Date post: | 01-May-2015 |
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R.Capolupo Appunti macro2 1
Capitolo 18Il processo di integrazione
economica e monetaria in Europa
R.Capolupo Appunti macro2 2
Il processo di integrazione economica e monetaria in Europa Sebbene si sia trattato di un processo lento e graduale,
iniziato nel 1958 con il Trattato di Roma i cambiamenti più radicali si sono avuti dopo la sottoscrizione del Trattato di Maastricht (gennaio 1991)
L’introduzione del mercato unico e della moneta unica hanno rappresentato una svolta epocale in cui i paesi operano in un contesto sistemico nuovo non più limitato alla sola dimensione nazionale.
Il processo non è esaurito ma in continua evoluzione e pone nuove sfide con il processo di allargamento ai paesi dell’Europa Centro- Orientale e meridionale
R.Capolupo Appunti macro2 3
Dati chiave dell’UE Caratteristica dei paesi dell’UEM è l’alto grado di
apertura Il 60% circa del commercio internazionale è di
tipo intracomunitario Il grado di apertura dell’UE verso il resto del
Mondo è superiore a quello di USA e Giappone Il mercato unico non era in grado di operare in
presenza di una alta volatilità dei tassi di cambio Sono queste le ragioni che hanno spinto i paesi
dell’UEM ad adottare la moneta unica
R.Capolupo Appunti macro2 4
Quota sul commercio mondiale (FMI)Esportazioni Importazioni
USA 12% USA 19%
Giappone 7% Giappone 5,8%
UE (15) 37,5% UE (15) 34,8%
Germania 9,5% Germania 7,6%
Francia 4,8% Francia 4,6%
UK 4,4 UK 5,1
Italia 3,7% Italia 3,6%
R.Capolupo Appunti macro2 5
Grado di apertura (dati eurostat)paese Esportazioni/PIL Importazioni/PIL
USA 11,2% 12,2%
GIAPPONE 10,8% 8,3%
UE(15) 36,0% 28,7%
Germania 33,7% 33,3%
Francia 28,7% 22,7%
UK 28,1% 29,8%
Italia 28,4% 27,4%
R.Capolupo Appunti macro2 6
I fase del processo di integrazione: lo SME Dopo il crollo del sistema di Bretton Woods e dopo i primi tentativi
di riallineamento delle valute internazionali, L’Europa per ridurre la volatilità dei tassi di cambio decise di costituire un’area valutaria con cambi fissi i cui margini di oscillazione rispetto alla parità fossero la metà dei margini previsti tra le valute internazionali e il $.
Questo tentativo è noto nella storia monetaria dell’Europa come serpente monetario europeo e rappresenta la prima fase del processo di integrazione monetaria.
Il mantenimento dei margini di oscillazione ( 1,125% tra le valute europee e 2,25% tra le valute europee e il $) richiedeva un rigoroso coordinamento tra le politiche economiche dei paesi comunitari e aiuti adeguati per consentire il superamento di difficoltà temporanee di BP per i paesi più deboli
Le frequenti crisi valutarie che colpirono i paesi europei durante l’esperienza del serpente monetario fecero sì che nel serpente restassero solo quei paesi con stretti legami di integrazione economica e commerciale con la Germania (Olanda, Benelux) gli altri paesi uscirono dagli accordi di cambio del serpente monetario
R.Capolupo Appunti macro2 7
Nascita dello SME Solo dopo gli accordi della Giamaica (1976) e il riconoscimento ai
paesi membri del FMI della libertà di scelta del sistema di fluttuazione preferito cominciò il processo decisivo di integrazione monetaria con la creazione dello SME (creato il 5 dicembre del 1978 entrò in funzione nel marzo 1979).
Aderirono allo SME dapprima 8 paesi della Comunità (Italia, Olanda, Germania, Francia, Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Irlanda) successivamente entrarono la Spagna nel 1989,La Gran Bretagna nel 1990, e il Portogallo all’inizio del 1992 .
