Relazione sulle attività svolte nel 2012 e 2013
dal Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici
INDICE
SINTESI 3
1. Legge delega in materia di valutazione degli investimenti in opere pubbliche 8
2. La competitività a livello locale: Doing Business Subnational in Italia 2013 17
3. Le politiche urbane: piano città e politiche urbane 25
4. Il Fondo Sviluppo e Coesione 45
5. L’attuazione della Riforma dell’Università 51
6. Politiche energetiche e ambientali 55
7. Politiche agricole 66
8. L’Analisi di Impatto della Regolamentazione 69
9. Le grandi opere ferroviarie in Italia 80
3
SINTESI
La presente Relazione dà conto delle attività svolte durante l’anno 2012 e 2013 dal Nucleo di
valutazione e verifica degli investimenti pubblici operante presso il Dipartimento per la
programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio
dei Ministri1.
Nel periodo in esame, è stato portato avanti un processo di risanamento della finanza pubblica e di
riforme e semplificazione con i decreti “Salva Italia”, “Cresci Italia” e “Semplifica Italia”. Tali misure
hanno avuto come effetto aggregato la discesa dell’indebitamento netto al 3% del PIL nel 2012 e sono
state accompagnate da politiche di razionalizzazione e contenimento della spesa. La contrazione della
spesa pubblica negli ultimi due anni ha avuto un impatto maggiore sulla già modesta componente in
conto capitale, scesa da 51,78 miliardi di euro (3,3% del PIL) nel 2010, a 48,12 miliardi (3%) nel 2011
e a 47,827 miliardi (3,1%) nel 2012.2 Gli investimenti fissi lordi in particolare sono calati nei tre anni da
32,4 miliardi a 31,1 e 29,2 miliardi, scendendo tra il 2010 e il 2012 dal 2,1% all’1,9% del PIL, mentre i
contributi in conto capitale3, sono stati ridimensionati in misura minore.
Tale contrazione ha riguardato in misura maggiore le amministrazioni locali, per le quali la spesa in
conto capitale è scesa dal 2,2% del PIL nel 2010 all’1,8% nel 2012, mentre la spesa in conto capitale
delle Amministrazioni centrali è rimasta nello stesso periodo all’1,9% del PIL, con un calo temporaneo
all’1,7% nel 2011.
In questo contesto, che richiede un migliore uso delle scarse risorse disponibili, è proseguito il
processo di completamento delle disposizioni previste dai decreti legislativi 228/20114 e 229/2011
5 :
sono stati emanati i DPCM del 3 agosto 2012 e del 21 dicembre 2012, rispettivamente dedicati
all’azione di capacity building per le attività di programmazione e valutazione (Linee guida e schema-
tipo di Documento Pluriennale di Programmazione) e alla definizione delle condizioni di indipendenza,
professionalità ed etica dei componenti dei Nuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici
delle Amministrazioni statali; inoltre, con decreto del Ragioniere Generale dello Stato del 26 febbraio
1 Il Nucleo è stato istituito con DPCM del 25 novembre 2008, in attuazione di quanto disposto dalla legge
144/1999. Inizialmente composto da dieci esperti e un coordinatore, con DPCM del 15 luglio 2009 la composizione del Nucleo è stata ampliata a quindici componenti, al fine di fornire supporto tecnico al Dipartimento per gli Affari Giuridici e Legislativi (DAGL) della Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’Analisi di Impatto della Regolamentazione (AIR) dei provvedimenti normativi. Gran parte dei componenti del Nucleo di valutazione hanno completato il loro mandato nel corso del 2013 senza essere sostituiti e pertanto alcune parti della relazione sono aggiornate alla data della loro cessazione e non al 31 dicembre. 2 Ministero dell’economia e delle finanze, Documento di Economia e Finanze 2013, p. 11.
3 I contributi agli investimenti sono i trasferimenti in conto capitale che le amministrazioni pubbliche erogano alle
famiglie e alle imprese per finanziare i costi delle loro acquisizioni di capitale fisso. Rientrano ad esempio in questa voce i trasferimenti alle FS. 4 Attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere a), b), c) e d) della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di
valutazione degli investimenti relativi ad opere pubbliche. 5 Attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere e), f) e g), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di
procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche, di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti e costituzione del Fondo opere e del Fondo progetti.
4
2013, è stata data attuazione a quanto previsto dall’art. 5 del .Lgs. 229/2011, relativo al contenuto
minimo delle informazioni che le Amministrazioni e i soggetti aggiudicatori sono tenuti a rilevare e a
trasmettere alla banca dati delle opere pubbliche istituita presso il MEF-RGS ai sensi dell’art. 13 della
legge 196/2009.
A partire dal secondo semestre 2013, le Amministrazioni centrali dovranno iniziare a presentare i primi
Documenti Pluriennale di Programmazione, contenenti le evidenze dei processi valutativi svolti e in
essere. Le opere non incluse nel Documento o nella Relazione annuale (e quindi non oggetto di
valutazione) non potranno essere ammesse al finanziamento, con l’eccezione delle iniziative di
finanza di progetto e delle opere finanziate con il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) e con i
Fondi Strutturali Europei (FSE). Per quanto riguarda le infrastrutture strategiche, il Documento è
identificato nel Programma previsto dalla Legge Obiettivo (art. 1, comma 1 della legge 443/2001). Il
DIPE, con il supporto tecnico del proprio Nucleo, dovrà verificare la corretta predisposizione dei
Documenti e delle Relazioni annuali, nonché il rispetto delle indicazioni contenute nelle Linee guida.
E’ stato completato e presentato il rapporto “Doing Business Subnational in Italy 2013” commissionato
alla Banca Mondiale dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - DIPE al fine di disaggregare a livello
sub-regionale gli indicatori di competitività utilizzati dalla Banca Mondiale stessa per valutare il ruolo
della Pubblica Amministrazione sull’attrattività territoriale. Gli esiti del Rapporto sono stati utilizzati
anche per formulare proposte di policy.
L’indagine del Rapporto Doing Business Sub National ha confermato le difficoltà esistenti dal punto di
vista della competitività, soprattutto in termini di tempi di espletamento delle pratiche amministrative e
di conclusione delle controversie giudiziarie (la risoluzione di dispute commerciali in Italia ad esempio
richiede tra 2 e 3,5 volte il tempo medio nell’UE). E’ emersa una grande variabilità, a livello di
ripartizione geografica, nelle performance fra le 13 città nelle quali si è svolta l’indagine. La diffusione
delle migliori pratiche amministrative esistenti in alcune città italiane al resto del Paese sarebbe
sufficiente da sola a migliorare il ranking dell’Italia dal 73° posto al 56°, ma non sarebbe sufficiente a
raggiungere la media europea (40° posto mondiale).
In materia di politiche urbane, il Nucleo ha svolto attività di supporto all’avvio del Piano Nazionale per
le Città, lanciato nel giugno del 2012 con il così detto Decreto Sviluppo (decreto legge 22 giugno
2012, n.83 “Misure urgenti per la crescita del Paese”), con una dotazione iniziale di 224 milioni di euro
per investimenti in opere edilizie e infrastrutturali. In particolare, il Nucleo ha formulato proposte al
delegato del Ministro per la coesione territoriale in seno alla Cabina di Regia, finalizzate a definire le
modalità attuative per una migliore realizzazione del Piano.
Il Piano Città rappresenta un concreto segnale per l’accelerazione dei processi di sviluppo urbano
nelle città italiane; rappresenta inoltre il tentativo di avviare un processo di progressiva integrazione
degli investimenti pubblici e privati in ambito urbano. La gestione del Piano è stata affidata ad una
Cabina di Regia, coordinata dal Ministero delle infrastrutture. Nell’ambito della terza riprogrammazione
del Piano Azione Coesione dell’11 dicembre 2012, sono stati individuati a favore del Piano Città 94
5
milioni di euro, provenienti dal PON Reti e Mobilità ed inizialmente destinati al finanziamento delle
Zone Franche Urbane. Con questa ulteriore attribuzione di risorse, la disponibilità del Fondo per
l’attuazione del Piano Nazionale per le Città è salita a 318 milioni di euro. Nella fase attuativa, sono
pervenute alla Cabina di Regia 457 proposte, per un costo complessivo di 18,5 miliardi di investimenti
pubblici e privati. In esito all’istruttoria, sono stati selezionati i progetti presentati da 28 Comuni, per un
investimento complessivo pari a 4,4 miliardi di investimenti finalizzati alla riqualificazione e rilancio di
aree dismesse, di quartieri di edilizia residenziale pubblica e di aree urbane degradate. Il
finanziamento statale di 318 milioni si aggiunge ad altri finanziamenti pubblici e privati (ad esempio 1,5
miliardi del Fondo Investimenti per l’Abitare di CDP Investimenti Sgr, oltre a fondi per l’edilizia
scolastica, per l’edilizia per le forze armate), svolgendo una funzione di catalizzatore e di messa a
sistema di fondi e programmi precedentemente dispersi.
Per quanto riguarda la programmazione delle risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione, nel periodo in
esame (settembre 2012 - marzo 2013), sono state assunte dal CIPE 11 deliberazioni; le attività
consequenziali alle sedute del Comitato hanno guadagnato ulteriore efficienza, riducendo del 40% i
tempi di perfezionamento rispetto alla situazione precedente agli interventi di riorganizzazione
introdotti dal DL 201/2011.
Fra le decisioni adottate, si segnalano tre argomenti per il loro rilievo programmatico e finanziario: la
riprogrammazione dei Piani Attuativi Regionali (PAR) 2007-2013 di Marche, Liguria e Toscana; la
definitiva ripartizione delle risorse assegnate in favore del sisma Abruzzo per il triennio 2013-2015 e
l’imputazione delle riduzioni di spesa a carico del FSC in seguito al DL 95/2012 (“revisione della spesa
pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”).
Come nella precedente relazione, il Nucleo evidenzia alcune persistenti criticità nei processi di
programmazione e attuazione degli interventi finanziati a valere sul FSC, relative all’inadeguatezza
delle valutazioni e alla qualità e completezza delle informazioni fornite dalle amministrazioni
proponenti. Fra il 2013 e il 2014, con l’entrata a regime delle disposizioni previste dal D.Lgs.
228/2011, tali criticità potranno essere affrontate.
Per l’anno 2012, le Regioni italiane sono riuscite a spendere tutte le risorse comunitarie assegnate per
i rispettivi Piani di Sviluppo Rurale (PSR) regionali. L’avanzamento percentuale cumulato della spesa
attribuita all’Italia per il 2007-2013, a valere sul Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale
(FEASR), è stato pari a circa il 52 % a fine 2012, in crescita regolare rispetto al 37% di fine 2011. Ad
esclusione di Lazio e Sicilia, che devono ancora superare il 50% delle risorse loro assegnate, tutte le
altre Regioni sono riuscite a raggiungere un avanzamento di spesa per il periodo 2007-2013 tra il 50%
e il 60%, con punte di oltre il 60% per la Lombardia, la Valle d’Aosta e la Provincia autonoma di
Trento. La Provincia autonoma di Bolzano ha ottenuto finora il miglior risultato in termini di
avanzamento di spesa, con il 79,6% del totale.
In materia di politiche energetiche e ambientali, il Nucleo ha fornito assistenza tecnica e valutazioni in
merito alla stesura della Strategia Energetica Nazionale.
6
Sono stati approfonditi gli scenari decennali relativi alle seguenti tematiche: lo sviluppo dei mercati del
gas naturale e dell’energia elettrica; il Piano di azione preventivo; il Piano di emergenza e
monitoraggio della sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale; il Piano di sviluppo della rete
elettrica nazionale di trasmissione; il Piano di azione nazionale per le energie rinnovabili e infine il
Piano di azione nazionale per l’efficienza energetica.
Le finalità della strategia energetica nazionale al 2020 sono così definite: conseguire un risparmio
nazionale pari a 14 miliardi di euro all’anno (sugli attuali 62 di bolletta energetica), con una riduzione
della dipendenza dall’estero dall’84% al 67%; attivare 180 miliardi di investimenti entro il 2020; portare
al 20% l’incidenza dell’energia rinnovabile sui consumi totali e al 36-38% la quota sui consumi elettrici
(in entrambi i casi circa il doppio rispetto al 2010); ridurre del 24% i consumi primari rispetto allo
scenario inerziale al 2020.
La produzione di energia elettrica è ormai per il 27% di tipo rinnovabile, ma dovrà continuare
l’adeguamento degli incentivi alla riduzione dei costi di produzione delle rinnovabili, anche per ridurne
l’impatto finanziario.
L’attività del Nucleo ha riguardato anche i cambiamenti climatici, contribuendo all’istruttoria relativa
all’aggiornamento del Piano nazionale per la riduzione dei gas serra, sottoposto al CIPE nella seduta
del dell’8 marzo del 2013. Obiettivo del Piano è l’aggiornamento del quadro emissivo nazionale per il
periodo di validità del Protocollo di Kyoto (2013-2020) e la definizione di un percorso emissivo per il
periodo successivo alla sua scadenza, individuando a tal fine diverse misure volte alla riduzione dei
gas serra per rispettare gli impegni comunitari al 2020. Il Comitato ha deliberato in merito alla distanza
dell’Italia dall’obiettivo di Kyoto, stabilendo che entro il 30 novembre 2013 il Ministro dell’ambiente
presenterà al CIPE un piano con le possibili opzioni per rispettare tale obiettivo, con particolare
riferimento all’individuazione del portfolio di crediti di carbonio da acquistare sul mercato.
Dalle stime svolte dal Nucleo, in relazione al gap indicato nella delibera (tabella 6,3) pari a 119 Mton
CO2, l’acquisto dei crediti di carbonio potrebbe incidere sulla finanza pubblica per oltre 400 milioni di
euro (ai prezzi di mercato di aprile 2013). Il prezzo del carbonio sta calando e ha toccato il minimo
storico lo scorso aprile a 3 € per tonnellata di CO2. E’ possibile una crescita di tale prezzo a fine anno,
a seguito della ripresa attesa del PIL nell’UE e dell’aumento della domanda di crediti di carbonio sul
mercato internazionale con l’avvicinarsi della scadenza dei termini per l’acquisto ai sensi dell’accordo
di Kyoto.
La valutazione della ricerca scientifica e del sistema universitario (VQR 2004-2010), coordinata
dall’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) e realizzata
tramite quattordici gruppi di esperti della valutazione, è in corso di completamento. Sono stati
esaminati oltre 200.000 lavori, pari al 94,7% dei progetti di ricerca per i quali il bando richiedeva la
valutazione. Il VQR permetterà di stilare un ranking di Atenei, Enti di ricerca, consorzi e di altre
istituzioni di formazione e di ricerca; tale ranking sarà la base di partenza per l’assegnazione di circa
2/3 della parte premiale del fondo di finanziamento ordinario (circa 380 milioni di euro per il 2013).
7
La procedura di Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN) dei professori universitari, di prima e seconda
fascia, avviene sulla base indici di produttività scientifica predisposti con il supporto dell’ANVUR.
Continua anche l’attuazione del sistema a tre livelli di Autovalutazione, Valutazione e Accreditamento
delle università (AVA).
Il tema dell'Analisi di Impatto della Regolamentazione (AIR) ha ricevuto una rinnovata attenzione sia in
ambito internazionale che nazionale; nel 2012 diverse iniziative istituzionali hanno impresso
un’accelerazione al processo di riforma e riqualificazione della disciplina in materia di AIR, VIR e
consultazioni, orientando di conseguenza il lavoro del Nucleo.
In ambito internazionale, il Gruppo AIR del Nucleo ha svolto un’intensa attività di partecipazione ai
gruppi di lavoro sia in sede OCSE (“Regulatory Policy Committee”, indagine sull’impatto
concorrenziale, rassegna sull’Italia 2012), che in sede comunitaria (“High level group on National
regulatory expert” a supporto dei lavori della Commissione; “Gruppo Mertens” e “Gruppo Competitività
e crescita” a supporto dei lavori del Consiglio. Per la Commissione, il Gruppo AIR ha inoltre
collaborato all’agenda “smart regulation”).
In ambito nazionale, il Gruppo AIR ha partecipato all’istruttoria sia del nuovo Regolamento destinato a
sostituire i DPCM 170/2008 e 212/2009, sia della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri per
disciplinare le modalità con cui le amministrazioni statali assicurano il rispetto dei livelli minimi di
regolazione previsti dalle direttive europee. Inoltre, il Gruppo AIR ha svolto un’intensa attività di
indirizzo metodologico, valutazione e divulgazione al fine di orientare e riqualificare i contenuti delle
Relazioni AIR presentate dalle amministrazioni. Una particolare attenzione è stata infine dedicata al
problema degli oneri amministrativi delle piccole e medie imprese, in coerenza con lo Small Business
Act.
Nel capitolo finale é ricostruito l’iter approvativo, gli aspetti tecnici e l’evoluzione finanziaria di sei
grandi opere ferroviarie dell’Alta Velocità – Alta Capacità (AV/AC), previste in parallelo alla
realizzazione e al completamento del Sistema AV/AC Torino-Milano-Napoli e incluse nella rete
Transeuropea dei trasporti (TEN-T). Si tratta della “Galleria di base del Brennero”, la “linea AV/AC
Milano Verona: tratta Treviglio-Brescia”, la “Tratta AV/AC Terzo Valico dei Giovi”, il “Collegamento
internazionale Lyon-Torino”, la “Direttrice ferroviaria Napoli-Bari”. E’ identificato il fabbisogno residuo
per le sei opere, quantificabile nel 2013 in 19,8 miliardi di euro, e dati gli stringenti impegni con
l’Unione Europea, si suggerisce di indicare un gruppo ristretto o una “graduatoria” di priorità
infrastrutturali, quantomeno in relazione agli impegni finanziari.
8
1. LEGGE DELEGA IN MATERIA DI VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI IN OPERE
PUBBLICHE
1.1 Le norme di riqualificazione della spesa pubblica
L’esigenza di riqualificazione della spesa pubblica ha caratterizzato la spending review avviata nel
2011 e proseguita nel 2012. La contrazione delle risorse disponibili ha sollevato l’esigenza di
rafforzare l’intero ciclo di programmazione (dalla costruzione del bilancio al monitoraggio e valutazione
della spesa), in coerenza con i principi del performance based budgeting posti a base della riforma
della contabilità e finanza pubblica (legge 196/2009) e degli interventi in materia di “misurazione,
valutazione e trasparenza della performance” (Titolo II del D.Lgs. 150/2009).
Un’effettiva revisione della spesa pubblica implica il definitivo superamento sia della logica dei tagli
lineari alle dotazioni di bilancio, sia del criterio della spesa storica; a tal fine, è indispensabile il
rafforzamento della capacità istituzionale nel programmare per obiettivi, valutare e monitorare la
spesa pubblica, accentuare l’interazione fra l’allocazione delle risorse in bilancio e la misurazione dei
risultati riferiti a ciascun programma di spesa.
In prospettiva, il processo di spending review, lungi dall’appiattirsi sul contenimento della spesa
“aggredibile”, dovrebbe essere orientato da una parte dalla valutazione dei risultati conseguiti,
dall’altra da una proattiva ridefinizione delle priorità di policy, basata sul principio dello “zero based
budgeting”. Su tale principio è stata recentemente autorizzata una sperimentazione ad opera del
MEF-RGS (legge 243/2012, art. 21), nell’ambito delle disposizioni per l’attuazione del pareggio di
bilancio recentemente introdotto dall’art. 81 della Costituzione (così come modificato dalla Legge
costituzionale n° 1 del 20 aprile 2012) in attuazione del Fiscal Compact. I due metodi di
programmazione di bilancio sopra richiamati e previsti da diverse norme in vigore sono
complementari, ma pongono l’enfasi su aspetti diversi, in quanto il performance based budget collega
le dotazioni di bilancio alla definizione di indicatori di risultato e agli esiti già raggiunti, mentre lo zero
based budget ogni anno riconsidera gli obiettivi e la distribuzione di responsabilità e, eventualmente,
attua soluzioni nuove ridefinendo l’allocazione di risorse partendo teoricamente da zero6.
