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Relazione di Screening Ambientale · 2012. 9. 3. · Collegamento alla rete elettrica 21 2.9.1....

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Gennaio 2011 Giacimento Marginale di Rapagnano Relazione di Screening Ambientale Il Progettista Dott. Luigi Cacchioni
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Gennaio 2011

Giacimento Marginale di Rapagnano

Relazione di Screening Ambientale

Il Progettista

Dott. Luigi Cacchioni

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Screening Rapagnano”.

Apennine Energy Srl Società controllata da Sound Oil Plc

Sede: Via Alberico II 31 00193 Roma – Italy Tel : +39 06 6893085 +39 06 68808183 Fax: +39 06 6869866 P.IVA: 01348720358 E-mail: [email protected]

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INDICE Premessa 4 1. QUADRO PROGRAMMATICO 6

1.1. Piano Paesistico Regionale (PPR) 6

1.2. Piano di Inquadramento Territoriale (PIT) 6

1.3. Piano Paesistico Ambientale Regionale (PPAR). 6

1.4. Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico (PAI) 7

1.5. Piano di Risanamento e Mantenimento della Qualit{ dell’Aria Ambiente (PRMQA) 7

1.6. Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR). 8

1. 7. Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) di Ascoli Piceno 9

1.8. Quadro autorizzativo 10

2. QUADRO PROGETTUALE 11

2.1. Generalità e ubicazione del campo 11

2.2. Inquadramento geologico e stratigrafia 12

2.3. Geologia del reservoir 12

2.4. Fluidi di giacimento 16

2.5. Storia del campo 16

2.5.1. Pozzi perforati nel campo 16

2.6. Descrizione del progetto 17

2.7. Schema di marcia della centrale 19

2.8. Funzionamento del motore endotermico 20

2.9. Collegamento alla rete elettrica 21

2.9.1. Norme tecniche di riferimento 21

2.9.2. Esecuzione delle linee in cavo interrato 22

2.9.3. Scelta della linea interrata 23

2.10. Sviluppo del campo 24

2.10.1. Metodi di trattamento pozzi: prodotti Halliburton 27

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3. QUADRO AMBIENTALE 31

3.1. Ubicazione geografica 31

3.2. Aspetti geologici, geomorfologici ed idrogeologici 32

3.2.1. Geologia di superficie 32

3.2.2. Assetto geomorfologico e reticolo idrografico 34

3.2.3. Caratterizzazione idrogeologica 35

3.2.3.1. Vulnerabilit{ dell’acquifero della pianura alluvionale 38

3.2.4. Ambiente idrico 39

3.2.4.1. Classificazione qualitativa del fiume Tenna 39

3.2.4.1.1. Obiettivi di qualità ambientale 39

3.3. Aspetti floristico ‐ vegetazionale e faunistici 43

3.4. Ssmicita’ 44

4.SINTESI DELLE COMPONENTI AMBIENTALI E STIMA DEGLI IMPATTI 47

4.1 Atmosfera 47

4.2 Ambiente idrico 47

4.3 Suolo e sottosuolo 47

4.4. Flora, fauna ed ecosistemi 49

5.BIBLIOGRAFIA 50

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Premessa.

La Compagnia Apennine Energy s.r.l., con istanza presentata in data 12 novembre

2010, ha chiesto la riattribuzione in concessione del giacimento marginale

denominato “Rapagnano” nel territorio della provincia di Ascoli Piceno. Nella

seduta del 5 luglio 2011 la Commissione per gli Idrocarburi e le Risorse Minerarie

(CIRM) ha espresso parere favorevole all’accoglimento dell’istanza e, con lettera del

12 agosto 2011, il Ministero dello Sviluppo Economico - Dipartimento per l’energia –

D.G.R.M.E.- Divisione I - Direzione UNMIG è pervenuto nella determinazione di

procedere nell’istruttoria per il relativo conferimento, d’intesa con la Regione

Marche. Nella stessa lettera si richiedeva alla Societ{ di procedere all’avvio della

procedura di verifica della compatibilità ambientale.

Il presente Studio relativo al progetto della messa in produzione del pozzo

Rapagnano 1, situato nella omonima concessione, viene redatto secondo l’allegato

C della Legge Regionale n. 7 del 14 aprile 2004 e ss.mm.ii. recante “Disciplina della

procedura di valutazione di impatto ambientale” pubblicata sul B.U. della Regione

Marche n. 40 del 22 aprile 2004.

Tale studio è mirato a verificare se il progetto proposto può avere impatti

significativi sui seguenti fattori:

L’uomo, la flora e la fauna;

Il suolo, l’acqua, l’aria ed il clima;

i beni materiali ed il patrimonio culturale;

L’interazione tre i fattori di cui sopra.

Le opere previste rientrano nella tipologia di cui all’allegato B1 ” punto 4, lettera d

bis, recante “Progetti di cui all’allegato A1 che servono esclusivamente o

essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e che non sono

utilizzati per più di due anni” e ai sensi dell’art. 6 della Legge Regionale suddetta,

per il progetto proposto è richiesta la procedura di Verifica di Assoggettabilità a

V.I.A.

Le valutazioni sono effettuate considerando le caratteristiche del progetto e la sua

collocazione, considerando la sensibilità ambientale delle zone geografiche che

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possono essere danneggiate, tenendo conto di alcuni elementi quali in particolare,

l’utilizzazione attuale del territorio, la qualit{ e la capacit{ di rigenerazione delle

risorse naturali della zona, la capacit{ di carico dell’ambiente naturale con

particolare attenzione alle zone umide, montuose e forestali, alle riserve e parchi

naturali, alle zone protette in base alle Direttive “Habitat” 92/43/CEE e “UCCELLI”

79/409 /CEE, a zone a forte densità demografica, alle zone di importanza storica,

culturale o archeologica e ai territori con produzioni agricole di particolare qualità e

tipicità.

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1. QUADRO PROGRAMMATICO.

1.1. Piano Paesistico Regionale (PPR).

D.G.R. n. 140 del 01/02/2010 approvazione del documento.

Il PPR attualmente in corso di predisposizione intende adeguare il PPAR vigente al

nuovo Codice dei Beni Culturali e alla Convenzione Europea per il paesaggio.

Nell’area del progetto non sussistono vincoli paesistico - ambientali.

Il territorio del Comune di Rapagnano inoltre è escluso da aree rilevanti per valori

paesaggistico - ambientali (art. 23).

Nel sistema delle aree di alta percettività visiva, il sito del progetto è incluso negli

“Ambiti annessi alle infrastrutture a maggiore intensit{ di traffico, aree “V” art.23”

1.2. Piano di Inquadramento Territoriale (PIT).

Approvato con D.A.C.R. n.295 dell'8 febbraio 2000. Il Piano di Inquadramento

Territoriale è lo strumento che permette di definire linee di sviluppo coerenti con le

caratteristiche del territorio regionale, ponendo al centro delle scelte di sviluppo le

esigenze dell’ambiente e la tutela e la valorizzazione delle risorse naturali, storiche,

artistiche, con l’utilizzo di forme avanzate di concertazione interistituzionale.

Il comune di Rapagano è riferito a (2.1.1) Ambiente a dominante produttiva: aree a

forte sviluppo industriale.

Inoltre la fascia di territorio parallela al fiume ricade in Ambiti della storia e della

natura (STBCA3) – Corridoio di Salvaguardia del Fiume Tenna (b5).

1.3. Piano Paesistico Ambientale Regionale (PPAR).

D.A.C.R. n. 197 del 3 novembre 1989.

Disciplina gli interventi sul territorio con il fine di conservare l’identit{ storica,

garantire la qualit{ dell’ambiente e il suo uso sociale, assicurando la salvaguardia

delle risorse territoriali.

Gli obiettivi del Piano sono così riassumibili: non deterioramento dello stato di tutti i

corpi idrici superficiali e sotterranei e protezione, miglioramento e ripristino dei

medesimi; raggiungimento dello stato “buono” entro il 2015, che consiste per le

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acque superficiali in “buono stato ecologico” e “buono stato chimico” e per le

acque sotterranee in “buono stato chimico” e “buono stato quantitativo”;

progressiva riduzione dell’inquinamento da sostanze pericolose prioritarie e arresto

o graduale eliminazione di emissioni, scarichi e perdite di sostanze pericolose

prioritarie; raggiungimento degli standard ed obiettivi fissati per le aree protette

dalla normativa comunitaria.

