragilità (accanto alla domiciliarità là dove necessaria) rappresenta e

rimane una delle attività più rilevanti del MMG, sebbene non ancora ottimizzata, e trova nella Medicina

Generale il luogo più idoneo per una presa in carico appropriata (Lauri et al, 2013).

Tutto questo richiede la definizione di un nuovo modello organizzativo capace di favorire aggregazione,

garantire continuità e offrire livelli alti di flessibilità senza compromettere il rapporto fiduciario e

l’autonomia professionale. Nel percorso di definizione tale modello non potrà mancare una riflessione

circa gli ostacoli derivanti dalle differenze di stato giuridico tra i MMG e le altre figure attualmente

operanti sul territorio. L’attuale organizzazione vede Medici convenzionati a rapporto fiduciario, Medici

convenzionati con rapporto orario, Infermieri in gran parte dipendenti inseriti in contesti gerarchici ASL,

servizi sociali con rapporto di dipendenza dai Comuni … Tutto questo non può che essere di evidente

ostacolo al costituirsi di interazioni positive e fattive. Per quanto ci riguarda, la strada non potrà essere

quella, da taluni auspicata, di trasformare lo stato giuridico dei MMG da liberi professionisti convenzionati

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a dipendenti. La libera scelta del proprio medico da parte del cittadino è un momento fondante del

servizio oggi esistente. Sostituirla con il sistematico ricorso del singolo alla struttura imporrebbe vincoli e

caratteristiche tipici del poliambulatorio o dell’ospedale spostando così il focus dal sistema-paziente (con

tutta la sua storia clinica e sociale) alla frammentazione delle malattie che egli manifesta di momento in

momento. Inutile ripetere che ciò cambierebbe radicalmente le fondamenta del servizio esistente.

Nel modello proposto pensiamo sia anche indispensabile riflettere sul tipo di relazioni professionali e di

rapporto di lavoro che dovrà intercorrere in particolare tra i Medici di medicina generale e gli Infermieri.

Questi ultimi, infatti, per essere concretamente parte integrante del Team di Cure primarie dovrebbero

avere un rapporto di lavoro definito con il Team stesso o avere almeno lo stato giuridico di professionisti

convenzionati. Diversamente l’appartenenza a sistemi gerarchici ed organizzativi molto diversi, non potrà

che essere fonte di difficoltà poco superabili.

Autonomia delle strutture territoriali

In questa cornice operativa, il presente documento intende affiancare ad una proposta di carattere

gestionale anche un intervento di natura più prettamente strutturale, legato alla definizione dell’ambito

di autonomia delle strutture territoriali. In tal senso, la presente proposta incoraggia una modellizzazione

delle unità territoriali in linea con le caratteristiche di autonomia economico-finanziaria e gestionale che

competono ad altre articolazioni organizzative delle Aziende Sanitarie, ossia:

Autonomia economico-finanziaria: ogni struttura territoriale godrebbe di un volume di risorse

assegnato in funzione degli obiettivi di salute e dei livelli programmati di attività, con

consolidamento della relativa contabilità nel bilancio dell’ASL di riferimento;

Autonomia gestionale: ogni struttura locale avrebbe margine di gestione sui programmi di

assistenza precedentemente concordati con l’Azienda Sanitaria di concerto con il Distretto, nel

rispetto dei piani di zona e della domanda di servizi espressa dai Comuni.

Fornire autonomia economica e gestionale alle strutture territoriali risulta essere un’azione indispensabile

per il raggiungimento degli obiettivi di salute in modo da garantire una forte connotazione organizzativa e

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valorizzare la riorganizzazione della medicina nel territorio (Maciocco G, 2002). Le principali novità della

presente proposta riguardano i servizi di Assistenza Primaria relativi alle attività sanitarie e sociosanitarie,

il coordinamento delle attività territoriali con quelle dei dipartimenti e dei servizi aziendali, la progressiva

disponibilità di risorse autonome in base agli obiettivi di salute della popolazione

Da questo punto di vista pensiamo sia ottimale predisporre un’organizzazione territoriale autonoma che

si sviluppi nel contesto degli studi dei Medici di famiglia e delle loro forme associative con un budget

dedicato ed incrementabile in base a precisi obiettivi di salute. Bisognerebbe quantificare e stanziare delle

risorse da mettere a disposizione della suddetta organizzazione, per dotarsi di personale di studio

appositamente formato, strumenti di diagnostica, risorse informatiche, risorse tecnologiche, consulenze

specialistiche e soprattutto personale infermieristico.