6 Il performance based budgeting implica la capacità di misurare i risultati attesi dalla spesa pubblica attraverso la
definizione di indicatori. Ciò consente di valutare le destinazioni di bilancio sulla base dell’effettiva utilità di singoli programmi di spesa, valutata con un approccio evidence based e utilizzando a tal fine anche le valutazioni di impatto svolte sulle politiche passate. La presenza di attività di valutazione, costanti nel tempo, rappresenta infatti una “memoria” degli esiti delle politiche pubbliche utile a razionalizzare la determinazione delle grandezze di bilancio, attualmente largamente condizionate dal criterio della spesa storica. Lo zero based budgeting invece, è un approccio alla programmazione che, in teoria, si presenta come radicale superamento della logica incrementale, in quanto non attribuisce alcun peso al passato e si basa sulla preliminare definizione degli obiettivi da perseguire e delle responsabilità e delle migliori modalità di spesa, evitando il tradizionale processo di negoziazione delle risorse fra i Centri di Responsabilità e l’organo di indirizzo politico-amministrativo.
9
In attuazione della legge 196/2009, con riferimento alla spesa corrente, i meccanismi di controllo
qualitativo e quantitativo della spesa pubblica sono stati potenziati e sistematizzati; in particolare, sono
stati istituzionalizzati i processi di analisi e valutazione della spesa delle Amministrazioni centrali,
attraverso l’istituzione dei Nuclei di Analisi e Valutazione della Spesa (NAVS) presso ciascun
Ministero (legge 196/2009, art. 39). I NAVS si sono insediati alla fine del secondo semestre 2011 e
operano in collaborazione e raccordo con il MEF-RGS. Le prime Relazioni annuali predisposte da
ciascun Nucleo sono state ricondotte a una sintesi unitaria e allegate alla parte III del DEF 2012. Tali
meccanismi sono attualmente limitati alle amministrazioni centrali; tuttavia, attraverso la riforma dei
controlli di regolarità amministrativa e contabile, introdotta dal D.Lgs. 123/2011 in attuazione dell’art.
49 della legge 196/2009, è prevista la graduale estensione delle attività di analisi e valutazione della
spesa a tutte le amministrazioni.
Per quanto riguarda la spesa in conto capitale7, le disposizioni in tema di programmazione,
valutazione e monitoraggio riflettono un disegno organico, articolato in due grandi ambiti di policy:
le leggi di spesa in conto capitale pluriennali e a carattere permanente finalizzate alla
realizzazione di opere pubbliche (art. 30, legge 196/2009);
gli interventi speciali previsti dall’articolo 119 della Costituzione per promuovere lo sviluppo
economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali,
per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona (legge 42/2009 delega al Governo in
materia di federalismo fiscale, art. 16).
Le norme sopra richiamate prevedevano deleghe legislative al Governo nel rispetto dei seguenti
principi e criteri direttivi:
legge 196/2009: linee guida per la valutazione degli investimenti, garanzia di indipendenza e
professionalità dei valutatori, potenziamento e pubblicità della valutazione ex post,
separazione del finanziamento dei progetti da quello delle opere tramite la costituzione di due
appositi fondi, rafforzamento e trasparenza del sistema di monitoraggio degli investimenti
pubblici, verifica della tempistica di spesa e sanzioni automatiche;
legge 42/2009: definizione delle modalità di finanziamento degli interventi afferenti le politiche
di coesione secondo il metodo della programmazione pluriennale.
7 La spesa in conto capitale è componente quantitativamente marginale della spesa pubblica totale (6% della
spesa e 3,1% del PIL nel 2012, Conto economico delle amministrazioni pubbliche), ma cruciale ai fini dell’accumulazione di capitale e quindi della crescita economica.
10
1.2 Il ruolo del Nucleo nell’attuazione delle norme in materia di programmazione,
valutazione e monitoraggio degli investimenti pubblici
I provvedimenti di attuazione delle deleghe legislative sopra citate hanno beneficiato, a partire dal
2011, della stretta collaborazione tra il Nucleo, l’Unità di valutazione degli investimenti pubblici del
Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero per lo sviluppo economico e la
Ragioneria Generale dello Stato.
In sintesi, le attività di programmazione, valutazione e monitoraggio degli investimenti pubblici sono
oggi regolate dai seguenti provvedimenti:
D.Lgs. 88/2011 di attuazione della L. 42/2009, art. 16 – Modalità di programmazione, attuazione,
valutazione e monitoraggio delle risorse aggiuntive (Fondi Strutturali e Fondo per lo sviluppo e la
coesione) e degli interventi speciali per la rimozione di squilibri economici, territoriali e sociali
Il decreto disciplina le modalità di programmazione, monitoraggio, attuazione e valutazione degli
interventi finanziati dal Fondo per lo sviluppo e la coesione e dai Fondi Strutturali dell’Unione Europea.
Per quanto riguarda in particolare la valutazione, il decreto prescrive di inserire, fra i criteri di
ammissibilità al finanziamento degli interventi definiti nel Documento di indirizzo strategico (adottato
con delibera del CIPE entro il mese di ottobre dell’anno che precede ogni sessennio di
programmazione dei fondi europei), anche gli indicatori per la misurazione dei risultati attesi e una
“rigorosa metodologia di valutazione degli impatti”. Analogamente, i “criteri di valutazione e
monitoraggio” devono essere esplicitati nei Contratti Istituzionali di Sviluppo (CIS) stipulati fra le
Amministrazioni centrali competenti e le Regioni per l’attuazione di quanto previsto nel Documento di
indirizzo strategico.
Si richiama in proposito il CIS per la realizzazione della Direttrice ferroviaria Napoli – Bari che,
all’interno delle relazioni tecniche relative ai singoli interventi, prevede la presenza di una sezione
concernente i “risultati attesi” declinati anche a mezzo di “indicatori di risultato”. In applicazione di tale
impostazione la recente delibera CIPE n. 18 febbraio 2013, n. 3, relativa all’approvazione del progetto
preliminare del tratto Cancello – Frasso Telesino dell’Itinerario ferroviario Napoli - Bari, riporta nel
dettaglio gli indicatori di risultato individuati nel suddetto CIS.
La valutazione e il monitoraggio degli obiettivi associati ai singoli interventi è coordinata dal DPS in
raccordo con i Nuclei di valutazione delle Amministrazioni statali e delle Regioni, anche attraverso il
sistema di monitoraggio unitario istituito presso il MEF-RGS dal Quadro Strategico Nazionale 2007-
2013.
D.lgs. 228/2011 di attuazione della legge 169/2009, art. 30, comma 9, lettere a), b), c) e d) –
Modalità di programmazione e valutazione dei fabbisogni e degli interventi infrastrutturali delle
Amministrazioni centrali
11
Il decreto introduce l’obbligo della valutazione ex ante ed ex post per le “opere pubbliche”8 finanziate a
valere sulle risorse iscritte negli stati di previsione dei singoli Ministeri o oggetto di trasferimento a
favore di soggetti attuatori in forza di specifica delega. In tema di programmazione, il decreto prevede
la predisposizione da parte dei Ministeri del Documento Pluriennale di Programmazione, da redigere
con cadenza triennale e da sottoporre all’approvazione del CIPE entro il 31 ottobre dell’anno
precedente il triennio di riferimento per essere oggetto di deliberazione, previa positiva conclusione
dell’istruttoria del DIPE. Entro il 31 dicembre di ogni anno i Ministeri dovranno inoltre trasmettere al
CIPE, per la presa d’atto, una Relazione sullo stato di attuazione del Documento. In tema di
valutazione ex ante delle singole opere, il decreto prevede un’integrazione dei contenuti degli studi di
fattibilità previsti dalla normativa sui contratti pubblici (D.lgs. 163/2006 e DPR 207/2010). Fra gli
elementi di integrazione, particolarmente qualificante appare la previsione dell’analisi della
sostenibilità gestionale dell’opera e, per le opere il cui costo stimato sia superiore a 10 milioni di euro,
dell’analisi dei rischi.
Il decreto 228/2011, accanto alle prescrizioni rivolte ai Ministeri, contiene infine un’importante azione
di capacity building, che si concretizza nelle seguenti linee:
affidamento delle attività di valutazione ai Nuclei di Valutazione e Verifica degli Investimenti
Pubblici (NUVV) di cui alla legge 144/1999, art.19, i quali potranno collaborare in raccordo con
il Sistema Nazionale di Valutazione istituito dal Quadro Strategico Nazionale 2007-2013 e, se
necessario per interventi particolarmente complessi, chiedere il supporto, previ accordi, del
Consiglio superiore dei lavori pubblici e delle due strutture tecniche istituite presso il DIPE, il
Nucleo e l’Unità Tecnica Finanza di Progetto;
definizione delle condizioni di indipendenza e professionalità dei componenti dei Nuclei, già
previste nei criteri contenuti nella delega della legge 196/2009, art. 30, comma 9, lettera c
(DPCM 21 dicembre 2012, n° 262, di attuazione dell’art. 7, comma 3, del D.lgs. 228/2011)
supporto metodologico attraverso la predisposizione di linee guida standardizzate, anch’esse
già previste nella delega della legge 196/2009, per lo svolgimento delle funzioni di valutazione
e il coinvolgimento degli Organismi Indipendenti di Valutazione, nonché per la definizione
dello schema-tipo di redazione del Documento Pluriennale di Pianificazione (DPCM 3 agosto
2012 di attuazione dell’art. 8, comma 3, del D.lgs. 228/2011). Il “modello di riferimento per la
redazione da parte dei Ministeri delle linee guida” si riferisce alle attività di valutazione ex ante
8 Più precisamente, l’art. 1 del D.lgs. 228/2011 individua l’ambito di applicazione della norma nella “spesa in conto
capitale destinata alla realizzazione di opere pubbliche e di pubblica utilità. A valere sulle leggi di spesa pluriennale e a carattere permanente”. 9 La norma in questione individua gli “Organismi Indipendenti di Valutazione” nei Nuclei di Valutazione e Verifica
degli Investimenti (NUVV) pubblici, costituiti ai sensi della legge 144/1999. E’ necessario non confondere tali strutture né con gli Organismi Indipendenti di Valutazione della performance, istituiti ai sensi dell’art. 14 del D.lgs. 150/2009, né con i già citati Nuclei di Analisi e Valutazione della Spesa (NAVS) istituiti presso le Amministrazioni centrali dello Stato ai sensi dell’art. 39 della legge 196/2009.
12
dei fabbisogni infrastrutturali, alla valutazione ex ante ed ex post dei progetti di investimento
infrastrutturali ed al coinvolgimento dei NUVV in tali attività. Il DPCM è stato pubblicato in GU
il 22 novembre 2012. Entro il 22 febbraio 2013 i Ministeri avrebbero quindi dovuto adottare le
proprie linee guida e trasmetterle al CIPE per la relativa presa d’atto. Non sono tuttavia ancora
pervenute al CIPE tali linee guida. Il medesimo DPCM del 3 agosto 2012 contiene anche lo
schema-tipo del Documento pluriennale di pianificazione che prevede l’articolazione del
Documento in: un’introduzione (volta a esplicitare il quadro finanziario e il raccordo fra gli
obiettivi di risultato e di impatto con la nota integrativa del Bilancio di Stato e con la Direttiva
annuale dell’organo di indirizzo politico-amministrativo); una Prima sezione dedicata all’analisi
ex ante dei fabbisogni infrastrutturali; una Seconda sezione dedicata ai metodi e risultati della
procedura di selezione e di valutazione delle opere e priorità di intervento; infine, una Terza
sezione dedicata ai metodi e risultati della valutazione ex post delle opere ancora in corso di
realizzazione.
Nel corso del 2012, gli interventi di capacity building sono stati realizzati attraverso l’emanazione dei
due DPCM sopraindicati. Il disegno normativo prevede che:
- il supporto metodologico per lo svolgimento delle specifiche attività di valutazione sia
assicurato prevalentemente dal Nucleo di valutazione del DPS, in raccordo con il Sistema
Nazionale di Valutazione;
- il coordinamento e la verifica della corretta predisposizione dei Documenti Pluriennali di
Programmazione e delle relazioni annuali di attuazione, nonché il rispetto delle indicazioni
contenute nelle linee guida, sia assicurato prevalentemente dal DIPE, al fine dell’esame da
parte del CIPE, il quale deve iscriverli all’ordine del giorno entro la prima seduta utile previa
conclusione dell’istruttoria preventiva del DIPE. Qualora la relativa deliberazione non
intervenga entro la seconda seduta utile del CIPE dopo la conclusione dell’istruttoria, i Ministri
competenti possono provvedere con proprio decreto ad approvare i DPP.
Nel corso dell’annualità 2013 il Nucleo di valutazione ha partecipato al Gruppo di Lavoro costituito
all’interno del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica con
l’obiettivo di informare e supportare le decisioni ed i pareri del CIPE relativamente alle linee guida per
la valutazione degli investimenti relativi ad opere pubbliche e ai Documenti Pluriennali di
Pianificazione prodotti dai Ministeri.
Il Gruppo di Lavoro è stato costituito con ordine di servizio del Capo Dipartimento in data 29 novembre
2013. Sono stati successivamente costituiti sottogruppi finalizzati ad approfondire tematiche e
problematiche specifiche, individuate già in sede della prima riunione plenaria del gruppo. I membri
del Nucleo facenti parte il Gruppo di lavoro si stanno occupando in particolare di analizzare le
modalità di inclusione, presentazione e valutazione (all’interno dei futuri Documenti Pluriennali di
Pianificazione) dei progetti ministeriali la cui implementazione è prevista in partenariato con soggetti
privati, ovvero di programmi complessi di interventi.
13
D.Lgs. 229/2011 di attuazione della legge 169/2009, art. 30, comma 9, lettere e), f) e g) – Modalità
di progettazione e monitoraggio degli interventi infrastrutturali delle amministrazioni pubbliche
Il decreto disciplina le modalità di monitoraggio degli investimenti pubblici e di verifica dell’andamento
della spesa. L’ambito di applicazione è più ampio del precedente decreto 228/2011, in quanto si
estende al complesso delle amministrazioni pubbliche e non si limita a quelle centrali. Le disposizioni
subordinano l’erogazione di finanziamenti pubblici all’effettivo adempimento degli obblighi di
monitoraggio e tracciabilità degli interventi, con particolare riferimento al Codice Unico di Progetto,
all’ottenimento del quale è subordinato il rilascio del codice identificativo di gara da parte dell’Autorità
di Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. I sistemi informatizzati di monitoraggio
disciplinati dal decreto dovranno alimentare la banca dati istituita presso il MEF-RGS ai sensi dell’art.
13 della legge 196/2009 e i dati trasmessi dovranno essere coerenti anche con il sistema di
monitoraggio del Quadro Strategico Nazionale 2007-2013 istituito sempre presso il MEF-RGS. Il
dettaglio delle informazioni minime da rilevare è stato successivamente definito con Decreto del
Ragioniere Generale dello Stato del 26 febbraio 2013, così come previsto dall’art. 5 del D.Lgs.
229/2011. Il decreto prevede inoltre un meccanismo di definanziamento automatico delle risorse a
carico dello Stato nel caso di mancato avvio dell’opera. Infine, vengono istituiti presso ciascun
Ministero due Fondi distinti, rispettivamente per la progettazione e per le opere.
1.3 Le questioni aperte
Come detto sopra, nel corso del 2012 è stato completato il quadro normativo in materia di
programmazione, valutazione e monitoraggio delle opere pubbliche, attraverso l’emanazione dei due
provvedimenti attuativi del D.lgs 22810
e del D.Lgs. 229/201111
.
E’ necessario che le Amministrazioni pubbliche diano puntualmente attuazione alle disposizioni sia di
carattere procedurale che di merito. Particolare attenzione andrà posta in primo luogo alla sollecita
trasmissione da parte delle amministrazioni centrali delle Linee guida per la valutazione ex ante ed ex
post, sulla scorta del modello standardizzato delle medesime Linee Guida e dello schema-tipo di
Documento Pluriennale di Programmazione adottati con il citato DPCM 3 agosto 2012.
In secondo luogo, i criteri di indipendenza e professionalità dei componenti dei Nuclei di Valutazione e
Verifica degli investimenti pubblici istituiti all’interno delle Amministrazioni centrali dello Stato (NUVV),
definiti con il DPCM del 21 dicembre 2012, dovranno trovare applicazione attraverso i Decreti
ministeriali e i regolamenti adottati da ciascuna Amministrazione per ridefinire i propri criteri e
10
Il DPCM 3 agosto 2012 finalizzato alla definizione delle Linee guida per la valutazione dei fabbisogni e degli interventi e dello Schema-tipo per la redazione del Documento Pluriennale di Programmazione; il DPCM 21 dicembre 2012, n° 262, finalizzato alla definizione delle garanzie di indipendenza e professionalità dei componenti dei Nuclei di Valutazione. 11
Il decreto del Ragioniere Generale dello Stato del 26 febbraio 2013 finalizzato alla definizione del contenuto informativo minimi dei sistemi gestionali informatizzati e delle modalità di monitoraggio, coordinate da RGS.
14
procedure di selezione e di rinnovo dei componenti dei Nuclei, nonché per declinare il proprio Codice
etico e gli specifici requisiti di indipendenza e incompatibilità.
Entro il 31 ottobre avrebbero dovuto essere sottoposti al CIPE i primi Documenti Pluriennali di
Programmazione (DPP) 2014 -2016 da parte di ogni Amministrazione centrale; la mancata redazione
e approvazione di tale Documento impedisce finora la piena attuazione dell’intero sistema di
programmazione, valutazione, attuazione e monitoraggio degli investimenti pubblici così come
concepito dalla norma attuale.
Nel seguito verranno evidenziate alcune ulteriori questioni aperte da affrontare per rendere
effettivamente operativo il disegno complessivo.
Capacity building
Il sistema dei nuclei di valutazione ha ricevuto un nuovo impulso, attraverso le nuove competenze
attribuite dal citato D.Lgs. 228/2011; la definizione dei requisiti minimi di indipendenza e
professionalità dei componenti dei nuclei; l’attribuzione di nuove risorse a valere sia sul Programma
Operativo PON Governance e Assistenza Tecnica (GAT) 2007-2013 per il potenziamento del Sistema
Nazionale di Valutazione, sia sui fondi stanziati dal CIPE con la delibera n. 26/2013 per 13,77 milioni
di euro.
Si tratta di un insieme di strumenti finalizzati a riqualificare in modo significativo le professionalità
disponibili all’interno dei Nuclei, accrescendone l’indipendenza nel processo decisionale relativo agli
investimenti pubblici. Nel selezionare professionalità interne all’amministrazione, sarà fondamentale
individuare criteri oggettivi e trasparenti di delimitazione fra il tempo dedicato al Nucleo e le ordinarie
attività lavorative.
