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Provinciaconsiglieraparita.provincia.an.it/Engine/RAServeFile.php/...Consigliere di Parità per la...

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Provinciadi Ascoli Piceno

Ministero del Lavoro della Salute

e delle Politiche Sociali

Consiglieredi ParitàProvincia di Ascoli Piceno

Guida pratica: dalle discriminazionial mobbing

PRIMA PARTE

Le discriminazioniSara Giorlando, Paola Petrucci

SECONDA PARTE

Il mobbingAntonella Beriolla D’Alessio, Paola Casciati

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Consigliere di Parità per la Provincia di Ascoli Picenouffi cio: piazza Simonetti n. 36 – Ascoli Picenotel. 0736 277504 – 800 215809segreteria.parita@provincia.ap.itwww.consiglierediparita.org

Paola Petrucci Consigliera di Parità effettiva

[email protected]

Paola CasciatiConsigliera di Parità [email protected]

Consiglieredi ParitàProvincia di Ascoli Piceno

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5 DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA

PREFAZIONE

PARTE PRIMA

LE DISCRIMINAZIONE

Sara Giorlando, Paola Petrucci

L’UNIONE EUROPEA E LA PARITÀ TRA UOMINI E DONNE.

IL 2007 ANNO DELLE PARI OPPORTUNITÀ

GLI OBIETTIVI COMUNITARI DA PERSEGUIRE

Breve storia della normativa comunitaria in materia di pari

opportunità

GLI OBIETTIVI DA PERSEGUIRE E GLI STRUMENTI DA

UTILIZZARE

LE DIRETTIVE PIÙ IMPORTANTI

ALCUNE RACCOMANDAZIONI

ALCUNE RISOLUZIONI

LA CONSIGLIERA DI PARITÀ: RUOLO E FUNZIONI

I DIRITTI DEI GENITORI LAVORATORI

Il congedo di maternità

Il congedo parentale

I riposi giornalieri

Congedi e permessi per la malattia di tua fi glia o di tuo fi glio

Figlio/a con grave handicap

I diritti del papà: il congedo di paternità, i congedi parentali,

permessi

Le novità della fi nanziaria per il 2007 in favore della tutela della

genitorialità

Sommario

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6 DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA

Le novità della fi nanziaria per il 2008 in materia di adozioni e

affi damenti

Il diritto al mantenimento del posto di lavoro

Divieto di licenziamento

Il licenziamento a causa del matrimonio

Lavoro notturno

SULLE DISCRIMINAZIONI, LE MOLESTIE SESSUALI E IL

MOBBING

Le discriminazioni di genere sul lavoro

Le forme più frequenti di discriminazione di genere

L’intervento della consigliera di parità: un aiuto fondamentale

Molestie sul luogo del lavoro

IL MOBBING: come riconoscerlo e come difendersi

Cosa fare in caso di Mobbing

La Prevenzione del Fenomeno

Le altre forme di discriminazione

LE AZIONI POSITIVE: QUESTE SCONOSCIUTE!

LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE

APPROVATO IL DISEGNO DI LEGGE N. 1440

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7 DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA

PARTE SECONDA

IL MOBBING

Antonella Beriolla D’Alessio, Paola Casciati

IL MOBBING: UNA PROBLEMATICA DEL MONDO DEL LAVORO

PROFILI SOGGETTIVI E OGGETTIVI

LE FASI

I COMPORTAMENTI MOBBIZZANTI

Demansionamento

Forzata inattività lavorativa e trasferimento forzato

Molestie sessuali

Il mobbing nella pubblica amministrazione

GLI STRUMENTI DI TUTELA

La costituzione italiana e il diritto internazionale

La legislazione speciale

Tutela civile

Responsabilità contrattuale

Responsabilità extracontrattuale

La prova del mobbing

Tutela penale

I DANNI DA MOBBING

Danno patrimoniale

Danno biologico

Danno morale

Danno esistenziale

Danno alla professionalità

MOBBING, CHE FARE?

SERVIZI E RECAPITI UTILI

APPENDICE

CONSIGLIERA DI PARITÀ UNA FIGURA DI TUTELA DELL’UGUAGLIANZA

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9 DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA

Prefazione

Nel corso del nostro mandato ci siamo proposte di predisporre una serie di contributi pratici a sostegno delle parti sociali e fi nalizzate alla conoscenza degli strumenti esistenti nel campo del lavoro e della parità.Inizialmente avevamo avviato una ricerca/raccolta di sentenze su temi discriminatori scoprendo, così, che nel nostro territorio non ci sono stati, ad oggi, pronunciamenti in materia.Ci è sembrato allora indispensabile ripartire dalla conoscenza del diritto e delle problematiche connesse per sensibilizzare l’utenza e favorire il confronto sul territorio.Abbiamo deciso, così, di occuparci del grande tema delle discriminazioni di genere nella consapevolezza che proprio la discriminazione di genere è la prima forma di violenza.Troppo spesso assistiamo a fenomeni discriminatori, non solo nei confronti delle donne, che condizionano le relazioni sociali, familiari e lavorative.Certamente il concetto di parità, intesa come garanzia di dare a tutti le stesse opportunità, è ancora lontano dall’essere recepito ed applicato.In particolare si evidenzia come le nuove generazioni, dando per scontati diritti e doveri, dimenticano la diffi coltà di raggiungere una parità effettiva.Di questo siamo colpevoli noi tutti che siamo troppo poco attenti a sfumature e particolari che, nell’ambito relazionale e comunicazionale, fanno la differenza e che continuano a produrre stereotipi e riferimenti valoriali negativi.Ma cosa signifi ca essere discriminati?

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Cos’è una discriminazione?È questo l’obiettivo che si pone la prima parte della presente pubblicazione: spiegare in modo semplice e diretto cosa vuol dire essere discriminati – con particolare riferimento all’ambito lavorativo – e quali sono gli strumenti che possono essere utilizzati per contrastare il fenomeno.Una guida, quindi, agile ed utile per sollevare il problema ed aiutare ad individuare percorsi utili alla risoluzione positiva dello stato di fatto.Siamo consapevoli della diffi coltà a far emergere e denunciare le situazioni discriminatorie nel mondo del lavoro particolarmente in questa fase congiunturale ma siamo certe che il superamento di atteggiamenti discriminatori fa bene alla collettività e che l’ambiente di lavoro e la produttività non possono che giovarne.Tra le forme discriminatorie esaminate nella guida emerge il fenomeno del mobbing che si stà pericolosamente diffondendo negli ambienti di lavoro e che è frutto di atteggiamenti discriminatori e persecutori.Consapevoli che le competenze in materia di mobbing delle Consigliere di Parità si limitano a quei casi in cui la discriminazione scatenante è di genere abbiamo ritenuto necessario affrontare questa tematica che, pure essendosi manifestata da diversi anni, non ha ancora trovato un inquadramento giuridico unico tale da consentire percorsi giuridici lineari e certi.Nella precarietà lavorativa che stiamo vivendo ancora più forti si fanno le pressioni sui lavoratori che subiscono silenziosamente pur di mantenere il posto di lavoro.Spesso si tratta di vessazioni orizzontali, ossia tra colleghi, che sottendono a favoritismi e/o avanzamenti di carriera ai danni di coloro con i quali si dovrebbe collaborare in una sana ottica di competizione.Sulla base di queste considerazioni abbiamo pensato di affi dare, nell’ambito del nostro mandato, l’incarico per la redazione di una

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11 DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA

guida pratica al mobbing allo scopo di favorire l’emersione del fenomeno e dare strumenti utili al contrasto dello stesso.Una guida che si rivolge non solo ai lavoratori ma anche a quanti operano nel settore delle risorse umane e vedono vanifi cate progettualità ed interventi a causa di faide interne che appesantiscono il clima lavorativo e danneggiano sia i singoli lavoratori che l’intera attività produttiva.Vorremmo cogliere l’occasione per riaprire un dibattito su questo tema e su quanto si importante fare prevenzione nei luoghi di lavoro nell’interesse di tutte le parti sociali e ponendoci, così come stabilito dal nostro ruolo, quali tecnici e mediatori di relazioni ed interessi fi nalizzati al raggiungimento di una parità reale nel mondo del lavoro.

Paola Petrucci Paola CasciatiConsigliera di Parità effettiva Consigliera di Parità supplente

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12 DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA

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13 DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA

Quando ho accettato di collaborare con l’Uffi cio della Consigliera di Parità, inizialmente, avrei dovuto raccogliere e analizzare le sentenze emesse in materia di discriminazioni di genere nella nostra Provincia compresa anche quella di Fermo. Non è stato possibile rinvenire materiale abbastanza copioso sul quale imbastire uno studio: vertenze che avessero un tale oggetto del contendere non erano mai state iniziate o giunte ancora ad una sentenza.L’analisi intuitiva che ne scaturì è che, molto probabilmente, la problematica delle discriminazioni è ancora in una fase embrionale.Così con Paola decidiamo di fare una miniguida circa le situazioni più frequenti che in ambito lavorativo possono essere campo fertile di discriminazioni non solo esclusivamente tra uomo e donna.Le leggi ci sono, gli organi preposti a farle rispettare pure ma il problema è sempre lo stesso anche in ambito di Pari Opportunità: occorre sensibilizzare i soggetti che possono essere vittime di tali discriminazioni e quelli che, per il ruolo che rivestono, possono, anche se non di proposito, essere parte attiva della discriminazione per metterli a conoscenza degli strumenti posti a tutela di tali fattispecie discriminatorie.Se io subisco un furto so, perchè fi n da piccola mi hanno parlato della Polizia,che devo rivolgermi alle forze dell’ordine. Se mi faccio male so che devo chiamare il Pronto Soccorso perchè così mi hanno insegnato ma se subisco una discriminazione sul posto di lavoro in quanto donna, genitore, cittadino extracomunitario od omossessuale nessuno mi ha mai detto che c’è un’istituzione appositamente creata per risolvere il mio problema e pronta a fornirmi addirittura assistenza legale.

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Ecco spesso le istituzioni vengono create per scopi illustri ma la mancanza di comunicazione con l’utenza fa sì che esse rischino di diventare autoreferenziali e di sopravvivere attraverso una formale esistenza. Solo una corretta informazione e una presenza forte sul territorio riescono a creare un collegamento tra cittadini e istituzioni. Perchè è attraverso la propria utenza che un’istituzione ha senso di esistere.Un cittadino correttamente informato saprà sempre a chi rivolgersi.Questa piccola guida è nata con un linguaggio semplice proprio perchè voleva spiegare, in sintesi, i vari ambiti della vita lavorativa in cui si possono verifi care discriminazioni e fornire una panoramica degli strumenti posti a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici.Certo parlare di pari opportunità in un momento di crisi economica ed occupazionale potrebbe sembrare superfl uo ma invece è davvero importante perchè è proprio nei momenti di maggiore crisi lavorativa che i diritti acquisiti nel tempo rischiano di affi evolirsi. Di fronte ai cancelli delle fabbriche che chiudono e all’aumento di disocuppati non bisogna mai rinunciare a quei diritti che con fatica sono stati conquistati e nemmeno accantonarli nell’attesa che tornino tempi migliori. In momenti come questi sono proprio le donne e le categorie più deboli a rischiare un’autoespulsione dal mondo del lavoro: di fronte a salari bassi e all’insuffi ciente rete sociale presente sul territorio la donna potrebbe cadere nell’errore, comunque dettato da esigenze di natura economica, di sentirsi più utile a casa e di rinunciare all’affermazione di sé come individuo e alla propria indipendenza che si determinano, soprattutto, sul posto di lavoro.

Sara Giorlando

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15 DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA

La continua evoluzione e diffusione del fenomeno del mobbing in Italia pone una serie di problemi circa la corretta individuazione del fenomeno e della tutela dei lavoratori. Nonostante i continui interventi di sensibilizzazione, l’Italia non ha ancora provveduto a dotarsi di una specifi ca normativa in materia, ignorando, di fatto, una delibera del Consiglio Europeo del 2000 che vincolava gli Stati membri ad operare in tal senso. Ad oggi, chi però subisce il cosiddetto mobbing può sicuramente ottenere una tutela giuridica sia sotto il profi lo civile che penale, identifi cando i singoli comportamenti mobbizzanti come reati penali e danni civili. Il presente testo vuole dare un quadro d’insieme del fenomeno senza pretendere di darne un’analisi esaustiva e, analizzandone i soggetti attivi e passivi, le varie fasi e soprattutto i comportamenti in cui si estrinseca il fenomeno, vuole essere uno strumento per i cittadini, lavoratori e datori di lavoro, che aiuti ad identifi care e riconoscere il problema.È sembrato pertanto opportuno concludere il lavoro con una sorta di vademecum comportamentale per le vittime del mobbing da lavoro.

Antonella Beriolla D’Alessio

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16 ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI

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17 IL MOBBING

PARTE PRIMA

Sara GiorlandoPaola Petrucci

Guida alle discriminazioni

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18 ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI

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19 LE DISCRIMINAZIONI

L’unione Europea e la parità tra uomini e donne

Si parla molto della parità tra donne e uomini soprattutto a livello europeo. E poiché facciamo parte dell’unione europea è doveroso rendere tutti partecipi di quanto a livello comunitario si sta facendo nei confronti di quello, che è un diritto fondamentale, un valore comune dell’UE e, soprattutto,una condizione necessaria per il conseguimento degli obiettivi comunitari di crescita, occupazione e coesione sociale. L’UE ha compiuto notevoli progressi nell’attuazione della parità tra i generi grazie alla normativa sulla parità di trattamento, all’integrazione della dimensione di genere nelle politiche, ai provvedimenti specifi ci volti a promuovere la condizione femminile, ai programmi d’azione, al dialogo sociale e al dialogo con la società civile. Quello della parità è un problema che non si risolve in una mera questione ideologica ma nel perseguimento di offrire concreti strumenti alle donne per poter emergere nei più svariati settori.Il Parlamento europeo, alla cui composizione partecipiamo noi come cittadini ed elettorato attivo, è stato un partner importante per la realizzazione di questi progressi. Numerose donne hanno raggiunto i più alti livelli d’istruzione, sono entrate nel mercato del lavoro e hanno svolto ruoli importanti nella vita pubblica. Tuttavia, le disuguaglianze rimangono e possono aggravarsi, poiché l’incremento della concorrenza economica su scala mondiale richiede una forza lavoro più mobile e fl essibile. Tali esigenze possono pregiudicare maggiormente le donne, spesso costrette a scegliere tra fi gli e carriera a causa della scarsa fl essibilità degli orari di lavoro e dei servizi di custodia dei bambini, del persistere degli

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20 SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI

stereotipi di genere nonché dell’ineguale carico di responsabilità familiari rispetto agli uomini. I progressi compiuti dalle donne in settori chiave della strategia di Lisbona come l’istruzione e la ricerca, non si rifl ettono pienamente nel mercato del lavoro. Si tratta di uno spreco di capitale umano, di immobilizzazione di energie che potrebbero dare molto alla società.

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21 LE DISCRIMINAZIONI

Il 2007 è stato l’anno europeo delle pari opportunità per tutti, un anno, cioè, dedicato alla lotta contro le discriminazioni basate sul genere, sulla razza, sull’origine etnica, sulla religione, sulla diversità di opinione, sulla disabilità, sull’età e sugli orientamenti sessuali.Quattro sono stati i temi principali:1. i diritti: aumentare la consapevolezza sul diritto alla parità e alla

non discriminazione, indipendentemente dal sesso, dalla razza o dalle origini etniche, dalla religione o dalle convinzioni personali, da eventuali handicap, dall’età o dalle tendenze sessuali;

2. la rappresentanza: stimolare il dibattito sui modi di aumentare la partecipazione dei gruppi sotto rappresentati nella società;

3. il riconoscimento: celebrare la diversità e promuoverla come benefi cio per l’UE;

4. il rispetto: promuovere una società più solidale e coesa.L’iniziativa, promossa dal Consiglio e dal Parlamento europeo, è stata tesa a rendere tutti i cittadini più consapevoli del proprio “diritto di godere di un uguale trattamento e di vivere una vita libera da qualsiasi discriminazione”.Questa iniziativa voleva servire a rendere i cittadini dell’UE consapevoli del proprio diritto a non essere discriminati, a promuovere le pari opportunità in campi quali il lavoro e l’assistenza sanitaria e per dimostrare come la diversità renda l’Europa più forte.È stata pubblicata la roadmap ( o tabella di marcia) per combattere la “disparità” tra gli uomini e le donne, a casa e sul lavoro, entro il 2010. Il progetto, che ha lo scopo di sensibilizzare i Paesi membri sul tema, prevede la revisione dell’intera

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Il 2007 anno delle pari opportunità

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22 SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI

legislazione comunitaria (dalla quale nessun stato membro può prescindere) sull’eguaglianza di genere. Nella roadmap sono indicati i settori prioritari di azione per i prossimi cinque anni:1. pari indipendenza economica per uomini e donne; conciliazione

nella vita professionale, familiare e privata; 2. pari rappresentanza nella presa di decisioni; 3. sradicamento di ogni forma di violenza e tratta di esseri umani

basata sul genere; 4. eliminazione degli stereotipi sessisti; 5. promozione della parità tra i generi nelle politiche esterne e di

sviluppo dell’UE. Verranno esaminate le legislazioni nazionali in materia di eguaglianza di genere, per verifi care l’esistenza, al loro interno, di norme che assicurino le pari opportunità in tutti gli Stati membri.Sarà dato un impulso nuovo anche agli organismi nazionali che si occupano di pari opportunità, lottando contro le discriminazioni sessuali, che andranno a formare una vera e propria rete. Sul tema del divario salariale, infi ne, la Commissione pubblicherà una specifi ca comunicazione.La Commissione europea ha, inoltre, attivato nel gennaio 2007 l’Istituto europeo per l’eguaglianza tra i sessi (la cui creazione era stata proposta dal Consiglio europeo nel giugno del 2004). L’Istituto Europeo dovrà istituire e coordinare una Rete europea per lo scambio di informazioni e sensibilizzare i cittadini, ma anche diffondere buone prassi e fornire consulenze a enti pubblici e privati.La proposta della Commissione intende costituire un’agenzia operante come centro di eccellenza mondiale, autonoma nell’adempimento dei propri compiti e dotata delle competenze necessarie ad operare come sostegno tecnico delle istituzioni della Comunità e degli Stati membri nella lotta contro le discriminazioni fondate sul sesso.

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23 LE DISCRIMINAZIONI

Gli obiettivi comunitari da perseguire

Breve storia della normativa comunitaria in materia di pari opportunitàNegli ultimi anni la Comunità europea ha fatto notevoli passi in avanti in materia attraverso una serie numerosa di direttive,raccomandazioni e giurisprudenza della Corte di Giustizia, volte ad affermare e sviluppare il concetto di parità in tutti gli aspetti della vita dell’uomo.Nonostante le diffi coltà legate al rapporto tra diritto comunitario e diritto degli Stati membri è possibile affermare che,grazie proprio agli interventi comunitari tesi a risolvere quegli squilibri strutturali esistenti nei paesi membri, da alcuni anni è stata raggiunta una certa omogeneità a livello normativo. Tutto ha avuto inizio con la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948 e con le Convenzioni OIL degli anni cinquanta attraverso le quali si manifesta, per la prima volta a livello internazionale, la valorizzazione della pari dignità sociale degli esseri umani.A livello europeo, invece, la norma principale in materia di parità è rinvenibile nell’art. 119 del Trattato di Roma(oggi art. 141 TCE)il quale sanciva il principio di parità retributiva tra lavoratori e lavoratrici in un contesto,però, in cui la politica sociale veniva considerata come un’appendice della politica economica e in cui prevaleva l’interesse principale di garantire un funzionamento corretto e trasparente del mercato comune.Negli anni settanta la questione del lavoro femminile viene regolamentata dai singoli Paesi europei( in Italia veniva approvata la legge n. 903 del 1977) conferendo così il proprio contributo

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24 SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI

all’evoluzione della normativa comunitaria in materia di pari opportunità e di non discriminazione tra sessi. Nel dicembre 1989, i capi di Stato e di governo degli,allora, 11 Stati membri hanno adottato a Strasburgo la Carta comunitaria dei diritti sociali e fondamentali dei lavoratori, detta altresì Patto sociale ovvero Carta sociale. Essa si basa in particolare sul Patto sociale del Consiglio d’Europa e sulle convenzioni dell’OIL e stabilisce una serie di diritti sociali che devono essere garantiti sul mercato del lavoro europeo. Tra gli anni settanta e ottanta sono state adottate numerose direttive tese a promuovere la parità e a migliorare le condizioni di lavoro soprattutto delle donne.Nel 1992 il Trattato di Maastricht ha ampliato le competenze comunitarie nel settore della politica sociale. Viene sancito il principio in forza del quale la Comunità non deve solo favorire un miglioramento del livello di vita, ma anche assicurare un elevato livello di protezione sociale. I compiti del Fondo sociale vengono ampliati ed è stato introdotto un paragrafo interamente nuovo riguardante l’istruzione e la formazione professionale. Mentre i primi Trattati europei hanno istituito un complesso di diritti dei cittadini,fondato essenzialmente sulla libera circolazione delle persone tra i paesi, il successivo Trattato, il Trattato di Amsterdam (1997), si è concentrato sui diritti fondamentali,vale a dire i diritti alla base dei regimi costituzionali nazionali che riguardano ogni persona. Da queste disposizioni emerge un sistema di diritti abbastanza completo che mira tra l’altro a riconoscere e rafforzare il diritto dell’Unione di prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.In materia di parità tra uomini e donne, l’Unione va oltre al principio di parità retributiva assumendosi il compito di promuovere in tutte le sue politiche la parità tra i due sessi, al di là delle regole già sancite dai precedenti trattati europei sul rispetto e

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25 LE DISCRIMINAZIONI

la promozione della parità in campo sociale e professionale. In quest’ ultimo settore, il Trattato prevede la possibilità di concedere vantaggi specifi ci, qualora uno dei due sessi sia manifestamente sfavorito. L’articolo 141 afferma,infatti, che “allo scopo di assicurare l’effettiva e completa parità fra uomini e donne nella vita lavorativa, il principio della parità di trattamento non osta a che uno stato membro mantenga o adotti misure che prevedono vantaggi specifi ci diretti a facilitare l’esercizio di una attività professionale da parte del sesso sotto rappresentato, ovvero evitare o compensare svantaggi nelle carriere professionali”. Questa norma è assolutamente centrale perché per la prima volta legittima la nozione di normative particolari e derogatorie che possono compensare, prevedere vantaggi specifi ci, per determinate condizioni. Nel 2000 anche la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (Nizza 2000) afferma che la parità deve essere assicurata in tutti i campi compresi quelli in materia di occupazione, lavoro, retribuzione, promuovendo la pratica delle azioni positive che entrano uffi cialmente a far parte dei programmi nazionali e locali, modifi cando le relazioni fra i diversi soggetti.Nella Conferenza internazionale di Pechino, nel 1995, si comincia a parlare della necessità di un approccio più incisivo alla questione che si basa su tre elementi: il mainstreaming, le azioni positive e l’empowerment.Il primo termine che letteralmente signifi ca “nuotare al centro della corrente” persegue il seguente scopo: quando si elabora un qualsiasi tipo di politica, nella sua attuazione si deve tenere presente la conseguenza che avrà su chi è diretta, si deve considerare l’impatto sul destinatario, sul gruppo. Ed in particolare sulle donne, infatti, prima di varare un programma o una legge, bisogna vedere quale sarà la sua conseguenza, quale sarà la sua ricaduta sulla donna: si pensi ad un programma di formazione che non tenga conto della specifi cità del ruolo della donna o della

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26 SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI

necessità di conciliare il lavoro con la famiglia.Le azioni positive, concetto di derivazione statunitense dove il problema della diversità e della discriminazione razziale è molto sentito, servono come misure che devono compensare gli svantaggi che si incontrano nella partecipazione alla vita civile, sociale e politica. L’azione positiva è chiaramente una norma correttiva che non elimina la disuguaglianza ma interviene per correggerla.L’empowerment, ultimo dei tre elementi, include la donna nei processi decisionali.Gli obiettivi di Lisbona richiedono che il tasso di occupazione femminile raggiunga il 60% entro il 2010. Per conseguire tale obiettivo è necessario potenziare la dimensione di genere della strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione. Il rispetto della legislazione sulla parità di trattamento e un uso effi cace dei Fondi strutturali possono contribuire a incrementare l’occupazione femminile.

