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Relazione sul III Convegno Nazionale IN CLASSE HO UN … · 2013-02-19 · Relazione sul III...

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Relazione sul III Convegno Nazionale “IN CLASSE HO UN BAMBINO CHE…” organizzato da Giunti Scuola in collaborazione con : il Comune di Firenze, con il patrocinio dell’ Università di Firenze. Firenze8/9 febbraio 2013 Dagli atti del convegno SALUTO DELL’AUTORITA’ Rosa Maria Di Giorgi, Assessore all’educazione Comune di Firenze Angela Palamone, Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale Toscana Enzo Catarsi, Direttore Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia, Università di Firenze APERTURA DEI LAVORI Luisa Lauretta( Direttore della Rivista “Psicologia e Scuola” INTRODUZIONE AI LAVORI : I temi del Convegno e nuovi orientamenti della Psicologia applicata alla Scuola. Cesare Cornoldi (Università di Padova, Dipartimento di Psicologia Generale) INTERVENTI FORME DI INTELLIGENZA A PROPOSITO DI “ INTELLIGENZA PRATICA”: SCHEMI COGNITIVI E ADATTAMENTO EMOTIVO-RELAZIONALE SANTO DI NUOVO ( Struttura Didattica di Psicologia, Università di Catania) La relazione parte dalla concezione di “schema cognitivo” che può essere funzionale all’adattamento o assumere caratteristiche disfunzionali se diventa rigido e assolve una funzione di rassicurazione emotiva nei confronti della complessità della realtà. La valutazione dell’intelligenza risente di questo problema sul piano sia psicometrico che clinico, limitando la validità, ad esempio, predittiva sul rendimento scolastico della quantificazione che si avvale unicamente del tradizionale Quoziente Intellettivo. Le varie scale di Intelligenza (Wechsler, Ackerman, Sternberg, Naglieri) usate per misurare il QI evidenziano l’impossibilità di valutare l’intelligenza che viene usata in pratica, senza tenere conto dei fattori non cognitivi che contribuiscono a determinare l’adattamento. Inoltre non bastano solo i test psicometrici per diagnosticare i “casi limite”, in questi casi viene ipotizzata una integrazione tra il Quoziente Intellettivo e il Quoziente Emotivo. In alternativa si possono usare, soprattutto con
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Relazione sul III Convegno Nazionale “IN CLASSE HO UN BAMBINO CHE…”

organizzato da Giunti Scuola in collaborazione con : il Comune di Firenze, con il

patrocinio dell’ Università di Firenze.

Firenze8/9 febbraio 2013

Dagli atti del convegno

SALUTO DELL’AUTORITA’

Rosa Maria Di Giorgi, Assessore all’educazione Comune di Firenze

Angela Palamone, Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale Toscana

Enzo Catarsi, Direttore Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia, Università di Firenze

APERTURA DEI LAVORI

Luisa Lauretta( Direttore della Rivista “Psicologia e Scuola”

INTRODUZIONE AI LAVORI : I temi del Convegno e nuovi orientamenti della Psicologia applicata

alla Scuola. Cesare Cornoldi (Università di Padova, Dipartimento di Psicologia Generale)

INTERVENTI

FORME DI INTELLIGENZA

A PROPOSITO DI “ INTELLIGENZA PRATICA”: SCHEMI COGNITIVI E

ADATTAMENTO EMOTIVO-RELAZIONALE

SANTO DI NUOVO ( Struttura Didattica di Psicologia, Università di Catania)

La relazione parte dalla concezione di “schema cognitivo” che può essere funzionale

all’adattamento o assumere caratteristiche disfunzionali se diventa rigido e assolve una funzione

di rassicurazione emotiva nei confronti della complessità della realtà. La valutazione

dell’intelligenza risente di questo problema sul piano sia psicometrico che clinico, limitando la

validità, ad esempio, predittiva sul rendimento scolastico della quantificazione che si avvale

unicamente del tradizionale Quoziente Intellettivo.

Le varie scale di Intelligenza (Wechsler, Ackerman, Sternberg, Naglieri) usate per misurare il QI

evidenziano l’impossibilità di valutare l’intelligenza che viene usata in pratica, senza tenere conto

dei fattori non cognitivi che contribuiscono a determinare l’adattamento. Inoltre non bastano solo

i test psicometrici per diagnosticare i “casi limite”, in questi casi viene ipotizzata una integrazione

tra il Quoziente Intellettivo e il Quoziente Emotivo. In alternativa si possono usare, soprattutto con

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bambini con disagio o disabilità scale di sviluppo che valutano il Quoziente di Sviluppo e non solo

Intellettivo. Al momento della valutazione è necessario tenere presenti gli aspetti

cognitivi,motivazionali ed emotivo-relazionali.

L’INTELLIGENZA NUMERICA

DANIELA LUCANGELI ( Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione, Università di

Padova)

Il nostro sistema educativo comincia a porre attenzione sistematica allo sviluppo delle competenze

numeriche verso i sei anni, mentre la ricerca nell’ambito della cognizione numerica ha dimostrato

come i meccanismi cognitivi di base siano innati ed abbiano bisogno di attenzione educativa al loro

sviluppo fin dal primo anno di vita.

Oltre a porre attenzione tardi, il sistema educativo conosce ancora poco dei meccanismi di base in

quest’ambito, e soprattutto non conosce le modalità necessarie a potenziarne la cognizione

numerica, scambiandolo per l’addestramento alla prestazione scritta.

L’intelligenza numerica, ossia la capacità di elaborare la realtà che ci circonda in termini di

numerosità è analogica, strategica,composizionale, evolve soprattutto nel calcolo a mente, ed ha

poco a che fare con gli algoritmi procedurali messi in memoria necessari al calcolo scritto e

insegnati a partire dal secondo anno della scuola primaria.

L’INTELLIGENZA CREATIVA

ALESSANDRO ANTONIETTI ( Università Cattolica di Milano)

Nel passato intelligenza e creatività sono state considerate abilità distinte, se non addirittura

opposte, cosicchè “ intelligenza creativa” potrebbe sembrare un ossimoro (parole che esprimono

concetti contrari). Se però si intende l’intelligenza come la capacità di affrontare con successo le

richieste del proprio ambiente, la creatività può diventarne una forma di espressione. Ciò che

contraddistingue i tipi creativi di intelligenza è la propensione a ricercare nuove vie di pensiero e di

azione in situazioni aperte per le quali non esistono risposte canoniche.

Nel ruolo di educatori ciò che si può fare per sviluppare l’intelligenza creativa è: far nascere nello

studente una certa curiosità nel variare, nel cambiare e trovare da sé modi per risolvere

determinati compiti smontando le barriere mentali che impediscono al pensiero di andare nella

direzione della creatività. Insegnare nuove strategie mentali per riconoscere in modo autonomo

come funzionano i processi cognitivi: processi di controllo, rigida pianificazione e insegnare

l’inibizione di tali processi per potenziare la manifestazione dei processi creativi.

