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In copertina:Raffaello Sanzio, Il discorso di Paolo all’AreopagoRielaborazione grafica: Pasquale Modugno
Proprietà letteraria riservata
“LUCE E VITA”Piazza Giovene, 4 - 70056 Molfetta
COLLANA “MAGISTERO DEL VESCOVO”a cura di DOMENICO AMATO
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LUIGI MARTELLA
VESCOVO DI MOLFETTA-RUVO-GIOVINAZZO-TERLIZZI
La relazione educativa
fonte della speranza
Lettera pastorale
per l’anno 2008-2009
4
5
INTRODUZIONE
Il nostro cammino continua
Il nostro cammino Con Cristo sui sentieri della
speranza intende continuare anche quest’anno con
il suo percorso sul tracciato della relazionalità, ma
con un’attenzione particolare al tema dell’educa-
zione.
Da più parti, oggi, si segnala un forte disagio
culturale a proposito della qualità e dell’efficacia
dei processi educativi, fino a parlare di una vera
e propria emergenza. Segnali di tale disagio si ri-
percuotono con una frequenza preoccupante an-
che nella cronaca quotidiana, sia a livello familia-
re sia a livello scolastico sia a livello sociale.
Molte sono le cause che hanno determinato
una tale situazione di generale decadimento, del-
la quale spesso fa cenno il papa Benedetto XVI
nei suoi discorsi, invitando a elaborare strategie
efficaci al superamento, per rilanciare un nuovo
umanesimo globale che possa affrontare le sfide
del terzo millennio.
La comunità cristiana ha sicuramente un ruo-
lo di primo piano in questa delicatissima impre-
sa, potendo offrire la ricchezza di un patrimonio
di verità sulla persona umana che le deriva dal-
6
l’incontro con Gesù Cristo, Maestro di verità e di
sapienza.
Proprio a partire da tale incontro, la stessa co-
munità cristiana può ritrovare i criteri per impo-
stare in modo corretto la relazione educativa e i
processi nei quali essa si esprime. Tale relazione,
come si può immaginare, non può esaurirsi nella
pura e semplice trasmissione di conoscenze e in-
formazioni o nella preoccupazione del dare «istru-
zioni per l’uso», bensì nel promuovere quanto è
necessario per la crescita integrale della persona
umana. Si tratta, cioè, di ripensare globalmente e
profondamente il «senso dell’educare» per rispon-
dere a un’esigenza concreta e urgente imposta dai
mutamenti storico-sociali in corso.
L’impegno per l’educazione non ci distoglie-
rà dal tema della relazionalità, anzi, ci aiuterà a
focalizzare l’obiettivo dei nostri programmi pa-
storali e ad affinare gli strumenti formativi. Il ri-
ferimento privilegiato è e rimane per noi la Paro-
la di Dio dell’Antico e del Nuovo Testamento.
Essa, infatti, ci svela che Dio stesso ha educato il
suo popolo conducendolo alla terra promessa.
Gesù nei tempi nuovi ha educato mediante la
nuova legge dell’amore e le Beatitudini; ora toc-
ca alla Chiesa continuare l’opera, illuminata, sol-
lecitata e sostenuta dalla Spirito Santo, il quale
non mancherà di indicare gli itinerari da percor-
rere nell’avvicendarsi dei tempi e nel fluire della
storia.
7
Alcune premesse
L’elaborazione di itinerari formativi cristiani
per il tempo che viviamo incontra le medesime
difficoltà e gli stessi problemi di qualsiasi altra
forma di educazione oggi, per cui vorrei accen-
nare ad alcune questioni pedagogiche generali,
in quanto è in ogni caso una nuova figura di uma-
nità che sta emergendo, comunque la pensiamo.
a) Educare in un tempo di svolta antropologica
Innanzitutto non dovremmo dimenticare che
ogni progetto educativo presuppone sempre una
determinata idea di umanità, un’immagine di
uomo, il più delle volte implicita e addirittura
inconsapevole, che comunque si vuole riprodur-
re e perfezionare nell’educando. Che lo sappia o
meno, ogni padre e madre, ogni educatore, ogni
docente, come ogni politico o giornalista o con-
duttore televisivo, propone sempre agli altri una
certa idea di umanità, che trasmette innanzitutto,
e prima di parlare, con il proprio stesso essere e il
proprio comportamento. Ogni pedagogia cioè è
sempre stata l’applicazione sul piano formativo
di una precisa concezione antropologica globale,
che ha già risposto a molte domande, del tipo: Chi
è l’uomo? Qual è l’itinerario idoneo per poterlo
formare nel modo migliore? Quali facoltà dovran-
no essere sviluppate per dare compimento alla sua
8
umanità? E così via. Ora, siamo consapevoli del
nuovo profilo antropologico delle nuove genera-
zioni, rispetto al quale si impone la riflessione su
quali siano oggi le reali priorità d’azione.
b) Vivere la trasformazione
In un contesto di trasformazione di portata
antropologica, quale è quello che stiamo attraver-
sando, ogni educatore dovrebbe accogliere in pie-
na consapevolezza la sfida in atto, e cioè vivere la
propria trasformazione fino in fondo, e trasmet-
tere alle persone che si affidano alla sua guida il
coraggio e la gioia insiti nell’avventura in corso.
Non possiamo noi insegnare qualcosa di essen-
ziale senza entusiasmo, e cioè senza la grandezza
del modello di umanità che proponiamo. Ognu-
no si deve sentire coinvolto nel cambiamento,
perché non si verifichi quanto denuncia Oscar
Wilde, e cioè che viviamo in un’epoca in cui «tan-
ti sono ansiosi di educare il prossimo, che non
hanno tempo di educare se stessi».
c) In seguito alla visita pastorale
Questa lettera riflette anche alcune deduzioni
tratte in seguito alla visita pastorale, compiuta in
questi ultimi due anni circa, nelle varie parroc-
chie della diocesi, e da poco conclusasi. Una let-
tura più profonda e ravvicinata della realtà ha
9
rafforzato in me la convinzione della necessità di
un supplemento di amore, soprattutto verso le
nuove generazioni. Quindi, di un impegno mag-
giore a comprendere il presente che veramente
sta «cambiando pelle» e a trovare i linguaggi ade-
guati per trasmettere i valori della vita e del suo
profondo significato, alla luce del messaggio evan-
gelico.
