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La centralità della Persona in riabilitazione: nuovi modelli organizzativi e gestionali n. 8, marzo-aprile 2011 8 uaderni del Ministero della alute Q S ISSN 2038-5293
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La centralità della Persona in riabilitazione: nuovi modelli organizzativi e gestionali

n. 8, marzo-aprile 2011

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del Ministerodella aluteQS

ISSN 2038-5293

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Ministro del la Salute: Ferruccio Fazio

Direttore Scientif ico : Giovanni Simonett iDirettore Responsabi le : Paolo Casolar iDirettore Editor iale: Daniela Rodorigo

Vicedirettore esecutivo: Ennio Di Paolo

Comitato di DirezioneFrancesca Basilico (con funzioni di coordinamento);Massimo Aquili (Direttore Ufficio V Direzione Generale Comunicazione e Relazioni Istituzionali);Francesco Bevere (Direttore Generale Programmazione Sanitaria, Livelli di Assistenza e Principi Etici di Sistema); Silvio Borrello (Direttore GeneraleSicurezza degli Alimenti e della Nutrizione); Massimo Casciello (Direttore Generale Ricerca Scientifica e Tecnologica); Giuseppe Celotto (DirettoreGenerale Personale, Organizzazione e Bilancio); Gaetana Ferri (Direttore Generale Sanità Animale e del Farmaco Veterinario); Giovanni Leonardi(Direttore Generale Risorse Umane e Professioni Sanitarie); Romano Marabelli (Capo Dipartimento Sanità Pubblica Veterinaria, Nutrizione e Sicurezzadegli Alimenti ); Marcella Marletta (Direttore Generale Farmaci e Dispositivi Medici); Concetta Mirisola (Segretario Generale del Consiglio Superioredi Sanità); Fabrizio Oleari (Capo Dipartimento Prevenzione e Comunicazione); Filippo Palumbo (Capo Dipartimento Qualità); Daniela Rodorigo(Direttore Generale della Comunicazione e Relazioni Istituzionali); Giuseppe Ruocco (Direttore Generale Rapporti con l’Unione Europea e RapportiInternazionali ); Francesco Schiavone (Direttore Ufficio II Direzione Generale Comunicazione e Relazioni Istituzionali); Rossana Ugenti (DirettoreGenerale Sistema Informativo); Giuseppe Viggiano (Direttore Generale Rappresentante del Ministero presso la SISAC)

Comitato Scientif icoGiampaolo Biti (Direttore del Dipartimento di Oncologia e Radioterapia dell'Università di Firenze); Alessandro Boccanelli (Direttore del Dipartimentodell’Apparato Cardiocircolatorio dell’Azienda Ospedaliera S. Giovanni Addolorata – Roma); Lucio Capurso (Presidente del Consiglio di Indirizzo e Verificadegli Istituti Fisioterapici Ospitalieri – Roma); Francesco Cognetti (Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica dell’Istituto Nazionale Tumori ReginaElena Irccs – Roma); Alessandro Del Maschio (Direttore del Dipartimento di Radiologia delI’Ospedale San Raffaele Irccs – Milano); Vincenzo Denaro(Preside delIa Facoltà di Medicina e Chirurgia e Responsabile delI’Unità Operativa Ortopedia e Traumatologia del Policlinico Universitario Campus Biomedico – Roma); Massimo Fini (Direttore Scientifico delI’Irccs S. Raffaele Pisana – Roma); Enrico Garaci (Presidente delI’Istituto Superiore di Sanità– Roma); Enrico Gherlone (Direttore del Servizio di Odontoiatria delI’Ospedale San Raffaele Irccs – Milano); Maria Carla Gilardi (Ordinario di Bioingegneria Elettronica e Informatica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia delI’Università di Milano – Bicocca); Renato Lauro (Rettore dell’Uni-versità Tor Vergata – Roma); Gian Luigi Lenzi (Ordinario di Clinica Neurologica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia delI’Università la Sapienza –Roma); Francesco Antonio Manzoli (Direttore Scientifico delI’Istituto Ortopedico Rizzoli – Bologna);Attilio Maseri (Presidente delIa Fondazione “Peril Tuo cuore - Heart Care Foundation Onlus” per la Lotta alle Malattie Cardiovascolari – Firenze);Maria Cristina Messa (Ordinario del Dipartimento diScienze Chirurgiche presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia delI’Università di Milano – Bicocca); Sergio Ortolani (Coordinatore dell’Unità di Malattiedel Metabolismo Osseo e Reumatologia – Irccs Istituto Auxologico Italiano – Milano); Roberto Passariello (Direttore dell’Istituto di Radiologia – Uni-versità La Sapienza – Roma); Antonio Rotondo (Direttore del Dipartimento di Diagnostica per Immagini – 2a Università di Napoli); Armando Santoro(Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica ed Ematologia – Irccs Istituto Clinico Humanitas – Rozzano, Mi); Antonio Emilio Scala (Preside delIaFacoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Vita/Salute San Raffaele – Milano); Giovanni Simonetti (Direttore del Dipartimento di Diagnostica per Immagini, Imaging Molecolare, Radioterapia e Radiologia Interventistica del Policlinico Universitario Tor Vergata – Roma); AlbertoZangrillo (Ordinario di Anestesiologia e Rianimazione dell’Università Vita/Salute San Raffaele e Direttore dell’Unità Operativa di Anestesia e RianimazioneCardiochirurgica dell’Ospedale San Raffaele Irccs – Milano)

Comitato di RedazioneSimonetta Antonelli, Massimo Ausanio, Carla Capitani, Amelia Frattali, Francesca Furiozzi, Milena Maccarini, Carmela Paolillo, Alida Pitzulu,Claudia Spicola (Direzione Generale della Comunicazione e Relazioni Istituzionali del Ministero della Salute),Antonietta Pensiero (Direzione GeneralePersonale, Organizzazione e Bilancio del Ministero della Salute)

Quaderni del Ministero della Salute© 2011 - Testata di proprietà del Ministero della Salute A cura della Direzione Generale Comunicazione e Relazioni Istituzionali Viale Ribotta 5 - 00144 Roma - www.salute.gov.itConsulenza editoriale e grafica: Wolters Kluwer Health Italy S.r.l.Stampa: Poligrafico dello StatoRegistrato dal Tribunale di Roma - Sezione per la Stampa e l'Informazione - al n. 82/2010 del Registro con Decreto del 16 marzo 2010ISSN 2038-5293Pubblicazione fuori commercioTutti i diritti sono riservati, compresi quelli di traduzione in altre lingue. Nessuna parte di questa pubblicazione potrà essere riprodotta o trasmessa inqualsiasi forma o per mezzo di apparecchiature elettroniche o meccaniche, compresi fotocopiatura, registrazione o sistemi di archiviazione di informazioni,senza il permesso scritto da parte dell’Editore

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Perché nascono i Quaderni

Uniformare e fissare, nel tempo e nella memoria, i criteri di appropria-tezza del nostro Sistema salute.

È l’ambizioso progetto-obiettivo dei Quaderni del Ministero della Salute, lanuova pubblicazione bimestrale edita dal dicastero e fortemente voluta dalMinistro Ferruccio Fazio per promuovere un processo di armonizzazionenella definizione degli indirizzi guida che nascono, si sviluppano e proce-dono nelle diverse articolazioni del Ministero.I temi trattati, numero per numero, con taglio monografico, affronterannoi campi e le competenze più importanti, ove sia da ricercare e conseguire ladefinizione di standard comuni di lavoro. La novità è nel metodo, inclusivo e olistico, che addensa e unifica i diversicontributi provenienti da organi distinti e consente quindi una verificaunica del criterio, adattabile volta per volta alla communis res. La forma dun-que diventa sostanza, a beneficio di tutti e ciò che è sciolto ora coagula.Ogni monografia della nuova collana è curata e stilata da un ristretto e iden-tificato Gruppo di Lavoro, responsabile della qualità e dell’efficacia deglistudi. Garante dell’elaborazione complessiva è, insieme al Ministro, il pre-stigio dei Comitati di Direzione e Scientifico.Alla pubblicazione è affiancata anche una versione telematica integrale sfo-gliabile in rete ed edita sul portale internet del Ministero www.salute.gov.it;qui è possibile il costante approfondimento dei temi trattati grazie alla sem-plicità del sistema di ricerca e alla scaricabilità dei prodotti editoriali; traquesti spiccano le risultanze dei pubblici convegni mirati che, volta pervolta, accompagnano l’uscita delle monografie nell’incontro con le artico-lazioni territoriali del nostro qualificato Sistema salute.Non ultimo, il profilo assegnato alla Rivista, riconoscibile dall’assenza dipaternità del singolo elaborato, che testimonia la volontà di privilegiare,sempre e comunque, la sintesi di sistema.

Le ragioni di una scelta e gli obiettivi

Giovanni SimonettiDirettore Scientifico

Paolo CasolariDirettore Responsabile

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La centralità della Persona in riabilitazione: nuovi modelli organizzativi e gestionali

GRUPPO DI LAVOROpresieduto dall’on. Francesca Martini

Giovanna Beretta, Antonio Bortone, Carlo Caltagirone, Mario Carletti, Massimo Casciello, Luigi Cerato,Alberto Cester, Gaspare Crimi, Angelo Del Favero, Guido Vincenzo Ditta, Massimo Fini, David Fletzer,

Calogero Foti, Giuseppe Galardi, Alessandro Giustini, Marcello Imbriani, Velio Macellari, Dario Manfellotto, Domenico Mantoan, Mario Melazzini, Paolo Menduni, Antonio Moccaldi,

Andrea Naldi, Fabrizio Oleari, Filippo Palumbo, Caterina Pistarini, Federico Posteraro, Giuseppe Ruocco,Giorgio Santilli, Valter Santilli, Giovanni Simonetti, Maurizio Volterrani, Giovanni Zotta

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Hanno collaborato alla stesura dei lavori

Giorgio Albertini, Nicolino Ambrosino, Anna Banchero, Giacomo Bazzini, Antonella Biroli, Paolo Boldrini, Amelia Brunani, Anna Cantagallo, Paola Capodaglio, Stefano Cappa, Marina Carlone, Michele Carruba, Antonio Casarico, Maurizio Casasco, Enrico Castelli, Francesco Cavagnini, Stefano Centanni, Carmine Chieffo, Daniela Chieffo, Enrico Clini, Giovanni Cioni, Franco Codecasa, Franca Coppadoro, Antonella Costantino, Anna Giulia De Cagno, Raffaela Decimo, Roberto Di Lenarda, Lorenzo Donini, Sergio Dugone, Franco Falcone, Francesco Fattirolli, Secondo Fassino, Adriano Ferrari, Giuseppe Filippi,Franco Franchignoni, Giuseppe Gallina, Michele Gallucci, Fulvia Gariboldi, Elisabetta Genovese, Enrico Gherlone, Pantaleo Giannuzzi,Luca Gondoni, Cesare Greco, Raffaele Griffo, Enrico Guffanti, Sergio Iavicoli, M. Grazia Indaghi, Elisabetta Ladavas, Giampaolo La Malfa, Luisa M. Lapenna, Carmelo Lentino, Alessandro Listrani, Antonio Liuzzi, Giovanni Magrone, Antonino Mangiacavallo, Emilia Maran, Mirella Maselli, Anna Mazzocchi, Eugenio Mercuri, Roberto Migliari, Enrico Molinari, Antonio Moccaldi, Gabriele Mora, Daniela Morelli,Giovanni Muto, Carlo Nozzoli, Franco Pasqua, Massimo Perachino, Fabio Pessina, Maria Letizia Petroni, Massimo Piepoli, Fabio Pigozzi,Monica Pinto, Elisabetta Polizzi, Paolo Puppo, Carmine Riccio, Maurizio Ripari, Mariangela Rondanelli, Tiziana Rossetto, Alessandro Sartorio, Maria Pia Schieroni, Carlo Schweiger, Goffredo Scuccimarra, Nicola Smania, Antonio Spanevello, Giovanni Spera, Isa-bella Springhetti, Giacomo Stella, Silvia Sterzi, Mario Stirpe, Maria Rosa Strada, Alessia Tafani, Mauro Tavernelli, Pierluigi Temporelli,Marco Trabucchi, Roberto Tramarin, Anna Carla Turconi, Carlo Umiltà, Donatella Valente, Giuseppe Vallar, Paola Varese, Riccardo Vigneri, Carlo Vigorito, Michele Vitacca, Alberto Zanchetti, Orazio Zanetti, Pierluigi Zoccoletti

• ACeA Associazione Cerebrolesioni Acquisite• ADIPSO Associazione per la Difesa degli Psoriasici• AICE Associazione Italiana Contro l’Epilessia• AIDIRE Associazione Italiana di Ippoterapia e Riabilitazione

Equestre• AIFI Associazione Italiana Fisioterapisti• AIORAO Associazione Italiana Ortottisti Assistenti in Oftalmologia• AIP Associazione Italiana Parksinsoniani• AIP Associazione Italiana Podologi• AIPO Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri• AISA Associazione Italiana per la lotta alle Sindromi Atassiche• AISLA Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica• AISM Associazione Italiana Sclerosi Multipla• AITNE Associazione Italiana Terapisti della Neuropsicomotricità

dell’età evolutiva• AITO Associazione Italiana dei Terapisti Occupazionali• Amici di Luca• ANFFAS Associazione Nazionale Famiglie di Persone

con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale• ANIO Associazione Nazionale per le Infezioni Osteo-Articolari• ANMCO Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri • ARCO 92 Associazione per la Riabilitazione del Comatoso• ARIR Associazione Riabilitatori dell’Insufficienza Respiratoria• Ass. BPCO Associazione Italiana Pazienti BPCO• ASSIMEFAC Associazione Società Scientifica Interdisciplinare

e di Medicina di Famiglia e di Comunità• Azione Parkinson• FADOI Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri

Internisti• FAIP Federazione Associazioni Italiane Paratetraplegici• FANEP Associazione Famiglie Neurologia Pediatrica• FAVO Federazione delle Associazioni di Volontariato

in Oncologia

• FMSI Federazione Medico Sportiva Italiana • FIMPST Federazione Italiana contro le Malattie Polmonari Sociali

e la Tubercolosi• FIMMG Federazione Italiana Medici di Famiglia• FISH Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap• FLI Federazione Logopedisti Italiani• FNAT Federazione Nazionale Associazioni Trauma Cranico• FNOMCeO Federazione Nazionale Ordini Medici Chirurghi

e Odontoiatri• IACPR-GICR Italian Association for Cardiovascular Prevention

and Rehabilitation• GIRN Gruppo Interprofessionale di Riabilitazione

in Neuropsicologia• La Rete Associazioni Riunite per il Trauma Cranico

e le Gravi Cerebrolesioni Acquisite• SIC Società Italiana di Cardiologia • SICOA Società Italiana Cardiologia Ospedalità Accreditata• SIGG Società Italiana di Gerontologia e Geriatria• SIGOs Società Italiana Geriatri Ospedalieri• SIMeR Società Italiana di Medicina Respiratoria• SIMFER Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa• SIMG Società Italiana di Medicina Generale• SINPIA Società Italiana di NeuroPsichiatria dell’Infanzia

e dell’Adolescenza• SIO Società Italiana dell’Obesità• SIRAS Società Italiana Riabilitazione di Alta Specializzazione• SIRN Società Italiana di Riabilitazione Neurologica• SISDCA Società Italiana per lo Studio dei Disturbi

del Comportamento Alimentare• SITO Società Italiana di Terapia Occupazionale• SNAMI Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani• SPIF Sindacato Professionale Italiano Fisioterapisti• UICI Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti

Associazioni e Società scientifiche che hanno collaborato e/o sono state auditate

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Indice

Prefazione pag. IX

Foreword pag. XIII

Introduzione pag. XVII

Introduction pag. XIX

Sintesi dei contributi pag. XXI

1. La riabilitazione: analisi della situazione in Italia pag. 1

2. Il modello bio-psico-sociale di salute pag. 5

3. La riabilitazione nel continuum assistenziale: pag. 11Governo Clinico, Percorso Riabilitativo Unico, luoghi di cura

4. Il modello organizzativo della rete in riabilitazione pag. 35

5. Sicurezza ed efficacia delle apparecchiature in riabilitazione pag. 39

6. Interdisciplinarità in riabilitazione pag. 57

7. Il futuro della ricerca in riabilitazione pag. 105

8. Empowerment dei pazienti – il ruolo delle associazioni pag. 119

Bibliografia pag. 131

La centralità della Persona in riabilitazione: nuovi modelli organizzativi e gestionali

La centralità della Persona in riabilitazione: nuovi modelli organizzativi e gestionali

n. 8, marzo-aprile 2011

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ISSN 2038-5293

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Prefazione

Per sviluppare al meglio le potenzialità di salute della Persona in una presain carico globale e unitaria, la riabilitazione, storicamente considerata il

terzo elemento del percorso sanitario insieme alla prevenzione e alla terapia,ha mostrato di doversi integrare con le altre due componenti per la valorizzazionedell’attività fisica e motoria, cognitiva e motivazionale, nella tempestività dellapresa in cura fin dalla fase acuta, nell’integrazione tra le cure finalizzate al re-cupero dell’autonomia.I Quaderni della Salute, con i quali il Ministero intende informare e aggior-nare tutti i cittadini in tema di sanità e salute, non potevano non trattare taleargomento. Gli autori di questo volume sono coloro che hanno fatto della tutela della salutela loro missione: i medici e tutti i professionisti che lavorano quotidianamentenelle corsie, negli ambulatori, nelle palestre e in tutti i luoghi ai quali si rivolgela domanda di salute dei cittadini.La vera emergenza, nonché la grande sfida dei prossimi decenni, risiede nellanecessità di incentrare le strategie sanitarie anche sulla gestione della cronicitàe sulla prevenzione della disabilità.L’ultimo rilevamento Istat del 2005 ha evidenziato che in Italia le Persone condisabilità sono 2.609.000, pari al 4,8% della popolazione con oltre 6 anni dietà che vive in famiglia. Considerando che i pazienti residenti nei presidi so-ciosanitari sono oltre 200.000, si raggiunge un valore complessivo di circa 2,8milioni di Persone con disabilità.Questo quadro epidemiologico ha fatto sì che il Ministero della Salute procedessea una revisione delle Linee guida del 1998, con le quali si intendeva porre or-dine nel settore della riabilitazione, attraverso la definizione di una strategiariabilitativa che si occupasse della presa in carico del malato, della sua valuta-zione, dell’elaborazione di un progetto riabilitativo e della realizzazione di unpreciso programma di intervento incentrato sulla Persona.Tali Linee guida, se da una parte hanno rappresentato un documento di rife-rimento per quanto riguarda i principi guida e la filosofia di fondo dell’inter-

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vento riabilitativo, dall’altra, per quanto attiene all’individuazione e alla mi-sura degli outcome e ai criteri di appropriatezza di intervento, necessitavanodi una revisione. Dopo 13 anni, per la revisione dei Criteri di Appropriatezza,si è insediato un Gruppo di Lavoro misto, in stretta sintonia con le Regioni,presieduto dal Sottosegretario Onorevole Martini, composto da Esperti dellaproblematica, che ha coinvolto oltre 29 Associazioni e Società scientifiche. Il Piano di Indirizzo per la Riabilitazione è stato presentato il 7 ottobre 2010e approvato in Conferenza Stato-Regioni il 10 febbraio 2011. Tale documentodi indirizzo ha vagliato i grandi progressi della riabilitazione in campo scien-tifico, clinico, organizzativo e dell’operatività interdisciplinare, facendo tesorodella crescita delle competenze del medico specialista, di tutte le figure profes-sionali coinvolte, da quelle indicate nelle Linee guida del 1998 e nella recentenormativa a quelle divenute progressivamente più importanti, come l’assistentesociale e lo psicologo. Il fine ultimo risiede nel voler rendere questi progressi ap-plicabili e funzionali al sistema sanitario e assistenziale del nostro Paese nel-l’interesse delle persone che presentano ogni genere di disabilità e limitazione. Lo scopo dell’intervento riabilitativo è “guadagnare salute” in un un’ottica chevede la Persona con disabilità e limitazione della partecipazione non più come“malato”, ma come “persona avente diritti”. Quindi compito dell’interventoriabilitativo è valutare la Persona, per realizzare tutti gli interventi sanitarinecessari per consentirle di raggiungere il più alto livello possibile di funziona-mento e partecipazione, in relazione alla propria volontà e al contesto, nell’ot-tica di un reale empowerment.L’utilizzo stesso del termine Paziente a volte può rivelare un approccio che di-mentica come un soggetto, in una particolare condizione clinica, sia innanzituttouna Persona con propri desideri e bisogni, che chiede di essere ascoltata e di poterconoscere e capire meglio il proprio stato di disabilità e le possibilità di superarnele limitazioni, avvalendosi di un approccio riabilitativo, in una visione bio-psico-sociale. Una condizione di disabilità non deve in alcun modo costituireun ostacolo all’espressione di libertà del cittadino con i propri diritti personali edella famiglia con cui condivide desideri, problematiche, relazioni e scelte. Il ruolo della famiglia diviene ancora più rilevante nei percorsi riabilitatividell’età evolutiva.

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Negli ultimi anni la riabilitazione si è sempre più posta l’obiettivo di trattarela Persona con le sue possibilità e potenzialità di partecipazione rispetto aldanno d’organo che ne ha determinato la limitazione. Indipendentemente dallacausa che ha generato la condizione di disabilità, lo scopo della riabilitazionerisiede nell’individuare una modalità appropriata di intervento nei diversi especifici setting e in relazione alla multimorbidità.Alla Persona con disabilità ricoverata in acuzie deve poter essere offerto un per-corso riabilitativo unico integrato con i diversi setting terapeutici della rete ria-bilitativa. Questo principio si realizza con la “presa in carico dell’utente” e l’erogazionedegli interventi sulla base di programmi riabilitativi definiti all’interno di unospecifico strumento sintetico e organico specifico per ciascuna Persona, il ProgettoRiabilitativo Individuale (PRI). Il PRI, utilizzando i parametri di menomazione, limitazione di attività e restri-zione di partecipazione sociale elencati nella Classificazione Internazionale delFunzionamento, Disabilità e Salute ( International Classification of Function,ICF), definisce la prognosi, le aspettative e le priorità del paziente e dei suoi fa-miliari; viene condiviso, quando possibile, con il paziente, la famiglia e i caregiver;definisce le caratteristiche di congruità e appropriatezza dei diversi interventi,nonché la conclusione della presa in cura sanitaria in relazione agli esiti rag-giunti.Il processo decisionale del medico specialista in riabilitazione (Responsabile cli-nico del paziente) nella definizione del PRI deve tenere conto della prognosifunzionale, del margine di modificabilità del quadro di disabilità, del gradodi stabilità clinica del paziente e della sua possibile adesione al programma. Il medico responsabile garantisce, anche attraverso il coinvolgimento del teamdi professionisti, un flusso costante di informazioni a tutte le persone coinvoltenelle attività del PRI: al paziente, alla famiglia, ai caregiver e al medico dimedicina generale.In considerazione della complessità dei percorsi assistenziali riabilitativi e dellaloro necessaria e coerente articolazione nell’ambito delle tipologie di setting ospe-daliero, extraospedaliero, territoriale, sanitario e sociale, appare indispensabilee auspicabile predisporre in tutte le Regioni un’organizzazione dipartimentale

Prefazione

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delle attività di riabilitazione. Il Dipartimento di riabilitazione fornisce la garanzia della realizzazione diun adeguato percorso di cura riabilitativo per tutte le Persone che ne hanno bi-sogno e rappresenta lo snodo reale della Clinical Governance; al Dipartimentodi riabilitazione devono essere forniti gli strumenti per raggiungere obiettivi diqualità clinica e organizzativa, nel rispetto delle risorse disponibili; devonoinoltre essere forniti gli strumenti per gestire la sicurezza, la qualità, la politicadi formazione del personale, l’audit.Un capitolo altrettanto degno di interesse è quello dedicato alla ricerca, nelquale si affrontano il futuro, gli attori e i luoghi della stessa, con esempi benprecisi e con l’indicazione delle prospettive future (robotica, realtà vituale e te-leriabilitazione).La medicina riabilitativa ha acquisito con il tempo evidenze ermeneutica edepistemologica specifiche, delineando un modello di intervento peculiare e pro-fondamente diverso rispetto alla medicina e chirurgia d’organo; questo Qua-derno intende fornire indicazioni su come tali modelli operativi possano edebbano coordinarsi e integrarsi nell’interesse della collettività.

Prof. Ferruccio Fazio

Ministro della Salute

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Foreword

The rehabilitation process has historically been regarded as the third com-ponent of the health management pathway, with prevention and treatment

comprising the first and second components, respectively. However, in order tooptimise the health potential of an individual, a more modern and compre-hensive approach is one that integrates all three components. Such an approachwould maximise the potential benefits derived from physical, cognitive andmotivational rehabilitation activities. Furthermore, an integration of these ac-tivities with an aim to facilitate a return to independence, should be promptlyinitiated during the acute phase of disablement. This situation could not be overlooked by the authors of the Quaderni della

Salute, which is published by the Italian Ministry of Health to inform and up-date the public on healthcare issues.The authors of the present issue made the task of ensuring good health theirmission. They are physicians and healthcare professionals who work in hospitals,in outpatient clinics, in sporting and other facilities that individuals may referto when seeking to improve their health.The immediate concern, and the big challenge for the upcoming decades, liesin the need to focus healthcare strategies on the management of chronic diseasesand on the prevention of disability.According to National Institute of Statistics data (Istat; 2005), in Italy morethan 2.6 million people older than 6 years of age and living with their families,have a disability. Given that more than 200,000 disabled people live in insti-tutions, the total number of people with a disability exceeds 2.8 million.This scenario has prompted the Italian Ministry of Health to review the Guide-lines issued in 1998. The aim of the review was to improve rehabilitation byestablishing a strategy that would encompass patient care, patient assessment,the design of a rehabilitation project and the implementation of a specific pro-gram focused on the individual. While the 1998 Guidelines provided a reference for the guiding principles andthe philosophy behind rehabilitation, it was recognised that a revision of out-come identification and evaluation, and the criteria for intervention suitability,

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was required; consequently, a Working Group was established for the revisionof the Appropriateness Criteria. The Working Group is chaired by the Ministryundersecretary, Ms. F. Martini, and is composed of experts and involves over29 scientific Associations and Societies, and operates in close collaboration withthe Regioni (Italian local institutions).The Piano di Indirizzo per la Riabilitazione (plan for rehabilitation guidelines)was presented on 7th October, 2010, and was approved by the Conferenza Stato-

Regioni on 10th February, 2011. The document evaluated the considerableprogress achieved in rehabilitation from scientific, clinical and organizationalperspectives, as well as in terms of interdisciplinary activity. This progress hasbeen made possible through the optimization of the increasing competence of spe-cialists and healthcare professionals involved, including those roles indicated inthe 1998 guidelines and in the recently adopted regulations and, more recently,the professionals who have acquired an increasingly important role, such as socialworkers and psychologists. The ultimate goal is to implement these advances andto make them work within the Italian healthcare and welfare services, in theinterest of people with any type of disability or health impairment.The aim of a rehabilitation intervention is to “gain health”, and should considerthe person with impairment or any participation restriction no longer as an“ill individual”, but as a “person with rights”. Therefore, in order to achievetrue empowerment, the rehabilitation intervention should assess the individualaccording to their wishes and context, and then implement all required thera-peutic interventions to ensure the achievement of the highest possible level offunctioning and participation.The very use of the term “patient” is often indicative of an approach that failsto consider that individuals, in a particular clinical setting, are first of allhuman beings with their own wishes and needs. That they are individuals whowould like to be listened to, and who would like to have a better knowledgeand understanding of their disabled state, and of their chances to overcome thisdisability through participation in a rehabilitation program with a biopsy-chosocial vision. The presence of a disability should in no way hinder an indi-vidual’s freedom or personal rights, or those of the people who share wishes,problems, relationships and choices with them.

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The role of the family is even more crucial in the rehabilitation pathway ofchildren and adolescents.In recent years, rehabilitation has increasingly focused on treating the personwith his or her possibilities and potentials of participation, rather than the im-pairment causing the limitation. Regardless of the disability cause, the rehabil-itation objective is to identify appropriate interventions in distinct and specificsettings; the presence of comorbidities should also be considered.The disabled individual hospitalized in the acute phase should have promptaccess to a comprehensive rehabilitation pathway that integrates the varioustherapeutic practices in the rehabilitation network.This concept can be implemented by “taking on the individual” and deliveringan intervention based on a personalized rehabilitation program, which hasbeen defined and constructed in a cohesive framework: the Progetto Riabilita-

tivo Individuale (PRI; individual rehabilitation project).The PRI, by means of the parameters including impairment, activity limitationand social participation restriction as listed by the International Classification ofFunctioning, Disability and Health (ICF), defines the prognosis, the expectationsand the priorities of the patient and his or her family. Wherever possible, in co-operation with the patient, the family and the caregivers, the PRI defines the char-acteristics of suitability and appropriateness of the various interventions, as wellas the termination of the patient management according to the results achieved.In the decision process, the rehabilitation specialist (the clinician responsible forthe patient) must consider, according to the PRI, the functional prognosis, theextent to which the disabled state can be modified, the degree of the patient’sclinical stability and compliance to the program.The rehabilitation specialist also ensures, through the involvement of a team ofprofessionals, a constant flow of information to all people involved in the ac-tivities of the PRI including the patient, the family, the caregivers and the gen-eral practitioners.Given the complexity of the rehabilitation pathways and their need to be cohe-sively articulated in various settings (e.g. hospital, outpatient, geographical,healthcare, welfare), it is not only desirable but essential that all the Regioni

have a departmental organization of the rehabilitation activities.

Foreword

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The rehabilitation department guarantees the implementation of an adequatepathway of rehabilitation for all people who need it, and constitutes the trueinterconnection point of Clinical Governance. The rehabilitation departmentmust be provided with the tools for achieving clinical and organizational ob-jectives, according to the available resources for managing safety and quality is-sues, personnel training policies and audits. An equally interesting topic is one dedicated to research, in which future con-cepts, operators and the places of research are discussed, with well defined ex-amples and with an indication of forthcoming advances such as robotics, virtualreality, and telerehabilitation.Rehabilitation medicine has gradually acquired specific interpretative and epis-temological evidence, outlining a unique interventional approach that is sub-stantially different from organ medicine and organ surgery; the presentQuaderno issue intends to indicate how such operative processes can and shouldbe coordinated and integrated for the well-being of the community.

Prof. Ferruccio Fazio

Minister of Health

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Introduzione

La costituzione del Gruppo di Lavoro sulla riabilitazione del Ministerodella Salute e con essa la realizzazione del nuovo Piano di Indirizzo per

la riabilitazione rappresentano elementi importanti e innovativi nel campodelle politiche della salute.A oltre dieci anni dall’inizio del percorso tracciato dalle Linee guida sulla ria-bilitazione del 1998, che hanno definito principi cardine, quali la presa in caricodella Persona con malattia, la valutazione, l’elaborazione e l’implementazionedel progetto riabilitativo, si riconosce l’esigenza di rispondere ai nuovi spunti ebisogni attraverso interventi specifici che seguano un approccio nuovo in terminidi cultura, strumenti, metodologie e organizzazione e che guardino alla Personasecondo la sua totalità di bisogni, desideri e relazioni.Questo ultimo aspetto assume maggiore rilevanza alla luce della ConvenzioneONU sui Diritti delle Persone con disabilità, entrata nel nostro ordinamentocon la Legge n. 18 del 3 marzo 2009, che all’art. 26 afferma che i servizi e iprogrammi di abilitazione e riabilitazione “(a) abbiano inizio nelle fasi piùprecoci possibili e siano basati su una valutazione multidisciplinare dei bisognie delle abilità di ciascuno, (b) facilitino la partecipazione e l’integrazione nellacomunità e in tutti gli aspetti della società, siano volontariamente posti a di-sposizione delle Persone con disabilità nei luoghi più vicini possibili alle propriecomunità, comprese le aree rurali”.Questi presupposti hanno portato a elaborare e a stilare principi e strategie che,tenendo presenti i diritti di ogni cittadino, rispondano con efficacia e attenzionealla Persona con disabilità.Il metodo di lavoro che il Gruppo ha voluto utilizzare riflette pertanto i principisopra menzionati e si avvale della Classificazione Internazionale del Funzio-namento, Disabilità e Salute ( International Classification of Function, ICF)come linguaggio comune a tutti gli attori coinvolti.A partire da questo approccio, molte sono le novità introdotte dal nuovo Pianodi indirizzo rispetto alle Linee guida del 1998, in particolare: l’utilizzo delmodello bio-psico-sociale, l’istituzione dei Dipartimenti di riabilitazione, l’in-

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troduzione del concetto di rete di riabilitazione, l’utilizzo di un approccio in-terdisciplinare e del modello di Attività Fisica Adattata, ma, principalmente,il coinvolgimento della Persona/Paziente e dei suoi familiari come elemento im-prescindibile del percorso riabilitativo.Tutto ciò allo scopo di garantire concretamente la continuità di cura ospedale-territorio in riabilitazione.Le Persone con disabilità si adoperano quotidianamente per stimolare e sensi-bilizzare la società in cui vivono sui loro bisogni e diritti e su quelli delle lorofamiglie, cercando con tutte le loro forze di promuovere un concetto di dignitàdella vita umana e della Persona non riconducibile unicamente alla residuaefficienza delle funzioni del corpo. Si tratta di una sfida senza dubbio difficile e impegnativa e, al suo interno, ilpiano di indirizzo per la riabilitazione si pone come strumento operativo, in-tegrato e sinergico per garantire unitarietà di risposte al bisogno della Personae la certezza nella continuità delle cure.Solo con la partecipazione attiva di tutti i soggetti coinvolti sarà possibile tra-durre tali principi in realtà.

On. Francesca Martini

Sottosegretario di Stato alla Salute

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Ministero della Salute

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Introduction

The creation of the Working Group on rehabilitation by the Italian Ministryof Health and the implementation of the new Guidelines for Rehabilitation

are important and innovative issues in healthcare policies.More than ten years after the beginning of the program outlined by the Guide-lines on rehabilitation that was issued in 1998 and which defined basic conceptsincluding patient management, patient assessment, the design and implemen-tation of the rehabilitation project, a need to react to new opportunities andrequirements is now identified. This need will be met by specific interventionsbased on a novel approach in terms of culture, tools, methods and organizationthat will take into account the person with a disability incorporating all his orher demands, wishes and relationships.This latest issue is particularly relevant in the light of the UN Convention onthe Rights of Persons with Disabilities, included in the Italian legislation withLaw n. 18 (Legge n. 18) of March 3rd 2009. In article 26 of this document,it reads that rehabilitation services and programs should “…(a) start as soon aspossible and be based on a multidisciplinary evaluation of individual needsand capabilities, and (b), should promote the participation and the integrationin the community and in all aspects of society, and should be made availableon a voluntary basis to disabled persons in locations as close as possible to theircommunities, including rural areas”.These implications have led to the outline of principles and strategies to respondefficiently and with the necessary attention to the person with disabilities, whiletaking into account the rights of each individual.Therefore, the working method adopted by the Group reflects the concepts men-tioned above and is based on the International Classification of Functioning,Disability and Health (ICF), so as to use a language common to all the partiesinvolved.Starting from this novel approach, the new Guidelines for rehabilitation intro-duced several innovations to the 1998 Guidelines, notably: the use of a biopsy-chosocial model, the establishment of rehabilitation departments, the

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introduction of the concept of a rehabilitation network, the use of an interdisci-plinary approach and the Adapted Physical Activity method. Additionally, inparticular, the involvement of the disabled person and of his or her family as anessential component of the rehabilitation process.This system has been designed to ensure the continuity of effective rehabilitationcare between the hospital and community environments.Individuals with disabilities try hard on a daily basis to increase the awarenessof the community in which they live of their needs and rights, and of those oftheir families. They also try their best to promote an idea of dignity of the wholeperson and of human life in general, which goes beyond the limitation imposedby the disability.This is no doubt a difficult and demanding challenge and the Guidelines forrehabilitation provides an operational, integrated and synergistic tool to ensurethe consistency of the responses to the needs of the person and to guarantee con-tinuity of care.Only with the active participation of all the people involved, will it be possibleto put these concepts into practice.

Francesca Martini MP

Under Secretary of State for Health

Ministero della Salute

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terio chiave per l’intervento sulla Persona con di-sabilità, la certezza dei diritti e l’universalismonell’accesso a benefici e servizi. Nei decenni tra-scorsi il nostro Paese ha sviluppato una forte evo-luzione in questa direzione, ma alcune criticitàrisiedevano nell’esigenza di comprendere comerealizzare un’efficace integrazione con le altre at-tività della Sanità e del Sociale per dare unitarietàagli interventi in campo riabilitativo e nella cre-scente cultura riabilitativa italiana rispetto all’im-pianto della Classificazione internazionale ICIDHallora accettata, che descriveva come un processolineare e statico il percorso “patologia-menoma-zione-disabilità-handicap”.Tale problematica è stata definitivamente e posi-tivamente risolta dall’introduzione nel 2001, daparte dell’OMS, della Classificazione Internazio-nale del Funzionamento, Disabilità e Salute (ICF),che impone una metodologia di analisi e defini-zione della Persona con disabilità atta a costruireun profilo di funzionamento basato sul modellobio-psico-sociale, dove la finalità dell’interventoriabilitativo è “guadagnare salute”, in un’otticache vede la Persona con disabilità non più come“malato”, ma come “Persona avente diritti”. Aquesto scopo strumenti come il Percorso Assisten-ziale Integrato e il Progetto Riabilitativo Indivi-duale sono confermati come elementi essenzialiin questo rinnovato contesto scientifico-culturale.

3. La riabilitazione nel continuumassistenziale: Governo Clinico, PercorsoRiabilitativo Unico, luoghi di cura

Il Governo Clinico integrato è un approccio glo-bale alla gestione dei servizi sanitari che pone alcentro i bisogni delle Persone. Determinanti sonopertanto le risorse disponibili, in particolare laqualità tecnica e il loro impiego appropriato. Perottimizzare le risorse disponibili è necessario af-

Sintesi dei contributi

1. La riabilitazione: analisi della situazione in Italia

Le Linee guida sulla riabilitazione del 1998 hannorappresentato un documento di riferimento perquanto riguarda i principi guida e la filosofia difondo dell’intervento riabilitativo, ma necessita-vano di un ulteriore aggiornamento per quantoconcerne l’individuazione e la misura degli out-come e i criteri di appropriatezza dell’intervento.Inoltre, a causa dei cambiamenti demografici av-venuti in questi anni, le strutture e i servizi di ria-bilitazione si sono moltiplicati in tutto il Paese etale crescita ha costituito per tutti la confermadell’esigenza di fare un ulteriore passo verso il rag-giungimento di un modello di riferimento con-diviso.Per avere un panorama aggiornato della situazioneriabilitativa in Italia, è stato pertanto elaborato einviato alle singole Direzioni Generali della Sanitàdi tutte le Regioni un questionario per rilevare lostato di applicazione delle Linee guida Ministerialiapprovate in Conferenza Stato-Regioni nel maggio1998 e LEA approvati con DPCM 29.11.2001.L’adesione è stata rapida e tutte le Regioni hannorisposto alla rilevazione fornendo una visione ria-bilitativa italiana, con la rilevazione sia degli svi-luppi sia delle criticità emerse, analizzati nel det-taglio in questo primo Capitolo.

2. Il modello bio-psico-sociale di salute

Molteplici direttrici di sviluppo del sistema diwelfare del nostro Paese pongono oggi, come cri-

n. 7, gennaio-febbraio 2011

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lità nell’uso delle risorse con interventi integrati.Per l’area della riabilitazione l’attuazione di unmodello di rete Hub & Spoke prevede una confi-gurazione organizzativa delle strutture assistenzialie un sistema di governo dei processi in grado dioffrire continuità di cura. Nell’ambito dell’orga-nizzazione di questa rete viene inoltre individuatauna serie di nodi distinti per la fase del percorsoin cui si collocano e per le caratteristiche dell’in-tervento che sono chiamate a portare.Questa organizzazione capillare consente pertantoalla Persona di avere un riferimento certo chesegue il suo percorso post-ricovero mantenendoun’osservazione e un monitoraggio dell’evoluzionedel quadro clinico e l’integrazione con l’UVRconsentirà adeguati controlli nel tempo ed even-tuali ulteriori attività riabilitative che si rendesseronecessarie.

5. Sicurezza ed efficacia delle apparecchiature in riabilitazione

Nell’ambito della riabilitazione vengono utilizzatedifferenti tipologie di apparecchiature che eroganodiversi tipi di energia e alcuni aspetti correlati atali apparecchiature meritano di essere presi inconsiderazione per i riflessi che possono avere sul-l’efficacia della prestazione e la sicurezza dei pa-zienti, degli operatori e di terzi.In questo Capitolo si affronta pertanto, in primaistanza, il quadro normativo di riferimento, pas-sando successivamente all’analisi dei controlli ne-cessari, delle raccomandazioni per la gestione el’utilizzo delle apparecchiature, delle evidenzescientifiche di efficacia e, infine, della sicurezzadegli operatori.Concludono il Capitolo alcune Tavole che ana-lizzano nel dettaglio le diverse pratiche utilizzate:diatermia da contatto, elettroterapia, laserterapia,energia vibratoria e ultrasuoni.

frontare la complessità del paziente sulla base dellagestione del rischio, della formazione e degli in-dicatori e standard di prodotto.In questo Capitolo si analizza il Percorso Riabili-tativo Unico Integrato nei vari setting terapeuticidella rete riabilitativa, che si concretizza nel con-cetto di “presa in carico dell’utente” e nell’eroga-zione degli interventi secondo definiti programmiriabilitativi all’interno di uno specifico PercorsoRiabilitativo Individuale. A tale proposito si af-frontano nel dettaglio l’appropriatezza dei percorsinella rete riabilitativa, le figure professionali coin-volte e gli strumenti di lavoro.L’ultima parte del Capitolo è dedicata ai luoghidi cura e analizza la degenza, la riabilitazione in-tensiva, la riabilitazione intensiva ad alta specia-lizzazione, le Unità Spinali, le Unità Gravi Pato-logie Respiratorie, le Unità Gravi Patologie Car-diologiche, la riabilitazione estensiva, il territorio,la dimissione e l’ambulatorio.Conclude il Capitolo un’analisi delle strutture so-ciosanitarie che effettuano trattamenti riabilitativiin ambito territoriale, dell’importanza dell’accom-pagnamento della Persona al domicilio e del ruolodell’attività fisica.

4. Il modello organizzativo della rete in riabilitazione

La riabilitazione costituisce un settore di inter-vento per il quale è importante garantire una pia-nificazione delle attività finalizzate al recuperofunzionale dei pazienti in un sistema di serviziper la salute a diversi livelli e specificità che tengaconto della necessità di una visione organica e in-tegrata tra sistema sanitario e sociale.Lo svolgimento delle attività riabilitative deveessere pertanto costantemente aggiornato, al finedi garantire gli interventi sanitari appropriati,la continuità dei percorsi delle cure e la raziona-

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Sintesi dei contributi

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7. Il futuro della ricerca in riabilitazione

La ricerca in riabilitazione presenta delle peculia-rità che la differenziano dalle altre discipline: glioutcome della riabilitazione, per esempio, sonodi difficile misurazione in quanto volti a valutarei comportamenti e non un singolo parametro bio-logico. Pertanto, la ricerca in medicina riabilitativasi focalizza non solo sul danno d’organo, ma sulrecupero della disabilità e sulla partecipazione,ponendo la Persona al centro del suo agire.Negli ultimi anni, la ricerca in riabilitazione hainoltre compiuto grandi progressi, avvalendosi deicontributi metodologici dell’evidence-based medi-cine (EBM). Alla luce di queste premesse, questo Capitolo ri-chiama l’attenzione al fabbisogno di ricerca per lariabilitazione, focalizzandosi sui ricercatori, sulleinfrastrutture e sulla collaborazione delle diversediscipline, e affronta nel dettaglio le sfide della ri-cerca, i Centri di ricerca e le risorse, la pubblica-zione dei risultati, la ricerca e la validazione dioutcome in MFR, il ruolo dell’EBM e alcunedelle principali criticità delle attività di riabilita-zione e del loro impatto sulla ricerca (senso difragilità, problematiche internistiche, problema-tiche neurologiche, inserimento/reinserimento la-vorativo, robotica e realtà virtuale in riabilitazione– teleriabilitazione, terapia occupazionale).

8. Empowerment dei pazienti – il ruolo delle associazioni

In questo Capitolo si è voluto affrontare il temadell’empowerment dei pazienti e di quale ruolopossono avere in esso le associazioni.Per fare ciò, è stato innanzitutto affrontato il con-cetto di paziente come Persona e della sua centra-lità nel processo di empowerment, così come l’im-portanza della famiglia quale co-protagonista del

6. Interdisciplinarità in riabilitazione

Il senso attribuito al concetto di lavoro interdi-sciplinare e multiprofessionale fa solitamente ri-ferimento a competenze rilevanti per professio-nalità che devono/possono utilmente essere ap-plicate in ambiti trasversali, cooperando con pro-fessionalità diverse, per rispondere a problematichecomuni. Con il termine trasversale non s’intende congruoper tutti e in ogni contesto, bensì utile a tutti secontestualizzato e trasferibile.L’intervento riabilitativo è l’elemento evidente di“trasversalità” in ogni condizione clinica, pertantola realizzazione di tale intervento si deve integraresinergicamente con tutte e ognuna di queste con-dizioni cliniche, garantendo alla Persona in curail livello massimo di recupero compatibile conesse. Parimenti, la trasversalità definisce l’esigenzadell’ottimale integrazione delle competenze spe-cialistiche di riabilitazione con quelle cliniche ne-cessarie a garantire i diversi trattamenti utili allaPersona.Alla luce di queste importanti premesse, diventapertanto necessario individuare criteri unici chedefiniscano gli indicatori, gli strumenti e i settingpiù adeguati nel tempo, per una corretta attua-zione del PRI. Ed è per questo motivo che in questo Capitolo siaffrontano nel dettaglio: il grado di necessità e letipologie delle Persone da riabilitare (Persona adAlta Complessità, Persona con malattie cardiova-scolari, Persona con disturbi cognitivi, Personacon disabilità dello sviluppo, Persona con altera-zioni del metabolismo energetico, Persona conmalattia oncologica, Persona con malattie respi-ratorie, Persona ipovedente).Conclude il Capitolo un’analisi della riabilitazionein ambito urogenitale e geriatrico, in medicinainterna e medicina dello sport.

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del tema e, soprattutto, di una valorizzazione delruolo dell’empowerment e degli attori in gioco:Persone, famiglie, associazioni, medici e strutture.Conclude il Capitolo un’analisi dettagliata delleesperienze della Fondazione Serena Onlus – Cen-tro Clinico NeMo e della Consulta delle malattieneuromuscolari.

processo, in particolare nei percorsi di riabilita-zione in età evolutiva.La seconda parte del Capitolo è dedicata al ruolodelle associazioni – attori cruciali nel processo diempowerment – e al compito delle istituzioni, ri-leggendo in esso alcuni spunti di carattere nor-mativo nell’ottica di una migliore comprensione

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1. La riabilitazione: analisi della situazione in Italia

tassi di mortalità, all’invecchiamento della popo-lazione e alla sopravvivenza a malattie generatricidi disabilità.Tale intensa crescita, proprio nella sua multifor-mità e rapidità, ha costituito per tutti la confermadell’esigenza di fare un ulteriore passo verso il rag-giungimento di un modello di riferimento con-diviso.Tutto ciò ha posto stimoli nuovi per ridefinire al-cuni elementi di criticità che si sono evidenziati inquesti anni e che impongono di lavorare a nuovesoluzioni, immaginando maggiore flessibilità intutti gli strumenti e nei percorsi di intervento.Per poter avere un panorama aggiornato della si-tuazione riabilitativa in Italia, è stato elaborato einviato alle singole Direzioni Generali della Sanitàdi tutte le Regioni un questionario per rilevare lostato di applicazione delle Linee guida Ministerialiapprovate in Conferenza Stato-Regioni nel maggio1998 e i Livelli Essenziali di Assistenza Sanitaria(LEA) approvati con DPCM 29.11.2001. La rilevazione aveva come scopo la raccolta deicriteri organizzativi e dell’articolazione delle atti-vità riabilitative sul territorio nazionale, per unconfronto positivo con la normativa in atto e an-che per fare emergere le pratiche migliori e dif-fonderle per la crescita e il miglioramento dellariabilitazione stessa.

Con le Linee guida sulla riabilitazione del 1998si è tentato di porre ordine nel settore della riabi-litazione, attraverso la definizione di una strategiariabilitativa che provvedesse: • alla presa in carico del malato;• alla sua valutazione;• all’elaborazione di un progetto riabilitativo;• all’effettuazione di un preciso programma di

intervento.Tali Linee guida, se da una parte hanno rappre-sentato un documento di riferimento per quantoattiene ai principi guida e alla filosofia di fondodell’intervento riabilitativo, dall’altra necessitavanodi un ulteriore aggiornamento per quanto attieneall’individuazione e alla misura degli outcome eai criteri di appropriatezza dell’intervento.Tale aggiornamento è stato conseguito con la sti-pula dell’Accordo Stato-Regioni del 10 febbraio2011, con il quale è stato approvato il nuovoPiano di Indirizzo per la riabilitazione.Nell’elaborazione di tale documento e degli ulte-riori materiali messi disposizione delle Regionicon il presente Quaderno, si è partiti da una rico-gnizione di quanto nelle singole Regioni è statofatto nell’applicare le Linee guida del 1998.Le strutture e i servizi di riabilitazione si sonomoltiplicati in tutto il Paese, rispondendo ai cam-biamenti demografici dovuti alla diminuzione dei

n. 8, marzo-aprile 2011

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L’adesione è stata rapida e tutte le Regioni hannorisposto alla rilevazione fornendo una visione dellarealtà riabilitativa italiana, con la rilevazione siadegli sviluppi sia delle criticità emerse. Le Regioni hanno anche partecipato a una Gior-nata di lavoro a Roma, in cui è stato possibileconfrontare e discutere tutte le diverse esperienzee opzioni messe in campo (25 febbraio 2010, Mi-nistero della Salute, Via Ribotta 5).Dalla rilevazione delle diverse realtà regionali si èevidenziato che quasi tutte le Regioni hanno ge-stito i temi proposti dalle Linee guida del 1998inserendoli prevalentemente nei propri piani sa-nitari, ma in tempi differenti, tenendo ancheconto degli sviluppi generati dalla modifica deltitolo V della Costituzione. Non potendo registrare una reale comparazionedelle risposte nel corso dell’analisi dei dati, vistala loro disomogeneità, non si è proceduto a unreale confronto. Si può comunque evincere comele pur variegate situazioni tendano prevalente-mente a rispondere, in coerenza con le Lineeguida, alla primaria esigenza di ottimizzare qualitàe unitarietà dell’organizzazione delle risposte inun dato territorio.È mancato, tuttavia, uno sforzo comune di stan-dardizzazione tassonomica e ci si è trovati, peresempio, di fronte a una molteplicità di denomi-nazioni per strutture riabilitative eroganti ugualiattività, oppure a un’unica denominazione perstrutture che erogano attività riabilitative diverse. Allo stato attuale i trattamenti riabilitativi erogatisono quelli previsti dal vigente DPCM di defini-zione dei LEA, con le modalità previste per tutte leprestazioni sanitarie dalle disposizioni regionali at-tuative dell’art. 8, comma 5 del Decreto Legislativo502/92 e successive modificazioni e integrazioni.La Figura 1.1 riporta il tempo di recepimentodelle Linee guida 1998 da parte delle Regioni.I trattamenti sono risultati erogati nelle fasi di:

• riabilitazione intensiva (Figura 1.2),• riabilitazione intensiva ad alta specializzazione

(Figura 1.3),• riabilitazione estensiva (Figura 1.4),e in regime di:• assistenza ospedaliera in ricovero ordinario o

diurno (day-hospital),• day-service,• assistenza extraospedaliera a carattere residen-

Figura 1.1 Tempo di recepimento delle Linee guida 1998da parte delle Regioni.

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Figura 1.2 Presenza di Unità Operative di RiabilitazioneIntensiva nelle Regioni.

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Strutture ospedaliere pubblicheStrutture ospedaliere accreditateIRCCS

Strutture extraospedaliere pubbliche ex art. 26Strutture extraospedaliere accreditateAltra tipologia

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La riabilitazione: analisi della situazione in Italia 1

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ziale a ciclo continuativo, semiresidenziale odiurno,

• assistenza ambulatoriale,• assistenza domiciliare.La riabilitazione intensiva è stata sviluppata intutte le Regioni (esclusa la Valle d’Aosta) sia comedegenza ordinaria (DO) sia come day-hospital(DH) (a esclusione del Friuli Venezia Giulia edella Sardegna).

Inoltre, alcune Regioni hanno realizzato strutturead alta specializzazione riabilitativa, così comeprevisto dalle Linee guida 1998 inerenti le UnitàSpinali, le Unità Gravi Cerebrolesioni, le UnitàGravi Disabilità Età Evolutiva e le Unità Riabili-tazione Turbe Neuropsicologiche Acquisite.Va comunque segnalato che le normative sull’ac-creditamento, pur riferendosi a un medesimoprovvedimento legislativo nazionale, non sonostate in grado, nelle diverse attuazioni regionali,di promuovere un’indispensabile omogeneizza-zione delle risposte assistenziali e dei percorsi inriabilitazione. Ciò comporta che i volumi di attività e la distri-buzione dei servizi siano molto sbilanciati fra lediverse Regioni e, talvolta, tra aree diverse dellamedesima Regione. Inoltre, la continuità assistenziale è perseguita,ma non sempre ottenuta, attraverso la concate-nazione di diversi interventi singoli, senza realiz-zare una completa e precoce presa in carico globaledella Persona. Un limite è rappresentato dai regimi di rendicon-tazione e tariffazione differenti, che non sono fon-dati sul reale utilizzo delle risorse assegnate, masu DRG basati solo su codici di malattia e non didisabilità o complessità. Nonostante queste limitazioni, dalla rilevazionedelle diversità regionali emerge una certa omoge-neità culturale che identifica nel progetto riabili-tativo individuale il punto di partenza per i per-corsi dedicati e il dipartimento riabilitativo comeil modello organizzativo che unifica le diverse mo-dalità erogative dell’intervento riabilitativo.Tutte le Regioni hanno affrontato la fase intensivain regime di degenza ordinaria con l’attivazionedi strutture dedicate, mentre nella strutturazionedella riabilitazione estensiva gli interventi riabili-tativi sono stati spesso articolati in maniera so-vrapposta a quelli di mantenimento, collegando

Figura 1.3 Presenza di Unità Operative di RiabilitazioneIntensiva ad alta specializzazione nelle Re-gioni.

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Unità SpinaliUnità Gravi Cerebrolesioni Unità Gravi Disabilità Età EvolutivaUnità Riabilitazione Turbe Neuropsicologiche Acquisite

Figura 1.4 Presenza di Unità Operative di RiabilitazioneEstensiva nelle Regioni.

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Lungodegenza ospedaliera con SDOAltra tipologia di Lungodegenza con SDOOspedali di comunità senza SDO

Strutture extraospedalierePresidi specialistici ambulatorialiAltra tipologiaDomicilio

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liera e in sede extraospedaliera, rispettivamente.Dalla Figura 1.7 si evince la presenza o meno dimodello organizzativo dipartimentale nelle varieRegioni.Si rende pertanto necessaria un’ulteriore defini-zione dei vari setting riabilitativi, definendo i cri-teri e i requisiti che ne stabiliscano l’appropriatezzad’uso in base alle risorse a disposizione e in taleprospettiva alcune Regioni hanno anche determi-nato percorsi riabilitativi specifici per diverse pa-tologie. Un elemento importante per migliorare l’outcomefunzionale della Persona con disabilità è costituitodalla prescrizione, scelta e addestramento, all’internodel progetto riabilitativo individuale, degli ausili,protesi e ortesi, individuati nell’ambito del nomen-clatore tariffario, del relativo collaudo e della verificasull’efficacia/efficienza del servizio di fornitura; tuttele Regioni hanno erogato il servizio di prescrizionie addestramento degli ausili, protesi e ortesi all’in-terno del progetto riabilitativo individuale. Nell’ottica della presa in carico globale del pa-ziente, la maggioranza delle Regioni ha inoltreprovveduto a un’assistenza alle strutture scolasti-che, a una qualificazione/riqualificazione profes-sionale e allo sviluppo dei servizi sociali per la fa-miglia, al fine di consentire una partecipazionesociale della Persona con disabilità, attuandoquanto previsto dalla normativa vigente.È quindi osservazione comune, sempre più evi-dente, che la medicina riabilitativa e gli interventispecifici richiedano cultura, strumenti, metodo-logie, organizzazione e modalità di remunerazionespecifiche non mutuabili da quelle in fase acuta.In questa prospettiva, l’approccio globale alla ge-stione dei servizi sanitari, incentrati alla Personacon disabilità, garantito dal “governo clinico” at-traverso la responsabilizzazione dei diversi profes-sionisti, costituisce un tema determinante nellosviluppo ulteriore di queste attività.

Figura 1.5 Modalità di accesso al percorso riabilitativoin sede ospedaliera.

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0Richiesta

reparti acutiVisita

specialistica

N. R

egio

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Progettoriabilitativo

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Figura 1.6 Modalità di accesso al percorso riabilitativoin sede extraospedaliera.

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3

0Presidi

ospedalieriVisita

specialistica

N. R

egio

ni

Progettoriabilitativo

Altreprocedure

20

1715

2

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12

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Figura 1.7 Presenza di modello organizzativo diparti-mentale nelle varie Regioni.

21

15

3

0Sì

N. R

egio

ni

No

9

12

18

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9

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tali attività con gli interventi di inclusione so-ciale.Nelle Figure 1.5 e 1.6 sono riportate le modalitàdi accesso al percorso riabilitativo in sede ospeda-

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2. Il modello bio-psico-sociale di salute

delle patologie o della menomazione. Un punto dievidente debolezza era rilevato dalla crescente cul-tura riabilitativa italiana rispetto all’impianto dellaClassificazione internazionale ICIDH (Classifica-tion of Impairments, Disabilities and Handicaps) al-lora accettata, che descriveva come un processo li-neare e statico il percorso “patologia-menomazione-disabilità-handicap”: la complessità della Personanei suoi aspetti soggettivi, relazionali e motivazionaliveniva di conseguenza troppo spesso ridotta a pro-cessi bio-funzionali quasi deterministici, era enor-memente marginalizzato il valore (positivo/nega-tivo) del contesto non solo fisico in cui le condizionidi salute si estrinsecano.Tale problematica è stata definitivamente e posi-tivamente risolta dall’introduzione nel 2001, daparte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità,della Classificazione Internazionale del Funzio-namento, Disabilità e Salute (International Clas-sification of Functioning, Disability and Health,ICF) che impone una metodologia di analisi edefinizione della Persona con disabilità atta a co-struire un profilo di funzionamento basato sul mo-dello bio-psico-sociale. Tutti gli interventi da alloraproposti si fondano su un consolidato convinci-mento culturale (affermatosi nel nostro Paese conla ratifica della Convenzione delle Nazione Unitesui diritti delle Persone con disabilità, Legge n.