Gli elementi costitutivi del sistema erano: - Creazione dell’unità di conto europea (ECU) formata da un paniere
di valute comunitarie.- Le parità centrali dei tassi di cambio delle valute dovevano essere
espresse in termini di ECU. Il tasso di cambio tra due valute era dato dal rapporto tra le rispettive parità in termini di ECU. I cambi potevano oscillare entro una banda ristretta del 2,25%, salvo per quelle monete in cui i margini erano più ampi (l’Italia 6%)
R.Capolupo Appunti macro2 8
Caratteristiche dello SME Quando una valuta raggiungeva i limiti massimo e minimo
consentiti, le Banche Centrali avevano l’obbligo di intervenire per riportare il cambio entro i margini prefissati.
Lo SME disponeva di un congegno aggiuntivo rispetto al serpente: indicatore di divergenza che segnalava andamenti difformi del tasso di cambio rispetto alla media comunitaria
quando la moneta stava per avvicinarsi alla soglia massima consentita (pari al 75% del 2,25%) occorreva porre in essere misure correttive e comportava obblighi di consultazione con gli altri membri dello SME
In caso di persistenti squilibri di BP la parità poteva essere modificata di concerto con gli altri paesi dello SME
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Il funzionamento dello SME Gli scettici pensavano che lo SME non avrebbe funzionato meglio
del serpente. I divari tra i tassi di inflazione erano moto alti (Germania2,7% contro il 12% dell’Italia) e si temeva che gli attacchi speculativi avrebbero forzato i paesi deboli ad uscire dal sistema
Nonostante i molti riallineamenti (11) lo SME ha funzionato per una serie di espedienti messi in atto e che consistevano in una combinazione di riallineamenti e di coordinamenti delle politiche economiche.
Alle valute deboli fu concessa una banda di oscillazione più ampia (6% per la lira fino al 1990) la peseta e lo scudo portoghese e la sterlina fino alla crisi del 1992.
Dopo la crisi del 1992 la banda di oscillazione fu ampliata al 15% Estensioni di credito dai paesi a moneta forte a quelli a moneta
debole. In caso di attacchi speculativi le banche centrali intervenivano a sostegno del paese sotto attacco
Mantenimento di controlli valutari per i paesi a moneta debole
R.Capolupo Appunti macro2 10
Tassi di inflazione nei principali paesi
R.Capolupo Appunti macro2 11
La crisi del 1992 Nei primi anni di operatività dello Sme parecchi membri
(Francia, italia) riducevano la possibilità di attacchi speculativi mantenendo controlli ai movimenti di capitali.
Il processo di integrazione ( l’accelerazione del processo del mercato unico) richiedeva però lo smantellamento di tali vincoli e nel 1990 la maggior parte dei paesi dello SME aveva completamente eliminato i controlli sui movimenti di capitali.
Nel 1992 lo SME subì la pressione dell’unificazione tedesca che portò all’aumento senza precedenti dei tassi di interesse in Germania
Gli operatori dei mercati finanziari erano sempre più convinti che le implicazioni della politica monetaria tedesca avrebbe condotto a un riallineamento delle parità e a una svalutazione delle valute deboli
R.Capolupo Appunti macro2 12
Gli attacchi speculativi Le banche centrali dei paesi sotto attacco intervennero con
estenuanti interventi sul mercato dei cambi Le massicce perdite di riserve valutarie che andavano
sempre più riducendosi non avrebbe potuto arginare il forte deflusso di capitali
Italia e Gran Bretagna dopo vari tentativi tendenti a innalzare i tassi di interesse furono costretti a uscire dallo SME
Altri paesi come Spagna e Portogallo svalutarono le loro monete. I margini di oscillazione furono ampliati al 15% fino all’entrata della moneta unica. Questo in pratica significava il crollo del sistema dei cambi fissi.
La politica tedesca può essere illustrata con il modello AD-AS
R.Capolupo Appunti macro2 13
L’incremento di G sposta la IS e la AD. Il tasso di interesse aumenta e anche i P. Per evitare spinte inflazionistiche la Bundesbank attua poltiche monetarie restrittive che spostano la LM determinando ulteriori incrementi del tasso di interesse. La AD si sposta verso il basso, i P diminuiscono e anche la LM per effetto del piccoloaumento delle scorte monetarie in termini reali subisce una trasposizione verso il basso non sufficiente ad abbassare i tassi di interesse tedeschi
R.Capolupo Appunti macro2 14
Teoria delle AVO I costi e i benefici derivanti a un paese che entra a far parte
di un’area valutaria con cambi fissi dipende da quanto bene siano integrate le economie dei vari partner in termini di commercio internazionale e di movimenti dei fattori.
