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Indizi di cannibalismo nella documentazione fossile umana sono sempre stati rari, ma sta via via diventando più evidente che questa pratica ha radici profonde nella nostra storia di Tim D. White Quando eravamo 82 t UN CRANIO NEANDERTALlANO proveniente dal riparo sotto roccia di Krapina in Croazia. Recentemente antropologi e archeologi hanno stabilito che questo campione e le centinaia di altri resti scheletrici rinvenuti in questo sito costituiscono prova di cannibalismo. Questo cranio, per esempio, venne spaccato per poter accedere al cervello. 83 -
Transcript

Indizi di cannibalismo

nella documentazione

fossile umana sono

sempre stati rari, ma sta

via via diventando più

evidente che questa

pratica ha radici profonde

nella nostra storia

di Tim D. White

Quandoeravamo

82

t

UN CRANIO NEANDERTALlANO

proveniente dal riparo sotto roccia di Krapina

in Croazia. Recentemente antropologi e archeologi

hanno stabilito che questo campione

e le centinaia di altri resti scheletrici rinvenuti

in questo sito costituiscono prova di cannibalismo.

Questo cranio, per esempio, venne spaccatoper poter accedere al cervello.

83

-

rovoca in egual misura disgusto, orrore e fascino, che si tratti di storie di pionieri o superstiti di disastri

spinti dalla fame a cibarsi dei morti, o di resoconti di riti tradizionali a Papua Nuova Guinea. È argomen-

to da titoli di prima pagina o da film dell'orrore, e attrae in maniera quasi ipnotica, a dispetto dell'avver-

sione che suscita. Il cannibalismo rappresenta il tabù più estremo per molti di coloro che appartengono

alle società occidentali: qualcosa da relegare ad altre culture, altri tempi e altri luoghi. E tuttavia le conoscen-

ze sul cannibalismo scaturite dagli ultimi secoli di indagine antropologica non sono abbastanza chiare e compie-

.: te per consentirci di respingere l'effettiva realtà di questa pratica o di valutare più a fondo quando, dove e perché

potrebbe aver avuto luogo. Nuovi dati scientifici stanno ora portando alla luce la verità sul cannibalismo. È diventato chia-

ro che molto tempo prima della scoperta della metallurgia, prima della costruzione delle piramidi, prima dell'origine del-

l'agricoltura, prima dell'esplosione artistica del Paleolitico superiore, il cannibalismo era presente in molti popoli diffe-

renti, e anche fra molti dei nostri antenati. Ossa umane rotte e disperse - in qualche caso a migliaia - sono state scoperte

dai pueblo preistorici del Sudovest americano alle isole del Pacifico. Osteologi e archeologi che studiano queste antiche

testimonianze si servono di strumenti e metodi analitici sempre più sofisticati. Negli ultimi anni, i risultati dei loro studi

hanno finalmente fornito prove convincenti del cannibalismo nella preistoria.

IN PILLOLE

• Nonostante le numerose indicazioni di viaggiatori ed esploratori, gli antropologi

hanno sempre considerato con molta cautela l'ipotesi del cannibalismo come pratica

regolare e culturalmente approvata nel contesto di società primitive o contemporanee.

• La ricerca di indizi di cannibalismo si basa sull'analisi di resti ossei che presentano

tracce di macellazione e cottura: segni di taglio, martellature, fratture, aperture di

cranio o bruciature. Le conclusioni sono però rese incerte dalla varietà di trattamento

rituale dei cadaveri presso le diverse popolazioni umane.

• Criteri archeologici più rigorosi hanno permesso di associare a pratiche di

cannibalismo i resti umani del sito archeologico di Gran Dolina, in Spagna, della grotta

di Moula-Guercy, vicino a Marsiglia, e del sito anasazi di Mancos Canyon, in Colorado.

SCHIACCIAMENTOMolti diversi tipi di danno possono essere

osservati sulle ossa di esseri umani divorati

da cannibali. Quando il danno è identicoa quello riscontrato su ossa di animali

nello stesso sito, gli archeologi deducono

che le ossa umane vennero modificate

nello stesso modo e per la stessa ragione:

il consumo alimentare. In queste cinqueossa metatarsiche da Mancos Canyon,

in Colorado, il tessuto spugnoso

delle estremità ossee è stato schiacciato

per poter recuperare la sostanza grassa.

(Tutte le ossa delle successive illustrazioni

provengono dallo stesso sito anasazi

di Mancos Canyon.)

