,
Dello stesso A.utore.
POESIE NOVAMEN'l'E RACCOIil'l'; E ORDINA'l'K
(18 75-19 00.)
Seconda ediz ione riveduta dall'Autore.
Un volume in 16", con ritratto
LlRF. 4.
,
GIOVANNI MARRADI.
RAPSODIA
GARIBALDINA (1860).
FIRENZE,
G. BARBÈRA, Elll 'l' O RE.
1903.
PnOl'UTETÀ LET'l'li)ltARIA.
UNA l,IRA.
GIOV ANNI MARRADI.
RAPSODIA
GARIBALDIN A (1860 ).
- '-.Y:--• C':",)-'
FIRENZE,
G. BABBi BA, ED ITORE.
1903.
PB01>nlE'J',\ I,ET'n ;HAUfA.
\
l~IRENZE, 431-1902. - Tipogl'Rfia B;\I'bòm
ALFANI }! VEiliTURl propl'ielari.
r.
TACITURNO fende a l ' acque tirrene
il naviglio dei Mille. Oltrevarcate
nel mattin roseo l'Egadi serene,
vIa per le sicule onde, fulminate
dalla squadra borbonica, tranquille
scivolavan le due navi fatate,
difilandosi al lido. Auree scintille
accendea lieto e gloriante il solo
di maggio intorno alle due prue dei Mille;
e al sol di maggIO h cerulea mole
dell' Erice l'idea, l'idea la cala
sparsa cii barche, nel silenzio, sole.
RAPSODIA GA RIBALDI NA .
E in un sol grido - Marsala, Marsala
conclamarono i .Mille, e a' venti aUcre
ognI vela ondeggiò come un val cl' a.la
vittoriosa. Impetuoso ed acro
saettò Bixio gli ultimi comandi,
pallido in vista delle l'i ve sacr e.
E Garibaldi, placido, le grand i
acque guardava; e fondo come il mare
era l ' azzurro de' suoi occhi blandi.
Guardava; e i nembi delle acute e amare
soavitù che vaporava il lido
sentìasi in f,tccia tepidi ventaro;
e 111 calma ne bevea, fra 1' ansia e il grido
de' suoi, l 'effluvio inebriante, quasi
movesse agli ozii d' un sognato nido.
D'intorno gli fiorivano, pervasI
d 'effusa luce, scogli verdeggianti,
fresclle isolette che pareano oàsi;
RAPSODIA GAllIBALIJlNA.
e VI ll1arCIvano Hl catone i santi
cl ' Italia, i rei di libertà, sepolti
nelle borbonie mude, a Lui davanti,
davanti al biondo vindice, da molti
secoli atteso. Un lampo leonino
guizza dagli occhi suoi su mille volti,
ed Bi ponsa in un riso: - O Rosalino
Pilo che aspetti, e a colpi eli fucile
tuoni a' dormeuti 1'ora del Destino,
eccomi, o ardito araldo, o eroe gentile
dell'onor di Sicilia! - E, indietro scossn,
la nazarena. chioJna giovanile,
gittata intorno alla Call1lCla rossa
l'onda del puncio, lanciasi a un canotto
VlClllO, e via, r emando a tutta possa;
e vIa col Duce, in poche barche, sotto
l 'ostil pioggia di folgori che fitta
7
casca su 1'acque e ne schium eggia il fiotto,
8 RAPSODIA GARlBAI"DIKA.
vla con rlsa e con plausi 1'invitta
schiera, che tocca 1'auspicato suolo,
fra le palle fischianti illesa e ritta.
E te, già pronti a più rapido volo,
e te, già destri a più terribil gioco,
te salutano i Mille, inclito stuolo
vendicatore, o Isola del fuoco !
II.
A NCORA, nel fresco alito ch 'esala
~ ela tutto il verele de' suoi orti aprIco,
con la nova alba rlsorgea l\![arsala
tripuelianelo; e ancora, dall ' antico
Porto d'Alì, sfogavasi in tonanti
bombi la rabbia elel navil nemICO,
infuriando, elietro i plausi e i canti
del piccioletto esercito invasore,
su le strade di popolo festanti,
quando per la campagna il Dittatore
riprese in fretta il suo fataI cammino,
fra le zagare olenti in pieno fiore,
~------------------------------------'r-----------------~-- ~- ---~-----~~-- ~- ----.....
lO RAPSODIA GARIBALDINA.
lieto fra i lieti suoi. C'era, con Nino
Bixio, l'austero Sirtori, decoro
di Lombardùl, saldo animo latino.
C' era Ippolito Nievo, che d'alloro
doppio onore sitìa, soldato e bardo
come Mamoli dalla chioma d 'oro.