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RAPPORTO TRA LETTURA, LIBRO DIGITALE E SVILUPPO COGNITIVO

LUCA GRANDI ( Responsabile Centro Ricerche Anastasis, Bologna)

La storia ci insegna che ogni mutamento tecnologico, significativo alla trasmissione del sapere,

inevitabilmente modifica le strategie e le modalità di apprendimento.

Quello che stiamo vivendo negli ultimi anni è proprio questo: un mutamento straordinario nel

modo di accedere al sapere, di trasmetterlo e di utilizzarlo. I primi a beneficiare di questo grande

cambiamento sono stati gli alunni con DSA, che prima dei coetanei hanno potuto avere i libri in

formato digitale. Questa possibilità, concessa per permettergli di “compensare” la difficoltà di

lettura, potendo accedere ai contenuti del libro digitale attraverso la sintesi vocale, strumento che

trasforma il testo in parlato, in realtà ha finito per modificare in maniera profonda e decisamente

più significativa tutto il processo di apprendimento. Il libro diventa solo un punto di partenza, non

l’unico, per manipolare il contenuto e trasformarlo in qualcosa di personale, funzionale

all’apprendimento significativo. Apprendere non è più un processo di assimilazione ma di

rielaborazione.

LA SCUOLA DI FRONTE AI DSA

L’IMPORTANZA DELLA IDENTIFICAZIONE PRECOCE

LUCIA BIGOZZI ( Università di Firenze)

E’ necessario precisare cosa si intende per fattore di rischio, per fattori di protezione e per

indicatore o fattore predittivo. Nella determinazione dei predittori del disturbo, si deve fare molta

attenzione a valutare la quantità di falsi positivi e di falsi negativi. Per la dislessia tra i fattori di

rischio maggiormente studiati e maggiormente predittivi vi è quello legata alla familiarità. Risulta

di grande interesse per gli insegnanti l’individuazione recente di un predittore della dislessia che è

direttamente osservabile a scuola: il fattore “ notazionale”. Da recenti studi sui fattori predittivi

emerge che i bambini prescolari manifestano come predittore del disturbo una difficoltà nella

consapevolezza della corrispondenza suono segno. Tale competenza si manifesta nell’ultimo anno

di scuola materna e la variabilità di prestazione risulta significativamente diversa nella popolazione

dei bambini che manifestano dislessia nel secondo –terzo anno di scuola primaria. Tuttavia alcuni

dei bambini ad alto rischio che manifestano questa difficoltà, in seguito non diventeranno

dislessici ( falsi positivi). Secondo gli autori questo accade probabilmente perché riescono a

compensare precocemente il fattore di rischio con elevate capacità linguistiche generali ( fattori di

protezione). Bisogna compiere un’attenta valutazione riguardo alla modalità con cui è necessario

che gli insegnanti di scuola dell’infanzia interpretino il presentarsi di eventuali carenze nei fattori

predittivi. E’ necessario valutare il danno prodotto dall’essere “etichettato” come dislessico non

essendolo (falso positivo), rispetto al danno prodotto nel passare inosservato nelle maglie larghe

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di una prova poco predittiva e risultare normale essendo invece dislessico ( falso negativo). Il

danno che deriva a un bambino non dislessico, dall’essere considerato dislessico prima che il

disturbo si sia manifestato può essere di grave entità: le persone che circondano il bambino

inizieranno a comportarsi nei suoi confronti “come se” già fosse dislessico, aspettandosi da lui

molto meno di quello che si sarebbero aspettati se non l’avessero “creduto” dislessico, con ovvie

conseguenze sull’autostima, l’autoefficacia e la motivazione ad apprendere.

IL CASO DEI DISTURBI DELL’APPRENDIMENTO MATEMATICO

M. C. PASSOLUNGHI( Università di Trieste, Dipartimento Di Scienze della Vita, Unità di Psicologia)

In studenti con disturbi nell’apprendimento matematico è importante analizzare non solo le

prestazioni relative alle abilità di calcolo e soluzioni dei problemi, ma anche le strategie

metacognitive ,le opinioni riguardo la matematica e le valutazioni di autoefficacia. Il loro profilo è

spesso caratterizzato da carenti abilità nella soluzione dei problemi e prestazioni peggiori in molti

indicatori relativi all’automatizzazione dei fatti aritmetici e nelle conoscenze procedurali del

calcolo , essi evidenziano inoltre una conoscenza di strategie metacognitive scarsa e poco

flessibile, un basso senso di autoefficacia e opinioni disfunzionali riguardo la matematica. In base

all’analisi di tali profili è importante individuare efficaci percorsi educativi e abilitativi.

LE COMPETENZE EMOTIVE DEGLI INSEGNANTI E LA LORO INFLUENZA

NELLA RELAZIONE EDUCATIVA CON GLI ALLIEVI PER LA PROMOZIONE DEL

BENESSERE

OTTAVIA ALBANESE, PIERA GABOLA ( Università di Milano Bicocca, Università Neuchatel)

La professione dell’insegnante si colloca attualmente nella categoria delle helping professions e si

caratterizza per le numerose fonti di stress in essa presenti. L’insegnante è impegnato, infatti,

quotidianamente nel compito di cura degli alunni favorendone la crescita non solo cognitiva ma

anche affettiva. Le emozioni che gli insegnanti provano e manifestano a scuola possono favorire o

inibire il processo di apprendimento degli allievi. Insegnanti che hanno difficoltà di base nel

riconoscere e nel regolare le emozioni possono creare, infatti un circolo vizioso di violenza che può

complicare il clima della classe e avere ripercussioni sul benessere degli insegnanti stessi. La

consapevolezza delle proprie emozioni, la comprensione delle emozioni altrui e il controllo

emotivo dovrebbero essere considerate componenti delle abilità professionali dei docenti per

indirizzare così la formazione dell’insegnante. Obiettivo di questa ricerca è rilevare le competenze

emotive degli insegnanti nell’interazione con i propri alunni durante eventi critici a scuola in

relazione alle loro condizioni di benessere . 566 insegnanti curricolari di ogni ordine e grado, di età

compresa tra i 25 e i 60 anni ed un’esperienza di insegnamento di oltre 15 anni. Il campione

analizzato manifesta basso esaurimento emotivo, media depersonalizzazione e alta realizzazione

professionale. Gli insegnanti, inoltre, sentono di avere risorse emotive a disposizione e,

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nonostante riferiscono di provare con più intensità, di fronte all’aggressività dei propri alunni,

emozioni di collera, tristezza, disgusto e sorpresa, si sentono in grado di regolarle in modo da

limitare la manifestazione agli studenti.

