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RACCONTI DI VIAGGIO | RACCONTI DI VIAGGIO | CinaIran · 2017. 7. 10. · cinese assaggiando con...

Date post: 03-Oct-2020
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112 - Avventure nel mondo 1 | 2017 RACCONTI DI VIAGGIO | Cina I l viaggio, l’ennesimo nel paese “del celeste impero”, è nato dal desiderio di trovare luoghi e persone ancora integre dal modernismo che sta sconvolgendo aspetti, usi e tradizioni della Cina millenaria. Nella provincia del Guizhou, vive il più alto numero di minoranze etniche che costituiscono il 37% del totale della popolazione. Qui vi troviamo Yao, Yi, Qiang, Dong, Zhuang, Buyi, Bai, Tujia, Gelao, Shui e i Miao originari abitanti del Guizhou e che hanno mantenuto intatte per secoli le loro tradizioni riscuotendo, oggi, curiosità tra gli stessi cinesi e diventando fonte di un intenso turismo interno. Il nome della provincia deriva da guì (Montagne) e zhāu (prefettura), e cadde sotto il dominio cinese durante la dinastia Ming. Seguirono migrazioni di massa dalle province vicine che portarono, durante la dinastia Qing, a numerose rivolte del popolo Miao. 1° gg. Partiamo da Roma e da Milano per Shanghai, dov’è fissato il rendez-vous del gruppo. Dopo una lunga fila ai controlli attendiamo le “milanesi” al gate del volo interno. Capitanate da Petra di Magonza, dopo un’ora spuntano, tra le vocianti schiere cinesi, sette volti italici. Facciamo conoscenza ed eleggiamo Antonella cassiera del “celeste impero”. Il gruppo, 15 partecipanti, è pressoché femminile, solo tre maschi a fronte della compatta falange muliebre. Il volo interno è in ritardo e sbarchiamo a Guyiang alle 23.00 dove ci attende e ci osserva dalla zona arrivi, algido e impassibile, il nostro ultimo componente della variegata compagine nonché terzo uomo, il nipponico Hideaki, giunto da Tokio via Pechino. da “GUIZHOU CINA” gruppo Benetti Testo e foto di Stefania Benetti e Tomaso Emaldi Nel paese del Celeste Impero: il Guizhou Famiglia Basha
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112 - Avventure nel mondo 1 | 2017

RACCONTI DI VIAGGIO | IranRACCONTI DI VIAGGIO | Cina

I l viaggio, l’ennesimo nel paese “del celeste impero”, è nato dal desiderio di trovare luoghi e persone ancora integre dal modernismo che sta

sconvolgendo aspetti, usi e tradizioni della Cina millenaria. Nella provincia del Guizhou, vive il più alto numero di minoranze etniche che costituiscono il 37% del totale della popolazione. Qui vi troviamo Yao, Yi, Qiang, Dong, Zhuang, Buyi, Bai, Tujia, Gelao, Shui e i Miao originari abitanti del Guizhou e che hanno mantenuto intatte per secoli le loro tradizioni riscuotendo, oggi, curiosità tra gli stessi cinesi e diventando fonte di un intenso turismo interno. Il nome della provincia deriva da guì (Montagne) e zhāu (prefettura), e cadde sotto il dominio cinese durante la dinastia Ming. Seguirono migrazioni di massa dalle province vicine che portarono, durante la dinastia Qing, a numerose rivolte del popolo Miao.

1° gg. Partiamo da Roma e da Milano per Shanghai, dov’è fissato il rendez-vous del gruppo. Dopo una lunga fila ai controlli attendiamo le “milanesi” al gate del volo interno. Capitanate da Petra di Magonza, dopo un’ora spuntano, tra le vocianti schiere cinesi, sette volti italici. Facciamo conoscenza ed eleggiamo Antonella cassiera del “celeste impero”. Il gruppo, 15 partecipanti, è pressoché femminile, solo tre maschi a fronte della compatta falange muliebre. Il volo interno è in ritardo e sbarchiamo a Guyiang alle 23.00 dove ci attende e ci osserva dalla zona arrivi, algido e impassibile, il nostro ultimo componente della variegata compagine nonché terzo uomo, il nipponico Hideaki, giunto da Tokio via Pechino.

da “GUIZHOU CINA” gruppo Benetti

Testo e foto di Stefania Benetti e Tomaso Emaldi

Nel paese del Celeste Impero: il Guizhou

Famiglia Basha

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Avventure nel mondo 1 | 2017 - 113

da “GUIZHOU CINA” gruppo Benetti

Testo e foto di Stefania Benetti e Tomaso Emaldi

Nel paese del Celeste Impero: il Guizhou

RACCONTI DI VIAGGIO | Cina

Balli del villaggio Langde

Finalmente riuniti prendiamo il pulmino-transfer e dopo mezz’ora siamo in albergo. Ad attenderci c’è Wang, il manager-guida venuto a fare la nostra conoscenza e a darci ragguagli per la giornata di domani.

