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RIEST PERIODICO di COLLEGAMENTO delle CHIESE EVANGELICHE ELVETICA, METODISTA e VALDESE di TRIESTE e DIASPORA 11I"lin / ""n,,tn 7017 VANGELICA Indirizzo del sito delle nostre tre comunitˆ: www.triestevangelica.org Comunitˆ Elvetica - P.tta S. Silvestro 1- 34121 Trieste; tel/fax 040632770; [email protected] Chiesa Valdese- P.tta S. Silvestro 1 - 34121 Trieste; tel/fax 040632770:; [email protected] Chiesa Metodista - Scala dei Giganti 1 - 34122 Trieste; tel. e fax 040 630892; [email protected] Past. Dieter Kampen - Via dell'Eremo 191 - 34142 Trieste; cell. 348 096 7797; [email protected] DEUTERONOMIO 34, 1 - 12 Poi Mosè salì dalle steppe di Moab al monte Nebo, sulla cima del Pisga, di fronte a Gerico, e il Signore gli mostr˜ tutto il paese di Galaad fino a Dan e tutto Neftali e il paese di Efraim e Manasse e tutto il paese di Giuda fino al mare occidentale, il paese del sud e la regione del Giordano, la pianura di Gerico, la cittˆ delle palme, fino a Zoar. Il Signore gli disse: "Questo è il paese riguardo al quale ho fatto ad Abraamo, /sacco e Giacobbe questo giuramento: 'lo lo dar˜ ai tuoi discendenti'. Te l'ho fatto vedere con gli occhi, ma tu non vi entrerai". Dopo questo Mosè, servo del Signore, mor“ nel pae- se di Moab, secondo il volere del Signore. E lo seppellì nella valle, nel paese di Moab, di fronte a Bet-Peor ; e nessuno fino ad oggi ha mai saputo dove sia la sua tom- ba. Mosè aveva centoventi anni quando mor“. Il suo oc- chio non s'era velato né la sua freschezza era venuta meno. I figli d'Israele lo piansero nelle pianure di Moab per trenta giorni, poi terminarono i giorni del pianto e del lutto per Mosè. Giosuè, figlio di Nun, fu pieno dello spirito di sapienza, perché Mosè aveva imposto le mani sul suo capo. I figli d'Israele gli ubbidirono e fecero quello che il Signore aveva comandato a Mosè. Non c'è mai pi• stato in Israele un profeta simile a Mosè, al quale il Signore si confidava faccia a faccia. Nessuno è stato simile a lui in tutti quei segni e prodigi con il quale il Signore l'aveva inviato perché li compisse nel paese d'Egitto contro il faraone, contro tutti i suoi servi e contro tutto il suo paese, né simile a lui in quegli atti potenti e in tutte le terribili grandi opere che Mosè fece davanti agli occhi di tutto Israele. Un uomo lascia dietro sé il suo popolo e dalla steppa sale verso il monte. Lo guardiamo salire, e ci ricorda un nobile animale che lascia il branco per morire solo. Secondo le indicazioni della Bibbia, Mosè avrebbe cento- venti anni; per la nostra concezione del tempo è in realtˆ molto pi• giovane, ma comunque sempre un vecchio. Pure, appena è sulla cima, tutto in lui dimostra che il suo corpo e la sua mente non sono invecchiati: "Il suo occhio non s'era velato né la sua freschezza era venuta meno ". Dal monte Nebo si vede tutta la valle del Giordano e con il cielo limpido s'arriva anche ben oltre: a nord fino alle nevi dell'Hermon, a ovest fino alle colline sul Medi- terraneo. Tutto questo Mosè, col suo "occhio non velato ". vede adesso scorrere davanti a sé. Proprio su quello stesso monte, molto tempo prima, Israele aveva giˆ visto la terra promessa (cfr Nm 21, 20). Poi per˜, a causa della sua disubbidienza, aveva dovuto al- lontanarsi per un lungo cammino e nuove lotte. Ora final- mente eccolo di nuovo lì, e finalmente il suo viaggio di quarant'anni è terminato. Ma per Mosè la fine ha un altro senso. A causa di un suo peccato la cui natura non pu˜ essere compresa chiaramente in base ai testi, a lui è proibito entrare nella terra di Ca- naan. La pu˜ solo vedere dalla cima del monte e, dopo averla vista: "Mosè; servo del Signore, mor“ lˆ, nel paese di Moab, secondo il volere del Signore ". * * * Si dice che quando stai per morire, tutta la vita ti ripassa avanti. Se questo è vero, Mosè sul monte Pisga è tornato certamente all'inizio della sua grande avventura, quando il Signore, in cima a un altro monte, il monte Oreb, se ne è impadronito, e poi l'ha scaraventato sull'Egitto come fosse una folgore. Giˆ lì, di fronte a quello straordinario "pruno tutto in fiamme che non si consumava " (cfr Esodo 3,2-3), Mosè aveva compreso quello che l'aspettava: quel Dio che d'ora in poi sarebbe sempre stato insieme con lui, l'avreb- be consumato al posto di quel pruno. S“, Mosè è stato avvolto dalla fiamma di Dio e condan- nato a bruciare lentamente al fuoco della sua diversitˆ. Sempre assieme ad Israele ma anche solo nel suo ruolo di guida e di mediatore. Quasi un uomo "a mezz'aria", sospe- so tra Dio e il popolo, destinato a subire su se stesso da un lato il primo impatto dell'ira del Signore contro l'ingratitu- dine di quella massa "dalla dura cervice ". e dall'altro gli insulti di coloro che vedevano in lui il responsabile di trop- pe lotte e troppe sofferenze. Del resto, a ben guardare, giˆ prima del monte Oreb, giˆ nel suo stesso nome egli portava il marchio del progetto di Dio sulla sua vita. "Mosè" è un nome egiziano che vuol dire: "seme, frutto dello stagno, del! 'acqua ". e che la Bib- bia interpreta come "Colui che è stato tratto dall 'acqua ". Ma "Mosè" pu˜ voler anche dire: "Colui che trae, colui che tira fuori ". Il bambino cui è imposto questo nome perché raccolto e dalla figlia del faraone come "un frutto del! 'acqua" del Nilo, dovrˆ cioè "trarre" lui a sua volta Israele fuori del gorgo paludoso della schiavitù verso la libertˆ.
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RIEST PERIODICO di COLLEGAMENTO delle CHIESE EVANGELICHE