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27 LE DISCRIMINAZIONI

• Eliminare la disparità retributiva.Nonostante gli intenti perseguiti dalla legislazione dell’Unione

Europea sulla parità retributiva, secondo la stessa Commissione le

donne guadagnano il 15% in meno degli uomini. Il persistere di

questo divario retributivo tra lavoratori e lavoratrici è rinvenibile

ancora sia in discriminazioni dirette contro le donne sia in una

serie di ineguaglianze strutturali, quali la segregazione in settori,

professioni e modalità di lavoro, l’accesso all’istruzione e alla

formazione, sistemi di valutazione e di retribuzione discriminanti e

stereotipi sessisti.

• Imprenditorialità femminile.

Le donne costituiscono in media il 30% degli imprenditori dell’UE.

Spesso esse affrontano maggiori diffi coltà rispetto agli uomini

nell’avviare un’impresa e nell’accedere ai fi nanziamenti. E’

necessario attuare più adeguatamente le raccomandazioni dell’UE

sull’imprenditorialità miranti a favorire l’avvio di imprese da parte di

donne mediante un migliore accesso ai fi nanziamenti e lo sviluppo

di reti di imprenditori.

• Parità tra donne e uomini nella protezione sociale e lotta contro la povertà.

I sistemi di protezione sociale dovrebbero eliminare i disincentivi

che dissuadono le donne e gli uomini dall’entrare o dal rimanere

nel mercato del lavoro, consentendo l’accumulo di diritti

pensionistici individuali. È tuttavia probabile che le donne abbiano

carriere più brevi o interruzioni di carriera e ottengano così meno

diritti degli uomini.

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Gli obiettivi da perseguire e gli strumenti da utilizzare

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28 SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI

Azioni chiavePromuovere, in collaborazione con gli Stati membri, l’integrazione della dimensione di genere e l’adozione di provvedimenti specifi ci nella programmazione e nell’attuazione dei nuovi fondi strutturali.Controllare e assicurare risorse adeguate al conseguimento della parità tra uomini e donne. Promuovere l’imprenditorialità femminile e un contesto imprenditoriale favorevole alla creazione e allo sviluppo di imprese guidate da donne, nonché incoraggiare le iniziative di responsabilità sociale delle imprese in tema di parità tra uomini e donne.• Favorire l’equilibrio tra attività professionale e vita

familiare.Le politiche volte a conciliare lavoro e vita familiare contribuiscono a creare un’economia fl essibile, migliorando nel contempo la vita sia degli uomini che delle donne.Si tratta di politiche che dovrebbero aiutare ad entrare e rimanere nel mercato del lavoro utilizzando l’intero potenziale della forza lavoro favorendo equamente donne e uomini. Invece, il fatto che siano in maggior numero le donne a ricorrere a forme di orario fl essibile crea uno squilibrio tra generi che si ripercuote negativamente sulla posizione delle donne nel luogo di lavoro e sulla loro indipendenza economica.• Aumentare i servizi di custodia.Una risposta al declino demografi co europeo è costituita in parte da un miglior equilibrio tra attività professionale e vita familiare, mediante strutture di custodia per l’infanzia più economiche e fl essibili e grazie alla prestazione di servizi che rispondano esigenze di assistenza degli anziani e delle persone disabili. La qualità di questi servizi va migliorata.• Migliori politiche di conciliazione tra lavoro e vita familiare

per donne e uomini.I servizi e le strutture si adattano lentamente al fatto che le sia le donne che gli uomini lavorano.

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29 LE DISCRIMINAZIONI

Pochi uomini optano per il congedo parentale o lavorano a tempo parziale. Gli uomini andrebbero incoraggiati mediante incentivi a prendere congedi parentali e ad utilizzare il diritto al congedo come le donne.

Azioni chiaveSostenere la realizzazione di servizi di custodia per l’infanzia e lo sviluppo di altri servizi di assistenza attraverso i fondi strutturali e lo scambio di pratiche ottimali.Sostenere la ricerca sulle professioni del settore sanitario e sociale collaborare con organizzazioni internazionali al fi ne di una migliore classifi cazione di tali professioni.• Promuovere la pari partecipazione delle donne e degli

uomini nei processi decisionali.La persistente sottorappresentazione delle donne nel processo decisionale politico costituisce un defi cit democratico.È necessario incoraggiare la partecipazione delle donne alla vita politica e all’alta dirigenza dell’amministrazione pubblica a tutti i livelli. Una partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini al processo decisionale economico contribuisce a creare un ambiente e una cultura del lavoro più produttivi e innovativi.La trasparenza nelle procedure di promozione, orari di lavoro fl essibili e la disponibilità di servizi di custodia dei bambini sono essenziali.La partecipazione delle donne alla scienza alla tecnologia può contribuire ad aumentare l’innovazione, la qualità e la competitività della ricerca scientifi ca ed industriale.

Azioni chiavePromuovere l’accesso delle donne alle carriere tecniche e scientifi che.Istituire una rete di donne che occupano posizioni di responsabilità a livello politico ed economico

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• Eliminare gli stereotipi di genere nella società: in particolare nell’istruzione, nella formazione e nel mercato del lavoro.

L’istruzione, la formazione e la cultura continuano a trasmettere stereotipi di genere. Le donne e gli uomini seguono spesso percorsi educativi e formativi tradizionali, che portano le donne a posti di lavoro meno valutati e remunerati.Nel mercato del lavoro le donne continuano a far fronte alla segregazione sia orizzontale che verticale rimanendo, spesso, impiegate in settori ad esse tradizionalmente riservati.

Azioni chiaveSostenere interventi volti ad eliminare gli stereotipi di genere nell’istruzione, nella cultura e nel mercato del lavoro attraverso interventi specifi ci in materia nel Fondo sociale Europeo e puntando sulla formazione permanente.Sostenere campagne di sensibilizzazione su ruoli di genere non stereotipati presso le scuole e le imprese e sviluppare attraverso i mezzi di comunicazione la promozione di un’immagine delle donne e degli uomini non stereotipata.

Oltre ai Trattati numerosi sono gli atti normativi europei che, nel corso degli anni, si sono susseguiti al fi ne di regolamentare tutti i settori in cui devono essere garantite le pari opportunità.

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31 LE DISCRIMINAZIONI

Direttiva n. 75/117: recante disposizioni volte al “Ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile”. Nella direttiva viene stabilita l’eliminazione di qualsiasi discriminazione basata sul sesso in tutti gli elementi e le condizioni delle retribuzioni(art. 1). Inoltre stabilisce l’obbligo in capo agli Stati membri di introdurre negli ordinamenti misure atte a consentire ai lavoratori, che si ritengono lesi in materia di trattamento economico, di ricorrere in via giudiziale (art. 2).

Direttiva n. 76/207: recante disposizioni volte all’ “Attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale e le condizioni di lavoro”. Con questa direttiva il principio di parità di trattamento viene esteso a tutti gli aspetti della vita lavorativa e non più solo a quello retributivo. Vengono prese in considerazione tutte le discriminazioni dirette (quando - a parità di situazione - una persona è trattata meno favorevolmente di un’altra a causa della propria origine razziale o etnica, della religione o della professione di fede, di una invalidità, dell’età o del proprio orientamento sessuale) ed indirette (disposizione, criterio o pratica apparentemente neutrali ma che in realtà discriminano le persone sulla base del loro orientamento sessuale).

Direttiva n. 79/7: recante disposizioni volte ad una “Graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini

Le direttive più importanti

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e le donne in materia di sicurezza sociale”. La quale stabilisce l’eliminazione delle discriminazioni per ciò che concerne i regimi legali relativi a malattia, invalidità, vecchiaia, infortuni sul lavoro, malattie professionali e disoccupazione.

Direttiva n. 86/378: Attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne nel settore dei regimi professionali di sicurezza sociale. Estende i provvedimenti della direttiva 79/7/CEE, per i medesimi rischi e categorie dì benefi ciari, ai regimi professionali di sicurezza sociale.

Direttiva n. 86/618: Applicazione del principio delle parità fra gli uomini e le donne che esercitano un’attività autonoma, comprese quelle nel settore agricolo, nonché tutela della maternità.Estende il campo di applicazione della legislazione comunitaria sulle pari opportunità - compreso in agricoltura - a coloro che esercitano un’attività autonoma, la libera professione, nonché ai loro congiunti non salariati che partecipino abitualmente all’attività del lavoratore/lavoratrice. Prevede molte disposizioni specifi che per le donne lavoratrici autonome in gravidanza e maternità.

Direttiva n. 92/85: Miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento. Prevede un congedo di maternità di almeno 14 settimane ininterrotte ripartite prima e/o dopo il parto; il mantenimento della retribuzione e/o il versamento di una indennità adeguata durante il periodo di congedo; il divieto di licenziamento dall’inizio della gravidanza sino al termine del congedo; la riorganizzazione temporanea delle condizioni e dei tempi di lavoro o l’esonero da esso se rischioso per la salute della donna.La direttiva è stata recepita in Italia solo nella parte riguardante la salute, attraverso il decreto legislativo n. 645 del novembre ‘96: in esso si individuano ulteriori rischi e fattori di nocività ai quali è vietato esporre le donne durante il periodo di gravidanza.

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33 LE DISCRIMINAZIONI

Direttiva n. 96/34: dei Congedi parentali. È frutto del primo accordo sindacale europeo tra la Confederazione europea dei sindacati (Ces), gli imprenditori privati (Unice) e gli imprenditori pubblici (Ceep). Prevede, tra le altre cose, un congedo parentale di almeno 3 mesi per fi gli sino a 8 anni di età. Il congedo è un diritto individuale del genitore (sia madre che padre) e quindi, in via di principio, non trasferibile.

Direttiva n. 97/80: Onere della prova nei casi di discriminazione basata sul sesso. Il 15 Dicembre ‘97 è stata approvata questa direttiva che mira a garantire un’accresciuta effi cacia dei provvedimenti adottati dagli Stati membri in applicazione del principio della parità di trattamento, diretti a consentire a chiunque si ritenga leso dalla inosservanza nei suoi confronti di tale principio di ottenere il riconoscimento dei propri diritti per via giudiziaria, dopo l’eventuale ricorso ad altri organi competenti. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari affi nché spetti alla parte convenuta provare l’insussistenza della violazione del principio di parità di trattamento ove chi si ritiene leso abbia prodotto, dinanzi ad un organo competente elementi di fatto. La direttiva fi ssa le norme minime in tema di onere della prova , derogabili in melius fra i singoli Stati membri.

Direttiva n. 2002/73: Modifi ca alla direttiva 76/207/CEE del Consiglio relativa alla realizzazione del principio dell’uguaglianza del trattamento tra i sessi nell’accesso al lavoro, alla formazione ed alla promozione professionale e le condizioni di lavoro. Da tale direttiva nasce il decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 145 (in G.U. n. 173 del 27 luglio 2005) - Attuazione della direttiva 2002/73/CE in materia di parità di trattamento tra gli uomini e le donne, per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale e le condizioni di lavoro. La direttiva al punto n . 8 ha introdotto un concetto innovativo in materia di molestie defi nendole come vere forme di discriminazione che

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si producono non solo sul posto di lavoro ma anche nell’ambito dell’accesso all’impiego e alla formazione professionale.

Direttiva 2004/113/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004, che applica il principio della parità di trattamento tra donne e uomini nell’accesso ai beni e servizi e nella fornitura di beni e servizi. La presente direttiva stabilisce un quadro per lottare contro la discriminazione basata sul sesso nell’accesso ai beni e ai servizi e nella fornitura di beni e servizi, in particolare nel settore delle assicurazioni, al fi ne di rendere effettivo il principio di parità di trattamento tra donne e uomini negli Stati membri.

Direttiva 2006/54/CE: Contenente le disposizioni per attuare il principio della parità di trattamento attraverso una normativa che regolamenta l’accesso al lavoro, alla promozione e alla formazione professionale e che disciplina, inoltre, le condizioni di lavoro, la retribuzione e i regimi professionali di sicurezza sociale. Si tratta di un provvedimento ad ampio raggio perché non si limita a misure di carattere normativo per un’attuazione della parità di trattamento ma, attraverso gli Stati membri coinvolge tutte le forze interessate a livello pubblico e privato, dai lavoratori alle parti sociali, dai datori di lavoro ai responsabili della formazione professionale, affi nché siano combattute tutte le forme di discriminazione fondate sul sesso dal punto di vista dell’occupazione e dell’impiego, adottando altresì misure preventive contro le molestie e le molestie sessuali sul posto di lavoro e nell’accesso al lavoro, alla formazione professionale e alla promozione professionale, a norma del diritto e della prassi nazionali. Per una migliore realizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero prevedere sanzioni effi caci, proporzionate e dissuasive in caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l’esistenza di procedure giudiziarie o amministrative adeguate, infatti, è ritenuta essenziale per l’effettiva attuazione del principio della parità di trattamento.

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35 LE DISCRIMINAZIONI

Alcune Raccomandazioni

-Raccomandazione 84/635/CEE: sulle azioni positive. Prevede la promozione di interventi ad hoc a favore delle donne, per superare tutte le forme di discriminazione in campo lavorativo e realizzare un’uguaglianza di opportunità. La ‘fi losofi a” di questa raccomandazione è stata recepita in Italia dalla legge 125/91 sulle azioni positive.

-Raccomandazione 92/131/CEE: Raccomandazione della Commissione sulle molestie sessuali sul lavoro, alle quali è stato affi ancato un codice di buona condotta. Il testo della raccomandazione, che non ha valore vincolante, sollecita i Quindici ad adottare provvedimenti volti ad eliminare gli atti di umiliazione e di intimidazione sessuale che bersagliano gli individui più bisognosi e quindi più “ricattabili”, come le donne divorziate o separate, le giovani al primo impiego o con contratti precari, ma anche le categorie più indifese quali handicappati, omosessuali e minoranze etniche. Il codice, invece, fornisce ad imprenditori, sindacati e lavoratori gli orientamenti per prevenire le molestie sessuali e garantire l’attuazione rapida di procedure, prima informali poi legali, per risolvere il problema ed evitarne la ripetizione.

-Raccomandazione 92/241/CEE: del Consiglio sulla custodia dei bambini. Il testo invita i governi nazionali ad approntare una serie di misure volte a creare strutture economicamente accessibili e di buona qualità per la custodia infantile, aumentare i congedi parentali nonché dividere più equamente all’interno di una

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coppia di genitori le responsabilità familiari che derivano dalla custodia e dall’educazione dei fi gli.-1994: Memorandum della Commissione sulla parità di retribuzione per lavori di uguale valore. È volto a potenziare la politica esistente in materia di pari opportunità tra donne e uomini. Il testo, oltre a chiarire il signifi cato dei concetti di lavoro di pari valore, di classifi cazione e valutazione professionale, di discriminazione e remunerazione, presenta alcune misure destinate alla realizzazione concreta dell’equa retribuzione.

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Alcune Risoluzioni

-1994: Risoluzione del Consiglio sulle pari opportunità nell’ambito dei Fondi Strutturali. Il Consiglio invita gli Stati membri a far sì che la promozione del principio di pari opportunità tra uomini e donne sul mercato del lavoro sia debitamente considerato nelle azioni cofi nanziate dal Fondo sociale europeo, in particolar modo in quelle mirate a migliorare la posizione delle donne sul mercato del lavoro e a facilitarne l’inserimento nei settori di attività economica.

-1994: Risoluzione del Consiglio sulle pari opportunità nella strategia di crescita economica. Con questa risoluzione il Consiglio ribadisce l’importanza di realizzare gli obiettivi che possono facilitare e migliorare la partecipazione delle donne alla strategia di crescita economica volta all’aumento dell’occupazione in seno all’Unione. In particolare, il Consiglio invita la Commissione a tenere conto di tutti questi obiettivi nel corso dell’elaborazione del Quarto programma d’azione per le pari opportunità.

-1996: Comunicazione della Commissione relativa all’applicazione del principio di mainstreaming.

-1996: Codice di condotta per l’applicazione della parità retributiva tra uomini e donne per lavori di pari valore. Partendo dalle motivazioni che determinano il permanere di differenziali retributivi tra uomini e donne, il codice si rivolge in particolare a imprese e partners sociali. Il testo propone alle parti l’adozione, su base volontaria, di interventi di monitoraggio delle

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retribuzioni per identifi care le cause delle discriminazioni salariali e piani di azione per rimuoverle.

-1997: Relazione della Commissione del 22/05/97 sulla situazione della salute delle donne nella Comunità europea e risoluzione del Consiglio del 04/12/97 sulla relazione. La Relazione della Commissione, che fornisce una serie di dati, si pone l’obiettivo di evidenziare la necessità di analisi e interventi sulla salute delle donne nelle varie fasi della vita; la risoluzione del Consiglio ha l’obiettivo dì migliorare i sistemi di rilevazione dei dati per consentire un’azione comunitaria maggiormente incisiva.

-2000: Risoluzione del Consiglio e dei Ministri incaricati dell’occupazione e della politica sociale: Tale risoluzione ribadisce due obiettivi importanti per la parità tra uomini e donne:1) la partecipazione equilibrata degli uomini e delle donne

all’attività professionale e alla vita familiare;2) l’equilibrata partecipazione di donne e uomini al processo

decisionale.

-2001: Risoluzione del Parlamento Europeo “Mobbing sul posto di lavoro”. Il Parlamento Europeo ritenendo che il mobbing costituisca un grave problema nel contesto della vita professionale, indica agli Stati membri l’opportunità di prestare maggiore attenzione e rafforzare le misure per farvi fronte, inclusa la ricerca di nuovi strumenti per contrastare il fenomeno. Viene richiamata, inoltre, l’attenzione sul fatto che le donne sono più frequentemente vittime che non gli uomini di questo fenomeno.

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39 LE DISCRIMINAZIONI

La Consigliera di Parità: ruolo e funzioni

Le Consigliere di Parità sono nominate con Decreto del Ministero del Lavoro,della Salute e delle Politiche Sociali, di concerto col Ministro per le Pari Opportunità e sono designate dalle Regioni e dalle Province.Vengono scelte in base alla loro specifi ca competenza ed esperienza in materia di lavoro femminile, di normative sulla parità e di mercato del lavoro.Sono presenti a livello nazionale, regionale e provinciale dove per ciascuna Consigliera è nominata una supplente.La loro attività si svolge in stretta collaborazione con gli Assessorati, le Commissioni e con le amministrazioni regionali o provinciali che forniscono la sede, le strutture e il personale per l’espletamento dei compiti per cui sono adibite. La storia della legislazione femminile potrebbe essere divisa in tre grandi periodi, in cui prevalgono ora il principio della tutela, ora quello della parità e da ultimo il principio delle pari opportunità collegato alla realizzazione di pari condizioni di partenza tra uomini e donne.L’attuazione del principio delle pari opportunità ha richiesto la presenza di una fi gura capace di promuovere le attività volte alla realizzazione di tale principio e di vigilare sul rispetto del principio di non discriminazione tra uomini e donne, soprattutto nel lavoro.La Consigliera di Parità è stata istituita con la Legge n. 863/84 prevedendo, per la prima volta, una fi gura specifi ca con la funzione di provvedere all’applicazione della Legge 903/77 sulla parità tra uomini e donne nel lavoro pubblico e privato.Poiché occorreva defi nire nei dettagli tale fi gura è intervenuta

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successivamente la Legge 125/91 recante “Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro” volta a tradurre concretamente il concetto di azione positiva. Tale legge individua i due obiettivi fondamentali per l’attuazione delle pari opportunità: • favorire l’occupazione femminile;• realizzare l’eguaglianza sostanziale tra uomini e donne sul

lavoro, anche mediante l’adozione di misure denominate azioni positive, fi nalizzate alla rimozione degli ostacoli che di fatto impediscono le pari opportunità.

Infi ne il D.Lgs. 23.05.2000, n. 196 “Disciplina dell’attività delle Consigliere e dei Consiglieri di parità e disposizioni in materia di azioni positive, che ha potenziato, fornendole maggiori poteri, il ruolo della Consigliera di Parità.Tale intervento normativo costituisce il passo successivo verso la concretizzazione dei principi di parità: completa la legge 125/91 sul piano normativo e rafforza il ruolo della Consigliera conferendole numerosi compiti ma anche risorse necessarie per garantire l’espletamento delle attività,rendendola, così, più incisiva nei compiti e nelle funzioni assegnatele dalla legge.Le Consigliere di Parità – Pubblici Uffi ciali nello svolgimento delle loro funzioni-operano secondo le seguenti tre linee di guida:• monitorare l’applicazione delle leggi in materia di pari

opportunità – specialmente nel campo del lavoro – per misurare le situazioni di squilibrio e di discriminazione

• promuovere le pari opportunità – specialmente nel campo del lavoro – in coerenza con le linee di sviluppo territoriali e di concerto con gli altri Enti preposti anche mediante l’attivazione di progetti specifi ci;

• verifi care l’attuazione dei piani di pari opportunità - nel campo del lavoro – a carico egli Enti Pubblici e Privati anche intervenendo contro situazioni discriminanti.