2° gg Il pullman è comodo e spazioso e il tempo, dopo un primo accenno di sole, volge al brutto: quando arriviamo a Qingyan, antica capitale del Guizhuo, oggi museo a cielo aperto, comincia a piovere. Da sotto l’ombrello Wang si prodiga illustrandoci le caratteristiche del posto e gironzolando facciamo le prime compere, pranziamo e fotografiamo. Proseguiamo per Liuzhi dove preso possesso delle stanze ci accordiamo per la cena. Wang ci accompagna in un piccolo locale dove noto che tutti apprezzano la cucina cinese assaggiando con curiosità e gusto i piatti proposti. Mentre un gruppetto torna in hotel altri, capitanati da Hide, che si barcamena con la lingua cinese ed è stato eletto portavoce culinario, si avventurano alla scoperta del mercato notturno.

3° gg Oggi è una bella giornata di sole e dopo l’abbondante colazione “alla cinese”, apprezzata dai più, ci dirigiamo verso il primo villaggio Miao, quello dalle “lunghe corna”. L’etnia Miao, che vanta 7 milioni di individui, non ha una propria scrittura, la loro cultura e le loro tradizioni vengono tramandate oralmente, abitano in case di legno erette su palafitte, sono per lo più contadini, coltivano riso, mais ed erbe medicinali in grandi campi terrazzati. I vari gruppi, che parlano dialetti diversi, spesso non comprensibili tra loro, hanno indotto gli studiosi a suddividerli sulla base dell’idioma, del

colore dei vestiti e della loro lunghezza: ci sono Miao Blu, Miao Neri, Miao Rossi, Miao Bianchi, Miao dalla gonna lunga, Miao dalla gonna corta, Miao dal corno lungo. Per raggiungere il villaggio percorriamo una strada in mezzo alla pianura, coperta da una lussureggiante vegetazione, dove spuntano inattesi grattacieli, anticipi di future cittadine: tra qualche anno queste vallate saranno irriconoscibili! Quando arriviamo ci vengono incontro delle ragazze che ci propongono, per un piccolo compenso, l’operazione di vestizione. Il procedimento è alquanto lungo e laborioso e devono aiutarsi a vicenda. Le anziane del villaggio nel frattempo si affiancano con i loro oggetti in vendita e assistono con noi. Wang ci illustra che un tempo, l’attuale copricapo, un enorme matassa di lana nera, era costituito dai capelli delle antenate, tramandati di generazione in generazione e indossarli era simbolo di continuità e rispetto. Completata l’operazione si mettono in posa per le foto di rito. Poi giro per il paese che è semivuoto, animato solo da anziane che accudiscono galline e nipotini, e ripartiamo per tornare a Liuzhi. Siamo diretti alle cascate Huangguoshu o “dell’albero dai frutti gialli”, le più grandi dell’Asia. All’arrivo dove tutto è previsto nel minimo dettaglio, lasciato il nostro mezzo usufruiamo per gli ultimi chilometri del “bus delle cascate”. Dopo visita

foto e souvenir, puntuali riprendiamo la strada per la vicina cittadina di Huangguoshu che è in piena costruzione e il nostro albergo, decisamente lussuoso, è inserito in un complesso non ancora terminato. È già buio quando ci avviamo alla ricerca dell’agognato ristorante ma lungo la strada, a parte qualche striminzito baracchino, non

troviamo niente! Poi, Hide, che si ferma a confabulare con i nativi, scova un locale situato al secondo piano di un palazzo in costruzione: non ci sono insegne e nessuno di noi sarebbe stato in grado di individuarlo. Mangiamo bene e con soddisfazione e dopo un hip-hip hurrah per Hide, che sembra divertirsi della caciara esplosa in suo onore, andiamo tutti a nanna.