ELVETICA, METODISTA e VALDESE di TRIESTE e DIASPORA

11I"lin / ""n,,tn 7017

VANGELICA Indirizzo del sito delle nostre tre comunitˆ: www.triestevangelica.org

Comunitˆ Elvetica - P.tta S. Silvestro 1- 34121 Trieste; tel/fax 040632770; [email protected] Chiesa Valdese- P.tta S. Silvestro 1 - 34121 Trieste; tel/fax 040632770:; [email protected]

Chiesa Metodista - Scala dei Giganti 1 - 34122 Trieste; tel. e fax 040 630892; [email protected] Past. Dieter Kampen - Via dell'Eremo 191 - 34142 Trieste; cell. 348 096 7797; [email protected]

DEUTERONOMIO 34, 1 - 12

Poi Mosè salì dalle steppe di Moab al monte Nebo, sulla cima del Pisga, di fronte a Gerico, e il Signore gli mostr˜ tutto il paese di Galaad fino a Dan e tutto Neftali e il paese di Efraim e Manasse e tutto il paese di Giuda fino al mare occidentale, il paese del sud e la regione del Giordano, la pianura di Gerico, la cittˆ delle palme, fino a Zoar. Il Signore gli disse: "Questo è il paese riguardo al quale ho fatto ad Abraamo, /sacco e Giacobbe questo giuramento: 'lo lo dar˜ ai tuoi discendenti'. Te l'ho fatto vedere con gli occhi, ma tu non vi entrerai".

Dopo questo Mosè, servo del Signore, mor“ lˆ nel pae­ se di Moab, secondo il volere del Signore. E lo seppellì nella valle, nel paese di Moab, di fronte a Bet-Peor ; e nessuno fino ad oggi ha mai saputo dove sia la sua tom­ ba. Mosè aveva centoventi anni quando mor“. Il suo oc­ chio non s'era velato né la sua freschezza era venuta meno. I figli d'Israele lo piansero nelle pianure di Moab per trenta giorni, poi terminarono i giorni del pianto e del lutto per Mosè. Giosuè, figlio di Nun, fu pieno dello spirito di sapienza,

perché Mosè aveva imposto le mani sul suo capo. I figli d'Israele gli ubbidirono e fecero quello che il Signore aveva comandato a Mosè.

Non c'è mai pi• stato in Israele un profeta simile a Mosè, al quale il Signore si confidava faccia a faccia. Nessuno è stato simile a lui in tutti quei segni e prodigi con il quale il Signore l'aveva inviato perché li compisse nel paese d'Egitto contro il faraone, contro tutti i suoi servi e contro tutto il suo paese, né simile a lui in quegli atti potenti e in tutte le terribili grandi opere che Mosè fece davanti agli occhi di tutto Israele.

Un uomo lascia dietro sé il suo popolo e dalla steppa sale verso il monte. Lo guardiamo salire, e ci ricorda un nobile animale che lascia il branco per morire solo. Secondo le indicazioni della Bibbia, Mosè avrebbe cento­ venti anni; per la nostra concezione del tempo è in realtˆ molto pi• giovane, ma comunque sempre un vecchio. Pure, appena è sulla cima, tutto in lui dimostra che il suo corpo e la sua mente non sono invecchiati: "Il suo occhio non s'era velato né la sua freschezza era venuta meno ".