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41 LE DISCRIMINAZIONI

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La Consigliera di Parità può quindi:• intraprendere iniziative per far rispettare il principio di non

discriminazione;• promuovere i progetti di azioni positive;• collaborare con le direzioni provinciali del lavoro;• verifi care i risultati delle azioni positive intraprese;• elaborare e presentare ai rispettivi organismi di riferimento un

rapporto annuale sulla situazione delle pari opportunità. La Consigliera di Parità della nostra ProvinciaCon delibera n. 26 del 20 marzo 2001, la Provincia di Ascoli Piceno ha provveduto, secondo i termini e le modalità fi ssati dalla legge, a designare – a seguito di bando pubblico - la Consigliera di Parità effettivo e la Consigliera di Parità supplente ed a comunicarne i nominativi al Ministero per la nomina.Con Decreto del 18 luglio 2001 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro per le Pari Opportunità, ha nominato la Consigliera di Parità effettiva ed la Consigliera di Parità supplente per la Provincia di Ascoli Piceno.La Consigliera di Parità svolge una capillare attività di informazione e di sensibilizzazione per sostenere politiche concrete di pari opportunità all’interno delle aziende, della Provincia di competenza e nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici. La sua attività è specifi camente orientata al mondo del lavoro con una duplice funzione promozionale e di tutela antidiscriminatoria.Nelle situazioni di squilibrio di genere sui luoghi di lavoro individua le procedure effi caci contro le eventuali forme di discriminazione riscontrate e, se ricorrono i presupposti, promuove e sostiene azioni in giudizio.SE RISCONTRI DI ESSERE VITTIMA DI DISCRIMINAZIONI DI GENERE O DI MOLESTIE, SE INTENDI PROMUOVERE ATTIVITÀ O AZIONI CHE SIANO UTILI A RIMUOVERE SITUAZIONI DI DISPARITÀ TRA UOMINI E DONNE, PRESENTI NEL TERRITORIO, PUOI CONTATTARE LA CONSIGLIERA DI PARITÀ E IL SUO

UFFICIO.

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43 LE DISCRIMINAZIONI

I diritti dei genitori lavoratori

Qui di seguito sono elencate le principali opportunità di cui mamme e papà lavoratori possono usufruire prima e dopo la nascita di un/una bimbo/a e fi no all’ottavo anno di età, al fi ne di valutare, serenamente, come poter conciliare la vita familiare con quella lavorativa attraverso gli strumenti previsti dalla Legge 53/2000.

IL CONGEDO DI MATERNITÀTale istituto, poiché incide nel periodo della gravidanza e nei primi mesi di vita del bambino, resta di esclusiva della donna lavoratrice, il padre può utilizzare tale congedo nel caso di decesso o grave infermità e di abbandono da parte della madre e di affi damento esclusivo al padre. Si tratta di un periodo di tempo che generalmente va dai due mesi prima della nascita e tre mesi successivi oppure un mese prima della nascita e quattro dopo, cd maternità fl essibile.Ricordiamo che la fl essibilità viene concessa a condizione che il medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale (o con esso convenzionato)ed il medico competente ai fi ni della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che ciò non può recare alcun danno alla salute della madre o del bambino.Nel caso in cui il bambino nasca morto, o deceda successivamente al parto, la lavoratrice ha comunque diritto alle prestazioni economiche per i tre mesi successivi al parto.Se il/la bambino/a è nato/a prematuro/a, rispetto alla data prevista, è possibile rimanere in congedo anche nei giorni non utilizzati prima del parto.

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La prestazione economica è erogata dall’Inps(per le lavoratrici dipendenti è anticipata dal datore di lavoro) ed è pari al’ 80%della retribuzione, i contratti collettivi nazionali di lavoro, in genere, garantiscono l’intera retribuzione , impegnando il datore di lavoro a pagare la differenza. L’indennità viene corrisposta alle lavoratrici per il periodo del congedo per maternità o anche per interruzione della gravidanza dopo il 180°giorno dall’inizio della gestazione. Il periodo di assenza conta come anzianità di servizio,anche ai fi ni della tredicesima e delle ferie. I contributi previdenziali sono garantiti al 100%.

TI CONSIGLIAMO, PER AVERE UNA MAGGIORE CONSAPEVOLEZZA

DEI TUOI DIRITTI, DI LEGGERE SEMPRE IL CONTRATTO COLLETTIVO DI

LAVORO APPLICATO DALLA TUA AZIENDA.

L’indennità di maternità spetta alle lavoratrici subordinate, alle lavoratrici autonome, alle lavoratrici parasubordinate e, in alcuni casi, alle madri disoccupate.

Se sei una lavoratrice subordinataPer quanto concerne le lavoratrici subordinate i requisiti essenziali richiesti per l’indennità sono i seguenti:> uno stato di gravidanza accertato, seguito dal parto;> un rapporto di lavoro subordinato in corso con diritto alla

retribuzione.All'interno di questa categoria ci sono delle lavoratrici subordinate per le quali sono richiesti dei requisiti particolari. Vediamo quali:> lavoratrici agricole: è richiesta l’iscrizione per almeno 51

giornate negli elenchi nominativi dell’anno precedente la data di inizio del congedo obbligatorio di maternità;

> lavoratrici a domicilio:se sei una lavoratrice a domicilio sei tenuta a consegnare all’inizio del congedo tutte le merci al tuo committente e anche il lavoro non ultimato. Nel caso in cui la riconsegna avviene dopo l’inizio del periodo di congedo,

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45 LE DISCRIMINAZIONI

l’indennità di maternità spetta a partire dal giorno successivo alla riconsegna della merce e del lavoro.

> Lavoratrici domestiche (colf e badanti):devi avere almeno 52 contributi settimanali nei due anni precedenti l’inizio del congedo oppure 26 contributi settimanali nei 12 mesi precedenti il congedo.

> Se sei in mobilità all’inizio dell’astensione obbligatoria o durante il periodo di interdizione dal lavoro l’indennità di mobilità viene sostituita da quella di maternità. Non si darà luogo ad un prolungamento del trattamento economico di mobilità al termine dei periodi stabiliti dalla legge.

Non sarà computato il periodo di astensione obbligatoria ai fi ni della permanenza nelle liste di mobilità cioè la sola iscrizione nelle liste slitterà dei mesi relativi all’astensione obbligatoria.Non si procede alla cancellazione dalla lista se, durante il congedo, si rifi uta un’offerta di lavoro o di avviamento a corsi di formazione.

Se il tuo rapporto di lavoro è cessato hai diritto all’indennità a condizione che tra la data di cessazione del rapporto di lavoro e l’inizio del periodo di congedo di maternità non siano trascorsi più di 60 giorni. In caso contrario hai diritto all’indennità solo nei seguenti casi:> se all’inizio del periodo di congedo di maternità hai diritto

all’indennità di disoccupazione ;> se hai lavorato alle dipendenze di datori di lavoro non soggetti

all’obbligo dell’assicurazione contro la disoccupazione a condizione che, al momento dell’astensione obbligatoria dal lavoro, non siano trascorsi più di 180 giorni dalla cessazione del rapporto, inoltre nel biennio precedente tale periodo devono risultare versati almeno 26 contributi settimanali ai fi ni dell’assicurazione di maternità(è il caso ad esempio delle apprendiste).

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Se sei disoccupata, il trattamento economico di maternità spetta alla lavoratrice anche se il congedo di maternità ha inizio dopo 60 giorni la cessazione del rapporto di lavoro purché all’inizio del congedo risulti disoccupata e titolare dell’indennità di disoccupazione: in tal caso hai diritto all’indennità di maternità anziché quella di disoccupazione.Questa previsione è stata estesa anche per chi benefi cia dell’indennità disoccupazione con requisiti ridotti.

Se sei una lavoratrice autonoma (artigiana, commerciante, coltivatrice diretta), hai diritto al congedo di maternità ma la misura dell’indennità cambia a seconda della tipologia di lavoro autonomo. Non hai l’obbligo di astensione dal lavoro per fruire dell’indennità.

Se sei una libera professionista, iscritta ad una delle varie casse previdenziali hai diritto all’indennità di maternità per il periodo corrispondente ai due mesi precedenti il parto e ai tre mesi successivi.La misura dell’indennità è pari al’80% di 5/12 del reddito percepito e denunciato dalla professionista nel secondo anno precedente il parto. L’importo mensile del trattamento non può, in ogni caso, essere inferiore a 5 mensilità di retribuzione calcolata nella misura pari all’80% del salario minimo giornaliero degli impiegati del commercio.Occorre sottolineare che la categoria delle libere professioniste non è stata coinvolta dalle novità introdotte dalla legge in materia di congedi, poiché si tratta di una norma destinata prevalentemente ai lavoratori dipendenti.

> Se sei una lavoratrice madre (lavoratrici o ex-lavoratrici che hanno almeno 3 mesi di contributi nel periodo compreso tra i nove e i diciotto mesi prima del parto, e madri che hanno lavorato per

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almeno 3 mesi negli ultimi 9 mesi), ma non hai raggiunto i requisiti per l’indennità di maternità o quest’ultima risulta di importo inferiore all’assegno hai diritto all’assegno di maternità statale.> Se non lavori o hai un reddito basso, hai diritto all’assegno di maternità comunale, il diritto all’assegno è subordinato a limiti di reddito, alla numerosità della famiglia e ad altre specifi che condizioni, considerate attraverso dei parametri, l’Indicatore della Situazione Economica (Ise), e l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (Isee).Entrambe le prestazioni, non cumulabili tra loro, vanno richieste entro i 6 mesi dalla nascita del fi glio o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affi damento.In entrambi i casi sia per l’assegno di maternità dello Stato sia per quello dei Comuni è l’Inps che paga.Gli assegni sono erogati alle madri, italiane o straniere regolarmente soggiornanti in Italia, per tutti i bambini residenti in Italia e nati, adottati o presi in affi damento nell’anno in corso. Se, per qualche motivo, la madre non è presente nella famiglia (abbandono del fi glio, separazione, ecc.), l’assegno spetta al padre.

Se non hai il permesso di soggiorno,devi sapere che, nel rispetto della privacy, hai diritto di usufruire gratuitamente delle cure mediche e ospedaliere urgenti e anche continuative durante il periodo di gravidanza ed al momento del parto presso gli ospedali del Servizio Sanitario Nazionale(puoi rivolgerti all’Asl, ai Servizi sociali del Comune o al consultorio familiare).Non partorire da sola, il nostro ordinamento tutela sempre e comunque la maternità, anche se sei irregolare non puoi essere espulsa durante lo stato di gravidanza e per i 6 mesi successivi alla nascita del/della tuo/tua bambino/a. Hai diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di gravidanza. Ugualmente non potrà essere espulso per lo stesso periodo tuo marito se convivente. Potrai richiedere il permesso di soggiorno

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presentando, all’atto della richiesta, un certifi cato medico nel quale sia attestato lo stato di gravidanza e la data presumibile del parto.

IL CONGEDO PARENTALENei primi otto anni di vita del bambino il padre e la madre, lavoratori dipendenti, hanno diritto ad assentarsi dal lavoro anche contemporaneamente, ma per un periodo complessivo non superiore agli 11 mesi.Nel caso i cui tu sia l’unico genitore, hai diritto ad usufruire di un periodo di congedo continuativo e frazionato per la durata massima di 10 mesi. Ricordati che devi preavvisare il datore di lavoro almeno 15 giorni prima della data in cui vuoi iniziare l’astensione. Per quanto riguarda l’indennità hai diritto al 30% della retribuzione fi no ai 3 anni del/della bambino/a. Successivamente non percepirai nessuna retribuzione a meno che il tuo reddito sia inferiore a 2,5 volte il trattamento minimo di pensione.Se sei una lavoratrice autonoma, e mamma di un bambino nato a decorrere dal 2000 hai diritto al congedo parentale comprensivo di trattamento economico limitatamente a tre mesi ed entro il primo anno di vita del/della bambino/a con l’obbligo di astensione dal lavoro.Se i bambini sono due o più di due hai diritto ad usufruire dei mesi di congedo previsti per ciascun/a fi glio/a.

I RIPOSI GIORNALIERIDurante il primo anno di vita del/della bambino/a hai la possibilità di avvalerti dei riposi giornalieri.Se hai un orario superiore a 6 ore puoi disporre di due riposi anche cumulabili nella giornata. Un’ora per ogni riposo.Se hai un orario inferiore alle 6 ore puoi disporre di un solo riposo. Nel caso in cui tu usufruisca di Asilo nido o di struttura idonea istituita dall’azienda nell’unità produttiva o nelle immediate

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vicinanze il periodo di riposo ha la durata di mezz’ora.Nel caso di parto plurimo i riposi raddoppiano e le ore aggiuntive possono essere utilizzate dal papà.Nel caso di adozione o di affi damento puoi utilizzare le medesime regole entro il primo anno dall’ingresso dal bambino nella famiglia.Dal punto di vista retributivo i riposi corrispondono a tutti gli effetti alla durata e retribuzione del lavoro. Per quanto riguarda gli aspetti previdenziali i riposi sono coperti da contribuzione fi gurativa.

CONGEDI E PERMESSI PER LA MALATTIA DI TUA FIGLIA O DI TUO FIGLIOSe tuo fi glio/a si ammala i congedi sono un tuo diritto, in alternativa al papà fi no al’8° anno di età del/della bambino/a. Il congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto.Fino a tre anni: Puoi assentarti dal lavoro in qualsiasi momento, senza vincoli di tempo e fi no alla completa guarigione, per periodi corrispondenti alla malattie di ciascun/a fi glio/a.Nel caso di adozione e affi damento il limite di età è elevato a sei anni.Dai tre agli otto anni: Puoi assentarti dal lavoro per un massimo di 5 giorni lavorativi all’anno per ogni fi glio/a(anche per le adozioni e gli affi damenti).Nel caso in cui, alla data dell’adozione o dell’affi damento, il minore abbia un’età compresa tra i 6 e 12 anni, il congedo per la malattia del bambino è fruito nei primi tre anni dall’ingresso del minore nel nucleo familiare.Ricorda di presentare il certifi cato medico di malattia da un medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale o con esso convenzionato. Nel caso in cui avvenga un ricovero ospedaliero nel periodo delle ferie queste possono essere sospese per l’intera durata del ricovero. Dal punto di vista retributivo non è prevista

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alcuna indennità. I congedi sono utili,invece, per il calcolo dell’anzianità, ma non delle ferie e delle mensilità aggiuntive. Per quanto riguarda il trattamento previdenziale i periodi di congedo entro i tre anni di vita del bambino prevedono la contribuzione fi gurativa, tra i tre e gli otto anni la contribuzione fi gurativa è ridotta.

FIGLIO/A CON GRAVE HANDICAPNel caso in cui tuo/tua fi glio/a sia portatore di handicap grave, secondo i criteri stabiliti dalla legge n. 104/92, i permessi e i riposi previsti da questa legge possono essere cumulati con il congedo parentale e con il congedo per malattia.Fino ai 3 anni di età: estensione del congedo parentale ad un massimo di tre anni, sempre che il/la bambino/a non sia ricoverato in istituiti specializzati a tempo pieno;diritto a due ore di riposo giornaliero.Dai 3 ai 18 anni di età: tre giorni di permesso mensile, anche continuativi.Oltre i 18 anni di età: tre giorni di permesso mensile anche continuativi a patto che il/la fi glio/a sia convivente o che lo assisti in modo continuativo e d esclusivo.Dal punto di vista retributivo nel caso di prolungamento del periodo di congedo parentale l’indennità corrisponde al 30% della retribuzione.Per quanto riguarda, invece, i riposi giornalieri e di permessi mensili la retribuzione è completa. Sul piano previdenziale la contribuzione è fi gurativa in entrambe le situazioni.

I DIRITTI DEL PAPÀ: IL CONGEDO DI PATERNITÀ, I CONGEDI PARENTALI, PERMESSISe sei un papà lavoratore e sei l’unico genitore oppure la mamma è gravemente malata, hai diritto ad assentarti dal lavoro per un periodo che si chiama congedo di paternità

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e che dura per tutto il tempo che sarebbe spettato alla mamma(complessivamente 5 mesi).Dovrai solo presentare al tuo datore di lavoro la certifi cazione che attesti la morte, l’abbandono, la grave infermità della mamma o l’affi damento esclusivo. Il trattamento economico e previdenziale è lo stesso previsto per il congedo di maternità.Se sei in mobilità, il congedo non si calcola nel periodo di permanenza nelle liste, mentre l’indennità di mobilità ti continuerà ad essere pagata sempre per il periodo massimo previsto. Non vieni cancellato dalla lista se, durante il congedo, rifi uti un’offerta di lavoro o di avviamento a corsi di formazione.Nel caso di adozione o di affi damento, potai chiedere il congedo per paternità per i primi tre mesi successivi all’effettivo ingresso in famiglia nel caso in cui il/la bambino/a:- non abbia più di sei anni, a meno che non provenga da un paese

straniero;- non abbia già chiesto il congedo la madre;- la mamma non ci sia o sia gravemente malata.

Il congedo parentale per i papàLa novità introdotta dalla legge 53 del 2000 è stata proprio quella di riconoscere anche ai papà, lavoratori dipendenti, la possibilità di assentarsi dal lavoro in alternativa o contemporaneamente alla donna, rimarcando il diritto alla genitorialità. Valgono le stesse regole previste per la donna in tema di congedo parentale.Sembra opportuno soffermarsi sulle varie possibilità di utilizzo del congedo previste dalla legge.I relativi congedi parentali dei genitori non possono complessivamente eccedere il limite di 11 mesi. Nell’ambito del predetto limite il diritto ad astenersi dal lavoro compete:1) alla mamma lavoratrice trascorso il periodo di congedo di

maternità per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi;

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2) al papà lavoratore, dalla nascita del/della fi glio/a, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi;

3) qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 10 mesi.

Qualora il papà lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore ai 3 mesi, il limite complessivo dei congedi parentali dei genitori è elevato ad 11 mesi, anziché 10.

Riposi giornalieri Spettano in primo luogo alla mamma, il papà può utilizzarli quando:- i fi gli siano affi dati solo al papà;- la mamma lavoratrice dipendente non li utilizzi;- la mamma non sia lavoratrice dipendente;- la mamma sia la lavoratrice autonoma o libera professionista;- vi sia il decesso o una grave malattia del mamma.In caso di parto plurigemellare i permessi raddoppiano e la quota eccedente può essere utilizzata anche dal padre, contemporaneamente alla mamma.

Congedi e permessi per la malattia di tuo fi glioValgono le stesse regole previste per la mamma. Infatti se tuo/tua fi glio/a si ammala i congedi sono anche un tuo diritto, in alternativa alla mamma.

LE NOVITÀ DELLA FINANZIARIA PER IL 2007IN FAVORE DELLA TUTELA DELLA GENITORIALITÀLa legge 27 Dicembre 2006 n. 296(Finanziaria per il 2007)ha disposto l’estensione di una serie di tutele già previste per i lavoratori subordinati in favore degli iscritti alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della Legge 8 agosto 1995 n. 335 ed in particolare dei c. d. parasubordinati. È stato emanato il Decreto 12

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Luglio 2007 il quale disciplina l’applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 17 e 22 del Dlgs 151 del 2001 a tutela e a sostegno della maternità delle lavoratrici a progetto e categorie assimilate, nonché delle associate in partecipazione iscritte nella medesima gestione separata INPS. Vediamo le novità più importanti:1) è stato esteso ai committenti e agli associanti in partecipazione il

divieto di adibire le donne al lavoro:- durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo

in caso di particolari condizioni che consentono la fl essibilità del congedo (un mese prima e quattro dopo il parto);

1) - per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;

1) - durante i tre mesi dopo il parto1) - durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora

il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta. Questi giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità dopo il parto.

2) A questi periodi obbligatori può aggiungersi l’astensione anticipata dal lavoro in tutti i casi in cui l’attività lavorativa può rivelarsi pregiudizievole per la gravidanza. La possibilità di chiedere l’interdizione anticipata dal lavoro vale anche per le libere professioniste iscritte alla stessa gestione separata che potranno fruire della indennità di maternità solo se auto certifi cheranno di essersi effettivamente astenute dal lavoro.

3) Per le collaboratrici a progetto la maternità comporterà anche il diritto alla proroga di 180 giorni del contratto di lavoro. L’indennità di maternità alla quale avranno diritto le lavoratrici è dovuta solo a patto che risultino accreditate almeno tre mensilità di contribuzione nei 12 mesi precedenti.

LE NOVITÀ DELLA FINANZIARIA PER IL 2008IN MATERIA DI ADOZIONI E AFFIDAMENTIAllo scopo di equiparare il trattamento dei genitori adottivi e

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affi datari a quello dei genitori naturali in materia di congedi di maternità, paternità e parentali la nuova fi nanziaria ha apportato delle importanti novità. Vediamo quali. Fino ad ora era possibile avere il congedo di maternità retribuito solo per tre mesi e solo dopo l’avvenuta adozione. Con la nuova normativa è possibile fruire del congedo per cinque mesi, a prescindere dall’età del minore adottato, e per tre mesi nel caso di affi do. I congedi possono essere utilizzati anche prima dell’ingresso del bambino in Italia, nel caso di adozioni internazionali, quando la coppia si reca all’estero per incontrare il minore per perfezionare le procedure adottive. Altra novità riguarda l’età del/della bambino/a per la fruizione dei congedi parentali:è stato abolito il limite di età di 12 anni. Le nuove disposizioni si applicano per tutti i casi (adozione nazionale, internazionale e affi do)per i minori adottati dal 1 Gennaio 2008 e per quelli adottati nel 2007 per i quali, però, non siano decorsi i cinque mesi dall’inizio dell’adozione o dell’affi do. Per quanto riguarda il congedo parentale la novità è che i genitori adottivi e affi datari, analogamente ai genitori biologici, possono fruire del congedo parentale entro i primi otto anni dall’ingresso del minore in famiglia indipendentemente dall’età del minore e, comunque, non oltre il compimento della maggiore età. Al padre lavoratore spetta il congedo di paternità, alle stesse condizioni per la madre, per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua in alternativa alla madre lavoratrice che vi rinuncia anche solo parzialmente. Il padre lavoratore potrà usufruire dei congedi anche in caso di decesso o infermità della madre o nei casi di abbandono o affi damento esclusivo.

IL DIRITTO AL MANTENIMENTO DEL POSTO DI LAVOROAl tuo rientro dal congedo per maternità hai diritto a conservare il tuo posto di lavoro e hai diritto di restarvi fi no al compimento di un anno di età del/della bambino/a. Dovrai essere adibita alle stesse mansioni che svolgevi prima del congedo oppure ad altre

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55 LE DISCRIMINAZIONI

mansioni che, secondo il contratto collettivo, sono considerate equivalenti. Gli stessi diritti ti competono al rientro dopo un congedo parentale, un permesso o un riposo. Le stesse disposizioni si applicano anche ai papà lavoratori che rientrano da un congedo per paternità o parentale.