4° gg Durante lo scambio di mail, che hanno preceduto il viaggio, avevo chiesto a Wang di visitare un villaggio Buyi abitato da una minoranza etnica famosa per i canti e per l’opera Dixi - una delle più apprezzate forme di opera cinese di strada – meno turistico di quello propostomi in prima battuta ed è così che visitiamo Wengxiang. Si trova all’interno dell’area delle cascate e percorriamo una strada tortuosa che si sviluppa tra una folta vegetazione. Il piccolo villaggio è isolato, non ci sono turisti, pochi gli abitanti e le antiche case sono tutte in ristrutturazione. Tutto sembra sospeso nel tempo, il vicino fiume scorre tranquillo tra i campi coltivati, qualche vecchia con

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RACCONTI DI VIAGGIO | Cina

Shidong la sfilata

il capo coperto dal classico fazzolettone e nessuno bada a noi: mi sembra di essere tornata nella Cina del mio primo viaggio. Ripreso il nostro bus con una lunga corsa andiamo direttamente a Kaili. Dobbiamo assolutamente arrivare prima delle 16 per poter cambiare gli euro presso la banca di China. Agli sportelli c’è una fila di venti persone e Wang, dopo aver parlottato con l’addetto alla reception, fa aprire uno sportello aggiuntivo evitandoci la coda. In mezz’ora ci sbrighiamo e avvisato l’autista che si era infrattato nei paraggi, veniamo recuperati ripartendo alla volta del prossimo villaggio, Wengxiang, famoso per la speciale lavorazione con cui ottengono il “ricamo piegato”: si tratta di un ricamo particolare che viene applicato sulle maniche degli abiti e che richiede parecchio lavoro! Purtroppo la strada è in rifacimento e, malgrado tutti gli sforzi del nostro autista, siamo costretti a desistere. Rapida doccia, cena e poi a zonzo. Nel piazzetta adiacente all’albergo ci imbattiamo in gruppi di donne che ballano. È uno spettacolo usuale in Cina: attrezzate con casse e riproduttori di CD casalinghe, nonne e giovani si cimentano in balli di gruppo dopo una giornata di lavoro. Alcune di noi non resistono e, copiando i passi, si mettono a ballare! Sono le 23 quando mi decido a tornare lasciando le ballerine al loro destino.

5° gg. La prima tappa stamane è il villaggio di Matang di etnia Gejia, famosi per le spirali di batik e gli allegri ricami arancioni unici di questa parte del Guizhou. Il tempo è nuvoloso e facciamo gli scongiuri perché è prevista la prima performance del tour. All’arrivo tutto il villaggio è in attesa nei loro costumi colorati. Ci accolgono con coppe di vino di riso, a cui non possiamo sottrarci, suoni e balli. Segue la visita alla casa comune zeppa di foto di Mao e ricordi della rivoluzione dove ci viene mostrata la preparazione dei batik che servono a fare i costumi. Wang, che è anche un esperto di tessuti tradizionali, ci illustra le caratteristiche e le differenze dei vari tessuti mentre le ballerine tornano al lavoro dei campi. Poi salutati i Gejia, partiamo per Chong’an con i suoi tre ponti storici affiancati usati per fermare le truppe giapponesi e utilizzati nella lunga marcia. Sostiamo presso un piccolo tempio mentre i nostri accompagnatori fanno un breve pranzo cui noi non partecipiamo avendo notato che nel menù

comparivano piatti a base di cane! Ripartiti dopo una sosta al Flying Cloud Temple, esempio di tempio confuciano incastonato nella roccia, arriviamo all’entrata del Yuntai Mountain note come le Dolomiti del Guizhou. Wang ci guida nel labirinto dei sentieri nel poco tempo disponibile: il posto è veramente bello. Proseguiamo per Shibin dove pernottiamo. La cittadina è graziosa, la gente è incuriosita ed ha voglia di parlare con noi, ma, il muro linguistico è impenetrabile e mimica e gestualità purtroppo non bastano. La ricerca del ristorante stasera non dà i frutti sperati e, quando stiamo per desistere, troviamo un localino con tavoli e sedie mignon in strada su cui ci accucciamo e consumiamo a prezzi stracciati quelli che si riveleranno i migliori noodles di tutto il viaggio.