Molteplici direttrici di sviluppo del sistema di wel-fare del nostro Paese pongono oggi, come criteriochiave per l’intervento sulla Persona con disabilità,la certezza dei diritti e l’universalismo nell’accessoa benefici e servizi. Alla Persona con disabilità deveessere garantito un modello di accesso al sistema diwelfare chiaro e definito, indipendentemente dal-l’età e dalla causa che ha generato la condizione didisabilità, nonché una modalità di piena parteci-pazione alla valutazione e alla definizione del pro-getto individualizzato. Nei decenni trascorsi il no-stro Paese ha sviluppato una forte evoluzione inquesta direzione, facendo tesoro di un confrontoculturale molto intenso sui temi dei diritti alla Sa-lute, ma anche contemporaneamente sui temi del-l’organizzazione sociosanitaria. La Riforma Sanitariae prima ancora la Riforma Ospedaliera hanno in-dicato l’orientamento da seguire e alcuni primi ele-menti operativi di rilievo, che hanno consentito lacrescita di molte esperienze importanti di Centri eservizi di riabilitazione in varie parti d’Italia. Unodei temi più critici risiedeva nell’esigenza di com-prendere come realizzare un’efficace integrazionecon le altre attività della Sanità e del Sociale perdare unitarietà agli interventi in campo riabilitativo.Già la Legge 104/1992 proponeva un modello diaccertamento attivo delle abilità presenti nella Per-sona con disabilità, e non soltanto la valutazione

n. 8, marzo-aprile 2011

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18 del 3 marzo 2009) che pone al centro del si-stema il cittadino con disabilità e la sua famiglia,nella loro interazione con l’ambiente sociale e leistituzioni e che conseguentemente orienta tuttele attività rispetto a tale priorità e ne verifica i ri-sultati solo su questa base. Strumenti già elaboratie accettati nel nostro Paese come il Percorso Assi-stenziale Integrato costruito tramite la ValutazioneMultidimensionale sanitaria e sociale della Personasono confermati in questo rinnovato contestoscientifico-culturale come elementi essenziali perconcretizzare questa impostazione.Il Percorso Assistenziale Integrato analizza, integrae rende sinergiche le diverse componenti sanitariee non sanitarie, di ogni intervento assistenziale equindi anche in campo riabilitativo: nello specificoambito medico-sanitario viene confermato comela metodologia del Progetto Riabilitativo Indivi-duale (PRI) applichi compiutamente la prassi mul-tidimensionale e multiprofessionale indispensabileper abbracciare i molteplici parametri della com-plessità della Persona presa in cura.

Scopi della riabilitazione sanitaria

In questo quadro la finalità dell’intervento riabi-litativo è “guadagnare salute”, in un’ottica che vedela Persona con disabilità e limitazione della parte-cipazione non più come “malato”, ma come “Per-sona avente diritti” (Conferenza di Madrid del2002, Anno Europeo della Persona con Disabi-lità). La finalità in sintesi è quindi un reale empower-ment della Persona, realizzando e indirizzandotutti gli interventi sanitari atti a far raggiungerealla Persona il più alto livello possibile di funzio-namento e partecipazione, in relazione alla volontàdella Persona stessa e al contesto.Il PRI configura tutto ciò, definendo fasi, obiettivi,tempi e modalità di intervento.

L’ICF diviene il linguaggio unificante per cono-scere la complessità delle condizioni di salute ecostruire un profilo del funzionamento che ne èla base. I suoi tre elementi fondamentali (strutturee attività corporee, funzionamento, abilità e par-tecipazione) danno la possibilità di sintetizzare gliaspetti bio-patologici con quelli individuali, rela-zionali e ambientali. Ciò conferisce all’ICF la ca-pacità di guidare la valutazione multidimensionaledella Persona e la definizione individuale deglioutcome da raggiungere tramite il Progetto Ria-bilitativo e i suoi interventi.Si tratta di un sistema nel quale gli interventi(Programmi) centrati sui diversi problemi (valu-tazione e trattamento di sintomi o patologie, ri-costruzione/riapprendimento di funzioni o capa-cità, modifiche dell’atteggiamento soggettivo,dell’ambiente o del contesto anche tramite ausiliecc.) generano specifici out-put, step e contem-poraneamente indicatori delle diverse fasi e settori;indicatori atti alla valutazione di risultato e con-temporaneamente alle eventuali modifiche (anchein progress) del processo stesso.

Strategia dell’intervento riabilitativo e definizione del progetto di riabilitazione

Le Linee guida nazionali 1998 (anche se all’epocacorrelate a ICIDH) hanno contribuito allo svi-luppo culturale, scientifico e operativo che la ria-bilitazione ha compiuto negli ultimi anni. TaliLinee guida necessitano di una rilettura per essereaggiornate e inserite oggi in un contesto diverso epiù avanzato, fondato sull’ICF, che da un latocomprende un più ampio scenario di insieme ri-spetto ad attività e problematiche riabilitative, madall’altro lato deve ricevere anche indicazioni or-ganizzative e gestionali più concrete e maggior-mente correlate alle indicazioni ed esperienze in-ternazionali.

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Un punto di partenza essenziale per questa evo-luzione può risiedere in una ridefinizione del PRI:il piano delle cure indica con le modalità dellavalutazione multidimensionale e della continuitàdi cura gli interventi, i tempi e gli obiettivi daconseguire sulla base di specifiche caratteristichedell’assistito relativamente alle condizioni di salute,abilità residue e recuperabili, bisogni, preferenze,situazione familiare e fattori ambientali e perso-nali. Il PRI è basato sui dati dell’evidenza scientifica,in relazione ai dati personali, clinici e relazionalidel paziente con riguardo anche alla condizionefamiliare, lavorativa ed economica.Applicando i parametri di menomazione, attivitàe partecipazione sociale elencati nell’ICF, il PRIdefinisce la prognosi, le aspettative e le prioritàdel paziente e dei suoi familiari. Viene definito econdiviso con il paziente, con la famiglia e i care-giver in ogni fase. Definisce le caratteristiche dicongruità e appropriatezza dei diversi interventi,nonché la conclusione della presa in cura sanitariain relazione agli esiti raggiunti.Il PRI è unico per ciascuna Persona bisognosa diintervento riabilitativo, è definito dal medico spe-cialista in riabilitazione1 responsabile del primoaccesso al trattamento riabilitativo d’intesa contutti gli operatori coinvolti e con i responsabilidelle strutture e setting da inserire nel percorso dicure. Le figure professionali coinvolte devono ope-rare unitariamente tramite linguaggio, disponibi-lità culturale-operativa e obiettivi comuni.Per l’ottimale conseguimento degli obiettivi pro-grammati il PRI deve essere rivisto nel tempo,

sino al termine del trattamento e in relazione alvariare delle condizioni e dei risultati conseguiti:la responsabilità clinica transita ai diversi respon-sabili delle strutture riabilitative in successionetemporale nella filiera degli interventi.In ciascuna delle fasi del percorso il medico re-sponsabile garantisce anche attraverso il coinvol-gimento degli altri professionisti del team un flussocostante di informazioni al paziente, alla famiglia,ai caregiver e al medico di medicina generale. Nel PRI si definiscono le aree di intervento spe-cifico, gli obiettivi a breve termine, le modalità dierogazione, gli operatori coinvolti e la verificadegli interventi. Tutto questo costituisce i Pro-grammi Riabilitativi nei quali vengono specificati: • modalità di presa in carico, da parte di una

determinata struttura o operatore, nel rispettodelle competenze professionali e dei criteridell’accreditamento;

• obiettivi a breve e medio termine da raggiun-gere;

• modalità e tempi di erogazione delle singoleprestazioni previste;

• misure di esito atteso appropriate per la valu-tazione degli interventi;

• tempi di verifica e conclusione dell’attività. Altro cardine di questo sistema, già presente nelleLinee guida del 1998, ma che, per garantire ap-propriatezza, congruità e sostenibilità da ogni puntodi vista, deve assumere una rilevanza molto mag-giore, è il Progetto Riabilitativo di Struttura, in cuiciascuna struttura (reparto, setting, centro, ambu-latorio ecc.) definisce “ex ante” le proprie caratteri-stiche, tipologie di offerta, potenzialità e vocazioni

Il modello bio-psico-sociale di salute 2

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1 Medico specialista in riabilitazione: si intende un medico con specializzazione in medicina fisica e riabilitativa ed equipollenti,ovvero un medico in possesso di specialità in discipline affini per le quali ha ottenuto, nel rispetto delle normative concorsuali,l’accesso professionale alla medicina fisica e riabilitazione, ovvero un medico chirurgo in possesso di specialità in altre disciplineche, come da normativa concorsuale, ha anzianità di servizio in strutture dedicate ad attività riabilitative individuate daquesto documento.

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fasi di acuzie, tanto più valido può essere il risul-tato raggiungibile in termini di recupero e di pre-venzione di ulteriori danni (secondari e terziari).La presa in carico è la modalità di concretizzazionedella necessaria continuità di cura del ProgettoRiabilitativo, della metodologia di relazione tera-peutica che sostanzia la riabilitazione e che superail tradizionale schema “prescrittivo”. In riabilita-zione gli interventi non sono mai rivolti esclusi-vamente all’organo (o al sintomo, apparato, di-sturbo ecc.), ma vengono trattati in relazione com-plessiva con la Persona e tutto il suo potenziale.Per raggiungere questo scopo l’intervento devecorrelarsi alla Persona, ma anche all’ambiente:agire sull’educazione delle Persone e della comu-nità, che interagiscono, anche tramite l’utilizzodi ausili tecnici, per il pieno sviluppo delle po-tenzialità della Persona e delle normative a tuteladei suoi diritti. Il PRI comprende tutte questeazioni, quando proprie del campo sanitario, maha la capacità di collegarsi anche con altre azionisinergiche che attengono al campo socioassisten-ziale e alle attività comunitarie. La presa in caricosignifica anche tutto ciò e conferma nei fatti lacentralità della Persona e di ogni sua scelta e po-tenzialità nel percorso di recupero. Questo in un’ottica che vede la Persona con disa-bilità e limitazione della partecipazione non piùcome “malato”, ma come “Persona avente diritti”(Conferenza di Madrid del 2002, Anno Europeodella Persona con Disabilità).Tali principi strategici e di modalità di lavoro pro-pri della riabilitazione rendono evidente la neces-sità dei seguenti strumenti organizzativi, che de-vono essere fatti propri nella programmazione sa-nitaria per andare a costituire lo scheletro fonda-mentale della rete delle attività di riabilitazionein maniera omogenea a livello nazionale.L’insieme formale dei professionisti che costitui-scono il team e che devono intervenire con le pro-

operative, esperienza e risultati conseguiti, dotazioneorganica con le figure professionali e le specifichecompetenze, procedure di ammissione/dimissionee di relazione con altre strutture. Ciò crea le condi-zioni per una trasparente evidenza delle diversestrutture e prestazioni offerte ai cittadini, tale darendere realmente omogeneo e funzionale il flussotrasparente dei dati (clinici ed economici) favorendola realizzazione di un’allocazione appropriata deipazienti al fine di ottenere un utilizzo più congruodi tutte le risorse disponibili nella filiera. Tale situazione organizzativa deve riconoscersinelle procedure di accreditamento da implemen-tare (per le caratteristiche delle strutture e delleprestazioni) in tutto il settore della riabilitazioneintegrando al meglio pubblico e privato.Nell’ottica della continuità assistenziale deve essereevitata sia la frammentazione degli interventi sa-nitari (tramite una modalità di lavoro in Rete trastrutture e setting diversi), sia la frammentazionetemporale delle fasi degli interventi riabilitativisanitari. Appare dunque estremamente rilevanteil valore dell’immediatezza della presa in caricoriabilitativa globale del soggetto, ed è altrettantoessenziale prevenire la discontinuità tra interventisanitari e socioassistenziali integrati e sinergici.Interventi a valenza sociale possono essere effet-tuati fin dalle prime fasi, per poi svilupparsi inmisura progressivamente maggiore nelle fasi suc-cessive.

“La presa in carico”

In campo riabilitativo, la presa in carico, in un’ot-tica della promozione della tutela e del benesseredella Persona, coincide con il diritto dell’individuodi ricevere una valutazione diagnostico-progno-stica e, quando indicato, ogni trattamento riabi-litativo appropriato. Le evidenze della letteraturadimostrano che tanto più è tempestiva fin nelle

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2Il modello bio-psico-sociale di salute

sia la programmazione e la gestione delle rispostealle esigenze della popolazione che insiste in quelterritorio, nel pieno rispetto dei criteri di accessi-bilità, sostenibilità ed efficienza, sia la raccolta deidati sulle attività riabilitative, la promozione del-l’educazione e la formazione continua del personalecoinvolto, nonché l’innovazione e la verifica scien-tifica delle metodologie e dei risultati sulla basedella medicina basata sull’evidenza (evidence-basedmedicine, EBM). Naturalmente ciascuna di queste indicazioni ne-cessita e prevede un’ampia revisione della forma-zione tradizionale di tutti gli operatori della ria-bilitazione, che devono sviluppare competenzespecificamente idonee a mettere in pratica com-portamenti e modalità di lavoro che ponganosempre, da un lato, la centralità della Persona incura e, dall’altro, l’interdisciplinarietà e multipro-fessionalità come determinanti in ogni azione eintervento.In tale modo viene tracciato il percorso di colle-gamento funzionale fra i diversi attori del sistema,individuando ruoli e responsabilità specifiche.L’utilizzo dell’ICF come linguaggio comune a tuttigli operatori della rete diventa strumento essenzialenel tracciare il percorso riabilitativo individualee, anche in questa prospettiva, il sistema dei serviziè chiamato a riconoscere la dimensione soggettivadel benessere e a favorire il coinvolgimento attivodella Persona e della sua famiglia nel processo dicostruzione della risposta del bisogno.

prie competenze nella definizione e attuazionedegli interventi del PRI deve condividere basi cul-turali e scientifiche, linguaggio, metodologie dilavoro e finalità basate sulla presa in cura globaledella Persona e in relazione alle indicazioni del-l’ICF. Il team si costituisce in relazione ai bisognidi ciascuna Persona presa in carico, coinvolgendole figure professionali dell’area riabilitativa e am-pliandosi (relativamente a tale presa in carico e inrapporto alla mission e alle condizioni di accredi-tamento delle diverse strutture) a professionistidelle aree infermieristiche, tecniche, psicologichee delle attività sociali. Ciascun membro del teamè responsabile dei propri interventi definiti neglispecifici Programmi Riabilitativi, che nel loro in-sieme compongono il Progetto Individuale.Si rende necessario, al fine della presa in carico neltempo, strutturare un’articolazione organizzativache, secondo metodo e principi del Governo Cli-nico, garantisca le strutture e le attività riabilitativeaccreditate in un territorio: dalle strutture ospe-daliere a quelle territoriali, ambulatoriali e resi-denziali. Tale funzione può essere assolta dal Di-partimento che garantisce il percorso appropriatodei soggetti presi in carico nelle diverse fasi di cura,nelle diverse strutture e nei diversi setting, garan-tendo la piena rispondenza tra bisogni, potenzialitàriabilitative e interventi e mirando al più rapido ecompleto reinserimento nel contesto individuale,familiare, ambientale e sociale. Tra i compiti che ilDipartimento può assolvere si possono identificare

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3. La riabilitazione nel continuumassistenziale: Governo Clinico, PercorsoRiabilitativo Unico, luoghi di cura

tecnica. Dobbiamo domandarci se i soggetti in-caricati di fare le cose sono i soggetti a ciò formati,con le competenze/esperienze specifiche, comestiamo facendo le cose che dobbiamo fare, comescegliamo le cose che dobbiamo fare, se i pazientivengono trattati troppo o troppo poco. Per assicurare la qualità e la sicurezza delle presta-zioni, i migliori risultati possibili in salute e inqualità della vita ai cittadini e l’uso efficiente dellerisorse, vengono impiegati metodologie e stru-menti quali le Linee guida e profili di assistenzabasati su prove di efficacia, gestione del rischioclinico, sistemi informativi costruiti a partire dallacartella clinica integrata (informatizzata), valoriz-zazione del personale e relativa formazione, inte-grazione disciplinare e multiprofessionale, valu-tazione sistematica delle performance del processo(output) per introdurre innovazioni appropriatee il coinvolgimento di tutti i soggetti compresi ivolontari e la comunità.

Impiego appropriato delle risorse

L’evidenza di una notevole variabilità di erogazionedi prestazioni sanitarie e l’avvento della medicinabasata sulle evidenze (evidence-based medicine,EBM) hanno portato all’introduzione delle Lineeguida come strumento di razionalizzazione del

Governo Clinico

Il Governo Clinico integrato è un approccio globalealla gestione dei servizi sanitari che pone al centro ibisogni delle Persone. Quindi, la programmazionee la gestione dei servizi sono imperniate sulle sceltecliniche, valorizzando così il ruolo e la responsabilitàdei medici e degli altri professionisti sanitari. Per-tanto, lo si può considerare un sistema reticolare epluri-professionale di indirizzo e governo delle atti-vità tecnico-sanitarie, finalizzato all’efficacia/effi-cienza e sicurezza delle prestazioni nell’ambito dellerisorse definite. Tutto ciò è in riferimento alla valu-tazione clinica dello stato di salute del soggetto, deisuoi bisogni e delle potenzialità di interventi sanitariper la modifica positiva di questo stato di salute:questi aspetti non fanno parte della Governance, mane sono elemento determinante. Altro elementodeterminante sono le risorse disponibili (in terminidi strutture, personale, attrezzature, collegamenti edisponibilità finanziarie) per sostenere e implemen-tare questo insieme. Le seguenti definizioni possonoessere utili nella comprensione di questo sistema.

Qualità tecnica

Fare la cosa giusta al momento giusto, nel postogiusto, rappresenta la sintesi del concetto di qualità

n. 8, marzo-aprile 2011

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comportamento clinico-organizzativo per gover-nare la domanda e orientare la pianificazione sa-nitaria. Inoltre, la stesura dei criteri di appropria-tezza può permettere l’individuazione delle criticitàorganizzative e la creazione degli indicatori suiquali costruire gli standard di prodotto ed effettuarele attività di audit. L’impiego corretto delle risorseimpone una definizione chiara e precisa dei criteridi accesso alle prestazioni di riabilitazione, al finedi recuperare ritardi culturali e organizzativi attra-verso una maggiore appropriatezza: • il percorso di presa in carico deve essere attivato

per tutte le Persone che ne hanno reale necessità(criteri di “accessibilità” e “copertura della rete”);

• gli interventi devono essere effettuati in tempiadeguati in rapporto al tipo di bisogno e nelrispetto dei tempi d’intervento in funzione dellefasi biologiche del recupero e delle necessitàsocioambientali (criterio di “tempestività”);

• occorre garantire una coerente successione eintegrazione dei diversi interventi e tipologiedi setting in funzione delle fasi del processomorboso, delle condizioni cliniche della Per-sona, delle situazioni familiari e ambientali(criterio di “continuità”);

• è necessario dare priorità alla presa in caricodi menomazioni e disabilità più significative emodificabili con l’intervento riabilitativo (cri-terio di “appropriatezza”);

• ogni intervento deve essere guidato da un pro-gramma riabilitativo inserito in un ProgettoRiabilitativo Individuale (PRI) e conseguen-temente orientato al raggiungimento di obiet-tivi ben definiti e misurabili (criterio della“presa in carico omnicomprensiva” e della “ve-rificabilità dell’efficacia degli interventi”);

• devono essere effettuati interventi di validitàriconosciuta e condivisa e con finalità causalipiù che sintomatiche (criterio di “efficacia” edell’“EBM”);

• è necessario improntare l’organizzazione dei ser-vizi eroganti nel senso della presa in carico delleproblematiche dell’utenza e non della mera ero-gazione di prestazioni (criterio dell’“appropria-tezza erogativa”);

• deve essere facilitata la partecipazione attiva econsapevole al percorso di cura al paziente ealla sua famiglia, se necessario, da perseguirecon azioni di educazione, supporto, formazionee informazione durante tutto il periodo dellapresa in carico riabilitativa (criterio del “coin-volgimento attivo dell’utente”);

• deve essere privilegiato un approccio educativoal paziente finalizzato a consegnare allo stessostrumenti conoscitivi e operativi per una cor-retta autogestione delle proprie problematichein un’ottica di desanitarizzazione (criterio del“coinvolgimento attivo dell’utente”);

• deve essere realizzato un sistema indipendente,imparziale e obiettivo di valutazione dell’effi-cacia e dell’efficienza delle singole prese in ca-rico (criteri di “valutazione efficacia” e “valu-tazione efficienza”).

Inoltre, è necessario affrontare la complessità delpaziente per ottimizzare le risorse disponibili inrelazione ai bisogni espressi sulla base dei seguentitre principi generali.1. Gestione del rischio. Tutte le attività sanitariepresentano un’elevata probabilità di incidenti e dierrori dei casi trattati e la gestione del rischio èl’insieme delle azioni tese a ridurre gli eventi dan-nosi che possono prodursi nel corso dei processisanitari, monitorando in modo sistematico glieventi, analizzandone i motivi e le cause e adot-tando i cambiamenti organizzativi e professionaliidonei a prevenirli. La formazione continua, laraccolta dei dati di processo e di risultato, l’audit,l’adozione e la verifica continua delle procedurecondivise sono gli strumenti per la costante verificadell’attività sanitaria. Un elemento che deve essere

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posto al centro delle azioni di miglioramento èquello della comunicazione. È necessario che a li-vello di organizzazione sia disponibile un pianoglobale di comunicazione interna ed esterna, faci-litato dall’informatizzazione, con processi di co-municazione reciproca attivi fra la direzione e ilpersonale che presta il servizio. La trasparenza nel-l’utilizzo delle informazioni è un segnale di ac-countability, prevedendo che vengano prodotte re-golarmente e distribuite in maniera sistematica in-formazioni sulla qualità, sulla sicurezza, sull’attività,sulle finanze e sull’esperienza dei pazienti. Questeinformazioni devono essere utilizzate regolarmentedai dirigenti, amministratori, clinici e altri profes-sionisti sanitari, per rivedere l’andamento e la prassie devono essere usate sistematicamente da tutto ilpersonale a livello aziendale, dipartimentale e disquadra, per migliorare i servizi.2. Formazione. È necessario sviluppare un pianodi formazione che preveda lo sviluppo professio-nale costante e di valutazione, per dare sostegno atutti i professionisti sanitari per il loro sviluppopermanente e l’aggiornamento delle loro cono-scenze e competenze. Tutto il personale deve avereaccesso a formazione e sviluppo adeguati per sod-disfare le esigenze di sviluppo e gli obiettivi del-l’organizzazione, tramite un processo che garan-tisca che tutta la formazione annuale obbligatoriao prevista per legge venga acquisita dai singolifino al livello necessario richiesto.3. Indicatori e standard di prodotto. L’indivi-duazione dei comportamenti appropriati consentedi identificare gli indicatori con una certa sem-plicità. La realizzazione di un sistema di monito-raggio periodico di questi indicatori deve permet-tere di garantire il controllo del processo assisten-ziale e di individuare gli aspetti critici che richie-dono un intervento migliorativo. Gli indicatorisono derivanti, da un lato, dai concetti di qualitàe appropriatezza scientifica e, dall’altro lato, dalle

dimensioni delle risorse: possono essere indicatoridi processo (es. i tempi di attesa per accedere allediverse prestazioni, il numero dei soggetti presiin cura, la coerenza con il flusso di richieste “amonte” e di epidemiologia nella popolazione diriferimento ecc.), indicatori di risultato (es. la coe-renza o meno dei risultati con gli obiettivi delPRI, gli effetti sui determinanti di salute e sui bi-sogni della comunità e delle popolazioni a rischioparticolare di disabilità e limitazione della parte-cipazione ecc.), indicatori di congruità di investi-mento (es. la relazione tra prestazioni e numerositàe tipologia del personale – apparecchiature, settingecc. utilizzati e disponibili –, la relazione tra sele-zione di nuovo personale – o nuove tecnologie –,gli interventi di formazione continua e la concretaattività richiesta e svolta).

Al fine di promuovere le capacità di analisi e mo-nitoraggio dell’efficacia e dell’appropriatezza daparte dei professionisti, quali elementi centralidella qualità dell’assistenza (che rappresentano ilcuore del Governo Clinico), è necessario che lestrutture erogatrici abbiano:• una strategia sistematica di gestione del rischio

clinico utilizzata da tutto il personale per ridurreil rischio e migliorare la sicurezza del paziente;

• un piano annuale di verifica clinica multidisci-plinare concordato aziendalmente e che com-prenda tutte le specializzazioni;

• un efficace processo di distribuzione di Lineeguida fondate sull’evidenza e sui risultati dellericerche: inoltre viene sistematicamente adot-tata una prassi fondata sull’evidenza, tenendoconto anche delle raccomandazioni validate inambito di Consensus Conference ;

• un efficace orientamento aziendale per le de-nunce dei pazienti e degli utenti del servizio;

• una strategia aziendale per il riesame dell’an-damento individuale e l’andamento di squadra

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3La riabilitazione nel continuum assistenziale: Governo Clinico, Percorso Riabilitativo Unico, luoghi di cura

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Questo principio si concretizza nel concetto di“presa in carico dell’utente” e nell’erogazione degliinterventi secondo definiti programmi riabilitativiall’interno di uno specifico PRI, applicando il con-cetto di appropriatezza prescrittiva ed erogativa. Il processo decisionale del medico specialista inriabilitazione (responsabile clinico del paziente)nella determinazione del PRI deve tenere contodella prognosi funzionale e del margine di modi-ficabilità del quadro di disabilità, del grado di sta-bilità clinica del paziente e della sua possibile par-tecipazione al programma. Il medico responsabile garantisce, anche attraversoil coinvolgimento dei professionisti appartenential team, un flusso costante di informazioni al pa-ziente, alla famiglia, ai caregiver e al medico dimedicina generale (MMG), tutti coinvolti nelleattività del PRI. In particolare, il MMG o il pe-diatra di libera scelta (PLS) partecipa alla defini-zione degli outcome integrandosi con il PRI at-traverso interventi e prestazioni di propria com-petenza anche finalizzati all’ottimale inserimentodella Persona nel contesto sociosanitario.Nel progetto riabilitativo si definiscono le aree diintervento specifico, gli obiettivi, i professionisticoinvolti, i setting, le metodologie e le metodicheriabilitative, i tempi di realizzazione e la verificadegli interventi che costituiscono i programmiriabilitativi, i quali specificano:• modalità di presa in carico da parte di una de-

terminata struttura o professionista nel rispettodei criteri dell’accreditamento;

• obiettivi da raggiungere a breve e medio ter-mine;

• modalità e tempi di erogazione delle singoleprestazioni previste;

• misure di esito atteso appropriate per la valu-tazione degli interventi;

• tempi di verifica e conclusione.Altro cardine di questo sistema è il Progetto Ria-

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e pertanto tutto il personale partecipa a unavalutazione annuale del proprio rendimento.

Quindi si possono distinguere:• obiettivi di miglioramento della qualità;• obiettivi di formazione di percorsi riabilitativi

con performance di risultato.Al fine di promuovere il miglioramento della qua-lità nell’ambito della riabilitazione devono esserepreviste le seguenti azioni:• definizione di un Piano nazionale triennale

per la promozione della qualità e del GovernoClinico in riabilitazione e individuazione dialcune azioni specifiche da sviluppare, almenotre per anno, nei seguenti ambiti prioritari:- formazione e aggiornamento del personale,

con almeno un evento informativo e forma-tivo per anno, a livello nazionale, regionalee aziendale,

- audit clinico,- EBM ed EBN (evidente-based nursing),- raccomandazioni da Consensus Conference,- gestione dei reclami;

• sicurezza delle cure e gestione del rischio clinicoin riabilitazione:- attivazione di un sistema di raccolta dati su

eventi avversi e near miss in ambito ospeda-liero ed extraospedaliero, con analisi deglieventi,

- produzione di un rapporto annuale,- elaborazione di raccomandazioni per la pre-

venzione di eventi avversi,- produzione di una mappatura dei percorsi

riabilitativi.

Percorso Riabilitativo Unico

Alla Persona con disabilità ricoverata in acuziedeve essere proposto un Percorso RiabilitativoUnico Integrato nei vari setting terapeutici dellarete riabilitativa.

Ministero della Salute

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mento costante all’interno dell’organizzazione, deiDipartimenti e delle squadre.Nell’ambito delle scelte effettuate e da effettuarsi,ogni Regione potrà stabilire la tipologia organiz-zativo-gestionale del Dipartimento che garantiscala continuità fra ospedale e territorio. Nei singoliambiti territoriali, l’impegno organizzativo prio-ritario del Dipartimento di riabilitazione è: • costruire progetti di struttura, di processo/per-

corso riabilitativo ordinati per dimensione eper gravità del bisogno di salute al quale ri-spondono;

• costruire interfacce tra i vari attori del sistemadella rete di riabilitazione;

• progettare e costruire i segmenti carenti delpercorso;

• monitorare e salvaguardare i requisiti minimidi accreditamento (risk management per cri-ticità di risorse di struttura, organizzative e diprocesso);

• condividere tra i vari attori del sistema dei ser-vizi un codice etico per la tutela delle situazionidi maggiore criticità e per un utilizzo equodelle risorse per il bene comune.

Quindi gli elementi strategici sono: il Diparti-mento come organo operativo della Governance ei percorsi diagnostico-terapeutici integrati comestrumento e indicatore della qualità e della sicu-rezza delle cure erogate; mettere al centro dell’or-ganizzazione sanitaria riabilitativa il cittadinoutente con i suoi bisogni di salute e benessere; or-ganizzare conseguentemente i servizi passando daun’organizzazione basata sull’erogazione di pre-stazioni a una orientata all’outcome, ossia ai ri-sultati da ottenere sul singolo utente. Questi principi si concretizzano nel concetto di“presa in carico dell’utente” e nell’erogazione degliinterventi secondo definiti programmi riabilitativiall’interno di uno specifico progetto riabilitativoindividuale.

bilitativo di Struttura, in cui ciascuna struttura(reparto, setting, centro, ambulatorio ecc.) defi-nisce ex ante le proprie caratteristiche, le tipologiedi offerta, le potenzialità e le vocazioni operative,la dotazione organica con le figure professionali ele specifiche competenze, le procedure di ammis-sione/dimissione e di relazione con altre strutture,in relazione alle norme regionali di accredita-mento, in modo da realizzare un flusso trasparentee appropriato dei pazienti verso l’utilizzo più con-gruo delle risorse disponibili. In considerazione della complessità dei percorsiassistenziali riabilitativi e della loro necessaria ecoerente articolazione nell’ambito di diversificatetipologie di setting ospedaliero, extraospedaliero,territoriale, sanitario e sociale appare indispensa-bile un’organizzazione dipartimentale delle attivitàdi riabilitazione. Il Dipartimento di riabilitazione fornisce la ga-ranzia della realizzazione di un adeguato percorsodi cura riabilitativo per tutte le Persone che nehanno bisogno e rappresenta lo snodo reale dellaClinical Governance; al Dipartimento di riabilita-zione devono essere forniti gli strumenti per rag-giungere obiettivi di qualità clinica e organizzativa,nel rispetto delle risorse disponibili; devono inoltreessere attribuiti gli strumenti per gestire la sicu-rezza, la qualità, la politica di formazione del per-sonale, l’audit ecc. A tal fine il Dipartimento diriabilitazione si fa garante di una forte integrazioneorganizzativa con i presidi privati accreditati even-tualmente presenti sul territorio secondo i principidi efficienza e appropriatezza. Il Dipartimento dovrebbe essere la sede della ve-rifica delle attività cliniche svolte e della promo-zione dello sviluppo dei percorsi professionali.Tutti i professionisti sanitari, infatti, devono averel’opportunità di essere coinvolti nel processo de-cisionale e nei cambiamenti per migliorare i serviziper i pazienti, favorendo la cultura del migliora-

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La riabilitazione nel continuum assistenziale: Governo Clinico, Percorso Riabilitativo Unico, luoghi di cura

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Ministero della Salute

Appropriatezza dei percorsi nella rete riabilitativa

Il percorso riabilitativo presuppone una diagnosiriabilitativa, pertanto nella definizione dei settingriabilitativi si ritiene necessario considerare i se-guenti elementi:• la definizione della tipologia di patologia che

ha determinato il danno menomante e la clas-sificazione secondo le categorie ICF;

• il grado di acuzie o cronicità della menoma-zione, distinto in base al parametro temporale,ossia all’intervallo di tempo intercorso dal-l’acuzie della malattia disabilitante;

• il grado di complessità del paziente preso incarico;

• il numero e la tipologia di programmi appropriatiper tipologia di disabilità presenti, con particolareriferimento alle problematiche della popolazionein età evolutiva, garantendo in questo settore lanecessaria continuità nel passaggio all’età adulta;

• gli strumenti valutativi e terapeutici appropriatiper ogni programma in rapporto al recupero delladisabilità, con particolare riferimento anche alleproblematiche cognitive e neuropsicologiche;

• lo strumento di misura/valutazione finaledel/degli obiettivo/i previsto/i dal/dai pro-gramma/i del PRI.

Figure professionali coinvolte

Il team, di cui il responsabile è il medico specialistain riabilitazione, è lo strumento operativo per illavoro interprofessionale-disciplinare attuato inriabilitazione da molti anni. Lavorare in team favorisce il raggiungimento degliobiettivi professionali e tutela il professionista daeventuali rischi di isolamento e di burnout pro-fessionale. Lo sviluppo delle professioni sanitarie in quest’ul-

timo decennio consente di aumentare le possibilitàdi presa in carico della Persona a rischio di disa-bilità con le competenze necessarie; la possibilitàdi affidare la Persona a professionisti preparaticonsente anche un allargamento dei setting di at-tività, con una rivisitazione dei ruoli e delle attivitànell’ambito del team.Nell’esercizio delle sue attività il team deve af-frontare le condizioni di lavoro, in termini di me-todologia, organizzazione e operatività, che con-sentano una precisa differenziazione di compe-tenze rispetto alle diverse professionalità. La differenziazione di ruoli e competenze si ac-compagna anche a un’altra attività che caratterizzatutto il lavoro del team, rappresentata da un mo-nitoraggio costante che verifichi un’efficace inte-grazione degli interventi definiti e attuati dall’ela-borazione di un progetto comune. Il PRI, elaborato a livello di team e che ha comeresponsabile il medico specialista in riabilitazione,è lo strumento di lavoro che rende l’interventoriabilitativo più mirato, continuativo ed efficace,perché rispondente ai bisogni reali del paziente. È necessario sottolineare che molto spesso per ununico utente il team deve operare su più ambiti,in considerazione delle diverse situazioni in cui siattuano gli interventi e dei loro contenuti durantel’intero percorso riabilitativo.Gli interventi devono mirare a garantire la continuitàassistenziale, l’organica assicurazione della riabilita-zione nel circuito “prevenzione, cura e riabilitazione”,l’efficacia della presa in carico, articolandone i livellidi intensità del processo in relazione alla natura deibisogni. Il team riabilitativo è composto da profes-sionisti che possono essere ricompresi in differentispecificità in base al percorso formativo:• professionisti della riabilitazione, quali il me-

dico specialista in riabilitazione e i professio-nisti sanitari non medici identificati nel DM29 marzo 2001;

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La riabilitazione nel continuum assistenziale: Governo Clinico, Percorso Riabilitativo Unico, luoghi di cura

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• personale con specifica formazione riabilitativain ambito socio-sanitario-assistenziale.

Nel settore dell’età evolutiva occorre considerarela necessità dell’interazione tra equipe riabilitativae percorsi di integrazione scolastica e quindi ilcoinvolgimento di personale con caratteristicheprofessionali in ambito pedagogico ed educativo.Rientra a pieno titolo nel team, per la condivisionedel progetto riabilitativo, lo stesso paziente e l’even-tuale caregiver, familiare o persona di riferimentocoinvolti nella presa in carico della Persona con di-sabilità ai fini della gestione delle sue problematicheattuali e future. Il percorso di cura che porta laPersona a un recupero funzionale deve sempre piùcoinvolgere anche i familiari, in quanto l’eventualepermanenza di disabilità comporta un complessoiter di integrazione sociofamiliare che deve esseregestito fin dall’inizio con particolare attenzione.I metodi di comunicazione più efficaci nel teamriabilitativo sono: • le riunioni del team, che hanno come obiettivo

fondamentale il bilancio e l’aggiornamento delprogetto riabilitativo e dei relativi programmie la verifica del percorso della presa in carico;

• il briefing, che garantisce con un confrontobreve e colloquiale la misurazione del raggiun-gimento o del mancato raggiungimento degliobiettivi; un esempio di briefing è il reportquotidiano dell’attività giornaliera o notturnatra personale infermieristico, medico e tecnico;

• i focus group, strumento di verifica più complessoche prevede incontri coordinati da un modera-tore, durante i quali viene individuato un pro-blema e ne vengono discussi tutti gli aspetti;

• le riunioni di audit, che rappresentano l’attivitàatta a determinare, con un’indagine strutturata,l’adeguatezza dell’organizzazione e l’aderenzaal piano riabilitativo, verificando e adeguandoprocedure, istruzioni operative e altri requisitifunzionali.

Il lavoro interprofessionale si fonda su una mo-dalità operativa che vede nel team lo strumentofondamentale e nella riabilitazione tale modalitàè in atto da molti anni.Per la formazione di un team è necessario che visia uno scopo specifico, una programmazione eprogettazione degli interventi e un’attribuzionedi precise responsabilità individuali, per finalizzaregli apporti personali all’obiettivo generale.Un team “è un gruppo di lavoro composto da di-verse figure professionali, che hanno ruoli, fun-zioni e formazione molto differenti tra loro perresponsabilità, attività e richieste”.Un team, quindi, può essere definito come ungruppo formale, in quanto non nasce spontanea-mente dalla volontà dei membri, ma si costituisceal fine di raggiungere un particolare scopo, e lacui vita, dalla costituzione allo scioglimento, di-pende dal raggiungimento o meno di questo scopo.Il team plurifunzionale è formato da persone concompetenze complementari e diverse nel quale isingoli componenti sono consapevoli delle poten-zialità del lavorare in team nel produrre beneficiper tutti i suoi membri. La collaborazione è fon-damentale nel creare sinergie di gruppo per otte-nere risultati decisamente superiori alla somma deicontributi dei singoli componenti. Per fare sì chequesto meccanismo si verifichi, occorre metterein moto un efficace lavoro di costruzione del team. Innanzitutto la suddivisione del lavoro è molto im-portante all’interno di un gruppo di lavoro. È es-senziale rendere chiaro il compito che ciascun mem-bro deve svolgere e gli obiettivi che deve raggiungere,nella visione di un obiettivo generale. Questo evitache si creino sovrapposizioni tra i diversi ruoli, equindi conflittualità interne che rappresentano dueelementi negativi per la vita e il lavoro del gruppo.Avere obiettivi comuni rappresenta una condi-zione essenziale per far funzionare in maniera cor-retta il team. Deve essere ben chiaro che l’obiettivo

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di ognuno non è solo quello di riuscire personal-mente, ma di fare emergere il lavoro di gruppo.È importante tenere presente, inoltre, che alcuniparametri come il monitoraggio del lavoro e lo sta-bilire norme interne permettono il raggiungimentodegli scopi comuni e il rafforzamento delle singoleidentità. Sottinteso che per il buon funzionamentodi un gruppo di lavoro l’insieme delle norme in-terne deve essere condiviso da tutti i membri.Il team multiprofessionale è composto da figureprofessionali che operano nell’ambito della pre-venzione, cura e riabilitazione per garantire al cit-tadino il massimo livello di autonomia possibileall’interno della comunità sociale, intervenendovia via, e congiuntamente, nei diversi ambiti incui ogni professionalità attua il proprio intervento. Il team, definito multiprofessionale, si caratterizzacome un gruppo di lavoro composto da profes-sionisti che lavorano insieme per la produzionedi servizi, rappresenta il metodo più efficace dilavoro per favorire il raggiungimento degli obiet-tivi professionali e tutela l’operatore da eventualirischi di isolamento e di burnout professionale.In ambito riabilitativo il lavoro in team gode diparticolare importanza. Dalla presa in carico del-l’utente/paziente alla valutazione delle problema-tiche, dalla definizione all’attuazione dell’inter-vento, bisogna tenere conto di più e diverse realtàdi cui l’utenza può fare parte. Deve mirare a unariabilitazione intesa come una “strategia di salute”che permette all’individuo “a rischio” o affetto daproblematiche di raggiungere e mantenere un li-vello di autonomia funzionale tale da permetterglidi interagire con l’ambiente circostante. La disa-bilità viene intesa, infatti, come la conseguenza oil risultato di una complessa relazione tra la con-dizione di salute di un individuo, fattori personalie fattori ambientali che rappresentano le circo-stanze in cui egli vive. Ne consegue che ogni in-dividuo, a prescindere dalle proprie condizioni di

salute, può trovarsi in un ambiente con caratteri-stiche che possono limitare o restringere le propriecapacità funzionali e di partecipazione sociale.Nell’esercizio delle sue attività, anche per un teammultiprofessionale “un primo aspetto da affrontareè quello di porre le condizioni di lavoro, in terminidi metodologia, organizzazione e operatività, checonsentano una precisa differenziazione di com-petenze rispetto alle diverse professionalità”. Queste devono essere determinate e individuateanche in base al tipo di team a cui si riferisce. In-fatti, i team multiprofessionali possono essere didue tipi in relazione alle condizioni normative,operative e della domanda a cui si riferiscono:• team territoriali: accolgono l’utenza spontanea,

svolgono attività di counseling, di riabilitazionee, in un contesto ripartivo, offrono interventidi supporto;

• team delle strutture specialistiche: hanno ilmandato di attivare interventi riabilitativi conparticolare attenzione al proseguimento delpercorso della Persona con il rientro nel suoterritorio di residenza.

La differenziazione di ruoli e competenze si ac-compagna anche a un’altra attività che caratterizzatutto il lavoro del team, cioè quello di un moni-toraggio costante che verifichi un’efficace integra-zione degli interventi attuati definiti dall’elabora-zione di un progetto comune. Il PRI è lo strumento di lavoro che rende l’interventoriabilitativo più mirato, continuativo ed efficace,perché rispondente ai bisogni reali del paziente.Esso nasce da comuni scelte di fondo e si esprimeconcretamente nei programmi riabilitativi indivi-duali. La realizzazione di un progetto riabilitativodeve essere sempre un lavoro di equipe che coinvolgenumerose figure professionali. Al centro va semprecollocato il paziente nella sua globalità: ognuna diqueste figure deve poter interagire con pari dignitànella pertinenza dei ruoli per il fine comune, rap-

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Ministero della Salute

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presentato dal benessere della Persona. Esso offreuna visione globale della realtà in cui si opera, co-gliendo correlazione, orientamenti, necessità, senzalasciarsi condizionare dal contesto in cui si agisce econ un’attenta distribuzione di risorse.Un altro elemento essenziale che caratterizza unteam multiprofessionale, ma lo si potrebbe estenderee generalizzare per tutte le tipologie di team, è l’in-tegrazione. Integrazione non solo tra componentidel gruppo di lavoro, ma integrazione anche e so-prattutto con il paziente e la sua realtà, sociale, fa-miliare, individuale. Assume quindi un’importanzaparticolare il lavoro di rete, che è quello di accom-pagnare il paziente, reso protagonista dell’intervento,allo sviluppo delle sue potenzialità/capacità o allasoluzione dei suoi problemi. Questo sicuramente siraggiunge elaborando congiuntamente quel progettoche permette a ogni professionalità di stabilire quelloche sarà il suo ambito di intervento nella visioneglobale della realtà del paziente.Non è possibile stabilire in maniera assoluta qualisiano le figure professionali che compongono unteam, in quanto le realtà in cui questo può operaresono diverse, e per ognuna di queste sono necessaricontributi specifici. I team multiprofessionali operano nelle realtà edu-cativo/riabilitative e in continuo contatto con ti-pologie di pazienti che differiscono per proble-matiche e interventi da compiere in loro favore.È necessario sottolineare che molto spesso per ununico utente il team deve operare su più ambiti,viste “le diverse situazioni in cui si attuano gli in-terventi e quindi anche i contenuti degli stessi”. Gli interventi devono mirare a garantire la conti-nuità assistenziale, garantendo l’organica assicu-razione della riabilitazione nel circuito “preven-zione, cura e riabilitazione”, devono assicurarel’efficacia delle prestazioni rese e articolare i livellidi intensità delle prestazioni tenuto conto dellanatura dei bisogni.

Le riunioni del team hanno come obiettivo fon-damentale il bilancio e l’aggiornamento del pro-getto riabilitativo e dei relativi programmi per:• adeguare le modalità di comunicazione tra i

componenti e il paziente;• evidenziare i progressi e i problemi per il con-

seguimento degli obiettivi riabilitativi e verifi-carne le cause;

• verificare adeguatezza delle cure e realizzabilitàdegli obiettivi;

• predisporre le dimissioni.La buona riuscita del lavoro in team è determinatada fattori che facilitano tutti quei processi necessarialla presa in carico di una problematica, alla pro-grammazione di un intervento, alla sua messa in atto.È necessario considerare, però, che il buon lavorodel team potrebbe essere minato da fattori che inqualche modo ostacolano o impediscono la buonariuscita delle attività del gruppo di lavoro. L’in-sorgere di questi fattori può dipendere dalla pre-senza di determinate dinamiche interne al gruppo,o da cause esterne al gruppo, che però hanno delleripercussioni e cioè rischio di burnout, comuni-cazione non efficace, conflitti interni.Comunque si determinino, questi fattori devonoessere previsti.Ci sono, inoltre, alcuni accorgimenti che sia i sin-goli ma anche tutto il gruppo di lavoro possonoattuare per prevenirne l’insorgenza o per cercaredi alleviare i suoi effetti.Il primo riguarda l’importanza di lavorare meglioanziché di più, in modo da essere meno stressati epiù efficienti. Questo avviene quando sia il singolosia il team si pongono degli obiettivi realistici, pos-sibili e concreti da raggiungere. Quindi è impor-tante mettere in risalto i lati positivi dell’intervento.Un secondo accorgimento è quello di utilizzare,di volta in volta, tecniche diverse per risolvereuna stessa problematica. Questo può introdurrepiacevoli cambiamenti alla routine giornaliera e

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La riabilitazione nel continuum assistenziale: Governo Clinico, Percorso Riabilitativo Unico, luoghi di cura

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permettere un cambiamento della concezione chesi ha di sé e del proprio lavoro. Modificare le procedure operative, garantendo unamaggiore suddivisione del lavoro, controbilan-ciando gli aspetti difficili con compiti meno impe-gnativi del lavoro, può risultare un elemento validoalla prevenzione dell’insorgenza di questi fattori.Il principale strumento per il coinvolgimento è lacomunicazione, interna ed esterna, trasparente,onesta e tempestiva per rendere omogeneo il com-portamento di tutto il personale. Per comunicazioneinterna si intende la comunicazione che intercorretra i professionisti interni nel gruppo di lavoro, trail gruppo di lavoro e la dirigenza, tra diverse UnitàOperative e tra diverse strutture sanitarie.La comunicazione esterna è l’interazione del-l’Azienda sanitaria con gli stakeholder, cioèl’utente, i familiari, gli informal caregiver, le or-ganizzazioni di rappresentanza dei cittadini, le as-sociazioni di volontariato, gli enti locali.Si propone pertanto che il coinvolgimento deve:• far parte della visione aziendale, di Diparti-

mento, di Unità Operativa e debba essere pre-visto nelle strategie e nelle direttive e non la-sciato solo alla buona volontà dei singoli;

• impiegare, come tutti gli aspetti tecnici, me-todologie e strumenti appropriati;

• far parte della formazione degli professionisti.Metodologie appropriate possono essere: • l’elaborazione delle Linee guida presenti in am-

bito normativo;• la discussione di quanto viene elaborato nel-

l’ambito delle Consensus Conference;• la creazione di procedure che consentano una

facile gestione del processo di cura come peresempio:- workflow operativi specifici;- riunioni del team (audit clinico) settimanali;- briefing quotidiano medico-infermiere.

Strumenti appropriati riguardano la documenta-

zione sanitaria sia per l’area medica sia per quelladei professionisti sanitari. Tutto questo componela documentazione personale, che fa riferimentoal singolo caso preso in cura, raccoglie tutte le va-lutazioni, trattamenti, decisioni assunte, motiva-zioni, verifiche e risultati; quindi compongonounitariamente la cartella clinica individuale dalpunto di vista sia della privacy sia medico-legale(come pure dell’accesso e dell’archiviazione comedalle norme vigenti).

Strumenti di lavoro

• Cartella clinica specialistica comprensiva di: - scale di valutazione della disabilità e comu-

nicabilità;- PRI comprensivo degli indicatori di processo

e di esito; - scheda di accesso;- scheda di dimissione;- consenso informato alle procedure.

• Cartella infermieristica.• Cartella fisioterapisti.• Cartella logopedisti.• Cartella neuropsicologica.• Cartella terapisti occupazionali.La cartella clinica consente quindi la tracciabilitàdelle attività svolte, l’identificazione delle respon-sabilità delle azioni, la cronologia delle stesse, illuogo e la modalità della loro esecuzione.Al fine della prevenzione degli errori, per evitareinutili duplicazioni di dati e perdite di tempo daparte degli operatori, può essere utilizzata, all’internodi diversi contesti sanitari, la cartella clinica integrata,auspicabilmente informatica, sostitutiva della cartellamedica e infermieristica. In essa convergono tuttele diverse registrazioni dei vari professionisti che in-tervengono nel processo di cura (medico, infermiere,fisioterapista, dietista ecc.) e di assistenza secondomodalità condivise e complementari. Richiede un

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Ministero della Salute

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alto livello di integrazione dell’equipe e modalitàcondivise di passaggio di informazione.Le metodologie di coinvolgimento esterno pos-sono comprendere:• colloqui tecnici per raccogliere informazioni

da parte dei professionisti, ma anche per aiutareil paziente, i familiari e i caregiver a identificarei rischi connessi ai loro comportamenti, perinformarli e per raccogliere il consenso infor-mato;

• interventi educativi che possono essere realiz-zati con spiegazioni, dimostrazioni e simula-zioni/addestramento;

• distribuzione di fogli o opuscoli illustrati;• esposizione di manifesti che informano e rin-

forzano l’apprendimento.Gli strumenti di verifica sono rappresentati daiquestionari, che sono diversi per i differentiutenti/stakeholder: questionari di gradimento, que-stionari di apprendimento, questionari per il mo-nitoraggio degli indicatori di processo e di esito,questionari di verifica dei processi di qualità se-condo i criteri internazionali e i criteri nazionali.È importante ribadire il concetto che la verificadelle metodologie adottate è fondamentale ed ènecessario costruire, in ogni Dipartimento, un si-stema di raccolta di feedback da parte degli utenti.È importante discutere nell’ambito del Diparti-mento/Unità Operativa metodologie e risultati,in modo da garantire un costante apprendimentocondiviso nell’ottica di un’organizzazione che ap-prende e vengano introdotti conseguenti miglio-ramenti.

I luoghi di cura

Degenza

La comprovata efficacia della tempestività e pre-cocità dell’intervento riabilitativo, documentata

dalle evidenze della letteratura in termini di recu-pero e di prevenzione di ulteriori danni, esige cheil percorso riabilitativo e la definizione del relativoprogetto riabilitativo vengano avviati contestual-mente al ricovero in acuto. La procedura riabili-tativa rappresenta un criterio di appropriatezza edeve essere valorizzata come parte integrante e ir-rinunciabile della tariffazione dell’episodio di ri-covero in acuzie.Il processo decisionale del medico specialista in ria-bilitazione (responsabile clinico del paziente) nelladeterminazione del progetto riabilitativo deve te-nere conto della prognosi funzionale e del marginedi modificabilità del quadro di menomazione edisabilità, del grado di stabilità clinica del pazientee della sua possibile partecipazione al programma.Su quest’ultimo tema possono incidere sia gliaspetti cognitivo-comportamentali che compro-mettono il livello di collaborazione e le possibilitàdi apprendimento nell’ambito dell’esercizio tera-peutico riabilitativo, sia i fattori sociali che pos-sono influire sulla possibilità di mantenere acqui-siti i livelli raggiungibili di autonomia: per esem-pio, mancanza di una rete familiare che si faccia“garante” della presa in carico del paziente.Si può quindi descrivere la funzione del respon-sabile clinico del paziente con i compiti di valu-tazione clinica e prognosi riabilitativa per determi-nare il percorso riabilitativo specifico che provve-derà a concordare con il paziente e i suoi familiari(alleanza terapeutica).

Riabilitazione intensiva

Le attività riabilitative in strutture di ricovero ecura, ospedaliere o extraospedaliere accreditate,sono caratterizzate da interventi sanitari di riabi-litazione diretti al recupero di disabilità importantie complesse, modificabili, che richiedono un ele-vato impegno assistenziale riferibile a un nursing

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La riabilitazione nel continuum assistenziale: Governo Clinico, Percorso Riabilitativo Unico, luoghi di cura

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infermieristico articolato nell’arco delle 24 ore.In tale fase trovano anche un setting appropriatole gravi patologie disabilitanti a interessamentomultiorgano delle Persone ad Alta Complessità(PAC), che presentano situazioni di complessitàclinico-assistenziale per comorbilità da patologieconcomitanti e interagenti con la prognosi riabi-litativa. Tali situazioni richiedono di essere gestitein contiguità alle specialità e alle dotazioni stru-mentali e tecnologiche dell’acuzie. Gli interventi hanno come obiettivo l’ulteriorestabilizzazione clinica con il ripristino di condi-zioni di autonomia e/o di gestibilità in ambitoextraospedaliero. I pazienti che vi accedono sonocaratterizzati da:• comorbilità concomitanti e interagenti con la

prognosi riabilitativa;• necessità di competenza specialistica riabilitativa

nella gestione della Persona con disabilità gravein condizioni di criticità e necessità di consu-lenze medico-specialistiche multidisciplinari.

Al raggiungimento di una condizione di stabilitàclinica che non necessiti di presenza medica sulle24 ore o al venir meno di esigenze diagnostichead alta complessità, erogabili solo in regime di ri-covero ospedaliero, è opportuno ricorrere alla ria-bilitazione intensiva extraospedaliera ogni qualvolta tale risorsa sia disponibile sul territorio.L’intervento riabilitativo deve essere inteso di al-meno 3 ore giornaliere ed è erogato da parte delmedico specialista in riabilitazione, dai professio-nisti sanitari della riabilitazione e dal personaleinfermieristico. L’assistente sociale e lo psicologopossono contribuire per il tempo necessario alraggiungimento dell’orario giornaliero richiestoper l’intervento riabilitativo. Le attività riabilitative devono prevedere la dispo-nibilità di tecnologia diagnostica-terapeutica avan-zata e/o di supporto significativo di competenzemedico-specialistiche diverse.

In riabilitazione intensiva sono individuabili di-versi livelli assistenziali che richiedono differen-ziazioni nelle valorizzazioni in base a diversi gradidi complessità clinica, disabilità e multimorbiditàe al documentato assorbimento di risorse.Tutte le attività assistenziali e riabilitative devonoessere documentate e registrate all’interno dellacartella clinica riabilitativa, che è parte integrantedel PRI.L’azione riabilitativa con competenze specifichedeve garantire:• l’inquadramento, la valutazione del rischio e

il monitoraggio clinico; • la presa in carico globale del paziente con il

coinvolgimento del team multiprofessionale;• l’esecuzione di valutazioni funzionali e stru-

mentali;• l’elaborazione e la messa in atto del progetto

riabilitativo individuale, attraverso uno o piùprogrammi di riabilitazione;

• i programmi di intervento su barriere e facili-tatori, gli adattamenti ambientali, la fornituradi dotazioni strumentali, tecnologiche e di au-sili e il relativo addestramento della Personacon disabilità e dei caregiver.

Ove non sussista la necessità clinica e assistenzialecontinuativa, il trattamento riabilitativo indivi-duale può essere erogato con le stesse caratteristi-che sopradescritte in regime di ricovero diurno.

Riabilitazione intensiva ad alta specializzazione

Le attività di riabilitazione intensiva ad alta spe-cializzazione, che richiedono particolare impegnodi qualificazione, mezzi, attrezzature e personale,sono erogate presso presidi di alta specialità; se-condo quanto stabilito dal DM 29 gennaio 1992e dalla successiva integrazione del DM 1998, essisono presidi ospedalieri e ricomprendono anche

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Ministero della Salute

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gli IRCCS, i Policlinici Universitari e le struttureprivate accreditate. Nell’ambito del territorio na-zionale deve essere realizzata una rete di serviziche svolgono attività di riabilitazione intensiva adalta specializzazione, rivolti ad ampi bacini di ri-ferimento in rapporto all’epidemiologia delle ti-pologie di disabilità al cui trattamento sono de-stinati, individuati dalla programmazione sanitarianazionale. Inoltre, i centri di riferimento svolgonole seguenti funzioni:• la predisposizione dei protocolli operativi per

l’acquisizione dei dati epidemiologici relativialle malattie invalidanti a livello provinciale eregionale;

• la promozione di ricerche cliniche ed espe-rienze controllate verso le nuove tecniche ria-bilitative;

• la formazione, il perfezionamento e l’aggior-namento professionale degli operatori;

• l’offerta di consulenza tecnica per la costru-zione e la sperimentazione di ausili, protesi eortesi.

Le attività di riabilitazione intensiva ad alta spe-cializzazione vanno ricondotte a un’integrazioneorganizzativa che in ambito regionale e nazionalegarantisca percorsi dedicati come reti riabilitative:• per Persone affette da mielolesione acquisita

attraverso strutture dedicate per la fase acuta estrutture per la gestione delle complicanze dellafase stabilizzata;

• per Persone affette da gravi cerebrolesioni ac-quisite e gravi traumi encefalici;

• per Persone affette da disabilità gravi in etàevolutiva;

• per Persone con turbe neuropsicologiche ac-quisite.

A seguito dell’applicazione delle Linee guida del1998 e della rilevazione effettuata a livello regio-nale, la situazione attuale è rappresentata nellaFigura 1.1 a pagina 2.

Punti di miglioramento:• concentrazione adeguata di posti letto a livello

regionale;• inserimento di questi posti letto all’interno di

un Dipartimento di riabilitazione per garantirela continuità del percorso e il coordinamentofra i diversi setting assistenziali-riabilitativi;

• garanzia di una presa in carico appropriata deipazienti in età evolutiva;

• garanzia di passaggio a setting a minore impe-gno al mutare delle condizioni di intensività;

• miglioramento della presa in carico territo-riale;

• introduzione di criteri oggettivabili di com-plessità assistenziale e riabilitativa (indicatori).

Necessità emergenti in ambito riabilitativo

L’evoluzione epidemiologica e demografica e losviluppo di nuove tecnologie, che consentono ilsuperamento di fasi critiche di patologie a evolu-zione cronica con disabilità acquisita, determinanola crescita del problema delle criticità post-acutenelle gravi disabilità.Una risposta adeguata a tali necessità, come giàdimostrato da esperienze in alcune Regioni, po-trebbe prevedere l’istituzione di Unità Spinali eUnità Gravi Disabilità Cardiorespiratorie carat-terizzate da team multidisciplinari dedicati e dastrutture logistiche funzionali con dotazione dispecifiche tecnologie avanzate.

Unità Spinali

L’Unità spinale, in connessione funzionale conun Dipartimento Emergenza Accettazione (DEA)di I livello, è destinata a completare, in collabora-zione con le Unità Spinali Unipolari (USU), larete dedicata ai pazienti spinali, nonché ad assisterepazienti con:

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• lesione midollare, di tipo sia traumatico sianon traumatico (infettiva, vascolare e neopla-stica), stabilizzati clinicamente, senza gravi pro-blematiche respiratorie;

• complicanze, quale esito di lesione midollareche, per la gravità e la complessità della gestioneclinica e diagnostica, non possono essere gestiteadeguatamente e con sicurezza in regime didegenza intensiva;

• necessità di valutazioni clinico-diagnostiche difollow-up, ai fini della prevenzione di compli-canze e che, per la complessità del quadro cli-nico, non possono essere seguite in altri settingassistenziali.

