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RACCONTAMI LA MEGLIO GIOVENTÙ. LA GRANDE TRASFORMAZIONE DEGLI ANNI CINQUANTA E SESSANTA ATTRAVERSO...

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TELEVISIONISM RACCONTAMI LA MEGLIO GIOVENTU ` . LA GRANDE TRASFORMAZIONE DEGLI ANNI CINQUANTA E SESSANTA ATTRAVERSO LA FICTION SILVIA CASILIO Universita ` degli studi di Macerata, Italia A partire in particolare dalla seconda meta ` degli anni Novanta, il racconto storico e ` entrato a far parte della programmazione televisiva a tutti gli effetti, sancendo il successo di un nuovo genere. Programmi di divulgazione e fiction hanno fatto proprie le regole della narrazione storica adattandone la grammatica alle forme proprie del mezzo televisivo che si e ` proposto, in particolare nell’ultimo ventennio, come il luogo privilegiato per la costruzione di una memoria condivisa capace di parlare ad un pubblico ampio e in special modo alle giovani generazioni. Il contributo si propone di esaminare in che modo due fiction di grande successo come La meglio gioventu ` del 2003 e Raccontami del 2006 hanno ricostruito e ri- scritto l’Italia del secondo dopoguerra, l’Italia della ricostruzione, quella appunto della televisione e del conflitto generazionale. Ci si chiedera ` in particolare fino a che punto il passato possa essere ricostruito, discusso e rivisitato attraverso le immagini televisive e in che modo il piccolo schermo, superando i confini tra finzione e realta `, da una parte risenta del clima politico proponendo una sua versione di memoria collettiva ‘condivisa’, dall’altra si ponga come punto di incontro tra la storia in senso stretto e la storia soggettiva. KEYWORDS: storia, memoria, conflitto generazionale, trasformazione, moderniz- zazione INTRODUZIONE La storia ‘consiste in un complesso di fatti accertati. Lo storico trova i fatti nei documenti, nelle iscrizioni e cosı` via, come i pesci sul banco del pescivendolo. Lo storico li raccoglie, li porta a casa, li cucina e li serve nel modo che preferisce’. 1 Ma nell’epoca di internet, dell’e-book e dell’iPad chi e ` che raccoglie e cucina quel complesso di fatti accertati che secondo Edward H. Carr costituirebbe appunto la storia? E soprattutto chi decide come quei ‘pesci’ debbano essere serviti? The Italianist, 34. 2, 201–218, June 2014 # Italian Studies at the Universities of Cambridge, Leeds and Reading 2014 DOI: 10.1179/0261434014Z.00000000073
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TELEVISIONISM

RACCONTAMI LA MEGLIO GIOVENTU. LAGRANDE TRASFORMAZIONE DEGLI ANNICINQUANTA E SESSANTA ATTRAVERSO LA

FICTION

SILVIA CASILIO

Universita degli studi di Macerata, Italia

A partire in particolare dalla seconda meta degli anni Novanta, il racconto storicoe entrato a far parte della programmazione televisiva a tutti gli effetti, sancendo ilsuccesso di un nuovo genere. Programmi di divulgazione e fiction hanno fattoproprie le regole della narrazione storica adattandone la grammatica alle formeproprie del mezzo televisivo che si e proposto, in particolare nell’ultimo ventennio,come il luogo privilegiato per la costruzione di una memoria condivisa capace diparlare ad un pubblico ampio e in special modo alle giovani generazioni. Ilcontributo si propone di esaminare in che modo due fiction di grande successocome La meglio gioventu del 2003 e Raccontami del 2006 hanno ricostruito e ri-scritto l’Italia del secondo dopoguerra, l’Italia della ricostruzione, quella appuntodella televisione e del conflitto generazionale. Ci si chiedera in particolare fino ache punto il passato possa essere ricostruito, discusso e rivisitato attraverso leimmagini televisive e in che modo il piccolo schermo, superando i confini trafinzione e realta, da una parte risenta del clima politico proponendo una suaversione di memoria collettiva ‘condivisa’, dall’altra si ponga come punto diincontro tra la storia in senso stretto e la storia soggettiva.

KEYWORDS: storia, memoria, conflitto generazionale, trasformazione, moderniz-zazione

INTRODUZIONE

La storia ‘consiste in un complesso di fatti accertati. Lo storico trova i fatti neidocumenti, nelle iscrizioni e cosı via, come i pesci sul banco del pescivendolo. Lostorico li raccoglie, li porta a casa, li cucina e li serve nel modo che preferisce’.1 Manell’epoca di internet, dell’e-book e dell’iPad chi e che raccoglie e cucina quelcomplesso di fatti accertati che secondo Edward H. Carr costituirebbe appunto lastoria? E soprattutto chi decide come quei ‘pesci’ debbano essere serviti?

The Italianist, 34. 2, 201–218, June 2014

# Italian Studies at the Universities of Cambridge,

Leeds and Reading 2014 DOI: 10.1179/0261434014Z.00000000073

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La domanda, nonostante l’apparenza, non e retorica: apre a riflessioni circa ilruolo della storia e dello storico nella contemporaneita e, soprattutto, pone a suavolta degli interrogativi circa le modalita attraverso cui il racconto storico vienecostruito e veicolato. Si tenga presente, ad esempio, il ruolo che la stampa hagiocato nelle grandi trasformazioni sociali e politiche che investirono soprattutto ilmondo occidentale tra il Diciannovesimo e il Ventesimo secolo: di quei processiessa fu non solo uno storico protagonista, uno straordinario agente di rottura tra ilvecchio ordine e il nuovo, ma anche un efficacissimo testimone capace diraccontare, scrivere e a volte riscrivere nuove pagine di storia. Con la comparsadella televisione — e successivamente dei cosiddetti nuovi media — programmitelevisivi, film e fiction hanno preteso e ottenuto un ruolo sempre piu importante (ea volte ingombrante) nel processo di costruzione della memoria storica in Italiacosı come in altri paesi, dentro e fuori dall’Europa.2 Attualmente, infatti, iprincipali strumenti e canali di divulgazione si trovano fuori dalle aule esoprattutto lontani dalle cattedre universitarie: essi appartengono principalmenteal mondo dei media piu o meno di ultima generazione. Questa divaricazione fraaccademia e mass media si va allargando sempre piu, fino a mettere in discussionela funzione stessa dello storico: e il medium — e spesso gli operatori dei media (sipensi ai giornalisti che si cimentano nella scrittura di libri dedicati alla storia delpaese, dai piu noti Giampaolo Pansa e Bruno Vespa, a Stefano Cappellini e AldoCazzullo) — a farsi interprete delle fonti (soprattutto quelle audiovisive) e apromuovere nuove valutazioni sui fatti apparentemente piu vicine al sensocomune.3 Esiste oggi quella che potremmo definire una ‘storiografia mediatica’ cheha un impatto determinante e persino piu incisivo di quello giocato dallastoriografia accademica — basata sulla ricerca e sul rigore scientifico — sia nellacostruzione della memoria sociale e collettiva e dell’immaginario popolare sianell’individuazione degli eventi da ‘ricordare’ e di quelli invece da ‘rimuovere’ dalpanorama memoriale.4 Sono i media stessi a ‘mediare’ la discussione pubblica sullastoria del Novecento (dalla Resistenza al terrorismo degli anni Settanta) e non piula comunita scientifica. Essa spesso si trova costretta a dover rincorrere il teatrinomediatico per poter affermare le proprie ragioni o semplicemente per poterpresentare le proprie ipotesi interpretative circa alcuni passaggi chiave della nostrastoria.