6° gg. Taijiang: oggi finalmente assisteremo alla grande festa. Ogni anno il 15° giorno del terzo mese lunare inizia la “Festa del Pranzo delle Sorelle” - noto anche come il “Sister’s Colourful Rice Festival” - una tradizionale festività Miao nei pressi del fiume Qingshui. Alla festa, della durata di tre giorni, è collegata una leggenda: “Un tempo lungo il fiume Qingshui vivevano decine di ragazze Miao, belle, intelligenti e laboriose, a cui non mancavano né abiti né cibo. Ma data la lontananza da altri centri abitati e la scarsità di ragazzi le ragazze non riuscivano a trovare marito. Per cambiare la situazione le giovani decisero di invitare i ragazzi di altri villaggi Miao a cantare e danzare insieme, offrendo un pranzo per l’incomodo. Il giorno del pranzo molti ragazzi giunsero da lontano, ricevendo una calorosa ospitalità da parte delle ragazze. I ragazzi dettero prova delle loro qualità cantando, danzando e suonando il “lusheng” (strumento a fiato di bambù), organizzando combattimenti tra buoi e regate con le barche-drago. Al momento del saluto le ragazze avvolsero del riso glutinoso e colorato in fazzoletti ricamati, donandoli ai ragazzi di loro gradimento. Questi ultimi, molto contenti, tornarono al villaggio delle ragazze dopo alcuni giorni con la scusa di restituire i fazzoletti e portando regali in segno di ringraziamento. Così i giovani si scambiarono ripetute visite e in breve tempo tutte le ragazze trovarono marito! Da allora l’usanza si tramanda di generazione in generazione.” Arriviamo in piazza che è già gremita all’inverosimile di donne con costumi stupendi e di foggia diversa che stanno ballando al suono dei lusheng e dei tamburi. I vestiti, pur simili tra loro, differiscono per i particolari che li rendono unici. La veste consiste in una specie di tunica impreziosita con intagli d’argento finemente lavorati di forme e dimensioni diverse; placche, cubetti, palline e campanelli. Pesanti copricapo e numerosi bracciali e collane completano la parure. Ci buttiamo nella mischia e ... foto all’impazzata. Liberi gironzoliamo per le strade dove giovani, madri e nonne agghindate, passeggiano e parlano e discutono. Rivedo ora, dopo parecchi anni, le vecchie divise blu, calzoni, casacche e berretti degli anni 80: un po’ di vecchia Cina! Ad un certo punto, mi accorgo che siamo noi l’oggetto dei loro reportage fotografici... Infine ripartiamo per la nostra meta serale: ho insistito di pernottare tre notti a Zhenyuan

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Avventure nel mondo 1 | 2017 - 115Shidong la sfilata

gioiellino architettonico che si affaccia sul fiume Wuyang e conosciuta come “la Venezia orientale” e, devo dire, scelta azzeccata.

7° gg. Stamane partiamo abbastanza presto per Shidong ma, a causa delle piogge notturne, (stanotte ha piovuto a dirotto) e della rete stradale in continuo rifacimento, ci blocchiamo dopo pochi chilometri: sembra che non riusciremo a passare! Wang telefona e si informa su strade alternative ma tutti confermano che questa è la sola strada per andare a Shidong. Decidiamo di provare comunque a passare ma, tra una buca e un sobbalzo, dopo un paio di chilometri ci ritroviamo bloccati di fronte ad un enorme cratere nel bel mezzo della strada. Non sappiamo cosa fare ma dopo dieci minuti arriva un camion che, scaricata una vagonata di ghiaino, se ne va. Gli operai si mettono a livellarlo con alcune pale ma la vedo dura … e sopratutto lunga. In quel mentre sbuca, inviato dagli dei protettori degli viaggiatori sconsiderati, un bulldozer-caterpillar che con poche e efficaci passate livella il brecciolino e … passiamo: EVVIVA! Arriviamo che la festa non è ancora cominciata. Andiamo da un capo all’altro del villaggio incrociandoci con gruppi di donne armate di grosse borse che contengono gli abiti e gli addobbi per la festa. In questa occasione le giovani Miao indossano abiti tradizionali, veri capolavori d’arte offrendo uno spettacolare caleidoscopio di colori. Gli ornamenti d’argento, che possono raggiungere i 15 chili di peso, sono patrimonio familiare, vengono tramandati da madre in figlia e identificano lo status sociale. Per i Miao l’argento non è solo un segno di ricchezza ma anche portatore di fortuna e felicità ed ha il potere di scacciare il male. Anche i ragazzi Miao conservano l’usanza di portare collane e ciondoli d’argento: se un ragazzo porta al collo tre collane significa che non è sposato, se ne porta due è sposato, alcuni portano un coltello e, allacciati alla cintura, una zucca ripiena di polvere da sparo, un corno di bue, un gancio d’argento e un borsellino. Questo paese è famoso per la lavorazione dell’argento e non ci facciamo sfuggire l’occasione di assistere in una bottega artigiana alla lavorazione del prezioso metallo. La gente nel frattempo si dispone ai lati della strada per assistere alla sfilata: cominciano ad arrivare in corteo accompagnate da suoni e tamburi, centinaia di donne riccamente vestite dirette nella piazza principale. Non ci stanchiamo di fare foto e di correre avanti e indietro nella processione: accade così che alcune di noi vengono invitate in casa per vedere la sfilata dall’alto mentre altre sono invitate ad assaggiare il colorato riso rituale, in conclusione una gran festa tradizionale con pochi turisti e tanta partecipazione. Quando riprendiamo il pullman comincia a piovigginare e proprio davanti a noi una macchina, prendendo una curva a forte velocità, si capotta ostruendo la carreggiata. Il conducente e i viaggiatori escono dall’abitacolo illesi ma ci vuole un’ora prima che arrivi la polizia e che venga spostato il veicolo dandoci la possibilità di tornare in albergo.