Dal monte Nebo si vede tutta la valle del Giordano e con il cielo limpido s'arriva anche ben oltre: a nord fino alle nevi dell'Hermon, a ovest fino alle colline sul Medi-

terraneo. Tutto questo Mosè, col suo "occhio non velato ". vede adesso scorrere davanti a sé.

Proprio su quello stesso monte, molto tempo prima, Israele aveva giˆ visto la terra promessa (cfr Nm 21, 20). Poi per˜, a causa della sua disubbidienza, aveva dovuto al­ lontanarsi per un lungo cammino e nuove lotte. Ora final­ mente eccolo di nuovo lì, e finalmente il suo viaggio di quarant'anni è terminato.

Ma per Mosè la fine ha un altro senso. A causa di un suo peccato la cui natura non pu˜ essere compresa chiaramente in base ai testi, a lui è proibito entrare nella terra di Ca­ naan. La pu˜ solo vedere dalla cima del monte e, dopo averla vista: "Mosè; servo del Signore, mor“ lˆ, nel paese di Moab, secondo il volere del Signore ".

* * * Si dice che quando stai per morire, tutta la vita ti ripassa

avanti. Se questo è vero, Mosè sul monte Pisga è tornato certamente all'inizio della sua grande avventura, quando il Signore, in cima a un altro monte, il monte Oreb, se ne è impadronito, e poi l'ha scaraventato sull'Egitto come fosse una folgore. Giˆ lì, di fronte a quello straordinario "pruno tutto in fiamme che non si consumava " (cfr Esodo 3,2-3), Mosè aveva compreso quello che l'aspettava: quel Dio che d'ora in poi sarebbe sempre stato insieme con lui, l'avreb­ be consumato al posto di quel pruno.

S“, Mosè è stato avvolto dalla fiamma di Dio e condan­ nato a bruciare lentamente al fuoco della sua diversitˆ. Sempre assieme ad Israele ma anche solo nel suo ruolo di guida e di mediatore. Quasi un uomo "a mezz'aria", sospe­ so tra Dio e il popolo, destinato a subire su se stesso da un lato il primo impatto dell'ira del Signore contro l'ingratitu­ dine di quella massa "dalla dura cervice ". e dall'altro gli insulti di coloro che vedevano in lui il responsabile di trop­ pe lotte e troppe sofferenze. Del resto, a ben guardare, giˆ prima del monte Oreb, giˆ

nel suo stesso nome egli portava il marchio del progetto di Dio sulla sua vita. "Mosè" è un nome egiziano che vuol dire: "seme, frutto dello stagno, del! 'acqua ". e che la Bib­ bia interpreta come "Colui che è stato tratto dall 'acqua ". Ma "Mosè" pu˜ voler anche dire: "Colui che trae, colui che tira fuori ". Il bambino cui è imposto questo nome perché raccolto e

dalla figlia del faraone come "un frutto del! 'acqua" del Nilo, dovrˆ cioè "trarre" lui a sua volta Israele fuori del gorgo paludoso della schiavitù verso la libertˆ.

Ma oltre a questo verbo "trarre, tirare fuori" che Mosè porta nel suo stesso nome, c'è un altro verbo che domina la sua vita, ed è il verbo "vedere ". Se Mosè infatti muore nel segno del "vedere" quella terra promessa in cui non entre­ rˆ, se l'incontro con Dio sul monte Oreb nasce dal suo "guardare" il pruno in fiamme, il racconto di Mosè che uscendo dalla corte del faraone si reca per la prima volta in mezzo ai suoi fratelli è tutto costruito, in Esodo 2, 11-15, sull'espressione "vide" ripetuta tre volte. Vedere una cosa innanzi a sé presuppone una partecipa­

zione a quello che si vede, ma anche insieme un distacco: io vedo qualche cosa solo se questo qualcosa è innanzi a me, solo se non è me stesso, e anzi, se quel qualcosa mi è troppo vicino, per vederlo bene debbo fare un passo indie­ tro, un po' come il pittore si ritrae per contemplare il qua­ dro che ha appena dipinto. Cos“ anche per Mosè questo "vedere" che lo caratterizza dall'inizio alla fine è come il marchio del suo fondamentale essere distaccato da ogni cosa per servire il Signore.