Immagini, colonne sonore e racconti intriganti, quindi, fanno da sfondo allastoria ufficiale proponendone nuove letture e interpretazioni nel tentativo diridisegnare l’immagine dell’identita nazionale dei vari paesi europei. In Italia,paese da sempre caratterizzato da profonde lacerazioni e divisioni politiche esociali, la televisione si e distinta almeno in un primo momento per l’importantefunzione di costruzione di un codice d’identificazione nazionale (si pensi adesempio alla diffusione della lingua italiana) svolto soprattutto nel secondodopoguerra.5 Gli intenti pedagogici che hanno guidato la nascita della televisionein Italia, almeno fino alla seconda meta degli anni Settanta, si sono presto esauriti esono stati soppiantati, per dirla con Francesca Anania, da un processo ancora noncompiuto in cui, sempre sospesa in un perenne gioco delle parti fra realta efantasia, ‘la condizione umana diviene spettacolo’.6 Soprattutto nell’ultimoventennio la comunicazione televisiva ha debordato dal piccolo schermoinvadendo ogni aspetto della vita culturale e politica del paese e, grazie alla suacapacita magmatica di raggiungere un pubblico molto vasto e di influenzarlo, ha

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potuto contribuire in modo determinante a creare e a sedimentare, seppure inmodo contraddittorio, la memoria storica del paese. Infatti, sebbene ad un’attentaanalisi dei prodotti televisivi appaia chiaro che in Italia non sia ancora possibile‘fare davvero storia con i media’,7 temi che riguardano la storia patria e inparticolare la storia del Novecento dalla televisione rimbalzano sulla radio, suigiornali e sulle riviste piu o meno specializzate, divenendo a volte temi dominantisu cui ‘dibattito scientifico e dibattito politico si incontrano e si scontrano’.8

Partendo da queste premesse, il contributo si concentra sulla fiction storica, omeglio, su due fiction nate con l’obiettivo di raccontare un pezzo ancora pocostudiato e controverso della storia dell’Italia repubblicana: gli anni che vannodalla ricostruzione agli anni Settanta. Attraverso le vicende dei fratelli Carati,protagonisti di La meglio gioventu (Marco Tullio Giordana, 2003), e dellafamiglia Ferrucci, protagonista di Raccontami (Riccardo Donna-TizianaAristarco, 2006), cercheremo di capire da una parte in che modo vienerappresentata la rivolta generazionale che ha investito e travolto la societa italianaa partire dagli anni Sessanta, e dall’altra in che modo vengono raccontate letrasformazioni sociali e culturali che hanno cambiato il volto dell’Italia delsecondo dopoguerra, spazzando via usi e costumi e infrangendo resistenze legatealla religione e alla morale.9 Le due pellicole, entrambe pensate per il piccoloschermo (anche se poi La meglio gioventu, come si dira meglio tra breve, ha avutogrande fortuna prima nel cinema e solo in un secondo momento in televisione),hanno un altro elemento che le accomuna: entrambe sono state pensate e ‘scritte’da Stefano Rulli. In coppia con Sandro Petraglia per quanto riguarda il film direttoda Giordana e in veste di coordinatore della sceneggiatura nel caso di Raccontami,Rulli da il suo contributo, non solo da un punto di vista professionale, ma anche daun punto di vista ‘emozionale’, essendo stato protagonista e testimone dei fatti chesono al centro delle due fiction. Non e forse un caso quindi che sia in La megliogioventu che in Raccontami le storie individuali dei protagonisti si confondanocon gli eventi collettivi, nel tentativo di offrire al grande pubblico una memoriaunica e possibilmente condivisa di un passato che, soprattutto per cio che riguardagli anni Settanta, ancora non vuole passare.10 Cio che ci interessa e capire come latelevisione, e in particolare la televisione pubblica, elabori e confezioni la memoriastorica e l’identita nazionale del paese interpretando eventi e proponendo nuovimodelli di narrazione e di comunicazione storica.

LA MEGLIO GIOVENTU E LA WELTANSCHAUUNG DI UNA GENERAZIONE

Nessun evento storico del secondo Novecento ha conosciuto una tale quantita diriflessioni e di interpretazioni come il Sessantotto e, allo stesso tempo, assairaramente un avvenimento si presenta con un tale bagaglio di testimonianze,ricordi, aneddoti, che nel corso del tempo hanno preteso di essere la narrazioneautorizzata dell’evento stesso.11 La storiografia italiana su queste tematichesembra essere pero ancora ferma al decennio precedente e assai poche sono leanalisi di ampio respiro basate su fonti primarie che cerchino di ricostruire levicende nazionali, le trasformazioni delle forze politiche, il rapporto con ilcontesto internazionale, i cambiamenti radicali che travolsero abitudini, stili divita e valori. Mancano anche studi che tentino di comprendere, accanto agli assettipolitico-istituzionali, il tempo e lo spazio, la vita e la morte, i dolori e le ambizioni

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di quell’umanita diffusa che affolla il Novecento, secolo delle masse, e soprattuttomancano analisi in grado di misurarsi con i comportamenti collettivi di migliaia didonne e di uomini e con la loro quotidianita.12 Anche i film dedicati a questoperiodo, soprattutto a partire dal 1998 e cioe dal trentennale del Sessantotto, sonopochi, e ancor meno sono le fiction liberamente ispirate a les annees ’68.13 Sipotrebbe quasi affermare che le giovani generazioni che irruppero sulla scena apartire dagli anni Sessanta, presentandosi come attori sociali e politici a tutti glieffetti, non hanno ancora oggi la loro storia. Parafrasando cio che Gian PieroBrunetta ha affermato circa il difficile rapporto fra cinema e terrorismo, ‘una sortadi presbiopia’ ha impedito di analizzare attraverso il racconto cinematografico ilcontroverso mondo della lotta armata e della violenza politica, ma anche discandagliare le contraddizioni, le conquiste, gli errori, la forza e le dinamicheideologiche che si innescarono a partire dalla fine degli anni Cinquanta, in Italiacosı come in gran parte dei paesi occidentali.14

Angelo Ventrone, autore di un volume dedicato al periodo che va dal 1960 al1980,15 ha affermato che questo ritardo potrebbe essere almeno parzialmentespiegato prima di tutto considerando la questione dell’accessibilita degli archiviche, come la legislazione italiana prevede, diventano consultabili almeno a partiredai trent’anni successivi agli eventi.16 Anche se si registra in campo storiograficouna decisa inversione di tendenza dovuta soprattutto alle ricerche di giovanistudiosi17, quanto affermato spiegherebbe come mai la ricostruzione degli ultimidecenni sia stata affrontata da sociologi e da scienziati della politica piu che dastorici, ma anche da giornalisti e da ex-protagonisti di quella stagione, che hannoraccolto e pubblicato una notevole quantita di interviste, memorie, antologie didocumenti.18

Inoltre e bene tenere presente che gran parte dell’attenzione di studiosi ecommentatori e stata assorbita da due fasi cruciali del nostro recente passato: ilmovimento del Sessantotto e la nascita e lo sviluppo dei gruppi terroristici. Duemomenti di forte crisi: con il primo che mette radicalmente in discussione assettipolitici e culturali consolidati, e il secondo che giunge fino a provocare uncortocircuito sociale e politico, arrivando fin quasi a minacciare la sopravvivenzastessa del sistema democratico. Gli eccessi ideologici raggiunti dai movimenti dicontestazione, le tragedie provocate dai terrorismi di destra e di sinistra, la fratturache si e prodotta a partire dagli anni Ottanta con l’ondata neo-liberista che hatravolto l’Occidente, sommati ai mutamenti internazionali e in particolare alla finedella guerra fredda hanno prodotto un forte e diffuso sentimento di disillusione, senon una reazione di rigetto dovuta al trauma generato dalla violenza politica e dalterrorismo, nei confronti dell’intero periodo, schematicamente ridotto perl’appunto solo alle sue piu evidenti e drammatiche manifestazioni.19 Lapolarizzazione degli studi sugli eventi ‘caldi’ del ventennio Sessanta-Settanta hagenerato, quindi, un tentativo di rimozione di tutti gli altri fenomeni e deimovimenti che pure parteciparono ai profondi cambiamenti politici e sociali diquel periodo e che contribuirono a porre le basi per la costruzione di unlaboratorio politico per i decenni successivi. A ben guardare la pubblicisticadedicata a quegli anni, i movimenti degli anni Settanta sembrano essere statirelegati in una sorta di zona d’ombra.20 In particolare il rapimento e l’omicidio diAldo Moro da parte delle Brigate Rosse ha rappresentato simbolicamente, secondoEmiliano Perra,

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la devastazione di una generazione (morta, incarcerata, costretta all’esilio o a un

riflusso nutrito di rancore e cinismo) e l’azzeramento della memoria di un decennio

di pratiche conflittuali e talvolta liberatorie, marchiate dalle conseguenze della lotta

armata, appiattite nella narrativa degli ‘anni di piombo’, e rese percio

irraccontabili.21

Quel 9 maggio 1978 e stato, sempre per dirla con Perra, ‘l’evento traumatico dellastoria recente italiana’, un ‘trauma’ non ancora elaborato che ha prodotto delleconseguenze ‘nefaste: rimozione, coazione a ripetere’.22 Tra queste conseguenzenefaste vi e, infatti, l’incapacita di ricostruire la complessita dei fenomeni cheinnescarono proprio in quegli anni trasformazioni culturali e sociali fondamentaliper la societa italiana, e vi e l’incapacita di leggere quel ventennio senza doverricorrere esclusivamente alla lente d’ingrandimento, a volte deformante, dellaviolenza politica e della lotta armata.23 Proprio questo trauma e l’intensita dellapartecipazione a quella stagione politica, secondo Ventrone, infatti, sarebbero allabase della difficolta che studiosi, ventenni negli anni presi in esame, dimostrano diavere nel rapportarsi con quell’esperienza con la necessaria distanza critica, ‘pertrovare il desiderio (forse anche il coraggio) di confrontarsi con anni ormaiculturalmente, piu che cronologicamente, abissalmente lontani’. Le vie di fugapercorse, sostiene ancora Ventrone, sono state percio spesso speculari, ma conl’analogo effetto di impedire una rivisitazione consapevole del passato: moltihanno conservato una sostanziale fedelta alle passioni giovanili, continuando aleggere la realta del periodo con le stesse categorie interpretative; altri hannopreferito dimenticare; altri ancora hanno rigettato tutto, ‘finendo con l’acquisire lamentalita e gli atteggiamenti degli ex — che come tutti sanno diventanoparticolarmente feroci (e ingiusti) nei confronti dell’esperienza da cui hanno presole distanze –, fino a trasformarsi, non di rado, in veri e propri cultori deldisimpegno e dell’effimero’.24 Le due fiction che costituiscono il focus di questanostra riflessione, e in particolare La meglio gioventu per i motivi di cui si daraconto tra breve, si collocano in questo vuoto narrativo proponendo una lorolettura di questo pezzo cosı controverso ed entusiasmante della storia patria.

