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R I 40 anni del Santa Caterina SCOTTI...

Date post: 18-Dec-2020
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Numero ottantacinque Marzo 2013 Mensile di cultura e conversazione civile diretto da Salvatore Veca Direttore responsabile Sisto Capra DISTRIBUZIONE GRATUITA www.ilgiornaledisocrate.it la Feltrinelli a Pavia, in via XX Settembre 21. Orari: Lunedì - sabato 9:00-19:30 Domenica 10:00-13:00 / 15:30-19:30 Il diritto di avere diritti è il titolo dell’ultimo libro di Stefano Rodotà . L’ha pub- blicato Laterza e, con il sottoscritto, il vecchio So- crate l’ha letto con passio- ne, inoltrandosi coraggio- samente in territori per lui letteralmente inediti. Alla fine, il Sileno mi ha detto convinto: questo è proprio l’opus maius del suo auto- re. Vi confluiscono un gran numero di ricerche e di esperienze teoriche, giuri- diche, politiche e civili. Vi sono ospitate molte que- stioni decisive per la nostra convivenza, per il diritto dei contemporanei. Ma la tra- ma è unitaria, compatta e tenuta assieme, come in senso musicale, da alcuni temi dominanti. Vi sono temi che ci restituiscono la prospettiva con cui mettere a fuoco lo stato delle cose. Il tema della narrazione, del grand récit. L’età dei diritti fonda- mentali della persona, chiunque sia e ovunque sia. Il tema della doman- da di diritti e della viola- zione di dirit- ti. Che ri- sponde a una domanda di senso di questo avvio di secolo. Il tema delle transi- zioni. L’età dei diritti cono- sce passaggi, metamorfo- si, sovrapposizioni fra vec- chio e nuovo, che mettono in questione i nostri voca- bolari ereditati, li sottopon- gono a pressione: pubblico/ privato, comune; uomo-macchina, biologia e biografia, corpo elettronico e navigazione in rete, ha- beas corpus e habeas da- ta. Digital divide e human divide. Il tema del riduzio- nismo dai molti volti: eco- nomico, di mercato, biolo- gico, tecnologico, identita- rio. Il tema della storia pre- sa sul serio, fra il senso del passato e la percezione del futuro. Le trasformazio- ni inedite del governo di sé, quando la natura del sé cambia. Vi sono temi in cui si condensano le tesi cen- trali. Il tema saliente della costituzionalizzazione della persona. Dal soggetto a- stratto alle condizioni ma- teriali della vita concreta della persona. Della digni- tà. Della pari dignità. Il te- ma correlato della globaliz- zazione: via mercato o via diritti? Con la questione decisiva: che cosa deve stare nel mercato e che cosa non deve stare nel mercato? Il tema della tensione fra giurisdizione e legislazio- ne che chiama in causa la variabile qualità della for- ma di governo democratico della società. Un elogio del costituzionalismo. Il tema delle precondizioni del pro- cesso democratico a ri- schio e della legittimità dell’Unione europea a ri- schio. Vi sono temi, infine, che ci indicano il che fare, le agenda e le non agen- da. Oltre Vestfalia, il tema della civitas maxima e del diritto cosmopolitico. La sovranità alla persona e i diritti come vincoli e brisco- le ai poteri dai molti volti. L’ideale dell’autonomia delle persone e del gover- no di sé, in una prospettiva che immerge le persone nella densa rete delle rela- zioni e dei riconoscimenti, rifiutando le prospettive ottuse di un individualismo miope, di un comunitari- smo gretto, di un realismo politico riduzionistico, e mirando alla generazione del legame e del vincolo sociale fra socii di pari di- gnità. Tutti temi intrecciati in una narrazione e soste- nuti dal senso vivo di una storia. Il manifesto di un costituzionalismo universa- listico, come domanda esi- gente di rispetto e non u- miliazione delle persone, a fronte di una varietà di po- teri arbitrari e dispotici, vecchi e nuovi. Un elogio dell’eguaglianza umana, ai tempi delle massime ine- guaglianze planetarie. In- somma, un libro assoluta- mente da leggere. Parola del vecchio Socrate . FONDAZIONE SARTIRANA ARTE Angelo Bozzola sotto i riflettori GIORGIO FORNI PAGINA 15 Il diritto di avere diritti Il diritto di avere diritti Il diritto di avere diritti Il libro di Rodotà Il libro di Rodotà Il libro di Rodotà di SALVATORE VECA RISO ISO SCOTTI COTTI LA SVOLTA SPAGNOLA Valentina e Francesca La sesta generazione SISTO CAPRA ALLE PAGINE 12-13 COLLEGIO INGEGNERI/ ARCHITETTI Lavorare in un contesto internazionale A pagina 14 I 40 anni del Santa Caterina Maria Pia Sacchi / Sigfrido Boffi Elisa Fazzi / Stefania Boffano / Laura Del Rosario DA PAGINA 2 A PAGINA 7 Roberto Borri DA PAGINA 8 A PAGINA 11
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Page 1: R I 40 anni del Santa Caterina SCOTTI Valentinasocrate.apnetwork.it/.../uploads/2013/03/socrate85.pdf · 2013. 3. 18. · del grand récit. L’età dei diritti fonda-mentali della

Numero ot tantac inque – Marzo 2013

Mensile di cultura e conversazione civile diretto da Salvatore Veca

Direttore responsabile Sisto Capra

DISTRIBUZIO

NE GRATUITA

www.ilgiornaledisocrate.it

la Feltrinelli a Pavia,

in via XX Settembre 21.

Orari: Lunedì - sabato 9:00-19:30 Domenica 10:00-13:00 / 15:30-19:30

Il diritto di avere diritti è il

titolo dell’ultimo libro di Stefano Rodotà. L’ha pub-blicato Laterza e, con il sottoscritto, il vecchio So-crate l’ha letto con passio-ne, inoltrandosi coraggio-samente in territori per lui letteralmente inediti. Alla fine, il Sileno mi ha detto convinto: questo è proprio l’opus maius del suo auto-re. Vi confluiscono un gran numero di ricerche e di esperienze teoriche, giuri-diche, politiche e civili. Vi sono ospitate molte que-stioni decisive per la nostra convivenza, per il diritto dei contemporanei. Ma la tra-ma è unitaria, compatta e tenuta assieme, come in senso musicale, da alcuni temi dominanti. Vi sono temi che ci restituiscono la prospettiva con cui mettere a fuoco lo stato delle cose.

Il tema della narrazione,

del grand récit. L’età dei

diritti fonda-mentali della persona, chiunque sia e ovunque sia. Il tema della doman-da di diritti e della viola-zione di dirit-ti. Che ri-sponde a una domanda di senso di questo avvio di secolo. Il tema delle transi-zioni. L’età dei diritti cono-sce passaggi, metamorfo-si, sovrapposizioni fra vec-chio e nuovo, che mettono in questione i nostri voca-bolari ereditati, li sottopon-gono a pressione: pubblico/ privato, comune; uomo-macchina, biologia e biografia, corpo elettronico e navigazione in rete, ha-beas corpus e habeas da-ta. Digital divide e human divide. Il tema del riduzio-nismo dai molti volti: eco-nomico, di mercato, biolo-

gico, tecnologico, identita-rio. Il tema della storia pre-sa sul serio, fra il senso del passato e la percezione del futuro. Le trasformazio-ni inedite del governo di sé, quando la natura del sé cambia. Vi sono temi in cui si condensano le tesi cen-trali. Il tema saliente della costituzionalizzazione della persona. Dal soggetto a-stratto alle condizioni ma-teriali della vita concreta della persona. Della digni-tà. Della pari dignità. Il te-ma correlato della globaliz-zazione: via mercato o via diritti? Con la questione

decisiva: che cosa deve stare nel mercato e che cosa non deve stare nel mercato? Il tema della tensione fra giurisdizione e legislazio-

ne che chiama in causa la variabile qualità della for-ma di governo democratico della società. Un elogio del costituzionalismo. Il tema delle precondizioni del pro-cesso democratico a ri-schio e della legittimità dell’Unione europea a ri-schio. Vi sono temi, infine, che ci indicano il che fare, le agenda e le non agen-da. Oltre Vestfalia, il tema della civitas maxima e del diritto cosmopolitico. La sovranità alla persona e i diritti come vincoli e brisco-le ai poteri dai molti volti. L’ideale dell’autonomia

delle persone e del gover-no di sé, in una prospettiva che immerge le persone nella densa rete delle rela-zioni e dei riconoscimenti, rifiutando le prospettive ottuse di un individualismo miope, di un comunitari-smo gretto, di un realismo politico riduzionistico, e mirando alla generazione del legame e del vincolo sociale fra socii di pari di-gnità. Tutti temi intrecciati in una narrazione e soste-nuti dal senso vivo di una storia. Il manifesto di un costituzionalismo universa-listico, come domanda esi-gente di rispetto e non u-miliazione delle persone, a fronte di una varietà di po-teri arbitrari e dispotici, vecchi e nuovi. Un elogio dell’eguaglianza umana, ai tempi delle massime ine-guaglianze planetarie. In-somma, un libro assoluta-mente da leggere. Parola del vecchio Socrate.

FONDAZIONE SARTIRANA

ARTE

Angelo

Bozzola

sotto

i riflettori

GIORGIO FORNI

PAGINA 15

Il diritto di avere dirittiIl diritto di avere dirittiIl diritto di avere diritti

Il libro di RodotàIl libro di RodotàIl libro di Rodotà

di SALVATORE VECA

RRISOISO

SSCOTTICOTTI LA SVOLTA SPAGNOLA

Valentina

e Francesca La sesta

generazione

SISTO CAPRA

ALLE PAGINE 12-13

COLLEGIO INGEGNERI/ ARCHITETTI

Lavorare in un contesto internazionale

A pagina 14

I 40 anni del Santa Caterina

Maria Pia Sacchi / Sigfrido Boffi Elisa Fazzi / Stefania Boffano / Laura Del Rosario

DA PAGINA 2 A PAGINA 7

Roberto Borri

DA PAGINA 8 A PAGINA 11

Page 2: R I 40 anni del Santa Caterina SCOTTI Valentinasocrate.apnetwork.it/.../uploads/2013/03/socrate85.pdf · 2013. 3. 18. · del grand récit. L’età dei diritti fonda-mentali della

Pagina 2 Numer o o ttan taci nqu e - Marzo 2013

Ecco dove viene distribuito gratuitamente

“Il giornale di Socrate al caffè”

Il giornale di Socrate al caffè Direttore Salvatore Veca

Direttore responsabile Sisto Capra Editore: Associazione “Il giornale di Socrate al caffè”

(iscritta nel Registro Provinciale di Pavia delle Associazioni senza scopo di lucro, sezione culturale)

Direzione e redazione via Dossi 10 - 27100 Pavia 0382 571229 - 339 8672071 - 339 8009549 [email protected]

Redazione: Mirella Caponi (editing e videoimpaginazione), Pinca-Manidi Pavia Fotografia Stampa: Tipografia Pime Editrice srl via Vigentina 136a, Pavia

Comitato editoriale: Paolo Ammassari, Silvio Beretta, Franz Brunetti, Davide Bisi, Giorgio Boatti,

Angelo Bugatti, Claudio Bonvecchio, Roberto Borri, Roberto Calisti, Gian Michele Calvi, Mario Canevari, Mario Cera, Franco Corona, Marco Galandra, Anna Giacalone, Massimo Giuliani, Massimiliano Koch,

Isa Maggi, Arturo Mapelli, Anna Modena, Alberto Moro, Federico Oliva, Davide Pasotti, Fausto Pellegrini, Aldo Poli, Vittorio Poma, Paolo Ramat, Carlo Alberto Redi, Antonio Maria Ricci, Giovanna Ruberto,

Antonio Sacchi, Dario Scotti.

Autorizzazione Tribunale di Pavia n. 576B del Registro delle Stampe Periodiche in data 12 dicembre 2002

«Santo Padre!». La bian-

ca figura dallo sguardo penetrante di Paolo VI era comparsa all'improvviso nel salotto del Collegio mentre spegnevo la luce nel tornare a casa dopo una delle consuete confe-renze serali. «Che ono-re...». Ma lui: «Pax tibi. Sono venuto a vedere di persona questo Collegio di cui avevo potuto benedire solo la prima pietra e il pla-stico il 9 febbraio 1972 du-rante l'udienza alla delega-zione guidata da monsi-gnor Antonio Angioni». Ripresomi dalla sorpresa: «Già, il progetto predispo-sto dall'ingegner Gianpaolo Calvi, frutto dell'impegno che il nuovo vescovo di Pavia si era assunto con Sua Santità al momento dell'investitura e della col-laborazione di una comuni-tà che da tempo era in at-tesa di un collegio universi-tario...». Mi interruppe: «So tutto delle idee accarezza-te negli ambienti della FU-CI anche prima del 1956 quando, grazie anche all’opera del sindaco dottor A l b e r t o R i c e v u t i , dell’ingegner Ottavio Bono-mi e di tanti altri, era stato acquistato il terreno col contributo che avevo sug-gerito al mio predecessore il Pontefice Pio XII, di ve-nerabile memoria. Mi han-no raccontato tutto la vo-stra prima Rettrice, l'otti-ma, dolce e severa allo stesso tempo, Maria Anto-nietta Sairani - la Iuccia mi pare che la chiamassero gli amici - e quel vostro primo Presidente, il profes-sor Enrico Magenes, che, da come me ne parlava, mi è sembrato quasi più inna-morato del Collegio che della matematica». «Ma Sua Santità volle un colle-gio femminile...». «Anch'io quando ero ancora giova-ne prete e assistente na-zionale della FUCI avevo vagheggiato un Collegio universitario, a Roma: pen-

savo sia agli studenti che alle studentesse. Ma con gli anni mi resi conto che allora le giovani donne a-vevano meno opportunità di far valere i loro talenti, quel "genio femminile" così ben descritto e invocato dal mio successore Gio-vanni Paolo II nella sua lettera apostolica Mulieris dignitatem. Perciò, dopo una visita da arcivescovo di Milano al Collegio Borro-meo sentii l’urgenza di af-fiancargli un collegio fem-minile – allora lo chiamavo “Pensionato Femminile Universitario Cattolico” – intitolandolo a S. Caterina da S iena». Annu i i :

«Ricordo le parole con cui Sua Santità il 12 marzo 1975 spiegò la scelta a una delegazione di alun-ne.»

L'esortazione fatta allora

da Paolo VI riguardava "il buon lievito che fa fermen-tare tutta la massa", in quanto "la scelta del nome di S. Caterina - quello di un’autentica eroina cristia-na, che abbiamo procla-mato Dottore della Chiesa - e più ancora i sacrifici e le difficoltà che hanno ac-compagnato la fondazione del Collegio avevano e hanno una precisa finalità: che a Pavia funzioni un centro attivo di spiritualità e di cultura cattolica, il quale fornisca alle giovani ospiti non soltanto le con-dizioni adatte allo studio, ma anche il clima e la tem-

peratura, diremmo, per sviluppare la personalità e per maturare la propria fede cristiana, nella visione più aperta alle esigenze religiose e morali del mon-do moderno". Riprese, e questa volta lo sguardo si fece più intenso, quasi in-quisitorio: «Ma oggi, quarant’anni dopo quell'i-naugurazione del 15 no-vembre 1973, qual è la situazione?»

Dapprima pensai di infor-

marlo che nel 1995 abbia-mo partecipato alla fonda-zione dell'associazione che oggi raduna i 14 Collegi Universitari di Merito legal-

mente riconosciuti dal MIUR quali istituzioni di alta formazione e nel 1997 siamo stati tra i soci fonda-tori dell'Istituto Universita-rio di Studi Superiori (IUSS) - una Scuola Supe-riore tagliata sul modello pisano della Normale -, che dal 2008 siamo inseriti nella European University Co l lege Assoc ia t ion (EUCA) e aderiamo all’associazione Women's Education Worldwide che raduna collegi universitari femminili da tutto il mondo; potevo anche parlare dei meriti della seconda Rettri-ce, la professoressa Maria Pia Musatti, nel raccogliere nel 1991 l’eredità lasciata dalla pr ima quando l’originale Opera Diocesa-na Santa Caterina da Sie-na diede origine all'attuale

Fondazione Colle-gio Universitario S. Caterina da Siena; potevo vantare il grande successo del master in “Professioni e pro-dotti dell'editoria” che organizziamo ormai per la sesta volta in collabora-zione con l'Università di Pavia, la molteplice attività culturale offerta alla città e il convegno che terremo il prossimo 22 aprile proprio su di Lui, su Paolo VI e la sua attenzione al mondo femminile e a S. Caterina da Siena.