IL CANNIBALISMO è stato documentato in epoca storica recente solo in pochi casi. Testimonianze

sicure si hanno, per esempio, per alcune popolazioni in Papua Nuova Guinea: questa fotografia,

risalente al 1957, documenta la partenza di una spedizione di cacciatori di teste.

Il cannibalismo umano incuriosisce datempo gli antropologi, che ormai da de-cenni lavorano per classificare il feno-meno. Alcuni basano le loro distinzionisull'appartenenza dell'individuo consu-mato. Così, «endocannibalismo» indica ilconsumo di individui appartenenti algruppo, «esocannibalismo» si riferisce aquello di estranei e «autocannibalismo»comprende un po' di tutto, dal mangiarsile unghie alle automutilazioni indottesotto tortura. Inoltre, alcuni antropologihanno escogitato classificazioni che ten-tano di descrivere motivazioni note opresunte. Il cannibalismo di sopravvi-venza è dettato dalla denutrizione. Casistoricamente documentati comprendonoquello della spedizione Donner - i cuimembri rimasero intrappolati durante ilgelido inverno 1846-1847 nella SierraNevada - e quelli di superstiti di disastriin zone disabitate delle Ande e dell'Arti-

co che non disponevano di altro cibo.Viceversa, il cannibalismo rituale avvie-ne quando i membri di una famiglia o diuna comunità consumano i propri mortidurante le cerimonie funebri per eredi-tarne le qualità oppure per onorarne lamemoria. La definizione di cannibalismopatologico è in genere riservata ai crimi-nali che consumano le proprie vittime o,più spesso, a personaggi di fantasia co-me Hannibal Lecter, protagonista desilenzio degli innocenti.

Nonostante queste distinzioni, però, lamaggior parte degli antropologi sempli-cemente identifica il termine «cannibali-smo» con il consumo regolare e cultural-mente approvato di carne umana. Que-sto cannibalismo alimentare è il fenome-

no su cui si è appuntata in particolarel'attenzione degli etnografi. Nell'era del-l'esplorazione etnografica - durata dal-l'epoca dello storico greco Erodoto, versoil 400 a.C., fino agli inizi del XX secolo -il mondo non occidentale e i suoi abi-tanti furono scrutati con estrema atten-zione da viaggiatori, missionari, militari

•e antropologi. Questi osservatori riferiro-no storie di cannibalismo alimentare inluoghi diversi, dalla Mesoamerica, alle E

isole del Pacifico, all'Africa centrale. •

Spesso simili resoconti furono accolticon notevole scetticismo. Gli antropologidi professione parteciparono solo alle ul-time fasi di questi contatti culturali,quelle iniziate alla fine dell'Ottocento. Diconseguenza, vari riferimenti storici al

cannibalismo sono stati considerati conmolti dubbi. Nel 1937 l'antropologoAshley Montagu affermò che il canniba-lismo era «niente più che una leggendadei viaggiatori».

Nel 1979 William Arens della StateUniversity of New York a Stony Brook sischierò con questo punto di vista passan-do in rassegna la documentazione etno-grafica sul cannibalismo nel suo libro I/mito del cannibale (Bollati Boringhieri).Arens concluse che i resoconti di canni-balismo fra popoli che andavano dagliAztechi ai Maori agli Zulu erano o falsi oinadeguatamente documentati. Il suoscetticismo è stato successivamente di-scusso, ma comunque egli riuscì a identi-ficare una significativa discrepanza fraquesti racconti e le prove effettive dicannibalismo: «L'antropologia non hamantenuto i normali standard di docu-mentazione e di rigore intellettuale chesono richiesti in altri settori. Invece hascelto acriticamente di dare supporto allerappresentazioni collettive e ai pregiudizineanche tanto velati della cultura occi-dentale nei confronti delle altre».

