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Q. Sereno Sammonico Liber Medicinalis a cura di Cesare Ruffato · scala dalla casta sacerdotale...

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Q. Sereno Sammonico Liber Medicinalis a cura di Cesare Ruffato Vico Acitillo 124 - Poetry Wave
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Vico Acitillo 124 - Ekesy

EkesyVico Acitillo 124 - Poetry Wave

Q. Sereno Sammonico

Liber Medicinalis

a cura di Cesare Ruffato

Vico Acitillo 124 - Poetry Wave

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Vico Acitillo 124 - Ekesy

Vico Acitillo 124 - Poetry [email protected]

[email protected]

Napoli, 2004

La manipolazione e/o la riproduzione (totale o parziale)e/o la diffusione telematica di quest’opera

sono consentite a singoli o comunque a soggettinon costituiti come imprese

di carattere editoriale, cinematografico o radio-televisivo.

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EkesyCollezione di scritture

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Q. Sereno Sammonico: Liber Medicinalisa cura di Cesare Ruffato

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Sul Liber medicinalis di Quinto Sereno Sammonicodi Cesare Ruffato1

È significativo come la fluttuazione letteraria con rinnovato impe-gno scientifico faccia riemergere autori di un tempo lontano, carat-terizzati da forti incognite biografiche, ma che hanno lasciato trac-cia di sé con la loro opera. Queste alterne fortune di silenzio e direminiscenza sono proprie anche di Quintus Serenus (Sammonicus)e del suo poema, il Liber medicinalis, come si può cogliere da unapanoramica della bibliografia recente sull’autore2.La problematica ancora irrisolta sull’identità dell’autore, sin dalleincerte testimonianze più antiche, gli ha creato intorno un’aura quasielitaria ed ha sollecitato l’attenzione critica del mondo medico eletterario latino per le caratteristiche tecnico-scientifiche e linguisti-che della sua opera. V’è incertezza di dati (anagrafici ed onomastici)anche sulla tradizione del Liber medicinalis. Mentre c’è concordanzasul nome dell’autore (Quintus Serenus) – che è pure confermatonel Medicinalis liber, imitazione composta da Benedictus Crispusprima del suo episcopato a Milano (681-724)3 – e nel titolo del-l’opera (Liber con o senza medicinalis), resta invece precario il co-gnome, Sammonicus, che compare soltanto in un codice moltotardo del secolo XV (Codex Neapolitanus: Sereni Sammonici libriduo). Corre anche l’ipotesi, non suffragata da alcun documento, chei due scrittori omonimi Serenus Sammonicus o SammonicusSerenus, dei quali parlano Augusto, Macrobio e Servio, siano staticonsiderati dagli antichi editori come autori dell’opera, per cui alnome è stato accodato il cognome Sam(m)onicus4.

Uno dei due sarebbe il padre, valente scrittore, senza una ricono-sciuta attività di poeta, vissuto al tempo di Settimio Severo (193-211). Autore eruditissimo dei Rerum reconditarum libri, possedevauna folta biblioteca di 62000 volumi e fu ucciso per ordine di

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Caracalla nel 212 durante la cospirazione di Geta.Il figlio, Quintus Serenus, verosimilmente attivo tra la seconda metàdel II e la prima metà del III secolo d. C., visse alla corte dei Gordiani,amico dell’imperatore Gordiano I e precettore di Gordiano II ilgiovane (192-238), al quale donò la ricchissima biblioteca eredita-ta dal padre. Noto come poeta fu in stretti rapporti, come suo sto-rico, con l’imperatore Alessandro Severo (222-235) che ne leggevai testi e lo stimava tra i poeti contemporanei. Diversamente dalpadre, nei cui Rerum reconditarum libri esistono soltanto accostamentie prestiti da Plinio il Vecchio e da Nigidio Figulo, per il figlio notopoeta, l’attribuzione sembrerebbe un po’ più convincente, anche sealquanto opinabile, mancando di attestazioni in testi antichi.Non è certo che Quinto Sereno abbia realmente professato la Medi-cina, ma fu sicuramente un osservatore attento del quotidiano e unuomo di cultura dal vissuto profondo come traspare dalla ricchezzanella sua opera di citazioni e risonanze di scrittori e poeti del perio-do classico, soprattutto Lucrezio, Plauto, Orazio, Ovidio, Virgilio.Non meno controversa è la datazione dell’opera per la carenza dielementi decisivi di ordine storico, linguistico, filologico, testuale.La collocazione approssimativa oscilla tra la fine del II secolo e laseconda metà del IV secolo, cioè durante l’era lunga dei Severi el’epoca in cui Marcellus Empiricus vi ricorse per la stesura del suoDe medicamentis5.Il Liber medicinalis, frequentato da linguisti, grammatici, filologi eda eruditi cultori dell’arte medica (Morgagni), inclusoripetitivamente in opere generali di letteratura, storia, scienze (ades. nel Corpus poetarum Latinorum e nel Corpus medicorum Latinorumdi Vollmer), in specifiche collane di linguistica computazionale(Medicorum Latinorum concordantiarum lexicorumque corpus), in sto-rie della medicina e in biografie mediche, citato in importanti voca-bolari latini, è una raccolta di 1107 esametri, suddivisi in 64 capi-toli di lunghezza e valore diversi, sui rimedi per varie patologiecatalogate un po’ disordinatamente, ma nel complesso secondo laclassificazione nosologica a capite ad calcem seguita in genere dagliantichi trattati medici.Il poemetto apre con una Praefatio e sembrerebbe all’origine esserestato suddiviso in due parti con verosimile spartiacque in corri-spondenza del capitolo XLII: la prima riservata al trattamento dellepatologie organiche e funzionali, la seconda alla patologia acciden-tale. Non esiste un epilogo, che di norma s’accompagna alla praefatio,ed è possibile sia stato eliminato nel corso del tempo.

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Problematica è la questione dell’autenticità dei titoli dei capitoli,numerati in cifre romane e presenti assieme agli indici nei vari codi-ci pervenuti. Sembra accettabile, per ragioni interne al testo e allatradizione trattatistica medica, la mano originale dell’autore per ilriscontro di terminologia tecnico-scientifica specifica congeniale aun cultore della materia, il quale per di più poeta poteva ancheazzardarne l’introduzione nei versi. Sono nel contempo ipotizzabilicorrezioni e rifacimenti sia nei titoli sia nel corpo testuale per inter-venti non sempre oculati e colti dei copisti, rivolti soprattutto adagevolarne la leggibilità e la diffusione6.Ricerche comparative a sfavore dell’autenticità globale dei titoli7

adducono come argomenti la incongruenza cronologica (tenore piùantico del testo, Ackermann), la discordanza nei vari codici fra tito-li e indici relativa all’ordine e alla terminologia, ma soprattutto isegni della palese accidentalità tipica della storia dei testi antichi(distrazioni, livello culturale, ideologie dei copisti) per cui mancasovente una appropriata corrispondenza fra terminologia e tematicheesposte, o l’ordine di comparsa non rispetta quello delle materieargomentate (come si può cogliere nei capitoli VI, XVI, XVIII, XXIV,XXV; nel XLVII il termine prettamente scientifico ostocopo non risal-ta adeguatamente all’ordine delle prescrizioni).

Al Liber medicinalis non può essere negato, come si replicherà inseguito, il rischioso disegno di dare voce poetica a una materia piut-tosto arida. L’opera è infatti una opulenta offerta di medicamentipopolari consistenti in essenze naturali del regno vegetale, animaleo minerale, ben note alla medicina romana di cui cade opportunotracciare qui un sintetico profilo.Agli esordi la medicina romana era un amalgama di cognizioni pri-mitive e banali, basate sull’empirismo e dominate da credenze reli-giose. I Romani infatti intrecciavano colle divinità relazioni di scam-bio con fini precisi, favoriti anche dalla onomastica che esprimevadi ognuna proprietà, funzione e riti specifici. Si trattava quindi diuna medicina sostanzialmente taumaturgica basata su due nutritigruppi di divinità, in prevalenza italico-romane, le tutelari e lesalutifere (spesso con nomi suggestivi; a qualcuna venne affiancatapoi una divinità greca, come nel caso di Salus, classica, e Igea figliadi Esculapio quale protettrice della Sanità, nel III secolo a. C.) de-putate a proteggere singolarmente l’intero ciclo biologico dell’uo-mo dalla fecondazione (Giano) alla sepoltura (Nenia).Tale mondo religioso era stato influenzato positivamente dalla

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colonizzazione mediterranea da parte dei Greci e dai prestiti orien-tali degli Etruschi. A questi ultimi si devono improntedemonologiche e soprattutto l’ars divinatoria (l’ermeneutica di se-gni e presagi offerti dalla natura e la conoscenza del pensiero divinotramite l’esame dei visceri animali) che sin da tempi antichissimi haavviato la pratica autoptica sugli animali e la didattica anatomica,contribuendo all’emancipazione della medicina taumaturgica, la cuisupremazia pur annacquandosi si protrasse a lungo con reminiscen-ze rispettose della tradizione anche in periodi di disciplinaparascientifica più evoluta, come si può constatare in vari punti nelLiber medicinalis8.Una costellazione di cerimonie e riti di vario impegno, privati opubblici, per la richiesta alle divinità di grazie, protezione, divina-zione, interpretazione di segni e sogni era mediata e gestita su vastascala dalla casta sacerdotale addetta al culto e attenta all’eserciziodella professione medica e del potere che essa comporta. Questolabirinto religioso di superstizione e di persuasione più o meno oc-culta fu oggetto di esplicita e severa critica da parte del mondo in-tellettuale (letterati e filosofi) sovente interlocutori sullo statuto esulle problematiche della medicina.Nella primitiva irrazionale medicina romana era altrettanto rilevan-te la componente magica. Una congerie di operatori maliardi e pra-tiche miracolanti custodite nella mimica del segreto, impastate diassurdità, illogicità e a effetto apotropaico manipolava e intrigavastrati sociali subculturali coinvolgendo i saperi, accreditandosi pa-radossalmente quasi un tipo di trattamento delle patologie ardue eincurabili più specifico e sacro.Copiosa è la documentazione, nel campionario di ricette della me-dicina romana popolare, di formule magiche (ad esempio, huat,haut, haut, istasis tarsis ardannabou dannaustra; oppure motas vaetadaries dardaries astataries dissunapiter; e ancora sator arepo tenet operarotas; e Sicucuma Cucuma Ucuma Cuma)9, vere formule non-senseove forse il potere magico si nasconde nel suono e nelle letterereferenti, nella loro enunciazione distorta o nella loro intonazionead andirivieni; e di amuleti di varia consistenza, morfologia e natu-ra. Non mancano inoltre vere e proprie ricette magiche impregnatedi malìa e di stranezza, nei modi di preparazione e di assunzione.Anche nell’opera di Quinto Sereno si rinvengono richiami o allu-sioni di ordine magico, soffusi però di scetticismo (condiviso daPlinio laconicamente «melius est non credere» 28, 23), relativi allevarie modalità pratiche (capp. I, II, IV, XII, XV, XVII, XVIII, XIX,

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XXII, XXIII, XXV, XXXIII, XXXV, XLI, XLV; XLVI, XLVIII, XLIX,L, LI, LIV, LV, LVI, LVIII, LX). Tra le formule (cap. XXXIII: haecsimul incantans: sisti debere cruorem, / ut lapis ille viae solitos iam destititorbes; e cap. LI: inscribes chartae quod dicitur abracadabra) meritaparticolare rilievo per l’originalità (forse hapax poetico) la parolaabracadabra soprattutto per il contesto e per l’interesse etimologicosuscitato negli studiosi10.Nella storia paleomedica romana funzionava anche una medicina ditradizione familiare, una sorta di «koinè medica» custode del vissu-to e di cognizioni elementari; essa ha incontrato difensori sapientianche in fasi di scarti cognitivi ed è percepibile come rumore difondo nel Liber medicinalis.La necessità di una medicina razionale con carattere di scienza furivendicata da Aulo Cornelio Celso sia pure nell’interno di una so-cietà disattenta a innovazioni culturali.Varie testimonianze da parte di intellettuali (scrittori, poeti, filoso-fi, drammaturghi) sull’esistenza di medici professionisti in Roma,precedenti l’arrivo di medici greci, trovano ripercussione anche nelLiber medicinalis11. Trattavasi di pionieri senza scuola, di ipoteticaprovenienza patriarcale o sacerdotale dotta (i conjectores interpreti disogni e esperti di anatomia e botanica), versatili nell’apprendimen-to, in possesso di qualche trattato di medicina di mano etrusca ogreca e plastici alle fluttuazioni d’una società in fermento e di unanazione spesso in guerra che richiedeva anche prestazioni d’urgenza.Il ricorso alla medicina greca di inesauribile risonanza (basta ricor-dare la grande profondità concettuale della dottrina di Ippocrate,inquieto ricercatore, e della sua scuola, spinta da rigorosa disposi-zione scientifica spaziante nell’intera sfera medica e raccolta in buo-na parte nel Corpus Hippocraticum12), documentato anche nellaPraefatio del Liber medicinalis, determinava la frequente presenza inRoma di esperti greci o privati o per invito ufficiale governativo.Assai famoso fu Artorius Asclepiade, medico e filosofo della scuoladi Alessandria, amico e medico di Cicerone, creatore a Roma di unascuola rinomata. Clinico raffinato, atomista in opposizione alla cor-rente umorale ippocratica, sviluppò un sistema terapeutico basatosu principi igienico-dietetici e fisico-ginnici, piuttosto che sull’usodi medicamenti. Va infine richiamato per i riflessi nell’opera di Q.Sereno il rinnovamento in Roma, fin dal I secolo a. C., delpitagorismo da parte di studiosi tra i quali Nigidio Figulo.Sin dai primordi conflittualità ideologiche fra maestri e proseliti discuole (o «sette» secondo la nomenclatura di Galeno) concerneva-