Come nel nostro testo pu˜ solo "vedere" da lontano la terra di Canaan, e come ha potuto anche "guardare" solo da lontano il pruno ardente perché bloccato dal comando di Dio: "Non ti avvicinare, ma togliti i calzari" (Es 3, 5), cos“ Mosè, cresciuto come un egiziano, pu˜ solo "guarda­ re" come da lontano gli schiavi ebrei, lui che è un "princi­ pe d'Egitto ". Li pu˜ solo "guardare" perché non è uno di loro, ma quello sguardo gli è sufficiente per sentire nel cuore che quegli schiavi sono i suoi fratelli. Poi, nel suo "osservare" l'affaticarsi di quegli esseri umani ridotti ad animali da sfruttare, ecco che "vede" un aguzzino egiziano battere a morte uno dei suoi fratelli! Subito allora "volge lo sguardo attorno" per controllare non ci sia nessuno e "colpisce a morte l'egiziano ". Davvero Dio ha giˆ messo in Mosè il "DNA" del liberatore! ...

Il giorno dopo Mosè torna sul posto, perché quello è il suo posto. E questa volta "vede" uno dei suoi fratelli bat­ tere un altro fratello. Che amara scoperta! E quando Mosè lo rimprovera, quell'ebreo gli risponde con una vivace pro­ testa, che è un primo annuncio delle tante proteste e mor­ morii che il liberatore dovrˆ aspettarsi da chi ha liberato: "Chi ti ha delegato capo e giudice su di noi? Penseresti forse di uccidermi come hai ucciso quel! 'egiziano? ". Non è solo protesta né solo mormorio ... Mosè è giˆ alla prese con il tradimento. La cosa si risˆ, e il faraone lo "condan­ na a morte ". Mosè deve fuggire lontano dall'Egitto che lo ha allevato, lontano da Israele che è il suo popolo.

E arriva a Madian, nell'attuale Arabia, e qui difende le figlie del sacerdote della trib• locale dalla violenza di pa­ stori malvagi (cfr Es 2,16-22): cos“, ancora una volta di­ mostra d'avere innata in sé quella vocazione di difensore dei deboli che poi la chiamata di Dio espliciterˆ. Ma quello che è pi• importante è che la Bibbia osserva come le fan­ ciulle lo prendano per un "egiziano ". Perché cos“ il testo sottolinea che Mosè ha conservato costumi e usanze egi­ ziane. Non è passato come gli altri israeliti attraverso la schiavit•, ma s'è inserito direttamente dalla raffinata cultu­ ra della corte del faraone nell'esistenza libera dei beduini del deserto, quali erano i Madianiti. È la stessa esistenza che avevano vissuto Abramo, Isacco e Giacobbe. Cos“ sul­ la via della fuga, Mosè ritorna direttamente ai suoi padri ...

Per liberare i figli del suo popolo schiavo, Dio chiama insomma l'unico ebreo che non è stato mai schiavo. E pri­ ma di inviarlo a compiere "segni e prodigi contro il farao-

ne, e contro il suo paese" gli fa respirare di nuovo per un po' l'aria libera e pura dei grandi patriarchi di Israele ...

* * * Ecco la straordinaria avventura di Mosè. Ecco anche la

solitudine cui è stato "condannato" per tutta la sua vita. Davvero la vita del "servo del Signore ", chiamato a far da ponte fra Dio e popolo, e a soffrire per questo distacco. Mosè era solo nel canestro di giunchi che l'ha portato

sino alla principessa dell'Egitto; era solo quando ha veduto i suoi fratelli schiavi e ha ucciso l'aguzzino che li batteva a morte; solo nella fuga che l'ha portato a Madian, solo sul monte Oreb davanti al pruno ardente. Sarˆ solo a fronteg­ giare le urla degli Israeliti sul bordo del mar Rosso, solo sul Sinai al cospetto di Dio, ed ugualmente solo nella sua indignazione e nel combattimento contro il vitello d'oro. E ancora solo al di fuori dell'accampamento, nella tenda in cui Dio manifesta se stesso nella nube. Ed è morto da solo, come abbiamo visto, sulla cima del Pisga.

È del resto, la sua, la stessa, fondamentale solitudine di Abramo prima, e di Elia, Isaia e tutti i profeti poi. Coloro che il Signore consacra al suo servizio, anche se portano altri nomi, sono in fondo un po' tutti dei "Mosè". Tutti cioè "tirati fuori" da Dio di mezzo agli altri e consacrati a lui, per "tirare fuori" a loro volta i figli e le figlie d'Israele dalla schiavit• della mancanza di fiducia in Dio e della ri- caduta in mano agli idoli "condannati" cioè alla diversitˆ di un compito speciale Non un solo "Mosè", non un solo "servo del Signore ". ma tanti e successivi che il Si­ gnore via via si sceglie e chiama ... È un altro aspetto presente nel nostro testo. Mosè muore,

e "i figli d'Israele lo piansero nel!e pianure di Moab per trenta giorni ". Poi per˜, trascorso quel periodo, "termina­ rono i giorni del pianto e del lutto per Mosè ". Mosè non c'è pi•. Ma la vita continua. E cos“, non a caso, subito dopo l'annuncio della fine dei