Gli antropologi che Arens e Montagucriticavano non si erano limitati a farecommenti su popolazioni loro contempo-ranee. Alcuni avevano spinto i loro pre-giudizi ancora più in là, nella documen-tazione archeologica. Interpretazioni chechiamavano in causa il cannibalismo se-guirono inevitabilmente molte scoperte diresti preistorici. Ritrovamenti archeologi-ci in Europa e in altri continenti condus-sero a speculazioni fantasiose. Già nel1871 lo scrittore americano Mark Twainaveva commentato, in un saggio in se-guito pubblicato in Life as I Find It: «Quic'è un mucchio d'ossa di uomini e anima-li primitivi tutte mescolate insieme, senzaniente che ci dica se gli uomini hannomangiato gli orsi o gli orsi hanno man-giato gli uomini; eppure la paleontologiatiene un'inchiesta giudiziaria nel quintoperiodo geologico su una "brutta faccen-da" avvenuta nel Quaternario, e con cal-ma incolpa l'uomo e poi vi aggiungequelle che dovrebbero essere prove di

cannibalismo. Io chiedo al gentile lettorese tutto ciò non significa prendersi qual-che libertà nei confronti di un poverettoche è morto da due milioni di anni...».

Nel secolo successivo ai commenti diTwain, archeologi e specialisti di antro-pologia fisica descrissero gli ominidi Au-stralopithecus africanus, Homo erectus eH. neanderthalensis come dediti al can-nibalismo. Secondo alcune opinioni, lapreistoria umana, da circa 3 milioni dianni fa fino a tempi molto recenti, fucontrassegnata dal cannibalismo.

All'inizio degli anni ottanta, tuttavia,apparve un'importante rassegna criticadi queste conclusioni. Nel suo libro Bo-nes: Ancient Men and Modemn Mythsl'archeologo Lewis Binford sostenne chele affermazioni secondo cui i primi orni-nidi sarebbero stati cannibali poggiava-no su prove poco solide. Egli si basò sulavori di altri studiosi di preistoria che ri-guardavano la composizione, il contestoe le modificazioni dei complessi ossei delPaleolitico. Binford sottolineò la neces-sità di trarre deduzioni accurate sui com-portamenti antichi ancorando la cono-scenza del passato su esperimenti e os-servazioni nel presente. Il suo lavoro, cheuniva scetticismo e un invito a un mag-giore rigore metodologico nello studiodel cannibalismo preistorico, ebbe note-vole influenza.

arca di prove

Dato che le opportunità di avvicinarecannibali contemporanei sono in granparte svanite, oggi lo studio di questocomportamento deve essere compiutoseguendo i criteri di una scienza storica.L'archeologia è pertanto diventata lostrumento principale per analizzare l'esi-stenza e l'entità del cannibalismo umano.

Una delle sfide che gli archeologi de-vono fronteggiare, tuttavia, è la stupefa-cente varietà di modi in cui le varie po-polazioni hanno trattato i loro morti. Icadaveri possono essere seppelliti, cre-mati, posti su piattaforme, abbandonatialla deriva, collocati in tronchi d'albero o

84 85LE SCIENZE 397 /settembre 2001

TAGLIO

Le incisioni visibili sul lato sinistrodi questo frammento th tibia umana sono

testimonianza della rimozione di muscolie tendini. Gli utensili venivano utilizzati

anche per eseguire tagli più sottili,

allo scopo di rimuovere tessutiodi separare la testa dal corpo.

Tuttavia gli archeologi devono esercitare

la massima prudenzanelle interpretazioni, perché le varie

culture hanno escogitato i trattamentipiù vari per i loro morti: non tutti i segni

di taglio sono indicativi di cannibalismo.

L'AUTORE

TIM D. WHITE è condirettore del Laboratory for Human Evolutionary Studies del Mu-

seum of Vertebrate Zoology dell'Università della California a Berkeley. È anche pro-

fessore al Dipartimento di biologia integrativa di Berkeley e membro della National

Academy of Sciences, nonché condirettore del progetto di ricerca del Middle Awash,

in Etiopia. I suoi interessi di studio comprendono la paleontologia umana, l'archeolo-

gia del Paleolitico e l'interpretazione delle modificazioni ossee in contesti che vanno

dall'archeologia preistorica a problemi giudiziari attuali

BRUCIATURE

Le zone scure e danneggiate su queste

quattro ossa mastoidi - situate nel cranio,dietro l'orecchio - indicano che i crani

in questione sono stati sottopostiad arrostimento. Poiché la regione

mastoidea non è coperta da uno strato

spesso di muscolo o altro tessuto, il dannoda combustione è spesso più intenso

in quest'area che nel resto del cranio.