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no eziologia, funzioni fisiologiche fondamentali, inquadramentodelle malattie, rapporto medico-paziente13.Nelle varie correnti risaltano due protagonisti eclettici le cui operesapienti sono fonte preziosa di informazioni tecnico-scientifiche estoriche: Celso dalla biografia nebulosa (pare sia vissuto intorno alI secolo d. C.; ci è giunto parzialmente il suo De re medica) e Galeno(130-200 circa d. C.) grande erudito, prolifico scrittore, frequenta-tore soprattutto della scuola di Alessandria e fondatore a Roma diuna scuola illustre ove promosse l’insegnamento della dissezione,dell’anatomia e della fisiologia.La concessione del dirittto di cittadinanza residenziale in Roma aipraticanti la medicina e ai docenti delle arti liberali richiamò anchestranieri di varie scuole promuovendo figure elitarie (medico perso-nale o di famiglia) e, per attività concorrenziale privata, speculazio-ni e guadagni enormi consentiti da norme di legge. Esercitavanoperò anche «pratici» onesti nella parcella e nelle prescrizionifarmacologiche, al cui operato Q. Sereno riserva fra le righe accentidi simpatia e di fiducia14.L’incentivazione professionale fece crescere una classe medica matu-rata in scuole straniere (Grecia, Egitto), versatile nella didattica enella letteratura specialistica. L’inadeguatezza dei luoghi di insegna-mento, poco congeniali alle lezioni di anatomia e alle dissezioni,portò alla fondazione sull’Esquilino della prima scuola di medicina,la Schola medicorum. Sono attestate da iscrizioni anche altre scuolein Italia (Torino, Benevento) e nelle province (Gallia, Germania).Già dal tempo di Cicerone la medicina andava disgregandosi in unpullulare di specialità, specifiche per i vari segmenti del corpo, ten-denti a inficiare «la totalità dell’essere, hole ousia»15, a rendere menopartecipe l’approccio col paziente e a favorire strategie di lucro.Nell’epoca imperiale dei Severi (ad Alessandro Severo – col quale,si ricorda, Quinto Sereno fu in stretti rapporti come suo storico epoeta – va riconosciuto l’avviamento in Roma dell’insegnamentoprogrammato della medicina) veniva affrontato il problema sanita-rio con l’istituzione di una assistenza medica competente alle variecategorie sociali, gestita dallo Stato, gerarchicamente strutturata(archiatri e subalterni) e svolta da medici pubblici ufficiali (archiatrimunicipali, anche con mansioni didattiche ai giovani) deputati allacura degli indigenti, da medici di pronto intervento in luoghi pub-blici, da medici di «ordini e professioni», da medici militari com-prendenti anche quelli dei vigilanti (vigiles) incaricati di sorvegliarela città di Roma.

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L’espansione sanitaria e socio-culturale resero necessarie per il medi-co l’attestazione abilitante all’esercizio professionale e la creazionedi norme deontologiche (Lex Aquilia, anno 285 a. C.) atte a con-trollarne e limitarne l’attività. Al paziente tra l’altro venne ricono-sciuto il diritto di richiedere l’intervento e il parere di altri curantiper consulto. I medici disponevano di una dimora (domus), annessao meno all’ambulatorio, per ricoverare e sorvegliare il paziente. L’at-tuale nosocomio è forse rapportabile al valetudinarium civile e mi-litare ove erano ospedalizzati malati di ogni classe sociale.

Un discorso specifico meritano le conoscenze dei Romani di anato-mia umana e comparata, fisiologia, patologia e terapia (talora diver-genti dalle influenze greche) oggetto di ricerca pluridisciplinare so-vente impostata su un piano filosofico. Si farà qui sintetico riferi-mento solo a quelle pertinenti ai temi trattati nel Liber medicinalis.Il sistema scheletrico era indicato genericamente con ossa (distin-guendo quelle lunghe, cava, contenenti la medulla). Nel naso siriconoscevano due vie comunicanti l’una con la gola attraverso lecoane e addetta alla respirazione, l’altra col cervello attraverso lalamina cribrosa etmoidale. Nel bacino l’osso iliaco, pecten, contienel’acetabolo, ischion, per la testa femorale, coxa, costituendo l’artico-lazione coxo-femorale, coxa o coxendix, anca.Nell’apparato muscolo-legamentoso la parola polisemica nervus in-dicava nervo, legamento, tendine e pene.Nella gola (gula e fauces) si distinguevano tonsillae, uva (ugola),epiglottide, lingua; mancava, diversamente dai Greci, una termino-logia distinta di laringe (per respirazione e fonazione) e faringe (perdeglutizione) anche se Celso introdurrà il termine laryngectomia.Alla trachea, aspera arteria, costituita da anelli cartilaginei incom-pleti, era riconosciuta la funzione di trasportare l’aria, spiritus, neipolmoni dalla struttura spugnosa addetti alla respirazione; tardivo(V secolo d. C.) il termine bronchia per l’albero bronchiale; nel cavotoracico si conoscevano le pleure, membranae propriae.Nell’apparato esofago-gastro-intestinale erano individuati: esofago,stomachus, che superando il diaframma, praecordia o septum traversum(praecordia rende più il concetto di regione epigastrica), immettenello stomaco, ventriculus (anche stomachus e persino alvus in Cice-rone) con lo sfintere distale pylorus il quale si apre nel duodeno,summum intestinum, che si continua con le anse dell’intestino te-nue, digiuno, jejunum (l’ileo, tratto distale dell’intestino tenue, nonfigurava distinto), che si congiunge col grosso intestino, crassiora

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intestina, colon, in corrispondenza del cieco, caecum, con la propriaappendice e con i segmenti ascendente, trasverso, discendente, sigmaterminante nel retto, rectum, con l’estremità sfinterica anale (perqualcuno la parola longanon indica il retto e talvolta anche il digiu-no). Addossati al diaframma (praecordia o septum trasversum)nell’ipocondrio destro il fegato, jecur, con la cistifellea, fel (organoimportantissimo già studiato dagli Etruschi negli animali, ritenutola sorgente del sistema venoso, organo principe ematogeno esecernente la bile); nell’ipocondrio sinistro la milza, lien, splen (or-gano pastoso, serbatoio del sangue e delle sue impurità deputate acostituire l’atrabile). Il peritoneo, tenue omentum, avvolge i visceriaddominali e sostiene vasi e tessuto adiposo.Nell’apparato urinario si riconoscevano reni, renes, organi vascolarivenosi; ureteri, ilia, drenanti l’urina (umore nocivo escreto ??? dalsangue a livello renale) in vescica, vesica (a sede sovragenitale nelladonna e sovrapubica nell’uomo) dalla quale viene espulsa conminzione attraverso l’uretra, iter o fistula urinae.Gli organi genitali (verenda o genitalia) erano così distinti: a) nel-l’uomo testicoli, testiculi o testes o colei nella borsa scrotale, scrotum;epididimo; prostata; pene, penis, verga, glans, coles e nervus (Ora-zio); b) nella donna (feminalia) ovaie, tube, utero, utriculus, uterus;vagina, canalis e in gergo cunnus; imene; vulva o natura con piccolee grandi labbra, orae, interne ed esterne; clitoride.Intuizioni significative lucreziane legavano la riproduzione e con-servazione d’ogni specie alla presenza insita e celata nel seme di ca-ratteri specifici e alla loro trasmissione, e al valore di una certa sintoniacopulativa dei partner; il concepimento era attribuito alla fusionedello sperma maschile con quello femminile; la sterilità fondamen-talmente imputata ad alterate proprietà dello sperma maschile. Alciclo mestruale era riconosciuta la funzione di evacuare la pletoraematica del corpo, deviata all’utero durante la gestazione e alle mam-melle per la produzione lattea dopo il parto.Suggestive le concezioni inerenti i sistemi respiratorio e cardio-circolatorio, ritenuti in intima connessione. Tutte le arterie origine-rebbero dalle cavità pneumatiche (orifizi) del ventricolo sinistro,che mediante le sistole invia il sangue pregno di spirito vitale, l’aria(dell’aria inspirata una parte sarebbe espirata e una parte sarebbeassorbita dal cuore) nelle varie parti del corpo e capilarizzandosi lemanterrebbe in vita. Tutte le vene, compresa la vena cava inferiore,originerebbero nel fegato da dove il sangue si distribuirebbe perattrazione elettiva esercitata dai vari organi. Rispetto al modello

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assolutistico greco le scuole romane non escludevano la possibilitàdi circolazione endarteriosa del sangue, del quale già si discriminavail venoso, più scuro e denso, dall’arterioso più rutilante e liquido.Del sistema nervoso erano note molte strutture (ma ignoratal’aracnoide e forse il quarto ventricolo) e già si distinguevano i nervicerebrali da quelli sensitivi (radici dorsali) e motori (radici ventrali)di origine spinale. Importanti le attribuzioni funzionali (l’encefaloguida della mente, sede dell’anima, dell’intelletto, della maggioran-za del pneuma psichico) e le deduzioni sperimentali sul midollospinale.Sugli organi di senso, dalla struttura assai complessa, le cognizionierano piuttosto rudimentali rispetto alla vivacità delle concezionifunzionali (l’occhio ad esempio era considerato fra tutti l’organopiù perfetto e sofisticato, contenente un pneuma luminoso emana-to di continuo dal cervello).

Quanto mai fluttuante il discorso sulle malattie, dalla credenza dipunizioni sciorinate dagli dei alla convinzione di una loro dipen-denza da un momento eziologico deviante l’equilibrio dell’organi-smo garante dello stato di salute. A ciò però si accosta l’ipotesi spe-culativa lucreziana che terra e cielo siano portatori di germi patogeni,e quella varroniana di animalia minuta o bestiolae invisibili ad oc-chio nudo penetranti nel corpo per via orale o nasale, allusive allaeziologia microbica e virale delle patologie contagiose.Queste incertezze acuivano l’insipienza sul meccanismoeziopatogenetico delle epidemie così frequenti in Roma, come in-forma la storiografia, ad iniziare dalla prima notizia del 738 a. C.sotto il re Romolo, sino alla terribile peste del 295 a. C. citataanche nella Praefatio del Liber medicinalis.Nello spettro di cognizioni e di forme morbose già note elenchia-mo, riuniti per sistemi ed apparati, le patologie trattate nel Libermedicinalis: 1) la febbre (considerata malattia autonoma e divinità,Febris) nella diversa tipologia (capp. XLVII, XLVIII, XLIX, L, LI);2) sistema nervoso (capp. I, II, VII, LIII, LIV, LV, LVI); 3) appara-to respiratorio (capp. IX, XVI); 4) apparato circolatorio (capp. XX,XXII ove viene segnalato l’intervento chirurgico di splenectomia,LXIV); 5) apparato digerente ed epatobiliare (capp. XV, XVII,XVIII, XX, XXI, XXIII, XXV, XXVI, XXVII, XXVIII, XXX, LVII);6) vie urinarie (capp. XXIV, XXXI); 7) condizioni ostetrico-gineco-logiche (capp. XXXII, XXXIII); 8) ghiandole mammarie (cap. XIX);9) genitali maschili (cap. XXXV); 10) odontopatie (cap. XIV); 11)

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patologia infantile (capp. XXXIX, LVIII); 12) occhi (capp. XIII,XXXIV); 13) orecchi (cap. XII); 14) traumatologia (capp. XLII,XLIII, LII); 15) apparato osteoarticolare (capp. XXXVI, XLI, XLVIIostocopo); 16) dermatosi (capp. III, VI, VIII, XI, XXXIV, LIX,LXIII); 17) tintura dei capelli (cap. IV); 18) parassitosi (capp. V,XXIX); 19) forme infettive (capp. X, XXXVIII, XL, XLIV, XLV,XLVI); 20) infiammazioni (capp. XXXVII, XXXIX); 21) avvelena-menti (capp. LX, LXI).La farmacopea romana distingueva i medicinali in rapporto a pro-prietà ed effetti secondo una gamma di procedimenti metodologicisperimentali: salassi, lassativi, emetici, dietetici, frizioni,fisiochinesiterapia, diaforesi, idro-psammo-luto-terapia, psicotera-pia, terapia depurativa, farmacoterapia.I numerosi medicamenti sino ai più sofisticati, talora inefficaci epericolosi, erano ricavati dal mondo vegetale, dal mondo animale eda quello minerale. Nei primordi le preparazioni erano realizzatedai medici, veri e propri ricercatori di sostanze medicamentose; inseguito erano effettuate in luoghi pubblici (le tabernae, erboristeriee farmacie). Il loro commercio e la loro specificità non erano sem-pre trasparenti e onesti, come nota più volte Quinto Sereno. Lemodalità di preparazione e di somministrazione erano praticamentele seguenti: infusi, macerazioni, decotti, succhi, polveri, pasticche,pillole, unguenti, impiastri, cataplasmi, colliri, pessari, microtamponianali. Tra i preparati compositi gli antidota erano i più sofisticati esono prescritti per gli avvelenamenti nei capp. XLV e LX anche daQuinto Sereno, il quale richiama sbrigativamente con ironia e scet-ticismo proprio l’antidoto di Mitridate, famoso e in realtà articola-to in ben 54 componenti. Va inoltre ricordata la cosiddetta teriaca(vedi cap. XVII) composta da 500 sostanze, assai costosa e alla por-tata di pochi.Per l’esiguità estrema di riferimenti specifici alla chirurgia nel Libermedicinalis (sorprendente però il già citato cap. XXII ove si fa cennoalla splenectomia) si ritiene di sorvolare su questa branca sin d’allo-ra separata, che richiedeva specialisti di anatomia «non pietosi», consicura manualità, avvezzi a un nutrito repertorio strumentale com-petente alle diverse esigenze.Ampio interesse ebbero i Romani per l’igiene individuale, ambien-tale e sociale. Accanto ai suggerimenti educativi individuali per con-servare «nello stesso corpo un calore e un vento vitale»16, particolar-mente importante e salubre era considerata l’attività ginnica nellepalestre e nei campi sportivi, nelle piscine pubbliche e nelle terme

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con raffinate ritualità. I bagni erano inoltre impiegati nel trattamen-to di varie patologie come si legge anche nel Liber medicinalis.

