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PROTAGONISTI 9 8 settembre 2013 CULTURA Da ... settembre/Roma-8sett.pdf · proteggo la cultura,...

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Data 8 settembre 2013 Pagina 9 Foglio 1 DOMENICO DE MARTINO Da tre anni a Ravenna organizza la kermesse che unisce ricerca, arte e musica PROTAGONISTI di Giuliana Gargiulo A Ravenna la tomba di Dan- te ha silenzi antichi. A tratti e a frotte turisti e vi- sitatori ne accarezzano il ricordo: chi cita un verso, chi ricorda let- ture passate o lezioni difficili, chi ipotizza interpretazioni e ristam- pe della “commedia divina”. A po- chi metri l’ Antico Chiostro fran- cescano palpita di pubblico, rela- tori venuti da ogni dove, musica per pianoforte e mostre di artisti. Alla sua terza edizione il “Festival Dante 2021”, ideato e condotto da Domenico De Martino, - da anni attivo collaboratore dell’Accade- mia della Crusca in Firenze, do- cente di Filologia dantesca al- l’Università di Udine, autore di studi e ricerche e, in passato, di alcuni testi dedicati a storie di danza interpretate da Carla Frac- ci- , ha mantenuto le sue pro- messe iniziali e ne ha anticipato altre. Tutte di qualità. Serio, fatti- vo, gran ricercatore, amante del- lo studio, Domenico de Martino ha confermato doti di intuito e di organizzatore. L’edizione che si avvia alla conclusione è stata l’en- nesima conferma che Dante-som- mo poeta- è l’ anima autentica dell’Italia tutta. Con la citazione “Di quella umile Italia”, che, in un momento complesso come l’at- tuale, è un’indicazione etica, il fe- stival ha avuto consensi di pub- blico e critica. E ancora una volta la tanto bistrattata cultura ha vin- to. In una pausa del coinvolgente dibattito “Dante per me”, con Cri- stina Acidini, soprintendente Po- lo museale fiorentino, Claudio Ma- razzini dell’Accademia della Cru- sca, Winfried Wehle, presidente Deutsche Dante e l’editore dan- tesco Longo, Domenico De Mar- tino chiarisce e sottolinea. Senza enfasi ma con passione. Per Dan- te ovviamente. “Dante 2021” è arrivato alla sua terza edizione. Come le è venuta l’idea di un festival dedicato al nostro sommo poeta? «Ravenna, dove Dante morì ed è sepolto, è una delle capitali del dantismo. La lungimiranza di Lan- franco Gualtieri e Antonio Pa- periamo Dante ancora prima di sapere chi è, lo citiamo, usiamo le sue parole o i suoi versi… poi pia- no piano diventa qualcosa di più complicato, anche se negli ulti- mi anni una certa divulgazione lo ha reso più familiare. Dante parla di cose che ci riguardano, certo con parole non sempre chiare, che richiedono necessa- riamente la cultura per capirlo. Ma Dante è un grande continen- te». Che significato ha per lei la cultura? «Sono uno “sporco” intellettuale e quindi, bene o male, difendo e proteggo la cultura, poi, come di- ce Vasco Rossi: non so se tutto questo un senso ce l’ha! Sono si- curo, però, che altri valori sono meno interessanti e anche meno divertenti della cultura». E con l‘Italia come la mettia- mo? «Il nostro Paese è in crisi perché tuelli, presidenti Fondazione e Cassa di Risparmio di Ravenna, ebbero l’idea di coinvolgere l’Ac- cademia della Crusca per varare nel 2011 la prima edizione, dan- domi l’incarico dell’organizzazione e del coordinamento». Vuole dirmi perché la scelta di “Dante 2021”? «Perché in quell’anno cadrà il set- timo centenario della morte di Dante. Con una lunga prepara- zione ed una attenta fase orga- nizzativa, curata dall’Associazio- ne Dante 2021, abbiamo iniziato a costruire un nostro modello di festival, in cui si sommano più co- se: ricerca, arte, cultura, musica». “Dante 2021” ha altre carat- teristiche che lo rendono di- verso dai altri festival di cui pullula l’Italia? «Cerchiamo e vogliamo conside- rare la divulgazione come una se- rie di possibilità che