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Red rugermarkiii 2012

Date post: 22-Jul-2016
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RUGER MARK III CAL. 22LR 080 L a leggenda, o forse la cronaca, vuole che Bill Ruger, al tempo un semplice appassionato di armi, abbia avuto l’occasione di esaminare a fondo una pi- stola giapponese Nambu e da questa abbia tratto l’ispirazione per la sua prima e più famosa creatura, una calibro 22 LR costru- ita con tecnologie economiche e moderne, denominata semplicemente “Standard”, che ebbe un successo immediato e forse inaspettato. Era il 1949 e, mentre le armi civili erano ancora costruite tutte dal pieno, il nostro ebbe l’ardire di utilizzare molte delle tecnologie che si erano prepo- tentemente affermate negli ultimi anni del conflitto mondiale da poco terminato, per esempio realizzando il fusto mediante due gusci in lamiera stampata successivamente saldati tra loro, soluzione che aveva avuto fortuna con il “Grease gun”, ovvero l’M3 statunitense. Economicità, funzionalità e precisione fu- rono i biglietti da visita della nuova realtà produttiva, denominata “Sturm, Ruger & Co”, formata in stretto ordine alfabetico dai cognomi dello stesso Bill e di quello del suo socio finanziatore, Alex Sturm. Quest’ul- timo scomparve prematuramente ma la ragione sociale rimase invariata e, anche se oggi tutti parliamo semplicemente di armi Ruger, il loro nome corretto è ancora Sturm Ruger, e questo spiega perché talvol- ta non è immediato trovarle su archivi che siano in ordine alfabetico: bisogna cercare alla lettera “S” e non alla “R”. La carriera di progettista di Ruger proseguì Evergreen Questa semiautomatica rimfire è stata la prima pistola dise- gnata da Bill Ruger e ancora oggi negli Usa attira schiere di estimatori: nonostante il pro- getto abbia una sessantina di anni è ancora modernissimo, forse troppo, dato che ricorre a soluzioni un po’ troppo lontane dalla mentalità europea di Giuliano Cristofani con successo e il suo genio innovativo si è fatto sentire in tutti i settori delle armi da fuoco, lunghe e corte, coniugando sempre robustezza e convenienza, al punto che og- gi la Ruger – pardon la Sturm Ruger – si sta avviando a diventare la maggior azienda produttrice statunitense. Tra i grandi successi che hanno carat- terizzato la vita dell’azienda di Prescott ricordiamo i Blackhawk, rivistazione mo- derna e rinforzata della vecchia Sei Colpi, i revolver Security Six, con il loro innovativo meccanismo di sparo, i Redhawk ed i loro derivati “super”, i Gp100 ed i “piccoli” Sulla versione Mark III è comparso questo vistoso segnalatore di colpo in canna ed è stato spostato il pulsante di sgancio del caricatore Il grilletto, in ac- ciaio, è finemente rigato 080-085 Ruger Mk III 22 Lr (6).indd 80 27/02/12 16.28
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La leggenda, o forse la cronaca, vuole che Bill Ruger, al tempo un semplice appassionato di armi, abbia avuto

l’occasione di esaminare a fondo una pi-stola giapponese Nambu e da questa abbia tratto l’ispirazione per la sua prima e più famosa creatura, una calibro 22 LR costru-ita con tecnologie economiche e moderne, denominata semplicemente “Standard”, che ebbe un successo immediato e forse inaspettato. Era il 1949 e, mentre le armi civili erano ancora costruite tutte dal pieno, il nostro ebbe l’ardire di utilizzare molte delle tecnologie che si erano prepo-tentemente affermate negli ultimi anni del conflitto mondiale da poco terminato, per esempio realizzando il fusto mediante due gusci in lamiera stampata successivamente saldati tra loro, soluzione che aveva avuto fortuna con il “Grease gun”, ovvero l’M3 statunitense.Economicità, funzionalità e precisione fu-rono i biglietti da visita della nuova realtà produttiva, denominata “Sturm, Ruger & Co”, formata in stretto ordine alfabetico dai cognomi dello stesso Bill e di quello del suo socio finanziatore, Alex Sturm. Quest’ul-timo scomparve prematuramente ma la ragione sociale rimase invariata e, anche se oggi tutti parliamo semplicemente di armi Ruger, il loro nome corretto è ancora Sturm Ruger, e questo spiega perché talvol-ta non è immediato trovarle su archivi che siano in ordine alfabetico: bisogna cercare alla lettera “S” e non alla “R”.La carriera di progettista di Ruger proseguì