Come si è già accennato i benefici associati alla costituzione di un’area valutaria sono rappresentati dall’abolizione dei costi di conversione tra differenti valute, dall’eliminazione del rischio di cambio, dalla possibilità di attivazione di un circolo virtuoso tra stabilità dei prezzi, incremento degli scambi commerciali e maggiore crescita economica.
La teoria delle AVO offre uno schema utile per analizzare se un gruppo di paesi avrà vantaggi o svantaggi dall’adesione a una area monetaria sulla base di alcune caratteristiche strutturali dei paesi europei
R.Capolupo Appunti macro2 15
Criteri di ottimalità nella teoria delle AVO Le AVO sono gruppi di regioni con economie strettamente
integrate tra loro sia per lo scambio di beni e servizi sia per la mobilità dei fattori. Se ne deduce che un’area a cambi fissi rappresenta un’AVO se volume degli scambi e mobilità dei fattori sono elevati
La teoria delle AVO individua le caratteristiche strutturali che un paese deve possedere se vuole fronteggiare uno shock asimmetrico senza ricorrere a variazioni dei tassi di cambio e alle altre politiche che generalmente vengono utilizzate per mantenere l’equilibrio interno e esterno.
Nell’ambito dei contributi teorici sulle AVO vengono individuati 3 criteri di ottimalità:
- mobilità dei fattori (Mundell)- Grado di apertura (McKinnon)- Grado di diversificazione produttiva (Kenen)
R.Capolupo Appunti macro2 16
Mobilità dei fattori Supponiamo che due economie siano colpite da uno shock
asimmetrico La domanda si sposta dai prodotti dell’economia B ai
prodotti dell’economia A L’economia A sperimenterà un aumento dei prezzi (la AD si
sposta) e un avanzo commerciale L’economia B sperimenterà un disavanzo commerciale e un
processo di riduzione dei prezzi, dell’output e della occupazione (AD verso il basso)
Assumiamo inoltre che le due economie siano integrate in un’area valutaria che presenta alta mobilità dei fattori all’interno e immobilità verso l’esterno.
Analizziamo il processo di aggiustamento sotto 3 ipotesi
R.Capolupo Appunti macro2 17
Primo caso I paesi A e B dell’area sono caratterizzati da
regime plurivalutario e da tassi di cambio fissi Le autorità monetarie di A attueranno politiche
monetarie restrittive per contrastare l’inflazione. Il meccanismo compensativo dell’ aumento dei
prezzi in A (prezzi delle esportazioni/prezzi delle importazioni) che dovrebbe rendere più costose le importazioni da A non opera e l’onere dell’aggiustamento ricade esclusivamente sul paese B
R.Capolupo Appunti macro2 18
Secondo caso Moneta comune e A e B regioni di uno
stesso paese: Se le autorità vogliono ridurre la
disoccupazione in B con una politica monetaria espansiva aggravano la situazione inflazionistica anche in A
Il perseguimento del pieno impiego induce una distorsione inflazionistica nell’economia multiregionale con una valuta comune
R.Capolupo Appunti macro2 19
Terzo caso Mundell dimostra che anche la soluzione più
plausibile in presenza di uno shock asimmetrico cioè la flessibilità del tasso di cambio non è la politica ottimale
Infatti, teoricamente un deprezzamento del tasso di cambio in B (o un apprezzamento in A) correggerebbe lo squilibrio esterno e migliorerebbe anche l’equilibrio interno (disoccupazione in B inflazione in A)
Nella realtà gli effetti potrebbero essere diversi
R.Capolupo Appunti macro2 20
Terzo caso (2) Assumiamo che i due paesi A e B contengano al loro interno
2 regioni est e ovest ognuna specializzata in una data produzione
Lo shock asimmetrico si verifica a livello regionale con uno spostamento dei prodotti da Est a Ovest.
