PSICOLOGIA GENERALE
La motivazione lezione 7
ANNO 2018/19
DOCENTE: Spagnoletti Maria, Stella
La motivazione
• La motivazione può essere descritta come una situazione in cui
per la persona esiste un oggetto-meta (obiettivo), perseguito in
quanto attraente (o temuto in quanto repulsivo), per
raggiungere (o evitare) il quale la persona attiva un
determinato comportamento: per la psicologia della
motivazione gli oggetti-meta perseguiti (o evitati) e ciò che li
rende attraenti (o repulsivi) costituiscono proprio le entità da
spiegare.
• La motivazione include aspetti biologici, cognitivi e sociali.
La motivazione
• La motivazione è un costrutto ipotetico, non osservabile in
quanto tale. Non riflette un’unità omogenea presente in una
qualche misura nella persona, ma è il risultato di un’astrazione
con cui vengano estrapolate e trattate le componenti
motivazionali di volta in volta presenti che hanno a che fare con
il durevole orientamento ad un fine del comportamento
A seconda delle posizioni teoriche di fondo e delle
“immagini dell’uomo” che esse comportano,
abbiamo in partenza due fondamentali prospettive di analisi
della motivazione:
Interna Esterna
• SPINTA (fonte interna):
• Vi sono eventi anteriori che spingono e incitano il
comportamento
Tipicamente nell’organismo esistono entità interne che
spingono per essere soddisfatte, creando tensioni o
energie che chiedono di essere scaricate → sistemi
motivazionali fisiologici (fame, sete...)
• ATTRAZIONE (fonte esterna):
• Esiste una prospettiva futura che attrae e orienta il
comportamento
L’oggetto-meta è uno stato futuro che l’individuo vuole
raggiungere e rispetto al quale orienta diverse attività
comportamentali (equifinalità del comportamento) →
sistemi motivazionali complessi
Primi concetti esplicativi: istinto e pulsione
• ISTINTI
nell’accezione etologica: sequenze comportamentali (pattern)
innate.
– Le prime teorie della motivazione incentrate sul concetto di
istinto, richiamano l’attenzione sul fatto che, a dispetto della
plasticità riconducibile a processi di apprendimento ed a tutti i
processi cognitivi intermedi, il nostro comportamento è guidato in
parte da elementi ancorati alla storia della nostra evoluzione.
Secondo tale approccio, che fa riferimento al concetto di
«spinta» derivante dagli stati interni dell’organismo, le persone e
gli animali nascono pre-programmati, ossia dotati di schemi
d’azione su base genetica indispensabili alla sopravvivenza.
Istinti
• Darwin (1859): come le caratteristiche fisiche, gli istinti
soggiacciono alle leggi di variazione casuale e selezione
naturale
• McDougall - 1908, interessante modello tripartito: ciascun
istinto si caratterizza per il fatto di a) accentuare la percezione
di determinati oggetti o eventi, b) stimolare una specifica
emozione, c) generare la tendenza ad agire in un certo modo
nei confronti dell’oggetto percepito.
• Secondo questa teoria gli istinti rappresentano i motori di ogni
condotta. Inoltre McDouglas tentò di individuare un numero
ristretto di istinti, definendoli inclinazioni, a cui ricondurre il
vasto repertorio dei comportamenti.
• L’associazione istinto-emozione ritorna nella teoria delle
emozioni primarie universali (Darwin, poi Ekam e Izard) in
quanto sistemi motivazionali rudimentali che orientano in
senso adattativo sia i primi comportamenti del neonato,
sia quelli dell’adulto “prendendo il comando” in situazioni
incerte/di pericolo.
Istinti
• Quindi tale concetto fu utilizzato per indicare schemi innati di
comportamento, specie-specifici, a carattere automatico e
involontario, innescatiti da stimoli specifici, corrispondenti a veri
e propri rituali fissi.
• Gli schemi d’azione fissa non sono modificabili
dall’apprendimento in quanto unità di azione composte da
sequenze stereotipate di movimenti (Lorenz 1937).