1.4. Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico (PAI).

D.C.R. n. 116 del 21 gennaio 2004.

Strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono

pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione,

alla difesa e alla valorizzazione del suolo, sulla base delle caratteristiche fisiche ed

ambientali del territorio interessato. Individua le aree a rischio alluvionale da

sottoporre a misure di salvaguardia e delimitazione delle aree di pertinenza fluviale.

Il PAI è stato adottato, in prima adozione, con Delibera n. 15 del 28 giugno 2001. A

seguito delle osservazioni alla prima adozione del piano e alle loro istruttorie, il

Comitato Istituzionale dell'Autorità di Bacino ha adottato definitivamente il PAI, con

Delibera n. 42 del 7 maggio 2003 (seconda e definitiva adozione). La Giunta

Regionale con DGR n. 872 del 17/06/2003 ha trasmesso il Piano al Consiglio

Regionale e con DGR n. 873 del 17/06/2003 ha approvato le "Misure di

Salvaguardia".

Il Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) dei bacini di rilievo regionale è stato

approvato con Deliberazione di Consiglio Regionale n. 116 del 21/01/2004.

L’area di intervento ricade entro il Bacino Regionale Fiume Tenna, ma è al di fuori

delle fasce fluviali identificate.

1.5. Piano di Risanamento e Mantenimento della Qualità dell’Aria Ambiente

(PRMQA).

DACR n. 143 del 12 gennaio 2010.

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Il Piano di Risanamento e Mantenimento della Qualit{ dell’Aria Ambiente contiene

l'individuazione degli obiettivi di riduzione delle emissioni di inquinanti in atmosfera

necessari a conseguire il rispetto dei limiti di qualità dell'aria; l'individuazione delle

misure da attuare per il conseguimento degli obiettivi; la definizione di scenari di

qualità dell'aria, in relazione alle criticità regionali rilevate e l'indicazione delle

modalità di monitoraggio delle singole fasi di attuazione e dei relativi risultati, anche

al fine di modificare o di integrare le misure individuate, ove necessario, per il

raggiungimento degli obiettivi.

Il progetto prevede che la produzione elettrica sia realizzata tramite la combustione

di metano; inoltre è localizzato in area lontana dai centri urbani.

1.6. Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR).

D.C.R. n. 175 del 16 febbraio 2005.

Quadro di riferimento per i soggetti pubblici e privati che assumono iniziative in

campo energetico nel territorio regionale.

Il Piano Energetico è stato approvato nella cosiddetta “versione ambientale”, come

definita nel Protocollo di Torino nel 2001 dai Presidenti delle Regioni e delle Province

autonome. La versione ambientale, prendendo in considerazione gli effetti, sia

diretti che indiretti, che produzione, trasformazione, trasporto e consumi delle fonti

tradizionali di energia producono sull’ambiente, consente di coordinare gli aspetti

relativi al fabbisogno energetico (combustibili ed energia elettrica), tra cui quello

della riduzione dei gas-serra.

Dunque il Piano, dopo l’analisi dell’evoluzione dei consumi e delle componenti

economiche, sviluppa i concetti di risparmio energetico, impiego di energie

rinnovabili, generazione di energia distribuita e cogenerazione.

Nell’analisi dei consumi risulta evidente come il gas naturale sia divenuto fonte

energetica di importanza crescente negli anni considerati dall’analisi storica.

Le ragioni di tale sviluppo sono dovute alla sostituzione dell'olio combustibile, in

particolare nel settore industriale e della produzione elettrica, e del gasolio nel

settore usi civili.

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Aspetti caratterizzanti: capacità di generazione di energia elettrica . Il Piano

considera il raggiungimento del pareggio tra domanda e offerta come obiettivo

strategico di medio periodo. Si individuano nella generazione distribuita e nella

cogenerazione le tecnologie con le quali raggiungere gli obiettivi di piano, tra cui:

efficiente utilizzo della fonte fossile;

minore dipendenza dalla rete di trasmissione;

maggiore garanzia di affidabilità di servizio.

Il progetto è perfettamente coordinato al piano in quanto garantisce una

generazione elettrica su piccolo impianto utilizzando le riserve residuali di un

giacimento di gas, permettendone così lo sfruttamento completo in modo razionale

(a basso regime e senza installazione di compressori).

1. 7. Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) di Ascoli Piceno.

D.C.P. n. 136 del 5 dicembre 2006 (adottato).

Il Piano persegue gli obiettivi e le finalità, provvedendo anche a verificarne la

correttezza e la coerenza rispetto alle caratteristiche, alle specificità, dei valori

paesaggistico - ambientali del proprio territorio.

In assenza di un PTCP della Provincia di Fermo, in elaborazione, si considera in

vigore il piano elaborato dalla Provincia di Ascoli Piceno da cui la Provincia di Fermo

è stata separata.

Deliberazione del Consiglio Provinciale n.29 del 16.07.2010

Adozione, ai sensi della L.R. 34/92, art.25, comma 2, dello schema della variante

normativa comportante la modifica dell'art.21 delle NTA del PTC vigente e dell'art.22

delle NTA del PTC adottato definitivamente con D.C.C. 90 del 06.09.07 concernenti

"valori naturalistico - vegetazionali nelle aree agricole"

Art. 25 (Criteri per l’individuazione degli interventi di interesse

sovracomunale, provinciale e regionale)

1) I criteri generali per l’individuazione degli interventi di interesse

sovracomunale, provinciale o regionale, da realizzarsi nel

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territorio provinciale, quali infrastrutture in genere (viarie,

ferroviarie, portuali, aeroporti, aviosuperfici, autodromi, piste, e

interventi similari), reti tecnologiche (acquedottistiche,

elettriche, gas, telefonia, impianti di produzione energia elettrica,

e interventi similari) e rilevanti opere pubbliche o di interesse

pubblico di valenza provinciale (quali, a titolo esclusivamente

esemplificativo aree ospedaliere, aree della Protezione Civile,

ecc.) saranno stabiliti dopo aver espletato una procedura

concertativa con tutti gli Enti Territoriali competenti (Regione

Provincia, Comuni, ecc.) che si concluderà attraverso lo

strumento dell’Accordo di Programma con la Provincia per

assicurare la conformità con il P.T.C. ed i Piani sovraordinati.

1.8. Quadro autorizzativo.

L.R. 6 giugno 1988, n.19 “ Norme in materia di opere concernenti linee ed

impianti elettrici fino a 150.000 volt”.

Autorizzazione ai sensi della Legge Regionale 19/1988 per la realizzazione di linee

ed impianti elettrici fino a 150.000 Volt;

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2. QUADRO PROGETTUALE

2.1. Generalità e ubicazione del campo.

Il campo di Rapagnano appartiene all’omonima Concessione localizzata nelle

Marche in provincia di Ascoli Piceno (Figura 1). Il giacimento fu scoperto nel 1952

con il pozzo Rapagnano 1, che mise in evidenza una mineralizzazione a gas nelle

serie sabbiose plioceniche. Esso fu completato in singolo sul livello denominato

“Sabbie” e, successivamente sul sovrastante livello A. Dal 1952 al 1981 sono stati

perforati nel campo altri quattro pozzi denominati Rapagnano 2, 3, 4 e 5 risultati

sterili o con zone di scarso interesse e chiusi minerariamente. Il campo ha prodotto

con continuit{ dal 1952 al 1996 dal livello “Sabbie”. Per tale livello la produzione

cumulativa di gas ammonta a 108,5 MSmc. Dal settembre 2000 il pozzo è stato

messo in produzione dal livello A; la produzione cumulativa di gas, per tale livello,

risulta essere di circa 7 MSmc. Attualmente il pozzo Rapagnano 1 è chiuso per alta

produzione di liquidi che rende problematica e non economica la gestione della

produzione.

Figura 1. Ubicazione del giacimento

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2.2. Inquadramento geologico e stratigrafia.