"giorni del pianto e del lutto per Mosè ". troviamo scritto il nome del suo successore: "Giosuè figlio di Nun fu pieno dello spirito di sapienza, perché Mosè aveva imposto le mani sul suo capo. I figli d'Israele gli ubbidirono e fecero quello che il Signore aveva comandato a Mosè ". Mosè non c'è pi•, ma ora c'è Giosuè e con e grazie a lui

si continua a fare quello che il Signore aveva comandato a Mosè di fare. Perché quel che si deve fare è l'opera del Si­ gnore, e non di Mosè né di Giosuè né di alcun altro. In fondo tutta la Bibbia è una "staffetta" da un servo di

Dio all'altro. Ognuno riceve la Parola ispirata dallo spirito e se ne fa strumento e portatore. Poi il compito finisce, e il servo passa e la Parola la riceve un altro. Cos“ nel correre degli anni, dei decenni, dei secoli ... nel

venire e passare di coloro che Dio chiama a servirla, la Pa­ rola percorre il suo cammino. Giˆ Abramo prima di Mosè, e poi da Mosè a Giosuè, a Gedeone e sino a Samuele, poi a Davide, poi a Elia, e da lui sino ad Amos, e a Isaia, e a Geremia, a Ezechiele sino a Esdra e a Neemia ... Quest'incessante trasmissione da uno all'altro, questo in­

cessante sorgere e tramontare d'uomini e di vite, ha una sua bellezza, ma anche una durezza che dˆ una stretta al cuore. S“, ci si stringe il cuore a vedere Mosè che sale in cima al monte per morirvi, solo come è sempre stato. Ha vissuto per ordine di Dio, muore per suo ordine: "Mori lˆ, nel paese di Moab, secondo il volere del Signore ".

Ma ... c'è qui un bellissimo "ma" da pronunciare. In quest'ultima frase il testo ebraico permette un'altra inter­ pretazione: non "Mosè mor“ per volere del Signore ", bens“ "Mosè mor“ sulla bocca del Signore". E' un'immagine au­ dace, e molto bella: Mosè muore baciato dal suo Dio. Que­ sto Dio che gli ha negato l'ingresso nella terra promessa, non gli nega un ultimo, straordinario gesto d'affetto. Ricordate quando, sul monte Sinai, Mosè aveva chiesto a

Dio di poterlo vedere e Dio gli aveva risposto: "Tu non puoi vedere il mio volto, perché l'uomo non pu˜ vedermi e vivere" (Esodo 33,20)? Adesso, forse, Dio esaudisce la ri­ chiesta di Mosè. Mosè vede il suo volto, è sfiorato dal ba­ cio del Signore, e cos“ muore. E Dio lo prende in braccio, lo porta nella valle, e lì lo seppellisce. Lui, Dio in persona, scava la fossa per il suo servitore! Per questo, perché tutto s'è svolto tra il Signore e il suo servo, "nessuno fino ad oggi ha mai saputo dove sia la sua tomba ". I servi che Dio sceglie per sé passano: nascono, vivono,

muoiono, come del resto ciascuno di noi. È la nostra con­ dizione creaturale. Ma questo non significa che Dio sia in­ differente al nostro sorgere e al nostro tramontare. E forse è proprio vero che come per Mosè anche per noi la morte sia in fondo l'esperienza del contemplare il volto del Si­ gnore: "l'uomo non pu˜ vedermi e vivere" ... In realtˆ allora, nel proclamare la continua solitudine di

Mosè, sbagliavamo. Mosè non è mai stato solo in tutta la

sua vita! E non è stato solo nella morte, lˆ "sulla cima del Pisga ". Con lui c'era il suo Dio. c'è sempre stato Dio! E alla fine, il suo bacio e le sue braccia.

Neanche noi siamo soli, in vita e in morte. Anche per noi c'è un bacio, anche per noi un abbraccio che ci attende, e questo non riguarda soltanto la fine della vita: giˆ adesso questo sentirei attesi ce la illumina, la vita, la scalda e le dˆ un senso. Pochi giorni fa, è finito un periodo della vita, il periodo del mio servizio pastorale a Trieste. Debbo dire: un bel periodo. Abbiamo camminato insieme per un tratto di strada, voi ed io, e cos“ insieme siamo stati "noi", nelle mani di Dio. Ora ne inizia un altro, per voi e per me. Dio ha provveduto ad organizzare la sua "staffetta" nelle vostra chiese di Trieste, passando il testimone dal sottoscritto a Dieter; e l'ha anche organizzata nella chiesa in cui andr˜. Ma nessuno potrˆ annullare il nostro essere stati un "noi".

Anche fisicamente lontani, con il cuore rimarremo ancora insieme, perché tenuti insieme dall'abbraccio di Dio, per­ ché insieme allietati dalla sua comunione che ci rende uniti fra di noi. Lui, il Signore, che è stato, è e sarˆ sempre il "nostro" Dio.