Lo schema delle bruciature può quindifornire indizi su come venisse effettuata

la preparazione.

abbandonati agli animali che si nutronodi carogne. Le ossa possono essere riesu-mate, lavate, dipinte, seppellite in involtio sparse su pietre. In alcune zone del Ti-bet i futuri archeologi avranno difficoltàa riconoscere addirittura l'esistenza di ri-ti funerari. Qui i cadaveri vengonosmembrati e lasciati in pasto ad avvoltoie altri carnivori. Le ossa sono poi raccol-te, ridotte in polvere, mescolate con orzoe farina e abbandonate di nuovo aglianimali. Considerando la varietà di pra-tiche a cui possono essere sottoposti ca-daveri e ossa a scopi funerari, rilevareindizi di cannibalismo può essere tutt'al-tro che semplice.

Di conseguenza, gli scienziati sonomolto esigenti per ciò che riguarda i datirelativi al cannibalismo antico. Si ritieneaccertato questo comportamento quan-do le tracce di modificazione riscontratesui reperti umani corrispondono a quelleosservate sulle ossa di animali usati ascopo alimentare. Gli archeologi sosten-gono da lungo tempo la necessità di unsimile confronto fra i resti umani e fau-nistici in un sito. Il motivo è che i dannialle ossa animali e la loro disposizionenel sito possono indicare con chiarezzase l'animale è stato macellato per essereconsumato; e quando ossa umane sonorinvenute in contesti culturali simili, econ analoghe modalità di danneggia-mento, scarto e conservazione, può esse-

re ragionevole interpretarle come indicedi cannibalismo.

Quando un mammifero ne divora unaltro, di solito lascia testimonianza dellesue attività sotto forma di modificazioninello scheletro dell'animale consumato.In vita, le ossa dei mammiferi sono rico-perte da quantità variabili di tessuti mol-li, che per la maggior parte hanno valorenutritivo. Allorché il tessuto è rimosso edivorato, le ossa spesso preservano trac-cia in forma di segni di morsi e fratture.Quando gli esseri umani mangiano altrianimali, tuttavia, non si limitano a la-sciare sulle ossa i segni dei denti, ma in-tervengono sulle carcasse con utensili dipietra o di metallo. Così facendo, lascia-no tracce che appaiono come sfregaturesulle ossa; e queste stesse impronte si os-servano sui resti umani sottoposti a ma-cellazione.

La chiave per riconoscere il cannibali-smo umano è identificare i segni caratte-ristici della preparazione della carne -

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vale a dire, tracce di taglio, martellature,fratture o bruciature osservabili sui resti- nonché la conservazione di differentiossa e parti di ossa. Tessuti ad alto valorenutritivo, come cervello e midollo, pos-sono essere rimossi dall'interno delle os-sa solo con energiche martellature, e si-mili manomissioni lasciano lesioni ca-ratteristiche. Quando le ossa umane pro-venienti da siti archeologici mostrano ti-pi di danno associati unicamente allamacellazione a opera di altri esseri uma-ni, la deduzione che vi sia stato canniba-lismo trova conferma. Per definire qualitipi di danno sono coerenti con la macel-lazione a scopo alimentare, ci si può ba-sare sul contesto archeologico - partico-larmente sui resti di animali macellatiscoperti in siti appartenenti alla stessacultura - verificando poi i risultati con leinformazioni delle fonti etnostoriche.

Questo metodo comparativo per iden-tificare il cannibalismo si fonda dun-

que su molteplici osservazioni di danniosteologici e su dati contestuali; e, comeabbiamo detto, è molto esigente nel con-siderare i dati. Con questo approccio, lasola presenza di segni di taglio sulle ossanon può essere considerata indicativa dicannibalismo: per esempio un cimiterodella Guerra di secessione americanaconterrebbe resti scheletrici con tagliprodotti da baionette e spade; e i cadave-ri sottoposti ad autopsia recano i segnidella dissezione; ma in nessuno dei duecasi queste tracce isolate verrebbero con-siderate indizi di cannibalismo.

Con criteri tanto prudenti, è ovvio chenumerosi esempi antichi di cannibalismonon verranno mai riconosciuti. Un esem-pio è fornito da una pratica in uso in Pa-pua Nuova Guinea, dove il cannibalismoè stato documentato etnograficamente.Qui i crani dei defunti venivano ripulitiaccuratamente e svuotati. I crani asciuttie pressoché intatti venivano poi manipo-

lati a lungo, tanto che spesso le partisporgenti acquisivano un aspetto «luci-dato». Talvolta venivano dipinti e anchemontati su pali a scopo di esibizione e diculto. I tessuti molli, cervello compreso,venivano consumati all'inizio della pro-cedura; perciò si può definire questa pra-tica come cannibalismo rituale. Ma secrani così trattati venissero rinvenuti inun contesto archeologico, senza l'ausiliodi informatori che descrivano i riti can-nibalistici a essi collegati, non potrebberoessere ritenuti una prova diretta di can-nibalismo secondo i criteri rigorosi che imiei colleghi e io sosteniamo.