Sulla base di queste premesse e in continuità
con le linee pastorali (2007-2009) pubblicate lo
scorso anno, vorrei ora proporre alcune indica-
zione che possano aiutare a riscoprire il fonda-
mentale compito della comunità cristiana, quello
appunto educativo. L’articolazione della lettera
presenta tre punti: il primo è una sorta di oriz-
zonte in cui si delinea l’ampiezza degli interventi
educativi da parte di Dio verso il suo popolo, così
come lo hanno colto degli esperti; il secondo in-
tende mostrare che l’opera educativa appartiene
alla comunità in quanto tale; il terzo punto si sfor-
za di individuare alcuni «luoghi» ove la proposta
educativa si fa concreta.
10
11
I
«DIO EDUCA IL SUO POPOLO»
È fuori dubbio che i giovani soprattutto espri-
mono una segreta simpatia nei confronti della
Parola di Dio. Ci sono più obiezioni o riserve nei
confronti della Chiesa o della comunità che non
nei confronti della Parola.
La Parola di Dio gode di una certa simpatia:
forse per un confuso bisogno di riferimento tra-
scendente? Forse per una naturale apertura a Dio?
Certamente emerge una sorta di paradosso o di
contraddizione nei confronti della Parola alla luce
dell’esperienza: oggi, i giovani, nonostante la già
lunga stagione post-conciliare, hanno una cono-
scenza scarsa della Parola di Dio; nei giovani
manca l’orizzonte della Parola, una conoscenza
elementare della Bibbia, il libro per eccellenza che
narra una storia d’amore di Dio per l’umanità, per
ogni creatura.
Proprio per questo, volendo parlare di rela-
zione educativa, partiamo dalla S. Scrittura e non
da un pur accreditato manuale di pedagogia. Il
racconto biblico, infatti, è già una insuperabile
scuola di pedagogia.
12
1. «Dio educa il suo popolo»
È il titolo della lettera per il programma pa-
storale (1987-1989) del Card. Carlo Maria Marti-
ni, per l’Arcidiocesi di Milano
1
.
Tutta la Bibbia, a ben vedere, è una continua
esemplificazione di un modo inedito di intende-
re la relazione educativa che ha come protagoni-
sta Dio e il suo popolo.
Sarebbe interessante, sotto questo profilo,
mettere in luce i numerosissimi spunti pedagogi-
ci e didattici espressi in vari modi nella Scrittura.
Lo stesso Card. Martini mette in evidenza le co-
ordinate fondamentali del cammino educativo che
Dio fa percorrere al suo popolo e a ciascuno dei
suoi membri.
Sinteticamente, il presule, le esprime dicendo
che si tratta di un processo educativo:
– personale e insieme comunitario;
– graduale e progressivo;
– con momenti di rottura e salti di qualità;
– conflittuale;
– energico;
– progettuale e liberante;
– inserito nella storia;
– realizzato con l’aiuto di molteplici collabo-
ratori;
1
C.M. MARTINI, Dio educa il suo popolo, Centro Ambrosiano
di Documentazione e Studi religiosi, Milano 1987.
13
– compiuto in maniera esemplare nella vita di
Gesù;
– iscritto nei cuori mediante l’azione dello
Spirito Santo nell’«uomo interiore»;
– espresso nel cammino di fede di Maria «Re-
demptoris Mater» (n. 7).
Tali coordinate possono essere illuminanti
anche per il nostro compito educativo. Da qui,
infatti, si potrebbero trarre interessanti elementi
per cercare di saldare la pedagogia di Dio con l’esi-
genza di entrare in sintonia con le urgenze edu-
cative del presente nel nostro territorio.
2. Un paradigma educativo nella relazione Dio-uomo
Ho trovato interessante l’itinerario pedagogi-
co di Dio descritto nel recente volume di Vito
Orlando e Marianna Pacucci, La Chiesa come co-
munità educante. La qualità educativa della comunità
educante
2
. In tale lavoro gli autori, dopo aver ri-
cordato che l’educazione e l’annuncio del Vange-
lo sono inseparabili, passano alla presentazione
di un paradigma educativo attraverso dieci icone
che ritengo utile sinteticamente riassumere. An-
ch’esse possono ispirare la nostra azione educati-
2
V. ORLANDO - M. PACUCCI, La Chiesa come comunità edu-
cante. La qualità educativa della comunità educante, EDB, Bologna
2008.
14
va. Alcune affermazioni di prospettiva generale
sono attinte da quanto S. Nicolosi scrive nel vo-
lume Paideia e Vangelo. Educare: continua la creazio-
ne
3
. Questi afferma: «Guidare altri uomini lungo
la via della verità e del bene, esercitare cioè la pai-
deia, è l’aspetto più bello e più nobile della mille-
naria fatica dell’uomo nel mondo. Se ciascun
uomo è stato creato a immagine e somiglianza di
Dio, il progetto della paideia, affidata alle mani
degli uomini, richiede che l’educatore si adoperi
affinché l’immagine di Dio nelle creature diventi
sempre più “rassomigliante” al modello eterno
della bellezza infinita, non solo nella bellezza cor-
porea, ma, soprattutto, nella bellezza interiore
della conoscenza e della libertà»
4
. Inoltre, per sot-
tolineare che la prospettiva dell’evangelizzazio-
ne deve essere sempre unita a quella dell’autoe-
vangelizzazione, questo altro brano, dello stesso
autore, può illuminare: «Per abbellire le cose e gli
uomini, l’educatore deve non solo trasformare gli
altri, ma, ancor più, se stesso, giacché educare gli
altri a vivere è un compito che coinvolge tutte le
potenzialità dell’educatore […]. Siamo educatori
per quello che siamo e per quello che diamo di
noi stessi agli altri. Ogni nostra scelta di vita è un
3
S. NICOLOSI, Paideia e Vangelo. Educare: continua la creazio-
ne, Borla, Roma 2002.