Poi però mi rifugiai nella

statistica: «Escludendo i nuovi ingressi di quest'an-no, l’albo delle alunne con-ta 641 presenze, di cui 195 (30%) della Facoltà di Me-dicina e Chirurgia, 170 (27%) di Lettere e Filosofi-a, 115 (18%) di Scienze, 78 (12%) di Giurispruden-za e le altre distribuite tra Farmacia (26), Ingegneria (22), Scienze Politiche (18) e Economia (17). Quasi tutte si sono affermate nel-la vita professionale e fa-miliare: abbiamo...». Stavo per elencare alcune nostre glorie e i nomi delle alunne della prima generazione che illustreranno le loro attività nel corso delle cele-brazioni di quest’anno, ma con un gesto della mano mi interruppe: «Ma voi da un paio d'anni avete aperto

una nuova Residenza Uni-versitaria Biomedica...che ospita studentesse, ma anche studenti!» Reagii di istinto: «Santità, ha ragio-ne, me ne assumo la re-sponsabilità. Ma sono con-vinto che per uno sviluppo integrale dell'uomo e della donna secondo una visio-

ne non solo cristiana, ma anche di laica e civile con-vivenza, che in ogni attività pone al centro la persona, essenziale è la formazione culturale accanto a quella professionale. Oggi lo svi-luppo integrale passa dal riconoscimento che l’uomo e la donna, pari e diversi, debbano vivere in un fe-condo rapporto di collabo-razione nella costruzione di una società più giusta e solidale, imparando ad apprezzare la ricchezza dell’altro e a scoprire ciò che è veramente essenzia-le. Penso quindi che oggi Sua Santità potrebbe non essere contraria all’idea di un collegio universitario misto in cui i giovani impa-rino a condividere nella quotidianità di una vita co-munitaria le gioie e le fati-che dello studio universita-

rio, aiutandosi reciproca-mente nella crescita perso-nale. Saranno così meglio preparati nella loro futura vita professionale a presta-re generosamente la loro opera a favore degli altri e del bene comune. Perciò per celebrare il quarantesi-mo del Collegio abbiamo scelto il motto: pro multis sapientia, una sapienza, quella cristiana di S. Cate-rina da Siena, che unisce la forza dell'intelletto e il calore del cuore, persegui-ta non come fine a se stes-sa, ma pro multis, per tut-ti...». Di nuovo mi interrup-pe con un gesto della ma-no, rimanendo un poco pensieroso; poi, abbozzan-do un sorriso, disse: «So quanta fatica costi l’opera di chi accompagna i giova-ni nella loro crescita perso-nale e condivido con Lei, la Rettrice professoressa Ma-ria Pia Sacchi Mussini, il Direttore della Residenza professoressa Elisa Fazzi, la Vice-rettrice avvocato Giovanna Torre le ansie e i desideri. Perciò con gioia benedico voi, tutto il perso-nale, le alunne del Collegio femminile e tutti gli alunni della Residenza». Stavo per ringraziarlo di queste parole aggiungendo che forse noi potevamo contri-buire alla causa della sua santificazione testimonian-do il miracolo di un Colle-gio ancora ben vivo e sem-pre più attivo dopo quarant’anni anche senza le rendite di un patrimonio, ma improvvisamente sparì dalla mia vista e il salotto si fece buio.

SANTA CATERINA

I 40 ANNI DEL COLLEGIO

Intervista impossibile al Papa che il 9 febbraio 1972 benedisse la prima pietra e il plastico nell’udienza concessa al vescovo Angioni

di SIGFRIDO BOFFI Presidente della Fondazione Collegio Universitario S. Caterina da Siena

9 FEBBRAIO 1972: PAPA PAOLO VI BENEDICE LA PRIMA PIETRA E IL PLASTICO DI QUELLO

CHE SARÀ IL COLLEGIO INTITOLATO A SANTA CATERINA DA SIENA

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Numero ot tantac inque - Marzo 2013 Pagina 3

PAOLA PAOLA CASATICASATI MIGLIORINIMIGLIORINI

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I 40 ANNI DEL COLLEGIO

SANTA CATERINA

Il quarantesimo compleanno del

S. Caterina è un’ottima occasio-ne per essere orgogliosi di quan-to si è fatto ma, insieme, è un invito a comprendere tempestiva-mente e ad affrontare con corag-gio le nuove sfide del presente e del futuro.

Secondo l’ispirazione del futuro

Paolo VI, Giovanni Battista Mon-tini, il Collegio nasce per agevo-lare il percorso formativo, e non semplicemente gli studi, di giova-ni universitarie. Un progetto che risale agli anni Cinquanta del secolo scorso, e che per quell’epoca è del tutto innovativo. Finirà per essere anche un pro-g e t t o v i n c e n t e g r a z i e all’intraprendenza, nutrita di cari-tà, delle persone che sin dall’inizio hanno raccolto questa sfida, allargandone man mano le potenzialità e anche quelle che ci siamo ormai abituati a definire offerte formative: burocratica espressione che non dice la sa-pienza cui necessariamente do-vrebbe mirare ogni vera attività intellettuale.

L’eredità che i padri nobili del

Collegio ci hanno affidato ci im-pegna come un debito, e ci spin-ge a non tradire le loro aspettati-ve: occorre mantenere fede alle nostre radici, ma traendone ener-gia per guardare avanti, senza mai perdere di vista le esigenze delle nuove generazioni.

Molti sono i modi per farlo, per

esempio collaborando sempre p i ù i n t e n s a m e n t e c o n l’Università. Proprio quanto ab-biamo fatto con l’istituzione di corsi accreditati, riconosciuti da varie facoltà dell’Ateneo, come

quelli di “Progresso umano e sviluppo sostenibile”; “Letterature comparate e traduzione lettera-ria”; “Tecniche della traduzione”. Il numero di questi corsi universi-tari promossi direttamente dal nostro Collegio aumenterà nel prossimo anno accademico.

Sono attività che consentono al

Collegio di aprirsi istituzional-mente a tutti gli studenti dell’università. Obiettivo conse-guito anche con l’offerta di nume-rosi e sempre nuovi corsi di am-bito medico, pure valutati con crediti universitari. Senza trascu-rare altre iniziative che si sono felicemente attuate in questi ulti-mi anni. Come il concorso I poeti laureandi, riservato agli studenti iscritti all’Università di Pavia che si cimentano nella poesia, giunto ormai alla nona edizione: la pe-riodica pubblicazione dei testi migliori (alcuni anche di giovani autori che si stanno affermando) consegna alla storia, non solo accademica, questa nostra in-venzione che ci dice come - a dispetto di un mondo attratto dall’economicismo e dal tecnici-smo - la poesia continui a eserci-tare il suo fascino sui giovani come forma dell’indicibile più vero.

Da cinque anni è poi attivo nel

nostro Collegio il Master di pri-mo livello in Professioni e pro-dotti dell’Editoria. Pure ricono-sciuto dall’Università di Pavia, esso rilascia diploma di valore legale e forma giovani laureati alle varie professioni editoriali. In controtendenza con l’attuale an-damento un po’ zoppicante dell’industria del libro stampato, i giovani che aspirano a entrare in

questo mondo sono sempre più numerosi; tanto che in questa sesta edizione, appena partita, si è dovuto raddoppiare il corso, portandolo da una a due classi. Il motivo di questo successo? Il persistente fascino del mondo dei libri, di certo; ma - siamo por-tati a credere - anche il livello di formazione offerto dal Master, che oltre a tutto ha fatto registra-re in questi anni un placement più che soddisfacente.

Legata a doppio filo con questa

attività è la creazione, sempre in

ambito collegiale, delle Edizioni Santa Caterina, per le quali ogni anno gli allievi del Master produ-cono un libro (nella collana “Quaderni del Master di Editori-a”), e in cui confluiscono natural-mente anche i risultati di numero-se altre attività culturali: primi fra tutti i Convegni di carattere stori-co-linguistico (su De Amicis, Guareschi, Salgari), scientifico (i neuroni-specchio), e i cataloghi delle mostre ospitate in Collegio e in Residenza. Perché il S. Ca-terina non si è limitato ad amplia-re la sua attività didattica, ma ha proseguito e incrementato anche

il suo tradizionale impegno cultu-rale aperto anche a tutta la città. Nomi di rilievo nazionale e inter-nazionale si contano nel nostro carnet di presenze, e su ogni percorso: dall’attualità più impe-gnativa e scottante (esempi re-centi, il convegno su legalità e ‘ndrangheta, o la testimonianza di don Di Noto sulla pedoporno-grafia); allo sguardo su letteratu-ra e poesia contemporanea (Franco Loi, Erri De Luca, Claudio Magris, Cesare Segre ...), all’interesse per problemati-

che filosofiche, scienti-f iche, economiche (Angelo Vescovi, Giu-lio Giorello, Stefano Zamagni, Gherardo Colombo, Dario Anti-seri, e tanti altri nomi illustrissimi). A tutto questo bisogna ag-giungere almeno la recentissima firma di una convenzione di scambio con il St. Michael’s College di Toronto e, last no le-ast, l’assidua collabo-razione con le associa-

zioni no profit e con la stessa Diocesi di Pavia che sin dalla fondazione contraddistingue il nostro collegio, la cui ispirazione cristiana non vuole essere una semplice etichetta.

Perché una scelta così ampia di

tematiche e suggestioni? Il prin-cipale obiettivo è naturalmente quello di offrire alle nostre alunne una vasta gamma di argomenti adatti alla riflessione e alla matu-razione morale e civile, insomma a una formazione integrale. Il Collegio nasce e vive prima di tutto per le studentesse: e dun-

que cerchiamo di non perdere di vista le loro necessità e le loro aspettative, facendo anche in modo di anticiparle, quando pos-sibile. Questo perché, se per mettere pienamente a frutto gli anni universitari sono senz’altro utili tutti gli stimoli di una forma-zione di eccellenza (e per questo lavoriamo e collaboriamo con Università e IUSS), non è però facile ottenere risultati significati-vi e a tutto campo se queste ini-ziative sono lasciate a se stesse. Amalgamarle e farle fruttificare è invece più semplice se esse ven-gono offerte in un ambiente di vita - la comunità del Collegio - dove in serena e costruttiva liber-tà si respiri il rispetto reciproco; dove sia di casa la collaborazio-ne; dove la curiosità di una di-venti la curiosità di tutte; dove ognuna e ognuno sia ugualmen-te importante, secondo la pro-spettiva del personalismo cristia-no: con uno stile che ci spinge a guardare tutti e a guardarci tra di noi come con l’occhio amorevole di Dio.

Pro multis sapientia recita il no-

stro motto, di recentissimo conio ma maturato attraverso questi quarant’anni di esperienza: il progetto ideale - già in molti casi felicemente realizzato - è che le “caterinette”, una volta inserite nelle vicende e nelle responsabi-lità della vita, mettano a disposi-zione degli altri le competenze e la formazione acquisite negli anni del Collegio. Una forma di carità intellettuale che all’indomita Ca-terina, mistica donna di preghiera m a a l t r e t tan to im pav ida nell’affrontare le cose del mondo, voglio credere non sarebbe di-spiaciuta.

di MARIA PIA SACCHI Rettrice del Collegio Universitario S. Caterina da Siena

SIGFRIDO BOFFI, PRESIDENTE

DELLA FONDAZIONE S. CATERINA

DA SIENA

MARIA PIA SACCHI, RETTRICE

DEL COLLEGIO UNIVERSITARIO S. CATERINA

ALCUNE PUBBLICAZIONI

DELLE EDIZIONI SANTA

CATERINA

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Pagina 4 Numer o o ttan taci nqu e - Marzo 2013

La Residenza Biomedica

della Fondazione Collegio Universitario S. Caterina da Siena di Pavia è stata aperta nel settembre 2010 ed è dedicata a dottorandi, specializzandi, masteristi e allievi di entrambi i sessi, meritevoli, che frequentano gli ultimi anni delle facoltà biomediche (medicina, far-macia, biotecnologie, ec-cetera) dell’Università di Pavia. È una Residenza di concezione nuova, situata nel campus biomedico di Pavia, dedicata proprio ai giovani impegnati nella ricerca, categoria preziosa per il nostro futuro, ma "bisognosa" in questi tempi così difficili.

La creazione di una Resi-

denza Biomedica, unica nel suo genere, arricchisce con una connotazione par-ticolare lo straordinario patrimonio storico, cultura-le e umano che i collegi pavesi rappresentano nella realtà universitaria locale, nazionale e internazionale e rappresenta una sfida stimolante e creativa. Nel solco di questa tradizione, nella continuità e nel forte legame unitario con il Col-legio, la Residenza Univer-sitaria Biomedica dovrà affermarsi con caratteristi-

che peculiari: corsi interni su temi utili a laureati e specializzandi non affron-tati nei corsi istituzionali, convegni scientifici per aprire la mente dei giovani all’esperienza della ricerca, del rigore metodologico e dell’arricchimento che na-sce dal confronto e dal lavoro di gruppo, valori universitari di sempre, an-che e soprattutto in questi momenti così difficili per tutta la comunità universi-taria.

Gli allievi sono ospitati in

”appartamenti” di sei ca-mere singole con bagno, aria condizionata e con-nessione ad internet, dotati di una grande cucina dove consumare comunitaria-mente i pasti. Al piano ter-ra ci sono una piccola bianca cappella che invita a pregare e a raccogliersi e locali comuni: sala video, musica, giochi, sala com-puter, biblioteca, sala stu-dio, un’attrezzata palestra, molto apprezzata da tutti. Poi c’è anche una grande Aula Magna, recentemente dedicata, in occasione del ventennale della morte, alla prima, e non dimenti-cata, Rettrice del Collegio, Maria Antonietta Sairani, e una sala per incontri più

limitati, ma anche per feste e riunioni conviviali, come le nostre tavole aperte, cene a buffet aperte a o-spiti e amici, in cui gli allie-vi della Residenza cucina-no e condividono piatti tipi-ci delle varie regioni o pae-si di provenienza. Intorno alla Residenza un grande giardino che dobbiamo ancora imparare a vivere e a godere.

La vita comune avviene

nella stima e nella condivi-sione, in un clima di civiltà e rispetto delle persone e delle cose. In Residenza si respira un’atmosfera inter-nazionale, oltre al gruppo di allievi dell’Università di Pavia entrati con colloquio di selezione, molti ospiti sono giovani ricercatori, dottorandi di paesi stranieri che vengono a studiare o a condividere progetti di ri-cerca all’Università di Pa-via. In questi primi due an-

ni abbiamo veramente in-contrato gente da tutto il mondo (Europa, America, Asia ed Africa). In Resi-denza si parlano molte lingue e le comunicazioni ufficiali, lettere, avvisi, non-ché le conversazioni quoti-diane avvengono in italia-no e in inglese.

Una delle attività privile-

giate della Residenza è organizzare, oltre a corsi interni per gli allievi, attività culturali volte alla comunità accademica, discenti e docenti, ma anche alla cit-tà tutta. Nell’ambito di tale attività che vuole differen-ziarsi, per arricchire e non sovrapporsi alla già ricchis-sima attività culturale del Collegio, abbiamo cercato di organizzare eventi cultu-rali diversi per tipologia (corsi, convegni, e qualche conversazione agile, fatta in orario preserale, per permettere ai medici, spe-

cializzandi, docenti degli ospedali e istituti limitrofi, di poter passare al termine della giornata di lavoro). La Residenza vuole essere un posto dove operatori, stu-denti e giovani professioni-sti in formazione possono trovarsi, incontrarsi, cono-scersi, scambiarsi espe-rienze e bisogni in una bel-lissima comunità auto-educante che poi è la di-mensione del lavoro in me-dicina e nella ricerca e rap-presenta lo spirito più vero della esperienza accade-mica dai tempi dei “clerici vagantes”: giovani e meno giovani che lavorano insie-me, si arricchiscono e si sostengono a vicenda in una dimensione di appren-dimento continuo.

Siamo sede ufficiale dei

convegni organizzat i dall’Ordine dei Medici e questa collaborazione ci offre molte occasioni di confronto con il mondo medico pavese. In partico-lare abbiamo organizzato corsi interni particolarmen-te apprezzati dagli allievi, uno è dedicato alle prime procedure di pronto soc-corso: BLS (Basic Life Support ). È un corso che i medici devono ripetere ogni anno, ma che anche

la popolazione “civile” può benissimo fare con benefi-cio per la comunità tutta.