Unità Gravi Patologie Respiratorie

L’Unità Gravi Patologie Respiratorie Disabilitantiè un’Unità subintensiva finalizzata alla gestioneprevalente delle emergenze in via di stabilizzazionedelle malattie respiratorie; in essa trovano acco-glienza, oltre ai pazienti affetti da insufficienzarespiratoria acuta da cause primitive respiratoriee da malattie neuromuscolari o da insufficienzarespiratoria cronica riacutizzata, anche i pazientipre- e post-trapianto del polmone. È collocata instrutture ospedaliere dotate o funzionalmente col-legate con Unità di Terapia Intensiva, Cardiologia,Pneumologia e Chirurgia Toracica. Gli interventi per i pazienti trattati nell’Unitàsono focalizzati alla definitiva stabilizzazione re-spiratoria e internistica, al ripristino dell’autono-mia nelle funzioni vitali di base, al trattamentoiniziale delle principali menomazioni invalidantie, ove possibile, allo svezzamento totale o parzialedal ventilatore.I pazienti che vi accedono sono caratterizzati da:• stato di insufficienza respiratoria in via di stabi-

lizzazione o comunque potenzialmente instabiliche necessitano di monitoraggio continuo;

• ventilazione meccanica invasiva continua e/osubcontinua come elemento indispensabile diammissione (secondaria o meno a coma iper-capnico).

Unità Gravi Patologie Cardiologiche

L’Unità Gravi Patologie Cardiologiche Disabili-tanti è destinata all’assistenza di pazienti in statodi instabilità clinica per evento cardiovascolareacuto molto recente, per il perdurare di proble-matiche complesse post-acute o chirurgiche o perscompenso cardiaco refrattario alla terapia con-venzionale, ma con potenzialità di recupero cli-nico-funzionale. Gli interventi per pazienti del-l’Unità sono focalizzati alla definitiva stabilizza-zione internistica, al ripristino dell’autonomiadelle funzioni vitali di base e al trattamento inizialedelle principali menomazioni.È collocata in strutture ospedaliere dotate o fun-zionalmente collegate con Unità di Cardiochirur-gia e Cardiologia. I pazienti provengono:• dalle Unità di Terapia Intensiva Cardiologica

per evento acuto recente (sindrome coronaricaacuta entro i primi 5 giorni), con un pro-gramma di dimissione precoce,

• dalle Unità di Terapia Intensiva Chirurgica,precocemente (post-intervento – entro i primi5 giorni) o, perché gravati da complicanze, infase successiva (fase di cronicizzazione a elevatanecessità assistenziale),

oppure sono:• affetti da insufficienza ventricolare severa e/o

scompenso cardiaco refrattario alla terapia con-venzionale, necessitanti di supporto infusivo emonitoraggio continuo dei parametri emodi-namici, che rendono impossibile in quel mo-mento la dimissione del paziente e la gestionedomiciliare dello stesso.

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Riabilitazione estensiva

Le attività di riabilitazione estensiva sono erogabiliin ambito ospedaliero ed extraospedaliero, in regimeresidenziale a ciclo continuativo o diurno. Si carat-terizzano in interventi sanitari di riabilitazione perpazienti non autosufficienti, con potenzialità di re-cupero funzionale, che non possono giovarsi o so-stenere un trattamento riabilitativo intensivo e cherichiedono di essere ospedalizzati in quanto affettida instabilità clinica. In tale condizione trovano an-che un setting, quando non appropriato in intensiva,le patologie disabilitanti a interessamento multior-gano delle Persone ad Alta Complessità così comeprecedentemente definito, che presentano situazionidi complessità clinico-assistenziale per comorbilitàda patologie concomitanti e interagenti con la pro-gnosi riabilitativa. Tali situazioni richiedono di esseregestite in contiguità alle specialità e alle dotazionistrumentali e tecnologiche dell’acuzie. Gli interventihanno come obiettivo l’ulteriore stabilizzazione cli-nica con il ripristino di condizioni di autonomiae/o di gestibilità in ambito extraospedaliero. I pa-zienti che vi accedono sono caratterizzati da:• comorbidità concomitanti e interagenti con la

prognosi riabilitativa;• necessità di competenza specialistica riabilita-

tiva nella gestione della Persona con disabilitàin condizioni di criticità e necessità di consu-lenze medico-specialistiche multidisciplinari.

L’intervento riabilitativo deve essere inteso di al-meno 1 ora giornaliera, erogato da parte del medicospecialista in riabilitazione, dai professionisti sanitaridella riabilitazione, dal personale infermieristico.L’assistente sociale, e ove necessario lo psicologo,sono di supporto all’intervento riabilitativo e alladefinizione e realizzazione del piano di dimissione/reinserimento in tempi congrui; di norma la de-genza non deve essere protratta oltre 60 giorni. Tutte le attività assistenziali e riabilitative devono

essere documentate e registrate all’interno dellacartella clinica riabilitativa, che è parte integrantedel PRI.

Territorio

Il percorso riabilitativo dipartimentale trova lasua naturale continuità a livello territoriale, con-testo in cui è possibile la verifica reale dell’outcomein termini di attività e partecipazione. L’ambitoterritoriale diviene quindi il luogo privilegiato perl’intervento contestuale sulle componenti ambien-tali e sui fattori personali (ICF). Infatti, a completamento dei progetti riabilitativiindividuali si ha bisogno di proseguire l’interventoriabilitativo finalizzato alla realizzazione dell’inte-grazione e dell’inclusione sociale. Gli interventi diriabilitazione estensiva, a minore intensità, possonoessere perciò funzionali al raggiungimento degliobiettivi fissati dal progetto individuale, specie perattività specializzate verso l’inserimento/reinseri-mento lavorativo, l’integrazione scolastica, realiz-zando una vita indipendente all’interno della co-munità.

Dimissione dalla degenza

In coerenza con il principio di “presa in caricodella Persona” e con la necessità che sia garantitoalla Persona con disabilità ricoverata in acuzie unpercorso riabilitativo unico integrato nei vari set-ting terapeutici della rete riabilitativa, devono es-sere curate e monitorate in ambito dipartimentale,con adeguati strumenti di valutazione dell’appro-priatezza, le fasi di passaggio tra i vari setting ria-bilitativi e in particolare le dimissioni protette ele “dimissioni critiche”, nonché la necessaria con-tinuità di interventi riabilitativi al domicilio o instrutture assistenziali (in raccordo con i MMG ei PLS, nonché con i servizi territoriali).

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Ambulatorio

La filosofia del lavoro secondo progetti e pro-grammi è fortemente orientata al raggiungimentodi ben definiti e misurabili obiettivi riabilitativifacilmente individuabili nel miglioramento dellafunzione e delle attività della vita quotidiana at-traverso il miglioramento delle abilità e delle per-formance della Persona, secondo le definizionicontenute nella classificazione ICF (InternationalClassification of Funtioning, Disability and Health)dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).Il percorso ambulatoriale presuppone una diagnosiriabilitativa, ossia l’individuazione delle menoma-zioni e delle disabilità presenti, la definizione delrelativo gradiente di modificabilità con indicazionedegli obiettivi raggiungibili e l’eventuale relativapriorità, l’individuazione delle modalità d’inter-vento che sulla base delle evidenze scientifichehanno la maggiore probabilità di raggiungere gliobiettivi individuati e la definizione dei tempi ne-cessari per raggiungerli. Nell’accompagnamento della Persona dall’ospe-dale al territorio diventa fondamentale una forteinterazione fra il team ospedaliero e il team che sioccuperà della reale integrazione in ambito so-cio-familiare-lavorativo.Diventa necessario chiarire gli aspetti organizzativiche possono favorire il percorso alla luce di quantoviene richiesto alle strutture riabilitative; occorrefar coesistere necessità diverse a seconda del gradodi disabilità all’interno delle strutture riabilitative.Nella definizione dei semplici e praticabili percorsiriabilitativi si ritiene quindi necessario considerarei seguenti elementi:• la definizione della tipologia di patologia che

ha determinato il danno menomante che ri-chiede l’intervento della medicina fisica e ria-bilitativa ambulatoriale;

• il grado di acuzie o cronicità della menoma-

zione con la semplice distinzione fra acuto ecronico in base al parametro temporale, ossiaall’intervallo di tempo intercorso dall’acuziedella malattia disabilitante;

• il grado di complessità del paziente preso incarico;

• il numero e la tipologia base di programmipotenzialmente appropriati per tipologia dimenomazioni e disabilità presenti;

• gli strumenti valutativi e terapeutici appropriatiper ogni singolo programma in rapporto allatipologia di patologia disabilitante e di meno-mazioni e disabilità presenti;

• la determinazione della durata minima di ogniaccesso, indipendentemente dalle prestazionifornite all’utente;

• lo strumento di misura/valutazione finaledell’/degli obiettivo/i previsto/i dal/dai pro-gramma/i o dal progetto riabilitativo.

L’obiettivo di miglioramento degli interventi sa-nitari si basa su due principi generali: mettere alcentro dell’organizzazione sanitaria riabilitativa ilcittadino utente con i suoi bisogni di salute e be-nessere e organizzare conseguentemente i servizi,passando da un’organizzazione basata sull’eroga-zione di prestazioni a una orientata all’outcome,ossia ai risultati da ottenere sul singolo utente.Questi principi si concretizzano nel concetto di“presa in carico dell’utente” e nell’erogazione degliinterventi secondo definiti programmi riabilitativiall’interno di uno specifico progetto riabilitativoindividuale applicando il concetto di appropria-tezza prescrittiva ed erogativa.Obiettivi generali delle singole prese in carico pos-sono essere: • conseguire il completo recupero delle capacità

funzionali nelle menomazioni e disabilitàemendabili;

• educare il cittadino utente a gestire nel tempole proprie menomazioni e disabilità;

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• contenere le disabilità nelle condizioni di ine-mendabilità, ottimizzando le condizioni di au-tonomia e autosufficienza;

• prevenire il degrado funzionale nei soggetti arischio reale di perdere i livelli funzionali e diautonomia acquisiti.

In base a questi obiettivi, allo scopo di raggiungerequella funzionalità organizzativa utile al raggiun-gimento sia di fornire risposte rapide ai bisognidelle Persone sia di consentire la disponibilità dirisorse adeguate per le situazioni più difficili, sipossono individuare due tipologie di strutture(che sono comprese e collaborano all’interno delDipartimento di riabilitazione; possono anchecoesistere nelle diverse strutture della ASL e nellestrutture accreditate allo scopo anche di ridurreal minimo progressivamente la frammentazioneattualmente eccessiva che condiziona spesso le do-tazioni di competenze e strutture in questo settore)orientate verso due ben distinte tipologie di utenti:• il Centro Ambulatoriale di Riabilitazione (CAR)

con presa in carico protratta nel tempo dedi-cato al “caso complesso”;

• il Presidio Ambulatoriale di Medicina Fisica eRiabilitazione (PAMFR) con presa in carico ri-dotta nel tempo dedicato al “caso non complesso”.

Infatti, nell’ambito dell’organizzazione del Dipar-timento a livello ambulatoriale ospedaliero ed ex-traospedaliero bisogna differenziare due ben distintetipologie di utenti definite in base a differenziatibisogni e livelli di intervento riabilitativo indipen-dentemente dalla fascia di età di appartenenza:• “caso complesso”: utenti affetti da menomazioni

e/o disabilità importanti, spesso multiple, conpossibili esiti permanenti, elevato grado di di-sabilità nelle ADL che richiedono un teammultiprofessionale (almeno 3 tipologie di pro-fessionisti della riabilitazione, compreso il me-dico specialista in riabilitazione) che effettui

una presa in carico omnicomprensiva nel lungotermine mediante un PRI che preveda molte-plici programmi terapeutici. Tali attività ria-bilitative vengono erogate sotto forma di pac-chetti ambulatoriali complessi all’interno distrutture dipartimentali riabilitative (esempidi attuazione attualmente in essere sono il DayService o i centri ambulatoriali dedicati comeda esperienze regionali), con una durata com-plessiva dei trattamenti di almeno 90 minuti.Le attività assistenziali somministrate ai pa-zienti devono essere registrate in una cartellaclinica riabilitativa dove registrare le variazionirilevate nel compimento del PRI, articolatonei diversi programmi riabilitativi.

• “caso non complesso”: utenti affetti da meno-mazioni e/o disabilità di qualsiasi origine che,sulla base di un PRI, necessitano di un soloprogramma terapeutico riabilitativo erogatodirettamente dal medico specialista in riabili-tazione o tramite il PRI da un’unica tipologiadi professionista della riabilitazione; tali utentirichiedono una presa in carico ridotta neltempo; la durata dell’accesso deve essere al-meno di 30 minuti.

Le attività di riabilitazione in regime di assistenzaspecialistica ambulatoriale possono essere com-prese tra quelle erogate dalle strutture e dai servizicollocati in ambito ospedaliero dedicati all’eroga-zione di prestazioni specialistiche ambulatorialiper pazienti esterni.Si accede ai percorsi riabilitativi ambulatoriali tra-mite la visita del medico specialista in riabilita-zione su richiesta del MMG o del PLS, che indicala/e problematica/he clinica/he da valutare. La vi-sita si conclude con la relazione specialistica alMMG/PLS e la successiva presa in carico, ove ne-cessario, della Persona; la tempistica dell’accessodovrà tenere conto del gradiente di modificabilitàdella disabilità e dei possibili rischi di complicanze.

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Ogni Regione dovrà esplicitare tempi certi perl’erogazione dei trattamenti previsti dal progettoriabilitativo. Al fine del rispetto dei tempi stabilitiè necessaria un’appropriata programmazione cheè possibile attuare solo attraverso l’integrazioneall’interno del Dipartimento di riabilitazione.Si ritiene opportuno individuare due tipologie dirichiesta:• “prioritaria”, per soggetti affetti da patologia a

rischio di sviluppo/aggravamento di disabilità:- soggetti dimessi dai reparti per acuti, con esiti

di patologia a rischio di sviluppo/aggravamentodi disabilità che necessita di intervento riabili-tativo (con garanzia di continuità terapeutica),

- soggetti affetti da menomazioni segmentarerecenti ad alto rischio di sviluppo/aggrava-mento di disabilità (es. traumi, fratture, in-terventi chirurgici),

- soggetti affetti da patologia disabilitantegrave/complessa/evolutiva con recente e do-cumentato peggioramento clinico (es. ictus,sclerosi laterale amiotrofica, sclerosi multipla,malattia di Parkinson);

• “ordinaria”, per soggetti con disabilità cronicao patologia cronica potenzialmente disabilitante:- soggetti affetti da disabilità cronica che ne-

cessitano di controlli e di eventuali interventidi prevenzione del degrado motorio-funzio-nale (mantenimento);

- soggetti affetti da patologia cronica poten-zialmente disabilitante che necessitano pre-valentemente di interventi di prevenzioneed educazione (es. back-school, neck-school,osteoporisis school).

La visita fisiatrica si può concludere con la presain carico riabilitativa della Persona.Per la presa in carico è necessaria la compilazionedi una scheda terapeutica riabilitativa contenenteun piano terapeutico, ossia un progetto riabilita-tivo e programmi terapeutici.

La scheda terapeutica, individuale per ogni paziente,dovrà rispettare le norme relative all’accreditamentodelle strutture sanitarie e contenere: dati anagraficicon cognome, nome, data di nascita, indirizzo, te-lefono, n. e AUSL di appartenenza, il percorso ria-bilitativo (progetto e programmi riabilitativi), il/icodice/i della/e prestazione/i prescritta/e nell’ambitodei singoli programmi, il numero delle sedute/ac-cessi, la sede d’applicazione, la valutazione del ri-sultato ottenuto da parte del professionista dellariabilitazione che ha preso in carico il paziente, conl’obbligo per alcune disabilità all’utilizzo di schedevalutative e di classificazione delle abilità residue.I percorsi riabilitativi vanno definiti nell’appositascheda, che sul versante clinico deve contenere:• diagnosi e prognosi riabilitativa;• indicazioni di priorità dell’intervento riabili-

tativo;• classificazione del paziente in “complesso” o

“non complesso”;• stesura del progetto e/o del/i programma/i te-

rapeutico/i (obiettivi, strumenti, tempi di ap-plicazione, tipologia di setting, durata dellapresa in carico);

• valutazione dell’outcome;• la diagnosi riabilitativa deve indicare la patologia

che ha determinato il bisogno riabilitativo cheha portato il soggetto all’ambulatorio fisiatrico.

Le patologie vengono distinte nelle sottostanti ca-tegorie:• patologia del sistema nervoso centrale (SNC)

primitivo/secondario in età evolutiva;• patologia del SNC primitivo/secondario nel

giovane, nell’adulto e nell’anziano;• patologia del sistema nervoso periferico (SNP);• patologia osteoarticolare/miotendinea post-

traumatica, post-chirurgica, post-ustioni;• patologia osteoarticolare/miotendinea/patolo-

gie reumatiche infiammatorie e con impotenzafunzionale legata alla riacutizzazione;

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• patologie internistiche;• patologie oncologiche.

Accesso ai trattamenti riabilitativi

L’accesso alle prestazioni potrà avvenire con l’in-dividuazione di due modalità:• “prioritaria” per:

- soggetti con massima priorità legata al mas-simo gradiente di modificabilità delle disa-bilità e al massimo rischio di complicanze,con garanzia della continuità terapeutica;

• “ordinaria” per:- soggetti con disabilità a basso gradiente di

modificabilità e a basso rischio di complicanze,- soggetti che necessitano di interventi educa-

tivi.Tale accesso deve essere ridotto al tempo minimotramite un’appropriata programmazione che soloun’integrazione all’interno del Dipartimento diriabilitazione è possibile attuare.Si possono convenzionalmente individuare i se-guenti limiti temporali per la definizione di acuziee di cronicità rispetto alle condizioni patologichepresenti, anche se va sempre ricordato come ancheall’interno di tali dimensioni temporali nuovieventi clinici, non collegati a tali patologie “origi-narie”, oppure funzionali possano completamentemodificare la situazione e rendere appropriato enecessario un ritorno a trattamenti: • patologia del SNC primitivo/secondario nel

giovane, nell’adulto e nell’anziano: acuto finoa 12 mesi, cronico oltre 12 mesi;

• patologia del SNP: acuto fino a 12 mesi dal-l’evento, cronico oltre 12 mesi;

• patologia osteoarticolare/miotendinea post-traumatica, post-chirurgica: acuto fino a 3 mesidall’evento, cronico oltre 3 mesi;

• patologie internistiche: acuto fino a 3 mesidall’evento, cronico oltre 3 mesi;

• patologie oncologiche: acuto fino 6 mesi, cro-nico oltre 6 mesi;

• patologie ortopediche con intervento chirur-gico complesso (es. fratture di bacino) ed esitidi ustioni: acuto fino a 6 mesi, cronico oltre i6 mesi.

Domicilio

Nell’ambito della rete riabilitativa territoriale oc-corre sviluppare maggiore attenzione verso l’ac-compagnamento della Persona, comprendendoanche il domicilio come luogo di attività verso larestituzione della Persona al proprio ambiente divita, che è l’obiettivo principale del percorso ria-bilitativo verso il quale devono convergere tuttigli interventi pianificati dal PRI.I trattamenti riabilitativi a domicilio possono co-stituire in tal senso il proseguimento di quantorealizzato nelle fasi precedenti all’interno del PRI,rappresentando il terreno di massima cooperazionecon il MMG/PLS.Possono essere erogati quando previsti dal progettoriabilitativo elaborato da parte del medico specia-lista in riabilitazione oppure nei casi in cui, afronte di un bisogno riabilitativo, il paziente èimpossibilitato ad accedere ai servizi ambulatoriali. Il domicilio è il luogo privilegiato per gli interventidi competenza del terapista occupazionale, perl’adattamento ambientale e l’addestramento al-l’utilizzo di ausili e tecnologie riabilitative. A talfine sono da prevedere accessi domiciliari da partedel medico specialista in riabilitazione e di com-petenze specialistiche e tecniche per gli interventidi competenza e l’addestramento dei caregiver.Al fine di rendere funzionale l’attività, evitandouna ridondanza di interventi per garantire quellacontinuità che è invece necessaria, si possono pre-vedere alcune modalità organizzative.L’accesso al trattamento domiciliare avviene con

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la formulazione di un progetto riabilitativo e re-lativa scheda, come già descritto mediante la con-sulenza specialistica distinta in:• “prioritaria”, che di solito viene eseguita dai

fisiatri nell’ambito della degenza per quei pa-zienti che vengono dimessi dal Presidio Ospe-daliero. Tale richiesta permette l’avvio dell’iterdi fornitura del servizio, ma la presa in caricocon il proseguimento del progetto riabilitativoè a carico dei fisiatri e dei professionisti dellariabilitazione in servizio nell’ambito del Di-partimento Cure Primarie;

• “ordinaria”, che viene eseguita dai fisiatri cheoperano d’intesa con il Dipartimento CurePrimarie su richiesta dei MMG con presa incarico secondo gli stessi concetti già espressi.

L’erogazione dei trattamenti domiciliari avvienecon le modalità:• “prioritaria” per soggetti con massima priorità

legata al massimo gradiente di modificabilitàdelle disabilità e al massimo rischio di compli-canze, con garanzia della continuità terapeutica;

• “ordinaria” per soggetti con disabilità a bassogradiente di modificabilità e a basso rischio dicomplicanze.

Le indicazioni per la compilazione della schedaterapeutica e le altre indicazioni operative sonoanaloghe a quanto già descritto per il trattamentoambulatoriale. Particolarmente importante è lavalutazione del professionista della riabilitazioneche interviene sulla Persona (di solito fisioterapi-sta), in quanto permette di accompagnare il per-corso con una continua osservazione dei risultatiottenuti.

Strutture sociosanitarie

Per le strutture sociosanitarie non esplicitamentecitate nei precedenti paragrafi che effettuano trat-tamenti riabilitativi in ambito territoriale indicate

da precedenti normative (es. ex art. 26 della Legge833/1978 ed ex art. 8 della Legge n. 104/1992),le Regioni potranno prevederne la collocazioneappropriata in base ai requisiti regionali dell’ac-creditamento al fine di garantirne una corretta in-tegrazione nella propria rete riabilitativa, tenendoconto di quanto previsto dal D.Lgs. 229/99. Nel-l’appendice alla presente relazione, per una migliorecontestualizzazione storica delle strutture ex art.26 Legge 833/78, si illustra la loro evoluzione.

Esercizio fisico e disabilità

Il Piano Nazionale della Prevenzione (2010-2012)ha valorizzato il ruolo dell’attività fisica nel pro-muovere non solo il benessere nelle Persone sane,ma anche l’azione fondamentale di contrasto neldeterminismo della cronicità e disabilità, in questorappresentando un logico e fisiologico prosegui-mento della riabilitazione.Il processo riabilitativo con i suoi interventi tera-peutici riveste un ruolo indispensabile e insosti-tuibile finché è presente nel paziente un possibilecambiamento attivo della funzione; oltre tale li-mite è necessario pensare a un adeguamento dellostile di vita della Persona con disabilità analoga-mente a quanto avviene per Persone con disturbicronici.Secondo l’OMS, in Europa una percentuale ele-vata di pazienti presenta malattie croniche. Il 60%del carico massimo di malattia è connesso a unnumero ristretto di fattori di rischio, fra cui l’inat-tività fisica.Agendo globalmente sui principali fattori di ri-schio e investendo nella prevenzione e in un mi-gliore controllo delle malattie croniche, si potreb-bero ridurre morti premature, malattie, disabilitàe migliorare la qualità di vita e il benessere a livellosia individuale sia generale.La strategia europea promossa dall’OMS prevede

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un approccio globale e integrato, attraverso l’im-plementazione di programmi per la promozionedella salute e prevenzione delle malattie, l’indivi-duazione di gruppi ad alto rischio, l’ottimizzazionedella copertura della popolazione in termini dicure efficaci. Le malattie croniche sono responsabili di circa il70% delle spese sanitarie nella popolazione gene-rale, sono inoltre causa di un elevato numero diricoveri in strutture protette, di ricorso all’ospe-dalizzazione, di sovrautilizzo di servizi sanitari esociali, nonché di un importante carico in terminisia psicologici sia economici per il paziente stessoe la rete familiare.Numerose malattie croniche si associano a ipo-mobilità e a disabilità – intesa come incapacità odifficoltà a compiere le attività della vita quoti-diana – e accelerano l’evoluzione di quest’ultima.Si crea, infatti, un circolo vizioso per cui le me-nomazioni si traducono in limitazioni funzionali(deficit del cammino e dell’equilibrio, ridotta tol-leranza allo sforzo ecc.); queste generano disabilità,che a sua volta si traduce in un aumento dellavita sedentaria. L’ipomobilità si associa a depres-sione, perdita di motivazione, impoverimentodelle relazioni sociali e, attraverso una cascata dicomplicanze secondarie e terziarie (decondizio-namento cardiovascolare, ipotrofia muscolare, ri-duzione di lunghezze muscolari e articolarità,osteoporosi, facile faticabilità ecc.), va ad ampli-ficare la menomazione, e quindi la disabilità e larestrizione alla partecipazione, in un circolo viziosoche si autoalimenta.Indipendentemente dalla malattia di origine, lasedentarietà diventa pertanto il minimo comunedenominatore che determina e accelera il processodi disabilità.L’AFA (Attività Fisica Adattata) ha diversi ruoli:ricondizionare al termine della riabilitazione, com-battere l’ipomobilità, favorire la socializzazione,

promuovere stili di vita più corretti (prevenzione),e appare quindi come un valido presidio in gradonon solo di interrompere tale circolo vizioso, madi creare un circolo virtuoso.Le AFA sono programmi di attività fisica non sa-nitaria svolti in gruppo, adattati per specifiche al-terazioni croniche dello stato di salute, per la pre-venzione secondaria e terziaria della disabilità.AFA o APA è un termine “ombrello” utilizzato intutto il mondo per individuare un’area interdisci-plinare di saperi che include attività di educazionefisica, tempo libero, danza, sport, fitness e riabili-tazione per individui con impedimenti, a qua-lunque età e lungo il ciclo della vita.Viene praticata da più di vent’anni in molti Paesieuropei ed extraeuropei ed è gestita a livello in-ternazionale dall’IFAPA (International Federationof Adapted Physical Activity), il cui principale obiet-tivo consiste da un lato nello sviluppo della ricerca,dall’altro nel miglioramento dell’interazione traaspetti teorici e aspetti pratici connessi a tali atti-vità.L’AFA non è attività riabilitativa, ma di manteni-mento e prevenzione, finalizzata a facilitare l’ac-quisizione di stili di vita utili a mantenere la mi-gliore autonomia e qualità di vita possibile.Gli obiettivi dell’AFA sono quelli della preven-zione delle complicanze secondarie e terziarie del-l’immobilità conseguente a una patologia cronica,che si traduce in un contenimento della disabilitàsovrapposta non patologia correlata e, di conse-guenza, in una promozione dell’autonomia. Per-tanto, da un’AFA svolta con regolarità potrannoderivare: miglioramento del cammino e della re-sistenza allo sforzo, minori difficoltà a compierele attività della vita quotidiana necessarie per l’au-tonomia in ambito domestico e fuori casa.Laddove depressione e demotivazione vengonoad aggravare il circolo vizioso immobilità-disabi-lità, favoriscono e incentivano la socializzazione,

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migliorando il tono dell’umore, la motivazione ele relazioni sociali e familiari.Infine, non va dimenticato il valore dell’AFA insenso educazionale-formativo attraverso il coin-volgimento attivo del soggetto nel proprio pro-getto di salute e di autonomia possibile, graziealla promozione di una regolare attività e di piùappropriati stili di vita.L’utilità dell’AFA è individuabile a diversi livelli:• per il cittadino, in quanto attività di manteni-

mento di autonomie e socializzazione;• per la comunità come risposta globalmente in-

tesa a domande di salute fisica e psicologicaaltrimenti inevase;

• per le AUSL, in quanto consente di fornire ri-sposte di salute a basso costo, nel rispetto deicriteri di efficacia, efficienza, appropriatezza econ elevata soddisfazione dell’utenza;

• per le UO di Medicina Fisica e Riabilitazione,rappresentando una risposta congrua che allostesso tempo consente una riduzione delle listed’attesa per trattamenti riabilitativi, in parti-colare in due ambiti ben distinti: le sindromialgiche da ipomobilità e le patologie neurolo-giche croniche o cronico-progressive.

L’attuale quadro normativo di riferimento, ilDPCM 29 novembre 2001 [definizione dei LivelliEssenziali di Assistenza (LEA)], definisce nell’al-legato 2B le prestazioni parzialmente escluse daiLEA, in quanto erogabili solo secondo specificheindicazioni cliniche. Ciò porta a individuare tuttauna serie di patologie, quali le sindromi algicheda ipomobilità e le patologie neurologiche croni-che, in cui un approccio di tipo sanitario risultainappropriato, ma al contempo altri tipi di inter-vento appaiono necessari.Per sindromi algiche da ipomobilità si intendonocondizioni di artrosi, osteoporosi e altre reumo-artropatie con disturbo algofunzionale, caratte-rizzate da andamento cronico e/o cronicizzante e

con un bisogno di adattamento del proprio stiledi vita, solitamente sedentario, che induce unaforte restrizione alla partecipazione nelle attivitàdella vita quotidiana. Si tratta di una casisticaestremamente frequente negli ambulatori di Me-dicina Fisica e Riabilitazione, con richieste di sa-lute cui è difficile, nell’ambito dell’attuale quadronormativo e del corretto utilizzo delle risorse sa-nitarie disponibili, fornire una risposta sanitariaspecifica. Questo anche in considerazione dell’as-senza, per queste patologie, di robuste evidenzescientifiche circa l’efficacia e l’appropriatezza diinterventi sanitari nell’ambito della Medicina Fi-sica e Riabilitazione. Questo nella piena consape-volezza che l’ipomobilità, prodromica di uno stiledi vita sedentario, peggiora il circolo vizioso sopradescritto, per cui alla menomazione, alla perditadi capacità funzionali, alla restrizione alla parte-cipazione, causate dalla patologia primaria, si so-vrappongono quelle di tipo secondario e terziario,con progressivo aggravamento del quadro. Altrettanto si può dire per tutte quelle patologieneurologiche o neuromuscolari di tipo cronico ocronico-progressivo, che condizionano pesante-mente autonomia, partecipazione e qualità di vita,in cui la cascata del danno secondario e terziariolegato all’ipomobilità massimizza il danno prima-rio e contribuisce in larga misura al progressivoabbassamento del profilo funzionale della Persona. Anche per tali condizioni gli ambulatori di MedicinaFisica e Riabilitazione si trovano frequentemente difronte a una domanda riabilitativa impropria, con-siderata l’efficacia pressoché nulla dei classici “cicli”di riabilitazione in situazioni di cronicità e stabiliz-zazione e l’impossibilità a mettere in atto, in ambitosanitario, attività continuative di prevenzione dellecomplicanze. In tali condizioni di salute l’AFA potràessere la scelta idonea laddove lo specialista in riabi-litazione abbia valutato la contingente inappropria-tezza di ogni trattamento riabilitativo.

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Per l’accesso al servizio AFA si propone l’inviodello specialista fisiatra e/o del MMG; natural-mente con questi ultimi dovranno essere prelimi-narmente condivisi in modo chiaro i criteri di ac-cesso e di esclusione per tale tipologia di utenza esi deciderà il percorso formativo degli stessi al finedi evitare il più possibile incongruenze con i per-corsi riabilitativi.I luoghi in cui si svolgono le AFA possono esserepalestre comunali, strutture protette, associazioni,centri fitness, spazi all’aperto (piste ciclabili, per-corsi vita ecc.), comunque non ambienti sanitari. Fondamentale nella strutturazione dei percorsi enella ricerca di spazi dedicati risulta il coinvolgi-mento dei servizi sociali, associazioni di volonta-riato ecc.Per entrambi i gruppi di utenti gli operatori chepresiedono le attività non sono professionisti dellasanità. Per tutti questi operatori è indispensabileun’opportuna formazione specifica sulle tematichedella disabilità motoria. Fra le strutture specialistiche per la prescrizionedell’attività fisica, gli specialisti della Medicinadello Sport possono contribuire alla definizionedei protocolli di attività, monitorando l’evoluzionedel riadattamento. Poiché i programmi AFA non rientrano nelle pre-stazioni sanitarie riconosciute dal DPCM 29 no-vembre 2001, il costo non è attribuibile al ServizioSanitario Nazionale, ma vanno considerati comeideale prosecuzione del percorso di ricondiziona-mento da promuovere nel territorio e le Regioninel contesto della propria autonomia potrannodeterminarne le modalità applicative nell’ambitodelle loro scelte programmatiche.Il forte coinvolgimento dei servizi territoriali, as-sociazioni di volontariato ecc. risulterà molto utileai fini di contenere gli oneri economici entrolimiti ampiamente sostenibili.Le AFA si configurano come attività motorie di

gruppo; tali gruppi devono essere ristretti e omoge-nei, il criterio di aggregazione può basarsi sulla pa-tologia, o preferibilmente, sul profilo funzionale de-gli utenti. Altra caratteristica di tali programmi,trattandosi di attività di mantenimento, è di esserecontinuativi nel tempo: la durata di un ciclo di AFAnon dovrà essere inferiore a 3-4 mesi, con sedute dialmeno 1 ora 1 o meglio 2 volte la settimana.I soggetti attuatori di tali programmi devono ne-cessariamente rispondere a criteri di garanzia quali:svolgimento delle attività con utilizzo di personalequalificato (vedi sopra), adesione al programmaAFA determinato dall’AUSL attraverso protocollid’intervento, periodico invio di adeguata reporti-stica ai fini di un monitoraggio statistico-epide-miologico, comunicazione ufficiale delle date diinizio e fine della sessione annuale AFA, delle di-sponibilità giornaliere, degli orari delle sedute.Dal canto suo, l’AUSL dovrà impegnarsi a indi-viduare i soggetti competenti ad attuare i pro-grammi AFA, a ricercare/sviluppare collaborazionicon i servizi e con le associazioni del territorio, ainformare e indirizzare gli utenti, a esercitare unafunzione di coordinamento e controllo di qualità,sicurezza, appropriatezza rispetto alle attività pro-poste.In particolare, il fisiatra può proporre il pazienteper il percorso AFA in base a dati criteri (stabiliz-zazione del quadro clinico, modificabilità o menodel quadro, prognosi funzionale, collaborazioneecc.); può rivalutare il caso, secondo modalitàconcordate, qualora intervengano impreviste mo-dificazioni del quadro clinico e funzionale; puòcontribuire all’elaborazione dei programmi di at-tività compatibili con lo stato psicofisico degliutenti. Da tutto questo si evince come l’AFAdebba essere considerata, in un’ottica di sistema,un importante nodo della rete degli interventisulla disabilità. Per un criterio di equità di accesso, dovranno es-

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La riabilitazione nel continuum assistenziale: Governo Clinico, Percorso Riabilitativo Unico, luoghi di cura

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sere garantite un’organizzazione e l’attivazione diuna rete di offerta diffusa e omogenea su tutto il territorio aziendale.

Appendice

Evoluzione delle strutture ex art. 26 Legge 833/78

Le strutture già classificate come ex art. 26 dellaLegge 833/78 hanno una storia che risale aglianni Settanta, in particolare alla Legge sull’invali-dità civile n. 118/71, che all’art. 4 recitava: “Il Ministero della Sanità, nei limiti di spesa previstidalla presente Legge per l’assistenza sanitaria e inmisura non superiore ai due miliardi di lire, ha fa-coltà di concedere contributi a enti pubblici e a per-sone giuridiche private non aventi finalità di lucroper la costruzione, la trasformazione, l’ampliamento,l’impianto e il miglioramento delle attrezzature deicentri di riabilitazione, nonché di altre istituzioniterapeutiche quali focolari, pensionati, comunità ditipo residenziale e simili”.Le strutture citate che ospitavano minori di età in-feriore agli anni 18 dovevano istituire anche corsidi istruzione per la scuola dell’obbligo e in seguitoanche attività di formazione professionale. Il Mi-nistero erogava anche contributi a Enti pubblici oprivati che avessero provveduto alla formazione delpersonale di riabilitazione. Questi servizi sono staticaratterizzati anche da esperienze formative pereducatori, fisioterapisti, docenti specializzati ecc. La ratio di queste strutture si può esplicitare comeuna prima risposta alle situazioni di handicap, de-

rivate da malattie, di carattere congenito o acquisitoe/o progressivo (dovute a cerebrolesioni), esitantiin motolesioni, neurolesioni o disadattamenti so-ciali (come si può osservare, nell’ultimo caso, pro-blemi comportamentali erano assimilati all’han-dicap). La risposta fornita dalle strutture era ditipo integrato tra funzioni riabilitative e didattico-educative (scuola/formazione). Certamente il profilo dell’handicap si è notevol-mente modificato nel tempo e gli inserimentinella scuola dell’obbligo e nei corsi di qualifica-zione professionale hanno ridotto il bisogno col-legato all’apprendimento. Sono poi emersi nuoviproblemi di adattamento per soggetti disabili pro-venienti da Paesi in via di sviluppo o per gravi si-tuazioni di disagio ambientale. Le strutture a in-ternato devono quindi rispondere anche a richiesteprovenienti da parte dei servizi territoriali socialie sociosanitari e dal Tribunale dei minori; mentrequelle a seminternato si sono maggiormente orien-tate a funzioni riabilitative/educative, anche ditipo ambulatoriale, adottando percorsi terapeuticispecifici per le diverse tipologie di disabilità.

La Legge 833/78 ha inserito queste strutture nelconcetto più mirato delle prestazioni riabilitativee in questo senso il profilo “funzionale” deicentri/istituti esistenti avrebbe dovuto mutare perrispondere ai criteri più specifici della funzioneriabilitativa e non solo a criteri di accoglienza/ac-cudimento. I percorsi attuativi della Legge si sonopoi strutturati in contesti regionali diversi e hannopreso forme differenziate in base agli assetti so-ciosanitari regionali.

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4. Il modello organizzativo della rete in riabilitazione

tazione e i servizi territoriali in grado di garantirela continuità assistenziale nella fase degli esiti.In quest’ottica diventa elemento centrale la defi-nizione delle relazioni funzionali sia tra le diverserealtà organizzative sia all’interno di ciascuna, alfine di combinare le esigenze di qualità e di effi-cienza operativa di ciascuna struttura operativacon le ragioni dell’efficienza allocativa del sistema.Analogamente si può garantire l’equità di accessodella popolazione a un intervento sanitario di qua-lità e appropriato e diventa indispensabile deli-neare le caratteristiche che devono possedere i varipunti della rete al fine di garantire le funzioni as-segnate nell’ambito della rete attraverso la colla-borazione tra i servizi che costituiscono la rete,secondo i diversi livelli di complessità dell’inter-vento attribuiti ai medesimi. Pertanto, si può fornire una risposta differenziatain relazione alle diverse caratteristiche e comples-sità delle disabilità attraverso la disponibilità diun setting riabilitativo completo di tutte le fasiospedaliere e territoriali per la realizzazione delProgetto Riabilitativo Individuale (PRI).Quanto sopra esposto permette la realizzazionedi un modello organizzativo-funzionale focalizzatosui bisogni del paziente, per la realizzazione delquale deve essere necessariamente fornito un si-stema di garanzia sull’intero percorso.

La riabilitazione costituisce un settore di inter-vento per il quale è importante garantire una pia-nificazione delle attività finalizzate al recuperofunzionale dei pazienti in un sistema di serviziper la salute a diversi livelli e specificità (fase acuta,fase post-acuta, fase degli esiti) che tenga in con-siderazione la necessità di una visione organica eintegrata tra sistema sanitario e sociale.Lo svolgimento delle attività riabilitative deve es-sere costantemente aggiornato al fine di garantiregli interventi sanitari appropriati, la continuitàdei percorsi delle cure e la razionalità nell’uso dellerisorse con interventi integrati.La programmazione secondo il concetto di rete èuna logica di organizzazione che pone priorita-riamente l’attenzione sulle relazioni funzionali ri-spetto all’organizzazione interna della singola realtàorganizzativa e comporta molte implicazioni ge-stionali a tutti i livelli. Per l’area della riabilitazionel’attuazione di un modello di rete Hub & Spokeprevede una configurazione organizzativa dellestrutture assistenziali e un sistema di governo deiprocessi in grado di offrire continuità di cura.Con la riorganizzazione della rete ospedaliera se-condo il modello Hub & Spoke, in particolarenel passaggio dalla fase riabilitativa a quella degliesiti, si possono realizzare specifici sistemi di co-ordinamento e integrazione tra i servizi di riabili-

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specialistiche. Questo modello diventa garanzia dicontinuità terapeutica con il momento acuto dellapatologia disabilitante, specie per le Persone conalto rischio di sviluppo di complicanze e riduzioneo perdita del potenziale di recupero attraverso unapresa in carico multiprofessionale e interdisciplinare.Nell’ambito dell’attività riabilitativa deve essere ga-rantito un elevato impegno terapeutico distribuitonell’arco dell’intera giornata con almeno 3 ore diterapia specifica da parte di professionisti della ria-bilitazione per almeno 5 giorni la settimana.Nell’ambito dell’organizzazione della rete Hub &Spoke viene individuata una serie di nodi distintiper la fase del percorso in cui si collocano e per lecaratteristiche dell’intervento che sono chiamatia portare. Questa organizzazione capillare conparticolare riferimento alla fase territoriale con-sente alla Persona di avere un riferimento certoche segue tutto il suo percorso post-ricovero man-tenendo un’osservazione e un monitoraggio del-l’evoluzione del quadro clinico. Inoltre, tale mo-dello costituisce un riferimento per tutti gli ope-ratori del settore sociale che possono intervenirenel percorso di cura integrando le azioni di recu-pero e assumendo la responsabilità della gestionedella Persona al termine del percorso riabilitativo.L’integrazione con l’Unità di Valutazione Riabili-tativa (UVR) permette adeguati controlli neltempo ed eventuali ulteriori attività riabilitativeche si rendessero necessarie.

Infatti, l’integrazione delle risorse e delle compe-tenze disponibili nell’ambito dell’offerta di servizisia da parte delle strutture pubbliche sia da partedi quelle private può essere realizzata attraversoun Governo Clinico complessivo del sistema direte con l’adozione di Linee guida condivise, ladefinizione e condivisione dei percorsi clinico-as-sistenziali, lo sviluppo delle attività di audit clinico,la raccolta sistematica di indicatori di performance.Il modello Hub & Spoke si configura come un si-stema di relazioni fra unità produttive in cui i pa-zienti sono trasferiti verso una o più unità centralidi riferimento (gli Hub) quando la soglia di com-plessità degli interventi previsti nelle sedi periferiche(gli Spoke) viene superata. In tale concezione sipuò anche parlare di una razionalizzazione del si-stema produttivo con la produzione di attività com-plesse in centri di riferimento e l’attenzione si spostasulle relazioni funzionali rispetto all’organizzazioneinterna delle unità produttive. Nell’ambito dellarete le Strutture degenziali di Riabilitazione Inten-siva vedono concentrata la produzione dell’attivitàassistenziale e riabilitativa con la competenza delmedico specialista in riabilitazione dirette al recu-pero funzionale di Persone con disabilità complesseemendabili di natura e gravità tali da rendere ne-cessaria la tutela medica e interventi di nursing aelevata specificità, nonché interventi valutativi eterapeutici intensivi non erogabili in altra forma,con la possibilità di interazioni con altre discipline

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4Il modello organizzativo della rete in riabilitazione

Setting riabilitativo

Hub

Struttura Complessa di AltaSpecialità di Riabilitazione,dedicata alla specificità della patologia e allacomplessità del caso

Hub & Spoke

Strutture Complesse di Riabilitazione dotate di degenza di riabilitazioneintensiva

Spoke A(ospedaliero)

Strutture di Riabilitazione che svolgono funzione di Spokeper la gestione del pazientericoverato nei reparti per acuti

SPOKE O(ospedaliero ed extraospedaliero)

Strutture Complesse di Riabilitazione dotate di degenza intensiva

Che cosa fa

• Presa in caricoomnicomprensiva delle Personecon disabilità complessa

• Attività di “secondo parere” suprogetti riabilitativi svolti dallestrutture (dagli Spoke) della rete

• Raccogliere, elaborare e mettere a disposizione dei centri della rete i dati del sistema informativo

• Promuovere le attività di audit all’interno della rete

• Promuovere attività di ricercaall’interno della rete

• Mettere a disposizione delle altre strutture competenzeutili alla formazione/training e aggiornamento degli operatorie dei caregiver

• La presa in caricoomnicomprensiva delle Personecon disabilità complesse, con articolazioni organizzativespecificamente dedicate

• Accogliere pazienti chepresentano fabbisognoassistenziale complesso e nongestibile presso gli Spoke O

• Pianificazione e attuazione degli interventi riabilitativi

• Cooperazione con i reparti della fase acuta

• Definizione del bisognoriabilitativo possibile in fasepost-acuta

• Attivazione delle strutture della rete riabilitativa per unatempestiva presa in carico in fase post-acuta

• Presa in caricoomnicomprensiva delle Personecon disabilità complessaprovenienti dai reparti per acuti

• Collabora con i centri Hub & Spoke o Hub per la gestione dei pazienti a più elevata complessità

Area di riferimento

Centro di riferimento avalenza sovraziendale e/oregionale strettamenteintegrato funzionalmentecon la rete complessiva deiservizi sanitari diriabilitazione

Ambito territorialesovraziendale e/oprovinciale, con possibilità di supporto agli altri Hub & Spoke o all’Hub per l’intera area regionale se necessario

Ambito aziendale

Ambito aziendale

Requisiti

Personale e attrezzatureDotazione di medici specialistiin riabilitazione, di professionisti dell’areainfermieristica e riabilitazionesecondo quanto indicato dagli accreditamenti regionaliper le strutture ad altaspecialità riabilitativa

Personale e attrezzatureDotazione di medici specialistiin riabilitazione, di professionisti dell’areainfermieristica e riabilitazionesecondo quanto indicato dagli accreditamenti regionaliper le strutture ad altaspecialità riabilitativa

Personale• Referente medico specialistain riabilitazione di rete,professionisti dell’areariabilitativa

• Competenze specialistichenella gestione del percorsoriabilitativo del paziente

Personale e attrezzatureDotazione di medici specialistiin riabilitazione, di professionisti dell’areainfermieristica e riabilitazionesecondo quanto indicato dagliaccreditamenti regionali

Tavola sinottica Rete delle Strutture di Riabilitazione

(continua)

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SPOKE T(territoriale)

Strutture di Riabilitazioneambulatoriali, domiciliari,extrospedaliere

• Accolgono i pazienti residentiprovenienti dal centro Hub & Spoke o Hub per completamento del progetto riabilitativo

• Predisposizione del piano di domiciliazione attivandotempestivamente i referentidella fase territoriale Spoke T

• Gestione dei percorsi di deospedalizzazione e reinserimento delle Persone al domicilio o in strutturealternative al ricovero

• Effettuazione di interventiriabilitativi erogabili con modalità ambulatoriale o domiciliare

• Attivazione ed erogazione degli interventi finalizzati al reinserimento socio-lavorativo e scolastico

Ambito aziendalePersonale Medici specialisti in riabilitazione, medico di medicina generale,professionisti dell’areariabilitativa sanitaria, sociale e della formazioneprofessionale-scolastica

Strumento• UVR (Unità di ValutazioneRiabilitativa):- medico specialista di riabilitazione(responsabile clinico)

- professionista area di riabilitazione (responsabile tecnico)

Setting riabilitativo Che cosa fa Area di riferimentoRequisiti

Tavola sinottica Rete delle Strutture di Riabilitazione

(segue)

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5. Sicurezza ed efficacia delle apparecchiature in riabilitazione

mazioni che devono essere fornite dal fabbricantecon le apparecchiature stesse. Le informazioni fornite dal fabbricante sono co-stituite dalle indicazioni riportate sull’etichetta edalle indicazioni contenute nelle istruzioni perl’uso. Se del caso, tali informazioni vanno fornitesotto forma di simboli secondo Normativa appro-priata UNI CEI EN 980 del 2009 – Simboli uti-lizzati per l’etichettatura dei Dispositivi Medici.Tra le Norme tecniche applicabili ai dispositivi permedicina fisica e riabilitativa, la Norma GeneraleCEI EN 60601-1 è la Norma armonizzata generalerelativa agli apparecchi elettromedicali. Tale Normastabilisce che “l’apparecchio elettromedicale deveessere accompagnato da una documentazione, con-tenente almeno le istruzioni d’uso, una descrizionetecnica e un indirizzo a cui l’operatore possa fare ri-ferimento” e afferma che “la documentazione an-nessa deve essere considerata come una parte inte-grante dell’apparecchio stesso”. La documentazioneannessa deve contenere tutte le informazioni im-portanti per l’utilizzatore, l’operatore, l’installatoreo montatore dell’apparecchio riguardanti partico-larmente la sicurezza. Laddove esista un rischio per la salute dei pazienti,degli operatori tecnici o dei terzi, i dispositivi chesono anche macchine ai sensi dell’articolo 2, letteraa), della Direttiva 2006/42/CE (recepimento ita-

Il quadro normativo di riferimento

Nell’ambito della riabilitazione vengono utilizzatedifferenti tipologie di apparecchiature, le quali, comeè noto, erogano diversi tipi di energia (es. il calore,gli ultrasuoni, le radiazioni elettromagnetiche ecc.). Alcuni aspetti correlati a tali apparecchiature me-ritano di essere presi in considerazione per i riflessiche possono avere sull’efficacia della prestazione ela sicurezza dei pazienti, degli operatori e di terzi.Le apparecchiature utilizzate nel settore della me-dicina fisica e riabilitativa si configurano comedispositivi medici sulla base della Direttiva93/42/CEE, come da ultimo modificata dalla Di-rettiva 2007/47/CE, recepita in Italia dal D.Lgs.46/97, da ultimo modificato dal D.Lgs. 37/2010.L’applicazione puntuale della Direttiva 93/42/CEgarantisce agli utenti (pazienti) e agli utilizzatoriche un dispositivo medico è stato progettato efabbricato per rispondere ai requisiti essenziali disicurezza ed efficacia, quindi al fine di erogareprestazioni scientificamente “valide” (in base allostato dell’arte), e che il suo impiego può essereconsiderato “sicuro”, nelle normali condizioni diutilizzo, per il paziente, l’utilizzatore ed eventual-mente di terzi, in relazione all’uso previsto. I re-quisiti relativi alla progettazione e alla costruzionedi tali apparecchiature prevedono anche le infor-

n. 8, marzo-aprile 2011

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gia, impiegate in Medicina Fisica e Riabilitativa,emerge una significativa eterogeneità, per quantoriguarda l’indicazione delle caratteristiche tecnichee delle Norme di sicurezza seguite nella costru-zione di tali strumenti. Ne consegue che i para-metri dichiarati dalle ditte costruttrici non sono,in molti casi, confrontabili tra loro. Inoltre, sono emerse significative difformità, neimanuali di alcuni prodotti, riguardo alle istruzionirelative alla regolare manutenzione per il correttofunzionamento del dispositivo, pertanto è sicura-mente auspicabile un sistema di verifiche più con-gruo e omogeneo. Appare opportuno raccoman-dare che le aziende operanti nel settore si rifaccianoalle conoscenze tecniche in argomento per fornireindicazioni congrue e omogenee per ciascuna ti-pologia di apparecchio.Per quanto riguarda i controlli periodici di sicurezzaeffettivamente condotti sulle apparecchiature, inmolti casi essi si limitano sostanzialmente alla verificadel solo aspetto della sicurezza elettrica, mentre solooccasionalmente si procede all’ispezione dell’appa-rato grafico (etichette ecc.) dell’apparecchiatura. Appare cruciale, quindi, verificare che quanto di-chiarato dal fabbricante e verificato dall’Organi-smo Notificato (che ha certificato il prodotto aifini della marcatura CE), riguardo alle specifichefunzionali (es. l’energia erogata) sia e si mantengacoerente nel tempo e che tutti i parametri previstiper il funzionamento (frequenza, intensità, am-piezza ecc.) siano effettivamente mantenuti.Conseguentemente, sarebbe auspicabile che le au-torità competenti, nei loro periodici controllipresso i presidi medici, richiedessero, oltre alladocumentazione relativa ai test di sicurezza, la di-mostrazione del corretto funzionamento dell’ap-parato in termini di erogazione della prestazione,a partire da quanto richiesto dall’impianto nor-mativo disponibile per quel prodotto.È stata avviata da parte del Ministero della Salute,

liano D.Lgs. 17/2010) devono rispettare altresì irequisiti essenziali in materia di salute e sicurezzastabiliti nell’allegato I di tale Direttiva, qualoradetti requisiti essenziali in materia di salute e si-curezza siano più specifici dei requisiti essenzialistabiliti nell’allegato I del D.Lgs. 46/97.In particolare, questo significa che le istruzioni perl’uso fornite dal fabbricante devono per i suddettidispositivi tenere conto anche di quanto richiamatoal punto 1.7.4.2. della Direttiva 2006/42/CE.Ogni dispositivo medico in commercio nell’UnioneEuropea deve recare la marcatura CE, il suo utilizzodeve essere conforme alla destinazione d’uso previstae deve possedere un piano di manutenzione ordi-naria e straordinaria, stabilito dal fabbricante e pre-sente nelle istruzioni per l’uso del prodotto. In con-siderazione della sua destinazione d’uso e delle suecaratteristiche tecniche, il dispositivo deve soddisfarerequisiti essenziali di efficacia e sicurezza specifici,che devono essere garantiti non solo al momentodell’immissione in commercio, ma anche mante-nuti nel tempo, per tutto il suo ciclo di vita utile,grazie a una corretta istallazione e adeguata manu-tenzione. A tali fini il fabbricante può riferirsi alleNorme armonizzate di settore; l’adempimento dellerichieste di dette Norme è presunzione di confor-mità del prodotto ai requisiti essenziali della Di-rettiva. Nel caso in cui il produttore non utilizzidette Norme armonizzate, dovrà farsi carico di di-mostrare con metodologie appropriate la confor-mità ai requisiti essenziali della Direttiva. È pertanto necessario che gli utilizzatori di appa-recchi che si configurano come dispositivi medicisi assicurino che questi ultimi siano dotati del mar-chio CE applicato ai sensi della Direttiva 93/42.

I controlli sulle apparecchiature

Da un’analisi condotta sui manuali d’uso di alcuneapparecchiature eroganti diverse tipologie di ener-

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5Sicurezza ed efficacia delle apparecchiature in riabilitazione

I livelli di evidenza clinica sono suddivisi in:• Ia – revisioni sistematiche di studi clinici ran-

domizzati;• Ib – almeno uno studio clinico controllato e

randomizzato;• IIa – almeno uno studio clinico controllato

non randomizzato;• IIb – altri tipi di studi controllati di buona

qualità;• III – studi non controllati di buona qualità (serie

di casi, studi di correlazione, studi descrittivi);• IV – opinione di esperti. La forza delle raccomandazioni viene divisa in: • A (basate su informazioni scientifiche di livello

Ia o Ib); • B (basate su informazioni scientifiche di livello

IIa, IIb e III), C (basate unicamente su opi-nioni di esperti – Livello IV).

Una prima analisi della letteratura internazionalein materia di terapie effettuate con i mezzi fisici,a carattere generale, dimostra come il compito siriveli molto complesso, dal momento che è ampia,ma tuttavia disomogenea, la produzione di lavoriin questo ambito. Viene quindi ritenuto fonda-mentale procedere, per il tramite di un appositoosservatorio, non solo all’analisi della letteraturagià presente, per comprendere quali gradi di evi-denza siano già disponibili, ma anche, per i casiove il livello di evidenza risultasse il più basso frai tre previsti, continuare a monitorare la letteraturanel tempo, al fine di identificare eventuali nuovistudi che possano variare il livello di evidenza as-segnato alla tecnica terapeutica.Soprattutto ove le evidenze siano ancora modeste,si ritiene utile suggerire l’effettuazione di nuovistudi, metodologicamente robusti e con un nu-mero di casi appropriato, al fine di consentire ungiudizio sull’efficacia clinica delle tecniche tera-peutiche in sé o di loro specifiche applicazioni.

nell’ambito dell’attività di sorveglianza nel settoredei dispositivi medici, un’attività ispettiva pressoi fabbricanti dei dispositivi medici in questione,al fine di valutare, tra l’altro, l’analisi dei rischi e icontenuti degli stampati e al fine anche di mi-gliorare la sensibilità – e quindi la professionalità– di chi opera nel settore sul mercato italiano.

Raccomandazioni per la gestione e l’utilizzo

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, è op-portuno effettuare una valutazione orientata agliambiti più diffusi: magnetoterapia, elettroterapia,energia vibratoria, laser, ultrasuoni, diatermia dacontatto. Verranno riportate, quindi, delle racco-mandazioni per la gestione e l’utilizzo delle appa-recchiature elettromedicali in riabilitazione basatesulla legislazione e sulle Norme tecniche esistentiattraverso una scheda sinottica riassuntiva.

Evidenze scientifiche di efficacia

Un ulteriore approccio necessario all’utilizzo deimezzi fisici in Medicina Fisica e Riabilitazione ècostituito dall’analisi della letteratura scientificainternazionale, per vagliarne le diverse applicazionicliniche e per determinate patologie.Le evidenze relative alle tecniche terapeutiche ven-gono riportate all’interno di una “Piramide delleEvidenze”, sulla base della quale i lavori scientificivengono classificati secondo uno schema che vedealla base gli studi preliminari (su modelli animalio in vitro), a seguire quelli che esprimono opinionidi esperti o pareri di commissioni di esperti, le ci-tazioni di casi clinici, le serie di casi, gli studicaso-controllo, gli studi di coorte e, all’apice, glistudi clinici randomizzati (randomized controlledtrials, RCT) e le metanalisi di RCT (Oxford Centrefor Evidence Based Medicine, CEBM – Levels ofEvidence and Grades of Recommendation).

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Il datore di lavoro provvede, inoltre, affinché i la-voratori esposti a rischi derivanti da agenti fisicisul luogo di lavoro e i loro rappresentanti venganoinformati e formati in relazione al risultato dellavalutazione dei rischi.Anche al fine di garantire un uso sicuro delle at-trezzature di lavoro, per prima cosa il datore di la-voro ha l’obbligo, in base all’art. 71 del D.Lgs.81/08, di mettere a disposizione dei lavoratori,nell’ambiente di lavoro, attrezzature idonee ai finidella salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svol-gere o adattate a tali scopi, che devono essere uti-lizzate conformemente alle disposizioni legislativedi recepimento delle Direttive comunitarie.Nel caso di dispositivi medici commercializzatiprima del 14 giugno 1998, che sono acquistati,noleggiati, concessi in uso o in locazione finan-ziaria dopo il 15 maggio 2008, è fatto obbligo, inbase all’art. 72 del D.Lgs. 81/08, al noleggiatoree al concedente in uso, di attestare, sotto la propriaresponsabilità, che gli stessi siano conformi, almomento della consegna a chi acquisti, riceva inuso, noleggio o locazione finanziaria, ai requisitidi sicurezza di cui all’allegato V del D.Lgs. 81/08.Nel caso, invece, di dispositivi medici immessi incommercio dopo il 14 giugno 1998, le disposi-zioni legislative pertinenti alla loro conformitàsono riportate nel D.Lgs. 46/97 e successive mo-dificazioni. Occorre infine che il datore di lavoro predispongaun’adeguata formazione per gli operatori che ope-rano con attrezzature che richiedano, per il loroimpiego, conoscenze o responsabilità particolariin relazione ai loro rischi specifici.