4
In ORLANDO - PACUCCI, La Chiesa come comunità educante,
p. 16.
15
messaggio educativo, che ha un’eco nel tempo e
nell’eternità. Se educare significa trasmettere le
idee che abbiamo e i valori in cui crediamo, ne
consegue che noi educhiamo con ogni nostro ge-
sto, perché esso è l’espressione esterna del nostro
mondo interiore, delle nostre convinzioni e dei
nostri valori»
5
.
E veniamo ora alle icone proposte da Orlando
e Pacucci sulla pedagogia di Dio:
– Dio educa generando la vita, donandola e sve-
lando il senso profondo dell’esistenza.
La Chiesa è chiamata a questa maternità co-
raggiosa e delicata; una maternità che si esercita
principalmente nel generare le coscienze. In ef-
fetti, educare è, in qualche modo, generare a nuo-
va vita o aiutare a rinascere a un nuovo modo di
vivere.
– Dio educa con tenerezza.
Egli promuove la vita in tutte le sue forme e
in ogni momento con amorevolezza. La sua tene-
rezza è fatta di attenzione e rispetto, accoglienza
e simpatia, benevolenza e misericordia, disponi-
bilità al servizio e lungimiranza. Dio non è mai
indifferente né neutrale, ma garantisce compagnia
e non fa mancare i doni messi a disposizione sul-
la mensa della vita.
5
In Ibid, p. 17.
16
– Dio mostra autorevolezza e competenza nella re-
lazione con gli uomini.
Può far sorridere l’idea che Dio si mostra au-
torevole e competente nella sua relazione con gli
uomini, ma, ciò è evidente soprattutto nell’espe-
rienza terrena di Gesù. Molti hanno accettato di
mettere radicalmente in gioco la propria vita per
seguirlo. Evidentemente egli suscitava ammira-
zione ma anche credibilità in quello che diceva e
operava. Pertanto, «la Chiesa è un’educatrice af-
fidabile quando, a imitazione di Gesù, si mostra
lineare nell’annuncio del Vangelo, sa meritare fi-
ducia sul piano della testimonianza, gode della
stima anche dei non credenti per la qualità della
sua presenza nelle vicende quotidiane e se è fe-
dele al compito dell’evangelizzazione e lo realiz-
za senza ambiguità e tornaconti; se sa mediare il
rispetto della propria vocazione con la flessibilità
necessaria per intercettare i bisogni e le attese del
mondo contemporaneo; se traffica i talenti peda-
gogici presenti nella sua realtà ordinaria molti-
plicando le occasioni in cui i credenti possano
divenire esperti in umanità»
6
.
– Dio educa a costruire il futuro.
Il Dio cristiano non si confina mai nella dimen-
sione del presente, né, tanto meno, rimane gelido
custode del passato. Il suo costruire la storia de-
6
Ibid, p. 22.
17
gli uomini rinnovando la memoria è un incessan-
te invito a costruire il futuro, ma – ancor prima –
ad amarlo. «Per questo, il futuro è una scommes-
sa più che un rischio, un investimento piuttosto
che un’attesa, una speranza e non soltanto un
desiderio; e ciò è reso possibile dal fatto che la
tradizione non è mai una trasmissione di valori o
di nozioni astratta, bensì una testimonianza»
7
.
– Dio educa riconoscendo la diversa sensibilità tra
gli uomini.
Dio rispetta la specificità di ciascuno e dei sin-
goli contesti, e Gesù ama dialogare per portare
alla consapevolezza di sé le persone. Ciò signifi-
ca che «nell’esperienza della Chiesa è di fatto im-
possibile separare il valore della prossimità dalla
costruzione di una reale convivialità delle diffe-
renze»
8
.
– Dio facendo compagnia all’uomo lo educa alla
condivisione e alla solidarietà.
Un Dio che fa compagnia all’uomo, lo condu-
ce per mano dalla chiusura nella propria indivi-
dualità alla disponibilità a mettersi in ascolto e al
servizio degli altri. «L’esperienza cristiana è, nel-
la sua essenzialità, basata sulla simpatia e sulla
compassione; sulla capacità di gustare insieme
7
Ibid, p. 23.
8
Ibid, p. 25.
18
l’avventura della crescita umana e religiosa, met-
tendo in comune gioie e difficoltà di un cammino
che non è tanto orientato verso la perfezione,
quanto verso la capacità di costruire un ritmo che
metta l’intera comunità ecclesiale in sintonia sul
passo degli ultimi»
9
.
– Dio educa rispettando la libertà dell’uomo.
Un tratto fondamentale della pedagogia di Dio
è il suo rimanere sempre un po’ indietro, per la-
sciare spazio alla libertà dell’uomo nel cammino
verso la terra promessa. In questo modo il lega-
me d’amore non si svilisce mai in una forma di
dipendenza.
In un’azione autenticamente educativa, occor-
re sostenere, soprattutto nei giovani, la capacità
di decisioni impegnative e irreversibili, fondate
sulla fiducia in Colui che orienta i passi degli uo-
mini verso il bene; bisogna abilitare a vivere l’esi-
stenza personale come fedeltà nell’utilizzo dei
talenti ricevuti in dono perché ciascuno possa traf-
ficarli a vantaggio di tutti
10
.
– Dio educa attraverso la via della bellezza.
È proprio così: la bellezza salverà il mondo.
Dio infinita bellezza suscita nell’uomo, fatto a sua
immagine e somiglianza, la nostalgia delle origi-
9
Ibid, p. 27.
10
Cf Ibid, p. 30.
19
ni, lo muove al raggiungimento dell’ulteriorità e
lo abilità «a desiderare il cielo pur rimanendo con
i piedi piantati per terra; a credere nell’invisibile,
capendo che il cuore ha una vista più acuta degli
occhi e dell’intelligenza»
11
.
– Dio educa attraverso la sofferenza.