La meglio gioventu, diretto da Marco Tullio Giordana e sceneggiato, come giadetto, da Sandro Petraglia e da Stefano Rulli (sceneggiatori anche di Mio fratello efiglio unico di Daniele Luchetti, 2007),25 nasce proprio dalla volonta di raccontarequella storia dando voce pero a coloro che ‘non fanno chiacchiere, non vanno intv, non li conosce nessuno’.26

La meglio gioventu […] — hanno affermato Petraglia e Rulli nel 2003 — l’abbiamo

scritta per Carlo, per Gioia, per Stefano, per Giovanna, per Rico e Romeo, per Ely e

Piero, per Sergio che non c’e piu ma c’e sempre, e per tanti altri che avevano

vent’anni nel 1968. Sono i nostri amici di strada di allora: non fanno chiacchiere, non

vanno in tv, non li conosce nessuno. Erano all’alluvione di Firenze, viaggiavano in

autostop verso Capo Nord, leggevano furiosamente, e furiosamente discutevano,

s’innamoravano, e andavano al cinema. S’indignavano e lo dicevano. Qualche volta

lo gridavano.27

A gridare nel film, che ha vinto al Festival del Cinema di Cannes del 2003 il premioUn Certain Regard, e quindi la ‘generazione del Sessantotto’ — o meglio la sua

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Weltanschauung, il suo particolare ‘sentire’, il suo sguardo sul presente e sul futuro— e ad andare in scena non e il Sessantotto ma un affresco generazionale che dal1966 scavalca il secolo breve e lambisce i primi anni del nuovo millennio.Protagonisti della pellicola, sei ore, inizialmente pensate per la RAI poi lanciate nelcircuito cinematografico diviso in due parti,28 sono Matteo e Nicola Carati:attraverso il racconto della loro vita e di quella della loro borghesissima famiglia,sullo schermo si intrecciano quarant’anni di storia, dall’alluvione di Firenze alleoccupazioni del Sessantotto, dall’antipsichiatria alle comuni, dal terrorismo allamafia. Secondo Perra il film sarebbe un inno a quegli ex ragazzi che, sopravvissutiagli anni di piombo, agli anni del riflusso, alla repressione e al buio degli anniOttanta, riescono a sbarcare negli anni Novanta pacificati, riconciliati col presentema senza rinnegare se stessi.29 Nonostante gli otto minuti di applausi tributati allapellicola a Cannes, il grande successo ottenuto dal film in Italia e gli indubbi meritiche gli vanno riconosciuti — e su cui ci soffermeremo tra breve — La megliogioventu restituisce un affresco generazionale fedele alla vulgata che pare averabbracciato la teoria secondo cui esisterebbe una cesura netta tra un mitico e breveSessantotto — cioe un Sessantotto astorico caratterizzato da feste, antiautoritar-ismo, resistenza passiva — da un lato, e gli anni di piombo con il loro corollario diillegalita, lotte radicali, violenza diffusa, lotta armata e morte, dall’altro. Non e uncaso che la scena dedicata all’annus mirabilis della contestazione, introdotto daun sottotitolo, ‘Torino febbraio 1968’, sia essenzialmente una scena d’amore epolitica: Giulia, con un megafono in mano, mentre da indicazioni per l’affissione diuno striscione che recita ‘Universita occupata’, dichiara il proprio amore a Nicola.L’idillio e interrotto dall’arrivo della polizia.

Siamo sempre in difficolta — ha detto Sandro Petraglia intervistato da Gerdien Smit

— nel raccontare il Sessantotto proprio in maniera diretta. Anche se sia io che

Stefano Rulli ce lo siamo vissuto proprio tutto. Tutte le cose che si leggono nei libri,

c’eravamo sempre. Quindi le prime occupazioni, i comitati, i collettivi, Valle Giulia,

tutti i primi scontri con la polizia.30

Solo accennata, inoltre, e la questione della lotta armata: la scelta di Giulia dientrare in clandestinita non viene indagata, resta in superficie, non acquistaspessore e sembra tradursi solo nel dramma esistenziale della protagonista e inquello familiare che ne e una diretta conseguenza. Forse a causa di quello cheChristian Uva ha definito molto efficacemente un ‘imbarazzo ideologico’,31

comune a molti sceneggiatori e registi italiani, Petraglia e Rulli si dimostrano restiia misurarsi con un retroterra culturale e politico che e, se non lo stesso, assaiprossimo a quello in cui si formarono molti dei giovani che allora scelsero la stradadella lotta armata. Sembra quasi che la ‘generazione del Sessantotto’ protagonistadella fiction sia completamente estranea al discorso della violenza, una violenzache infatti sembra piombare e stravolgere le vite della famiglia Carati in modoquasi improvviso e del tutto incomprensibile. Ci si dimentica invece che ilmovimento studentesco, che del Sessantotto italiano fu uno dei protagonisti piuimportanti, aveva iniziato a porsi il problema della violenza gia a partire dallaprimavera di quel fatidico anno: la pratica dell’illegalita agita quotidianamente,dal corteo non autorizzato all’occupazione delle aule, divento a poco a pococomportamento collettivo e in quanto tale lecito e giusto. La violenza assunse per il

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movimento studentesco dei risvolti in positivo, si trasformo in giustizia, divento unelemento di legittimazione.32 I giovani contestatori degli anni Sessanta tornaronocioe a guardare con interesse alla tradizione dei ‘combattenti di strada’, dei ragazzidelle magliette a strisce del luglio 1960, dei ‘teppisti’ e dei ‘giovinastri’ di piazzaStatuto del luglio 1962, basandosi, pero, su esperienze concrete e contemporaneeal movimento, ovvero Ernesto ‘Che’ Guevara, i combattenti vietcong, le panterenere.33 Sebbene non sia questo il luogo per un approfondimento sulla questione,34

e bene tenere presente che fu proprio sul terreno della violenza che emerse unadelle contraddizioni piu evidenti del Sessantotto italiano: un movimento di massache aveva introdotto novita nell’agire politico, che aveva infranto molti dei vecchimiti della sinistra, che con lo stesso antifascismo ‘ufficiale’ aveva avuto unrapporto di conflittualita polemico, trasformandolo in un sinonimo diantiautoritarismo,35 riscoprı, invece, nella sua strategia, una rigorosa continuitacon i riferimenti ‘militaristici’ della Resistenza, su cui si innescarono le suggestionidella lotta terzomondista.

Tutto questo nella fiction di Giordana non c’e: il film si articola in una primaparte collettiva e pubblica, vissuta appunto tra universita, spensieratezza, impegnocollettivo, e in una parte tutta ripiegata nel privato in cui i protagonisti ormaiadulti fanno i conti ognuno con la propria vita, con i propri incontri, con i propriamori, le proprie tragedie, le proprie responsabilita.

Alcune spie — ha scritto Perra — rivelano l’inadeguata analisi critica di questi

decenni fatta dagli autori: […] la patologizzazione degli unici due personaggi che

danno corpo alle ambiguita del vivere la storia (Matteo e Giulia), la rappresentazione

dell’unico personaggio d’estrazione sociale diversa, l’operaio, nel ruolo attanziale di

aiutante nel programma narrativo dei protagonisti borghesi, indicano un deficit di

elaborazione che non puo essere interamente spiegato con le necessarie semplifica-

zioni imposte dalla scrittura per la Tv.36

Se questi possono essere considerati i limiti di questo lungo film, i meriti dellapellicola sono altrettanto importanti ai fini della nostra analisi. Sempre Perra haaffermato che il successo registrato da La meglio gioventu ha rappresentato unasalutare boccata d’ossigeno in un paese il cui cinema, e ancor piu la televisione,sembrava aver perso ‘il gusto di narrare storie calate nella storia’, preferendoinvestire in ‘melodrammi che non andavano mai oltre l’ombelico dei personaggimessi in scena’.37 Inoltre il film, cosı come dichiarato dagli sceneggiatori stessi,rappresenta un documento prezioso per comprendere in che modo ‘la generazionedel Sessantotto’, o almeno una parte di essa — quella per intenderci che si formodentro e a volte a sinistra del PCI — percepisce se stessa e in che modo haelaborato la propria storia.