Alcune prestazioni diagnostiche che potrebbero essere erogate dalla medicina generale di base:

Emocromo;

Proteina C reattiva;

Spirometria;

Ecografia generalista in ambito NCP;

ECG, tele refertazione;

Dietologia con programmi a carattere educazione alimentare (dislipidemia iperuricemia …);

Educazione agli stili di vita;

Rinnovo delle esenzioni ticket;

Organizzazione delle valutazioni specialistiche programmate;

Assistenza Territoriale Integrata

Il modello organizzativo di assistenza ai pazienti cronici e fragili proposto sarà mirato a ridurre la

frammentazione dell’erogazione dei servizi attraverso il coordinamento e la continuità dell’assistenza.

Quest’ultima, dalla prospettiva dell’erogatore del servizio, deve essere vista come un’articolata

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sequenza di attività da parte del team multidisciplinare operante nei diversi setting all’interno della

struttura territoriale, che permettano il procedere corretto e tempestivo di un programma attraverso:

- Lavori di gruppo

- Condivisione e rispetto dei PDTA concordati

- Registrazione dei dati clinici accessibili ai professionisti.

Nello specifico, la presente proposta assume come centrali i seguenti aspetti:

Continuità del rapporto di cura: progressione continua dell’assistenza in relazione ai bisogni di

salute emergenti del paziente cronico, in un’ottica di organicità di sviluppo e gestione del

percorso di cura;

Comunicazione: dialogo costante tra soggetti istituzionali e professionisti che afferiscono ai

diversi setting assistenziali, in un’ottica di valutazione multidimensionale del bisogno di

assistenza e cura del paziente cronico;

Coordinamento dell’azione di cura: coordinamento delle azioni diagnostico-terapeutiche

secondo una strategia d’intervento unitaria, ed il più possibile individualizzata per rispondere

efficacemente al bisogno di cura manifestato.

L’assistenza Territoriale Integrata così intesa nella presente proposta avrà l’obiettivo di far maturare i

rapporti di collaborazione tra i team di professionisti coinvolti, flessibilizzando l’organizzazione del

lavoro interno dell’unità d’offerta e agevolando l’ottimizzazione delle risorse e del personale di

supporto condiviso.

Si andrà dunque a costituire un team territoriale che avrà il suo punto di forza nell’essere tutti inseriti

in una rete clinica informatica, dedicata ai pazienti presi in carico, dove, con un accesso condiviso dei

dati, si potranno assicurare reali percorsi di presa in carico e di assistenza H24.

Il modello di assistenza a cui si è deciso di far riferimento per la presa in carico del paziente è il

Chronic Care Model (CCM), modello di assistenza medica dei pazienti affetti da malattie croniche

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sviluppato dal professor Wagner e dai suoi colleghi del McColl Insitute for Healthcare Innovation

(Kaiser permanente), basato su un approccio integrato e coordinato dal medico con l’obiettivo di

superare la frammentazione tra gli interventi effettuati dagli operatori, in tempi e spazi diversi. Tale

modello individua in modo puntuale le variabili fondamentali che rendono possibile un approccio

sistemico alle malattie croniche, creando un’organizzazione e dei meccanismi che promuovano

un’assistenza sicura con elevata qualità. Il modello prevede una definizione delle prestazioni, delle

attività e dei servizi resi all’interno di percorsi assistenziali. Nonostante il Chronic Care Model, abbia

origine nel contesto Nord-americano, l’efficacia del modello, in termini di miglioramento

dell’assistenza alla cronicità, è spendibile anche nella nostra realtà. Si rendono però necessari

adattamenti che tengano in giusto conto le differenze relazionali economiche e sociali di realtà poco

paragonabili. Diversamente, infatti, dal contesto Nord-americano, le nostre comunità sono

caratterizzate da maggiore stanzialità, sono interessate a relazioni stabili, durature e fiduciarie con i

professionisti, il tutto nell’ambito di un sistema universalistico e non assicurativo. Gli esiti di salute e

di costo del sistema al quale apparteniamo sono tali da non poter essere messi in discussione. Nel