Nondimeno, l'adozione di queste lineeguida ci ha condotto ad alcune conclu-sioni chiare in altre e più antiche situa-zioni. Le migliori indicazioni di canniba-lismo preistorico oggi provengono dalladocumentazione archeologica del Sud-ovest americano, dove decine di depositidi ossa umane sono stati interpretati co-me prove di questa pratica. Dati convin-centi sono stati raccolti anche per l'Euro-pa del Neolitico e dell'Età del bronzo.Inoltre il più antico sito europeo conominidi ha fornito prove piuttosto chiaredi cannibalismo.

I p -ibaii europeiIl più importante sito paleoantropolo-

gico in Europa si trova in Spagna, aipiedi della Sierra de Atapuerca. L'occu-pazione preistorica delle caverne di que-ste colline creò una miriade di siti, ma ilpiù antico finora conosciuto è Gran Do-lina, attualmente in corso di scavo. Ilgruppo di ricerca che vi lavora ha rinve-nuto testimonianze di occupazione, risa-lenti a circa 800 000 anni fa, a opera diquella che potrebbe essere una nuovaspecie di antenato umano, Homo ante-cessor. Le ossa di ominidi sono state ri-trovate in un solo livello del sedimentoche riempiva la caverna, mescolate conutensili di pietra e ossa di animali cac-ciati, come cervo, bisonte e rinoceronte.I resti di ominidi consistevano in 92frammenti appartenuti a sei individui.Essi recano tracce inconfondibili di ma-cellazione eseguita con strumenti di pie-tra, dalla scorticatura e dalla rimozionedella carne all'apertura della scatola cra-nica e delle ossa lunghe per ottenere ilmidollo. Questo complesso di tracce cor-risponde a quanto si osserva sulle ossaanimali dello stesso livello. È la più anti-ca prova di cannibalismo negli ominidi.

Il cannibalismo nei neandertaliani eu-ropei - che vissero in epoca molto piùrecente, fra 150 000 e 35 000 anni fa - èdiscusso dalla fine dell'Ottocento, quan-do il grande paleoantropologo croatoDragutin Gorjanovic-Kramberger trovò i

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resti sparsi, spezzati e segnati da tagli dioltre 20 neandertaliani sepolti nei sedi-menti sabbiosi del riparo sotto roccia diKrapina. Purtroppo queste fragili ossafossili furono estratte con metodi sbriga-tivi rispetto agli standard attuali e poi ri-coperte da uno spesso strato di sostanzeprotettive, che nascose le tracce di lavo-razione con strumenti di pietra e reseestremamente difficile l'interpretazionedei resti. Alcuni autori ritengono che leossa neandertaliane di Krapina mostrinochiari segni di cannibalismo; altri hannoattribuito le lesioni ossee alla caduta dirocce dal soffitto della cavità, ai morsi dicarnivori o a un qualche tipo di rito fu-nerario neandertaliano. Ma analisi re-centi delle ossa di Krapina, nonché diquelle trovate in un'altra caverna croata,Vindija (che ha fornito resti neanderta-liani e animali più recenti), indicano cheil cannibalismo era praticato in entrambii siti.

Negli ultimi anni, un altro sito nean-dertaliano ha dato conferma all'ipotesiche alcuni di questi ominidi fossero de-diti al cannibalismo. Sulle rive del Roda-no, nella Francia sudorientale, AlbanDefieur dell'Università del Mediterraneoa Marsiglia scava da nove anni la grottadi Moula-Guercy. I neandertaliani occu-parono questa piccola cavità all'incirca100 000 anni fa. In uno strato il gruppodi ricerca ha rinvenuto i resti di almenosei individui, dai sei anni all'età adulta.Il meticoloso scavo condotto da Defieurha fornito dati paragonabili per comple-tezza a quelli che si ricavano da unamoderna indagine della polizia scientifi-ca. Ciascun frammento di osso animale eumano, ciascun elemento macrobotani-co, ciascun utensile di pietra è stato car-tografato con estrema precisione nelletre dimensioni. Una simile cura ha per-messo di comprendere come le ossa fos-sero disperse intorno a un focolare spen-to da 1000 secoli.