«Questa esperienza è l’unica che veramente
mette l’uomo in grado di comprendere se stesso
e gli altri; lo abilità al senso della pazienza e al-
l’acquisizione delle competenze necessarie per
affrontare con coraggio le prove della vita; con-
sente di trasformare il travaglio del parto nella
generazione di una nuova creatura; annienta le
paure che inevitabilmente affiorano quando oc-
corre mettere mano a un progetto esigente»
12
.
– Dio educa nella gioia.
«Dalla sofferenza alla gioia, dalla morte alla
vita: è su questa frontiera che il Padre mostra le
sue credenziali, per avere accesso al cuore degli
uomini»
13
. Teniamo presenti le parole di Gesù ai
suoi discepoli nell’ultima cena: «Questo vi ho det-
to perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia
sia piena» (Gv 15, 11). Per la beata Madre Teresa
di Calcutta non c’erano dubbi: «La nostra gioia è
il mezzo migliore per predicare il cristianesimo».
11
Ibid.
12
Ibid, p. 31.
13
Ibid, p. 32.
20
21
II
LA COMUNITÀ ECCLESIALE
È COMUNITÀ EDUCANTE
La comunità cristiana è chiamata a continua-
re nel tempo l’opera educativa di Dio. Essa deve
riuscire a realizzare con efficacia la pedagogia di
Dio e di Gesù Cristo nella storia degli uomini in
ogni epoca.
Come l’azione della salvezza operata da Dio
nella storia s’invera mediante un orientamento
educativo, fatto di attese e di attenzioni, di cura e
di memoria, di spinte profetiche in avanti e di ri-
chiami all’impegno nel presente, così anche l’azio-
ne pastorale della comunità dei discepoli del Si-
gnore Gesù non può fare a meno di tessere nella
storia degli uomini e delle donne di oggi relazio-
ni capaci di aprire alla speranza e alla novità del
vangelo, relazioni che sappiano non solo farsi ca-
rico dell’attuale «emergenza educativa» ma an-
che a favorire una riconsiderazione educativa
della stessa azione pastorale.
Rinnovata consapevolezza
Sempre nella Chiesa c’è stata la consapevolez-
za del suo compito educativo strettamente legato
22
all’evangelizzazione, tuttavia è significativo che,
ancora recentemente, si sia avvertita l’esigenza di
ricordare, sul piano pastorale, tale impegno, sot-
tolineando l’urgenza di una nuova tensione pe-
dagogica:
«Questa passione educativa sembra essersi
come affievolita e burocratizzata nella società con-
temporanea dalla “formazione” e dall’“informa-
zione” e sembra tramontare quella responsabilità
per cui gli adulti comunichino una ragione certa
del vivere ai giovani, segno di una perdita diffu-
sa di convinzione essenziale. Il segno più dram-
matico di tale difficoltà sta nella separazione sem-
pre più netta tra la ragione e l’affettività»
14
.
Ma sono soprattutto le sollecitazioni di Bene-
detto XVI a rinnovare tale consapevolezza. In più
occasioni, in questi ultimi tempi, il Papa ha lan-
ciato i suoi appelli forti e ampiamente condivisi.
Intervenendo il 12 giugno 2007 al Convegno del-
la diocesi di Roma, ha individuato l’attuale situa-
zione problematica dell’educazione dicendo:
«Oggi, in realtà, ogni opera di educazione sem-
bra diventare sempre più ardua e precaria. Si parla
perciò di una grande “emergenza educativa”, del-
la crescente difficoltà che s’incontra nel trasmet-
tere alle nuove generazioni i valori base dell’esi-
14
C. ESPOSITO, Dalla tradizione la cultura che genera speranza,
intervento al IV Convegno ecclesiale di Verona «Testimoni di
Gesù risorto, speranza del mondo», 16-20 ottobre 2006.
23
stenza e di un retto comportamento, difficoltà che
coinvolge sia la scuola sia la famiglia e si può dire
ogni altro organismo che si prefigga scopi educa-
tivi».
Diventa quindi indispensabile acquisire una
chiara consapevolezza del mondo in cui viviamo
per poter «fare educazione» in modo autentico ed
efficace.
È evidente che l’esperienza del passato appa-
re in qualche modo inadeguata di fronte alle sfi-
de della globalizzazione e ai problemi indotti dalla
secolarizzazione, che hanno prodotto dolorose
fratture fra religione e vita: educare nella società
complessa significa, inevitabilmente, fare i conti
con comunità umane differenziate e pluraliste,
prive di un’egemonia culturale stabile e legitti-
mata, instabili nei riferimenti portanti dell’esisten-
za, gravate da transizioni simboliche che impedi-
scono di condividere valori e vissuti, rese fragili
sul piano economico e sociale
15
.
«Fare rete»
Benedetto XVI ancora nel su citato intervento
al Convegno della diocesi di Roma, ha opportuna-
mente sottolineato questa istanza, ricordando la
necessità dell’impegno di tutta la comunità e la
15
Cf C.M. MARTINI, Dio educa il suo popolo, pp. 66-68.
24
disponibilità a operare in sinergia per accompagna-
re il percorso educativo delle nuove generazioni:
«L’intera comunità cristiana, nelle sue molte-
plici articolazioni e componenti, è chiamata in
causa dal grande compito di condurre le nuove
generazioni all’incontro con Cristo: su questo ter-
reno, pertanto, deve esprimersi e manifestarsi con
particolare evidenza la nostra comunione con il
Signore e tra noi, la nostra disponibilità e pron-
tezza a lavorare insieme, a “fare rete”, a realizza-
re con animo aperto e sincero ogni utile sinergia».
Gli educandi dovranno incontrare non degli
individui, neppure dei singoli educatori, ma il loro
insieme come espressione di una comunione vi-
tale di persone che testimoniano autorevolmente
ciò che propongono.
In quest’impegno, però, la Chiesa non riven-
dica un ruolo esclusivo; piuttosto, mette a dispo-
sizione di tutti la propria concezione antropolo-
gica progettuale e una visione della società cen-
trata sul valore della sussiadierietà.