L’area in esame è situata nella parte centro settentrionale del Bacino Ancona-

Pescara appartenente all’avanfossa pliocenica. Tale Bacino è costituito da sedimenti

silicoclastici di età Plio-Pleistocenica aventi uno spessore fino a 6 Km. L’interesse

petrolifero del Bacino è concentrato nelle sequenze torbiditiche del Pliocene

inferiore e medio depositatesi nell’avanfossa vera e propria e nei successivi bacini di

“piggy back”.

Dal punto di vista litostratigrafico si considera come riferimento la serie attraversata

dal solo pozzo produttivo del campo, Rapagnano 1, che ha incontrato sedimenti

depositatesi dal Messiniano, dove è stato ultimato alla profondità di 2500,50 m RT,

all’Olocene. Il Pliocene inferiore risulta mancante.

In dettaglio la serie è così rappresentata:

da 0 a 50 metri. Olocene - Ghiaie ed argille, assenza totale di microfauna.

da 50 a 1401,70/1497,70 metri. Pliocene superiore - Marne con qualche

intercalazione arenacea nella parte bassa con forme planctoniche prevalenti su

quelle bentoniche.

da 1401,70/1497,70 a 1627,50/ 1667,50 metri. Pliocene medio - Marne con

intercalazioni arenacee. Fauna scarsa rappresentata da forme planctoniche.

da 1627,50/1667,50 a 2500,50 metri. Messiniano - Arenarie, marne e sabbie più o

meno cementate, con fauna scarsa o addirittura assente.

2.3. Geologia del reservoir.

Il giacimento di Rapagnano consiste in una struttura anticlinalica a direzione

appenninica (NNW-SSE) lunga 10 Km e larga 3,5 Km, costituita da depositi torbiditici

di avanfossa di età pliocenica.

Il giacimento è costituito da due formazioni clastiche: il livello più profondo

denominato “Sabbie” ed il livello “A” più superficiale, entrambi ricadenti all’interno

della formazione “Carassai” (Pliocene medio).

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Le rocce di copertura (argille torbiditiche) appartengono alle stesse sequenze

deposizionali della roccia serbatoio.

Il reservoir corrispondente al livello “Sabbie” consiste di una potente bancata di

sabbia con intercalazioni argillose (Figura 2). Le alternanze argillose delle

successioni torbiditiche fungono da roccia di copertura del sistema. L’area

mineralizzata, come accertato dall’interpretazione sismica del 1980 e confermata

dalla nuova, eseguita nel 1997, è di circa 1,6 Km2.

Il livello presenta le seguenti caratteristiche:

Il reservoir corrispondente al livello “A” è costituito da tre sottolivelli denominati

dall’alto verso il basso:

A1, di scarso interesse minerario in quanto manifestava valori di resistività di

dubbia interpretazione;

A2, mineralizzato a gas (top a 1415 mRT, bottom a 1430 mRT, spessore 15 m).

E’costituito da un livello sabbioso con caratteristiche omogenee su tutto lo

spessore. In figura 3 si riporta la mappa strutturale al top di tale livello.

A3, testato e risultato ad acqua (top a 1447 mRT, bottom a 1453 mRT,

spessore 6 m).

Le alternanze argillose delle successioni torbiditiche fungono da roccia di copertura

del sistema. L’area mineralizzata, evidenziata dall’acquisizione sismica del 1997, è di

circa 0,9 Km2.

Le caratteristiche petrofisiche del reservoir sono le seguenti:

QUOTE (mRT)

Spessore grosso

(m)

Spessore netto (m)

Porosità Saturazione

in gas Area

Mineralizzata

Top 1652,5 2,5 1 20% 50%

1,6 Kmq

Bottom 1655

Top 1666 4 1,6 20% 50%

Bottom 1670

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QUOTE (mRT)

Spessore grosso

(m)

Spessore netto (m)

Porosità Saturazione

in gas Area

Mineralizzata

A2 Top 1415

15 4,5 20% 50% 0,9 Kmq

Bottom 1430

A3 Top 1447

6 1,8 20% 50% Bottom 1453

Figura 2. Mappa al top del livello Sabbie

Concessione Rapagnano Top Livello “Sabbie”

F.ne Carassai Plioc. medio

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Figura 3. Mappa al Top del Livello A2.

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2.4. Fluidi di giacimento.

Composizione del Gas.

L’analisi centesimale del gas ha evidenziato la presenza del 99,54% di gas metano,

dello 0,46% di gas inerte ed assenza di H2S.

Acqua.

L’acqua di formazione recuperata durante la produzione ha una salinit{ pari a 47

g/L.

2.5. Storia del campo

2.5.1. Pozzi perforati nel campo

Come indicato in precedenza, il giacimento di Rapagnano è stato interessato dalla

perforazione di cinque pozzi: Rapagnano 1 perforato nel 1952, Rapagnano 2 nel

1952, Rapagnano 3 nel 1954, Rapagnano 4 nel 1954 e Rapagnano 5 dir perforato nel

1981.

Dei cinque pozzi presenti nel campo solo Rapagnano 1 ha prodotto con continuità

dal 1952 al 1996 dal livello “SABBIE”. Nel 2000 il pozzo fu sottoposto a work-over

per aprire alla produzione il livello A. Il pozzo venne completato in singolo selettivo

con colonna da 6” 5/8 e tubing da 2” 3/8. Il livello Sabbie venne escluso mediante

tappo wire-line. La ripresa della produzione è avvenuta nel settembre 2000 dal solo

livello A2 fino al 2001.

La tabella 1 evidenzia la situazione attuale dei pozzi presenti nel campo.

Pozzo Livello Stato attuale

Rapagnano 1 A/Sabbie Chiuso

Rapagnano 2 Sabbie Chiuso minerariamente

Rapagnano 3 Sabbie Chiuso minerariamente

Rapagnano 4 Sabbie Chiuso minerariamente

Rapagnano 5 Sabbie Chiuso minerariamente

Tabella 1.

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Attualmente il pozzo, Rapagnano 1, è chiuso per alta produzione di liquidi che rende

problematica e non economica la gestione della produzione (Figura 4).

Figura 4. Schema di completamento del pozzo Rapagnano 1.

2.6. Descrizione del progetto.

L’ obiettivo principale del progetto è lo sfruttamento delle risorse minerarie in

modo efficiente e senza impatti negativi sull’ambiente per un periodo complessivo

di 19 anni con un metodo innovativo che prevede la messa in produzione del

giacimento attraverso la realizzazione di tutte le opere collegate all’estrazione,

trattamento e trasporto del gas producibile e la sua trasformazione in energia

elettrica mediante l’uso di motori endotermici.

Il ripristino della produzione può essere eseguito mediante appositi interventi

programmati nel pozzo Rapagnano 1 che possono essere così riassunti:

SCHEMA DI COMPLETAMENTO Pozzo Rapagnano 1

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Ripristino delle facilities di superficie;

Impianto di cantiere

Operazione Wire Line

Intervento di Water Shut Off

Spari

Spurgo e test

Motori, quadro elettrico e trasformatori.

E’ opinione della scrivente Societ{ che per rendere economico lo sviluppo del

campo Rapagnano si debba trasformare il gas prodotto in energia elettrica e

venderla al mercato ormai liberalizzato.

Per questo si ricorda che l’Apennine Energy ha una notevole esperienza nel settore,

avendo prodotto nella Concessione Fonte San Damiano energia elettrica per circa

20 anni. Il gas prodotto dopo un sommario trattamento attraverso due motori

Caterpillar da 1 MW cadauno, veniva trasformato in energia elettrica; l’energia,

convertita in media tensione 20.000 V, era ceduta al gestore della rete.

E’ noto che con un sistema di questo tipo vengono abbattuti in modo drastico i

costi relativi agli investimenti, con il notevole vantaggio di riuscire a produrre

quasi tutto il gas disponibile senza l’uso di compressori. Infatti, i generatori per

funzionare hanno bisogno di una pressione di appena 120 millibar.

La simulazione dello sfruttamento del giacimento con questo sistema potrebbe

portare ad un fattore di recupero molto elevato, dell’ordine anche del 90%.