1° La medicina in Roma antica. Il Liber medicinalis di Quinto Sereno Sammonico, a curadi C. Ruffato, UTET, Torino, 1996.2° J. Schulz, Quinti Sereni Sammonici Liber Medicinalis. Praecepta saluberrima, Moscov,1961; V. M. Logorio, Quintus Serenus Liber Medicinalis, «Reg. Lat.», 598: C B, LIII,1976, pp. 26-27; E. Champlin, Serenus Sammonicus, «H. S. Ph.», 1981, pp. 189-212;R. H. Rouse, Quintus Serenus, in Texts and Transmission, Ed. L. D. Reynolds, ClarendonPress, Oxford, 1983, pp. 381-385; E. Mastellone Jovane, Reminiscenze letterarie in Q.Sereno Sammonico, «Bollettino di studi latini», 14, 1984, pp. 64-79; G. Penso, Lamedicina romana, Ciba-Geigy, Saronno, 1985; J. H. Phillips, The Incunable Editions ofthe Liber Medicinalis Quinti Sereni. Catalogue des manuscripts classiques latins copiés duIX-XII s., CNRS, Paris, 1985; G. B. Conte - E. Pianezzola, Storia e testi della letteraturalatina, vol. 3, L’età imperiale, Le Monnier, Firenze, 1989, p. 450; C. Santini - N.Scivoletto, Prefazioni, prologhi, proemi di opere tecnico-scientifiche latine, vol. 1°, pp. 357-359, Herder, Roma, 1990; J. H. Phillips, The Structure of the Liber Medicinalis QuintiSereni, Actes du III coll. intern. Textes medicaux latins antiques, Saint-Etienne, 11-13sept. 1989, Publ. de l’Université de Saint-Etienne, 1991; Id., The Liber MedicinalisQuinti Sereni and Celsus, Actes du II coll. intern. Les ecoles medicales à Rome, par P.Mudry - J. Pigeaud, Université de Lausanne, Publ. de la Faculté des Lettres, XXXIII,1991, pp. 158-179; R. Herzog, Nouvelle histoire de la littérature latine, Brepols, Paris,1993, pp. 361-366; A. R. Corsini, Quinti Sereni Libri Medicinalis Concordantiae, Olms-Weidmann, Hildesheim, 1993.3° Benedictus Crispus, Medicinalis Liber, in Coll. Salernitana 1, 1852, pp. 72-87. A taleproposito F. Brunhölzl («Aevum», 33, 1959, pp. 25-67) ritiene che quest’opera appar-tenga al tardo medioevo.4° E. Champlin, op. cit., datando il Ditti Cretese all’età dei Severi, identifica in unprobabile Septimius Serenus Sammonicus, personaggio alla corte di Settimio Severoucciso da Caracalla nel 212 d. C., il Septimius del Ditti Cretese e Serenus Sammonicus,autore del Liber Medicinalis.5° R. Pépin, Quintus Serenus (Serenus Sammonicus). Liber Medicinalis, PressesUniversitaires de France, Paris, 1949; R. H. Rouse, op. cit., p. 381.6° Ne sono prova esemplare i capitoli: XXXIV dove Pilis quibus (cum) que internecandisè modificato in Internecandis quae oculos impediunt; LXII Vulneribus et rei dubiae curandisove et rei dubiae era pasticciato in et reduviae; XXXVI Sciae et articulari morbo oveischiae termine dotto è stato sostituito con scia termine volgare corrente introdotto nellatino volgare del medioevo.7° R. Pépin, op. cit., pp. XX-XXIII; J. Ch. Ackermann, Q. Sereni Samonici de medicinasaluberrima praecepta saluberrima, Lipsia, 1786, in Prefazione; F. Vollmer, Quinti Sere-

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ni Liber Medicinalis, Corpus medicorum Latinorum vol. II, fasc. 3, Ed. Teubner, Lipsia,1916, pp. XXI-XXIV.8° Cap. XII: Vis et Phoebigenae divinam discere curam?; cap. XIX: Vis et Phoebigenaecaelestia sumere dona?; cap. XXIV: deus haec mihi certa probavit; cap. XLI: Epidauriusipse / dixit inesse deus?; cap. LVI: Ipse deus memorat; cap. LX: Saepe … praedixit numenedendum. La Praefatio (priva di dedicatio) contiene l’invocatio a Febo-Apollo, inventoredella medicina, e al figlio del dio, Esculapio (potens artis) il cui culto era stato introdottoa Roma nel III secolo a. C. in occasione di una devastante epidemia (295 a. C.) e che èemblematizzato da Q. Sereno nella figura del serpente (qui quondam placida tectus subpelle draconis).9° G. Penso, op. cit., p. 64; R. Pépin, op. cit., p. 90.10° Sull’origine, conformazione e significato di questa parola magica hanno dissertatogli studiosi: A. Nelson, Abracadabra, «Eranos, Acta philol. Svecana», XLIV, 1946, pp.326-336; A. Sizoo, Abracadabra, «Hermeneus», XXVIII, 1957, pp. 171-173; A.Önnerfors, Magische Formeln in Dienste römischer Medizin, in AA. VV., Aufstieg undNiedergang der römischen …, vol. II, b. 37.1, pp. 163-166, Ed.de Gruyter, Berlin-NewYork, 1993.11° Plauto, cap. XXII; Orazio, cap. XXVII; Democrito, cap. XXIX; Lucrezio, cap.XXXII; Ennio, cap. XXXVI; Tito Livio, cap. XXXVIII; Plinio e Varrone, cap. XLV.12° Corpus Hippocraticum, a cura di E. Littré, voll. 10, Paris, 1839-1861.13° Su questa problematica, oggetto di riflessione filosofica anche attuale, cfr. H. G.Gadamer, Dove si nasconde la salute, Cortina, Milano, 1994, pp. 113-125.14° Cap. XXI vv. 392-394; cap. XXVII vv. 518-521; cap. LX vv. 1061-1064.15° H. G. Gadamer, op. cit., p. 82.16° Lucrezio, De rerum natura, trad. F. Giancotti, Garzanti, Milano, 1994 (III, vv. 128-129: calor ac ventus vitalis in ipso / corpore).

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Prefazione

Apollo, patrocina questo poema salutareche noi componiamo e proteggi sollecitola tua invenzione. E tu maestro della medicinache hai saputo ridare la vita e resuscitarealla luce i defunti dalla tomba,tu che dai prestigio a Eges Pergamo ed Epidauroe che un tempo nelle sembianze d'innocuoserpente hai raggiunto il Campidoglioe i suoi templi gloriosi ed hai espulsoinfauste patologie colla tua validapresenza: dacci perciò una manotu che hai spesso avallato i nostri quesitia te rivolti e in questi labili fogliesprimi tutta la tua saggezza.

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Per tingere i capelli

A coloro che si vergognano della longevitàed angustiati dalla venerabile senilitàdesiderano mascherare la sollecitacanizie e con un trucco cromaticosimulare una chioma scura, è consigliabilel'uso di foglie di cipresso tritate in acreaceto o quelle di lentisco o i frutti acerbidel sambuco. Anche lombrichi di terramescolati con olio rinverdisconoe rivitalizzano il fascino della chioma.È possibile inoltre mimetizzare il biancoredel capo con resina legata con ceramolle e vischio. Tullio ha indicatoper primo un unguento a base di cenereper rendere biondi i capelli nerisino a tonalità fulve. Si diceche una gestante, se mangia le zampe d'un topoin trappola, partorirà un figlio con occhi neri.

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Terapia del delirio e per liberare il cervello

Il delirio furioso deriva da alterazionecerebrale e la stridente follia rianimale forze perdute sia che ipertermiaelevata usurante le membra esagitatesia che eccesso di vino o ventata freddariescano a provocare l'episodio.È opportuno avvolgere fronte e tempiadel malato con una corona salvificacomposta da polmoni ancora caldi di pecora.Non scordare che gli agitati vanno anchesottoposti a suffumigi di lane sporche;odori nauseanti sovente fanno guarire.Non sempre la malattia acuta è trattabile:perciò conviene maggiormente attuareuna strategia preventiva contro eventualepatologia e sono pertanto da curareanche i soggetti sani. Il cervello varipristinato con radice masticatadi piretro, con unzioni di succhi di giovanesambuco, va aspirata per le naricila linfa spremuta dall'edera o si instilleràper il cervello aceto misto con ruta.

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Fecondazione e parto

Quando in una unione sterile l'attivitàdei partner illanguidisce e la speranzaprolifica è già svanita da molti anni,si tace se ne sia o meno responsabilela donna: lo potrà insegnare il quarto librodel grande Lucrezio. L'utero però guidatoda energici medicamenti ha spesso datocreature preparate da cure oculate.La donna mangi una vulva di lepre o bevala bava pendente dalla tenera boccadelle pecore, miscidata, tenga a mente,con vino Falerno, quando nelle stalleruminano l'erba brucata. I coniugi prendanoanche insieme l'erba mercuriale quandodi notte premono di andare a letto.Qualora la gravidanza garantisca vitasicura del feto, perché la gestanteprotetta si rafforzi per affrontare un facileparto, deve bere dittamo e mangiarelumache. Ma quando un bimbo dimorato in grembo

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meno di otto mesi, settimino si scodellanel letto e scioglie gli allentati legami,è opportuno somministrare puleggio in acetotiepido, la cui efficacia ci è stata in varieoccasioni comprovata. Si può persinoapplicare un pessario di sterco di neroavvoltoio per minimizzare la sofferenzadel parto quando si avverte impellente.E inoltre un miscuglio di uova, ruta, teneroaneto e vino leggero allevieranno le pene.

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Terapia dell'antrace

Assai più aggressivo è l'antrace che portaall'exitus: chiuso brucia lentoaperto devasta le parti vitali.Gli antichi lo affrontavano con varirimedi; infatti il libro centotreesimodi Tito Livio insegna ad espellere questomale con ferro rovente o a respingerlocon pozione di semi di rape e che nonsi potrebbe sopravvivere, senza rimedi, piùdi sette giorni, tanto è intensa la sualesività. Stendere sulle parti addensatee infette dal veleno nascosto un miscugliodi liquido agrodolce con semi di linoe fimo di colomba di Pafo in quantitàuguale. I foci profondi vengono inoltreaperti dai lupini tritati. Qualcunoapplica impiastro niveo fumante di calceviva sciolta in aceto sulle pustoleiniziali. Qualche curante sparge sul corpoguano di gallina o aglio e pepe equidosati.Potrà giovare la parente di Pitagoracondita col delicato comino o il lievitomontato da farina madida.

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Terapia delle ferite di qualsiasi natura

Quanto grandi e gravose le sventure umane!Le varietà di ferite sembrano cosìinnumerevoli da non riuscire a stabilirnesingolarmente la cura specifica. Tuttii casi pertanto saranno trattati con gli stessicriteri, in modo però che nessun errorederida i rimedi. Bene, di qualunque tiposia l'orribile ferita da affrontare,prescrivere come medicamento cipollatriturata con miele o per applicazionetopica la pianta che deve il nomealle sue mille foglie miscidata con grassovecchio. Apporre lana sucida intrisadi vino tiepido o con la sua cenerecolmare il vuoto della ferita, che poiviene coperto da foglie o rami dell'olmo.Il succo d'edera estetizza la deforme cicatrice.

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Terapia del morso dell'uomo o della scimmia

L'uomo e la sfacciatissima bestia a luiaffine quando addentano inoculano ancheun maligno veleno. Giova prenderedella betonica con vino secco. È inoltrecurativa la scorza del rafano bollitatritata e spalmata sulle parti morse.

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Terapia della febbre semiterzana

Più infausta è la febbre dal nome grecohemitritaeos, che si crede priva di termineproprio nella nostra lingua e non lo volleroi nostri padri. Si scriva su un foglioil detto abracadabra, lo si ripeta assaisovente e muovendo in basso si detraggadi volta in volta per ogni riga, senzaomissioni, la lettera finale riscrivendole restanti fino a risultare una unicalettera terminale in figura verbalea cono acuto: memento di appendereil foglio al collo con un filo di lino.Alcuni sostengono l'efficacia del grassodi leone. Se si vuole portare una collanadi corallo, va vivacizzata con verismeraldi e con una perla rotondapreziosa per il suo niveo candore:questo gioiello al collo del pazienteallontanerà con potere stupefacentel'infausta patologia.