includono la ricerca in generale: scientifica, let- teraria, artistica, affrontata in ma- niera alta ma fruibile e godibile anche dal grande pubblico». Nell’organizzare l’iniziativa per lei che cosa è stato diffi- cile? «La vera difficoltà l’ho vissuta al- l’inizio, quando ho dovuto dimo- strare che credevo in questa ope- razione, fatta né per denaro o al- tro. Il Festival Dante 2021 ha una sua personalità, che è fatica, e non viene da sola ma è frutto di un grande lavoro e di dedizione che, con umiltà, condivido con la squa- dra». In tutto questo c’entra l’am- bizione? «Sarei stato ambizioso se fossi sta- to bravo! Ho imparato a misurar- mi con il possibile, però guardan- do sempre in alto». Spiega perché per questa edizione ha scelto un titolo tanto bello quanto signifi- cativo “Di quell’umile Ita- lia”? «Tratto dal primo canto del’infer- no , nel contesto della cosiddetta “profezia del veltro”, che ipotizza la liberazione dell’Italia dalla cu- pidigia e da tutti i vizi e peccati, è un verso di Dante. Mi è partico- larmente caro e in questo mo- mento assume un significato pro- fondo, perché viviamo in una so- cietà che somma l’arroganza, la superbia, il desiderio di apparire». Le mai accaduto di avere pau- re legate al suo lavoro? «Certo. Non sempre siamo all’al- tezza della situazione, perché non esistono più le generazioni dei grandi combattenti. Oggi noi sia- mo soldatini». Che tipo di lavoro porta avanti da anni all’Accade- mia della Crusca? «Dell’Accademia sono un colla- boratore precario, con l’incarico di occuparmi delle pubblicazioni . In aggiunta ho un incarico di in- segnamento di Filologia dante- sca all’Università di Udine». Senza pensarci troppo mi di- ca: che cosa rappresenta Dante per lei? «Dante è nel latte! Dante somi- glia a qualcosa della vita! Ado- Un festival nel segno di Dante è stato istillato un grosso di- sprezzo per la cultura» Ha sempre certezze così con- solanti? «Vivo nel dubbio ma sono stato, e sono, molto fortunato perchè ho potuto sperimentare tante cose ed ho anche potuto sbagliare». Rimpianti, errori? «Non ho rimpianti. Errori? Quasi insignificanti». Deve qualcosa a qualcuno? Chi sono i maestri che le hanno insegnato di più? «Sul mio tavolo di lavoro ho tre fotografie: mio padre, che mi ha insegnato la correttezza e il sen- so del dovere, Giorgio Pasquali, grande filosofo, un pilastro. mai conosciuto, perché morto un an- no prima che io nascessi, e D’Ar- co Silvio Avalle, grande filosofo romanzo, che ho molto amato an- che se non è stato mio inse- gnante all’Università». Con tutti questi precedenti la gavetta l’ha fatta o no? «Quale gavetta? Io ho fatto solo la gavetta!». Essere figlio unico è stato un peso o un privilegio? Sono un uomo del Novecento e sulla bandiera di questo secolo c’è scritto: angoscia. Che è il sen- so dell’irraggiungibile, la difficol- tà tra presente e futuro… Che cosa le piace fare? «Sono programmato per lavorare e studiare». Tra ironia e paradosso, una grande volontà e la capaci- tà organizzativa, un desi- derio ce l’ha? «Con il festival dedicato a Dan- te mi piacerebbe arrivare al 2021, dando il mio contributo a quella edizione. Naturalmente sempre con le idee giuste!». A parte la cultura, il Festi- val vincente, lo studio e quant’altro le appartiene, vuol dirmi qualche aggetti- vo che le somiglia? «Sono arrogante, iroso, timido e fortunato. Gadda diceva: “Per favore lasciatemi nell’ombra”. Io però voglio fare le cose!». Il coraggio dove lo trova? «È il lato B della paura». CULTURA 9 www.ilroma.net domenica 8 settembre 2013 Domenico De Martino (Foto Tancredi)
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Page 1: PROTAGONISTI 9 8 settembre 2013 CULTURA Da ... settembre/Roma-8sett.pdf · proteggo la cultura, poi, come di-ce Vasco Rossi: non so se tutto questo un senso ce l’ha! Sono si-curo,