Si verificherà inflazione e avanzo a Ovest e disoccupazione e disavanzo a Est
la flessibilità del tasso di cambio non sarà in grado di risolvere lo squilibrio regionale
Se le monete fossero definite su base regionale allora si verificherebbe un aggiustamento interno ed esterno attraverso la flessibilità del cambio
Ciò significa che la flessibilità del cambio si rivela efficace solo se l’area valutaria corrisponde a una regione omogenea
R.Capolupo Appunti macro2 21
AVO L’area valutaria dunque per essere ottimale secondo Mundell deve
possedere un’alta mobilità dei fattori al suo interno e immobilità all’sterno
Questo si verifica per regioni economiche omogenee D’altra parte la divisione delle monete su base regionale non
sarebbe solo improponibile dal punto di vista politico ma farebbe perdere tutti i benefici derivanti dall’ utilizzo di un’ unica moneta
Come risolvere il problema? Attraverso un’alta mobilità dei fattori produttivi . Flussi migratori da est che sperimenta disoccupazione a Ovest dovrebbe migliorare l’equilibrio interno nelle due regioni e risolvere lo squilibrio esterno
Quest’ultimo si fonda sul fatto che la domanda dei lavoratori dell’Est emigrati all’Ovest si tramuterebbe in parte in esportazioni dei prodotti dell’Est verso l’Ovest e viceversa la domanda dell’Est si ridurrebbe per effetto dell’emigrazione
Solo se esiste mobilità dei fattori le due regioni potranno mantenere cambi fissi e costituire un’AVO
R.Capolupo Appunti macro2 22
Integrazione economica e curva dei benefici
Grado di integrazione economica
Guadagno di
Efficienza monetaria
L’inclinazione positiva
della curva indicaChe il guadagno
Di efficienza cresce Al crescere del
Grado di integrazione
G
G
R.Capolupo Appunti macro2 23
Curva delle perdite
Grado di integrazione economica
Perdita di stabilità economica
per il paese aderente
P
P
La perdita in terminiDi rinuncia all’utilizzo dellePolitiche di stabilizzazioneDiminuisce all’aumentareDel grado di integrazione
economica
R.Capolupo Appunti macro2 24
Mettiamo insieme le due curve
P
G
Perdite
> guadagni
Guadagni> perdite
Grado di integrazione
L’intersezione delle curve determina un punto critico di integrazione economica
Solo alla destra di i guadagni superano le perdite per il paese che decide di aderire all’AVO
R.Capolupo Appunti macro2 25
Spostamenti della PP Se il paese è soggetto a shock asimmetrici
o a variabilità nel mercato dei prodotti la curva PP si sposta verso destra
Questo implica che il livello critico di integrazione al quale è vantaggioso aderire all’Avo aumenta
’
R.Capolupo Appunti macro2 26
MC KINNON e grado di apertura La sua teoria è molto simile a quella di
Mundell: individuazione delle condizioni che rendono ottimale un’AVO
Per le economie con un alto grado di apertura sarebbe ottimale aderire a un’AVO perché verrebbero minimizzati i costi dell’aggiustamento esterno
Il grado di apertura è definito come rapporto tra beni commerciabili beni non commerciabili
R.Capolupo Appunti macro2 27
alto grado di apertura Supponiamo di avere un’economia in cui i beni tradable abbiano un grosso peso
percentuale rispetto ai beni consumati all’interno . Si assuma inoltre che i prezzi dei beni non commerciabili sia tenuto costante e che il
tasso di cambio sia utilizzato per ottenere l’equilibrio esterno Se la valuta interna si svaluta del 10% anche i prezzi dei beni commerciabili
aumenteranno del 10% relativamente ai prezzi dei beni non commerciabili (costanti). Ciò indurrà una maggiore produzione di beni commerciabili rispetto a quelli non commerciabili e una riduzione del consumo interno
L’incremento delle esportazioni e la riduzione delle importazioni migliorerà il saldo della BC
Ciò sarà vero solo se la variazione del tasso di cambio (svalutazione) non si riflette sul livello dei prezzi interni.