C'eran, siculo sangue in COI' gagliardo,
Carini e Crispi, che al cielo natale
l'isoI'ridean con lacriluoso sguardo.
C' era lo strenuo Canzio e il marziale
Mosto, a'lor bei carabinieri in testa,
genovese manipolo immortale.
C'era il gLOvlIl Mellotti, e la rubesta
forza ch Bandi, e il signoril Missori
baldo eleo·ante come ,mdasse a festa. , "
C'era 1'ardente d'aquilini ardori
ansia eroica di Nullo, impaziente
cavalier di due genti e cuor de' cuori.
HAl'SODIA GARIBALDINA.
C' era, bron"ea vecchiez"a, il resistente
Ripari, al grande dell 'Italia appello
dai pontifici ergastoli accorrente.
C'erano i tre, superbi'l di Groppello,
fratelli Cairoli, a cui la santa
madre benedicea cbl vuoto ostello.
C' eran Tùkery e Turr, lnagiara pianta
di prodi; Acerbi, avamo di Malghera,
mcmore d'epopee che il vato canta.
C'era Bronzetti , leon clella fiera
Trento; Schiaffi no di Camogli, forte
come lo scoglio della sua riviera.
11
C' ora Ena, c'era Chiassi, e cento [\, 1110rte
ruinanti in ardita ilnpari guerra
com battitori intrepidi, coorte
invincibile, auelaci d'ogni terra,
di quante torre il nostro mal' circonda
o Appennino traversa o Alpe serra ;
12 RAPSODIA GARIBALDINA.
audace d'ogni età schiera gioconda
che segue il Duce suo, uè ostacol sa,
l'ossa falange in corsa fremebonda,
striscia di fiamm a che fulminea va.
IlI.
CON tal milizia verso la montagna
Garihaldi s'avvia; con tal milizia
l 'esultante Salemi ardua guadagna.
Tale Egli va, d'amore e di g iustizia
liberatore arcangelo, fra schi avi
prrseiuti d' odio in secolar tristi zia.
Passa tra volghi indifferenti o ignavi,
che accende e scuote e anima di luce
la folgore de' suoi occhi soavi.
Passa, Cristo de' popoli che il truce
Maniscalco atterrì, sereno e biondo
nella sua gloria il Dittatore e il Duce;
.,
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14 RAPSODIA GAIUBALDINA.
fin che dai colli del famoso l11 mondo
Pianto Romano ("'prendosi fra gl' imi
vapori, al pian, Castollammare in fondo)
rniI'a irte d'anl1i lampeggiar, dai primi
lJal~i agli estremi dell' opposto monte,
tutte le alture di Calatafimi.
Ed ecco i Mille, i quasl inermi, a fronte
con le al'Jllate nligliaia; eccoli a basso
precipitar con liete grida e proute
anime m contro al fOl"midabil sasso
sotto nembi di fuoco, e aprirsi, a punta
di ferro, ansando e sanguinando, il passo
su su pel monte; e, conquistata e giunta
l'orta pl-ima così, sempre più in alto,
dovo il fisso del Duce occhio s'appunta,
fieri cl' impeto no va a novo assalto
lanciarsi tutti, e su i corpi caduti
sette balzi scalar di salto in salto.
RAPSODIA GARIJJALDIN.\.
Ecco, davanti ai trafelati e muti
compagni suoi, l 'atletico Scbiaffino,
salutato ch' regi ignei saluti,
piantare il suo vessil garibaldino
su l'ardua vetta, e stramazzar giù, rotto
dalla mitraglia il petto adamantino ;
mentre Bixio urla e fulmina, condotto
dal suo feroce sauro ove più fiocclt
quel tempestar di scariche dirotto .
A lui d ' iutorno, il saldo como rocca
Montanari pro com be ; apre le braocia
e rovesciasi Elìa colpito in bocca;
o, III arcioni incrolhibile, SI caccia
Nino Bixio fra l 'oste, e lo, impaura
col lampo clelia spada e della faccia.
E una voce per tutto, alta, SIcura,
sovrasta e squilla come tromba: -Avanti l -,
volando all ' aure la capigliatura
lo
16 RAPSODIA GARIBALDINA .
del Duce onnipresente .... E qnando, affranti
dalla vittoria, giù sul terren duro
s'abbatterono i suoi fra i grani ondanti,
sole dall' alto e chete, nell' oscuro
silenzio mesto e altissimo di quelle
trionfate erte, il sonno dolce e puro
del mite Eroe vegliarono le stelle.
IV.
RE Francesco pregava. Umile e prono
nella reggia di Napoli, pregava
Francesco re per l'intangibil trono
ch' ebbe da Dio. Più ardente della lava
de' suoi vulcani, il dnplice reame
gli boma sotto i piedi; e il re pregava.