Etologia e imprinting
• Lorenz (1937): distinzione tra azione terminale dell’istinto
(coordinazione ereditaria), che è una sequenza automatica
rigidamente predeteminata (schemi di azione fissa) innescata
da uno stimolo-chiave, e comportamento di ricerca con cui
l’animale cerca lo stimolo-chiave (cioè occasioni per attivare la
coordinazione ereditaria), che invece è plastico, cioè soggetto
ad apprendimento. Il concetto che la possibilità di eseguire un
comportamento (l’azione terminale dell’istinto) costituisce la
motivazione ad eseguirne un altro ha analogie con quello di
motivazione intrinseca in psicologia della motivazione.
• Imprinting: comportamento specie-specifico geneticamente
programmato.
Etologia e motivazione
• Il modello di comportamento sottostante a gran parte degli studi etologici e denominato modello idraulico.
• Modello idraulico della motivazione: modello energetico fondato sull’idea di un’energia che si accumula all’interno dell’organismo e spinge per essere liberata. Tale energia è regolata da un lato dalla pressione raggiunta e dall’altro dalla presenza e dall’intensità di stimoli esterni.
Ma se molti comportamenti animali sono basati sull’istinto, il comportamento, soprattutto umano, è in gran parte appreso. La presenza anche nell’uomo di risposte semplici come i riflessi, che sembrano innati e immodificabili, non spiega la totalità dei comportamento nella sua varietà e complessità.
Il modello della riduzione delle pulsioni
• Al concetto ambiguo di istinto si contrapposero una serie
di teorie fondate sulla riduzione delle pulsioni.
• Secondo il modello della riduzione delle pulsioni l’assenza
di requisiti biologici fondamentali (p.e. cibo) produrrebbe
una pulsione (p.e. la fame) allo scopo di conseguire
quella determinata risorsa.
Il modello della riduzione delle pulsioni
• La tensione degli organismi a mantenere una situazione di equilibrio interno è definita omeostasi (Cannon, 1929); l’omeostasi garantisce, quando ci sono variazioni rispetto ad un valore critico, un aggiustamento per ritornare allo stato iniziale di equilibrio. Secondo la teoria biologica della motivazione il corpo è caratterizzato da alcuni bisogni biologici che devono essere soddisfatti. Quando ciò non accade si attivano meccanismi o pulsioni che spingono e attivano comportamenti per ristabilire l’equilibrio ottimale.
• Introduzione della distinzione tra pulsioni primarie (legate ai bisogni biologici del corpo) e secondarie (nascono da esperienze passate e apprendimento, p.e. successo).
Pulsioni 1
L’ opera di Freud è fondata sul postulato che le pulsioni di
sesso e aggressività motivano il comportamento umano.
Pulsioni 1
Freud (concezione freudiana è prototipo dell’idea di comportamento avviato da una spinta interna)
• La pulsione è l’istanza psichica, espressione di un bisogno fisico, che si manifesta a livello dell’Es (interfaccia tra fisico e psichico), inconsciamente e indipendentemente da un rapporto specifico con la situazione connessa all’azione. La sua meta consiste nella soppressione dello stato di stimolazione, ovvero nell’essere scaricata comunque sia; perché ciò avvenga la pulsione deve trovare esternamente all’organismo un oggetto su cui scaricarsi, ma per fare ciò l’Es (che non ha contatti con il mondo esterno) deve affidarsi alla mediazione dell’Io, che sull’altro fronte deve considerare le esigenze Super-Io.
• La concezione di desiderio inconscio /componenti motivazionali non consce ha esercitato un effetto duraturo sulla psicologia della motivazione
Pulsioni 2
Hull (1943):
Considera quali componenti costitutive della motivazione al
comportamento due diversi fattori:
• Abitudine: l’associazione ripetuta tra un dato stimolo e
una certa riposta
• Pulsione: attivazione dell’organismo che mette in moto un
comportamento per soddisfare un bisogno (condizione di
carenza/necessità).
Paradigma comportamentista
La metodologia d’indagine non è l’osservazione diretta in
ambiente naturale ma l’esperimento controllato in laboratorio che
permette di studiare il comportamento osservabile dell’animale
limitando le variabili esterne.
Pulsioni 3
Le variazioni al modello di Hull
Tendenza comportamentale = pulsione x abitudine x incentivo
• Dove la pulsione (drive) è una spinta interna all’azione,
generica e aspecifica, che può generare una determinata
tendenza comportamentale solo combinandosi con l’abitudine
(habit - specifica e frutto dell’apprendimento) e con l’incentivo
(valore di ricompensa dell’oggetto-meta) che entra quindi in
campo anche la seconda prospettiva, relativa all’attrazione da
fonte esterna.