Per quanto riguarda il caso del Pozzo Rapagnano 1, uno sfruttamento di questo tipo

ci consente anche di evitare un costoso work-over del pozzo, per un eventuale

ricompletamento.

Saranno prodotte infatti per prime le riserve del livello detto “Sabbie” e

successivamente, dopo aver chiuso con un tappo Wire Line il livello basale, le riserve

superiori (Livello A2) (Tabella 2).

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LIVELLO GOIP

(MSmc) GP (MSmc)

R.F.

Attuale

Riserve

rimanenti

(MSmc)

R.F. Finale

A2 32 7,07 22,1% 19,91 84%

SABBIE 200 108,54 54,3% 69,09 89%

TOTALE 115,61 93

Tabella 2.

Considerando una produzione giornaliera iniziale di 15.000 Sm3 di gas (tabella) è

possibile istallare 2 generatori da 1 MW cadauno e produrre nell’arco delle 24 ore

circa 49.500 kW di energia che, ceduta ad un prezzo di 0,07 €/kWh circa, produce un

ritorno giornaliero di circa 3.465 € lordi.

Negli allegati 1 e 2 sono riportati i flussi di cassa e attualizzazione rispettivamente

per i livelli SABBIE e A2.

2.7. Schema di marcia della centrale (Allegato 3).

Viene qui descritto lo schema di marcia compatibile con le caratteristiche del gas di

Rapagnano (Q= 15.000m3/g). L’impianto risulta costituito dalle sezioni qui di seguito

riportate:

Testa pozzo;

Skid di trattamento, riduzione e misura;

Skid unità di motore-generatore;

Unità di blow down.

Il gas in uscita dalla testa pozzo, passa nel separatore S-01 per trattenere eventuali

liquidi trascinati, che saranno recuperati nella vasca blow - down SF -01 quindi la

corrente gassosa transita nel filtro F-01 per trattenere eventuali polveri ed

attraverso due riscaldatori E-01/A ed E-=1/B idonei al preriscaldamento del gas prima

della riduzione in pressione ed al conseguente raffreddamento. All’uscita dei

riscaldatori il gas viene ridotto di pressione utilizzando le coppie di regolatori

pneumatici PVC-01/02 e PVC-03/04, la cui commutazione avviene automaticamente

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per bassa o alta temperatura e per alta pressione di linea, rispettivamente con i

termostati TSL-01/02-TSH01/02 e con i piloti PSH-02 e PSH-03. Dalla linea di processo

si stacca la presa per il gas, per le valvole di blocco e per la rete dei tappi fusibili. Il

gas viene quindi ulteriormente ridotto in pressione per mezzo di valvole auto

regolatrici PCV-05 e PCV-06.

Viene quindi effettuata la misura fiscale del gas prodotto con metodo

venturimetrico (diaframma tarato e porta diaframma a camere anulari) e con

registrazione continua su nastro dei valori della portata, della pressione e della

temperatura di esercizio. Per assicurare al motore del generatore un regime di

portata costante, il sistema di misura sarà integrato dalla valvola di controllo FV-01,

che mantiene costante la portata del gas in transito attraverso il diaframma di

misura. L’Impianto sar{ dotato di cinque valvole di blocco (SOV) che intercettano

rispettivamente la testa pozzo. Il separatore, l’una e l’altra linea di riscaldamento e

l’alimentazione del motore del gruppo generatore e da cinque valvole di sicurezza

(PSV) rispettivamente sul separatore, sul filtro, sulle linee a pressione ridotta e sulla

linea di alimentazione del motore.

2.8. Funzionamento del motore endotermico (allegato 4).

Il ciclo dei motori alimentati a metano è un ciclo OTTO. Normalmente e per le

potenze dei motori, essi sono di norma sovralimentati con aftercooler o

refrigerazione della miscela di alimentazione. La pressione di ingresso del gas nel

circuito di alimentazione, può variare da 100 a 150 mbar. Il gas passa in un

generatore di pressione che porta la pressione del gas a circa 35m bar.

Il gas di alimentazione viene miscelato con l’aria aspirata dalla turbina di

sovralimentazione che comprime la miscela così formata, la quale viene fatta

passare in un refrigeratore miscela-acqua per abbattere la temperatura della

miscela stessa.

La pressione della miscela, all’uscita della turbina di alimentazione, è variabile in

funzione del carico del gruppo elettrogeno da un valore di zero, nella fase di

avviamento, fino ad un massimo di 1,9 bar.

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La miscela dopo l’aftercooler viene immessa, attraverso la valvola a farfalle nei

collettori di alimentazione del motore (otto cilindri per bancata).

Per la produzione di energia elettrica saranno utilizzati due motori (Caterpillar 3516)

le cui caratteristiche sono riportate nell’allegato 5.

2.9. Collegamento alla rete elettrica.

Il progetto prevede il collegamento alla rete elettrica ENEL a Media Tensione per la

cessione dell’energia prodotta tramite un breve elettrodotto.

Per questo si proceder{ all’installazione di un nuovo elettrodotto a tensione

nominale 15 kV mediante cavo interrato per una lunghezza di 245 m sino alla Cabina

di Consegna presso la S.P. 239 – Contrada Tenna.

Il tracciato individuato corre all’interno dell’area di cantiere per aggirare il

complesso delle strutture legate al distributore di gas per poi collegarsi alla cabina

ENEL situata a NNE alla distanza di 125 m in linea d’aria dalla testa pozzo. Il percorso

totale del tracciato è di circa 245 m.

Gli impianti ed i singoli componenti saranno realizzati a regola d’arte (Decreto

Ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37). Le caratteristiche degli impianti e dei relativi

componenti devono corrispondere alla normativa ed alla legislazione vigente; tale

conformit{ si intende riferita alle norme tecniche emanate dal C.E.I., dall’U.N.I.,

nonché nel rispetto della legislazione attualmente in vigore.

2.9.1. Norme tecniche di riferimento

Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, le linee elettriche devono essere progettate,

costruite ed esercite secondo le norme elaborate dal Comitato Tecnico 11 del

Comitato Elettrotecnico Italiano, che costituiscono disposizioni di legge. I riferimenti

sono:

Norma CEI 11-17 luglio 1997: “Impianti di produzione, trasmissione e distribuzione

di energia elettrica -linee interrate”;

Norme del Ministero dell’Interno per quanto attiene le disposizioni di sicurezza

antincendio;

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Decreto Legislativo 22 febbraio 2001, n. 36: “Legge quadro sulla protezione dalle

esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”;

Norma CEI 11-8 dicembre 1989: “Impianti di produzione, trasmissione e

distribuzione di energia elettrica – impianti di terra e successive varianti”;

Norma CEI 103-6 dicembre 1997: “Protezione delle linee di telecomunicazioni

dagli effetti dell’induzione elettromagnetica provocata dalle linee elettriche

vicine in caso di guasto”.

Norma CEI 0-16 luglio 2007: “Regola tecnica di riferimento per la connessione di

Utenti attivi e passivi alle reti AT ed MT delle imprese distributrici di energia

elettrica”.

Norma UE DG2092

Disposizioni emanante da Enel Distribuzione: DK 5600; DK 5310; DK 5740.

2.9.2. Esecuzione delle linee in cavo interrato.

La posa del cavo sarà effettuata dunque secondo le prescrizioni standard (Figura 5).

La canalizzazione sarà di tipo B, quella normalmente prevista per le strade di uso

pubblico, con l’estradosso della protezione ad almeno 1,1 m di profondit{ rispetto al

piano del terreno; i cavidotti impiegati saranno di tipo corrugato del diametro

esterno di 160 mm e rispetteranno le seguenti caratteristiche:

resistenza all’urto normale, non propagante la fiamma;

raggio di curvatura massimo non superiore a 5 volte il diametro esterno del tubo

i cavidotti saranno stabilizzati con uno strato di sabbia di 0,2 m e poi ricoperti

con materiale inerte;

il “nastro monitore” sar{ posato ad una distanza > di 0,2 m rispetto

all’estradosso del cavidotto. La scelta di questa quota è stata dettata dalla

necessità di consentire una tempestiva individuazione della linea MT nel caso di

eventuale futuro scavo in corrispondenza della stessa;

Il cavo da utilizzare dovrà avere le seguenti caratteristiche:

tensione nominale di 15 kV;

tensione verso terra di 15 kV;

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tensione massima di 24 kV;

sezione pari a 185 mmq

conduttore in alluminio, tripolare schermato.