Data 8settembre2013

Pagina 9

Foglio 1

DOMENICO DE MARTINO Da tre anni a Ravenna organizza la kermesse che unisce ricerca, arte e musica

PROTAGONISTI di Giuliana Gargiulo

ARavenna la tomba di Dan-te ha silenzi antichi. Atratti e a frotte turisti e vi-

sitatori ne accarezzano il ricordo:chi cita un verso, chi ricorda let-ture passate o lezioni difficili, chiipotizza interpretazioni e ristam-pe della “commedia divina”. A po-chi metri l’ Antico Chiostro fran-cescano palpita di pubblico, rela-tori venuti da ogni dove, musicaper pianoforte e mostre di artisti.Alla sua terza edizione il “FestivalDante 2021”, ideato e condotto daDomenico De Martino, - da anniattivo collaboratore dell’Accade-mia della Crusca in Firenze, do-cente di Filologia dantesca al-l’Università di Udine, autore distudi e ricerche e, in passato, dialcuni testi dedicati a storie didanza interpretate da Carla Frac-ci- , ha mantenuto le sue pro-messe iniziali e ne ha anticipatoaltre. Tutte di qualità. Serio, fatti-vo, gran ricercatore, amante del-lo studio, Domenico de Martinoha confermato doti di intuito e diorganizzatore. L’edizione che siavvia alla conclusione è stata l’en-nesima conferma che Dante-som-mo poeta- è l’ anima autenticadell’Italia tutta. Con la citazione“Di quella umile Italia”, che, in unmomento complesso come l’at-tuale, è un’indicazione etica, il fe-stival ha avuto consensi di pub-blico e critica. E ancora una voltala tanto bistrattata cultura ha vin-to. In una pausa del coinvolgentedibattito “Dante per me”, con Cri-stina Acidini, soprintendente Po-lo museale fiorentino, Claudio Ma-razzini dell’Accademia della Cru-sca, Winfried Wehle, presidenteDeutsche Dante e l’editore dan-tesco Longo, Domenico De Mar-tino chiarisce e sottolinea. Senzaenfasi ma con passione. Per Dan-te ovviamente.“Dante 2021” è arrivato allasua terza edizione. Come le èvenuta l’idea di un festivaldedicato al nostro sommopoeta?«Ravenna, dove Dante morì ed èsepolto, è una delle capitali deldantismo. La lungimiranza di Lan-franco Gualtieri e Antonio Pa-

Ma le finestre restavano chiuse.La gente se ne stava barricata incasa, aveva paura. La città ormaiera diventata tutta un coprifuoco,un ammasso di rovine. Non si tro-vava niente da mangiare: i nego-zi erano tutti sbarrati; né tantomeno da bere: i tubi dell’acquaerano saltati, in seguito ai conti-nui bombardamenti, come pure ifili elettrici. “Napulita’ arapite, arapite”, con-tinuava il grido disperato.Timidamente incominciò ad aprir-si una finestra, poi un'altra, un'al-tra ancora e poi tutte le finestre sispalancarono una dopo l’altra etutti si affacciarono: donne, uo-mini, vecchi e bambini, tutti de-cisi a resistere con ogni mezzo persalvare la loro città. Anche il ma-re, agitato, infrangeva le onde conforza sugli scogli. Si affacciò anche Maria, vide l’au-to e urlò.Il mattino Salvatore era passatosulla stessa macchina, dall’altro

lato della strada dove lei abitava,si era girato e l’aveva vista.Maria incurante del pericolo erascesa nel porticato e se ne stavacon le spalle strette contro una co-lonna. Fu un attimo… “Che ci fai qui”! Le disse scuo-tendola per un braccio con la for-za dei suoi muscoli. “Torna su datuo marito, hai preferito lui, il ra-gioniere, per assicurarti una vitatranquilla”… Negli occhi di Salvatore grandi eneri sembrava vi si specchiassetutta la sua città, amata, ma c’eranel suo sguardo rabbia, troppo alungo trattenuta.Era bella Maria, bella, come la suacittà. Avrebbe voluta proteggerla,stringerla fra le sue braccia, ma illoro amore era andato in frantumi,era sepolto sotto le macerie.La strattonò: “Va’ tornatenne a ca-sa ”. Si rimise il berretto che gli copri-va i folti e neri capelli e le girò le