• Secondo la teoria dell’incentivo la motivazione nasce dal
desiderio di raggiungere obiettivi di valore esterni al soggetto,
detti incentivi.
Diversamente dagli istinti le pulsioni possono essere soggette a
variazioni da un individuo all’altro e alle influenze dell’ambiente
Il passaggio dagli istinti alle pulsioni in chiave teorica porta ad
una nuova definizione di
bisogno
Condizione di carenza o necessità; tale condizione alimenta una
pulsione che fornisce l’attivazione necessaria all’abitudine adeguata al
contesto e la conduce all’esecuzione.
Nonostante le teorie della riduzione delle pulsioni forniscano una
buona spiegazione del modo in cui le pulsioni primarie motivino il
comportamento, non sono sufficienti a spiegare un
comportamento il cui obiettivo non sia quello di ridurre la
pulsione, ma piuttosto di mantenere o addirittura incrementare il
livello di eccitamento, di attivazione o di arousal.
Le teorie dell’arousal
• Secondo le teorie dell’arousal gli individui cercano di
mantenere un livello ottimale di stimolazione o attività.
• Anche in questo caso quando i livelli di stimolazione e attività
aumentano in modo elevato, la tendenza dell’organismo e di
riequilibrare tale livelli apportando una riduzione. Inoltre
quando i livelli sono troppo bassi l’organismo tenta di
‟innalzarli” ricercando altri stimoli.
Le teorie dell’arousal
La presenza di forti differenze individuali nei livelli di arousal che gli
individui tendono a ricercare trova riscontro nelle ricerche di Zuckerman
(1979) che introduce il concetto di sensation seeking (ricerca di
sensazioni).
La sensation seeking si strutturerebbe in quattro diverse componenti:
• la ricerca di brivido e di avventura
• la ricerca di esperienze
• disinibizione
• Suscettibilità alla noia
Si ipotizza per la sensation seeking una radice biologica che riporta tale
disposizione a processi neurali e biochimici. Tuttavia le basi neuro-
fisiologiche di tale costrutto restano controverse.
Le teorie dell’arousal
Il modello dell’investimento razionale nasce per spiegare il
concetto di motivazione legato alle situazioni di rischio.
Si rischia per la possibilità, seppur incerta, di ottenere un
guadagno molto elevato e superiore all’investimento di partenza.
Uno dei fattori chiamati in causa a sostegno del modello è la
ricerca di stimolazioni.
Appare inoltre rilevante la differenza tra situazioni di rischio in cui
il verificarsi di un evento dipende dal caso, rispetto alle situazioni
in cui il verificarsi di un evento dipende dall’abilità del soggetto.
Classificare i bisogni
MURRAY → BISOGNI, PRESSIONI, TEMI
• Murray elabora la distinzione tra bisogni primari innati (fame,
sete...) e bisogni secondari “superiori” (riuscita, affiliazione,
autonomia...) acquisiti nel corso dello sviluppo individuale
tramite esperienze di apprendimento in ambienti concreti,
caratterizzati cioè da specifiche strutture fisiche, sociali e
culturali.
Murray
• Murray concettualizza che ai bisogni (needs) della persona
facciano riscontro pressioni (press) provenienti dell’ambiente,
cioè aspetti della situazione ambientale che rappresentano un
allettamento o una minaccia specifica nei confronti di quel
bisogno
• Suddivide le pressioni in alfa (caratteristiche situazionali
oggettive) e beta (caratteristiche della situazione così come
percepite dalla persona in base ai suoi bisogni)
L’interpretazione e la percezione di una situazione dipendono
sistematicamente dalla forza del bisogno del soggetto.
Murray
• Infine concettualizza l’incontro di bisogni e pressioni come temi
di interrelazione persona-ambiente
• Quindi, partendo dai temi, è possibile comprendere e
classificare i bisogni
• Elabora a questo fine il TAT: test proiettivo (immagini ambigue)
nella cui percezione si suppone che il soggetto proietti i temi
che gli sono propri, permettendo da questi di risalire a ritroso a
bisogni e pressioni
Classificare i bisogni
Successivamente McCLELLAND distinse tre classi di
bisogni secondari:
• Bisogno di successo
• Bisogno di affiliazione
• Bisogno di potere
La gerarchia dei bisogni di Maslow
La gerarchia dei bisogni di Maslow
Per comprendere la personalità e la condotta di una persona è
necessario conoscere i bisogni che in essa premono per essere
appagati.