EvergreenQuesta semiautomatica rimfire è stata la prima pistola dise-gnata da Bill Ruger e ancora oggi negli Usa attira schiere di estimatori: nonostante il pro-getto abbia una sessantina di anni è ancora modernissimo, forse troppo, dato che ricorre a soluzioni un po’ troppo lontane dalla mentalità europea

di Giuliano Cristofani

con successo e il suo genio innovativo si è fatto sentire in tutti i settori delle armi da fuoco, lunghe e corte, coniugando sempre robustezza e convenienza, al punto che og-gi la Ruger – pardon la Sturm Ruger – si sta avviando a diventare la maggior azienda produttrice statunitense.

Tra i grandi successi che hanno carat-terizzato la vita dell’azienda di Prescott ricordiamo i Blackhawk, rivistazione mo-derna e rinforzata della vecchia Sei Colpi, i revolver Security Six, con il loro innovativo meccanismo di sparo, i Redhawk ed i loro derivati “super”, i Gp100 ed i “piccoli”

Sulla versione Mark III è comparso questo vistoso segnalatore di colpo in canna ed è stato spostato il pulsante di sgancio del caricatore

Il grilletto, in ac-ciaio, è finemente rigato

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La Ruger Mark III

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giunta di un hold open e di un colpo in più nel caricatore, che raggiunse così la capaci-tà di dieci cartucce. Nel 2004 arrivò l’attua-le Mark III, in cui lo sgancio del caricatore veniva spostato nella posizione “canonica” alla radice del ponticello, compariva un in-dicatore di colpo in canna e la sicura “dello stupido” al caricatore. Nel 1993 la pistola diede vita a un’interessante variante, de-nominata 22/45, in cui compariva il fusto in polimero, anziché in lamiera saldata,

Sp101, che con-sacreranno la piena maturità dell’azien-da, per finire con la presentazione del primo revolver in assoluto realizzato con l’impiego dei materiali sintetici.Nel settore delle ar-mi lunghe non si possono poi dimenticare i monocolpo Number 1 e Number 3, che riavvicinarono molti tiratori a una tipolo-gia a blocco cadente che si pensava ormai caduta nel dimenticatoio, mentre, sul versante delle carabine semiauto, il Mini 14 rappresentò, e forse tuttora rappresenta, una valida e robusta alternativa ai Black Ri-fle, essendo realizzato tutto in acciaio con un meccanismo in scala dell’M.14 in 308.La Casa, poi, si è impegnata anche nelle armi a canna liscia, con il suo sovrapposto Red Label, e ha legato il suo nome a piccole funzionali carabine da caccia in calibro 44 Magnum. Abbiamo lasciato per ultimo proprio il settore delle semiautomatiche, ma non certo per mancanza di disegni innovativi: dalla P85 alle recenti SR9 e LPC è stato un susseguirsi di modelli caratterizzati dalle peculiarità cha hanno reso famosa l’azienda statunitense, ovvero affidabili-tà, prezzo equo, robustezza… manca la fine estetica, ma anche questo aspetto fa parte del patri-monio aziendale.E la vecchia “Standard” del 1949 che fine ha fatto? Nessuna paura: l’arma in tutti questi anni ha vi-sto solo alcune modifiche di det-taglio ed è ancora oggi a listino come MKIII, a dimostrazione di una felice progettazione fin dall’inizio, veramente felice, perché su un mercato come quello statunitense non si dura 60 anni senza validi motivi.