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Per conciliare il sonno ai pazienti

La febbre odiosa non solo avvampa gli afflittima soprattutto li storna dal desideratotorpore e li esclude dai doni celestidel sonno ristoratore. Bere dunque la ceneresciolta in acqua calda d'un foglio bruciatostilato di parole qualsiasi. Converràporre un grosso ramo di puleggio al capezzalee deglutire foglie di cipresso in acqua.Ungere la fronte con miscela di liquoredi Pallade, profumato con rose, insiemea papavero stemperato e pestato e s'otterràun sereno riposo notturno. Anche mangiaremandragora porta sonno profondo.Diluire inoltre i noduli sottocutaneiche l'ariete porta nascosti nelle pieghedelle due cosce e ingerirequesta bevanda sonnifera.

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Terapia delle ustioni e delle lesioni da freddo

Le patologie da freddo e da caloresi differenziano benché in entrambe l'azionenociva si palesi con lesioni similitanto da ritenere ustionate parti invecealterate da neve gelata. In ambedueè curativa la cenere dei corpuscolidel platano bruciati. Nelle ustioni daràvalido sollievo l'albume d'uovo spalmatocon una piuma. O applicare la ceneredi lana grassa o composto di calce vivacon olio vecchio; oppure questo medicamentostrabiliante: orzo pestato impastatocon albume d'uovo e con grasso di scrofa.Combinare inoltre in dosi eguali segodi capra e succo di celidonia e spalmarele scottature. La sugna semplice alleviale lesioni da congelamento e l'agevolemedicina consente la desiderata guarigione.

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Per cautelarsi dai veleni

Per tutelarsi dalla perfidia d'una ostilematrigna o da qualche invidioso che si arrovellaper la tua fortuna bisogna predisporreuna condotta cautelare per gli avvelenamentiinattesi. Come antipasto mangiare dunquedelle noci. Le coppe d'elettro cangiantisvelano il veleno. È poi opportuno bereun decotto di corteccia di querciao prendere dei fichi sott'olio. La divinitàha sovente prescritto come alimentoil rafano. Si racconta che l'antidotodi Mitridate era ottenibile in varieformule; ma quando Pompeo Magno trionfatores'appropriò degli scrigni del re scoprìsoltanto un mucchio di banalità e sorrisedi questi medicamenti alquanto comuni:venti foglie di ruta, un granello di sale,due noci e altrettanti fichi globosi.Il re all'alba prendeva queste cosespruzzate d'un po' di vino nella pauradei veleni che aveva propinato a sua madre.

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Terapia dell'avvelenamento

Qualora le cautele non riescano ad evitarel'orribile veleno urgono le cure attead espellere la sostanza assorbita.Si afferma l'efficacia del latte d'asinae di mucca tranquilla. La maggioranzaprende l'erba betonica con poco vino.L'assaporare il succo dell'edera, che avviluppagli alberi elevati, nelle coppe, renderàinnocue quelle che qualcuno avrà inquinatocon erbe velenose. La rapida frenesiaindotta da ingestione di giusquiamopotrà essere alleviata con latte di capra.

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Terapia del capo

Instillazioni biauricolari con balsamopossono ridare all’encefalo prestantevitalità. Gioverà pure appenderela gramigna detta dai sette nodi o una coronadel corniolo. Porre l’energico puleggiosu un solo orecchio o cautamente inalarnei vapori per via nasale cotto a fiammalenta e aggiunto ad aceto. Applicaresulla fronte dei panni intrisi di vischioo foglie tritate di menta. È pure efficacecollocare una spugna pregna d’acqua piovanatiepida o edera macerata in olio vecchioo massaggiare la fronte con lumache frante.Nel colpo di sole a testa nuda si guariscespesso con unzione di celidonia in aceto;sono benèfici anche i papaveri amicidel sonno, prima macerati poi trituratiin olio denso.

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Terapia dell’emicrania

Nel dolore acuto che colpisce una metàdel capo daranno sollievo l’aglio avvoltoin lana e, in egual modo, i balsami introdottinell’orecchio controlaterale; o il massaggiocon tre spicchi d’aglio e tre grani di pepetritati insieme: questa terapiadarà sicura guarigione.

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Terapia del raffreddore e delle perfrigerazioni

Il freddo è spesso tanto pervasivo e invadele membra da rendere inefficaci i rimedipiù adeguati. Bollire in olio una ranatoglierla e col liquido fomentare le membra.Similmente il seme di urtica risolveràil brivido e il freddo invadente. Ancheil midollo di cervo può alleviare il brivido;gioverà pure il seme bollito di rafanocon miele. Sarà efficace una pozione di biled’orso diluita in acqua tiepida; o la ceneredi conchiglie vuote combuste d’ostricache sparsa come sale nel cibo e riscaldandoil capo eliminerà la noxa congelante.Alcuni prendono una sorsata di emulsionemelata di senape, gargarizzano senzaingerirla e poi la sputano. Altrimasticano aglio o perfondono attraversole fosse nasali con olio caldo l’encefalo.Qualcuno ritiene valido il saporedella lattuga, trattamento questonel contempo utile e piacevole.

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Terapia della patologia epatica e dei fianchi

Alla comparsa d’un dolore acuto del parenchimaepatico bere subito una emulsione melatadi salvia o prendere i semi profusidall’alto frassino o un fegato d’avvoltoioo brodo di solare pernice. Inoltrepolverizzare pece solida e pepe,una dracma di ognuno, miscelare in acquagelida e la bevanda rianimerà il bevitore.Si prenderà pure un decotto d’assenzio.Nel dolore acuto immotivato del fiancobere l’acqua fatta ribollire da pietraimmersa infocata; o prendere radice frantadi acero con vino: questo rimedio si ritienerisolutivo. Che dire delle ricettedi Filone dai molti costituentie dei vari antidoti? Se ne interessinoi ricchi, qui si diranno le prescrizionia favore dei poveri. Procurarsi un fegatodi lupo, aggiungervi costo, foglia di nardoe pepe, stemperare il tutto in vino seccoper bevanda. Esiste una affezione violentadella «telum» dal dolore folle fulmineofurioso come colpo imprevisto: gioveràuna pozione estratta dalla mandorladella pesca; la validità di questa curami è stata comprovata a sufficienza dai fatti.

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Terapia delle lombalgie e dei reni

Quando un dolore lancinante s’insediain regione lombare, gettare una pietrasurriscaldata al fuoco nell’acqua che cosìribollirà e bevendola si potrà spegnerel’urente dolore. Lana non purgata, zuppadi pece liquida che si impregna a contattodi queste sostanze riscaldate, nitrozolfo aceto, applicata per frequentifomenti nelle sedi sofferenti daràbuoni risultati. Ingerire o porre in loco,a propria scelta, una testa di asparagocon vino vecchio: ambedue le modalitàdaranno sollievo. O spalmare i lombicon impasto di grasso e zolfo. Spessoè efficace l’impiego del compostosucco di Pallade, celidonia e granidi frumento fatti trasudare davantialle fiamme fluttuanti. Si consigliadi bere latte di mandorle: si pestanoe si deglutiscono miscidate in acquatiepida. Potrà pure giovare una bevandacomposta di tre lumache bollite nel vinoe frantumate col proprio guscio e quindicigrani di pepe. Introdurre della cruscabollita in poca acqua e poi impregnata

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d’olio in sacche adatte da porre in situcalde ai limiti di sopportazione.Giovano anche le potenti peculiaritàdel midollo di cervo e non nuoce bereil succo di cece cotto. Oppure applicarein loco il composto: salvia bagnatamescolata in acqua dolce, aneto frantumatoin concomitanza a del mastice e quelpreparato che deriva chiaramente il nomedai suoi dieci costituenti; il nume mi hadato certezza sul valore di questa terapia.

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Terapia di ogni tipo di emorragiae di quelle di origine genitale

Una lieve emorragia in soggetto pletoricoè come un salasso, ma se è eccessivaè la vita stessa che si liquefa.Perciò l’epistassi profusa viene arrestatadall’odore di una cimice schiacciata.Con lana non ancora purgata, pregnad’olio rosato tamponare le narici oppuretappare i condotti uditivi. Giova frizionarela fronte con lumache sbriciate o con cervellodi gallo o col sangue dolce di colomba.Nella emorragia persistente si deve berelo stesso sangue uscente. Bendare inoltreil capo con papiro egiziano staccandonela parte eccedente e legandola ai genitali;nel caso di una donna è utile per la compressionemammillare. Nella menorrea sovrabbondante,impetuosa un pessario di lana sucidafrena l’emorragia dannosa e inoltreinduce l’espulsione dei feti morti.Ma qualunque sia l’origine dell’emorragiasi deve ingerire corteccia di sugherocon grande accuratezza quasi polverizzatain acqua calda. La donna si purificacon infuso caldo di puleggio. Nel casodi metrorragia raccolta bloccata in situ

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bere in ogni modo la tenera nepitellao la ruta. Nell’ematuria vescicale il marrobiotritato in vino cotto e annacquato faràscomparire il colore purpureo urinario.L’erba del latte agevola l’espulsionedella placenta. Se l’emorragia genitalesi aggrava, alcuni curanti strappandocon una sola percussione frammentid’una mola ne appendono uno avvolto in lanain regione precordiale della pazienteenunciando questo incantesimo: l’emorragiadeve arrestarsi come questa pietra hafermato il suo corso rotatorio abituale.

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Terapia della coxopatia e delle artropatie

Assai sovente una affezione occulta si situanell’anca con dolore e grave laesa functio.La bevanda di corteccia di pioppo biancodarà beneficio. Si consiglia inoltredi prendere steli strappati alle esili frondedi tenera ginestra e macerati in acetoo bere infuso di robbia o mangiare lumachenel vino bitino. Qualora il male ostilecoinvolga tutte le articolazioni, avvolgerlecon bietole e fichi uniti con mieleo si prenda cura di somministrare bevandad’acqua marina con parsimonioso vino:si narra che il padre Ennio stessotracannando troppi rischiosi bicchierisia caduto nelle disgrazie di questo male.

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Terapia del fuoco sacro

È nota anche una forma patologica dettafuoco, obiettivata da ipertermia delle regionimalate. Spalmare unguento di sego bovinorammollito alla fiamma o fomentare le partiurenti con miscuglio d’uova non cottedi cigno e feccia di vino. Porre in locoun lombrico pregno di aceto, o ruta frescapreparata similmente ma sommata ad olio.Sono efficaci anche uova involte con fogliepestate di bietola. Pure unguento mistodi cenere d’aglio, olio e salsa di garumallevierà la violenza ingravescentedella flogosi. Si combina spesso pozionedi albume d’uovo e celidonia, da prenderein dose modica, ma ben frantumata senzascordare l’aggiunta d’acqua e vino Falerno.

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Terapia della gotta

Quali sono mai le medicine specialiper la gotta acuta, delle quali secondoil dio stesso d’Epidauro ce ne sarebberonovanta tipi? Si potrà tuttavia ammansirlao almeno alleviarne le atroci sofferenze.Animo allora! E si spalmino i tendinicontratti con foglie e corteccia strappatedal salice e pestate nel vino. E sindai primi sintomi patologici si sopportinocon fermezza i caustici cauteri sulle piantedei piedi, oppure introdurli nel pettosquarciato d’un caprone morente: verràcosì bloccata all’inizio l’evoluzionedel pestifero male. Se la deviatacostellazione umorale s’indova piùa fondo, porre un topico cataplasmadi foglie di cipresso pestate, inglobatein aceto e mollica di pane e si spegneràogni lamento. Validi anche i seguentipreparati per unzione: tenero sambucocon sego di caprone, farina di granostemperata in aceto, interiora di rana

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bollite in olio fine d’oliva, o succodi celidonia miscidato con sale e aceto.In alcuni pazienti sono effettuati salassiemodepurativi con sanguisughe.Mi sia concesso riferire quanto ho letto e non sospiegare: un tale torturato dalla malattiaal tempo della mietitura affondò i piediin un mucchio vicino di frumento e fuliberato dai terribili doloridalla benevolenza del caso.

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Terapia delle lesioni da corpi metallicio da flagellazione

Saranno trattate le modalità di curadi patologie naturali, e qui ora di quelleche conviene contrapporre ai dardidel destino. Qualora la spada abbiaper caso offeso le delicate membramedicare con grasso di vitello ed ederaterrestre frantumata ed applicare senzaribrezzo sterco di scrofa limosa.Nelle lacerazioni somatiche da violentaflagellazione un linimento di liscivasciolta in cera e uova con aggiuntad’olio chiuderà i brutti lividi.Nel caso poi di ferita emorragica,il flusso ematico sarà arrestatoapplicando la cenere scura di una stoffapurpurea, bruciata, tinta col pigmentodella conchiglia. Si dice che la ceneredi lana di Tiro bruciata blocchil’emorragia d’una verruca escissa.Inoltre le emorragie copiose di feriteriaperte vengono frenate con ceneredi finocchio o di radice frangiatadel porro. Anche lo sterco di cavallinoincenerito con gusci d’uovo è stupendorimedio antiemorragico.

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Terapia del dolore improvviso, della febbree dell’osteocopo

Esiste talora una causa insolitadel dolore improvviso, di originesconosciuta ma che abbisogna di terapiaspecifica. Ne determinano infattila scomparsa applicazioni di celidoniamista a sale o di lana riscaldatasatura di zolfo. Unzioni di miele liquidosono vantaggiose per l’osteocopo. Qualoral’ipertermia usuri l’organismo, si devecombinare succo d’appio con oliolenitivo: spalmare il corpo per fomentoe il molesto bruciore s’allevierà.Usufruire anche del grasso di tasso.È ancora efficace ungere il corpofebbricitante con acqua ove si sonoversate lagrime di cervo morente.Le febbri persistenti vengono mitigatecon brodo estemporaneo di vecchiogallo, rimedio anche dei brividi.