CULTURE ORGANIZZATIVE E IDENTITA’ PROFESSIONALE: ESSERE

INSEGNANTI OGGI TRA RISCHI E POSSIBILITA’

LUCA VECCHIO, MASSIMO MIGLIORETTI, VERONICA VELASCO ( Dipartimento di Psicologia, Università degli

studi, Milano)

Negli anni recenti, la professione dell’insegnante è stata oggetto di sollecitazioni trasformative che

hanno accentuato le fatiche tradizionalmente associate a tale attività lavorativa, tanto da portare

a riconoscerla come una professione ad alto rischio stress; ne è testimonianza, tra l’altro, il

ricorrente impiego di un costrutto quale il burnout per descrivere la condizione professionale degli

insegnanti.( Burneaut: sindrome di esaurimento emotivo, di depersonalizzazione e de

realizzazione personale, che può manifestarsi in tutte quelle professioni con implicazioni

relazionali molto accentuate, generalmente nasce da un deterioramento che influenza valori,

dignità,spirito e volontà delle persone colpite. E’ una malattia in costante e graduale aumento tra i

lavoratori dei paesi occidentalizzati a tecnologia avanzata ,ciò non significa che qualcosa non

funziona più nelle persone,bensì che si sono verificati cambiamenti sostanziali e significativi sia nei

posti di lavoro sia nel modo in cui si lavora). Nel contesto italiano, le trasformazioni riguardano, da

un lato, gli aspetti organizzativi e di contesto: accorpamenti di istituti, riduzione di risorse,

incertezza normativa,precarietà contrattuale; da un altro lato , investono il ruolo stesso del

professionista, chiamato a svolgere non più solo l’attività di insegnante ma a esercitare altri

compiti: ad esempio, il coordinamento e la gestione delle relazioni con le molteplici figure che

gravitano attorno all’istituzione scolastica(le famiglie,il dirigente, i servizi sanitari e sociali) o la

promozione della salute. Entro questo quadro, può essere utile cercare di comprendere quali

siano e come agiscano i fattori in grado di influenzare il benessere e il malessere lavorativo degli

insegnanti, e capire su quali leve sia possibile agire per incrementare, quanto possibile, le risorse

legate alla condizione professionale dei docenti. A tal fine si prenderanno in esame i risultati di

alcune ricerche condotte su un campione di insegnanti provenienti da circa 200 scuole secondarie

lombarde di 1° e 2°grado. Nello studio, a carattere estensivo e basato sulla somministrazione di

questionari, sono state prese in considerazione diverse dimensioni del lavoro dell’insegnante, sia

individuali ( ad esempio l’autoefficacia, l’engagement,la soddisfazione), sia “sovra individuali”( ad

esempio, il supporto del dirigente scolastico, il lavoro di gruppo). Tra i risultati emersi, si segnala di

particolare interesse la rilevanza di aspetti quali la qualità della relazione con il dirigente scolastico

e la possibilità di coordinare con i colleghi le proprie attività nell’influenzare il benessere lavorativo

dei partecipanti. Quanto osservato sottolinea la necessità di prendersi cura del benessere degli

insegnanti attraverso un approccio organizzativo che prenda in considerazione le dinamiche

relazionali e la gestione della scuola come un sistema integrato.

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UNA PROFESSIONE CHE NON PROFESSIONALIZZA: LUCI E OMBRE

DELL’ESSERE INSEGNANTI

ELENA GATTI, EMANUELA CONFALONIERI ( CRIdee, Dipartimento di Psicologia, Università Cattolica del

Sacro Cuore, Milano)

La professione dell’insegnante, negli ultimi anni, sta vivendo un momento di crescente instabilità e

scarso riconoscimento. Gli insegnanti di oggi devono far fronte ad una condizione professionale in

continuo cambiamento dovuto alle riforme politiche di cui essi sono più oggetto che soggetto,

nonché ad un disinvestimento del loro ruolo da parte di chi, fino a pochi anni prima, li legittimava

come figure dotte e stimate. Tale condizione espone gli insegnanti al rischio di stress,

depersonalizzazione, disinteresse, apatia. Numerosi studi si sono focalizzati sui fattori individuali e

sociali che generano questo stato di malessere pur non trovando, ad oggi, un sostanziale accordo

su quali siano gli atteggiamenti, comportamenti, percezioni ed emozioni che “bruciano” questa

professione. Il presente studio intende esplorare la condizione di un gruppo di 132 insegnanti (36

maschi e 95 femmine)) di età compresa tra i 25 e 60anni appartenenti a cinque diversi istituti

secondari di secondo grado. Sono stati impiegati tre questionari self-report volti ad individuare il

rischio di burnout e lo stato di malessere/benessere individuale. I risultati indicano che gli

insegnanti più giovani sono in grado di mettersi in gioco e si riconoscono nella professione che

svolgono in misura maggiore dei più anziani. Questa migliore condizione si riflette anche in

un’elevata realizzazione e condivisione di valori con l’organizzazione scolastica nei più giovani.

Prendendo inoltre in esame un sottocampione bilanciato di maschi e femmine si osservano

interessanti differenze di genere. I maschi mostrano il maggior grado di benessere percepito in

termini di autoriconoscimento e di realizzazione rispetto alle colleghe femmine che invece sono

più esaurite emotivamente e con un elevato carico di lavoro percepito. La fotografia effettuata su

questo campione può essere un primo passo per far emergere innanzitutto uno stato di disagio

che è presente nella scuola, ma troppo spesso taciuto o negato e successivamente individuare le

linee di intervento più idonee per prevenire o attenuare questa condizione che sembra affliggere

soprattutto le donne nella seconda parte della loro carriera lavorativa.

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LABORATORIO A: I PILASTRI DELLA GESTIONE DELLA CLASSE

LUIGI D’ALONZO ( Presidente della società Italiana di Pedagogia Speciale Centro Studi e Ricerche sulla

Disabilità e Marginalità Università Cattolica, Milano)

Le problematiche comportamentali che emergono in aula e le esperienze che gli insegnanti

vivono nel loro duro lavoro quotidiano sono tutte improntate a gestire un’esperienza di

vita comunitaria in classe dove le componenti “educative” e gestionali assumono sempre

più rilevanza. Gli allievi sono cambiati, sono più difficili da condurre, meno disposti ad

assecondare le direttive impartite, più insicuri sul piano personale e instabili su quello

emotivo. Il loro malessere sembra emergere come costante negli approcci scolastici e la

componente motivazionale, intesa come bisogno di attivarsi con passione nelle proposte

didattiche, è sempre più ardua da suscitare. I problemi comportamentali e disciplinari sono

costanti e gli insegnanti, mai come in questi ultimi tempi, spendono molto del loro tempo

in azioni atte a creare e salvaguardare un clima di classe sufficientemente idoneo

all’apprendimento. Non possiamo dimenticare poi che in tutti i gruppi di alunni ed in ogni

ordine di scuola possono essere presenti allievi con disabilità, ragazzi e ragazze con

disturbi specifici di apprendimento e con bisogni educativi speciali. Ne deriva la necessità

che l’insegnante sia in grado di gestire la classe. La gestione della classe si fonda, infatti, su

precisi pilastri di riferimento che possono guidare l’insegnante nel duro lavoro quotidiano

in classe a contatto con le numerose problematiche presenti. La gestione della classe

include tutto ciò che l’insegnante deve fare per promuovere il coinvolgimento e la

cooperazione dell’allievo nelle attività di classe e stabilire un produttivo ambiente di

lavoro. Pertanto insegnare è anche gestire la classe, motivare gli alunni ad apprendere e

cercare di soddisfare i loro bisogni.