Il risultato a cui si perviene e il racconto di una storia inevitabilmente filtrataalla luce delle scelte e dei percorsi di vita successivi: quel racconto, edulcorato,filtrato e riscritto si propone al grande pubblico e soprattutto alle nuovegenerazioni, quindi, come la narrazione dell’evento stesso. Il racconto storico sitrasforma in un romanzo di formazione dei protagonisti, epigoni di unagenerazione che, spinta da una sorta di ‘felicita pubblica’ e da una forte carica

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psicologica di ‘onnipotenza’, propria di una generazione che si percepisce iscrittaad una societa del benessere, reale o ideale che fosse, aveva la pretesa di rompereambiguita e convenzioni, sicura di rappresentare lo statuto sociale piu autentico.38

L’interpretazione che emerge del Sessantotto, quindi, indipendentemente dallemotivazioni dei suoi partecipanti, e che quegli anni abbiano rappresentatol’accelerazione se non addirittura il punto d’origine di un grande processo dimodernizzazione che ha guidato il paese nel non facile passaggio dalla societapostbellica a quella moderna, piu dinamica e innovativa.

Come gia accennato, per costruire il loro romanzo di formazione, glisceneggiatori hanno dovuto espungere dal racconto i punti di attrito, tralasciandodi indagare non solo i traumi che la generazione ha subito nel proprio passato, maanche quelli che tormentano il paese, un paese carico di misteri e di zone d’ombra.Ci pare di poter affermare che La meglio gioventu, ma anche gli altri lavori targatiPetraglia-Rulli di cui qui non e possibile dare conto,39 da una parte risenta diquella sorta di oblio in cui la storia — quella che riflette sui perche, che indaga leconseguenze e interroga le fonti, facendole dialogare tra loro — e caduta, edall’altra sia il frutto di quella che Marco Grispigni ha definito la ‘narrazioneautorizzata’ degli eventi stessi — quella prefabbricata con il marchio d’originecontrollata di ‘reduce’ — in cui confluisce una pluralita di memorie tutteconflittuali fra di loro.40 Questa pluralita di memorie ha avuto dei pro e dei contro:essa ha sicuramente contribuito a focalizzare meglio alcuni passaggi di queldecennio mettendone a nudo la complessita, dall’altro pero ha frenato, come giaaccennato, il lavoro di ricerca e di riflessione della storiografia accademica sulSessantotto e sul decennio successivo. Infatti, se in particolare per la storia delSessantotto si e consolidata una sorta di memoria ufficiale ‘puntiforme, piena divuoti, ricca di cronologie incerte (quando non del tutto false)’, una specie dipericolosa ‘memoria unica, singolare, condivisa’ di quei fatti e di quegli eventi,41

per gli anni Settanta si e affermata, soprattutto di recente, un’idea ‘patrimoniale’della storia di quel decennio legittimando solo chi vi ha partecipato a raccontarnevittorie e sconfitte, errori e conquiste: la sensazione e che solo ed esclusivamentepartendo dal ‘coriandolo di tempo’ vissuto in prima persona si sia autorizzati afare la storia della stagione dei movimenti.42 Rebus sic stantibus, l’interpretazionedi quei fatti, di quelle vicende, di quelle culture sembra procedere in modo del tuttoindipendente da qualsiasi evoluzione della riflessione storiografica o dall’acquisi-zione di nuove fonti, adeguandosi ad ogni anniversario allo Zeitgeist dominante.43

RACCONTAMI: UN FLASHBACK FAMILIARE

Se di Weltanschauung generazionale possiamo parlare per quanto riguarda Lameglio gioventu, per Raccontami dovremmo parlare invece di ‘flashbackfamiliare’. Come gia accennato, infatti, la fiction, tredici puntate andate in ondasu RAI1 in prima serata, racconta attraverso le vicende della famiglia Ferrucci letrasformazioni sociali e culturali che investirono l’Italia a partire dagli anniCinquanta del Novecento. La serie, che ebbe un enorme successo, traevaispirazione da un format spagnolo Cuentame co9mo paso9 (2001), una fiction chein Spagna ha avuto un enorme successo dando origine ad un grande dibattito sulruolo della storia in televisione e della televisione come strumento di divulgazione

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storica.44 Cosı come nel format spagnolo, a guidare lo spettatore, o meglio iltelespettatore, nel ‘flashback familiare’ e la voce fuoricampo di Carlo, il piupiccolo dei Ferrucci che guarda caso e nato proprio il giorno in cui la RAI inizio ilsuo servizio radiotelevisivo. La fiction spagnola abbraccia un periodo ampio edifficile della storia iberica: il racconto delle vicende della famiglia Alcantara hainizio negli ultimi anni del franchismo e si sviluppa durante la cosiddetta‘transizione’. Quindi tra amori, difficolta, speranze e dolori domestici, sullo sfondodella fiction si agitano i conflitti sociali e politici rimasti aperti all’indomani dellacaduta del franchismo, senza pero nessun intento di storicizzare quegliavvenimenti. Infatti, sebbene la serie spagnola sia un mirabile esempio di comea volte la microstoria possa incontrare felicemente la macrostoria ottenendol’attenzione del grande pubblico, gli sceneggiatori di Cuentame co9mo paso9 nonavevano nessuna intenzione di confezionare una fiction storica (tanto che non siaffidarono neanche alla consulenza di storici).45

La versione italiana ha molto in comune con quella spagnola, sebbene si collochiin un periodo sicuramente meno complesso di quello della transizione. Essa apparecome un lunghissimo viaggio nel passato del protagonista che, per dirla con AldoGrasso, si abbandona ai ricordi: il risultato e un prodotto tenero e ruffiano, carinoe furbo.46

A volte, troppo furbo. Come spiega bene la sigla di testa, un riadattamento di

Preghero che, a sua volta, era un riadattamento non dichiarato di Stand by me (in tv

tutto e un riadattamento). Carlo (il piccolo Gianluca Grecchi) nasce il giorno stesso

dell’inizio delle trasmissioni della RAI, il 3 gennaio 1954; giunto all’eta di sei anni

(1960, Olimpiadi di Roma) decide di raccontare la storia della sua famiglia vista

attraverso gli occhi di un bambino. In quel tempo, Carlo assiste alla nascita di una

nazione: i primi elettrodomestici e le prime cambiali per comprarli, le feste dei

diciott’anni fatte in casa, la biancheria stesa in terrazzo, la Topolino e la Seicento,

Lascia o raddoppia? e Il tenente Sheridan, i consigli di Donna Letizia, il Festival di

Sanremo, La dolce vita, la speculazione edilizia romana, il boom, il duplex, insomma

i nostri verdi anni.47

Secondo Grasso, Raccontami non sarebbe altro che l’altra faccia de La megliogioventu: a guidare Rulli pero questa volta non sarebbe l’ideologia ma la nostalgia. Ilprodotto finale, nell’impietosa lettura che ne propone il giornalista, altro nonsarebbe che un presepe pieno di ricordi, di reperti, di canzoni dell’epoca, distrizzatine d’occhio per tutti i gusti. Piu che Raccontami, scrive Grasso, la fictiondovrebbe essere ribattezzata Accontentami (o Accontentati).48

Sebbene non si possa non condividere questa lettura, la fiction fornisce ai fini delnostro lavoro diversi spunti di riflessione. Infatti, sebbene Raccontami restituiscaun’immagine edulcorata dell’Italia della fine degli anni Cinquanta e dei primi anniSessanta e dei conflitti sociali che invece proprio in quel periodo investirono lapenisola, tutti i personaggi incarnano un archetipo del tempo e simboleggianol’evoluzione o le contraddizioni dell’Italia del secondo dopoguerra: un padreconvinto che solo il lavoro possa costituire il biglietto da visita per una possibilemobilita sociale, una madre casalinga e tre figli che rappresentano idealmentealtrettanti caratteri e tendenze, una zia quasi zitella a carico e un’irresistibile nonna

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retrograda che quando durante una festicciola organizzata a casa vengono spentele luci, chiede se e tornato il coprifuoco. Qual e quindi l’idea di fondo della fiction?Intervistato dalla Repubblica, Rulli dice:

e un come eravamo affettuoso per dare risposte ai giovani che non conoscono quegli

anni, e ai non piu giovani che non vogliono dimenticarli. Alcuni miei colleghi dicono

che in tv si fanno solo marchette. Io, invece, credo che la tv ti dia quel tempo per

raccontare che il cinema non puo darti. Lı, se va bene, hai un’ ora e mezza; noi, con