Un altro corso che ci ca-

ratterizza è un corso di inglese scientifico per im-parare a scrivere lavori scientifici in inglese. Que-sto corso è seguito con molto interesse dagli allievi e viene tenuto da un do-cente di madre lingua in-glese, il professor William Cooke.

Alla fine dei primi due an-

ni di lavoro, pur nelle diffi-coltà di rodaggio di ogni inizio, penso siamo riusciti a realizzare alcuni dei no-stri obiettivi o perlomeno a segnare un percorso con una sua originalità da deli-neare, completare, allarga-re e prolungare nel tempo e con l’esperienza. Un per-corso che amplia il traccia-to dei collegi di merito e che non si colloca come una mera ripetizione di un’esperienza tradizional-mente ricchissima e presti-giosa, ma che si affaccia nel solco di questo presti-gioso percorso con un piz-zico di temeraria originalità e di lungimiranza nei con-fronti delle nuove sfide che attendono l’Università e la ricerca.

SANTA CATERINA

I 40 ANNI DEL COLLEGIO

di ELISA FAZZI Direttore della Residenza Biomedica

della Fondazione Collegio Universitario S. Caterina da Siena

QUI, A DESTRA E NELLA FOTO PICCOLA A CENTRO PAGINA: ALCUNI MOMENTI

DELL’INAUGURAZIONE DELLA RESIDENZA BIOMEDICA AVVENUTA IL 5 LUGLIO 2010

NELLA FOTO GRANDE: IL LATO SUD DELLA RESIDENZA

ELISA FAZZI

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Numer o o ttan taci nqu e - Marzo 2013 Pagina 5

Nel 1989 si è costituita

l’Associazione Alunne Santa Caterina da Siena, formata da alunne ed ex alunne del Collegio omoni-mo, fondato, come noto, nel 1973: oggi l’Associazione annovera più di 650 ex-alunne, ope-ranti in diversi settori pro-fessionali, accademici, di ricerca.

L’Associazione ha scopi

strettamente correlati a quelli del Collegio, e opera con lo spirito di tenere vivi e rinsaldare i legami tra le alunne, favorire l’inserimento delle neolau-reate nei diversi settori professionali e far cono-scere in Italia e all’estero il Collegio. L’Associazione è dotata di un sito attraverso il quale le ex alunne pos-sono registrarsi, mantene-re aggiornate le proprie posizioni lavorative e per-sonali e coltivare i rapporti tra di loro. Durante l’anno organizza incontri informali e conviviali in Collegio, a sfondi tematici (medicina, letteratura, diritto, eccete-ra), tra ex alunne e studen-tesse, per uno scambio proficuo di idee e suggeri-menti sulle dinamiche dei settori professionali. Eroga borse di studio alle alunne e sponsorizza eventi del Collegio. Ogni anno, in occasione della festa dei Collegi, organizza la gior-

nata invitando una ex alun-na a raccontare la propria esperienza collegiale e la successiva esperienza lavorativa e personale.

Faccio parte

dell’Associazione dal 1989, anno in cui ho terminato il mio corso di studi in Giuri-sprudenza e mi sono lau-reata. Quindi proprio dal primo anno di costituzione dell’Associazione. Come tante alunne quasi tutti gli anni ho partecipato alla festa dei Collegi, tradizio-nale appuntamento per le ex, nella quale, come ho detto, una di noi si raccon-ta. Nel 2010 è toccato a me raccontare la mia e-sperienza di avvocato pri-ma e di docente universita-rio poi (attualmente inse-gno Diritto tributario nell’Università Bocconi); nello stesso anno sono stata eletta nel Consiglio direttivo dell’Associazione e investita del ruolo di Pre-sidente.

Ho accettato con piacere

e onore di ricoprire questo incarico perché sono pro-fondamente convinta dell’importanza della no-stra Associazione. Sono inoltre grata al Collegio e spero in tal modo di restitu-ire una piccola parte di quanto ho ricevuto.

Ancora una volta ho potu-

to constatare che il Colle-

gio (e intendo non tanto l’istituzione, quanto le per-sone) dà sempre di più di quello che gli si offre. In questi due anni di lavoro ho potuto apprezzare le qualità umane e professio-

nali delle persone che lo governano, la pacatezza e la saggezza delle loro scel-te e decisioni, improntate tenendo sempre presente la crucialità del valore di ogni persona, dalla più

umile alla più ele-vata; ho potuto allacciare legami con le nuove a-lunne, incontrare ex alunne lontane dai miei anni di formazione, rin-saldare rapporti con le mie com-pagne d’anno.

Sono inoltre di-

ventata più con-sapevole del valo-re del nostro Col-legio, unico e diffi-cilmente ripetibile. Valore che, sotto la particolare an-golazione da cui lo osservo io oggi, è costituito pro-prio dalle persone che nel tempo qui

si sono formate, dall’intensità di risorse e di energia che ciascuna di esse sprigiona, nei propri poliedrici e spesso inter-scambiabili ruoli di donna, professionista, moglie, ma-

dre, figlia. Nel loro ruolo pubblico e privato le alun-ne del S. Caterina, come tante donne, si adoperano mai come oggi per il bene comune e hanno dalla loro parte il vigore e lo stimolo che proviene dall’esperienza forte, ag-gregante, positiva del Col-legio.

Forte di queste convinzio-

ni sto portando avanti il cammino intrapreso nel 1989, cercando di rendere la nostra comunità sempre più consapevole dell’importanza dell’Associazione e sem-pre più partecipe: un even-to di prossima realizzazio-ne sarà quello di celebrare il quarantennale del Colle-gio con una attività rivolta proprio alle ex alunne, una serata divertente e gioiosa in cui poterci incontrare, condividere i percorsi e affrontare insieme le sfide che il futuro pone al S. Ca-terina e a tutte noi.

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I 40 ANNI DEL COLLEGIO

SANTA CATERINA

di STEFANIA BOFFANO Presidente Associazione Alunne Collegio Universitario S. Caterina da Siena

QUI: FOTO DI GRUPPO DEL RADUNO 2012. SOPRA, A SINISTRA: VEDUTA DEL COLLEGIO S. CATERINA; A DESTRA: UN MOMENTO GOLIARDICO NEL 2011

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Pagina 6 Numero ot tantac inque - Marzo 2013

Nel corso dell’ultimo anno

di liceo cominciavano ad affiorare i primi dubbi sulla scelta della facoltà e della città dove avrei trascorso i miei anni di vita universita-ria. Dopo aver raccolto una serie di informazioni, trami-te amici e iniziative di o-rientamento proposte dalla scuola, optai per la facoltà d i g i u r i s p r u d e n z a dell’Università di Pavia e, mossa un po’ dalla curiosi-tà e un po’ dal desiderio di mettermi alla prova, decisi di tentare i test di ammis-sione ai Collegi di merito e vinsi il posto al Santa Ca-terina da Siena.

La scelta del Collegio mi

sembrò, all’epoca, un ra-gionevole compromesso, un modo per rendere me-no “traumatici” quei cam-biamenti che ciascun uni-versitario si trova a dover affrontare: vivere in una città diversa, lontano da casa, e doversi misurare con materie e metodi di studio completamente dif-ferenti da quelli appresi durante il liceo. Il Collegio offriva, poi, da un punto di vista strutturale, una serie di vantaggi, quali la vici-nanza al polo universitario, la biblioteca, la sala com-

puter e la mensa, tutte co-modità che permettevano di concentrarsi al meglio nello studio.

Dopo i primi mesi, comin-

ciai a rendermi conto dell’importanza del Colle-gio anche come luogo di formazione culturale. Tro-vavo utili e stimolanti le occasioni di scambio e confronto con le altre alun-ne, diverse da me per ca-rattere, età, luogo di prove-nienza e scelta negli studi. Ricordo quanto fossero preziosi, da matricola, i consigli delle studentesse più anziane che seguivano il mio stesso corso di studi, nonché i racconti e le e-sperienze lavorative delle ex collegiali, che venivano viste da noi come esempi da seguire.

Il confronto di idee veniva,

po i , f a vo r i t o da l le “Istituzioni” del Santa Cate-rina, la Rettrice e la Vice Rettrice, che, partecipando quotidianamente e attiva-mente alla vita collegiale, rendevano possibile, an-c h e a t t r a v e r s o l’organizzazione di confe-renze e convegni, il con-cretizzarsi dei progetti pro-posti dalle alunne.

Nel corso dei cinque anni

di vita universitaria, non sono mancati i momenti di svago e di divertimento, come le feste organizzate dal nostro o da altri Collegi di Pavia, e le attività sporti-ve che permettevano di sentirsi una “squadra” an-

che sul campo di basket, di pallavolo o di calcio.

Quasi da subito capii che

alla formazione intellettua-le veniva affiancata una formazione umana. Il San-ta Caterina non è un dor-mitorio, ma un luogo in cui, crescendo insieme ad altre

alunne, nel rispetto delle diversità di ciascuna, s’impara a diventare per-sone, a essere più tolleran-ti, a saper ascoltare e a coniugare lo studio con i momenti di condivisione, siano essi culturali, umani, istituzionali o goliardici.

Tutti insegnamenti che, come ci si rende meglio conto una volta usciti dalle mura collegiali, si sono rivelati utili nella quotidiani-tà, nelle relazioni sociali e nel mondo del lavoro.

Con il passare del tempo,

il Collegio diventa una sor-ta di famiglia e, a distanza di anni dalla conclusione del proprio percorso uni-versitario, ogni volta che si varca la soglia di via San Martino 17/b, si ha sempre

l’impressione di tornare a casa.

Alcune delle

persone cono-sciute in quegli anni si perdono di vista; altre si rincontrano suc-cessivamente, al tradizionale raduno delle Ex, quando ci si ri-trova a ricorda-re, col sorriso e con un pizzico di n o s t a l g i a , l’esperienza co-mune. Altre an-cora continuano

a essere presenti perché si sceglie di proseguire il trat-to di strada fatta insieme; il percorso collegiale si tra-sforma, allora, in solida amicizia e in condivisione dei momenti felici e tragici, della quotidianità, vissuta anche nella sua monotoni-a, delle incertezze e dei cambiamenti, delle sconfit-te e dei progetti di vita futu-ra.

SANTA CATERINA

I 40 ANNI DEL COLLEGIO

di LAURA DEL ROSARIO

QUI: UNA VEDUTA DEL COLLEGIO S. CATERINA. SOPRA, A DESTRA: IL GIARDINO; A SINISTRA: LA CAPPELLA

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Pagina 7 Numero ot tantac inque - Marzo 2013

4 marzo 2013, ore 21 Maria Pia Musatti (già Rettrice del Collegio) Giuseppe Vico (Professore di Pedagogia generale Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano) La sfida educativa, oggi

11 marzo 2013, ore 21 Yvonne Messi (avvocato, Vice-Presidente di SACBO) L’esperienza di una amministratrice di società di gestione aeroportuale

18 marzo 2013, ore 21 Anna Beltrametti (Professore di Drammaturgia greca e Storia del teatro antico all'Università di Pavia) Le donne antiche: pensiero, poesia, teatro

6 maggio 2013, ore 21 Roberta Delfanti (dirigente di ricerca ENEA), Anna Occhipinti (Professore di Ecologia U-niversità di Pavia) Il Mar Mediterraneo che cambia

16 maggio 2013, ore 20.30 Elena Fossati (medico), Maurizio Daccò (medico) Il futuro della medicina di famiglia

20 maggio 2013, ore 18 Elisa Fazzi (Professore di Neuropsi-chiatria Infantile, Università di Brescia) Umberto Balottin (Professore di Neuropsichiatria Infantile, Università di Pavia) Il Neuropsichiatra Infantile

27 maggio 2013, ore 18 Anna Maria Grandi (Professore di Medicina Interna Università degli Studi dell’Insubria) Roberto Fogari (Professore di Medicina Interna, Università di Pavia) Il Clinico Medico

4 giugno 2013, ore 18 Paola Rosaschino (Dirigente Medico di Ostetricia e Ginecologia, Bergamo) Arsenio Spinillo (Professore di Ostetricia e Ginecologia, Università di Pavia) L’Ostetrico-Ginecologo A partire dal 16 maggio, in occasione degli incontri di medicina si terrà la mostra Le caricature nell’iconografia medica a cura di Lorenzo Lorusso ------------

EVENTI SPECIALI 22 aprile 2013 Convegno “Papa Montini, Caterina, le donne” (moderatrice Giulia Galeotti) S. Messa con S. Ecc. Mons. Giovanni Angelo Becciu (presenza da confermare)

Inaugurazione mostra “Dall'età degli incunaboli all'Ottocento: Caterina at-traverso i libri” (mostra a cura del Master in professioni e prodotti dell'editoria e dalla Società Bibliografica Toscana) Maria Pia Sacchi Mussini (Rettrice del Collegio) sr. Elsa Antoniazzi (filosofa e teologa) Adriana Valerio (storica e teologa) Lucetta Scaraffia (storica e giornalista) Autunno 2013 (data da definire) Caterina, parole e musica Concerto per pianoforte e voce dall'opera di Sante Zanon "Santa Caterina da Siena", in collaborazione con l'Istituto Superiore di Studi Musicali "Franco Vittadini" di Pavia. Letture sceniche delle lettere di S. Caterina. Gli incontri si terranno presso il Collegio S. Caterina (Via San Martino, 17/A) e la Residenza Universitaria Biomedica (via Giulotto, 12)

I 40 ANNI DEL COLLEGIO

SANTA CATERINA

IL COMITATO PROMOTORE

S.E. mons. GIOVANNI GIUDICI Vescovo di Pavia prof. ANGIOLINO STELLA Rettore dell’Università degli Studi di Pavia prof. ROBERTO SCHMID Rettore dell’Istituto Universitario di Studi Superiori prof. SIGFRIDO BOFFI Presidente della Fondazione Collegio Universitario S. Caterina da Siena prof.ssa MARIA PIA SACCHI MUSSINI Rettrice del Collegio Universitario S. Caterina da Siena prof.ssa ELISA FAZZI Direttore della Residenza Universitaria Biomedica prof.ssa STEFANIA BOFFANO Presidentessa dell’Associazione Alunne del Collegio CHIARA LO PASSO in rappresentanza delle alunne dir. FAUSTO GIANINI Presidente della Fondazione Mintas prof. CRISTIANO CIAPPEI Presidente dell’Associazione dei Collegi Universitari di Merito dott.ssa TERESA PELLEGRINI CAMMARANO

A DESTRA: IL CICLO PITTORICO DELLA PITTRICE PAVESE ROSANNA GARBARINI ALLESTITO

PRESSO IL COLLEGIO S. CATERINA. IN DODICI RIQUADRI CONTIGUI, IL CICLO ,

DIPINTO NEL 1979, “RACCONTA” LA VITA DELLA SANTA

GLI EVENTI DEL QUARANTENNALE

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1. Il destino del mondo e delle persone che lo abitano è in mano alla donna.

2. Donna Italia nel retro della carta d’identità: pur vivendo accanto a noi, tra patente e carte di credito, l’allegoria spesso passa inosservata. L’icona è stata inspiegabilmente dimenticata anche nella stampa celebrativa dell’unità nazionale, pubblicata il 17 marzo 1861.