cogliere, quindi, quanto di positivo ci viene dalle realtà di oltre-oceano non possiamo perdere di vista i

valori ed i risultati che, in Italia ed in Emilia-Romagna, si sono realizzati con la prevenzione primaria

proprio sulla cronicità (e.g. drastica riduzione della mortalità e morbilità cardiovascolare nella

provincia di Bologna nell’ultimo decennio). Oggi siamo chiamati a migliorare il sistema mediante una

organizzazione in rete degli erogatori di assistenza, con l’obiettivo di supportare il paziente nel suo

iter di cura attraverso i diversi livelli di assistenza necessari. Si tratta, cioè, di ridisegnare l’offerta

assistenziale, in un’ottica d’integrazione tra i diversi setting di cura, di cui il Medico di Medicina

Generale costituisce il cardine. Questo al fine di realizzare non solo un più adeguato approccio ai

bisogni del cittadino ma anche una riduzione dei ricoveri e delle spese associate. Riprodurre gli

elementi di efficacia di tale modello nel contesto territoriale di Regione Emilia-Romagna, in modo da

privilegiare una visione più integrata dell’offerta caratterizzata da nuove modalità organizzative e con

l’intermediazione di figure vicine ai pazienti e ai caregiver, diviene un elemento strategico per

migliorare la qualità dell’assistenza (Nalin et al, 2015). Considerando che il 25,2% della popolazione

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adulta è affetta da malattie croniche (982.768, come riportato nel Piano Sociale e Sanitario di Regione

Emilia-Romagna 2018) il modello prevede un risparmio di 13.758 ricoveri ripetuti.

Assicurare la continuità assistenziale implicherà l’implementazione di percorsi integrati fra ospedale e

territorio; fra i servizi territoriali, una particolare attenzione spetta alle farmacie; queste dovranno

essere integrate all’interno del Servizio Sanitario e incentivate al potenziamento dei servizi offerti.

Esse dovranno avere un ruolo importante contribuendo al miglioramento dell’assistenza domiciliare

integrata (ADI), anche attraverso l’organizzazione di un metodico supporto al MMG nel monitoraggio

delle terapie… L’obiettivo può essere quello di sostenere questo ruolo delle farmacie, soprattutto

fuori dai centri urbani, e di rinforzare la capillarità territoriale delle stesse favorendo la sanità di

prossimità intesa come un sistema di servizi diffuso capillarmente di facile accesso ai cittadini, in

grado di contribuire a mettere a disposizione, su prescrizione, prestazioni di tipo diagnostico in tempi

brevi e con costi contenuti. Il mutare delle caratteristiche delle farmacie, sempre più presidio

territoriale sanitario, potrà facilitare lo strutturarsi di una organizzazione territoriale innovativa anche

per mezzo di condivisione, con i MMG, del personale amministrativo e/o infermieristico

(codatorialità). Compliance alle terapie croniche, adesione agli screening, programmi di prevenzione,

gestione dei presidi, etc… sono tutti momenti in cui si potrebbero realizzare importanti sinergie

assistenziali con la Medicina generale.

Lo sviluppo della medicina territoriale diviene dunque lo strumento attuativo della programmazione

sanitaria, capace di veicolare un cambiamento strategico anche nel ruolo dell’Ospedale, chiamato a

diventare sempre più specializzato e tecnologicamente attrezzato per la cura delle malattie acute.

Altro fattore importante in questo contesto è sicuramente il coordinamento, la comunicazione e la

condivisione di informazioni tra i soggetti professionali che afferiscono ai differenti setting

assistenziali nel percorso di cura del paziente. Informazioni che riguardano non solo la condizione

clinica, ma anche le preferenze, le caratteristiche personali e di contesto, utili ad assicurare la

rispondenza al bisogno di salute; la comunicazione potrà essere realizzata attraverso un’azione

complementare temporalmente coordinata e integrata dei servizi/professionisti coinvolti nel sistema

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di offerta assistenziale. L’esigenza di conciliare la necessità della presenza di prossimità dei

professionisti della salute con la centralizzazione del coordinamento organizzativo e la multi-

professionalità, impone uno sviluppo adeguato della ICT (Information and Communications

Technology). Da questo punto di vista la tecnologia, l’innovazione digitale e le piattaforme

collaborative come Documenti Google (Google Drive), Microsoft Office 365, SharePoint e OneDrive,

strumenti a oggi disponibili sul mercato, sono opportunità per realizzare nuove e moderne forme di

cooperativismo. La Regione Emilia-Romagna dispone, specialmente sul territorio, di una piattaforma

informatica (S.O.L.E.) che può e deve implementare le funzioni indispensabili al funzionamento del

progetto portando un miglioramento da un punto di vista di standardizzazione degli output di

comunicazione o di software utilizzato.