DIVIETO DI LICENZIAMENTOLe mamme lavoratrici non possono essere licenziate dall’inizio del periodo di gravidanza fi no al termine di interdizione dal lavoro(congedo di maternità), nonché fi no al compimento di un anno di età del/della bambino/a.Il divieto opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza e la lavoratrice, licenziata nel corso del periodo protetto, è tenuta a presentare al datore di lavoro idonea certifi cazione dalla quale risulti l’esistenza all’epoca del licenziamento delle condizioni che lo vietavano. Il licenziamento intimato in violazione del divieto è nullo.Occorre segnalare l’ultimo orientamento della Cassazione (sentenza n. 9549 del 9.9.1995)secondo cui la lavoratrice licenziata non ha diritto alla reintegrazione ma al semplice risarcimento dei danni. Anche in caso di dimissioni che avvengono nel periodo di tutela la legge prevede un iter particolare volto a contrastare che, dietro alla volontà della lavoratrice di recedere dal rapporto di lavoro, si nasconda un vero e proprio licenziamento.Infatti,l’art. 55 del D .lgs. 151/2001 prevede che le dimissioni presentate dalla lavoratrice durante il periodo di gravidanza e dalla lavoratrice o del lavoratore durante il primo anno di vita del bambino o nel primo anno d’ingresso del minore adottato o affi dato devono essere convalidate dal servizio ispezioni del lavoro della Direzione Provinciale del lavoro.A detta convalida è condizionata la risoluzione del rapporto di lavoro e la lavoratrice o il lavoratore non sono tenuti al preavviso.Nel caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto il divieto di licenziamento la lavoratrice ha diritto alle

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indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento.Questa disposizione si applica anche al padre lavoratore che ha fruito del congedo di paternità. Nel caso di adozione e di affi damento la disposizione si applica entro un anno dall’ingresso del minore nel nucleo familiare. Anche se sei collaboratrice domestica e la tua gravidanza è iniziata all’interno del periodo di lavoro non puoi venire licenziata fi no al terzo mese dopo il parto.Non puoi comunque essere licenziato/a perché chiedi i congedi parentali o ti assenti per malattia del/della bambino/a.

Il licenziamento invece può essere comunicato: se ci sia una tua colpa grave che costituisca giusta causa (ma non perdi il diritto all’indennità), se l’azienda cessa l’attività, se sia terminata la prestazione per la quale eri stata assunta oppure sia scaduto il contratto a termine e anche se non hai superato il periodo di prova. Su quest’ultima ipotesi,tuttavia, bisogna verifi care che non ci sia stata una discriminazione proprio perché incinta o perché, in quanto padre, hai chiesto il congedo per paternità.

IL LICENZIAMENTO A CAUSA DEL MATRIMONIONon solo la maternità ma anche il matrimonio può essere, per una donna, causa di licenziamento illegittimo.Così la legge interviene (Legge n. 7/63) prevedendo che il licenziamento della lavoratrice (con esclusione di quelle domestiche) effettuato per causa di matrimonio è nullo.È considerato, anche, nullo per causa di matrimonio il recesso intimato nel periodo intercorrente tra il giorno della richiesta delle pubblicazioni fi no ad un anno dopo la celebrazione.Al datore di lavoro spetta l’onere della prova per dimostrare che il licenziamento disposto nel corso di tale periodo è stato

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determinato da altre ragioni: giusta causa, cessazione dell’attività aziendale, per ultimazione dei lavori ecc.Conseguenze: la nullità comporta l’obbligo di riammissione in servizio e il pagamento della retribuzione globale di fatto sino al giorno della riammissione. La lavoratrice che rifi uta di ritornare in servizio dichiarando di recedere dal contratto si considera dimissionaria per giusta causa, col diritto al relativo trattamento e alla retribuzione fi no al giorno del recesso.

LAVORO NOTTURNOÈ vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall’accertamento dello stato di gravidanza (o dal momento in cui il datore di lavoro ne sia venuto a conoscenza) fi no al compimento di un anno di età del bambino.Qualora sopraggiungano condizioni di salute che comportino l’inidoneità della prestazione di lavoro notturno, accertata dal medico competente o dalle strutture sanitarie pubbliche, la lavoratrice verrà assegnata al lavoro diurno, ad altre mansioni equivalenti, se esistenti e disponibili (art. 15 D. lgs.66/2003) secondo le modalità defi nite dalla contrattazione collettiva.Mentre il lavoro notturno non deve essere obbligatoriamente prestato:• dalla lavoratrice madre di un fi glio con meno di tre anni (in

alternativa al padre lavoratore);• dalla lavoratrice (o dal lavoratore) unico genitore affi datario di un

fi glio convivente con meno di 12 anni;• dalla lavoratrice (o dal lavoratore)che abbia a proprio carico un

soggetto disabile (a norma della L . 104/1992).

Se sei un lavoratore o una lavoratrice e ti trovi in une delle condizioni sopra elencate puoi, quindi, legittimamente rifi utare di prestare il lavoro notturno. Il datore di lavoro che non rispetta tali disposizioni di legge è sanzionabile.

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Sulle discriminazioni, le molestie sessualie il mobbing

LE DISCRIMINAZIONI DI GENERE SUL LAVOROCostituisce discriminazione qualsiasi atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando anche in via indiretta i lavoratori e le lavoratrici in ragione del sesso e comunque il trattamento meno favorevole rispetto a quello di un’altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga (art. 4 L. 125/1991).Per discriminazione diretta, deve intendersi la situazione nella quale una persona è trattata meno favorevolmente in base al sesso di quanto sia, sia stata o sarebbe stata un’altra in una situazione analoga.Per discriminazione indiretta, deve intendersi ogni trattamento pregiudizievole conseguente all’adozione di criteri o prassi apparentemente neutri che:> svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori

dell’uno e dell’altro sesso;> riguardino requisiti non essenziali allo svolgimento del rapporto

di lavoro.Si ha, dunque, discriminazione indiretta quando, non discriminando direttamente il soggetto perché uomo o donna, si richieda, ad esempio, per l’accesso ad una data organizzazione delle struttura produttiva, un prerequisito seppure neutro (l’esempio classico è quello del possesso di un’ altezza minima per un certo tipo di lavoro) che di fatto viene proporzionalmente a svantaggiare molto di più un sesso rispetto ad un altro. Tra le principali fi nalità dell’attività istituzionale della Consigliera di Parità è annoverata la tutela contro la discriminazione di genere

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in ambito lavorativo, attraverso l’attività di vigilanza sul rispetto del principio di non discriminazione tra uomini e donne nel lavoro pubblico e privato e attraverso la promozione delle iniziative per la diffusione di tale principio.Il perché, spesso, siano le lavoratrici a subire discriminazioni di genere sul lavoro è rinvenibile nella diffi cile conciliazione tra famiglia e vita professionale che le vede ancora protagoniste, nel fatto che i momenti di diffi coltà del mercato del lavoro e l’aumento della fl essibilità contrattuale rallentino ulteriormente il loro inserimento lavorativo.

LE FORME PIÙ FREQUENTI DI DISCRIMINAZIONE DI GENEREIl colloquio di lavoroSpesso il colloquio di lavoro è un momento in cui la discriminazione di genere può manifestarsi attraverso apparenti domande neutre circa i tuoi progetti futuri poste dal selezionatore (se sei sposata, se hai fi gli o se intendi averne). Situazione che aveva spinto il nostro Parlamento ad adottare un provvedimento di Legge che è entrato in vigore il 23 Novembre scorso (Legge 17 Ottobre 2007, n.188) recante disposizioni in materia di modalità per la risoluzione del contratto di lavoro per dimissioni volontarie. L’obiettivo principale consisteva nel tentativo di scoraggiare la prassi, appunto, delle dimissioni in bianco. Questa pratica pone, infatti, i lavoratori nella condizione di rinunciare all’esercizio dei propri diritti per tutta la durata del rapporto di lavoro, pena la certezza di un licenziamento immediato che, tuttavia, rimane formalmente occultato dalla presenza delle lettere di dimissioni. La legge prevedeva in caso di dimissioni volontarie l’obbligo per il lavoratore o la lavoratrice di compilare dei moduli appositi diffusi gratuitamente presso le Direzioni Provinciali del Lavoro, gli uffi ci comunali, i Centri per l’impiego e la formazione o resi disponibili anche attraverso il sito

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del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. Ciò permetteva un valido monitoraggio delle dimissioni volontarie sia perché la mancata compilazione dei moduli comportava la nullità delle stesse dimissioni sia perché veniva conferita una validità temporale di 15 giorni alle dimissioni.Tale previsione riguardava tutti i datori di lavoro, privati e pubblici, ed interessava i lavoratori subordinati, i co.co.pro., i soci lavoratori di cooperative, gli associati in partecipazione.Purtroppo senza avere la possibilità di constatare la concreta effi cacia di questa nuova procedura di convalida delle dimissioni volontarie, dal 25 Giugno 2008 (art. 39 lettera l comma 10 D.L. 112 del 2008) tale norma è stata abrogata, e dalla procedura informatizzata si è ritornati alla mera presentazione delle dimissioni al datore di lavoro.

Il rientro dalla maternitàLa diffi coltà da parte delle aziende di sperimentare nuove formule di organizzazione del lavoro e la diffi coltà di mantenere un contatto con chi si assenta per motivi familiari dal lavoro sono elementi che possono dare luogo a forme di discriminazione.Ricordiamo che il lavoratore o la lavoratrice al rientro dal periodo di congedo hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro e ad essere adibiti alle mansioni precedentemente svolte o ad esse equivalenti.

La richiesta di part-timeIl part-time potrebbe essere uno strumento di conciliazione dei tempi di lavoro e tempi di vita, ma spesso le esigenze di fl essibilità dell’azienda non coincidono con quelle di fl essibilità familiare. Richieste del genere non sono ben viste.Risultano necessarie nuove soluzioni per favorire la diversifi cazione dei tempi di lavoro senza penalizzare l’azienda e lo sviluppo professionale delle lavoratrici e dei lavoratori.

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Passaggio di carrieraSpesso è nei passaggi di carriera che le donne rimangono indietro, a vantaggio dei colleghi uomini i quali sono sempre più numerosi a coprire cariche direttive e di alta responsabilità. Le pari opportunità nell’accesso alla progressione di carriera garantiscono il riconoscimento della professionalità e della qualità del tempo che le persone dedicano all’azienda.

L’INTERVENTO DELLA CONSIGLIERA DI PARITÀ: UN AIUTO FONDAMENTALECosa fare in caso di discriminazioni di genere individualeSe sei un lavoratore o una lavoratrice e ritieni di essere oggetto di una discriminazione di genere puoi rivolgerti alla Consigliera di Parità della tua Provincia:> telefonicamente;> mediante l’inoltro di una denuncia scritta. A seguito dei quali,

sempre che tu lo voglia, può seguire un incontro con la stessa.Scopo del colloquio con la Consigliera di Parità è esclusivamente di tipo conoscitivo circa la natura del problema, in modo da permetterle di valutare l’esistenza di elementi di discriminazione e le modalità di intervento.La tua collaborazione è molto importante per questo è utile, ai fi ni di una tutela effi cace, fornire o mettere la Consigliera di Parità nelle condizioni di ottenere più informazioni possibili.Al termine dello studio della pratica se la Consigliera di Parità ritiene che nel tuo caso è presente una discriminazione, previo tuo espresso consenso, può attivarsi attraverso due procedure.> Procedura informaleCon questo tipo di procedura la Consigliera di Parità si pone in una posizione di mediazione tra lavoratrice/ore e azienda.Attraverso un contatto con l’azienda la Consigliera di Parità cerca di trovare la soluzione migliore per entrambe le parti. A volte una forma di discriminazione può essere dettata da una cattiva

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interpretazione o dalla mancata conoscenza della normativa antidiscriminatoria. In questo modo è possibile evitare di ricorrere in giudizio, situazione che creerebbe più stress al lavoratore o alla lavoratrice.> Procedura formale: azione in giudizio della Consigliera di

Parità.Nel caso in cui la mediazione informale non approdi ad una soluzione e quindi all’arresto del comportamento discriminante, puoi intraprendere un’azione giudiziale, previo tentativo di conciliazione, avvalendoti dell’ausilio della Consigliera di Parità la quale provvederà ad affi ancarti gratuitamente la difesa di un avvocato.Puoi promuovere l’azione giudiziale (dinanzi al Giudice del Lavoro o al T. A. R., se dipendente privato o pubblico) direttamente tu e in questo caso la Consigliera di Parità interverrà nel giudizio da te autonomamente e precedentemente instaurato oppure promuoverà lei stessa la causa su tua espressa delega.La fase più diffi cile del procedimento è quella in cui occorre dimostrare l’esistenza di un comportamento discriminatorio. In questa particolare forma di azione il legislatore è intervenuto a favore del lavoratore e della lavoratrice (allo scopo di sollevarti in parte dalle diffi coltà che una causa di questo tipo comporta) stabilendo un alleggerimento dell’onere della prova: infatti cade sul datore di lavoro/responsabile del comportamento discriminatorio dimostrare che non sussiste alcuna discriminazione, mentre il/la lavoratore/trice deve limitarsi a fornire gli elementi di fatto (anche di carattere statistico) che in relazione alle vicende del rapporto (assunzione, trasferimento, licenziamento, ecc) fondino una presunzione precisa e concordante sulla esistenza della discriminazione.

Discriminazioni di genere collettivePer quanto riguarda l’azione collettiva questa può essere

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promossa solo dalla Consigliera Regionale (o dalla CdP nazionale per i casi di rilevanza nazionale) quando rilevi l’esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori diretti o indiretti di carattere collettivo, cioè quando non sia possibile individuare i soggetti materialmente colpiti dalla discriminazione. La Consigliera di Parità se ritiene che vi siano i presupposti necessari può promuovere, inizialmente, una fase pre - contenziosa che viene interamente gestita dal suo Uffi cio con lo scopo di giungere ad una soluzione stragiudiziale.In questa fase la Consigliera di Parità sollecita l’autore della discriminazione /datore di lavoro alla predisposizione di un piano per rimuovere le discriminazioni accertate entro un termine non superiore ai 120 giorni. La predisposizione del piano avverrà attraverso anche le soluzioni proposte dalla stessa Consigliera la quale medierà tra la rivendicazione del gruppo svantaggiato e il datore di lavoro o gli autori delle discriminazioni per trovare un’intesa che consenta di raggiungere una conciliazione capace di realizzare un piano di rimozione delle discriminazioni accertate.Se il piano è considerato idoneo alla rimozione delle discriminazioni, la Consigliera di Parità regionale promuove il tentativo di conciliazione ed il relativo verbale, in copia autenticata, acquista forza di titolo esecutivo con decreto del tribunale in funzione di giudice del lavoro.Se non si raggiunge una soluzione s’instaura l’azione giudiziaria in cui la Consigliera non svolge più un ruolo di mediazione ma quello di garante delle opportunità tra lavoratori e lavoratrici.Al termine del giudizio se il Giudice nella sentenza accerta le discriminazioni ordina all’autore della discriminazione di defi nire un piano di rimozione sentite anche le rappresentanze sindacali di categoria e la Consigliera di parità regionale competente per territorio. Il piano di rimozione è sottoposto a criteri temporali fi ssati dallo stesso Giudice.

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I Procedimenti sommariPremesso che l’ordinamento processuale antidiscriminatorio si basa su due azioni ordinarie-individuale e collettiva- in caso di urgenza il legislatore ha previsto anche due procedure sommarie qualora la fattispecie discriminatoria che si intende reprimere richieda tempi processuali più brevi.Nel caso di azione individuale è possibile ricorrere in tempi brevi e senza esperimento del tentativo di conciliazione ad un procedimento previsto dall’art 15 della L . 903/77 che ricalca il procedimento ex art. 28 dello Statuto dei lavoratori (per la repressione delle condotte antisindacali)in cui il Giudice fi ssa in termini brevissimi l’udienza, sente sommariamente le persone informate dei fatti e decide con decreto opponibile nel termine di 15 giorni.Anche in caso di discriminazione collettiva la Consigliera di Parità può proporre ricorso in via d’urgenza, senza esperire il tentativo di conciliazione, davanti al Tribunale in funzione di Giudice del Lavoro o al Tribunale Amministrativo Regionale territorialmente competenti. Il giudice adito, nei due giorni successivi, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, ove ritenga sussistente la violazione di cui al ricorso, con decreto motivato e immediatamente esecutivo ordina all’autore della discriminazione la cessazione del comportamento pregiudizievole e adotta ogni altro provvedimento idoneo a rimuovere gli effetti delle discriminazioni accertate, ivi compreso l’ordine di defi nizione ed attuazione da parte del responsabile di un piano di rimozione delle medesime. Contro il decreto è ammessa entro quindici giorni dalla comunicazione alle parti opposizione avanti alla medesima autorità giudiziaria territorialmente competente, che decide con sentenza immediatamente esecutiva.

Quali sono le conseguenze sul piano processuale, qualora il Giudice accerti l’esistenza di comportamenti discriminatori?

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- Tale tipo di azione giudiziaria fa sorgere il diritto per la/il lavoratrice/lavoratore di chiedere il risarcimento dei danni extracontrattuali o contrattuali dovendo nel primo caso dimostrare la colpa o il dolo del datore di lavoro e nel secondo basandosi sulla presunzione di colpa di questo ultimo.

- L’accertamento di atti discriminatori può determinare la revoca di benefi ci economici concessi e dei contratti di appalto , attinenti all’esecuzione di opere pubbliche, servizi e forniture.

Nei casi più gravi o di recidiva può essere decisa l’esclusione da qualsiasi ulteriore agevolazione fi nanziaria o creditizia fi no a due anni.Scarso utilizzo degli strumenti processualiPer quanto riguarda le discriminazioni di genere, ossia l’accertamento giudiziale di discriminazioni dirette o indirette stabilito dalla Legge 125/91, le cause portate davanti al Giudice del lavoro sul territorio nazionale non sono state numerose e nella nostra Provincia inesistenti.Diversi sono i fattori che possono aver contribuito al mancato utilizzo della Consigliera di Parità(la poca notorietà della fi gura della Consigliera di Parità, la scarsa diffusione degli strumenti normativi a tutela delle discriminazioni di genere)anche se la scarsità o l’inesistenza di sfruttamento della via giudiziaria per il contrasto delle discriminazioni sul lavoro è, in realtà, frutto di tante altre ragioni di tipo sociale, economico, culturale.Soprattutto la mancanza di posti di lavoro e la precarietà spingono i lavoratori e le lavoratrici ad accettare, loro malgrado,di convivere con comportamenti discriminatori.

MOLESTIE SUL LUOGO DEL LAVORO(cosa sono e come difendersi)Sono considerate discriminazioni fondate sul sesso e sono pertanto vietate:- le molestie, ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in

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essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità e di creare un clima intimidatorio,ostile, degradante, umiliante o offensivo;

- le molestie sessuali, espresse in forma fi sica , verbale o non verbale .

Il D. lgs. 145/2005 (Attuazione della direttiva 2002/73/CE in materia di parità di trattamento tra gli uomini e le donne, per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale e le condizioni di lavoro) inserisce tra gli atti discriminatori le molestie e le molestie sessuali:come espressamente previsto dalla norma le molestie sono quei comportamenti originati da ragioni connesse al sesso ma non caratterizzati da un’impronta sessuale tipica, perché apparentemente neutri e che,tuttavia, hanno lo scopo o il risultato di violare la dignità personale e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo.Più chiara è la disposizione di molestie sessuali che vengono defi nite come quei comportamenti che si esprimono con parole o con azioni che hanno diretta attinenza con il sesso, quali le battute sull’aspetto fi sico, i palpeggiamenti. Tali comportamenti sono dichiarati inaccettabili quando indesiderati, offensivi,umilianti,quando il rifi uto o l’accettazione infl uisce implicitamente o esplicitamente sulle decisioni riguardanti la posizione lavorativa, assumendo la forma di vero e proprio ricatto.Cosa prevede la leggeIl nostro ordinamento giuridico non si è ancora dotato di una specifi ca disciplina in materia, né il Codice Civile né quello penale prevedono reati per la molestia sessuale: nel codice penale si parla di atti di libidine violenta, atti osceni, atti contrari alla pubblica decenza, violenza privata ed aggressione, abuso d’uffi cio.In assenza di una legge che disciplini il caso delle molestie sul luogo di lavoro è intervenuta la giurisprudenza che ha elaborato alcuni importanti principi.

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Le molestie sessuali del datore di lavoro nei confronti di lavoratrici dipendenti determinano le seguenti conseguenze:- violazione dell’obbligo di tutela dell’integrità fi sica e della

personalità morale del lavoratore (art. 2087 c. c.) che, se connesse con dolo e colpa ed attuate durante l’orario di lavoro,determinano responsabilità contrattuale e violazione del dovere di buona fede e correttezza (Cass. n. 7768 del 17.7.1995);

- legittimità del licenziamento del lavoratore molestatore anche in assenza di apposita previsione da parte del codice disciplinare (Cass. n. 5049 del 18.4.2000);

- legittimità del trasferimento del dipendente molestatore;- violazione dell’art. 609-bis del codice penale: Il dirigente che

compie nei confronti di un’impiegata non consenziente atti sessuali, posti in essere con consapevole volontà da un soggetto e aventi l’idoneità di incidere sulla libertà di disporre del proprio corpo nella sfera sessuale commette il delitto di violenza sessuale in base all’art. 609 c. p. che prevede la reclusione da cinque a dieci anni.

Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:1) abusando delle condizioni di inferiorità fi sica o psichica della

persona offesa al momento del fatto;2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole

costituito ad altra persona.Oltre a ricorrere per le vie giudiziali ordinarie puoi sempre rivolgerti alla Consigliera di Parità, ai Sindacati e al Consigliere di Fiducia se il tuo contratto di lavoro prevede l’introduzione del Codice di condotta.L’intervento della Consigliera di ParitàStrumenti volti alla prevenzione e alla repressioni di atti di molestia sessuale sul lavoro sono rinvenibili nella legge 125/91 sulle Pari Opportunità Uomo/Donna sul lavoro che all’art. 4 prevede la possibilità di agire in giudizio contro il datore di lavoro per qualsiasi

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atto o comportamento che porti ad una discriminazione diretta o indiretta sul lavoro in ragione del sesso.L’intervento dei SindacatiIl decreto legislativo 145 del 2005 introduce la possibilità per le Organizzazioni sindacali, delegate dalla persona che intende procedere, ovvero per quest’ultima direttamente, la possibilità di richiedere, con lo strumento del ricorso d’urgenza già previsto dall’art. 15 della L . 903/77, oltre alla cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti discriminatori, anche il risarcimento dei danni non patrimoniali.L’intervento della Consigliera di Fiducia e i codici di condottaQuasi tutti i contratti collettivi di lavoro hanno recepito il Codice di condotta europeo. Ci si può difendere perciò ricorrendo al contratto della propria categoria il quale prevede la presenza della Consigliera di Fiducia presso l’azienda in cui lavori la quale , a richiesta, fornisce indicazioni e attiva le procedure previste dal regolamento e dal CCNL per la risoluzione del problema. In caso di molestia è possibile attivare la procedura informale e la procedura formale secondo i termini stabiliti dal codice di condotta adottato.

IL MOBBING: COME RICONOSCERLO E COME DIFENDERSISi tratta di un fenomeno in crescita nel nostro Paese inteso come forma di violenza morale e psichica attuata dai datori di lavoro/superiori (mobbing verticale) o dai colleghi(mobbing orizzontale).Si manifesta attraverso molteplici condotte munite di potenzialità lesiva reiteratamente poste in essere al fi ne persecutorio di vessare o discriminare un lavoratore. Tali condotte possono distinguersi in tre categorie:1) quelli aventi rilevanza penale che costituiscono di per se stesse

reato anche prese singolarmente(l’ingiuria, percosse, ecc.);2) quelle sfornite di rilievo penale ma perseguibili, per la loro

illegittimità dal Giudice del lavoro (trasferimenti ingiustifi cati del dipendente; dequalifi cazione, demansionamento, sottrazione di

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compiti e responsabilità);3) quelle pienamente legittime sotto il profi lo civilistico ma che,

essendo poste in essere con fi nalità persecutorie, costituiscono grave offesa alla dignità del lavoratore e della lavoratrice(ripetute visite fi scali, continui richiami pretestuosi, procedimenti disciplinari inconsistenti).