Figura 5.

2.9.3. Scelta della linea interrata.

La scelta di utilizzare una condotta interrata è dettata dall’esigenza di evitare

problemi di altezza sulla pista di accesso al cantiere e di limitare le interferenze

elettromagnetiche, nonché fenomeni di parallelismo con il metanodotto SNAM che

corre sul lato NW del cantiere (Figura 6).

Inoltre la linea interrata non presenta alcun tipo di interferenza visiva con lo stato di

fatto.

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Figura 6.

2.10. Sviluppo del campo.

Il progetto di sviluppo del campo non può prescindere dall’impiego delle aree

esistenti. Ciò consentirà di sviluppare il campo senza dover ricercare nuove aree per

le facilities di superficie.

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Figura 7. Planimetria catastale del campo.

Attualmente nel campo le facilities di superficie sono assenti, quindi occorrerà

procedere al loro ripristino

L’area sar{ suddivisa in due zone: la prima già comprende la testa pozzo con alcune

facilities di superficie; la seconda ospiterà invece i motori. Nell’allegato 6 è riportata

la documentazione fotografica eseguita durante il sopralluogo del 5 ottobre 2011.

Per ripristinare la produzione sia sul livello sabbie che, eventualmente, sul livello A,

le attività previste sono: per il primo si prevede un intervento di parzializzazione

tipo Water Shut Off per ridurre la produzione di acqua, la rimozione WL del TTBP

(Though Tubing Bridge Plug) attualmente presente su tutto l’intervallo perforato

mentre per il livello A si prevede il solo intervento di Water Shut Off.

Il gas prodotto da entrambi i livelli sar{ messo in produzione attraverso il tubings 2”

3/8. Attraverso operazioni di reservoir management (inclusi interventi rigless etc.) si

procederà poi al monitoraggio della produzione ed alla eventuale valutazione di

ulteriori interventi di ottimizzazione.

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Gli interventi di Water Shut Off saranno eseguiti o meccanicamente o facendo

ricorso all’impiego di particolari prodotti chimici (polimeri) che, cambiando di

consistenza una volta iniettati in formazione ostacolano la produzione di acqua.

La produzione di acqua dai pozzi a gas, ne causa l’autocolmamento. Spesso

l’eccessiva produzione di acqua è ridotta procedendo al ricompletamento del pozzo

o alla realizzazione di un side- track per isolare la zona di produzione di acqua.

Quando queste opzioni non possono essere considerate, in quanto molto costose si

può utilizzare una tecnica che prevede l’iniezione in tutto l’intervallo aperto di

prodotti chimici che selettivamente riducono la permeabilità della formazione. Tali

prodotti sono chiamati “Modificatori della permeabilit{ relativa” (RPM= Relative

Permeabilty Modifiers) e hanno appunto la capacità di ridurre selettivamente la

permeabilit{ della formazione, migliorando così l’efficienza del reservoir ed

aumentando la vita produttiva del campo.

I principali vantaggi di questo approccio sono:

basso costo (il prodotto chimico usato è in quantità limitata ed il trattamento

non necessita l’isolamento della zona);

basso rischio (il polimero riduce la permeabilità senza tamponare al

formazione):

basso impatto ambientale.

Il procedimento dell’intervento è molto semplice:

Prima dell’iniezione del polimero si procede alla preparazione del foro cioè si

assicura che il pozzo sia pulito e nel caso acidificato (tipicamente si pompano 350-

500 galloni di soluzione con il 15% di acido). Si deve stabilire una pressione massima

di trattamento; nel caso, si effettua un test a portata variabile (Step Rate Test) per

determinare le zone in pressione. Si stabilisce poi un’adeguata quantit{ di acqua da

mescolare al polimero per ottenere la consistenza desiderata del gel. Al di sopra

della zona da trattare si posizionano tubing e packer.

La gelificazione è controllabile su scale di tempo che vanno da poche ore a

settimane. Tempi lunghi di gelificazione consentono la collocazione di maggiori

volumi a profondità maggiori.

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Un aumento di pressione lento e costante durante il pompaggio indicherà

all’operatore che la formazione si sta riempiendo di polimero nella zona

problematica, oppure che la temperatura del giacimento sta favorendo il polimero a

legarsi creando un aumento di viscosità. La risposta in termini di pressione è

funzione del volume di polimero, della portata di iniezione e della forza del gel.

Alterando uno o più di questi fattori si può migliorare il successo dell’intervento, se

non si rileva resistenza nel reservoir mentre si pompa la sostanza gelificante.

Di solito la portata di iniezione viene aumentata all’inizio del trattamento, per

determinare la facilità con la quale la formazione può accettare un fluido viscoso.

L’aumento della portata di pompaggio riduce anche il tempo di permanenza sul

campo della società di servizio, il che si traduce in una diminuzione di costi per

l’operatore.

2.10.1. Metodi di trattamento pozzi: prodotti Halliburton.

L’intervento di Water Shut Off sar{ eseguito grazie all’impiego di nuovi e particolari

prodotti chimici della Halliburton che, una volta iniettati in formazione, cambiano di

consistenza e ostacolano la produzione di acqua.

I metodi chimici che sono attualmente disponibili per il controllo del flusso d'acqua

presentano una vasta gamma di sistemi polimerici che possono essere a base

d'acqua e a base di idrocarburi, miscele ultrafini del cemento Portland.

Il tempo di risposta dei prodotti può essere immediato o di diversi mesi, a seconda

del volume di trattamento e delle proprietà delle formazioni geologiche

attraversate. La riduzione della permeabilità della formazione consente di

migliorare l’efficienza del reservoir.

Il sistema dei polimeri non sigilla completamente per cui si ha sempre una piccola

produzione di acqua continua ad essere prevista.

Un trattamento di successo dovrebbe provocare la diminuzione della quantità di

acqua nel pozzo produttore.

Il tipo di trattamento da utilizzare dipende dalle caratteristiche di fondo pozzo:

temperatura, pressione, composizione dei fluidi del serbatoio e litologia.

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La Halliburton propone una serie di prodotti innovativi per ridurre l’acqua nei pozzi e

aumentare la produttività di un giacimento, suddivisibili in due principali sistemi di

trattamento: sistemi di polimeri a base di acqua (Water-Based Polymer Systems) e

miscele cementizie a base di idrocarburi (Squeeze Cementing).

I Water-Based Polymer Systems comprendono una serie di polimeri a base di acqua

che limitano il flusso dell’acqua di formazione nel pozzo, senza intaccare il flusso

degli idrocarburi. Ogni prodotto ha delle caratteristiche proprie (composizione e

temperatura di attivazione) ed è utilizzato per risolvere vari problemi relativi ai pozzi

di produzione (Figura 8). Tali prodotti sono: PermSeal service, PermTrol service,

H2Zero service, Injectrol service (Figura 9) e Relative Permeability Modifiers (Figura

10).

Figura 8. Le varie soluzioni proposte per il controllo dell'acqua.

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Figura 9. Injectrol Service. A) produzione iniziale di olio da una serbatoio water drive; B) produzione secondaria di olio da una serbatoio water drive;C)Produzione dopo l’utilizzo del trattamento Injectrol.

Figura 10. Meccanismo di controllo dell’acqua operato dai Modificatori della permeabilità relativa (RPM).

Tra le miscele cementizie a base di idrocarburi, il prodotto più innovativo della

Halliburton è il cemento MOC/One.

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MOC/one è composto da un cemento MICRO MATRIX, un idrocarburo che trasporta

un fluido (diesel, cherosene, ecc.), e un tensioattivo MOC-A. Questi sono mescolati

per formare una miscela che rimane inattiva a meno che non sia in contatto con

acqua. A contatto con acqua, la miscela rimarrà pompabile per un periodo di tempo

prima di formare un insieme rigido e denso, con elevata resistenza alla

compressione e bassa permeabilità.