Secondo Jacob Kounin Un bravo insegnante deve :

Conoscere sempre cosa succede in classe;

Carpire l’attenzione con impeto iniziale e consolidarla con la scorrevolezza e la continuità;

Saper utilizzare appropriatamente l’effetto “onda”, (es. redarguire il singolo per colpire

tutti gli altri, questa è un’arma che va usata con parsimonia ma che sortisce ottimi risultati)

Condurre più attività contemporaneamente;

Strutturare il programma in modo da impegnare sempre gli allievi, non ci devono essere

tempi morti, ore innumerevoli di interrogazioni ecc. Le classi che funzionano bene sono il

risultato di sforzi incessanti da parte dell’insegnante per creare, mantenere e ripristinare le

condizioni che sviluppano l’apprendimento. E’ necessario organizzare e pianificare

accuratamente la vita della classe, spartire attentamente lo spazio nelle varie attività

educative, sollecitare gli spostamenti nella classe per permettere la comunicazione più

efficace e lo scambio di informazioni, le lezioni devono essere chiare e facilmente

comprensibili.

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L’insegnante deve:

avere uno stile educativo rispettoso della dignità delle persone, mai autoritario,

informativo e non di controllo (senza usare ironia)

dare sempre le ragioni delle direttive impartite

presentare le alternative auspicate (es. so che non ce la fai proprio a non parlare,

allora vuoi parlare con me magari più tardi al termine della lezione?)

offrire il proprio rammarico

assistenza individualizzata

usare il contratto scritto tra insegnante ed alunno, sottoscritto e firmato.

Secondo Lee Canter l’insegnante ha il diritto di

decidere le regole di vita della classe

pretendere il rispetto delle regole stabilite

esigere un comportamento maturo e idoneo ad una vita di classe comunitaria

essere appoggiati nell’azione dai genitori

Gli alunni hanno il diritto di

vivere in un ambiente sereno

incontrare insegnanti disponibili

Secondo Canter vi sono tre tipologie di insegnamento:

OSTILE ( che vede gli alunni come antagonisti)

NON ASSERTIVO(che ha paura di non farcela)

ASSERTIVO(le comunicazioni sono chiare, permette agli alunni di esprimere le proprie

potenzialità).

Secondo Frederic Jones le linee per una conduzione assertiva prevedono:

il respiro

il contatto oculare ( dolcezza dello sguardo)

la prossimità fisica ( avvicinamento fisico, non si può far lezione dietro ad una cattedra)

il portamento (deve essere fiero )

le espressioni facciali( sorriso, dolcezza che si evince dalla mimica facciale)

I bambini portano in classe il loro vissuto: le gioie, i dolori, la complessità della vita odierna. Per

far sì che apprendano ciò che vogliamo insegnare dobbiamo, necessariamente, tenere presente

questi fattori, dobbiamo avere consapevolezza del nostro ruolo e dominare la situazione durante

le ore trascorse in classe. Avere il dominio dei contenuti anche tecnologici, ma non solo. In Italia

abbiamo fatto una scelta di civiltà enorme che all’estero ci invidiano, abbiamo proposto

l’inclusione, l’integrazione. In ogni caso la scuola di iniziativa pubblica deve rifiutarsi di operare

scremature.

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\LABORATORIO C: LIBRI DI TESTO, LIM E DSA UN APPROCCIO INTEGRATO ANDREA USTILLANI( Cooperativa Anastasis)

Se il futuro è digitale risulta evidente la necessità di introdurre nella scuola i nuovi strumenti,

modelli e tecnologie calandoli nella concreta esperienza educativa. Vengono prospettati scenari

futuri in cui le tecnologie valorizzeranno le componenti esperienziali delle discipline, ponendo lo

studente al centro del processo di apprendimento. Abbinando alla Lavagna Interattiva

Multimediale opportuni software e strategie didattiche, è possibile ottenere la perfetta sinergia

tra i diversi elementi, realizzando così una didattica più efficace e funzionale per insegnare ad

allievi con Difficoltà Specifica di Apprendimento. A tal proposito verranno proposte l’uso delle

mappe concettuali che, da semplici schemi per supportare la memorizzazione, possono diventare

veri e propri organizzatori di contenuti digitali ( quali risorse on-line, libri digitali, mappe di

approfondimento audio ecc.). Le mappe quindi diventano delle vere e proprie mappe multimediali

che possono essere ricondotte a unità di apprendimento auto consistenti( unità didattiche ). Tali

unità di apprendimento possono essere salvate ed archiviate e quindi distribuite al gruppo classe

o riutilizzate in seguito dagli insegnanti di sostegno per attività di rinforzo e/o di recupero. Un

nuovo prodotto è stato pensato per l’insegnante, completamente portatile perché funzionante da

supporto USB, che incorpora due strumenti utili per una didattica tecnologicamente evoluta:

l’ambiente PDF e il programma Super Mappe.

L’ambiente PDF è un ambiente in cui studiare ed elaborare i libri PDF. Infatti si può fare non solo

tutto quanto si fa sui libri di carta, ma molto di più. Le funzioni per studiare comprendono tutti gli

strumenti classici che permettono di prendere appunti e di personalizzare le pagine: gli

evidenziatori, diversi tipi di sottolineature, la possibilità di inserire testi e note a margine.

Super Mappe può essere utilizzato in classe come strumento per la costruzione cooperativa dei

concetti rendendo attivi gli studenti durante le lezioni e favorendo la creazione di organizzatori

anticipati, il recupero delle informazioni pregresse e la motivazione.

LABORATORIO D: INSEGNARE UN METODO DI STUDIO AI BAMBINI CON

DISLESSIA GIANNA FRISO, MARIA ROSARIA RUSSO ( Università di Padova)

Le abilità di studio non solo si possono insegnare, ma al fine di prevenire l’insuccesso e il successivo

abbandono scolastico, diventa doveroso progettare dei momenti dedicati al loro esplicito apprendimento,

cambiamento e allo sviluppo di tali abilità, soprattutto per gli alunni che non si possono permettere di

leggere più volte il materiale da studiare. Studi recenti suggeriscono routine strutturate dell’attività di

studio che promuovono sia l’acquisizione di conoscenze sia l’incremento del senso di auto-efficacia. I

bambini con difficoltà o vero e proprio Disturbo Specifico di Apprendimento (DSA) possono raggiungere i

traguardi di tutti gli altri bambini, purchè assecondati e non penalizzati nel loro specifico problema.

L’esperienza scolastica costituisce il terreno ottimale per lo sviluppo delle abilità di studio e il loro

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modificarsi nel tempo, in quanto fornisce stimoli e feedback che concorrono a formare e implementare il

patrimonio di strategie.