3. Raffigurazione della città di Antiochia (IV secolo a.C.).

4. La famosa Venere di Willendorf, risalente

al paleolitico superiore (30-20.000 a.C.), tra le prime rap-presentazioni femminili della storia, con ampi fianchi e grossi seni per indicare l’abbondanza e la grande capacità di procrea-re. Nota anche come donna di Willendorf, è una statuetta stea-topigia di 11 cm d’altezza che si trova al Naturhistorisches Mu-seum di Vienna. La mancanza del volto associa l’immagine a quella delle Dea Madre, quale simbolo della maternità in sen-so astratto. 5. La Dea Iside mentre allatta il figlio Horus, epoca tolemaica, II secolo a.C. circa. 6. Denarius coniato all’epoca di Antonino Pio (ANTONINVS AVG PI_VS P P TR P COS III) con l’effige dell’imperatore e la raffigurazione al femminile

dell’Italia, accompagnata dal nome, del peso di circa quattro grammi. Il diritto di coniare il denarius (moneta d’argento) competeva all’imperatore; quello di coniare i sesterzi (in argento durante la Repubblica, in bronzo e in oricalco durante l’impero), spettava al Senato. Dopo la ri-forma monetaria di Augusto del 19 a.C. l’aureo (in oro) valeva 25 denari in argento, che a sua volta valeva 4 sesterzi, corrispondenti nel primo impe-ro alla paga giornaliera di un lavoratore. 7. Particolare del sesterzio con-tenente Donna Italia nel carti-glio della carta generale dell’Italia a stampa realizzata ad Anversa nel 1595, ideata da

cartografo Giacomo Gastaldi, e acclusa a Parergon, opera pub-blicata dall’editore Abraham Ortelio. L’allegoria è accompa-gnata dalla scritta EX NVMMMO AEREO IMP. CAES. ANTONINI PII AVG. in onore all’imperatore Antonino Pio, che sposò Annia

Galeria Fausti-na, detta Fau-stina Maggiore (n. 104 - m. 141 d. C.), figlia di Marco Annio Vero. La sigla S C (Senatus Consultum) veniva in epoca romana appo-sta sui sesterzi, coniati per vo-lere del Sena-to. La figura fem-minile con sot-tostante il no-me ITALIA è seduta su glo-bo che, a diffe-renza di quello

delle monete imperiali, è dive-nuto crucigero simboleggiante il dominio del Dio cristiano sul mondo . La mano destra regge una traboccante cornucopia e quella sinistra uno scettro. La figura femminile presenta un corpo piuttosto esile, avvolto da

una veste soltanto nella parte inferiore; quella superiore è parzialmente coperta da una fascia che lascia intravedere il bacino e minuscoli seni. Il capo è cinto da una corona con quat-tro torri, senza stella. 8. La figura allegorica dell’Italia, con scettro, testa turrita e stella nel Cenotafio di Dante Alighieri, monumento realizzato nel 1829 da Stefano

Ricci. Firenze, Santa Croce. Un omaggio al Sommo Poeta che nella Divina Commedia (Purgatorio, VI, 76-114, invo-cando l’intervento unificatore di Alberto d’Asburgo durante l’incontro con Sordello da Man-tova), scrisse i celebri versi: Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello! […] guarda come esta fiera è fatta fella per non esser corretta da li sproni, […] Vieni a veder la tua Roma che piagne / vedova e sola, e dì e notte chiama: / «Cesare mio, perché non m'accompagne?». 9. L’allegoria nell’affresco fatto dipingere da Ludovico Il Moro nel capitello di una colonna del Palazzo Ducale di Vigevano

(restaurato nei primi anni del 1900 dal pittore Casimiro Otto-ne). Il disegno, risalente al 1490 circa, è probabilmente il primo esempio d’icona dell’Italia con testa turrita in epoca rinasci-mentale. La dama in abbiglia-

mento regale porta una veste ricamata con emblemi delle principali città italiane. Accanto a lei uno scudiero mo-ro è intento a ripulirla con una Scopetta. A chi chiedeva lumi, Ludovico rispondeva: “La don-na è l’Italia, io sono lo scudiero, la scopetta è per nettar l’Italia d’ogni bruttura volendo che s’intendesse il Moro essere ar-bitro dell’Italia e assettarla co-me gli pareva”. Il presunto si-gnificato della Scopetta è rac-contato da Paolo Giovio nel suo Dialogo dell’imprese militari e amorose, scritto nel 1551; l’immagine riprodotta è tratta dalla corrispondente miniatura di fine 1400 inserita nel codice Trivulziano "Imprese" n. 2168, c 39 r, conservato presso la Bi-blioteca Trivulziana del castello Sforzesco di Milano. 10. L’allegoria dell’Italia secon-do Cesare Ripa, in una delle riedizioni seicentesche della sua opera. Questa figura, dise-

gnata secondo quanto traman-dato dal poeta latino Claudius Claudia-

no, sarà il modello ispiratore delle icone inserite negli appa-rati decorativi delle carte geo-grafiche dedicate all’Italia nei secoli XVI, XVII e XVIII. 11. Donna Italia, in atteggia-mento disinvolto nella parte su-periore dell’affresco dedicato all’Italia Antiqua nella galleria

posta nel braccio occiden-tale del Belvede-re Vati-cano, oggi det-ta delle Carte

Geografiche. L’icona è stata probabilmente inserita nel 1624 da Lukas Holste, italianizzato in Holstenio, autore di significati-ve modifiche all’originario di-pinto eseguito tra il 1581 e il 1585 da Girolamo Muziano con cartoni disegnati da Don Igna-zio Danti. 12. Nelle carte geografiche l’allegoria che più di ogni altra ricorda quella inserita nelle o-

pere di Cesare Ripa (e quella descritta nei versi del poeta latino Claudiano) è quella su cui si impernia l’apparato decorati-vo della tavola dedicata all’Italia da Willem Blaeu per essere acclusa nel monumenta-le volume Theatrum Orbis T errarum sive Atlas Novus, edito per la prima volta ad Am-sterdam nel 1635. La formosa e florida donna che troneggia sopra al titolo ITALIA ha l’abbigliamento della dea Minerva, con un brillante ampio fermaglio che le cinge la vita per tenere unite le piegature della sua veste; nessun ornamento affiora dai suoi capelli e non ci sono acconciature che si ravvolgano intorno al collo; è coronata di torri sovrastate da una stella, tiene nella mano destra un’asta e in quella sinistra una cornucopia abbondante di frutti, tiene in grembo un’altra corona e una tiara pontificia; accanto ai suoi piedi si intravedono anfore, un globo e una lira cordofona. Le fanno da cornice quattro figure allegoriche con anfore, fiocina, liuto e mostri marini, a personi-ficare, nonostante siano anoni-mi, i principali fiumi (Po e Teve-re) e mari (Tirreno e Adriatico). Per la prima volta in una carta geografica sulla tradizionale e classica figura allegorica dell’Italia turrita aleggia una luminosa stella.

L’autore del libro “L’Italia è donna. Eterna e fatale” ci accompagna attraverso una storia lunga duemila anni; quella del simbolo del nostro Paese, dalla Roma imperiale fino ai nostri giorni

I l 150° ann iversar io

dell’Unità Nazionale ha ri-portato alla ribalta l’allegoria che rappresenta la nostra patria, il territorio italiano e i popoli che lo abitano.

Sto parlando della Donna

Turrita, spesso sormontata da una luminosa stella, che trova autorevole posto in molti documenti ufficiali dello Stato: nella prima pagina del passaporto, nella carta d’identità, all'interno del tim-bro apposto sulla tessera elettorale, al centro della stella al merito del lavoro; in tempi non lontani, ha trovato elegante collocazione, in diversi colori, in numerose serie di francobolli, in cartoli-ne postali e commemorative e, prima del l ’avvento dell’Euro, sul dritto delle mo-nete da 50 e 100 lire e, da ultimo, sul dritto della mone-ta da 1000 lire.

È un’icona di antichissime e

nobili origini ma spesso di-menticata. Ad esempio pas-sa quasi sempre inosservata quella inserita nell’ultima f a cc i a t a de l l a ca r t a d’identità, accanto alla data di scadenza del documento. È stata completamente e inspiegabilmente ignorata nella rarissima e splendida

l i t og r a f i a c e leb r a t i va dell’Unità Nazionale esegui-ta in occasione della procla-mazione a Re d’Italia di Vit-torio Emanuele II da parte di Camillo Benso Conte di Ca-vour, avvenuta a Torino il 17 marzo 1861.

Al centro del margine supe-

riore della bella stampa brilla una luminosa stella, ma Donna Italia non c’è.

Ecco allora la giusta occa-

sione di riscatto per la storia bimillenaria e le straordinarie immagini di questa affasci-nante Signora che deriva da antiche rappresentazioni di divinità del mondo classico, prime tra tutte l’anatolica De-a Cibele e l’ellenica Dea Mi-nerva.

Secondo i Dizionari Storici

più accreditati (per tutti Di-zionario Storico Mitologico di tutti i popoli del mondo, com-pilato da Giovanni Pozzoli, Felice Romani e Antonio Pe-racchi, Tomo II, Livorno, Ti-pografia Vignozzi, 1829) è una donna coronata di torri, che tiene nella mano destra un’asta e in quella sinistra una cornucopia, ai cui piedi sta un’aquila posta sopra un globo; oppure assisa sopra un globo, con la corona guarnita di giri con cornuco-

pia e scettro nelle mani per dinotare il suo impero sull’universo.

Il poeta latino Claudius

Claudianus (370-404 d.C.) l’ha invece descritta come u n a d o n n a c o n l’abbigliamento di Minerva, senza ornamenti ai capelli o acconciatura che si ravvolga intorno al collo; senza difese al fianco destro; con un bril-lante fermaglio che tiene u-nite le piegature della sua veste, dalla quale sfuggono i duplici globi del coraggioso e indomito suo petto; vi si vedono i due fanciulli predi-letti di Marte e la lupa che sta allattandoli sulle sponde del fiume.

Questi sono gli attributi spe-

cifici attribuiti alla giovane e talvolta formosa donna vesti-ta con abiti che la fasciano sino ai piedi, lasciando spa-zio a una sobria scollatura. È doveroso tuttavia ricordare come la corona muralis e lo scettro (simboli regali e di potere), la traboccante cor-nucopia (richiamo alla fertili-tà, floridezza e generosità della terra italica) e il globo (che allude al dominio sul mondo) non siano gli unici s i m b o l i c h e l’accompagnano. Frequente-mente è affiancata anche da

altre figure mitologiche con anfore (a rappresentare l’abbondanza di fiumi, corsi d’acqua e bacini lacustri), liuti, lire e altri strumenti mu-sicali (che alludono allo spiri-to artistico degli italiani), ta-volozze e libri (a ricordare il primato in campo scientifi-co); oppure ancora da ani-mali, bestiame e aratri, da tritoni e fiocine, a conferma della propensione verso l’economia agricola o della vocazione marinara delle genti italiche di un tempo. Non mancano spade e bilan-cia (simboli di giustizia), tia-re, mitre e ferule papali.

L’icona ha ispirato dipinti,

monumenti, statue, sculture, monete, bolli, manifesti, car-toline postali, francobolli e giornali; un copioso numero di allegorie compare negli Atlanti e nelle antiche carte geografiche.

Sul capo turrito spesso a-

leggia una brillante stella (a cinque, sei o più punte) che oggi porta il nome di stellone d ’ I t a l i a , p r e s e n t e nell’emblema della Repub-blica Italiana, sui colletti del-le uniformi indossate dai no-stri soldati e nella polena delle navi della Marina Mili-tare.

A simboleggiare la gloriosa

storia del nostro popolo.

ORIGINI DI UN’ICONA AL FEMMINILE

Nella ricerca delle origini

dell’allegoria non possiamo non domandarci perché sia prevalentemente un’icona al femminile a rappresentare un popolo o una regione ge-ografica. Così come avvie-ne, tanto per ricordare gli esempi più famosi, per l’austera greca Atena, per la perfida britannica Albione, per la seducente francese Marianne, per la grifagna Austria e per la graziosa donna che compone la sta-tua della Libertà a New York. La risposta va cercata nei culti più remoti, secondo cui il destino dell’umanità era personificato dalla Dea Madre, o della fertilità, la di-vinità al femminile dalla qua-le si nasce e alla quale si torna per poi rinascere nuo-vamente, attraverso un ciclo perpetuo. Una donna che, chiudendo il cerchio della vita, sovrintende alle tre fasi ineluttabili, della nascita, dell’esistenza e della morte. Dea Madre venerata in ogni parte della terra, anche se

con nomi diversi: in Grecia (dove era chiamata Gea e Athena), in Italia (Cibele, Bona Dea, Minerva, Uni e, dagli etruschi, Dea Mater Matuta); in Spagna e Malta (Dea Astarte); Russia (Dea Lada); in Africa (Nana e Isi-de); in Mesopotamia e Ana-tolia (Ninhursag, Cibele, e Anahita); in Cina (Quan-Yin) e in India (Durga). Con il dif-fondersi del culto queste Ve-neri assunsero diverse per-sonificazioni in concomitan-za con il perpetuarsi delle generazioni, gli spostamenti dei popoli e la differenziazio-ne delle culture: Ishtar, A-starte, Afrodite e Venere (dee dell’amore); Ecate tri-forme (della fertilità); Artemi-de e Diana (della caccia), Demetra, Cerere, Persefo-ne, Proserpina (della fertilità del suolo). Tutte queste divi-nità, anche se in modo di-verso, rappresentano la Dea Terra, la Madre di ogni esse-re vivente; sono il simbolo della natura in ogni suo a-spetto, positivo e negativo.

Ne è una prova l’esistenza

di numerose statue in pietra, tra cui la più interessante è forse quella antropomorfa risalente al paleolitico supe-riore (30-20.000 a.C.), di cir-ca undici centimetri di altez-

za, ritrovata dall’archeologo Joseph Szombathy nel 1908, nei pressi della città di Willendorf in Austria (e per-ciò chiamata Venere di Wil-lendorf). Statuette antropomorfe simi-li, e molte risalenti al Neoliti-co, sono state ritrovate in tutto il mondo. A Vicofertile, in provincia di Parma, nel 2006 una statuina femminile che personifica la Grande Madre è stata trovata in una sepoltura risalente alla metà del V millennio a.C.

Ulteriori prove sono le nu-

merose raffigurazioni dedi-cate alla Dea Iside e alla De-a Minerva.

Si aggiunga inoltre che nel-

la società matriarcale come quella primitiva era la donna il fulcro del gruppo familiare, la persona che trasmetteva le conoscenze, che curava le malattie ed educava quel-la prole che solo lei aveva facoltà di generare. Questa facoltà di generare la vita, l’esistenza e la morte (che trova puntuale riscontro nel mito greco delle tre Moire o Parche, il cui compito era tessere il filo del destino di ogni uomo, svolgerlo ed infi-ne reciderlo), rese perciò la figura femminile più adegua-ta dell’uomo a essere divina.

Nell’antico Egitto i faraoni

frequentemente salivano al trono tramite la linea femmi-nile o cristallizzavano le loro cariche sposando sorelle o figlie; l’ultimo faraone della Dinastia tolemaica d'Egitto, ad esempio, salì al trono sposando la sorella Cleopa-tra.

Perciò, nonostante la conti-

nua trasformazione della società in senso maschilista, l’icona femminile ebbe il so-pravvento su quella maschi-le, dismettendo i panni della divinità ancestrale e assu-mendo quelli di Donna Re-gale. Così com’è successo per l’icona che personifica l’Italia, che verosimilmente discende dalle Divine Cibele e Minerva.

L’ICONA ITALIA

Le prime rappresentazioni

dell'Italia turrita risalgono all’epoca romana, traendo probabile ispirazione da al-cune monete coniate a Sira-cusa nel IV-III secolo a.C. e da Cibele, un’antica divinità anatolica, venerata come Grande Madre, e raffigurata in statue e monete (famosa

(Continua a pagina 10)

di ROBERTO BORRI

ROBERTO BORRI

Page 9: R I 40 anni del Santa Caterina SCOTTI Valentinasocrate.apnetwork.it/.../uploads/2013/03/socrate85.pdf · 2013. 3. 18. · del grand récit. L’età dei diritti fonda-mentali della

Pagina 9

1. Il destino del mondo e delle persone che lo abitano è in mano alla donna.

2. Donna Italia nel retro della carta d’identità: pur vivendo accanto a noi, tra patente e carte di credito, l’allegoria spesso passa inosservata. L’icona è stata inspiegabilmente dimenticata anche nella stampa celebrativa dell’unità nazionale, pubblicata il 17 marzo 1861.