Una lunga vitaEd i motivi, in effetti, pare siano numerosi. Uno, ovviamente, è il costo: queste armi vengono offerte al pubblico americano a prezzi inferiori ai 300 dollari. Un altro è la precisione ottenibile da queste pistole che ha permesso la realizzazione di versioni da tiro dimostratesi competitive con i grandi nomi del settore; poi viene l’ergonomia e la comodità di utilizzo e, infine, vi è l’assoluta

affidabilità di queste interessanti Rimfire: oltre tre milioni di esemplari prodotti so-no la prova lampante di questi numerosi pregi. Dicevamo sopra delle modifiche apportate al progetto: si tratta di piccoli miglioramenti che hanno seguito più le mode che vere necessità.Nel 1982 comparve la Mark II che si diffe-

renziava dalla Standard, da allora chiamata anche Mark I, per l’ag-

La sicura manuale è costituita da un pul-sante molleggiato che può assumere le due classiche posi-zioni tipo Colt 1911; anche il pulsante di sgancio del carica-tore è ora nella po-sizione canonica

Ecco l’otturatore a fondo corsa: si nota la fresatu-ra interna che ne limita il movimento e la testa della grossa spina che provvede a fissare up-per e lower receiver. Si noti anche la semplicità della tacca di mira che equipaggia questo al-lestimento, classificato “arma Comune”

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La mark iii nel dettaglioIniziamo dall’otturatore e dal sistema di percussione: l’arma utilizza un cane interno e l’otturatore inizia a filo del vivo di culatta e non avvolge la canna. Sembra la descrizione di una delle tipiche rimfi-

re americane con il carrello “a mezza lunghezza”, ma la caratteristica della Ruger è che il carrello è un semplice cilindro che scorre all’interno del prolungamento tubolare della canna, idea forse ripresa dalla Nambu, ma qui portata alle estreme conseguenze, con l’arma che risulta suddivisa in due parti, una specie di Upper e di Lower Receiver, che sono fissate mediante un incastro e una grossa spina amovibile.Proprio questa spina, posta verticalmente sul bordo po-steriore dell’upper receiver, funge anche da fermo corsa del carrello, scorrendo all’in-terno di una lunga fresatura di quest’ultimo.

Il caricatore della Mark III contiene 10 colpi, uno in più delle versioni precedenti

Il mirino presenta il lato rivolto verso il tiratore sot-tosquadro. Ovviamente le mire non sono regolabili in alcun modo

tile, lunga 120 millimetri, ossia 4.76”.In Italia proprio le mire fisse impedisco-no di avere la classificazione sportiva, appannaggio invece delle versioni con canna pesante e tacca registrabile, de-nominate “Target”, ma dato che deside-riamo esaminare a fondo la meccanica di queste ultrasessantenni pistole alla ricerca dei motivi della loro longevità, queste differenze non contano, e poi, con la scomparsa del Catalogo…

Le alette appena sporgenti dell’ot-turatore e i due sgusci sul prolun-gamento tubolare consentono una corretta presa del carrello

e l’angolo della stessa impugnatura era identico a quello dell’“immortale” 1911, consentendo così l’impiego della pistola Ruger come trainer per militari e polizia: la 22/45 è ovviamente ancora oggi a listino in alcune varianti, che differiscono dai corri-spondenti allestimenti della Mark III solo per quanto riguarda il fusto. Le armi che presentiamo sono le versioni “normali“ della Mark III, caratterizzate dagli organi di mira fissi e dalla canna slanciata e sot-

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Come sulla Nambu, il carrello pre-senta due piccole protuberanze posteriori che ne consentono la manovra, ma pen-siamo di non sbagliare se affermiamo che esteticamente la Ruger assomiglia alla fine molto di più alla P.08 tedesca, conosciuta in Usa come Luger, che alla pistola giap-ponese: vuoi vedere che il suo successo iniziale fu dovuto anche all’assonanza dei nomi? Inutile dire che i meccanismi interni sono in gran parte realizzati eco-nomicamente mediante lamiere tranciate, ma l’aggiustaggio delle parti consente uno

Smontaggio: la prima operazione è quella di estrarre la levetta. Non è facile ma lo diventa se si opera con un semplice fermaglio per carta: provando con cacciaviti o simili strumenti si otterrà l’unico ri-sultato di rigare il fusto. Nella foto a destra: sfilare verso il basso il complesso e la spina di bloccaggio è un’operazione che può avvenire solo a cane disarmato, il che richiede di sparare a vuoto dopo aver inserito il caricatore, dato che l’arma è dotata di “sicura dello stupido”

scatto netto e preciso, e questo è quello che conta.Ma le vere innovazioni della rimfire Ruger si trovano nel lower receiver, ovvero nel fusto, e non solo nella sua realizzazione mediante due gusci saldati, saldatura di cui peraltro non si nota alcuna traccia.