La informatizzazione è oggi uno strumento insostituibile per migliorare e sostenere i progetti di

assistenza e per elaborare e rendicontare i passaggi assistenziali ma nonostante lo sviluppo avvenuto

risulta ancora troppo rigida, manca di “ umanita “ e non è ancora disponibile facilmente per tutte le

fasce di popolazione assistibili. Per questo bisogna far emergere la consapevolezza che uno strumento

non può e non potrà mai essere sostitutivo di quella parte importante dell’assistenza che è la relazione

umana fra cittadini e professionisti

Formazione

L’ultimo punto cardine della seguente proposta è la parte di formazione rivolta a tutti i professionisti;

la multi-professionalità e la collaborazione continuativa di servizi e strutture diverse, impongono

momenti formativi nuovi e talvolta comuni.

La formazione e l’aggiornamento rappresentano il presupposto e l’asse strategico fondamentale per

far sì che la sanità di iniziativa, basata sulla proattività, possa essere sperimentata e applicata in modo

omogeneo e continuativo sul territorio. Da questo punto di vista si riporta l’articolo 5 del Patto per la

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Salute 2014-2016 che sancisce che “per un efficientamento del settore delle cure primarie, si conviene

che è importante una ridefinizione dei ruoli, delle competenze e delle relazioni professionali con una

visione che assegna a ogni professionista responsabilità individuali e di equipe su compiti, funzioni e

obiettivi, abbandonando una logica gerarchica per perseguire una logica di governance responsabile

dei professionisti coinvolti prevedendo sia azioni normativo/contrattuali che percorsi formativi a

sostegno di tale obiettivo” .

L’idea è quella che l’attività formativa deve essere rivolta a tutte le figure professionali coinvolte in un

approccio integrato all’assistenza sociosanitaria. Per ottimizzare l’attività risulta necessario

supportare gli operatori attraverso interventi formativi specifici, di tipo integrato e multidisciplinare,

per favorire la costruzione di gruppi di lavoro che garantiscano omogeneità nelle risposte assistenziali

e appropriatezza negli interventi sugli utenti. La formazione continua deve riguardare sì il personale

che opera sulla realtà territoriale e che garantisce il livello di assistenza distrettuale, ma anche quello

ospedaliero coinvolto nei PDTA, che va coinvolto in modo integrato, prevedendo eventi formativi

congiunti per le diverse figure professionali.

Si va dunque sostituendo all’approccio tradizione del medico “singolo” una concezione di associazione

e di team multiprofessionali che permetta di ampliare le capacità di intervento dei medici di medicina

generale e migliorare la qualità dei servizi.

Durante il Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale si raccomanda un focus specifico su

argomenti, quali:

Il ruolo del MMG quale coordinatore dell’assistenza sanitaria di primo livello, in particolare

dell’assistenza rivolta ai pazienti cronici;

L’Assistenza Sanitaria Territoriale;

Sistemi informatizzati per la continuità informativa tra MMG e i vari nodi della rete di servizi di

assistenza territoriale e ospedaliera;

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Algoritmi per l’identificazione delle persone a rischio (e.g.: profili di Rischio di Fragilità, lettura

integrata del rischio cardiovascolare);

Ecc.

Il Tirocinio Pratico dovrà inoltre garantire al Medico in Formazione la possibilità di sperimentare sul campo il

ruolo del MMG all’interno dei nuovi modelli organizzativi.

Analisi del fabbisogno

In questa architettura concettuale, la presente proposta sollecita anche una riflessione

sull’opportunità di avviare un percorso di puntuale valutazione della domanda di salute espressa dal

territorio. L’attività, infatti, contribuirebbe a far convergere il più possibile l’offerta delle unità

territoriali sul reale bisogno di assistenza, permettendo di calibrare l’effettivo fabbisogno di servizi.