8° gg. Oggi è in programma l’escursione sul Wuyang River, anticipo sulle più famose formazioni

calcaree di Guilin. Il posto è per i cinesi imperdibile e passiamo tutto il tempo a posare per le loro foto. Tornati a Zhenyuan visitiamo il Black Dragon Cave un antico complesso di templi, padiglioni, santuari che si estendono su una superficie di circa 21.000 metri quadrati ed sono il fulcro dei monumenti antichi di questa cittadina. Terminata la visita tutti liberi o, di andare alla ricerca dei bastioni della grande muraglia del sud, o di sbizzarrirsi in compere. Infine, per colorare la serata, un black out ci riduce a lume di candela mettendo in forse la possibilità di cenare, ma dato che sull’altra sponda del fiume tutto è illuminato, è lì che andiamo per il commiato a questa bella cittadina.

9° gg. Partiamo di buon ora per il villaggio storico di Xijiang ma, dopo pochi chilometri di autostrada, ci troviamo bloccati: c’è stato un incidente qualche chilometro più avanti e c’é chi comincia a credere che qualcuno porti jella ed io, più semplicemente, che i cinesi sono un vero pericolo alla guida! Dopo tre quarti d’ora, passati in meditazione tantrica, la fila comincia a muoversi. Superiamo un camion capovolto e riprendiamo in nostro andare. Quando arriviamo ci sono ancora alcune donne in costume che si esibiscono. Xijiang viene chiamato anche “il paese dei mille villaggi” in quanto è il più grande luogo di ritrovo dei Miao. E’costituito da strati sovrapposti di case di legno connessi tra loro che si snodano lungo la due colline gemelle che si affacciano sul fiume Baishui. Alcuni ponti vento-pioggia, sapientemente collocati, collegano le sponde del fiume. Il nostro alberghetto, in stile Avventure, è abbarbicato sulla montagna! Gironzoliamo in piccoli gruppi tutto il giorno e all’ora convenuta ci ritroviamo nel vicino locale: stasera la cena è offerta da Wang che ci fa preparare famosi piatti tradizionali conditi con allegria e tanto vino di riso.

10° gg. Vista l’esperienza dei giorni scorsi, onde evitare incidenti e inconvenienti, decidiamo di partire presto: una leggera pioggerellina ci accompagna, speriamo bene! Arriviamo al villaggio Langde, nostra prima meta, in netto anticipo: le donne si stanno ancora vestendo e non sono pronte per accoglierci. Siamo in un classico villaggio con case di legno a due piani a cui si accede da un portale. Dopo pochi minuti il comitato di accoglienza, con la classica offerta di vino di riso a cui non possiamo sottrarci, è pronto e accompagnate dai suonatori, entriamo nel villaggio. Nella piazza principale sono state allestite delle gradinate, già occupate dagli anziani del paese a cui ci mischiamo. Una ragazza in costume ci spiega, in mandarino, i balli che andranno ad eseguire e Wang fa da interprete! Spettacolo molto bello e partecipato, foto a volontà prima di proseguire alla volta del villaggio di Datang. Anche questo è tutto di legno ed interamente fatto