Cogenza adempimenti
Le disposizioni dei D.Lgs. e dei DPCM di attuazione, sopra richiamati, si soffermano aspetti di
processo e metodologici, ma non incidono sugli aspetti relativi alla responsabilità delle scelte di
investimento e al grado di conseguimento dei risultati attesi. Il rischio da tener presente è che a fronte
di un’insufficiente pressione esterna e di una persistenza inadeguatezza delle capacità e dei poteri
interni in materia di valutazione, le Amministrazioni finiscano per disattendere le disposizioni
normative, limitandosi a formali adempimenti.
Il D.Lgs. 228/2011 prevede due sanzioni, relative alla corretta redazione del Documento Pluriennale di
Programmazione e alla sua presentazione:
il Documento Pluriennale di Programmazione può essere iscritto all’ordine del giorno del CIPE
solo in esito alla positiva istruttoria da parte del DIPE;
le opere non incluse nel Documento o nelle relazioni annuali non potranno essere ammesse
al finanziamento, ad eccezione delle operazioni di finanza di progetto disciplinate dall’art. 153
del Codice dei contratti pubblici.
15
Inoltre la delibera CIPE n. 26/2013 del 18 marzo 2013, nel ripartire i fondi destinati ai Nuclei di
valutazione dei Ministeri, ha condizionato il versamento del 50% della somma destinata ad ogni
singolo nucleo alla presentazione al CIPE da parte del relativo Ministero delle linee guida per la
valutazione degli investimenti in opere pubbliche per i settori di propria competenza.
Al fine di attribuire credibilità all’intero processo previsto dal D.Lgs. 228/2011 e successivi atti attuativi,
sarà necessario applicare in modo puntuale e sostanziale tali sanzioni. Affinché ciò sia possibile, è a
sua volta necessario che il disegno previsto dalla norma sia percepito dalle Amministrazioni centrali
come utile ed efficace, oltre che credibile e cogente.
Ciclo della performance e bilancio
Un aspetto che l’insieme dei provvedimenti sopra illustrati lascia irrisolto è l’adeguata visibilità
dell’intero ciclo di programmazione, dallo stanziamento in bilancio delle risorse in conto capitale, alla
spesa e misurazione dei risultati conseguiti, alle allocazioni nelle successive annualità. La difficoltà nel
ricollegare la decisione di bilancio alla realizzazione dell’opera è storicamente spiegata dalla
frammentazione delle fonti di finanziamento, dalla complessità della filiera istituzionale e dalla labilità
dei vincoli di destinazione delle risorse stanziate ma non impegnate. L’introduzione ad opera della
legge 196/2009 della programmazione triennale nella costruzione del bilancio di Stato e l’obbligo che
alle previsioni di competenza siano affiancate anche le previsioni di cassa per l’intero triennio,
favorisce senz’altro il rafforzamento del ciclo di programmazione. Tuttavia, il collegamento fra
stanziamento delle risorse e realizzazione dell’opera continua ad essere ostacolato da diversi fattori,
fra i quali: 1) la maggiore flessibilità del bilancio dello Stato i (richiedendo al Parlamento di votare
l’aggregato “programma” invece dell’”unità previsionale di base”); 2) la lunghezza della tempistica del
ciclo delle opere pubbliche, che accentua le difficoltà nella gestione dei residui passivi che si
stratificano nel bilancio finanziario, spesso di non facile quantificazione; 3) i ripetuti tagli di bilancio
anche riferiti ad assegnazioni di fondi già assunte, con la conseguente necessità di rivedere
l’attribuzione delle risorse.
Le conseguenze di ciò consistono in una sostanziale deresponsabilizzazione dei diversi soggetti
istituzionali competenti per le opere pubbliche e in una vanificazione di fatto dei principi del
performance based budgeting richiamato nell’introduzione.
Governance multilivello
Molteplici studi e raccomandazioni (cfr., fra gli altri, Banca d’Italia, “Le infrastrutture in Italia: dotazione,
programmazione, realizzazione”, Seminari e convegni, aprile 2011), evidenziano come i diversi ambiti
di policy che alimentano gli investimenti pubblici in Italia presentano ampie aree di sovrapposizione,
riflesse nella pluralità di fonti di finanziamento di ciascuna opera pubblica. Evidenziano inoltre la
necessità di un maggior coordinamento delle decisioni di investimento nell’ambito della governance
territoriale multilivello.
16
L’efficacia stessa dei servizi erogati per il tramite delle infrastrutture e il loro impatto sulla crescita
dipende infatti in modo sostanziale dalle modalità di coordinamento fra diversi interventi e livelli
istituzionali che agiscono nei medesimi territori, che a loro volta condizionano in modo significativo la
qualità e la tempistica della spesa pubblica in conto capitale. Tali aspetti andranno considerati con la
massima attenzione nella valutazione delle opere pubbliche, anche in considerazione del fatto che la
spesa in conto capitale delle Amministrazioni centrali, alle quali è esclusivamente rivolto il D.Lgs.
228/2011, incide per il 50% circa del totale della spesa in conto capitale delle amministrazioni
pubbliche (Tabella II.1.3 del DEF 2013, Conto economico delle amministrazioni pubbliche), mentre la
spesa in conto capitale delle Amministrazioni locali, non interessate dai provvedimenti sopra richiamati
se non per la parte di interventi finanziata nell’ambito delle politiche di coesione, incide per il
rimanente 50%.
Tabella 1.1 Articolazione dei Nuclei Istituzione di
appartenenza
DIPE DPS Ministeri Regioni Tipo di spesa
valutata Istituzione di indirizzo
Unità di valutazione degli investimenti pubblici (UVAL)
Nucleo di valutazione e verifica degli
investimenti pubblici (NVVIP) (Legge
144/1999 e DPCM 25 novembre 2008)
Unità di valutazione degli investimenti pubblici (UVAL) e Unità di verifica (UVER) (D.Lgs.
430/1997)
Nuclei di valutazione e verifica degli
investimenti pubblici (NUVV) dei singoli ministeri (Legge
144/1999)
Nuclei di valutazione e verifica
degli investimenti
pubblici (NUVV) regionali
Conto capitale
Ragioneria generale dello Stato (RGS)
Nuclei di analisi e valutazione della spesa (NAVS) dei
singoli ministeri (Legge 196/2009)
- Spesa
complessiva
17
2. LA COMPETITIVITA’ A LIVELLO LOCALE: L’INDAGINE “DOING BUSINESS
SUBNATIONAL IN ITALY 2013”
2.1 I risultati dell’Indagine
Il tradizionale rapporto “Doing Business”12
, presentato quest’anno dalla Banca Mondiale il 23 ottobre
2012, ha posto l’Italia al 73° posto su 185 Paesi, evidenziando una inversione di tendenza rispetto agli
anni precedenti (87° posto nel 2011). Tale rapporto si basa sui dati ”nazionali” dei singoli paesi, rilevati
nelle città capitali dei singoli Stati.
Al fine di approfondire la dimensione territoriale dei problemi di competitività nel rapporto tra
amministrazioni pubbliche e imprese e individuare proposte di policy più dettagliate, la Presidenza del
Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica
economica ha commissionato l’indagine “Doing Business subnational” al Dipartimento “Global
Indicators and Analysis Department” della Banca Mondiale. Dell’iter di preparazione e di raccolta dati
è stato reso conto nella precedente relazione annuale del Nucleo.
Il 14 novembre 2012 il rapporto conclusivo “Doing Business subnational in Italia 2013”, è stato
presentato a Roma dal Ministro per la Coesione Territoriale e dal Vicepresidente della Banca
Mondiale, alla presenza di rappresentanti delle Regioni e di esponenti del mondo imprenditoriale
italiano.
Lo studio subnational analizza quattro fasi del ciclo di vita di un’impresa (avvio d’impresa, ottenimento
dei permessi edilizi, trasferimento di proprietà immobiliare e risoluzione di dispute commerciali) in 13
città italiane: Bari, Bologna, Cagliari, Campobasso, Catanzaro, L’Aquila, Milano, Napoli, Padova,
Palermo, Potenza, Roma e Torino. Lo studio misura inoltre l’indicatore sul commercio transfrontaliero
marittimo in 7 porti: Cagliari, Catania, Genova, Gioia Tauro, Napoli, Taranto e Trieste.
I risultati dell’indagine mettono in luce alcune buone pratiche a livello locale (tabella 2.1) che, se
fossero diffuse a livello nazionale, consentirebbero un sensibile miglioramento della posizione italiana
nel ranking globale (dall’attuale 73° al 56° posto), ma che non sarebbero comunque sufficienti a
raggiungere la media UE (corrispondente al 40° posto).
L’indagine riconosce gli sforzi compiuti dal Governo, a partire dal 2011, che ha intrapreso significative
riforme in tutti i settori analizzati, ma conferma il persistere di criticità sul fronte della competitività: la
media italiana risulta peggiore di quella europea per tutti gli indicatori tranne che per l’indicatore
relativo al “Trasferimento di una proprietà immobiliare”.
Si evidenzia tuttavia una grande variabilità nelle performance delle 13 città rispetto ai quattro
indicatori: nessuno dei capoluoghi presenta buone performance in tutti o in gran parte degli indicatori
12
Lo studio si riferisce a un dato unico nazionale relativo a 10 indicatori sulla base dei dati aggiornati al 30 giugno 2012.
18
(solo Bologna è la migliore in due indicatori su quattro). Tutte le città hanno risultati insoddisfacenti su
almeno un indicatore (Roma, Potenza, Campobasso e Bari risultano all’ultimo posto per un indicatore
ognuno). Esistono pratiche di qualità diffuse sul territorio da cui le altre città possono imparare, ma
nessuna di esse è immune da necessità di riforme e miglioramenti nelle politiche di gestione
amministrativa (tabella 2.2).
La variabilità si accentua per gli indicatori il cui valore è condizionato dall’efficienza degli uffici periferici
dell’amministrazione centrale, come ad esempio la “Risoluzione di una disputa commerciale” (il
tribunale di Torino è più efficiente di quello di Milano) o dall’efficienza delle amministrazioni regionali e
locali, come ad esempio per l’”Ottenimento di permessi edilizi”, con Cagliari e l’Aquila al secondo e
terzo posto. La performance di Cagliari per quest’ultimo indicatore è spiegata dal fatto che la
Sardegna è l’unica Regione ad avere una legge regionale che stabilisce che le imprese devono
inviare elettronicamente tutte le richieste relative alla costruzione di un magazzino al SUAP, il quale
convoca una conferenza di servizi per il rilascio di tutti i permessi necessari.
Al Nord si registrano minori tempi di attesa per le autorizzazioni; Milano presenta tempi più veloci della
media europea per l’ottenimento dei permessi edilizi (151 giorni rispetto ad una media UE di 182
giorni e una media italiana di 231), anche per l’effetto della L.R. 12/2005 che in Lombardia estende la
così detta “Super-DIA” (che prevede una sola richiesta e 30 giorni per essere evasa) anche alle nuove
costruzioni. Padova utilizza per l’avvio di impresa 6 giorni rispetto ai 9 della media italiana e ai 14 della
media UE. La piattaforma ComUnica, come molte città ma stabilendo un sistema di priorità nel trattare
le richieste, privilegiando la fase di creazione dell’impresa.
Al Sud è generalmente minore il costo per le imprese. Per l’indicatore “Avvio di un’attività
imprenditoriale”, Catanzaro si colloca al primo posto, mentre Milano è solo all’ottavo posto, dopo
Potenza, Palermo e Bari. Per l’indicatore “Risoluzione delle dispute commerciali”, solo una città del
Nord figura tra le prime nove (Torino è al primo posto) Anche in questo caso, il dato determinante
nell’indicatore è il costo: i tempi sono molto lunghi ovunque, da 2 a 3,5 volte la media UE. Fra Milano e
Napoli i tempi sono simili, mentre Milano, così come Padova o Bologna, sono più costose. Ancora una
volta le differenze si trovano nelle tariffe professionali, che a Milano sono 1,5 volte superiori rispetto a
Napoli.
Analizzando i due indicatori (Avvio di un’attività imprenditoriale e Risoluzione delle dispute
commerciali) appare chiaro che due elementi di costo determinano il buon piazzamento delle città del
Sud: 1) i costi di avvio di un’attività imprenditoriale e di risoluzione delle dispute, misurati in
percentuale rispetto al reddito pro-capite medio nazionale, penalizzano il Nord, che ha un reddito più
alto; 2) le spese notarili influiscono per oltre il 70% sul costo di avvio (e di una percentuale simile le
spese legali per la risoluzione delle dispute) e sono più elevate nelle regioni del Nord rispetto a quelle
del Sud. Milano ha così il costo più elevato delle 13 città analizzate. I costi di avvio a Milano sono
tuttavia quasi quattro volte superiori alla media UE e OCSE e l’indagine coglie questo aspetto,
penalizzando la città nella classifica.
19
Solo per l’indicatore “Trasferimento di una proprietà immobiliare” la media italiana risulta migliore di
quella europea e, se comparata a livello globale, una città-tipo italiana si attesterebbe al 35° posto
della classifica globale. I risultati relativi agli altri indicatori non sono ancora soddisfacenti, sia perché
l’indagine coglie solo degli aspetti molto puntuali, sia perché alcune delle riforme produrranno i propri
effetti in tempi non immediati. Un esempio indicativo è quello della giustizia, dove le misure prese
richiederanno del tempo prima di produrre i loro frutti. Intanto il dato drammatico della durata delle
cause ci pone al 160° posto su 185 paesi. Torino risolve una disputa commerciale in 855 giorni,
rispetto ai 1400 medi italiani e ai 2022 di Bari, ma rimane comunque più lenta di 300 giorni rispetto alla
media UE. Nel 2001 il Presidente del Tribunale di Torino ha evidenziato la necessità di una trattazione
più ordinata delle cause, dando priorità a quelle più vecchie in un approccio “first in first out”. Come
risultato, nel 2010 i casi più vecchi di 3 anni rappresentavano meno del 5% del carico pendente del
Tribunale. La lentezza delle cause civili ha un impatto negativo sull’intero sistema competitivo:
laddove c’è un gran numero di cause pendenti arretrate, c’è meno accessibilità al credito, il tasso di
interesse medio è più alto come anche il tasso di inadempienze. La tabella 2.3 illustra i principali
risultati per indicatore.
Alcuni dei risultati, a prima vista, potrebbero destare sorpresa. La più evidente anomalia è il caso di
Catanzaro, al primo posto per l’indicatore “Avvio di un’attività imprenditoriale”, laddove Milano è solo
all’ottavo posto, dopo Potenza, Palermo e Bari. Tuttavia, analizzando l’indicatore appare chiaro che il
costo di avvio dell’impresa determina la differenza.
Per l’indicatore “Risoluzione delle dispute commerciali”, Torino è al primo posto, grazie a tempi più
brevi, pur essendo comunque più lenta di 300 giorni rispetto alla media UE. Milano, Bologna e Padova
sono invece nelle ultime posizioni, laddove Napoli è al secondo posto. Ancora una volta le differenze
si trovano nelle tariffe professionali, che a Milano sono 1,5 volte superiori rispetto a Napoli. Negli
indicatori “Ottenimento di permessi edilizi” e “Trasferimento di una proprietà immobiliare” Bologna è al
primo posto, ma al secondo troviamo rispettivamente Cagliari e Palermo.
Per quanto riguarda i 7 porti analizzati, fra quelli di destinazione finale (gateway), Genova e Trieste
sono più veloci e più economici di Napoli, mentre fra quelli di transito (transhipment) Catania è il più
efficiente, più rapido di Taranto e Gioia Tauro..
Mentre il numero delle procedure e i costi nei processi di esportazione sono vicini alla media europea
e a quella dei paesi OCSE (i costi di importazione sono invece più alti), l’Italia si discosta
sensibilmente dagli altri concorrenti europei per i tempi: 19 giorni come tempo medio all’esportazione
(contro i 10 giorni di media dei paesi OCSE e gli 11 degli altri paesi UE) e 17 giorni come tempo
medio all’importazione (le medie OCSE e UE sono uguali rispetto al processo di esportazione). Ciò è
in parte dovuto alla rigidità degli orari di lavoro dei funzionari dell’Agenzia delle dogane e del Ministero
della salute, i principali enti coinvolti. Gli uffici doganali sono aperti all’incirca 6 ore al giorno, mentre in
molti altri Paesi operano h/24.
20
2.2 Le proposte di policy contenute nel Rapporto e l’azione del Governo
Dall’indagine sono emerse proposte di policy per il miglioramento dell’ambiente imprenditoriale da
portare all’attenzione dei diversi livelli di governo. Nel seguito si riporta una sintesi di tali proposte.
A livello di Governo nazionale:
Dare piena attuazione a una serie di misure già adottate ma non ancora attuate: lo Sportello Unico
Doganale, l’Autorità dei trasporti, la riforma del settore giustizia per quanto concerne la
specializzazione dei tribunali e il processo civile telematico.
Al riguardo, il Governo ha approvato numerose riforme che sono state successivamente “rallentate” in
fase applicativa. Ad esempio in materia di velocizzazione delle controversie commerciali, la Corte
costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale per eccesso di delega delle norme che hanno
introdotto la conciliazione nelle controversie civili e commerciali (D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28) nella
parte in cui prevedono il carattere obbligatorio della mediazione. Dopo la bocciatura, la mediazione
obbligatoria è stata riproposta in forma modificata negli emendamenti al decreto legge 22 giugno
2012, n. 83 (cosiddetto "Decreto Sviluppo").
Il medesimo decreto prevede anche la revisione della legge sul diritto fallimentare per riportare gli
imprenditori più rapidamente sul mercato, riprendendo elementi del cosiddetto Chapter 11 del
Bankruptcy Code statunitense e di accedere immediatamente alle protezioni previste dalla legge
fallimentare presentando una semplice domanda di concordato preventivo, senza la necessità di
produrre contestualmente tutta la documentazione finora richiesta.
Anche in considerazione degli esiti dell’indagine – poi presentata al pubblico in data 14 novembre
2012 - Il CIPE ha approvato il 26 ottobre 2012 la riprogrammazione di una quota di 2,8 milioni di euro
per l’attivazione del processo civile telematico in tutte le 8 Regioni del Mezzogiorno e l’individuazione
delle cause tecniche e organizzative che concorrono a determinare i tempi lunghi nella definizione
delle cause civili nel Mezzogiorno.
Altre implicazioni di policy del Rapporto sono orientate a evidenziare la necessità di ulteriori
riforme di semplificazione e di riduzione dei costi: proseguire lungo la strada di una maggiore
semplificazione e razionalizzazione delle pratiche edilizie, in particolare nel campo delle
autorizzazioni edilizie, Scia e Dia; estendere le previsioni della SRL semplificata a tutte le
SRL, non solo a quelle con titolari under 35 anni (capitale di 1 euro e esenzione dal passaggio
al notaio);
ridurre i costi per il trasferimento di proprietà, (compensando con altre entrate il minore gettito
fiscale);
migliorare l’utilizzo delle tecnologie informatiche per generalizzare il trattamento online delle
pratiche;
21
maggiore flessibilità e decentramento delle responsabilità nella gestione delle reti periferiche
dell’amministrazione centrale (ad es. orari apertura uffici portuali della Dogana).
A livello regionale o comunale
Standardizzare le procedure per l’avvio d’impresa (prendendo spunto dalla creazione di
priorità a Padova)
Rendere effettiva la funzione di coordinamento degli Sportelli Unici fra gli enti competenti per il
rilascio dei permessi edilizi nei vari settori di riferimento (Vigili del fuoco, ASL, ecc.), senza
arrivare agli eccessi della raccomandazione della Banca Mondiale che offre come modello la
semplificazione delle licenze edilizie di Singapore (una società con una cultura della legalità
molto diversa dalla nostra).