Per un’azione ecclesiale educativa
Un primo grande orientamento per una pro-
gettualità ecclesiale si pone sul piano dell’intero
impianto pastorale che anima le nostre comunità
cristiane. Non sempre tutto quello che avviene in
essa è carico di formatività. Non poche volte la
25
dimensione educativa è relegata a qualche incon-
tro o a una serie pensata di iniziative.
Mettere al centro dell’azione pastorale l’atten-
zione educativa vuol dire in primo luogo dare a
tutto quello che accade all’interno della comuni-
tà un volto e un’impronta genuinamente educa-
tiva. Prima ancora di pensare a fare qualcosa, sia-
mo chiamati a chiederci il «perché» di quella de-
terminata azione e soprattutto a valutarne i signi-
ficati pedagogici e gli esiti formativi implicati. La
Chiesa prima ancora che per quello che dice evan-
gelizza per come porge a tutti la bella notizia del-
la salvezza del regno. Ogni atto di annuncio con-
tiene in sé una prospettiva di attenzione educati-
va che ne facilita o, in caso contrario, ne ostacola
l’accoglienza.
È fondamentale l’attenzione alla relazione, e
alla relazione educativa in particolare, nella co-
municazione del vangelo oggi. E questo attraver-
so le diverse e molteplici forme di azione eccle-
siale: da quella più strettamente evangelizzatrice
e catechistica a quella liturgica e spirituale, da
quelle più propriamente occasionali e feriali a quelle
più attente e mirate attraverso una programmata
e intelligente volontà di carità e di servizio.
Per un’azione educativa centrata sulla relazione
Ma a quale condizione è possibile ricucire, al-
l’interno di tutto il complesso e articolato im-
26
pianto pastorale, il rapporto tra azione ecclesiale
ed educazione, sia in termini di qualità che in ter-
mini di efficacia di conversione? Come può l’azio-
ne misteriosa della grazia del Dio di Gesù che
educa il suo popolo continuare a fare discepoli
aperti al futuro e alla speranza della salvezza?
Non è retorico affermare, come ho già detto
precedentemente, che un aspetto dell’attuale cri-
si pastorale sia dovuto al permanere di un mo-
dello pedagogico-formativo che, valido in passa-
to, oggi non sembra adeguato alle sfide in atto.
Per far fronte all’attuale crisi dell’azione pastora-
le intesa nel complesso, da non pochi osservatori,
come «crisi educativa e formativa», è necessario
investire nella cura delle relazioni a tutti i livelli
di impegno e di azione ecclesiale.
La comunità è luogo di relazioni, prima anco-
ra che di iniziative e di azioni. E come ci ricorda il
RdC (Rinnovamento della Catechesi): «L’espe-
rienza catechistica moderna conferma ancora una
volta che prima sono i catechisti (cioè le persone)
e poi i catechismi (cioè i testi); anzi prima ancora
sono le comunità ecclesiali (e cioè le relazioni tra
le persone). Infatti […] non è pensabile una buo-
na catechesi senza la partecipazione dell’intera
comunità» (n. 200).
Immettere formatività e qualità educativa nel-
le relazioni all’interno delle attuali comunità cri-
stiane vuol dire tante cose. Certamente e in pri-
mo luogo comporta la valorizzazione della valen-
27
za relazionale di ogni atto educativo. L’educazio-
ne passa attraverso un’efficace e attenta azione
relazionale. È primariamente un fatto/evento di
relazione, come ci ricordano i saperi esperti pro-
dotti dalle scienze dell’educazione e della forma-
zione. E questo a tutti i livelli. È relazione efficace
dal punto di vista educativo quella più feriale e
occasionale.
È relazione efficace dal punto di vista educa-
tivo quella che si svolge all’interno delle diverse
aree di azione pastorale (da quella liturgica a quel-
la caritativa).
È relazione efficace dal punto di vista educa-
tivo quella che avviene dentro le strutture di par-
tecipazione e di coordinamento che edificano le
comunità cristiane (dal Consiglio pastorale par-
rocchiale ai gruppi di animazione liturgica e ai
gruppi di catechisti, dai gruppi associativi ai mo-
vimenti e agli oratori, ecc…).
Così la cura della relazione all’interno della
comunità si fa «luogo» e sfida in ordine all’attua-
le «emergenza educativa».
Se «iniziare» alla fede vuol dire introdurre
progressivamente ad una vita piena di comunità,
questo inserimento dovrà avvenire attraverso
degli attori. Non un gruppo di persone qualsiasi,
ma una comunità di uomini e donne, dei testimo-
ni (il sacerdote, i catechisti, gli animatori dell’Azio-
ne Cattolica, gli Scout, gli insegnanti di religione,
i responsabili del canto, della liturgia, dell’orato-
28
rio, delle associazioni varie, ecc.) che stanno in-
sieme perché hanno incontrato Cristo e vivono di
Lui; sono amici in Cristo; una comunità di perso-
ne che intende prendere sul serio le implicazioni
di Atti 2, 42 circa la vita di comunione («Erano
assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apo-
stoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane
e nelle preghiere»). Una comunità educante che
vive la logica sacramentale, cioè vive l’evento di
Gesù Cristo, è nelle condizioni di far nascere un
«nuovo evento». Una comunità con queste carat-
teristiche è una comunità educante perché comu-
nica in modo performativo
16
ai ragazzi e ai giova-
ni la sua umanità «cambiata» dall’evento Cristo.
16
Nel senso inteso da Benedetto XVI quando avverte che
il messaggio cristiano non è solo informativo, ma è performativo,
e ciò significa che «il Vangelo non è soltanto una comunicazio-
ne di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che
produce fatti e cambia la vita» (Spe salvi, n. 2).
29
III
ORIENTAMENTI OPERATIVI:
ALCUNE PROPOSTE CONCRETE
Il progetto educativo della nostra chiesa loca-
le, per la sua realizzazione, trova soprattutto nel-
le comunità parrocchiali, una mediazione essen-
ziale. Il cardinale Martini sottolinea che «Dio non
educa a “casaccio”, cioè con interventi educati-
vi saltuari o sconnessi. L’azione educativa nella
storia è sempre “mirata”, anche se non è facile
cogliere ogni volta il senso di un singolo inter-
vento»
17
.