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Terapia della febbre quartana

Non va considerata benigna questa febbredilazionata che si dà remissioni e poiriprende più aggressiva: gli episodiogni quattro giorni possono anche essereletali se non si impara l’impiegodi strategie e di piante salutari.Non disgustarsi di ingerire nei giorniafebbrili aglio triturato con tre cimicidiluito in vino puro; o tenero parenchimaepatico di ratto aggiunto a quattro scrupolidi vino secco. È splendida bevanda l’infusod’assenzio in acqua pura. Altra pozionebenefica è composta dalla presa con tredita e in parti eguali di semi d’anicee di grani di finocchio franti in un ciatodi aceto con miele. Ai pazienti pavididel ritorno febbrile sottoporre il quartocanto dell’Iliade Meonia o fornire il cagliodiluito di lepre trepidante. È pure utilebere l’acqua di Doride ma melata. Alcuninarrano una visione meravigliosa e giuranoche al giungere della febbre siano congenialii giochi e i doni di Venere; ma primasi debbono friggere nell’olio pressoun trivio piccole rane e con quelliquido spalmarsi il corpo.

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Terapia della febbre terzana

Esiste anche una febbre che ritornaal terzo giorno e scandisce il tempocon la precisione quasi d’una giustabilancia. Per affrontarne dunque la violenzasi ripongano incerati dei grani non caudatidi comino in borsa di pelle coloratain rosso da appendere al collo. Un ramodi puleggio fasciato con lana emaneràal momento previsto odori salutari.Deglutire poi inglobata in uovo una cimiceschiacciata, schifosa al tatto ma cosìcombinata di agevole ingestione.

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Terapia antiforfora

È una patologia silente ma una sconcezzaappariscente quando il pettine dal caponevica fitta forfora, come cascatedi farina sgorganti dalle macine.Potrà scomparire con decotto di radicedi malva; o stemperare finocchio, salnitroe zolfo vergine quindi detergere il capocol miscuglio globale; oppure si aggiungaacre aceto a crusca fresca in mododa ripristinare con questo unguentol’integrità dei capelli sciupati.Giovano il sangue prelevato dalla lentatartaruga o la resina secreta dal cedro.Intanto la nube farinosa desisteràdi agglomerarsi e cesserà la fastidiosapioggia della lauta furfurazione.

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Terapia anticalvizie e per eliminare le aree alopeciche

I capelli cadono espulsi da affezioneocculta quando sono lavati di rado,e sia la lesività di un tossico assorbitosia il contatto della potente salamandrarefrattaria alle fiamme denudano il capodel suo esimio ornamento. Le aree vuotesi spostano e le regioni temporali maculatedi piccoli cerchi in breve diffondononuove lacune. Applicare nei vuoti ceneredi pelle di vipera o galle di querciaraggrumate con sego d’orso o massaggiarele lesioni con sangue di testuggine.

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Terapia della lebbra

La lebbra è una malattia nefasta anchenel nome, che deturpa non solo il voltocon orripilanti nodosità ma per funestatossicità accelera prognosi infausta.Verrà affrontata con resina di cortecciadi cedro e con cenere o sangue vivo di faina.Alcuni ritengono efficace bere del siero.È salubre la foglia di mentastro siacome bevanda sia topica e potrà servirel’impiego di mistura di cipolle zolfoe aceto nel tentare di rinormalizzarequeste maschere spaventose. Si deve inoltrespalmare sul volto deturpato impastodi salnitro con miele e latte vaccino.Miscidare biacca e papiro egizianocon incenso ed olio aromatizzato con rose:spalmare il viso per ridargli così salvezza.

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Terapia delle alterazioni cutanee e facciali

Se lentiggini sgradevoli macchianol’estetica del volto vanificando i donidi natura benigna, frizionare la cutecon lozione di aceto e ruchetta; gioverannola cipolla addolcita dal miele o rape crudemistate con liquido agrodolce. Le affezionifacciali scompariranno anche con sanguedi lepre. Sono validi foglie e fioritritati del salice. Le ceneri dell’ossodi seppiolina cancellano ogni discromìa.Miscidare grasso di cigno con vinoesilarante: in un battibaleno dal voltomaculato eclisserà ogni alterazione.Ricordare di detergere le guancecon sapone se protrudono lividi orribilio cicatrici scure. Appianare le rughecon resina di lentischio. Il maleche deriva il nome da impeto si potràreprimere con saliva mattutinao con foglie di platano masticatee inghiottite al mattino. Una terapiadivina consisterà nelle ceneridi ripugnanti mondezze espulse dal cammellocifotico e bruciate, combinatecon aceto e incenso virile.

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Terapia delle otopatie

Quando un dolore lancinante colpisceil delicato orecchio interno, instillaresucco di ramoscelli di frassino espostialle fiamme o urina di giovane vergineo il succo stillato dalle foglie del pioppobianco. Costituiscono spesso una terapiasalutare aceto intenso aggiunto a celidoniae a salnitro. Si dice di abbinare succospremuto del mentastro. L’olio con violetteè buona cura per l’orecchio. Instillarenell’organo sofferente olio tiepido ovesiano stati frantumati vermi rossiraccolti da vecchio albero. La perditadell’udito in un orecchio ostruito potràscomparire, anche se longeva, con applicazionedi composto di vermi di terra bolliticon grasso d’oca dal grido roco. Buonirisultati sono riferiti nella sorditàanche con bile di bue miscidata con acreurina di pecora puzzolente. Biledi ratto timido mista con aceto gioveràse per caso un animaletto sia penetrato

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nell’orecchio. Se invece è penetrataacqua nociva introdurre l’efficace grassod’oca legato con succo di cipolle che falagrimare ma che acuisce l’udito.Vuoi ora apprendere la cura divinadel figlio di Febo? Una otalgìa cronicamonolaterale estenuante potrà giovarsidi questo unico preparato: porre in craniodi cervo sette spicchi d’aglio e settesemi di lupino con foglie d’alloro,bollire l’insieme in aceto; attenzionequesto liquido va instillato tiepido.

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Terapia del mal d’occhi

È bene supremo dell’uomo aver attintoocchi vivaci che madre natura accortaha collocato, come a custodia e a difesadal pericolo, all’apice a riparo peròdalle offese dall’alto e protetti nella lorodelicatezza dal velo sovraciliare. Ma seper caso un dolore a torto li affliggeporre bene adesa durante la notte una bendadi lana bagnata d’olio e portare l’occhiobenefico di gambero vivo come talismano.Applicare sull’orbita cenere di fogliedi cavolo con incenso sbriciolato,vino e latte di capra partorientee in una sola notte si apprezzerannoi pregi del trattamento. Miele ibleocon bile caprina allevierà gli occhicrudelmente offuscati. Succo d’erbabetonica per os seccherà gli occhi.Quando la lenta senilità ottenebrala vista, il buio potrà essere dissoltoda miscela di gocce spremute dal finocchiocon miele liquido o dalla bile di nero

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avvoltoio mista con foglie di celidonia.Ecco altri preparati per alleviarele oftalmopatie croniche: bile di gallomitigata in acqua pura dissipa l’oscuritàed acuisce la vista; egualmente validiil guano di piccioni sciolto in acetoo la bile di pernice in pari pesocol miele. Unguento in mistura equidosatadi vino e celidonia ripristina la bellapurezza visiva, lenisce le rugositàe satura le lacerazioni. Nella formamorbosa con disumani bruciori oftalmicila flogosi si mitiga con instillazionidi latte canino. Nel caso di intumescenzastrana sporgente di consistenza molleinumidire le parti con fango volgare.Una mistura di grasso di serpe e rugginepotrà suturare le lacerazioni oculari.Se però il glaucoma stende l’orribileplumbeo è opportuno che qualcuno mastichisemi di comino, che induce pallore,ed aliti sugli occhi incupiti.

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Terapia dell’ugola, della gola e per il rilassamento cervicale

La sensibile gola si ammala quandola violenza del freddo aggredisce o l’arialieve si muta in vento dalle sferzateimpetuose che sconvolgono anche le acqueo quando infuriato clamore infrangeil percorso della voce e la impregnadi suoni laceranti. Così un giorno si perseOrtensio zittitosi infatti di bottodurante requisitoria, spentasi la vocecon lui ben vivo mentre scomparivala lingua di un oratore non ancora estinto.Quindi si tenti oculatamente di sedareil dolore. Sciogliere in acqua puramiele aereo insieme a crusca residuadel niveo fior di farina, bollireil miscuglio e risciacquare la bocca.Vantaggiosa inoltre l’unzione esternadella gola con grasso d’orso e di toroe cera liquida, in dosi eguali pesatesulla bilancia. Imparare anche la curasplendida con questo semplice medicinale:bollire insieme papavero selvaticoaggiunto a miele d’Attia, masticaree deglutire. Cuocere cinque radicicrinite di porro e con l’acqua tiepida

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di cottura fare gargarismi evitandoche manco una goccia scenda in esofagobeante. Ricordare il decubito pronoper qualche ora quando l’ugola debilitatasi affloscia; e la risolleverà o la polveredi aneto tostato o la cenere di gusciodi lumaca o di cavolo torrefatto al fuoco.L’angina richiede gargarismi con misceladi aceto e sale. Nella contrazione e bloccocervico-nucale, si dirà cosa sorprendente,si devono massaggiare con grasso le ginocchia:il medicamento da qui con un lungo percorsoraggiungerà i nervi irrigiditi. Fomentarecon grasso d’oca il collo intorpidito. I nervibloccati si allenteranno anche con questitrattamenti: applicazioni di lenticchiecotte in aceto molto forte o sterco di capraimpastato con cipolla o midollo di cervo.Bisogna pure toccare con la mano destra,che ha schiacciato e ucciso un grillo,quelle parti chiamate tonsille.

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Terapia gastrica e della digestione

I fautori dello stomaco come epicentrodel corpo intero sembrano basarsi sufondate ragioni. Infatti mentre funzionabene rafforza tutti gli organi che invece,se soffre, si debilitano in toto. Si affermapersino che il suo malessere, se nonsi corregge, si ripercuota sul cervelloalienando l’armonia mentale. Prenderea digiuno seme di lattuga nera tritatoin mortaio di legno aggiunto a mielein dose di tre cucchiai per volta.Gioveranno anche il seme di rafanotritato e mellito; o decotto in acquadi due parti di assenzio e una terzadi ruta; o fieno greco stemperatoo semi di finocchio con latte di caprapuerpera; darà pure ameno sollievoil puleggio bollito. Anche l’acetoè benefico allo stomaco sia per ossia per fomenti. O riscaldare in acquasin quasi alla cottura delle lumachepoi dorarle sulle brace e quindi prenderlespruzzate di vino e garo: sono piùvalide quelle marine. Nella indigestioneda imbarazzo e crapula alimentare bereinfuso in acqua calda il fiore di rosmarinocon pepe; o una miscela di sale, pepee il fragile comino da aggiungerea cibi cotti e da ingoiare.O prima di dormire prendere

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la bevanda dell’aspro aceto. Condirelo stomaco d’uno smergo con salee teriaco e ricoprirlo di pane tostatocosparso di pepe pulverulento: prenderlocome dono degli dei. Questo beneficheràlo stomaco e farà digerire il cibo:ingerire al mattino cinque grani di pepeesotico spaccati in due, incorporatiin molle dattero di Nicolao.

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Terapia o contrazione mammaria

Alle mammelle con abbondante secrezionelattea nutriente spesso nuoce unafunzione ridondante: la si dominacon attiva feccia di acre aceto. Taloranella puerpera si nota un anomaloaumento delle mammelle tumide: si apprendeche il turgore può ridursi con stercomurino stemperato in acqua piovana.E se qualche insito blocco induce acutodolore frizionare i pregni capezzolicon lombrichi. Se si vuole mantenerela delicatezza dei seni va ricordatodi cerchiarli entrambi con ghirlanded’edera che appena asportate vannoesposte al fumo. Oppure spalmarli con grassod’oca e latte tiepido in parti ugualio con uovo di pernice garrula. Porrein loco inoltre papaveri bolliti in acquapiovana e da asportare dopo molti giorni.Volete accettare i divini suggerimenti

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del figlio di Apollo per sanare mammelletese e dilaniate da lancinanti dolori?Mescolare insieme raschiatura di navee la pianta dal nome marrobio e quelladetta in lingua volgare insana (un greconella propria lingua dice hyosciamon)e pure la radice di canna e il fruttodella pazienza: questo complesso, si credaalla mia esperienza, saràuna stupefacente medicina.

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Terapia delle splenopatie

Quando una splenomegalia avvolge il fiancoe lo tende e le zone occupate presentanola dura consistenza lienale, siano tornitecoppe di tenero legno d’edera fruibilidal paziente per le usuali bevande.O berrà l’acqua verde di verdure cotte.Salassi validi effettueranno la sanguisugafluviale o il potente tamarisco o il rosmarinocon pane; gioverà anche il succo d’ederao topico o in bevande. Trovato un ontanorispettato dalla lama, togliere la cortecciasenza strumenti metallici e bollirlasino ad un terzo d’acqua residua: la bevandasalubre eclisserà il dolore. Alcuni diconoche la splenomegalia può regredirecon frequenti ingestioni a digiuno di lenticchieo per linimento con fico secco, bollitoin aceto e tritato o con topico usodi milza di capretto. È nota la validità

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del marrobio nel vino. Inoltre intrugliodi pepe, nepitella con fiore, aneto, datteroapio e boleto: il loro decotto è bevandasalubre. Il dio dell’Ida ha riferitola proprietà di sanare la splenopatiadel puleggio, dell’abrotano cotto col tersomastice e della varietà di timbra dettacephalotes. Plauto afferma che i dolciumisono inefficaci nella splenomegalia.L’intumescenza lienale è dannosa e induceun riso strano che mi sembra evocarequello provocato dalla pianta sardonicache combina riso inconsulto a destiniinfausti. Si dice che la splenectomiaelimini l’istinto al buonumore e compongaper il resto dei giorni un volto severo.