spalle. Aveva resistito a quegli occhi chesenza parlare gli dicevano: “Dam-mi un bacio ancora… e ancora…e ancora”… Ma lei apparteneva a un altro.La Resistenza a Napoli durò perquattro giorni. Gli alleati giunti aSorrento ancora non si facevanovivi. I morti non si contavano. Furonogiorni di sangue e terrore per il po-polo napoletano. Non esisteva un capo, tutti com-battevano con i mezzi a loro di-sposizione: dai balconi donne evecchi scaraventavano in testa alnemico, lavandini, tavoli, testatedi ferro, tutto ciò che trovavano.Perfino i ragazzini combattevanolanciando pietre. La città, grazie al coraggio e al-l’eroismo dei suoi abitanti avevaresistito agli attacchi delle mitra-glie che sparavano a figli, a moglie a padri. Napoli finalmente era libera.

Un racconto in 70 righe: “Quei giorni da non dimenticare”Maria Rosa Ferrara.

“Viva Napoli abbasso iTedeschi”. Gridava-no così sei partigia-

ni attraversando le strade piene dibuche su di una macchina sgan-gherata. Quattro di loro appesi per metà aifinestrini, guardavano in alto eagitavano le braccia in segno dirivolta. Gli altri due sul tetto dell’auto, in-ginocchiati, mantenevano il cor-po di un giovane eroe. “Napulita’ affacciateve, salvamoNapole! Guardate, virite sto’ gio-vane è muorto. EÈ muorto pe’vuie, pe’ ve salvà”! Continuavano, spronandoli all’in-surrezione.Nascosti sopra un cumulo di ma-cerie questi uomini, da soli, ave-vano atteso per ore l’arrivo del ne-mico. I tedeschi sbucavano da ogni do-ve, senza orari, uccidevano, sac-

cheggiavano le case e violentava-no le donne senza nessuna pietà. Il popolo, ormai, era rassegnato al-la fine.Quel giorno, il 27 settembre del1943, Salvatore, a capo della ‘bri-gata, come furono poi chiamati igruppi dei partigiani, si era appo-stato con i suoi compagni in viadei Tribunali e non appena avevavisto sbucare da sotto un arco, lejeep degl’invasori aveva alzato lamano in segno di alt e, appena fu-rono sotto tiro, giù, spari e grana-te.. I “ribelli”, come li chiamavano i na-zifascisti, avevano opposto resi-stenza e aperto il fuoco contro glioppressori. Questi, presi allasprovvista avevano risposto al fuo-co ma poi se l’erano date a gam-be, non prima di avere colpito alcuore Salvatore, giovane partigia-no. “Napulita’ affacciateve, salvamoNapole”. Guardate, virite… sto’giovane è muorto pe’ ve salvà”!

STORIE DI ORDINARIA RESISTENZA Un contributo della scuola di scrittura creativa “La linea scritta” a 70 anni dal settembre 1943

periamo Dante ancora prima disapere chi è, lo citiamo, usiamo lesue parole o i suoi versi… poi pia-no piano diventa qualcosa di piùcomplicato, anche se negli ulti-mi anni una certa divulgazionelo ha reso più familiare. Danteparla di cose che ci riguardano,certo con parole non semprechiare, che richiedono necessa-riamente la cultura per capirlo.Ma Dante è un grande continen-te».Che significato ha per lei lacultura?«Sono uno “sporco” intellettuale equindi, bene o male, difendo eproteggo la cultura, poi, come di-ce Vasco Rossi: non so se tuttoquesto un senso ce l’ha! Sono si-curo, però, che altri valori sonomeno interessanti e anche menodivertenti della cultura».E con l‘Italia come la mettia-mo?«Il nostro Paese è in crisi perché