La meglio gioventu, abbiamo avuto sei ore e, con Raccontami, addirittura venti.49

A nostro avviso, al di la delle polemiche politiche che accompagnarono tantoRaccontami quanto La meglio gioventu,50 la serie — con tutti i limiti di cui si edetto — ha comunque il merito di restituire il clima di grande entusiasmo checaratterizzo gli anni del miracolo economico. A meta degli anni Cinquanta, l’Italiaera ancora un paese arretrato: la maggior parte degli italiani, il cui tenore di vitaera assai basso, era dedita quasi esclusivamente all’agricoltura. Le condizioniigieniche in cui molti italiani vivevano, soprattutto nel sud del paese o nelle grandiperiferie urbane, erano a dir poco precarie: nel 1951 solo il 7,4% delle famigliepossedeva l’elementare combinazione di elettricita, acqua potabile e servizi igieniciinterni, mentre l’11% ne era completamente privo. L’alto tasso di feconditafemminile riusciva appena a compensare l’altrettanto alto tasso di mortalitainfantile, che colpiva sette bambini su cento entro il primo anno di vita. Daun’inchiesta parlamentare sulla disoccupazione realizzata nel 1953 emergeva unapreoccupante realta: rivelava l’esistenza di un vasto esercito di affamati, destinatoad aumentare durante gli anni del boom economico, che cerco di sfuggire allamiseria attraverso l’emigrazione oltreoceano, in Europa ma anche all’interno dellapenisola.51 Infatti, nei cinque anni del miracolo economico, oltre novecentomilapersone trasferirono la loro residenza dal sud ad altre regioni italianetrasformando le piu grandi citta del nord, carenti di strutture e impreparate adaccogliere un cosı alto numero di migranti, in vere e proprie metropoli. Roma, adesempio, che nel 1951 contava 1.651.754 abitanti, nel 1961 aveva piu cheraddoppiato la sua popolazione:52 sono gli abitanti delle baracche che inRaccontami appaiono, scompaiono e, sempre in modo edulcorato, mostranol’altra faccia della medaglia del miracolo economico. Non e un caso, inoltre, cheLuciano Ferrucci, capostipite della famiglia, sia un muratore che proprio in queglianni di grande entusiasmo trova il coraggio di fare il grande salto trasformandosiin imprenditore. Dovra pero barcamenarsi in un mondo pieno di sotterfugi eimbrogli: ecco qua far capolino, in modo ancora una volta soft, un altro temacaratterizzante la storia recente dell’Italia, cioe la speculazione edilizia e lacementificazione selvaggia che cambiarono il volto di citta e paesi. Fra il 1950 e il1980, infatti, si verifico un vero e proprio stravolgimento del paesaggio urbano erurale italiano: centri storici furono irreversibilmente trasformati mentre isobborghi crebbero in modo caotico; enormi casermoni di cemento spuntaronocome funghi alle porte dei grandi centri urbani, fagocitando campagne, valli evillaggi. ‘Questa e la storia di uno di noi’ cantava Adriano Celentano nel 1966,descrivendo efficacemente questa realta, ‘anche lui nato per caso in via Gluck/inuna casa fuori citta/gente tranquilla che lavorava!/La dove c’era l’erba ora c’e/unacitta’.53

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Gli anni Cinquanta si conclusero infatti con un notevole aumento dellaricchezza nazionale. Cinquecento, vespe, lambrette ma anche frigoriferi, lavatrici eappunto televisori irruppero nelle case degli italiani e sembravano alla portata ditutti: la rapidita con cui i nuovi consumi si affermarono e la necessita di soddisfare‘antichi bisogni’ contribuı a modificare profondamente gli usi, i costumi el’immaginario collettivo del paese. In qualche modo la possibilita di accedere ainuovi consumi gioco un ruolo altrettanto importante dell’accesso effettivo adessi.54 ‘I buffi quando cominciano non si sa mai dove vanno a finire’ affermaperentoria la nonna quando la famiglia Ferrucci firma le sue prime cambiali perl’acquisto dell’apparecchio televisivo: sono gli anni delle rate e del benessere chesembra bussare alle porte degli italiani.55 Ci si trovo a vivere una ‘belle epoqueinattesa’56 che incentivo il diffondersi del modello di vita americano soprattuttograzie al cinema — non e casuale a nostro avviso che la zia zitella e sognatrice dellafiction lavori in una sala cinematografica –, favorı l’impetuosa trasformazione delpaese da agricolo ad industriale e travolse di fatto la religiosita tradizionale legataal mondo contadino, creando le premesse di quei processi di secolarizzazione che simanifestarono alla fine degli anni Sessanta,57 e che in Raccontami emergono, anostro avviso, con grande efficacia soprattutto nei dialoghi tra i vari protagonisti eil sacerdote.

In controluce, fanno capolino anche il contrasto generazionale e la questionedell’emancipazione femminile che nella fiction pero si traduce nella laurea ottenutacontro ogni pronostico da Titti (la secondogenita dei Ferrucci) e non da Andrea (ilprimogenito maschio su cui si erano riversate tutte le speranze, peraltro disattese,della famiglia), e nella realizzazione nel lavoro della madre che da casalinga scopreil ‘gusto’ del lavoro fuori dalle mura domestiche. Se le lotte dei movimenti delledonne sono solo accennate, il conflitto tra padri e figli, invece, trova nella fictionuna sua dimensione (ancora una volta edulcorata) ma ben presente: rock and roll emusica beat, capelli alla Marlon Brando, flipper, il mito del viaggio, l’apertura diun locale — il Piper — per giovani e la rivendicazione di essere protagonisti dellapropria vita sono elementi ricorrenti del racconto e veicolano alcune delletematiche che saranno centrali nelle lotte prima, durante e dopo il Sessantotto.Insomma, sebbene sia successivo a La meglio gioventu, Raccontami si configuracome una sorta di prequel, una versione light, del film di Marco Tullio Giordanache inizia proprio laddove Carlo Ferrucci mette il punto al suo racconto, il 1966.

PRIGIONIERI DEL PASSATO: LA FICTION TRA IMPEGNO E NOSTALGIA

La domanda da cui siamo partiti riguardava il ruolo dello storico nell’epoca diinternet e del difficile rapporto tra la storia e i media. La meglio gioventu eRaccontami sono due tentativi di fornire una chiave di lettura per interpretare inmodo pacificato e aconflittuale, senza bisogno di storici e dei loro strumenti diindagine, il passato prossimo del paese espungendo per quanto possibile i momenticonflittuali e risolvendo i nodi ancora non sciolti che affliggono la storia italianadegli ultimi cinquant’anni.

A nostro avviso queste due fiction si inseriscono perfettamente nel clima socio-politico del primo decennio del nuovo millennio, in cui netta e la predominanzadella memoria (di corto respiro, che non si interroga sulle cause profonde che sono

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all’origine di fenomeni e cambiamenti) sia sul racconto che sulla riflessionestoriografica, soprattutto per quanto riguarda gli anni Sessanta e Settanta delNovecento.58 Lo storico Enzo Traverso, ad esempio, riflettendo circa il passato e lenecessarie istruzioni per l’uso di categorie come storia, memoria e politica, haaffermato che la memoria si declina sempre al presente, ed e proprio il presente —la contemporaneita e a volte la stretta attualita — ad aver determinato, inparticolare per il periodo esaminato, la selezione degli eventi da ricordare, la lorointerpretazione e le loro lezioni. Traverso, inoltre, pur in un discorso piu ampio egenerale sulla disciplina storiografica, ci offre degli interessanti spunti di riflessionee delle chiavi di lettura circa il modo in cui la televisione ha raccontato — eracconta — gli anni Sessanta e Settanta. Secondo questo studioso grazie alprocesso innescatosi con la caduta del muro di Berlino, risultano essere statiespunti dal paesaggio memoriale dei nostri tempi alcuni passaggi cruciali econflittuali del Ventesimo secolo e in questa eclissi sembrano essere scomparsianche tutti quei movimenti sociali e politici protagonisti del periodo preso inconsiderazione. La loro storia o meglio le storie di chi in quegli anni voleva‘portare la fantasia al potere’ e seppellire con una risata tradizioni, usi e costumiconsiderati superati e vecchi e diventata per certi ‘irraccontabile’ ed e statarisucchiata nell’epopea degli ‘anni spezzati’.59