3. Raffigurazione della città di Antiochia (IV secolo a.C.).

4. La famosa Venere di Willendorf, risalente

al paleolitico superiore (30-20.000 a.C.), tra le prime rap-presentazioni femminili della storia, con ampi fianchi e grossi seni per indicare l’abbondanza e la grande capacità di procrea-re. Nota anche come donna di Willendorf, è una statuetta stea-topigia di 11 cm d’altezza che si trova al Naturhistorisches Mu-seum di Vienna. La mancanza del volto associa l’immagine a quella delle Dea Madre, quale simbolo della maternità in sen-so astratto. 5. La Dea Iside mentre allatta il figlio Horus, epoca tolemaica, II secolo a.C. circa. 6. Denarius coniato all’epoca di Antonino Pio (ANTONINVS AVG PI_VS P P TR P COS III) con l’effige dell’imperatore e la raffigurazione al femminile

dell’Italia, accompagnata dal nome, del peso di circa quattro grammi. Il diritto di coniare il denarius (moneta d’argento) competeva all’imperatore; quello di coniare i sesterzi (in argento durante la Repubblica, in bronzo e in oricalco durante l’impero), spettava al Senato. Dopo la ri-forma monetaria di Augusto del 19 a.C. l’aureo (in oro) valeva 25 denari in argento, che a sua volta valeva 4 sesterzi, corrispondenti nel primo impe-ro alla paga giornaliera di un lavoratore. 7. Particolare del sesterzio con-tenente Donna Italia nel carti-glio della carta generale dell’Italia a stampa realizzata ad Anversa nel 1595, ideata da

cartografo Giacomo Gastaldi, e acclusa a Parergon, opera pub-blicata dall’editore Abraham Ortelio. L’allegoria è accompa-gnata dalla scritta EX NVMMMO AEREO IMP. CAES. ANTONINI PII AVG. in onore all’imperatore Antonino Pio, che sposò Annia

Galeria Fausti-na, detta Fau-stina Maggiore (n. 104 - m. 141 d. C.), figlia di Marco Annio Vero. La sigla S C (Senatus Consultum) veniva in epoca romana appo-sta sui sesterzi, coniati per vo-lere del Sena-to. La figura fem-minile con sot-tostante il no-me ITALIA è seduta su glo-bo che, a diffe-renza di quello

delle monete imperiali, è dive-nuto crucigero simboleggiante il dominio del Dio cristiano sul mondo . La mano destra regge una traboccante cornucopia e quella sinistra uno scettro. La figura femminile presenta un corpo piuttosto esile, avvolto da

una veste soltanto nella parte inferiore; quella superiore è parzialmente coperta da una fascia che lascia intravedere il bacino e minuscoli seni. Il capo è cinto da una corona con quat-tro torri, senza stella. 8. La figura allegorica dell’Italia, con scettro, testa turrita e stella nel Cenotafio di Dante Alighieri, monumento realizzato nel 1829 da Stefano

Ricci. Firenze, Santa Croce. Un omaggio al Sommo Poeta che nella Divina Commedia (Purgatorio, VI, 76-114, invo-cando l’intervento unificatore di Alberto d’Asburgo durante l’incontro con Sordello da Man-tova), scrisse i celebri versi: Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello! […] guarda come esta fiera è fatta fella per non esser corretta da li sproni, […] Vieni a veder la tua Roma che piagne / vedova e sola, e dì e notte chiama: / «Cesare mio, perché non m'accompagne?». 9. L’allegoria nell’affresco fatto dipingere da Ludovico Il Moro nel capitello di una colonna del Palazzo Ducale di Vigevano

(restaurato nei primi anni del 1900 dal pittore Casimiro Otto-ne). Il disegno, risalente al 1490 circa, è probabilmente il primo esempio d’icona dell’Italia con testa turrita in epoca rinasci-mentale. La dama in abbiglia-

mento regale porta una veste ricamata con emblemi delle principali città italiane. Accanto a lei uno scudiero mo-ro è intento a ripulirla con una Scopetta. A chi chiedeva lumi, Ludovico rispondeva: “La don-na è l’Italia, io sono lo scudiero, la scopetta è per nettar l’Italia d’ogni bruttura volendo che s’intendesse il Moro essere ar-bitro dell’Italia e assettarla co-me gli pareva”. Il presunto si-gnificato della Scopetta è rac-contato da Paolo Giovio nel suo Dialogo dell’imprese militari e amorose, scritto nel 1551; l’immagine riprodotta è tratta dalla corrispondente miniatura di fine 1400 inserita nel codice Trivulziano "Imprese" n. 2168, c 39 r, conservato presso la Bi-blioteca Trivulziana del castello Sforzesco di Milano. 10. L’allegoria dell’Italia secon-do Cesare Ripa, in una delle riedizioni seicentesche della sua opera. Questa figura, dise-

gnata secondo quanto traman-dato dal poeta latino Claudius Claudia-

no, sarà il modello ispiratore delle icone inserite negli appa-rati decorativi delle carte geo-grafiche dedicate all’Italia nei secoli XVI, XVII e XVIII. 11. Donna Italia, in atteggia-mento disinvolto nella parte su-periore dell’affresco dedicato all’Italia Antiqua nella galleria

posta nel braccio occiden-tale del Belvede-re Vati-cano, oggi det-ta delle Carte

Geografiche. L’icona è stata probabilmente inserita nel 1624 da Lukas Holste, italianizzato in Holstenio, autore di significati-ve modifiche all’originario di-pinto eseguito tra il 1581 e il 1585 da Girolamo Muziano con cartoni disegnati da Don Igna-zio Danti. 12. Nelle carte geografiche l’allegoria che più di ogni altra ricorda quella inserita nelle o-

pere di Cesare Ripa (e quella descritta nei versi del poeta latino Claudiano) è quella su cui si impernia l’apparato decorati-vo della tavola dedicata all’Italia da Willem Blaeu per essere acclusa nel monumenta-le volume Theatrum Orbis T errarum sive Atlas Novus, edito per la prima volta ad Am-sterdam nel 1635. La formosa e florida donna che troneggia sopra al titolo ITALIA ha l’abbigliamento della dea Minerva, con un brillante ampio fermaglio che le cinge la vita per tenere unite le piegature della sua veste; nessun ornamento affiora dai suoi capelli e non ci sono acconciature che si ravvolgano intorno al collo; è coronata di torri sovrastate da una stella, tiene nella mano destra un’asta e in quella sinistra una cornucopia abbondante di frutti, tiene in grembo un’altra corona e una tiara pontificia; accanto ai suoi piedi si intravedono anfore, un globo e una lira cordofona. Le fanno da cornice quattro figure allegoriche con anfore, fiocina, liuto e mostri marini, a personi-ficare, nonostante siano anoni-mi, i principali fiumi (Po e Teve-re) e mari (Tirreno e Adriatico). Per la prima volta in una carta geografica sulla tradizionale e classica figura allegorica dell’Italia turrita aleggia una luminosa stella.

L’autore del libro “L’Italia è donna. Eterna e fatale” ci accompagna attraverso una storia lunga duemila anni; quella del simbolo del nostro Paese, dalla Roma imperiale fino ai nostri giorni

I l 150° ann iversar io

dell’Unità Nazionale ha ri-portato alla ribalta l’allegoria che rappresenta la nostra patria, il territorio italiano e i popoli che lo abitano.

Sto parlando della Donna

Turrita, spesso sormontata da una luminosa stella, che trova autorevole posto in molti documenti ufficiali dello Stato: nella prima pagina del passaporto, nella carta d’identità, all'interno del tim-bro apposto sulla tessera elettorale, al centro della stella al merito del lavoro; in tempi non lontani, ha trovato elegante collocazione, in diversi colori, in numerose serie di francobolli, in cartoli-ne postali e commemorative e, prima del l ’avvento dell’Euro, sul dritto delle mo-nete da 50 e 100 lire e, da ultimo, sul dritto della mone-ta da 1000 lire.

È un’icona di antichissime e

nobili origini ma spesso di-menticata. Ad esempio pas-sa quasi sempre inosservata quella inserita nell’ultima f a cc i a t a de l l a ca r t a d’identità, accanto alla data di scadenza del documento. È stata completamente e inspiegabilmente ignorata nella rarissima e splendida

l i t og r a f i a c e leb r a t i va dell’Unità Nazionale esegui-ta in occasione della procla-mazione a Re d’Italia di Vit-torio Emanuele II da parte di Camillo Benso Conte di Ca-vour, avvenuta a Torino il 17 marzo 1861.

Al centro del margine supe-

riore della bella stampa brilla una luminosa stella, ma Donna Italia non c’è.

Ecco allora la giusta occa-

sione di riscatto per la storia bimillenaria e le straordinarie immagini di questa affasci-nante Signora che deriva da antiche rappresentazioni di divinità del mondo classico, prime tra tutte l’anatolica De-a Cibele e l’ellenica Dea Mi-nerva.

Secondo i Dizionari Storici

più accreditati (per tutti Di-zionario Storico Mitologico di tutti i popoli del mondo, com-pilato da Giovanni Pozzoli, Felice Romani e Antonio Pe-racchi, Tomo II, Livorno, Ti-pografia Vignozzi, 1829) è una donna coronata di torri, che tiene nella mano destra un’asta e in quella sinistra una cornucopia, ai cui piedi sta un’aquila posta sopra un globo; oppure assisa sopra un globo, con la corona guarnita di giri con cornuco-

pia e scettro nelle mani per dinotare il suo impero sull’universo.

Il poeta latino Claudius

Claudianus (370-404 d.C.) l’ha invece descritta come u n a d o n n a c o n l’abbigliamento di Minerva, senza ornamenti ai capelli o acconciatura che si ravvolga intorno al collo; senza difese al fianco destro; con un bril-lante fermaglio che tiene u-nite le piegature della sua veste, dalla quale sfuggono i duplici globi del coraggioso e indomito suo petto; vi si vedono i due fanciulli predi-letti di Marte e la lupa che sta allattandoli sulle sponde del fiume.

Questi sono gli attributi spe-

cifici attribuiti alla giovane e talvolta formosa donna vesti-ta con abiti che la fasciano sino ai piedi, lasciando spa-zio a una sobria scollatura. È doveroso tuttavia ricordare come la corona muralis e lo scettro (simboli regali e di potere), la traboccante cor-nucopia (richiamo alla fertili-tà, floridezza e generosità della terra italica) e il globo (che allude al dominio sul mondo) non siano gli unici s i m b o l i c h e l’accompagnano. Frequente-mente è affiancata anche da

altre figure mitologiche con anfore (a rappresentare l’abbondanza di fiumi, corsi d’acqua e bacini lacustri), liuti, lire e altri strumenti mu-sicali (che alludono allo spiri-to artistico degli italiani), ta-volozze e libri (a ricordare il primato in campo scientifi-co); oppure ancora da ani-mali, bestiame e aratri, da tritoni e fiocine, a conferma della propensione verso l’economia agricola o della vocazione marinara delle genti italiche di un tempo. Non mancano spade e bilan-cia (simboli di giustizia), tia-re, mitre e ferule papali.

L’icona ha ispirato dipinti,

monumenti, statue, sculture, monete, bolli, manifesti, car-toline postali, francobolli e giornali; un copioso numero di allegorie compare negli Atlanti e nelle antiche carte geografiche.

Sul capo turrito spesso a-

leggia una brillante stella (a cinque, sei o più punte) che oggi porta il nome di stellone d ’ I t a l i a , p r e s e n t e nell’emblema della Repub-blica Italiana, sui colletti del-le uniformi indossate dai no-stri soldati e nella polena delle navi della Marina Mili-tare.

A simboleggiare la gloriosa

storia del nostro popolo.

ORIGINI DI UN’ICONA AL FEMMINILE

Nella ricerca delle origini

dell’allegoria non possiamo non domandarci perché sia prevalentemente un’icona al femminile a rappresentare un popolo o una regione ge-ografica. Così come avvie-ne, tanto per ricordare gli esempi più famosi, per l’austera greca Atena, per la perfida britannica Albione, per la seducente francese Marianne, per la grifagna Austria e per la graziosa donna che compone la sta-tua della Libertà a New York. La risposta va cercata nei culti più remoti, secondo cui il destino dell’umanità era personificato dalla Dea Madre, o della fertilità, la di-vinità al femminile dalla qua-le si nasce e alla quale si torna per poi rinascere nuo-vamente, attraverso un ciclo perpetuo. Una donna che, chiudendo il cerchio della vita, sovrintende alle tre fasi ineluttabili, della nascita, dell’esistenza e della morte. Dea Madre venerata in ogni parte della terra, anche se

con nomi diversi: in Grecia (dove era chiamata Gea e Athena), in Italia (Cibele, Bona Dea, Minerva, Uni e, dagli etruschi, Dea Mater Matuta); in Spagna e Malta (Dea Astarte); Russia (Dea Lada); in Africa (Nana e Isi-de); in Mesopotamia e Ana-tolia (Ninhursag, Cibele, e Anahita); in Cina (Quan-Yin) e in India (Durga). Con il dif-fondersi del culto queste Ve-neri assunsero diverse per-sonificazioni in concomitan-za con il perpetuarsi delle generazioni, gli spostamenti dei popoli e la differenziazio-ne delle culture: Ishtar, A-starte, Afrodite e Venere (dee dell’amore); Ecate tri-forme (della fertilità); Artemi-de e Diana (della caccia), Demetra, Cerere, Persefo-ne, Proserpina (della fertilità del suolo). Tutte queste divi-nità, anche se in modo di-verso, rappresentano la Dea Terra, la Madre di ogni esse-re vivente; sono il simbolo della natura in ogni suo a-spetto, positivo e negativo.

Ne è una prova l’esistenza

di numerose statue in pietra, tra cui la più interessante è forse quella antropomorfa risalente al paleolitico supe-riore (30-20.000 a.C.), di cir-ca undici centimetri di altez-

za, ritrovata dall’archeologo Joseph Szombathy nel 1908, nei pressi della città di Willendorf in Austria (e per-ciò chiamata Venere di Wil-lendorf). Statuette antropomorfe simi-li, e molte risalenti al Neoliti-co, sono state ritrovate in tutto il mondo. A Vicofertile, in provincia di Parma, nel 2006 una statuina femminile che personifica la Grande Madre è stata trovata in una sepoltura risalente alla metà del V millennio a.C.

Ulteriori prove sono le nu-

merose raffigurazioni dedi-cate alla Dea Iside e alla De-a Minerva.

Si aggiunga inoltre che nel-

la società matriarcale come quella primitiva era la donna il fulcro del gruppo familiare, la persona che trasmetteva le conoscenze, che curava le malattie ed educava quel-la prole che solo lei aveva facoltà di generare. Questa facoltà di generare la vita, l’esistenza e la morte (che trova puntuale riscontro nel mito greco delle tre Moire o Parche, il cui compito era tessere il filo del destino di ogni uomo, svolgerlo ed infi-ne reciderlo), rese perciò la figura femminile più adegua-ta dell’uomo a essere divina.

Nell’antico Egitto i faraoni

frequentemente salivano al trono tramite la linea femmi-nile o cristallizzavano le loro cariche sposando sorelle o figlie; l’ultimo faraone della Dinastia tolemaica d'Egitto, ad esempio, salì al trono sposando la sorella Cleopa-tra.

Perciò, nonostante la conti-

nua trasformazione della società in senso maschilista, l’icona femminile ebbe il so-pravvento su quella maschi-le, dismettendo i panni della divinità ancestrale e assu-mendo quelli di Donna Re-gale. Così com’è successo per l’icona che personifica l’Italia, che verosimilmente discende dalle Divine Cibele e Minerva.

L’ICONA ITALIA

Le prime rappresentazioni

dell'Italia turrita risalgono all’epoca romana, traendo probabile ispirazione da al-cune monete coniate a Sira-cusa nel IV-III secolo a.C. e da Cibele, un’antica divinità anatolica, venerata come Grande Madre, e raffigurata in statue e monete (famosa

(Continua a pagina 10)

di ROBERTO BORRI

TUTTE LE IMMAGINI SONO STATE TRATTE DAL LIBRO

DI ROBERTO BORRI L’ITALIA È DONNA. ETERNA E FATALE,

BOFFI EDIZIONI 2012, OPERA CHE ILLUSTRA LE ALTERNE

VICENDE DI QUESTA REGINA D’ITALIA IN UN RACCONTO

CHE HA QUALI PROTAGONISTI DI UN’IMPOSSIBILE STORIA D’AMORE

L’ANONIMO POSSESSORE DI UNA CARTA D’IDENTITÀ

E L’ALLEGORIA CHE SI TROVA NELL’ULTIMA FACCIATA

DEL DOCUMENTO

Page 10: R I 40 anni del Santa Caterina SCOTTI Valentinasocrate.apnetwork.it/.../uploads/2013/03/socrate85.pdf · 2013. 3. 18. · del grand récit. L’età dei diritti fonda-mentali della

Pagina 1 0 Numero ot tantac inque - Marzo 2013

Una storia lunga duemila anni; quella del simbolo del nostro Paese

13. Particolare del maestoso e raffinato cartiglio dell’ampia carta geografica realizzata nel 1793 da Giovanni Maria Cassini. Nel novero delle numerose rappresentazioni alle-goriche della regione italiana sotto forma di figura femminile, è certamente quella che maggiormente si distingue per eleganza, tratto grafico e forza evocativa. In questo straordinario e-sempio di utilizzo dello strumento arti-stico per trasmettere le informazioni storico-geografiche, la formosa figura di Donna Italia corrisponde perfettamente a quella anticamente descritta: seduta sul globo terracqueo, con scettro alla mano destra, corona turrita, stella brillante e cornucopia ai suoi piedi. Con un tocco di femminilità in più: la posa disinvolta, la treccia che scende ad avvolgere la parte sinistra del collo e lo sguardo accattivante. L’allegoria, insomma, lascia intravedere una sensualità prima d’ora rimasta in ombra.