tuelli, presidenti Fondazione eCassa di Risparmio di Ravenna,ebbero l’idea di coinvolgere l’Ac-cademia della Crusca per vararenel 2011 la prima edizione, dan-domi l’incarico dell’organizzazionee del coordinamento».Vuole dirmi perché la sceltadi “Dante 2021”?«Perché in quell’anno cadrà il set-timo centenario della morte diDante. Con una lunga prepara-zione ed una attenta fase orga-nizzativa, curata dall’Associazio-ne Dante 2021, abbiamo iniziatoa costruire un nostro modello difestival, in cui si sommano più co-se: ricerca, arte, cultura, musica».“Dante 2021” ha altre carat-teristiche che lo rendono di-verso dai altri festival di cuipullula l’Italia?«Cerchiamo e vogliamo conside-rare la divulgazione come una se-rie di possibilità che includono laricerca in generale: scientifica, let-teraria, artistica, affrontata in ma-niera alta ma fruibile e godibileanche dal grande pubblico».Nell’organizzare l’iniziativaper lei che cosa è stato diffi-cile?«La vera difficoltà l’ho vissuta al-l’inizio, quando ho dovuto dimo-strare che credevo in questa ope-razione, fatta né per denaro o al-tro. Il Festival Dante 2021 ha unasua personalità, che è fatica, e nonviene da sola ma è frutto di ungrande lavoro e di dedizione che,con umiltà, condivido con la squa-dra».In tutto questo c’entra l’am-bizione?«Sarei stato ambizioso se fossi sta-to bravo! Ho imparato a misurar-mi con il possibile, però guardan-do sempre in alto».Spiega perché per questaedizione ha scelto un titolotanto bello quanto signifi-cativo “Di quell’umile Ita-lia”?«Tratto dal primo canto del’infer-no , nel contesto della cosiddetta“profezia del veltro”, che ipotizzala liberazione dell’Italia dalla cu-pidigia e da tutti i vizi e peccati,è un verso di Dante. Mi è partico-

larmente caro e in questo mo-mento assume un significato pro-fondo, perché viviamo in una so-cietà che somma l’arroganza, lasuperbia, il desiderio di apparire».Le mai accaduto di avere pau-re legate al suo lavoro?«Certo. Non sempre siamo all’al-tezza della situazione, perché nonesistono più le generazioni deigrandi combattenti. Oggi noi sia-mo soldatini».Che tipo di lavoro portaavanti da anni all’Accade-mia della Crusca?«Dell’Accademia sono un colla-boratore precario, con l’incaricodi occuparmi delle pubblicazioni. In aggiunta ho un incarico di in-segnamento di Filologia dante-sca all’Università di Udine».Senza pensarci troppo mi di-ca: che cosa rappresentaDante per lei?«Dante è nel latte! Dante somi-glia a qualcosa della vita! Ado-

Un festival nel segno di Danteè stato istillato un grosso di-sprezzo per la cultura»Ha sempre certezze così con-solanti?«Vivo nel dubbio ma sono stato,e sono, molto fortunato perchè hopotuto sperimentare tante coseed ho anche potuto sbagliare».Rimpianti, errori?«Non ho rimpianti. Errori? Quasiinsignificanti».Deve qualcosa a qualcuno?Chi sono i maestri che lehanno insegnato di più?«Sul mio tavolo di lavoro ho trefotografie: mio padre, che mi hainsegnato la correttezza e il sen-so del dovere, Giorgio Pasquali,grande filosofo, un pilastro. maiconosciuto, perché morto un an-no prima che io nascessi, e D’Ar-co Silvio Avalle, grande filosoforomanzo, che ho molto amato an-che se non è stato mio inse-gnante all’Università».Con tutti questi precedentila gavetta l’ha fatta o no?«Quale gavetta? Io ho fatto solola gavetta!».Essere figlio unico è stato unpeso o un privilegio?Sono un uomo del Novecento esulla bandiera di questo secoloc’è scritto: angoscia. Che è il sen-so dell’irraggiungibile, la difficol-tà tra presente e futuro…Che cosa le piace fare?«Sono programmato per lavoraree studiare».Tra ironia e paradosso, unagrande volontà e la capaci-tà organizzativa, un desi-derio ce l’ha?«Con il festival dedicato a Dan-te mi piacerebbe arrivare al2021, dando il mio contributo aquella edizione. Naturalmentesempre con le idee giuste!».A parte la cultura, il Festi-val vincente, lo studio equant’altro le appartiene,vuol dirmi qualche aggetti-vo che le somiglia?«Sono arrogante, iroso, timido efortunato. Gadda diceva: “Perfavore lasciatemi nell’ombra”.Io però voglio fare le cose!».Il coraggio dove lo trova?«È il lato B della paura».