Esso a differenza dei cementi convenzionali, questo liquame mostra una

gelificazione ritardata che permette una più profonda penetrazione del cemento

nelle fratture della formazione, anche ad una certa distanza dal pozzo. Con una

dimensione massima delle particelle di 10 micron o inferiore, il cemento Micro

Matrix è in grado di penetrare le zone del pozzo e le formazioni circostanti che

sarebbero altrimenti inaccessibili.

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31

3. QUADRO AMBIENTALE.

3.1. Ubicazione geografica.

L’area del pozzo Rapagnano 1 si sviluppa lungo la strada provinciale 239 e più

precisamente in Contrada Tenna, in corrispondenza della stazione di servizio FM 04

(Figura 11) .

Ubicazione dell'area in istanza.

Figura 11. Ubicazione dell'area.

La morfologia dell’area è prevalentemente pianeggiante e si colloca in riva sinistra

del Fiume Tenna.

Nella zona esiste una ottima rete viaria che permette il trasporto delle attrezzature,

senza creare problemi al traffico locale.

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3.2. Aspetti geologici, geomorfologici ed idrogeologici.

3.2.1. Geologia di superficie.

La successione stratigrafica affiorante, come si può dedurre dall’analisi della Carta

Geologica – Foglio 125 (Fermo) in scala 1:100.000, è costituita da formazioni sia

marine che continentali, che dal basso verso l’alto sono (Figura 12):

1. Formazioni marine:

Pliocene superiore (P3). Fitte alternanze di argille azzurro chiare e sabbie

giallastre, generalmente in sottili stratificazioni, con vario predominio. Talora

intercalazioni di sabbie giallastre debolmente cementate in spessori di 50 cm

ed oltre. Associazioni micro faunistiche marine normali.

Zona di transizione Quaternario –Pliocene (Qp). Argille o argille sabbiose

fittamente stratificate, alternate a sabbie giallastre. Microfaune non

decisamente indicative, prive di A. Balthica.

Pleistocene inferiore (Q1). Parte superiore: argille spesso fittamente

stratificate, con alternanze sabbiose. Microfaune marine oligotipiche. Parte

inferiore: argille compatte, talora con deboli intercalazioni sabbiose,

generalmente in calanchi. Microfaune ricche di specie e di esemplari, con

Anomalina balthica.

Pleistocene Medio (Q2). Strati sabbiosi con deboli intercalazioni argillo-

sabbiose. Microfaune marine costiere, con episodi lagunari salmastri.

2. Facies continentali.

q4s: Alluvioni terroso – sabbioso – ghiaioso - ciottolose. Terrazzi.

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q5s: Alluvioni sabbioso – ghiaioso – ciottolose, di fiume o di litorale

(Alluvium).

Figura 12.Stralcio della Carta geologica F.125 "Fermo" in scala 1:100.000.

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3.2.2. Assetto geomorfologico e reticolo idrografico.

La porzione di territorio in esame, compreso tra le strutture montuose principali ed

il litorale adriatico, ha un rilievo generalmente collinare (con altezze medie

generalmente inferiori ai 200 metri) digradante dolcemente verso il mare. L’area

giace nel settore sud-orientale del Bacino marchigiano Esterno colmato dai

sedimenti terrigeni del ciclo marino Plio - Pleistocenico. L’area ricade in sponda

sinistra del Fiume Tenna. Il fiume durante l’arco della sua esistenza ha subito, in

seguito all’evoluzione geodinamica della regione, una traslazione da nord verso sud

(Evoluzione dei fiumi marchigiani e abruzzesi; Crescenti 1972). Questo ha

determinato un forte sviluppo delle alluvioni generalmente in sinistra idrografica,

mentre in destra le alluvioni risultano poco sviluppate. Nell’area in questione la

situazione risulta invertita con la formazione dei depositi alluvionali in sponda destra

del corso d’acqua.

Il Fiume Tenna ha un regime tipicamente torrentizio, tanto che in estate, durante le

magre, buona parte dell’alveo risulta praticamente secca.

Nella Figura 13 è riportato il grafico del bilancio idrologico del Fiume Tenna.

Da tale grafico si evince che lungo la fascia costiera:

• il periodo di deficit idrico inizia nel mese di Luglio e termina in Settembre;

• la ricostituzione dell’umidit{ (riserva del suolo di Thornthwaite) si ha nel

periodo Settembre – Dicembre;

• il deflusso si ha tra Dicembre ed Aprile;

• il consumo dell’ umidit{ del suolo inizia ad Aprile e termina a Luglio.

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Figura 13. Grafico bilancio idrologico, stralcio dello schema dei caratteri idrologici regionali

3.2.3. Caratterizzazione idrogeologica.

Dal punto di vista idrogeologico, la falda in esame fa parte dell’acquifero di subalveo

dei depositi alluvionali del Fiume Tenna e, più precisamente, dei sedimenti che

costituiscono il terrazzo di IV ordine caratterizzati da litotipi a permeabilità medio

alta (figura 14).

Tali depositi sono in genere caratterizzati da stratificazioni di ghiaie, ciottoli e sabbie

con spessori di qualche metro, con livelli intermedi, a geometria lenticolare, di limi e

limi argillosi che vanno a costituire localmente setti relativamente poco permeabili

atti a generare manifestazioni artesiane da parte delle acque sotterranee. Si

vengono a creare situazioni di acquifero multifalda a carattere locale, con la

presenza di una falda freatica superficiale e una o più falde profonde confinate.

A grande scala la falda risulta essere un acquifero indifferenziato con un’unica

superficie piezometrica. Infatti non si hanno gli elementi per dire che esistono più

livelli piezometrici distinti.

Come in tutti i fiumi marchigiani, simili fra loro per conformazione e caratteristiche,

esiste un’importante riserva d’acqua sotterranea in corrispondenza degli estesi

depositi alluvionali che costituiscono buona parte dei fondovalle e dei più antichi

depositi fluviali terrazzati a varie altezze lungo i versanti di dette valli. Questi ultimi,

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in generale, hanno minor importanza essendo alimentati solamente da eventi

meteorici e dando quindi luogo a falde sospese di entità non eccezionale.

Più rilevante è invece il contenuto d’acqua delle alluvioni che tappezzano, talora con

notevole estensione tanto verticale che trasversale, i fondovalle. Queste

generalmente sono infatti alimentate anche da corsi d’acqua superficiali, dando

spesso luogo a falde la cui portata è spesso notevole. In tali depositi sono presenti

falde monostrato a superficie libera di notevole importanza per

l’approvvigionamento idrico regionale ad uso civile, agricolo ed industriale, anche se

il progressivo inquinamento antropico delle acque sotterranee le rende sempre

meno utilizzabili a fini idropotabili. In prossimità della costa sono, o possono essere,

presenti acquiferi multistrato con falde confinate o semiconfinate. Tali acquiferi

sono ricaricati, essenzialmente, dalle acque superficiali. La trasmissività varia,

indicativamente, da 10‐1 a 10‐6 m2/s. La permeabilità delle coperture varia da 10‐3 m/s ,

in presenza di ghiaie affioranti, a 10‐6 m/s per le coperture limo‐argillose.

L’infiltrazione totale, nelle pianure dei fiumi principali, è nettamente superiore al

ruscellamento. L’infiltrazione efficace è o molto ridotta o trascurabile.

Figura 14. Schema Idrogeologico.

Schematicamente la pianura alluvionale presenta:

• depositi alluvionali attuali molto estesi in sinistra idrografica, poco sviluppati in

destra;

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• alluvioni terrazzate conservate in sinistra idrografica, rari i lembi in sinistra;

• morfologia dolce nei versanti in sinistra idrografica, piuttosto ripida in quelli di

destra;

• alveo fluviale deviato verso sud, a ridosso delle colline plio ‐ pleistoceniche, nella

parte intermedia della pianura;

• asimmetria del bacino idrografico con il fianco in destra idrografica della valle

normalmente più esteso;

• deviazione verso Nord del tratto terminale del fiume dovuto a sollevamenti

differenziati.

Negli acquiferi delle pianure alluvionali marchigiane è stata riscontrata una

uniformità nella geometria, litologia e freatimetria.