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Cari frate ca e sorelle,

Se iC Sigrwre non costruisce Ca casa, invano si affaticano i costruttori,

Salmo 127,1

'DaC 1 CugCio ho iniziato Ca successione tkC Pastore 'R:u1Jgero :Marcfietti cfie a metˆ mese inizierˆ un nuovo yastorato nette 'Vallì "vaidesi:

'Visto cfie sono stato yastore deiia Comunitˆ iuterana di Trieste, Ca 1rUl{Jgior yarte di voi già mi conosce. Comunque ecco una yiccoCa yresentazione: J{o 46 (presto 47) anni e sono nato e cresciuto a J{iCdésfieim, Germania, dà madre riformata e padre Iuterano. J{o studiato teologia a Gottinga, Rmna, Parigi e Berlino. Soyrattutto tunno a R.om.a alla :facoftˆ "vaidese è stato incisivo e tre anni dopo fw svolto iC mio yerioao yratico yresso Ca Comunitˆ vaidese di Catania. IC secondo esame teologico {'fw dato a 'Vienna, visto cfie fw svoito Ca yarte yratica tkC mio vicariato a Trieste e :MiCano e Ca yarte teorica in 5\.ustria. Seguivano 12 anni di yastorato cfie iniziaCmente si sono concentrati suila comunitˆ, ma cfie con iC tempo hanno visto un semyre 1rUl{Jgiore imyegno ancfie su yiano nazionale come Ca stesura tkC nuovo innario, {'imyegno neC{''Editrice Claudiana; i{ Boilettino Iuterano, Ca fondazione tkC{' .J\SLI - 5\.ccaMmia di Studi Luterani in Italia. ecc.

NeC 2012 ho ripreso ga studi accademici e nei 2015 ho ottenuta Ca Licenza in teologia ecumenica yresso iC S. 'Bernardino di 'Venezia. 'Da due anni scrivo i{ mio dottorato yresso {' 5\.ntonianum di Roma; ma con iC nuovo imyegno Ca chiusura si syoster˜ sicuramente nei futuro.

5\. Trieste fw conosciuto ancfie mia mogCie 'E{ena Bernobich. e mia fiBCia acquisita Caterina :furCan e viviamo feCicemente con Ca suocera anziana in 'Via tkC{''Eremo. Sono ancfie Coro evanqeiici e mi seguono e mi sostengono nella mia nuova destinazione yastora{e.

IC nuovo incarico si yrosyetta yi• complicato tkC mio vecchio, visto cfie si tratta di seguire tre Comunitˆ con due chiese. f!µesta costellazione ovviamente non è ideale, ma visto cfie {e cose stanno cos“, cerchiamo di fare iC megCio tkcCa situazione. Intanto ogni

comunitˆ ha una yroyria storia e dei carismi yroyri cfie yuò mettere aC servizio di tutti e yuò quindi contri6uire alla yresenza tkC yrotestantesimo a Trieste. :Magari non riusciremo ad' oyerare con Ca stessa unitˆ come Ce tre yersone detia Trinitˆ, ma in ogni caso iC"tre" è un buon. numero.

Scfierzi a yarte, aC{'inizio ho messo Ce yaroCe tkC Saimo 127, yercfié sono fermamente convinto cfie i nostri sforzi saranno vani senza Ca benedizione di 'Dio. Q.uesta consapevolezza ci dovrebbe indurre a mantenere una syirito di yregfiiera, a chiedere continuamente deila volontˆ di 'Dio, a vivere insieme come fratelli e soreiie e a mettere {''EvangeCo al' centro dei nostri sforzi: Se agiamo cos“, sono fiducioso cfie 'Dio sarˆ yresente con i{ suo Spirito e benedirˆ Ce nostre comunitˆ.

Intanto syero di conoscervi megCio o, in rari casi, conoscervi yer Ca yrima voita. 5\.uguro a tutti noi una feCice e gioiosa vita comunitaria e naturalmente ancfie yrivata, ma soyrattutto cfie 'Dio benedica Ce nostre vite. 5\.men.

5\.yresto

'Vostro Pastore 'Dieter Xamyen

CALENDARIO DEI CULTI DAL 16 LUGLIO AL 3 SETTEMBRE 2017

Scala dei Giganti Liturgia: pasto Dieter Kampen domenica 16 luglio - ore 11.00 Quinta domenica dopo Trinitˆ Predicaz.: pasto Ruggero Marchetti

Celebrazione della Cena del Signore

Scala dei Giganti domenica 23 luglio - ore 11.00 Sesta domenica dopo Trinitˆ pasto Dieter Kampen

a seguire: Assemblea straordinaria valdese

domenica 30 luglio - ore 11.00 Scala dei Giganti pasto Dieter Kampen Settima domenica dopo Trinitˆ