Smontaggio complessoQuello che è del tutto particolare è il si-stema di smontaggio e rimontaggio, forse geniale ma sicuramente complicatissimo e fonte di difficoltà incredibili: queste pistole funzionano benissimo ma prima di prov-vedere a disassemblarle è bene pensarci

Smontaggio da campo, d o p o a v e r sfilato l’ottu-ratore

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castro del perno verticale è stret-tissimo e la Casa stessa indica il ricorso al mazzuolo per separarlo dal fusto; l’operazione, poi, può avvenire solo a cane abbattuto, il

che richiede di premere il grilletto, cosa però possibile solo se si è inserito il cari-catore, dato che le versioni attuali hanno la “sicura dello stupido” al caricatore, che entra in funzione nell’ultimissimo tratto del suo inserimento. Il perno è incernie-rato ad un pezzo complesso, ottenuto af-fiancando tre lamiere tranciate e unendole con rivetti: questo pezzo va a formare par-te del dorso dell’impugnatura ed ospita la molla del cane. Una volta separato dall’ar-ma questo complesso, è possibile sfilare l’otturatore dal di dietro e si può togliere la molla di recupero, di tipo prigioniero. Si dovrebbe ora separare upper e lower receiver, ma su armi nuove non è facile: ci abbiamo provato con tanto di mazzuolo

ma non ci siamo riusciti.Complicato? Non certo rispetto al rimon-taggio! Per poter inserire al suo posto spina e blocco posteriore si deve mettere il cane, e soprattutto il suo “gambo”, nella posizione corretta e le prime volte (e non solo…) è molto difficile. In definitiva è preferibile pulire l’arma senza smontarla, magari utilizzando prodotti spray: nes-suna paura di inceppamenti, dato che la pistola si è dimostrata resistente a stra-pazzi e incuria, funzionando sempre con sicurezza, una delle doti che ne hanno decretato il successo.Lo scatto degli esemplari provati non è certo quello da gara e d’altra parte questo modello nasce come semplice pistola ludi-ca; ciononostante è stato possibile ottenere discreti risultati e, soprattutto, divertirsi senza problemi e senza troppo badare alla potenza delle cartucce, per di più con un attrezzo tutto in acciaio che emana un’aria di robustezza al di là di ogni aspettativa, e al giorno d’oggi non è poco.

LM

Costruttore: Sturm, Ruger & Co., Inc., Prescott (USA), www.ruger.comEsemplare importato da: Bignami, tel. 0471 803.000, www.bignami.itmodello: Mark III StandardTipo: pistola semiautomaticaCalibro: 22 Long RifleFunzionamento: chiusura labileCanna: 120 mm - 4.7 pollici - passo 1:16”Sistema di percussione: cane internoalimentazione: caricatore da 10 colpiCongegno di scatto: azione singola mire: tacca e mirino fissiCongegni di sicurezza: manuale a pulsante-leva sul fianco sinistro, sicura automatica al caricatoreimpugnatura: guancette in materiale sintetico Peso: 990 g scaricaDimensioni: lunghezza 226 mm, spessore 30,5 mm, altezza 136 mmmateriali: tutto acciaio Numero catalogo: 8209 (arma comune)Prezzo indicativo: 379 euro

ruger mark iii Standard cal. 22Lr

Rosata di ot-to colpi a 20 metri

Lato destro del fu-sto: si capisce che è realizzato in lamiera stampata. L’intero castello è ottenuto saldando longitudi-nalmente due semi-gusci stampati, ma anche guardando con attenzione non si nota alcun segno di questa operazione

Un momento del test della Ruger Mark III Standard

due volte! Eppure, in teoria, il procedimen-to è semplicissimo: si tira in fuori la levetta che si nota sul lato posteriore del fusto, si estrae il complesso comprendente la spina di blocco, si sfila l’otturatore, si preme in avanti l’upper receiver e voilà, tutto fatto. Questo in teoria, ma in pratica preparatevi a sudare sette camicie. Le prime volte l’in-

Si ringrazia l’armeria Spèziga di Carrara

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