Elenchiamo qui di seguito una serie di comportamenti riconducibili alla fattispecie del mobbing:Le situazioni più ricorrenti:> Un atteggiamento aziendale difforme da quello ordinariamente

riservato ad altri dipendenti;> Calunnie, diffamazione, ingiurie da superiori e/o colleghi e

sistematico discredito;> Dequalifi cazione con conseguente perdita dell’autostima;> Provocazioni, pettegolezzi, maldicenze, accuse generiche non

supportate da fatti o circostanze;> Rimproveri e provocazioni immotivate,umiliazioni d’ogni

genere,preferibilmente in assenza di testimoni o, se presenti, di parte;

> Ruoli ambigui,attribuzione di compiti ordinari con ordini scritti indicanti anche i tempi di produttività;

> Richiesta frequente di controlli medico-fi scali nello stesso periodo di malattia;

> Asportazione o negazione di strumentazione aziendale(telefono, computer, scrivania, armadietto, ecc.)

> Isolamento dall’organizzazione del lavoro;> Diniego immotivato di permessi e ferie;> Ingiustifi cati e/o ripetuti trasferimenti.Il mobbing intervenendo in forma lesiva e, nei casi più gravi, distruttiva degli aspetti più profondi ed intimi della personalità di un individuo, trova nel nostro ordinamento giuridico, se pur sfornito di una normativa specifi ca ad esso dedicata, una signifi cativa tutela sia dal punto di vista dei diritti

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fondamentali dell’uomo, sia dal punto di vista della tutela della dignità e della salute psicofi sica del lavoratore e della lavoratrice.Nella Costituzione Italiana:art. 2 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà;art. 3 La persona ha diritto al suo pieno sviluppo e all’effettiva partecipazione, assieme a tutti i lavoratori,all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Al fi ne di favorire tale possibilità qualsiasi ostacolo deve essere rimosso sia di ordine economico che sociale che in concreto possa limitare la piena libertà e l’eguaglianza tra i cittadini.art. 32 La salute è il fondamentale diritto dell’individuo e l’interesse primario della collettività.art. 35 Il lavoro è tutelato in tutte le sue forme.art. 41 Qualsiasi attività economica non può svolgersi se in contrasto con l’utilità sociale e se reca danno alla sicurezza alla libertà e alla dignità umana.Nel codice civile:art. 2043 È obbligato al risarcimento del danno, chiunque pone in essere un fatto, doloso o colposo, che comporta un danno a d altri non giustifi cato.art. 2087 L’imprenditore deve adottare per lo svolgimento della sua attività le misure necessarie a tutelare l’integrità fi sica e al personalità morale dei lavoratori in base alla particolarità del lavoro, l’esperienza e al tecnica.art. 2103 Il lavoratore non può essere in nessun caso trasferito se non per provate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Egli deve essere adibito alla mansione per la quale è stata assunto o alla mansione superiore avendola acquisita.art. 2697 Per far valere in giudizio un diritto occorre che la persona provi i fatti che ne costituiscono il fondamento. Lo stesso nel caso di

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prova dell’ineffi cacia dei fatti, di modifi ca od estinzione dei diritti.Nel Codice Penale:art. 582 Pena della reclusione per chiunque procura volontariamente una lesione personale dalla quale si verifi ca una malattia del corpo e della mente.art. 583 Le lesione di cui all’articolo precedente possono essere gravi o gravissime. L’intensità infl uisce sulla pena aumentando gli anni della reclusione.art. 589 Pena della reclusione per colui che procura delle lesioni ad una persona per colpa. La pena è maggiore se il fatto si crea anche a causa della violazione delle norme di prevenzione sugli infortuni sul lavoro.art. 590 Pena della reclusione per colui che procura delle lesioni a duna persona per colpa. La pena è maggiore se il fatto si crea anche a causa della violazione delle norme di prevenzione sugli infortuni sul lavoro. Il procedimento è d’uffi cio e non a seguito di denuncia della parte offesa, nei soli casi di violazione delle norme di prevenzione sugli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.art. 595 La pena è comminata per offese alla reputazione, tramite diffamazione perdi fronte a terzi.art. 612 Confi gura la fattispecie delle minacce.Nella Legge 300/70:LO Statuto dei lavoratori è un compendio di norme poste a tutela dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici a partire dalle libertà sindacali, dal diritto di tutela della salute e della dignità (art. 9) per giungere alla tutela contro atti discriminatori (art. 15) o da assegnazioni a mansioni inferiori (art. 13).Nel D. lgs. 626/94:Tale decreto richiamando quale obbiettivo principale l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro e stabilendo che il datore di lavoro ha la responsabilità esplicita di valutare e di prevenir ei rischi

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per la sicurezza e soprattutto la salute - psicofi sica - del lavoratore, si presta interamente a rappresentare una forma di tutela per chiunque si trovi a subire un danno sul posto di lavoro.Nel D.lgs. 38/00: art. 10, comma 4 Si sottolinea che possono essere malattie professionali anche quelle che non risultano espressamente richiamate nelle tabelle delle malattie professionali riconosciute dall’INAIL per l’indennizzo, sempre che il lavoratore riesca a dimostrare l’origine professionale.art. 13 Il lavoratore è tutelato da una assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali che ricomprende anche il danno biologico quale lesione all’integrità psico-fi sica del lavoratore valutata da parte del medico legale. La quota dell’indennizzo non dipende dalla capacità di produzione del reddito danneggiato.

COSA FARE IN CASO DI MOBBINGPoiché in sede giudiziale spetta al lavoratore mobbizzato provare la sussistenza di una serie concatenata di comportamenti sintomatici di mobbing e il nesso di causalità rispetto alla lesione della sua personalità morale, è consigliabile raccogliere le prove fi n da quando i comportamenti si manifestano, anche se ancora non chiaramente individuabili nella fattispecie di mobbing(ad esempio raccogliendo la documentazione medica o conservando la documentazione relativa a disposizione dell’uffi cio, mettendo per iscritto ogni richiesta e comunicandola per raccomandata A. R.).Non si può affrontare da soli una situazione di mobbing né tanto meno un’azione giudiziale volta al risarcimento dei danni e alla cessazione delle condotte lesive. Anche se la legge tutela il lavoratore nella pratica occorre che si appoggi ad organismi preposti a fornirgli assistenza legale e sostegno psicologico. 1) Se in azienda è presente il sindacato puoi rivolgerti al delegato

sindacale o al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;

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2) Se l’azienda ha adottato il codice di condotta ed è presente la Consigliera di Fiducia puoi rivolgerti a questa fi gura;

3) se in azienda non sono presenti né il sindacato né la Consigliera di Fiducia puoi comunque rivolgerti alle strutture sindacali presenti nella tua Provincia o alla Consigliera di Parità.

Questi organismi, pur con le proprie peculiarità, saranno in grado di fornirti la dovuta assistenza principalmente attraverso un’attività di mediazione nei confronti dei responsabili al fi ne di evitare il ricorso alle vie legali e consigliandoti gli atteggiamenti migliori da tenere in sede lavorativa. Laddove il tentativo di mediazione fallisse sono in grado di aiutarti nella scelta dell’avvocato e nel fornirti il sostegno necessario per affrontare una causa giudiziale.

LA PREVENZIONE DEL FENOMENOAnche se è in via di approvazione un disegno legge volto alla tutela specifi ca del mobbing l’unica vera arma contro tale fenomeno si chiama prevenzione. Negli ultimi anni il dilagarsi del fenomeno ha sollecitato attività di informazione e di prevenzione per sensibilizzare imprenditori, dirigenti e lavoratori al fi ne di contribuire ad un clima nell’ambiente di lavoro più sereno per tutti.Ecco perché gli organismi volti alla tutela dei lavoratori contro questo, purtroppo, diffuso fenomeno, si stanno mobilitando per affrontare il problema in una logica più di prevenzione che di repressione, stipulando e sollecitando accordi aziendali,favorendo l’istituzione di Commissioni ed organi paritetici in grado di vigilare con la dovuta strumentazione.Il problema va risolto impedendo che forme di mobbing s’instaurino all’interno del luogo di lavoro ricordando che una effi cace tutela psico-fi sica dei lavoratori crea un clima di benessere organizzativo generale che non può non incidere in maniera positiva sulla motivazione e sulla produttività.Nell’attesa dell’approvazione di una legge sistemica in materia di mobbing, se ti riconosci vittima sul lavoro di

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atteggiamenti mobbizzanti da parte dei superiori o dei colleghi puoi rivolgerti:- alla Consigliera di Parità della tua Provincia;- al Sindacato;- al Consigliere di Fiducia se presente nella tua azienda/

uffi cio.

LE ALTRE FORME DI DISCRIMINAZIONEQuello di discriminazione è un concetto molto vasto che contiene in sé varie declinazioni presenti nel nostro ordinamento e, recentemente, sottoposto a una serie di rivisitazioni in cui coesistono nozioni parzialmente diverse di “discriminazione”.Il campo principale di attività della Consigliera di Parità è quello delineato dalla L. 125 del 1991 (e successive modifi che)e cioè quello delle discriminazioni di genere la cui disciplina è già stata ampliamente trattata. Ma il nostro ordinamento tutela ogni forma di discriminazione. Vediamo quali e come.Attraverso i decreti legislativi n. 215 (Attuazione della direttiva 200/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica) e n. 216 del 2003 (Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro) il nostro ordinamento ha inteso fornire le disposizioni relative all’attuazione della parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica, da un lato, e indipendentemente dalla religione, dalle convinzioni personali, dagli handicap, dall’età e dall’orientamento sessuale,dall’altro.Anche in questo campo valgono le distinzioni fatte tra discriminazione diretta e indiretta.Il principio di parità di trattamento si applica sia nel settore pubblico che in quello privato ed è suscettibile di tutela giurisdizionale con specifi co riferimento alle aree: dell’accesso all’occupazione e al lavoro, sia autonomo che dipendente,

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compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione;dell’occupazione e condizioni di lavoro, compresi gli avanzamenti in carriera, la retribuzione e le condizioni del licenziamento;dell’accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale, perfezionamento e riqualifi cazione professionale, inclusi i tirocini professionali;dell’affi liazione e attività nell’ambito di organizzazioni di lavoratori, di datori di lavoro o di altre organizzazioni professionali e prestazioni erogate dalle medesime organizzazioni;della protezione sociale, assistenza sociale e dell’Istruzione.

Tutela verso le discriminazioni in base alla razza e all’origine etnica in ambito lavorativo e socio-assistenziale La tutela giurisdizionale verso queste forme di discriminazioni si svolge nei modi previsti dall’art. 44(c. d. azione civile contro le discriminazioni), commi 1 a 6, 8 a 11, del T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Si tratta di un procedimento che ricalca, a grandi linee, quello previsto per le discriminazioni di genere. Devi esperire il tentativo di conciliazione, hai l’onere di dedurre in giudizio gli elementi di fatto precisi e concordanti che dimostrino la sussistenza di un comportamento discriminatorio. Il Giudice se ritiene che la tua richiesta sia fondata ordina il risarcimento del danno anche non patrimoniale, la cessazione del comportamento/condotta/atto discriminatorio, nonché la rimozione degli effetti. Puoi agire in giudizio da solo o delegando una delle associazioni o enti iscritti in un apposito elenco.

Tutela contro le discriminazioni in base alla religione, alle convinzioni personali,agli handicap, all’età e all’orientamento sessuale in materia di lavoroDevi sapere che ai sensi dell’art. 15 dello statuto dei lavoratori è nullo qualsiasi atto o patto diretto a subordinare l’occupazione,

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il licenziamento, il demansionamento, il trasferimento, di un lavoratore in ragione al sesso, alla razza, alle convinzioni personali e alla religione. Anche in questo caso puoi ricorrere con le stesse modalità previste dall’art. 44, commi 1 a 6, 8 a 11, del T . U. sulle Immigrazioni. Puoi agire direttamente o tramite delega rilasciata ad una delle rappresentanze locali delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.

La legge 67/2006 “Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”Per quanto riguarda la tutela contro le discriminazioni delle persone affette da disabilità si riscontrava una certa frammentarietà dell’intervento del legislatore nell’ambito dei diversi settori dell’ordinamento, il che poneva l’esigenza di una disciplina che, facendo salve le varie normative settoriali di garanzia, affrontasse il problema della tutela delle persone disabili in una prospettiva generale. Si è sentita la necessità di introdurre nuovi strumenti giuridici idonei a garantire l’effettività della parità di trattamento e a promuovere pari opportunità per le persone disabili,qualora si trovino a subire a causa della loro disabilità discriminazioni anche in ambiti diversi da quelli lavorativi, fattispecie già tutelata dal D.lgs 216/2003. Con la Legge 67/2006 viene estesa la particolare tutela giurisdizionale(ricorso ex art. 44 commi 1 a 6, 8 a 11, del T. U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), già accordata ai disabili vittime di discriminazioni nel contesto lavorativo, a tutte quelle situazioni in cui il disabile risulti essere destinatario di trattamenti discriminatori al di fuori del rapporto di lavoro. Questo intervento normativo consente di soddisfare l’esigenza di completezza del sistema al fi ne di garantire alle persone disabili una piena parità di trattamento in ogni settore della vita.

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Le azioni positive: queste sconosciute!

Il presente paragrafo è dedicato in particolare modo a chi ha un’impresa al fi ne di sponsorizzare questo utile strumento che non va visto come un peso per l’imprenditore ma come una interessante opportunità volta a conciliare i tempi di vita e di lavoro dei propri dipendenti, conciliazione che se si realizza non può che recare benefi ci ad entrambi. Vogliamo illustrare, per prima cosa, il signifi cato di tale strumento: per azioni positive si intende l’insieme di misure positive fi nalizzate a rimuovere le differenze e gli ostacoli che di fatto impediscono le pari opportunità tra i due sessi nell’ambito del posto di lavoro (art. 1 L. 125/91). Si sostanziano in interventi promozionali fi nalizzati a valorizzare le capacità professionali delle donne e per creare uguaglianza di opportunità tra la lavoratori e lavoratrici. Non sono forme di tutela tradizionale del lavoro femminile basate sulla predisposizione di limiti e divieti che inibiscono o riducono la capacità lavorativa delle donne, ma strumenti per la rimozione di discriminazioni e per l’incremento di forza-lavoro femminile in posizioni professionali precedentemente caratterizzate per il sesso. Non è risultato suffi ciente, ai fi ni della realizzazione di uno stato di pari opportunità, il raggiungimento di posizioni giuridicamente o di fatto identiche, perché le garanzie che si affi dano a meccanismi statici diffi cilmente riescono a difendere una condizione di uguaglianza sostanziale dalle aggressioni dei mutevoli fatti storici, culturali e ambientali. Ecco perché le azioni positive, dotate di quella fl essibilità quanto ai modi di funzionamento e ai soggetti e schemi di adozioni capaci di adattarsi ai mutevoli risvolti sociali, risultano lo strumento più idoneo per garantire concretamente la realizzazione delle pari opportunità.

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Come agiscono le azioni positiveGli ambiti di intervento delle azioni positive riguardano la formazione scolastica e professionale, l’accesso al lavoro, la progressione di carriera, l’inserimento femminile nelle attività e nei settori professionali in cui le donne sono sotto rappresentate, l’equilibrio e una migliore ripartizione tra i due sessi delle responsabilità familiari e professionali.Vengono considerate azioni positive le misure specifi che che:> favoriscano l’occupazione delle donne e la promozione

dell’imprenditorialità femminile;> valorizzino il potenziale e il lavoro femminile, sia in termini

quantitativi che qualitativi in ogni settore, mansione e grado;> dentifi chino e, successivamente, correggano le disparità che

colpiscono le donne nell’accesso e nella partecipazione al mercato del lavoro.

Le misure sono volte ad eliminare gli effetti negativi derivanti dalla tradizionale divisione dei ruoli tra uomini e donne all’interno della famiglia e della società e a conciliare le responsabilità familiari con quelle professionali.Circa l’individuazione dei soggetti promotori delle azioni positive la Legge 125 del 1991 prevede:> una via istituzionale: la promozione da parte del Comitato

Nazionale di Parità, delle Consigliere di parità,dei Centri per la Parità e le Pari Opportunità a livello nazionale, locale e aziendale;

> una via sindacale:da parte delle organizzazioni sindacali nazionali e territoriale;

> una via imprenditoriale: da parte dei datori di lavoro privati e pubblici.

Azioni positive ex Legge 125 del 1991Dopo l’entrata in vigore del nuovo codice delle pari opportunità tra uomo e donna e la conseguente abrogazione di numerose leggi

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esistenti in materia, tra cui anche la L. 125 del 1991, tranne l’art. 11, la materia delle azioni positive è trattata nel Libro III- Capo IV del Codice dal titolo “Promozione delle pari opportunità”.Gli articoli 42 e seguenti, infatti, stabiliscono cosa sono, come si realizzano e come si possono fi nanziare, sia nel pubblico, che nel privato.Al fi ne di incentivare il ricorso alle azioni positive la legge ha previsto un elenco di soggetti privati e pubblici che hanno diritto di richiedere il rimborso degli oneri fi nanziari nel caso in cui abbiano sostenuto delle spese per l’adozione di piani per l’attuazione di azioni positive. Si tratta di un’elencazione non tassativa, ma di puro valore defi nitorio, come è tipico delle normative promozionali. Tra i tanti destinatari sono elencati gli enti pubblici economici e privati, le cooperative e i loro consorzi, le organizzazioni sindacali e territoriali a prescindere dal loro indice di rappresentatività.

Come si fi nanziano i progetti di azioni positive:Per quanto concerne le modalità di fi nanziamento delle azioni positive Il Comitato Nazionale di parità, formula, entro il 31 Maggio di ogni anno, un Programma obiettivo nel quale vengono indicate le tipologie di progetti di azioni positive che intende promuovere, i soggetti ammessi per le singole tipologie ed i criteri di valutazione. I progetti di azioni positive vanno presentati al Ministero del Lavoro e per la loro attuazione sono previsti, su domanda e a precise condizioni, rimborsi totali o parziali a copertura degli oneri fi nanziari.Con Decreto Ministeriale 15 marzo 2001 “Disciplina delle modalità di presentazione, valutazione e fi nanziamento dei progetti di azione positiva per la parità uomo-donna nel lavoro di cui alla legge 10 aprile 1991, n. 12”,sono state precisate le modalità di presentazione della richiesta, i criteri di erogazione dei fondi e i tempi di realizzazione del progetto. Il progetto di azioni

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positive va accompagnato da apposita domanda di ammissione ai benefi ci economici. Nella domanda, oltre i soggetti proponenti e le fi nalità, vanno indicati i tempi e le fasi di realizzazione del progetto, che non possono superare complessivamente i 2 anni ma sono fi nanziabili comunque anche i progetti di breve durata, che si esauriscono nell’arco di un semestre. Qualora si verifi chi la non attuazione in toto o in parte di un progetto di azioni positive,ne consegue la decadenza totale o parziale dei contributi concessi e la restituzione delle relative somme indebitamente percepite.L’altro canale di fi nanziamento delle azioni positive per i progetti attuati mediante formazione professionale e approvati dal Fondo Sociale Europeo è dato da una quota dello stesso fondo ed è ripartita tra le regioni in misura proporzionale all’ammontare dei contributi richiesti per i progetti approvati.

Azioni positive ex L. 53/00: per la fl essibilità in favore della conciliazione tra vita professionale e familiare.Ci rivolgiamo particolarmente alle imprese, alle aziende, alle cooperative perché possano intravedere nelle azioni positive un modo migliore, più intelligente e alla lunga più produttivo di organizzare i tempi di lavoro dei dipendenti e delle dipendenti, consultando anche la Consigliera di parità della propria Provincia al fi ne della presentazione di un valido progetto. L’art. 9 della L. 53/00, ha introdotto forme di fl essibilità dell’orario, con riferimento in via prioritaria, ma non esclusiva, alla cura dei fi gli, prevedendo contributi, nell’ambito del Fondo per l’occupazione, a favore di aziende che applichino accordi contrattuali che prevedono azioni positive per la fl essibilità ed in particolare:a) progetti articolati per consentire alla lavoratrice madre o al

lavoratore padre di usufruire di particolari forme di fl essibilità di orario;

b) programmi di formazione per il reinserimento dei lavoratori dopo il periodo di congedo;

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c) progetti che consentono la sostituzione del titolare di impresa o del lavoratore autonomo, che benefi ci del periodo di astensione obbligatoria o dei congedi parentali, con altro imprenditore o lavoratore autonomo.

Soggetti fi nanziabiliCon riferimento alle tipologie di azioni di tipo a) fl essibilità di orario e b) programmi di formazione per il reinserimento dei lavoratori dopo un periodo di congedo parentale, possono essere ammesse al fi nanziamento:- le imprese di diritto privato, individuali e collettive e/o a

partecipazione pubblica, totale e parziale (a patto che detta partecipazione non intacchi il regime di tipo privatistico nel quale esse operano d agiscono) e che applichino accordi contrattuali che prevedono azioni positive per la fl essibilità.

Per i progetti di cui alla lettera c) ovvero che consentano la sostituzione del titolare di impresa o del lavoratore autonomo, che benefi ci del periodo di astensione obbligatoria o dei congedi parentali, con altro imprenditore o lavoratore autonomo,sono ammessi al fi nanziamento i seguenti soggetti:1) titolare di impresa, inteso come colui che esercita

individualmente l’attività d’impresa;2) lavoratore/trice autonomo/a, inclusi i/le liberi/e professionisti/e;3) lavoratori/trici a progetto(a condizione che via sia l’assenso

esplicito del committente sulla sostituzione e sul sostituto).La durata massima delle azioni è di 24 mesi. Per i progetti riferiti alle tipologie b e c, in considerazione della natura delle azioni cui sono riferite, sono necessarie alcune precisazioni aggiuntive, che comportano una ulteriore delimitazione dei termini temporali cui riferire al durata dell’azione:- la durata dei programmi di formazione al rientro (lett. b)

deve essere proporzionata alle effettive esigenze, in relazione alle mansioni svolte e alla posizione ricoperta in azienda, del

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lavoratore/trice in rientro da un congedo parentale, e quindi alla durata dello stesso. La necessità di attuare un programma di formazione al rientro si confi gura a partire da un periodo di congedo di almeno 60 gg.

- l’astensione del congedo parentale di cui alla lettera c non può eccedere i 12 mesi.