San Silvestro - Cristo Salvatore domenica 6 agosto - ore 10.30 Ottava domenica dopo Trinitˆ pasto Dieter Kampen

Celebrazione della Cena del Signore

domenica 13 agosto - ore 10.30 San Silvestro - Cristo Salvatore pasto Dieter Kampen Nona domenica dopo Trinitˆ

domenica 20 agosto - ore 10.30 San Silvestro - Cristo Salvatore Gianfranco Hofer Decima domenica dopo Trinitˆ

domenica 27 agosto - ore 10.30 San Silvestro - Cristo Salvatore pasto Dieter Kampen Undicesima domenica dopo Trinitˆ

Scala dei Giganti domenica 3 settembre - ore 11.00 Dodicesima domenica dopo Trinitˆ pasto Dieter Kampen

Celebrazione della Cena del Signore

CAMMINARE INSIEME CfRCOlARE DiLLA CHIISA fVANHUtA MITDD/nA D' TR/lm

CORRIDOI UMANITARI­ MEDITERRANEAN HOPE

La sera di gioved“ 22 giugno u. s. alle ore 20,30, nella nostra cittˆ al Teatro Politeama Rossetti, si è svolta la serata conclusiva della quattordicesima edizione del Premio Lucchetta, istituito dalla Fondazione Lucchetta Ota D'Angelo Hrovatin, i giornalisti triestini assassinati a Mostar e a Mogadiscio nel 1994. Si tratta di un Premio giornalistico internazionale che si prefigge di testimoniare la passione per il giornalismo, il coraggio e la professionalitˆ dei corrispondenti e inviati internazionali impegnati nelle "prime linee", chiamati a denunciare scenari di guerra e sopraffazione che tormentano il mondo. Con uno sguardo sui bambini a cui il Premio è dedicato. Tra i vari premi assegnati, Premio per la stampa italiana (Laura Silvia Battaglia), Premio reportage TV (Valerio Cataldi), Premio TV news (Lyse Doucet), Premio stampa internazionale (Tom Parry), Premio per la fotografia (Khalil Ashawi), Premio Testimoni della Storia (Corrado Formigli), Premio i Nostri Angeli (Agenzia ANSA), ve ne è stato uno molto speciale e che in qualche modo riguarda anche noi. Infatti il Premio Speciale della Fondazione Lucchetta è stato assegnato al Progetto dei Corridoi Umanitari, l'iniziativa della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e della Tavola Valdese, insieme alla Comunitˆ di Sant'Egidio. Tale progetto prevede, in sintesi, modalitˆ sicure attraverso le quali i rifugiati possono arrivare in Europa senza rischiare di morire nei viaggi della disperazione. Ritengo che sia giusto segnalare l'importanza di questo riconoscimento ufficiale ottenuto attraverso questo Premio qui a Trieste, dove anche noi ci siamo adoperati per la pi• ampia informazione e pubblicizzazione di questa iniziativa nata nei nostri ambienti evangelici italiani per dare una risposta concreta all'immenso dramma delle migrazioni. E' partito tutto, all'inizio, dal progetto di Medditerranean Hope, con l'istituzione di un nostro osservatorio sull'isola di Lampedusa e un centro di prima accoglienza temporanea per minori e donne sole, presso la chiesa metodista di Scicli (RG), denominato "Casa delle Culture". Da lì, dopo esserci resi conto che si doveva puntare ad obiettivi ancora pi• concreti, si è pensato ad un progetto

pi• ambizioso, quale quello di dimostrare che un'altra via era possibile percorrere per far giungere in Europa questi disperati in piena sicurezza; una via alternativa ai salvataggi di emergenza in mare. Utopia? Direi di no. Credo piuttosto che fede e speranza abbiano guidato i nostri fratelli e sorelle che stavano adoperandosi in quel momento. E sono venuti in contatto con la Comunitˆ di Sant'Egidio, importante e attiva organizzazione cattolica presente anche a livello internazionale, che ha subito aderito, dando cos“ vita alla pi• bella e concreta collaborazione ecumenica fra credenti cattolici e protestanti, che hanno deciso di unire le loro forze per un progetto di alto profilo umanitario, e che costituisce un segnale di speranza per l'Europa. Le trattative con lo Stato e i suoi ministeri ( Esteri ed Interni) sono state lunghe, ma alla fine è stata raggiunta un'intesa fra le parti per la concessione di mille visti d'ingresso in Italia a persone in condizioni di particolare vulnerabilitˆ, nell'arco del biennio 2016-2017. Sono giunti finora in Italia attraverso questo progetto 891 persone. L'organizzazione sta lavorando a pieno ritmo per dare loro una sistemazione abitativa adeguata, un aiuto in tutte le pratiche per la richiesta del permesso di asilo, per l'inserimento scolastico dei minori, per l'assistenza sanitaria, per l'apprendimento della lingua italiana da parte degli adulti, per l'inserimento lavorativo ,ecc .. Si potrebbe obiettare che è s“ una bellissima iniziativa, ma è una goccia nel mare di fronte all'immensitˆ del problema "migrazioni". E' vero, è una goccia, ma è un inizio. Vi è la dimostrazione che è possibile percorrere strade diverse e pi• sicure, salvando cos“ la vita a migliaia di persone e di bambini che affrontano terribili viaggi della speranza senza sapere se mai giungeranno lˆ dove desiderano avere e ottenere una possibilitˆ di vita dignitosa. Il grande obiettivo del progetto è anche quello che in altri Stati d'Europa si possa imitare ci˜ che viene fatto in Italia( in questo momento a totale carico delle nostre chiese e di Sant'Egidio) e ci si apra ad una vera accoglienza. Lo Stato italiano ha promesso l'apertura a ulteriori mille visti d'ingresso; la Francia ha deciso di rendere operativo un progetto simile al nostro. Speriamo tutti e preghiamo perché altri ne seguano.