14. L’Italia all’epoca della luttuosa invasione del 1796, in una stampa allegorica di Rosaspina e Boscardi, datata 1814. Sulla destra un soldato dopo aver deposto le armi disserra le porte ai Galli, che entrano a torme a torme con occhio truce. Al centro si vede l’allegoria della Libertà che, calpestando il venerando codice delle leggi, afferra il manto d’Italia mentre questa nel cercar di fuggire lascia cader la cornucopia sulla quale si avventano i Galli desiosi d'estinguer la cruda lor fame. Accanto alla Libertà sta la Frode che alza l'infausto vessillo segnale di ribellione. E accanto a lei inseparabile il Gatto da cui traspira la maligna astuzia. Sul suolo si vedono i preziosi monumenti delle belle arti infranti. Sul lato opposto il pauroso coniglio riposa sulla spada e l'indolente ed invilito Genio militare assonna turpemente in mezzo a tanta ruina. L'ultimo oggetto simbolico della composizione è il Cane, raffigurazione dell'Inghilterra, che lancia, rivolto al mondo, incessanti latrati invitandolo a vegliar sempre sull'imminente pericolo.

15. Donna Italia piange sulla Tomba di Vittorio Alfieri. Il monu-mento, ultimato nel 1810 da An-tonio Canova, si trova a Firenze nella Chiesa di Santa Croce. L’allegoria evoca l’infelice

situazione in cui si trova la nostra ter-ra, dominata in ogni parte dalle poten-ze straniere, adeguandosi così alla visione poetica dell’icona in epoca ri-sorgimentale. Serva la vidi, e, ohimè!, serva scherni-ta, / e tutta piaghe e sangue al ciel do-lersi / che i suoi pur anco i suoi l'avean tradita (Vincenzo Monti, Cantica in morte di Lorenzo Mascheroni, 1801) Or fatta inerme, / nuda la fronte e nudo il petto mostri. / Oimè quante ferite, […] Formosissima donna! […] sparte le chiome e senza velo / siede in terra negletta e sconsolata […] fosti donna, or sei povera ancella […] (Giacomo Leopardi, All’Italia, Canto del 1835) Così da piede a piè figlia di Roma / i miei baci io trascino, / e giù nel fango la turrita chioma / con l'astro annesso inchino (Giosuè Carducci, Giambi ed epodi 1867-79, Canto dell'Italia che va in Campidoglio).

16. Donna Italia alla Festa dello Statu-to celebrata nel 1893, tratta da Sup-plemento Illustrato domenicale di La Tribuna, Anno I, n. 23, del 4 giugno 1893. Lo Statuto Albertino fu promul-gato dal Re Carlo Alberto e adottato dal Regno di Sardegna e Piemonte il 4 marzo 1848 per poi diventare legge fondamentale dello Stato il 17 marzo 1861, con la proclamazione del Regno d'Italia. Lo Statuto Albertino, acco-gliendo innovative riforme liberali, fu festeggiato per molti anni, quale carta ben accolta dai sudditi; nonostante incisive modifiche conservò questa qualifica sino all’entrata in vigore della Costituzione Italiana, nel 1948.

17. La Donna turrita che personifica l’Italia nella prima pagina dei primi nu-meri di Il Mondo Illustrato, Giornale Universale, edito dal 2 gennaio 1847 dagli editori G. Pomba e C. in Torino, mentre invita un messaggero alato a diffondere in ogni parte del paese (raffigurato con i monumenti delle principali città) notizie di storia, geo-grafia, costumi, letteratura, scienze, arti, romanzi e novelle, musica, inven-zioni e scoperte, esposizioni di belle arti e industriali, di nuovi libri, Teatri, Mode, Varietà, Strade ferrate (come si evince dal treno in corsa riprodotto nella parte inferiore del disegno). È evidente l’intento patriottico di far consapevoli gli abitanti di una parte

d’Italia di tutto quanto succede nelle altre, per sgravare gli Italiani dall’antichissimo peccato di ignorare del tutto le cose patrie. A ribadire che fu la spinta della cultura a trasformare in realtà le vittorie ottenute con fucili e baionette. Si pensi alle opere di Vitto-rio Alfieri, di Alessandro Manzoni e di Giacomo Leopardi, al sonetto A Zacinto di Ugo Foscolo e alla poesia Sant’Ambrogio di Giuseppe Giusti. Mentre Giuseppe Verdi fece esplodere il cuore dei patrioti italiani quando nel 1842 presentò alla Scala di Milano il famoso Nabucco con l’aria corale del Va’ Pensiero.

18. Donna Italia, festante dopo le im-prese di Cavour e Garibaldi, ormai so-vrasta e regna sui propri domini. L’immagine è tratta da Il Mondo Illu-strato del 17 novembre 1860, pochi mesi prima della proclamazione dell’unità nazionale.

19. “Roma Intangibile”. L’allegoria dell’Italia con il viso che ricorda quello della Regina Margherita (1889), olio su tela di Antonio Muzzi. (Pinacoteca Na-zionale di Bologna), ci ricorda la con-quista di Roma, con l’irruzione da par-te di una compagnia di bersaglieri at-traverso la famosa breccia di Porta Pia, che avvenne il 20 settembre 1870. La città, dopo numerosi dibattiti parlamentari, divenne capitale del Regno d’Italia il 3 febbraio 1871.

20. Nel Monumento ai Caduti, comple-tato nel 1866 da Alessandro Martegani e ubicato in Piazza Italia, a Pavia, la Donna Turrita, con sottostante catena spezzata, regge con la mano sinistra uno scudo e una corona d’alloro, in quella destra una penna, simbolo della cultura (la statua è posta davanti alla storica Università), con evidente ri-mando alla scrittura quale mezzo di conservazione a futura memoria. È un richiamo all’antica Roma l’inserimento nella corona della lupa che allatta Romolo e Remo (nel parti-colare).

è quella di Smirne del II secolo a.C.) con un’elegante te-sta turrita.

Alla tesi che ne fa

risalire la nascita al periodo repubblica-no, si contrappone l’opinione di chi ritie-ne che il primo dena-rio con l’allegoria munita di corona mu-ralis sia stato coniato in epoca monarchi-ca, per volere di Giu-lio Cesare, Traiano e Adriano. Altri studiosi hanno tuttavia obiet-tato che l’allegoria contenuta nelle mo-nete coniate da detti imperatori non per-sonifichi con certez-za l’Italia, vuoi per la mancanza della co-rona muraria, vuoi per la presenza di simboli agresti, quali spighe o aratri che lo a v v i c i n e r e b b e r o a l l ’ a l l e g o r i a dell’agricoltura, vuoi infine per la postura sottomessa o suppli-ce della figura. Sem-bra perciò preferibile la tradizionale tesi che ne assegna il p r i m a t o all’imperatore Anto-nino Pio, successore di Adriano, in cui Donna Italia si pre-

senta in posizione sovrana, seduta re-galmente sul globo terrestre, munita de-gli attributi specifici quali corona muraria, cornucopia e scettro.

Opinione condivisa

anche da testi e car-te geografiche dei secoli XVI e XVII che f a n n o r i s a l i r e l’allegoria dedicata e - s p r e s s a m e n t e all’Italia, con tanto di nome, alle monete coniate al tempo di Antonino Pio (86-161 d.C.), successore di Adriano da cui era stato adottato, per essere successiva-mente utilizzate da Commodo e altri im-peratori.

Ci piace immagina-

re, ma certamente non siamo distanti dalla verità, che il ricchissimo Antonino Pio (lasciò ai suoi eredi un patrimonio di oltre due miliardi e mezzo di sesterzi) imperatore dotato di notevole umanità e compostezza morale (si tramanda che morì pronunciando la parola aequanimitas, invitando i suoi suc-cessori a governare con imparzialità e lasciando loro un

impero che sotto il suo dominio aveva avuto pace e prospe-rità) abbia ideato il denario da lui conia-to ispirandosi alla propria bellissima, sobria e morigerata moglie Faustina. Se-condo l’Historia Au-gusta (Vita di Antoni-no Pio, II) la nobile Faustina era donna intelligente ed equili-brata, di straordina-ria bellezza; schiva di esibizionismi, non ostentava abiti e gioielli lussuosi: il suo portamento semplice, insomma, dava ancor più risal-to alla classe ed ele-ganza della sua per-sona. Contrariamen-te alla moglie di molti precedenti regnanti non ha mai ordito intrighi di palazzo, né ha mai pensato a preparare omicidi o a lanciare accuse ca-lunniose. Virtù che seppe trasmettere alla propria somi-gliante figlia (pure lei chiamata Faustina, detta minore, data in sposa dal padre a Marco Aurelio) e che le consentirono di ottenere dal Senato Romano il titolo di

(Continua da pagina 8)

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Una storia lunga duemila anni; quella del simbolo del nostro Paese

21. L’allegoria in un’immagine tratta da Supplemento Illustrato domenicale di La Tribuna, Anno II, del giorno 1 gennaio 1894. L’atteggiamento disinvolto vuole essere propiziatorio di un anno migliore del 1893, in cui accaddero scandali bancari, l’affarismo inquinò gli strati superiori della società e l’anarchismo quelli inferiori. Cui si ag-giunsero rivolte in Sicilia e bombe che scoppiarono un po’ dappertutto. Fu l’anno del famoso scandalo della Banca Romana, che vide coinvolti, oltre al suo governatore Bernardo Tanlongo e a importanti Istituti di Credito, diversi presidenti del consiglio, tra cui Giovanni Giolitti e Francesco Crispi, accusati di aver indebitamente introitato ingenti som-me di denaro. Tutti gli indiziati, in per-fetto stile italiano, furono successiva-mente assolti.

MANIFESTI, CARTOLINE POSTALI, BOLLI, FRANCOBOLLI

E MONETE

22-23. L’allegoria nelle cartoline di propaganda del Prestito Nazionale pubblicate per propagandare il Prestito Nazionale al fine di finanziare la Prima Guerra Mondiale del 1915-18.

24. Tra il marzo e il dicembre del 1924 vennero emessi gli Enti Parastatali con lo scopo di contabilizzare l’importo delle spese postali degli Enti ai quali era stata concessa la franchigia. Sopra al nome di ogni ente (in tutto furono 15) appare una raffinata allegoria dell’Italia, cinta da corona muraria.

25. Tra il 1923 e il 1940 la Turrita è stata usata anche per le emissioni della Colonie Italiane, Eritrea, Libia e Somalia Italiana. La fiera Donna Turrita è vista frontalmente e non di profilo, secondo consuetudine.

26. Nel Re-gno d’Italia la Turrita venne usata in alcu-ni francobolli della serie detta IMPE-RIALE, emes-sa nel 1929 e composta da 22 valori con filigrana a corona. In basso, lungo i margini, compare il fa-scio littorio.

27. Francobolli da 100 e 200 Lire e-messi l’8 agosto 1959, con le caratteri-stiche della serie “Italia Turrita” o “Siracusana”, emessa a partire dal 1953, disegnata da V. Grassi, con pez-zi da 5, 10, 12, 20, 25, 35, 60 e 80 Lire. Nei francobolli è riprodotta una testa di donna, racchiusa in un medaglione, cinta da una corona turrita, simbolo dell’Italia. L’immagine si ispira alle antiche mo-nete siracusane del IV secolo a.C. 28. Franco-bollo di pro-paganda a favore dell’Erario, emesso il 15 marzo 1955. Disegnato da V. Grassi e F.M. Caruso, da 25 Lire, con stampa in rotocalcogra-fia in fogli di 100 esemplari in due gruppi di 50 (filigrana stel-le, dentellatura 14).

29. Banconota del Regno con Italia Turrita da Lire 50, emessa nel 1943, fuori corso dal 30 giugno 1953.

30. Moneta da 500 Lire in argento, dia-metro 29 mm, grammi 11, emessa nel 1961 in occasione del 1° centenario dell’Unità d’Italia. Presenta sul dritto l’Italia Turrita seduta su un capitello che regge un ramoscello d’ulivo e un elmo cimato, quasi a rievocare l’antica simbologia romana; sul rovescio una quadriglia in corsa. 31. Nella moneta da Lire 1.000 emessa nel 1997 e in uso fino all’introduzione dell’Euro, la corona turrita emerge nel contorno esterno, sormontata da stelle.

Augusta, e, alla sua morte, la divinizza-zione con creazione in suo r icordo dell’Istituzione assi-stenziale delle Puel-lae Faustinianae. La sua immagine trovò posto, al pari della figlia, in ritratti, mo-numenti e statue. E, verosimilmente, sulle monete, denari e se-sterzi, assisa sul glo-bo terrestre, con tan-to di scritta ITALIA, scettro, cornucopia e corona turrita.

Questa moneta fu

ulteriormente coniata dai successori di An-tonino Pio, quasi cer-t a m e n t e s i n o all’imperatore Com-modo e forse anche successivamente.

Come si vede, al di

là del nome, Fausti-na, è nata sotto buo-ni auspici, saggia ed equilibrata come il proprio ideatore.

Offuscata durante il

Medioevo, l’allegoria fu rispolverata alla fine del Rinascimen-to, grazie soprattutto al testo Iconologia, overo descrittione dell’immagini univer-s a l i c a v a t e dall’antichità e da altri luoghi, pubblica-

to (senza illustrazio-ni) a Roma nel 1593 a cura degli eredi di Giovanni Gigliotti e scritto dal perugino Cesare Ripa perché necessaria a Poeti, Pittori & Scultori per rappresentare le vir-tù, vitii, affetti & pas-sioni humane. Opera ristampata sempre a Roma, nel 1603, mu-nita d’illustrazioni derivate in gran parte dai disegni del pittore Giuseppe Cesari, detto il Cavalier d ’ A r p i n o . L’Iconologia, amplia-ta dallo stesso Ripa, fu ulteriormente di-vulgata a Padova (nel 1611 e nel 1618), a Siena (nel 1613) e a Parma (nel 1620), per essere poi tradotta in inglese, tedesco, francese e olandese e quindi venduta in tutta Eu-ropa. L'edizione più completa è la monu-mentale stesura in cinque volumi che ha come titolo Iconologi-a del Cavaliere Ce-sare Ripa Perugino Notabilmente Accre-sciuta d'Immagini, di Annotazioni, e di Fat-ti dall'Abate Cesare Orlandi, stampata a Perugia nel 1764 presso la bottega di

Piergiovanni Costan-tini.

Ne l f r a t t e m p o

l’allegoria aveva af-follato i principali at-lanti e, in modo parti-colare gli apparati decorativi delle carte geografiche dedicate all’Italia, dalla fine del 1500 sino a buo-na parte del 1800.

E negli ultimi due

secoli, dopo essersi intrecciata con i prin-cipali avvenimenti del nostro Rinasci-mento, ha ispirato statue (tra cui quella completata nel 1865 da Alessandro Mar-tegani e che ingentili-sce Piazza Italia, a Pavia, di fronte all’Università), dipinti, francobolli, monete, cartoline postali e copertine di giornali, scomodando artisti del calibro di Antonio Canova e Daniele Fontana. Sino a oc-cupare documenti ufficiali del Regno e della Repubblica, tra cui fogli bollati, pas-saporti, attestati di merito e carte d’identità.

Perché il destino

del mondo e delle persone che lo abi-tano è in mano alla donna.

(Continua da pagina 10)

Donna fatale

32. Un’avvenente e provocante Donna Italia, snella, slanciata e con tratti mediterranei, nel disegno di Walter Molino per La Domenica del Corriere edita in occasione delle elezioni politiche del maggio 1958.

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Valentina e Francesca

Scotti, ovvero la sesta ge-nerazione di famiglia che entra nella stanza di co-mando del Gruppo indu-striale risiero e alimentare di Pavia. Ventinove anni Valentina e ventisei Fran-cesca: le “glorie” di papà Angelo Dario Scotti, presi-dente e amministratore delegato della Riso Scotti Spa. Si raccontano nella palazzina degli uffici.