Migliorare l'accessibilità e la trasparenza delle informazioni anche potenziando i siti web dei
Comuni (esempi di Bologna e Milano che mettono online programmi di calcolo degli oneri per
le costruzioni, una sorta di Open Local Government).
A livello dei servizi professionali
Contenere i costi dei servizi privati, ad esempio rendendo effettive le conseguenze dell’abolizione
delle tariffe minime degli ordini professionali o le misure per l’aumento del numero di notai.
2.3 Scambio di esperienze con la Polonia sulla realizzazione dell’indagine Doing Business
subnazionale
Nel dicembre 2012 il Ministero dello Sviluppo Regionale della Polonia ha richiesto al Nucleo del DIPE
informazioni relative all’esperienza italiana nella realizzazione dell’indagine Doing Business a livello
subnazionale, i risultati ottenuti e il follow up. La Polonia è passata dalla 74ma posizione della
classifica globale Doing Business del 2012 alla 55ma del 2013, risultando così il top performer di
quest’anno. Il Governo polacco è pertanto interessato ad svolgere l’indagine Doing Business a livello
locale, per evidenziare le disparità fra le regioni al fine di applicare in maniera più mirata le politiche
regionali. Un componente del Nucleo, in rappresentanza del Dipartimento, è stato quindi invitato a
partecipare ad un incontro con i vertici delle amministrazioni centrali polacche coinvolte nei temi
oggetto dell’indagine. Durante l’incontro, tenutosi a Varsavia il 21 febbraio 2013, sono state illustrate
le principali fasi di preparazione dell’indagine (consultazione interna al DIPE; costituzione di un team
interno al Dipartimento responsabile del progetto; consultazione con le altre amministrazioni;
coinvolgimento di Unioncamere; scelta dei territori e degli indicatori; accordo con Banca Mondiale), di
realizzazione delle attività di definizione e rilevazione degli indicatori (coinvolgimento delle Regioni, dei
Comuni e delle autorità portuali; kick-off meeting; raccolta dei dati; right-of-reply; preparazione del
rapporto) e di lancio del rapporto. Sono stati inoltre presentati e discussi i principali risultati
dell’indagine, le raccomandazioni di Banca Mondiale e le iniziative intraprese in merito dal
Dipartimento e dal Governo.
22
Tabella 2.1. Facilità di fare impresa se le best practices fossero diffuse sul territorio nazionale.
Indicatori Migliori risultati nei capoluoghi
dell'indagine
Media Italia 2013
Media UE
2013
Ranking Doing Business
Italia se generalizzat
a la best practice
nazionale
Italia effettivo
2013
Media UE
2013
Avvio di un’attività imprenditoriale
N. procedure 6 (tutti a parte Campobasso)
6 6
78 84 74
N. giorni 6 (Milano, Padova, Roma)
9 14
Costo (sul reddito pro-capite)
12.2% (Bari) 14.5% 4.9%
Capitale minimo richiesto (sul reddito pro-capite)
9.7% (tutte le città)
9.7% 14.9%
Ottenimento di permessi edilizi
N. procedure 11 (Cagliari, Roma)
13 14
33 103 69 N. giorni 151 (Milano) 231 182
Costo (sul reddito pro-capite)
45.1% (Napoli) 253.6% 99.6%
Trasferimento di una proprietà immobiliare
N. procedure
3 (Bologna, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino)
3.5 5
26 39 62 N. giorni
13 (Bologna, Napoli, Palermo)
18 27
Costo (sul valore della proprietà)
4.3% (Catanzaro)
4.4% 4.6%
Risoluzione di disputa commerciale
N. procedure 41 (tutte le città) 41 32
123 160 47 N. giorni 855 (Torino) 1400 547
Costo (sul valore contestato)
20.5% (Potenza)
26.2% 21.5%
Commercio internazionale
N. documenti per esportazione
4 (tutti i porti) 4 4
ND 55 36
N. giorni per esportazione
18 (Taranto, Genova, Trieste)
19 11
Costo per esportazione (VA)
940 USD (Genova)
1006 USD
1004 USD
N. documenti per importazione
4 (tutti i porti) 4 5
N. giorni per importazione
16 (Catania, Cagliari)
17 11
Costo per importazione (VA)
935 USD (Genova)
1131 USD
1072 USD
Media complessiva 56 73 40
Fonte: Elaborazioni del Nucleo sul rapporto Doing Business in Italy 2013 Subnational
23
Tabella 2.2. Performance delle 13 città per ognuno degli indicatori
n. Avvio di una
attività imprenditoriale
Ottenimento di permessi edilizi
Trasferimento di una proprietà immobiliare
Risoluzione di una disputa
commerciale
1 Catanzaro Bologna Bologna Torino
2 Padova Cagliari Palermo Napoli
3 Potenza L’Aquila, Milano Campobasso, Napoli Potenza
4 Bologna Roma
5 Palermo Padova Catanzaro Cagliari
6 Bari Roma Cagliari Campobasso
7 Roma Torino Bari, Milano Catanzaro
8 Milano Campobasso L’Aquila
9 L’Aquila Bari L’Aquila, Torino Palermo
10 Torino Catanzaro Milano
11 Cagliari Napoli Potenza Bologna
12 Napoli Palermo Padova Padova
13 Campobasso Potenza Roma Bari
Fonte: Doing Business in Italy 2013 Subnational, Smarter Regulation for Small and Medium-Size Entreprises, The World Bank-IFC, Washington 2013
24
Tabella 2.3. Principali risultati contenuti nel rapporto DB subnazionale per ciascuno degli indicatori
Indicatore Risultati
Avvio di un’attività imprenditoriale
Dal 2010, le imprese devono iscriversi attraverso il sistema unico di archiviazione on-line (ComUnica) gestito dalle camere di commercio. Ora sono necessarie solo 6 procedure in tutte le città. Solo a Campobasso è tuttora necessario presentare copia cartacea della SCIA al SUAP.
A Milano, Padova e Roma un imprenditore può avviare un’impresa in 6 giorni, mentre a Napoli sono necessari 16 giorni. Le differenze sono conseguenza di quanto velocemente le agenzie collegate da Comunica rispondono.
Il costo dell’avvio di un’impresa varia da 12,2% del reddito pro-capite a Bari al 16,8% a Milano.
Le spese notarili sono, in media, 428 euro più costose in città del Nord Italia che nelle città del centro o del sud. Oltre ai costi di avviamento, una S.r.l. deve depositare l'equivalente del 9,7% del reddito per abitante, come capitale versato minimo.
Le spese notarili pesano per il 72,2% sul costo totale dell’avvio d’impresa in Italia.
Catanzaro, migliore classificata, combina bassi compensi professionali con tempi di risposta rapidi ed efficienti.
Ottenimento dei permessi edilizi
Il numero di procedure per ottenere un permesso per la costruzione di un magazzino e per collegarlo alle utenze varia da 11 (Cagliari e Roma) a 15 (Napoli). Ci vogliono 5 mesi per completare il processo a Milano, ma più di 10 mesi a Catanzaro e a Palermo. I ritardi principali per ottenere i permessi dipendono dai Comuni e dai loro uffici.
Ottenere il solo permesso per la costruzione a Catanzaro e a Palermo richiede più di 6 mesi, la metà del tempo a Napoli, Campobasso e Potenza e soli 30 giorni a Milano.
Per i permessi ci sono grandi variazioni dei costi in tutte le città, derivanti essenzialmente dai contributi di costruzione (l’87% del costo totale).
Calcolare il costo di un permesso edilizio è agevole e veloce a Milano, Torino e Padova, dove è possibile farlo online, mentre richiede più tempo nelle altre città, dove è prassi richiedere un appuntamento con un tecnico del Comune.
Trasferimento di una proprietà immobiliare
I requisiti per avviare i trasferimenti di proprietà sono identici in tutto il Paese. Includono l'ottenimento di un certificato energetico o l'utilizzo di un notaio per avere l’autorizzazione alla vendita.
A Bologna, Palermo, Milano, Napoli, Roma e Torino la registrazione dell’edificio con l'Agenzia delle Entrate e l’Agenzia del Territorio è effettuata con un’unica trasmissione elettronica, l’“Adempimento Unico Telematico”.
Il processo di registrazione richiede dai 13 giorni di Bologna, Napoli e Palermo ai 24 di Roma.
Oltre il 92% del costo complessivo è composto dai canoni e dai computi nazionali di cui il più importante è l'imposta di registro (3% del valore dell'immobile), il restante 8% è composto da tasse di servizi professionali.
Risoluzione delle dispute commerciali
Il rispetto dei contratti richiede lo stesso numero di passaggi in tutte le città italiane, ma vi sono variazioni rilevanti di tempi e di costi.
Torino, dove ci vogliono 855 giorni e il costo è pari al 22% dell’ammontare oggetto della disputa, ha la performance migliore. Bari ha il record peggiore: ci vuole più del doppio del tempo rispetto a Torino e costa il 34,1% dell’ammontare oggetto della disputa.
Commercio Internazionale
Genova è il porto con la performance migliore fra i porti “gateway”: un container può essere esportato in 18 giorni con un costo di 940 dollari e importato in 17 giorni con un costo di 935 dollari. Catania è invece il porto più efficiente fra i porti “transhipment”: un container può essere esportato in 19 giorni con un costo di 1020 dollari e importato in 16 giorni con un costo di 1040 dollari.
Il numero delle procedure e i costi nei processi di esportazione sono vicini alla media europea e a quella dei paesi OCSE (i costi di importazione sono invece più alti).
19 giorni come tempo medio all’esportazione (contro i 10 giorni dei paesi OCSE e gli 11 degli altri paesi UE) e 17 giorni come tempo medio all’importazione (le medie OCSE e UE sono uguali rispetto al processo di esportazione). Ciò è essenzialmente dovuto alla rigidità degli orari di lavoro dei funzionari dell’agenzia delle dogane e del Ministero della salute, i principali enti coinvolti. Gli uffici doganali sono aperti all’incirca 6 ore al giorno, mentre in molti altri paesi operano h/24.
Fonte: Elaborazioni del Nucleo sul rapporto Doing Business in Italy 2013 Subnational
25
3. LE POLITICHE URBANE: PIANO CITTA’ E RECUPERO OPERE INCOMPIUTE
3.1 Il Piano città
Negli anni recenti il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha promosso e finanziato una serie di
programmi nazionali volti a sviluppare, insieme agli enti locali coinvolti, modelli innovativi di
programmazione dello sviluppo urbano e territoriale. In un contesto di scarsità di risorse pubbliche per
investimenti a fondo perduto e partendo dalle lezioni apprese da pregresse esperienze di
pianificazione integrata (Priu, Pru, Prusst, Contratti di quartiere, URBAN)13
, le iniziative ministeriali più
recenti hanno puntato alla sperimentazione di forme di partenariato particolarmente efficienti, sia di
tipo interistituzionale che pubblico-privato. Ai programmi di questa ultima generazione (SISTeMA,
Territori Snodo I, Territori Snodo II)14
hanno partecipato decine di amministrazioni locali (per la
maggior parte Comuni), nella prospettiva di sviluppare studi, testare nuovi approcci e metodologie e
dotarsi di nuovi strumenti.
Pru-Priu, Prusst ed URBAN negli anni Novanta e nei primi anni Duemila avevano promosso
dinamiche di riqualificazione urbana integrata, mettendo a disposizione risorse finanziarie aggiuntive
rispetto a quelle della programmazione ordinaria, per investimenti a fondo perduto in azioni materiali
ed immateriali.
Negli ultimi 10 anni con SISTeMA, Territori Snodo I e II, l’azione del Ministero è stata soprattutto
indirizzata a supportare gli Enti Locali nella predisposizione di progetti di sviluppo locale capaci di
concorrere efficacemente alla assegnazione di risorse della programmazione nazionale e comunitaria
e, soprattutto, in grado di attrarre finanziamenti di natura privata, anche attraverso l’attivazione di PPP.
In questo quadro, con risorse finanziarie pubbliche calanti e frammentate, soprattutto nel campo
dell’edilizia residenziale pubblica, il decreto Legge 22 giugno 2012, n.83 “Misure urgenti per la crescita
del Paese” (cd. DL Sviluppo) ha previsto il Piano Nazionale per le Città (Piano Città), recuperando
risorse residue ed associandole ad altre fonti finanziarie pubbliche e private.
Il Piano Città, con una dotazione iniziale di 224 milioni di euro per opere edilizie ed infrastrutturali, ha
rappresentato un ritorno a modalità di investimento diretto a favore delle aree urbane (i precedenti
finanziavano solo studi e progettazione ma non investimenti materiali) ed è stato concepito come uno
13
Programmi di recupero urbano- Pru (art. 11, Legge 493/93), i Programmi di riqualificazione urbana- Priu, (art. 2, Legge 179/1992), Contratti di quartiere (D.M. infrastrutture 22 ottobre 1997), Programmi di di riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile del territorio – PRUSST (D.M. infrastrutture 1169/1998), Programmi di Iniziativa Comunitaria URBAN I (1994-2000) e II (2000-2006). 14
Sviluppo integrato sistemi territoriali multi azione -SISTeMA (D.M. infrastrutture 988/2003); Progetti di Territorio (Territori Snodo I e II), iniziative sviluppate dal Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento dello sviluppo del territorio del Ministero delle infrastrutture fra il 2007 ed il 2011.
26
strumento per rilanciare uno dei settori economici maggiormente colpiti dalla crisi economica e
finanziaria, quello delle costruzioni15
.
In particolare il Piano Città, esplicitamente dedicato alla “riqualificazione di aree urbane con particolare
riferimento a quelle degradate”16
, mira a ristrutturare il settore delle costruzioni verso un modello di
sviluppo realmente sostenibile sia dal punto di vista economico che ambientale, facendo perno sul
principio del recupero e della valorizzazione delle risorse territoriali e sul contenimento del consumo
del suolo17
.
L’opportunità di avviare una iniziativa di tale portata, in un momento di riduzione delle spese per nuovi
investimenti, è stata offerta dalla possibilità di fare convergere verso un unico obiettivo fondi inutilizzati
afferenti a precedenti programmi gestiti dal Ministero delle infrastrutture18
. La somma di 224 milioni di
euro così reperita, e inserita in un “Fondo per l’attuazione del piano nazionale per le città”. Tale
operazione offre adeguate garanzie e incentivi alle istituzioni pubbliche e agli operatori privati presenti
sul territorio coinvolti nel processo di programmazione e implementazione di politiche di sviluppo
urbano. Si tratta di una somma consistente pur non sufficiente in sé per finanziare interamente
ambiziosi programmi di recupero urbano,
La questione della dimensione economica dell’investimento, ancorché rilevante, non rappresenta
comunque l’unico o il principale elemento di novità introdotto dal Piano Città. Altrettanto importante
appare il tentativo di avviare un processo di progressiva integrazione delle politiche e degli
investimenti in ambito urbano, a partire da quelli di natura pubblica, ma con necessaria e opportuna
attenzione anche a quelli di natura privata. E’ molto significativo infatti che la gestione del Piano (la
sua impostazione e la sua implementazione) sia stata affidata ad un organismo creato ad hoc, la cd.
Cabina di Regia, coordinata dal Ministero delle infrastrutture, ma comprendente rappresentanti delle
15
Nel quinquennio appena trascorso un ammontare paragonabile di risorse statali è stato destinato al social housing nell’ambito del cosiddetto “piano casa”, con oltre 377 milioni di euro assegnati ad accordi di programma
esaminati dal CIPE nel 2011 e 2012, cui si erano poi aggiunti ulteriori finanziamenti gestiti direttamente dal MIT (cfr. le due precedenti relazioni del Nucleo). 16
Art.12, Comma 1, Decreto Legge 22 giugno 2012, n.83 “Misure urgenti per la crescita del Paese”. 17
Parallelamente alla promozione del Piano Città il Governo ha elaborato un disegno di legge per la valorizzazione delle aree agricole e per il contenimento del consumo del suolo, proposto dai Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, per i beni culturali e dello sviluppo economico e infrastrutture. 18
Si tratta in particolare di risorse non utilizzate o provenienti da revoche, relativamente ai seguenti programmi: a) interventi costruttivi finanziati ai sensi dell'articolo 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, per i quali non siano stati ratificati, entro il termine del 31 dicembre 2007, gli accordi di programma previsti dall'articolo 13, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, e già destinate all'attuazione del piano nazionale di edilizia abitativa ai sensi dell'articolo 11, comma 12, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133 e successive modificazioni; b) programmi di recupero urbano finanziati ai sensi dell'articolo 2, comma 63, lettera b), della legge 23 dicembre 1996, n. 662,dell'articolo 1, comma 8 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e dell'articolo 61, comma 1 della legge 23 dicembre 1998, n. 448; c) programmi innovativi in ambito urbano, finanziati ai sensi dell'articolo 145, comma 33, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e dell'articolo 4, comma 3. della legge 8 febbraio 2001, n. 21.
27
altre istituzioni centrali titolari di competenze rilevanti per gli ambiti urbani19
, oltre che della Conferenza
Stato-Regioni, dell’Associazione nazionale dei comuni italiani, della Cassa Depositi e Prestiti e
dell’Agenzia del Demanio.
La Cabina di Regia
La creazione, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 3 agosto 2012, della
Cabina di Regia avrebbe dovuto, nelle intenzioni del legislatore, oltre che stimolare l’integrazione delle
politiche settoriali, portare a un vero e proprio incremento delle risorse a disposizione del Piano Città
attraverso l’assegnazione di quote di fondi gestiti da altri ministeri (ad esempio quelli per l’edilizia
scolastica del Ministero della Pubblica istruzione, o quelli per la riqualificazione energetica degli edifici
e per le bonifiche del Ministero dell’ambiente). Ciò non è effettivamente avvenuto nella misura
inizialmente auspicata, ma è stato comunque accolto l’appello della Cabina di Regia ad una
concentrazione delle risorse disponibili per le città in occasione della riprogrammazione dei fondi
strutturali comunitari 2007-2013 (Piano di Azione e Coesione, PAC) portata avanti dal Ministro della
coesione territoriale Fabrizio Barca. Nell’ambito della terza riprogrammazione del Piano Azione
Coesione dell’11 dicembre 2012, sono stati infatti individuati a favore del Piano Città ulteriori 94 milioni
di euro provenienti dal PON Reti e Mobilità, originariamente destinati al finanziamento delle Zone
Franche Urbane20
. Con questa ulteriore attribuzione di risorse la disponibilità del Fondo per
l’attuazione del Piano nazionale per le città è salita a complessivi 318 milioni di euro.
Nell’ambito della Cabina di Regia, il citato decreto ministeriale del 3 agosto 2012 affida all’ANCI il
compito di predisporre un format per la presentazione delle proposte progettuali e quindi di
raccoglierle e classificarle, prima della loro trasmissione alla Direzione generale per le politiche
abitative del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l’istruttoria tecnica di competenza.