RaulMatta

"Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite"

Le parole di Paolo, tratte dalla lettera ai Romani, hanno guidato la commovente veglia ecumenica annuale di preghiera per le vittime dell'omofobia e di tutte le forme di discriminazione, svoltasi il 13 maggio nella chiesa Iute rana ed organizzata dai nostri fratelli omosessuali, in gran parte cattolici, del gruppo di spiritualitˆ e preghiera "Progetto Ruah" di Trieste. Al momento, il movimento non pu˜ avere un dialogo ufficiale con la diocesi di Trieste, a causa della ben nota chiusura della chiesa cattolica, mentre intrattiene buoni rapporti di collaborazione con le nostre chiese e con alcune realtˆ ecclesiali cattoliche pi• aperte. Negli anni passati, infatti, questi culti si sono tenuti presso la chiesa metodista e qui, dalla reciproca conoscenza, sono scaturite simpatia e solidarietˆ. Claudia De Nadai

Che tutTi s i ano uno, aff i nché i I mond o creda che Tu mi hai mandaTo (Giov. 17.21)

Fo rTi f i cat i i n ogn i cosa secondo la po+en ao della Tua Gloria (Col. 1.11)

UNIONE E FORZA CIRC OLARE .AI MEMBRI E ..!'i.IYlICI DELLE C OIYIUNlTÀ

EVANGELICHE RIFORIYIA. TE EL VETl~ .. VALDESF DI '1RIESTE

tHappeninq protestante aMiCano 1 - 4 giugno 2017

Per festeggiare i 500 anni ae{{a Riforma yrotestante {e chiese ev anqetiche milanesi hanno organizzato in modo ecceliente un evento di riievanza nazionate con un yrogramma vario ed. interessante.

Da{ nostro Circuito è stato organizzato un viaggio in yu{{man a :Mi{ano yer essere yresenti arre due giornate centrali: venerai 2 e sabato 3 giugno.

I{ nostro gruyyo ha yotuto yartecipare venerdì: arra Botta de! silen.zio sulla viotenea contro {e donne, arra tavola. rotonda che illustrava. come {e reliqioni yossono agire nello spazio yu{j{j(ico yer i{ bene di una societˆ multiculturale, at betiissimo concerto nei teatro Comunaie dove si sono esibiti sei cori i{ cui repertorio spaziava aa{{e corali di 'Bach, ag(i spirituals, ag(i inni.

Sabato mattina ci siamo divisi yer seguire {e varie manifestazioni: {a :r(j'EI ai 'Parco Sempione; "Essere chiesa insieme" e "Qua{e spazio yer {e donne

nella. Riforma" nette sale ae{ teatro.

Ne{ yrimo yomeriggio era organizzato un corteo che yartiva da 'Piazza Duomo fino a{ teatro Comunale, ci siamo ritrovati a sfitare gioiosamente con carte Iioni, ya{{oncini colorati, striscioni, canti, con frate ((i e sorelie venuti da tante yarti d'Italia.

I yartecipanti de! corteo hanno yoi riempito i{ teatro (circa 1.500 yersone) yer i{ culto ripreso aa{{a 'RJU e trasmesso i{ giorno seguente: domenica di 'Pentecoste.

Sono state due giornate morto speciali, intense, gioiose, dove ci siamo ritrovati tutti uniti yer uscire aa{{e nostre yicco{e chiese, yer annunciare {a v italit.ˆ ae{ 'Protestantesimo e {a iiherta detl' Ev anqeio di (jes• Cristo.

CLArA COz.z.i

OFFERTE

Per contribuzioni e offerte, l'IBAN della Chiesa Valdese di Trieste è IT 21 K 03359 01600 100000013894

L' IBAN della Comunitˆ evangelica di Confessione elvetica di Trieste è IT 51 A 05336 02200 000030025722


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