Sicurezza dei lavoratori

Dal punto di vista della sicurezza dei lavoratori, idispositivi medici utilizzati per la pratica clinicadella Medicina Riabilitativa, come già accennatoin precedenza, possono esporre i lavoratori (ope-ratori sanitari), nell’ambiente di lavoro, a rischiprofessionali (elettrico, meccanico, campi elettro-magnetici, radiazioni, vibrazioni, rumore ecc.), lacui valutazione deve essere condotta nel rispettodel D.Lgs. 81/08.Nello specifico, oltre ai Titoli I e III del D.Lgs.81/08, per la particolarità dell’energia prodottabisogna fare specifico riferimento ai Capi del Ti-tolo VIII (Agenti Fisici) del succitato Decreto.Infatti, nell’ambito della valutazione di cui all’art.28 del D.Lgs. 81/08, il datore di lavoro deve va-lutare tutti i rischi derivanti da esposizione adagenti fisici, in modo da identificare e adottare leopportune misure di prevenzione e protezione,con particolare riferimento alle Norme di buonatecnica e alle buone prassi.In nessun caso i lavoratori devono essere esposti avalori superiori ai valori limite di esposizione de-finiti nei capi II, III, IV e V del Titolo VIII delD.Lgs. 81/08. Allorché, nonostante i provvedi-menti presi dal datore di lavoro, i valori limite diesposizione risultino superati, il datore di lavoroadotta misure immediate per riportare l’esposi-zione al di sotto dei valori limite di esposizione,individua le cause del superamento dei valori li-mite di esposizione e adegua di conseguenza lemisure di protezione e prevenzione per evitare unnuovo superamento.

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Sicurezza ed efficacia delle apparecchiature in riabilitazione 5

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Energia fisica: DIATERMIA DA CONTATTO

DefinizioneLa diatermia [il termine deriva dalle parole greche dia (attraverso) e terme (calore)] è una pratica curativa che fa uso di un aumentodella temperatura di zone del corpo non superficiali. Tale aumento di temperatura si ottiene per deposizione di energia di tipo elettriconella parte interessata (tessuti corporei). Esistono diverse classi di apparecchiature per diatermia, come quelle per irradiazione elettro-magnetica a onde corte (frequenze impiegate 27 MHz – marconiterapia), microonde (frequenze impiegate 2,5 GHz – radarterapia), oquelle per contatto attraverso elettrodi che realizzano un contatto di tipo galvanico (anche detto trasferimento energetico resistivo) ocapacitivo, operanti generalmente in un campo di frequenze intorno a 0,5 MHz. Saranno contemplate in questa scheda solo le apparecchiature per trasferimento per contatto che sembrano rappresentare un’evoluzionesul mercato rispetto alle altre classi di apparecchiature. La diatermia per contatto è costituita da un’apparecchiatura a radiofrequenzache somministra energia a una frequenza relativamente bassa (intorno a 0,5 MHz), attraverso due elettrodi a contatto con la cute, unodei quali può essere elettricamente isolato per interposizione di uno strato isolante fra elettrodo e cute. Gli effetti maggiormente riven-dicati sono incremento del microcircolo e vasodilatazione.

Effetti biologiciGli effetti biologici sono condizionati da: tensione applicata (Volts), dimensione degli elettrodi (impedenza di contatto), impedenza deitessuti.L’effetto termico nei tessuti è dovuto a effetto joule per passaggio di corrente e all’agitazione di “dipoli cellulari” sottoposti a campoelettrico alternato. Al variare dell’intensità di trattamento si possono ottenere effetti biologici diversificati, quali per esempio:• bassa intensità:- incremento del microcircolo,- biostimolazione cellulare,- analgesia;

• media intensità:- microiperemia capillare e precapillare,- ossigenazione intracellulare e tissutale;

• massima intensità:- aumento del metabolismo,- vasodilatazione,- aumento della temperatura.

Effetti clinici Livelli di evidenza scientifica

Lombalgia BDolore muscolare BCervicalgia CTendinopatie CSindrome del piriforme CRecupero muscolare C

(Le apparecchiature per diatermia da contatto sono attualmente molto utilizzate, in ambito medico-sportivo, nel trattamento di patologiemuscolo-scheletriche, con sensibile riduzione dei tempi di recupero)

ApparecchiatureLe apparecchiature generano una tensione alternata, solitamente intorno a 0,5 MHz, che viene applicata ai tessuti biologici medianteelettrodi di tipo capacitivo (isolati dal corpo umano mediante apposito materiale isolante) e resistivo (non isolati) e una piastra metallicacome elettrodo di ritorno.Le due armature contrapposte, ovvero gli elettrodi del condensatore, possono essere costituite solo dal metallo o costituite da metallocon un isolante per l’elettrodo attivo. Così, in base alla coppia di armature utilizzate si possono distinguere due differenti modi dierogare l’energia:• modalità capacitiva, in cui l’elettrodo attivo è applicato mediante un rivestimento isolante ai tessuti (secondo elettrodo). In questamodalità le cariche elettriche si concentrano in corrispondenza dell’elettrodo costituito dai tessuti affacciati all’isolante; la relativa

(continua)

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distribuzione di carica elettrica si concentrerà nelle strutture sottostanti, che saranno i tessuti maggiormente interessati dal riscalda-mento, in particolare quelli con maggiore contenuto d’acqua come muscoli e vasi, visto che i tessuti si comportano come conduttoridi seconda specie, sede di correnti ioniche;

• modalità resistiva, in cui sono presenti due elettrodi formati da piastre metalliche, applicati al tessuto biologico. Il dielettrico saràrappresentato dall’area presente all’interno del tessuto organico con dissipazione di energia nei tessuti a maggiore resistenza (ossa,legamenti, tendini).

Una volta definita l’area da trattare, si posiziona la piastra (elettrodo di ritorno) in un’area controlaterale all’elettrodo attivo. In base alla reazione che desidera creare all’interno dei tessuti, l’operatore può modulare l’intensità di trattamento. L’operatore posiziona l’elettrodo attivo mantenendolo a contatto con il tessuto, applicando tra l’elettrodo e la pelle una speciale cremaconduttrice che riduce la resistenza cutanea.

Elementi da inserire nel manuale d’uso e parametri da sottoporre a controlloLe apparecchiature per diatermia per trasferimento energetico capacitivo e resistivo, utilizzate in Medicina Fisica e Riabilitativa, trasfe-riscono energia ai tessuti del paziente mediante un segnale elettrico, modulato in un intervallo di frequenze intorno a 500 kHz (ondemedie) che viene fatto circolare nei tessuti del paziente attraverso due elettrodi. L’applicazione al paziente avviene mediante elettrodiisolati (accoppiamento capacitivo) o meno (accoppiamento resistivo). Per queste apparecchiature, le informazioni che devono essere fornite dal fabbricante sono indicate in termini generali nella Direttiva93/42/CEE, nella Norma UNI CEI EN 1041 del 2009 – Informazioni fornite dal fabbricante di dispositivi medici –, nella Norma GeneraleCEI EN 60601-1 del 2007 – Apparecchi elettromedicali Parte 1 –, nella Norma Collaterale CEI EN 60601-1-1 del 2003 – Prescrizioni disicurezza per i sistemi elettromedicali. In particolare, per quanto riguarda le informazioni relative alla Compatibilità Elettromagnetica delle apparecchiature (informazione dafornire nella documentazione annessa all’apparecchiatura), si fa riferimento alla Norma CEI EN 60601-1-2 Apparecchi elettromedicali– Parte 1 Prescrizioni generali sulla sicurezza – Norma Collaterale: Compatibilità elettromagnetica – Prescrizioni e prove. Per questa tipologia di apparecchiature non esistono delle Norme Particolari specifiche alle quali poter fare riferimento. Tra i possibiliparametri da controllare derivati dalla letteratura tecnica si possono elencare i seguenti:• potenza di targa e massima potenza emessa dall’apparecchiatura;• isolamento delle parti applicate e valutazione dell’impedenza di contatto;• caratterizzazione del campo irradiato;• intervallo di frequenza effettivamente erogato;• caratterizzazione degli elettrodi;• certificazione degli accessori.Per quanto riguarda l’usabilità di tali apparecchiature ci si deve riferire alla Norma CEI EN 60601-1-6 – Apparecchi elettromedicali –Parte 1 Prescrizioni generali relative alla sicurezza fondamentale e alle prestazioni essenziali – Norma Collaterale: usabilità del 2008.Le informazioni relative alla manutenzione di tali apparecchiature devono essere contenute nella documentazione annessa all’appa-recchiatura stessa. La Guida CEI 62-122 “Guida alle prove di accettazione e alla verifiche periodiche di sicurezza e/o di prestazione deidispositivi medici alimentati da una particolare sorgente di alimentazione” fornisce indicazioni operative legate alle prove di accettazione(collaudo) e alle verifiche periodiche di sicurezza e/o di prestazione dei dispositivi medici alimentati da una sorgente di energia, al finedi mantenere un livello di sicurezza accettabile.

Controindicazioni• Soggetti portatori di pacemaker• Donne in gravidanza• Infezioni• Neoplasie • Particolare attenzione nei soggetti con possibile alterazione della sensibilità termica (diabete, neuropatie ecc.)

Energia fisica: DIATERMIA DA CONTATTO

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Sicurezza ed efficacia delle apparecchiature in riabilitazione 5

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Energia fisica: ELETTROTERAPIA

DefinizioneS’intende per elettroterapia l’utilizzo a fini curativi degli effetti fisici e biologici dell’elettricità. L’elettroterapia in ambito medico vienedistinta in elettroterapia antalgica ed elettroterapia di stimolazione muscolare o neuromuscolare.Uno stimolatore neuromuscolare per uso in fisioterapia viene definito, secondo le normative di riferimento, come “un apparecchio checonsente l’applicazione di correnti elettriche per mezzo di elettrodi in diretto contatto con il paziente per la diagnosi e la terapia didisturbi neuromuscolari”.

Effetti biologiciLe principali manifestazioni provocate dal passaggio della corrente elettrica attraverso i tessuti umani sono l’effetto chimico di modificadei potenziali elettrici transmembrana, la vasodilatazione, anche attraverso l’inibizione delle fibre del sistema simpatico, l’effetto ec-cito-motorio, l’effetto antalgico, come descritto secondo la teoria del gate control (R. Melzack e P. Wall), l’effetto termico.

Effetti clinici Livelli di evidenza scientifica Apparecchiature erogatrici di

Iperalgesia A TENSLombalgia A TENSGonartrosi A TENSDismenorrea A TENSOsteoartrosi A TENSArtrite reumatoide con localizzazione alla mano A TENSFibromialgia B TENSBruxismo B TENSSpasticità B TENSCervicalgia B TENSColpo di frusta B TENSDolore di origine neoplastica B TENSDolori radicolari B Correnti interferenzialiLombalgia da fratture vertebrali C Horizontal TherapyParalisi cerebrali infantili B FESPiede cadente post-ictus B FESTraumi midollari B NMESCervicalgia B Correnti diadinamicheLombalgia cronica C Horizontal TherapyTraining muscolare in pazienti con scompenso cardiaco C Elettroterapia di stimolazione

TENS Stimolazione elettrica transcutanea del nervo.FES Stimolazione elettrica funzionale.NMES Stimolazione elettrica neuromuscolare.Horizontal Therapy Questa metodica, utilizzando la modulazione di frequenza e mantenendo orizzontale (costante) i livelli

di intensità della corrente, ottiene sui tessuti biologici gli effetti delle medie e basse frequenze.

Elementi da inserire nel manuale d’uso e parametri da sottoporre a controlloL’elettroterapia per stimolazione muscolare viene effettuata tramite gli stimolatori neuromuscolari, cioè apparecchi che consentonol’applicazione di correnti elettriche per mezzo di elettrodi in diretto contatto con il paziente per la diagnosi e la terapia di disturbi neu-romuscolari.Per gli stimolatori neuromuscolari, le informazioni che devono essere fornite dal fabbricante sono indicate in termini generali nella Di-rettiva 93/42/CEE, nella Norma UNI CEI EN 1041 del 2009 – Informazioni fornite dal fabbricante di dispositivi medici –, nella NormaGenerale CEI EN 60601-1 del 1998* - Apparecchi elettromedicali Parte 1 –, nella Norma Collaterale CEI EN 60601-1-1 del 2003 – Pre-scrizioni di sicurezza per i sistemi elettromedicali – e nelle Norme Particolari seguenti: CEI EN 60601-2-10 del 2001 – Apparecchi elet-tromedicali Parte 2: Norme particolari di sicurezza per gli stimolatori neuromuscolari –, CEI EN 60601-2-10/A1 del 2002 – Apparecchielettromedicali Parte 2: Norme particolari di sicurezza per gli stimolatori neuromuscolari.

(continua)

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Nella Norma Generale e nelle Norme Particolari specifiche sono riportate in dettaglio le informazioni che devono essere contenute nelleistruzioni d’uso e nella descrizione tecnica degli stimolatori neuromuscolari. In particolare, per quanto riguarda le informazioni relative alla Compatibilità Elettromagnetica delle apparecchiature (informazione dafornire nella documentazione annessa all’apparecchiatura), si fa riferimento alla Norma CEI EN 60601-1-2 – Apparecchi elettromedicaliParte 1: Prescrizioni generali sulla sicurezza –, alla Norma Collaterale – Compatibilità elettromagnetica: Prescrizioni e prove – e alleNorme Particolari CEI EN 60601-2-10 e CEI EN 60601-2-10/A1.La Norma CEI EN 60601-2-10 definisce lo stimolatore neuromuscolare per uso in fisioterapia e completa, rispetto alla Norma CEI EN60601-1, le informazioni che devono essere fornite dal fabbricante con l’apparecchiatura e individua i parametri da tenere sotto controllo,i cui valori devono essere indicati all’interno della documentazione annessa all’apparecchiatura stessa. Si riportano alcuni tra i parametrispecificati nella Norma:• forme d’onda di uscita (includendo eventuali componenti in continua): variazioni in funzione del tempo, dell’ampiezza di un segnaleelettrico (tensione o corrente) che appare sulla PARTE APPLICATA;

• durata degli impulsi: (durata della forma d’onda degli impulsi erogati al 50% della loro massima ampiezza);• frequenze di ripetizione degli impulsi; • ampiezza massima della corrente e/o della tensione di uscita.I parametri sopra riportati vanno valutati in funzione delle Resistenze di carico specificate dal costruttore all’interno della documentazioneannessa all’apparecchiatura.Le procedure di prova per il calcolo di questi parametri e i limiti di accettabilità dei valori misurati sono contenuti nella Norma CEI EN60601-2-10 e CEI EN 60601-2-10/A1. L’apparecchiatura risulta conforme se i valori misurati della durata dell’impulso, della frequenzadi ripetizione dell’impulso e delle ampiezze, includendo ogni componente a corrente continua, non si discostano di oltre ±30% daivalori specificati nei documenti di accompagnamento o indicati sull’apparecchio, quando si esegue la misura con un errore che nonsuperi il ±10% su una resistenza di carico nel campo specificato nei documenti di accompagnamento.Tra i controlli relativi a questa tipologia di apparecchiature, la Norma richiede di verificare che le fluttuazioni della tensione di alimen-tazione del ±10% non facciano variare l’ampiezza d’uscita, la durata degli impulsi o la frequenza di ripetizione degli impulsi dello sti-molatore di oltre il ±10%.Per apparecchi in grado di erogare valori superiori a 10 mA o 10 V (valori efficaci), vanno valutati i valori massimi di uscita per i vari tipidi elettrodi che il costruttore raccomanda di utilizzare con lo stimolatore. In particolare, con la resistenza di carico di 500 W la corrented’uscita non deve superare i limiti riportati all’interno della Norma stessa. La Norma prevede che: nel caso in cui un’uscita abbia componenti in corrente sia alternata sia continua, esse siano misurate separa-tamente e comparate con i limiti ammessi; per durate di impulsi minori di 0,1 s, l’energia dell’impulso con una resistenza di carico di500 W non superi 300 mJ per impulso; per valori più elevati di durata dell’impulso, sia applicato il limite sopra indicato per la correntecontinua; per la tensione d’uscita non sia superato un valore di picco di 500 W, quando tale tensione sia misurata in condizioni dicircuito aperto; nel caso che le PARTI APPLICATE, cioè gli elettrodi degli stimolatori e tutte le parti connesse conduttivamente a esso,siano alimentate da più di un circuito d’uscita simultaneamente (es. per terapie interferenti), i suddetti limiti devono essere applicati aognuno dei circuiti d’uscita.Dalla Norma vengono fornite anche le seguenti indicazioni per effettuare le misure:• si deve incorporare un regolatore dell’ampiezza d’uscita che controlli l’uscita dello stimolatore dal minimo al massimo in modo con-tinuo o a gradini non superiori ciascuno a 1 mA o a 1 V. Alla sua impostazione minima, l’uscita non deve superare il 2% di quella di-sponibile in corrispondenza della posizione massima del controllo. La misura deve essere effettuata utilizzando l’impedenza di caricoche è la meno favorevole nel campo di variabilità specificato nella documentazione annessa.

Per quanto riguarda l’usabilità di queste apparecchiature ci si deve riferire alla Norma CEI EN 60601-1-6 – Apparecchi elettromedicaliParte 1: Prescrizioni generali relative alla sicurezza fondamentale e alle prestazioni essenziali – Norma Collaterale: usabilità – del 2008.Le informazioni relative alla manutenzione degli stimolatori neuromuscolari devono essere contenute nella documentazione annessaall’apparecchiatura. La Guida CEI 62-122 “Guida alle prove di accettazione e alla verifiche periodiche di sicurezza e/o di prestazionedei dispositivi medici alimentati da una particolare sorgente di alimentazione” fornisce indicazioni operative legate alle prove di accet-tazione (collaudo) e alle verifiche periodiche di sicurezza e/o di prestazione dei dispositivi medici alimentati da una sorgente di energia,al fine di mantenere un livello di sicurezza accettabile.*Nonostante esista una Normativa Tecnica Generale del 2007, è stata presa come riferimento la Normativa del 1998, in quanto leNorme Particolari si appoggiano alla Norma Generale del 1998.

Energia fisica: ELETTROTERAPIA

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Controindicazioni• Soggetti portatori di pacemaker• Soggetti portatori di protesi articolari e osteosintesi metalliche• Epilessia• Lesioni della cute• Ipoestesia cutanea • Donne in stato di gravidanza• Neoplasie

Energia fisica: ELETTROTERAPIA

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Energia fisica: LASERTERAPIA

DefinizioneIl laser è l’ultimo e il più avanzato tipo di sorgente luminosa oggi a nostra disposizione. LASER (Light Amplification by Stimulated Emissionof Radiation) significa amplificazione di luce per mezzo di un’emissione stimolata di radiazioni. L’enorme vantaggio della radiazione laser,rispetto alle altre sorgenti, è la sua elevatissima intensità, direzionalità e monocromaticità. Inoltre, la luminosità (brillanza) delle sorgentilaser è elevatissima rispetto alle sorgenti luminose tradizionali. Queste proprietà sono alla base del vasto ventaglio di applicazioni.Un apparecchio laser a uso medico è definito, secondo le normative di riferimento, come un PRODOTTO LASER, cioè un apparecchio oinsieme di componenti che costituisce, incorpora o è destinato a incorporare un laser o un sistema laser e che non è venduto a un altrocostruttore per essere utilizzato come componente (o come ricambio per un componente simile) di un apparecchio elettronico, destinatoall’applicazione della RADIAZIONE LASER ai tessuti biologici a fini diagnostici o terapeutici.

Effetti biologiciQuando la luce colpisce la superficie di un tessuto biologico, il 3-5% di essa viene riflesso, la parte rimanente si propaga all’interno deltessuto, in parte viene assorbita, in parte diffusa (scattering).In base all’intensità erogata, alla durata dell’esposizione alla radiazione laser e alle caratteristiche del tessuto, si possono distinguerediverse tipologie di interazione: fotochimica, fototermica e fotomeccanica.Interazione fotochimicaSi verifica quando l’energia assorbita dai cromofori presenti nel tessuto induce modificazioni di tipo chimico. Questo tipo di interazionepuò causare riarrangiamenti molecolari e reazioni che favoriscono l’attivazione enzimatica, la sintesi di acidi nucleici e proteine epossono anche modulare l’attività delle pompe di membrana.Interazione fototermicaIl riscaldamento dei tessuti avviene per conversione dell’energia elettromeccanica in energia termica; si realizza a seguito delle vibrazionie collisioni tra gli atomi eccitati. L’entità degli effetti biologici del calore è in gran parte controllata dall’assorbimento di molecole qualiacqua, emo-proteine, pigmenti e altre macromolecole. Interazione fotomeccanicaÈ un processo molto complesso, prodotto dall’assorbimento di impulsi laser di elevata potenza di picco. Può essere di tipo indiretto odiretto, comunque è sempre conseguente a particolari effetti fototermici. Sebbene l’interazione di tipo diretto sia responsabile in alcuni casi di effetti distruttivi (laser chirurgici), gli effetti fotomeccanici possonocostituire, se opportunamente controllati, uno stimolo positivo per l’omeostasi dei tessuti.Effetti a livello sistemico: antinfiammatorio e antiedemigeno, analgesico, stimolante i processi di riparazione dei tessuti.Effetti a livello tissutale: aumenta la sintesi di collagene e favorisce il rimodellamento matrice-tessuto, induce la neoangiogenesi,previene la formazione di cicatrici e lesioni ipercheratosiche. Effetti a livello cellulare: incremento nella sintesi di DNA e RNA, incremento nella sintesi di ATP, incremento dell’attività macrofagica,aumento della proliferazione e differenziazione di alcuni tipi di cellule (es. dei linfociti), rilascio di fattori di crescita da parte dei fibroblasti,aumento della produzione di molecole della matrice extracellulare.

Effetti clinici Livelli di evidenza scientifica

Osteoartrite AGonartrosi AArtrite reumatoide AArtrosi cervicale ADistorsione della caviglia AEpicondilalgia omerale laterale AEpicondilite laterale ATendinopatia laterale del gomito (gomito del tennista) AFibromialgia ALombalgia ADolore cervicale miofasciale ANevralgia del trigemino ASindrome da dolore radicolare ALesioni vascolari BLinfoedema post-mastectomia B

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Sicurezza ed efficacia delle apparecchiature in riabilitazione 5

ApparecchiatureLaser a stato solido: i materiali più comuni impiegati nei laser a stato solido sono barrette di cristalli drogati con terre rare o elementidi transizione, come per esempio lo YAG (granato di ittrio e alluminio) drogato con neodimio, o lo zaffiro (ossido di alluminio) drogatocon cromo (rubino). Laser a gas: il materiale attivo è allo stato gassoso o di vapore, costituito da atomi neutri, ioni, molecole, con aggiunta di altri elementi(in particolare l’elio) per facilitare la scarica elettrica e migliorare il rendimento energetico. I laser a gas vengono pompati medianteluce ultravioletta, fasci di elettroni, corrente elettrica o reazioni chimiche. Laser a semiconduttore: hanno dimensioni ultracompatte, sono basati sul funzionamento della giunzione tra semiconduttori di oppostodrogaggio; hanno rendimento altissimo (superiore al 50%), sono molto utilizzati nelle applicazioni cliniche.Inoltre, i laser si distinguono in base alla potenza (laser di bassa o alta potenza) e per l’emissione continua o pulsata. Sia la potenza siala modalità di emissione sono parametri molto importanti per l’applicazione clinica.

Elementi da inserire nel manuale d’uso e parametri da sottoporre a controlloPer le apparecchiature laser, le informazioni che devono essere fornite dal fabbricante sono indicate in termini generali nella Direttiva93/42/CEE, nella Norma UNI CEI EN 1041 del 2009 – Informazioni fornite dal fabbricante di dispositivi medici –, nella Norma GeneraleCEI EN 60601-1 del 1998* – Apparecchi elettromedicali Parte 1 –, nella Norma Collaterale CEI EN 60601-1-1 del 2003 – Prescrizioni disicurezza per i sistemi elettromedicali – e nelle Norme Particolari seguenti: CEI EN 60601-2-22 del 1997 – Apparecchi elettromedicaliParte 2: Norme particolari di sicurezza degli apparecchi laser terapeutici e diagnostici –, CEI EN 60825-1 del 2003 – Sicurezza degli ap-parecchi laser Parte 1: Classificazione delle apparecchiature, prescrizioni e guida per l’utilizzatore –, CEI 76-6 del 2001 – Sicurezza degliapparecchi laser Parte 8: Guida all’uso degli apparecchi laser in medicina.La documentazione annessa all’apparecchiatura deve contenere tutte le informazioni importanti per l’utilizzatore, l’operatore, l’instal-latore o montatore dell’apparecchio, riguardanti particolarmente la sicurezza. Nella Norma Generale e nelle Norme Particolari specifiche sono riportate in dettaglio le informazioni che devono essere contenute nelleistruzioni d’uso e nella descrizione tecnica delle apparecchiature laser. Le informazioni relative alla Compatibilità Elettromagnetica delle apparecchiature (informazione da fornire nella documentazione an-nessa all’apparecchiatura) sono contenute nella Norma CEI EN 60601-1-2 – Apparecchi elettromedicali Parte 1: Prescrizioni generalisulla sicurezza –, Norma Collaterale: Compatibilità elettromagnetica – Prescrizioni e prove.La Norma Particolare CEI EN 60601-2-22 del 1997 si riferisce in particolare alle apparecchiature laser di classe 3B o 4 (classificazionesecondo la Norma CEI EN 60825-1 del 2003). Tale Norma definisce l’apparecchio laser a uso medico, completa, rispetto alla Norma CEIEN 60601-1, le informazioni che devono essere fornite dal fabbricante con l’apparecchiatura e individua i parametri da tenere sottocontrollo, i cui valori devono essere indicati all’interno della documentazione annessa all’apparecchiatura stessa. Si riportano alcuni trai parametri specificati nella Norma:• emissione laser: energia laser o potenza laser dove l’energia laser è l’energia radiante laser del fascio di lavoro incidente sull’area dilavoro;

• irradianza: potenza radiante laser incidente sull’area di lavoro (W);• fluenza: energia per unità di superficie esposta;• Limite di Emissione Accessibile (LEA): il limite di emissione accessibile per il laser. Nella Norma CEI EN 60825-1 del 2003 sono riportatitali valori in funzione della classe dell’apparecchiatura laser;

• Distanza Nominale di Rischio Oculare (DNRO): distanza per la quale l’irradiamento o l’esposizione energetica del fascio è uguale al-l’esposizione massima permessa (EMP) per la cornea, cioè il livello di radiazione a cui, in normali circostanze, la pelle o l’occhiopossono rimanere esposti senza riportare effetti negativi;

• divergenza del fascio: l’angolo piano in campo lontano del cono definito dal diametro del fascio (espresso in radianti). Formula ri-portata nella Norma Tecnica CEI EN 60825-1 del 2003 al punto 3.13.

Per i laser a impulsi:• durata dell’impulso: intervallo di tempo tra la salita e la discesa di un impulso, misurata a metà del valore del picco di potenza.L’emissione laser non deve differire dal valore prestabilito di oltre ±20%. Per quanto riguarda l’usabilità delle apparecchiature laser ci si deve riferire alla Norma CEI EN 60601-1-6 – Apparecchi elettromedicaliParte 1: Prescrizioni generali relative alla sicurezza fondamentale e alle prestazioni essenziali – Norma Collaterale: usabilità del 2008.Le informazioni relative alla manutenzione dell’apparecchiatura laser devono essere contenute nella documentazione annessa all’ap-parecchiatura. La Guida CEI 62-122 “Guida alle prove di accettazione e alla verifiche periodiche di sicurezza e/o di prestazione dei di-

Energia fisica: LASERTERAPIA

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spositivi medici alimentati da una particolare sorgente di alimentazione” fornisce indicazioni operative legate alle prove di accettazione(collaudo) e alle verifiche periodiche di sicurezza e/o di prestazione dei dispositivi medici alimentati da una sorgente di energia, al finedi mantenere un livello di sicurezza accettabile.La Norma CEI 76-6 del 2001 prevede, nell’Allegato E, un Piano di ispezione diviso in Prove di Assicurazione Qualità e prove di Manu-tenzione Preventiva.Nella valutazione dei rischi, fermo restando quanto previsto dalla legislazione per la parte generale, il datore di lavoro nell’uso dei di-spositivi medici per laserterapia, comportando esposizione a radiazioni ottiche artificiali, deve seguire nello specifico il capo V del TitoloVIII del D.Lgs. 81/08. La protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti è disciplinata unicamente dal D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 230,e sue successive modificazioni.In particolare, nel Manuale d’Uso redatto dal fabbricante, se la macchina può emettere radiazioni non ionizzanti (laser) che potrebberonuocere alle Persone, in particolare se portatrici di dispositivi medici impiantabili attivi o non attivi, devono essere riportate le informazioniriguardanti le radiazioni emesse per l’operatore e le Persone esposte e in che modo procedere alla rilevazione e controllo delle stesse.*Nonostante esista una Normativa Tecnica Generale del 2007, è stata presa come riferimento la Normativa del 1998, in quanto leNorme Particolari si appoggiano alla Norma Generale del 1998.

Controindicazioni• Neoplasie • Diabete mellito • Patologie del sistema circolatorio • Soggetti con pelle scura

Energia fisica: LASERTERAPIA

(segue)

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Sicurezza ed efficacia delle apparecchiature in riabilitazione 5

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Energia fisica: ENERGIA VIBRATORIA

Definizione Le vibrazioni, secondo la definizione fisica, sono oscillazioni meccaniche generate da onde di pressione che si trasmettono attraversocorpi solidi. Dal punto di vista fisico si caratterizza mediante i seguenti parametri:• ampiezza dell’oscillazione che si esprime in millimetri di spostamento;• frequenza (cicli/secondo);• durata dei cicli (tempo di erogazione o applicazione della vibrazione).Le vibrazioni vengono distinte in generalizzate (whole body vibration, WBV) e segmentali (segmental muscle vibration, SMV).

Effetti biologiciÈ stato ipotizzato che lo stimolo vibratorio agisca su un circuito riflesso monosinaptico coinvolgente le fibre Ia e i motoneuroni spinali,attivando il riflesso tonico vibratorio (TVR) e determinando una contrazione muscolare dell’agonista e un rilasciamento dell’antagonista.Gli effetti biologici sul sistema muscoloscheletrico sono diretti al potenziamento muscolare, al controllo del dolore, al miglioramentoposturale e dell’equilibrio. Un altro effetto ipotizzato è quello relativo alla perdita di massa ossea nel periodo postmenopausale, attra-verso sia la riduzione dell’escrezione del calcio urinario, del fosfato e del telopeptide C, sia la riduzione del riassorbimento osseo. Ulteriorieffetti sul sistema neuromuscolare sono diretti alla riduzione dell’ipertono (spastico-plastico).

Effetti clinici Livelli di evidenza Apparecchiature scientifica erogatrici di

Riduzione del dolore B WBVLow back pain B WBVFibromialgia B WBVOsteoporosi e riduzione del rischio di cadute B WBVMalattia di Parkinson e miglioramento dell’assetto posturale B WBVPiede cadente in paziente con ictus cronico B SMVMiglioramento della stabilità articolare dopo ricostruzione B SMVe del legamento crociato anteriore

Aumento di forza negli sportivi B WBVAumento dell’equilibrio B WBVSclerosi multipla B WBV

Elementi da inserire nel manuale d’uso e parametri da sottoporre a controlloLe apparecchiature che erogano energia vibratoria, utilizzate in Medicina Fisica e Riabilitativa, sono separabili per l’emissione di vibrazionigeneralizzate (WBV), come per esempio le pedane vibranti (pedana sussultoria a vibrazione verticale e pedana basculante), o vibrazionisegmentali che coinvolgono solo alcune parti del corpo, come per esempio le apparecchiature per il sistema mano-braccio.Per le apparecchiature a energia vibratoria, le informazioni che devono essere fornite dal fabbricante sono indicate in termini generalinella Direttiva 93/42/CEE, nella Norma UNI CEI EN 1041 del 2009 – Informazioni fornite dal fabbricante di dispositivi medici – , nellaNorma Generale CEI EN 60601-1 del 2007 – Apparecchi elettromedicali Parte 1 –, nella Norma Collaterale CEI EN 60601-1-1 del 2003– Prescrizioni di sicurezza per i sistemi elettromedicali. La Norma Generale CEI EN 60601-1 (paragrafo 6.8) stabilisce che “L’apparecchio elettromedicale deve essere accompagnato da unadocumentazione, contenente almeno le istruzioni d’uso, una descrizione tecnica e un indirizzo a cui l’operatore possa fare riferimento”e afferma che la documentazione annessa deve essere considerata come una parte integrante dell’apparecchio stesso. La documenta-zione annessa deve contenere tutte le informazioni importanti per l’utilizzatore, l’operatore, l’installatore o montatore dell’apparecchioriguardanti soprattutto la sicurezza e, in particolare, anche le informazioni sulle istruzioni per l’installazione e il montaggio volte aridurre le vibrazioni prodotte nell’ambiente di lavoro (Direttiva 2006/42 CE).In particolare, per quanto riguarda le informazioni relative alla Compatibilità Elettromagnetica delle apparecchiature (informazione dafornire nella documentazione annessa all’apparecchiatura) si fa riferimento alla Norma CEI EN 60601-1-2 – Apparecchi elettromedicaliParte 1: Prescrizioni generali sulla sicurezza –, Norma Collaterale: Compatibilità elettromagnetica – Prescrizioni e prove. Dal momento che per questa tipologia di apparecchiature non esistono delle Norme Particolari specifiche alle quali poter fare riferimento,per quanto riguarda le vibrazioni generalizzate (pedane vibranti) si riportano di seguito alcune grandezze dalle quali dipende l’effettomeccanico prodotto dalle apparecchiature stesse:

(continua)

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• frequenza della vibrazione erogata a vuoto;• potenza elettrica del motore;• ampiezza delle vibrazioni (lineari e angolari per le pedane basculanti);• accelerazione fornita dalla pedana.Queste grandezze possono dipendere dal peso corporeo e quindi devono essere misurate in funzione del peso corporeo e poi verificatecon le caratteristiche tecniche dei dispositivi dichiarate dai fabbricanti. Possono ancora dover essere eseguite prove per controllare:• il valore della frequenza impostata sulla pedana e il valore della frequenza misurata sul paziente;• l’accelerazione fornita al paziente.Per la misurazione di questi ultimi parametri si può fare riferimento alla Normativa UNI ISO 2631-1 del 2008: Vibrazioni Meccaniche eUrti – Valutazione dell’esposizione dell’uomo alle vibrazioni trasmesse al corpo intero Parte 1: Requisiti generali – e alla Normativa ISO2631-2 del 2003 per i metodi di prova. Ulteriori prove possono essere eseguite sul temporizzatore, per verificarne l’accuratezza.Relativamente alle vibrazioni segmentali, facendo riferimento al sistema mano-braccio, alcuni parametri da considerare sono per esempio:• frequenza della vibrazione erogata a vuoto;• livelli di energia applicata;• ampiezza delle vibrazioni (spostamenti della sonda).Anche in questo caso possono essere eseguite prove per valutare l’accelerazione fornita al paziente al variare dei livelli di energia ap-plicata.Per la misurazione di tali parametri si può fare riferimento alla Normativa UNI EN ISO 5349-1 del 2004 – Vibrazioni Meccaniche, Valu-tazione dell’esposizione dell’uomo alle vibrazioni trasmesse alla mano Parte 1: Requisiti generali – e alla Normativa UNI EN ISO 5349-2 del 2004 – Vibrazioni Meccaniche, Valutazione dell’esposizione dell’uomo alle vibrazioni trasmesse alla mano Parte 2: Guida praticaper la misurazione. Per quanto riguarda l’usabilità di queste apparecchiature ci si deve riferire alla Norma CEI EN 60601-1-6 del 2008 – Apparecchi elettro-medicali Parte 1: Prescrizioni generali relative alla sicurezza fondamentale e alle prestazioni essenziali – Norma Collaterale: usabilità.Le informazioni relative alla manutenzione di tali apparecchiature devono essere contenute nella documentazione annessa all’appa-recchiatura. La Guida CEI 62-122 “Guida alle prove di accettazione e alla verifiche periodiche di sicurezza e/o di prestazione deidispositivi medici alimentati da una particolare sorgente di alimentazione” fornisce indicazioni operative legate alle prove di accettazione(collaudo) e alle verifiche periodiche di sicurezza e/o di prestazione dei dispositivi medici alimentati da una sorgente di energia, al finedi mantenere un livello di sicurezza accettabile.Nella valutazione dei rischi il datore di lavoro, fermo restando quanto previsto dalla legislazione per la parte generale, nell’uso dei di-spositivi medici con energia vibratoria, comportando esposizione alle vibrazioni, deve seguire nello specifico il capo III del Titolo VIII delD.Lgs. 81/08.

Controindicazioni• Soggetti portatori di pacemaker• Soggetti portatori di protesi articolari e osteosintesi metalliche• Ricostruzione chirurgica di legamenti, nei primi 30 giorni dall’intervento chirurgico (es. legamento crociato)• Epilessia• Lesioni della cute• Donne in stato di gravidanza• Neoplasie

Energia fisica: ENERGIA VIBRATORIA

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Sicurezza ed efficacia delle apparecchiature in riabilitazione 5

Energia fisica: ULTRASUONI

DefinizioneApplicazione di energia meccanica, ovvero di onde elastiche longitudinali, di frequenza superiore a quella più elevata percepibile dal-l’orecchio umano (> 20.000 Hz). L’oscillazione molecolare può propagarsi nel mezzo in varie direzioni, pertanto si possono distinguere onde longitudinali e onde tra-sversali. Gli ultrasuoni vengono definiti da alcuni parametri fisici: la lunghezza d’onda, che è la distanza che intercorre tra due massimio due minimi successivi dell’onda, l’ampiezza, che rappresenta il valore massimo della perturbazione, la frequenza, data dal numero dicicli nell’unità di tempo (Hz), l’intensità, che è la potenza per superficie (W/cm2), l’impedenza acustica, caratteristica di ogni mezzo,dalla quale dipende la misura in cui l’intensità sonora viene trasmessa, il duty cycle, definito dal rapporto tra la durata dell’impulso (inunità di tempo) e la lunghezza del periodo ed è calcolato come una percentuale.Un’apparecchiatura di fisioterapia a ultrasuoni viene definita, secondo le normative di riferimento, come “un apparecchio per la gene-razione e applicazione di ULTRASUONI a un paziente a scopo terapeutico”.

Effetti biologici• Effetti termici. • Effetti non termici (cavitazionali e non cavitazionali).• Su strutture macromolecolari e cellulari.• Sullo sviluppo.• Su organi e animali.

Effetti clinici Livelli di evidenza scientifica

Patologie degenerative (dolore e limitazione funzionale nell’osteoartrosi) APatologie acute dei tessuti molli BLombalgia CRotture tendinee parziali BAlgie di spalla (tendinopatie calcifiche di spalla) BSindrome del tunnel carpale BLesioni muscolari BUlcere da pressione CUlcere venose delle gambe BHerpes zoster (nevralgia posterpetica) BConsolidamento osseo APseudoartrosi AOsteoporosi B

Apparecchiature I trasduttori sono dispositivi in grado di convertire l’energia elettrica in energia meccanica (sonora); i più comuni sono quelli piezoelettrici. Caratteristica comune è un disco di ceramica piezoelettrica di alcuni centimetri di diametro, eccitato per mezzo di due elettrodi concorrente alternata. Dal sistema si ottengono vibrazioni del disco che vengono trasmesse al mezzo a contatto con il disco o elettrodo.La faccia emittente del trasduttore è normalmente accoppiata alla cute del paziente mediante un gel.Due tipi di trattamento:• a contatto diretto (applicazione del trasduttore a diretto contatto della cute con l’interposizione di un materiale che elimini la possibilearia interposta fra cute e testina emittente). La trasmissione diretta può essere fissa o mobile a seconda che l’operatore tenga fissoo muova il trasduttore;

• a contatto indiretto (detto anche a immersione, prevede che la parte da trattare sia posta in un recipiente di acqua al cui internoviene posto anche il trasduttore).

Le frequenze utilizzate vanno da 1 (profondità nei tessuti fino a 3-4 cm) a 3 (profondità nei tessuti fino a max 1 cm) MHz. Per l’emis-sione continua si intendono: densità di potenza bassa < 0,3 W/cm2, densità di potenza media 0,3-1,2 W/cm2, densità di potenza alta1,2-3 W/cm2. Per l’emissione pulsata deve essere considerato il valore medio. Riguardo al tempo di trattamento è utile trattareun’area di 1,5-2 volte l’area del trasduttore per almeno 15-20’. La periodicità di trattamento ritenuta ottimale è generalmente quellagiornaliera.

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Elementi da inserire nel manuale d’uso e parametri da sottoporre a controlloPer le apparecchiature per la terapia a ultrasuoni utilizzate in Medicina Fisica e Riabilitativa, le informazioni che devono essere fornitedal fabbricante sono indicate in termini generali nella Direttiva 93/42/CEE, nella Norma UNI CEI EN 1041 del 2009 – Informazioni fornitedal fabbricante di dispositivi medici –, nella Norma Generale CEI EN 60601-1 del 1998* – Apparecchi elettromedicali Parte 1 –, nellaNorma Collaterale CEI EN 60601-1-1 del 2003 – Prescrizioni di sicurezza per i sistemi elettromedicali – e nelle Norme Particolari seguenti:CEI EN 60601-2-5 del 2001 – Apparecchi elettromedicali Parte 2: Norme particolari per la sicurezza delle apparecchiature per la terapiaa ultrasuoni –, CEI EN 60601-2-37/A1 del 2005 – Apparecchi elettromedicali Parte 2: Norme particolari per la sicurezza degli apparecchiper la diagnosi e il monitoraggio medico a ultrasuoni –, CEI EN 60601-2-37/A2 del 2006 – Apparecchi elettromedicali Parte 2: Normeparticolari per la sicurezza degli apparecchi per la diagnosi e il monitoraggio medico a ultrasuoni –, CEI 62-131 – Guida all’interpretazionedegli indici di sicurezza nella diagnostica medicale a ultrasuoni –, CEI EN 61689 del 2009 – Ultrasuoni – Sistemi per fisioterapia – Spe-cifiche di campo e metodi di misura nel campo delle frequenze comprese tra 0,5 MHz e 5 MHz.Nella Norma Generale e nelle Norme Particolari specifiche sono riportate in dettaglio le informazioni che devono essere contenute nelleistruzioni d’uso e nella descrizione tecnica delle apparecchiature di fisioterapia a ultrasuoni. In particolare, per quanto riguarda le informazioni relative alla Compatibilità Elettromagnetica delle apparecchiature (informazione dafornire nella documentazione annessa all’apparecchiatura), si fa riferimento alla Norma CEI EN 60601-1-2 – Apparecchi elettromedicaliParte 1: Prescrizioni generali sulla sicurezza – Norma Collaterale: Compatibilità elettromagnetica – Prescrizioni e prove.La Norma CEI EN 60601-2-5 del 2001 definisce l’apparecchiatura di fisioterapia a ultrasuoni, completa, rispetto alla Norma CEI EN60601-1, le informazioni che devono essere fornite dal fabbricante con l’apparecchiatura e individua i parametri da tenere sotto controllo,i cui valori devono essere indicati all’interno della documentazione annessa all’apparecchiatura stessa. Si riportano alcuni tra i parametrispecificati nella Norma:• frequenza acustica di lavoro: frequenza di un segnale acustico basato sull’osservazione dell’uscita di un idrofono posto in un campoacustico. Il segnale viene analizzato utilizzando la tecnica della frequenza a incrocio zero;

• potenza nominale d’uscita: massima potenza di uscita dell’apparecchio alla tensione nominale di rete;• area radiante effettiva: area della sezione trasversale del fascio estrapolata alla superficie frontale della testa di trattamento e mol-tiplicata per un fattore dimensionale;

• rapporto della non uniformità del fascio: rapporto tra il quadrato del valore efficace della pressione acustica massima e la media spazialedel quadrato del valore efficace della pressione acustica dove la media spaziale è presa sull’area radiante effettiva determinata;

• potenza di uscita: massima potenza di uscita dell’apparecchio alla tensione nominale di rete;• intensità effettiva: rapporto tra potenza d’uscita e l’area radiante effettiva espressa in Watt/cm2;• durata degli impulsi: intervallo di tempo che inizia nel momento in cui l’ampiezza della pressione supera un valore di riferimento etermina nel momento in cui l’ampiezza della pressione ritorna a quel valore. Il valore di riferimento è uguale alla somma dell’ampiezzadella pressione minima e il 10% della differenza fra il massimo e il minimo dell’ampiezza della pressione;

• fattore di rendimento: rapporto tra la durata degli impulsi e il periodo di ripetizione degli impulsi;• periodo di ripetizione degli impulsi: valore assoluto dell’intervallo di tempo dopo il quale si ripetono le stesse caratteristiche dellaforma d’onda periodica.

Se la forma d’onda è modulata:• intensità temporale massima: nel caso di una forma d’onda modulata in ampiezza, è il rapporto tra la potenza d’uscita temporalemassima e l’area radiante effettiva;

• potenza di uscita temporale-massima: nel caso di una forma d’onda modulata in ampiezza, è una funzione della potenza d’uscitareale, la pressione acustica temporale di picco e il valore efficace della pressione acustica e viene determinata come specificato nellaNorma CEI EN 61689 del 2009.

Le procedure di prova per il calcolo di questi parametri e i limiti di accettabilità dei valori misurati sono contenuti nella Norma CEI EN61689 del 2009.Vanno eseguite prove di conformità sulla testa di trattamento dell’apparecchiatura (complesso comprendente un trasduttore ultrasonicoe parti ausiliarie per l’applicazione locale di ultrasuoni al paziente).Le procedure di prova per la testa di trattamento sono riportate nella Norma CEI EN 60601-2-5 del 2001.Vanno effettuate prove sul temporizzatore. Le apparecchiature per la terapia a ultrasuoni devono essere provviste di un temporizzatoreregolabile che scolleghi l’uscita dopo un periodo di tempo di funzionamento preselezionato. Esso deve avere un intervallo di regolazionenon superiore ai 30 minuti. L’accuratezza di ogni intervallo di regolazione del temporizzatore è riportata all’interno della Norma Parti-colare CEI EN 60601-2-5 del 2001.

Energia fisica: ULTRASUONI

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Sicurezza ed efficacia delle apparecchiature in riabilitazione 5

Per quanto riguarda l’usabilità delle apparecchiature a ultrasuoni, ci si deve riferire alla Norma CEI EN 60601-1-6 – Apparecchi elettro-medicali Parte 1: Prescrizioni generali relative alla sicurezza fondamentale e alle prestazioni essenziali – Norma Collaterale: usabilitàdel 2008.Le informazioni relative alla manutenzione dell’apparecchiatura per la terapia a ultrasuoni devono essere contenute nella documenta-zione annessa all’apparecchiatura. La Guida CEI 62-122 “Guida alle prove di accettazione e alle verifiche periodiche di sicurezza e/o diprestazione dei dispositivi medici alimentati da una particolare sorgente di alimentazione” fornisce indicazioni operative legate alleprove di accettazione (collaudo) e alle verifiche periodiche di sicurezza e/o di prestazione dei dispositivi medici alimentati da unasorgente di energia, al fine di mantenere un livello di sicurezza accettabile.Inoltre, la Norma Particolare CEI EN 60601-2-5 prevede che nelle istruzioni d’uso sia inserita una raccomandazione che richiami l’at-tenzione dell’operatore sulla necessità di una manutenzione periodica, in particolare in merito a:• intervalli di tempo per l’esame periodico e la calibrazione a opera dell’utilizzatore;• esame della testa di trattamento per rilevare crepe che potrebbero consentire l’ingresso di liquido conduttore;• esame dei cavi e dei connettori relativi della testa di trattamento.Nella valutazione dei rischi il datore di lavoro, fermo restando quanto previsto dalla legislazione per la parte generale, nell’uso dei di-spositivi medici per ultrasuoni, comportando esposizione al rumore, deve seguire nello specifico il capo II del Titolo VIII del D.Lgs. 81/08.In particolare, nel Manuale d’Uso redatto dal fabbricante devono essere contemplate le informazioni sulle istruzioni per l’installazionee il montaggio volte a ridurre il rumore prodotto e, inoltre, le seguenti informazioni relative all’emissione di rumore aereo:• il livello di pressione acustica dell’emissione ponderato A nei posti di lavoro, se supera 70 dB(A);• se tale livello non supera 70 dB(A), deve essere indicato;• il valore massimo della pressione acustica istantanea ponderata C nei posti di lavoro, se supera 63 Pa (130 dB rispetto a 20 µPa);• il livello di potenza acustica ponderato A emesso dalla macchina, se il livello di pressione acustica dell’emissione ponderato A neiposti di lavoro supera 80 dB(A).

I suddetti valori devono essere quelli misurati effettivamente sulla macchina in questione, oppure quelli stabiliti sulla base di misurazionieffettuate su una macchina tecnicamente comparabile e rappresentativa della macchina da produrre.Allorché non siano applicate le Norme armonizzate, i dati acustici devono essere misurati utilizzando il codice di misurazione più ap-propriato adeguato alla macchina. Ogniqualvolta siano indicati i valori dell’emissione acustica, devono essere specificate le incertezzerelative a tali valori. Devono essere descritte le condizioni di funzionamento del dispositivo medico durante la misurazione e i metodiutilizzati per effettuarla.Se il posto o i posti di lavoro non sono o non possono essere definiti, i livelli di pressione acustica ponderati A devono essere misuratia 1 m dalla superficie della macchina e a 1,60 m di altezza dal suolo o dalla piattaforma di accesso. Devono essere indicati la posizionee il valore della pressione acustica massima.*Nonostante esista una Normativa Tecnica Generale del 2007, è stata presa come riferimento la Normativa del 1998, in quanto leNorme Particolari si appoggiano alla Norma Generale.

Controindicazioni• Trattamento di epifisi fertili, tessuti sottoposti a radioterapia, gonadi, occhio, cranio, anomalie vascolari delle vene profonde• Donne in stato di gravidanza• Pazienti portatori di mezzi di sintesi o protesi (tranne che nell’uso di ultrasuoni pulsati)• Soggetti portatori di pacemaker• Comparsa del dolore• Valutarne l’impiego nelle situazioni in cui potrebbe verificarsi la propagazione, tramite gli ultrasuoni, di un’infezione o di una patologiain generale (es. patologia tumorale)

Energia fisica: ULTRASUONI

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6. Interdisciplinarità in riabilitazione

deve integrare sinergicamente con tutte e ognunadi queste condizioni cliniche, garantendo alla Per-sona in cura il livello massimo di recupero com-patibile con esse. Parimenti la trasversalità defini-sce l’esigenza dell’ottimale integrazione delle com-petenze specialistiche di riabilitazione indispen-sabili per la conduzione di questi interventi, conquelle cliniche necessarie a garantire i diversi trat-tamenti utili alla Persona.Diventa quindi necessario individuare dei criteriunici che definiscano gli indicatori, gli strumentie i setting più adeguati nel tempo, per una correttaattuazione del Progetto Riabilitativo Individuale(PRI).

Grado di necessità della Persona da riabilitare

Per definire correttamente il grado di necessitàdella Persona da riabilitare si possono individuaretre dimensioni che opportunamente combinatepermettono di allocare la Persona, indipendente-mente dalla patologia principale che ha creato di-sabilità (sia essa cardiaca, respiratoria, neurologica,metabolica, oncologica ecc.), in setting più ap-propriati in relazione alla fase del percorso di curacon impiego di risorse:• complessità clinica: assessment e stratificazione

dell’alto rischio clinico. La complessità clinica

Il senso attribuito al concetto di lavoro interdisci-plinare e multiprofessionale usualmente fa riferi-mento a competenze rilevanti per professionalitàche devono/possono utilmente essere applicate inambiti trasversali, cooperando con professionalitàdiverse, per rispondere a problematiche comuni.Con il termine trasversale non si intende congruoper tutti e in ogni contesto, ma utile a tutti secontestualizzato e trasferibile. Trasversale è quindil’uso che si può fare di alcune competenze che siprestano a essere trasferite da un contesto all’altro.Ciò comporta necessariamente una modifica diprospettiva che pone al centro dell’attenzione laPersona con le sue possibilità e potenzialità dipartecipazione rispetto al danno d’organo che l’hadeterminata, garantendo, indipendentementedalla causa che ha generato la condizione di disa-bilità, una modalità appropriata dell’interventoriabilitativo nei diversi setting particolari e in re-lazione a diverse condizioni cliniche coesistenti.L’intervento riabilitativo, al pari del bisogno direcupero di funzione, autonomia e possibilità dipartecipazione della Persona, è l’elemento evidentedi “trasversalità” in ogni condizione clinica, siache tale condizione clinica ne sia la causa unica oprincipale, sia che essa rappresenti una condizionedi salute coesistente ma interagente; ne consegueche la realizzazione dell’intervento riabilitativo si

n. 8, marzo-aprile 2011

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estremo. Questo quadro riduce notevolmente lecapacità del paziente di aderire pienamente ai pro-grammi riabilitativi. La perdita e il peggioramentodell’autonomia sono legati, inoltre, alle proble-matiche sociali che riducono il supporto da partedella rete familiare, compromettendo ulterior-mente l’efficacia dell’intervento riabilitativo, so-prattutto ove si consideri che la solitudine e laperdita di integrazione sociale costituiscono la“vera” malattia dell’anziano. Parallelamente al livello di attenzione e complessitàrichiesto da pazienti anziani affetti da multimor-bidità, un’altra fondamentale area di attenzione èrelativa alla riabilitazione nell’età evolutiva. Per il soggetto in età evolutiva, la questione si ponein termini di ottimizzazione delle condizioni ne-cessarie per raggiungere il massimo sviluppo possi-bile. Il quadro diagnostico-prognostico del soggetto,perché da esso si possa delineare un programmaterapeutico-riabilitativo, deve indicare: ciò che nonsi è sviluppato; ciò che manca perché tale sviluppoabbia luogo; che cosa deve essere provato per poteraffermare che, anche in condizioni ottimali, lo svi-luppo in questione non può avere luogo.La peculiarità dell’età evolutiva sta nel fatto chegli esiti dell’evento lesivo interagiscono con la di-namica dello sviluppo fisico, psichico e socialedel minore, determinando una cascata di possibilieffetti negativi. I campi chiamati in causa nonsono infatti relativi alla sola fenomenica minora-tiva (dal verificarsi dell’evento lesivo fino alla si-tuazione di svantaggio esistenziale), ma si esten-dono anche alle tematiche dell’istruzione (dallascuola dell’obbligo alla formazione professionale)e hanno implicanze nel sociale. Si tratta di aspettiche, pur non avendo una valenza di tipo stretta-mente sanitario, sono tuttavia strettamente essen-ziali se si vuole che il recupero (o il suo tentativomassimale) tenda al raggiungimento delle mag-giori possibilità di integrazione sociale.

si correla all’insieme della complessità diagno-stica, assistenziale, organizzativa e dei differentiinterventi terapeutici proporzionalmente gra-duati per complessità e per consumo di risorse;

• disabilità: perdita delle capacità funzionali nel-l’ambito delle attività fisiche, motorie, cognitivee comportamentali che nella più attuale con-cezione bio-psico-sociale impattano con i fattoriambientali, riducendo il livello di partecipa-zione dell’individuo allo svolgimento delle at-tività della vita quotidiana e di relazione: essaviene usualmente misurata con scale di disabi-lità sia di tipo bio-psicometrico sia funzionali,che indagano la possibilità di eseguire le diverseattività e che consentono il monitoraggio del-l’evoluzione del quadro funzionale nel tempo;

• multimorbidità: insieme di patologie e condi-zioni classificate secondo scale a punteggi cre-scenti. Tali comorbidità possono rappresentareun mero elenco per una stratificazione progno-stica più accurata o attivi cofattori che influen-zano la clinica, il trattamento e la prognosi.

Tutto ciò diventa necessariamente più complessose alla Persona affetta da multimorbidità si associaanche la fragilità derivante dall’età molto avanzata.Questo concetto deve essere tenuto in alta consi-derazione nell’approccio specifico e specialisticoda dedicare alla Persona anziana. La stessa cono-scenza del concetto di fragilità nella riabilitazionedei pazienti geriatrici deve rappresentare la based’impianto del progetto riabilitativo, perché l’an-ziano fragile è affetto da multimorbidità, sotto-posto a trattamenti farmacologici complessi, fre-quentemente clinicamente instabile, a volte conincontinenza, con problemi nutrizionali, spessoaffetto da degrado cognitivo o demenza, da sar-copenia, da osteoporosi, ad aumentato rischio dicadute ecc. Queste specificità cliniche aumentanosostanzialmente il grave rischio di perdita o peg-gioramento dell’autonomia, specie nel longevo

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6Interdisciplinarità in riabilitazione

sulle caratteristiche di presentazione ed evoluzionedella patologia che può essere caratterizzata da:• frequenti riacutizzazioni, ospedalizzazioni (Per-

sona ad alto rischio); • persistenza di un elevato grado di complessità

clinico-assistenziale con elevato assorbimentodi risorse e richiesta di approccio personalizzatoe multidisciplinare (Persona ad alta comples-sità);

• quadri di cronicità della malattia associata acattivi stili di vita (tabagismo, inattività, iper-colesterolemia, sovrappeso), dove l’interventosi concentra soprattutto su un monitoraggiodell’evoluzione e su un processo di educazionee modificazione delle abitudini, al fine di pre-venire l’insorgenza e l’avanzamento della pa-tologia cronica (Persona con patologia cronicao gravi fattori di rischio).

Persona ad Alta Complessità (PAC)

La Persona ad Alta Complessità (PAC) deve tro-vare una risposta riabilitativa in relazione alle fasidi malattia, in quanto presenta spesso problema-tiche sistemiche e numerose comorbilità (es. com-plicanze cardiorespiratorie, ischemico-cerebrali omiocardiche, con disfunzione ventricolare, so-vrainfezioni batteriche o virali, gravi mielolesionio patologie mielodegenerative o cerebrolesioni),che possono giocare un ruolo cruciale nell’assettoprognostico attraverso una modulazione negativadella risposta all’intervento terapeutico e riabili-tativo. L’approccio convenzionale a questa tipo-logia di paziente può risultare incompleto o inap-propriato a causa di modelli organizzativi gestio-nali non centrati sulla Persona ma sulla patologia,determinando discontinuità assistenziale. La Persona ad Alta Complessità, sia nella fase diacuzie sia nella fase cronica, che presenta un altorischio caratterizzato da gravi episodi di riacutiz-

Si evidenzia pertanto per l’età evolutiva: una par-ticolare coessenzialità all’esito del progetto riabi-litativo degli interventi di ordine psicologico, dicarattere pedagogico-educativo e di tipo sociale;una particolare definizione del progetto riabilita-tivo individuale. Gli interventi riabilitativi devonoessere erogati con particolare attenzione all’effi-cienza delle procedure.Il profilo del soggetto da riabilitare condiziona ilprogetto riabilitativo e determina il percorso dicura. Tale profilo viene definito dalla multimor-bidità, dal livello di complessità clinica e di disa-bilità e dai fattori ambientali (stato sociale e con-testo familiare).La complessità clinica, risultante delle alteratefunzioni d’organo e della disabilità associate allamultimorbidità, rappresenta elemento importanteper la formulazione del progetto riabilitativo.Le diverse condizioni all’interno della stessa pa-tologia possono corrispondere a una crescente ne-cessità assistenziale con un impegno equivalentedi risorse.Anche in virtù di quanto sopra, la rete assistenzialedeve consentire, a garanzia del paziente, il pas-saggio dinamico attraverso i diversi livelli.