L’IDEA DI “AREA DI SVILUPPO PROSSIMO” E IL RUOLO DEGLI STRUMENTI

NELLO SVILUPPO DEI PROCESSI COGNITIVI LUCIANO MECACCI ( Università di Firenze)

Tra i principi della teoria di Vygotskij, “ l’area di sviluppo prossimo” è quello probabilmente più noto

soprattutto in relazione alla sua applicazione in campo scolastico. Tuttavia questo principio è spesso

illustrato in modo non conforme a quella che fu la sua originaria formulazione in Vigotskij nei primi anni ’30

del secolo scorso. Non si tratta solo di imprecisioni di carattere storico, a cominciare dall’impiego di

aggettivi come “prossimale” o “potenziale” che si prestano a equivoci concettuali, ma di riformulazioni

influenzate da contesti teorici e applicativi propri della ricerca psicologica e pedagogica maturata dagli anni

’80 in poi. Gli strumenti cognitivi sono “mezzi” che intervengono, nella relazione tra la mente umana e

l’ambiente, non come mediatori opzionali, ma come elementi necessari per le operazioni mentali stesse. Gli

strumenti sono a loro volta strettamente connessi agli oggetti relativi su cui operano, un rapporto che è

affrontato dall’ergonomia cognitiva contemporanea secondo una impostazione neovigotskijana. In questa

prospettiva “l’area di sviluppo prossimo” viene intesa come la fase ontogenetica entro la quale il bambino

si appropria degli strumenti propri del proprio contesto socioculturale più che come una opportunità

ulteriore di sviluppo mediata dall’adulto.

Vygotskij, la dinamica dello sviluppo mentale dello scolaro in relazione con l’insegnamento-

apprendimento.

La zona dello sviluppo prossimo definisce le funzioni che non sono ancora mature, ma che sono nei processi

di maturazione, funzioni che maturano domani, che sono ancora in uno stato embrionale, funzioni che

possono essere denominate non i frutti dello sviluppo, ma le gemme dello sviluppo, quello che è appena

maturato, il livello dello sviluppo attuale caratterizza i successi dello sviluppo di ieri, e la zona dello sviluppo

prossimo, lo sviluppo mentale di domani.

SINTESI Il bambino nasce e si sviluppa (fisicamente e psicologicamente) in un contesto sociale e culturale

caratterizzato da strumenti, da regole e piani per il loro impiego

L’impiego di tali strumenti è finalizzato ad attività proprie dello specifico contesto

Il contesto fissa i livelli di sviluppo prossimo in base ai propri criteri normativi (sociali e politici)

Il livello di sviluppo può essere anticipato( l’area di sviluppo prossimo è flessibile) attraverso

l’introduzione e mediazione di strumenti nuovi, la migrazione del bambino in altri contesti.

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LE BASI METACOGNITIVE DELL’APPRENDIMENTO ROSSANA DE BENI ( Università di Firenze)

Processi di autoregolazione e conoscenza e uso di strategie costituiscono le basi metacognitive

dell’apprendimento. Il termine “metacognizione” è stato introdotto per designare l’insieme dei processi

sovraordinati dell’attività cognitiva, ossia la mente che lavora sulla propria mente. La metacognizione si

riferisce a due aspetti cognitivi fondamentali: 1) processi di riflessione sulla mente, 2) processi strategici e

di controllo. I primi riguardano la capacità di riflettere sulla capacità cognitiva in generale e sulla propria in

particolare. I secondi riguardano prevalentemente i processi di controllo ovvero il modo in cui controlliamo

la nostra mente. Molte evidenze dimostrano che esiste un nesso casuale tra riflessioni metecognitive,

processi di controllo e prestazione, con la conseguenza che, aiutando il bambino a migliorare le proprie

competenze metacognitive ,si avranno delle ripercussioni anche sui processi di controllo e quindi sui

comportamenti che dipendono da questi processi. E’ importante però tenere presente che le riflessioni che

sono critiche per l’apprendimento del bambino non riguardano solo l’attività della mente in generale, ma la

sua specifica mente, con i propri vissuti, sensazioni di autoefficacia, valori. E’ evidente che in questo modo

gli aspetti emotivo-motivazionali finiscono per pesare consistentemente sull’esito del processo cognitivo,

nel caso specifico sull’apprendimento.

LE BASI METACOGNITIVE DELL’APPRENDIMENTO

La metacognizione come riflessione sulla mente

La metacognizione all’origine dell’apprendimento

Modelli integrati di funzionamento metacognitivo: dalla teoria alla ricerca empirica

Un esempio il modello AMOS

AMOS; componenti metacognitive e abilità di studio

La metacognizione come fattore di successo scolastico

Metacognizione e studio in ambito scolastico

Metacognizione e studio in ambito universitario

Metacognizione emozioni e stati depressivi

Interventi metacognitivi :vantaggio caratteristiche, applicabilità

Conclusioni

METACOGNIZIONE NELLA DISLESSIA Le variabili meta cognitive influenzano anche gli aspetti strumentali della lettura ad esempio alcuni bambini

dislessici:

Utilizzano strategie di lettura inefficaci basate su convinzioni errate

Sviluppano demotivazione e condotte di evitamento verso i testi scritti

Hanno una cattiva auto-attribuzione per l’insuccesso in compiti di lettura (mancanza di abilità)

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IL RAPPORTO SCUOLA FAMIGLIA ANNA OLIVEIRO FERRARIS( Università di Roma La Sapienza)

Le agenzie educative in un paese possono essere varie e diverse. In Italia attualmente esse coincidono con

la scuola, la famiglia e con una serie di iniziative disseminate sul territorio (associazioni ed enti locali . I

mass-media, diffusi e penetranti, non sono d’aiuto perché, sotto la spinta della spettacolarizzazione e

dell’audience, propongono troppo spesso modelli devianti e diseducativi. Se in altri paesi europei esistono

programmi per la formazione dei genitori promossi dai rispettivi governi (vedi il caso recente dell’Inghilterra

di Cameron), nel nostro paese sono le associazioni, la scuola, gli enti locali e alcune aziende private che oggi

di fatto svolgono questo compito. Non sempre però associazioni ed enti locali riescono a raggiungere quei

genitori che più hanno bisogno di essere formati. Per la posizione che occupa nel contesto sociale, la scuola

potrebbe svolgere in maniera sia formale che informale un lavoro di sensibilizzazione e di educazione di

quei genitori che hanno bisogno di essere guidati e indirizzati, a partire dai primi anni di vita fino

all’adolescenza dei figli. E’ però necessario che chi opera nella scuola sia a sua volta formato e intenzionato

a svolgere questo ruolo. Ogni scuola dovrebbe infine avere un programma per i rapporti con le famiglie.

LABORATORIO H: IL DISEGNO DEI BAMBINI NELLA PRATICA EDUCATIVA E

SCOLASTICA MONICA CAMILLONI, ELEONORA ESPOSITO (Università di Firenze, Dipartimento di Psicologia)

L’attività pittorica infantile, se da un lato appare un’attività agevole e gradita per la maggior parte dei

bambini, dall’altra è una funzione simbolica assai complessa: essa chiama in causa un concentrato di abilità

senso-motorie, cognitive,affettive , sociali, comunicative, grazie alle quali il piccolo disegnatore esprime le

proprie conoscenze e, sensazioni, emozioni, con una ricchezza e profondità che spesso sfuggono alla

comunicazione verbale. Per queste sue caratteristiche il disegno infantile si propone a insegnanti ed

educatori come uno strumento di lavoro molto efficace, attraverso il quale risulta possibile raccogliere

informazioni utili nella pratica educativa con il bambino: dall’ambito dell’affettività e delle relazioni sociali a

quello della valutazione delle abilità cognitive e del pensiero creativo. Il suo utilizzo da parte degli adulti

richiede tuttavia un certo grado di cautela, per non rischiare da un lato di tralasciare i possibili piani di

supporto allo sviluppo infantile che esso consente, dall’altro di eccedere in interpretatività relativamente ai

messaggi e ai contenuti che vi si leggono.