Le due fiction di cui ci siamo occupati rispondono quindi alla necessita diprefabbricare l’immagine di un paese — e quindi della sua storia — in cui tutti sipossano riconoscere al di la delle appartenenze sociali e politiche: azzerando lememorie plurime e conflittuali che di quegli anni esistono, si e cercato di forniresoprattutto alle giovani generazioni una memoria condivisa, del tutto indipendentedalle evoluzioni della riflessione storiografica o dall’acquisizione di nuove fonti,adeguandosi ad ogni esigenza dettata dal ‘pensiero’ dominante. Al testimone, algiornalista e quindi sempre piu spesso ai mass media e affidato non solo il compitodi raccontare quegli anni ma anche quello di fornire le parole-chiave, le categorieper interpretare eventi, conquiste ed errori. Tanto La meglio gioventu quantoRaccontami si inseriscono quindi nel processo di elaborazione, di ridefinizione edi semplificazione della memoria collettiva del paese proprio dei media ecostituiscono momenti importanti per la trasmissione del racconto storico e perriflettere sull’uso pubblico della storia rispetto a certe tematiche. Come gia detto,quindi, il prodotto finale proposto al telespettatore sembra rispondere allanecessita di preconfezionare un’immagine da cartolina del passato recente delpaese: tra nostalgia e impegno60, le generazioni protagoniste di quel periodo siraccontano a suon di rock and roll, prigioniere dei propri ricordi. In questacartolina, quasi una foto di famiglia, fanno capolino Don Milani e i ragazzi dellascuola di Barbiana, l’alluvione di Firenze del 1966, il Piper, l’antipsichiatria diBasaglia che, seppure in una versione semplificata e soprattutto pacificata, entranonelle case degli italiani e contribuiscono a stimolare l’interesse e la curiositarispetto a cio che e accaduto nel passato soprattutto nelle giovani generazioni. Perdirla con Carlo di Raccontami, la ‘storiografia mediatica’ nel bene e nel male, conil suo bagaglio di ombre e di semplificazioni, parla a chi e nato nell’epoca diinternet perche: ‘C’e chi nasce con la voglia di fragola e chi di cioccolato, ioc’avevo quella di televisione’.61

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NOTES

1 Edward H. Carr, Sei lezioni sulla storia(Torino: Einaudi, 2000), p. 13.

2 La letteratura sui nuovi media in epocacontemporanea e ricca e ampia, a titolo diesempio si rimanda ad Asa Briggs e PeterBurke, Storia sociale dei media. DaGutenberg a Internet (Bologna: Il Mu-lino, 2010); Luisa Cicognetti, LorenzaServetti, e Pierre Sorlin, Tanti passati perun futuro comune? La storia in televi-sione nei paesi dell’Unione Europea(Venezia: Marsilio, 2011); AntonioCatolfi, ‘Televisione, societa e industriaculturale in Italia alla fine degli anniSessanta’, in Il ’68 diffuso. Creativita ememoria in movimento, a cura di SilviaCasilio e Loredana Guerrieri (Bologna:Cleub, 2009), pp. 137–46.

3 Si vedano Giovanni De Luna, Lapassione e la ragione. Fonti e metodidello storico contemporaneo (Firenze:La Nuova Italia, 2001) e Aldo Grasso(a cura di), Fare la storia con latelevisione. L’immagine come fonte,evento, memoria (Milano: V&P, 2006).

4 Tiziana Ferrero-Regis, ‘Cinema onCinema: Self-reflexive Memories inRecent Italian History Films’, in Trans-formations, 3 (May 2002). Il testo dell’ar-ticolo puo essere consultato all’indirizzo,http://www.transformationsjournal.org/journal/issue_03/pdf/ferrero-regis.pdf..Date weblink last accessed?

5 Oltre al gia citato volume di Cicognettiet al. (pp. 47–65), in un interessantelavoro intitolato Immagini di storia. Latelevisione racconta il Novecento(Roma: RAI-ERI, 2003), FrancescaAnania ha tratteggiato in modo moltoaccattivante e puntuale come la tele-visione, e in particolare il serviziopubblico, abbia declinato la storia diquesto paese. Ha inoltre individuato deipassaggi chiave circa la trasformazionedel mezzo televisivo da strumentopedagogico a luogo di divertimento esvago, trasformazione che ha modifi-cato profondamente anche il modo diraccontare e veicolare la storia.

6 Cicognetti et al., pp. 7–11. Si vedanoanche Francesca Anania, I mass mediatra storia e memoria (Roma: RAI-Eri,2008) e David Ellwood (a cura di), Imass media e la storia. Nuovi approccia confronto (Torino: Eri, 1986).

7 Secondo Cicognetti et al. (p. 48), iprodotti mediatici che si affaccianotanto sui canali pubblici quanto suquelli privati italiani sono confezionaticon un approccio estraneo alle proble-matiche storiografiche. Serie televisive,programmi d’approfondimento ecc.sono spesso influenzati dalla vulgata epropongono analisi monocausali deglieventi di cui via via si occupano.

8 Anania, Immagini di storia, pp. 7–11.9 Sugli anni Cinquanta, sugli anni del

boom e sul protagonismo giovanile nelsecondo dopoguerra rimandiamo aPatrizia Gabrielli, Anni di novita e digrandi cose. Il boom economico fratradizione e cambiamento (Bologna: IlMulino, 2011); Guido Crainz, Storiadel miracolo italiano. Culture, identita,trasformazioni fra anni cinquanta esessanta (Roma: Donzelli, 1996);Simonetta Piccone Stella, La primagenerazione. Ragazze e ragazzi nelmiracolo economico italiano (Milano:Franco Angeli, 1993).

10 Sulla difficolta di affrontare da unpunto di vista storiografico ilSessantotto e il decennio successivo siveda tra gli altri Marco Grispigni, ‘Unagenerazione con troppi ricordi? Il 1968,ovvero dell’uso e dell’abuso della mem-oria’, in Casilio e Guerrieri, pp. 133–52.

11 Grispigni, in Casilio e Guerrieri, pp.133–45; Philippe Artieres, Ouverture,in 68: Une histoire collective (1962–1981), a cura di Philippe Artieres eMichelle Zancarini-Fournel (Paris: LaDecouverte, 2008), p. 7.

12 Le opere piu complete dedicate a queglianni sono, attualmente, Guido Crainz,Il paese mancato (Roma: Donzelli,2003), e l’ampia raccolta di saggi

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sull’Italia repubblicana nella crisi deglianni ’60 (Soveria Mannelli, Rubbe-ttino, 2003), atti del ciclo di convegniL’Italia repubblicana nella crisi deglianni settanta (Roma, novembre–dicem-bre 2001). Si vedano anche De Luna, p.x; Massimo Legnani, Il Novecento inuna sintesi divulgativa, in Al mercatodella storia. Il mestiere di storico trascienza e consumo, a cura di Luca Bal-dissara et al. (Roma: Carocci, 2000);Franco Della Peruta, Storia del Nove-cento. Dalla grande guerra ai nostrigiorni (Firenze: Le Monnier, 1991). Mipermetto inoltre di rimandare a SilviaCasilio, Una generazione d’emergenza.L’Italia della controcultura (1965–1969) (Firenze: Le Monnier, 2012).

13 Per quanto riguarda il Sessantotto sipensi ad esempio a The Dreamers(Bernardo Bertolucci, 2003), Mio fra-tello e figlio unico (Daniele Luchetti,2007) e Il grande sogno (MichelePlacido, 2008). Assai piu numerosi,invece, sono i film che recentementehanno tentato di misurarsi con laviolenza politica degli anni Settanta, sivedano solo a titolo di esempioRomanzo di una strage (Marco TullioGiordana, 2012), che ha stimolato unintenso dibattito sia sulla carta stam-pata che nell’accademia; La prima linea(Renato De Maria, 2009); Piazza delleCinque Lune (Renzo Martinelli, 2003)e Buongiorno, notte (Marco Bellocc-hio, 2003). Per quanto riguarda il mo-vimento delle donne ci limitiamo qui acitare il film documentario di AlinaMarazzi Vogliamo anche le rose(2007), realizzato con la consulenzastorica di Diego Giacchetti, autore dialcuni dei piu interessanti e originalilavori sui giovani negli anni Sessanta.Per un’ampia rassegna sulla rappresen-tazione del terrorismo nel cinema ita-liano si vedano Christian Uva, Schermidi piombo. Il terrorismo nel cinemaitaliano (Soveria Mannelli: Rubbettino,2007), Alan O’Leary, Tragedia all’itali-ana. Cinema e terrorismo tra Moro ememoria (Tissi: Angelica, 2007), e lanuova edizione Tragedia all’italiana:

Italian Cinema and Italian Terrorisms,1970–2010 (Oxford: Peter Lang,2011); per una riflessione sul cinema eil Sessantotto, Giovanni De Luna, ‘Il’68, il cinema e il passato che nonpassa’, Passato e Presente, 48 (2004),22–27.