L'analisi microscopica dei frammentidi ossa neandertaliane e dei resti fauni-stici ha condotto alle stesse conclusionigià tratte dai ricercatori spagnoli per ilsito più antico di Gran Dolina: alcunigruppi umani del Paleolitico europeopraticavano il cannibalismo. Ma deter-minare quanto fosse frequente e in qualicondizioni vi si ricorresse è un compitoassai più difficile. Tuttavia, la frequenzadel cannibalismo è impressionante. Co-nosciamo un solo sito europeo moltoantico con resti di ominidi, che mostrachiari indizi di questa pratica. I due sitineandertaliani della Croazia sono sepa-rati da centinaia di generazioni, eppurele analisi indicano che il cannibalismoera presente in entrambi. E ora un sitoneandertaliano in Francia conferma la

La stupefacente varietà di ~r11

ai cadaveri è uno dei maggiori problemi degli archeologi

I resocontistorici

Per secoli, in molte parti

del mondo, sono stati

raccolti resoconti

etnostorici relativi

al cannibalismo. Sebbene

alcuni siano racconti ben

documentati di testimoni

oculari - come nel caso

della spedizione Donner -

altre notizie fornite

da esploratori, missionari,

viaggiatori e soldati spessomancano di credibilità.

Per esempio, queste due

raffigurazioni artistiche

rappresentano un episodio

di cannibalismo dovuto

a denutrizione che sarebbeaccaduto in Cina alla fine

dell'Ottocento

e l'immagine

che gli Europei avevano

del cannibalismo nel NuovoMondo (da una xilografia

del 149?). Questi resoconti

etnostorici non sono

supportati da provearcheologiche

e osteologiche. Possono

tuttavia costituire ricchefonti di ipotesi

da verificare, in gradodi guidare futuri scavi

archeologici.

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stessa interpretazione. Queste conclusio-ni sono state tratte da studi condotti conil massimo rigore. Pertanto la domandache oggi molti paleoantropologi si pon-gono non è: «E un caso di cannibali-smo?», bensì: «Perché il cannibalismo?».

Così pure, recenti scoperte in siti mol-to più recenti del Sud-ovest americanohanno alterato la concezione della cul-tura anasazi in quest'area. Per secoli po-polazioni che coltivavano il mais hannoabitato la regione dei «Quattro angoli»del Sud-ovest americano, costruendo iloro spettacolari pueblo e abitati rupestrie lasciando una delle più ricche e detta-gliate documentazioni archeologiche almondo. Negli anni sessanta e settantaChristy G. Turner II della Arizona StateUniversity condusse lavori pionieristicisu peculiari complessi di resti scheletriciumani spezzati e combusti provenientida siti anasazi in Arizona, New Mexico eColorado. Il quadro che delineò facevapensare al cannibalismo: un sito dopol'altro conteneva resti umani con segnieloquenti. Eppure nulla, nella storia del-le popolazioni pueblo più recenti, indica-va che il cannibalismo potesse esserestato una pratica diffusa, e alcune tribùattuali che discendono dagli Anasazihanno accolto con sconcerto l'idea che iloro antenati fossero cannibali.

La grande maggioranza delle sepoltu-re anasazi contiene scheletri integri inconnessione anatomica, frequentementeaccompagnati dai recipienti in ceramicadecorata che sono diventati il bersagliopreferito degli scavatori clandestini inquest'area. Ma, come notò Turner, alcu-ne decine di siti presentavano ossa uma-ne frammentate e spesso combuste, e apoco a poco cominciò a emergere unquadro più generale. Negli ultimi 30 an-ni il numero totale di frammenti osseiumani provenienti da questi siti è salitoa molte migliaia, a rappresentare decinedi individui su un arco cronologico di800 anni e su un'estensione geograficadi migliaia e migliaia di chilometri qua-drati. Per esempio, il complesso da me

g analizzato 10 anni fa, da un sito anasazi• di Mancos Canyon, nel Colorado sudoc-

cidentale, comprendeva 2106 frammentii ossei di almeno 29 nativi americani, uo-

mini, donne e bambini.oSimili complessi sono stati ritrovati in

! abitati di ogni dimensione, dai piccoliT.;

pueblo alle grandi città, e spesso sonot. coevi all'abbandono dell'insediamento.