PER INIZIARE… Disegnate una persona …che corre!!!!

SCRIVETE…

Che cosa avete provato dopo questa richiesta?

Che decisioni avete preso per realizzare il vostro prodotto pittorico?

Come lo valutate? Vi piace?

Modifichereste qualcosa o avete modificato qualche aspetto del disegno durante l’elaborato?

Che cosa vi sarebbe servito?

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COSA SI INTENDE PER DISEGNO? Disegnare costituisce una vera e propria attività di PROBLEM SOLVING in cui il disegno finito

costituisce solo il prodotto finale.

COSA SERVE PER DISEGNARE? ABILITA’ TECNICHE

- Conoscenza strumenti

- Coordinazione oculo-motoria

- Abilità prassiche

MOTIVAZIONE

ABILITA’ COGNITIVE IDEATIVE -funzione simbolica

-alfabeto visivo

-equivalenti pittorici

ABILITA’ METACOGNITIVE -Pianificazione

-organizzazione delle procedure

-monitoraggio

-valutazione

CONSERVATORISMO La conquista di un repertorio di forme canoniche (es. cerchio, triangolo ecc.) è certamente un

lavoro molto impegnativo:

ciò predispone il bambino al conservatorismo

Le innovazioni pittoriche sono rare e difficili da riprodurre, i bambini, date le loro difficoltà

esecutive e progettuali, sono limitati nell’introdurre variazioni agli schemi canonici di cui

dispongono.

DAL CONSERVATORISMO ALLA FLESSIBILITA’ RAPPRESENTATIVA Come si stimola la flessibilità rappresentativa?

Il cambiamento nelle consuete sequenze esecutive viene introdotto nel momento in cui il disegnatore si

accorge che la figura canonica non gli consente di attuare il proprio intento rappresentativo.

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INTENTO COMUNICATIVO Guida i bambini nella ricerca di strategie rappresentative flessibili e innovative.

DISEGNARE

ATTIVITA’ COMUNICATIVA:

Il prodotto pittorico è fortemente influenzato dal tipo di ISTRUZIONE VERBALE posta all’esecutore e dal

TIPO DI COMPITO richiesto.

RICHIESTA MOTIVANTE Comunicare chiaramente nella consegna lo scopo del disegno. Spiegare che il loro disegno servirà

“per far sapere all’interlocutore qualcosa che egli vuole conoscere”…

Molto utili le consegne che prevedono l’uso di un compito contrastivo (es. rappresentare due

oggetti in modo diverso, o due relazioni in circostanze diverse…)

Far evidenziare non solo l’immagine comune ( canonica), ma anche un aspetto particolare della

rappresentazione richiesta.

Il disegno finito non è mai la trasposizione diretta di quello che il bambino

ha in mente

Un singolo disegno non consente di dare interpretazioni definitive.

RUOLO DEL CONTESTO NELLA VALUTAZIONE DEI DISEGNI

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La valutazione del disegno non può prescindere dalla rilevazione di

quanto è avvenuto durante la sua realizzazione (PROCESSO PITTORICO).

Situazione relazionale

L’atteggiamento verso il compito proposto

Il comportamento del bambino rispetto all’esecuzione della prova

Tipo di consegna data.

LA SCRITTURA: ASPETTI EVOLUTIVI GIULIANA PINTO( Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia Università di Firenze)

Nell’acquisizione delle competenze di scrittura nel corso del primo ciclo di scuola primaria, ci si attende che

il bambino impari a padroneggiare la scrittura strumentale e metta questa capacità al servizio di un uso più

articolato della scrittura, rappresentato dalla testualità. Gli studi volti a rilevare gli antecedenti evolutivi nel

periodo prescolare mostrano che le diverse componenti dell’alfabetizzazione emergente hanno un diverso

potere predittivo rispetto alle capacità iniziali di scrivere parole. Resta da chiarire il contributo offerto

dall’alfabetizzazione emergente a livelli più avanzati di competenza in scrittura, in particolare nella scrittura

di testi. Da studi recenti emerge come il fattore di competenza testuale orale( cioè la capacità di narrare

storie inventate, dotate di una buona struttura, coesione e coerenza) nel corso del primo ciclo mentre si

ridimensiona il ruolo dei fattori di competenza fonologica e ortografica. Tale quadro tuttavia si diversifica

ulteriormente nei soggetti per i quali il processo di apprendimento della scrittura è più difficoltoso o

addirittura compromesso.

RILEVANZA

L’acquisizione strumentale della scrittura costituisce, per una significativa

percentuale di bambini all’inizio della scuola primaria un ostacolo rilevante in

tre direzioni

A breve termine incide

sulla motivazione ad

apprendere e

sull’autostima

A lungo termine ostacola la

produzione del testo e le abilità

di studio

per alcuni bambini si può configurare

come un vero e proprio disturbo di

apprendimento

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STUDIARE LE TRANSIZIONI

Indagare

Sul modo in cui i processi di alfabetizzazione prendono avvio;

sugli ostacoli ad un loro adeguato dispiegarsi;

sulle modalità di prevenzione dell’insuccesso;

IL COSTRUTTO DI ALFABETIZZAZIONE EMERGENTE IN ETA’ PRESCOLARE

Alfabetizzazione emergente = insieme delle competenze e delle conoscenze antecedenti

l’apprendimento formale di scrittura e lettura e che concorrono alla sua realizzazione.

Consapevolezza fonologica Capacità di decentrarsi dal significato delle parole orali e rendersi conto che esse costituiscono anche

patterns di suoni, suddivisibili intenzionalmente in unità sub-lessicali quali le sillabe o i fonemi.

Conoscenza delle regole che permettono al codice scritto di costituire una simbolizzazione della lingua

parlata.

Scrittura inventata

Le indagini nazionali e internazionali confermano come le difficoltà

di lettura e scrittura costituiscano un problema ampiamente diffuso

tra gli studenti italiani.

L’esordio di tali difficoltà è riconducibile alle prime tappe

dell’apprendimento della scrittura e lettura strumentale in

particolare ai processi grafo-motori e ortografici di scrittura, ed in

prestazioni lacunose nella decifrazione del testo scritto.

Quell’esigua parte di alunni che non si sono impadroniti del mezzo che commettono molti errori ortografici,

risentono del cambiamento del mezzo espressivo, per quanto concerne la competenza testuale?

La mancata automatizzazione dell’ortografia può inibire la composizione di testi.

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In conclusione Fin qui la ricerca, ma è essenziale che la ricerca non finisca in laboratorio ma che i risultati “tornino” nei

contesti esperienziali e li qualifichino… ricordando che intanto il mondo cambia.