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Terapia degli organi epigastrici

Se i visceri epigastrici affievoliti s’ingrossanoper grave affezione, miscelare con acquamelata un sestario di farina ed anchelino frantumato e semi di fieno greco:bollire l’insieme e porlo in situ ancoracaldo. Cuocere le mele che Cidonia c’inviadalle coste cretesi, distenderle nella sededella dura tumefazione nell’intentodi rammollirla. Spalmare anche basilicoo bulbi amari. Gioverà immergere il pazientein acqua marina o porre sulle parti affetteun cagnolino poppante: si dice che s’attiritutto il male e che alla morte gli siadovuta in dono la sepoltura. Queste gravipatologie si trasmettono pure per contagiofra gli uomini, e così fra i coniugiquando si uniscono. Aggiungerealla schiuma di stirace la raschiaturadi barca e quel preparato che deve il nomeai dieci suoi costituenti, e inoltredel mastice tritato a pulverulenza:fomentato con tali rimedi precordio s’affloscerà.

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Terapia dei dolori di ventre

Quando un terribile dolore tormenta tuttoil ventre, prendere questa bevanda salutarenon disgustosa: l’analettica ruta e l’appiobolliti in tre emine d’acqua sino alla consunzionedei due terzi del liquido. Potrà inoltresanare una bevanda d’acqua calda ove èdisciolta la cenere scura del gusciobruciato d’un uovo bianco. Vale purelegare al ventre un verde ramoscellodi tamarisco da portare se non toccatoda lama e dal terreno. Giova anche spargeresul medio addome o della terra segnatada impronte di ruote o della polvereraccolta sotto mobile cardine. Sarà pureutile, secondo la nostra esperienza, bereuna pozione di comino tritato in acqua.Anche la menta così preparata forniràessenze terapeutiche. Anche i pazienticeliaci sono recuperabili con dietadi pane fatto con farina stemperatain acqua e uova morbide coi gusci giàsquagliati in aceto molto forte.Si consiglia di rammollire tonde cipolleper triturazione e prenderle con vino secco.

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Terapia dell’idropisia

L’idropisia penosa si sviluppaper un’alterazione epatica o splenica oper febbre che ha inaridito il midolloo per bevande ghiacciate inondanti l’ingordagola. Nel male ingravescente l’acquas’accumula all’interno separando la miserapelle dai visceri. È utile bere in duebicchieri di vino caldo la radice bollitadel tenero sambuco. Si deve prendereil seme di frassino con vinoed applicare sul ventre unguento dropaceche rapidamente rimuove gas e sierosità.Ed anche rotolare il corpo in sabbietiepide. Le leggere nepitelle gioverannoper os e in loco. Sovente anche il vinodi scilla elimina il male. La dispersionesierosa sarà risolta con l’elleboroe al suo posto col seme della ginestra,amica delle rupi, misto con acqua melatae da bere a piccoli sorsi. Qualcunomiscuglia sale tostato con aceto moltoforte ed olio e friziona le membrabiancastre o blocca il dilagare idropicocon unguento di radice di felcemacerata in vino caldo.

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Terapia dell’elmintiasi e teniasi

Quanta ostilità la natura riversasui poveri mortali quando permettela convivenza endoviscerale della teniastrisciante e degli elminti voraci nemicidel genitore? Questi parassiti con morsocostante dilaniano gli organi e spessorisalgono e si fissano alla gola intasandolae occludono d’assedio le vie della vitain affanno. Gioverà pertanto una bevandadi cenere di corno di cervo o nepitellatriturata nel vino o in latte di capra;e ancora bere il salutare aceto. Sonoinoltre efficaci le foglie di pescocon vino. Democrito suggerisce di bereinfuso di menta. Da prendere l’abrotanoe pure la comune nigella. L’aglio da solo,come il valido coriandolo, risanano.Gioverà anche il decotto di marrobio.Il potente puleggio e l’aneto campestreassociati e ammorbiditi in acquacalda sono molto efficaci.

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Trattamento della colopatia

Quando il colum, morbo odioso, lacera i viscerimangiare il volatile chiamato galeritao bere il caglio macerato della timidalepre. O miscidare la nepitella con appiotondo e con mastice oppure le due varietàdi aneto profumato e il pazientene beva tutti i decotti.

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Terapia della patologia degli organi sessuali

Si viene ad esporre la terapia degli organisessuali. Il fallo impotente si curicon vino antico e topiche unzioni di biledi capra puerpera. Può giovare che il pazientesputi sul pene floscio foglie di mirtomasticate di primo mattino. I genitalisi guariscono pure con bagni di fecciadi vino e si domina la tumefazionetesticolare con acqua marina o con cipollein vino melato o con cera impastatacon foglie di cipresso o con fave bolliteaggiunte a vino tiepido. Si dice chel’enorme intumescenza si riduca con farinaimbibita d’acqua o con pane amalgamatocon foglie di cipresso, ritenute valideanche per bevanda. Nell’adenopatia durainguinale gioverà l’applicazione di frantelumache con miele. Se nuove ulcerazioniguadagnano il perineo, si curano con fogliemasticate del rovo spinoso. Nel casodi complicanza fistolosa in lesioneinveterata si purificherà il cratereimmettendo cenere di faina o sanguedi zecca prelevata da un bue. Come rimedisono ricordati anche la celidonia con mielee la pianta detta millefoglie mista con sego.

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Terapia dei morsi di serpenti e contro il veleno della vipera

Nulla ha la rapidità mortale del morsodella vipera, né la punta di lancia néil taglio della lunga sarissa né il baleniodi una spada o il veleno di freccia volante.Saranno perciò riferiti il giusto soccorsoe i rimedi salutari. Si dice di giustapporresulla ferita inferta la testa del serpenteaggressore: l’agente stesso che feriscerisana, come la lancia di Achille ha guaritoTelefo. Gioverà prendere un ramo di sambucocon vino o bucce cotte tritate di rafanoo foglie tolte dall’alta mole del cipresso.Il succo latteo del caprifico avrà effettolimitato. O spalmare la terribile feritacon euforbia tritata. C’è un cardo valido,ne sono ancora inesperti i fulloni:la sua radice va ingerita in acqua tiepida.Il caglio di cerbiatto diluito in vinoespelle dall’organismo l’infausto velenoo si prendano con vino la radice di ferulao la lieve erba betonica o brodo di vecchiagallina. Nel morso terribile dell’aspidemaligno si crede utile che il pazientebeva la propria urina: è stata questal’opinione del vecchio Varrone. Inoltre,come Plinio consiglia, giova bere aceto.Per gli esposti a rischio si devonoenunciare delle norme preventive; e infatticerte cautele possono ovviare a questimorsi crudeli: portare con sé il cuore

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strappato dal lento avvoltoio, o strofinaretutto il corpo con ruchetta trituratae imbibita di aceto molto forte, o dormirealla notte in sacco di pelle cervinao portare un dente amico di serpe.Si indicano inoltre dei rimedi attiad espellere il veleno: il sangue caninopotrà giovare come bevanda semplicee con azione analoga a quella di antidoticonvalidati. Da persone accorte voleteconoscere profumi portentosi, quello da bruciareper tenere lontano l’insidiosissimo serpente?Bruciare o stirace o un’ala del feroceavvoltoio o nepitella o fogliamee radici del rigido tamarisco.

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Terapia delle punture di scorpione e dei morsidel ragno e del toporagno

Esistono degli esseri infimi ma con effettilesivi pestiferi, che più sono subdoliperché celati in corpi esili, quali l’orribilescorpione e il ragno: questa genìa tentasempre di sorprendere i sonni tranquillinella notte fonda. E la fine di Orioneci ha esemplificato che il gigantescopuò spesso soccombere a esigui veleni.Lo scorpione urente, inflitta l’atrocepuntura, dev’essere di botto catturato,ucciso per giusta punizione e applicatosulla lesione perché idoneo, si dice,ad estrarre il veleno. O fomentare con acquamarina calda l’area colpita oppure beredel vino puro per annullare i tossicimaligni. Queste due sostanze sono rimedisuperlativi contro l’insieme di punturae morsi di piccoli insetti: formaggio

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fatto con latte di timida capra e si dovràmangiare con l’origano. Oppure applicarefinocchio con aceto caldo, o solfo vivocon feccia di vino secco. Un cervellodi gallo condito con poco pepe stesosulle parti le sanerà sedando il dolore.Nella lesione violenta del toporagnofrizionare soltanto col terriccio solcatoove carriaggio si gira: questa polvere banalefornirà una cura straordinaria.

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Terapia della febbre quotidiana

La febbre persistente nei giornie che soltanto a determinate oresi seda, teme, se ciò è degno di fede,il seme di grano che si rinvienecelato nel pane spezzato. Giovanopure le ossa scovate nei muri delle case:conviene farle pendere dal tondo collo.E tacerò inoltre il mucchio di stranezzeverbali: vana superstizione e familiariansiosi credono infatti che la febbresi possa scacciare con diversi prodigi.

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Terapia delle fratture e delle lussazioni

Questa indicibile patologia non tocchila cerchia di amici, ma la sorte potentela rivolga sui nemici. Qualora una violenzabrutale spezzi e frammenti le ossabisogna porre sui focolai di fratturail cervello del cane grazioso poi fasciarecon tela e sopra avvolgere con lanainzuppata sovente con olio denso:si ritiene che il blocco inducala consolidazione in quattordici giorni.Inoltre lo sterco di capra aggressivastemperato con vino vecchio libera le partichiuse, separa aderenze, colma cavità.Nel trauma cranico violento bisognaapplicare la tela di Aracne con olioasportandola solo a completa guarigione.Nelle lussazioni articolari con discontinuirapporti si deve apporre impiastrodi cenere di chiome femminili bruciateimpastata con sego sulle parti slogateo applicarvi una mistura efficacedi foglie di malva pestate e di grasso.Nella frattura di gamba, complicatada effusione, l’uso di unguento compostoda sterco di pecora docile impastatocon grasso vecchio potrà aprirela raccolta e sanare la cavità.

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Terapia della neurotmesi o della nevralgia

Non si creda che nella neurotmesi da feritaun nervo possa ripristinare la sua funzionalità;vale applicare lombrichi tritati inglobaticon sugna vecchia e rancida. Nella neuroplegiacon bruciore profondo applicare un fomentodi grasso rammollito d’avvoltoio o della ceracon ruta e le parti inerti si ravviveranno.Giovano loro abluzioni d’acqua marina calda.Le parti irrigidite potranno essererianimate con fomento composto da ficosecco o da bietola con miele denso, o da panemacerato nel vino con foglie di cipresso.Nella artroflessione da accesso improvvisomangiare carne di colombarisolve la contrattura nervosa.

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Terapia della letargia

Si è già detto del fato dei poveri mortalivittime sovente di patologia oppositiva.E pertanto il corpo è talora così oppressodal sonno che il profondo sopore trapassaa morte acerba. Ardere quindi a fuoco lentocorna di capra e il fumo bruciaticciodissolve dagli occhi il sonno profondo.O bere tritata e liquefatta in vinola pianta denominata catino di Venere.Sono poi validi la resina di euforbiamiscelata con aceto o foglie di rutaper inalazione nasale. Alcuni consiglianoun preparato sgradevole: bere un ciatod’acqua adulterata da sette cimicischiacciate; lo considerano preferibilead un morire di dolce morte.

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Terapia della malattia comiziale (epilessia)

È una forma morbosa fulminea dal nomelegato all’azione inibente le elezionilegali. In realtà sovente un individuoche cade in crisi epilettica ha provocatola sospensione dell’assemblea del popolo.Il dio stesso ribadisce che il malcadutoin questa disgrazia fu spesso concepitoin novilunio. Si deve ingerire biledi cupo avvoltoio in vino vecchio e bastaun cucchiaio pieno per volta, o sanguedi rondine misto con polvere d’incensoo appio bollito o bile d’agnelloaromatizzata nel miele, o marrobioaggiunto a miele in peso eguale, da prendernetre cucchiai per ogni dose. Valida la misceladi ceneri di faina e di rondine. È purebenefico bere acqua piovana cadutanel cavo di calotta cranica umana supina.O prelevare dal nido, costruito dalla rondinegirovaga, una pietruzza e legarla al collorianima e solleva l’ammalato. Si diceche anche prendere l’aneto espella il male.

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Terapia della malattia regale

La malattia regale deve il suo nomeeccelso all’essere curata morbidamentenei palazzi suntuosi. Si dice che la robbiacon acqua melata la risolva. Somministrareaglio tritato macerato in vino caldo.Giovano suffumigi di lana con zolfo vivo.