Alla luce della mia recente visita pastorale, in
molte occasioni ho potuto notare l’impegno, la
generosità, la vivacità nel produrre molteplici
iniziative di animazione pastorale, volte soprat-
tutto a coinvolgere i ragazzi e gli adolescenti, un
po’ meno i giovani. In tale sforzo, tuttavia, appa-
re meno evidente l’attitudine alla progettualità e
alla finalità di ogni iniziativa, con il rischio, natu-
ralmente, della ripetitività e della standardizza-
zione dei gesti. Spesso è garantita la carica emo-
zionale, ma dubbia e incerta è la ricaduta sul pia-
17
C.M. MARTINI, Dio educa il suo popolo, p. 39.
30
no educativo. Si sa che molto dipende, per il con-
seguimento di certi risultati sul piano formativo,
dal coordinamento delle varie realtà operanti nella
parrocchia. Spesso si lavora in ordine sparso con
il risultato di spunti educativi autonomamente
offerti, ma senza la preoccupazione di costruire
un’identità cristiana ed ecclesiale. Va perciò ricor-
dato che la risorsa più importate all’interno di un
contesto educativo è proprio l’educatore. Di con-
seguenza, nell’ambito della comunità cristiana,
l’educatore deve sentirsi impegnato e accompa-
gnato in un cammino permanente di crescita del-
la propria identità religiosa, nella testimonianza
evangelica e nella promozione umana, condivi-
dendo il proprio carisma con gli altri educatori,
nella comune tensione all’evangelizzazione.
Parlando di educazione, spontaneamente sia-
mo portati a pensare che di essa vi sono i destina-
tari e i maestri. In realtà tutti siamo educandi e
tutti possiamo essere educatori. Fondamentali ri-
mangono, in un processo educativo, le relazioni
interpersonali che devono esser improntate al sen-
so della reciprocità, pur all’interno di una sostan-
ziale asimmetria fra partner.
Vorrei, pertanto, ricordare che i giovani riman-
gono per la nostra chiesa diocesana una priorità
secondo il progetto Con Cristo sui sentieri della spe-
ranza. D’altra parte, la stessa priorità, la Chiesa
Italiana ha messo nella sua agenda per i prossimi
anni. Proprio sul tema dell’educazione dei giova-
31
ni la CEI ha dedicato l’ultima Assemblea genera-
le di maggio scorso.
Gli interventi magisteriali di Benedetto XVI,
poi, proprio sul tema dei giovani, rappresentano
degli indirizzi di marcia per la Chisa universale.
A Sydney, il Papa ha posto alcuni brucianti inter-
rogativi rivolgendosi ad essi. Ma è chiaro che li
pone a tutte le comunità cristiane sparse nel mon-
do. «Cari giovani – ha detto il Papa – permettete-
mi di farvi ora una domanda. Che cosa lascerete
voi alla prossima generazione? State voi costruen-
do le vostre esistenze su fondamenta solide, state
costruendo qualcosa che durerà? State vivendo
le vostre vite in modo da fare spazio allo Spirito
in mezzo ad un mondo che vuole dimenticare Dio,
o addirittura rigettarlo in nome di un falso con-
cetto di libertà? Come state usando i doni che vi
sono stati dati, la “forza” che lo Spirito Santo è
anche ora pronto a effondere su di voi? Che ere-
dità lascerete ai giovani che verranno? Quale dif-
ferenza voi farete?»
18
. Sono interrogativi che pe-
sano come macigni sulla responsabilità di tutti,
perché non raramente essi, i giovani, si trovano
da soli di fronte a queste domande cruciali.
In questa prospettiva, diviene sempre più ur-
gente che l’educatore parrocchiale sia un creden-
18
BENEDETTO XVI, Omelia durante la celebrazione della messa
all’ippodromo di Randwich a Sydney, in «L’Osservatore Roma-
no», 21-22 luglio, p. 5.
32
te credibile sul piano del comportamento, piutto-
sto che semplicemente veritiero per quanto riguar-
da i contenuti che propone, partendo dalla consta-
tazione che il mondo, e in particolare i giovani, han-
no oggi bisogno più di testimoni che di maestri. Il
che implica, per gli educatori, una maggiore atten-
zione alla dimensione dell’«essere» accanto a quel-
le del «dire» e del «fare», partendo dalla consape-
volezza che «parola e gesto educano la vita».
Ora, dopo aver messo in luce alcuni punti sal-
di per una corretta impostazione metodologica
nell’azione educativa, desidero planare nel con-
creto, con l’avvertenza, tuttavia, del carattere
esemplificativo delle proposte che seguono.
1. Valore pedagogico delle funzioni ecclesiali ordinarie
Un’attenzione alle esperienze della vita quo-
tidiana della parrocchia può significare la volon-
tà di privilegiare l’esigenza di una rinnovata con-
nessione tra fede e vita, affinché quello che si ce-
lebra, si annuncia, si testimonia e si condivide
possa davvero assumere spessore e significativi-
tà educativa.
a) La dimensione celebrativa
Si tratta di restituire centralità a tutto ciò che,
nelle espressioni di culto, va ben oltre la semplice
33
reiterazione dei gesti e fare spazio, invece, agli
elementi di comprensione e di storicizzazione che
rendono la dimensione celebrativa un elemento
fondante dell’identità della fede. Troppo spesso
si cade in un ritualismo arido che non genera di-
namismi nell’identità cristiana. Al momento ce-
lebrativo, infatti, dovrebbe seguire quello forma-
tivo, di riflessione sul mistero celebrato, e nel re-
cupero della prospettiva mistagogica tanto cara ai
Padri della Chiesa del I secolo, sarebbe auspicabile
una catechesi a partire dai testi liturgici, dal signifi-
cato dei riti compiuti, per una comprensione del
mistero di Dio capace di superare la prospettiva
razionale a favore dell’intelligenza della fede acqui-
sita tramite la grazia ricevuta dalla celebrazione.