Nel caso in cui tutti i beni prodotti nell’economia sono commerciabili,il livello generale dei prezzi interni aumenta del 10% e non si avrà alcun effetto positivo sulla bilancia commerciale
Più elevato è il grado di apertura (tutti beni commerciabili) meno conveniente è un regime di tassi di cambio flessibili . L’adesione a un’AVO (cambi fissi) è pertanto profittevole
R.Capolupo Appunti macro2 28
Grado di diversificazione produttiva ( terzo criterio: KENEN) Le economie con maggiore diversificazione
produttiva sono quelle maggiormente indicate per ottenere vantaggi dall’adesione a un’AVO (cambi fissi e valuta comune)
I motivi sono:1. La diversificazione è un fattore di stabilizzazione
ex ante delle esportazioni. L’idea sottostante è che una maggiore diversificazione significa esportazioni differenziate e qualsiasi shock (microeconomico) che colpisca un settore (o un prodotto) sarà compensato dalla performance positiva degli altri settori di beni esportati
R.Capolupo Appunti macro2 29
Effetti della diversificazione produttiva1. Attenua gli effetti di shock esogeni sull’occupazione.
Perché questo accada alla diversificazione produttiva occorre aggiungere una sufficiente mobilità occupazionale tra i settori dell’economia
2. Stabilizza la formazione di capitale. Un incremento delle esportazioni in un qualche settore produttivo generalmente aumenta gli investimenti in quel settore e può indurre tensioni inflazionistiche. Nelle economie in cui la diversificazione è elevata l’esposizione a questo tipo di instabilità è più ridotta perché l’incremento delle esportazioni non si riverserà su tutti i prodotti ma solo su alcuni
3. In conclusione le economie maggiormente diversificate possono aderire a un’AVO perché sopportano meglio la rinuncia alla manovra del tasso di cambio per realizzare l’equilibrio esterno
R.Capolupo Appunti macro2 30
L’UEM è un’AVO?Sulla base dei criteri sino ad ora esposti si
può affermare che:1. Il grado di apertura non è un criterio
sufficiente. Sulla base di tale criterio solo alcuni paesi avrebbero dovuto aderire all’UEM (Belgio, Lussemburgo, Irlanda, Olanda) ma non Germania, Francia , Italia etc. che presentano un grado di apertura misurato dall’export/PIL intorno al 10%
R.Capolupo Appunti macro2 31
Grado di apertura intra UE
R.Capolupo Appunti macro2 32
Criteri 2. sulla base del criterio della mobilità fattoriale l’UEM non è
un’AVO 3. sulla base della natura e della dimensione degli shock,
generalmente di tipo asimmetrico, l’UEM non è un’area valutaria ottimale. Quanto più gli shock sono asimmetrici tanto più costosa (rinuncia all’utilizzo della politica valutaria) è l’adesione a un’AVO
4. diversificazione produttiva. E’ l’unico criterio che permette di valutare positivamente l’adesione a un’AVO. Le strutture industriali dei paesi europei sarebbero meno concentrate e più diversificate rispetto agli USA e questa circostanza renderebbe meno probabile l’insorgere di shock asimmetrici
In conclusione , dal punto di vista statico, l’UEM non risponde ai requisiti dell’ottimalità. Considerata in una prospettiva dinamica l’UEM potrebbe soddisfare i requisiti prima richiamati
R.Capolupo Appunti macro2 33
Relazione tra convergenza reale e flessibilità
I paesi al di sopra della retta CF possono far parte di un’AVO perché in grado di fronteggiare gli shock asimmetrici
R.Capolupo Appunti macro2 34
UEM e politica fiscale Qual è il ruolo della politica fiscale nelle
UM? Supponiamo che si verifichi uno shock asimmetrico di domanda che riduca la domanda di beni italiani e aumenti quella di beni tedeschi.
La ADit si sposta verso il basso mentre la ADge si sposta verso l’alto.
Si genera inflazione+ surplus BC in Germania e deficit +recessione in Italia
R.Capolupo Appunti macro2 35
Cosa accadrebbe in presenza di flessibilità salariale e di mobilità del lavoro? Riequilibrio automatico in presenza di flessibilità
di prezzi e salari e di mobilità del lavoro Un innalzamento del salario in Germania
(abbassamento in Italia) renderebbe le merci italiane più competitive contribuendo a sanare il deficit commerciale e a ridurre la disoccupazione. Il contrario avverrebbe in Germania
La AS in Italia si sposterebbe verso il basso in Germania verso l’alto e si ritornerebbe all’equilibrio iniziale
Alternativamente, lo spostamento dei lavoratori italiani in Germania come previsto dalla teoria di Mundell contribuirebbe a riportare le BC dei due paesi in pareggio
R.Capolupo Appunti macro2 36
Shock asimmetrico e modello AD-AS
R.Capolupo Appunti macro2 37
E in presenza di scarsa flessibilità? Bilancio dell’UEM centralizzato a livello europeo. In altri
termini un’autorità fiscale sovranazionale conduce la politica fiscale (prelievo spesa pubblica)
La centralizzazione del bilancio funzionerebbe come stabilizzatore automatico e assicurerebbe il riequilibrio dopo lo shock asimmetrico tramite un processo di redistribuzione del reddito (lo stesso di quello che avverrebbe tra le varie regioni italiane)
Se la centralizzazione di bilanci non è praticabile perché cambierebbe l’assetto delle sovranità nazionali la teoria dell’AVO prevede una flessibilità nella conduzione della politica fiscale
Tale flessibilità non è consentita dagli accordi di Maastricht e dal patto di stabilità
Perché ci si allontana dalla logica e dalle teorie dell’AVO?