In tutti gli acquiferi di subalveo sono state individuare tre zone con andamento della

freatimetria diverso.

Una prima zona corrisponde alla parte montana del subalveo in cui l’andamento

delle freatimetriche è condizionato da un’unica direzione di drenaggio sotterraneo

coincidente o con l’asta fluviale o con i paleoalvei.

Il gradiente idraulico medio è di circa 0,04. Una seconda zona corrisponde ai terrazzi

alti in cui l’andamento delle isofreatiche, soprattutto in destra idrografica, è quasi

parallelo ai limiti dell’area alluvionale ed all’alveo, rispecchiando l’assetto

morfologico superficiale. Il gradiente idraulico medio è di circa 0,03. Una terza zona

corrisponde ai terrazzi bassi in cui le curve isofreatiche hanno un andamento più

complesso. La maggiore complessità è da imputare, oltre che a differenza di

permeabilità, anche alla morfologia del substrato, alla presenza di numerose opere

di captazione ed all’infiltrazione di acque superficiali dagli alvei degli affluenti

principali.

In prossimità della zona costiera le curve isofreatiche tendono a disporsi

parallelamente alla costa. Il gradiente medio della zona costiera ha valori di 0,0037.

I caratteri freatimetrici nelle varie zone rimangono costanti per tutto l’arco

dell’anno.

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Soltanto nella parte bassa dell’acquifero ed in prossimit{ della costa si verificano

sensibili variazioni stagionali, dovute soprattutto ai forti prelievi dalle falde durante

la stagione estiva. L’escursione freatimetrica media annuale storica, nei subalvei dei

fiumi marchigiani, varia da 1 a 2 m con massimi di 5 m, in alcune zone in prossimità

della costa ed alla fine della stagione estiva.

I minimi livelli freatimetrici si hanno generalmente nei mesi autunnali (ottobre-

novembre) in corrispondenza dei massimi delle precipitazioni. I massimi

freatimetrici cadono nei mesi primaverili (marzo, aprile e maggio). Le falde

risentono delle precipitazioni con un ritardo di 1‐2 mesi con sensibili differenze

all’interno dello stesso subalveo. I massimi freatimetrici si raggiungono dopo un

periodo variabile, da tre a cinque mesi dopo il minimo freatimetrico. Tali valori

indicano un’alta permeabilit{ dei depositi alluvionali. In definitiva quindi, il volume

d’acqua presente in tali acquiferi è rilevante, tenuto conto della modesta estensione

delle pianure e dello scarso spessore degli acquiferi.

3.2.3.1. Vulnerabilità dell’acquifero della pianura alluvionale.

L’alimentazione dell’acquifero di subalveo è essenzialmente legata all’infiltrazione

laterale delle acque fluviali ed agli apporti degli acquiferi degli affluenti.

La via preferenziale nell’alimentazione dell’acquifero è costituita dai paleoalvei dove

si ha una rapida interconnessione tra acque fluviali ed acque sotterranee. Le acque

meteoriche dirette sulla pianura alluvionale rappresentano un trascurabile apporto

alla ricarica dell’acquifero essendo trattenute principalmente nella parte alta della

zona insatura come acqua di umidità del suolo. Soltanto nella parte alta delle

pianure e nei terrazzi alti, dove affiorano depositi ghiaiosi, le acque di pioggia

contribuiscono alla ricarica dell’acquifero.

La massima vulnerabilit{ si riscontra pertanto in corrispondenza dell’alveo fluviale e

negli assi di drenaggio delle acque sotterranee, corrispondenti frequentemente a

paleoalvei, lungo i quali avviene la ricarica dell’acquifero ad opera delle acque

fluviali.

L’elevata concentrazione di insediamenti abitativi, produttivi e la presenza di una

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agricoltura intensiva in tutta la pianura alluvionale del fiume Tenna, ha causato un

notevole degrado qualitativo delle acque sotterranee. Lo stesso può dirsi per gli

scarichi relativi agli insediamenti umani, raramente dotati di impianti di depurazione,

che confluiscono direttamente nei corsi d’acqua superficiali del bacino.

In definitiva, quindi, tutti gli scarichi connessi all’attivit{ produttiva e con gli

insediamenti, depurati o non, finiscono, salvo rare eccezioni, direttamente nelle

acque superficiali o vengono sparsi sulla pianura.

3.2.4. Ambiente idrico

3.2.4.1. Classificazione qualitativa del Fiume Tenna

Gli attingimenti al fiume per uso idroelettrico e agricolo sono regolarmente

distribuiti su tutto il suo percorso. A fondo valle, ossia negli ultimi dieci chilometri di

percorso, il fiume scorre in zone particolarmente antropizzate per la presenza di

attività industriali, artigianali e agricole e l’intensificazione di agglomerati abitativi.

Il Fiume mostra quindi un significativo rischio associato alla mancata depurazione

delle acque reflue urbane, che raccolte vengono solo parzialmente trattate,

soprattutto nella parte valliva.

Il corso del fiume è costantemente monitorato dall’ARPAM che ne definisce lo stato

di qualità ambientale secondo quanto disposto dalla L. 152/99 e successive

modificazioni, utilizzando gli indici LIM, IBE, SECA e SACA.

Tale legge definisce due obiettivi di qualità per i corpi idrici:

• Obiettivo di qualità ambientale, attribuito ai corpi idrici significativi in funzione

della capacità di autodepurazione e di mantenere ecosistemi ampi e diversificati;

• Obiettivo di qualità per specifica destinazione, che individua lo stato dei corpi

idrici idoneo a particolari funzioni o destinazioni d’uso per determinati corpi idrici.

3.2.4.1.1.Obiettivi di qualità ambientale

Lo stato di qualit{ ambientale dei corsi d’acqua superficiali è definito sulla base dello

stato ecologico e dello stato chimico del corpo idrico.

Lo stato ecologico come definito dalla legge è “l’espressione della complessit{ degli

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ecosistemi acquatici, e della natura fisica e chimica delle acque e dei sedimenti, delle

caratteristiche del flusso idrico e della struttura fisica del corpo idrico, considerando

comunque prioritario lo stato degli elementi biotici dell’ecosistema”. A tale scopo

vengono fatte determinazioni sulla matrice acquosa e sul biota.

Le determinazioni sulla matrice acquosa comprendono parametri definiti

macrodescrittori, attraverso i quali viene individuato il L.I.M. (Livello di

inquinamento espresso dai macrodescrittori).

Il livello di qualità relativa ai macrodescrittori viene attribuito utilizzando la tabella 7

D.Lgs 152/99, qui di seguito riportata:

Tabella 3. Livello di inquinamento espresso dai macrodescrittori (Tabella 7 del D.Lgs 152/99)

L’impatto antropico sulle comunit{ bentoniche dei corsi d’acqua viene valutato

attraverso l’Indice Biotico Esteso (I.B.E.), considerando il valore medio delle analisi

effettuate durante il periodo di misura per la classificazione. Confrontando questo

valore con il L.I.M. ed attribuendo alla stazione in esame il risultato peggiore delle

due valutazioni si ottiene lo stato ecologico, come mostrato nella tabella seguente,

dove la classe 1 è la più pulita e la classe 5 la maggiormente inquinata.

Tabella 4.Stato ecologico dei corsi d’acqua (si consideri il risultato peggiore tra I.B.E. e macrodescrittori) (Tabella 8 D.Lgs 152/99).

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Stato chimico

Lo stato chimico è definito in base alla presenza di sostanze chimiche pericolose.

Ai fini della prima classificazione, la valutazione dello stato chimico dei corpi idrici

superficiali è effettuata in base ai valori soglia riportati nella direttiva 76/464/CEE e

nelle direttive da essa derivate.

Nella tabella 5 sono riportati i principali inquinanti chimici indicati nella direttiva.

Tabella 5.Principali inquinanti chimici da controllare nelle acque dolci superficiali ( Tabella 1 D.Lgs 152/99)

Stato ambientale

Lo stato ambientale è definito in relazione al grado di scostamento rispetto alle

condizioni di un corpo idrico di riferimento definito come quello con caratteristiche

biologiche, idro - morfologiche, e fisico-chimiche tipiche di un corpo idrico

relativamente immune da impatti antropici. I corpi idrici di riferimento sono

individuati, anche in via teorica, in ogni bacino idrografico, dalle autorità di bacino o

dalle Regioni per i bacini di competenza.