Finanziaria per il 2007 e azioni positive ex L . 53/00:Viene riformulato l’art. 9 della legge n. 53/2000 in materia di conciliazione tra tempi di vita e tempi lavorativi.È prevista l’erogazione di contributi, di cui almeno il 50% destinati ad imprese fi no a 50 dipendenti, in favore di aziende, aziende sanitarie locali (Asl) e aziende ospedaliere che applichino accordi contrattuali che prevedano le seguenti azioni positive: 1) progetti articolati per con sentire alla lavoratrice madre o al

lavoratore padre, anche quando uno dei due sia lavoratore autonomo, o quando abbiano in affi damento o in adozione un minore, di usufruire di particolari forme di fl essibilità degli orari, con priorità per i genitori che abbiano bambini fi no a 12 di età o fi no a 15 anni, in caso di affi damento o di adozione, o fi gli disabili a carico;

2) programmi di formazione per il reinserimento dei lavoratori dopo il periodo di congedo;

3) progetti che consentano la sostituzione del titolare di impresa o del lavoratore autonomo, che benefi ci del periodo di astensione obbligatoria o dei congedi parentali, con altro imprenditore o lavoratore autonomo.

4) interventi ed azioni volti a favorire la sostituzione, il reinserimento, l’articolazione della prestazione lavorativa e la formazione dei lavoratori con fi gli minori o disabili a carico o con anziani non autosuffi cienti a carico.

Vogliamo fornire una panoramica dei campi in cui le azioni positive hanno bisogno di emergere e di essere sostenute:

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- attivare rapporti con enti specializzati in servizi di cura(mediante ad esempio stipula di convenzioni) al fi ne di alleviare i lavoratori dall’ulteriore cura dei familiari bisognosi;

- progettare piani di spostamento casa-lavoro e soluzioni di trasporto alternativo;

- incrementare il telelavoro attraverso una progettazione sistematica di linee di attività telelavorabili.

Se vuoi saperne di più sui progetti per l’attuazione delle azioni positive contatta la Consigliera di Parità, si tratta di disposizioni che promuovono la parità tra uomo e donna e il tempo che i lavoratori dedicano alla propria famiglia in un clima di collaborazione con le aziende mediante rimborsi per queste ultime.

Sostegno all’imprenditoria femminileLa Legge 215/92 recante ”Azioni positive per l’imprenditoria femminile”costituisce il fondamento degli interventi attuativi del disegno di riequilibrio tra i sessi in relazione al mondo dell’imprenditoria. Con questo provvedimento il Legislatore non si è limitato ad incentivare la realizzazione delle azioni positive in termini generali, ma è intervenuto a indicare nello specifi co quelle iniziative da adottare per il conseguimento di una sostanziale parità tra uomo e donna. Obiettivi della legge sono quelli di:> favorire la creazione e lo sviluppo dell’imprenditoria femminile;> promuovere al formazione imprenditoriale e qualifi care la

professionalità delle donne imprenditrici;> agevolare l’accesso al credito per le imprese a conduzione o a

prevalente partecipazione femminile;> favorire la qualifi cazione imprenditoriale e la gestione delle

imprese familiari da parte delle donne.Se vuoi avviare un’attività imprenditoriale o intendi espandere un’attività esistente puoi usufruire di diversi tipi di fi nanziamenti, si tratta di fondi stanziati da leggi nazionali, ma anche da enti locali.

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La violenza contro le donne

Sembra un paradosso ma, mentre l’Unione europea, le istituzioni nazionali e locali si occupano di pari opportunità il fenomeno delle violenze nei confronti delle donne è in costante aumento tanto che le stesse forme di violenza sono in continua evoluzione e le nostre leggi stentano ad inquadrarle in fattispecie penali già esistenti.Ne è un esempio il fenomeno dello “stalking”, con questo termine si identifi cano un insieme di condotte vessatorie, sotto forma di minaccia, molestia, atti lesivi continuati che inducono, nella persona che le subisce, un disagio psichico e fi sico e un ragionevole senso di timore. I comportamenti che possono realizzare l’ipotesi di “stalking” sono fra i più variegati: messaggi, sms, mms, email, telefonate, appostamenti, inseguimenti, invio di regali ed altro.Come già accennato sopra si tratta di un fenomeno molto diffuso di cui molte donne sono vittime. L’atteggiamento più frequente nelle vittime di stalking è quello di cercare di risolvere il problema da sole poiché spesso conoscono il loro persecutore, infatti nella maggior parte di casi esaminati è proprio una persona conosciuta (marito, convivente, fi danzato, collega di lavoro) ad assumere tali atteggiamenti.Fino a poco tempo fa nel nostro codice penale non esisteva ancora un’ipotesi di reato specifi ca per questo fenomeno ma, in base agli elementi descritti dalla vittima, era possibile ascrivere la condotta a singoli reati: minacce, molestie, lesioni o violenza privata.Per questi motivi è stata al vaglio del Parlamento un disegno di legge,approvato da poco, che prevede l’introduzione di una nuova fattispecie di reato all’art. 612 -bis c. p. rubricato “Atti persecutori” che recita: “Chiunque ripetutamente molesta o minaccia taluno in

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modo tale da turbare le sue normali condizioni di vita ovvero da porre lo stesso in uno stato di soggezione o grave disagio fi sico o psichico, ovvero tali da determinare un giustifi cato timore per la sicurezza personale propria o di persona a sé legata da stabile legame affettivo, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fi no a quattro anni”. L’introduzione di tale articolo comporta una risposta giuridica effi cace qualifi cando tipi di condotte come atti persecutori che altrimenti,pur rientrando in fattispecie di reato già previste nel nostro ordinamento (ingiurie, percosse), se singolarmente perseguite non consentirebbero un’effi cace tutela nei confronti di chi le subisce per via dei limiti edittali molto bassi per i quali non è prevista l’applicazione di misure cautelari. Numerosi sono stati gli studi effettuati sul fenomeno il quale è stato suddiviso in base anche alla tipologia dell’autore di questi atti vessatori, infatti i casi più frequenti di stalking sono propri quelli in cui l’autore è un ex partner. Il resto dei casi invece vede come autori conoscenti o semplici sconosciuti. Consigliamo a tutte le donne che si trovano a subire situazioni simili a non sottovalutare il problema e a non avere alcun timore nel richiedere aiuto alle forze dell’ordine. Siamo consapevoli che narrare certe vicende così private sia uno sforzo di non poco conto ma il silenzio, in molti di questi casi, non migliora la situazione.La prima cosa da fare è denunciare quanto sta accadendo, magari raccogliendo anche testimonianze di chi ti è vicino, conservando gli eventuali biglietti o messaggi ricevuti, i referti del pronto soccorso se sei stata addirittura aggredita, e poi presentare denuncia-querela.Siccome quella della denuncia-querela è una fase molto delicata dalla quale poi dipendono anche le sorti investigative e processuali consigliamo di farsi aiutare da un avvocato specializzato in questi reati magari consultando le associazioni e i centri antiviolenza o le stesse Consigliere di parità della tua Provincia che sapranno indirizzarti verso il professionista giusto.

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91 LE DISCRIMINAZIONI

Approvato il disegno di legge n. 1440

Il 25 Febbraio 2009 è entrato in vigore il Decreto Legge 11/2009, riportiamo le novità recepite in tema di stalking.A. Il reato di “atti persecutori” e le aggravanti connesse: è

previsto un aumento della pena se gli atti persecutori sono stati posti in essere da chi abbia intrattenuto con la persona offesa una relazione sentimentale (al di là del tipo di qualifi cazione formale di tale relazione) e un aumento sino alla metà se il fatto è commesso in danno di minore o in una delle ipotesi aggravanti previste dall’art. 339 c.p.

B. La procedibilità d’uffi cio per le fattispecie aggravate.C. L’avviso orale da parte del Questore: è prevista la possibilità

per la persona che si senta vittima di atti persecutori di richiedere al Questore, prima di procedere a querela, l’ammonimento dello stalker. Purtroppo nel disegno di legge non è stato fatto alcun riferimento alla Legge 1423/56 “Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralità” che prevede all’art. 4 una serie di garanzie nel caso in cui il soggetto pericoloso ammonito non ottemperi a quanto impartito dal Questore.

D. Il divieto di avvicinamento: il Giudice oltre a disporre il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima dell’indagato anche quello di comunicare,attraverso qualsiasi mezzo, con la vittima e i congiunti.

E. Possibilità di effettuare intercettazioni,incidente probatorio ed esame protetto: è stata estesa anche per questo tipo di reato l’ammissibilità di intercettazioni. Inoltre su richiesta della parte offesa è possibile esperire l’incidente

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probatorio ciò signifi ca dare la possibilità alla vittima di atti persecutori di non rivivere a distanza di mesi o anni in dibattimento la rievocazione di quanto subito.

F. Il prolungamento della validità degli ordini di protezione contro gli abusi familiari:la validità degli ordini di protezione civile (art. 342-bis e 342-ter del codice civile) viene modifi cata nel disegno di legge da sei mesi ad un anno.

G. Sostegno alle vittime di atti persecutori: Previsti nuovi obblighi per le forze dell’ordine,i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche che ricevono dalla vittima notizie di reato di atti persecutori. Si devono fornire alla vittima tutte le informazioni utili relative ai centri anti-violenza presenti sul territorio e, in particolare, nella zona di residenza della vittima

NELLA REGIONE MARCHEla nostra regione si è dotata di una legge, la n. 32 dell’11 novembre 2008 che prevede interventi contro la violenza sulle donne.Questa legge si affi anca localmente a quanto intrapreso poi anche dal Decreto Legge n. 11/2009 che istituisce un numero verde (15.22) nazionale a favore delle vittime di atti persecutori presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio,attivo 24 ore su 24.A seguito della legge regionale n. 32/08 la Regione Marche ha promosso e fi nanziato la costituzione di nuovi centri antiviolenza – uno per Provincia in collaborazione con Associazioni di volontariato ed organizzazioni attive sul territorio. Tutte le donne che sono vittime di maltrattamenti in famiglia, di molestie sessuali, atteggiamenti vessatori, possono rivolgersi a questi centri.Nel rispetto dell’anonimato, si può avere tutto il sostegno e l’aiuto di cui si ha bisogno mediante il contatto telefonico e, successivamente, l’accoglienza in sede e il ricorso a consulenze legali o psicologiche.

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93 LE DISCRIMINAZIONI

Si tratta di uno strumento gratuito che nel rispetto delle proprie scelte intende accompagnare le donne nella risoluzione dei problemi senza intraprendere alcuna iniziativa se non su loro esplicita richiesta.

Per la Provincia di Anconac/o la sede dell’Associazione Donne e Giustiziavia Cialdini n. 24A – Anconatel. 800 032810 – 071 205376e-mail [email protected]

Per le Provincie di Ascoli Piceno e Fermoc/o il Punto di Accoglienza Territorialepiazzale Marconi n. 14 – Porto Sant’Elpidiotel. 800 215809e-mail [email protected]

Per la Provincia di MacerataCentro antiviolenza SOS donnaPiazza Vittorio Veneto (San Giovanni) n. 14 – Maceratatel. 0733 1990133e-mail [email protected]

Per la Provincia di Pesaro-UrbinoCentro antiviolenza Parla con noiVia Diaz n. 10 – Pesarotel. 0721 639014e-mail [email protected]

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94 DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA

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95 DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA

PARTE SECONDA

Antonella Beriolla D’AlessioPaola Casciati

Il fenomeno del Mobbing

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97 DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA

Il mobbing: una problematica del mondo del lavoro

Il Mobbing defi nisce una problematica antica da sempre presente nel mondo del lavoro, legata alla violenza psicologica perpetrata all’interno di un gruppo di persone che lavorano nella stessa azienda.Il termine mutuato dall’etologia dove sta ad indicare il comportamento del branco che vuole allontanare un proprio simile, è il participio presente del verbo anglosassone “to mob” che signifi ca “assaltare insieme, aggredire in massa”. E’ stato introdotto nella medicina del lavoro dallo psicologo tedesco Heinz Leymann che con il termine Mobbing defi nisce una complessità di comportamenti e di atteggiamenti vessatori e persecutori messi in atto sul posto di lavoro, e caratterizzati da terrorismo e violenza psicologica, che portano a mortifi care, offendere e avvilire la vittima designata fi no a determinarne l’allontanamento dal posto di lavoro, tramite il licenziamento o le dimissioni.La vittima, soggetta a queste aggressioni, riporta non solo la grave lesione dei propri diritti ma anche una serie di disturbi psichici o psicosomatici che nei casi estremi possono sfociare in una vera e propria patologia psichiatrica.Le azioni persecutorie messe in atto nel Mobbing sono prevalentemente di tre tipi: > viene interrotta o limitata la possibilità di comunicare;> viene attaccata la reputazione del lavoratore con pettegolezzi ed

offese;> s’interviene sulle prestazioni affi dando incarichi o molto al di

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98 DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA

Il primo ad introdurre in Italia il concetto di mobbing è stato lo psicologo del lavoro prof. Ege che nel 1996 ne ha elaborato “il modello italiano” articolato, come vedremo in seguito, in sei fasi.La prima defi nizione giuridica di Mobbing nasce, invece, dalle due ormai storiche sentenze del tribunale di Torino del 16 novembre 1999 e del 30 dicembre 1999, riguardanti un isolamento lavorativo la prima e un demansionamento la seconda, che hanno offerto una tutela giuridica piena contro le azioni vessatorie sofferte dai lavoratori. In seguito, a livello nazionale ed internazionale, numerose sono state le sentenze che hanno affrontato la tematica del Mobbing tanto che oggi si dispone di una ormai ricca esperienza giurisprudenziale ad uso degli avvocati specialistici affi nché i mobbizzati possano ottenere giustizia dei torti subiti.In Italia il problema del Mobbing è presente in tutti i settori del mondo del lavoro, nella media e grande impresa nonché nella Pubblica Amministrazione. Il suo notevole proliferare si può attribuire in parte alla natura stessa del sistema economico, volto al profi tto a scapito di quei principi fondamentali che dovrebbero imperare nell’ambiente di lavoro, quale quello della correttezza e della buona fede, ed in parte alla ricerca di metodi alternativi di scioglimento del contratto di lavoro, data la rigidità a cui questo è sottoposto nel nostro ordinamento.

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99 DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA

Sotto il profi lo soggettivo nel Mobbing si riconoscono due fi gure: il mobber che opera la violenza psicologica e il mobbizzato che la subisce.Il mobber è il soggetto che attiva la violenza psichica e può essere un singolo o un gruppo di persone che si possono succedere e/o alternare nell’espletamento della strategia di vessazione.L’azione del mobber, a seconda da dove parte la violenza psicologica, si può muovere in direzione verticale o orizzontale.Mobbing Verticale o “bossing” – quando l’azione viene fatta da un superiore nei confronti di un subordinato o, viceversa, da un gruppo di dipendenti nei confronti di un superiore, ipotesi questa più rara perché di più diffi cile realizzazione;Mobbing Orizzontale – quando il fenomeno viene attuato tra pari grado.Si parla invece di mobbing collettivo quando le vittime sono un intero gruppo di persone, attuato in genere con lo scopo di ridurre o razionalizzare gli organici.Spesso l’azione del mobber è sostenuta dall’acquiescenza dei colleghi, defi niti in questo caso side mobbers, che, pur non operando alcuna attività discriminatoria diretta, si rendono estranei ed assenti alle ingiustizie che la vittima sta subendo.Il mobbizzato è colui che subisce l’aggressione nella propria sfera psichica; la violenza consiste in una minaccia sottile, larvata, senza urla o insulti, ma fatta di scherzi e di messe in ridicolo, è una svalorizzazione sistematica delle capacità e del lavoro svolto, una critica continua, fi no ad arrivare a casi più gravi, demansionamento o molestie etc, etc... Tutti questi comportamenti nel lungo periodo

Profi li soggettivi e oggettivi

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100 DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA

portano la vittima, dopo essere stata messa in una posizione di debolezza e mancanza di difesa, ad una estromissione dal posto di lavoro.Per l’aspetto oggettivo non è possibile individuare un elenco tassativo di condotte tipiche che confi gurano il Mobbing perchè queste sono varie e diversifi cate, però in base alla già cospicua realtà del fenomeno, la giurisprudenza, il legislatore e la contrattazione collettiva hanno individuato, a livello nazionale e aziendale, i presupposti e le caratteristiche che devono essere sempre presenti perché si confi guri il mobbing. Le caratteristiche tipiche si possono così riassumere: 1. la natura dei comportamenti subiti e il fi ne persecutorio con cui sono perpetrati;la ripetitività e la sistematicità delle azioni;la durata , dovendo queste protrarsi per un congruo periodo, quantifi cato in almeno 6 mesi.

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101 DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA

Come si è già detto, non esiste una condotta tipica che possa confi gurare il Mobbing ma solo degli elementi tipici in cui, anche se con modalità diverse, si estrinseca il fenomeno che è un processo che si evolve in un periodo di tempo piuttosto lungo, anche per anni. Lo psicologo del lavoro, Herald Ege, ha elaborato un modello di Mobbing “il modello italiano” che è un ampliamento del modello realizzato a sua volta dallo studioso Leymann, strutturato in sole 4 fasi e ritenuto insuffi ciente per la realtà italiana, troppo diversa da quella scandinava e tedesca per cui il modello di Leymann era stato costruito. Si può schematizzare in sei fasi progressive precedute da una pre-fase detta condizione zero; esse costituiscono come un percorso che il lavoratore designato come vittima, in modo più o meno ignaro, segue.

– Condizione zero – È la fase iniziale, quella in cui il mobbing è solo potenzialmente presente; consiste nel confl itto fi siologico tipico di ogni azienda italiana che non viene avvertito come pericoloso ma ritenuto normale ed accettato. La competitività esasperata, le ripicche, i diverbi di opinione, le accuse, le antipatie costituiscono il terreno favorevole e fertile perché si sviluppi il Mobbing; bisogna però sottolineare che nella condizione zero manca la volontà di danneggiare, è solo presente la volontà di emergere sugli altri.

1° Fase – Confl itto mirato – Il Mobbing ha inizio con l’individuazione della vittima e la nascita dell’intento persecutorio

Le fasi

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nel mobber; l’obiettivo non è più quello di emergere ma quello di distruggere l’avversario, che viene attaccato anche nel suo privato.

2° Fase – Inizio del mobbing – Il mobber pone in essere una serie di attività vessatorie: la vittima avverte una sensazione di disagio e di fastidio, il che provoca un inasprimento nei rapporti tra i colleghi e/o con i superiori; si crea una disfunzione dalle relazioni interpersonali.

3° Fase – Primi disturbi psicosomatici – Con il protrarsi della soggezione ai comportamenti mobbizzanti, incominciano a manifestarsi i primi problemi di salute, insonnia, insicurezza e lieve depressione. Questi disturbi psicosomatici possono essere avvertiti per un lungo periodo di tempo e potrebbero portare il mobbizzato ad assentarsi dal lavoro per malattia e di conseguenza a riportare un calo nel lavoro, sia qualitativo che quantitativo.

4° Fase – Errori ed abusi dell’amministrazione del personale – La situazione confl ittuale è ormai a conoscenza di tutti. Il soggetto, a causa dei disturbi generati dalle vassazioni, tende ad assentarsi dal lavoro sempre con maggiore frequenza. L’uffi cio che gestisce il personale normalmente nota il mutamento nella vittima ma commette errori di valutazione richiamandolo ulteriormente per le continue assenze o per un eventuale defi cit nella prestazione lavorativa e ponendo quindi in essere dei provvedimenti inutili anzi peggiorativi della situazione; questo perché spesso il fenomeno del Mobbing non è ancora conosciuto dalle imprese come una realtà così diffusa.

5° Fase – Peggioramento dello stato psico-fi sico della vittima – Con il peggiorare della situazione la vittima può versare in uno stato di vera e propria disperazione, soffrire di disturbi di tipo depressivo e arrivare ad una patologia psichiatrica. Il mobbizzato

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si convince di essere lui la causa di tutto e di vivere in un mondo di ingiustizie che niente e nessuno potrà mai cambiare.

6° Fase – Esclusione dal mondo del lavoro – Siamo all’ultimo stadio: l’esclusione del soggetto dal mondo del lavoro, questa si potrà concretizzare o, in modo diciamo “spontaneo”, con le dimissioni volontarie o con il vero e proprio licenziamento. Lo stato di disperazione e la depressione della vittima può portare alla conclusione del processo con atti estremi come il suicidio o la vendetta sul mobber.Il mobbizzato che ha subito una lesione del proprio equilibrio psichico potrebbe anche scaricare tutte le sue frustrazioni e i disagi e le sofferenze nella sua famiglia, determinando un peggioramento della sua vita anche al di fuori del luogo di lavoro. È questa la situazione in cui, nei casi più estremi, si può verifi care il doppio Mobbing perché la famiglia, dopo un primo momento di comprensione e complicità, potrebbe isolare a sua volta l’individuo, privandolo della comprensione e dell’aiuto un tempo concesso.

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105 IL MOBBING

Le azioni mobbizzanti protratte nel tempo si caratterizzano, come

si è detto, per il loro potere di estromissione, reale o virtuale, della

vittima dal posto di lavoro e possono essere di diversa natura, per

cui è impossibile defi nirne una tabella.

Senza avere la pretesa di essere esaustivi, ma piuttosto a titolo

esemplifi cativo, nelle pagine seguenti se ne elencano alcuni che

sono già riconosciuti e sanzionati dalla giurisprudenza:

> demansionamento

> forzata inattività lavorativa e trasferimento forzato

> molestie sessuali

Altri comportamenti che possono far scaturire il Mobbing sono

le ingiurie; le dimissioni indotte (il lavorare sceglie di lasciare il

lavoro non per una libera scelta ma perché vi è costretto dall’opera

del mobber); il licenziamento ingiurioso (un licenziamento

accompagnato da ingiurie e/o discriminazioni lesive della dignità

e del decoro del lavoratore); la discriminazione ai danni della

lavoratrice in stato di gravidanza; l’abuso del potere disciplinare

(l’utilizzo da parte di un superiore gerarchico di un mezzo lecito

ma travalicando i limiti delle legittimità); le promozioni effettuate

senza rispettare il principio di correttezza; la perdita di chance

lavorativa (la mancata possibilità di ottenere un risultato utile); il

diniego di ferie o permessi; il surmenage lavorativo (il superlavoro

sproporzionato del lavoratore); fi ssare obiettivi impossibili etc. etc.

È ovvio come in queste condotte deve essere chiara la volontà

persecutoria e il danno per l’integrità fi sica, la dignità morale e la

professionalità del mobbizzato.

I comportamenti mobbizzanti

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DemansionamentoL’esempio tipico di comportamento da Mobbing, in particolare di bossing, è il demansionamento cioè la dequalifi cazione professionale del lavoratore inserita in un disegno eliminatorio e persecutorio che determina una lesione alla dignità personale della vittima.Esso si confi gura quando il lavoratore non è più addetto alle mansioni per le quali era stato assunto ed è quindi o esautorato dalle sue mansioni precedenti, o assegnato a mansioni inferiori che non solo non hanno contenuto qualifi cante ma che comportano la dispersione della professionalità già acquisita; si ha in questo caso una vera e propria lesione del diritto del lavoratore ad eseguire la prestazione lavorativa propria della qualifi ca professionaleIl demansionamento protratto nel tempo non provoca solo una sofferenza psicofi sica ma si rifl ette negativamente anche sull’immagine professionale del lavoratore che vede così deprezzato il suo ruolo e competitività nel mercato del lavoro.Per tutelarsi la vittima ha a disposizione due possibilità:> può rifi utarsi di eseguire la prestazione lavorativa dequalifi cante

perché non corrispondente a quella pattuita in sede contrattuale, con l’accortezza a che il suo rifi uto non sia sproporzionato e contrario al principio di buona fede che regola il rapporto di lavoro.