La partecipazione liturgico-sacramentale è
tuttora, sostanzialmente, la dimensione che mag-
giormente coinvolge i fedeli e li mette a contatto
con la realtà parrocchiale. Pertanto, una proposta
di carattere educativo, potrebbe avere effetti molto
incisivi, garantendo una memoria permanente e
riferimenti certi nel corso della vita. L’Eucaristia,
fonte e culmine della vita cristiana rappresenta
una ineguagliabile scuola di carità e di solidarie-
tà. Benedetto XVI esprime tutto questo in modo
mirabile nell’esortazione postsinodale Sacramen-
tum caritatis, quando afferma: «Le nostre comu-
nità, quando celebrano l’Eucaristia, devono pren-
dere sempre più coscienza che il sacrificio di Cri-
sto è per tutti e pertanto l’eucaristia spinge ogni
34
credente in lui a farsi “pane spezzato” per gli al-
tri, e dunque a impegnarsi per un mondo più giu-
sto e fraterno. Pensando alla moltiplicazione dei
pani e dei pesci, dobbiamo riconoscere che Cristo
ancora oggi continua a esortare i suoi discepoli a
impegnarsi in prima persona: “Date loro voi stes-
si da mangiare” (Mt 14, 16). Davvero la vocazio-
ne di ciascuno di noi è quella di essere, insieme a
Gesù, pane spezzato per la vita del mondo» (n. 1).
b) L’esperienza della catechesi
È scontato che una comunità parrocchiale pon-
ga attenzione educativa nella catechesi. Giova,
tuttavia, ricordare alcuni elementi che qualifica-
no tale azione educativa:
– disponibilità a confrontarsi lealmente con i
destinatari dell’annuncio, a conoscerne opportu-
namente le caratteristiche esistenziali, la persona-
lità, la capacità di ricezione e assimilazione del
messaggio;
– c’è una gradualità in relazione ai contenuti
della fede, tenendo sempre in debito conto ciò che
è essenziale da ciò che è secondario nella forma-
zione cristiana. È fondamentale che si colga, nel
percorso di catechesi, l’importanza del rapporto
con Dio e con Gesù Cristo mediante la Chiesa;
– molto dipende anche dal clima che si respi-
ra nella parrocchia per un’efficace trasmissione
dell’annuncio cristiano.
35
c) La tensione alla comunione e al servizio
La liturgia e la catechesi, contrariamente a quel
che spesso si potrebbe evincere, non bastano da
sole a formare in maniera compiuta l’identità del
cristiano. Diviene allora necessario, per la parroc-
chia, offrire ai gruppi e ai singoli la possibilità di
vivere delle esperienze significative di condivi-
sione fraterna e di servizio per gli altri. È ne-
cessario passare, in proposito, da esperienze oc-
casionali e straordinarie di grande impatto emo-
tivo, ad un costante atteggiamento di comunio-
ne e di servizio, direi, ad uno stile di solidarietà
che immette amore e speranza nella società e nel
mondo.
Non è certo un buon segno nel nostro conte-
sto constatare che vi siano difficoltà, soprattutto
fra i giovani, a garantire una disponibilità di vo-
lontariato gratuito anche per assicurare i servizi
di carità messi in atto dalla chiesa diocesana. Se
la liturgia e la catechesi non portano spontanea-
mente al servizio significa che qualcosa non fun-
ziona nel processo di comunicazione della fede.
La convinzione, poi, che tutti formiamo una sola
grande famiglia, dovrebbe incentivare la spinta
all’altruismo. Negli orientamenti pastorali per il
primo decennio del duemila, la Conferenza epi-
scopale italiana insiste sulla necessità che la Chiesa
sia «casa e scuola di comunione»; «casa, edificio,
dimora ospitale che va costruita mediante l’edu-
36
cazione a una spiritualità di comunione». I vescovi
richiamano anche il monito di Giovanni Paolo II
che dice: «Non ci facciamo illusioni: senza questo
cammino spirituale, a ben poco servirebbero gli
strumenti esteriori della comunione. Diventereb-
bero apparati senz’anima, maschere di comunio-
ne più che sue vie di espressione e di crescita»
19
.
2. Educazione e pastorale di settore
La relazione educativa è invocata anche nei
vari settori della realtà temporale, dove la comu-
nità ecclesiale può rappresentare un punto di ri-
ferimento ed un elemento trainante nel vissuto
della vita quotidiana.
Così, per esempio, nel settore della famiglia,
sia nella fase della preparazione al matrimonio,
sia durante il suo percorso tanto spesso insidiato
da una mentalità e da una cultura fuorviante non-
ché da legislazioni non favorevoli. A riguardo,
mentre si constata un discreto investimento for-
mativo in fase iniziale, appare ancora modesto e
sporadico l’impegno a sostegno della famiglia già
costituita. Dobbiamo, purtroppo, riconoscere che
siamo in ritardo riguardo ad una pastorale fami-
18
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicare il vangelo in
un mondo che cambia, n. 65. (La frase di Giovanni Paolo II è ripor-
tata all’interno del testo del documento al numero indicato).
37
liare dei casi difficili e delle situazioni irregolari.
Bisognerà, pertanto, ricuperare in questa direzio-
ne, perché il fenomeno è abbastanza diffuso an-
che nelle nostre popolazioni. Rimane, tuttavia,
importante aiutare i giovani in un percorso di
educazione all’amore, affinché possano scoprir-
ne la bellezza nel progetto di Dio, superando le
fratture innaturali che, in questo campo, sono pro-
vocate dall’odierna cultura intrisa di erotismo
anarchico.
Altro settore che non può essere disatteso è
quello della comunicazione. Riguardo a questo
aspetto rinvio a quanto ho espresso nelle linee
pastorali dell’anno scorso, Relazionalità: via del-
la speranza (soprattutto nelle pagine 7-10), sottoli-
neando qui che, in questo campo, molto dipende
dal modo con cui vengono usati gli strumenti
della comunicazione. Essi sono «formidabili» ve-
icoli di messaggi che spesso determinano com-
portamenti e stili di vita.