Solo, a impiccar ribelli e a strozzar brame
di libertà, vegliava il Maniscalco,
torcendo corda di più saldo stame.
Soli, fisando la mannaia e il palco,
vegliavano i grifagni occhi d'Ajossa
pronto a ghermir sne prede come falco .
3
,
18 RAPSODIA GARTBALDINA.
Il re pregava; e non sentÌa più grossa
rom bare ancor la squilla della Gancia
che cbiamava Palermo alla riscossa;
e non sentÌa su l'intristita guancIa
passargli allegro lo spiro vitale"
cbe già Italia correa, che correa Francia.
Un antico silenzio claustrale,
d'intorno al giovin re che non tr aligna.,
tien la penombra delle vacue sale;
o per le sale aggirasi, lualiglla
ombra d'Asburgo, in vedovili austeri
devoti panni, .la regal madrigna,
la tetra austriaca, in tutti i SUOI penslen
piangente ancora il suo re Ferdinando,
re d'ergastoli e re di monasteri.
Triste rampollo d'albero nefando,
nella reggia di Napoli soletta
pregava il giovin r e, Dio laudando,
RAPSODIA GARIBALDINA .
laudando i\bria della vendetta
che col fuoco de' suoi su 1'insorg·ente
Partenico piombò come saetta,
onde le donne violate e spente
e i vecchi uccisi e i pargoli un flagello
di fiamme involse e una ruina ardente;
mentre il pugnace spirito rubello
di Rosalino, iiI suo rupestre nido,
fulminato cadea col suo drappello.
E amai sbandati i Mille e per infido
sentier fugg·iascbi annunziava in festa
1'oste del re, dei novellieri il grido.
Ajossa a prezzo già chiedea la testa
di Garibaldi, e i bracchi suoi lanciava
su le peste di Lui. La città mesta
trepidava in silenzio; e il re pregava.
19
v.
E Garibaldi, franando per rotte
balze coi Mille sotto l'implacato
dihwiar d'una terribil notte,
da Gibilrossa, occulto come il Fato,
su Palermo cavalca, e alle sue porte,
sul presidio nell' alba addormentato,
piomba e fulmimL. lnvan da ogni forte,
invan dal golfo, alla difesa pronte,
tuonan le artiglierie fuochi di morte;
Illvan s'oppongon, folgorando, al Ponte
dell'Ammiraglio, i densi battaglioni
del re. Sidereo di vittoria in fl'Onte,
RAPSODIA GARIBALDINA.
fra il lampo de' moschetti e de' cannoni,
su la città, con l 'avanguardia audace,
lanciasi il Generale alto in arcioni.
Lanciasi, p1'1mo dello stuol pugnace,
l'ardente Nullo che i ripari invade,
stupendo come il telamonio Ajace,
come se, ritto in sella, cento spade
rotei scagliandosi agile e sicuro
via sul cavaI che sanguina e non cade,
21
via con Bixio che strappasi dal duro
torace il piombo ouel' è piagato, e a gara
sprona il bel sauro che s'avventa al muro,
via con Tùkery in vitto che la cara
vita profonde sorridendo, eterno
d'itala gloria e di virtù maglam,
Via con l'unanime impeto fraterno
de' Cairoli, che versan fra i primi
l'eroico sangue attinto al sen materno;
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22 RAPSODIA CARIllALD1N"A.
e vla cou essi tutta" di sublimi
t emerità magnanima, la schier a
vittoriosa di Calatafimi,
che, abbattendosi innanzi ogni barriera,
come rompente gli argini lllvan saldi
precipite onda sotto la bufera,
varca, slagando per le vie, gli spaldi
contesi, c addosso, a ' fiIg'gitivi intona
l'inno trionfator di Garibaldi,
l'inno alato di cui tutta rIsona
Piazza Pretori a ove l'Eroe sf,willa,
mentre ancora da'forti il cannon tuona,
mentre da tutti i culmini la squilla
de' Vespri esulta e suscita, feroce
sveglia, i dormenti nel mattin che brilla;
e III quell' aereo scampanìo veloce
par di sei muti secoli la storia
prorompere alta con immortal voce,
RAPSODIA GARIBALDINA, 23
e sul tumulto che in suon di vittoria
chiama a vendetta e a libertà Palermo,
splende in sno fausto anniversario (oh gloria
di Garibaldi l) il sole di San Fermo,
VI.