Maslow individua 5 tipi di bisogni disposti secondo un ordine
gerarchico dai più primitivi ai più evoluti.
• Mentre quelli fisiologici e di sicurezza sono definiti: bisogni di
carenza.
• Gli ultimi tre, che continuano a svilupparsi, sono detti: bisogni
di crescita
• Un ruolo importante è rivestito dal bisogno di autorealizzazione
Le teorie socio-cognitiviste
Secondo l’approccio cognitivista la motivazione è il prodotto di
pensieri, valutazioni, aspettative e scopi dell’individuo, dunque
delle sue cognizioni.
Il concetto di motivazione scavalca l’appartenenza alla sola sfera
biologica per essere declinata nei processi di pensiero e nella
capacità di individuazione di mete e scopi, sulla base di
elementi quali la valutazione della probabilità di successo o di
insuccesso (Atkinson, 1964) e i processi di attribuzione causale
e di valutazione e controllabilità della situazione (Weiner, 1972).
Il modello di Edwards
Secondo Edwards (1961) le scelte che ogni individuo compie possono essere scomposte in probabilità e preferenze.
L’assunto di base che Edwards inserisce nello sviluppo della teoria dell’utilità soggettivamente attesa (USA) è che gli individui tendono proprio a scegliere l’opzione con l’utilità soggettivamente attesa più elevata, effettuando delle stime soggettive anche in considerazione dell’aspettativa che definisce il valore di un oggetto/evento, così come l’attrattiva del suo ottenimento.
Sulla base di questo modello Atkinson (1964) parlò di tendenza al successo ipotizzando la presenza di vari fattori nella motivazione e nella scelta di un compito/obiettivo.
La teoria delle attribuzioni causali
Weiner (1972) applica alla ricerca sulla motivazione alla riuscita il
modello delle attribuzioni causali di Heider (1958): spiega così le cause
che le persone tendono ad invocare per l’esito delle proprie prestazioni
come funzione della loro percezione circa la localizzazione di tale
causa e della sua stabilità nel tempo; applicando questo modello alla
teoria aspettativa x incentivo, ipotizza che le attribuzioni causali da un
lato siano funzione della direzione individuale del motivo alla riuscita, e
dall’altro lato influiscano sulle conseguenze motivazionali del risultato
di una prestazione.
Le considerazioni maggiori riguardano:
• La localizzazione delle cause di un evento (locus of control)
• La stabilità temporale del fattore causale
• La sua controllabilità
Teoria delle attribuzioni causali
Localizzazione della causa
Interno Esterno
Stabile
CAPACITA’
FACILITA’/DIFFICOLTA’
COMPITO
SFORZO/IMPEGNO
CASO/FORTUNA
Variabile
Sta
bilità
della
causa
La controllabilità può essere alta se dovuta alle proprie competenze, o bassa
se dipende da fattori come la fortuna, le azioni degli altri, il destino….
Motivazione intrinseca ed estrinseca
Motivazione
La motivazione intrinseca
porta ad intraprendere
un’attività per il proprio
piacere. Quindi un
comportamento si dice
intrinsecamente motivato
quando si compie in virtù di
se stesso. Si è più inclini a
raggiungere performance di
alta qualità quando le
motivazioni sono intrinseche.
La motivazione estrinseca porta
ad intraprendere un’attività per
raggiungere obiettivi come il
denaro, il potere, il voto
scolastico…
Un comportamento si dice
estrinsecamente motivato
quando il suo movente è posto
all’esterno dell’attività vera e
propria. Fornire ricompense per
un comportamento desiderato
aumenta la motivazione
estrinseca.
Il bisogno di potere e di successo
McClelland (1985) individua tre classi di bisogni secondari che
caratterizzano gli esseri umani:
• Il bisogno di successo
• Il bisogno di affiliazione
• Il bisogno di potere
Di solito questi bisogni sono compresenti, ma è possibile che
uno di questi prevalga sugli altri assumendo il ruolo di principale
motore del comportamento di un individuo.