«Siamo nate a Voghera e

poi ci siamo traferite a Pa-via dove abbiamo vissuto fino alla conclusione del liceo. Io, Valentina, sono nata il 21 ottobre 1983, e io, Francesca, il 28 ottobre 1986. Abbiano abitato in via Torretta, dov’erano gli uffici della Riso Scotti. Poi ci siamo trasferite a Mila-no, prima Valentina e poi Francesca, dove abbiamo frequentato l’Università Bocconi. Ricordiamo quei pomeriggi passati a gioca-re nei piazzali interni dell’azienda e alla domeni-ca negli impianti industriali vuoti. Giocavamo con la pula. C’era ancora il nonno Ferdinando, mancato nel 2002. Ricordiamo la sua passione per le auto sporti-ve e la sua partecipazione a tante edizioni della Mille Miglia».

V a l e n t i n a r i c o r d a

l’ebbrezza di aver parteci-pato pure lei a una Mille Miglia. È sempre stata sportiva. Ecco Valentina: «Sono entrata in azienda due anni e mezzo fa. Mi sono laureata in general management alla Bocconi, poi ho lavorato alla Deloit-te, grande società di con-sulenza. Mio padre si è affidato a quella che lui chiama la tecnica del libero mercato. Non ci ha dato un ruolo preciso, ma ha la-sciato che facessimo espe-rienza nei vari settori dell’azienda, dalla produ-zione al marketing. Visto che siamo un po’ ribelli, alla fine ci siamo create uno spazio un po’ autono-mo. Ora lavoro principal-mente al progetto delle risotterie e yogurterie. Inol-tre, essendo affascinata

dal prodotto, affianco il settore “Ricerca & svilup-po” nella ricerca sui nuovi prodotti. Inoltre mi sono ricavata un ruolo nel mar-keting estero. L’estero co-me prima attività era stata dapprima vissuta in termini di commercializzazione pura, senza un vero e pro-prio piano di marketing. Ora è diverso».

Francesca: «Io sono lau-

reata in giurisprudenza alla Bocconi con una specializ-zazione economica. Avevo scelto giurisprudenza per il mio amore per le materie umanistico-letterarie e per-ché sapevo che avrei im-parato l’economia in casa. Giurisprudenza mi ha dato un metodo. Dopo la laurea ho frequentato lo stage semestrale in uno studio commercialistico, poi sono

entrata in azienda, perché quella era la mia passione. Ho sempre avuto una grandissima passione per la sostenibilità, l’ambiente, l’alimentazione, la salute, il benessere e ho applicato queste mie passioni al mio lavoro in azienda. Ho lavo-rato allo sviluppo di una linea di prodotti interamen-te organici e adesso sono

impegnata in un progetto di ampio respiro con la famiglia Pozzi di Eurospin, una joint venture al cin-quanta per cento mirante all’apertura di una catena di supermercati di distribu-zione di alimenti biologici. Si tratta di una grande di-versificazione di investi-mento. Il mio ruolo è di consigliere con deleghe sul marketing. Il marchio si chiamerà Piacere Terra. A giugno prevediamo di apri-

re il primo punto vendita ad Assago: stiamo lavorando con i fornitori, le agenzie di comunicazione per la defi-nizione dell’insegna, con società che si occupano di selezione del personale e di consulenza per la forma-zione».

Valentina: «In particolare

un progetto ci consentirà di

espanderci veramente. L’intesa con la multinazio-nale spagnola Ebro Food è per noi una grandissima vittoria. L’essere stati scelti da un gruppo industriale così importante ci dà dei vantaggi notevolissimi in prospettiva. Siamo orgo-gliosi di poter legare il no-me Riso Scotti a un Grup-po presente in tutto il mon-do. Il rapporto con una re-

altà organizzativa e mana-geriale del genere impri-merà alla Riso Scotti una grande spinta. Ciò ci con-sentirà di arrivare sui mer-cati internazionali come marca. Gli spagnoli faran-no per noi da apripista».

Francesca: «Ho conosciu-

to il presidente, persona eccezionale, che incontre-

rò a Madrid». Poi torna a par-lare della sua e s p e r i e n z a : «Esprimerò un parere un po’ da ribelle ma è quello che pen-so. Quando uno entra in azienda deve capire, imparare, cono-scere e un po’ adattarsi. Ma è anche essen-ziale che i figli degli imprendi-tori delle impre-

se familiari italiane svilup-pino un senso critico, per-ché in un mondo che va a una velocità stratosferica bisogna che imprese impe-gnate in passaggi manage-riali sappiano spezzare le regole, cambiare, cambia-re, cambiare. Sento forte l’esigenza di aiutare mio padre a cambiare degli schemi che in passato hanno funzionato molto bene ma che in futuro do-vranno essere rivisti. Si

parte dal basso, non si inventa nulla, si osserva, si comprendono le logiche e le persone e si compren-dono le cose che non fun-zionano. Il problema, met-tiamola così, è facilitare un processo di messa in ordi-ne. Ho molte passioni, tut-te egualmente importanti per me. Mi interessa la spiritualità. Amo la monta-gna. Amo i teologi di varie nazionalità e fedi, dal cri-stianesimo al buddhismo all’induismo. Amo frequen-tare i monasteri delle varie religioni. Ho seguito il Cammino di Santiago di Compostela, mi è piaciuto moltissimo e voglio rifarlo. Poi sono stata al monaste-ro di Plam Village vicino a Bordeaux. Pratico lo yoga e lo shiatzu».

Valentina: «Io invece so-

no una grande sportiva, corro, vado in montagna, faccio roccia, ho fatto equi-tazione, pratico il tennis».

Valentina e Francesca

Scotti, due facce della me-desima medaglia Riso Scotti: preparazione, ambi-zione, determinazione. Come è nello spirito di fa-miglia. Papà Dario con due eredi così può guardare al futuro con grande serenità.

Superficie complessiva: 13 ettari Stoccaggio risone: 60.000 quintali Stoccaggio riso lavorato sfuso: 50.000 quintali Stoccaggio riso confezionato: 30.000 quintali CAPACITÀ PRODUTTIVA: - riso bianco: 130.000 quintali di risone/mese - riso parboiled: 80.000 quintali di risone/mese

I NUMERI DEL 2011 Risone: 1,9 milioni quintali/anno Riso lavorato: 1,25 milioni quintali/anno Riso confezionato: 865.000 quintali (Riso Scotti + estero + marchi commerciali) Fatturato Gruppo Scotti: 216 milioni di euro Fatturato Riso Scotti: 170 milioni di euro Quota export: 24% Comunicazione: 3% del fatturato LA SVOLTA DEL GRUPPO PAVESE

NUMERI: UN TREND SEMPRE IN CRESCITA

di SISTO CAPRA

A SINISTRA: ANGELO DARIO SCOTTI CON FRANCESCA A DESTRA: VALENTINA

SCOTTI SOTTO: LO STABILIMENTO

DELLA RISO SCOTTI AL BIVIO VELA

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Riso Scotti dà il via a

una joint venture italo-spagnola con l’accordo per la cessione del 25% delle quote a Ebro Fo-ods per 18 milioni di eu-ro, che si concretizzerà entro il 31 maggio pros-simo, a seguito della relativa due diligence.

La partnership con la

multinazionale alimenta-re iberica operante nel settore del riso, pasta e sughi, che può contare su 60 marchi in 25 paesi tra Europa, Nord Ameri-ca, Asia e Africa, per il

Gruppo risiero italiano ha la valenza di un’alleanza industriale e commerciale per pene-trare mercati internazio-nali, con l’obiettivo di sviluppare la produzione del sito industriale e di allargare le frontiere al risotto made in Italy e ai tanti prodotti derivati dal riso che produce e com-mercializza.

«Una mission simile

quella di Ebro e Riso Scotti: ricercare, creare, produrre e mettere sul mercato prodotti alimen-

tari ad alto valore ag-giunto, che soddisfino le esigenze nutrizionali della società, miglioran-do salute e benessere». Questa la dichiarazione di Dario Scotti, Presi-dente e Amministratore Delegato Riso Scotti SpA, nello spiegare le motivazioni alla base della decisione. «Per noi è un momento storico: dopo 153 anni l’Azienda, 100% di proprietà della mia famiglia, apre ad azionisti terzi: la scelta è stata attenta e meditata, nel desiderio di esprime-

re una rinnovata e mag-giore forza industriale come primo gruppo ri-siero europeo, in termini di sviluppo e distribuzio-ne di prodotti di nuova generazione. Sappiamo di aver scelto i migliori, e siamo lusingati di essere stati scelti dai numeri uno».

Dario Scotti sottolinea

così l’aspetto strategico dell’accordo, che guarda a un’espansione sui cin-que continenti, ribaden-do al contempo la volon-tà di mantenere a Pavia

il cuore e la mente dell’Azienda che vanta oltre 150 anni di storia pavese e lombarda. «Una storia che la mia famigl ia ha tut ta l’intenzione di prosegui-re - precisa Dario Scotti: la sesta generazione Scotti, con le mie figlie, è già attiva all’interno del Gruppo; abbiamo una progettualità impor-tante, di respiro interna-zionale, che siamo certi di poter sviluppare al meglio anche grazie a q u e s t a n u o v a partnership spagnola”.

Dichiarazioni che fanno presagire novità, amplia-menti e voglia di cresce-re; una joint venture dunque quella tra Riso Scotti ed Ebro Foods che guarda al futuro con slancio e convinzione, nella consapevolezza di un know how pressoché unico, di una solidità industriale e di una po-tenzialità commerciale davvero importanti.

A Pavia si imparerà un

po’ di spagnolo, nel mondo il risotto parlerà sempre più italiano!

L'avvio dell'attività risale al 1860,

presso un mulino nella campagna pa-vese. Da allora, cinque generazioni di Scotti si sono succedute portando la produzione ad attestarsi all’odierno milione di quintali di prodotto lavorato, che, per fare un confronto, negli anni Cinquanta era solo di 40.000 quintali. Lo sviluppo dell’attività ha comportato prima l’acquisizione nel circondario di Pavia di aziende agricole che produ-cono il cereale, poi l’ampliamento del-lo stabilimento originario e successi-vamente l’investimento nella nuova struttura ubicata alle porte di Pavia, a Bivio Vela, su una superficie di 135.000 metri quadrati, destinata a occuparsi non solo di produzione, ma anche di interventi per lo sviluppo a-ziendale. “Bivio Vela” è un unico, grande e organizzato polo tecnologico all’avanguardia in Europa, la cui forte innovazione risiede nel processo si-stemico con cui viene affrontato un lavoro di matrice tradizionale. In un’ottica di completo controllo della filiera produttiva, a garanzia di elevati standard qualitativi, Riso Scotti è riu-scita a valorizzare la materia prima al cento per cento: un esempio di ciclo integrato, che sfrutta tutte le risorse, azzerando gli scarti di produzione e, di conseguenza, l’impatto ambientale.

Oggi Riso Scotti distribuisce i suoi

prodotti in oltre 60 Paesi nel mondo, di cui 23 extra-europei, potendo contare su solide partnership con valenti ope-ratori locali. È fortemente impegnata nell’Europa dell’Est, dove in Romania è stato avviato nel 2005 il “Progetto Danubio”, un innovativo progetto a-gro-industriale, che ha sancito di fatto il processo di internazionalizzazione del marchio e di trasferimento della cultura italiana della lavorazione del riso: Riso Scotti, infatti, è riuscita a esportare all’estero il suo “sistema”, consolidando in primis la propria posi-zione sul mercato europeo e fungendo da modello da imitare.

«Gli obiettivi per il futuro - spiegano dalla Riso Scotti Danubio - sono incre-mentare il fatturato e conquistare il 20% della quota di mercato, puntando al raggiungimento della leadership. Utilizzando al me-glio il know-how della Capogruppo, si è ottenuto un riso lavorato con lo stesso standard di qualità della casa madre e si stanno affinando e ottimiz-zando utili sinergie ed economie di scala con l'Italia». «I nostri piani nell’area danubia-na procedono mol-to bene. Noi guar-diamo a tutto l’Est Europa - aggiunge Dario Scotti, Presidente e Amministra-tore Delegato Riso Scotti SpA - Parlia-mo di un mercato di 350 milioni di per-sone, in evoluzione, e che sempre di più ha voglia e ricerca cibo di qualità. Un desiderio che riusciamo a soddi-sfare con la nostra produzione, grazie all’ottima resa delle nostre risaie nella zona di Vladeni, a sud est di Bucarest, una zona molto simile alla nostra Lo-mellina per clima e condizioni agrono-miche”.

Il processo di internazionalizzazione

del marchio Scotti non si esaurisce con il Progetto Danubio. «Abbiamo varato un investimento nel Panjab, in India - continua il dottor Scotti - per la produzione e l’importazione in Europa di riso basmati, un riso ideale come contorno sempre più richiesto dal consumatore europeo. E, dall’altra parte dell’oceano, negli Stati Uniti, vogliamo lavorare per unit commer-ciali sinergiche: progetti dei quali si sta occupando mia figlia Valentina, entrata in Azienda al mio fianco ormai da oltre due anni».

Dooottor Scotti!. Un claim

che si fa tormentone è l’ingrediente chiave della stra-tegia di comunicazione Riso

Scotti, premiata dai consuma-tori italiani come una delle più memorabili del settore food. Ma il “dottor Scotti” esiste davvero, ed è Presidente e Amministratore Delegato della Riso Scotti SpA. Dario Scotti (in foto) ha 57 anni, e da quasi t r e n t a è a l l a g u i d a dell’omonima azienda di fami-glia, fondata nel lontano 1860 dal bisavolo Pietro Scotti. Og-gi Dario Scotti, che tra il riso è nato e vissuto, guida l’ascesa della Riso Scotti a Gruppo industriale alimentare risiero europeo. Aveva cominciato in Azienda subito dopo la laurea in economia e commercio, conseguita presso la presti-giosa Università di Pavia a soli 23 anni; anche se - ricor-da - già a 11 anni il papà Fer-dinando lo coinvolgeva nell'at-tività.

Ex-alpino, orgogliosissimo di

aver prestato servizio sotto le armi a Chiusaforte (Udine), nell'Ottavo Battaglione Alpini Cividale, dal 15 settembre 1975 al 18 ottobre 1976 (vivendo quindi in diretta an-che il terremoto del maggio '76): da allora la passione per la montagna, in tutte le sue forme, non si è più sopita. Appena laureato, sposa Cri-stina, una compagna univer-sitaria, ed entra in azienda, come affiancamento operati-vo al padre. Dopo aver ap-profondito tutti i settori azien-dali - dalla produzione alla logistica, dalla contabilità e finanza alle vendite - decide di concentrarsi sul marketing.

Nel 1986 assume la carica di Amministratore Delegato della Riso Scotti SpA, con un fattu-rato allora di 15 miliardi di lire. A tutt’oggi, ricopre questo incarico all’interno della Socie-tà, che ha raggiunto nel 2011 un fatturato di 170 milioni di euro.

Alla fine degli anni '80 inizia il

periodo di forte sviluppo a-ziendale e di Gruppo, che conta oggi venti aziende tutte specialistiche: nascono le aziende controllate e collegate e cominciano i primi investi-menti pubblicitari. Nel 1993, decide di investire negli im-pianti per il confezionamento sottovuoto - fiore all'occhiello della Scotti - e in un piano triennale di pubblicità, sce-gliendo Gerry Scotti come testimonial. Dal 1994 in poi, la quota di mercato continuerà a

crescere sensibilmente e co-stantemente.

L’ importante intuizione

dell’imprenditore è stata quel-la di voler spiegare sempre ai consumatori i plus distintivi del prodotto Riso Scotti rispetto alla concorrenza, offrendo reason-why concrete, forti e convincenti all'acquisto.

Oggi il marchio Riso Scotti è

noto alla quasi totalità degli Italiani: un risultato particolar-mente significativo, se si con-sidera che la Società produce e commercializza un prodotto tradizionale “semplice”, che grazie al forte impulso impren-ditoriale ha saputo però tra-sformarsi da antica e statica "commodity" in un sistema di prodotti di diversificazione, con crescenti contenuti di servizio, volti a soddisfare sempre più le attese attuali e potenziali dei consumatori.

La grande notorietà, sostenu-

ta dalla costante ricerca di una qualità e di un contenuto di servizio superiori, ha con-sentito a Riso Scotti di rag-giungere un ulteriore grande e prestigioso traguardo, forte-mente voluto dal suo Ammini-stratore Delegato: la realizza-zione di un nuovo stabilimento centralizzato per la lavorazio-ne e il confezionamento del riso alle porte di Pavia. Un polo industriale, dove la mate-ria prima viene valorizzata al cento per cento: un esempio di ciclo integrato, che sfrutta tutte le risorse, azzerando qualsiasi impatto di tipo am-bientale.