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Terapia delle lesioni anche di dubbia natura

Le ferite infette da lungo tempo vannoin putrefazione e non esiste una validaterapia e non si ha cicatrizzazione.Il potere delle piante è però cosìstupefacente da ottenere la coalescenzadi fistole di ulcere croniche. Spalmaredi persona il liquido del marrobiocotto sull’orribile ferita o apporvila cenere della canna svettante o il cagliodi lepre morbidito con vino o l’ederacotta nel vino o seme di aneto o cenerid’ontano mescolati con miele denso.I lombrichi potranno cicatrizzarela ferita e la tronfia chioma del morbidolapazio detergerla se si amalgamacon grasso esente da contatto col sale.Inoltre corteccia di pino con solfo vivoe con pece densa ripristinanole parti già dissolte.

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Nota al testodi Cesare Ruffato

La fonte principale del Liber medicinalis, come di altri trattati pertinentialle potenzialità terapeutiche di piante, animali e minerali, è la NaturalisHistoria di Plinio il Vecchio (della cosiddetta Medicina Plinii Secundinulla di certo si può dire, anche se gli studiosi propendono a ritenerladella metà del IV secolo), come è abbondantemente documentato daesperti di diversa estrazione. La questione non è però esaurita e nonpochi punti del testo e di parti di ricette non si rapportano agli eventualimodelli, e i dubbi di derivazione persistono abbondanti sia nell’Indexverborum di Vollmer, sia in quello di Van de Woestijne (che è l’Index diVollmer rivisto e integrato)1. È opinabile per alcuni l’intervento creativodell’autore o su esperienze personali o come referente manipolatore diletture miscellanee o di piccoli trattati a divulgazione ridotta o diperpetuazioni orali. Qualcosa proviene da Celso e da Scribonio. Per leconcordanze con i testi di Dioscoride è più probabile non tanto laprovenienza diretta, quanto invece la mediazione attraverso i testi diNigidio Figulo, cui Dioscoride è debitore. Gli autori medici grecimeriterebbero forse una verifica microscopica per delucidare passi diorigine insoluta dell’opera di Sereno2.Per quanto riguarda la tradizione e la fortuna del Liber medicinalis sirimanda il lettore ai noti lavori di Ackermann, Vollmer, Pépin, Beccaria3

e, di recente, alla sintesi di Rouse4.Il Liber medicinalis (che era stato piuttosto trascurato nell’antichità e nelprimo Medio Evo) deve la tradizione e la fortuna alla trascrizionecommissionata dall’imperatore Carlo Magno. I codici attualmenteesistenti sono divisi in due famiglie A e B5, provenienti da un archetipocarolingio. La famiglia A consiste di un unico codice esistente (C 78,

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parte IV, ff. 57-82 (A) del sec. IX, ora presso la Zentralbibliothek diZurigo); c’è poi menzione nel catalogo della Abbazia di Reichenau (a.842) di un altro testimone di questa famiglia la cui parentela colcapostipite A non è chiara (gemello o copia?). Nel manoscritto, che fuconfezionato presso il monastero di Saint-Gall, alla prefazione in 10versi di Quinto Sereno seguono come tratto tipico 20 versi celebratividel libro e contenenti il nome del copista Jacobus, su mandato di CarloMagno («haec fieri Karlus rex namque modestus / mandat, ut in saeclisrutilet sophisma futuris: / legit enim famulus stilo animoque Iacobus»).I capitoli presentano una erronea numerazione fino a LXII (peromissione dei capitoli XLVI e LXIV). Il testo è sicuramente più accuratoe completo degli esemplari della famiglia B e manca anche delle loroaggiunte. Trattasi di copia di un comune antigrafo scomparso, cosìregistrato nel catalogo della Abbazia di Reichenau (a. 842: «in XXXIlibello de arte medicinae metris versibus Iacobus nomine ad Karolumregem scribebat, comprehendens capitula LXII, quem mihi fraterColduinus detulit et donavit»). La compresenza del nome Iacobus el’erronea numerazione dei capitoli sono elementi suggestivi a favore diuna stretta relazione fra il codice perduto della Abbazia di Reichenau (epoi denominato Codex Augiensis) e l’esemplare A della Abbazia di Saint-Gall. Forse appartiene a questa tradizione anche il Metrum Quinti Serenide Medicina nel catalogo di Murbach (secolo IX) che pare abbia copiatoalcuni libri della Abbazia di Reichenau. E i prelievi testuali nel florilegiodi versi scritti a Saint-Gall (a. 870) provengono secondo Vollmer6 dallafamiglia A, che conserva almeno sette versi non reperibili in nessunaltro manoscritto (vv. 136, 250, 457, 502, 665, 944, 1049); è indiscussione l’elevazione del numero a undici per l’aggiunta dei versi183, 216-217 (reperiti nel codice di Siena) e 894 (Pépin)7.I rimanenti numerosi manoscritti (che Baehrens definisce «multo etnegligentius et mendosius») derivano da un archetipo dispersodenominato B, che è stato ricostruito dagli editori sulla base di alcunedelle sue prime filiazioni. Vollmer nell’edizione del 1916 non approva iltentativo di Schmidt8, di ricostruire uno stemma della famiglia B etanto meno ne fornisce uno personale. D’altra parte la limitata attenzionedegli editori per i codici del IX secolo non ha certo contribuito allachiarificazione dei loro rapporti, derivazioni e raggruppamenti. Ancheper la filiazione B, nonostante la scomparsa dell’archetipo e la mancanzadella prefazione versificata di Iacobus, le sue caratteristiche codicologichesuggeriscono la provenienza dall’archetipo carolingio.

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A proposito dei testimoni del ramo B del Liber medicinalis desideriamosegnalare il codice Malatestiano (S. XXV, 5 del XV sec., pergamenaceo,carte 94, cm. 35 per 25.9, della Biblioteca Malatestiana di Cesena, daltitolo Sammonici Q. Sereni «De morbis a capite usque ad pedes» Carmina;l’intero Liber medicinalis porta impresso alla fine «Quinti SereniSammonici de morbis a capite usque ad pedes liber explicit feliciter.Pro ill.mo ac magnifico Principe D. Malatesta Novello de Malatestisscriptus per manus religiosi viri fratris Francisci de Fighino OrdinisMinorum, capellani eiusdem Principis, Anno gratiae MCCCCLVII dieVIIII februarii») che, per quanto ci consta, non è stato né consideratoné studiato. Da una prima disamina questo codice umanistico sembraappartenere, come si è detto, al ramo B della tradizione.In Italia il Liber medicinalis apparve ed iniziò a diffondersi nel tardo IXsecolo. Scritto in Italia settentrionale è il codice della Biblioteca delCapitolo di Saint-Gall 44, p. II, pp. 304-324b del IX secolo9. Un lungoestratto del poema è contenuto in un manoscritto del IX secolo delleEtymologiae di Isidoro, che apparteneva alla Biblioteca di Verona, oranella Biblioteca Malatestiana di Cesena (S. XXI, 5) per il quale è statasuggerita una mano del X secolo, quella del Vescovo erudito Raterio diVerona10.Seguono altri codici: quello del X secolo, corretto nell’XI (mancante divari fogli), appartenente alla Biblioteca della Basilica di S. Giustina diPadova e ora nella Biblioteca Comunale di Siena (F. V. 8, ff. 167-173);il Barberinus della Biblioteca Vaticana (lat. 160, ff. 266-274h) dell’XIsecolo, scritto nella regione di Bari e in parte in minuscola beneventana;il Reginense della Biblioteca Vaticana (lat. 598, cc. 28-33) in minuscoladel IX secolo, contenente 16 capitoli con scelta saltuaria; il Palatinodella Biblioteca Vaticana (lat. 1088, cc. 66-89) in minuscola della finedel secolo IX; il Mutinensis della Biblioteca Estense di Modena (lat.580, a.0.9.19) dei secoli XII-XV in 18 fogli, dal quale è forse derivatal’edizione di Venezia del 1488.L’interesse per Quinto Sereno si affievolì nel XII secolo per ricomparire,sia pure limitato, nei secoli XV e XVI. Rimane circa una dozzina dimanoscritti più tardi di trasmissione mista11. Si richiamano il giàmenzionato codice Malatestiano della Biblioteca Malatestiana di Cesena(S. XXV, 5) del XV secolo e l’incunabolo 174 della Biblioteca Ambrosiana(Carmen de Medicina, Romae 1490)12.In definitiva la discongruenza fra i vari codici non esclude la possibilità,come si è già detto, che uno stesso archetipo sia l’antenato comune dei

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due rami A e B. Resta il fatto della aleatorietà di ricostruire «uno stemmache avrebbe tutte le probabilità di essere … spurio»13.Vale inoltre la pena di ricordare alcuni manoscritti che sono stati citatio utilizzati dagli editori di Quinto Sereno dal XVI al XVIII secolo,molti smarriti o di relativa attendibilità14: Codex Paderbornensis (XII sec.);Codex Simleri; Codex Leidensis (più recente di quello b); Codex Barthii;Codex Scaligeri; Codex Bartholin; Codex Humelberg; Codex Constantin;Codex Rantzau; Codex Keuchen.Da una accurata cronistoria editoriale del Liber medicinalis15 risulta chele primissime rare edizioni a stampa sono ricavate tutte dai codici delgruppo B; fra queste si pongono le Aldine prodotte a Venezia (quelle del1527 e del 1528 e quella del 1547 – contenuta in Medici Antiqui Latiniinsieme a testi di numerosi altri autori) nonché quella patavina del 1563(«apud M. Antonium de Gallassis»).Alle ben diciannove edizioni con commento uscite nel ‘500, segue, unicanel ‘600, quella di Keuchen R. (Quinti Sereni Samonici de medicinapraecepta saluberrima, carmine heroico conscripta, Petr. Van den Berg,Amsterdam 1662) ricca di note, stimata dai filologi, con interventieditoriali sul testo (talora scorretti).Nel XVIII secolo, oltre al Corpus Poetarum Latinorum Londiniense (J.Nicolson et al., Londra 1713) e alle due Epistolae (la prima del 1722, laseconda del 1750) di G. B. Morgagni16, meritano particolare menzionela raccolta Poetae Latini Minores del filologo olandese P. Burman (WishofC. e Goedval D., Leiden 1731, vol. II, pp. 185-388), lavoro prettamentecritico letterario (non esente da imprecisioni relative alla sfera medica)e quella altrettanto critica di Ackerman (la quale contiene anche unacronistoria editoriale)17.Ma solo nell’Ottocento e Novecento viene realmente compiuto lo scartocritico pertinente alla revisione ecdotica comparativa dei codici da partedi alcuni autori di lingua tedesca e francese (Baehrens, Vollmer, Pépin)18.Baehrens nella sua raccolta Poetae Latini Minores19, con disamina acutadei manoscritti, distingue due famiglie, A e B, assegnando alla A il soloCodex Turicensis, come più affine all’archetipo, e confinando i rimanentinel gruppo B. Viene così offerto un testo con solo apparato esegetico erassegna imparziale delle ipotesi dei precedenti ricercatori.Vollmer con Quinti Sereni Liber Medicinalis20, accanto all’indaginefilologica fornisce le interpretazioni delle prime quattro edizioni, unarinnovata ricerca sul Codex A Turicensis e sui codici oggi inesistenti madescritti nelle biblioteche medievali, una rassegna degli imitatori di

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Sereno e dei prelievi poetici riscontrabili nelle varie antologie, unaindagine grammaticale e metrica del poema e come novità un Indexverborum finale. Questo Index verborum, come si è già detto, è statooggetto di pubblicazione monografica con ritocchi grafici eperfezionamenti da P. Van de Woestijne nel 194121.Pépin22 pubblica nel 1949 una pregevole «edizione moderna in sintoniacon le più sicure tra le acquisizioni recenti» con sistemazione del testo(seguendo in linea generale il testo di Baehrens e di Vollmer conaggiustamenti e conservazioni talora di elementi del codice A sostituitia varianti del gruppo B), apparato critico e commento con interventisui falli dei copisti, correzione di imperfezioni grafiche e di abbondantivarianti ortografiche. L’ortografia è quella del manoscritto più antico,con conservazione della grafia etimologica dei codici affidabili. Inoltreil testo associa alla vecchia numerazione continua sul versante sinistro,una numerazione per ogni singolo capitolo sul versante destro.Lombardi23 nel 1963 pubblica una traduzione del Liber medicinalis dopotrascrizione «dell’incunabolo 174 della Biblioteca Ambrosiana (Carmende Medicina, Romae 1490)» senza testo a fronte, senza note esplicative,senza riferimenti a edizioni critiche precedenti e con una discutibilepresentazione. Quest’opera, con parecchie diversità rispetto ai testistabiliti da Vollmer e Pépin, ha incontrato qualche severo giudizio24.Il volume di A. R. Corsini del 199325, dedicato alle Concordantiae delLiber medicinalis, costituisce un punto fermo nella ricerca linguisticacomputazionale (basata sull’edizione a cura di Pépin 1949, nella qualesono state emendate le seguenti imprecisioni: cap. XXXIII, tit. profluiuoin profluuio; cap. XLIX, 8 praetera in praeterea; cap. LII, 16 apposuise inapposuisse); le concordanze sono: indice di frequenza lessicale, decrescentee inverso, indice di nomi di persona, di toponimi e di numeri.