CULTURA 9www.ilroma.net

domenica 8 settembre 2013

Domenico De Martino (Foto Tancredi)

DOMENICO DE MARTINO Da tre anni a Ravenna organizza la kermesse che unisce ricerca, arte e musica

PROTAGONISTI di Giuliana Gargiulo

ARavenna la tomba di Dan-te ha silenzi antichi. Atratti e a frotte turisti e vi-

sitatori ne accarezzano il ricordo:chi cita un verso, chi ricorda let-ture passate o lezioni difficili, chiipotizza interpretazioni e ristam-pe della “commedia divina”. A po-chi metri l’ Antico Chiostro fran-cescano palpita di pubblico, rela-tori venuti da ogni dove, musicaper pianoforte e mostre di artisti.Alla sua terza edizione il “FestivalDante 2021”, ideato e condotto daDomenico De Martino, - da anniattivo collaboratore dell’Accade-mia della Crusca in Firenze, do-cente di Filologia dantesca al-l’Università di Udine, autore distudi e ricerche e, in passato, dialcuni testi dedicati a storie didanza interpretate da Carla Frac-ci- , ha mantenuto le sue pro-messe iniziali e ne ha anticipatoaltre. Tutte di qualità. Serio, fatti-vo, gran ricercatore, amante del-lo studio, Domenico de Martinoha confermato doti di intuito e diorganizzatore. L’edizione che siavvia alla conclusione è stata l’en-nesima conferma che Dante-som-mo poeta- è l’ anima autenticadell’Italia tutta. Con la citazione“Di quella umile Italia”, che, in unmomento complesso come l’at-tuale, è un’indicazione etica, il fe-stival ha avuto consensi di pub-blico e critica. E ancora una voltala tanto bistrattata cultura ha vin-to. In una pausa del coinvolgentedibattito “Dante per me”, con Cri-stina Acidini, soprintendente Po-lo museale fiorentino, Claudio Ma-razzini dell’Accademia della Cru-sca, Winfried Wehle, presidenteDeutsche Dante e l’editore dan-tesco Longo, Domenico De Mar-tino chiarisce e sottolinea. Senzaenfasi ma con passione. Per Dan-te ovviamente.“Dante 2021” è arrivato allasua terza edizione. Come le èvenuta l’idea di un festivaldedicato al nostro sommopoeta?«Ravenna, dove Dante morì ed èsepolto, è una delle capitali deldantismo. La lungimiranza di Lan-franco Gualtieri e Antonio Pa-

Ma le finestre restavano chiuse.La gente se ne stava barricata incasa, aveva paura. La città ormaiera diventata tutta un coprifuoco,un ammasso di rovine. Non si tro-vava niente da mangiare: i nego-zi erano tutti sbarrati; né tantomeno da bere: i tubi dell’acquaerano saltati, in seguito ai conti-nui bombardamenti, come pure ifili elettrici. “Napulita’ arapite, arapite”, con-tinuava il grido disperato.Timidamente incominciò ad aprir-si una finestra, poi un'altra, un'al-tra ancora e poi tutte le finestre sispalancarono una dopo l’altra etutti si affacciarono: donne, uo-mini, vecchi e bambini, tutti de-cisi a resistere con ogni mezzo persalvare la loro città. Anche il ma-re, agitato, infrangeva le onde conforza sugli scogli. Si affacciò anche Maria, vide l’au-to e urlò.Il mattino Salvatore era passatosulla stessa macchina, dall’altro

lato della strada dove lei abitava,si era girato e l’aveva vista.Maria incurante del pericolo erascesa nel porticato e se ne stavacon le spalle strette contro una co-lonna. Fu un attimo… “Che ci fai qui”! Le disse scuo-tendola per un braccio con la for-za dei suoi muscoli. “Torna su datuo marito, hai preferito lui, il ra-gioniere, per assicurarti una vitatranquilla”… Negli occhi di Salvatore grandi eneri sembrava vi si specchiassetutta la sua città, amata, ma c’eranel suo sguardo rabbia, troppo alungo trattenuta.Era bella Maria, bella, come la suacittà. Avrebbe voluta proteggerla,stringerla fra le sue braccia, ma illoro amore era andato in frantumi,era sepolto sotto le macerie.La strattonò: “Va’ tornatenne a ca-sa ”. Si rimise il berretto che gli copri-va i folti e neri capelli e le girò le