LE ABILITA’ DI SCRITTURA: ASPETTI PROCESSUALI BARBARA ARFE’( Università di Padova)

La scrittura è un processo cognitivo. Questa affermazione che oggi non suscita stupore e non scuote più gli

animi di molti accademici e insegnanti, è stata tuttavia rivoluzionaria negli anni ’80, quando per la prima

volta due studiosi, Hayes &Flower (1980), hanno ipotizzato che scrivere fosse un processo di problem

solving. La scrittura è un processo poiché è una sequenza di operazioni, sia automatiche sia strategiche,

necessarie all’ottenimento di un risultato; si svolge nel tempo e ha luogo nella mente di chi scrive. La

scrittura è un processo cognitivo poiché elabora e crea contenuti di conoscenza, attraverso l’uso di simboli,

ma non solo. Questa visione ha modificato e continua a modificare il modo di insegnare la scrittura. Nel

corso degli ultimi 30 anni i progressi nel campo della ricerca hanno permesso varie revisioni di questo

modello, alcune delle quali adatte a spiegare come il bambino apprende a scrivere e quali difficoltà incontra

in questo percorso.

Lo sviluppo: aspetti processuali Nel bambino lo sviluppo delle abilità di scrittura riguarda l’acquisizione di nuovi processi (Berninger, 2002):

Di spelling

Grafo-motori

…e il loro crescente automatismo

SCRITTURA

una semplice trasposizione della lingua parlata… o qualcosa di più?

La scrittura non coincide con il testo scritto, poiché include operazioni cognitive( pianificazione, definizione

degli obiettivi, formulazione di idee, ecc.) di cui il testo scritto è il prodotto finale.

LE ABILITA’ DI SCRITTURA: ASPETTI METACOGNITIVI ANNA MARIA RE ( Università di Padova)

La scrittura è spesso fonte di lamentele da parte degli insegnanti. Essi infatti riportano frequentemente che

molti dei loro studenti non raggiungono risultati adeguati al loro grado di istruzione in compiti di

espressione scritta. Nonostante ciò, la ricerca non rivolge abbastanza attenzione alle caratteristiche degli

studenti che presentano severe difficoltà nella produzione di testi scritti. Questo è un argomento

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particolarmente attuale se pensiamo che viviamo in una società tecnologica, in cui è sempre maggiormente

richiesto di produrre documenti scritti di diverso tipo. Nella presente occasione , verrà presentato uno

studio sull’espressione scritta, ossia la capacità di produrre dei testi scritti sulla base di un input visivo o

verbale, e il ruolo di alcune variabili di base che possono essere critiche in bambini con difficoltà di scrittura.

Scrittura e problem solving

la scrittura può essere concettualizzata come un processo attivo, dinamico, paragonabile ad un

processo di problem solving piuttosto che alla semplice ricodifica del linguaggio parlato.

Colui che scrive si impegna in un compito di risoluzione di problemi il cui scopo è quello di cercare

di produrre un linguaggio comprensibile e leggibile,per condividere e comunicare le proprie idee e

conoscenze su un argomento.

Aspetti metacognitivi nella scrittura

Conoscenze metacognitive

–consapevolezza dei propri processi cognitivi, delle caratteristiche del compito, delle regole della

comunicazione scritta, delle strategie di intervento.

Controllo esecutivo

- decisioni strategiche necessarie per scrivere in maniera efficace, in relazione agli obiettivi

comunicativi.

METACOGNIZIONE E GENERAZIONE DI IDEE

Gli scrittori inesperti non generano informazioni coerenti con quelle precedenti( Williams, 2003),

ma tendono a generare idee in modo associativo ( Singer e Bashir, 2004), includendo elementi

superflui e non funzionali( Graham 1990, Mac Arthur e Graham, 1987)

Il risultato finale è una amalgama di idee sconnesse che non riescono a presentare i pensieri degli

scrittori in modo coerente( Englert, Zhao, Dunsmore,, Collins e Wolbers, 2007)

METACOGNIZIONE E PIANIFICAZIONE

In ogni caso qualsiasi tipologia di pianificazione richiede la conoscenza di :

diversi generi testuali

conversazioni pragmatiche sottese al contesto in vista del raggiungimento di una serie di obiettivi.

Sweeder afferma che gli scrittori inesperti non costruiscono un adeguato schema del testo, ma

pianificano solo poche frasi in successione.

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La metà degli alunni con difficoltà di apprendimento, nella scuola primaria, investe pochissimo

tempo nella pianificazione anticipata.

La maggior parte della loro attività di pianificazione avviene on-line, durante la transizione.

ADHD e pianificazione in scrittura(Re, Caeran, Cornoldi, 2008)

La facilitazione consisteva in uno schema guida, che scomponeva il compito di produzione in piccoli

passi e guidava il bambino, lasciandolo libero di riservare le sue capacità attentive alle fasi di

produzione e trascrizione delle idee.

I risultati di questo studio hanno mostrato che i bambini traggono generalmente beneficio

dall’aiuto dello schema –guida migliorando il loro comportamento.

In particolare, i bambini con difficoltà di attenzione e iperattività hanno, non solo prodotto dei testi

qualitativamente migliori ma anche commesso meno errori ortografici.

METACOGNIZIONE E REVISIONE

L’approccio alla revisione degli studenti con difficoltà di scrittura risulta inefficace poiché consiste

nella correzione meccanica di errori nel tentativo di rendere il prodotto finale più ordinato, molto

spesso senza successo (Mac AArthur & graham 1987,Mac Arthur et al., 1991)

Considerando le componenti della revsione come identificazione del problema e della sua

soluzione, è stato dimostrato che studenti con DSA spesso non sanno né individuare il problema

né venirne a capo. ( Mac Arthur et al.,1991)

I “cattivi scrittori”, che hanno abilità metacognitive meno sofisticate e meno sviluppate (

Wong,1986), hanno poca consapevolezza della struttura del testo, dei loro stessi processi cognitivi

e delle aree nelle quali dovrebbero migliorare( Graham, harris ,1993 Wong et al. 1994)

CONCLUSIONI La metacognizione è un aspetto molto importante nella produzione del testo

I bambini con difficoltà di scrittura solitamente hanno anche scarse conoscenze

metacognitive sul processo stesso di scrittura

Lavorare sugli aspetti metacognitivi della scrittura significa migliorare la capacità stessa di

espressione scritta

Migliorare la produzione dei testi scritti fin dai primi anni di scolarizzazione non può che

favorire il bambino in molte aree dell’apprendimento scolastico.

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LE ABILITA’ DI SCRITTURA: ASPETTI MOTIVAZIONALI CARMEN GELATI ( Università di Padova)

La scrittura è un’attività molto complessa che coinvolge processi sia cognitivi che linguistici ( Hayes &

flower, 1980). La difficoltà del compito di scrittura e gli insuccessi che ne possono derivare tendono ad

abbassare progressivamente sia il desiderio di scrivere, sia li senso di efficacia ( Boscolo & Gelati, 2007).