Nel passato, e con strumenti rinnovati nei tempi presenti, vari autori26

hanno analizzato in tutte le direzioni le caratteristiche formali,grammaticali, sintattiche e metriche del Liber medicinalis, anche ai finidi poter scorgere i tratti stilistici come delle trasformazioni e lo stilenella molteplicità dei livelli semantici, nell’aggregarsi delle citazioni cheaccendono il linguaggio letterario. Sono state soprattutto puntualizzatele degradazioni linguistiche e grafiche del latino vigente al tempodell’autore sia come testimonianze di oralità sia come produzione discrittura per una fruizione sociale. Non sono stati persi di vista gli aspettisalienti della struttura poetica con giudizio talora poco favorevole27. Sono

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studi fondamentali l’Index verborum nell’edizione di Vollmer e quello diVan de Woestijne, l’analisi sulle forme espressive (frastiche esintagmatiche) di Fuchs e la summa computazionale delle concordanzedella Corsini.Nella limitata popolazione verbale del poema piuttosto raro è il ritornodello stesso lessema a fine verso, o nel mezzo e a fine verso, o semprenell’interno del verso (oltre una ventina di volte: in tre casi per tre volte– cap. XIII, visus in 188, 208, 212; cap. XL, ova 757, ovaque 761, ovi764; cap. LVI, uno 1013, 1017, una 1018 –; e cinque volte declinataaures in cap. XII).Accanto a licenze formali (monosillabi e sillabe mozzate a fine verso:aerium mel 262; est par 95; par est 790), tra quelle tipologiche rispettoalle norme della poesia classica si rilevano numerose parole tetrasillabiche(circa un centinaio) e limitate parole pentasillabiche (circa una ventina);quest’ultime si ritrovano non di rado nel secondo emistichio come nellatradizione dei poeti maggiori (qualche esemplificazione: medicamina236, 286, 299; similagine 263; abracadabra 935; talora mascherate dallaenclitica -que: defensoresque 189; cohibebitque 779). Nell’ultimo piede ètalora rilevabile la sinalefe con le forme di sum: bibendum est 500; idemest 127.La costruzione del verso si adatta ai momenti enunciativi ed è in generepiù sofferta nelle riflessioni sui misteri dell’esistenza e sull’infelicecondizione di alcuni personaggi, ove la parola antica dimette il gravameretorico per attingere a una estetica più umana del bello e del dolore.Tra gli aspetti colloquiali, veicolanti messaggi civili e di pratica utilità,il flusso retorico fornisce esempi di rimescolio della normale sequenzadegli elementi frastici (cap. II, vv. 29-30), grumi di congiunzioni eavverbi anche ad apertura di verso (vv. 615, 645, 690, 810); procedimentipiù o meno svolti di tipo pangrammatico (il più esteso al v. 595:Saxifragam seu spongiten succurrere credunt).Nel prologo compare la folta concorrenza del pronome relativo (vv. 5-6:qui colis … qui … quique / qui quondam).Alquanto accurata risulta anche la scelta dell’aggettivo, in genere unico,discosto o a ridosso a precedere o a seguire il nome reggente come darapida campionatura (anticipato: sancta senectus 43; acerba libido 86; –come neologismo – dulcacido 146; albentia membra 510; languidus penis675; placidi caelestia munera somni 981; vaga hirundo 1021; posticipato:dextra parcente 77; perdicis apricae 383; languoris aquosi 512; sanguinemite 633; antidotos honestas 855).

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Questa poesia non decorativa rivela un pensiero espansivo con finalitàcomunicativa anche quando si accosta al metadiscorso di tipo scientifico.A Quinto Sereno va infatti riconosciuta la fisionomia di autoresperimentale che tenta di amalgamare orizzonti culturali (scienza eletteratura), di calare con metis nella poesia la medicina, in particolare laterapia empirica romana. La sua forma mentis classica, aperta però aseguire l’evoluzione del mondo medico greco, concede alla poesia brevielaborati narrativi mentre esibisce coscienziosi suggerimenti,circoscrivendo soprattutto i termini nosologici ai titoli dei capitoli, veriserbatoi di densità etimologica e fisiopatologica, per iperbolizzare neltesto un reticolo opaco di formule, ricette materiche seriate in strettaespressiva, irradiante spunti etici sulla precarietà e falsità dei metodi adifesa dei poveri, quasi ad annunciare uno spirito di democrazia edauspicare una sanità pubblica irreprensibile.L’erudita versatilità medico-letteraria di Quinto Sereno, pur nella suaincerta figura professionale, ne condiziona la permissività bilinguisticagreco-latina, animata anche da una vivida ispirazione dettata dalla suapoetica e dal concetto di memoria come sorgente poetica. La suasuperiorità si qualifica inoltre nel limitato ricorso alla nomenclaturasemeiotica medica greca. Sereno infatti applica gli eventuali grecismicommisurati al contesto come per naturale licenza poetica o con astuziaculta li schiva, li filtra di etimologia e li traslittera in latinismi vivificatidal rilievo linguistico singolare scaricato di scientificità. La scelta dicitazioni e di prestiti lesicali è infatti sempre in rapporto al tipo dicorrelazione linguistica coi contenuti ed estranea all’ordine dellacomunicazione tecnologica anche nel caso di elementi hapax28 senzaparticolare sacrificio del timbro poetico.È diffuso un sillabato allitterante (ad es: la fila onomatopeica della vocaleu del verso 35 e della consonante m del verso 545) che semantizza unasintassi fonica anche nelle regioni testuali intessute di affanno espressivo.La pregnanza concettuale dell’autore non desiste dallo stimolare la fantasiadel lettore per giochi verbali (come nel caso – cap. LI – della descrizionelabirintica della formula magica abracadabra in figura geometrica ditriangolo retto, che ha suggerito ad alcuni dei primi editori unarappresentazione grafica marginale) per affacciarlo sul bordo del «visibileparlare»29.Il poema nel complesso viene a confermare un autore per niente minoree sprovveduto, con una visione civile spiccata del mondo, flesso a palesaresenza millanteria la propria eclettica cultura per divulgazione didattica,

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e valide cognizioni di tecnica versificatoria, privilegiando soventel’interesse per dati eccedenti, talora creativi, tali da conferire allo statodell’arte il plusvalore dell’ingegno.

Sono stati consultati i seguenti manoscritti: 1) Isidoro, Etymologiae dellaBiblioteca Malatestiana di Cesena (S. XXI, 5, sec. IX, in pergamena, dicarte 274, lungo cm. 31,5 e largo cm. 24,5; suddiviso in XX libri. Nellibro IIII De Medicina con XIII capitoli, i fogli 52, 53, 54 portanopostillati ai margini con mano del X sec., che, come si è detto, ilCampana attribuisce al Vescovo Raterio di Verona, alcuni capitoli delLiber medicinalis: Praefatio; Capiti medendo; Hemicraneo medendo;Porrigini depellendae; Capillo tingendo; Phthiriasi arcendae; Prurigini,papulis ac scabiei arcendis; Frenesi et capiti purgando; e il testo si arrestacol titolo del capitolo De fluore capillorum et maculis capitis tollendis); 2)Sammonici (Q. Sereni) «De morbis a capite usque ad pedes» Carmina dellaBiblioteca Malatestiana di Cesena (S. XXV, 5 del XV sec.)30.La traduzione (sulla base dell’edizione Pépin) cerca di realizzarel’equivalenza linguistica, di conservare un respiro archeologico e unascansione ritmica non dispersiva della prosodia poematica per non venirmeno alla fedeltà originale espressiva del messaggio e del genio testualee non appiattire onde elegiache palesi o soggiacenti.Il problema della resa della traduzione si è acuito trattandosi di un testotalora oscuro e retrattile con arguto uso di luoghi comuni, con variantigrammaticali e sintattiche in una lingua petrosa che ha il peso delle cosee della verità ed è temperata talora di magia. Esametri tesi e carichi disecoli caduti nel silenzio hanno talvolta impedito strategie di correlazionee concordanza interlinguistica che non sarebbero state immuni damistificazioni di peculiarità e cangianze originarie.

1° P. Van de Woestijne, Index verborum in Quinti Sereni Librum Medicinalem, Nijhoff,S. Gravenhage 1941; F. Vollmer, Quinti Sereni Liber medicinalis, Corpus MedicorumLatinorum vol. II, fasc. 3, Teubner, Lipsia 1916, pp. 65-79.2° J. H. Phillips, Liber Medicinalis Quinti Sereni, cap. XLI vv. 775-776, in AA. VV.Études de Médecine romaine, Université de Saint-Etienne, 1988, pp. 157-160.3° J. Ch. Ackermann, Q. Sereni Samonici de medicina saluberrima praecepta saluberrima,Lipsia 1786, Prefazione; F. Vollmer, op. cit., pp. I-XXI; R. Pépin, Quintus Serenus(Serenus Sammonicus). Liber Medicinalis, Presses Universitaire de France, Paris 1949,

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pp. XXIII-XLV; A. Beccaria, I codici di medicina del periodo presalernitano (secoli IX, Xe XI), Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1956.4° R. H. Rouse, Quintus Serenus, in Texts and Transmission, Ed. L. D. Reynolds,Clarendon Press, Oxford 1983, pp. 381-385.5° E. Baehrens, Poetae Latini Minores, III, Teubner, Leipzig 1881, pp. 103-158.6° F. Vollmer, op. cit., pp. VI-VII.7° R. Pépin, op. cit., p. XXXIII.8Schmidt, «Hermes», XVII, 1882, p. 243.9° R. H. Rouse, op. cit., p. 384.10° A. Campana, Veronensia, in Miscellanea Giovanni Mercati, II, Città del Vaticano1946, pp. 57-91; G. Billanovich, Dal Livio di Raterio al Livio del Petrarca, ItaliaMedievale Umanistica II, Padova 1959, pp. 103-178 (rif. a p. 103 nota 1).11° R. H. Rouse, op. cit., p. 385.12° F. Lombardi, Il «Liber Medicinalis» di Quinto Sereno Sammonico, Collana di studidella storia della Medicina Scientia Veterum, Giardini, Pisa 1963.13° R. Pépin, op. cit., p. XXXIV.14° R. Pépin, op. cit., p. XXXI-XXXII.15° R. Pépin, op. cit., pp. XXXVIII-XLVI.16° G. B. Morgagni, Epistola prima in Serenum Sammonicum, J. Cominus, Patavii1750, pp. 245-308; Epistola altera in Serenum Sammonicum, J. Cominus, Patavii1750, pp. 309-336.17° J. Ch. Ackermann, op. cit., Prefazione.18° Si ricordano anche altri contributi, meno eclatanti ma non privi di interesse: latraduzione in francese di Baudet (De Medicina praecepta. Préceptes médicaux traduitspour la première fois en français par Louis Baudet, Raccolta Panckoucke 1845); latraduzione in tedesco di Thienfelder (in Kuchenmeister, Zeitschrift f. die Medizin, p.239, 1866); lo studio assai criticato del Codex Senensis di Schmidt («Hermes», XVII,1882), ove l’autore sostiene la superiorità testuale dei codici del gruppo B e proponeuno stemma inattendibile; lo studio a sostegno del valore del Codex Paderbornensis diA. Baur (in Quaestiones Sammoniceae, pubblicato a Giessen nel 1886); la dissertazioneQuomodo Serenus Sammonicus a Medicina Pliniana ipsoque Plinio pendeat (Rostock1896) ove J. Keèse sostiene come fonte diretta la Medicina Plinii e non l’Historianaturalis di Plinio il Vecchio; lo studio dei vocaboli di Q. Sereno di R. Fuchs («Arch.f. lat. lex.» 1900, pp. 37-59); l’articolo di J. Revay Lectiones Serenianae («Mnemosyne»,1921, pp. 205-208) ermeneutico su qualche passo oscuro (vv. 81, 650, 619-620) delLiber medicinalis.19° E. Baehrens, op. cit., pp. 103-158.20° F. Vollmer, op. cit., pp. I-XXIV.21° P. Van de Woestijne, op. cit.22° R. Pépin, op. cit., pp. I-XLVII.

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23° F. Lombardi, op. cit.24° G. Ongaro, A proposito di una recente traduzione italiana del Liber Medicinalis diQuinto Sereno Sammonico, «Episteme. Riv. critica di storia delle scienze mediche ebiologiche», 1970, pp. 109-112.25° A. R. Corsini, op. cit., pp. 1-169.26° A. Baur, Quaestiones Sammoniceae, «Diss. Giessen» V, 1886, p. XLV; R. Fuchs, op.cit., pp. 37-59; H. Gnueg, Sprachliches zu Serenus Sammonicus, «Prog. Gymn.Hildburghausen», 1906; M. Geeraard, Dijdrage tot de grammatikale studie van QuintusSerenus Sammonicus, Thèse de lic. Univ. de Gand, 1942-1943: A. Nelson,Abracadabra, «Eranos, Acta philol. Svecana», XLIV, 1946; F. Vollmer, P. Van deWoestijne, J. H. Phillips, A. R. Corsini, op. cit.27° R. Pépin, op. cit., p. XLVII.28° Vedi: M. Garnier - V. Delamare, Dizionario dei termini tecnici di medicina, Maloine,Paris 1974; A. Maltby, A Lexicon of Ancient Latin Etymologies, F. Cairns, Leeds 1991;J. Andrè, Le vocabulaire latin de l’anatomie, Les Belles Lettres, Paris 1991; I. Mazzini,Il linguaggio della ginecologia latina antica, in AA. VV., Studi di lessicologia medicaantica, Pàtron, Bologna 1993; D. Martinello, Aspetti letterari e scientifici del LiberMedicinalis di Quinto Sereno Sammonico, Tesi di laurea in storia della lingua latina,Università degli Studi di Padova, Facoltà di Magistero, Corso di laurea in materieletterarie, Anno Accademico 1993-1994.29° G. Pozzi, Sull’orlo del visibile parlare, Adelphi, Milano 1993.30° R. Zazzeri, Sui codici e libri a stampa della Biblioteca Malatestiana di Cesena.Ricerche ed osservazioni, Vignuzzi, Cesena 1887.


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