spalle. Aveva resistito a quegli occhi chesenza parlare gli dicevano: “Dam-mi un bacio ancora… e ancora…e ancora”… Ma lei apparteneva a un altro.La Resistenza a Napoli durò perquattro giorni. Gli alleati giunti aSorrento ancora non si facevanovivi. I morti non si contavano. Furonogiorni di sangue e terrore per il po-polo napoletano. Non esisteva un capo, tutti com-battevano con i mezzi a loro di-sposizione: dai balconi donne evecchi scaraventavano in testa alnemico, lavandini, tavoli, testatedi ferro, tutto ciò che trovavano.Perfino i ragazzini combattevanolanciando pietre. La città, grazie al coraggio e al-l’eroismo dei suoi abitanti avevaresistito agli attacchi delle mitra-glie che sparavano a figli, a moglie a padri. Napoli finalmente era libera.

Un racconto in 70 righe: “Quei giorni da non dimenticare”Maria Rosa Ferrara.

“Viva Napoli abbasso iTedeschi”. Gridava-no così sei partigia-

ni attraversando le strade piene dibuche su di una macchina sgan-gherata. Quattro di loro appesi per metà aifinestrini, guardavano in alto eagitavano le braccia in segno dirivolta. Gli altri due sul tetto dell’auto, in-ginocchiati, mantenevano il cor-po di un giovane eroe. “Napulita’ affacciateve, salvamoNapole! Guardate, virite sto’ gio-vane è muorto. EÈ muorto pe’vuie, pe’ ve salvà”! Continuavano, spronandoli all’in-surrezione.Nascosti sopra un cumulo di ma-cerie questi uomini, da soli, ave-vano atteso per ore l’arrivo del ne-mico. I tedeschi sbucavano da ogni do-ve, senza orari, uccidevano, sac-

cheggiavano le case e violentava-no le donne senza nessuna pietà. Il popolo, ormai, era rassegnato al-la fine.Quel giorno, il 27 settembre del1943, Salvatore, a capo della ‘bri-gata, come furono poi chiamati igruppi dei partigiani, si era appo-stato con i suoi compagni in viadei Tribunali e non appena avevavisto sbucare da sotto un arco, lejeep degl’invasori aveva alzato lamano in segno di alt e, appena fu-rono sotto tiro, giù, spari e grana-te.. I “ribelli”, come li chiamavano i na-zifascisti, avevano opposto resi-stenza e aperto il fuoco contro glioppressori. Questi, presi allasprovvista avevano risposto al fuo-co ma poi se l’erano date a gam-be, non prima di avere colpito alcuore Salvatore, giovane partigia-no. “Napulita’ affacciateve, salvamoNapole”. Guardate, virite… sto’giovane è muorto pe’ ve salvà”!

STORIE DI ORDINARIA RESISTENZA Un contributo della scuola di scrittura creativa “La linea scritta” a 70 anni dal settembre 1943

periamo Dante ancora prima disapere chi è, lo citiamo, usiamo lesue parole o i suoi versi… poi pia-no piano diventa qualcosa di piùcomplicato, anche se negli ulti-mi anni una certa divulgazionelo ha reso più familiare. Danteparla di cose che ci riguardano,certo con parole non semprechiare, che richiedono necessa-riamente la cultura per capirlo.Ma Dante è un grande continen-te».Che significato ha per lei lacultura?«Sono uno “sporco” intellettuale equindi, bene o male, difendo eproteggo la cultura, poi, come di-ce Vasco Rossi: non so se tuttoquesto un senso ce l’ha! Sono si-curo, però, che altri valori sonomeno interessanti e anche menodivertenti della cultura».E con l‘Italia come la mettia-mo?«Il nostro Paese è in crisi perché