> può ricorrere al rimedio giudiziale e chiedere la tutela del giudice del lavoro ed ottenere la nullità dell’atto illecito adottato dal datore, il risarcimento del danno e la condanna per il datore alla corretta esecuzione dell’obbligo contrattuale con l’assegnazione al lavoratore delle mansioni spettanti.

Per quanto concerne il risarcimento del danno, è già cospicuo l’intervento della giurisprudenza a tutela sia del danno alla salute e alla professionalità, che di quello morale e patrimoniale e spetta al lavoratore fornire la prova del pregiudizio concreto ed effettivo subito per ottenere il risarcimento.

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In caso di demansionamento si può citare per tutte la sentenza della Corte di Cassazione n. 14496 del 2005 che ribadisce che le mansioni inferiori rispetto a quelle previste dal contratto di lavoro non rientrano fra gli obblighi che discendono dal rapporto di lavoro; pertanto, il lavoratore che si rifi uta di svolgerle non può essere considerato inadempiente né tanto meno può essere sottoposto a procedimenti disciplinari o licenziamento. Va precisato che l’azione legale contro il mobbing, in questo caso, non è altro che un’azione per violazione del contratto di lavoro.

Forzata inattività e il trasferimento illecitoNell’ambito della dequalifi cazione va incluso anche l’esautoramento da un qualsiasi tipo di attività lavorativa, la c. d. forzata inattività, che si realizza quando il lavoratore viene privato, ad esempio, dei mezzi tecnici per poter prestare la sua opera o trasferito ingiustifi catamente in un uffi cio deserto o in altre sedi distaccate. Va ricordato che nel nostro ordinamento non è consentito il trasferimento per motivi disciplinari.Il datore, per non essere condannato alla reintegra del lavoratore trasferito e al risarcimento del danno, deve dimostrare che l’operazione di mobilità sia stata sorretta da comprovate giustifi cazioni oggettive e/o soggettive.

Molestie sessualiIl fenomeno delle molestie sessuali è certamente un problema sociale ed è particolarmente avvertito all’interno dei luoghi di lavoro, in presenza di una struttura gerarchica e dello stato di soggezione e debolezza di alcune particolari categorie di lavoratori, come le donne e i soggetti con contratti precari.Le molestie sessuali, operate dal datore di lavoro, dai i suoi stretti collaboratori o da colleghi di pari grado nei confronti dei lavoratori soggetti al potere gerarchico, costituiscono senza dubbio uno dei comportamenti più detestabili tra quelli che possono ledere

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la personalità morale e di conseguenza l’integrità psicofi sica dei lavoratori.Per inquadrare quali fattispecie possono essere incluse sotto il genus delle molestie sessuali dobbiamo riferirci alla normativa europea dato che nel nostro ordinamento non ne è stata ancora formulata una precisa defi nizione. La disciplina comunitaria per molestia sessuale intende qualsiasi “situazione nella quale si verifi ca un comportamento indesiderato a connotazione sessuale, sia espresso in forma fi sica che verbale o non verbale, avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona, creando un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo”1. Alla luce della defi nizione comunitaria, quindi, quello che caratterizza la molestia sessuale è il fatto che si tratti di un atto indesiderato da parte di chi lo subisce, dal momento che solo il singolo individuo può stabilire quale comportamento tollerare e quale ritenere offensivo.La molestia sessuale, subita sul luogo di lavoro, isolata e fi nalizzata a se stessa, pur confi gurando di per sé un illecito penalmente rilevante, non è però Mobbing.Affi nché si rilevi quale fattispecie di Mobbing, sono necessari quei presupposti determinanti propri per l’individuazione delle condotte mobbizzanti e cioè una pluralità di azioni ripetute per un periodo considerevole e rette, sotto il profi lo soggettivo, da un intento vessatorio, persecutorio e discriminante.Va sottolineato che alla base del Mobbing sessuale non deve necessariamente esserci da parte del mobber un interesse carnale per la vittima, perché la molestia è solo un mezzo per l’eliminazione, l’allontanamento o la distruzione del mobbizzato.

1 Cit. Art. 2.2 della direttiva 2002/73 CE del Parlamento Europeo e del Consi-glio del 23 settembre 2002.

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Contro questo tipo di comportamenti il nostro ordinamento offre tutela sia in sede penale che civile.La tutela penale si innesca a mezzo denuncia per confi gurazione dei reati di molestie, violenza sessuale, ingiuria e maltrattamenti.La tutela civile invece si realizza davanti al giudice del lavoro ed è volta ad ottenere in primo luogo la cessazione del comportamento lesivo e poi il risarcimento del danno.

Il Mobbing nella Pubblica AmministrazioneIl Mobbing non è un fenomeno legato unicamente alla realtà lavorativa dell’impiego privato, è purtroppo presente e molto diffuso anche nella Pubblica Amministrazione. Un aggravamento della situazione si è avuto in seguito alla conclusione del processo di privatizzazione del pubblico impiego2 per cui la struttura pubblica si è uniformata ai principi di effi cienza, economicità ed effi cacia3 tipici del lavoro privato, potenziando a questo fi ne sia la struttura organizzativa che le risorse umane.L’organizzazione degli uffi ci infatti segue un modello che ricalca fortemente quello privatistico, per cui gli stessi devono essere funzionali in relazione ai compiti, fl essibili, collegati tra loro grazie a sistemi di comunicazione e di interconnessione per garantire l’imparzialità e la trasparenza dell’azione amministrativa, e con orari di sevizio e di apertura gestiti in funzione dell’utenza.La riforma ha posto una netta separazione tra il potere politico e quello gestionale affi dando al governo le scelte per l’organizzazione degli uffi ci e ai dirigenti pubblici la gestione dei

2 La privatizzazione del pubblico impiego si è avuto prima ad opera del Decreto Legislativo n. 29 del 1993 e poi del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”

3 Il principio del risultato, del profi tto che è principio economico cardine del lavoro privato.

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rapporti di lavoro, e quindi il potere gestionale.I dirigenti sono stati così equiparati ai datori di lavoro privato, di cui assimilano le capacità e i poteri nella gestione del rapporto di lavoro4 e l’attività tendente al risultato; di conseguenza il lavoratore pubblico ha visto sostanzialmente mutata la propria posizione, suscettibile ora di modifi cazioni ad opera della dirigenza, le cui decisioni non sono più soggette ai rigidi controlli di legittimità del passato. È chiaro, pertanto, che l’ampio potere in mano alla dirigenza pubblica diviene terreno fertile per la nascita di situazioni mobbizzanti, in particolare di tipo verticale, ad opera dei dirigenti e degli organi di vertice nei confronti dei dipendenti e questo per ragioni politiche, sindacali o per esigenze di riorganizzazione degli uffi ci. Per quel che concerne l’individuazione del giudice competente in materia, va fatta una precisazione in quanto, a seguito della privatizzazione del pubblico impiego, tutte le controversie di lavoro sono state devolute al giudice unico di primo grado in funzione di giudice del lavoro, mentre antecedentemente la competenza era del giudice amministrativo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite5 ha chiarito che la competenza in materia di controversie tra datore di lavoro e dipendente pubblico è distinta in base al momento in cui si sono consumati i comportamenti mobbizzanti; se queste sono antecedenti all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 80 del 1998, e quindi al 30 giugno del 1998, sono devolute al giudice amministrativo, viceversa sono di competenza del giudice ordinario.

4 Art. 5, comma 2 D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.5 Sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 8438 del 4 maggio

2004.

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La prima sentenza in cui è stato riconosciuto il Mobbing all’interno di un rapporto di lavoro pubblico, indipendentemente da altri procedimenti, è quella del 2003 del Tribunale di Tempio Pausania6 in cui il Comune è stato condannato al risarcimento del danno per dequalifi cazione professionale e al risarcimento da danno biologico e esistenziale.La giurisprudenza per questa tipologia di mobbing non è ancora consistente, senza dubbio per la particolare reticenza che potrebbero incontrare le vittime a denunciare questo tipo di vessazioni data la rilevanza dei soggetti coinvolti, il che rende la situazione ancora più esasperata di quella che, purtroppo, normalmente già si riscontra nei casi di Mobbing.

6 Sentenza Tribunale di Tempio Pausania del 10 luglio 2003, n. 157.

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113 IL MOBBING

Sebbene nel nostro ordinamento giuridico manchi un’esplicita normativa legislativa che regolamenti la problematica del Mobbing non si deve ritenere che questa patologia del mondo del lavoro sia irrilevante per il nostro ordinamento e che il mobbizzato sia privo di un’adeguata protezione.Il lavoratore vittima di molestie psicologiche e vessatorie, come abbiamo già accennato, aveva ed ha tuttora a disposizione tutta una serie di norme giuridiche sia di diritto nazionale che internazionale alle quali potersi appellare e nelle quali trovare tutela: in primo luogo la Carta Costituzionale, le norme dei codici civile e penale, le leggi speciali come quali lo statuto dei lavoratori, le norme in materia di molestie sessuali, la legislazione in materia di igiene e sicurezza sul lavoro e infi ne il Decreto Legislativo n. 38 del 2000 che ha introdotto la tutela assicurativa INAIL del danno biologico.

La Costituzione Italiana e il Diritto InternazionaleGli articoli della Costituzione a cui maggiormente si può far riferimento sono:L’art 2 che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo in tutte le formazioni sociali incluso ovviamente l’ambiente di lavoro. L’art. 3 che sancisce il principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge.L’art. 4 che riconosce il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.L’art. 13 che sancisce il principio della libertà personale.L’art. 35 che tutela il lavoro in tutte le sue forme.

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114 ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI

L’art. 37 che tutela la donna lavoratrice e il lavoro minorile.L’art. 32 che sancisce il diritto fondamentale dell’individuo e della collettività alla salute fi sica e psichica, diritto inviolabile che viene normalmente leso nelle ipotesi di Mobbing.L’art. 41 che al suo secondo comma pone un chiaro divieto a che l’iniziativa economica possa svolgersi in modo da ledere la sicurezza, la libertà e la dignità umana.Questa ultime due sono le norme costituzionali più richiamate dalla giurisprudenza per stabilire una responsabilità del datore di lavoro e conseguentemente ottenere un risarcimento.Tra le norme di diritto internazionale che tutelano il lavoratore contro azioni di Mobbing è bene ricordare:> La Dichirazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948> La Convenzione Europea del 1950 che riconosce il diritto alla

vita, all’uguaglianza e alla sicurezza sui luoghi di lavoro.> La Carta Sociale Europea del 1961che, tra l’altro, garantisce il

diritto dei lavoratori a non essere licenziati ingiustifi catamente e il diritto a condizioni di lavoro giuste ed eque

> La nuova Carta Sociale Europea del 1996 che promuove la sensibilizzazione e la prevenzione in materia di atti condannabili, ostili ed offensivi diretti in modo ripetuto contro il lavoratore sul luogo di lavoro.

> La Risoluzione del Parlamento Europeo sul Mobbing del 2001 che affronta in modo completo la problematica delle persecuzioni psicologiche e morali nei luoghi di lavoro in ambito europeo.

La legislazione specialeL’antesignano della tutela per il danno da Mobbing è senza dubbio lo statuto dei lavoratori. Particolarmente signifi cativi sono gli articoli 5, 7, 8 e 15.L’art. 5 proibisce gli accertamenti sanitari e le visite mediche domiciliari di controllo disposte con fi ni persecutori.

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L’art. 7 prevede l’obbligo di conoscenza delle infrazioni e relative sanzioni mediante affi ssione in luogo accessibile a tutti.L’art. 8 proibisce le indagini sulle convinzioni politiche del lavoratore.L’art 15 sancisce la nullità di qualsiasi atto che abbia fi nalità discriminatorie ai danni del lavoratore per le sue convinzioni politiche, religiose e sindacali, di lingua o di sesso. Questo articolo per la sua ampia formulazione può essere utilizzato per sanzionare qualsiasi discriminazione posta in essere dal datore di lavoro.Tra la legislazione speciale bisogna menzionare senz’altro la legge contro le molestie sessuali (66/96) e il D. Lgs. 626/94 che nella distribuzione dei compiti obbliga il datore di lavoro di tenere conto “delle capacità e delle condizioni dei lavoratori in rapporto alla loro salute e sicurezza”.

Tutela Civile Le molestie psicologiche e vessatorie confi gurano precise responsabilità civili, contrattuali e extracontrattuali.La tutela è volta ad ottenere in primo luogo la cessazione del comportamento persecutorio e conseguentemente il risarcimento per il danno subito.

Responsabilità Contrattuale La norma giuridica più importante per la tutela del mobbizzato è, senza dubbio, l’articolo 2087 del codice civile “tutela delle condizioni di lavoro”, in base al quale sul datore di lavoro grava l’obbligo di salvaguardare non solo l’integrità psicofi sica ma anche la personalità morale dei lavoratori, adottando a questo fi ne tutti i mezzi, le cautele e gli strumenti necessari. Con la violazione di questo obbligo contrattuale il datore diviene responsabile dei possibili danni riportati dai lavoratori. Per il datore non c’è solo il divieto di compiere direttamente qualsiasi comportamento lesivo ma anche il dovere di prevenire

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e eventualmente neutralizzare gli stessi comportamenti posti in essere da altri dipendenti o superiori gerarchici. Infatti il datore ha il potere, grazie all’art. 2087 e alla legge n. 300/1970 – lo Statuto dei Lavoratori – di intervenire per impedire e/o interrompere attività vessatorie di cui è venuto a conoscenza7.Il principio di responsabilità del datore per la tutela delle condizioni di lavoro va inteso anche in relazione agli articoli 32 e 41 della Costituzione (il diritto inviolabile e soggettivo alla salute e quello alla libertà di iniziativa economica privata, di cui però si vieta l’esercizio che può recare danni alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana) e al principio di correttezza e buona fede. Rientrano tra le ipotesi di responsabilità per inadempimenti contrattuali anche le ipotesi di demansionamento e trasferimenti illeciti.Il datore che però fornisce la prova dell’adempimento dell’obbligo ex art. 2087 cod. civ. e che dimostri di aver attuato tutte le precauzioni per evitare danni ai suoi dipendenti, è escluso dalla responsabilità per i danni subiti dei suoi dipendenti, imputabili pertanto a cause a lui estranee.

Responsabilità ExtracontrattualeL’art. 2043 del codice civile “risarcimento per fatto illecito” introduce il principio del neminem laedere – non far del male a nessuno – proprio di ogni società civile che porta alla necessità di riparare ad un danno arrecato consapevolmente o colpevolmente. Questo articolo fornisce al lavoratore, a differenza di quello precedentemente esaminato, uno strumento di tutela diretta in quanto confi gura per l’autore materiale del Mobbing una

7 Con la sentenza del Tribunale Milano del 9 Maggio 1998 il datore di lavoro è stato condannato al risarcimento del danno per violazione ex art. 2087 cod. civ. per non aver provveduto a tutelare una dipendente molestata da un altro dipendente pur essendone a conoscenza.

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responsabilità extracontrattuale: questi ha l’obbligo di rispettare il principio del neminem laedere non solo se e in quanto datore di lavoro ma come soggetto inserito nella società.Questa forma di tutela è particolarmente utile nei casi di Mobbing orizzontale quando cioè tra il mobber e il mobbizzato manca un collegamento di tipo contrattuale per cui non si potrebbe sostenere una richiesta di risarcimento in base all’articolo 2087.Sono già molte le sentenze che affermano la risarcibilità delle condotte illecite perpetrate, con dolo o colpa dall’autore del Mobbing, direttamente lesive di diritti assoluti e di valori esistenziali dell’individuo, come il diritto alla salute.Se la vittima vorrà essere risarcita per il danno subito avrà a suo carico un onere della prova particolarmente gravoso in quanto, oltre alla condotta mobbizzante, al danno subito e al nesso di casualità intercorrente tra questi due, dovrà dimostrare la volontarietà o la colpevolezza delle condotte persecutorie attuate dal mobber. L’art 2049 cod. civ. introduce un’altra forma di responsabilità extracontrattuale ma oggettiva e indiretta. E’ quella dei datori di lavoro per i fatti illeciti commessi dai propri dipendenti, domestici e commessi nell’esercizio della prestazione lavorativa, ove il danno non derivi direttamente dall’opera del datore di lavoro (es. caso Mobbing orizzontale).Il datore è responsabile semplicemente perché un suo dipendente, in base all’incarico che da lui gli è stato affi dato, ha posto in essere una condotta vessatoria sempre però riconducibile al rapporto di lavoro; se, invece, la condotta va al di là delle mansioni attribuite dal datore, quest’ultimo è escluso dalla responsabilità ex art. 2049.

La prova del MobbingNodo cruciale per ottenere una tutela risarcitoria è quello dell’onere della prova sancito dall’art. 2697 cod. civ., secondo cui la vittima che vuole far valere in giudizio un proprio diritto ha l’onere

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di dimostrarne i fatti che ne costituiscono il fondamento e quindi deve reperire le prove delle condotte mobbizzanti subite. L’onere della prova è reso particolarmente diffi cile per due ordine di ragioni; la prima perché, per la natura dei comportamenti, i mobbers compiono le loro vessazioni in modo occulto e non davanti a testimoni e con una tipologia di azioni che spesso non sono di per sé illecite ma come in uno stato di border line con il lecito; la seconda perchè i possibili testimoni colleghi della vittima ma anche dipendenti o colleghi del più forte mobbers potrebbero essere reticenti o subire ricatti e ritorsioni tali da farli dissuadere dalla testimonianza. Spesso, anche se con rammarico, la vittima che non crede di poter riuscire a reperire delle prove che possano suffi cientemente ricostruire la sua vicenda lavorativa e la strategia persecutoria subita, si vedrà costretta a desistere dall’intento di ottenere una tutela giuridica.Schematizzando semplicisticamente la vittima deve provare:Il fatto dannoso – Una serie di comportamenti attuati dal mobber illegittimi e lesivi dell’integrità fi sica e della personalità morale del lavoratore, con la conseguente inadeguatezza dell’ambiente di lavoro. I comportamenti devono essersi verifi cati in modo ripetitivo e sistematico.La lesione – La lesione dell’integrità psicofi sica, professionale, morale o esistenziale del mobbizzato, e cioè il danno subito;Il nesso di casualità – La relazione tra le condotte lesive del mobber e il danno subito dal mobbizzato.L’elemento psicologico – Il fatto dannoso può essere compiuto dall’autore con dolo o con colpa, nel primo caso l’azione è compiuta volontariamente, il mobber ha quindi previsto e voluto l’evento lesivo; nel secondo caso l’azione è stata compiuta a causa di negligenza, imprudenza o imperizia del mobber, egli non voleva che si verifi casse l’evento. Quest’ultimo elemento non è necessario nel caso di prova per responsabilità contrattuale.

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119 IL MOBBING

Ogni tipo di responsabilità implica una diversa portata dell’onere della prova ma si può dire che, in mancanza degli elementi richiesti, non si potrà sperare di ottenere alcun tipo di responsabilità del datore e di conseguenza nessun risarcimento, e quindi sarebbe vano intraprendere un’azione legale contro il mobbing.

Tutela PenaleSi è già detto che nel nostro ordinamento il Mobbing, in quanto tale, non è sanzionato come reato da norme specifi che ma, considerando l’indubbio rilievo costituzionale dei beni giuridici lesi dai comportamenti vessatori, può e deve avere autonoma rilevanza penale prescindendo da un risarcimento del danno in sede civile.Il Mobbing come realtà dannosa viene, quindi, perseguito penalmente non in sé ma solo in base agli effetti che produce, quando questi vanno a confi gurare una fattispecie penalmente rilevante e così pertanto sanzionata. I reati a carico del soggetto che pone in essere il Mobbing possono essere molteplici; i più frequenti sono:L’ ingiuria è il reato che commette chi offende l’onore e il decoro di una persona presente, si può concretamente realizzare anche attraverso comunicazione telefonica o scritta;La diffamazione è perpetrata da chi offende la reputazione di un soggetto fatta davanti a terze persone quando la vittima non è presente;Le lesioni personali dolose consistono in lesioni, nel corpo o nella mente, che portano ad un danno degenerativo della persona umana. Il reo le infl igge volontariamente e conscio del danno che cagioneranno;Le lesioni personali colpose sono previsioni a carattere generale, che sanzionano chiunque cagioni per colpa una lesione a un altro soggetto. Possono rientrare in questa fattispecie tutte le situazioni dovute ad una inosservanza da parte del datore della normativa di sicurezza e igiene del lavoro.

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120 ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI

La violenza privata è il crimine di chi, con minaccia o violenza, in modalità diretta o indiretta, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa in modo contrario alla propria volontà.Con il termine di molestie sessuali si vogliono comprendere i reati che puniscono tutte le tipologie di comportamenti che violano la libertà sessuale di un soggetto.Ricordiamo anche i ricatti lavorativi qualifi cabili come vere e proprie estorsioni o il reato di abuso d’uffi cio, che è proprio del pubblico uffi ciale o dell’incaricato di pubblico servizio che nell’esercizio delle sue funzioni arrechi un danno ingiusto violando leggi o regolamenti. Questo reato è più facilmente riscontrabile nel settore del pubblico impiego privatizzato. Alcuni di questi reati, per la gravità dei delitti, come le lesioni personali dolose e colpose, sono previsti perseguibili d’uffi cio, altri invece, ad esempio i reati d’ingiuria e diffamazione, solo a querela della vittima.

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121 IL MOBBING

I danni da mobbing

La condotta persecutoria e discriminatoria del mobber sul luogo

di lavoro procura danni all’integrità psicofi sica del lavoratore, alla

sua professionalità, alla sua capacità di produrre reddito e alla sua

integrità e dignità morale.

Si parla, pertanto, di danno biologico, professionale,

patrimoniale, morale ed esistenziale; questi possono verifi carsi

singolarmente o congiuntamente gli uni con gli altri .

Danno Patrimoniale

Nel genere del danno patrimoniale vanno racchiuse tutte

le effettive perdite economiche subite dal lavoratore e

concretizzatesi in una riduzione della sua capacità di produrre

reddito, sia nel senso di effettiva diminuzione che di mancato

possibile incremento futuro.

Senza pretendere di dare un’elencazione esaustiva delle condotte

che possono comportare un danno patrimoniale, si può dire che

la perdita si può verifi care per una diminuzione dello stipendio,

per un mancato guadagno, per una perdita di chance lavorative

e mancata progressione di carriera, per mancati compensi speciali

dovuti in caso di incarichi da cui il mobbizzato viene interdetto.

Danno Biologico

Il danno biologico, il c.d. danno non patrimoniale, è il danno

alla salute della persona nella sua dimensione psico-fi sica

complessiva, a prescindere dalle conseguenze economiche che

possono derivarne.