Gli stati di qualità ambientale previsti per le acque superficiali sono riportati nella

tabella seguente.

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Tabella 6.Definizione dello stato ambientale per i corpi idrici superficiali (Tabella 2 D.Lgs 152/99).

Attribuzione dello stato di qualità ambientale Al fine della attribuzione dello stato ambientale del corso d’acqua i dati relativi allo

stato ecologico andranno rapportati con i dati relativi alla presenza degli inquinanti

chimici indicati nella tabella seguente:

Tabella 7.Stato ambientale dei corsi d’acqua ( Tabella 9 D.Lgs 152/99)

Per il Fiume Tenna i dati della stazioni riportano uno stato Stato di qualità

ambientale delle Acque Superficiali Interne per l’anno 2009 da Sufficiente per le

Stazioni 6/TN e 5/TN a Buono per le Stazioni 4/TN e 2/TN (Figura 15).

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Figura 15. Stato di qualità ambientale delle Acque Superficiali Interne -Anno 2009

3.3. Aspetti floristico ‐ vegetazionali e faunistici.

La forte utilizzazione agricola, con la lavorazione dei campi che si spinge ai margini

delle strade vicinali e al confine con l’area ripariale, non lascia più spazio alla

vegetazione arborea originale, né a quella arbustiva, cespugliosa ed erbacea.

I campi sono per la maggior parte interessati da monocolture orticole e cerealicole

di tipo industriale. La loro superficie è stata liberata da qualsiasi presenza arborea ad

eccezione di filari ai margini di fossi e canali di irrigazione.

La vegetazione spontanea risulta confinata ad una esigua fascia ripariale sulle

sponde del fiume. L’insieme assume un aspetto di pianura fortemente antropizzata

dall’utilizzo agricolo intensivo. L’assenza di aree floristiche di maggiore importanza

per la conservazione della flora e di aree botanico vegetazionali di eccezionale o

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rilevante valore nei comuni in cui ricade l’area in esame è confermata dalla carta

presente nel sito della Regione Marche

http://www.ambiente.regione.marche.it/Ambiente/Natura/Infrastrutturaverde/Aree

floristiche.aspx” .

La fauna di un’area dipende, nella sua composizione, da fattori storici, pregressi,

paleogeografici, e paleoclimatici e da fattori attuali, ambientali ed ecologici.

Significativa conseguenza della forte impronta antropica sul territorio è la mancanza

di aree faunistico/naturalistiche sottoposte a tutela nell’intorno del sito di progetto.

L’area protetta più vicina all’area di sito, infatti, è posta a più di 20 km a sud (SIC

“Boschi tra Cupramarittima e Ripatransone”) mentre le restanti aree sono

localizzabili solo a distanze superiori (Figura 16).

Figura 16.Rete Natura 2000 nell’intorno dell’area in esame.

3.4. SISMICITA’

La classificazione sismica della Regione Marche ai sensi dell’Ordinanza del Consiglio

dei Ministri n. 3274/2003, approvata con DGR n. 1046 del 29/07/2003, rende evidenti

gli elevati livelli di rischio che interessano l’intera regione; tale situazione è ben

rappresentata dalla totale assenza di comuni classificati in zona sismica 4, che

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rappresenta la categoria di minore rischio. La grande maggioranza dei comuni

marchigiani (228, pari al 92,7% del totale), compreso il comune di Rapagnano ricade

all’interno della zona sismica 2 (Figura 17).

Figura 17.

Nella figura 18 è riportata una carta della sismicit{ storica dell’area marchigiana. La

distribuzione dei terremoti mostra come l’attivit{ sismica sia concentrata

maggiormente in alcune aree rispetto ad altre. Dall’anno 1000 a oggi, possiamo

contare circa una ventina di eventi sismici con zona epicentrale nel territorio

marchigiano. Gli eventi sismici che si sono verificati dal 1269 al 1972, nei dintorni

dell’area in istanza, sono stati caratterizzati da una intensit{ compresa fra VI e VIII

Mercalli – Cancani - Sieberg.

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Figura 18. Sismicità storica delle Marche.

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4.SINTESI DELLE COMPONENTI AMBIENTALI E STIMA DEGLI IMPATTI.

4.1 Atmosfera

Le Marche appartengono alla fascia climatica di tipo temperato e, più precisamente,

ad un clima di transizione fra il sottotipo mediterraneo e quello subcontinentale

europeo. Le caratteristiche climatiche del territorio marchigiano, inoltre, sono

influenzate dalla vicinanza del mare ad oriente e dalla presenza dei monti ad

occidente.

4.2 Ambiente idrico

L’area di progetto ricade nel bacino idrografico del fiume Tenna. In un intorno

significativo dell’area di progetto non sono presenti altri corsi d’acqua importanti

Dall’analisi dei dati dei monitoraggi dei vari anni emerge che la qualit{ delle acque

diminuisce passando da valori di sufficienti o buoni nella parte a monte del fiume

Tenna fino a valori scadenti per la stazione di monitoraggio posta in corrispondenza

della foce. La tipologia di impianto in progetto non comporta impatti relativi sulle

acque superficiali.

4.3 Suolo e sottosuolo

Nell’area di studio non sono stati individuati criticità dovute a fenomeni legati

all’instabilit{ dei versanti; l’area non risulta soggetta a rischio idraulico (Figura 19).

La progettazione in esame non comporta impatti rilevanti sulla componente

ambientale in oggetto. Il progetto non prevede nessuna movimentazione di suolo.

L’impianto non comporter{ interazioni con litologie geotecnicamente instabili e non

comporta aggravio del rischio idrogeologico.

Per quel che riguarda la caratterizzazione sismica dell’area in esame, il territorio del

Comune di Rapagnano è classificato in zona 2 ai sensi all'ordinanza del Presidente

del Consiglio dei Ministri n°3274/03.

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Figura 19. Stralcio del PAI.

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4.4 FLORA, FAUNA ED ECOSISTEMI

Nell’area in esame appare importante la mancanza di aree faunistico/naturalistiche

sottoposte a tutela nell’intorno del sito di progetto. L’area protetta più vicina

all’area di sito, infatti, è posta a circa 20 km a sud (SIC “Boschi tra Cupramarittima e

Ripatransone”) mentre le restanti aree sono localizzabili solo a distanze superiori.

Si possono quindi a priori ritenere trascurabili gli impatti diretti o indiretti esercitati

nei confronti della vegetazione presente nell’area di progetto e dalle porzioni di

boschi o più in generale sulle biocenosi presenti.

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5.BIBLIOGRAFIA.

1. Amministrazione Provinciale di Ascoli Piceno. Piano Territoriale di

Coordinamento.

2. Antonini G., Cardinali M.m Guzzetti F., 2003. Carta Inventario dei movimenti

franosi della Regione Marche ed aree limitrofe. CNR, Gruppo Nazionale per la

Difesa delle Catastrofi Idrogeologiche: pp.17.

3. Gentili B., Pambianchi G., 1987. Morfogenesi fluviale ed attività antropica nelle

Marche centro-meridionali. Geogr.Fis.Dinam.Quat. 10: pp204-217.

4. Nanni T., 1991. Caratteri idrogeologici delle Marche. In “l’ambiente fisico delle

Marche”. Ed. da Regione Marche e SELCA Firenze.

5. Principi M., Bettucci c., Carotti A. Analisi del dissesto frana nelle Marche.

Disponibile sul sito internet: www.apat.gov.it.

6. Regione Marche, 1989. Piano Paesistico Ambientale Regionale.

7. Regione Marche, 2010. Piano Paesistico Ambientale Regionale.

8. Viegi L., Vangelisti R., D’Eugenio M.L., 2003. Contributo alla conoscenza della

flora esotica d’Italia: le specie presenti nelle Marche. Atti Soc. Tosc. Sci. Nat.,

Mem. Serie B 110: pp. 96-162. v


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