Le ossa mostrano di frequente segni diarrostimento prima della rimozione della

5 carne; inevitabilmente denotano l'estra-zione del cervello e del midollo delle os-tg

3 sa lunghe dopo la rimozione del tessutoà muscolare. E alcuni frammenti di ossaí lunghe mostrano addirittura la levigatu-

88 LE SCIENZE 397 / settembre 2001

MARTELLATUFtA

È chiaro dalla

documentazione

archeologica che la

carne - muscolo,

grasso o altro tessuto

- sulle ossa non era

l'unica parte del corpo

che veniva

consumata.

La scatola cranica

veniva aperta

e il midollo era

spesso estratto

dalle ossa lunghe.

Questi due omeri

sono stati aperti

longitudinalmente

con martelli

di pietra, esponendo

il midollo.

5

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niversità del Colorado. Essi hanno sca-vato tre abitazioni a pozzo anasazi risa-lenti approssimativamente al 1150 d.C.in un sito chiamato Cowboy Wash, pres-so Mesa Verde, nel Colorado sudocci-dentale. Qui era presente lo stesso qua-dro che era stato documentato in altri si-ti, come Mancos: ossa umane disartico-late, rotte e disperse in contesti non se-polcrali. La conservazione eccellente, loscavo meticoloso e la campionatura am-pia e completa hanno fatto sì che l'ana-lisi fosse chimicamente significativa efornisse, infine, una prova diretta dicannibalismo.

Marlar e colleghi scoprirono residui dimioglobina umana - una proteina pre-sente nel cuore e nei muscoli scheletrici- su un vaso in ceramica: un'osservazio-ne che faceva pensare che carne umanafosse stata cotta nel recipiente. Un co-prolito umano non combusto, trovatonel focolare di una delle abitazioni ab-bandonate, è pure risultato positivo perla mioglobina umana. Perciò, i datiosteologici, archeologici e biochimici in-dicano che a Cowboy Wash fu praticatoil cannibalismo in epoca preistorica. Idati biochimici sulla preparazione e il

Più che stabilire se il t.annibalisii.0 fc realmery

messo in pratica è difficile comprenderne il perchéra alle estremità, un fenomeno associatoalla cottura in recipienti di ceramica. Iframmenti ossei da Mancos rivelanomodificazioni corrispondenti ai segni dimacellazione lasciati dagli Anasazi sulleossa di animali quali cervi e pecore delleMontagne Rocciose. Le prove osteologi-che rivelano chiaramente che gli esseriumani erano stati macellati e arrostiti, imuscoli asportati, le articolazioni taglia-te, le ossa lunghe spezzate su incudinicon grossi martelli di pietra, le ossa spu-gnose schiacciate e i frammenti cotti inrecipienti ceramici. Gli articoli che illu-

stravano questi risultati si sono rivelatifonte di controversie, anche se l'opposi-zione a questa interpretazione del canni-balismo è talvolta parsa motivata più daconsiderazioni politiche che scientifiche.Molti antropologi ritengono il cannibali-smo un tema così delicato e così «politi-camente scorretto» che non riescono adaccettare alcun dato in suo favore.

La prova finora più convincente dicannibalismo in siti anasazi del Sud-ovest americano è stata pubblicata loscorso autunno da Richard A. Marlar ecolleghi della School of Medicine dell'U-

consumo di tessuti umani fornisconocosì una notevole conferma ai numerosiritrovamenti osteologici e archeologiciin tutto il Sud-ovest americano.

Comprendereil cannibalismo

Se ormai pare assodato che il canni-balismo fu una realtà storica, rimanemolto più difficile stabilirne i motivi. Lafame è la maggiore motivazione al con-sumo di cibo, e quindi la maggior partedei cannibali preistorici doveva essereaffamata. Ma cogliere altre sfumature -per esempio, se il sapore della carneumana fosse piacevole, o se il cannibali-smo fosse un modo per sopravvivere atempi difficili o una soluzione soddisfa-cente per liberarsi degli avversari - ri-chiede conoscenze per ora non accessibi-li agli archeologi. Anche nel caso degliAnasazi, che sono stati ben studiati, èimpossibile determinare se il cannibali-smo fosse dovuto alla mancanza di cibo,a credenze religiose o a una qualchecombinazione di questi e altri fattori. Ciòche sta emergendo, attraverso i progressidell'archeologia, è che il cannibalismo èparte del nostro passato collettivo.

90 LE SCIENZE 397 / settembre 2001


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