14 Gian Piero Brunetta, Guida alla storiadel cinema italiano (1905–2003)(Torino: Einaudi, 2003), p. 220. Sulladiffusione della contestazione nelmondo occidentale si veda MaricaTolomelli, Il Sessantotto. Una brevestoria (Roma: Carocci, 2008). Natural-mente questo aspetto meriterebbe diessere approfondito e meglio analizzatonella sua complessita. Non potendo inquesta sede darne conto, si veda ‘‘‘Inpieno fumetto’’: Bertolucci, Terrorismand the commedia all’italiana’, inTerrorism, Italian Style: Representa-tions of Political Violence in Contem-porary Italian Cinema, a cura di RuthGlynn, Giancarlo Lombardi, e AlanO’Leary (London: IGRS Books, 2012),pp. 45–62.

15 Angelo Ventrone, ‘Vogliamo tutto’.Perche due generazioni hanno credutonella rivoluzione 1960–1988 (Roma-Bari: Laterza, 2012).

16 Si veda Paola Carucci, ‘Fonti documen-tarie sulle stragi’, in Come studiare ilterrorismo e le stragi. Fonti e metodi, acura di Cinzia Venturoli (Venezia:Marsilio, 2002), pp. 47–54.

17 Molti sono i lavori che potremmocitare in proposito. Ci limitiamo qui,solo a titolo di esempio, a ricordare dueinteressanti momenti di confronto e distudio, promossi dall’Universita diPadova, dedicati proprio ai movimentipolitici e sociali del ventennio preso inesame che hanno avuto, tra le altrecose, il merito di fare il punto sullostato dell’arte circa la vivace attivita diricerca che ferve intorno a questetematiche: il workshop ‘Dopo il ’68: imovimenti di protesta in Italia e inEuropa negli ultimi decenni dellaGuerra Fredda’ (Roma, 28 novembre2011) e il convegno ‘Italian ProtestMovements and their International

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Dimension After 1968: A ComparativeHistorical Approach’ (Padova, 16–18gennaio 2013).

18 Solo a titolo di esempio ci limitiamo aricordare il programma di ricerca sulterrorismo e la violenza politica avviatanel 1981 dall’Istituto Cattaneo che hadato luogo ad un’imponente serie diindagini e analisi tra cui Donatella dellaPorta e Gianfranco Pasquino, Terro-rismo e violenza politica. Tre casi aconfronto: Stati Uniti, Germania eGiappone (Bologna: Il Mulino, 1983);Donatella della Porta, Il terrorismo disinistra (Bologna: Il Mulino, 1990);Raimondo Catanzaro, La politica dellaviolenza (Bologna: Il Mulino, 1990). Aquesti lavori si aggiungono raccontiautobiografici quali ad esempio MarioCapanna, Formidabili quegli anni(Milano: Rizzoli, 1988) e tra le antolo-gie il recentissimo Giampaolo Borghello(a cura di), Cercando il ’68: documenti,cronache, analisi, memorie (Udine:Forum, 2012).

19 Prefazione di Angelo Ventrone in SilviaCasilio, ‘Il cielo e caduto sulla terra!’Politica e violenza politica nell’estremasinistra in Italia (1974–1978) (Roma:Edizioni associate, 2005). Si veda ancheAngelo Ventrone (a cura di), I dannatidella rivoluzione. Violenza politica estoria d’Italia negli anni Sessanta eSettanta (Macerata: EUM, 2010).

20 Questo emerge assai chiaramente anchese ci si sofferma ad analizzare in chemodo la storia di quegli anni — e inparticolare quella del terrorismo— vieneinsegnata nelle scuole. Per un approfon-dimento su questi temi si vedano CinziaVenturoli, Stragi fra memorie e storia.Piazza Fontana, piazza della Loggia, lastazione di Bologna. Dal discorso pub-blico all’elaborazione didattica (Acta,2012) e Andrea Hajek, ‘Teaching theHistory of Terrorism in Italy: ThePolitical Strategies of MemoryObstruction’, Behavioral Sciences ofTerrorism and Political Aggression, 2.3(2010), 198–216.

21 Emiliano Perra, ‘Formidabili queitraumi. Tempo storico, elaborazione e

feticismo narrativo in ‘‘The Dreamers’’,‘‘La meglio gioventu’’ e ‘‘Buongiorno,notte’’’, Zapruder, 3 (2004), 125–29.Per un approfondimento sul concetto di‘irracontabilita’ si veda Cathy Caruth,Trauma. Explorations in Memory(Baltimore e London: The JohnsHopkins University Press, 1995).

22 Perra, ‘Formidabili quei traumi’. Sulconcetto di trauma si vedano ancheAnn Rigney, ‘Plenitude, Scarcity andthe Circulation of Cultural Memory’,Journal of European Studies, 35(2005), 11–28 (p. 21) e Ann Rigney,‘Divided Pasts: A Premature Memorialand the Dynamics of CollectiveRemembrance’, Memory Studies, 1(2008), 89–97; Jeffrey Alexander,Trauma: A Social Theory (Cambridgee Malden, MA: Polity, 2012).

23 Si veda il numero monografico diStoria e problemi contemporanei, ‘Vio-lenza politica, comunicazione, lin-guaggi’, a cura di Amoreno Martellinie Anna Tonelli, n. 55 (settembre–dicembre 2010).

24 Ventrone in Casilio, ‘Il cielo e cadutosulla terra!’ Si veda anche GuidoPanvini, ‘Il ‘senso perduto’. Il cinemacome fonte storica per lo studio delterrorismo italiano’, in Uva, pp. 99–107.

25 Il film di Luchetti e ispirato al libro diAntonio Pennacchi, Il fasciocomunista(Milano: Mondadori, 2007). Si vedanole interessanti interviste realizzate daGerdien Smit, ‘Sognatori, sogni e sogniinfranti nel (e del) cinema italianocontemporaneo: la rappresentazionecinematografica del ’68’, in Casilio eGuerrieri, pp. 154–63.

26 Sandro Petraglia e Stefano Rulli,‘Dedicato a chi e ancora capace diindignarsi’, la Repubblica, 25 maggio2003. Si veda anche Sandro Petraglia eStefano Rulli, La meglio gioventu(Roma: RAI-ERI, 2004), p. 295. Siveda Catherine O’Rawe, ‘Brothers inArms: Middebrow Impegno andHomosocial Relations in the Cinemaof Petraglia and Rulli’, in IntellectualCommunities and Partnerships in Italy

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and Europe, a cura di Danielle Hipkins(Oxford: Peter Lang, 2012), pp. 149–67. Alessandro Portelli, nella prefa-zione ad Un anno durato decenni. Vitedi persone comuni prima, durante edopo il ’68, sottolinea proprio lanecessita di mettere in discussione unastoria fatta di gruppi dirigenti, elite,grandi uomini e ‘l’importanza di andarea cercare le storie di quelli che stavanoseduti in fondo nelle assemblee esfilavano nelle ultime file dei cortei, esenza i quali il ’68 non ci sarebbe stato’.Circolo Gianni Bosio (a cura di), Unanno durato decenni. Vite comuniprima, durante e dopo il ’68 (Roma:Odradek, 2006). Si tenga presente cheRulli e Petraglia firmano anche lasceneggiatura del nuovo e discusso filmdi Marco Tullio Giordana Romanzo diuna strage (2011).

27 Petraglia e Rulli, ‘Dedicato a chi eancora capace di indignarsi’. Si vedaanche Smit, in Casilio e Guerrieri, pp.149–67. Per un approfondimentorimandiamo a O’Leary, Tragedia all’i-taliana.

28 Dopo il successo registrato a Cannes enelle sale, i vertici RAI, che inizial-mente avevano ritenuto la pellicolapoco adatta al grande pubblico, deci-sero di mandare in onda il film anchesul piccolo schermo, diviso in quattropuntate, con imponenti dati di ascolto.

29 Perra, ‘Formidabili quei traumi’, p.126.

30 Smit, in Casilio e Guerrieri, p. 160. Siveda anche nello stesso volumeGerardo Fontana, ‘La meglio gioventu.Un format per il Sessantotto’, pp. 169–93.

31 Uva, p. 11.32 Giovanni De Luna, ‘Il ‘68 a Torino.

Intermezzo: l’uscita dall’Universita’,Rivista di Storia Contemporanea, 2(1989), 192–7.

33 ‘[Gli studenti] hanno capito che la nonviolenza non esiste che teoricamente; inrealta essa non e praticabile da nes-suno’, in L. Mazzetti, ‘Contestazioneglobale’, Vie Nuove, 11 (14 marzo1968).

34 Si vedano Marco Scavino, ‘La piazza ela forza. I percorsi verso la lotta armatadal Sessantotto alla meta degli anniSettanta’, Silvia Casilio, ‘‘‘Pagheretecaro, pagherete tutto!’’ La violenzapolitica nelle riviste della sinistra extra-parlamentare’, e Barbara Armani, ‘Laretorica della violenza nella stampadella sinistra radicale (1967–77)’, inVerso la lotta armata. La politica dellaviolenza nella sinistra radicale deglianni Settanta, a cura di Simone NeriSerneri (Bologna: Il Mulino, 2012),rispettivamente pp. 117–203; 207–29;231–63.