Tipologie delle Persone da riabilitare

La cronicizzazione della malattia e l’aumento deglianni dalla sua insorgenza determinano un peg-gioramento della funzione d’organo e aumentanoil grado di disabilità, attraverso alterazioni dellafunzione fisiologica e frequenti riacutizzazioni. Ilcircolo vizioso che ne consegue determina peg-gioramento dei sintomi, ridotta capacità lavora-tiva/tolleranza allo sforzo, peggioramento del-l’inattività/disabilità, ridotto coinvolgimento so-ciale e depressione. Un’ulteriore caratterizzazione del grado di neces-sità dei bisogni riabilitativi deve basarsi anche

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plinare in grado di migliorare la capacità funzio-nale e di favorire il recupero e le condizioni di be-nessere psicologico del paziente. Un programmadi CR è raccomandato (con il più elevato livellodi evidenza scientifica) dalla European Society ofCardiology, dall’American Heart Association e dal-l’American College of Cardiology nel trattamentodella cardiopatia ischemica. È un trattamento co-sto-efficace dopo un evento cardiovascolare acutoe, nello scompenso cardiaco cronico, è in gradodi migliorare la prognosi e di ridurre le ospedaliz-zazioni e i costi sanitari. La sua efficacia, in terminidi costi per anno di vita salvata è, nel trattamentodella cardiopatia ischemica e dello scompenso car-diaco cronico, paragonabile, se non superiore, adaltri interventi preventivi e terapeutici, quali i far-maci ipocolesterolemizzanti, la trombolisi, l’an-gioplastica coronarica, la chirurgia coronarica ol’impianto di device. Per queste ragioni la Euro-pean Society of Cardiology raccomanda che ognipaziente con esiti di infarto del miocardio o di unevento ischemico coronarico, dopo angioplasticacoronarica o by-pass aorto-coronarico e ancoradopo un episodio acuto di scompenso cardiacosia avviato a un programma strutturato di CR ge-stito da un team multiprofessionale. In Italia nel 2006, proprio sulla base della rilevanzaepidemiologica e del livello di evidenze scientifiche,sono state elaborate e pubblicate le Linee guidanazionali sulla CR e sulla prevenzione secondariadelle malattie cardiovascolari, nell’ambito del Si-stema Nazionale Linee Guida, con il patrociniodell’Istituto Superiore della Sanità e dell’Agenziadei Servizi Sanitari Regionali. Purtroppo il percorsodi implementazione di queste Linee guida ha tro-vato a livello delle varie realtà regionali numerosiostacoli nella loro declinazione attuativa, non con-sentendo un’organica e omogenea definizione diuna congrua CR. Tali ostacoli derivano, in parte,da una prospettiva di programmazione sanitaria

zazione e ospedalizzazioni deve ottenere una col-locazione in ambito riabilitativo che tenga contodelle considerazioni su esposte.

Riabilitazione delle Persone con malattie cardiovascolari

Descrizione della condizione patologica

Il contesto sanitario Nel lungo periodo le conseguenze delle malattiecardiovascolari possono essere in larga misura pre-venute: la Carta Europea del Cuore promossa dalParlamento e dalla Commissione Europea e sot-toscritta anche dal Governo Italiano nel 2007 de-finisce che l’impatto delle malattie cardiovascolaripuò essere ridotto anche attraverso la diagnosiprecoce, la gestione corretta della malattia, la ria-bilitazione e la prevenzione comprendente inter-venti strutturati diretti all’adozione di stili di vitaadeguati (European Heart Health Charter, Art. 7). Le malattie cardiovascolari costituiscono la primacausa di morte nella popolazione italiana, rappre-sentando il 38% della mortalità totale maschile e il47% di quella femminile. Inoltre, rappresentano laprima causa di ospedalizzazione (16,9%), con unadegenza media di 6,8 giorni, e la principale causadi disabilità e di riduzione delle qualità di vita. Considerando che circa il 75% degli eventi car-diovascolari può essere attribuito all’associazionedi fattori di rischio correggibili (ipertensione ar-teriosa, fumo, sovrappeso, inattività fisica, cattiveabitudini alimentari), è stato ampiamente dimo-strato come la loro correzione attraverso appro-priati interventi terapeutici farmacologici e com-portamentali, soprattutto nei pazienti a più elevatorischio, sia in grado di ridurre di almeno la metàl’incidenza di eventi cardiovascolari acuti. La cardiologia riabilitativa (CR) rappresenta unintervento strutturato, coordinato e multidisci-

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cardiaco cronico. Se da una parte un programmariabilitativo è assicurato a una vasta maggioranzadei pazienti cardio-operati (più del 75%), solo il16% dei pazienti che in Italia hanno avuto un in-farto acuto del miocardio o una sindrome coro-narica acuta e il 4% dei pazienti che hanno ese-guito un’angioplastica coronarica possono bene-ficiare di tale intervento. I soggetti anziani sono a maggiore rischio di disa-bilità dopo un evento cardiovascolare acuto. Ineffetti, più della metà dei pazienti che accedonooggi a programmi di riabilitazione cardiologicaha più di 65 anni e il 25% più di 75.

Le fasi della condizione patologicaLa presenza di un evento indice appare un elementocaratterizzante l’accesso a un programma di CR.La riduzione della capacità funzionale legata al-l’evento acuto e l’esigenza di avviare un pro-gramma strutturato di stratificazione prognostica,di valutazione funzionale e di prevenzione secon-daria, finalizzati alla prevenzione di ulteriori eventicardiovascolari, sono elementi indiscutibili e con-solidati. Dal momento che la CR è universalmente rico-nosciuta come il setting privilegiato per la gestionedi questi processi, ne deriva che, per definizione,ogni paziente con recente evento cardiovascolareacuto è portatore di un’appropriata indicazioneper avviare un percorso specialistico intensivo diCR. Nelle situazioni in cui è identificabile l’eventoindice, è ragionevole garantire una continuità as-sistenziale che preveda dei limiti temporali per lediverse situazioni cliniche: • infarto del miocardio e angioplastica corona-

rica: 30 giorni;• scompenso cardiaco: 30 giorni;• disturbi funzionali a intervento di cardiochi-

rurgia: 45 giorni;• arteriopatia periferica: 30 giorni.

ancora prevalentemente orientata alla gestione dellefasi di acuzie delle malattie cardiovascolari, in parteda una serie di “equivoci” in relazione ai contenutie alle specificità di obiettivi, di strumenti, di mezzie di valutazione dei risultati della CR rispetto aquelli propri della medicina fisica e riabilitativa,che per anni e segnatamente in Italia ha rappre-sentato un contenitore generico di tutte le disci-pline riabilitative. Questa criticità trova la suaespressione più concreta nell’attuale impossibilitàda parte dei pubblici decisori di poter quantificarein modo sufficientemente accurato le strutture, ilnumero di posti letto, i flussi di attività della CRin Italia, in quanto tutti i dati di rilevazione stati-stica confluiscono, nel modello vigente di rileva-zione del Sistema Informatico Sanitario del Mini-stero della Salute, nel codice di disciplina 56 –Recupero e rieducazione funzionale. Sulla base dei dati più recenti acquisiti in un det-tagliato studio osservazionale condotto nel 2008su scala nazionale, in Italia operano circa 190strutture di CR, due terzi delle quali in regime didegenza ordinaria e un terzo in regime di day-ho-spital (DH) o ambulatoriale. Di fatto, l’offerta diCR in Italia si articola attualmente in più di 2400posti letto, che rappresentano quindi circa unquinto di tutti i posti letto di degenza in area car-diologica e cardiochirurgica. Esiste un’ampia disomogeneità distributiva nellevarie Regioni: si passa da una media di 6,8 postiletto ogni 100.000 abitanti nelle Regioni del Norda 2,4 nelle Regioni del Centro, a 2,0 a quelle delSud e delle Isole. In Umbria, Basilicata e Sardegnanon sono attivi posti letto di CR. Su base annua vengono attualmente avviati a unprogramma di CR circa 60.000 pazienti: di questiil 56% a seguito di un intervento cardiochirurgico,il 9% dopo una sindrome coronarica acuta, il14% dopo una procedura di rivascolarizzazionecoronarica percutanea e il 12% per scompenso

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interventi di rivascolarizzazione coronarica o pe-riferica), ma anche il rischio di progressione (anchesilente) della condizione patologica cardiovascolareverso l’insufficienza cardiaca, lo sviluppo di co-morbilità correlate e l’aggravamento dello statoattuale verso stadi caratterizzati da maggiore disa-bilità e frequenti reospedalizzazioni.Da queste esigenze si sono sviluppati modelli or-ganizzativi e percorsi per pazienti a elevata com-plessità, con importanti comorbilità, con necessitàdi monitoraggio multiparametrico centralizzato eal letto del paziente (ECG, pressione arteriosanon invasiva, saturazione ossiemoglobinica, fre-quenza respiratoria), di ventilazione assistita in-vasiva o non invasiva, in presenza di:• complicanze neurologiche;• complicanze renali con necessità di terapie in-

fusive/ultrafiltrazione/emodialisi;• recente trapianto cardiaco (sorveglianza im-

munologica e infettivologica, eventuali tratta-menti antivirali, biopsie endomiocardiche eindagini emodinamiche);

• valutazione pre-trapiantologica (valutazionestrumentale dei principali apparati extracar-diaci, emodinamica destra, parametri cardio-respiratori);

• scompenso cardiaco refrattario/end-stage prividi prospettive trapiantologiche o con scarse pro-spettive di svezzamento da terapie infusionali;

• infarto miocardico recente complicato da se-vera disfunzione ventricolare sinistra o scom-penso cardiaco.

In tali contesti devono essere disponibili compe-tenze interne o esterne multi-specialistiche (es.pneumologo, neurologo, fisiatra, internista, ge-riatra, nefrologo, infettivologo, cardiochirurgo,medico del lavoro, psicologo, dietista) e collega-menti funzionali con Unità Operative di Cardio-logia per acuti e cardiochirurgia finalizzati a rapiditrasferimenti in caso di emergenza.

La presa in carico del paziente da parte della strut-tura riabilitativa cardiologica si configura per lopiù come trasferimento diretto nei casi ove è pre-sente un evento indice. Nei casi in cui l’accessonon avvenga attraverso trasferimento diretto, perragioni di tipo logistiche, o perché l’indicazionealla riabilitazione è stata posta dopo l’effettiva di-missione dalla struttura che ha gestito l’evento in-dice nella sua fase di acuzie, si ritiene opportunoche la presa in carico da parte della struttura riabi-litativa avvenga entro 14 giorni dalla dimissionedell’ospedale per acuti. Talora nei pazienti con ma-lattie cardiovascolari l’evento indice non è databilecon precisione, perché affonda nella storia clinicaremota dei pazienti (pur influenzando lo status pre-sente, come nel caso di sequele di pregressi eventicoronarici o interventi cardiochirurgici). Occorrequindi considerare alcune condizioni cliniche alenta progressione sfavorevole, il cui inizio non èben individualizzabile, ma che chiaramente indi-cano un possibile sensibile peggioramento dellaprognosi e che possono configurare una ricono-sciuta e appropriata indicazione a un programmadi CR intensiva. In queste situazioni esiste un altorischio di disabilità futura legata alla presenza diindicatori prognostici negativi e/o alta concentra-zione dei classici fattori di rischio cardiovascolarie/o comorbilità, e si creano le condizioni favorevoliper un’alta probabilità di progressione della malattia. La definizione dei setting più appropriati di in-tervento riabilitativo cardiologico (in degenza or-dinaria – hospital, ambulatoriale o domiciliare)risulta derivare dall’analisi combinata del rischioclinico, della complessità clinico-assistenziale edel grado di disabilità.Per rischio clinico si intende non solo il rischio diincorrere in uno dei convenzionali eventi cardio-vascolari maggiori (morte cardiovascolare, sin-dromi coronariche acute, accidenti cerebrovasco-lari acuti, ischemie acute periferiche, necessità di

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• inquadramento da un punto di vista ergono-mico, con valutazione funzionale, in particolarenel caso di attività lavorative e ricreative a ele-vato impegno cardiovascolare;

• formulazione di un piano di trattamento in-dividuale coinvolgente il paziente e la sua fa-miglia (o caregiver) che includa: - prescrizione di un programma di attività fi-

sica finalizzato a ridurre le disabilità conse-guenti alla cardiopatia, migliorare la capacitàfunzionale e favorire il reinserimento socialee lavorativo,

- programmi educazionali strutturati dedicatie finalizzati a un effettivo cambiamento dellostile di vita (abolizione del fumo, dieta ap-propriata, controllo del peso, dell’ansia e delladepressione),

- interventi di mantenimento allo scopo diconsolidare i risultati ottenuti e favorire l’ade-renza a lungo termine, garantendo la conti-nuità assistenziale.

Queste componenti si integrano nel progetto ria-bilitativo individuale che, con gli strumenti a di-sposizione e nell’intervallo di tempo in cui si pre-vede di effettuare l’intervento, identifica gli obiet-tivi sopracitati a cui si associano quelli di ridurreil rischio di successivi eventi cardiovascolari e di-minuire morbilità e mortalità.

Criteri di inclusione/indicazioni per l’accessoalla cardiologia riabilitativaIn coerenza con l’attuale stato di evidenze scien-tifiche, un programma specialistico, integrato emultidisciplinare di CR è indicato nelle Per-sone:• con cardiopatia ischemica;• con infarto del miocardio;• con angina pectoris stabile da sforzo;• sottoposte a interventi di cardiochirurgia e/o

chirurgia vascolare;

Protocolli riabilitativi in riabilitazione cardiovascolare

Definizione

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)ha definito la CR come un processo assistenzialemultifattoriale, attivo e dinamico, che ha il finedi favorire la stabilità clinica, ridurre le disabilità(perdita di vario grado delle autonomie nella vitaquotidiana) conseguenti alla malattia e supportareil mantenimento e la ripresa di un ruolo attivonella società, con gli obiettivi di: ridurre il rischiodi successivi eventi cardiovascolari, migliorare laqualità della vita e incidere complessivamente inmodo positivo sulla sopravvivenza.

Componenti dell’intervento

ObiettiviPremettendo che l’esercizio fisico è una compo-nente irrinunciabile del programma riabilitativocardiologico, la sua combinazione con un ade-guato monitoraggio e intervento clinico, con pro-grammi strutturati educazionali e con interventipsicocomportamentali è l’intervento più efficacedi CR. Pertanto, i programmi di CR includono le se-guenti specifiche componenti:• stabilizzazione clinica con risoluzione delle

complicanze post-acute;• definizione e ottimizzazione della terapia me-

dica più appropriata secondo i suggerimentidelle più recenti Linee guida proposte dalleSocietà scientifiche;

• stratificazione prognostica per eventi cardio-vascolari con valutazione del rischio cardiova-scolare globale;

• identificazione di obiettivi specifici per la ri-duzione di ciascun fattore di rischio;

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• dimessi precocemente o, anche se non com-plicati, anziani fragili, o a elevato rischio diprogressione di malattia.

Le componenti comuni dei protocolli riabilitativicardiologici prevedono la stratificazione del rischioattraverso visita specialistica, esami ematochimici,strumentali e ottimizzazione della terapia (cardio-logo, infermiere), l’attività educazionale e di sup-porto psicologico (medico specialista, infermiere,tecnico, fisioterapista, dietologo/dietista, psico-logo). La definizione del programma individualeinclude:• il training fisico, che prevede un programma

monitorato con telemetria di esercizi fisici fles-sibile e individualizzato, di adeguate caratteri-stiche di intensità, durata, frequenza e pro-gressione, in grado di migliorare la capacitàfunzionale e, inoltre, l’istruzione all’esecuzioneautonoma dell’attività fisica che dovrà essereprescritta anche in fase domiciliare;

• l’intervento psicologico che si esplica, dopovalutazione psicocomportamentale, attraversocolloqui individuali modulati secondo il profilodei rischi modificabili;

• infine, il counseling e le riunioni individuali odi gruppo con il team riabilitativo e familiari/caregiver, che completano le componenti co-muni dei programmi riabilitativi.

In base alla complessità diagnostica, assistenzialee organizzativa, i pazienti candidati alla riabilita-zione cardiologica sono suddivisibili in pazienti abasso rischio, ad alto rischio e a elevata complessitàclinica. I pazienti con sindrome coronarica acuta, infartodel miocardio, scompenso cardiaco, o sottopostia intervento cardiochirurgico sono trattati, quindi,con programmi di durata variabile, che prevedanoindagini, trattamenti e attività specifiche e settingappropriati commisurati al grado di rischio/com-plessità.

• sottoposte a rivascolarizzazione meccanica (an-gioplastica coronarica e stent);

• sottoposte a procedure di correzione per via per-cutanea di vizi cardiaci congeniti o acquisiti;

• con arteriopatia cronica periferica;• con scompenso cardiaco cronico;• con trapianto cardiaco;• con esiti di impianto di device, per esempio de-

fibrillatori impiantabili, pacemaker biventricolari,assistenza meccanica del ventricolo sinistro;

• ad alto rischio di primo evento cardiovascolare(> 20% secondo le carte del rischio del Pro-getto Cuore – ISS).

Protocolli riabilitativi

I protocolli riabilitativi fanno riferimento alle Li-nee guida delle Società scientifiche nazionali e in-ternazionali. Indipendentemente dalla specifica indicazione alprogramma di CR, i protocolli riabilitativi si ar-ticolano in componenti comuni a tutte le condi-zioni e in componenti specifiche per le singolepatologie, per diversi sottogruppi di popolazionequali gli anziani, le donne, i diabetici e i pazienticon comorbilità. In particolare, le condizioni dialto rischio clinico vengono definite dalla presenzadi uno dei seguenti fattori: • complicazioni dopo sindrome coronarica acuta,

interventi cardiochirurgici o angioplastica co-ronarica;

• persistente instabilità clinica o patologie con-comitanti severe a elevato rischio di eventi car-diovascolari;

• scompenso cardiaco in III o IV classe NYHA(New York Heart Association) e/o in terapia in-fusiva intermittente o continua e/o supportomeccanico;

• dopo intervento di trapianto cardiaco o por-tatori di assistenza ventricolare;

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coltà logistiche/ambientali/socioassistenziali;• dopo infarto miocardico: scompenso o disfun-

zione ventricolare sinistra (frazione di eiezioneinferiore al 40%); ricoveri prolungati in faseacuta o con complicanze o con comorbilità;infarto miocardico acuto in soggetti che svol-gono vita estremamente sedentaria o anziani;

• dopo scompenso cardiaco: classe NYHA III-IV alla dimissione, persistente necessità di te-rapia infusiva con difficoltà allo svezzamento;instabilità elettrica; indicazione a ottimizzarela terapia farmacologica in presenza di labilitàclinica e/o dopo ricovero prolungato o com-plicato; esigenza di riabilitazione intensiva; invalutazione per indicazione o mantenimentoindicazione a trapianto cardiaco; pazienti sot-toposti a impianto di device con labilità clinicae/o elettrica o problemi relati a complicanzechirurgiche.

Tra i pazienti ad alto rischio clinico sono ricom-presi quei pazienti, in maggior parte anziani, aparticolare complessità clinico-assistenziale sullabase non solo del tipo e della severità della pato-logia cardiovascolare, ma anche di associate disa-bilità, comorbilità e dei bisogni assistenziali/so-ciali/psicologici.

OpportunitàMeno di un terzo dei pazienti eleggibili partecipaa programmi di CR. L’implementazione delle Li-nee guida risulta anche in CR ostacolata da bar-riere di ordine culturale, organizzativo ed econo-mico.

Ostacoli culturali. I percorsi formativi e soprat-tutto l’aggiornamento degli operatori sono ancorafondamentalmente orientati all’acuzie, non con-siderando adeguatamente l’importanza di una cor-retta prevenzione e gestione della cronicità, veraemergenza sanitaria attuale e futura. Infine, gli

La valutazione di costo-efficacia della riabilitazione cardiologia

I dati a disposizione sono concordi nell’attribuireai programmi di riabilitazione cardiologica un fa-vorevole profilo economico, specie per le analisidi costo-utilità che considerano anche la qualitàdella vita. Il costo incrementale della riabilitazione per annipesati per la qualità della vita stessa (quality adju-sted life years, QALY) risulta costantemente neimargini di accettabilità sociale e spesso è netta-mente inferiore a quello di terapie e procedurecardiologiche ampiamente utilizzate nella praticaclinica.

Modelli organizzativi e percorsi clinici

Condizioni cliniche e funzionali All’inizio del percorso riabilitativo è essenziale de-finire la condizione clinica e funzionale del pa-ziente al fine di individuare il percorso riabilitativopiù idoneo ed efficiente (degenziale o ambulato-riale). Le condizioni ad alto rischio clinico che configu-rano la necessità di percorsi di cura complessi earticolati gestibili prioritariamente in ambito de-genziale sono rappresentate da:• dopo cardiochirurgia: pazienti ad alto rischio

di nuovi eventi cardiovascolari e/o di instabilitàclinica, definibili come tali per presenza discompenso cardiaco (classe NYHA superiorealla II o frazione di eiezione (FE) < 35%) oper aritmie iper-ipocinetiche severe, o per ne-cessità di terapia infusiva o per recidive ische-miche precoci o per altri fattori instabilizzanti;dimessi tardivamente dopo prolungata degenzain Rianimazione o Terapia Intensiva, con com-plicanze evento-correlate, con presenza o ria-cutizzazioni di comorbilità severe, con diffi-

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la funzione e la struttura corporea compromessaè praticamente unica, la compromissione dellacapacità funzionale può spesso derivare più dafattori contingenti (es. un recente intervento car-diochirurgico) che dal danno funzionale cardiaco;il rischio di eventi maggiori (morte, reospedaliz-zazioni, instabilizzazioni cliniche ecc.) nel breve elungo termine può essere fortemente limitante econdizionante la qualità di vita e la sopravvivenza,anche in assenza di un evidente deficit funzionalemisurabile. I benefici dei programmi di CR nelle Persone conmalattia cardiovascolare si incentrano su un mi-glioramento complessivo del processo di cura edei profili di rischio strettamente correlati alla ri-duzione di morbidità e mortalità (ridotta del 25-30%). Per queste ragioni, in CR risultano più ap-propriate misure di performance di struttura e diprocesso. Gli indicatori di struttura descrivono quantitati-vamente la struttura e l’organizzazione dell’unitàche eroga prestazioni di CR e si basano essenzial-mente sulla disponibilità di operatori di adeguatoprofilo professionale e con adeguate competenzee sulla disponibilità di attrezzature idonee. Gli indicatori di processo sono diretti a quantificarespecifici aspetti del processo di cura e sono dise-gnati per cogliere tutte le variabili dimensionalidefinite rilevanti per il programma riabilitativo.Tali indicatori dovranno essere modulati sulla basedel setting operativo (degenziale piuttosto chesemi-degenziale o ambulatoriale) nel quale do-vranno essere utilizzati. In CR gli indicatori diprocesso fanno riferimento a due ambiti specifici:il primo relativo alla modalità di accesso dei pa-zienti, il secondo alla performance del programmariabilitativo. Per quanto riguarda gli indicatori diprocesso relativi alla modalità di accesso, appaionorilevanti la coerenza rispetto alle indicazioni el’identificazione dell’evento indice o di una con-

operatori/le strutture che accolgono il pazientedopo un evento acuto tendono a proporre pro-grammi di follow-up monospecialistici, rinun-ciando all’indispensabile presa in carico globaledella Persona.

Ostacoli organizzativi. Sono soprattutto rappre-sentati dalla mancanza di strutture dedicate allaCR, in relazione agli elevati fabbisogni, e dalledifficoltà dell’organizzazione multidisciplinare.

Ostacoli economici. Sono principalmente rap-presentati dal sistema di remunerazione a presta-zione per pazienti complessi, che privilegia gli in-terventi ad alta intensità assistenziale nel pazienteacuto.

Modalità di accesso La valutazione della tipologia più appropriata diintervento (in degenza ordinaria, day-hospital,ambulatoriale o domiciliare) dovrebbe contem-plare l’analisi combinata di: • rischio clinico;• complessità clinico-assistenziale;• grado di disabilità;• potenzialità di recupero;• aspetti logistici.

Strumenti di valutazione Proprio per le specificità degli obiettivi della CRdiretti non solo alla riduzione della disabilità con-seguente alla malattia cardiovascolare, alla ripresadi un ruolo attivo nella società, al miglioramentodella qualità di vita, ma anche alla stabilizzazioneclinica, alla riduzione del rischio clinico, di nuovieventi e di mortalità, gli svariati strumenti di va-lutazione funzionale utilizzati come indicatori diesito in riabilitazione neuromotoria risultano ina-deguati e di scarsa efficacia. Infatti, nella Persona con malattia cardiovascolare

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efficace come la CR,- ai cardiologi dedicati alla cura del malato

acuto, per un’indicazione appropriata dellaCR, anche attraverso l’utilizzo di strumentiinnovativi quali nurse di collegamento, case-manager, referral elettronico,

- ai pazienti, per un maggiore coinvolgimentoe motivazione nella scelta delle opzioni dicura più efficaci con strumenti quali il col-loquio motivazionale, il committment formalee il coinvolgimento dei familiari;

• facilitare l’accesso a programmi di CR anchealle donne, agli ultrasettantenni e nei pazienticon criticità sociali e psicologiche;

• colmare la carenza di offerta di servizi di CRadeguati alle diverse necessità assistenziali, inparticolare incrementando la rete della CR am-bulatoriale con la creazione di Ambulatori diPrevenzione e Riabilitazione;

• stimolare progetti e ricerche nel settore, cheprevedano, in particolare, la raccolta sistematicadi indicatori di processo e di outcome e la spe-rimentazione di protocolli per la deospedaliz-zazione precoce sia dai reparti per acuti sia dallestrutture di CR (home-based, telesorveglianza);

• incentivare la gestione del paziente cardiopaticocronico secondo il modello del disease mana-gement, consentendo un’adeguata implemen-tazione dei programmi di riabilitazione e pre-venzione nel lungo termine.

Setting assistenziali-riabilitativi nella retedella Persona con cardiopatia

Le attività di CR possono svolgersi sia in regimedi ricovero in degenza ordinaria o in day-hospital,sia in modalità ambulatoriale o domiciliare. Le attività di riabilitazione in regime di ricoveroospedaliero sono dirette al recupero di disabilitàimportanti, modificabili, che richiedono un ele-

dizione a progressione sfavorevole con possibilitàdi peggioramento della prognosi. Gli indicatori diprocesso si focalizzano sui contenuti del pro-gramma riabilitativo, con particolare riferimentoalla valutazione funzionale e alla definizione perogni paziente del rischio clinico, alla stabilizzazioneclinica e alla gestione di variazioni cliniche inter-correnti, all’individuazione e valutazione dei fattoridi rischio cardiovascolare modificabili, alla defini-zione di interventi individualizzati multiprofessio-nali e coordinati diretti alla riduzione di tali fattori,all’evidenza documentale di sistemi di monitorag-gio e di valutazione dell’efficacia degli interventi eprotocolli standardizzati di valutazione degli out-come al termine del programma riabilitativo. In sostanza, per ogni item oggetto di valutazione(es. controllo della pressione arteriosa, controllodel quadro lipidico e dell’assetto glico-metabolico,tabagismo, controllo del peso, abitudini legate al-l’attività fisica, presenza di stati depressivi, capacitàfunzionale, corretta gestione dei farmaci, com-prensione dei trattamenti non farmacologici) sarànecessario disporre di dati puntuali riferiti a: • obiettivi dell’intervento;• valutazione iniziale;• piano di intervento;• valutazione finale prima della conclusione del

programma;• eventuali variazioni del piano di intervento e

comunicazione.

Raccomandazioni organizzative Si ritiene opportuno:• promuovere la diffusione delle Linee guida e

dei documenti di consenso tra le Società scien-tifiche di settore, l’aggiornamento di tutti glioperatori coinvolti, con particolare attenzione:- ai medici di medicina generale (MMG), per

una maggiore consapevolezza degli effetti fa-vorevoli di un intervento altamente costo-

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tensità riabilitativa e a intensità assistenziale clinicamedio-bassa a pazienti che hanno superato la faseacuta della malattia con sufficiente grado di au-tonomia funzionale, ma che, pur avendo un bassorischio di potenziale instabilità a riposo, perman-gono a rischio di instabilità clinica durante attivitàe necessitano di tutela medica e nursing dedicatoper la complessità della condizione di patologia.Eleggibili per un programma riabilitativo in re-gime di day-hospital sono i cardiopatici nei qualinon siano necessarie l’osservazione clinica e l’assi-stenza “full-time”, ma per i quali l’articolazione ela multidisciplinarietà dell’intervento riabilitativonon consentono la gestione del programma ria-bilitativo in regime ambulatoriale. Le condizionicliniche dell’assistito e la compromissione funzio-nale possono essere anche gravi, purché in fase direlativa stabilità clinica. La tipologia degli inter-venti in day-hospital è quella intensiva (elevatoimpegno diagnostico medico-specialistico e ria-bilitativo-terapeutico e a elevata complessità e/odurata degli interventi multidisciplinari) con al-meno 3 ore di terapia riabilitativa specifica, intesacome interventi multiprefessionali.L’intervento si articola in una serie di accessi pro-grammati di durata variabile secondo la strategiadi intervento, con erogazione di prestazioni multi -professionali e plurispecialistiche. I programmisono personalizzati, comprendono interventi siaindividuali sia collettivi, preceduti da una valuta-zione specifica per formulare i tempi e la duratadel trattamento riabilitativo.Il progetto riabilitativo individuale, formulatosotto la responsabilità del medico specialista, siarticolerà in accessi giornalieri di norma compresitra 3 e 5 volte/settimana per una durata comples-siva dell’intervento di 4-8 settimane. In alcunespecifiche condizioni nelle quali gli obiettivi ria-bilitativi sono perseguibili in una prospettiva cro-nologica di medio termine e la progressione del

vato impegno diagnostico medico-specialistico aindirizzo riabilitativo e terapeutico comprensivodi interventi multiprofessionali e che implichinoun elevato livello di tutela medico-infermieristicae/o la necessità di utilizzare attrezzature tecnolo-gicamente avanzate.

Programmi di cardiologia riabilitativa in degenza ordinaria

Per pazienti ad alta complessitàDestinato al paziente altamente complesso per graviesiti dell’evento acuto e/o multipatologia, condi-zionante instabilità clinica o disabilità di grado se-vero, con necessità di monitoraggio strumentalepersistente o utilizzo di trattamenti terapeutici nonabituali, per esempio presenza di device a elevatacomplessità gestionale. In tali pazienti vi è un elevatobisogno di tecnologie, di assistenza medica, di nur-sing dedicato, di prestazioni a elevata intensità ria-bilitativa e assistenziale clinica, per la presenza diun elevato grado di dipendenza e di rischio clinico.

Degenza ordinaria Destinata a pazienti a rischio medio-alto, per pre-cocità del trasferimento dall’evento indice o peresiti severi della patologia acuta, con un grado me-dio-elevato di disabilità e/o di complessità, con per-sistente rischio di instabilità clinica a riposo o du-rante attività di recupero sotto sforzo, che necessi-tano prestazioni a elevata intensità riabilitativa e aintensità assistenziale clinica media/elevata, alta ne-cessità di tutela medica e di nursing 24h, anchesenza necessità di tecnologie complesse.

Programmi di cardiologia riabilitativa in day-hospital

I programmi di CR erogati in regime di degenzadiurna devono assicurare prestazioni a elevata in-

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presso il proprio domicilio rappresenta un mezzoadeguato per un ulteriore miglioramento in ter-mini di qualità di vita, soprattutto per quelle ca-tegorie di pazienti segnatamente esclusi o solo ra-ramente inseriti nei protocolli, come le Personecon disabilità, anziani e donne. Tali modelli or-ganizzativi permettono di ottenere economie discala, centralizzando i servizi che richiedono com-petenze complesse, rendendo disponibili tratta-menti riabilitativi anche nelle aree disagiate mon-tane o rurali, nella gestione delle malattie croniche,assicurando comunque la massima qualità assi-stenziale.

Cardiologia riabilitativa nella rete della Persona con cardiopatia

Le reti integrate di servizi sono il risultato di unprocesso di programmazione dei servizi sanitaribasati su un sistema di relazioni e collegamentitra le varie unità produttive. Ciò risulta utile pergarantire la continuità assistenziale, per evitareduplicazioni di servizi e per favorire i momenti dicomunicazione tra le diverse figure professionali(medici, infermieri, altri operatori) o tra questi ei pazienti, come importante strumento di gestionedel processo di cura. Per le reti che comprendonoservizi di alta specialità ci si ispira al modello Hub& Spoke, che esprime un’idea dinamica dell’assi-stenza, collegata ai gradi di complessità; pertanto,quando una determinata soglia di complessitàviene superata, si trasferisce la sede dell’assistenzada unità periferiche a unità centrali di riferimento. Le Strutture Riabilitative, con impiego di minoririsorse umane ed economiche, permettono unagestione migliore dei reparti cardiologici e cardio-chirurgici per acuti, consentendo loro una precocedimissione con caratteristiche adeguate di sicurezzae, quindi, un maggiore turnover di pazienti. È per-tanto indispensabile che all’interno di ogni rete

programma necessita aggiornamenti valutativi, dimonitoraggio e di terapia non gestibili in contestoambulatoriale, è possibile un prolungamento delladurata complessiva del programma fino a 6 mesi,associato a una contestuale riduzione della fre-quenza degli accessi settimanali (es. pazienti conscompenso cardiaco cronico, arteriopatici croniciperiferici).

Programmi di cardiologia riabilitativaambulatoriali

Il trattamento riabilitativo in regime ambulatorialeè appropriato nei pazienti a basso rischio di poten-ziale instabilità a riposo o durante attività fisica econ bassa necessità di tutela medica e assistenza in-fermieristica dedicata, nei quali si eseguono presta-zioni anche a elevata intensità riabilitativa ma abassa intensità assistenziale clinica, per la relativastabilità, e non coesistono necessità logistico-sociali.

Programmi di cardiologia riabilitativadomiciliari e teleriabilitazione

In ambito cardiologico innumerevoli sono le evi-denze dell’efficacia e della sicurezza dell’utilizzodi modelli basati sulla gestione telematica di pa-tologie cardiovascolari, soprattutto se croniche(scompenso cardiaco), ma anche di sistemi ingrado di controllare e gestire device (pacemaker,defibrillatori impiantabili) a distanza. Recente-mente sono stati attivati, dapprima in via speri-mentale, alcuni progetti di teleriabilitazione car-diologica, per pazienti affetti da scompenso car-diaco e/o recentemente sottoposti a intervento dicardiochirurgia. Il loro esito positivo ha portatoal riconoscimento di tale modello come sicuro,efficace ed efficiente, tanto da permetterne l’inse-rimento a nomenclatore in alcune Regioni. Lapossibilità di svolgere il percorso riabilitativo

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La formazione specialistica, così come previsto dalriassetto delle Scuole di Specializzazione in area sa-nitaria (GU n. 258 del 5-11-2005, Ordinamentididattici), prevede che tra gli specifici ambiti dicompetenza dello Specialista in Malattie dell’Ap-parato Cardiovascolare vi siano anche quelle riabi-litative. Pertanto, la formazione nei contenuti di-sciplinari della CR dovrebbe includere un numeromaggiore di crediti formativi specifici articolati inCorsi Universitari delle discipline sanitarie.

Riabilitazione delle Persone con disturbi cognitivi

Situazione della patologia

La riabilitazione dei disturbi cognitivi conseguentia lesione cerebrale acquisita nell’adulto costituisceun settore rilevante e in crescita del campo dellariabilitazione. L’aumento della sopravvivenza dopograve lesione cerebrale, il miglioramento nelle te-rapie di alcune malattie neurologiche e l’invec-chiamento della popolazione sono alcuni dei fat-tori che determinano una richiesta crescente diriabilitazione neuropsicologica in numerose pa-tologie, come gli esiti di lesioni cerebrovascolari etraumatiche, o le malattie neurodegenerative.Una classificazione dei disturbi cognitivi può essereorganizzata sulla base delle caratteristiche del de-ficit cognitivo o sulla base della patologia respon-sabile. La maggior parte delle revisioni disponibilisi basa sul primo approccio, mentre i dati epide-miologici si riferiscono di solito ai tipi di patologia.Possiamo quindi stimare la prevalenza dei deficitcognitivi sulla base di quella della patologia re-sponsabile. Nel caso di alcune malattie a espres-sione esclusivamente cognitiva e a elevata preva-lenza nella popolazione anziana, come le demenze,i due dati tendono a coincidere. La prevalenzadei disturbi cognitivi nella patologia cerebrova-

cardiologica ospedaliera sia presente un Centro diriferimento di riabilitazione degenziale per la ge-stione della fase intensiva, con caratteristiche diautonomia completa [Unità Operativa (UO)Com-plessa di CR] o parziale, quindi inserito in UO diCardiologia (UO Semplice di CR). Tale Centro saràHub di struttura cardiochirurgica e di strutturecardiologiche ospedaliere dotate di UTIC. Inoltre,la continuità assistenziale e la gestione a medio elungo termine della Persona con cardiopatia potràessere garantita in ambito di strutture dedicate in-tegrate con il territorio (Spoke).

Riferimenti per la formazione

Significativo è il divario tra la crescente epide-miologia delle malattie cardiovascolari e il ridottonumero di pazienti che entrano nei programmidi CR. Uno dei motivi è la carente formazione diprofessionisti (es. cardiologi riabilitatori, fisiote-rapisti, infermieri) con cultura specifica nei con-tenuti della CR. I differenti bisogni in ambitoformativo sono così riassumibili:• l’insufficiente conoscenza delle finalità, dei

contenuti e dei risultati dell’intervento riabili-tativo è diretta conseguenza di una formazionemarginale, sporadica e destrutturata nell’am-bito dei percorsi formativi di coloro che en-trano nel processo: Laurea in Medicina, Laureadelle Professioni Sanitarie;

• l’insufficiente formazione dei MMG e degliSpecialisti a tale riguardo è spesso fonte diinappropriatezza delle indicazioni a programmiriabilitativi;

• la mancanza di integrazione tra professionisti,suddivisi per ambiti professionali (medici, in-fermieri, fisioterapisti ecc.) non risponde allenecessità di integrazione, a cui si dovrebbe ten-dere attraverso informazioni, strumenti e me-todi sviluppati trasversalmente.

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• logopedista;• ortottista – assistente di oftalmologia;• podologo;• tecnico della riabilitazione psichiatrica;• terapista della neuro- e psicomotricità dell’età

evolutiva;• terapista occupazionale.La specifica attività professionale dello psicologoè normata dal combinato disposto dagli artt. 1 e2 della Legge n. 56 (52) del 18 febbraio 1989 edagli artt. 50 e 51 del DPR n. 328 (53) del 5 giu-gno 2001. In particolare, l’art. 1 della Legge 56/89definisce che “la professione di psicologo com-prende l’uso degli strumenti conoscitivi e di in-tervento per la prevenzione, la diagnosi, le attivitàdi riabilitazione-riabilitazione e di sostegno in am-bito psicologico rivolte alla Persona, al gruppo,agli organismi sociali e alla comunità”.Inoltre, il Decreto Ministero dell’Università e dellaRicerca 24 luglio 2006 (54), nell’allegato relativoagli ordinamenti didattici scuole di specializza-zione di area psicologica, definisce che “…Lo spe-cialista in Neuropsicologia deve avere maturatoconoscenze teoriche, scientifiche e professionalinel campo dei disordini cognitivi ed emotivo-mo-tivazionali associati a lesioni o disfunzioni del si-stema nervoso nelle varie epoche di vita (sviluppo,età adulta e anziana), con particolare riguardo alladiagnostica comportamentale mediante test psi-cometrici, alla riabililitazione cognitiva e com-portamentale, al monitoraggio dell’evoluzionetemporale di tali deficit e ad aspetti subspecialisticiinterdisciplinari quali la psicologia forense. In par-ticolare, deve disporre di conoscenze ed esperienzeatte a svolgere e coordinare le seguenti attività: • identificare i deficit cognitivi ed emotivo-mo-

tivazionali determinati da lesioni o disfunzionicerebrali (deficit del linguaggio, afasia e disor-dini della lettura e della scrittura; deficit dellapercezione visiva e spaziale, agnosia e negli-

scolare e nella traumatologia cranica è invece di-pendente da fattori quali la distanza dall’eventoacuto e la gravità della lesione cerebrale. Consi-deriamo alcuni esempi. I disturbi del linguaggio(afasia) sono frequenti dopo lesione vascolare ce-rebrale. L’afasia è presente in fase acuta in circa il40% dei casi di ictus acuto e persiste a 1 anno didistanza in circa due terzi dei pazienti. Deficit co-gnitivi sono riscontrabili nel 40% dei pazienti so-pravvissuti a trauma cranico grave a 5 anni di di-stanza. È stato più volte dimostrato che la presenzadi deficit cognitivi predice la prognosi funzionaledei pazienti con malattia cerebrovascolare e la lororisposta alla riabilitazione motoria. Da questi dati si evince la rilevanza del problemadei deficit cognitivi acquisiti nella popolazioneadulta e di un corretto approccio alla loro riabili-tazione.

Le evidenze sull’efficacia della riabilitazionedei deficit cognitivi

Sono disponibili numerose revisioni delle evi-denze, sia europee sia nordamericane. Nella Ta-bella 6.1 è riportata una sintesi del documento diconsensus che è stato sottoposto alle Società scien-tifiche.

Le figure professionali coinvolte

Il personale sanitario coinvolto nell’attività di ria-bilitazione è composto da professionisti in possessodella laurea magistrale (medici, psicologi) e pro-fessionisti in possesso della laurea breve (fisiote-rapisti, logopedisti, neuropsicomotricisti, terapistioccupazionali, infermieri). Il Ministero della Salute identifica le seguenti pro-fessioni sanitarie riabilitative: • educatore professionale;• fisioterapista;

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Tabella 6.1 Riabilitazione dei deficit cognitivi: sintesi del documento di consensus che è stato sottoposto alle Società scientifiche

• Riabilitazione dei disturbi del linguaggio e del calcolo (afasie e acalculie) e dei disturbi dell’articolazione

Si tratta dell’area più ricca di studi, data la lunga tradizione di pratica clinica e di ricerca in questo ambito. La maggior parte deglistudi di gruppo indica una forte efficacia degli interventi, anche se la scarsità e la ridotta qualità degli studi clinici randomizzati nonconsentono alle revisioni di concludere per il grado di raccomandazione più elevato. Le evidenze sulla riabilitazione di disturbi piùspecifici, quali i deficit dell’elaborazione di parole isolate e di frasi, di lettura e di scrittura, così come gli studi sui disturbi del calcoloe dell’articolazione, tipicamente basate su studi di caso singolo sono molto incoraggianti, in quanto dimostrano in modo inequivocabilela possibilità di miglioramento in tutti questi campi in seguito a trattamento riabilitativo

• Riabilitazione dei disturbi del gesto (aprassie)

La ricerca in questo ambito è molto più recente e si basa su un numero limitato di RCT (randomized controlled trials), che hannoindicato effetti positivi dei trattamenti finalizzati al recupero delle attività della vita quotidiana

• Riabilitazione dei disturbi della cognizione ed esplorazione spaziale (negligenza spaziale unilaterale) e dei deficit dicampo visivo

Gli studi disponibili sono numerosi, basati su metodologie diverse. Fra i metodi di riabilitazione del neglect, i trattamenti visuo-esplorativi hanno ricevuto il maggiore supporto sperimentale, anche se al momento mancano valutazioni accurate a lungo termine,soprattutto riguardo alla generalizzazione dei risultati alle attività della vita quotidiana. L’adattamento prismatico si è mostrato unostrumento di rapida somministrazione, non invasiva ed efficace, che ha evidenziato effetti positivi a lungo termine. Tuttavia, mancauna dimostrazione certa dell’efficacia derivante da RCT. Per quanto riguarda i disturbi del campo visivo, esiste evidenza a favore diinterventi riabilitativi, in particolare basati su un approccio compensativo

• Riabilitazione della memoria

Gli studi eseguiti in pazienti con deficit di memoria stabilizzati (esiti di trauma cranico, ma anche ictus, encefalite ecc.) hannodimostrato evidenze di efficacia, con un grado elevato di raccomandazione per i metodi basati sull’apprendimento dell’utilizzo diausili esterni. Evidenze positive di grado inferiore sono anche disponibili per le metodiche basate sul rafforzamento delle residuecapacità di apprendimento e sull’apprendimento di procedure compito-specifiche

• Riabilitazione delle funzioni attenzionali ed esecutive

Esistono evidenze a favore di una raccomandazione di grado elevato per la riabilitazione dei deficit attenzionali in fase post-acuta,derivate tuttavia da un numero limitato di RCT. Con gli stessi limiti, è possibile concludere per una raccomandazione elevata perquanto riguarda il trattamento delle funzioni esecutive, in particolare mediante l’apprendimento dell’utilizzo di ausili

• Riabilitazione neuropsicologica del trauma lieve e moderato

Dall’analisi della letteratura risultano molto promettenti gli studi sulla riabilitazione neuropsicologica, sia nei traumi cranioencefalici(TCE) lievi sia nei TCE misti lievi che nei misti moderati e gravi. In questo caso esiste evidenza di efficacia anche per un approccio“olistico”, mirato all’integrazione di tutte le funzioni neuropsicologiche nelle attività quotidiane del paziente, così come i programmidi educazione e informazione ai pazienti e ai loro caregiver

• Riabilitazione neuropsicologica delle gravi cerebrolesioni acquisite

Gli aspetti da considerare in questo ambito sono almeno tre: le menomazioni cognitivo-comportamentali, gli stati di alteratacoscienza e le modificazioni del comportamento. Nei primi due casi, gli studi sono esigui, in generale di qualità limitata, e non con-sentono di raggiungere conclusioni sull’efficacia degli interventi. Nel terzo caso, esistono evidenze a supporto di interventi, inparticolare basati su un approccio olistico-integrato

• Riabilitazione neuropsicologica della sclerosi multipla

I risultati finora disponibili non permettono di trarre conclusioni definitive: anche quei lavori che raggiungono un buon livello dievidenza presentano dei limiti che consigliano cautela nel considerare la metodica proposta come sicuramente efficace

• Riabilitazione neuropsicologica della malattia di Alzheimer

Per l’efficacia degli approcci di stimolazione, quali la reality orientation therapy (ROT), sul piano cognitivo, è possibile concludere cheesiste anche evidenza di efficacia della ROT sui disturbi comportamentali, anche se i dati disponibili sono meno numerosi. Perquanto riguarda invece training e riabilitazione cognitiva, le evidenze sono di qualità inferiore, in quanto gli studi dimostrano, in ge-nerale, effetti positivi solo su test neuropsicologici e non su misure funzionali. Non sono disponibili dati sull’impatto sui deficit com-portamentali

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del singolo paziente di tollerare sedute quotidiane).A queste si aggiungono quelle collegate con le pa-tologie che caratterizzano l’individuo malato (dallamobilizzazione fino alla riabilitazione somatica). Atal fine è indispensabile che in ambito ospedalierooperi un’equipe altamente integrata, in grado di co-ordinare i diversi interventi, come per esempio lariabilitazione cognitiva e quella motoria. La perma-nenza nelle strutture ospedaliere sarà limitata al rag-giungimento di outcome predefiniti all’inizio deltrattamento; in ogni modo non potrà superare i 3mesi. È tuttavia necessario tenere conto che spessoil ricovero ospedaliero è fonte di disorientamentoper il paziente anziano, con il rischio, quindi, chegli effetti negativi prevalgano su quelli positivi. Un’allocazione alternativa è rappresentata da strut-ture riabilitative extraospedaliere, dove è possibileuna permanenza più lunga, sul modello, per esem-pio, della riabilitazione generale-geriatrica imple-mentata nella Regione Lombardia. In questo am-bito è possibile una degenza più prolungata, rin-novabile periodicamente, anche se non potrà esserestabile. Il trattamento dei disturbi comportamen-tali nei pazienti affetti da demenza trova in questestrutture un ambiente di cura appropriato. Per ilpaziente stabilizzato, per il quale non è ipotizzabileuna prognosi di miglioramento sul piano cogni-tivo, è opportuno prevedere il ritorno a casa o ilricovero presso una residenza (ambito dove è pos-sibile prevedere interventi di attivazione aspecificapiuttosto che di riabilitazione).Come sopraindicato, si deve prevedere un’attivitàambulatoriale o di day-hospital per pazienti facil-mente trasportabili, che godono di un efficientesistema di caregiving e che si giovano della per-manenza nel proprio domicilio. In questi casi l’in-tervento riabilitativo sarà dosato in base al bisogno,per un massimo di 5 accessi settimanali. Anchein ambiente extraospedaliero si deve prevedereuna copertura di competenze che riguardano la

genza spaziale unilaterale; deficit della memo-ria, amnesia; deficit dell’attenzione e della pro-grammazione e realizzazione del comporta-mento motorio e dell’azione complessa) e va-lutare i predetti deficit mediante test psicome-trici, interviste e questionari;

• analizzare risultati quantitativi degli accertamentimediante tecniche statistiche descrittive e infe-renziali e utilizzando le tecnologie informatiche;

• organizzare i programmi di riabilitazione deideficit cognitivi ed emotivo-motivazionali e gliinterventi atti a favorire il compenso funzionale,mediante l’utilizzazione delle abilità residue;

• promuovere, realizzare e valutare gli interventipsicoterapeutici e di comunità atti a favorire ilrecupero del benessere psicosociale….”.

Un punto importante riguarda la formazione delpersonale in ambito di riabilitazione cognitiva ela definizione dei loro standard nei diversi servizi.A questo proposito si riafferma che nei vari ambitisiano coinvolti solo operatori formati specifica-mente e dipendenti dal servizio stesso (la stabiliz-zazione è un aspetto importante, perché stretta-mente collegata con la professionalità). I servizisono però aperti alle diverse categorie in forma-zione (specializzandi, tirocinanti ecc.) o a consu-lenze su specifici problemi. Inoltre, si sottolineal’opportunità che alcuni ambienti di cura e assi-stenza divengano anche centri di insegnamento.

Organizzazione dei servizi

Una possibile collocazione dei servizi è a livelloospedaliero, il più appropriato per pazienti com-plessi, caratterizzati da comorbilità somatica (in par-ticolare soggetti molto anziani) o da instabilità cli-nica (pazienti affetti da patologie neurologiche cometumori, traumi ecc.). In questi casi l’intervento ria-bilitativo specifico deve prevedere almeno 5 sedutesettimanali (ovviamente parametrite sulla capacità

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o infiammatoria), le disabilità complesse.Sono inclusi tra le disabilità dello sviluppo sia di-sturbi frequenti come la dislessia e i disturbi dellosviluppo del linguaggio e della coordinazione mo-toria, sia malattie più rare. Nell’insieme la preva-lenza complessiva delle disabilità dello sviluppo èelevata e riguarda circa il 10% della popolazionetra 0 e 18 anni, corrispondente a più di un milionedi ragazzi e relative famiglie in Italia. Il dato è molto variabile nella letteratura interna-zionale (4-17%), a seconda delle metodologie di ri-levazione, che in alcuni casi sottostimano il feno-meno non riuscendo a intercettare le situazioni lievi,e in altri lo sovrastimano per la frequente coesistenzadi più patologie nello stesso soggetto (30%), cheviene così contato più volte. Assai più stabili nellediverse fasce di età e nelle diverse popolazioni risul-tano invece i dati relativi alla fascia intermedia digravità (2-2,5%, corrispondenti a 220-270.000 ra-gazzi e famiglie in Italia) e agli utenti che presentanoproblematiche multiple, gravi e complesse e limita-zioni significative delle autonomie (0,5%, corri-spondente a poco più di 50.000 utenti e famiglie),in un numero più ridotto, ma molto rilevante perla programmazione sanitaria e assistenziale. È necessario affrontare la riabilitazione delle disa-bilità dello sviluppo considerando innanzituttogli aspetti trasversali unificanti e in un secondomomento gli aspetti specifici connessi ai singoliquadri clinici.

Gli aspetti trasversali

Lo sviluppoElemento chiave unificante delle disabilità dellosviluppo è la fase particolare della vita nella qualeinsorgono, caratterizzata da compiti evolutivi spe-cifici. La crescita del bambino e lo sviluppo difunzioni e competenze non avviene, infatti, inmodo segmentale e per linee separate, ma attra-

multipatologia del paziente.L’insieme dei servizi sopraindicati deve operareall’interno di un sistema a rete, attivo in ogniUnità Sanitaria Locale, attraverso le varie tipologiedi Unità di valutazione e intervento, in grado diaccompagnare il paziente nei segmenti della retestessa, con una forte capacità di controllo degliaccessi e dei risultati. Il paziente con disturbo co-gnitivo da riabilitare è per definizione fragile (cosìcome spesso lo è la sua famiglia); ha quindi biso-gno di un programma articolato di cure da svi-luppare in sedi diverse, appropriate rispetto alleesigenze cliniche. In questa prospettiva si auspicala diffusione della figura del casemanager.Infine, non si possono trascurare gli aspetti colle-gati ai costi indotti da servizi dedicati; si devequindi prevedere un uso parsimonioso dei servizistessi, valutando con rigore l’appropriatezza ri-spetto alle diverse allocazioni.

Riabilitazione delle Persone con disabilità dello sviluppo

Le disabilità dello sviluppo rappresentano un am-pio gruppo di disturbi, congeniti o più raramenteacquisiti nei primi anni di vita, che include al pro-prio interno estrema variabilità di tipologia, pro-gnosi e comorbilità. Elemento significativo unifi-cante è rappresentato dall’esordio in età evolutiva,che va a interferire con lo sviluppo del bambino ene condiziona il divenire adolescente e poi adulto. Tra le principali disabilità dello sviluppo si ricor-dano le disabilità intellettive, i disturbi del con-trollo motorio (tra i quali le paralisi cerebrali e idisturbi della coordinazione motoria), i disturbispecifici del linguaggio e dell’apprendimento, idisturbi dello spettro autistico, i deficit sensoriali(visivi e acustici), le patologie congenite muscolo -scheletriche, le malattie neuromuscolari, le ence-falopatie acquisite (traumi e/o patologia tumorale

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verso la continua interazione dinamica tra le sin-gole funzioni emergenti, il patrimonio genetico ele influenze ambientali. La presenza di criticità in un’area, se non conside-rata in un’ottica evolutiva, può determinare con-seguenze a cascata su altre aree funzionali e su epo-che successive. Inoltre, come confermano sia leevidenze della clinica, sia gli studi sperimentalisulla plasticità del sistema nervoso, in nessun’altrafase della vita il ruolo dell’ambiente (per il bambinofamiglia, scuola, contesti di vita) è così determi-nante come nel corso dello sviluppo, e richiedequindi attenzioni e interventi mirati. L’importanzadi un’ottica attenta allo sviluppo è stata raccoltaanche nella versione specifica per il bambino el’adolescente dell’ICF (ICF-CY), che offre la pos-sibilità di esprimere la complessità dello sviluppodescrivendo il funzionamento del bambino nellesue sfaccettature all’interno dei contesti di vita piùsignificativi e fornisce importanti informazioni in-tegrative per la formulazione della diagnosi e dellecondizioni di comorbilità, e che rende ancora piùevidente come l’obiettivo evolutivo debba esserela partecipazione del soggetto in tutti i contesti el’inclusione scolastica e sociale.

La prospettiva life spanLa prospettiva life span indica la necessità di guar-dare alle disabilità dello sviluppo con un’otticache tenga conto dell’intero corso della vita, degliintrecci positivi o negativi che si possono deter-minare e delle attenzioni mirate necessarie, nonchédelle conseguenze e dell’impatto della disabilitàdi sviluppo nel tempo. Coniugata con l’attenzione alla specificità dellosviluppo, la prospettiva life span ha consentito diindividuare in molte patologie la presenza di fi-nestre evolutive, ovvero di periodi di maggioresensibilità e trasformabilità delle funzioni e dellecompetenze del bambino, connesse al timing dello

sviluppo neurobiologico e psichico e conseguen-temente diverse secondo la specifica disabilità.L’individuazione di finestre evolutive è molto ri-levante per decidere, nelle singole disabilità dellosviluppo, quando e come è maggiormente oppor-tuno mirare ad alcuni aspetti degli interventi.Questa prospettiva permette, inoltre, di tenereconto dei diversi compiti evolutivi che le Personedevono affrontare nel corso della vita, riportandol’attenzione su aspetti importanti come la famiglia,la scuola, il lavoro, l’educazione sentimentale e lavita affettiva, la sessualità, e di evidenziare la criti-cità delle fasi di transizione (il passaggio dalla primaalla seconda infanzia, dalla seconda infanzia al-l’adolescenza, dall’adolescenza alla giovane etàadulta, dalla giovane età adulta all’età matura equindi il passaggio dall’età adulta matura all’in-vecchiamento). Diviene così più agevole identifi-care le priorità e complementarietà dei diversi ruolie servizi a seconda delle fasi della vita della Personacon disabilità dello sviluppo, onde meglio indiriz-zare gli interventi, anche nell’ottica di trasformarei fattori di rischio in fattori protettivi ed evolutivi.È così che si è constatata la permanenza, in alcunedisabilità dello sviluppo, di margini di modifica-bilità anche in età adulta, nonché la frequente ne-cessità di mantenimento delle competenze acqui-site, evidenziando la significativa differenza neibisogni delle Persone adulte con una disabilitàesordita in età evolutiva rispetto alle Persone conuna disabilità acquisita successivamente, e la cri-ticità connessa alla frequente assenza di servizi diriferimento specifici. Si tratta di aspetti particolarmente rilevanti per lapresa in carico, aspetti che se non adeguatamenteconsiderati possono divenire fonte di importantisequele aggiuntive, in particolare sul piano com-portamentale. Nelle situazioni di maggiore com-plessità e gravità, in assenza di attenzioni specifichee mirate, programmate con largo anticipo in un’ot-

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tica life span, l’età adulta può rappresentare un co-sto sociale ed economico molto alto o al contrariopuò determinare un ripiegamento e un sovraccariconotevole sulle famiglie e sulla loro salute mentale. La prospettiva life span ha infine permesso di evi-denziare l’importanza di una valutazione degliesiti che tenga conto non solo di prospettive mul-tiple (la Persona, la famiglia, i diversi operatori),ma anche di modalità “età-specifiche” e “fase disviluppo-specifiche”.