di palafitte. Le donne portano delle gonne molto corte con aggiunte strisce coloratissime si stoffa, effettuano balli e canti con grazia ed eleganza e tutto il villaggio partecipa all’evento. Oggi lasciamo il territorio dei Miao per entrare nel territorio dei Dong. Noti soprattutto per le loro abilità nella carpenteria e nell’architettura, vivono principalmente nel Guizhou orientale e nella parte settentrionale del Guangxi. In tutti i villaggi si trova il ponte “del Vento e della Pioggia”, costruito senza chiodi o viti, che oltre a scavalcare fiumi e canali serve anche a ripararsi dalle intemperie e fornire un luogo di incontro. Non manca mai nel villaggio la Torre del Tamburo per “avvistare tempestivamente i nemici” nonché segnalare incendi. Hanno una lingua trascritta sulla base dell’alfabeto latino che è considerata una delle più difficili in quanto strutturata su ben 12 toni. I Dong sono conosciuti anche per le melodiose canzoni tradizionali, amano il canto e la danza al suono del flauto che imparano fin da bambini. Le donne vestono giacche e pantaloni color indaco tessuti nei villaggi, portano al collo ed in testa delle enormi collane e corone d’argento, alcune indossano copricapo enormi fatti di lana nera e corna di animali intrecciati assieme. La nostra meta è Rongjiang. All’arrivo chiediamo a Wang dove possiamo cenare ed il consiglio, visto che siamo in una zona dove va per la maggiore la carne di cane, è di restare in hotel. Dapprima non gli diamo ascolto e ci avventuriamo per una strada alquanto buia ma, dopo vari tentativi desistiamo e seguiamo il suo consiglio.

11° gg. Entriamo nel villaggio di Chejiang, noto come culla della lingua Dong e circondato da un gruppo di enormi alberi Banyan da una strada lastricata di ciottoli. In fondo c’è una scultura in memoria della

storia d’amore tra Zhulang e Qin Niangmei, versione cinese di Romeo e Giulietta e la bella Torre del Tamburo Chezhai con la sua storia che risale a 120 anni or sono. Dopo la visita proseguiamo per il vicino villaggio Basha. È questo un

antico e particolare villaggio Miao dove la gente vive evitando la modernizzazione, tramandando le credenze e le abitudini secolari Si dice che gli antichi antenati Basha siano una popolazione immigrata oltre 2000 anni or sono dalla Cina centrale e stabilitisi nel cuore di questa regione. Per rispettare le loro tradizioni il governo ha dato ai Basha, unica tribù, il permesso di portare armi, la gente ha mantenuto un modo di vestire che risale alla dinastia Qin: sono considerati “gli Amish cinesi!” e il tempo sembra essersi fermato. Da qui ci dirigiamo verso Zhaoxing uno dei più grandi villaggi della minoranza Dong. Zhaoxing ha una lunga storia e secondo la leggenda il villaggio fu costruito nel quinto anno del regno dell’imperatore Zhenglong della dinastia Song (1160). Il villaggio, vero capolavoro dell’etnia Dong,

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116 - Avventure nel mondo 1 | 2017

RACCONTI DI VIAGGIO | Cina

con un palcoscenico teatrale, piattaforme di canto ed enormi granai, vanta ben cinque torri tamburo, simboli speciali del villaggio, che, viste in lontananza, appaiono come cinque fiori di loto. In particolare le torri sono state costruite senza l’utilizzo di chiodi o rivetti, interni ed esterni sono dipinti con colori vivaci e scene di racconti popolari, eroi leggendari, paesaggi, animali e attività agresti come la lotta dei buoi e la danza festosa. Le cinque torri rappresentano la gentilezza, la cortesia, l’intelletto, la giustizia e il merito. Ci godiamo la cittadina girando in lungo ed in largo in attesa della performance serale. Mentre gironzolo Wang mi raggiunge e mi spiega che a causa delle copiose piogge, la strada per andare a Tang’an, visita prevista per domani, è inagibile, che non potremo utilizzare il bus, ma che comunque ha trovato una soluzione: due minivan in affitto ci consentiranno di visitare il villaggio!