La Cassa Depositi e Prestiti (CDP) è presente all’interno della Cabina di Regia anche attraverso la
sua SGR CDP Investimenti, società di gestione del Fondo Investimenti per l'Abitare (FIA), in qualità di
osservatore/potenziale investitore istituzionale. In virtù della sua significativa disponibilità di risorse da
investire in operazioni di riqualificazione e social housing, si tratta di una partecipazione cruciale per il
buon esito del Piano Città. In un momento di enorme difficoltà nel reperire capitali per il finanziamento
di operazioni di carattere immobiliare come quello attuale, il FIA dispone di risorse residue pari quasi
19
Ministero dell'economia e delle finanze; Ministero dello sviluppo economico; Ministero dello sviluppo economico - Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica; Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca; Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; del Ministero per i beni e le attività culturali; Ministero dell'Interno; Ministero per la cooperazione internazionale e l'integrazione; Ministero per la coesione territoriale. 20
Anche all’interno del Piano Città la spesa di tali fondi è rimasta vincolata a progetti presentati da città delle Regioni Convergenza (uniche beneficiarie del PON) individuate dalla delibera CIPE 14/2009 come Zone Franche Urbane. Si tratta di 12 città, 10 delle quali al momento della riprogrammazione delle risorse avevano presentato progetti nell’ambito del Piano Città.
28
1,4 miliardi di euro da investire entro il 201721
. Di fatto, nell’ottica del FIA, la partecipazione alla
Cabina di Regia rappresenta una occasione molto significativa per l’individuazione e lo scouting di
progetti da finanziare, anche al di là di quelli effettivamente premiati con i contributi a fondo perduto
del Piano Città.
La valutazione del Piano
Il termine per l’invio dei fascicoli di candidatura da parte delle città era il 5 ottobre 2012. Durante la
fase di elaborazione della procedura per la valutazione delle proposte e per la selezione dei progetti
da premiare, a settembre 2012, è stato prodotto dal Nucleo di Valutazione un documento sulle
opportunità e sui rischi relativi all’impostazione e alle prospettive di sviluppo del Piano Città;
documento trasmesso al rappresentante del Ministro della Coesione Territoriale, segretario del CIPE,
nella Cabina di Regia.
Il documento evidenziava l’opportunità di:
prendere in particolare considerazione la candidatura di Amministrazioni locali che hanno
partecipato ai programmi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti richiamati in apertura
del presente documento, specie laddove il progetto candidato si pone in diretta continuità con
tali esperienze. Ciò può costituire una ragionevole garanzia che la proposta sia frutto di un
processo di selezione degli interventi e di costruzione di consenso, a livello territoriale, e che
quindi possa portare a una reale ed efficace implementazione in tempi rapidi;
utilizzare le risorse del Piano città a sostegno di progetti emersi ed elaborati nell’ambito di
piani strategici, specie laddove sviluppati attraverso percorsi di concreta partecipazione dei
principali stakeholder locali. Tali proposte progettuali possono costituire un veicolo per
l’attuazione di vere e proprie strategie di rilancio locale, in senso sociale ed economico oltre
che urbanistico;
dare continuità ai processi di riqualificazione al fine di valorizzare adeguatamente gli interventi
già avviati e le risorse investite. Esistono numerosi esempi di città italiane che hanno compiuto
negli ultimi due decenni significativi sforzi per la riqualificazione di porzioni particolarmente
degradate del loro tessuto; ad esempio quelle storiche, soprattutto al sud (Bari Vecchia,
Ortigia a Siracusa, area centrale e lungomare a Salerno, area dei Sassi a Matera), o quelle
abbandonate a seguito di rapidi processi di deindustrializzazione, prevalentemente al centro-
nord (il Lingotto a Torino, l’area di Porta Garibaldi-Varesine a Milano, il parco scientifico
tecnologico VEGA a Venezia-Marghera). Si tratta in molti casi di processi non ancora
21
Il Fondo Investimenti per l’Abitare ha una dotazione complessiva di 2 miliardi di Euro. Il Fondo ha finora esaminato e deliberato l’investimento in 89 progetti, per un impegno finanziario di 634 milioni, di cui al momento esistono delibere definitive solo per 337 milioni.
29
conclusi, in parte a causa delle dimensioni ingenti delle aree da recuperare, in parte per la
sempre maggiore scarsità di risorse pubbliche a disposizione per incentivarli.
perseguire una maggiore integrazione con altri fondi e strumenti finanziari. Oltre alla auspicata
sinergia con gli investimenti del Fondo Investimenti per l’Abitare, con il Piano casa (per quanto
riguarda lo sviluppo del social housing), con il Piano nazionale di edilizia scolastica, e con
iniziative di valorizzazione di immobili demaniali, le risorse del Piano città possono essere
impiegate per il potenziamento (tramite effetto moltiplicatore) di iniziative di sviluppo urbano
sostenibile programmate nell’ambito dei POR FESR 2007-2013. Le regioni dell’Obiettivo
convergenza, in particolare, stanno implementando complessi programmi di sostegno agli
investimenti in ambito urbano gestiti direttamente dalle città. Inoltre, in due regioni, Sicilia e
Campania, è stato attivato un meccanismo finanziario particolarmente innovativo di spesa dei
fondi strutturali destinati al settore urbano. Si tratta del meccanismo JESSICA (acronimo per
Joint European Support for Sustainable Investment in City Areas) che fa perno sulla
costituzione di Fondi di Sviluppo Urbano (già attivi in entrambe le regioni) dedicati al
finanziamento, non a fondo perduto, di progetti promossi dalle città attraverso la costituzione
di forme di partenariato pubblico-privato.
Sul fronte delle criticità, il documento segnalava:
la necessità che le proposte delle amministrazioni comunali contengano interventi al
contempo “immediatamente cantierabili” e progettualmente solidi22
. E’ noto il rischio di
assegnare risorse a progetti immaturi; in contrasto con l’urgenza di dare uno stimolo
importante al settore urbano e delle costruzioni nell’attuale frangente di grave crisi economica.
Se da un lato esistono sicuramente progetti “maturi” che le amministrazioni comunali possono
mettere in campo per risvegliare l’interesse di partner privati in tempi brevi, la necessità di
procedere in fretta può minare la possibilità di “montare” le opportune e possibili sinergie con
altre importanti iniziative che riguardano lo sviluppo sostenibile ed il rinnovamento dei contesti
urbani. Fra queste spiccano quelle legate al processo di modernizzazione del patrimonio
immobiliare scolastico (coerentemente con le innovazioni introdotte dall’art.53 del DL
n.5/2012) e i nuovi investimenti del FIA, dopo l’eliminazione del vincolo del 40% alla
partecipazione finanziaria in progetti di housing sociale promossi dai comuni (DPCM di fine
luglio 2012).
strettamente legata alla questione esposta al punto precedente è quella della ricerca di
equilibrio fra le convenienze pubbliche e quelle private nei progetti da premiare. E’ richiesto
che le proposte inviate dalle amministrazioni comunali siano corredate da un impegno,
preferibilmente sotto forma di accordo, dei soggetti privati ad effettuare investimenti o mettere
22 Lettera 3, Comma 1, Articolo 12 (Piano nazionale per le città) del DL 83, 22 giugno 2012.
30
a disposizione asset immobiliari23
. E’ facile immaginare che tali accordi derivino da
negoziazioni fra le amministrazioni e le controparti private che hanno radici in un epoca
precedente al lancio del Piano città. E’ di particolare importanza capire, caso per caso, in che
modo la prospettiva di un incentivo pubblico contribuisce a sbloccare una situazione
presumibilmente di stallo (se così non fosse l’iniziativa sarebbe in corso anche senza le
risorse messe a disposizione dal Piano). In particolare è importante assicurarsi che l’incentivo
pubblico aggiuntivo renda l’operazione più appetibile per il soggetto privato perché migliora la
qualità (urbana) complessiva dell’intervento, o aumenta la quantità di dotazioni pubbliche
prodotte; non perché solleva il soggetto privato da alcuni obblighi od oneri precedentemente
negoziati con la pubblica amministrazione.
il Piano città può rappresentare una opportunità per amministrazioni comunali che hanno
strutturato importanti operazioni di riqualificazione o recupero urbano predisponendo la
creazione di appositi veicoli (quali Project Financing, altri contratti di concessione, Fondi
immobiliari, STU) e che si trovano nella posizione di dovere selezionare, attraverso bando, i
partner privati e finanziari. Nell’attuale scenario, caratterizzato dal calo dei valori immobiliari e
dalla sempre più scarsa disponibilità degli istituti di credito a sostenere gli investimenti, la
disponibilità di risorse finanziarie a fondo perduto, a parziale copertura dei costi di
investimento, può essere elemento chiave del successo di tali iniziative. E’ importante che,
laddove opportuno, il contributo finanziario del Piano città possa essere versato direttamente
al veicolo progettuale espressione del partenariato fra l’amministrazione comunale ed il/i
soggetto/i privato/i.
La risposta al bando ministeriale
Vale la pena ricordare che la procedura di presentazione delle domande, riportata nel citato decreto
ministeriale del 3 agosto 20122 (vedi anche il Vademecum prodotto dall’ANCI alla vigilia della
pubblicazione del decreto), lascia aperta la partecipazione al Piano Città a tutti i Comuni italiani,
ovvero anche a quelli non contenenti aree urbane di particolare rilievo. Inoltre, sul fronte dei progetti,
al di là di alcuni generici richiami, come quello all’aderenza a uno o più dei criteri individuati dall'art.12,
comma 3, del DL Sviluppo24
, il decreto ministeriale non contiene limitazioni particolari di carattere
tipologico o dimensionale per le proposte da presentare.
23
La lettera e, Comma 2, L’articolo 4 (Presentazione delle proposte alla Cabina di regia ) del DM Infrastrutture e trasporti 3 agosto 2012, richiede che le proposte delle Amministrazioni comunali siano corredate da “impegno dei soggetti privati ad eseguire gli interventi indicati nella proposta, con allegata dichiarazione di disponibilità delle o degli immobili privati oggetto di intervento”. 24
a) immediata cantierabilità degli interventi; b) capacità e modalità di coinvolgimento di soggetti e finanziamenti pubblici e privati e di attivazione di un effetto moltiplicatore del finanziamento pubblico nei confronti degli investimenti privati; c) riduzione di fenomeni di tensione abitativa, di marginalizzazione e degrado sociale; d) miglioramento della dotazione infrastrutturale anche con riferimento all'efficientamento dei sistemi del trasporto urbano; e) miglioramento della qualità urbana, del tessuto sociale ed ambientale e contenimento del consumo di nuovo suolo non edificato.
31
Alla scadenza del 5 ottobre 2012 sono pervenute candidature da 430 differenti Amministrazioni
comunali, per un numero complessivo di 457 proposte. I Comuni che si sono attivati sono quindi circa
il 5% dei Comuni italiani, e rappresentano 22 milioni di cittadini, circa il 36% della popolazione italiana.
L’ANCI ha elaborato un documento di analisi delle proposte pervenute25
, di cui si riportano nelle
tabelle 1, 2 e 3 alcuni dati più significativi. Complessivamente è interessante notare come circa il 77%
delle candidature (323) sia arrivato da Amministrazioni comunali di città piccole o molto piccole
(comunque al di sotto dei 50.000 abitanti). E che, parallelamente, le proposte provenienti dalle città
medie e grandi (107) costituiscano quasi i 2/3 (64,4%) degli investimenti previsti, con una dimensione
media di investimento di gran lunga superiore a quella dei piccoli centri. Si oscilla tra i 241 milioni di
euro in media delle proposte delle città metropolitane e i 6,6 milioni delle città con meno di 50.000
abitanti. Questa considerevole eterogeneità era ampiamente prevedibile alla luce della già evidenziata
scarsa selettività del bando.
Emerge con assoluta chiarezza la sproporzione fra la cifra messa a disposizione dal Piano Città (318
milioni di euro) e quella indicata dalle amministrazioni proponenti come “risorse da reperire”, ovvero
10,4 miliardi di euro, a fronte di un costo complessivo degli interventi proposti pari a 18,5 miliardi di
euro26
(tabella 3.1). L’assenza di indicazioni specifiche nel bando rispetto al dimensionamento dei
progetti ha fatto sì che non ci sia stato un filtro dimensionale sulle proposte da presentare. Pur
essendo nota la dotazione complessiva di risorse disponibili come contributo pubblico per il Piano
Città, nessuna indicazione era stata data ex ante in merito ai criteri in base ai quali sarebbe stata
ripartita. Il Piano Città, da questo punto di vista, si è trasformato in un esercizio di ricognizione del
fabbisogno di investimenti espresso dalle municipalità italiane, con un numero di domande molto
superiore alle attese iniziali. Esercizio i cui risultati, pur ancora in parte da interpretare, hanno una
certa rilevanza proprio in virtù delle “maglie larghe” del bando e del lavoro di sistematizzazione dei dati
effettuata da ANCI. Va sottolineato infatti che il format contenuto nel Vademecum per la presentazione
delle proposte elaborato da ANCI è stato per lo più rispettato, rendendo ragionevolmente confrontabili
ed aggregabili i dati emergenti dalla documentazione inviata dai Comuni.
Dal punto di vista della tipologia degli interventi inclusi proposti (tabella 3.2 e grafico 3.1), si segnala
una relativa eterogeneità, con una prevalenza comunque di tipologie tradizionalmente assimilabili alle
opere pubbliche. Accessibilità e viabilità attraggono circa il 27% delle opere e degli investimenti
proposti, mentre uffici pubblici, scuole, asili, biblioteche e musei rappresentano il 25% delle opere e il
21% degli investimenti proposti. Emerge anche una limitata ma tutt’altro che residuale incidenza
25
“Piano nazionale per le città. Primissime analisi ed elaborazioni sui dati più significativi contenuti nelle Proposte inviate dai Comuni”, nota ANCI del 15 novembre 2012. 26
Non emergono purtroppo dal rapporto dell’ANCI alcune informazioni di particolare rilevanza in merito alle “risorse da reperire”, ovvero la domanda complessiva di risorse a fondo perduto a valere sul Piano Città espressa dalle proposte dei Comuni, e, viceversa, la previsione di reperimento di tali risorse attraverso il coinvolgimento di privati o istituzioni finanziarie o, generalmente, attraverso l’attivazione di PPP.
32
relativa di proposte riguardanti il settore del social housing (6,4% delle opere e 12,2% degli
investimenti), sul quale, come detto sopra, negli anni recenti sono confluite significative risorse.
Tale prevalenza di “opere pubbliche” appare essere il portato di uno dei principali requisiti contenuti
nel bando, già evidenziato come potenziale suo “limite”, ovvero la cantierabilità immediata dei progetti.
Infatti per ottenere un coinvolgimento attivo e significativo di investitori privati, a fronte di nuove risorse
pubbliche disponibili, sarebbe stato necessario, o quanto meno opportuno, prevedere la possibilità di
adeguare i progetti ed i relativi piani finanziari, con i tempi tecnici necessari.
Appare infine evidente (tabella 3.3) come il richiamo a presentare proposte prevalentemente
concernenti interventi riqualificazione e recupero di immobili ed aree (rifunzionalizzazioni), in nome del
contenimento del consumo di suolo, sia stato solo in parte ascoltato. Il 50% delle opere e il 32% degli
investimenti riguardano esclusivamente interventi di riqualificazione e recupero, mentre il 49% degli
investimenti e il 36% delle opere riguarda solo nuove costruzioni. Non era di fatto prevista una soglia
massima di sviluppo greenfield oltre la quale le proposte sarebbero state considerate non accettabili.
I progetti finanziati
L’esame delle proposte pervenute, una volta completata la disamina effettuata dell’ANCI, è stata
affidata ad una task force costituita ad hoc all’interno del Ministero delle infrastrutture, coordinata dal
Capo del dipartimento per le infrastrutture, gli affari generali ed il personale. Una prima scrematura
delle proposte è stata compiuta selezionando solo quelle che:
avessero risorse già disponibili (tra pubbliche e private) per almeno il 15% del totale;
avessero risorse pubbliche da reperire non superiori al 60% del totale investimenti (criterio da
cui sono stati esentati i capoluoghi di provincia);
riguardassero Comuni ad alta tensione abitativa.
Si è arrivati così ad una lista di 128 proposte. Su queste è stata svolta, in sede di Cabina di Regia,
un’analisi di merito vera e propria. Vale la pena ripetere che il decreto ministeriale 3 agosto 2013,
unico reale riferimento per i Comuni nella predisposizione delle proposte, non individua un sistema di
criteri vero e proprio per la valutazione dei progetti, menzionando piuttosto, in maniera molto generica,
il “livello di concorrenza con gli obiettivi e con le finalità del Piano nazionale per le città” quale principio
per la selezione. Si rileva inoltre che anche nel definire la procedura per la valutazione delle proposte
da parte della Cabina di Regia27 , il Ministero delle infrastrutture non ha ulteriormente dettagliato i
criteri già individuati dall'art.12 DL Sviluppo (già riportati nella nota 9), né li ha ordinati per priorità.
Nella seduta del 16 gennaio 2013, la Cabina di Regia ha deliberato in via definitiva la lista delle 28
proposte beneficiarie dei finanziamenti del Piano Città, e le relative quote assegnate (tabella 3.4).
27
Il Ministero ha distribuito via e-mail, in data 4 ottobre 2012, ai componenti della Cabina di Regia un documento denominato “Piano per le città: Nota sulle Procedure”.
33
Il lavoro di selezione svolto dalla Cabina di Regia è stato particolarmente impegnativo visto il numero
delle proposte pervenute. Grazie all’istruttoria portata avanti da ANCI e Task force del Ministero delle
infrastrutture in tempi rapidi, la Cabina di Regia è arrivata a stilare la lista delle città beneficiarie dei
finanziamenti speditamente. I tempi impiegati (poco più di tre mesi dalla scadenza del bando alle
aggiudicazioni) appaiono particolarmente stretti, specie se confrontati con quelli di passate iniziative
del Ministero delle infrastrutture di portata ed importanza comparabili.
A titolo esemplificativo, nel caso dei PRUSST (programmi di riqualificazione urbana e sviluppo
sostenibile del territorio) dalla pubblicazione del DM che ne decretò l’istituzione (ottobre 1998) al
decreto del Ministro recante la lista dei programmi ammessi a finanziamento (aprile 2000) passò
all’incirca un anno e mezzo.
Quasi tutti i 28 progetti finanziati si qualificano come interventi integrati di sviluppo urbano afferenti alle
seguenti tre categorie:
riqualificazione di aree dismesse e loro rifuzionalizzazione ad usi urbani misti28
;
riqualificazione e rilancio di quartieri di edilizia residenziale pubblica (EPR e/o ex IACP)29
;
rilancio e recupero di aree urbane degradate (ad esempio i waterfront).30
Numerosi gli interventi di social housing previsti (per lo più con il coinvolgimento di soggetti privati)
nell’ambito del mix funzionale dei progetti. In soli due casi sono stati premiati progetti che riguardano
la semplice rifunzionalizzazione di contenitori storici (Pavia e Trieste).
La distribuzione geografica indica che dei 28 progetti finanziati 12 sono localizzati nel Nord (43%), 11
nel Sud (39%) e 5 nel Centro (18%); al Nord sono previsti il 61% degli investimenti e il 35% del
finanziamento statale erogato con il piano città, al Sud il 21% degli investimenti e il 47% del
finanziamento statale e al Centro il 18% degli investimenti e il 18% del finanziamento statale. La
maggiore incidenza del finanziamento statale nel Mezzogiorno, a parziale compensazione di un
minore apporto di capitale privato, è confermata dal fatto che in media il finanziamento statale
assegnato in percentuale del valore del progetto è stato più alto nel Mezzogiorno, pur rimanendo una
quota assai limitata (15,8% nel Sud, 7.5% nel centro e 4,2% nel Nord), destinata soprattutto a far da
catalizzatore di altri finanziamenti pubblici e privati. Complessivamente, i finanziamenti statali
accordati vanno da un massimo di 30 milioni di euro (Lamezia Terme) a un minimo di 4 milioni di euro
(Trieste).