SIGLATA LA JOINT VENTURE CON LA SPAGNOLA EBRO:

UN’ALLEANZA INDUSTRIALE E COMMERCIALE

PER GUARDARE AI MERCATI INTERNAZIONALI

LA SVOLTA DEL GRUPPO PAVESE

L’IMPRENDITORE - ANGELO DARIO SCOTTI, PRESIDENTE E AMMINISTRATORE DELEGATO RISO SCOTTI SPA

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Pagina 14 Numer o o ttan taci nqu e - Marzo 2013

È ripresa a fine feb-

braio l’attività de Il

Caffè scientifico con

un interessante in-

contro. Relatore

l’ingegner Roberto

Meregaglia, pavese,

dirigente di Tecni-

mont con responsa-

bilità rilevanti tra il

1974 e il 2011. Tec-

nimont è una delle

più importanti so-

cietà di ingegneria e

impiantistica ope-

ranti sul mercato

internazionale, dove

ha una posizione di

assoluto rilievo per

quanto riguarda,

chiavi in mano, la

realizzazione di im-

pianti industriali, in

particolare nelle

aree della petrolchi-

mica e dell’oil &

gas.

In un momento

quanto mai difficile,

comunque parte

dell’evoluzione di

una società sempre

più integrata e qua-

si senza confini, so-

no state messe in

evidenza quali siano

le opportunità per

svolgere attività in

un contesto molto

ampio. Il tema

dell’incontro era,

infatti, lavorare in

un contesto inter-

nazionale. Elementi

nodali sono apparsi,

in uno con una ec-

cellente preparazio-

ne scientifica, la

capacità di inserirsi

con efficienza

nell’organizzazione

delle risorse umane

e nella qualità delle

procedure di lavoro.

Sul piano generale

vanno messi in conto

elementi qualificanti

quali la capacità di ge-

stire progetti complessi

in un contesto interna-

zionale, una competen-

za specifica e anche la

capacità di organizzare

attività di project finan-

cing. Le indicazioni che

troviamo in campo deri-

vano dalla dimensione

internazionale del grup-

po del quale il relatore

ha fatto parte: 140 im-

pianti per la produzione

di polipropilene e polie-

tilene pari al 30% del

mercato mondiale, im-

pianti di stoccaggio di

olio e gas pari al 22%

del mercato mondiale,

impianti per la produ-

zione di energia e infra-

strutture & ingegneria

civile con all’attivo la

progettazione del 37%

della rete ferroviaria

italiana per l’alta veloci-

tà. Una simile rilevante

attività è il portato del

gruppo Maire Tecnimont

che ha 5.300 dipendenti

in 30 paesi con qualifi-

cati centri di ingegneria

dislocati a Milano, Ro-

ma, Mumbai in India,

Parigi, Sittard in Olan-

da, Salzgitter in Germa-

nia e Belo Horizonte in

Brasile.

L’ultratrentennale e-

sperienza dell’ingegner

Meregaglia si è formata

sperimentando uno sti-

molante contesto inter-

nazionale multiculturale

in paesi con differenti

abitudini e culture e si è

declinata in ruoli di re-

sponsabilità crescenti:

dall’essere ingegnere di

processo nel 1974 sino

alla posizione, tra il

2002 e il 2011, di am-

ministratore delegato

della consociata Tecni-

mont Industrieanlagen-

bau a Salzgitter in Ger-

mania. Ha compiuto

frequenti viaggi di lavo-

ro in Cina in un arco

temporale che va dal

1978 al 2011, essendo

quindi testimone della

rapida e continua evolu-

zione di questo paese,

passato dai milioni di

biciclette al traffico cao-

tico delle grandi città.

Gli incontri di lavoro in

Russia, anche questi su

un arco temporale dal

1978 al 2011, gli hanno

consentito di vedere

direttamente la trasfor-

mazione del paese dalla

vecchia Unione Sovieti-

ca dell’epoca Breznev al

paese in fase di rinno-

vamento dell’era Putin.

Nel periodo 1980-1981

ha trascorso circa un

anno in Romania a Tir-

gu Mures, in Transilva-

nia, seguendo il mon-

taggio e l’avviamento di

un impianto per la pro-

duzione di melammina

e sperimentando la vita

nel paese all’epoca ret-

to da Ceausescu.

Dal 1996 al 1998 è sta-

to distaccato in India

presso la consociata

Tecnimont ICB Ltd a

Mumbai, joint venture

creata nel 1996 con lo

scopo di disporre di un

centro di ingegneria di

dettaglio in un paese a

basso costo del lavoro,

con il ruolo di Direttore

Esecutivo incaricato di

promuovere

l’integrazione e lo svi-

luppo della consociata

indiana e di assicurare

l’adozione di procedure

e metodi di lavoro per

l’area dell’ingegneria

uniformi con quelle a-

dottate presso la sede

centrale di Milano. Dal

2002 alla fine del 2011

è stato distaccato a Sal-

zgitter, Bassa Sassonia,

Germania, con il ruolo

di Amministratore Dele-

gato della consociata

Tecnimont Planung und

Industrieanlagenbau

GmbH, società di inge-

gneria tedesca creata

da Tecnimont nel 2001,

specializzata nella pro-

gettazione di impianti

per la produzione di

LDPE, polietilene a bas-

sa densità, utilizzando

una particolare tecnolo-

gia di processo e tenuto

conto che al mondo solo

tre società dispongono

di una buona esperien-

za per la progettazione

di questo tipo di im-

pianti.

Le responsabilità cre-

scenti hanno pure mes-

so in evidenza co-

me sia necessaria

una capacità di otti-

me relazioni inter-

personali, se si de-

sidera promuovere

l’integrazione, la

motivazione e la

crescita professio-

nale di tutti coloro

che sono tesi a rag-

giungere obiettivi di

rilievo. Particolar-

mente interessanti

le notazioni di co-

stume che il relato-

re ha voluto sottoli-

neare, conferman-

do come la cono-

scenza di una so-

cietà diversa per

lingua e cultura co-

stituisca un baga-

glio che può favori-

re l’attività da svol-

gere.

La conoscenza rap-

presenta però, al

tempo stesso,

un’importante oc-

casione di arricchi-

mento culturale e

umano: dagli alber-

ghi di Mosca, alla

vita in India carat-

terizzata dalle ca-

ste, dal traffico in-

tenso di Mumbai e

dalla coesistenza di

diverse fedi religio-

se, allo sciopero dei

treni, alla mitizza-

zione delle vacanze

e alla limitata di-

sponibilità a trasfe-

rirsi per esigenze di

lavoro in Germania.

L’immagine di un

impianto realizzato

a Novy Urengoy in

Siberia, in prossi-

mità del circolo po-

lare artico, restitui-

sce il contesto am-

bientale nel quale

si opera con escur-

sioni termiche da -50 a

+30 gradi tra inverno

ed estate.

Un’altra immagine sot-

tolinea l’atmosfera di

una parte centrale di

Tomsk, città di circa

600 mila abitanti nella

Siberia centrale, sede di

opere di aggiornamento

tecnologico di preesi-

stenti impianti. Due

immagini suggestive di

impianti a Marsiglia e

nei paesi del Golfo evi-

denziano un contesto

quasi fantasmagorico.

In conclusione è emer-

so come esistano alcu-

ne condizioni per lavo-

rare in un contesto in-

ternazionale: conside-

rarsi un ospite in un

paese con diversa cul-

tura, disponibilità a

viaggiare e interesse

per le lingue e le culture

diverse.

È un’opportunità che

sconta, evidentemente,

la consapevolezza di

una preparazione scien-

tifica e culturale eccel-

lente e il rispetto per le

tradizioni dei luoghi e

per le persone con le

quali si opererà.

SORGE L’ALBA SU DI UN IMPIANTO A MARSIGLIA UNA VISTA NOTTURNA DI UN IMPIANTO DI POLIETILENE NEI PAESI DEL GOLFO

UN IMPIANTO IN CORSO DI REALIZZAZIONE A NOVY URENGOY;

IN PRIMO PIANO LA TESTA DI UNA SERIE DI PALI DI FONDAZIONE

L’ATMOSFERA DI UNA PARTE CENTRALE DI TOMSK NELLA SIBERIA CENTRALE

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Numer o o ttan taci nqu e - Marzo 2013 Pagina 15

FondArt: si parte! Angelo Bozzola …

sotto i riflettori. Con le pulizie pasquali

anticipate, le “primarie” in Vaticano e

la scom-

messa

per il

nuovo

Governo

del Pae-

se, noi ci

occupia-

mo di

bellezza

… ! Non è

forse es-

sa che

salverà il mondo? Eccoci allora ad ini-

ziare i primi lavori di preparazione del

progetto di mostre che ci occuperà per

i prossimi tre anni.

Sarà la Triennale a collocare la prima

grande scultura di Bozzola nel giardi-

no. Una seconda in una nicchia interna

del palazzo di Muzio, per celebrare gli

80 anni di attività della storica Istitu-

zione milanese, che ospita da sempre

il meglio della cultura del progetto.

Antenna, dicevamo, e centro di infor-

mazione e orientamento per l'itinerario

di eventi che organizzeremo da mag-

gio in Lomellina.

Sabato 12 infatti avverrà la triplice

apertura delle mostre a Mede, Sartira-

na e Valle. Al museo Regina nel ca-

stello Sangiuliani saranno i dipinti de-

gli anni 50 di Bozzola a dialogare con i

disegni e le sculture della "collega",

con lui fondatrice del Movimento Arte

Concreta. In contemporanea, a pochi

chilometri, nella chiesetta di Santa

Maria in castello, a Valle, due sole o-

pere di Bozzola e Ghinzani, a colloquio

con gli affreschi (ne parleremo più dif-

fusamente) salvati grazie al contributo

di Fondazione Cariplo. Cui si deve pure

il restauro in corso delle decorazioni

pittoriche di alcune sale del castello di

Sartirana, terza sede coinvolta, dove

si costruiranno appuntamenti sino a

tutto settembre. Secondo le tradizioni

di casa...( meticciato e contaminazio-

ne tra i generi, dialogo a rimando di

voce e strizzate d'occhio tra arte, de-

sign e moda), vuotate le sale e imbar-

cate alla volta del Perù le collezioni di

arredi e luci, cambio di scena...! Nuo-

ve pedane, bacheche e vetrine ap-

prontate per ospitare le opere raccolte

in 30 anni di relazioni con la … scultu-

ra.

A Bozzola in questo 2013 il

“consierge” assegna la Sala delle Fe-

ste, per un allestimento delle “opere

nere”, in arrivo da Galliate. La sala di

lettura dell'ultima duchessa Margherita

Arborio Gattinara, ancora rivestita di

sete e oro intorno al caminetto, vedrà

esposta invece la nostra collezione di

opere di Bozzola. Donateci negli anni

dall'Amico o acquistate dal “suo”

corniciaio/gallerista vigevanese, il mai

dimenticato Gaetano Franza.

Le sale tutte del castello si offriranno

per accogliere un primo allestimento di

testimonianze, dicevamo, del continuo

nostro rapporto con gli scultori. Mae-

stri e giovani esordienti, cui dediche-

remo allestimenti monografici (Melotti,

Consagra, Benevelli, Ghinzani, Arnaldo

e Gio' Pomodoro). Sale intere per

Staccioli, per Lodola e Pirro, Leonar-

delli e Cristiani, altre per un'allegra

brigata di altri autori, che a vario titolo

da Sartirana sono passati.

Al 2014 la collocazione di opere nel

giardino, bisognoso di importanti lavo-

ri che sono in progetto presso lo stu-

dio Casasco. Sarà poi la volta dei Giar-

dini Malaspina a Pavia, di Belgioioso e

… Nel 2015? Ci stiamo già pensando …

, non solo per gli spazi di Sartirana.

FONDAZIONE SARTIRANA

ARTE di GIORGIO FORNI

FONDART: SI PARTE!

«... DOPO UN PERIODO DI INTENSE ESPERIENZE

TECNICHE E DI CONTINUE ELABORAZIONI INTERIORI, SONO GIUNTO ALLA SOFFERTA E GIOIOSA CONQUISTA

DI UNA “FORMA” PERSONALE: LA SUPERFICIE TRAPEZIO-OVOIDALE.

PERFETTA IN SE STESSA PER LA SUA GEOMETRICA ESSENZIALITÀ, TALE FORMA MI SI È RIVELATA

E PROPOSTA QUALE MODULO TEMATICO ED ELEMENTO COSTRUTTIVO PER OGNI MIA ULTERIORE CREAZIONE

PITTORICA E PLASTICA» ANGELO BOZZOLA

BIFORMA MODULARE, 1958

SPAZIO, 1966

ITERAZIONE, 1973

CIRCOLARE CON STRUTTURA, 1983

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Pagina 1 6 Numer o o ttan taci nqu e - Marzo 2013

1928-2013

MO YAN

SORGO ROSSO

EINAUDI

La storia epica,

grandiosa di questo

capolavoro della letteratura cinese

contemporanea si staglia sullo sfondo

degli sconfinati campi di sorgo “che in

autunno scintillano come un mare di

sangue”. Dal banditismo degli anni

Venti, alla cruenta invasione giappone-

se degli anni Trenta e Quaranta, fino al

periodo che precedette la Rivoluzione

culturale, Sorgo rosso racconta le av-

venture e gli amori del bandito Yu

Zhan’ao e della sua famiglia, in un af-

fresco che ritrae un intero popolo, tut-

to un Paese. Un Paese dalle campagne

brulicanti di anime sperdute - contadi-

ni, soldati, monaci buddisti, maghi ta-

oisti - in cui “un vento maschio spazza

una terra femmina” e il sangue versato

è “morbido e liscio come piume

d’uccelli”. Da questo romanzo Zhang

Yimou ha tratto il film omonimo, Orso

d’Oro al Festival di Berlino nel 1988.

MAURO SANGIORGI

NON È UNA CITTÀ PER AVVOCATI

ROBIN EDIZIONI

Marcello Prati è un avvocato pavese

che ha superato i quaranta. Vive la

professione con disincanto e amarez-

za, trascinandosi fra le incombenze di

studio, il bar dove è solito consumare i

suoi pasti e il rimpianto per la fidanza-

ta che lo ha lasciato per un calciatore

molto più giovane di lui. Quando la

ragazza viene uccisa insieme al nuovo

compagno, Prati viene accusato degli

omicidi e capisce che l’unica occasione

che gli rimane per salvare se stesso e

il suo studio è quella di indagare per-

sonalmente per scoprire il vero assas-

sino. La ricerca della verità si rivela

difficile e a Marcello viene in soccorso

Claudia, suo difenso-

re, che lo aiuta nel

tentativo di fare luce

sull’intricata vicenda.

Attraverso puntate

nell’Oltrepò pavese e

imprevisti ritorni a un passato più feli-

ce, la matassa verrà infine sciolta. Ma

la salvezza faticosamente conquistata

non sarà in grado di lenire l’amarezza

lasciata da una storia dove, in fondo, a

vincere non sono i buoni.

BIANCA GARAVELLI

LE TERZINE PERDUTE DI DANTE

BALDINI & CASTOLDI

Parigi, 1309. Dante, stanco e spaven-

tato, sta attraversando un ponte sulla

Senna. Sente dei passi minacciosi alle

sue spalle, teme siano quelli di uno dei

suoi molti nemici. In realtà è Margueri-

te Porete, mistica accusata di eresia su

cui grava un peso terribile. Con lei il

sommo poeta riesce a sentirsi a casa

anche in esilio, ma ben presto scoprirà

di essere finito al centro di una guerra

spietata fra due ordini che agiscono

nell’ombra. In gioco c’è un grande se-

greto. Una profezia di cui l’Alighieri è il

depositario prescelto e che dovrà esse-

re trasmessa alle generazioni future

per salvarle dalla minaccia di chi cerca

di violare il mistero della creazione.

Oggi. Riccardo Donati è un cultore di

filologia medievale e un insegnante

frustrato, eppure in lui arde ancora la

scintilla della curiosità. Studiando un

antico manoscritto si imbatte in quella

che ha tutta l’aria di essere la firma

autografa di Dante. Da questa scoper-

ta prende il via una caccia all’uomo in

cui sarà coinvolta anche Agostina, at-

traente e determinata ragazza. I due

saranno costretti a una fuga che li por-

terà fino a Parigi, dove li attende la

soluzione di un enigma che dura da

settecento anni...


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