In particolare, l’analisi dovrebbe prevedere una preventiva ricognizione dei bisogni trasversali alle

diverse aree territoriali, ed intensificare quelle unità d’offerta territoriale che raccolgono bacini

d’utenza con bisogni di accesso e disponibilità temporale dei servizi più critici. Ciò permetterebbe una

maggiore equità nella distribuzione dei servizi, disincentivando accessi non appropriati a strutture di

secondo livello.

La qualificazione dei bisogni distintivi per territorio di riferimento permetterebbe di realizzare

un’effettiva capillarità dell’assistenza, offrendo l’opportunità di graduare più accuratamente

l’autonomia gestionale delle strutture territoriali.

La caratterizzazione della domanda di salute per specifico ambito territoriale consentirebbe, inoltre,

di potenziare le sinergie tra le professionalità coinvolte nella gestione del paziente, in particolare di

quello cronico, valorizzando ulteriormente il ruolo di conduttore del percorso clinico assistenziale del

malato e di coordinatore dell’assistenza sanitaria di primo livello assunto dal Medico di Medicina

Generale.

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Nello spirito della presente proposta, che raccoglie gli indirizzi strategici formulati dal Piano Nazionale

della Cronicità (Ministero della Salute, 2016), la mappatura dei bisogni di salute andrebbe

operativamente avviata in un’ottica “person-centred”, ovvero tale da cogliere la natura

multidimensionale dello stato di salute nel tempo.

L’individuazione dei bisogni di salute e, conseguentemente, la segmentazione della popolazione,

dovrebbe cogliere l’informazione sulle co-morbidità associate, che non trovano adeguata

valorizzazione in meccanismi di stratificazione della domanda in logica “disease-based” (Sollis, 2018).

In tale logica di aggregazione, il modello organizzativo proposto nel presente documento

beneficerebbe così di uno strumento di supporto anche per valutazioni di carattere prospettico. La

mappatura dello stato epidemiologico territoriale consentirebbe di intercettare fasce di utenti non

ancora “fruitori” dei servizi integrati, ma potenzialmente a rischio, abbracciando così completamente

la logica di gestione proattiva della salute promossa dal paradigma della medicina d’iniziativa.

Analisi d’impatto economico

Nel panorama sanitario, contraddistinto da permanenti riesami della spesa, il tema dell’ottimizzazione

degli investimenti fondata su evidenze il più possibile oggettive e referenziate è divenuta elemento

irrinunciabile e fondamentale ai fini della strutturazione di un modello territoriale.

In questo senso, in sanità sono sempre più impiegate metodiche di valutazione specifiche, come ad

esempio la Budget Impact Analysis (BIA).

Questa tecnica di analisi ha l’obiettivo di stimare gli effetti finanziari di un cambiamento organizzativo

“all’interno di uno specifico setting o sistema”, contraddistinto da risorse limitate (Mauskopf, 2007;

Sullivan, 2014).

La BIA risulta essere un valido supporto ai “decision/policy maker”, per prendere delle decisioni sia

evidence-based sia efficaci.

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Tale strumento possiede diversi fini:

prevedere e stimare l’impatto sulla spesa legato ad una modifica dell’organizzazione;

pianificazione ed ottimizzazione del budget futuro;

Costituire uno strumento utile a valutare scenari alternativi di evoluzione della spesa a

fronte di scelte diverse di rimborsabilità o meno di alcune prestazioni.

Viene precisato che tale valorizzazione economica è a titolo indicativo ed i valori economici

costituiscono una proiezione degli eventuali risparmi legati alla riduzione del numero di accessi in

pronto soccorso e alla riduzione del numero di ricoveri che il modello di associazionismo territoriale

può generare. È evidente però che tutto ciò richiede non solo la conoscenza del mercato e del

contesto territoriale in cui si opera, ma anche la capacità di adattarsi a metodi, modelli e competenze

multidisciplinari.

In quest’ottica, lo strumento della Budget Impact Analysis deve fornire un modello di calcolo in grado

di:

essere coerente e opportuno per l’intera popolazione presa in esame;

far capire la relazione intercorrente tra le caratteristiche peculiari del contesto in esame e

l’impatto sul budget (Mauskopf, et al., 2007).

Alla luce di quanto descritto, l’obiettivo generale del presente paragrafo è quello di quantificare i

potenziali impatti dell’introduzione del modello proposto di riorganizzazione territoriale. Per il

raggiungimento dell’obiettivo, effettueremo di seguito una valutazione comparativa fra la situazione

attuale (“as is”) ed una in cui il modello proposto venga applicato in Regione (“to be“).