28
Gli esempi più significativi sono rappresentati dai progetti di recupero delle seguenti aree: ex mercato ortofrutticolo ed ex-Navile a Bologna, Bovisa-Gasometri a Milano, quartiere Pietralata a Roma, ex-Corradini a Napoli, stazione Leopolda ed ex Manifattura tabacchi a Firenze, ex-Piazza d’Armi a L’Aquila, “Laguna verde” a Settimo Torinese. 29
Gli esempi più significativi sono rappresentati dai progetti di recupero dei seguenti quartieri: Falchera a Torino, Librino a Catania, Borgo La Martella a Matera, Savutano a Lamezia Terme (CZ). 30
Gli esempi più interessanti sono le operazioni proposte sui waterfront delle seguenti città: Bari, Ancona, Rimini, Cagliari.
34
L’Associazione AUDIS (aree urbane dismesse) ha proposto un’analisi31
degli esiti del Piano città
basata su una lettura della progettualità espressa nelle proposte finanziate. In generale, emerge una
qualità alta del livello progettuale con una particolare attenzione ai temi della qualità urbana, della
sostenibilità ambientale e del riutilizzo delle risorse territoriali. Di fatto questo appare chiaramente
come il portato di una progettualità che affonda le sue radici, quanto meno, nell’ultimo decennio e che
ora, in occasione di un finanziamento straordinario, trova una opportunità di entrare nella fase
implementativa.
In questo senso il Piano Città può contribuire per le 28 realtà urbane coinvolte a un’inversione di
tendenza, soprattutto vista la generale gravissima attuale condizione di crisi del settore immobiliare.
Va tuttavia segnalata una importante criticità. Come evidenziato nella tabella 3.4 (ultima colonna), i
finanziamenti assegnati alle città sono, nella maggior parte dei casi, molto esigui rispetto non solo al
valore comprensivo dei progetti proposti ma, soprattutto, rispetto alle cifre individuate dalle città stesse
come contributo pubblico aggiuntivo necessario a farli partire.
Anche ipotizzando che le richieste di contributo pubblico contenute nelle 28 proposte selezionate
siano superiori al fabbisogno effettivo, il contributo concesso è nella maggior parte dei casi non
superiore a un terzo di ciò che era stato richiesto. Ciò è particolarmente vero nel caso dei progetti
presentati dalle città medie e grandi32
, per lo più operazioni di sviluppo urbano molto importanti e
ambiziose che hanno il potenziale di incidere in maniera significativa sulla competitività delle aree
urbane, i veri e propri motori della crescita socioeconomica del Paese. Anche restringendo la visuale
alla sola industria delle costruzioni si tratta di operazioni in grado di contribuire concretamente al
rilancio di uno dei settori economici più duramente colpiti dalla crisi in atto.
Necessaria conseguenza di questa distribuzione delle risorse è stata la richiesta alle stesse città
beneficiarie di rivedere le proposte presentate aggiustando i fabbisogni individuati (e quindi la lista
degli interventi) alla luce delle risorse effettivamente messe a disposizione, in vista della stipula di
cosiddetti Contratti di Valorizzazione Urbana fra il Ministero delle infrastrutture ed ognuna delle 28
città33
. Si evidenzia che in molti casi il finanziamento richiesto a valere sul Piano Città costituiva
comunque una percentuale ridotta dell’investimento complessivo, ed era da intendersi come
contributo della parte pubblica a un complesso ed articolato programma, finanziato in maniera
prioritaria con risorse private. L’operazione di ridimensionamento ora richiesta alle Amministrazioni
comunali rischia di fare venire meno l’equilibrio raggiunto con il partner privati, allontanando la
prospettiva di effettiva realizzazione dei programmi più ambiziosi.
31
AUDIS è l’Associazione delle aree dismesse, soggetto no profit che riunisce Comuni, associazioni come Inu ed Ance, centri di ricerca come Cresme, Censis, Nomisma, soggetti privati del settore immobiliare come Fintecna Immobiliare, Beni Stabili, Aler Milano, Dla Piper e Fs Sistemi Urbani. L’analisi menzionata è stata commissionata ad AUDIS dal periodico Edilizia e Territorio del Sole 24 ore e pubblicata sullo stesso nel numero 6/2012. 32
Nei casi di Verona, Torino, Lecce e Cagliari il contributo concesso è addirittura inferiore al 15%. 33
Secondo le stime del Ministero delle infrastrutture tutti i 28 Contratti di Valorizzazione Urbana saranno siglati entro la fine di aprile 2013.
35
Una maggiore concentrazione di risorse su pochi progetti ambiziosi ma fattibili, chiaramente in grado
di stimolare dinamiche di sviluppo sostenibile e di aumentare il livello di competitività delle città più
meritevoli, avrebbe dato maggiori garanzie di successo complessivo dell’iniziativa.
Il numero di progetti finanziati risulta molto esiguo rispetto al numero complessivo di proposte
pervenute (28 su 430), ma rileva il fatto che all’iniziativa, denominata “Piano Nazionale per le Città”,
sia stata consentita la partecipazione di tutte le amministrazioni comunali. Una scelta ex-ante dei
contesti urbani prioritari da coinvolgere avrebbe forse consentito un impiego più strategico delle
risorse economiche a disposizione, soprattutto in un’ottica di rapida riattivazione degli investimenti per
lo sviluppo sostenibile nelle città che maggiormente svolgono il ruolo di motore per la crescita
dell’intero sistema paese.
Il fabbisogno non coperto comporta una contrattazione con i comuni per ridurre la dimensione dei
progetti che verranno effettivamente realizzati. Tuttavia concedere ai comuni in media solo il 30% di
quanto richiesto in termini di finanziamento pubblico, comporta difficoltà di realizzazione al di là della
rimodulazione prevista. L’insufficienza potenziale dei finanziamenti pubblici potrebbe comportare
l’impossibilità di realizzare anche la parte privata dell’investimento.
L’attuazione del Piano Città nell’annualità 2013
L’attuazione del Piano Città nel corso del 2013 ha proceduto con un ritmo più lento rispetto a quanto
previsto dal legislatore. L’aspettativa che questa misura, originariamente immaginata come occasione
per accelerare l’attuazione di investimenti nelle aree urbane potesse, conseguentemente, costituire
uno stimolo al settore delle costruzioni in grave difficoltà a causa della congiuntura economica e della
crisi del mercato immobiliare, è stata per lo più disattesa. A dicembre del 2013 solo 5 delle 28 città a
cui sono stati assegnati fondi statali nell’ambito del Piano sono nelle condizioni di pubblicare i bandi
relativi alla realizzazione degli interventi beneficiari del finanziamento.
Il rallentamento della attuazione del Piano è sostanzialmente legato a tre ordini di ragioni.
Il primo riguarda la richiesta fatta dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) alle città
assegnatarie del finanziamento di rivedere i programmi di interventi presentati in prima istanza per la
partecipazione al bando, in vista della firma del Contratto di Valorizzazione fra MIT e Comune. In
quasi nessun caso, infatti, in sede di selezione delle 28 città beneficiarie sono state assegnate risorse
pari a quanto richiesto originariamente dalle amministrazioni comunali. Tale processo di revisione ha
comportato in alcuni casi scelte di tipo politico ed amministrativo particolarmente complesse. In soli 9
casi il Contratto di Valorizzazione è stato firmato entro il mese di aprile 2013, termine inizialmente
previsto per questo step34
. In due casi (Roma e Reggio Emilia) la firma è tuttora sospesa a causa di
34
La decisione della Cabina di Regia del Piano Città in merito alle 28 città beneficiarie e alle risorse assegnate a ciascuna è stata resa pubblica il 16 gennaio 2013.
36
contenziosi amministrativi che riguardano alcuni degli interventi che le città vogliono inserire nei propri
programmi35.
Il secondo riguarda il Patto di Stabilità interno. Infatti contabilizzare il finanziamento statale del Piano
Città nel proprio bilancio avrebbe implicato, per la maggior parte dei comuni beneficiari, lo sforamento
del patto di stabilità. Una soluzione a tale ostacolo è stata individuata dal Ministero delle infrastrutture,
ma solo nella tarda primavera, e consisterebbe nell’apertura da parte dei comuni di una “contabilità
speciale vincolata” presso le sedi regionali competenti della Banca d’Italia. Ad ogni Stato
Avanzamento Lavori (SAL) le Amministrazioni potrebbero attingere da tale contabilità senza
conseguenze sul proprio bilancio. Si tratta di una soluzione già sperimentata da alcuni comuni per
gestire la spesa di finanziamenti speciali, ma non è tuttora chiaro se questa possa considerarsi una
soluzione definitiva persistendo in merito perplessità da parte della Corte dei Conti36
.
La terza delle ragioni che ha rallentato il progresso del Piano Città è legata alla previsione iniziale,
contenuta nell’articolo 12 del DL Sviluppo, di spalmare il finanziamento a beneficio delle città in un
periodo di 5 anni, pur essendo un obiettivo manifesto dell’iniziativa quello di premiare interventi
immediatamente cantierabili, al fine di stimolare la ripresa del settore urbano (costruzioni e servizi
connessi). A sottolineare questa contraddizione sono stati, oltre che i Comuni beneficiari, l’Anci e
l’Ance. In particolare il contenzioso che ne è nato è stata la principale ragione per cui, a seguito della
firma dei Contratti di Valorizzazione, non è seguita, secondo i tempi previsti (tre mesi), la stipula delle
vere proprie Convenzioni fra i Comuni ed il MIT, contenenti i cronogrammi dettagliati e vincolanti per
bandi, lavori e spesa di ciascun programma. Una rimodulazione mirata a concentrare i trasferimenti di
risorse ai comuni nelle annualità 2014 e 2015 è stata predisposta dal Ministero dell’Economia solo
all’inizio dell’estate, sbloccando di fatto il processo di definizione e redazione delle Convenzioni. Nel
mese di novembre 2013 solo 5 delle 28 convenzioni risultavano già firmate: Potenza, Matera,
Venezia, Firenze ed Eboli.
Sul fronte delle risorse a disposizione del Piano Città una novità di assoluto rilievo è emersa
nell’ambito del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9
agosto 2013, n. 98, cosiddetto DL Fare, all’articolo 9, comma 3bis. Il comma prevede che, al fine di
scongiurare il disimpegno delle risorse finanziarie ancora non spese afferenti agli assi territoriale o
35
Il Comune di Roma è in ritardo con la firma del contratto di valorizzazione perché ha dovuto attendere che gli Studios cinematografici De Paolis (nome finito nelle inchieste legate ai crimini della banda della Magliana), diventassero di proprietà comunale. Il passaggio è finalmente avvenuto nel novembre 2013 ed è probabile che la firma del Contratto di Valorizzazione possa avvenire a breve. 36
Il Comune di Matera in particolare sta utilizzando già dal 2010 lo strumento della “contabilità speciale vincolata” per gestire la spesa di un finanziamento speciale destinato alla riqualificazione del borgo La Martella, esempio fra i più alti di pianificazione dello sviluppo urbano nel periodo post bellico. L’apertura della contabilità speciale vincolata è avvenuta con assenso del Ministero dell’Economia, tramite apposito decreto della Ragioneria. Le perplessità espresse in merito da parte della Corte dei Conti riguardano il fatto che la possibilità da parte dei Comuni di creare, di fatto, di delle “gestioni fuori bilancio” non può essere autorizzata se non attraverso l’emanazione di una specifica norma che modifichi attualizzandoli i meccanismi di applicazione del Patto di Stabilità interno.
37
urbano dei programmi operativi regionali, queste possano essere dirottate verso interventi candidati
dai comuni al piano nazionale per le città. La norma prevede che tale trasferimento possa avvenire
attraverso la stipula di accordi diretti fra i Comuni proponenti e le Autorità regionali di gestione dei
POR.
Come previsto dal comma 3bis è stato istituito, su iniziativa del Ministero per la coesione territoriale,
un tavolo tecnico cui partecipano anche il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero per
gli affari regionali e le autonomie, le autorità di gestione dei programmi operativi regionali e nazionali e
l’Anci, in rappresentanza dei comuni che hanno partecipato al Piano città. Lo scopo di tale tavolo
tecnico è quello di stabilire le linee di indirizzo per la stipulazione degli accordi diretti tra i comuni e le
autorità di gestione.
Parallelamente alla partenza di tale tavolo l’Anci ha avviato un impegnativo lavoro di ricognizione della
progettualità presentata dai comuni nell’ambito del Piano città, in particolare nelle regioni dell’Obiettivo
Convergenza, dove si trova la maggior parte delle risorse non spese, per individuare interventi che
possono essere finanziati, cantierizzati e realizzati entro la chiusura ultima dell’attuale periodo di
programmazione comunitaria (dicembre 2015). Da tale ricerca emerga che nelle sole Regioni
convergenza più marcatamente indietro nella spesa dei fondi comunitari, e quindi maggiormente a
rischio definanziamento, ovvero Campania, Sicilia e Calabria, ci sono 163 interventi che rispondono
alle suddette caratteristiche, distribuiti in 59 comuni (30 in Campania, 14 in Calabria e 15 in Sicilia).
L’insieme di questi interventi rappresenta un investimento complessivo di 398 milioni di euro, dei quali
352,2 ancora da reperire.
L’evoluzione futura del Piano città
Parallelamente alla fase di valutazione delle proposte presentate nell’ambito del Piano città e quindi
all’inizio della sua implementazione vera e propria è stato istituito il Comitato Interministeriale per
Politiche Urbane (CIPU) ai sensi dell’articolo 12 bis della Legge 134/2012 (di conversione del DL
83/2012).
Il Comitato appare come la sede del confronto e dialogo finalizzato alla strutturazione di una vera e
propria Agenda urbana nazionale. L’esigenza di una Agenda Urbana (eventualmente da strutturarsi
come vera e propria Strategia Nazionale per le città) emerge in particolare modo alla luce delle
previste novità nell’impiego dei Fondi Strutturali UE per il prossimo ciclo di programmazione 2014-
2020. E’ previsto infatti che il nuovo Regolamento dei Fondi Strutturali assegnerà alle città una
posizione di protagonista in termini di programmazione ed implementazione della spesa, in quanto
principali motori di crescita, innovazione ed integrazione dell’Unione Europea.
Il CIPU si è riunito per la prima volta il 23 gennaio 2013, presenti il Ministro della Coesione territoriale
(coordinatore), del Lavoro, dell’Istruzione, del Turismo, il Presidente dell’ANCI, rappresentanti del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e delle Regioni, con l’obiettivo di definire un documento
comune sulle attuali politiche settoriali che incidono direttamente sullo sviluppo delle città, e sulle
proposte su come meglio coordinarle e potenziarle. Tale documento è stato presentato dal Ministro
38
per la Coesione territoriale con il titolo “Metodi e Contenuti sulle Priorità in tema di Agenda Urbana” il
20 marzo scorso.
Alla luce delle misure di policy contenute nel documento e delle prime valutazioni del Piano Città, è
possibile trarre qualche conclusione in merito alla futura Agenda urbana nazionale.
Il Piano nazionale per le Città segna il ritorno delle politiche urbane come tema strategico per il
superamento della grave crisi socio-economica; consente, attraverso l’ampia partecipazione alla
Cabina di Regia di amministrazioni, associazioni e operatori, di sperimentare nuove forme di
integrazione e concentrazione degli investimenti e delle politiche per le aree urbane; consolida la
prassi del cofinanziamento tra diversi livelli di governo e tra fondi pubblici e privati, ormai passaggio
obbligato per assicurare un adeguato impatto finanziario a qualsiasi politica di investimento pubblico.
Il Piano Città, pur avendo premiato alcuni progetti di comprovata valenza strategica, non ha ancora
offerto una lettura innovativa del ruolo delle città nell’ambito del sistema complessivo di reti e relazioni
che caratterizza il territoriale italiano. Esiste infatti un patrimonio di progettualità, anche molto matura,
che valorizza l’importanza delle città per il sistema paese mirando a rafforzarne la capacità di
affermarsi come “grandi hub territoriali che catturano e generano i flussi esterni e locali e fungono da
poli di intelligenza ed innovazione”. Si tratta di una progettualità di cui le amministrazioni comunali
sono ovviamente protagoniste, anche in quanto detentrici di poteri urbanistici fondamentali, ma non
necessariamente uniche, o principali promotrici. E questo l’ambito di innovazione al quale l’Agenda
urbana nazionale dovrà guardare con interesse, se l’obiettivo è quello di ottimizzare l’impiego dei fondi
strutturali 2014-2020 per le città.
3.2 Recupero opere incompiute
Il lavoro di analisi ed approfondimento sul tema del recupero delle opere incompiute è proseguito nel
2012 con la creazione di un elenco anagrafe delle opere pubbliche incompiute presso il Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti.
La costituzione dell’elenco anagrafe, previsto dall’articolo 44bis del decreto “Salva Italia” 201/2011, è
proceduta con forte ritardo rispetto alle tempistiche prospettate dalla norma istitutiva. Al Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti era infatti delegata la responsabilità di stabilire, “entro tre mesi dalla data
di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto” (avvenuta in data 22.12.2011, L
214/2011) con proprio regolamento, le modalità di redazione dell’elenco-anagrafe, nonché le modalità
di formazione della graduatoria e dei criteri in base ai quali le opere pubbliche incompiute vengono
iscritte. La bozza di tale regolamento è stata presentata dal Ministero delle infrastrutture e discussa
alla Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 12 settembre 2012. In preparazione a tale evento la
bozza era stata fatta circolare per raccogliere osservazioni. In tale occasione il Nucleo ha supportato il
DIPE nella redazione di una proposta di modifica del documento, finalizzata ad assicurare maggiore
39
puntualità nella raccolta delle informazioni da inserire nell’elenco-anagrafe e maggiore chiarezza nella
individuazione delle priorità di azione per intervenire sul patrimonio censito.
A valle delle osservazioni presentare in sede di Conferenza il testo ha subito alcune modifiche fino ad
essere approvato dalla Conferenza stessa nella seduta del 25 ottobre 2012.
Il testo è stato successivamente sottoposto al parere del Consiglio di Stato il quale ha rilevato, con un
primo pronunciamento del 6 dicembre 2012, diverse ambiguità anche in merito alla natura e agli scopi
dell’elenco anagrafe. Il Ministero delle infrastrutture ha successivamente modificato il testo del
regolamento recependo le osservazioni del Consiglio di Stato. Lo Schema di regolamento è stato
quindi approvato con parere n. 945 del 28 febbraio 2013, pur permanendo alcune perplessità sui modi
ed i criteri di compilazione della graduatoria prevista nello stesso, “in quanto si tratta di una
classificazione che non esclude decisioni circa l’ulteriore prosecuzione dell’attività diretta al
completamento dell’opera e che lascia aperta ogni possibile decisione relativa all’opera pubblica
stessa”.
Nel 2012 è inoltre proseguito il progetto pilota di affiancamento al Comune di Trevignano Romano
nella predisposizione di uno Studio di Fattibilità per il recupero e la rifunzionalizzazione di un immobile
di proprietà comunale mai completato, attraverso l’attivazione di un partenariato pubblico-privato.
Conclusa la definizione dello studio, e quindi delle modalità e delle condizioni di fattibilità del progetto,
si è giunti alla conclusione che nelle attuali condizioni di mercato la ricerca di un partner privato
(investitore e gestore) difficilmente potrebbe avere buon esito, a meno di un radicale ripensamento
delle priorità di intervento (obiettivi definiti dall’Amministrazione comunale stessa).