Tre aspetti sembrano essere rilevanti per incrementare la motivazione a scrivere:

a) Esperire la scrittura come attività utile ( Boscolo & Carotti, 2003);

b) Far comprendere la funzione comunicativa della scrittura ( Nolen, Gelati & Galvan, 2012);

c) Agire sul contesto per favorire l’interesse situazionale ( Gelati,2012) e utilizzare i “challenging tasks”

( Boscolo, Gelati, & Galvan, 2012).

Sono stati condotti due studi che rientrano nell’ultimo punto.

Studio 1 : contesto e interesse situazionale.

L’ interesse situazionale sembra influire positivamente sulla prestazione; sembra inoltre che sia connesso al

senso di efficacia. Lo studio ha indagato se l’interesse influisce sull’abilità di scrittura e sugli aspetti

motivazionali ad essa connessi.

Metodo : a )71 allievi del terzo anno della scuola primaria, 59 del quinto anno e 61 del secondo anno della

scuola secondaria di primo grado sono state proposte due esperienze in grado di interessarli a livelli diversi.

Tutti gli allievi hanno vissuto entrambe le esperienze, hanno narrato in forma scritta quanto vissuto e

hanno compilato dei questionari motivazionali.

Risultati: l’interesse sembra avere influito positivamente sulla prestazione; gli allievi infatti, hanno scritto

testi migliori dal punto di vista qualitativo, più completi e ricchi di spunti personali quando hanno narrato

l’esperienza vissuta come più interessante. Inoltre, l’interesse sembra aver influito positivamente sulla

motivazione a scrivere narrazioni personali,ma non sul senso di efficacia.

Studio 2: utilizzo dei “challenging tasks”.

I “challenging tasks”, ovvero i compiti “sfidanti”, coinvolgono cognitivamente gli allievi e hanno una forte

valenza motivazionale (Miller,2003). Lo studio ha verificato l’efficacia di un intervento focalizzato sui

compiti sfidanti di scrittura per cogliere se e in che modo essi influiscono sulla prestazione e sulla

motivazione a scrivere.

Metodo: b)hanno partecipato allo studio 114 allievi del quarto anno della scuola primaria; 66 hanno

seguito l’intervento sui compiti sfidanti volti a manipolare e rielaborare testi dati e 48 hanno costituito il

gruppo di controllo. Prima e dopo l’intervento gli allievi hanno svolto dei compiti di scrittura e hanno

compilato dei questionari motivazionali.

Risultati: l’intervento ha influito positivamente sia sull’abilità di rielaborare testi, sia sul gradimento per

l’attività di scrittura. Non ha invece avuto effetti sul senso di efficacia.

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Obiettivo della presentazione 1. Perché passaggio da motivazione intrinseca ad estrinseca/mancanza di motivazione?

2. Come motivare?

3. Ruolo fondamentale dell’insegnante

4. Ricerche effettuate

1. Perché passaggio da motivazione intrinseca ad estrinseca/mancanza

di motivazione?

1.Difficoltà di scrittura

Autopercezione di competenza

2.scrittura come esercizio fine a sé stesso

Scrittura ripetitiva, noiosa, lontana dalla vita reale:

visione ed approccio difficili da modificare

Bambino motivato

Si impegna a scrivere perché ha compreso che è utile i importante ( seppur difficile)

Non necessariamente entusiasta!

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2.Come motivare a scrivere?

1. Aiutare a comprendere che la scrittura è un’attività utile ( punto di vista pratico, writing to

learn) (Boscolo & carotti, 2003)

2. Sottolineare la funzione comunicativa della scrittura, lavoro collaborativo (Nolen,2007)

3. Agire sul contesto ( Gelati,2012)

4. Compiti sfidanti (Boscolo, Gelati & Galvan,2012)

3.ruolo fondamentale dell’insegnante

Credenze insegnanti sulla scrittura influiscono sul percorso didattico

Credenze, idee sulla scrittura dei bambini

Da idea di scrittura come abilità da acquisire a idea di scrittura come

strumento per comunicare e apprendere.

4.ruolo del contesto ( Gelati, 2012)

Interrogativi di ricerca

1. L’interesse influisce sulla produzione delle narrazioni personali?

2. L’interesse influisce sul senso di efficacia in scrittura?

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Metodo

Fase preliminare Individuazione delle esperienze

calcio interessa ai maschi

calcio argomento su cui i maschi scrivono volentieri

ballo interessa alle femmine

ballo argomento su cui le femmine scrivono volentieri

Realizzazione delle due esperienze ( calcio e ballo)

fase 1 Preparazione: 4 ore per ogni attività

attività calcio ( creazione squadre, formazione, maglietta…)

attività ballo (( visione video musicale, prove canto, maglietta…)

fase2 Realizzazione: 2 ore per ogni attività

partita

ballo

Misure dopo l’esperienza programmata

1. Questionario sul senso di efficacia in scrittura

2. Narrazione scritta dell’esperienza vissuta

3. Questionario sul gradimento del lavoro proposto

- Interesse situazionale per le esperienze vissute

- Interesse per la scrittura delle esperienze vissute

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OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

Gli allievi hanno scritto testi più completi, più ricchi di strategie di valutazione e migliori dal punto di vista

qualitativo quando hanno narrato l’esperienza per loro più interessante.

Ruolo decisivo del contesto: far vivere in prima persona esperienze

interessanti, può influire positivamente sulla scrittura delle narrazioni

personali.

4.2 Uso dei compiti sfidanti

( challenging tasks)

Si chiede agli allievi di manipolare/modificare testi narrativi in funzione di regole specifiche.

Interrogativi di ricerca:

- L’uso dei compiti sfidanti incrementano la motivazione a scrivere?

- L’uso dei compiti sfidanti influisce sull’abilità di scrittura/riscrittura dei testi narrativi?

L’intervento

10 incontri di 90 minuti ( una volta alla settimana per 10 settimane)

Compiti proposti richiedevano di modificare il testo rispettando la struttura e i vincoli di quello originario.

Questo implica:

- Anticipare l’incoerenza dovuta al cambiamento apportato

- Rivedere il testo per trovare l’incoerenza

- Trovare parole appropriate per colmare l’incoerenza

Lipogramma: il testo deve essere riscritto eliminando tutte le parole che includono una specifica lettera.

Tautogramma: tutte le frasi devono iniziare con la stessa lettera

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Alfabeto: la prima parola di ogni frase deve iniziare con una lettera diversa, seguendo l’ordine alfabetico.

Dialogo: viene introdotto un dialogo tra i personaggi, viene richiesto un coerente registro linguistico.

Cambiamento della storia: il setting della storia è lo stesso, ma il protagonista cambia.

Per ogni attività due lezioni.

OSSERVAZIONI CONLUSIVE

1. L’intervento ha influito positivamente sul gradimento per l’attività di scrittura, ma non sul senso di

efficacia.

2. L’intervento ha incrementato l’abilità di scrittura/riscrittura dei testi: gli allievi hanno migliorato la

loro abilità di costruire frasi e testi coerenti e corretti dal punto di vista sintattico.

FIGURA STRUMENTALE AREA N.4 “ BISOGNI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO-ATTIVITA’ A FAVORE DI

ALUNNI DISABILI”: AMOROSI GIUSEPPINA LUCIA


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