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122 ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI

Anche se di introduzione relativamente recente, la giurisprudenza8 è ormai consolidata nel riconoscere e risarcire questo tipo di danno. E’ grazie a questa sua accezione così ampia che è sempre più spesso richiamato nelle cause di Mobbing e nelle altre richieste di risarcimento. In caso di Mobbing il pregiudizio alla salute va sempre risarcito e rileva fi no al punto da ricomprendere non solo le lesioni organiche ma tutte quelle sofferenze di carattere nervoso e psichico che, pur non fi sicamente esteriorizzate, danneggiano la persona umana nel suo complesso, anzi si può senz’altro affermare che il danno alla salute da Mobbing è più di frequente danno psichico che lesione organica.Per valutare il risarcimento da danno biologico, va accertata con perizia medico legale la realtà del danno lamentato dal lavoratore, con la constatazione obiettiva della lesione ed il nesso di casualità tra il comportamento illecito del mobber e il fatto lesivo; non è suffi ciente, infatti, dimostrare che il fatto sia potenzialmente lesivo. Va provata, inoltre, l’entità del danno in quanto la misura del risarcimento sarà in proporzione a questo. Affi nché il danno biologico possa essere quantifi cato monetariamente e quindi liquidato, sono stati sviluppati negli anni diversi criteri. Il primo è il sistema del punto tabellare, il c.d. calcolo a punto variabile, che si basa su criteri matematici e progressivi e lascia poco spazio alla discrezionalità equitativa del giudice a differenza dell’altro criterio, quello equitativo puro, che viene utilizzando quando la vittima non può provare il danno nel suo preciso ammontare.

8 La sentenza della Corte Costituzionale del 28 luglio 1991 n. 356 che ha sancito la salute come valore personale e diritto fondamentale dell’individuo garantito dalla Costituzione rispetto a tutte le attività, le situazioni e i rapporti in cui la persona esplica e realizza sé stessa e la propria vita e non soltanto in riferimento alla sfera produttiva.

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123 IL MOBBING

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124 ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI

Va, infi ne, citato il sistema introdotto dal Decreto Legislativo n. 38 del 23/02/2000 - e approvato con Decreto Ministeriale 12 luglio 2000 - della tutela assicurativa INAIL del danno biologico le cui tabelle hanno una portata generale tale da garantire un criterio di liquidazione uniforme.

Danno MoraleIl danno morale si ha quando il comportamento persecutorio del datore di lavoro va a ledere l’integrità psicofi sica e la dignità morale del dipendente, valori primari garantiti dalla Costituzione.In principio il danno morale non patrimoniale era richiamato dall’articolo 2059 del cod. civ. che ne limitava il risarcimento “nei soli casi espressamente previsti dalla legge” e cioè come conseguenza di un fatto illecito integrante reato ex art. 185 e 589 codice penale; e veniva identifi cato come danno morale soggettivo inteso come dolore, sofferenza spirituale passeggera determinata da un fatto costituente reato.Un progressivo ampliamento del concetto è venuto sia dal legislatore che dalla giurisprudenza9 per cui il danno non patrimoniale ex articolo 2059 del codice civile non identifi ca più solo un danno morale soggettivo ma una categoria ampia comprendente tutte le lesioni di un valore inerente alla persona, costituzionalmente garantito.Grazie a questa evoluzione, anche il danno da Mobbing può essere ricompreso in questa rinnovata categoria di danno morale che va a toccare i diritti essenziali ed intrinseci della personalità umana quali l’integrità e la dignità morale del lavoratore. Pensiamo, per esempio, al terrorismo psicologico, agli attacchi, alla reputazione, all’onore, alla personalità della vittima, alla sua

9 Le sentenze della Corte di Cassazione del 31 maggio 2003 n. 8827 e 8828 e la sentenza della Corte Costituzionale dell’11 luglio 2003 n. 233

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125 IL MOBBING

credibilità, all’isolamento sistematico e ai turbamenti della sfera emotiva; non va dimenticato che le persecuzioni psicologiche possono portare a separazione e divorzi.La giurisprudenza ha ormai riconosciuto un danno morale nelle ipotesi di molestie sessuali, di malattia nervosa, di licenziamento e di abuso del potere nel controllo della malattia del lavoratore.

Danno EsistenzialeProprio attraverso il Mobbing ha fatto il suo ingresso nel mondo del lavoro il concetto di danno esistenziale che è stato qualifi cato come la modifi cazione in segno negativo della personalità del soggetto leso, per la forzosa rinuncia al “fare”, alle proprie abitudini di vita e a tutte quella attività non remunerative riguardanti “la dimensione uomo nel suo complesso”.Il danno esistenziale non fa alcun riferimento al reddito o al patrimonio del soggetto leso (danno patrimoniale), non tocca il bene salute in senso stretto come lesione dell’integrità psicofi sica dell’individuo suscettibile di accertamento medico (danno biologico), non consiste in un “sentire”, non riguarda cioè la sfera dell’emotività, non comporta sofferenze morali o abbattimenti dello spirito o prostrazione dell’animo (danno morale), ma tutela la sfera del fare e della libera attività e personalità dell’uomo cioè il complesso dei valori esistenziali consacrati dalla nostra Costituzione.La fi gura aggiuntiva del danno esistenziale si presta così a salvaguardare il profi lo relazionale – sociale dell’individuo come risarcimento del peggioramento della qualità della sua vita non rapportabile ad una lesione dell’integrità psicofi sica.

Danno alla professionalitàQuest’ultima tipologia di danno si confi gura quando le azioni mobbizzanti recano un danno diretto alla professionalità del lavoratore e al proprio valore sul mercato del lavoro. Infatti nei casi

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di demansionamento, di illecito trasferimento o licenziamento, quello che viene danneggiato è anche l’immagine, il valore professionale del lavoratore, la possibilità di far carriera e la perdita di esperienze e di capacità concorrenziali sul mercato.Per ottenere il risarcimento, andrà valutato l’entità del danno patrimoniale riportata dalla vittima, o come effettiva diminuzione dello stipendio o come perdita di possibili ulteriori guadagni. Al danno alla professionalità potrà naturalmente andare ad affi ancarsi un danno di tipo biologico, morale o esistenziale in quanto il pregiudizio subito sul piano strettamente professionale porterà conseguenze anche nella vita relazionale e nell’equilibrio psicofi sico del lavoratore.

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127 IL MOBBING

Il Mobbing è una realtà anche nella nostra società e come tale va contrastato. È doveroso premettere che, non essendo il Mobbing un istituto ben conosciuto, a volte è chiamato in causa anche in mancanza dei suoi presupposti; tipico l’esempio dei lavoratori che vivono un contrasto interiore che però non ha origine dall’ambiente di lavoro, ma dal modo in cui affrontano i rapporti interpersonali e pertanto estraneo alla fattispecie in oggetto. Non c’è una soluzione universale che consenta di evitare il Mobbing negli ambienti di lavoro, ma accorgimenti che possano prevenirlo, poiché il Mobbing è la società stessa in cui l’individuo è potenzialmente vittima e aggressore. La prevenzione può essere attuata mediante una sorta di campagna d’informazione sul fenomeno, rivolto non solo ai lavoratori ma anche, forse soprattutto, alle aziende, mostrando tutti gli effetti negativi che esso può comportare, e per l’azienda e per il datore di lavoro.Se ci si rende conto di essere una vittima del Mobbing, è necessario cercare di porvi rimedio il più presto possibile. A questo punto pare opportuno formulare alcuni suggerimenti pratici – una sorta di vademecum di comportamento – su come difendersi ed affrontare correttamente il problema Mobbing:Valutare se si tratta effettivamente di “mobbing”; in caso di valutazione positiva armarsi prima di tutto di calma e pazienza perché il percorso contro il Mobbing è lungo, duro e diffi cile.Dopo aver preso coscienza della persecuzione che si sta subendo recuperare l’equilibrio psico-fi sico compromesso dai

Mobbing, che fare?

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128 ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI

comportamenti vessatori grazie ad un supporto di uno psicologo o, per cominciare, rivolgendosi al proprio medico di famiglia. Annotare su un supporto cartaceo o digitale tutti gli elementi della condotta Mobbing e cioè data, ora, luogo, autore, descrizione, persone presenti, testimoni.Reperire il materiale probatorio.Raccogliere la documentazione rilevante la propria posizione lavorativa (per es. ordini di servizio, trasferimenti, cambio di mansioni, lettere di richiamo, provvedimenti disciplinari, contestazione di addebito etc etc…) che possa suffragare le accuse. L’accesso agli atti di uffi cio che vi riguardano è un vostro diritto: legge 241/90 sulla trasparenza amministrativa e legge 675/96 sulla privacy.Cercare di risolvere stragiudizialmente la violenza psicologica che si sta vivendo parlandone alla presenza di un collega con il responsabile delle risorse umane o anche con il datore di lavoro.Al rifi uto di ogni forma di colloquio chiedere spiegazioni per iscritto o per raccomandata; all’assenza di risposta denunciare, divulgare con affi ssioni in bacheca o interventi in assemblea o volantini, la situazione di disagio vissuta per sollecitare l’appoggio dei colleghi.Mettere in forma scritta e far protocollare o spedire per raccomandata A/R ogni richiesta e trasformare in forma scritta qualsiasi ordine verbale ricevuto.Rivolgersi ai sindacati, alle associazioni di categoria, agli enti no profi t che affrontano e offrono assistenza per le vittime del Mobbing.Per la tutela del lavoratore che si trova in una situazione di debolezza e di mancanza di difesa l’aiuto di associazioni specifi che o psicologi del lavoro o sindacati è fondamentale per trovare in questi soggetti degli alleati che possano cogliere e valutare la gravità del disagio, magari sin dal suo sorgere, prima che sfoci in patologia e porti concreti danni.Tenere un resoconto delle conseguenze psicotiche delle azioni

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129 IL MOBBING

mobbizzanti; il mobbing fa ammalare e i sintomi possono essere psichici (insonnia, ansia, depressione, attacchi di panico etc, etc..), fi sici (emicrania, cefalea, dolori muscolari, precordialgie, acidità gastrica, tremori, inappetenza o eccessivo appetito, di munizione della potenza o del desiderio sessuale etc, etc..), e comportamentali (perdita dell’autostima, mancanza di fi ducia in sé stessa, senso di inutilità etc, etc…).Se non si riesce ad ottenere alcun risultato, ci si vedrà costretti a ricorrere alle vie legali. Si può decidere di agire in sede civile o penale ma conviene sempre iniziare prima il procedimento civile. Rivolgersi ad un avvocato specializzato in diritto del lavoro e che abbia già affrontato cause di Mobbing e non abbia legami con l’azienda, chiarire subito gli obiettivi che si vogliono raggiungere.Coinvolgere il minor numero di persone per non lottare contro eserciti di avvocati che si coalizzeranno contro di voi.Quando si ritiene di non poter sopportare ulteriormente la pressione psicologica sarà opportuno prendersi un periodo di riposo con una certifi cazione specialistica che attesti il nesso di causalità tra il comportamento del mobber e la patologia psicotica; evitare, però, un eccessivo prolungamento della malattia; se la situazione deteriorata non consente la prosecuzione del rapporto di lavoro in un certo reparto, si potrà chiedere, se possibile, il trasferimento per motivi di salute presso un altro settore.Ci si augura di aver fatto un po’ di chiarezza nei riguardi di un istituto che nel nostro ordinamento sta diventando quasi “di moda”, anche se come prevaricazione, pressione psicologica e umiliazioni in effetti è sempre esistito, al fi ne di creare nei lavoratori una reale coscienza dell’istituto in modo che questi possano orientarsi e rivolgersi verso il rimedio giusto da applicare al caso concreto.

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Servizi e recapiti utili

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tel 0736345318San Benedetto del Tronto0735781079

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San Benedetto del TrontoMercoledì 9.00 - 12.30 16.00 - 18.30Venerdì 9.30 - 12.30

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OrariMattina e pomeriggio 9.00/12.30 16.00/18.30

Referente R. Conti

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RecapitoVia Ragnini, 4 AnconaTel. 07128221

OrariOrario d’uffi cio assistenza al Mobbing all’interno di ogni categoria di riferimento in base al proprio contratto

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Recapito tel. 071 203800

Orari Mattina e pomeriggio

Referente A. Criscuolo

UIL Ancona - Unione Italiana del Lavoro

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Uffi cio legale e patronato

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RecapitoVia XXV Aprile, 37/A 60125 Ancona Tel. 0712275386 e-mail [email protected]

OrariMattina e pomeriggio 9.00/12.30 16.00/18.30

Referente

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CGIL Pesaro - Confederazione Generale Italiana del Lavoro

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RecapitoVia Gagarin,179 - 61100 Pesaro Tel. 0721/420230 [email protected]

OrariMattina e pomeriggio 9.00/12.30 16.00/18.30

Referente D. Paganelli

CISL Pesaro - Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori

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OrariOrario d’uffi cio assistenza al Mobbing all’interno di ogni categoria di riferimento in base al proprio contratto

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137 IL MOBBING

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OrariMattina e pomeriggio 9.00/12.30 16.00/18.30

Referente Massimo Maccagno

UIL Pesaro - Unione Italiana del Lavoro

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Uffi cio legale e patronato

A chi è aperto Aperto a tutti, non solo iscritti al sindacato

Cosa offre Informazioni e assistenza legale

Recapito

Uffi cio legale e patronatoVia della Vittoria, 90 - 61100 Pesarotelefono: 0721. 31678telefax: 0721. 34655e-mail: [email protected]

OrariMattina e pomeriggio 9.00/12.30 16.00/18.30

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138 ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI

CGIL Macerata - Confederazione Generale Italiana del Lavoro

Sportello o servizio analogo a tutela dei lavoratori

Uffi cio Vertenze

A chi è aperto Aperto a tutti, non solo iscritti al sindacato

Cosa offre

Informazioni e preconsuleza legale a tuttiApertura pratica ai soli iscritti al sindacato; possibilità di godere di una tutela legale con uno studio convenzionato

RecapitoVia Garibaldi, 45 - 62100 MacerataTel. 0733245711

OrariOrario 9,00/12,30 -15,30/ 18,30 dal lunedì al venerdì il sabato dalle 9,00 alle 12,30

CISL Macerata - Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori

Sportello o servizio analogo a tutela dei lavoratori

Inas

A chi è aperto Aperto a tutti, non solo iscritti al sindacato

Cosa offre

Informazioni e consulenza legale a tutti.Apertura pratica ai soli iscritti al sindacato; possibilità di godere di una tutela legale con uno studio convenzionato

RecapitoVia Ghino Valenti, 27/35 62100 Macerata - Tel. 0733407511

OrariDal lunedì al Venerdì dalle ore 9,00 / 12,00 alle 15,30/18,30 previo appuntamento

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139 IL MOBBING

UGL Macerata - Unione Generale del Lavoro

Sportello o servizio analogo a tutela dei lavoratori

Problematica gestito sindacalmente, categoria per categoria

A chi è aperto

Il servizio è aperto a tutti ma ovviamente gli iscritti al sindacato hanno un canale agevolato potendosi rivolgere direttamente ai rappresentanti sindacali all’interno delle aziende.

Cosa offre

Informazioni e consulenza legale. A livello nazionale hanno un servizio online completo con assistenza legale, medica e sindacale

RecapitoVia Dei Velini,1/A - 62100 Macerata Tel. 0733232608

Orari

UIL Macerata - Unione Italiana del Lavoro

Sportello o servizio analogo a tutela dei lavoratori

Uffi cio legale e patronato

A chi è aperto Aperto a tutti, non solo iscritti al sindacato

Cosa offre Informazioni e assistenza legale

Recapito

Patronato Ital - Via D. Annibali, 1762010 Piediripa - Maceratatelefono: 0733. 231645telefax: 0733. 233726e-mail: [email protected]

OrariMattina e pomeriggio 9.00/12.30 16.00/18.30

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140 ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI

CGIL Fermo - Confederazione Generale Italiana del Lavoro

Sportello o servizio analogo a tutela dei lavoratori

Uffi cio Vertenze

A chi è aperto Aperto a tutti, non solo iscritti al sindacato

Cosa offre

Informazioni e preconsuleza legale a tuttiApertura pratica ai soli iscritti al sindacato; possibilità di godere di una tutela legale con uno studio convenzionato

RecapitoVia Dell’Annunziata ,1 63023 FermoTel. 0734220811

OrariOrario 9,00/12,30 -15,30/ 18,30 dal lunedì al venerdì il sabato dalle 9,00 alle 12,30

Referente Uffi cio vertenze

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141 IL MOBBING

APPENDICE

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142 ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI

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143 IL MOBBING

Consigliera di paritàUna figura di tutela dell’uguaglianza

Le Consigliere di Parità sono figure istituzionali incaricate di rilevare e rimuovere discriminazioni di genere in ambito lavorativo e di promuovere l’uguaglianza tra uomini e donne nell’accesso al lavoro, nella formazione, nell’avanzamento di carriera e nella retribuzione. In ogni regione e provincia esiste una Consigliera di Parità effettiva e una Consigliera di Parità supplente, entrambe nominate dal Ministero del Lavoro di concerto con il Ministero per le Pari Opportunità, che restano in carica per quattro anni. Nell’esercizio delle loro funzioni, sono pubblici ufficiali con obbligo di segnalazione all’autorità giudiziaria, per i reati di cui vengono a conoscenza.

CONTRO LA DISCRIMINAZIONE Le Consigliere di Parità: > effettuano rilevazioni sugli squilibri di genere per promuovere e garantire

il rispetto delle norme di parità;> su richiesta delle lavoratrici e/o delle organizzazioni sindacali,

intervengono nei casi di discriminazioni individuali e collettive presso il soggetto che attua la discriminazione e, qualora si renda necessario, promuove azioni in giudizio presso il tribunale per tutelare la parte lesa.

A FAVORE DELLA PARITÀ La promozione di azioni positive è parte altrettanto rilevante dei compiti delle Consigliere che collaborano con le aziende, le istituzioni e i sindacati per l’attuazione di politiche e progetti per le pari opportunità sul lavoro e per la conciliazione lavoro famiglia.

LE CONSIGLIERE DI PARITÀ:> garantiscono il rispetto delle norme a tutela della maternità e paternità;

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144 ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI

> sostengono le politiche attive del lavoro, comprese quelle formative, a favore delle pari opportunità fra uomo e donna;

> promuovono l’attuazione delle politiche di pari opportunità da parte dei soggetti pubblici e privati che operano nel mercato del lavoro attraverso la realizzazione di Piani di Azioni Positive;

> promuovono l’attività d’informazione e formazione sui problemi delle pari opportunità e sulle varie forme di discriminazione;

> collaborano con gli assessorati al lavoro e con gli organismi di parità degli enti locali al fine di realizzare progetti e iniziative in materia di pari opportunità.

L’UFFICIO DELLA CONSIGLIERA DI PARITÀ SI RIVOLGE: 1. ai cittadini che:

> chiedono informazioni;1. > chiedono tutela fino all’assistenza in giudizio in caso di

discriminazione di genere sul lavoro e violazione delle pari opportunità;

2. ai soggetti sindacali che intendono: 1. > segnalare casi di discriminazione di genere;1. > collaborare alla tutela dei lavoratori e delle lavoratrici;1. > collaborare a progetti di promozione delle pari opportunità;3. alle aziende, pubbliche e private per: 1. > essere coadiuvate a realizzare Piani di Azioni Positive;1. > presentare progetti sulla flessibilità;1. > istituire organismi di parità;4. alle istituzioni locali per: 1. > istituire organismi di parità;1. > promozione del Piano di Azioni Positive, in base all’art. 43 del D.lgs

198/06.

NORMATIVA DI RIFERIMENTO PRINCIPI COSTITUZIONALI

Art. 3“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni

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145 IL MOBBING

politiche, di condizioni personali e sociali”. Proclamato il principio, la norma prosegue assegnando alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini. Emerge così nella normativa la consapevolezza che l’uguaglianza formale resta sulla carta, se non si costruisce l’uguaglianza sostanziale.

Art. 37“La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”.

LEGISLAZIONE DI RIFERIMENTO

> D.lgs 11 aprile 2006 n. 198Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell’art. 6 della Legge 28 novembre 2005, n. 246 (G.U. n. 125 del 31/5/2006 Suppl. Ordinario n. 133)

> D.lgs 26 marzo 2001, n. 151 Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’art. 15 della Legge 8 marzo 2000, n. 53 (G.U. 26 aprile 2001, Suppl. Ordinario n. 96)

> Legge 8 marzo 2000, n. 53Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città (G.U. 13 marzo 2000, n. 60)

> D.lgs 25 novembre 1996, n. 645 Recepimento della direttiva 92/85/CEE concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (G.U. 21 dicembre 1996, n. 299)

> Legge 25 febbraio 1992, n. 215Azioni positive per l’imprenditoria femminile (G.U. 7 marzo 1992, n. 56)

> Legge 10 aprile 1991, n. 125 Azioni positive per la realizzazione della parità uomo donna nel lavoro (G.U. 15 aprile 1991, n. 88)

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146 ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI

CONSIGLIERE REGIONALI

Catalini Paola (effettiva)[email protected]

Orciani Bianca Maria (supplente)[email protected] CONTATTI:Uffi cio Consigliera di Parità Regione MarcheP.F. Pari Opportunità e InformadonnaVia Tiziano, 4460100 ANCONAtel. 071 2076886fax 071 [email protected]

CONSIGLIERE PROVINCIALI

ANCONA

Barigelletti Patrizia (effettiva)[email protected]

Nichilo Rosanna (supplente)[email protected] CONTATTI:Uffi cio Consigliera di Parità Provincia di AnconaVia Ruggeri, 5 – 60100 ANCONAtel. 071 5894220fax 071 5894464consiglieraparita@provincia.ancona.itwww.consiglieraparita.provincia.ancona.it/

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147 IL MOBBING

ASCOLI PICENO e FERMO

Petrucci Paola (effettiva)[email protected]

Casciati Paola (supplente) [email protected]

CONTATTI:Uffi cio Consigliera di Parità Provincia di Ascoli PicenoPiazza Simonetti, 36 – 63100 ASCOLI PICENOtel. 0736 277504 numero verde 800 215809segreteria.parita@provincia.ap.itwww.consiglierediparita.org

MACERATA

Landi Paola (effettiva)

Pirro Adele Maria Pia (supplente)

CONTATTIUffi cio Consigliera di Parità Provincia di MacerataCorso della Repubblica, 28 – 62100 MACERATAtel. 0733 248278 fax 0733 248531

PESARO E URBINO

Maria Luisa Carobbio (effettiva)

Fatima Farina (supplente)

CONTATTIConsigliera di Parità della Provincia di Pesaro e UrbinoUffi cio presso il Servizio Formazione e Lavoro della Provincia di Pesaro e UrbinoLargo Aldo Moro, 13 - 61121 PESAROtel. 0721 359349/933fax 0721 [email protected]

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148 ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI

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149 IL MOBBING

Finito di stamparenel mese di novembre 2009presso la TECNOSTAMPA Edizioni di Ostra Vetere (AN)

Progetto grafico e stampaTecnostampa Ostra Vetere (AN)[email protected]

le immagini si riferiscono ad iniziative delle Consigliere di Paritàper la Provincia di Ascoli Piceno

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150 ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI

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