Contestualmente, il Comune ha ribadito il proprio impegno verso il recupero dell’immobile di sua
proprietà, dichiarandosi disponibile ad investire l’intero gettito dell’IMU nel 2013 per un primo
intervento di riqualificazione della struttura già esistente; intervento che consentirebbe di
implementare da subito alcune delle nuove funzioni pubbliche già previste nello studio di fattibilità.
Il supporto del Nucleo si è concentrato sulla valutazione delle modalità attraverso cui tale primo
investimento in conto capitale del Comune potrà effettivamente migliorare la fattibilità dell’intero
progetto. In concreto è stato rivisto il programma funzionale della intera operazione di trasformazione,
tenendo conto della opportunità di realizzare subito alcune componenti, in particolare quelle di natura
prevalentemente pubblica (auditorium e centro giovani). E’ emersa la contestuale possibilità di
ridimensionare lo sviluppo complessivo dell’area e, conseguentemente, l’investimento privato
necessario per realizzarlo.
Di fatto, lo sconto relativo al recupero delle strutture esistenti, il cui costo verrebbe coperto
dall’intervento pubblico, originariamente non previsto, consentirebbe la sostenibilità economico-
finanziaria dell’investimento della parte privata anche a fronte di una riduzione dei volumi destinati a
funzioni commerciali. Tale riduzione dovrà comunque essere valutata alla luce della necessità di
migliorare la redditività complessiva dell’investimento. Infatti, nell’attuale scenario economico e
40
finanziario, per mantenere sufficientemente alto il livello di attrattività dell’operazione sarà necessario
compensare il maggior rischio con un opportuno incremento della prospettiva di rendimento.
Implementazione dell’Elenco anagrafe delle opere incompiute nel corso dell’annualità 2013
E’ stata completata nel corso del 2013 la compilazione dell’elenco-anagrafe delle opere incompiute
(così come previsto dall’articolo 44bis del decreto “Salva Italia” 201/2011), successivamente
all’approvazione, pur con riserva, da parte del Consiglio di Stato dello schema di regolamento
predisposto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Il censimento delle opere incompiute è stato portato avanti congiuntamente dal Ministero e dalle
Amministrazioni regionali, cui è stata richiesta la compilazione dei rispettivi elenchi entro la data dello
scorso 21 ottobre (2013). Tutte le Regioni e le Province Autonome hanno ottemperato a tale richiesta
con la significativa eccezione delle amministrazioni di Sicilia e Sardegna. Lo stesso 21 ottobre le
tabelle sono state pubblicate sul sito istituzionale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a cura
della Direzione Generale per la regolazione e i contratti pubblici.
I risultati della ricognizione svolta sono illustrati nella tabella sottostante.
Numero opere Importo lavori già realizzati (in MLN)
Importo oneri per ultimazione lavori (in MLN)
Valle D’Aosta 2 11,8 6,9
Piemonte 18 206,7 51,5
Lombardia 11 55,4 9,6
Provincia di Bolzano 3 13,2 9,3
Provincia di Trento 0 0 0
Veneto 26 109,7 563,6
Friuli Venezia Giulia 5 10,0 2,1
Liguria 11 30,9 10,5
Emilia Romagna 15 90,0 12,9
Toscana 29 117,0 15,9
Umbria 23 166,0 4,5
Marche 16 49,8 27,7
Lazio 54 186,7 62,1
Abruzzo 34 59,0 42,7
Molise 8 19,2 9,1
Campania 2 1,1 0,5
Puglia 40 40,1 46,1
Basilicata 25 30,4 14,9
Calabria 39 72,1 39,1
Sicilia - - -
Sardegna - - -
Opere nazionali e sovraregionali
29 273,3 41,7
Totale (senza Sicilia e Sardegna)
387 1.542,4 970,7
L’indagine svolta risulta di particolare interesse perché consente di dimensionare il fenomeno del
mancato completamento delle opere pubbliche, che da sempre si presuppone di dimensioni molto
rilevanti, rendendo possibile l’avvio una riflessione informata sulle misure contrasto e prevenzione.
41
D’altro canto la compilazione dell’elenco anagrafe nella modalità che emergono dalle tabelle
pubblicate dalla Direzione generale per la regolazione e i contratti pubblici soddisfa in maniera molto
parziale l’obiettivo posto dall’articolo 44bis, ovvero la creazione di un elenco anagrafe costruito in base
a “criteri di adattabilità delle opere stesse ai fini del loro riutilizzo, nonché di criteri che indicano le
ulteriori possibili destinazioni di ogni singola opera”.
Di fatto gli elenchi ad oggi pubblicati sono quasi interamente focalizzati sul dato relativo alla
percentuale di realizzazione dell’opera, e quindi, sulla sua utilizzabilità, seppur parziale, per le funzioni
per cui era stata originariamente prevista. Manca in maniera quasi completa una analisi, e
conseguente riflessione/proposta, sulle modalità di riutilizzo delle incompiute, e soprattutto, sulla
possibilità (e opportunità) che tale “rifunzionalizzazione” avvenga, laddove possibile, non attraverso un
ulteriore esborso di denaro pubblico.
42
Grafico 3.1. Distribuzione degli investimenti per funzioni/destinazioni d’uso/opere proposte
Tabella 3.1. Ripartizione delle domande e degli investimenti proposti per dimensione demografica del Comune proponente
Classi demografiche Nr
Comuni
Investimento Taglia media
Proposta
% investimento
complessivo
Città metropolitane 15 € 3.620.558.477 € 241.370.565 19,5%
Oltre 50.000 abitanti 92 € 8.310.689.481 € 90.333.581 44,9%
Tra 50.000 e 15.000
abitanti
114 € 4.367.685.955 € 38.313.035 23,6%
Tra 15.000 e 5.000
abitanti
102 € 1.519.705.655 € 14.899.075 8,2%
inferiore a 5.000
abitanti
107 € 709.088.741 € 6.626.998 3,8%
Totale complessivo 430 € 18.527.728.309 € 43.087.740 100,0%
43
Tabella 3.2. Distribuzione degli investimenti per funzioni/destinazioni d’uso/opere proposte37
Funzioni/destinazioni d’uso, Opere Nr funzioni/
Destinazioni d’uso/opere
Investimento Taglia media % investimento complessivo
Sistemi per l’accessibilità e la viabilità (parcheggi, strade, infrastrutture)
687 € 2.941.788.379 € 4.282.079 26,7%
Uffici e/o contenitori (coperti) pubblici e/o di uso pubblico (scuole, asili, biblioteche, musei)
629 € 2.327.844.430 € 3.700.866 21,1%
Piazze, arredo urbano e attrezzature pubbliche scoperte
334 € 765.020.088 € 2.290.479 6,9%
Opere ed impianti finalizzati all’efficientamento energetico ed ambientale
172 € 602.865.334 € 3.505.031 5,5%
Social housing (convenzionata e agevolata)
161 € 1.344.286.348 € 8.349.605 12,2%
Residenza libera 111 € 1.048.762.363 € 9.448.310 9,5%
Strutture ed impianti sportivi 99 € 251.144.590 € 2.536.814 2,3%
Altro 96 € 288.047.417 € 3.000.494 2,6%
Turistico/ricettivo 80 € 441.920.964 € 5.524.012 4,0%
ERP (edilizia sovvenzionata a totale finanziamento pubblico).
67 € 365.776.401 € 5.459.349 3,3%
Commerciale 62 € 650.353.918 € 10.489.579 5,9%
Totale 2.498 € 11.027.810.231 € 4.414.656 100%
Tabella 3.3. Distribuzione degli investimenti proposti per nuova costruzione/rifunzionalizzazione e quadro delle risorse da reperire
Nuova costruzione (NC)/
rifunzionalizzazione (RF)
Nr funzioni/ destinazioni
d’uso/ opere
Investimento complessivo
Risorse già reperite
Risorse da reperire
% risorse da reperire sul
totale investimento
Distribuzione investimento complessivo
Rifunzionalizzazioni 1.555 € 5.922.160.348 € 2.272.902.078 € 3.649.258.270 61,60% 32%
Nove costruzioni 1.130 € 9.126.597.043 € 4.447.578.367 € 4.679.018.676 51,30% 49%
entrambe 255 € 2.960.861.507 € 1.251.701.606 € 1.709.159.901 57,70% 16%
non specificato 177 € 518.109.411 € 156.514.297 € 361.595.114 69,80% 3%
Totale complessivo 3.117 € 18.527.728.309 € 8.128.696.348 € 10.399.031.961 56,10% 100%
37
La tabella si riferisce a circa l’80% degli interventi complessivamente proposti, ovvero a quelli per cui è stata possibile una classificazione tipologica chiara.
44
Tabella 3.4. Lista dei comuni beneficiari i cui progetti sono stati selezionati, con relative tipologie progettuali e dettaglio dei finanziamenti
Comune Finanziamento Piano Città (in
mln di Euro)
Valore complessivo progetto (in
mln di Euro)
Rapporto fra finanziamento ottenuto e val. complessivo progetto in %
Rapporto fra finanziamento
ottenuto e richiesto in %
Tipologia prevalente
**
Presenza di Social
housing***
Lamezia Terme* 30 51,9 57,8 85 B
Genova 25 221 11,3 22 A-B-C sì
Taranto* 24 68,9 34,8 100 C
Napoli* 20 21,5 93 100 A
L’Aquila* 15 37,1 40,4 50 A
Firenze 14,67 467 3,1 5 A
Catania* 13 73,7 17,6 19 B
Roma 12,96 113 11,5 25 A-C sì
Potenza 12,3 50,6 24,3 58 B
Torino 11,09 252,8 4,4 9 B sì
Cagliari 11,03 111,1 9,9 13 C
Reggio Emilia 10,95 39,7 27,6 33 A
Bologna 10,25 83,2 12,3 36 A sì
Venezia 9,8 563,8 1,7 36 A-C sì
Ancona 8,77 66,4 13,2 23 C
Matera 8,44 17,3 48,8 100 C
Lecce 8,3 134,9 6,2 10 A-C
Bari 8,225 215,8 3,8 37 B-C sì
Verona 7,886 864,6 0,9 8 B-C sì
Rimini 7,51 225,3 3,3 23 C
Pieve Emanuele 7,46 13,7 54,5 54 C sì
Pavia 7,25 16,5 43,9 100 D
Erice* 7 64,9 10,8 100 C
Foligno 6,586 90,3 7,3 24 C sì
Settimo Torinese 5,84 305 1,9 18 A sì
Eboli* 5,175 122,6 4,2 85 B
Milano 5 68,6 7,3 33 A
Trieste 4 10,8 37 100 D
Nord 112,036 2.665,00 4,2 37
Centro 57,986 773,8 7,5 25
Sud 147,47 933,2 15,8 70
Totale 318 4.372,00 7,3 47
*Città beneficiarie di fondi ex zone franche urbane **A: riqualificazione di aree dismesse e loro rifuzionalizzazione ad usi urbani misti B: riqualificazione e rilancio di quartieri di edilizia residenziale pubblica (ERP) C: rilancio e recupero di aree urbane degradate (ad esempio i waterfront) D: recupero e rifunzionalizzazione di singoli complessi edilizi *** proposte con significative quote di Social housing potenzialmente finanziabili attraverso il FIA di CDP
45
4. FONDO SVILUPPO E COESIONE
Nell’ottica di aggiornare la Relazione dello scorso anno, nella tabella 4.1 sono elencate le
deliberazioni assunte dal CIPE in materia di politiche di coesione. Si segnalano in particolare tre
argomenti per il rilievo programmatico e finanziario; la riprogrammazione dei PAR 2007-2013 di tre
regioni del Centro-Nord (Marche, Liguria e Toscana), la ripartizione di tutte le risorse assegnate in
favore del sisma Abruzzo per il periodo 2013-2015, e, infine, la imputazione delle riduzioni di spesa a
carico del FSC ex art. 16, comma 9, del DL 95/2012.
La riprogrammazione dei PAR ha riguardato scostamenti superiori al 20% dalla iniziale
programmazione degli assi strategici, secondo quanto stabilito dalla delibera CIPE n. 41/2011. In
particolare, per quanto riguarda la Regione Marche38
, la riduzione del 16% della dotazione
complessiva del PAR Marche si è concentrata prevalentemente nella contrazione delle risorse rivolte
a potenziare le infrastrutture e la logistica, la cui incidenza relativa è scesa dal 40% al 35%. Tale
riorientamento strategico riflette la consapevolezza circa l’opportunità di massimizzare il contributo del
PAR per fronteggiare la crisi, sia accelerandone la spesa, sia potenziando gli interventi a favore del
tessuto imprenditoriale, aumentando del 24% la dotazione del relativo indirizzo strategico, che adesso
dispone di un ammontare all’incirca pari a quello della qualificazione dei servizi socio sanitari e al
consolidamento dell’inclusione sociale e della Cittadinanza attiva.
Per quanto riguarda la Regione Liguria, la riprogrammazione delle risorse del PAR ha potenziato le
risorse destinate alla competitività del sistema economico, aumentando del 21% la dotazione per
l’accessibilità e la mobilità sostenibile, mentre le risorse per la ricerca e l’innovazione sono state
ridotte del 9%. Sono state invece ridotte del 14% le risorse finalizzate alla competitività del sistema
ambiente e territorio, con una contrazione maggiore per la tutela e la valorizzazione delle risorse
ambientali e culturali rispetto al taglio impresso al miglioramento qualità ambientale e territoriale. Sul
pianto qualitativo, la principale modifica apportata tramite la riprogrammazione al PAR della Liguria
riguarda l’inserimento del nuovo Asse E, “Miglioramento dell’offerta sanitaria ligure”, finalizzato ad un
programma di investimento pari a circa 53 milioni di euro, con una copertura a carico del FSC pari a
circa 30 milioni di euro. Infine, per quanto riguarda il PAR della Regione Toscana, gli interventi di
riprogrammazione risultano più conservativi rispetto alle altre regioni. Nell’ambito di una riduzione del
9% della dotazione complessiva del programma39
(pari a 71 milioni di euro), sono state
prevalentemente ridotte le risorse finalizzate alle infrastrutture per i settori produttivi, alla viabilità
38
Nel caso particolare delle Marche, la rimodulazione del PAR si è resa necessaria a seguito della riduzione della dotazione del Programma dovuta in parte alle decurtazioni operate con le citate delibere nn. 1/2009 e 1/2011 ed in parte al venir meno di risorse poste a carico di altre fonti finanziarie, diverse dal FSC, solo parzialmente compensate da un maggiore contributo regionale. 39
La dotazione del PAR Toscana è stata ridotta di 71 milioni di euro in seguito alla proposta del Capo di Gabinetto (d’ordine del Ministro per la coesione territoriale n. 3002 del 20 novembre 2012), nella quale viene richiamata la riduzione della dotazione iniziale del Programma disposta con le richiamate delibere del CIPE 1/2009 e 1/2011 e l’impossibilità di fare fronte a tali riduzioni con risorse poste a carico di fonti finanziarie diverse dal FSC.
46
regionale e ai servizi su vie navigabili interne regionali, a fronte di un aumento delle risorse destinate
alle seguenti quattro linee di azione: ricerca industriale e sviluppo sperimentale; mobilità sostenibile;
sostenibilità e competitività dell'offerta turistica e commerciale; interventi di tutela, valorizzazione e
promozione del patrimonio culturale.
Le scelte di riprogrammazione dei tre PAR, sottoposte alla “presa d’atto” del Comitato, manifestano
disomogeneità nelle strategie di allocazione delle risorse, determinate da specifiche esigenze, legate
anche a difficoltà manifestatesi nell’avanzamento procedurale degli interventi inizialmente previsti. Tali
situazioni confermano la necessità, sempre riaffermata dal Comitato, di più accurate verifiche ex ante
di azioni e progetti.
Quanto alla ripartizione di tutte le risorse assegnate in favore del sisma Abruzzo per il periodo 2013-
2015 (delibera 135/2012), in questa sede se ne segnala il notevole impatto economico finanziario,
consistente nella effettiva messa a disposizione di risorse per 2.245 milioni di euro.
La imputazione delle riduzioni di spesa a carico delle risorse FSC assegnate alle Regioni ex art. 16,
comma 9, del DL 95/2012, come modificato dall’articolo 1, comma 117, delle legge n. 228/2012
(Legge di stabilità 2013), è stata affrontata nella delibera 14/2013 sulla base di quanto stabilito nella
Conferenza Stato-Regioni (CSR) del 7 febbraio 2013.
In particolare, a fronte di tagli da imputare, in mancanza di fonti alternative, per 1.000 milioni di euro
per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e di 1050 milioni per il 2015, con la delibera n. 14/2013 sono
state imputate riduzioni per 2.421 milioni di euro, essendosi individuata per le Regioni a statuto
ordinario, una fonte alternativa di copertura rappresentata dal contributo per il cosiddetto “patto di
stabilità incentivato”, per un importo di 628.927.713 euro.
La ripartizione delle riduzioni fra le Regioni è stata disposta dalla delibera sulla base delle chiavi di
riparto concordate in sede della richiamata Conferenza Stato-Regioni.
Complessivamente, le risorse del FSC programmate con deliberazioni del CIPE nel periodo agosto
2011- marzo 2013 (Tabella 4.2) sono state pari a 25.401 milioni di euro cui 1.668 milioni per i PAR del
centronord e a 23.732,8 milioni di euro per il Mezzogiorno (dei quali 6.152,2 milioni in favore di
Amministrazioni nazionali e 17.580,6 milioni in favore delle Regioni). Rispetto al periodo considerato
nella precedente relazione, agosto 2011-agosto 2012, si segnala un incremento delle risorse
programmate pari a 4.214 milioni di euro (+19,9%). Complessivamente la distribuzione delle risorse
FSC per il Mezzogiorno ha riguardato prevalentemente infrastrutture per la mobilità, quali ferrovie,
strade, porti e aeroporti, (36% delle risorse complessive e 39% di quelle regionali) e in secondo luogo
la manutenzione straordinaria del territorio (19% delle risorse complessive e 25% di quelle regionali,
contro appena il 2,4% di quelle nazionali). Le risorse nazionali si sono concentrate quasi per metà
(48,5%) sulla ricostruzione del cratere dell’Aquila.
Nel corso del 2012, il CIPE ha accorciato il tempo medio intercorrente tra la data di adozione e quella
di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale delle delibere, grazie alle norme di accelerazione e al nuovo
Regolamento interno che hanno fissato termini stringenti per le attività di redazione, verifica e
47
registrazione delle delibere da parte rispettivamente del DIPE, del Ministero dell’economia e delle
finanze e della Corte dei Conti. Il tempo medio tra la decisione del Comitato e la pubblicazione in GU
è infatti sceso da 150 giorni nel periodo novembre 2010 – novembre 2011 a 88 giorni nel periodo
dicembre 2011- dicembre 2012, al netto della pausa estiva di agosto e delle delibere che, per motivi
direttamente o indirettamente legati alla tutela della finanza pubblica, sono state oggetto di riesame
del Comitato a seguito di rilievi del MEF e della Corte dei Conti.
Come nella precedente relazione, il Nucleo, evidenzia il permanere di alcune criticità nei processi di
programmazione e attuazione degli interventi.