35 ‘Il giovane che oggi da del ‘‘fascista’’ alpadre’ diceva ad esempio il professorGiorgio Spini ‘gli lancia questa accusaproprio in nome delle idee dell’antifas-cismo, del socialismo e cosı via. Gliricorda che queste idee, predicate comevere e giuste, non sono state applicate.Gli fa notare che in nome della liberta sibombarda il Vietnam, in nome delsocialismo si mettono in galera i gio-vani intellettuali sovietici. Qui scoppiala contraddizione’, in ‘Mio figlioVietcong’, L’Espresso, 17 marzo 1968,pp. 12–13. Sul tema dell’antifascismonegli anni Sessanta si veda anche DiegoGiachetti, Anni Sessanta comincia ladanza. Giovani, capelloni, studenti edestremisti negli anni della contestazione(Pisa: BFS edizioni, 2002).

36 Perra, ‘Formidabili quei traumi’, p.127.

37 Ibid.38 Piero Craveri, La Repubblica dal 1958

al 1992, in Storia d’Italia, a cura di G.Galasso, XXIV (Torino: UTET, 1995),722.

39 Ai lavori dei due sceneggiatori si ebrevemente accennato in diverse notema per un maggiore approfondimentosi rimanda al piu volte citato lavoro diGerdien Smit in Casilio e Guerrieri, pp.154–63, e ad O’Rawe, ‘Brothers inArms’.

40 Grispigni, in Casilio e Guerrieri, pp.133–52. Secondo Annette Wieviorkasarebbe proprio il Sessantotto ad inau-gurare ‘l’epoca del testimone’ che

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diventa il grande protagonista dellamemoria di quell’evento e del post-Sessantotto, A. Wieviorka, L’ere dutemoin (Paris: Plon, 1998), p. 128.

41 Grispigni, in Casilio e Guerrieri, p. 134.42 ‘Forse eleggere vuoti o flash a sigla

dell’esserci stato’ ha scritto recentementeAnna Bravo in un libro autobiograficodedicato appunto a quel periodo ‘e ancheuna spia di una concezione patrimonialedella storia. ‘‘Io c’ero’’, e proprio perquesto non ho un catalogo ordinato diricordi, tu puoi costruire il repertorio piuminuzioso, ma non ti bastera a scoprirnelo spirito — il che riproduce il luogocomune dell’indicibilita dell’esperienza,fino a mettere in dubbio fare storia diquello che non si e vissuto, l’interopassato, salvo il proprio coriandolo ditempo’, in Anna Bravo, A colpi di cuore.Storie del sessantotto (Bari e Roma:Laterza, 2008), p. 3.

43 Grispigni, in Casilio e Guerrieri, p. 134.44 Si vedano, solo a titolo di esempio,

Francisca Lo9 pez, ‘Espana en la escenaglobal: ‘‘Cuentame co9mo paso9 ,’’’ TheArizona Journal of Hispanic CulturalStudies, 11 (2007): 137–53. Ana Cor-balan, ‘Reconstruccio9 n del pasado histo9 r-ico:nostalgiareflexivaenCuentameco9mopaso9 ’, Journalof SpanishCultural Studies,10: 3 (2009), 341–57: Isabel Estrada,‘Cuentame co9mo paso9 o la revisio9 n tele-visiva de la historia espanola reciente’,Hispanic Review, 72: 4 (2004), 547–64.

45 Si veda Cicognetti et al., p. 110.46 Aldo Grasso, ‘Il Presepe Leccato di

‘‘Raccontami,’’’ Il Corriere della Sera,12 dicembre 2006.

47 Grasso, ‘Il Presepe Leccato di‘‘Raccontami’’’. La fiction si apre conla festa a casa Ferrucci per i diciottoanni di Andrea, il figlio maggiore: sitenga presente che nel nostro paese sidiventava maggiorenni a ventun anni erestera cosı fino al 1975.

48 Aldo Grasso, ‘Il Presepe Leccato di‘‘Raccontami’’’.

49 Stefano Rulli, ‘Viaggio nei favolosiAnni 60 visti dal televisore nel tinello’,la Repubblica, 10 dicembre 2006.

50 Solo a titolo di esempio si veda PaoloConti, ‘I Poli si sfidano sulle storie piuche sui tg. Dalle foibe alla ‘‘Megliogioventu’’: lo scontro politico passaanche attraverso le fiction’, Il Corrieredella Sera, 27 settembre 2005.

51 I dati sono tratti da Paolo Braghin (acura di), Inchiesta sulla miseria in Italia(1951–1952), Materiali dellaCommissione parlamentare (Torino:Einaudi, 1978) cit. in AngeloVentrone, La democrazia in Italia1943–1960 (Milano: Sansoni, 1998),pp. 218–27. Si veda anche PaulGinsborg, Storia d’Italia dal dopo-guerra ad oggi. Societa e politica1943–1988 (Torino: Einaudi, 1989),p. 283.

52 Si veda a titolo di esempio Le manisulla citta di Francesco Rosi. Il film del1963 e una spietata denuncia dellacorruzione e della speculazione ediliziadell’Italia degli anni Sessanta.

53 Adriano Celentano, Il ragazzo della viaGluck, di Celentano, Beretta, Mariano,1966.

54 Ginsborg, p. 287.55 Come gia ricordato e solo a titolo di

esempio, il 3 gennaio 1954 FulviaColombo annuncio l’inizio del regolareservizio della televisione italiana.L’anno dopo la FIAT lancio sul mercatola Seicento mentre la NuovaCinquecento economica venne presen-tata al pubblico al Salone di Torino nelnovembre del 1957. Si apriva proprioin quel volgere di decennio la grandestagione delle vacanze degli italiani: frail 1956 e il 1965 raddoppiarono lepresenze negli alberghi e nei campeggi.Furono girati proprio in quel periodoLa dolce vita di Federico Fellini(1960), Rocco e i suoi fratelli diLuchino Visconti (1960), La ciociaradi Vittorio De Sica (1960) e Tutti a casadi Luigi Comencini (1960). Oltre aitesti di Gabrielli e Crainz (1996) giacitati, si vedano Edmondo Berselli,Adulti con riserva. Com’era allegral’Italia prima del ’68 (Milano:Mondadori, 2007) e la trasmissione

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televisiva Correva l’anno intitolata‘Allegria! I divertimenti degli italianidegli anni Cinquanta’, andata in onda il13 settembre 2010. Il programma,grazie alle suggestive immaginidell’Istituto Luce, restituisce il clima diquel periodo: dal cinema a Lascia oRaddoppia, dalle vacanze per pochi aquelle di massa, dalle colonie per i figlidegli italiani all’estero alla scoperta delviaggio.

56 Italo Calvino, ‘La belle epoque inat-tesa’, Tempi Moderni, 6 (luglio-settem-bre 1961), p. 26.

57 Pietro Scoppola, La Repubblica deipartiti. Evoluzione e crisi di un sistemapolitico 1946–1996 (Bologna: IlMulino, 1997).

58 Si veda Giovanni De Luna, LaRepubblica del dolore: le memorie diun’Italia divisa (Milano: Feltrinelli,2011).

59 Enzo Traverso, Il passato: istruzioniper l’uso. Storia, memoria, politica(Verona: Ombre Corte, 2006). Si vedaanche Sergio Luzzatto, La crisi dell’an-tifascismo (Torino: Einaudi, 2004). Glianni spezzati e il titolo di una fiction intre episodi recentemente andata in ondasul primo canale della RAI che ha

suscitato molte polemiche e un accesodibattito. Soprattutto il primo episodiodedicato al caso dell’omicido del com-missario Calabresi ha sollevato un veroe proprio vespaio sui social network, dicui qui non e possibile dare conto. Cisembra invece interessante rimandare adue contributi di Alan O’Leary dedicatial difficile e controverso rapporto tracinema e terrorismo: ‘Italian Cinemaand the ‘‘anni di piombo’’’, Journal ofEuropean Studies, 40.3 (2010), 243–57; ‘Moro, Brescia, Conspiracy: lo stileparanoico nel cinema italiano’, inStrane storie: il cinema e i misterid’Italia, a cura di Christian Uva(Soveria Mannelli: Rubbettino, 2011),pp. 63–78.

60 Aproposito della categoria dell’im-pegno nel cinema italiano e in partico-lare nella fiction presa in esame si vedail gia citato articolo di Alan O’Leary,‘Marco Tullio Giordana, or the Persi-stence of ‘‘impegno’’’, in Postmodern‘Impegno’: Ethics and Commitment inContemporary Italian Culture, a curadi Pierpaolo Antonello e Florian Muss-gnug (Oxford: Peter Lang, 2009), pp.213–32.

61 Raccontami (2006), prima puntata.

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