Sono state valutate le seguenti voci di contesto e comparative

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Abitanti regione Emilia-Romagna (Piano sociosanitario 2017)

% Popolazione cronica (Piano sociosanitario 2017)

Numero accessi in Pronto soccorso (Piano sociosanitario 2017)

Numero di ricoveri (Piano sociosanitario 2017)

Numero medici di Medicina Generale (Piano sociosanitario 2017)

% riduzione del numero di accessi in PS (Modello organizzativo territoriale di iniziativa)

% riduzione del numero di ricoveri (Modello organizzativo territoriale di iniziativa)

Spesa pro-capite ricoveri ospedalieri (Modello organizzativo territoriale di iniziativa)

Spesa pro-capite pronto soccorso (Modello organizzativo territoriale di iniziativa)

VOCI VALORE

Abitanti Emilia-Romagna 4.460.580

Cronici 30%

Ricoveri 767.507

% Riduzione Ricoveri (to be) 4,50%

Nr. Accessi in PS 1.857.137

% Riduzione Accessi 7,09%

€/ricovero € 1.197,37

€/ accesso in PS € 241

1 ANNO di Attività Ricoveri Pronto Soccorso TOTALE

Spesa complessiva AS-IS € 918.989.856,59 € 447.570.017 € 1.366.559.873,59

% Riduzione Ricoveri 4,50% 7,09%

Minore spesa per Ps e Ricoveri € 41.354.543,55 € 31.732.714,21 € 73.087.257,75

Spesa complessiva TO BE € 877.635.313,04 € 415.837.302,79 € 1.293.472.615,84

Alla luce di quanto illustrato, si riscontra come da una situazione as-is ad una situazione in cui il

modello territoriale proposto venga applicato, il sistema potrebbe generare un risparmio economico

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annuale stimato pari a € 73.087.257,75 senza considerare i potenziali minuti/ore di lavoro risparmiati

dai professionisti sanitari ospedalieri che potrebbero essere utilizzati in altre attività.

Come ultima proiezione, si è cercato di suddividere la quota di “risparmio” sul numero dei Medici di

Medicina Generale individuato all’interno del piano sociosanitario 2017-2019 di Regione Emilia-

Romagna. Dividendo tale quota per il numero dei MMG pari a 3.048 è possibile assegnare ad ogni

MMG un budget pari a € 1.998,23 al mese. Questa quota può essere divisa proporzionalmente tra

l’ASL di riferimento, il MMG che implementa il modello nella sua realtà e una quota da utilizzare per il

miglioramento della struttura territoriale in termini di tecnologie (diagnostica e laboratorio analisi) e

materiali consumabili.

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Conclusioni

“Ma deve tuttavia restare saldo il principio importantissimo nella filosofia sociale: che siccome è

illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e l'industria propria per

affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere a una maggiore e più alta società quello che dalle

minori e inferiori comunità si può fare. Ed è questo insieme un grave danno e uno sconvolgimento del

retto ordine della società; perché l'oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello

di aiutare in maniera suppletiva (subsidium) le membra del corpo sociale, non già distruggerle e

assorbirle. Perciò è necessario che l'autorità suprema dello Stato, rimetta ad associazioni minori e

inferiori il disbrigo degli affari e delle cure di minor momento, dalle quali essa, del resto sarebbe più

che mai distratta; e allora essa potrà eseguire con più libertà, con più forza ed efficacia le parti che a

lei solo spettano, perché essa sola può compierle; di direzione cioè, di vigilanza, di incitamento, di

repressione, a seconda dei casi e delle necessità. Si persuadano dunque fermamente gli uomini di

governo, che quanto più perfettamente sarà mantenuto l'ordine gerarchico tra le diverse associazioni,

conforme al principio della funzione suppletiva dell'attività sociale, tanto più forte riuscirà l'autorità e

la potenza sociale, e perciò anche più felice e più prospera l'azione dello Stato stesso”. (Quadragesimo

Anno, 79-81)

L’esistenza di un sistema collaudato ed efficace di Cure primarie nella Regione Emilia

Romagna, di fronte alle nuove sfide, richiede sostegno, programmi e non

sostituzione!

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