tuelli, presidenti Fondazione eCassa di Risparmio di Ravenna,ebbero l’idea di coinvolgere l’Ac-cademia della Crusca per vararenel 2011 la prima edizione, dan-domi l’incarico dell’organizzazionee del coordinamento».Vuole dirmi perché la sceltadi “Dante 2021”?«Perché in quell’anno cadrà il set-timo centenario della morte diDante. Con una lunga prepara-zione ed una attenta fase orga-nizzativa, curata dall’Associazio-ne Dante 2021, abbiamo iniziatoa costruire un nostro modello difestival, in cui si sommano più co-se: ricerca, arte, cultura, musica».“Dante 2021” ha altre carat-teristiche che lo rendono di-verso dai altri festival di cuipullula l’Italia?«Cerchiamo e vogliamo conside-rare la divulgazione come una se-rie di possibilità che includono laricerca in generale: scientifica, let-teraria, artistica, affrontata in ma-niera alta ma fruibile e godibileanche dal grande pubblico».Nell’organizzare l’iniziativaper lei che cosa è stato diffi-cile?«La vera difficoltà l’ho vissuta al-l’inizio, quando ho dovuto dimo-strare che credevo in questa ope-razione, fatta né per denaro o al-tro. Il Festival Dante 2021 ha unasua personalità, che è fatica, e nonviene da sola ma è frutto di ungrande lavoro e di dedizione che,con umiltà, condivido con la squa-dra».In tutto questo c’entra l’am-bizione?«Sarei stato ambizioso se fossi sta-to bravo! Ho imparato a misurar-mi con il possibile, però guardan-do sempre in alto».Spiega perché per questaedizione ha scelto un titolotanto bello quanto signifi-cativo “Di quell’umile Ita-lia”?«Tratto dal primo canto del’infer-no , nel contesto della cosiddetta“profezia del veltro”, che ipotizzala liberazione dell’Italia dalla cu-pidigia e da tutti i vizi e peccati,è un verso di Dante. Mi è partico-

larmente caro e in questo mo-mento assume un significato pro-fondo, perché viviamo in una so-cietà che somma l’arroganza, lasuperbia, il desiderio di apparire».Le mai accaduto di avere pau-re legate al suo lavoro?«Certo. Non sempre siamo all’al-tezza della situazione, perché nonesistono più le generazioni deigrandi combattenti. Oggi noi sia-mo soldatini».Che tipo di lavoro portaavanti da anni all’Accade-mia della Crusca?«Dell’Accademia sono un colla-boratore precario, con l’incaricodi occuparmi delle pubblicazioni. In aggiunta ho un incarico di in-segnamento di Filologia dante-sca all’Università di Udine».Senza pensarci troppo mi di-ca: che cosa rappresentaDante per lei?«Dante è nel latte! Dante somi-glia a qualcosa della vita! Ado-

Un festival nel segno di Danteè stato istillato un grosso di-sprezzo per la cultura»Ha sempre certezze così con-solanti?«Vivo nel dubbio ma sono stato,e sono, molto fortunato perchè hopotuto sperimentare tante coseed ho anche potuto sbagliare».Rimpianti, errori?«Non ho rimpianti. Errori? Quasiinsignificanti».Deve qualcosa a qualcuno?Chi sono i maestri che lehanno insegnato di più?«Sul mio tavolo di lavoro ho trefotografie: mio padre, che mi hainsegnato la correttezza e il sen-so del dovere, Giorgio Pasquali,grande filosofo, un pilastro. maiconosciuto, perché morto un an-no prima che io nascessi, e D’Ar-co Silvio Avalle, grande filosoforomanzo, che ho molto amato an-che se non è stato mio inse-gnante all’Università».Con tutti questi precedentila gavetta l’ha fatta o no?«Quale gavetta? Io ho fatto solola gavetta!».Essere figlio unico è stato unpeso o un privilegio?Sono un uomo del Novecento esulla bandiera di questo secoloc’è scritto: angoscia. Che è il sen-so dell’irraggiungibile, la difficol-tà tra presente e futuro…Che cosa le piace fare?«Sono programmato per lavoraree studiare».Tra ironia e paradosso, unagrande volontà e la capaci-tà organizzativa, un desi-derio ce l’ha?«Con il festival dedicato a Dan-te mi piacerebbe arrivare al2021, dando il mio contributo aquella edizione. Naturalmentesempre con le idee giuste!».A parte la cultura, il Festi-val vincente, lo studio equant’altro le appartiene,vuol dirmi qualche aggetti-vo che le somiglia?«Sono arrogante, iroso, timido efortunato. Gadda diceva: “Perfavore lasciatemi nell’ombra”.Io però voglio fare le cose!».Il coraggio dove lo trova?«È il lato B della paura».

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domenica 8 settembre 2013

Domenico De Martino (Foto Tancredi)

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