La complessità in relazione alla multiassialità– modello bio-psico-sociale

Un ulteriore elemento di rilievo nell’ambito delledisabilità dello sviluppo è rappresentato dalla com-plessità che le contraddistingue, conseguenza da unlato della specificità dello sviluppo e degli intreccitra le sue componenti già sopra ricordati, dall’altrodei numerosi contesti coinvolti e delle loro diversepriorità e interazioni, ma anche degli effetti dellenumerose comorbilità spesso presenti. I diversiaspetti citati interagiscono tra loro secondo modalitànon lineari, che facilmente determinano effetti espo-nenziali, in positivo o in negativo, dei quali è fon-damentale tenere conto nella strutturazione degliinterventi. In una fase della vita critica per lo svi-luppo, si pone trasversalmente e a lungo nel tempouna molteplicità di problemi assistenziali che nonsono di pertinenza esclusiva di singole professionalitàe che richiedono risposte multispecialistiche, multi -professionali e soprattutto negoziali.Elemento critico ai fini della buona qualità del-l’assistenza divengono quindi il coordinamento el’integrazione tra servizi e professionalità distintechiamati a intervenire nei diversi momenti di unostesso percorso evolutivo della patologia, attraversoreti assistenziali integrate.La contemporanea presenza di più servizi/istitu-zioni/professionalità intorno al bambino, con

obiettivi spesso differenti se non opposti per le di-verse priorità e necessità connesse ai singoli pro-blemi contemporaneamente presenti, rende infattinecessaria una continua attenzione a “negoziare”le priorità e gli obiettivi comuni e raggiungibili,per non rischiare di far trovare il bambino e la suafamiglia al centro di conflitti creati dai diversipunti di vista. La scelta delle priorità dell’interventosi basa allora, oltre che sulle specificità del disturbo,su quali sono le aree di forza e di debolezza delbambino e su come si intrecciano con le opportu-nità e le barriere del suo ambiente di vita, sia acasa sia a scuola, anche sull’età del bambino, sugliappuntamenti evolutivi che si troverà davanti nelprossimo periodo (l’entrata alla scuola materna,elementare, l’adolescenza e le autonomie ecc.) esulle preferenze del bambino e della famiglia. Inoltre, benché le disabilità dello sviluppo rap-presentino per definizione disturbi cronici, le pa-tologie che le hanno determinate o quelle presentiin comorbilità possono essere soggette a periodicheriacutizzazioni, che vanno adeguatamente gestiteponendo contemporanea attenzione alla compo-nente acuta e specifica e alle caratteristiche e ne-cessità della disabilità di sviluppo presente.

Le implicazioni generali per l’interventoNelle disabilità dello sviluppo, la riabilitazione èun processo complesso teso a promuovere nelbambino e nella sua famiglia la migliore qualitàdi vita possibile. Gli aspetti generali sono benedelineati dal Manifesto per la Riabilitazione delbambino, del 2000, approvato dalla SINPIA (So-cietà Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia edell’Adolescenza) e dalla SIMFER (Società Italianadi Medicina Fisica e Riabilitativa).La riabilitazione è composta di interventi integratidi rieducazione, educazione e assistenza. La rieducazione è competenza del personale sani-tario e ha per obiettivo lo sviluppo e il migliora-

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mento delle funzioni adattive. Rappresenta un pro-cesso discontinuo e limitato nel tempo che devenecessariamente concludersi quando, in relazionealle conoscenze più aggiornate sui processi biologicidel recupero, per un tempo ragionevole non si ve-rifichino cambiamenti significativi né nello svilupponé nell’utilizzo delle funzioni adattive.L’educazione è competenza della famiglia, del per-sonale sanitario e dei professionisti del settore e haper obiettivo sia la preparazione del bambino aesercitare il proprio ruolo sociale (educare il bam-bino con disabilità), sia la formazione della comu-nità, a cominciare dalla scuola, ad accoglierlo eintegrarlo socialmente (educare il bambino condisabilità), per aumentarne le risorse e accrescerel’efficacia del trattamento rieducativo. L’assistenza ha per obiettivo il benessere del bambinoe della sua famiglia ed è competenza del personalesanitario e degli operatori del sociale. Essa deve ac-compagnare senza soluzioni di continuità il bambi -no e la sua famiglia sin dalla diagnosi di disabilità. Elementi fondanti l’intervento sono quindi: • una rete coordinata di servizi specialistici speci-

fici per le disabilità dello sviluppo in età evolu-tiva, organizzata in più livelli, in modo da ga-rantire i livelli differenziati di risposte necessari;

• la presenza diffusa di primi livelli specialisticiche includano attività ambulatoriali e semire-sidenziali e in alcuni casi domiciliari;

• la declinazione delle caratteristiche dei servizidi alta specialità per le disabilità dello sviluppo,i loro compiti, i bacini di utenza, i criteri diappropriatezza del ricovero ospedaliero (rico-vero ordinario e day-hospital), le modalità diinvio/restituzione rispetto ai servizi di primolivello e ai Centri per acuzie;

• la presenza all’interno di tutti i servizi di teammultiprofessionali stabili e dedicati per indi-rizzare in modo integrato tutti i momenti delprocesso riabilitativo;

• la dotazione di personale e attrezzature nei ser-vizi, adeguata per la prevalenza dei vari tipi didisabilità, i livelli minimi di assistenza, il livellodel servizio;

• l’approccio globale e non settoriale e la neces-sità di ottenere la massima collaborazione daipiccoli pazienti;

• il riferimento costante nell’operatività alle mi-gliori evidenze scientifiche e Linee guida na-zionali e internazionali;

• l’utilizzo di strumenti standardizzati e adeguatidi valutazione, inquadramento funzionale, va-lutazione di outcome;

• l’attenzione mirata alla tutela della salute men-tale dei ragazzi e delle famiglie;

• l’attenta calibrazione degli interventi che ruo-tano intorno al bambino e alla famiglia;

• la valutazione e rivalutazione del trattamentoriabilitativo in atto e dei suoi obiettivi [ProgettoRiabilitativo e Programmi Riabilitativi Indivi-duali (PRI)];

• la frequenza, intensità e durata dei singoli trat-tamenti adeguate alla specifica disabilità e allefinestre terapeutiche proprie dell’età evolutiva;

• la trasmissione di competenze e formazione aicontesti di vita (famiglia, scuola, contesti di vitaallargati);

• l’attivazione della figura del casemanager;• lo stretto raccordo con i PLS e gli MMG;• la presenza di analoghi servizi per la disabilità

dello sviluppo in età adulta; • l’interazione stabile con le reti formali e infor-

mali del territorio; • la presenza di strutture residenziali o di sollievo

temporaneo, in raccordo con il sociale.

Elementi di qualità di una rete integrata perle disabilità dell’età evolutiva

A seguito delle Linee guida del 1998, alcune Re-

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gioni hanno codificato modelli integrati di retefinalizzata ad alcune disabilità dell’età evolutivadi più elevata frequenza e impatto medico-socialecome le disabilità motorie. Si riporta il modelloorganizzativo della Regione Emilia Romagna perla riabilitazione delle gravi disabilità neuromotoriein età evolutiva (DGR n. 138 dell’11/02/2008):• la rete complessiva per la disabilità dello svi-

luppo deve poter fornire agli utenti (bambinoe famiglia) tempestività dell’intervento, livellioperativi adeguati alla complessità dell’inter-vento stesso, equità di accesso;

• il modello organizzativo regionale e locale devepoter supportare percorsi riabilitativi coordi-nati;

• la concentrazione degli interventi terapeuticia carattere continuativo nelle strutture distret-tuali e territoriali (Spoke) e di quelli a maggiorecomplessità in Centri di eccellenza (Hub), at-traverso un sistema di invio e restituzione;

• il coordinamento delle strutture e funzionidella rete è un elemento essenziale della qualitàdel sistema;

• la rete definisce l’adozione dei criteri di out-come in base alla letteratura specifica per ledisabilità dello sviluppo e ai principi basatisulla medicina dell’evidenza;

• la rete prevede gli strumenti per il raccordo; • le strutture specialistiche di primo livello di ria-

bilitazione infantile (Spoke A) hanno in carico ibambini con disabilità dello sviluppo; sono laporta d’accesso alla rete e a esse compete garantirel’univocità della “presa in carico”, attraverso lacondivisione in equipe multiprofessionale (neu-ropsichiatra infantile, psicologo dell’età evolutiva,fisioterapista, terapista della neuro- e psicomo-tricità dell’età evolutiva, logopedista, altri pro-fessionisti dell’area della riabilitazione ecc.) dellaprogettazione dell’intervento riabilitativo e i ne-cessari collegamenti funzionali e offrire e/o ac-

quisire le necessarie prestazioni riabilitative;• le funzioni necessarie al secondo livello (Spoke

B) sono costituite dalle consulenze espresse dapiù servizi specialistici, territoriali o ospedalieri;

• le funzioni di Hub vengono svolte da Centriche erogano interventi di approfondimentodiagnostico-funzionale e terapeutici-riabilitatividi alta specialità, necessariamente di breve du-rata, specifici per le diverse disabilità dello svi-luppo, con riferimento ai quadri più complessi.Possono quindi coincidere con le Unità per leGravi Disabilità dell’Età Evolutiva (UGDE)definite delle Linee guida del 1998;

• è importante che l’Hub possa disporre di postiletto di alta specialità riabilitativa, in ricoveroordinario e day-hospital. I criteri di appropria-tezza per i ricoveri devono essere bene indicati,tenendo conto della specificità dei quadri cli-nici delle disabilità dello sviluppo;

• il Centro Hub ha inoltre i seguenti compiti:- mettere a disposizione delle altre strutture

della rete competenze utili alla gestione cli-nica dei pazienti presi in carico, attraversoattività di consulenza diretta, di outreach edi informazione/formazione del personalemedico e tecnico,

- prendere momentaneamente in carico i pa-zienti la cui complessità clinica giustifichil’intervento del Centro Hub,

- fornire un “secondo parere”,- promuovere e coordinare le attività di pre-

venzione, informazione, sensibilizzazione ededucazione nel campo delle patologie disa-bilitanti dell’infanzia,

- raccogliere, elaborare e condividere con gli altriCentri della rete i dati del sistema informativorelativi alle disabilità dello sviluppo della Re-gione e curare la tenuta dei relativi registri,

- attività di aggiornamento e di perfeziona-mento,

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Ministero della Salute

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- fungere da Centro di riferimento per la ri-chiesta di ricoveri all’estero su problematichedi riabilitazione delle gravi disabilità dellosviluppo.

La riabilitazione in ambito metabolico

La riabilitazione metabolica è l’insieme degli in-terventi volti a un recupero funzionale di pazienticon alterazioni primitive o secondarie del meta-bolismo energetico. L’obesità è una condizionecaratterizzata da un aumento di massa grassa su-periore al 25% nell’uomo o al 35% nella donnadi media età, che rappresenta un rischio per lostato di salute. Per convenzione, a fini epidemio-logici, si classifica come obeso un soggetto conun indice di massa corporea o body mass index(IMC o BMI) > 30 kg/m2, ma è importante di-sporre anche di qualche indice di composizionecorporea. L’obesità è la risultante di un’interazionetra componenti genetiche, in particolare nelleforme di obesità gravi (IMC > 40 kg/m2) e a in-sorgenza precoce, e ambientali o comportamentaliquali l’eccessivo introito calorico e il ridotto mo-vimento. Nota è la relazione tra IMC e gravitàdelle disabilità nelle attività quotidiane della vitacon incidenza sui costi economici e sociali.Le caratteristiche della riabilitazione metabolicasono: • approccio multidisciplinare integrato, che coin-

volge fisiatri, internisti, endocrinologi, cardio-logi, pneumologi, gastroenterologi, nutrizio-nisti, psichiatri, psicologi, dietisti, fisioterapistie infermieri;

• gestione a più livelli assistenziali (setting mul-tipli):- primo livello: medicina generale e Servizi di

Igiene Alimenti e Nutrizione (SIAN),- secondo livello: ambulatorio specialistico in

rete interdisciplinare,

- terzo livello: day-hospital, day-service, Cen-tro diurno (terapeutico-riabilitativo o solodiagnostico),

- quarto livello: riabilitazione intensiva resi-denziale,

- quinto livello: UO per acuti o ricovero H24.Le diverse strutture presenti nei differenti livelliassistenziali sono funzionali alle esigenze del pa-ziente e sono la risultante delle diverse evoluzionidella programmazione sanitaria che si sono avutein ogni Regione. È essenziale che venga creatauna stretta rete di collaborazione con i MMG, iPLS e con i SIAN, nonché con altre strutture,per acuti o riabilitative, in cui siano presenti UnitàOperative di Endocrinologia, Cardiologia, Pneu-mologia, Ortopedia, Chirurgia Bariatrica.

Modalità di accesso

Il percorso del paziente obeso prevede un correttoinquadramento diagnostico e terapeutico multi-dimensionale e la definizione dell’appropriatezzain regime di degenza ordinaria per le condizioniche meritano una valutazione e un trattamento alivello ospedaliero. Il PRI viene stilato dal medicospecialista in riabilitazione di riferimento (case-manager) di concerto con tutte le componentiprofessionali del team multidisciplinare e condi-viso con il paziente.Trattandosi di una patologia cronica con disabilitàpermanenti, sono previsti criteri atti a definire lanecessità di accessi riabilitativi multipli nel tempo.

Principi operativi

• Fase valutativa che comprende una valutazionemultidisciplinare di:- stato di nutrizione (bilancio energetico, com-

posizione corporea, parametri biologici, sta-tus infiammatorio);

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- status psichico (disturbi dell’alimentazione,disturbi dell’immagine del corpo, indici dipsicopatologia, qualità di vita);

- funzionalità motoria e problematiche osteo-articolari, rischio cardiovascolare respiratorio,profilo endocrinologico.

• Avvio di un progetto riabilitativo attraverso l’ap-plicazione di un programma multidisciplinareintegrato:- intervento nutrizionale finalizzato a:

a) ottenere un calo ponderale pari almeno al10% a lungo termine con preservazionedella massa magra,

b) ricostruire durevolmente corrette abitudinialimentari (qualità, quantità, ritmo),

c) ottenere una compliance del paziente;- intervento riabilitativo motorio finalizzato a:

a) riattivare strutture muscolari ipotonichee ipotrofiche per l’inattività e recuperaremobilità articolare,

b) migliorare la performance cardiocircola-toria e respiratoria,

c) aumentare il dispendio energetico,d) aumentare il rapporto massa magra/massa

grassa.• Educazione terapeutica e sanitaria: interventi

psicopedagogici e psicoterapeutici, diretti a:- informare sui comportamenti corretti del-

l’alimentazione e dell’attività fisica;- allenare alla gestione e all’autocontrollo del-

l’alimentazione, dell’attività fisica, dei mo-menti di stress e ansia;

- migliorare il rapporto con il corpo e la suaimmagine e aumentare la conoscenza delleprincipali condizioni associate;

- insegnare il controllo di semplici parametriclinici (glicemia, pressione arteriosa);

- aumentare il senso di responsabilità nellamalattia e cura;

- favorire la compliance terapeutica (intervista

motivazionale).• Nursing riabilitativo: interventi svolti da infer-

mieri e diretti a:- migliorare le risposte dei pazienti a malattie

croniche, disabilità e stili di vita;- potenziare i supporti e i compensi ambientali

e sociali;- proteggere e stimolare le capacità funzionali

e relazionali al fine di migliorare la parteci-pazione alle attività riabilitative e ai pro-grammi assistenziali.

Il progetto di riabilitazione metabolica può essereintegrato, secondo le necessità, con una terapiafarmacologica, chirurgica e psicoterapeutica.

Riabilitazione in ambito metaboliconell’obesità infantile e giovanile

La definizione di obesità in età evolutiva si basasull’utilizzo dei percentili dell’IMC, dove il per-centile dell’IMC coincidente a 25 kg/m2 a 18anni è il cut-off per il sovrappeso e il percentile diIMC coincidente a 30 kg/m2 a 18 anni è quelloper l’obesità. Si adottano a tale scopo le carte na-zionali di riferimento per altezza, peso e IMC.Per meglio evidenziare l’entità della massa magraè auspicabile la contemporanea misurazione dellepliche cutanee.

Criteri e modalità di accesso

I criteri e le modalità di accesso nell’età infantile/giovanile, così come la formulazione del percorsoterapeutico-riabilitativo, sono gli stessi di quellidell’adulto. Rispetto all’adulto, gli interventi nutrizionali, psi-copedagogici e psicoterapeutici prevedono il coin-volgimento della famiglia mediante tecniche in-dividuali e/o di gruppo, con lo scopo di migliorarela consapevolezza della malattia e la complianceal percorso di cura e riabilitazione.

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Patologie associate all’obesità

L’obesità favorisce l’insorgenza di diverse malattiecroniche, che ne rendano particolarmente com-plessa la gestione che non si limita alla mera per-dita di peso o al ritardo della progressione di ma-lattia. La presenza di condizioni di instabilità cli-nica o di patologie associate, anche in assenza diun’urgenza medica, precludono lo svolgimento diun adeguato programma riabilitativo. Può quindiessere indispensabile una presa in carico prelimi-nare in ambiente specialistico, finalizzata alla va-lutazione internistica e metabolica del paziente eall’ottimizzazione della terapia farmacologica.

Disturbi del comportamento alimentare (DCA)I disturbi del comportamento alimentare (eatingdisorders) vengono attualmente classificati in ano-ressia nervosa (AN), bulimia nervosa (BN) e di-sturbi dell’alimentazione non altrimenti specificati(DANAS), detti anche atipici; essi necessitano diun trattamento multidisciplinare e possono essereoggetto di programmi riabilitativi. I DCA sono malattie caratterizzate da una pato-genesi multifattoriale e da una presentazione clinicacomplessa e variabile (con manifestazioni psichia-triche e mediche). Altrettanto complesso (interdi-sciplinare e integrato) deve essere l’approccio tera-peutico-riabilitativo, in fase sia di valutazione siadi trattamento. Il percorso prevede due momenti:• la fase diagnostica prevede la valutazione di: stato

di nutrizione, bilancio energetico (comporta-mento alimentare, livello di attività fisica), com-posizione corporea, parametri biologici correlatialla diminuzione della massa grassa e della massamagra, rischio cardiovascolare, profilo endocrino,status psichico mediante strumenti psicometriciper la valutazione di disturbi dell’alimentazionee dell’immagine corporea, indici plurimi di psi-

copatologia, funzionalità motoria;• il programma riabilitativi include: a) un inter-

vento medico, b) un intervento nutrizionale, fi-nalizzato al recupero ponderale, a ripristinarecorrette abitudini alimentari e a ottenere la com-pliance del paziente, c) un programma di riedu-cazione funzionale e ricondizionamento fisico,per riattivare strutture muscolari ipotoniche eipotrofiche, migliorare la performance cardio-respiratoria, migliorare il bilancio energetico e ilrapporto massa magra/massa grassa, d) un pro-gramma di educazione con interventi psicope-dagogici e psicoterapeutici focalizzati all’infor-mazione sui comportamenti alimentari corretti,alla gestione dei momenti di stress e ansia, alcontrasto delle pratiche improprie di controllodel peso, al miglioramento del rapporto con ilcorpo e della sua immagine, e) programmi dinursing riabilitativo rivolti a migliorare le rispostedei pazienti a stili di vita inadeguati per suppor-tare i compensi ambientali e sociali e preservaree stimolare le capacità funzionali e relazionali.

Sulla base della letteratura e dell’esperienza acquisitada diversi gruppi di lavoro in Italia, è stato costruitouno strumento per la valutazione dell’appropria-tezza dell’accesso in ricovero riabilitativo intensivodi soggetti affetti da DCA: Scheda SISDCA di Ap-propriatezza della Riabilitazione Metabolico Nu-trizionale Psicologica del paziente con DCA (SSA-RMNP•DA). In caso di DCA grave, dopo ricoverointensivo o day-hospital psichiatrico-nutrizionaleil paziente può essere inserito in un programmariabilitativo sul territorio. Questo può risultare ef-ficace nei pazienti anoressici e bulimici che pre-sentano una difficoltà, temporanea o permanente,a mantenere gli obiettivi prefissati nel programmariabilitativo individuale. Elementi distintivi rispettoal ricovero riabilitativo intensivo sono la maggioredurata, la minore comorbidità somatica gestita daeducatori e operatori sociosanitari (OSS) e l’ap-proccio di tipo psicoeducativo.

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Misure di esito e di processo specifiche per la riabilitazione in ambito metabolico

Sulla base del modello bio-psico-sociale, sono statimessi a punto un Core-set e una nuova Checklistper pazienti obesi dalla cui applicazione è statopossibile evidenziare un profilo specifico di disa-bilità (deficit nella mobilità e nella cura di sé, dif-ficoltà delle relazioni con estranei o relazioni in-time, problemi lavorativi o attività ricreative).Queste informazioni possono essere di aiuto nellosviluppare misure di prevenzione primaria e se-condaria e nell’identificare fattori ambientali ne-cessari a migliorare gli obiettivi riabilitativi.

Qualità della vita Le informazioni fornite dal paziente stesso, attra-verso questionari di QoL percepita, possono gui-dare le scelte terapeutiche e fornire indicazionisui cambiamenti percepiti a livello individuale.

La riabilitazione in ambito oncologico

Il modello di assistenza alla Persona con malattiaoncologica è cambiato negli anni e sempre mag-giore è l’attenzione al valore della qualità di vita.In virtù delle sue competenze specifiche e dellesue metodologie di lavoro basate sull’approccioglobale e sul problem solving, la riabilitazione, secoinvolta in tutto il percorso assistenziale, puòcontribuire in modo determinante al persegui-mento di questo obiettivo. Un’efficace terapia anti -tumorale, infatti, non può prescindere da una pre-coce presa in carico riabilitativa globale che prevedauna completa integrazione con chi si occupa delpiano terapeutico strettamente oncologico e chi sioccupa della terapia di supporto e delle cure di so-stegno. La medicina riabilitativa quindi, utilizzandocome strumento operativo il PRI basato sul mo-

dello bio-psico-sociale, si fa carico del ripristinodell’integrità o del miglioramento di tutte le fun-zioni lese dal tumore o dai suoi trattamenti e pren-dendosi carico della Persona in tutte le fasi dellamalattia, ne garantisce in ultima analisi la migliorequalità possibile della vita. Il PRI è un parametromultidimensionale, che, come implicito nel ter-mine stesso, va di volta in volta personalizzato,perché unico è l’individuo che viene curato.Il Team Riabilitativo coordinato dallo Specialistain Riabilitazione è composto da una serie di pro-fessionisti con diverse aree di competenza che ven-gono coinvolti a seconda delle disabilità presenti,dei setting riabilitativi e del contesto psicosociale.La malattia neoplastica, con la variabilità del suocomportamento clinico, mostra una peculiaritàche la rende unica rispetto alle altre patologie incui la riabilitazione è coinvolta. Il percorso dia-gnostico terapeutico è estremamente variabile, inconsiderazione del tipo di tumore, della localizza-zione, dell’aggressività, della stadiazione, dell’etàdel paziente, delle comorbidità, del livello culturale,sociale, familiare e ambientale, e richiede una pia-nificazione altamente personalizzata e continua-mente riadattata in funzione dell’andamento dellamalattia e dei suoi trattamenti. Il paziente potràandare incontro a guarigione, a fasi prolungate dimalattia dopo il trattamento, a cronicizzazione, afasi di ripresa di malattia, fino alla fase terminale edurante tutte queste fasi può presentare disabilitàdiverse divisibili schematicamente in due gruppi: • disabilità comuni a tutti i tipi di neoplasie,

che si possono manifestare dall’esordio finoall’exitus, spesso legate a cause iatrogene;

• disabilità caratteristiche dell’organo/tessuto o dellafunzione interessata dal processo neoplastico, pre-senti più spesso nelle prime fasi di malattia.

In relazione all’andamento delle fasi di malattia ealle disabilità a esse correlate emerge la necessitàche la presa in carico riabilitativa debba seguire

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questi pazienti durante tutto l’iter della malattia,approccio, questo, precoce e continuativo indi-spensabile a emendare la disabilità o in alternativaa mettere in atto strategie adattive e compensatorieper evitare la stabilizzazione dei danni, per otti-mizzare il recupero funzionale, per ridurre i tempidi degenza, garantendo una migliore tollerabilitàdei trattamenti da attuare e reinserendo la Personacon malattia nel suo contesto sociofamiliare con imassimi livelli di attività e partecipazione possibili. Questo fa sì che la riabilitazione si possa trovare aintervenire di volta in volta in setting di cura diversidi altre specialità, in particolare nei reparti per acuti,al momento della diagnosi, stadiazione e tratta-mento chirurgico e comunque tutte le volte che siverifichino condizioni di instabilità clinica, per ri-presa di malattia o per complicanze legate ai trat-tamenti chemio- e radioterapici e nei reparti dimedicina palliativa e negli hospice nella fase termi-nale. In tutte le altre fasi del percorso terapeuticola medicina riabilitativa è in grado di diversificare isetting che le sono propri per garantire, secondocriteri di appropriatezza, le modalità di trattamentoadeguate a ciascun paziente nella sua interezza bio -psico-sociale. I setting utilizzati sono quelli propridella medicina riabilitativa: il reparto di riabilita-zione intensiva ed estensiva, il day-hospital e l’am-bulatorio. Questi devono essere, come già accadein alcune Regioni, integrati fra loro a costituire larete riabilitativa, incardinata in un Dipartimentodi Riabilitazione, in modo da collegare le strutturecentrali, ospedale, con il territorio, indicando lamodalità organizzativa ottimale che possa permet-tere la gestione appropriata dei percorsi di cura nelrispetto del diritto di tutela alla salute del paziente,pianificando gli interventi riabilitativi in terminipreventivi, terapeutici e di counseling.Nell’ambito proprio dell’attività territoriale si devearticolare la sinergia tra riabilitazione medica egli interventi socioassistenziali. La flessibilità dei

percorsi terapeutici deve essere una delle caratte-ristiche della riabilitazione per i pazienti con pa-tologia neoplastica.Gli obiettivi e le tecniche degli interventi riabili-tativi per i pazienti con disabilità per patologianeoplastica non differiscono da quelli dei pazienticon disabilità causate da altre malattie. Essi miranoal suo contenimento, al raggiungimento della mas-sima autonomia possibile entro i limiti impostidalla malattia e dal suo trattamento e da fattorifamiliari, sociali, ambientali ed economici.

Percorsi riabilitativi

Nei percorsi riabilitativi che seguono sono riportatii principali programmi riabilitativi delle patologieneoplastiche più frequenti: tumore del polmone,della mammella, del colon-retto, dell’apparato uro-genitale, della cute e melanoma, del distretto cer-vico-cefalico, del sistema nervoso centrale e delloscheletro. I programmi, all’interno dei percorsi,sono suddivisi, per necessità di schematizzazione,in base alla localizzazione iniziale della malattia ealle relative fasi di trattamento, secondo la classifi-cazione dell’American Cancer Society (2001). La Ifase è quella del periodo pre-trattamento, la II faseè quella di trattamento, la III fase è quella delpost-trattamento o degli esiti. Le fasi IV e V, fasidi ripresa di malattia e terminale, sono caratteriz-zate da disabilità comuni a tutti i tipi di tumore.Le disabilità più frequenti in queste fasi sono legatealla comparsa di localizzazioni secondarie a caricodel sistema nervoso centrale e dello scheletro (perqueste ultime è stato riportato il relativo percorso),agli effetti tardivi collaterali della radioterapia, aglieventuali cicli ripetuti della chemioterapia oltrealla progressione finale della malattia.I disturbi che riguardano la sfera affettiva, emo-zionale e psicosociale possono essere presenti intutti i tipi di malattia neoplastica, in tutte le fasi

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del percorso diagnostico terapeutico. La presenzadi una figura professionale dedicata è indispensa-bile nel team multidisciplinare. I disturbi nutrizionali possono anch’essi esserepresenti nei vari tipi di patologia neoplastica, nelledifferenti fasi di malattia e pertanto anch’essi de-vono essere adeguatamente valutati e trattati dalteam multiprofessionale. Fisiologicamente la “fatica” è descritta comeun’inabilità nel mantenere i normali livelli di ren-dimento dovuta a una maggiore percezione dellosforzo. La fatica correlata al cancro è un “persi-stente e soggettivo senso di stanchezza ed esauri-mento correlato al cancro e al suo trattamentoche non è proporzionale alla recente attività e cheinterferisce con le usuali attività”. Gli obiettivi del trattamento riabilitativo sonocontrastare gli effetti della fatica attraverso pro-grammi mirati e individualizzati per ciascun pa-ziente, nelle diverse fasi di malattia, attraversol’esercizio terapeutico, nelle sue diverse formula-zioni. La personalizzazione del PRI deve avvenireattraverso una presa in carico globale che tengaconto delle disabilità concomitanti, del quadroclinico generale, spesso compromesso per gli effetticollaterali dei trattamenti effettuati, delle aspet-tative del paziente e dei suoi familiari. I criteri diinclusione prevedono che possano essere sottopostia trattamento riabilitativo tutti i pazienti, durantetutto il percorso terapeutico, indipendentementedai trattamenti effettuati. Costituiscono criteri diesclusione la progressione di malattia e/o patologieconcomitanti e/o esiti invalidanti iatrogeni cheinfluiscano sullo stato clinico generale in modotale da non permettere l’esecuzione di un pro-gramma di esercizio terapeutico con ragionevolebeneficio. Per la valutazione vengono utilizzate: il 6MWT,la scala di Borg e consumo energetico, 0-10 Fatiguerating scale, MFI-20, Brief fatigue inventory, SF12.

L’intervento riabilitativo prevede programmi ria-bilitativi di attività motoria, individuale/gruppo,di attività aerobica, prescrizione ausili/ortesi.Nel caso dei tumori in età infantile è importantepuntualizzare due aspetti che caratterizzano la presain carico riabilitativa del bambino e ne sottolineanola primaria importanza: il danno si manifesta inetà evolutiva con gravi ripercussioni sul normaleprocesso di sviluppo psicofisico del bambino e diconseguenza la disabilità che ne deriva può esseremaggiore rispetto all’adulto, e di contro l’aspetta-tiva di vita nel bambino curato è superiore rispettoall’adulto, con maggiore impatto familiare, socialeed economico. In questi pazienti la riabilitazioneha l’obiettivo nel lungo termine di accompagnareil bambino lungo il percorso di accrescimento pergiungere all’età adulta con la maggiore autonomiae migliore qualità di vita possibile. Come nell’adulto, anche in età pediatrica la presain carico riabilitativa deve essere programmata epianificata dal team e gli interventi devono essereprogrammati e seguono l’adattamento del bam-bino alle richieste che la sua crescita e i compiti aessa connessi pongono (es. frequenza scolastica,apprendimento) con l’obiettivo di raggiungere ilmassimo dell’autonomia possibile (ADL, IADL)e la migliore qualità di vita possibile. Nella fase acuta l’intervento riabilitativo sarà effet-tuato nella struttura ospedaliera dove il pazienteviene trattato, con l’obiettivo di recupero delle fun-zioni lese e la prevenzione/limitazione dei danni se-condari. Successivamente, in fase di stabilizzazionedelle condizioni cliniche, il paziente può essere trat-tato in day-hospital, in ambulatorio o a domicilioin funzione dei bisogni riabilitativi, dei servizi pre-senti sul territorio e delle necessità del bambino edei caregiver. In questa fase è necessaria l’integrazionetra la riabilitazione e gli interventi socioassistenziali. In attesa di concretizzare una rete nazionale per ilpaziente affetto da patologia neoplastica, deve es-

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sere garantita la continuità del percorso di cura,attraverso l’applicazione di protocolli integratimediante accordi di programma gestiti a livelloregionale/ASL e in tutti i casi il percorso va orga-nizzato secondo accordi tra strutture e Unità Ope-rative in base a criteri di appropriatezza sulla scortadi indicatori bio-medico-funzionali condivisi.La condizione di “maggiore fragilità” del pazientecon disabilità per patologia neoplastica può con-siderarsi un’associazione di comorbidità intera-genti, qualificate non tanto o non solo per uncriterio di gravità, ma dal loro impatto sulla disa-bilità e sul percorso riabilitativo.La loro presenza può essere evidenziata da:• indicatori bio-medici (es. indici ematici: pia-

strine, leucopenia ecc.); • presenza e/o necessità di alcuni accessi e/o pro-

cedure strumentali (Port a Cath, CVC, CV,SNG, PEG, tracheocannula, ossigenoterapia,ventilazione mininvasiva, stomie, dialisi, lesionida pressione ecc.)

La quantificazione dell’impatto può essere lettacome richiesta di maggiore assistenza professionaleanche non specializzata (addestramento-assistenzaper ileo colostomie), maggiore assistenza profes-sionale specializzata (monitoraggio periodico deiparametri di ventilazione), procedure che richie-dono un cambiamento del setting.A seconda della casistica prevalente, sulla scortadi quanto delineato nei percorsi del presente do-cumento, va implementato l’uso sistematico diIndicatori “generali” a testimonianza della condi-zione funzionale-disabilità/outcome e di perce-zione della qualità di vita correlata alla patologia:Barthel, ECOG, Karnofsky, SF12, EORTC. Glistessi indicatori possono essere utilizzati come in-dicatori di outcome.Sono peraltro da ritenersi indispensabili nell’am-bito riabilitativo dei pazienti con patologia neo-plastica le seguenti prestazioni: visita e valutazione

specialistica fisiatrica, rieducazione motoria e co-gnitiva, prestazioni di psicologia clinica, di recuperodelle funzioni sessuali e della capacità riproduttiva,prestazioni a carattere educativo per la gestionedei presidi e delle complicanze delle menomazioniviscero-sfinteriche (disfagia, alimentazione per vieartificiali, ritenzione-incontinenza vescicale, turbedi transito e di controllo sfinterico-intestinale). In conclusione è opportuno sottolineare la neces-sità di potenziare la cultura della riabilitazione,predisporre l’integrazione funzionale e operativadei suoi diversi setting con la rete oncologica, larete delle cure palliative e la rete di terapia antal-gica, predisporre una serie di percorsi facilitati ededicati a questi pazienti, raccogliere i dati corre-lati, con la necessità di impegno di risorse neglianni futuri verso le disabilità acute e disabilitàcroniche correlate con la patologia neoplastica.

La riabilitazione delle Persone con malattie respiratorie

Il contesto sanitario

Secondo il Rapporto 2001 dell’OMS le patologierespiratorie rappresentano in Europa la 5a causadi disabilità. In Italia, le malattie dell’apparato re-spiratorio rappresentano la terza causa di morte e,di queste, la broncopneumopatia cronica ostruttiva(BPCO) [inclusa l’asma] rappresenta il 55% (datiGOLD 2005). La riabilitazione respiratoria è unprogramma multidisciplinare di cure per i pazientisintomatici con patologie respiratorie croniche opost-acute adattato individualmente e designato aottimizzare la condizione fisica e i sintomi e a mi-gliorare la qualità della vita e la partecipazione alleattività sociali. Le strategie attualmente impiegatenei programmi di riabilitazione respiratoria sonoda considerare a tutti gli effetti parte integrante edessenziale nella terapia. I programmi di riabilita-

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zione respiratoria hanno documentata efficacia an-che in situazioni di riacutizzazione e recidive dellepatologie croniche, situazioni in cui si può riuscirea contenere lo sviluppo di disabilità secondarie.

Descrizione della condizione patologica

L’elenco delle più attuali e principali indicazionialla riabilitazione respiratoria comprende: le malattiecroniche delle vie aeree, le malattie croniche del pa-renchima polmonare, le malattie neuromuscolari edella gabbia toracica, l’insufficienza respiratoria cro-nica da qualunque causa, l’ipertensione polmonare,i disturbi respiratori sonno-correlati (DRSC), i po-stumi di insufficienza respiratoria acuta, acuta sucronica e problematiche di autonomia della respi-razione (weaning difficoltoso) e i pazienti pre- epost-chirurgia toracica e addominale maggiore.

Componenti dell’intervento

I pazienti vengono indirizzati a programmi indi-vidualizzati sulla base delle condizioni cliniche edelle esigenze riabilitative, dopo la valutazione cli-nica e funzionale specifica. A tale scopo si utiliz-zano misure di funzione, disabilità e partecipa-zione/relazione validate e riconosciute dalla co-munità scientifica internazionale. Gli obiettivisono il miglioramento a “breve termine” della di-sabilità determinata dalla patologia di base comela dispnea, il controllo degli scambi respiratori edella disabilità complessiva come la tolleranza al-l’esercizio, lo stato nutrizionale, lo stato psicolo-gico, la qualità di vita e i miglioramenti a “lungotermine” quali l’eliminazione dei fattori di rischioe una buona compliance ai trattamenti specifici.

Le fasi della condizione patologica

L’andamento delle Persone con patologie respira-

torie croniche è caratterizzato da un progressivodeclino con comparsa di effetti sistemici e di nu-merose comorbilità. Possiamo pertanto indivi-duare 4 fasi evolutive delle patologie respiratorie: • una fase del soggetto sano a rischio; • una fase del paziente con diagnosi di patologia

respiratoria conclamata ma ancora iniziale; • una fase del paziente con patologia conclamata

e comparsa di dipendenza (ridotta tolleranzaallo sforzo, dispnea durante le attività quoti-diane, depressione e isolamento sociale, fre-quenti riacutizzazioni, ospedalizzazioni, neces-sità di prescrizione di ossigenoterapia e venti-lazione domiciliare);

• una fase del paziente con necessità legate allapalliatività.

Protocolli riabilitativi nella condizione patologica

Definizione e obiettivi generaliLa “presa in carico” del paziente in ambito respi-ratorio garantisce l’integrazione con i servizi ter-ritoriali e la continuità terapeutica riabilitativa at-traverso l’ottimizzazione delle risorse umane e tec-nologiche e la promozione della collaborazioneattiva tra i vari operatori.

Criteri di inclusione ed esclusioneLe indicazioni all’intervento riabilitativo speciali-stico vengono valutate attraverso la verifica dellasussistenza di una condizione di disabilità tratta-bile e la relazione di causa e lo stato di necessitàclinica che può prescindere dalla patologia d’or-gano. L’evento indice, che fa riferimento all’analisicombinata del rischio clinico, della complessitàclinico-assistenziale, del grado di disabilità e dellasituazione socioeconomica e residenziale del pa-ziente, è chiaramente identificabile in tutti i pa-zienti che hanno avuto un evento respiratorioacuto.

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Programmi riabilitativiLa definizione del PRI prevede la scelta delle atti-vità necessarie in funzione della valutazione ini-ziale, che consistono in attività comuni, quali: vi-sita specialistica, esami ematochimici, strumentalie ottimizzazione della terapia (pneumologo, in-fermiere), training fisico, attività educazionale edi supporto psicologico (medico specialista, in-fermiere, tecnico, fisioterapista, dietologo/dietista,psicologo). Attività complementari come l’alle-namento dei muscoli respiratori o fisioterapia deltorace rappresentano ulteriori componenti dellariabilitazione in pazienti selezionati, così come at-tività dedicate, quali l’utilizzo e la verifica dei pre-sidi per la disabilità respiratoria e le procedureper il weaning difficoltoso e il recupero delle au-tonomie fisiche in pazienti gravi ospedalizzati.

Criteri di valutazione dei risultatiLe misure di funzione, disabilità e partecipazione/relazione utilizzate per la valutazione di accesso allariabilitazione respiratoria rappresentano al tempostesso dei parametri per la misurazione dell’efficaciadel programma. Si tratta, in tutti questi casi, dellecosiddette misure “centrate sull’individuo”.

Modelli organizzativi e percorsi clinici

Gruppi di accessoCondizione di accesso/congruità. Vi è indicazionealla riabilitazione se il paziente proviene da ospedaleper acuti, o è stato recentemente ospedalizzato perevento acuto, oppure su indicazione dello specialistase presente uno dei seguenti criteri di priorità:• peggioramento della dispnea secondo scala

MRC (Medical Research Council ); • paziente con ridotta tolleranza allo sforzo;• presenza di dispnea nelle attività della vita quo-

tidiana (ADL);

• persistenza al tabagismo; • > 2 riacutizzazioni anno; • pazienti con patologia neurologica e neuromu-

scolare evolutiva con interessamento respiratorio; • severa malnutrizione o obesità.Il paziente deve avere ragionevoli aspettative direcupero funzionale, della disabilità (tolleranzaallo sforzo, dispnea durante le ADL), della nonpartecipazione sociale e nella riduzione delle suedipendenze. Al contrario, pazienti vengono esclusi se necessi-tano di intervento acuto o con patologia psichia-trica e turbe cognitive in fase di scompenso.I criteri di ripetibilità del ciclo dipendono dallasituazione clinica in evoluzione, direttamente cor-relati alla capacità residua di recupero e in relazionealla capacità di proposta della rete riabilitativa(presenza o meno di alternative come day-hospital,domicilio ecc.)

Condizioni cliniche e funzionali. In base allacomplessità diagnostica, assistenziale e organizza-tiva i pazienti candidati a riabilitazione respiratoriasono suddivisibili nelle categorie seguenti. A ognifascia corrisponde un intervento terapeutico pro-porzionalmente graduato per complessità e perconsumo di risorse. • Fascia di Base:

- pazienti con insufficienza respiratoria cronicasecondaria a patologie respiratorie, neuro-muscolari, cardiovascolari;

- pazienti con malattie ostruttive croniche dellevie aeree (BPCO, asma cronico, bronchiet-tasie ecc.) in fase stabile o comunque non ininsufficienza respiratoria acuta su cronica;

- pazienti con disturbi respiratori durante ilsonno che richiedono trattamento con ven-tilazione meccanica a pressione positiva con-tinua o terapia conservativa;

- pazienti candidati a interventi di chirurgia

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toracica.• Fascia Intermedia:

- pazienti con insufficienza respiratoria cronicariacutizzata;

- pazienti che richiedono terapia con ventila-zione meccanica polmonare non invasivaacuta per episodio di insufficienza respirato-ria cronica riacutizzata;

- pazienti sottoposti a ventilazione meccanicainvasiva per via tracheostomica provenientidal proprio domicilio;

- pazienti che richiedono impostazione di te-rapia con ventilazione meccanica polmonarenon invasiva domiciliare;

- pazienti con disturbi respiratori durante ilsonno che richiedono impostazione di tera-pia con CPAP;

- pazienti con neuro-miopatie degenerative inventilazione meccanica anche non invasiva.

• Fascia Alta: - pazienti provenienti dalla rianimazione che

necessitano di monitoraggio e di cura respi-ratoria per svezzamento difficoltoso;

- pazienti con IRC riacutizzata con ogni patolo-gia respiratoria, cardiologica o neuromuscolareventilati per via tracheostomica provenienti daospedale per acuti (terapia intensive generali);

- pazienti trapiantati di polmone.Per far fronte alla richiesta di accoglimento di pa-zienti afferenti alla Fascia Alta, i medici specialistihanno in atto da anni sperimentazioni di struttureintermedie semintensive respiratorie (weaning cen-ter/long term ventilatory unit) con la funzione diaccogliere pazienti che provengono dalla rianima-zione con residuo bisogno di monitoraggio, ven-tilazione meccanica, weaning e intensa assistenzainfermieristica e fisiochinesiterapia, e pertantonon accoglibili in contesti di degenza ordinaria. I programmi riabilitativi sono orientati al nursingassistenziale continuativo durante le 24 ore fina-

lizzato all’igiene personale, alla mobilizzazione ealla sorveglianza, al controllo dell’alimentazione,al trattamento riabilitativo intensivo. In caso dinon raggiungimento completo degli obiettivi ilprogramma prevede un’attenta preparazione alladomiciliarizzazione. Il risparmio di costi si aggirasull’ordine del 40% rispetto alla gestione dei me-desimi pazienti in ambienti intensivi classici. • Fascia della Palliatività:

- pazienti con patologie respiratorie di livellomolto avanzato con sintomi non remissibili;

- pazienti con cattiva qualità della vita connon acceso a Hospice dedicati.

Opportunità/trasportabilità (barriere, fruibilità)Le opportunità di accesso a programmi di riabili-tazione sono regolate da apposito registro di pre-notazione e dalla definizione di priorità cliniche,in linea con la programmazione sanitaria locale.La trasportabilità del paziente orienta l’accesso inregime di ricovero ordinario o in day-hospital. Tuttii locali sanitari, di ricreazione o di passaggio sonoorientati a facilitare l’accesso e il movimento deipazienti con problemi di difficoltosa trasportabilità.

Modalità di accessoUn efficace coordinamento tra strutture sanitarieper acuti e quelle riabilitative ha come risultatoun tempestivo adeguato trattamento del pazientee un’ottimizzazione nell’impiego delle limitate ri-sorse economiche e strutturali a disposizione delSistema Sanitario. Per l’accesso alla riabilitazionerespiratoria viene pertanto data priorità ai pazientiprovenienti dall’Unità di Terapia Intensiva, dalleStrutture Pneumologiche per acuti e dalle Divi-sioni di Chirurgia Toracica e Cardiochirurgia.

Strumenti di valutazione• Strumenti clinici:

- valutazione medica, meglio se multidiscipli-

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nare (impostazione del progetto);- valutazione del fisioterapista (triage e impo-

stazione del programma);- valutazione psicologica con eventuali misure

di qualità della vita; - valutazione nutrizionale; - strumenti di disabilità (scala di Barthel);- strumenti di comorbidità (scala CIRS-5); - strumenti di miglioramento dei sintomi ri-

feriti all’attività fisica mediante l’indice di di-spnea transizionale (baseline dyspnea index,transitional dyspnea index) e la scala di dispnea(medical research council); si valuta il sintomoin rapporto alle attività di vita quotidiana.

- strumenti di cattiva compliance all’uso deifarmaci prescritti o di device prescritti;

- strumenti di impegno dei muscoli perifericinel limitare la tolleranza allo sforzo.

• strumenti funzionali:- Rx torace, prove di funzionalità respiratoria,

emogasanalisi, polisonnografia (se indicatasu base clinica), ECG a 12 derivazioni, er-gometria, test per il miglioramento della per-formance fisica generale (test del camminodei 6 minuti).

Indicatori di audit della riabilitazioneindipendentemente dalla modalità organizzativa

I benefici attesi dal processo riabilitativo sono: • stabilità del declino funzionale (grado di ostru-

zione delle vie aeree e/o di iperinflazione pol-monare);

• miglioramento degli scambi gassosi e dei valoridei gas ematici, della disabilità con recuperodel decondizionamento muscolare e della tol-leranza allo sforzo;

• riduzione della dispnea durante le attività dellavita quotidiana e dei giorni di ospedalizzazione

in strutture per acuti;• miglioramento dell’autogestione clinica del pa-

ziente e aumentata sopravvivenza.Nella valutazione della qualità dei servizi erogatiin medicina riabilitativa appare indispensabilel’utilizzo di indicatori di outcome, di processo edi pubblica utilità.

Raccomandazioni clinico-organizzative

Tutti i pazienti dopo un episodio acuto di BPCOe insufficienza respiratoria cronica riacutizzata do-vrebbero essere avviati a programmi strutturati diriabilitazione respiratoria e il programma deveadattarsi alle esigenze cliniche, socioculturali e lo-gistiche del paziente, al fine di ridurre al minimola non aderenza e l’interruzione dell’intervento.Per i pazienti clinicamente più complicati o in-stabili si dovrebbero: • sviluppare programmi riabilitativi di alta spe-

cializzazione e complessità, che comprendanoservizi medici di elevato livello, con possibilitàdi trattare adeguatamente pazienti a rischiomolto elevato e/o con gravi disabilità/comor-bilità, con un approccio multidisciplinare allacura e assistenza continua;

• promuovere la diffusione di Linee guida e l’ag-giornamento di tutti gli operatori coinvolti, conparticolare attenzione ai MMG, agli pneumo-logi dedicati alla cura del malato acuto, perun’indicazione appropriata della riabilitazionerespiratoria, ai pazienti, per un maggiore coin-volgimento e motivazione nella scelta delle op-zioni di cura più efficaci;

• colmare la carenza di offerta di servizi di riabi-litazione respiratoria adeguati alle diverse ne-cessità assistenziali, in particolare, incremen-tando la rete della riabilitazione respiratoriaambulatoriale con la creazione di ambulatoridedicati;

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• stimolare progetti e ricerche che prevedano laraccolta sistematica di indicatori di processo edi outcome e la sperimentazione di protocolliper la deospedalizzazione precoce sia dai repartiper acuti sia dalle strutture di riabilitazione re-spiratoria (home-based, telesorveglianza);

• incentivare la gestione del paziente respiratoriocronico secondo il modello del disease mana-gement, consentendo un’adeguata implemen-tazione dei programmi di riabilitazione e pre-venzione nel lungo termine.

Setting assistenziale degenziale

Per garantire la continuità assistenziale, evitare du-plicazioni di servizi e favorire i momenti di comu-nicazione tra le diverse figure professionali è auspi-cabile lo sviluppo di reti assistenziali in relazionetra loro indipendentemente dalla loro collocazionefisica. Attraverso la rete si può spostare l’attenzionedalla singola prestazione all’intero percorso del pa-ziente che può essere seguito, dai servizi diversi, inmodo unitario attraverso la condivisione di sistemiinformativi e di dati clinici e amministrativi, l’ado-zione di sistemi di technology assessment e manage-ment, nonché l’utilizzo sistematico di record e linkinformatici nella gestione dei pazienti. Per le retiche comprendono servizi di alta specialità ci si ispiraal modello Hub & Spoke, che esprime un’idea di-namica dell’assistenza dove gli interventi di altacomplessità si concentrano in Centri di riferimento(Hub), mentre la selezione, l’invio e la “ripresa incarico” dei pazienti si identificano nei Centri col-legati (Spoke). Le strutture riabilitative, con impiegodi minori risorse umane ed economiche, permet-tono una gestione migliore dei reparti internistici,pneumologici e cardiotoracici per acuti, consen-tendo loro una precoce dimissione con caratteri-stiche adeguate di sicurezza e, quindi, un maggioreturnover di pazienti. È indispensabile, pertanto,

che all’interno di ogni rete pneumologica ospeda-liera sia presente un Centro di riferimento di riabi-litazione degenziale per la gestione della fase inten-siva, con carattestiche di autonomia completa o(UO Complessa di Riabilitazione Respiratoria ) oparziale, quindi inserito in UO di Pneumologia(UO Semplice di Riabilitazione Respiratoria). TaleCentro sarà Hub di struttura cardiotoracica e distrutture pneumologiche e internistiche ospedalieredotate di TI, UTIR, UTIC. Inoltre, la continuitàassistenziale e la gestione a medio e lungo terminedello pneumopatico potranno essere garantite inambito di strutture dedicate integrate con il terri-torio (Spoke).

La continuità delle cure

La continuità delle cure risponde quindi all’esigenzadi dover assicurare servizi assistenziali di alta qualitàin termini di efficacia, efficienza e appropriatezza esi rivolge a tutti quei pazienti affetti da patologiecroniche progressive e comorbilità che richiedanoun approccio continuativo e multidisciplinare, co-ordinato, ininterrotto e integrato con le funzioniospedaliere e territoriali. Gli ospedali per acuti, iCentri di riabilitazione post-acuta, le degenze ria-bilitative di mantenimento e i programmi di assi-stenza domiciliare respiratoria (ADR) costituisconola rete assistenziale. L’ADR, in particolare, presentaaspetti peculiari in riferimento alla necessità di uti-lizzo se non di dipendenza assoluta dai ventilatorie/o da macchinari di ausilio per le diverse attivitàvitali (ausili per la tosse, comunicatori) la cui ge-stione e funzionamento devono essere appresi nelperiodo di degenza ospedaliera. Si avvalora semprepiù chiaramente il concetto di percorso assistenzialecompleto per pazienti respiratori, all’interno delquale la riabilitazione riveste ruolo di snodo fon-damentale per garantire soluzioni ai reparti peracuti, al binomio paziente/famiglia o in alternativaa gestioni sanitarie residenziali.

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Percorsi di presa in carico

Pazienti affetti da patologia respiratoria cronicacon livelli di intensità assistenziale media ed elevatapossono partecipare a percorsi strutturati di presain carico che non possono però prescindere dalla:• formazione adeguata dei familiari/caregiver a

una gestione non ospedaliera del paziente(compreso personale di ADI-Provider-Resi-denze sanitarie);

• valutazione completa e corretta dei fabbisognieseguita nei reparti pneumologici, concordatacon i provider deputati all’assistenza domici-liare prima della dimissione;

• stesura di piani di assistenza condivisi con pa-ziente/familiari, MMG, provider, residenze sa-nitarie;

• preparazione di piani di emergenza-urgenzacondivisi;

• dimissione assolutamente concordata con i fa-miliari/provider/Residenze Sanitarie Assistenziali;

• implementazione di eventuali sistemi di controlloa distanza (teleassistenza) più o meno complessiin relazione al singolo paziente e comunque as-soluta disponibilità alla consultazione H24;

• permanenza dello specialista di riferimento(Centro di dimissione e follow-up) nell’equipedi gestione del paziente.

Sistemi di teleassistenza

Con il termine telemedicina viene generalmenteindicata “ogni attività medica che coinvolga a di-stanza un’interazione fra medico e paziente attra-verso le telecomunicazioni”. Il termine comprendeil teleconsulto, la telediagnostica, la trasmissione adistanza di dati biologici da parte del paziente o ilsemplice colloquio telefonico con i pazienti/fami-liari. Negli ultimi anni si sono sperimentate forme

di teleriabilitazione anche in ambito pneumologicocon esperienze riguardanti inizialmente pazientiaffetti da asma bronchiale e, successivamente, pa-zienti affetti da insufficienza respiratoria cronicaprevalentemente in ossigenoterapia e/o in ventilo-terapia domiciliare. Per i pazienti ventilati, in par-ticolare, l’attuale tecnologia consente a distanza ditrasmettere in tempo reale i parametri vitali e ven-tilatori del paziente e di poter scegliere differentitipi di monitoraggio in funzione delle diverse ne-cessità. Tra i fattori critici del sistema vanno anno-verati quelli relativi al rapporto con i decisori isti-tuzionali e quelli ancora non adeguatamente esplo-rati, quali la carenza di politiche omogenee sulterritorio nazionale e di dati definitivi sui vantaggidel sistema, la non universabilità dei sistemi dedi-cati e la carenza di legislazione dedicata ai problemidella sicurezza sia del paziente sia del prescrittore.

Riferimenti per la formazione

Nonostante la crescente epidemiologia delle ma-lattie respiratorie e il carico assistenziale volto so-prattutto al trattamento dell’acuzie, il numero dipazienti che entrano nei programmi di riabilita-zione respiratoria è ridotto. Uno dei motivi di que-sto divario è la carente formazione dei professionistisui contenuti disciplinari della riabilitazione respi-ratoria, sulle finalità e sui risultati dell’interventoriabilitativo quale diretta conseguenza di una for-mazione marginale, sporadica e destrutturata dicoloro che entrano in percorsi formativi universitari(Laurea in Medicina, Lauree delle Professioni Sa-nitarie). L’insufficiente formazione dei MMG edegli specialisti sulle indicazioni a programmi ria-bilitativi è spesso fonte di inappropriatezza. Inoltre,la mancanza di comunicazione fra i professionisti(medici, infermieri, fisioterapisti ecc.) non rispondealle necessità di integrazione a cui si dovrebbe ten-dere in modo trasversale. La formazione come pro-

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getto integrativo deve essere quindi realizzata e go-vernata a vari livelli a partire dalla formazione dibase, formazione e aggiornamento degli “utilizza-tori” dei servizi, sino alla formazione integrata einterprofessionale degli attori coinvolti nel pro-cesso.

La riabilitazione in ambito urogenitale

L’incontinenza urinaria è un sintomo piuttostocomune nella popolazione, anche se spesso il temanon viene apertamente discusso a causa di diffusebarriere psicologiche.Distinguiamo l’incontinenza nella donna, nel-l’uomo, nel bambino, nell’anziano e nel pazienteneurologico. L’incontinenza urinaria nella donnaè un sintomo comune che colpisce donne in ognifascia di età. La quasi totalità degli studi epide-miologici si basa su dati autoreferenziali, cioè sonole pazienti stesse a riportare il sintomo al medico.L’incontinenza urinaria post-prostatectomia radi-cale è stata studiata e descritta con maggiore fre-quenza negli ultimi anni a causa dell’aumento delnumero di procedure eseguite. Per quanto riguarda l’incontinenza del bambino,va fatta una distinzione fra enuresi notturna e in-continenza urinaria. La prevalenza dell’enuresinotturna si riduce con il tempo di pari passo conil conseguimento del controllo vescicale. L’incon-tinenza urinaria nel paziente neurologico può es-sere causata da molte patologie del sistema ner-voso: la disfunzione del basso apparato urinarioche ne deriva dipende dalla localizzazione e dal-l’estensione della lesione nervosa. Un particolaretipo di incontinenza urinaria è quello conseguentea interventi di chirurgia pelvica ricostruttiva dellavescica e tra questi, in particolare, l’intervento dicistectomia radicale, seguito dalla derivazione uri-naria, che rappresenta oggi il gold standard per lacura del carcinoma uroteliale infiltrante o super-

ficiale multirecidivo della vescica e dell’uretra. Lederivazioni urinarie utilizzabili sono suddivisenelle derivazioni continenti e incontinenti. In particolare, gli interventi di cistectomia radicaleseguiti da una derivazione urinaria ortotopica con-tinente per uretram necessitano di un follow-upmolto attento e di un programma di riabilitazionedel pavimento pelvico, per l’elevata percentualedi incontinenza urinaria. La riabilitazione in ambito di disfunzioni a caricodel basso apparato urinario può essere condottanella maggior parte dei casi in regime ambulato-riale, purché questo garantisca la possibilità di unapproccio multidisciplinare e multiprofessionaletramite collegamenti tra gli specialisti. Il ricorso alla presa in carico in regime di ricoveroordinario presso una struttura di riabilitazionepuò essere motivato laddove si manifestino dellecondizioni quali:• necessità di un intervento riabilitativo com-

plesso, a elevata intensità;• necessità di un iter valutativo complesso con

conseguente impostazione terapeutica;• necessità di prestazioni da parte delle varie fi-

gure professionali coinvolte da effettuarsi lungol’arco della giornata;

• condizioni del paziente che rendono l’inter-vento non erogabile con altre modalità di presain carico.

Gli strumenti di valutazione variano in parte a se-conda del tipo di disfunzione, dei sintomi conco-mitanti e delle caratteristiche del paziente. La dia-gnostica dell’incontinenza urinaria e delle varie di-sfunzioni vescico-uretrali si avvale, a seconda deicasi, di procedure a differente grado di invasività edi impegno di risorse di personale e tecnologico. È possibile però differenziare fondamentalmentedue fasi gestionali nell’approccio all’incontinenza:una gestione di primo livello e una gestione spe-cialistica di secondo livello. Della gestione di

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Ministero della Salute

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primo livello fanno parte l’anamnesi, la valuta-zione generale, l’obiettività clinica, l’utilizzo deldiario minzionale e di questionari validati per lavalutazione dei sintomi e della qualità di vita,l’esame delle urine e l’urocoltura. La valutazionedel residuo postminzionale, da effettuarsi in alcunecategorie di pazienti e in casi sospetti, è auspica-bilmente da effettuarsi con tecnica a ultrasuoni.L’esclusione di incontinenza complicata (vedi de-finizione delle Linee guida) e la diagnosi di pre-sunzione che scaturiscono da tale inquadramentoautorizzano l’utilizzo di terapia riabilitativa e far-macologica. La valutazione a scopo di imposta-zione di programmi riabilitativi può comportareil ricorso a valutazione strumentale del pavimentopelvico. La presenza di elementi di sospetto o l’in-successo o mancata accettazione della terapia con-servativa porta all’utilizzo di ulteriori strumentidiagnostici quali lo studio urodinamico e le tec-niche di imaging, eventualmente anche tra loroassociate, come nella videourodinamica, se neces-sario a tecniche endoscopiche e, in casi selezionatidi natura neurologica, a test neurofisiologici. La riabilitazione in ambito urologico dovrebbeessere organizzata in modo tale da garantire allapopolazione omogeneità e accessibilità di tratta-mento, ma anche offrire la gamma di soluzioniterapeutiche secondo criteri evidenziati dalle Lineeguida internazionali. Gli elementi chiave sono: • il ruolo della componente riabilitativa in un’ot-

tica di multidisciplinarietà e multiprofessio-nalità, come può essere garantito dall’identifi-cazione di Centri che si occupino a tuttocampo dell’incontinenza urinaria;

• la formazione specifica nel campo degli ope-ratori (urologi, fisiatri, ginecologi, fisioterapistie infermieri professionali);

• una maggiore diffusione dell’offerta riabilitativain ambito urologico.