R.Capolupo Appunti macro2 38
Ragioni alla base delle restrizioni fiscali in Europa Rapporto debito/PIl elevato per molti paesi Timore che un’ulteriore crescita del rapporto
possa minare la stabilità dell’UEM Timore che si determinino processi inflazionistici
attraverso pressioni sulla BCE Ciò potrebbe ridurre il grado di indipendenza
della BCE Tuttavia data la situazione di bassa crescita in
Europa i vincoli alla politica fiscale sembrano eccessivi e contrastano con la teoria dell’ Avo che prevede una maggiore flessibilità per questo strumento in assenza di bilanci centralizzati
R.Capolupo Appunti macro2 39
Il problema del debito pubblico
R.Capolupo Appunti macro2 40
La politica monetaria La BCE sin dalla sua costituzione ha
annunciato che il suo principale obiettivo è quello di mantenere la stabilità dei prezzi
Più specificatamente l’obiettivo nel medio termine è di far sì che l’incremento dell’IAPC su 12 mesi si mantenga inferiore al 2%
Tale obiettivo è realizzato attraverso il controllo dell’aggregato M3
R.Capolupo Appunti macro2 41
I 2 pilastri della politica monetaria Crescita annunciata della quantità di
moneta Valutazione del target di inflazione avendo
riguardo non soltanto all’IAPC e al suo tasso di variazione ma anche a un’intera serie di indicatori macroeconomici
Questo significa che la BCE non aderirà strettamente né all’approccio conosciuto come monetary targeting né all’approccio dell’inflation targeting
R.Capolupo Appunti macro2 42
Regola di Taylor anche per la BCE Tuttavia non si può nascondere che la sua strategia si
avvicina maggiormente all’inflation targeting. Poiché deciderà la sua politica avendo riguardo anche ad altri indici macroeconomici si può presumere che la sua condotta non sarà molto diversa da quella seguita dalla FED
Con riferimento a questi obiettivi assumendo che il target di inflazione sia pari a ’ e che il tasso di interesse di lungo periodo sia pari a r*, riscriviamo la regola di Taylor:
)'(''* rr
R.Capolupo Appunti macro2 43
Prospettive dell’UEM Con il termine allargamento si designa oggi l’accesso dei
paesi dell’Europa centro Orientale nell’UE Dei 13 paesi che hanno avanzato la richiesta , 10 di essi
(Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia , Malta, Polonia, Ungheria) hanno aderito dal maggio 2004
I paesi che aderiranno devono soddisfare i criteri stabiliti a Copenaghen :
1. Essere una democrazia stabile2. Adottare un’economia di mercato funzionante3. Adottare regole e norme e le politiche comuni dell’UE
R.Capolupo Appunti macro2 44
Problemi dell’allargamento Divergenze e difformità nelle strutture produttive,
livelli di reddito e tassi di crescita Con l’attuale meccanismo di distribuzione dei
fondi comunitari i benefici per i nuovi entranti vengono percepiti come costi dai paesi dell’UE
I fondi elargiti per la PAC e per i fondi strutturali che costituiscono l’85% del bilancio comunitario sarebbero incanalati soprattutto verso i nuovi paesi
movimenti migratori che potrebbero aggravare i problemi sul mercato del lavoro
Concorrenza con alcuni paesi dell’UE che hanno specializzazioni produttive similari a quelle dei paesi dell’allargamento
R.Capolupo Appunti macro2 45
allargamento