12° gg. Dopo una buona colazione partiamo alla volta del villaggio di Tang’an che, con la sua storia di oltre 700 anni, è conosciuto come il “villaggio Dong più primitivo” della Cina, è il primo villaggio-museo, fondato nel 1995, che vanta il gemellaggio tra Cina e Norvegia. Non ha edifici particolari, ma deve la sua peculiarità all’ambiente circostante, e gli abitanti che condividono lingua, costumi, cultura e mentalità, vivono ancora in una economia naturale fondata sul lavoro agricolo degli uomini e la tessitura delle donne nonché sul mantenimento delle tradizioni secolari in fatto di matrimonio, sepoltura, cerimonie sacrificali, musica e danze. Poco prima di pranzo raggiungiamo il villaggio di Liping alla cui entrata spicca un imponete ponte dipinto. Questi ponti, detti “del vento e della pioggia”, si sono guadagnati il nome di “ponti fioriti” a causa delle squisite sculture che li ricoprono: hanno tetti con tegole incise con fiori, grandi pagode, padiglioni multilivello splendidamente decorati dove si stagliano sculture, passerelle con ringhiere e panchine fornendo un posto per sedersi e godersi il paesaggio. Infine, dopo una bella passeggiata, ripartiamo per la nostra meta finale, il villaggio Ma’an con il suo bel ponte coperto

Yongji: qui gironzoliamo godendoci l’atmosfera sospesa nel tempo. L’alberghetto che ci ospita, tutto di legno, ha le stanze in verticale e fatichiamo non poco per salire ai piani alti con i bagagli. Chiudiamo

la nostra bella giornata con una buona cena accompagnata da alcune bottiglie di vino offerte dal nostro Wang.13° gg. Stamane, impazienti, partiamo per Ping’an Zhuan village e le Dragon Spine Terraced Rice Field, dove ci attende il nostro trekking. All’arrivo, fissato

l’appuntamento per il ritorno, ognuno con il suo passo va all’assalto della montagna. Il primo tratto è all’interno del villaggio con tanti negozietti e venditori, poi, finalmente si apre il panorama: le colline circostanti sono ricamate da risaie splendenti al sole: peccato non aver pensato di pernottare qui. All’ora convenuta torniamo indietro e

ci dirigiamo a Guilin. Man mano che abbandoniamo le montagne il paesaggio cambia ed il traffico purtroppo si intensifica. A Guilin salutiamo Wang e Jing nostri preziosi compagni del giro in Guizhou ed incontriamo Stuard, la nostra guida per l’escursione di domani. L’albergo è in pieno centro e a due passi c’è tutta una zona di ristoranti e di street food. Stasera salutiamo con una splendida cena Hideaki, il nostro giapponesino che non effettuerà con noi gli ultimi due giorni.

14° gg. Lasciamo in albergo tutto il bagaglio superfluo ci muoviamo, solo con uno zainetto per l’imbarco sul fiume Li. Una leggera pioggerellina che, purtroppo, ci accompagnerà per tutta la giornata non ci scoraggia e godiamo la crociera e il famoso paesaggio di picchi carsici e ambienti rurali. All’arrivo breve camminata verso l’hotel, poi tutti liberi fino all’appuntamento serale che prevede lo spettacolo di suoni e luci sul fiume Li, “Liu Sanjie”. La Storia narra di una fanciulla del luogo che con il suo canto sconfigge un malvagio possidente. Cinquecento tra bambini, donne e pescatori in costume danzano in uno scenario di luci colorate e torce e, grazie all’abile coreografia del grande regista Zhang Yimou, assistiamo ad uno spettacolo sontuoso e di ottima qualità: rimaniamo tutti colpiti dalla bellezza del luogo e della rappresentazione.

15° gg. Purtroppo stamattina piove a dirotto mentre riprendiamo il pullman e ritorniamo a Guilin. È l’ultimo giorno prima del rientro in Italia e l’occupiamo girando in libertà fino all’ora dell’aperitivo che consumiamo salutando Roberta che torna a Shangai con un altro volo. Poi ci buttiamo nella mischia dei baracchini e facciamo una cena a base di spiedini vari e ostriche gratinate, ottime.

16° gg. Alle 4 del mattino siamo tutti pronti per la partenza. Puntuale il nostro bus ci attende. Ritiro la colazione al sacco e poi via, attraverso strade deserte, in aeroporto. Veloce chek-in e imbarco: è stato un viaggio fantastico con dei compagni stupendi.ALLA PROSSIMA!


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