Altro campo è quello della legalità, e quindi
della libertà. Quest’ultima non può essere mai
disgiunta dalla responsabilità. La libertà implica
sempre una chiamata per il bene alla quale deve
seguire una risposta di responsabilità. Solo così
può essere garantito il senso della legalità rispet-
to al quale si registra un deficit talvolta preoccu-
pante. In proposito, sarebbe molto utile ripren-
dere in mano per la riflessione personale e comu-
nitaria la Nota pastorale della Commissione ec-
38
clesiale Giustizia e pace della CEI, Educare alla lega-
lità (4 ottobre 1991). Essa, scrivono i vescovi: «vuo-
le essere uno strumento di riflessione per le co-
munità cristiane e per tutti gli uomini che hanno
a cuore la crescita umana del Paese, e intende su-
scitare un rinnovato impegno pastorale per la for-
mazione di cristiani adulti, capaci di vivere e di
operare secondo l’intera verità del Vangelo all’in-
terno dei bisogni della nostra società» (n. 1).
Anche il mondo del lavoro sollecita la comu-
nità ecclesiale a divenire sensibile ai valori della
laboriosità e della competenza nei vari settori della
vita sociale e comunitaria. «In un mondo che spes-
so privilegia l’approssimazione e l’improvvisazio-
ne, urge che i cristiani siano lievito e pietra d’in-
ciampo allo stesso tempo nel prospettare una
“metodologia di rigore” nell’amministrazione
delle diverse articolazioni delle realtà tempora-
li»
20
. E Dio sa quanto questo possa incidere profe-
ticamente nel campo della politica, della sanità,
della scuola.
Educazione all’accoglienza e al rispetto delle
diversità. Siamo ormai in una società pluralista,
multietnica, multirazziale, multireligiosa. Siamo,
per così dire, quotidianamente di fronte ad una
sfida della modernità, quella di suscitare una
«convivialità delle differenze». La comunità cri-
20
ORLANDO - PACUCCI, La Chiesa come comunità educante,
p. 128.
39
stiana deve spingere a costruire ponti più che in-
nalzare barriere. Il risultato della «reciprocità» e
del «rispetto delle culture» si raggiunge non con
pregiudiziali campagne contro, bensì con la co-
noscenza e il riconoscimento dell’altro, di ogni
altro.
Il rispetto dell’ambiente sul quale Benedetto
XVI sta insistendo particolarmente in questi ulti-
mi tempi. Gli educatori ecclesiali devono sentire
come compito ineludibile quello di favorire lo
sviluppo di un’attenzione e di un’etica del rispet-
to verso la natura. Sempre più frequentemente
oggi si assiste alla devastazione di territori sot-
tratti alla bellezza, riflesso della bellezza creatri-
ce. Il rispetto della natura è rispetto per l’uomo,
cioè per se stessi e in ultima analisi per Dio-crea-
tore il quale ha affidato all’uomo il creato affin-
ché lo «custodisse» e non per deturparlo o stra-
volgerlo.
Ispirandosi al modello di «Dio creatore», la
comunità cristiana comprenderà che non basta
essere nel mondo, ma è necessario essere per il
mondo. Una chiesa che lotta per la sopravviven-
za non serve a nessuno; occorre una comunità che
scommetta sulla possibilità di portare avanti il
compito della creazione nel duplice impegno di
cercare il senso della creazione e di dare senso alla
creazione.
40
41
CONCLUSIONE
Siamo nell’anno paolino, indetto da Benedet-
to XVI nel bimillenario della nascita dell’aposto-
lo delle genti. Egli, afferrato da Cristo sulla via di
Damasco, si è lasciato guidare dal divino Mae-
stro, assegnandolo alle cure educative di Anania,
un formatore eccezionale che ha saputo imprime-
re nell’animo del giovane Saulo la passione irre-
frenabile della evangelizzazione.
Anche noi, lasciamoci raggiungere da Cristo,
per poter trasfondere nella realtà in cui viviamo
la medesima passione.
La Vergine Maria, nel 150° anniversario delleapparizioni a Lourdes, ci riempia di gioia e di
entusiasmo nel vivere la fede, ci educhi nelle sue
virtù e ci renda educatori attenti e generosi delle
nuove generazioni.
Molfetta, 8 settembre 2008
Festa della Natività della Beata Vergine Maria
! LUIGI MARTELLA
42
43
Indice
5 INTRODUZIONE
11 I - DIO EDUCA IL SUO POPOLO
21 II - LA COMUNITÀ ECCLESIALE
È COMUNITÀ EDUCANTE
29 III - ORIENTAMENTI OPERATIVI:
ALCUNE PROPOSTE CONCRETE
41 CONCLUSIONE
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Finito di stampare nel mese di settembre 2008nella Litografia LA NUOVA MEZZINA - Molfetta
COLLANA “MAGISTERO DEL VESCOVO”
4 LUIGI MARTELLA, «Va’ dai miei fratelli e di’ loro». Parola e terri-
torio - Comunicare il Vangelo oggi
Indicazioni pastorali per l’Anno 2001-2002
5 LUIGI MARTELLA, «Sulla tua parola»
Indicazioni pastorali per l’Anno 2002-2003
6 LUIGI MARTELLA, Mons. Antonio Bello, Vescovo della speranza
A dieci anni dalla morte (1993-2003)
7 LUIGI MARTELLA, Giorno del Signore e Parrocchia. Tempo e
spazio per una comunità realmente eucaristica
Lettera pastorale per l’anno 2003-2004
8 LUIGI MARTELLA, Discepoli dell’Eucaristia
Lettera pastorale per l’anno 2004-2005
9 LUIGI MARTELLA, Un Santo per amico: Corrado di Svevia
Lettera pastorale in occasione del IX centenario della nascita di San
Corrado
10 LUIGI MARTELLA, Fuoco e Spirito
Lettera in occasione della Visita pastorale indetta l’8 settembre 2006
11 LUIGI MARTELLA, La relazionalità: via della speranza
Linee pastorali per il biennio 2007-2009
12 LUIGI MARTELLA, La relazione educativa fonte di speranza
Lettera pastorale per l’anno 2008-2009
45
COLLANA
“
MAGISTERO DEL VESCOVO” 12
€ 2,70 (i.i.)