Si ritiene che una rete di Centri per l’incontinenzapossa fornire una base per garantire l’appropria-tezza sia in termini di efficacia clinica sia in terminigestionali-organizzativi nell’erogazione delle pre-stazioni sanitarie, non solo riabilitative, a favoredelle Persone affette da incontinenza urinaria.Il modello organizzativo della rete di servizi perla prevenzione, diagnosi e cura dell’incontinenzasi basa sulla costituzione di una rete di Centri atre livelli.• Il primo livello comprende Centri ambulatoriali

periferici multispecialistici per l’incontinenza,che prevedono la contestuale presenza di:- specialista urologo e/o ginecologo (Centri

solo per incontinenza femminile, in caso dipresenza del solo specialista ginecologo), de-dicato per almeno 6 ore a settimana;

- specialista fisiatra, dedicato per almeno 6 orea settimana;

- infermiere professionale con specifiche com-petenze in uro-riabilitazione;

- fisioterapista esperto in riabilitazione perineale.Tali Centri prevedono un’attività di diagnosie trattamento espletata in tempi e spazi speci-ficamente dedicati all’incontinenza. I Centridevono inoltre essere in grado di effettuare unavalutazione urodinamica e disporre di stru-menti per la riabilitazione urologia. Infine, de-vono essere direttamente collegati a un Repartodi Urologia e/o Ginecologia per il trattamentochirurgico delle forme meno complesse di in-continenza. È inoltre auspicabile la collabora-zione con altri specialisti, quali il proctologo.I Centri costituirebbero il riferimento per iMMG, per gli altri specialisti e figure profes-sionali, in caso di non gestibilità del pazienteda parte degli stessi.

• il secondo livello prevede Centri mono-specialisticiper la risoluzione di casi a maggiore complessitàclinica, articolati in Centri urologici di riferi-

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mento per il trattamento di casi complessi diincontinenza maschile e femminile, tra cui quelliacquisiti dopo intervento di cistectomia radicalee successiva derivazione urinaria, e di squilibridella statica del pavimento pelvico spontanei oacquisiti dopo chirurgia pelvica, Centri gineco-logici di riferimento per i casi secondari a unagrave alterazione della statica pelvica associata apatologia degli organi genitali femminili, Centrifisiatrici di riferimento, in grado di affrontaredal punto di vista riabilitativo i casi più com-plessi, quali quelli secondari a patologie neuro-logiche congenite o acquisite (a eccezione diquelle di pertinenza dell’unità spinale),

• il terzo livello prevede un Centro in grado ditrattare coloro che necessitano delle terapieneuro-urologiche più complesse. Tale Centroavrebbe funzione anche di: raccogliere i daticlinico-epidemiologici provenienti da tutti iCentri (osservatorio); monitorare e quantificarele attività svolte dai Centri; diffondere e im-plementare l’utilizzo di Linee guida e racco-mandazioni; concordare le attività formativeper il personale sanitario; concordare pianieducazionali per i cittadini.

La modalità di accesso ai protocolli riabilitatividovrebbe avvenire attraverso una valutazione dellospecialista in riabilitazione. I protocolli riabilitatividevono considerare: tipologia di incontinenza uri-naria, caratteristiche del paziente, problematichedi svuotamento, e comprendere: • counseling diversificato per figure professionali;• rieducazione motoria;• elettrostimolazione (comprendente tecniche

molto diversificate tra loro quali elettrostimo-lazione vaginale, anale, perineale, elettrostimo-lazione del nervo tibiale posteriore, stimola-zione magnetica, elettrostimolazione intrave-scicale ecc.);

• biofeedback (del pavimento pelvico, vescicale,

minzionale ecc.);• prescrizione ausili;• addestramento all’utilizzo di ausili (es. adde-

stramento all’autocateterismo, ma anche al-l’utilizzo del condom ecc.);

• trattamento endovescicale con farmaci even-tualmente con aggiunta di terapia fisica (comeEMDA ecc.).

La fisiochinesiterapia (FKT) è applicata al campospecifico vescicosfinterico e utilizza manovre passive,attive e attive-assistite sul pavimento pelvico e sullestrutture a esso correlate, tenendo conto delle mo-dificazioni respiratorie e posturodinamiche. Il biofeedback consiste nell’utilizzo di uno stru-mento che rileva una funzione scarsamente per-cepita dal soggetto quale la contrazione della mu-scolatura del pavimento pelvico e la trasforma insegnale visivo o uditivo facilmente percepito. Ilsuo utilizzo è da ritenersi complementare alla FKT.L’elettrostimolazione (ES) spazia dall’ES con sondeendocavitarie (anale/vaginale) all’ES con elettrodidi superficie, per esempio perineale, alla stimola-zione endovescicale, alla stimolazione del nervotibiale posteriore (SANS). La stimolazione ma-gnetica (SM) prevede l’applicazione di un campomagnetico, che a sua volta induce un campo elet-trico a livello perineale o a livello sacrale. La SMpresenta il vantaggio di poter essere utilizzata apaziente vestita, senza preparazione a fronte pe-raltro di costi maggiori e di un trattamento esclu-sivamente ambulatoriale e non domiciliare. Il bladder training è una terapia comportamentaleche a partire da un diario minzionale corregge lecattive abitudini del soggetto facilitando la ripresadel controllo vescicosfinterico. In ambito di incontinenza urinaria dell’anzianofragile la riabilitazione si fa carico del paziente at-traverso l’adeguamento degli stili di vita, le terapiecomportamentali quali il prompted voiding (daprovare in tutti i pazienti con grado di raccoman-

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dazione A). In ambito di incontinenza urinaria, nel bambinola riabilitazione comprende interventi sugli stili divita, terapie comportamentali, fisiochinesiterapiae biofeedback, elettrostimolazione applicate contecniche referenzialmente non invasive. La pecu-liarità del bambino e la frequente concomitanzacon problematiche della fase di svuotamento dinatura disfunzionale implica competenze specifichein merito. Il quadro del paziente neurologico si presenta an-cora più complesso e necessita di competenzeavanzate nel settore della riabilitazione dell’incon-tinenza urinaria. La frequente concomitanza didisturbi dello svuotamento e del riempimento, lasituazione a rischio per le alte vie urinarie e lapresenza di disabilità complesse rendono la presain carico riabilitativa molto diversa dalle altre ca-tegorie di incontinenza urinaria. In quest’otticagli strumenti riabilitativi prevedono anche: • la terapia comportamentale, che si avvale di min-

zione riflessa, manovra di Valsalva e timed oprompted voiding e bladder training da associarsiagli altri approcci farmacologici e riabilitativi;

• la gestione con cateterismo a intermittenza cheimplica la scelta degli ausili, l’addestramentoall’utilizzo, la verifica dei diari da utilizzarsicome prima scelta di trattamento dei disturbiritentitivi;

• la prescrizione di ausili;• le forme di elettrostimolazione non invasive

quali la SANS, la stimolazione del pavimentopelvico e l’elettrostimolazione intravescicale(IVES).

La disfunzione erettile dopo prostatectomia radi-cale è il risultato della degenerazione della mu-scolatura liscia dei corpi cavernosi conseguentealla neuroprassia e all’ipossia. La ripresa dalla neu-roprassia può essere lenta e graduale. La riabilita-zione sessuale più efficace è costituita da un ap-

proccio integrato di assistenza psicologica e trat-tamento medico, che facilita l’aderenza al tratta-mento farmacologico, aumenta la stima di sé delpaziente e la soddisfazione della coppia. Quandovi è una relazione stabile il coinvolgimento delpartner appare necessario perché la riabilitazione(anche farmacologica) vada a buon fine.È auspicabile che vengano identificati Centri in-tegrati di riabilitazione delle disfunzioni uro-an-drologiche sul territorio nazionale, capaci di rac-cordarsi con le realtà locali, che diffondano l’ap-plicazione delle Linee guida, che fungano da Cen-tri di indirizzo e riferimento per i Centri perifericie valutino l’opportunità e l’efficacia di terapie al-ternative nuove prima della loro diffusione.

La riabilitazione in ambito geriatrico

La riabilitazione geriatrica ha necessità dei seguentipresupposti che sono peculiari per un approccioal paziente geriatrico fragile, complesso e affettoda multimorbilità:• l’approccio deve essere garantito da una cor-

retta VMD (Valutazione MultiDimensionaleGeriatrica);

• l’intensità di cura e l’intervento riabilitativovanno graduati in base all’outcome previstoper il singolo paziente (Progetto Individuale),indirizzati al comfort e al palliative care per ilpaziente grave, indirizzati al massimo recuperoe all’intensività di cura per il paziente “fit”;

• il setting di cura più adeguato deve essere pen-sato e integrato sulla gravità e sulla complianceadattativa della singola condizione del singolopaziente anziano di età > 75 anni;

• la massimizzazione del risultato terapeuticopassa attraverso un orientamento all’interdi-sciplinarietà del team riabilitativo e alla com-prensione che anche “piccoli guadagni” (“smallgains”) sono essenziali nel processo di adatta-

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mento alle variate abilità della Persona anziana.Le peculiarità derivano dalla stretta necessità diconoscenza nei confronti delle maggiori proble-matiche geriatriche:• alta multimorbilità, anche correlata all’età >

75 anni;• politerapia con necessità di continui adegua-

menti terapeutici;• stato funzionale spesso già compromesso da pa-

tologie degenerative articolari e/o neurologiche;• stato cognitivo (da iniziale degrado a demenza

con disturbi del comportamento);• funzione fisica globale ridotta (riduzione delle

riserve funzionali);• tono dell’umore spesso deflesso e riduzione

della motivazione verso il recupero;• stato sociale disagiato (solitudine, disagio abi-

tativo, scarsa rete di supporto);• sindromi geriatriche (incontinenza/cadute/de-

lirium/jatrogenesi farmaceutica ecc.);• modificazioni del metabolismo;• modificazioni dell’omeostasi;• anemia/osteoporosi/sarcopenia;• approccio in riattivazione per patologie vicine

all’“end stage” (BPCO, scompenso cardiaco diclasse III/IV NYHA).

L’intervento precoce e subintensivo modulato sullecompetenze del malato geriatrico tende a contrastarel’evoluzione verso la sindrome da immobilizzazionecomplicata ben sintetizzata nella Figura 6.1.Le aree peculiari d’intervento in riabilitazione ge-riatrica sono rappresentate, comunque, dai mo-delli ormai validati d’intervento, dedicati preva-lentemente a patologie strettamente collegate al-l’invecchiamento della popolazione anziana:• la riabilitazione del paziente con demenza su

multimorbilità; • la riabilitazione del longevo estremo (> 85

anni, per frattura di femore, ictus, ipocinesiacon sarcopenia);

• la riabilitazione del paziente fragile, complessocon multimorbilità e ad alta e rilevante insta-bilità clinica;

• la riattivazione (il complesso degli esercizi fisicie degli stimoli psicocognitivi volti non tanto arieducare un singolo apparato o una singola fun-zione, quanto a incentivare i residui interessi ele restanti capacità e, in sintesi, a contrastare ildecadimento generale della Persona). Possiamosemplicemente definire la riattivazione motoriain Geriatria come quel pool di attenzioni e pre-stazioni assistenziali che fanno capo a un modello

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Figura 6.1 Sviluppo nell’uomo della stazione eretta e del movimento con l’età e comparsa con la senescenza della para-plegia in flessione: a, invecchiamento fisiologico; b, invecchiamento patologico (modificata da Adams, 1989).

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preventivo della disabilità e che non fanno partedelle metodiche strettamente tecnico-riabilitative,da attuare in tutti i pazienti geriatrici ricoveratiper qualsiasi motivazione [come progetto di nur-sing avanzato, alzata precoce, mantenimentodelle competenze motorie, lavoro sulle dipen-denze nelle attività di base della vita quotidiana(BADL)], accompagnata all’intervento riabili-tativo specialistico neuro-psico-motorio;

• la Terapia Occupazionale specifica.La riabilitazione geriatrica presenta, inoltre, pe-culiarità anche nei modelli di presa in carico, re-lativamente alle procedure da attivare nell’ospe-dale, nelle RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali)e nel Territorio.Non si dovrà dimenticare che riabilitare l’anzianosignifica anche tenere conto di aspetti umanisticiche vanno ben oltre i problemi derivanti dagliaspetti clinici, e cioè quelli biografici, la storia vis-suta, le motivazioni personali, la condizione disupporto familiare.La riabilitazione “classicamente intesa” è spessodiretta alla malattia che ha causato la disabilità oalla disabilità stessa e alle limitazioni funzionaliche la sottendono; la riabilitazione geriatrica ne-cessita di una visione più “ampia” dei bisogni delpaziente, guarda alle interazioni possibili tra i mol-teplici problemi di salute e le condizioni socio-abitative, ai rischi possibili, agli interventi di pre-venzione. In quest’ottica appaiono allora specificie irrinunciabili alcuni elementi della pratica ge-riatria, quali la valutazione multidimensionale si-stemica e la pianificazione della continuity of care.Lo sviluppo della riabilitazione geriatrica va inoltreverso gli studi sperimentali molto avanzati suineuroni mirror (neuroni specchio) e sulle tecnichecorrelate di valutazione visiva e corticalizzazionedei gesti, elaborate negli studi di Rizzolati e Buc-cino ripresi in sperimentazioni già pubblicate daGiuseppe Bellelli e dal Gruppo di Ricerca Geria-trica di Brescia.

Riabilitazione e medicina interna

La “complessità” è un concetto fondamentale in me-dicina interna. Studiare la complessità significacomprendere il bisogno di ricomposizione e di riag-gregazione delle conoscenze e superare la frammen-tarietà. La definizione di “paziente complesso” adot-tata dall’Agency for Health Care Research and Qualitysi riferisce a una Persona affetta da due o più ma-lattie croniche, in cui ciascuna delle condizionimorbose presenti è in grado di influenzare l’esitodella terapia delle altre, attraverso varie modalità:la limitazione della speranza di vita, l’aumentatamorbilità intercorrente, le interazioni fra terapiefarmacologiche, l’impossibilità del pieno impiegodi cure adeguate per controindicazioni ecc. In campo riabilitativo, la presa in carico globaledel paziente deve tenere conto della complessitàclinica. Il PRI deve seguire il paziente in tutto ilcontinuum del percorso assistenziale integrato, cheprevede l’intervento contemporaneo o consequen-ziale di tutte le componenti sanitarie e non sani-tarie che formano la “filiera” della sanità. Sempre più spesso i pazienti ricoverati nei repartidi medicina interna sono anziani e hanno multiplecomorbidità variamente combinate. Secondo unostudio della Federazione delle Associazioni dei Di-rigenti Ospedalieri Internisti (FADOI), circa il45% dei pazienti ricoverati nei reparti di MedicinaInterna per la riacutizzazione di una malattia cro-nica aveva poi bisogno di un successivo ricoveronon programmato. Nel 40% dei casi, infatti, lagestione domiciliare non era stata in grado di evi-tare la ricaduta clinica. Gli internisti devonoquindi rivolgersi sempre di più oltre che alla dia-gnosi e al trattamento delle singole condizioni cli-niche, anche all’ottimizzazione e al mantenimentodello stato funzionale del paziente. Il problema della scarsa mobilità e della perma-

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nenza a letto durante il ricovero riguarda il 23-33% dei ricoverati e il 65% dei pazienti nota unariduzione della mobilità fin dal secondo giorno diricovero, senza iniziali miglioramenti al momentodella dimissione. Di qui l’importanza che la presain carico per la riabilitazione possa avere inizioimmediatamente dopo il ricovero in ospedale. L’approccio della Valutazione MultidimensionaleGeriatrica può essere esteso, oltre ai soggetti an-ziani, anche a tutte le condizioni cliniche che por-tano un soggetto adulto al ricovero d’urgenza inospedale, rappresentato dall’80% dei ricoveri ospe-dalieri annui in Italia. Nella maggior parte dei casiquesti pazienti sono seguiti nelle Unità Operativedi Medicina Interna, in condizioni di maggiore ominore complessità e fragilità, ma sempre a rischiodi perdita di autonomia, soprattutto in quello cheviene definito Paziente ad Alta Complessità. Pertanto, gli obiettivi della riabilitazione sono:• il trattamento delle disabilità dovute alla ma-

lattia, soprattutto nelle Persone anziane o pa-zienti con multimorbidità;

• la prevenzione di successivi eventi, nuovi rico-veri o gravi complicazioni.

In ambito internistico la riabilitazione deve neces-sariamente indirizzarsi alla/e patologia/e preva-lente/i e ai deficit funzionali d’organo più rilevantidel Paziente ad Alta Complessità e deve essere ac-compagnata parallelamente da interventi di base,come quelli della mobilizzazione e della nutrizione.Il fabbisogno in chiave riabilitativa può riguardarespecificamente pazienti affetti da ictus cerebrale,scompenso cardiaco, BPCO. La riabilitazione deveiniziare precocemente dopo l’evento acuto, inclu-dere pazienti ad alto rischio, complicati o clinica-mente instabili, pazienti più compromessi e/o piùanziani e facilitare il passaggio dalla fase ospedalieraverso condizioni cliniche più stabili, con il mante-nimento a domicilio di una condizione di vita in-dipendente e autosufficiente. È previsto il contri-

buto dei medici specialisti, degli infermieri pro-fessionali e dei fisioterapisti nella realizzazione delPRI. L’agevolazione del passaggio del paziente dal-l’acuzie ai servizi di riabilitazione e di assistenzapost-acuzie è auspicabile e attuabile attraverso: • un collegamento strutturale fra organizzazione

ospedaliera e territoriale, con il coinvolgimentodi tutte le figure professionali necessarie, instretta collaborazione con il team riabilitativodi riferimento intra- ed extraospedaliero;

• la chiara definizione dei ruoli delle diverse pro-fessioni nella costruzione del percorso assisten-ziale integrato;

• la costruzione di strumenti adeguati (schedapaziente) con semplificazione e omogeneizza-zione degli strumenti valutativi.

La riabilitazione delle Persone ipovedenti

La minorazione visiva indica una riduzione più omeno severa della funzione sensoriale che conseguea un danno dell’apparato visivo (dai suoi annessi, albulbo, alle vie nervose fino alla corteccia cerebrale).La funzione visiva implica numerose capacità per-cettive specifiche. Tra queste l’acuità visiva e ilcampo visivo sono le principali da un punto divista classificativo.L’ipovisione indica una disabilità visiva (ICDH-OMS 1980) o un’incapacità visiva non completa,bilaterale e irreversibile, conseguente a una mi-norazione visiva.Tale menomazione rappresenta l’esteriorizzazionedella condizione patologica che ne è la causa. L’ipovisione centrale è caratterizzata da una sensibileriduzione dell’acuità visiva, ossia della visione deldettaglio, come per esempio nella lettura, e dallapresenza di un’area centrale retinica più o menoestesa con severa riduzione fino all’assenza completadi percezione luminosa (scotoma centrale).L’ipovisione periferica è determinata da una ridu-

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zione del campo visivo (scotoma periferico), lacui estensione si ripercuote essenzialmente nellamobilità e nell’orientamento. Lo scopo della riabilitazione visiva è essenzial-mente garantire a ipovendenti e ciechi una vita ilpiù possibile autonoma sfruttando al massimo lepotenzialità del residuo visivo presente.L’età d’insorgenza della minorazione visiva, l’am-biente in cui vive e lavora, l’abilità cognitiva ecomportamentale, nonché la condizione psicofi-sica generale influiscono sulle ripercussioni deldeficit visivo nell’attività quotidiana, come la let-tura e il movimento (disabilità), e quindi lavora-tiva-relazionale-ricreativa (handicap).La Legge n. 284 del 28 agosto 1997 reca le di-sposizioni per la prevenzione della cecità e per lariabilitazione visiva dell’ipovedente.La prevenzione viene articolata in tre momentiessenziali di intervento:• prevenzione primaria: promozione, educa-

zione, protezione e tutela della salute. A talelivello si pone l’attività di informazione-sensi-bilizzazione del cittadino;

• prevenzione secondaria: diagnosi precoce e ge-stione appropriata delle patologie già concla-mate. L’obiettivo è la limitazione e/o la pre-venzione delle alterazioni provocate dalle sin-gole malattie;

• prevenzione terziaria: riabilitazione della disa-bilità conseguente a una patologia ormai irre-versibile. Gli obiettivi sono la limitazione del-l’handicap e il mantenimento dell’autonomia.

La prevalenza della cecità è considerata uno degliindicatori dello sviluppo socioeconomico di unPaese. In Italia vi sono attualmente circa 300 mila ciechi(prevalenza europea circa 0,3%) e più di 1 milionedi ipovedenti. Secondo le indagini Istat del 1999-2000, la pre-valenza di cecità in Italia era dello 0,61%, con un

incremento in circa 15 anni del 26,3%, ma lostudio di prevalenza condotto direttamente sullapopolazione ha evidenziato una prevalenza parial 3,3% con un’incidenza del 4%. Secondo le varie indagini epidemiologiche con-dotte, da sottolineare spesso solo su analisi di datiottenuti da questionari non verificati dal medicooculista, è prevedibile che nella popolazione ita-liana vi sia attualmente una prevalenza dello0,56% di ipovisione grave, dello 0,47% di ipovi-sione medio-grave e dello 0,31% di ipovisionelieve, per un totale pari all’1,34%.Più complessi sono i dati sulla prevalenza cecità-ipovisione nell’infanzia.I soggetti affetti da cecità di età 0-14 anni costi-tuiscono lo 0,7% di tutti i non vedenti, con unapercentuale di nati ciechi alla nascita del 4,8%.Tale percentuale aumenta fino all’11,4% se si con-sidera l’età d’insorgenza tra 2 e 14 anni.Il numero degli ipovedenti in Italia è destinatoad aumentare rapidamente per la presenza di trefattori: • aumento delle patologie legate al prolunga-

mento della vita media (glaucoma, degenera-zione maculare senile e retinopatia diabetica);

• tasso di natalità tra i più bassi d’Europa; • quota crescente di bambini con ipovisione

spesso associata a multi-handicap, dovuta allamaggiore sopravvivenza dei nati prematuri.

Se si considera la diffusione della condizione pa-tologica secondo l’età possiamo distinguere duegruppi: età evolutiva (neonatale-infanzia e adole-scenza), che nel 40-65% dei casi è associata a plu-riminorazione, ed età adulta, alla quale si rivolgecirca il 90-95% degli interventi riabilitativi.

Componenti dell’intervento per la condizione patologica/specialità

Le attività sanitarie di riabilitazione richiedono la

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presa in carico del soggetto ipovedente mediantela predisposizione di un progetto riabilitativo in-dividuale e la sua realizzazione attraverso uno opiù programmi riabilitativi. L’obiettivo di attivare una rete di servizi di riabi-litazione e di interventi di assistenza riabilitativaprevisti dal Piano Sanitario Nazionale adotta qualeriferimento un percorso integrato sociosanitarioche si sviluppa attraverso le Regioni e le ProvinceAutonome mediante le seguenti componenti:• Centro Riabilitativo Ospedaliero (regime or-

dinario);• Centro Riabilitativo Ciclo-diurno (day-hospi-

tal);• Riabilitazione ambulatoriale (regime ambula-

toriale).A queste si affianca il ruolo fondamentale dellascuola e della famiglia per un pieno programmapreventivo e riabilitativo integrato.L’accordo del 20 maggio 2004 stabilisce la nor-mativa per la tipologia delle attività dei Centriper l’educazione e la riabilitazione funzionale vi-siva, definendo le due aree di intervento:• riabilitazione funzionale e visiva per pazienti

in età evolutiva (0-18 anni);• riabilitazione funzionale e visiva per pazienti

in età adulta (> 18 anni), che corrispondono acirca il 95% della popolazione con minora-zione visiva.

Il lavoro multidiciplinare imposto per una com-pleta riabilitazione del soggetto ipovedente, per-sonalizzata secondo età di insorgenza dell’ipovi-sione, imporrebbe la presenza di un’equipe spe-cializzata coordinata dal medico oftalmologo. Questo problema può essere superato mediantela più realistica organizzazione di alcuni Centriad alta specializzazione, secondo il modello fran-cese, distribuiti sul territorio, ponendosi come ri-ferimenti d’eccellenza nel campo riabilitativo, rea-lizzando un primo livello di progetto e di adde-

stramento all’uso degli ausili e/o all’orientamentodei pazienti afferenti, per di più coordinando illavoro svolto e successivamente perpetuato nellevarie realtà distrettuali concentrate sulla riabilita-zione visiva propriamente detta. A queste ultime,in sostanza, si attribuisce il compito di garantireil mantenimento del programma impostato e disegnalare, qualora presenti, delle nuove condizioniclinico-funzionali (riabilitazione in itinere). La messa in rete, inoltre, di tutte le strutture cen-trali e periferiche con le ASL permetterebbe unostudio dettagliato di controllo e monitoraggio delterritorio rilevando, al contempo, le problematicheo le chiavi di successo per i singoli casi esaminati. La globalità e, al contempo, l’individualizzazionedell’intervento riabilitativo, differente caso percaso, rappresentano, infatti, due altri presuppostiteorici per una corretta riabilitazione.

Le fasi della condizione patologica/specialità

La possibilità di una modificazione delle esigenzeriabilitative nei singoli casi e l’età d’insorgenzarendono indispensabile una flessibilità del pro-gramma riabilitativo.• I stadio: fase acuta di malattia o accertamento

di una patologia congenita o cronica: interventoprevalente diagnostico e terapeutico finalizzatoalla prevenzione del danno secondario e delleconseguenti menomazioni (di stretta compe-tenza delle Unità Operative di Oftalmologia).

• II stadio: fase post-acuta: stabilizzazione dellapatologia in cui si svolge la fase della riabilita-zione intensiva attraverso un intervento mul-tidisciplinare (anche in situazioni di riacutiz-zazione e recidive dell’evento patologico).

• III stadio: fase di completamento del processodi recupero e del progetto di riabilitazione suuna condizione di handicap stabilizzato attra-verso la riabilitazione estensiva o intermedia

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(praticabili anche in termini di trattamentoambulatoriale). Le attività di riabilitazioneestensiva o intermedia sono caratterizzate daun moderato impegno terapeutico a fronte diun forte intervento di supporto assistenzialeverso i soggetti in trattamento e rappresentanol’elemento primario della riabilitazione visivapiù facilmente programmabile in una condi-zione stabilizzata.

Modelli organizzativi e percorsi clinici

• Regime ordinario: (ricovero) – I Fase, II Fase:- accesso proposto dal medico specialista del

SSN.• Day-hospital: (3 ore/die – ciclo riabilitativo en-

tro 120 giorni) – II Fase, III Fase:- accesso attraverso una richiesta formulata dal

MMG o specialista della patologia per cui sirichiede il ricovero, da una struttura sanitariapresso la quale è ricoverato il paziente, daun’Unità Operativa medica della ASL, dal-l’utente stesso.

• Regime ambulatoriale: (1-3 ore/die – ciclo ria-bilitativo entro 240 giorni): III Fase:- maggiore continuità al progetto riabilitativo;- accesso con impegnativa del MMG o su in-

dicazione dello specialista oculista.

Linee guida applicabili

Strategia dell’intervento riabilitativoLe attività sanitarie di riabilitazione richiedono lapresa in carico clinica globale della Persona me-diante la predisposizione di un progetto riabilitativoindividuale. Nell’applicazione delle Linee guidasono state individuate 5 aree riabilitative (UICaprile 1997). I. Riabilitazione visiva. Addestramento all’uso ot-

timale del proprio residuo visivo al fine di con-

seguire e/o migliorare la propria autonomia.II. Riabilitazione neuropsicosensoriale:

1) lnsieme di apporti integrati destinati a so-stituire l’esperienza visiva e a promuoverelo sviluppo globale nel bambino cieco;

2) lnsieme di interventi integrati destinati aottimizzare l’uso del residuo visivo e deglialtri sensi finalizzandolo alla promozionedello sviluppo globale nel bambino ipove-dente.

III. Riabilitazione dell’autonomia. Educazione eaddestramento delle competenze necessarieper l’autonomia personale, microsociale e ma-crosociale del cieco e dell’ipovedente.

IV. Riabilitazione di orientamento e mobilità.Educazione e addestramento delle competenzenecessarie per una sicura ed efficace mobilitàautonoma nella vita quotidiana, così come ilsostegno motivazionale per l’autonomia e perla mobilità.

V. Addestramento per l’uso degli ausili tecnici.Educazione e addestramento al corretto usodegli ausili tecnici più vantaggiosi per il sin-golo utente.

• Età evolutiva: I e II infanzia (0-12 anni):spesso associata a multi-handicap, finalizzataalla promozione dello sviluppo globale (sferacognitiva-percettiva-apprendimento). Adole-scenza (12-18 anni): riabilitazione visiva fina-lizzata principalmente allo studio e alla vita direlazione.

• Età adulta: età lavorativa (19-64 anni): riabi-litazione visiva finalizzata principalmente al-l’attività produttiva. Età presenile e senile (>64 anni): riabilitazione visiva finalizzata prin-cipalmente al tempo libero.

Strumenti di valutazioneDal bilancio funzionale deve scaturire un progettodi intervento riabilitativo integrato interdiscipli-

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nare (“counseling” e sostegno alla famiglia, “coun-seling” alla scuola ecc.). I dati relativi alla primavalutazione e quelli finali devono essere trasmessiper via telematica all’ASP regionale sia ai fini sta-tistici-epidemiologici sia ai fini di una valutazionedelle attività del Centro.

Indicatori di audit della riabilitazioneindipendentemente dalla modalitàorganizzativaIl concetto di “audit” in sanità implica la valuta-zione della qualità finalizzata al miglioramentodelle performance (verificare, controllare, rivedere,ossia migliorare). In tal senso è opportuno che iCentri di riabilitazione visiva siano certificati emonitorati dalle ASP (Agenzie Sanità Pubblica)regionali.

Protocolli riabilitativi nella condizionepatologica/specialitàIn rapporto alle diverse fasce di età prevalgononecessità differenti, pertanto sono state individuate5 principali aree riabilitative, in cui si può sovrap-porre la variabile del plurihandicap.Le Linee guida del programma riabilitativo devononecessariamente essere differenziate in relazioneall’età di insorgenza dell’ipovisione.

Valutazione funzionale e clinica completa incondizione basale (T0)• Esame dell’acuità visiva per lontano (ETDRS)

e per vicino (ottotipo ETDRS per ipovisione).• Test di velocità di lettura.• Esame della sensibilità retinica centrale (pro-

fondità ed estensione dello scotoma) e dellafissazione (stabile, relativamente instabile, ec-centrica, e sede rispetto alla proiezione delloscotoma nel campo visivo) mediante micro-perimetria MP1.

• Selezione dei pazienti con fissazione eccentrica

e instabile e non idonea alla lettura e program-mazione di un ciclo di biofeedback mediantemicroperimetro MP1.

• Prescrizione dell’ausilio e test di verifica delcorretto utilizzo.

• Questionario di valutazione generale relativoalle attività della vita quotidiana (valutazionedell’handicap; obiettivo: migliorare la qualitàdella vita).

La scelta dell’ausilio più idoneo deriva dall’esattaquantificazione di tutti i precedenti fattori.Ausili ottici:• ipercorrettivi prismatici;• sistema telescopico kepleriano;• sistema aplanatico;• VDG;• sistema telescopico galileano;• sistemi inversi per ipovisione periferica;• filtri.

Nuovi percorsi e innovazione assistenziale in campo riabilitativoInsieme dei nuovi percorsi assistenziali nel campodella riabilitazione e nuove prospettive terapeuti-che riabilitative (telemedicina, informatica, pettherapy ecc.).

Telemedicina. La gestione del deficit funzionaledella malattia può essere realizzata attraverso l’uti-lizzo di servizi in telemedicina. A ciò si aggiungeil ruolo dell’informatica per i bambini con disa-bilità fin dal loro ingresso a scuola. L’interventoprecoce avvantaggia lo studente cieco e ipovedentenell’integrazione scolastica, oltre che essere di sti-molo per lo sviluppo cognitivo.

Riabilitazione e medicina dello sport

La medicina dello sport è una branca della medi-cina che si occupa dello sport e delle sue patologie,

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Ministero della Salute

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anche a livello preventivo. Ha il compito principaledi valutare la condizione fisica di un soggetto perfornirgli, se è un giovane che inizia lo sport, le in-dicazioni più corrette per la pratica dello stesso etutti quei consigli inerenti all’alimentazione e imezzi di prevenzione e cura delle patologie a in-sorgenza giovanile (eccesso ponderale, scoliosi,piede piatto o cavo ecc.), o se, viceversa, è unadulto che non ha mai fatto sport o lo riprendedopo anni di inattività per dargli le indicazioni re-lative al tipo di attività a cui può sottoporsi senzarischi. Inoltre, aiuta a prevenire o a curare adegua-tamente malattie derivate da una pratica sportivacompiuta in modo scorretto. Vigila sulle possibilitàdi frode nel mondo dello sport, come il doping.Peraltro, si occupa di educazione alla salute rivoltaa giovani, genitori e operatori tecnici, finalizzata afar conoscere i benefici dell’attività fisica corretta-mente praticata, nei confronti sia dell’individuosano sia di chi ha molte importanti patologie cu-rabili con il movimento programmato. Se da unlato il medico specialista svolge un ruolo ben pre-ciso in ambito rieducativo per eventi acuti di tipotraumatico in campo ortopedico e traumatologicoe definisce i rischi cardiovascolari potenziali in sog-getti che praticano sport a livello agonistico, dal-l’altro crea programmi di allenamento per atleti epropone anche programmi di attività fisica per laPersona sana o con diverso grado di abilità.Gli ultimi Piani Sanitari Nazionali si sono postil’obiettivo prioritario di promuovere nuovi stilidi vita attivi per i cittadini. L’attività fisica regolareviene riconosciuta come fattore determinante peril mantenimento e il miglioramento della salutedalle più consolidate ricerche scientifiche.È noto che l’effetto principale di una qualsivogliapatologia è costituito dalla limitazione delle ca-pacità funzionali del paziente. Pertanto, uno degliobiettivi principali del processo riabilitativo è per-mettere al paziente di recuperare le proprie capa-

cità funzionali e motorie finalizzate a una migliorequalità della vita. Ciò può essere perseguito ancheattraverso un corretto e adeguato programma diesercizio fisico, che all’interno del processo riabi-litativo svolge un ruolo di straordinaria rilevanzae richiede una specifica prescrizione medico-spcia-listica al pari di una qualsiasi altro programma te-rapeutico. L’obiettivo è comunque assicurare al paziente/Per-sona un percorso di ritorno alla migliore condi-zione fisica e il mantenimento dell’ideale livellodi prestazione garantendo una catena di profes-sionalità e servizi sanitari e non, in una sequenzalogica e coordinataTale processo attualmente, nella fase intensiva, benstrutturato e gestito dal medico specialista in ria-bilitazione e dagli specialisti di settore (ortopedici,cardiologi, endocrinologi-diabetologi, pneumologiecc.) soffre di mancanza di continuità quando deveessere applicato sul territorio. Nasce quindi l’esi-genza di estendere l’attenzione verso il paziente eil processo ricondizionante anche nella fase post-ospedaliera attraverso l’utilizzo di competenze spe-cifiche quali quelle dello specialista in medicinadello sport, che in questa seconda fase potrebberappresentare il medico di riferimento che potràutilizzare altre professionalità in un concetto diequipe e che dovrebbe promuovere le singole spe-cificità all’interno di un progetto programmaticodi ritorno (mantenimento/miglioramento) alla mi-gliore condizione psicofisica con il raggiungimentodel reinserimento sociale completo.In strutture ospedaliere/sanitarie ove vi siano adisposizione attrezzature e spazi idonei, dove possaessere praticata attività fisica (palestre, strutturesportive, piscine, spazi attrezzati, percorsi esterniecc.) è ipotizzabile che lo specialista in riabilita-zione possa avvalersi nell’equipe oltre che del fi-sioterapista e dello specialista di branca, anche delmedico specialista in medicina dello sport avva-

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Interdisciplinarità in riabilitazione 6

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lendosi delle competenze in ambito di valutazionefunzionale e indicazione personalizzata dell’attivitàfisica (la “giusta dose”).Nell’ipotesi della validità del concetto di conti-nuità dell’assistenza, si dovrebbe quindi inserirel’attività fisica adattata all’interno di un percorsoriabilitativo/ricondizionante, ospedaliero ed ex-traospedaliero, dalle caratteristiche di alta specia-lizzazione, in modo da rendere organico il con-cetto di recupero completo. Il percorso dovrà essere garantito da strutture ido-nee ove vi siano spazi, attrezzature e professionalitàadeguate e tali da assicurare sia la continuità sia lacongruità dell’intervento.È ipotizzabile, quindi, l’individuazione di luoghiprotetti (palestre, centri fitness ecc.) o in ambientipubblici [parchi, piste ciclabili, giardini pubblici,ma anche a domicilio (home fitness)], qualorapiù funzionale alla Persona con decondiziona-mento/disabilità dove il paziente/Persona, al ter-mine del percorso riabilitativo, abbia l’opportunitàdi proseguire il percorso ricondizionante/riabili-tativo secondo le proprie specifiche esigenze, av-valendosi di qualificate e idonee competenze.Compito dello specialista in medicina dello sport,che si può avvalere di figure professionali diversetra cui il laureato in scienze motorie, è assicurarela prosecuzione di un percorso medico specialisticocon l’elaborazione di programmi di lavoro perso-

nalizzati e la loro applicazione pratica, in sintoniacon gli obiettivi stilati dallo specialista in riabili-tazione/specialista di branca in un’ottica di ricon-dizionamento.L’AFA (Attività Fisica Adattata) rappresenta unostrumento adeguato in questo ambito e consiste inun programma specifico di esercizi svolti in gruppoe appositamente disegnati per cittadini con malattiecroniche, capaci di migliorare lo stile di vita e diprevenire o limitare la disabilità. È attualmente uti-lizzato in particolari cluster di soggetti, come peresempio gli anziani fragili, ma anche Persone chehanno avuto un evento ischemico cerebrale al ter-mine del percorso riabilitativo. La pratica di un’at-tività fisica regolare, infatti, ha determinato neisoggetti adulti e negli over 65 effetti positivi a livellofisico, ma anche importanti effetti psicologici, qualila riduzione della depressione e dell’ansia, che hannoincentivato i rapporti sociorelazionali e hanno in-dirizzato l’utente verso una maggiore attenzionesulla ricerca di una migliore qualità di vita.L’ipotesi di estendere questo tipo di attività anchea Persone con disabilità croniche o decondiziona-mento residuo al termine del percorso riabilitativo,controllato e gestito da specialisti del settore, rap-presenta una modalità da sperimentare in ambitoterritoriale e potrebbe rappresentare un valido ele-mento per proseguire l’attività di prevenzione,riabilitazione e ricondizionamento in ambito ter-ritoriale.

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7. Il futuro della ricerca in riabilitazione

ficile misurazione in quanto volti a valutare i com-portamenti e non un singolo parametro biologico.In questo senso la ricerca in medicina riabilitativasi focalizza non solo sul danno d’organo, ma sulrecupero della disabilità e sulla partecipazione, in-tesi come gestione della funzione, delle possibilitàdi reinserimento e di relazione con il contesto,ponendo la Persona al centro del suo agire.È auspicabile l’implementazione di un’attività diricerca multidisciplinare che si prefigga l’obiettivodi contribuire a: • definire strumenti di misurazione secondo l’In-

ternational Classification of Functioning (ICF)dell’Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS) essenziali alla costruzione di indicatorispecifici per la riabilitazione;

• identificare strategie e metodologie di valuta-zione dell’adattamento e dell’inserimento/rein-serimento lavorativo;

• elaborare nuovi modelli organizzativi per l’inte-grazione delle diverse risorse (interne ed esterneal sistema sanitario, pubbliche e private), al finedi garantire l’efficienza dell’intero sistema;

• identificare e validare criteri di appropriatezzanei percorsi riabilitativi e indicatori di efficaciaed efficienza del processo.

Le strutture deputate alla ricerca in riabilitazionedevono possedere competenze e metodologie di la-

Introduzione

La medicina riabilitativa per molti anni ha subitole conseguenze dell’assenza di percorsi e strumentiscientificamente validi e validati, facendo di unapproccio empirico il proprio modus operandinell’assistenza e nella ricerca. Nell’epoca della me-dicina basata sull’evidenza, tale approccio ha creatoun profondo divario culturale e scientifico tra ria-bilitazione e altre specialità che solo negli ultimianni ha cominciato a essere colmato.La ricerca in riabilitazione ha compiuto grandi pro-gressi, negli ultimi anni, avvalendosi dei contributimetodologici della evidence based medicine. Tradi-zionalmente il principale interesse scientifico è statolo studio delle alterazioni fisiopatologiche e del re-cupero delle funzioni; più recentemente è stato con-dotto un numero crescente di trials prospettici incui si è valutata l’efficacia della riabilitazione nelledisabilità derivanti da varie patologie. Per alcunecondizioni sono già disponibili metanalisi di trialscontrollati, da cui derivano importanti indicazioniper lo sviluppo della ricerca, quali l’utilizzo di nuovetecnologie in riabilitazione, come per esempio larobotica, la realtà virtuale e la teleriabilitazione. La ricerca in riabilitazione presenta delle peculiaritàche la differenziano dalle altre discipline; gli out-come della riabilitazione, per esempio, sono di dif-

n. 8, marzo-aprile 2011

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gliorare la pratica clinica presuppone l’esistenzadi una massa critica di ricercatori che lavorino inteam e in un ambiente favorevole e stimolante.Diventa perciò essenziale potenziare la “capacità diricerca” in riabilitazione, che può essere definita comeil processo di sviluppo individuale e istituzionale cheporta a un più alto livello di conoscenze e abilità e acondurre una ricerca proficua sulla qualità di vita.Nell’ambito di alcuni settori della ricerca si pos-sono ricordare le evidenze prodotte nella gestioneacuta dei traumi spinali, dove gli studi di efficaciahanno mostrato in modo incontrovertibile il po-sitivo impatto notevole sulla mortalità e risultatiapprezzabili sono stati in seguito ottenuti anchenelle gravi cerebrolesioni acquisite. In questi settorila ricerca riabilitativa sta sperimentando una seriedi approcci terapeutici innovativi che prevedonol’utilizzo di nuove tecnologie (da quelle robotizzateper il trattamento della motricità degli arti all’usodella realtà virtuale e della neurostimolazione fun-zionale, dalle pedane elettroniche per la rieduca-zione dell’equilibrio ai nuovi sistemi per il trainingdella deambulazione). I dati scientifici sono peròancora ampiamente lacunosi. Si possono riconoscere tre componenti fonda-mentali da considerare per favorire la crescita dellacapacità di ricerca in riabilitazione: ricercatori, in-frastrutture, partnership.

Ricercatori

La maturazione di nuovi ricercatori in riabilitazioneè un aspetto critico per aumentare la capacità di ri-cerca. Ciò va inteso non solo come training di singoliricercatori, ma come cambiamento culturale perquanto concerne le fasi di scelta delle persone, finan-ziamenti, collaborazioni fra strutture e fra istituti.È necessario, prima di tutto, compiere uno sforzoconcertato per far crescere e supportare i giovaniricercatori tenendo conto della specificità della

voro in grado di sviluppare un livello di approfon-dimento dell’attività che porti ai risultati auspicati. Nella medicina dell’evidenza la ricerca necessitadi luoghi idonei che, oltre ai compiti assistenziali,svolgano quelli di ricerca clinica e i professionistidella riabilitazione devono saper coniugare le ca-pacità riabilitative complessive con quelle specifi-che della ricerca.Occorre considerare che la specifica attività riabili-tativa in diverse patologie e disabilità presenta unacomplessità dei singoli casi, che rende difficilmenteapplicabili le metodologie di ricerca usualmenteutilizzate in altre discipline; da qui la possibile uti-lizzazione della metodologia del “caso singolo” pur-ché sia stata utilizzata la metodologia scientifica.

Fabbisogno di ricerca per la riabilitazione

Nel corso degli ultimi decenni la percentuale dellapopolazione con disabilità è andata via via cre-scendo e l’incremento è da attribuire all’invec-chiamento della popolazione generale e al miglio-ramento dell’assistenza medica. Molte Personecon disabilità presentano difficoltà nello svolgi-mento delle comuni attività quotidiane, compresal’attività lavorativa. La percezione della propriadisabilità risulta nelle maggior parte delle Personecome moderata-severa, comportando una difficileaccettazione della realtà.La ricerca in riabilitazione ha come scopo recu-perare la funzione o prevenire il declino funzionalein modo da promuovere l’integrazione sociale,una vita autonoma ed eventualmente il ritornoalla produttività lavorativa.Una ricerca di qualità dipende non solo da un di-segno di studio appropriato con outcome riabili-tativi sensibili, affidabili e validi che rispondanoalle esigenze dei clinici, dei ricercatori e dei malati,ma anche dalle risorse disponibili per svolgere laricerca stessa. Inoltre, una ricerca destinata a mi-

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7Il futuro della ricerca in riabilitazione

mission istituzionale; i piani strategici non pro-muovono la ricerca collaborativa o interdisciplinaree non sono supportati con congrui investimenti.Ci sono numerosi ingredienti necessari per stabilireuna cultura della ricerca, fra cui la volontà di avereun piano strategico per costruire capacità di ricerca;in ambito riabilitativo questo aspetto si lega allapresenza di spazi in strutture idonee per portare atermine progetti di ricerca, spazi che spesso sonocarenti negli istituti di ricerca e che devono esserepensati per le necessità che sono state elencate.Diventa quindi indispensabile garantire fondi allestrutture di ricerca, che sono necessari per poterdisporre di collaboratori per la raccolta e l’analisidei dati, ma soprattutto per realizzare il nuovomodello strutturale di lavoro intedisciplinare dicui la riabilitazione ha bisogno.

Partnership

È necessaria la collaborazione fra ricercatori ap-partenenti a diverse discipline, fra istituti accade-mici e di ricerca e con le associazioni delle Personecon disabilità per migliorare la capacità di con-durre una ricerca di alta qualità.In ambito istituzionale diventa fondamentale unareale integrazione fra i diversi Ministeri e le Re-gioni per distribuire i temi della ricerca in un’otticanon ridondante, ma soprattutto per utilizzare almeglio le risorse disponibili, usufruendo anchedella disponibilità di finanziamenti con altri EntiLocali o privati.

Sfide della ricerca

La riabilitazione ha completamente abbracciato iprincipi della medicina basata sull’evidenza (evi-dence based medicine) e la ricerca in riabilitazioneha compiuto grandi progressi nelle ultime duedecadi. Mentre tradizionalmente il principale in-

riabilitazione che coinvolge la comprensione deisistemi d’organo correlati a tutte le funzioni indi-viduali e sociali; pertanto diventa indispensabilela necessità di ricerche collaborative.Data la ricaduta della riabilitazione in molti campiscientifici, i programmi di training in ciascuno diessi potrebbero non essere in grado di coprire unaformazione completa in riabilitazione e può essereutile che le strutture di riabilitazione che produ-cono ricerca selezionino alcuni temi di ricerca perpermettere a un gruppo consistente di ricercatoricon competenze complementari di collaborare.In conclusione, è necessario favorire lo sviluppo diun pool di ricercatori qualificati e per fare ciò biso-gna impostare programmi di training, di insegna-mento e affiancamento a ricercatori esperti. Sononecessari programmi di training con finanziamentida enti di ricerca ed enti ministeriali, programmiper incentivare la collaborazione interdisciplinaree corsi di formazione specifici per sviluppare le ca-pacità di ricerca. Poiché la collaborazione fra ricer-catori gioca un ruolo chiave nel facilitare la ricerca,è molto utile la presenza di ricercatori esperti cheaffianchino i giovani, promuovendo all’interno in-terazioni fra ricercatori di diverse discipline; peresempio, poiché molte Persone con disabilità be-neficiano dell’utilizzo di ausili, un ampio spazio diricerca deve avvalersi delle collaborazioni con i ser-vizi di ingegneria e bioingegneria.Allo stato attuale la gran parte della ricerca in ria-bilitazione è di tipo clinico. Lo sviluppo recentedella biologia molecolare richiede, però, che negliistituti di riabilitazione vengano promosse ricercheanche in questo ambito per indagare gli outcomea seguito di un danno del sistema nervoso.

Infrastrutture

Nel nostro Paese troppo spesso la ricerca in ambitoriabilitativo non viene considerata una priorità della

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relazionali e di contesto, e quando viceversa sidebba comporre una sintesi di tutti questi stepper giungere a una valutazione di efficacia com-plessiva dell’azione riabilitativa per la Persona;

• il rapporto che deve connettere i diversi ope-ratori sul piano dell’erogazione degli interventie la valutazione dei loro risultati e i diversitempi e luoghi ove tali interventi si realizzinoperché quella valutazione globale possa esserevalida e rappresentativa anche dei diversi aspettie step degli interventi.

Ne consegue che le ricerche, e la loro validitàquindi in campo traslazionale, possono mirare so-lamente ad analizzare compiutamente il percorsodel recupero fino al ripristino di funzionamentoe partecipazione ottimale, che è l’obiettivo unicoe validante ogni attività precedente.Pariteticamente le strutture deputate alla ricercain riabilitazione devono possedere tutte questespecifiche, connesse alle competenze e alle meto-dologie di lavoro in grado di sviluppare questo li-vello di approfondimento analitico.

Centri di ricerca e risorse

Il passo più importante da compiere per migliorareil livello e la quantità della ricerca in riabilitazioneè organizzare una piattaforma di comunicazioneper tutti i partecipanti ad attività di ricerca in Eu-ropa. Le informazioni riguardo i progetti correntie futuri, i finanziamenti e i premi, i protocolli, iquestionari, i sistemi di misura e i programmi discambio devono essere disponibili e facilmenteaccessibili a clinici, ricercatori e manager. Rispon-dere alle pressanti questioni sull’efficacia degli in-terventi riabilitativi richiederà un considerevolefinanziamento della ricerca. La modalità che parediffondersi come strumento idoneo può essere lamodalità del “singolo cieco” per sviluppare trialsclinici randomizzati (randomized clinical trials,

teresse scientifico è sempre stato il meccanismofisiologico d’azione delle modalità fisiche dellafunzione, negli ultimi 15 anni è stato condottoun numero crescente di trials prospettici in cui èstata valutata l’efficacia clinica della riabilitazionenelle condizioni di disabilità derivanti da variepatologie. Per alcune condizioni sono già dispo-nibili delle metaanalisi di trials controllati. La ricerca può anche identificare i determinantisia della guarigione sia della capacità di modifi-carsi, per acquisire nuove capacità e risponderealla riabilitazione.Emergono delle nuove tecnologie che dovrebberoessere adattate all’uso per Persone con disabilità equesto costituisce uno dei campi più importantie promettenti oggi e per il futuro.L’ingegneria tissutale e altre tecnologie modernefanno intravedere un ulteriore spazio di ricercache potrebbe aprire miglioramenti significativi inquesto settore.La ricerca in riabilitazione non adotta agevolmentegli approcci standard alla ricerca utilizzati dallascienza di base e dagli interventi di pratica medicagenerale; gli studi controllati randomizzati sonopossibili in molte aree, ma sono meno efficaciquando gli obiettivi ricercati e indagati in ungruppo di soggetti variano tra gli individui, so-prattutto se questo varia per ragioni personali osociali piuttosto che per ragioni biologiche.Una combinazione di metodi qualitativi e quan-titativi fornisce spesso una più solida analisi scien-tifica sugli effetti della riabilitazione e, pertanto,diventa strategica la cooperazione ricordata al finedi una pianificazione delle attività di ricerca. Per le attività riabilitative è importante sottolinearedue punti critici:• il rapporto che deve connettere i diversi step

delle cure, e quindi dello studio quando essiindaghino aspetti settoriali delle condizioni disalute con gli aspetti funzionali, di performance,

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Il futuro della ricerca in riabilitazione 7

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RCT) che possano meglio rispettare gli aspettipeculiari della riabilitazione.Le necessità tecniche sopra menzionate della ri-cerca in riabilitazione devono essere comprese datutti coloro che praticano riabilitazione. Così comenella riabilitazione è richiesto uno sforzo multi-professionale e multidisciplinare, allo stesso modoi gruppi e dipartimenti di ricerca multiprofessio-nali garantiscono un terreno più fertile per la for-mazione nelle varie professioni coinvolte nella ria-bilitazione.Benché attualmente le risorse in molti Paesi nonsiano adeguate per soddisfare le richieste di forma-zione (se non dei soli specializzandi più dotati), lasituazione sta gradualmente migliorando. Il nucleodi specialisti in formazione che presenta un dotto-rato di ricerca o una qualifica di livello equivalentein aggiunta alla propria qualifica professionale co-stituirà la base su cui si fonderà la futura ricerca. Si deve anche distinguere tra finalità e competenzedella ricerca e finalità e competenze della didatticae formazione alla professione, perché i due ambitisono ben distinti e necessitano di una chiara e di-versa “mission”.

Pubblicazione dei risultati della ricerca

A livello specialistico internazionale ed europeo esi-ste una varietà di riviste scientifiche, tra cui “Journalof Rehabilitation Medicine” (che attualmente pre-senta il maggior “impact factor” al mondo), “Di-sability and Rehabilitation”,“Clinical Rehabilita-tion”, “Archives of Physical Medicine and Rehabi-litation” ed “European Journal of Physical and Re-habilitation Medicine-Europa Medicophysica”, etutte pubblicano ricerche multidisciplinari.Appare indispensabile stimolare tra i ricercatorila pubblicazione in tali riviste, al fine di ottimizzarela comunicazione e condivisione (contenuti e me-todologie, incontro di gruppi e centri ecc.) pro-

muovendo nuove riflessioni e sinergie con il finedi aumentare la possibilità di confronto, verificae ulteriore sviluppo sia sul piano di avanzamentidegli studi, sia della comunicazione per un’appli-cazione nella pratica delle innovazioni individuatedalla ricerca.

Ricerca e validazione di outcome nei percorsi terapeutici in medicina fisica e riabilitativa (MFR)

Problematiche generali

Nell’analisi dell’efficacia terapeutica in medicinafisica e riabilitativa (MFR) si devono tenere inconsiderazione alcune premesse generali:• lo scopo dell’intervento riabilitativo è fornire un

miglioramento funzionale prolungato in para-metri di rilevanza pratica, relativi alla vita di tuttii giorni, mentre non sono sufficienti i risultatiottenibili solo in contesti ambientali artificiali;

• i cambiamenti (o la stazionarietà) che si rilevanoin seguito alla fornitura di servizi riabilitativisono determinati dalla combinazione di vari fat-tori, tutti da vagliare, quali: a) stato generale delpaziente: caratteristiche sociodemografiche, com-portamento di tipo sanitario, variabili cliniche(tipo di menomazione in atto, gravità, comor-bosità); b) stato funzionale: attuale e precedenteall’insorgenza di eventuali recenti episodi acuti(è cruciale il sapere se ci si trova di fronte a unastabilità delle misurazioni basali effettuate); c)modalità dell’intervento terapeutico (tipologiadi trattamento, intensità, collocazione neltempo); d) recupero spontaneo e altri fattori eso-geni o socioambientali indipendenti dal tratta-mento stesso (es. lunga distanza dall’insorgenzadell’episodio acuto, grado di supporto familiare,peculiarità etniche, disponibilità di trasporti,tendenze dell’economia locale e così via).

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di riabilitazione medica di pazienti degenti.Infatti, questi programmi devolvono la mag-gior parte dei loro sforzi a una gamma relati-vamente limitata di problemi o obiettivi fun-zionali e si applicano a pazienti con gravi disa-bilità o problematiche complesse.

Vi è una sostanziale concordanza sulle principalivoci relative all’indipendenza funzionale idonee amisurare gli interventi riabilitativi: si tratta delleattività di base della vita quotidiana. Queste mi-sure (basate prevalentemente su scale semiquan-titative che adottano criteri di dipendenza piut-tosto che di prestazione) sono di cruciale impor-tanza, perché indicano se un intervento ha pro-dotto un miglioramento significativo sulla disa-bilità del paziente.• Le misure di partecipazione, quali per esempio

World Health Organization (WHO) HandicapScale e Craig Handicap Assessment and Repor-ting Technique (CHART), si riferiscono piùalla vita delle Persone disabili in quanto ele-menti della società. La riduzione dell’handicapè un obiettivo appropriato per i programmi diriabilitazione globali (“comprehensive rehabili-tation”) e in particolare per le ultime fasi dellariabilitazione (es. nei pazienti ambulatoriali),che comprendono la riabilitazione psicosocialee i servizi di supporto a una vita indipendente.

Obiettivi dell’intervento riabilitativo

In molti casi, solo monitoraggi combinati a misuredi risultati a breve e lungo termine (relativi a me-nomazioni, disabilità e, ove possibile, handicap),uniti a dati clinici e sociodemografici, sono ingrado di chiarire un certo numero di nessi di cau-salità negli effetti rilevati. Sono inoltre da sottolineare le distinzioni tra ri-sultati clinici del trattamento a medio termine(pertinenti alla riabilitazione medica) e risultati

Le domande generali a cui più spesso si cerca unarisposta sono di questo genere: a) i cambiamentiosservati sono migliori di quelli prodotti da ap-propriati interventi alternativi? b) qual è il con-tributo delle varie componenti dell’intervento nelprodurre i risultati osservati? c) quali tipi di pa-zienti rispondono meglio a certi interventi? d)come può essere predetta la risposta che sarà ot-tenuta con un determinato intervento?

Livelli di analisi dei risultati

Attenendosi alla classificazione ICF dell’OMS, irisultati degli interventi terapeutici in MFR pos-sono essere principalmente misurati a livello di:1) struttura e funzione corporea, 2) attività, 3)partecipazione.• Le misure di struttura e funzione corporea (per

utilizzare le quali è necessario raggruppare i pa-zienti in classi diagnostiche) possono riferirsi aparametri strutturali (tipo di lesione midollare,estensione di una lesione ischemica cerebrale,entità dell’ingrandimento ventricolare sinistroecc.) o funzionali. Queste ultime (goniometriadel deficit articolare, severità di paralisi, gradodi spasticità ecc.) sono essenziali per capire per-ché alcuni pazienti migliorano in una certa fun-zione e altri no e per quantificare la gravità diun caso clinico, a patto che sia dimostrabileuna significativa correlazione tra l’entità dellamenomazione e il risultato terapeutico a livellofunzionale. Misure di menomazione funzionalevengono inoltre a volte utilizzate per analizzareil raggiungimento di obiettivi del trattamentoa breve e medio termine.