POPOLO di Palermo, - il Dittatore
proclaIilò da un balcoue - oggi il nemico
che ti bombarda, t'offre il disonore
di indegnissimi patti, che non dico
per non farti onta; e i patti del Borbone
li ho respinti per te, popolo antico
dei Vespri! - Un urlo d'esecrazione , un ruggito di gioia e di minaccia
dalla piazza scoppiò: - Guerra al Borbone! -
E fu un delirio, un impeto di braccia
protese con desio verso il diletto
Liberatore, che raggi ava in faccia,
RAPSODIA GARIBALDINA.
circonfuso dal sole e benedetto
da quell' immenso popolo, da quella
città vampante, al suo fatato aspetto,
d'una gran fiamma sola. E la pro cella
formidabile irrompe, e la ' grande ora
memorabile suona. Ancor martella
da tutti i templi Oglll campana; ancora,
sotto un assiduo turbine di bombe,
sorg's Palermo a gridar - Mora, mora! - ;
ancora, 1Il un clangore alto di trombe
garibaldine, il fiero inno de' forti
canta nell' aure: - Si scopron le tombe - .
Allora, oh allora sÌ, parve che i morti
si levassero tutti, e tutti , in frotta,
fossero i martiri itali risorti;
25
e che i cento e che i mille ch' ebber rotta
da borbonio carnefice la vita,
o la effusero in santa aperta lotta,
4
2" RAPSODIA GARIBALDINA.
i cento e i mille che lunga, infinita
agonia spense avvinti alla catena
e arrisi pur da una speran7.a ardita,
come una nova irresistibil piena,
per ogni via, da ogni barricata,
sotto la faccia dell' Eroe serena,
si gittassero insieme, a una segnata
ora, nel C07.Z0, acl affrettar coi vivi
l 'immancabil vendetta e l ' immancata
vittoria. Corse per tre glOrm a rIVI
il latiu sangue; per tre giorni il molo
vomitò fuoco su la città. Privi
cl ' armi e di piombo, coi selci del suolo,
con le macerie cli 101' case ardenti,
combatterono a furia, ebbri d ' un solo
.oelio, UOll1ll1l, clonne, adolescenti,
garibaldini e popolo; finchè
questa novella anelò su tuttì l venti:
RAPSODIA GARIBALDINA.
Palermo in festa; debellata in tre
combattimenti e in pochi giorni infranta
l'ao' o'uerrita 03te di Francesco re ""
da Garibaldi e da' suoi Mille; e, quanta
fremè del giogo senza fine amaro,
libera tutta la Sicil;" e in santa
gloria esultante cla Marsala al Faro.
27
vrf.
VI NTA a Milazzo, fulminata a Reggio,
disarmata a Soveria, innanzi al rosso
di Garibaldi trionfaI corteggio
fugge l ' ost e del re, come so addosso
sentasi amai la N emesi, che l 'aIe
batte già già sul capo del percosso
Borbone. E ancora, in suo cammm fatale,
passa l'Atteso, passa il Vincitore
col suo rosso corteggio trionfalo.
Dallo calabre rupi a Chi aia in fiore,
raggio che tutto accende e tutti bea,
passa il sorriso del Liberatore.
4./
RAPSODIA GARIBALDINA.
Passa l'Eroe nel lume dell' idea
. che gli folgora innanzi, e lo assicura
come l' egida della antica Dea.
Lascia, acclamato in giubilo, le mura
di Napoli regal, che dal suo collo
scosse l ' infamia de'suoi re spergiura;
e al vecchio tronco e all'ult imo rampollo
della rea pianta, sul Volturno armato,
muove alato a portar l'ultimo crollo;
e dal Tifata, onde, aquila in agguato,
29
spia presso e lungi t utto il fiume e il piano
di vastissinla pugna incendiato,
su tutti i varchi contrastati invano,
piomba a Santa Maria, su Capua scende,
vola a Caser ta, o la vittoria ha in mano,
la vittoria che ancor sangllig'na splende
di valor disperato, onde Bronzetti
casca co' suoi trecento e non si r ende,
30 RAPSODIA GARIBALDINA.
e onde ancor di inmunerati petti,
o in esausto gentil sangue latino,
corrono i rivi tuoi vermigli e schietti ....
E 1'Eroe sosta in suo fataI camlDino,
fin che a cavallo, col drappel fedele,
lo chiami ancora il cenno del Destino.
E, una volta anche, mille braccia anele
benedicon 1'Eroe, mentre al ciel sona
la marcia del giungente Emanuele,
mentre, bello dell' aurea corona
che gli accende su 1'ampia chioma il sole,
un novo regno al Re d' Italia Ei dona.
Semplice in atti e semplice in parole,
chi della Patria cavalier si cinse
clona tutto alla Patria, e nulla vuole.
E, con la man che 1'inclita elsa strinse
salpando Ei stesso l' {mcora al suo legno,
il Dittator che venne e vicle e Vll\se,
RAPSODIA GARIBALDINA.
parte povero e solo, altro e ancor degno
volo auelando alla sua ansia indoma
di libertà. Liberator d'un regno,
torna a Caprera sua, pensando a Roma,.
31
r