Secondo questa prospettiva la motivazione nasce da
un’interazione tra individuo e ambiente, in considerazione sia dei
fattori disposizionali e di personalità del soggetto sia della
situazione in cui egli si trova ad agire.
Fattori sociali del bisogno di potere
• Rifacendosi alla suddivisione dei bisogni avanzata da
McClelland (1985), K. Lewin (1951) definisce il potere come il
quoziente della forza massima che l’individuo A ha
sull’individuo B e della massima resistenza che B può
impiegare; il potere viene quindi considerato una forza
risultante dalla duplice azione di imporsi e di resistere.
• Chi domina e chi viene dominato sono in quest’ottica parti di un
sistema a suo modo socialmente funzionale entro un dato
ambiente.
• Per Lewin l’ambiente non è un dato oggettivo ma soggettivo,
cioè è costituito da ciò che nel momento è psicologicamente
rilevante per la persona e quindi da essa effettivamente
percepito
• Concettualizza l’ambiente come spazio di vita della persona,
articolato in diverse regioni-meta: ciascuna rappresenta una
possibilità di azione e può essere valutata dalla persona in
termini positivi o negativi in funzione sia dei suoi bisogni
intrinseci (i sistemi di tensione), sia delle qualità proprie
dell’oggetto-meta: ciascuna regione-meta ha quindi per la
persona una valenza, o valore di incentivo, che può essere di
segno positivo o negativo e assumere diversi gradi d’intensità
La ricerca empirica dimostra in effetti che:
• in caso di successo i motivati al successo tendono
sistematicamente a riferirlo a cause interne, privilegiando
quelle stabili (propria capacità che quindi risultano confermate),
mentre i motivati all’evitamento dell’insuccesso tendono ad
attribuirlo a fattori esterni (caso o facilità del compito);
• in caso di insuccesso i motivati al successo lo attribuiscono a
fenomeni sia interni che interni ma variabili nel tempo (sforzo
insufficiente, caso) e quindi rimediabili in futuro, mentre i
motivati all’evitamento dell’insuccesso lo attribuiscono alla
propria (cronica) mancanza di capacità→ in questo modo
ciascuno rinforza, autoalimentandola, la direzione del proprio
motivo
Strutture motivazionali complesse
• L’obiettivo della ricerca più recente è lo sviluppo di modelli
motivazionali che permettano di rendere conto della
complessità delle situazioni di vita reale, fuori dai laboratori, in
cui possono essere in gioco strutture motivazionali complesse
con molteplici incentivi che interagiscono in varia misura con il
comportamento
• Facendo ricorso alla teoria della strumentalità (che definisce
l’aspettativa, ovvero il grado di sicurezza individuale o
probabilità attribuita, riguardo a quanto sia stretto il rapporto
causale tra un determinato evento X e un altro Y), e al concetto
di valenza delle conseguenze del risultato come incentivo,
diventa possibile elaborare un modello che tenga conto di
incentivi tematicamente diversi
• Nel modello si introduce la differenziazione tra, da una lato,
l’aspettativa che sia la propria azione a portare (o evitare) il
risultato, e dall’altro lato l’aspettativa (che viaggia in direzione
contraria rispetto alla motivazione all’azione) che il risultato sia
invece determinato dalla situazione e quindi la propria azione
serva a poco
• Rheinberg sviluppa un versione logico-proposizionale
applicativa (scuole), che permette di diagnosticare in quale
fase avviene la caduta di motivazione e quindi di intervenire in
modo mirato
• Questo modello ‟rinuncia” a fondarsi su una grande teoria
generale, ma in compenso mostra alta capacità predittiva nelle
situazioni individuali, poiché tiene conto del fatto che
aspettative e conseguenze dipendono in modo più o meno
rilevante dalle condizioni oggettive contingenti; tuttavia proprio
per tale motivo i risultati non sono generalizzabili.
Strutture motivazionali complesse
SITUAZIONE AZIONE RISULTATO CONSEGUENZE
VALORE ATTRIBUITO ALLE CONSEGUENZE
(INCENTIVO)
Situazione→ Risultato
Aspettativa che la situazione
porti al risultato
Azione→ Risultato
Aspettativa che la propria azione
porti al risultato
Risultato→ Conseguenze
Aspettativa che il risultato
abbia determinate conseguenze
Heckhausen e Rheinberg – modello motivazionale cognitivo allargato