• Le misure di attività, quali per esempio Fun-ctional Independence Measure (FIM), IndiceBarthel e Picture Exchange Communication Sy-stem (PECS), costituiscono il livello più co-mune e appropriato per valutare i programmi

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globali dell’intervento riabilitativo (che prevedonointerventi anche di riabilitazione sociale). La Commission on Accreditation of RehabilitationFacilities (CARF) definisce quattro tipi di obiettivi(tutti da perseguire nell’ambito di un programmadi controllo della qualità dei servizi in funzionedell’accreditamento di strutture riabilitative):• obiettivi a breve termine: definiti in termini

di grado di miglioramento del quadro clinicodel paziente. Nel corso di una degenza riabili-tativa essi si riferiscono per esempio: a) per ilfisioterapista, al miglioramento della disfun-zione fisica identificata o alla riduzione del do-lore associato al movimento; b) per il terapistaoccupazionale, alla crescita nelle abilità in at-tività della vita quotidiana e al grado con cuisono raggiunte abilità lavorative; c) per il lo-gopedista, all’efficacia delle azioni per miglio-rare le abilità nella comunicazione; d) per l’as-sistente sociale, ai risultati nell’avere assicuratoal paziente un adeguato sostentamento, unadimora, possibilità di trasferirsi e comfort dibase; e) per il fisiatra, al raggiungimento ditutti gli obiettivi del team, al mantenimentodi adeguate condizioni generali, alla preven-zione delle complicanze;

• obiettivi di efficacia: basati su quantificazionidei progressi dei pazienti, tramite misurazionidell’indipendenza funzionale nel cammino, neitrasferimenti, nella cura della Persona ecc.;

• obiettivi del risultato terapeutico globale: intermini di benefici generali (quindi sia medicisia sociali) ricevuti dal paziente o, in secondaistanza, dalla famiglia o da chi lo accudisce;

• obiettivi di efficienza: misurati come rapportotra efficacia e risorse consumate (tempo dedi-cato da parte dello staff, lunghezza della de-genza, numero di trattamenti, costi economiciecc.).

Misurare significa assegnare un valore numerico

a variabili che rappresentano quantità di un certoaspetto in esame. In MFR (come del resto in moltialtri settori clinici) è sentita la necessità di misurarein particolare i risultati finali (misura di outcome)a lungo termine dopo una serie di percorsi e azioniin grado di influenzare la Persona nella sua totalità,quantificando l’entità del cambiamento nel tempoe nei diversi contesti (efficacia terapeutica).L’analisi delle variabili psicocomportamentali diinteresse per la MFR (autosufficienza, equilibrio,dolore, fatica ecc.) richiede tecniche di misuraparticolari, spesso differenti da quelle adottatedalle discipline bio-mediche. Infatti, l’osservazionee la valutazione di comportamenti, attitudini opercezioni individuali (le cosiddette “variabili la-tenti”) si possono fare solo attraverso scale di va-lutazione e di questionari autosomministrati, conla creazione di punteggi che poi richiedono com-plesse procedure statistiche per essere trasformati– ove possibile – in vere e proprie misure lineari.Secondo il metodo psicometrico classico, princi-palmente una buona scala deve essere affidabile evalida (nel contesto di utilizzo e nella specificapopolazione da studiare), essere dotata di adeguatasensibilità a significativi cambiamenti clinici e riu-scire a catturare i dettagli e tutta la gamma dellereali differenze tra le Persone. Da un punto divista pratico, la scala deve poi essere accettabiledalla popolazione (in termine di contenuto e dilunghezza) e fattibile per lo staff che userà lo stru-mento (a livello sia di utilizzo sia di gestione deidati e di costi globali) e deve essere comprensibileda tutti i gruppi della popolazione studiata e conun alto grado di equivalenza trans-culturale. Èauspicabile che esista una e una sola versione va-lidata per ogni scala di valutazione di buon livelloscientifico, in ogni nazione.Da ciò ne deriva l’importanza di costituire poli diriferimento nell’area connessa alle problematichedi misurazione in riabilitazione, in particolare ap-

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plicate all’uso di apparecchiature, tecnologie, teste scale per la valutazione funzionale in soggettidisabili o a rischio di disabilità, e più specificata-mente agli indicatori di risultato (outcome).

Evidence based medicine (EBM)

Questo documento rappresenta un iniziale ap-proccio alla discussione sulla metodologia di ap-plicazione e gestione dei principi dell’evidence ba-sed medicine (EBM) in medicina riabilitativa percreare un link tra la Cochrane Collaboration e lealtre organizzazioni di studio dell’EBM.Il processo dell’EBM prevede quattro passaggi:• formulazione del corretto quesito clinico sulla

base delle problematiche del paziente;• ricerca in letteratura delle migliori evidenze

disponibili;• valutazione critica della letteratura recuperata;• implementazione delle evidenze nella pratica

clinica.Questa procedura è applicata da tempo in diversiambiti della medicina, e più recentemente anchein riabilitazione.Essendo l’applicazione dei principi di EBM inMFR più recente rispetto ad altri ambiti medici,in alcuni casi le esperienze sono ancora sporadichee le difficoltà derivano dalle peculiarità intrinsechealla riabilitazione come più volte richiamato.Infine, esiste una vera e propria difficoltà connessaall’accesso ai dati disponibili, un’oggettiva diffi-coltà di consultazione rapida ed efficace dei data-base della letteratura. Nella Cochrane Collaborationesiste un gruppo specifico proprio per la valuta-zione delle evidenze in riabilitazione: purtroppopoche sono le revisioni avviate da questo gruppo.Per superare questa difficoltà, il “Field in Rehabi-litation and Related Therapies” della Cochrane Col-laboration ha raccolto in un CD più di 4000 arti-coli di argomento riabilitativo presenti in lettera-

tura. Esistono scuole e gruppi internazionali chesi stanno specializzando nel raccogliere e diffon-dere dati in questo ambito, per esempio la Schoolof Rehabilitation Sciences’ Evidence-based Practicedi Ottawa, oppure il Centre for Evidence BasedPhysiotheray in Olanda, ma sono ancora rari epoco coordinati.Inoltre, dovrebbe essere molto più sviluppata laprassi della revisione critica delle decisioni e delleazioni realizzate (es. Peer Review) con metodichedi gruppo e interdisciplinari, come pure dovrebbeessere sviluppata la metodica del lavoro in Team econ modalità di “filiera” comune e condivisa,com’è indispensabile proprio in situazioni com-plesse, durature e cronicamente evolutive comesono quelle riabilitative.

Alcune delle criticità principali delle attivitàdi riabilitazione e loro impatto sulla ricerca

Il senso della fragilità

L’individualità del modello dell’invecchiamentoè difficilmente categorizzabile. Ciò si ripercuoteanche sul concetto di fragilità e di anziano fragileo “frail elderly”, che è uno dei prototipi degli an-ziani di oggi e identifica uno dei filoni di ricercain campo riabilitativo-geriatrico, ma che rappre-senta anche una tipologia caratteristica dei veripazienti geriatrici.Esistono quindi tanti modelli di fragilità, anchese accomunati da alcune caratteristiche comuni.Il frail elderly è sì malato, ma non è sinonimo dianziano malato o l’unico archetipo di anzianomalato.Il frail elderly, da un punto di vista clinico, si lasciacaratterizzare da una serie di sintomi e segni checonfigurano la cosiddetta sindrome clinica da fragilità. Risulta necessario che la ricerca affronti i seguentitemi:

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• modelli biologici di fragilità nella ricerca dibase e nelle varie età;

• marcatori biologici, clinici e strumentali di fra-gilità;

• strumenti condivisi di valutazione della fragi-lità;

• applicazione di modelli organizzativi per la fra-gilità (reti integrate di servizi interspecialistici);

• fragilità e longevità estrema (oldest old );• fragilità, demenza e autonomia.

Le problematiche internistiche

La complessità è l’embricarsi delle influenze didue o più sistemi nello stesso individuo (es. ma-lattie della sfera fisico-psichica, contesto socialeed economico, farmaci). La definizione di “pa-ziente complesso” adottata dall’Agency for HealthCare Research and Quality si riferisce a una Personaaffetta da due o più malattie croniche, in cui cia-scuna delle condizioni morbose presenti è in gradodi influenzare l’esito delle cure delle altre coesi-stenti, attraverso varie modalità: la limitazionedella speranza di vita, l’aumentata morbilità in-tercorrente, le interazioni fra terapie farmacolo-giche, l’impossibilità del pieno impiego di cureadeguate per controindicazioni ecc.In campo riabilitativo, forse anche più di quantonon avvenga in campo clinico, la presa in caricoglobale del paziente deve tenere conto in modototale della sua complessità.Sono stati proposti vari indicatori per classificarela comorbidità, ma nessuno di questi appare ingrado di descrivere a pieno tutte le caratteristichedei pazienti anziani e non anziani.Un primo progetto di ricerca potrebbe proprioriguardare la definizione di indicatori condivisiche possano garantire un approccio globale, mul-tidimensionale, interdisciplinare per questi pa-zienti, pensando, per esempio, alla ridotta mobilità

e alla permanenza a letto durante il ricovero, inquanto tale fenomeno implica il rischio di eventiavversi e di aumento della degenza.Un qualunque trattamento riabilitativo presup-pone una preventiva esaustiva valutazione basale.Purtroppo al momento non esiste concordanzasulle scale da adottare e ogni centro di riabilita-zione utilizza solo quelle scale che ritiene oppor-tune. Inoltre, molto spesso le scale che vengonoutilizzate nella fase della riabilitazione ospedalierasono diverse da quelle utilizzate nella degenzaospedaliera in acuzie e da quelle utilizzate nellafase territoriale.In questo ambito risulta pertanto necessario:• definire indicatori condivisi e scale idonee che

possano garantire un approccio globale, mul-tidimensionale, interdisciplinare, per questipazienti con complessità-comorbidità;

• elaborare schede che permettano una valuta-zione complessiva del paziente.

Le problematiche neurologiche

Nei Paesi industrializzati l’ictus rappresenta, perle sue dimensioni epidemiologiche e per il suoimpatto socioeconomico, una delle più importantiproblematiche sanitarie. Il trattamento riabilitativo è lungo e costoso e irisultati variabili a seconda del quadro clinico edella presenza o meno di patologie associate. Ilrecupero funzionale dopo ictus è infatti sostenutoda meccanismi molto complessi e ancora non deltutto chiari. Per questo motivo tale campo è og-getto di ricerche in svariati ambiti, sia clinici sianelle ricerche di base.Le tecniche di stimolazione cerebrale non invasivahanno permesso enormi progressi nello studio enella comprensione delle diverse funzioni cerebralidell’uomo e dei meccanismi alla base della neu-roplasticità. Un nuovo promettente filone di ri-

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cerca è legato alla sempre maggiore diffusionedelle neuroimmagini, specie di quelle funzionali,come la risonanza magnetica funzionale (fRM).Tali metodiche possono essere di rilevante impor-tanza sia per una migliore comprensione di mec-canismi patogenetici, sia nell’individuazione dinuovi fattori prognostici e nella documentazionedell’efficacia dei vari trattamenti riabilitativi. L’uti-lizzo di valutazioni seriali di fRM potrebbe essereimportante per poter documentare le variazionidella neuro-plasticità indotte dal trattamento ria-bilitativo. Nell’ambito della riabilitazione dei pazienti affettida postumi di ictus, lo sviluppo della ricerca si èrecentemente indirizzato verso alcuni strumentitecnologici innovativi. Fra le varie tecnologie lasperimentazione di sistemi robotizzati per il recu-pero della funzionalità motoria dell’arto superioreè di particolare interesse sia per l’iniziale dimo-strazione di efficacia clinica, sia per la prospettivadi un utilizzo più sistematico con le opportunità,di poter influenzare positivamente la fase di recu-pero iniziale dell’arto superiore e di aumentare la

quantità di riabilitazione quotidiana favorendoun rientro precoce al domicilio.Ancora di particolare interesse è il potenziale uti-lizzo in riabilitazione di dispositivi elettronici eco-nomici di realtà virtuale, utilizzati per l’intratte-nimento. Le prime indicazioni, da confermare instudi successivi, indicano un loro possibile utilizzo(insieme a un trattamento convenzionale) per mi-gliorare il recupero dell’arto superiore.Infine, è molto interessante lo studio di nuovi di-spositivi applicati a carrozzine e deambulatori,che prevedono dei sistemi integrati di intelligenzaartificiale che sono in grado di aiutare il disabile amuoversi con maggiore autonomia e sicurezza. Un particolare aspetto è quello delle malattie neu-rodegenerative intese sia come malattie dementi-gene, tipica la malattia di Alzheimer, ma anche lademenza associata alla malattia di Parkinson (PD),o le demenze di origine vascolare (VD). La sfidaprincipale a cui la comunità scientifica è chiamatariguarda due fronti: da un lato, individuare markerdi malattia (neuropsicologici, biologici e di neu-roimaging) sempre più sensibili e specifici che

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Tabella 7.1 La ricerca traslazionale nelle malattie neurodegenerative: un tentativo di integrazione

Obiettivo Ricerca Studi Metodo Applicabilità

Marker di malattia Clinica Neuropsicologici, di neuroimaging Studi cross-sectional, Concretae biologici di popolazione longitudinali Auspicabile

Sperimentale Modelli animali Studi genetici, molecolari ecc. Concreta

Scienze artificiali Reti neurali artificiali Sviluppo di algoritmi applicabili Auspicabilealle malattie neurodegenerative

Trattamenti Clinica Sviluppo di nuove terapie Studi randomizzati e controllati Concretafarmacologici Sperimentale Sviluppo di nuove terapie Studi genetici, molecolari, Concreta

in modelli animali comportamentali ecc.

Trattamenti Sul paziente Terapie aspecifiche e specifiche ROT, rimotivazione, validazione, Auspicabilenon farmacologici reminiscenza, training cognitivo,

memory training ecc.

Sul caregiver Efficacia del sostegno Gruppi di sostegno, assistenza Auspicabiledomiciliare, corsi di formazione ecc.

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consentano di diagnosticare, in una fase veramentepre-clinica, la presenza di una demenza; dall’altrolato, mettere a punto protocolli di trattamentosia farmacologici, ma anche neuroriabilitativi, checonsentano, nel primo caso, di bloccare il mecca-nismo patogenetico e, nel secondo, di rafforzarele capacità residue dei pazienti al fine di migliorarela loro qualità di vita (Tabella 7.1).

L’inserimento/reinserimento lavorativo

Nella Strategia Comunitaria 2007-2012 per la sa-lute e sicurezza sul luogo di lavoro, la Commis-sione Europea invita gli Stati membri “… a inte-grare, nelle strategie nazionali, azioni specifiche… destinate a rafforzare la riabilitazione e la rein-tegrazione dei lavoratori esclusi dal mondo dellavoro per un lungo periodo di tempo a motivodi un infortunio sul lavoro, di una malattia pro-fessionale o di un handicap …”.Negli ultimi anni, in Europa, si è assistito a unacrescente domanda di inserimento e reinserimentolavorativo di Persone con diversi gradi di disabilità,sia conseguente a eventi traumatici, sia per pato-logie cronico-degenerative – quali malattie car-diovascolari, respiratorie, muscolo-scheletriche,neuropsichiche –, sia per patologie neoplastiche.Dal punto di vista normativo, il diritto al lavorodelle Persone con disabilità, diritto sancito dallaCostituzione della Repubblica Italiana, è regola-mentato dalla Legge 68/1999 e dal DPCM13/01/2000; inoltre, l’insieme della legislazione,costituita, tra le altre, dalla Legge 18/1980, Legge222/1984, Legge 508/1988, Legge 289/1990,Legge 104/1992, nonché la norma di riforma delmercato del lavoro – D.Lgs. 276/2003 – garantisceanche una “protezione sociale” della disabilità. LaLegge 68/1999 prevede, per il disabile, il “collo-camento mirato”, definendolo (art. 2). Nel momento in cui il soggetto disabile collocato

al lavoro ex Legge 68/99 è inserito effettivamentenel mondo del lavoro, entra sotto la tutela dellacomplessa normativa di tutela della salute e sicu-rezza sul lavoro (D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.). Una delle novità introdotte dal D.Lgs. 81/08 es.m.i. è proprio la previsione di una “visita medicaprecedente alla ripresa del lavoro, a seguito di as-senza per motivi di salute di durata superiore aisessanta giorni continuativi, al fine di verificarel’idoneità alla mansione”; tale tipologia di visita,seppure con tutta una serie di problematiche digestione, permette di verificare sia la continuitàdi sussistenza di condizioni di idoneità alla man-sione dopo la malattia, nei soggetti già conosciuticome “disabili”, sia nuove disabilità per le qualieventualmente rimodulare il giudizio di idoneitàalla mansione specifica.Considerati i molteplici aspetti della Persona in-serita in realtà sociolavorative complesse, la valu-tazione dell’inserimento/reinserimento lavorativoe del mantenimento al lavoro deve essere il risul-tato di un approccio multidisciplinare che vedeimpegnati la medicina del lavoro e quella riabili-tativa, anche al fine di evitare la vanificazione del-l’attività riabilitativa a causa di un’inadeguata as-segnazione di attività alla Persona disabile.È pertanto auspicabile l’implementazione di un’at-tività di ricerca multidisciplinare che si prefiggal’obiettivo di contribuire a:• identificare validati protocolli di inserimento/

reinserimento al lavoro con il coinvolgimentodel territorio e avendo come obiettivo il mi-gliore rapporto costo-beneficio;

• identificare strategie e metodologie di valuta-zione dell’adattamento e dell’inserimento/rein-serimento lavorativo dei soggetti con malattiecronico-degenerative e cancer survivors;

• identificare profili di rischio occupazionale spe-cifici per le diverse mansioni con indicazionidi eventuali inidoneità assolute/parziali;

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Robotica e realtà virtuale in riabilitazione –teleriabilitazione

I robot sono in genere pensati come dispositiviche imitano o si sostituiscono all’uomo nel com-piere alcune attività (robot industriali), mentre inriabilitazione sono utilizzati per: a) provocare mo-vimenti passivi e/o comandare movimenti volon-tari dei pazienti, il cui arto è fisicamente fissato aldispositivo; b) registrare informazioni relative allaprestazione motoria (traiettoria percorsa, forza diinterazione) durante i movimenti attivi. Sono im-piegati generalmente come supporto alle tradi-zionali tecniche riabilitative; possono migliorarela prestazione motoria alla dimissione, abbreviarei tempi necessari per la riabilitazione e fornire pa-rametri oggettivi per la valutazione del paziente.Quest’ultima caratteristica è particolarmente ri-levante per definire una procedura riabilitativa ilpiù possibile individualizzata ed efficace.Accanto a questi sistemi, vi sono le macchine ria-bilitative dette a esoscheletro. Sono sostanzial-mente sistemi indossabili che eseguono lo stessotipo di movimento svolto dal paziente.In questo caso ogni segmento articolare del di-spositivo paziente è connesso a un segmento inmodo da coinvolgere tutto l’arto o la parte di essoche deve essere trattata. In questi dispositivi il nu-mero di gradi di libertà corrisponde a quello dellearticolazioni dell’arto che deve essere trattato; inol-tre lo spazio di lavoro corrisponde in genere aquello dell’intero arto. Questi dispositivi hannorealizzazioni ancora in fase sperimentale, sonoprevalentemente dedicati ad applicazioni di ricercaper quanto riguarda l’arto superiore, mentre perquanto riguarda l’arto inferiore ha già avuto unadiscreta diffusione un particolare dispositivo checonsente la locomozione del paziente in manieraservo-controllata. Il paziente viene posto su untappeto mobile abbinato a un sistema di allevio

del peso. Esso trova la sua applicazione nei tratta-menti riabilitativi post-traumatici e nei pazienticon esiti da ictus. L’introduzione in ambito clinicodi questo sistema è abbastanza recente e al mo-mento esiste un primo studio multicentrico sul-l’efficacia del trattamento in pazienti con lesionespinale incompleta. La Realtà Virtuale (RV) fornisce uno strumentooriginale per assolvere contemporaneamente aidiversi requisiti di un intervento riabilitativo effi-cace, che oltre a essere precoce deve essere orien-tato allo svolgimento di compiti funzionali conpossibilità di modulare l’intensità del training.L’elemento che meglio caratterizza queste appli-cazioni è la possibilità di lavorare sul contesto.Molte applicazioni di realtà virtuale si presentanocome opportunità per il paziente di parteciparein un’esperienza che risulta coinvolgente e altempo stesso gratificante.Sia il terapista sia il paziente possono beneficiaredella possibilità di graduare facilmente e documen-tare l’intervento terapeutico. Nella riabilitazionecon RV, è possibile proporre ambienti simulati in-terattivi e multidimensionali. Il trattamento puòessere individualizzato, pur nell’ambito di protocollidi training e valutazione standardizzabili.L’ambiente virtuale rispetto alle altre forme di vi-sualizzazione (video e televisione) offre la possi-bilità di interazione e quindi di essere protagonisti.In questo ambiente, nel quale le difficoltà di in-terazione possono essere modulate e quindi rego-late in base alle capacità residue del paziente,questi trova un mezzo per poter interagire con ilmondo esterno.Una caratteristica molto importante della RV èrappresentata dal fatto che essa è in grado di for-nire il senso di presenza effettiva all’interno del-l’ambiente avvalendosi anche della rappresenta-zione nello stesso ambiente di una parte o dell’in-tero corpo del paziente.

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Usualmente queste tecnologie sono indirizzate apazienti che conservano una discreta capacità dimovimento, ma che hanno bisogno di affinare laqualità del movimento stesso con una ripetizionecontinua di specifici compiti motori.Più recentemente sono diventati disponibili, manon ancora utilizzati, i cosiddetti sistemi di surfacecomputing, con i quali l’interazione è basata sulriconoscimento di oggetti e Persone su un pianodi lavoro computerizzato, tattile e interattivo, cheha funzione di visualizzatore e di collettore di in-terazioni libere sul piano, con o senza oggetti ri-conosciuti dal sistema.Lo scenario attuale evidenzia un ulteriore campo diintervento della ricerca rappresentato dalle tecno-logie per la teleriabilitazione con la proposta di piat-taforme per uso personale potenzialmente adattabilia una vasta tipologia di pazienti. Nel frattempo sisperimentano ancora nuove proposte tecnologicheper applicazioni singole, su categorie di pazientiparticolari e su numeri di casi limitati; i servizi ditelemedicina/teleriabilitazione (TLR) presenti sulterritorio sono ancora una rarità, con un impattotrascurabile sulla prestazione sanitaria globale.Si possono quindi ipotizzare azioni di ricerca verso:• studio e validazione di nuovi modelli organiz-

zativi del sistema di erogazione della presta-zione sanitaria, che includano anche servizi ditelemedicina/teleriabilitazione (TLR);

• studio e valutazione del ciclo di reinserimentosociale e lavorativo, in funzione dei percorsiriabilitativi e delle tipologie dei servizi sul ter-ritorio basati sull’uso della tecnologia;

• applicazione delle metodologie di Health Te-chnology Assessment (HTA) ai servizi/prodottiimpiegati in riabilitazione, compresi quelli diteleriabilitazione. L’analisi dei rischi, la valuta-zione dell’efficacia e la sostenibilità del costosanitario sono gli ambiti nei quali le verifichedevono essere prioritariamente eseguite;

• studio e implementazione di sistemi per l’im-piego di elevate quantità di dati clinici messi adisposizione dalle terapie riabilitative che siavvalgono delle diverse tecnologie, compresala telemedicina, a fini del miglioramento del-l’efficacia terapeutica;

• progetti di trasferimento tecnologico nell’am-bito della robotica in riabilitazione, mediantel’identificazione delle tecnologie mature, al finedi guidare il loro ingresso sul mercato sanitario;

• studio e valutazione di nuovi modelli di terapiariabilitativa basati su sistemi robotici in gradodi assumere esperienza dall’atto riabilitativoper impiegarla in sistemi esperti per il miglio-ramento dell’outcome.

Ricerca e terapia occupazionale

La performance occupazionale in termini di qua-lità, cioè di abilità reali di svolgerla, di assistenzanecessaria, di sforzo fisico e mentale richiesto, disicurezza e di risultato finale, rappresenta l’out-come principale di qualunque intervento di terapiaoccupazionale.La maggior parte delle scale di valutazione piùutilizzate in letteratura scientifica, così comenella pratica quotidiana, per le misure di attività,Fim, Barthel ecc., purtroppo non misura “le ef-fettive prestazioni del paziente”, ma solo le pre-stazioni riportate e riferite; in quest’ottica, perdeterminare il reale impatto della disabilità sulleabilità di svolgere le normali attività della vitaquotidiana, sono da preferirsi strumenti di valu-tazione osservazionali che, oltre a prevedere l’os-servazione da parte del terapista dello svolgi-mento dell’attività, considerano le sole attivitàche il paziente abbia preventivamente definitofamiliari e significative. Ai fini di una programmazione della ricerca scien-tifica in questo ambito della riabilitazione è di

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primaria importanza l’utilizzo di strumenti chevalutino l’outcome reale dell’intervento di terapiaoccupazionale con una certa accuratezza. Per que-sto il più urgente bisogno di ricerca in terapia oc-cupazionale è quello relativo a studi di validazionedelle versioni italiane di strumenti di valutazioneappropriati e nella letteratura scientifica interna-zionale di terapia occupazionale; sono numerosi

gli studi di efficacia, ma sono pochi quelli di qua-lità che raccomandano comunque ulteriori ricer-che. Inoltre, occorre approfondire la valutazione del-l’efficacia degli interventi di terapia occupazionalein diverse patologie e setting, in termini di qualitàdi performance, diminuzione del bisogno di assi-stenza formale e informale.

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Introduzione

Nel presente capitolo si vuole affrontare il temadell’empowerment dei pazienti e di quale ruolopossono avere in esso le associazioni. Per fare ciò,verrà innanzitutto affrontato il concetto di pa-ziente come Persona e la sua centralità nel processodi empowerment, così come l’importanza della fa-miglia, in particolare nei percorsi di riabilitazionein età evolutiva. Successivamente si analizzerà, attraverso la loronascita e sviluppo, il compito svolto dalle realtàassociative e il contributo che queste possono dare,a fianco delle istituzioni, alla realizzazione di uncircolo virtuoso che coinvolga tutti i soggetti ingioco. Infine, grazie alla descrizione di due esperienze,entrambe nell’ambito delle malattie neuromusco-lari, si vuole condividere come questo sia possibilee rappresenti un bene per tutta la comunità.L’obiettivo del presente lavoro non vuole, quindi,essere solo un’analisi concettuale e metodologicadel tema, ma si prefigge di proporre un approccionuovo nella visione del paziente attraverso un per-corso che riprenderà gli elementi chiave e le espe-rienze in atto in questo settore.

Per un empowerment che metta al centro la Persona

Il concetto di empowerment nasce negli anni Ses-santa all’interno nella comunità degli psicologinegli Stati Uniti e può essere definito come unprocesso di sviluppo e consapevolezza volto al mi-glioramento delle condizioni degli individui o deigruppi sociali in situazione di svantaggio.Hyung Hur, studioso di psicologia di comunità,definisce l’empowerment come “un processo socialedi azione tramite cui gli individui, le Comunità ele organizzazioni guadagnano la padronanza sulleloro vite nel contesto di cambiare il loro ambientesociale e politico per migliorare l’equità e la qualitàdi vita”.Questo approccio ha avuto un’ampia diffusionein diversi campi, tra i quali il settore medico, dovesi è molto sviluppato al punto che l’Organizza-zione Mondiale della Sanità (OMS), nel 1997,con la Dichiarazione di Jakarta, ha assunto taleapproccio come uno dei principi guida nella pro-mozione della salute.In campo sanitario, l’empowerment della Personamalata viene normalmente concepito come unparticolare approccio e allo stesso tempo una stra-

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8. Empowerment dei pazienti – il ruolodelle associazioni

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tegia medica che promuove la partecipazione attivadel malato durante la cura della propria patologia.Risulta quindi fondamentale, come obiettivo pri-mario di tale approccio, la riduzione della normaleasimmetria informativa esistente tra medico e ma-lato allo scopo di fornire una maggiore consape-volezza e partecipazione, consentendo in questomodo scelte più responsabili e condivise.In questa introduzione non è stato appositamenteutilizzato il termine paziente. Questa parola, infatti,suggerisce una concezione passiva del malato rispettoal medico e alle cure e anche lo psicologo Bob An-derson, coautore del libro The art of empowerment,nel ritenere l’empowerment una rivoluzione del nor-male rapporto medico-paziente afferma come puntodi partenza l’inadeguatezza di tale termine. “Pa-ziente” dà l’idea della Persona malata come di unsoggetto che subisce, che patisce (dal latino patiorche significa: tollerare, sopportate, patire e ne deriva“paziente” e “patire”), invece, a maggior ragione al-l’interno di questo approccio, il paziente è un sog-getto attivo in cui la storia personale e la condivisionesono elementi fondamentali.Dopo questa importante precisazione, prima diapprofondire il ruolo giocato dalle associazioni, èfondamentale chiarire da quale prospettiva partiree con quale sguardo è necessario guardare alla Per-sona, perché questo rimane il vero punto di par-tenza: la Persona. Come detto, proprio l’uso del termine “paziente”a volte può rivelare un approccio che dimenticacome un soggetto in una particolare condizioneclinica sia innanzitutto una Persona con i suoidesideri e bisogni. Primo fra tutti quello di essereascoltato e di poter conoscere e capire al megliola propria situazione e le possibilità esistenti, inmodo da favorire un coinvolgimento e una posi-zione più attiva nel superamento delle difficoltà.La presenza di una condizione di malattia, di sof-ferenza o di disabilità, infatti, non può essere con-

siderata come un ostacolo alla propria libertà diespressione e di affermazione di sé. Infatti, il primosoggetto chiamato a rispondere alla difficoltà è laPersona stessa che si trova in questa situazione etale responsabilità non può essere delegata a nes-suno, tanto meno alle istituzioni o alle associazioniche devono invece favorire questo processo di re-sponsabilizzazione.Anche nella storia della medicina si è assistito allatrasformazione nella concezione della Persona damero contenitore di patologie a soggetto attivonel percorso di cura e riabilitazione; questo pro-cesso ha portato alla nascita e allo sviluppo, anchein campo sanitario, di argomenti non strettamentescientifici (e pertanto considerati fino a quel mo-mento poco interessanti dal punto di vista medico),come per esempio l’importanza della comunica-zione e della condivisione di esperienze e cono-scenze e con esse una maggiore fruibilità dei servizidelle scienze mediche da parte dei cittadini.A conferma di questo rinnovato interesse per tuttiquegli elementi legati allo stato soggettivo dellaPersona, è utile ricordare il sempre più crescenteutilizzo dei Patient Reported Outcomes (PRO), unostrumento di valutazione che ha l’obiettivo di mi-surare lo stato di salute soggettivo della Personaaffetta da una particolare condizione clinica. Se-condo questo approccio risulta importante per unapiù efficace diagnosi e cura della malattia non sol-tanto l’utilizzo di stretti parametri diagnostici eclinici (che possiamo considerare gli output), maanche quanto sentito e comunicato direttamentedalla Persona (gli outcome).Anche i National Institutes of Health americaniconsiderano lo sviluppo e l’utilizzo dei PRO comeuna priorità del proprio sistema di ricerca e comeuno strumento adeguato a rispondere in manieracompleta ai bisogni delle Persone e, nella stessadirezione, si è mossa anche la Food and Drug Ad-ministration, che ha pubblicato delle Linee guida

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per le aziende farmaceutiche che vogliano adottarequesti strumenti di misurazione.In Italia si sta seguendo il medesimo percorso; al-l’interno del Piano Sanitario Nazionale 2006-2008, infatti, si assiste a una sostanziale formaliz-zazione del passaggio dal consenso informato al-l’empowerment del paziente e alla valorizzazione,in questo senso, dell’importante ruolo delle realtàassociative.Si vuole qui sostenere con forza, così come ricono-sciuto da tempo a livello internazionale e istituzio-nale, che per poter parlare di empowerment, ma an-cora prima per rispondere pienamente ai bisognidel malato, è necessario innanzitutto mettere laPersona al centro e che questa sia riconosciuta comeun soggetto attivo del processo di cura e riabilita-zione. L’auspicio è pertanto che la centralità dellaPersona non rimanga soltanto uno slogan, ma siail punto di partenza del medico, delle istituzionied elemento di consapevolezza del malato stesso. A questo proposito, anche in ambito riabilitativo ènecessario sottolineare come lo scopo dell’interventoin riabilitazione sia “guadagnare salute” secondoun’ottica che guardi alla Persona malata come“avente diritti”. Per questa ragione è compito del-l’intervento riabilitativo tentare di comprendere lostato della Persona nel suo complesso, in modo dapoter compiere tutte le azioni necessarie, secondoun’ottica di empowerment, raggiungendo in questomodo il massimo livello possibile di funzionamentoe di partecipazione, tenendo conto della volontàdella Persona, così come dell’ambiente circostante.Per massimo livello possibile s’intende quindi nonsolo gli aspetti strettamente sanitari, ma tutti queglielementi legati al concetto più ampio di qualitàdella vita che vedono la Persona protagonista al-l’interno del contesto in cui vive, delle sue relazioni,dei suoi desideri e delle sue aspirazioni.Ancora una volta il già citato Anderson confermaquesta posizione, quando definisce quale ulteriore

elemento chiave dell’empowerment la capacità diascolto dei medici: buoni ascoltatori, infatti, per-mettono non solo una maggiore consapevolezzadella Persona, ma anche un’utilità e una valenzaper l’istituzione che sta prendendo in cura il ma-lato, oltre che del medico stesso nel processo didiagnosi e di cura.

La famiglia quale co-protagonista del processo: il caso della riabilitazione in età evolutiva

Accanto alla Persona è coinvolta, ed è di fonda-mentale importanza, la famiglia, che condividecon essa desideri, problematiche, relazioni e scelte.In questo capitolo si affronterà con particolare at-tenzione il ruolo della famiglia nei percorsi riabi-litativi durante l’età evolutiva, periodo in cui lapartecipazione e l’accompagnamento nel percorsodi cura del bambino sono elementi insostituibili.È pertanto interessante approfondire gli aspetti legatia questa fase della vita non solo per l’importanza ela delicatezza del tema, ma come esempio paradig-matico di quanto il ruolo della famiglia sia da rico-noscere e valorizzare durante qualunque momentodella vita della Persona. In questi casi, infatti, è ne-cessario che, fin dal momento della diagnosi e dellavalutazione funzionale, la famiglia sia accompagnata,ascoltata, coinvolta e messa a conoscenza il più pos-sibile del percorso riabilitativo che si vuole intra-prendere. Quando il bisogno riabilitativo si presentaalla nascita o in età evolutiva, le domande dei geni-tori riguardano le possibili ricadute sul contesto fa-miliare e sono particolarmente rilevanti. È in questomomento che la famiglia ha maggiormente bisognodi essere supportata nel processo di comprensionedella diagnosi e della cura specialistica e nell’acco-glienza di un evento così inaspettato e sconosciuto. Un primo importante passaggio è pertanto quellodella conoscenza, che si realizza grazie a un’infor-

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mazione e a una comunicazione corretta e conti-nua da parte di chi fa la diagnosi e segue la cura. Riguardo la centralità della famiglia nei percorsiriabilitativi in età evolutiva risulta essere partico-larmente interessante il modello “Family CentredTherapy”. Si tratta di un approccio che affermal’importanza e il coinvolgimento della famigliaquale elemento cruciale per il successo della ria-bilitazione in questa particolare fase della vita, apartire dal presupposto di base per cui il bambino,in qualunque condizione si trovi, è curabile e puòtrarre vantaggio da un’appropriata riabilitazione.I principi ispiratori riguardano: • la centralità del bambino e della sua famiglia,

dei loro bisogni e delle loro aspettative comepunto di partenza per un coinvolgimento con-tinuo in tutte le decisioni che riguardano ilprogramma riabilitativo del bambino;

• la collaborazione tra professionisti e genitori,basata su relazioni di tipo paritetico (non ge-rarchico), che vede, a partire dal riconosci-mento delle specifiche capacità e competenzedi ciascuno, la centralità di questo rapportocome elemento fondamentale del successo delprogetto riabilitativo;

• la capacità degli operatori di trasferire le piùmoderne conoscenze scientifiche, di operarein gruppi interdisciplinari e di cogliere le esi-genze prioritarie del bambino e della famigliaponendosi in una posizione di aiuto.

Alla luce di questa impostazione è possibile com-prendere meglio il valore e le potenzialità del coin-volgimento della famiglia nel percorso riabilitativoquale elemento imprescindibile per la riabilita-zione del bambino. Allo stesso modo è evidentel’importanza del rapporto della famiglia con lerealtà associative e con altre famiglie che vivonolo stesso tipo di esperienza, in un’ottica di reteche favorisca la condivisione e il supporto reci-proco nelle scelte da compiere.

In questo modo la famiglia, che più di tutti so-stiene il peso di una situazione così particolare,viene resa partecipe di un vero processo di empo-werment e riconosciuta come soggetto attivo ditutto il percorso.

Il ruolo delle associazioni: attori cruciali nel processo di empowerment

Nell’accompagnamento della Persona malata (inparticolare quando colpita da una patologia cro-nica), o della Persona con disabilità, svolgono unruolo cruciale le associazioni, sia in termini diaiuto sia come soggetti attivi sul territorio e a li-vello istituzionale, la cui azione deve essere sempredi più valorizzata. Associazioni, malati e Personecon disabilità anche in un’ottica di empowermentsono perciò soggetti da guardare insieme e spesso,anche se in diverso modo, sono in gioco e prota-gonisti nei processi di cura e riabilitazione.Le associazioni nascono storicamente per rispon-dere al bisogno di aiuto e di assistenza, ma anchedi condivisione e di solidarietà delle Persone edelle loro famiglie, che si trovano improvvisamentein una situazione di difficoltà e totalmente sco-nosciuta come quella della malattia e della disa-bilità; si propongono inoltre, fin da subito, comeinterlocutori in grado di rispondere a bisogni acui le istituzioni non sono in grado di far fronte.È da sottolineare come le associazioni non si vo-gliono porre in alcun modo come un’alternativaallo Stato o al privato, bensì sono da considerarsisoggetti in possesso di conoscenze e portatori dibisogni e per questo attori privilegiati della rete.Nel corso del tempo le associazioni hanno spessofocalizzato le loro azioni in attività volte princi-palmente alla difesa dei diritti dei propri rappre-sentati, assumendo a volte in maniera poco flessi-bile un rigido ruolo rivendicatorio. La difesa dei diritti è certamente un’azione fon-

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damentale che deve continuamente essere perse-guita, soprattutto in una società non sempre cul-turalmente pronta e ricettiva rispetto, per esempio,alle esigenze delle Persone con disabilità e dovemolto spesso libertà e uguaglianza non sono dirittigarantiti. Allo stesso modo, però, nell’ottica ap-pena affrontata di un nuovo sguardo alla Personamalata, un approccio troppo sbilanciato sul fronterivendicatorio rischia indirettamente di trattareancora una volta la Persona come un soggettopassivo o, ancora peggio, solamente come un og-getto a cui ci si sostituisce e a cui tutto deve esseregarantito e dovuto.Il rischio di tale situazione è rappresentato, da unlato, da una possibile deresponsabilizzazione dellaPersona malata e della sua famiglia rispetto allapropria condizione e, dall’altro, da un possibile eulteriore irrigidimento delle istituzioni e dellestrutture, con il conseguente rallentamento ditutto il processo. Si tratta ovviamente di una possibilità, e certa-mente qui non si vuole in alcun modo sottovalu-tare o sminuire l’importanza della rivendicazionedei propri diritti e libertà, ma le associazioni rap-presentano prima di tutto l’asse portante nel rap-porto tra le famiglie, le strutture sanitarie e socio-sanitarie, le istituzioni e la società civile, e sonointerlocutori privilegiati in quanto portatori dibisogni e di esperienze che, se condivisi secondoun’ottica propositiva e solidale, sono un bene pertutti i soggetti.Pertanto, se è vero quanto detto sulla centralità dellaPersona e sull’utilità dell’empowerment, le associa-zioni dovranno giocare sempre di più un ruolo at-tivo, costruttivo e di coinvolgimento, che abbiacome protagonista la singola Persona rappresentata.Seguendo questo approccio l’empowerment delleassociazioni risulta essere un fattore strategico chedeve essere valorizzato favorendo a livello territo-riale reti che coinvolgano tutti gli attori presenti

in un circolo virtuoso nel perseguimento del benecomune. Comportamenti di questo tipo non sonoda considerarsi, infatti, solo più efficienti in ter-mini di circolazione di conoscenze e informazioni,ma rappresentano un modello operativo utile pertutto il territorio.Riguardo al tema della conoscenza, non bisognadimenticare l’importanza della ricerca, dove le as-sociazioni sono, ancora una volta, soggetti fonda-mentali.Innanzitutto è necessario rilevare come anche incampo medico e riabilitativo siano indispensabilila ricerca di tipo strettamente scientifico e anchequella di tipo sociale. Se, da un lato, lo sviluppodella ricerca scientifica è fondamentale per trovaresoluzioni e cure sempre più innovative, dall’altronon bisogna dimenticare come, sempre in unadirezione di empowerment, la ricerca sociale possafornire una visione più completa e un importantecontributo alla comprensione e all’analisi dei pro-blemi. A maggior ragione l’integrazione continuafra queste tipologie di ricerca rappresenta un passoimportante nella concezione della Persona/pa-ziente come soggetto attivo, fatto di relazioni esituato in un determinato contesto. Le associazioni possono dunque essere determi-nanti, all’interno della loro attività, sia come sog-getti erogatori di fondi necessari alla ricerca, siain termini di coinvolgimento e condivisione delproprio bagaglio di conoscenze ed esperienze ma-turate sul territorio nei diversi campi d’azione.

Uguaglianza, partecipazione e sussidiarietà:quale compito per le istituzioni?

A questo punto è interessante affrontare qualeruolo possono avere le istituzioni e in esso rileggerealcuni spunti di carattere normativo nell’ottica diuna migliore comprensione del tema e, soprat-tutto, di una valorizzazione del ruolo dell’empo-

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werment e degli attori in gioco: Persone, famiglie,associazioni, medici e strutture.La riabilitazione è legata al diritto alla salute, cheè uno di quei diritti ritenuti inviolabili dalla no-stra Costituzione: a partire dall’art. 3 viene infattisancito il principio di uguaglianza e il “compitodella Repubblica di rimuovere gli ostacoli di or-dine economico e sociale, che, limitando di fattola libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impedi-scono il pieno sviluppo della Persona umana el’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori al-l’organizzazione politica, economica e sociale delPaese”. Successivamente, con l’art. 32 viene invecegarantito il diritto alla salute quando si affermache “La Repubblica tutela la salute come fonda-mentale diritto dell’individuo e interesse dellacollettività, e garantisce cure gratuite agli indi-genti”. Queste norme sono da considerarsi di ca-rattere programmatico perché impegnano il Le-gislatore a promuovere strumenti idonei in gradodi garantire il godimento di tali diritti da partedei cittadini.Allo stesso modo, la Convenzione ONU sui dirittidelle Persone con disabilità, ora anche Legge delloStato (Legge n. 18 del 3 marzo 2009) sostiene ildiritto all’uguaglianza e alla salute quando all’art.19 afferma che “Gli Stati Parti alla presente Con-venzione riconoscono il diritto di tutte le Personecon disabilità a vivere nella società, con la stessalibertà di scelta delle altre Persone, e adottano mi-sure efficaci e adeguate al fine di facilitare il pienogodimento da parte delle Persone con disabilitàdi tale diritto e la loro piena integrazione e parte-cipazione nella società” così come all’art. 25 vienesancito l’impegno degli Stati Parti a riconoscere“(…) che le Persone con disabilità hanno il dirittodi godere del migliore stato di salute possibile,senza discriminazioni fondate sulla disabilità. GliStati Parti adottano tutte le misure adeguate a ga-rantire loro l’accesso a servizi sanitari che tengano

conto delle specifiche differenze di genere, inclusii servizi di riabilitazione”.Trattandosi, come detto, di principi e di normedi carattere programmatico, quale direzione do-vranno seguire le istituzioni per fare in modo chelibertà, uguaglianza e con esse il coinvolgimentoe l’empowerment delle Persone vengano garantitiper una migliore qualità della vita?Ci aiutano, nel quadro della riabilitazione, le no-vità previste (rispetto alle precedenti Linee guidadel 1998) dal nuovo Piano di Indirizzo sulla ria-bilitazione del Ministero della Salute. Le principaliinnovazioni riguardano, infatti, l’introduzione elo sviluppo dei seguenti fattori:• modello bio-psico-sociale (ICF);• governo clinico – Dipartimento di Riabilitazione;• percorso Riabilitativo Unico – Rete di Riabi-

litazione;• approccio interdisciplinare;• appropriatezza dei percorsi;• coinvolgimento della Persona/paziente e dei

suoi familiari;• creazione di nuove Unità dedicate;• attività fisica adattata (AFA).Per completezza sono stati citati tutti i fattori dinovità, ma in questa sede è interessante soffermarsisull’affermazione del valore del modello bio-psico-sociale (ICF) e sul coinvolgimento della Persona/pa-ziente e dei suoi familiari.Il modello bio-psico-sociale pone al centro del si-stema il cittadino con disabilità e il suo contestofamiliare nella loro interazione con l’ambiente so-ciale e con le istituzioni, orientando conseguen-temente tutte le attività rispetto a tale priorità everificandone i risultati.I documenti più importanti che disciplinano lamateria della riabilitazione convergono sinergica-mente sull’importanza dell’applicazione del mo-dello bio-psico-sociale di salute sintetizzato nellaFigura 8.1.

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Per quanto riguarda, invece, il coinvolgimento delpaziente/Persona e della sua famiglia, si tratta pro-prio di un aspetto fondamentale dell’empowerment,che qui si vuole valorizzare sottolineando quantosia necessario sempre di più che la Persona in cura,quale soggetto attivo e in relazione con l’ambientee il contesto che lo circonda, debba essere ascoltata,informata e quindi coinvolta in un rapporto con-tinuo con i medici, gli staff e l’intera struttura.Da quanto appena trattato si evince come sia ne-cessario, per realizzare un vero empowerment, so-prattutto in campo riabilitativo, dove la compo-nente umana e psicologica, oltre che quella fisica,giocano un ruolo fondamentale, che le istituzionimettano al centro delle proprie politiche e delleproprie azioni la Persona e la sua libertà accom-pagnandola e non sostituendosi a essa. Vi sono pertanto piena consequenzialità e sinergia“tra mettere al centro della sanità il malato, dotatodella libertà di scegliere, e mettere al centro dellasocietà la Persona, le associazioni e la famiglia, alpari di attori che scelgono liberamente come ri-spondere ai bisogni e, magari, anche come gestire

in prima persona le risposte ai bisogni stessi (…).È sbagliato e profondamente fuorviante pensareche là dove ci sono i bisogni più grandi, dove lapovertà è più radicata, dove la realtà presenta lasua faccia problematica, più dura, dove si incon-trano le cosiddette fasce più deboli della società,ebbene, là ci sia il bisogno che lo Stato e la Regionesi occupino di tutto, direttamente. Come se lapovertà, il disagio e la sofferenza non potesseroessere combattuti dalle Persone stesse che si tro-vano a doverli fronteggiare, non per loro demerito,ma perché così è andata nel grande gioco dellavita, dove si trovano ingiustizie che potevano essereevitate, sofferenze che non dovevano esserci e po-vertà che umiliano la dignità umana. Chiunque,se messo nelle condizioni di farlo, può essere ilsoggetto del proprio riscatto. Chiunque, se messoin grado di farlo, può essere il soggetto che riscattala propria condizione e restaura la propria dignitàladdove è sfregiata”.Queste affermazioni sono profondamente condi-visibili, in quanto affermano in pieno il valoreche la Persona/paziente, la sua famiglia e le asso-

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Figura 8.1 Modello bio-psico-sociale di salute.

Stato di salute

AttivitàStrutturee funzionicorporee

Partecipazione

Fattori personali Fattori ambientali

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ciazioni hanno per la nostra società e di come ilcompito delle istituzioni non debba essere il so-stituirsi a questi soggetti negando la loro possibilitàdi vivere, di scegliere, di essere coinvolti e di af-fermare i propri desideri, quanto invece risultinecessario che le Persone/pazienti vengano messe/inelle condizioni di potersi esprimere pienamentee liberamente, garantendo così una reale ugua-glianza, una maggiore partecipazione e con essoun vero empowerment sia per le Persone sia per lestrutture che le accolgono. Per fare ciò, il compito delle istituzioni (sia na-zionali che locali), così come quello delle associa-zioni, è accompagnare la Persona nel suo camminodi vita, perché prima di chiunque altro è chiamataa rispondere alle difficoltà che si presentano.In questo contesto il principio di sussidiarietà,nella sua versione sia orizzontale sia verticale, puòfavorire questo approccio. L’idea di sussidiarietà,infatti, si basa sulla “convinzione che ogni indivi-duo umano possieda un intrinseco e inalienabilevalore, o dignità, e che dunque il valore della sin-gola Persona umana sia ontologicamente e mo-ralmente superiore a quello dello Stato e di qual-siasi altro raggruppamento sociale. A motivo diciò, tutte le altre forme di società, dalla famigliaallo Stato, all’ordinamento internazionale, dovreb-bero essere in ultima analisi al servizio della Per-sona umana. Il loro scopo deve essere il benesseree la crescita dell’individuo”. Così come anche con-fermato dall’ultimo comma dell’art. 118 della no-stra Costituzione che afferma: “(…) la Repubblicadeve favorire le autonome iniziative dei cittadiniquando sono nell’interesse generale”.Tale principio tende così a valorizzare la Personae le realtà associative nella loro iniziativa (sussi-diarietà orizzontale) e primariamente i livelli ter-ritoriali di governo più vicini ai cittadini (sussi-diarietà verticale) in un’ottica di sinergia e inte-grazione fra tutti questi attori.

Un nuovo livello di empowerment: un’utilità per la struttura e per la comunità.Le esperienze della Fondazione Serena Onlus- Centro Clinico NeMo e della Consulta delle malattie neuromuscolari

Dopo questa analisi sull’approccio dell’empower-ment e degli attori in esso coinvolti è importantechiedersi: come è possibile creare un circolo vir-tuoso di relazioni in cui si realizzi un concretoempowerment individuale e della comunità? Qualeruolo possono giocare in esso le associazioni? Per rispondere a queste domande verranno ora de-scritte due diverse esperienze, entrambe nel settoredelle malattie neuromuscolari, nate e sviluppateper l’iniziativa e l’impegno di realtà associative ein cui sono state coinvolte a vario titolo: • la Fondazione Serena Onlus - Centro Clinico

NeMo; • la Consulta delle malattie neuromuscolari.

La Fondazione Serena Onlus e il Centro Clinico NeMo

La Fondazione Serena Onlus è un ente senza scopodi lucro nato nel 2005 dalla collaborazione tral’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare(UILDM), l’Associazione Italiana Sclerosi LateraleAmiotrofica (AISLA), la Fondazione Telethon el’Azienda Ospedaliera Niguarda che gestisce a Mi-lano, presso l’AO Niguarda Cà Granda, il CentroClinico NeMo. La Fondazione ha i seguenti scopi:assistere le Persone affette da patologie neuromu-scolari, come le distrofie muscolari, la sclerosi la-terale amiotrofica, le atrofie muscolari spinali (spi-nal muscular atrophy, SMA) o le neuropatie ere-ditarie sensitivo-motorie (hereditary motor andsensory neuropathies, HMSN); promuovere la ri-cerca clinica; sostenere l’attività terapeutica rivoltaalle patologie neuromuscolari.

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La fondazione si pone quale obiettivo di solidarietàsociale quello di prestare assistenza alle Personeaffette da patologie neuromuscolari e, contestual-mente, realizzare ricerca clinica e attività terapeu-tica su patologie neuromuscolari. Proprio perquanto detto, la Fondazione Serena ha voluto av-viare un progetto di Centro Clinico – realizzatoanche grazie al sostegno della Regione Lombardia,che offre in concessione gratuita, presso l’AziendaOspedaliera Niguarda, le strutture destinate alCentro e allo svolgimento di tutta l’attività ope-rativa – rivolto a tutti coloro che in Italia convi-vono con patologie neuromuscolari. Dal punto di vista organizzativo, il Centro ClinicoNeMo costituisce un modello di team multidisci-plinare-interdisciplinare connotato da spirito dicollaborazione e condivisione con al centro degliinteressi e delle attenzioni il paziente/Persona. Si vuole pertanto favorire come modus operandila collaborazione tra chi eroga l’assistenza in mododiretto e continuativo e i diversi specialisti coin-volti periodicamente secondo le esigenze del sin-golo paziente. In linea con tale approccio l’attività del Centro sisviluppa intorno al concetto di Omni-service, chesi basa su due fondamentali elementi:• ogni singolo aspetto dell’esperienza del paziente,

non importa quanto limitato nel tempo/gravità,è oggetto di attenzione e assistenza;

• ogni singolo operatore che collabora nel percorsodi diagnosi e cura è responsabile del risultatocomplessivo.

In sintesi, il modello operativo è costituito dal dia-logo tra le diverse figure professionali, in quantosi ritiene che solo così è possibile ottenere la cen-tralità del paziente/Persona; il programma e gliobiettivi di cura sono perciò definiti, comunicatie condivisi con il paziente e i familiari, al fine dipoterne verificare insieme efficacia ed efficienza. In questo contesto, uno degli aspetti certamente

più interessanti riguarda l’integrazione con il terri-torio: il Centro Clinico NeMo, attraverso la suastruttura o le proprie reti associative UILDM e AISLA, partecipa e/o promuove attivamente la for-mazione di occasioni di confronto permanente alfine di promuovere scambi di competenze e infor-mazioni, per integrare meglio la propria offerta conquella degli altri erogatori, attrarre risorse dalle isti-tuzioni e dalla società civile, creando in questo modouna nuova consapevolezza circa le problematichedelle Persone con malattie neuromuscolari.La Fondazione Serena Onlus e il Centro ClinicoNeMo rappresentano un’esperienza che vede ilcoinvolgimento e la sinergia di diversi soggetti se-condo un’ottica di rete in cui le associazioni svol-gono il principale e fondamentale ruolo di inizia-tiva, sviluppo e coordinamento delle attività.Questo percorso operativo può essere visto comeuna forma molto ricca di Community Based Re-habilitation (CBR) declinata nel nostro contestosocioeconomico, culturale e sanitario, a differenzadei contesti più poveri e difficili nel mondo per iquali tale CBR è stata impostata e implementatadalla WHO-DAR.Si tratta, inoltre, di un esempio chiaro di empo-werment e di sussidiarietà, innanzitutto per l’ap-proccio utilizzato dal punto di vista sia organiz-zativo sia operativo rispetto alla Persona malata epoi per la valorizzazione di un’iniziativa nata dallasocietà civile che le istituzioni hanno favorito esupportato fin dalla sua nascita.

La Consulta delle malattie neuromuscolari

Su iniziativa delle realtà associative è nata all’iniziodel 2009 la Consulta sulle malattie neuromusco-lari (istituita con Decreto Ministeriale del 27 feb-braio 2009), con l’obiettivo di individuare solu-zioni efficaci per affrontare le maggiori criticitàrilevate rispetto all’assistenza erogata, nelle diverse

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aree del Paese, alle Persone con malattie neuro-muscolari progressive, fornendo indicazioni perlo sviluppo di percorsi assistenziali appropriati edefficaci, lavorando su problematiche trasversali atutte le patologie e trovando applicazioni e solu-zioni comuni. Anche in questo caso si assiste al coinvolgimentoe alla partecipazione attiva dei diversi soggetti at-traverso la composizione, che vede rappresentantidelle seguenti associazioni e istituzioni: Associa-zione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica (AISLAOnlus), Associazione per lo Studio delle AtrofieMuscolari Spinali Infantili (ASAMSI Onlus), Fe-derazione Italiana per il Superamento Handicap(FISH, AISM-FISM Onlus), Associazione ItalianaSclerosi Multipla e Fondazione Italiana SclerosiMultipla, Dipartimento di Neuroscienze, AziendaSanitaria Ospedaliera Molinette di Torino, CentroClinico Neurologico, Azienda Ospedaliera Ni-guarda di Milano, Unione Italiana Lotta alla Di-strofia Muscolare (UILDM Onlus), Parent ProjectOnlus Genitori contro la Distrofia Muscolare Du-chenne e Becker, Federazione Associazioni ItalianeParatetraplegici, Clinica Neurologica, Università“La Sapienza” di Roma, FAMIGLIE SMA Geni-tori per la Ricerca sulle Atrofie Muscolari Spinali,Direzione della programmazione sanitaria, dei li-velli essenziali di assistenza e dei principi etici disistema (DGPROG), Direzione Generale dellaRicerca Scientifica e Tecnologica (DGRST), Di-rezione della Prevenzione Sanitaria (DGPREV),Tre Rappresentanti delle Regioni e delle Provinceautonome designati dalla Conferenza dei Presi-denti delle Regioni e delle Province autonome.Sono stati riuniti tutti questi soggetti con l’obiet-tivo fondamentale di tracciare una serie di percorsiassistenziali e Linee guida condivisi nel settoredelle malattie neuromuscolari. Per raggiungerequesto obiettivo sono previsti i seguenti compiti:• acquisire informazioni sulla qualità dell’assi-

stenza erogata nelle diverse aree del Paese allePersone con malattie neuromuscolari gravi pro-gressive e individuare soluzioni efficaci per af-frontare le criticità di maggiore rilievo even-tualmente rilevate;

• fornire indicazioni per lo sviluppo di percorsiassistenziali appropriati ed efficaci;

• suggerire aree prioritarie per la ricerca di base,la ricerca clinica e lo sviluppo di sistemi tec-nologici di supporto;

• promuovere l’istituzione di Registri per le pa-tologie neuromuscolari gravi progressive.

L’istituzione e il lavoro che svolge la Consultadelle malattie neuromuscolari rappresenta un ul-teriore esempio di come sia possibile operare anchea livello istituzionale in maniera partecipata e con-divisa verso un unico obiettivo, garantendo inquesto modo il coinvolgimento di tutti gli stake-holder, la circolazione di esperienze, conoscenze einformazioni che di certo permettono di affrontareil problema in maniera più efficace in un’otticadi continuo empowerment. Questa esperienza esprime tutte le potenzialità diuna posizione attiva da parte delle associazioni,che si mettono a disposizione delle istituzioni percreare percorsi che rispondano il più possibile allaPersona.

Conclusioni

Alla fine di questo percorso è possibile trarre al-cune conclusioni e indicazioni strategiche al temadell’empowerment e ai soggetti in esso coinvolti,in particolare in campo riabilitativo.Abbiamo visto come il punto di partenza debbasempre essere la Persona malata e con essa la suafamiglia: capacità di ascolto, maggiore responsa-bilizzazione, condivisione dello scopo della riabi-litazione e delle cure possono favorire la promo-zione della salute da un lato e dall’altro creare un

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ambiente, o meglio una comunità, in cui tutticontribuiscono allo stesso progetto.In tale contesto le associazioni hanno un compitofondamentale, quello di raccogliere e condividereil bisogno e di essere interlocutori aperti, respon-sabili e costruttivi nell’accompagnare la Persona ela sua famiglia nelle scelte avendo a cuore la singolaPersona rappresentata. È da sottolineare, inoltre, come le associazioni sianoin prima linea, e sempre più radicate nel territorio,nel dare il loro contributo sia nel campo dellaricerca sia nel sociale per trovare soluzioni adeguateai bisogni delle Persone e delle loro famiglie.

In quest’ottica di rete va visto anche il ruolo delleistituzioni a tutti i livelli di governo per favorirela valorizzazione della Persona e delle realtà asso-ciative. Le istituzioni hanno il compito di accom-pagnare l’iniziativa delle Persone e di tutti i sog-getti presenti sul territorio secondo un’idea di sus-sidiarietà che permetta la costruzione e la realiz-zazione di circoli virtuosi. L’auspicio, infine, è che tutti questi elementi sianopresi seriamente in considerazione dai vari soggettie messi in gioco per fare in modo che “la Personaal centro” non rimanga solamente uno slogan datutti condiviso, ma una realtà concreta.

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Empowerment dei pazienti – il ruolo delle associazioni 8

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