Persistono, infatti, lacune nella completezza e accuratezza dei dati forniti dalle amministrazioni
proponenti che attengono alla alle valutazioni ex ante e in itinere degli progetti, in particolare per
quanto attiene la sostenibilità economico finanziaria, la complessità della progettazione ambientale, la
sostenibilità amministrativa, con riferimento ai soggetti attuatori, la coerenza e congruità finanziaria, la
presenza, infine, di un efficace sistema dei controlli. Tali carenze possono avere riflessi anche gravi
nell’attuazione degli interventi, sia sotto l’aspetto dell’avanzamento procedurale che sotto quello della
concreta e corretta realizzazione, riproponendo le note problematiche relative alla effettiva capacità di
spesa, al suo avanzamento, al conseguimento degli impatti attesi, sia in termini di risultati che di
outcomes. Le suesposte tipologie di rilievi, attinenti la completezza della documentazione tecnico-
finanziaria, hanno motivato la presenza di frequenti condizioni e prescrizioni nelle delibere del
Comitato.
L’osservanza di tali condizioni e prescrizioni, cui sono impegnate le amministrazioni proponenti,
manifesta ancora una volta l’esigenza di costituire le condizioni perché possa essere avviato, da parte
dello stesso Comitato, un percorso, anche indiretto, di monitoraggio e valutazione in itinere di
programmi e progetti, dal quale evidenziare per tempo eventuali necessità di interventi correttivi e
trarre utili insegnamenti per il futuro.
48
Tabella 4.1 Delibere relative al Fondo Sviluppo e Coesione periodo agosto 2011- marzo 2013
Data della seduta
N. delibera
Oggetto della deliberazione
03-ago-11 62 Piano Nazionale per il Sud – individuazione e assegnazione di risorse ad interventi di rilievo nazionale ed interregionale e di rilevanza strategica regionale
63 Presa d'atto programma attuativo regionale (PAR) Regione Molise - FSC 2007-2013
64 Anticipazione sul PAR FAS 2007-2013 Regione Abruzzo per i Mondiali sci juniores di Roccaraso
30-set-11 78 Piano nazionale per il Sud- Individuazione ed assegnazione risorse per interventi di rilevanza strategica nazionale e regionale - Priorità strategica "Innovazione, ricerca e competitività"
79 Presa d'atto programma attuativo regionale (PAR) Regione Abruzzo - FSC 2007-2013
80 Definanziamento interventi finanziati dal FSC (ex FAS) 2000-2006. Rapporto intermedio su verifiche svolte in attuazione delibera CIPE n. 79/2010
81 Utilizzo di 200 milioni di euro sul PAR 2007-2013 Regione Siciliana per interventi di riqualificazione e reindustrializzazione Polo industriale di Termini Imerese
06-dic-11 83 Assegnazione risorse in applicazione dell'articolo 33, comma 3, della legge n. 183/2011 (legge di stabilità 2012)
20-gen-12 6 FSC - Imputazione riduzioni di spesa disposte per legge, revisione pregressa programmazione e assegnazione risorse (articolo 33, commi 2 e 3, legge n. 183/2011)
7 Rimodulazione assegnazioni delibera CIPE n. 78/2011 (Investimenti a favore delle Università meridionali)
8 FSC 2007-2013 - assegnazione risorse a interventi di contrasto del rischio idrogeologico di rilevanza strategica regionale nel Mezzogiorno
9 Presa d'atto PAR 2007-2013 Veneto
10 Presa d'atto PAR 2007-2013 Friuli V.G.
11 Presa d'atto PAP 2007-2013 Provincia autonoma di Trento
23-mar-12 35 Ricognizione obbligazioni assunte sulle risorse liberate relative a Programmi operativi 2000-2006 (delibera CIPE n. 79/2010)
36 Assegnazione ad Invitalia per misure agevolative di autoimprenditorialità e autoimpiego
37 Assegnazione ad ISMEA per misure agevolative per la nuova imprenditorialità in agricoltura
38 Assegnazione per interventi prioritari nel settore dei Beni culturali - sedi museali di rilievo nazionale
39 Assegnazione di risorse per il completamento del Museo nazionale di Reggio Calabria
40 FSC 2000-2006 -Applicazione disimpegni automatici ed individuazione delle risorse disponibili per nuovi impieghi
41 Modalità di riprogrammazione FSC regionale 2000-2006 e 2007-2013
42 Attribuzioni al sistema dei Conti pubblici territoriali (CPT)
43 Sisma Abruzzo 2009 - Assegnazioni per la ricostruzione
44 Sisma Abruzzo 2009 - Assegnazioni per il ripristino di immobili pubblici nella città e nella provincia di L'Aquila
30-apr-12 60 Settore ambientale- Depurazioni e bonifiche
61 UVER- Definanziamenti
11-lug-12 78 FSC-Riprogrammazione risorse regionali residue
2007-2013
79 Obiettivi di servizio
81 Sisma Abruzzo- Palazzo del Governo
03-ago-12 87 Ambiente-Manutenzione straordinaria territorio
88 Reg. Basilicata-Programmazione risorse residue
89 Reg. Calabria-Programmazione risorse residue
90 Reg. Campania-Programmazione risorse residue
91 Reg. Molise-Programmazione risorse residue
92 Reg. Puglia-Programmazione risorse residue
93 Reg. Sardegna-Programmazione risorse residue
49
94 Reg. Sicilia-Programmazione risorse residue
95 Reg. Umbria-Programmazione risorse residue
96 Piano Azione e Coesione- Presa d'atto
26-ott-12 108 Presa d'atto riprogrammazione PAR 2007-2013 Marche
110 Presa d'atto riprogrammazione PAR 2007-2013 Liguria
111 Riprogrammazione parziale a favore dell’intervento “giustizia civile celere” di una quota dell’assegnazione ex delibera 98/2007 (DIT)
11-dic-12 133 Presa d'atto riprogrammazione PAR 2007-2013 Toscana
21-dic-12 135 Sisma Abruzzo 2009 - Ripartizione risorse del FSC periodo 2013-2015
149 Riprogrammazione parziale a favore dell’intervento “sistema informatizzato di governo, monitoraggio e valutazione dei magistrati e organizzazione giudiziaria” di una quota dell’assegnazione ex delibera 20/2004 (DIT)
150 Presa d’atto relazione DPS-UVER completamento opere infrastrutturali al 30 aprile 2012 e definanziamento di un intervento
156 Riprogrammazione delle residue risorse 2007-2013 Campania per il miglioramento della salubrità ambientale
8-dic-13 14 Imputazione riduzioni di spesa per le Regioni a statuto ordinario ex art. 16, comma 9, del D. legge 95/2012 e disposizioni di funzionamento del Fondo
18 Sisma Abruzzo 2009 – Riprogrammazione risorse ex delibera 47/2009 (messa in sicurezza edifici scolastici danneggiati dal sisma)
19 Attribuzione alle Regioni della quarta tranche premiale per il Sistema conti pubblici territoriali ex delibera 19/2008 con rimodulazione quote premiali e modifica regole di attribuzione
Tabella 4.2 Programmazione Fondo Sviluppo e Coesione relative al Mezzogiorno, agosto 2011 – marzo 2013, in milioni di euro
Settori Quota
nazionale Quota
regionale Totale
Distribuzione %
Infrastrutture per la mobilità (ferrovie, strade porti e aeroporti) 1.753,3 6.858,5 8.611,8 36,29%
Manutenzione straordinaria del territorio 150,0 4.356,0 4.506,0 18,99%
Sisma Abruzzo 2.983,7 2.983,7 12,57%
Interventi per la scuola, università e centri di ricerca 786,5 1.286,8 2.073,3 8,74%
Promozione di impresa e sviluppo locale 134,7 1.478,3 1.613,0 6,80%
Infrastrutture sanitarie 735,5 735,5 3,10%
Riqualificazione urbana 423,6 423,6 1,78%
Altre infrastrutture (tra cui edilizia carceraria e musei) 229,0 107,5 336,5 1,42%
Altro (ripiano debito sanitario, rifiuti, protezione civile, azioni di sistema e governance programmazione)
115,0 2.334,4 2.449,4 10,32%
Totale 6.152,2 17.580,6 23.732,8 100,00%
Elaborazione su dati tratti da: Ministro per la coesione territoriale, “Le Politiche di coesione territoriale: Rapporto di fine mandato”, Roma, 3 aprile 2013, tavole 1 e 2 dell’allegato 3. I dati sono al lordo delle riduzioni di spesa disposte dalla delibera n. 14/2013, per le quali non sono ancora disponibili le ripartizioni per settore.
50
Grafico 4.1 Programmazione Fondo Sviluppo e Coesione – Distribuzione percentuale tra quota nazionale e quota regionale per tipo di destinazione
51
5. LA RIFORMA DELL’UNIVERSITA’
L’attività del Nucleo in materia di riforma universitaria si è concentrata sull’analisi degli aspetti evolutivi
di due filoni di attività dell’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca
(ANVUR) già esaminati negli anni precedenti e su un aspetto più recente dell’azione dello stesso
ANVUR.
I primi due filoni riguardano l’attività dell’ANVUR di valutazione della ricerca scientifica e del sistema
universitario – Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR) e di supporto al Ministero dell’istruzione
nella procedura di Abilitazione Scientifica Nazionale dei professori universitari di prima e seconda
fascia (ASN); il terzo il sistema di Autovalutazione, Valutazione e Accreditamento delle Università
(AVA).
5.1 L’attività di valutazione della ricerca scientifica e del sistema universitario (VQR)
In merito al VQR, il Nucleo ha esaminato il processo, promosso dall’ANVUR nel corso del 2011-2013,
di valutazione del sistema universitario e della ricerca. I quattordici Gruppi di Esperti della Valutazione
(GEV) formati da docenti universitari italiani e stranieri di comprovata fama ed esperienza hanno avuto
il compito di promuovere la c.d. “VQR 2004-2010”, un esercizio di valutazione, ormai in corso di
completamento, volto a stilare un vero e proprio ranking di Atenei, Enti di ricerca, consorzi e di altre
istituzioni di formazione e di ricerca che hanno aderito volontariamente.
In base al DM 17/2011, un campione significativo della produzione scientifica realizzata dal personale
docente e ricercatore degli Atenei e degli Enti di ricerca tra il 2004 e il 2006 è stato sottoposto,
alternativamente, ad una valutazione di tipo peer review, svolta da esperti referee nominati dai singoli
GEV, e ad una valutazione di tipo bibliometrico, condotta utilizzando le principali banche dati
citazionali attualmente esistenti (ISI Web of Science e SciVerse SCOPUS). Nel complesso, i
quattordici GEV hanno promosso la valutazione di oltre 200 mila prodotti della ricerca, andando ben
oltre quanto fatto dalla Valutazione triennale della ricerca 2001-2003, promossa dal soppresso
Comitato di Indirizzo per la Valutazione della Ricerca (CIVR).
Da una prima analisi dei dati, che saranno resi noti a fine giugno 2013, riguardanti il rapporto fra i
prodotti di ricerca che avrebbero dovuto essere conferiti alla valutazione e quelli che effettivamente vi
sono stati sottoposti, risulta che la percentuale media sulle aree di prodotti mancanti è del 5,3%. In
altre parole, in media sono stati effettivamente sottoposti alla VQR il 94,7% dei prodotti di ricerca che
vi erano soggetti secondo il bando dell’ANVUR e che ammontano a circa 200.000 lavori esaminati,
una piccola parte di quelli complessivamente prodotti.
Il dato del 94,7% testimonia, comunque, un’attenzione delle strutture nel soddisfare i requisiti del
bando. La distribuzione dei prodotti mancanti nelle varie aree presenta una varianza elevata con
percentuali che vanno dall’1,3% per il GEV 3 al 19,8% per il GEV 4. Per le aree 1-7, 9 e 13 gli articoli
su rivista costituiscono la stragrande maggioranza dei prodotti conferiti mentre l’area 8 ha percentuali
52
simili di articoli e monografie. Nelle aree 10, 11, 12 e 14, invece, le monografie sono in netta
maggioranza.
La VQR è il primo tentativo, modellato su quelli compiuti in Francia e nel Regno Unito e svolti ormai
con cadenza regolare, di valutare ex post la ricerca e la produzione scientifica degli Atenei e degli Enti
di ricerca. Il DM. 17/2011 prevede che, alla fine della valutazione, per ogni Ateneo ed Ente di ricerca
venga calcolato un indice complessivo di qualità. L’ANVUR, entro la fine di giugno 2013, stilerà il
primo Rapporto sullo stato del sistema universitario e della ricerca, tratteggiando un profilo degli
Atenei e degli Enti di ricerca italiani. Questo, oltre alla grande valenza informativa, dovrà costituire la
base di partenza per l’assegnazione di circa 2/3 della parte premiale del fondo di finanziamento
ordinario (all’incirca 380 milioni di euro per l’anno corrente).
Si noti che la VQR ha tenuto in considerazione, oltre alla qualità della produzione scientifica nel
settennio 2004-2010, le attività di terza missione degli Atenei (gestione di poli museali, attività
inventiva e brevettuale, capacità di attrazione di investimenti e così via) senza però legare a questa la
ripartizione di fondi ministeriali.
5.2 La procedura di Abilitazione Scientifica Nazionale dei professori universitari di prima e
seconda fascia (ASN)
Come è noto, la l. 240/2010 ha profondamente innovato l’accesso alla funzione di professore
universitario di prima e seconda fascia. La funzione, prima attribuita esclusivamente su base locale,
viene oggi gestita su scala nazionale dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca
(MIUR). Il sistema dell’attribuzione della funzione, posto che quello del reclutamento è lasciato
all’espletamento di concorsi banditi dai singoli Atenei, si avvale di una commissione nazionale per
ogni settore concorsuale esistente. La commissione, composta da quattro docenti ordinari e da un
docente ordinario di un Paese OCSE, viene sorteggiata a partire da una rosa di candidati di cui
l’ANVUR verifica l’idoneità a ricoprire il ruolo.
Tralasciando la distinzione tra requisiti di accesso delle aree delle scienze dure ed aree delle scienze
umane, va segnalato che possono essere sorteggiati solo i docenti che superino determinati indici (h-
index e misure citazionali per le aree delle scienze dure, numerosità delle pubblicazioni scientifiche
per le aree delle scienze umane). Dei candidati all’abilitazione, che superino o meno determinate
soglie citazionali o di produttività scientifica, viene generalmente esaminata la qualità della loro
produzione scientifica, nonché, se del caso, ulteriori titoli.
L’ANVUR, con il supporto del CINECA, ha predisposto gli indicatori di produttività scientifica (c.d.
mediane) utilizzati quali parametri per l’accesso al sorteggio come commissario e, sebbene non
vincolanti, al concorso per l’ottenimento dell’abilitazione. Inoltre, l’Agenzia, con il supporto di alcuni
Gruppi di esperti, ha stilato liste di riviste scientifiche e di eccellenza quali base di partenza per il
conteggio delle soglie di produttività.
53
Attualmente, l'ANVUR ha esaurito la fase di calcolo delle mediane, di screening dei curricula degli
aspiranti commissari, di sottoposizione al Ministero dei sorteggiabili. Nessun altro adempimento era
previsto, visto che il sorteggio è di competenza del MIUR, la definizione dei criteri per l'abilitazione è di
competenza delle commissioni, così come la redazione degli elenchi degli abilitati alle funzioni di
professore di I e II fascia, il reclutamento è di esclusiva competenza degli Atenei. L'ANVUR, inoltre,
sta per rendere disponibile una piattaforma informatica per permettere ai direttori di riviste scientifiche
di chiedere il riesame della classificazione in vista della seconda tornata di abilitazione.
Da ultimo si deve segnalare il recente decreto direttoriale 22 aprile 2013 che, in risposta alla
necessità di prorogare i lavori delle commissioni emersa alla luce della mole di domande da valutare,
ha stabilito il criterio del numero dei candidati – più o meno di 250 – per determinare il termine di
conclusione dei lavori, rispettivamente il 30 o il 20 giugno 2013.
5.3 L’avvio del sistema di Autovalutazione, Valutazione periodica e Accreditamento (AVA)
La principale novità nell’attuazione della riforma universitaria nell’anno considerato, è l’avvio del
sistema di Autovalutazione, Valutazione periodica e Accreditamento delle università così come
disciplinato dal decreto legislativo 27 gennaio 2012 n. 19 emanato in attuazione dell’art. 5, comma 3,
della legge n. 240/2010.
Il Sistema AVA è un sistema integrato in cui l’elemento portante è l’assicurazione interna della qualità
nei corsi di studio, nei dipartimenti e nell’intero Ateneo. Con esso si vuole potenziare l’autovalutazione
che, unitamente all’avvio di forme di controllo esterno chiare e trasparenti, è finalizzato al
miglioramento della qualità della ricerca.
Il sistema si basa su tre livelli:
a. il potenziamento delle attività di auto-valutazione, da parte delle singole istituzioni
universitarie, della qualità e dell’efficacia delle attività didattiche e di ricerca attraverso i
sistemi di assicurazione della qualità della formazione e della ricerca;
b. il sistema di accreditamento iniziale e di accreditamento periodico delle sedi e dei corsi di
studio universitari;
c. il sistema di valutazione periodica dell’efficacia e dell’efficienza delle attività formative e di
ricerca.
La novità di tale disegno dipende da fatto che i livelli in cui si articola non sono sistemi indipendenti ma
fasi successive di un processo integrato che interagiscono costantemente con lo scopo comune del
miglioramento permanente e continuo delle singole istituzioni e del sistema.
5.4 I principali punti di forza e di debolezza
L’attività dell’ANVUR è stata oggetto di serrate critiche da parte di autorevoli commentatori e di frange
della comunità scientifica nazionale. Al di là del dibattito, pur meritevole di attenzione, sulla legittimità
e legittimazione dell’Agenzia, nonché sul giudizio in merito a chi e come debba valutare la comunità
54
scientifica ed i docenti universitari, la serietà dell’analisi deve, in tal caso, partire dall’Agenzia e dalle
attività intraprese come un dato di fatto. Occorre, in particolare, identificare quali aspetti di forza e di
debolezza ne hanno contraddistinto la breve storia e, da questi, ragionare per correggere.
L’esercizio di Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR) è il primo tentativo italiano di valutare la
produzione scientifica dei docenti universitari e dei ricercatori degli enti e dei consorzi. L’Italia, da
questo punto di vista, si allinea alle migliori pratiche degli altri Paesi europei: sebbene alcuni di questi,
come la Francia, ne stiano ripensando presupposti, svolgimento ed esiti, gli esercizi di valutazione
periodica sono ormai divenuti un acquis delle politiche pubbliche per la ricerca.
L’idea che la ripartizione dei fondi di finanziamento ministeriali premi il merito va certamente sposata e
supportata. Non appena saranno disponibili i risultati della VQR, inoltre, gli Organi di governo saranno
in grado di comprendere meglio quali aree della ricerca possono considerarsi strategiche e, in
parallelo, quali Atenei occupano le posizioni apicali. D’altra parte, sarà possibile intervenire in quelle
aree della ricerca (e in quegli Atenei) che, per posizione geografica o per dimensioni, hanno sofferto il
confronto competitivo con gli altri. Che la logica si quella strettamente premiale oppure maggiormente
solidaristica, i dati della VQR offriranno un panorama significativo dello stato presente del sistema
universitario del Paese. Il procedimento di valutazione, poi, ha il pregio di poter essere ripetuto nel
tempo, possibilmente a valere su intervalli di tempo minori e su una produzione scientifica
numericamente inferiore, in modo da renderlo più snello e celere. Non di meno, è fondamentale una
riflessione sull’infrastruttura tecnologica di cui il Ministero dispone, affidata, come è noto, al consorzio
CINECA. Questo, spesso non ha fornito il supporto che un’attività così importante per l’allocazione
oculata di fondi pubblici avrebbe richiesto.
Il rapporto con la comunità scientifica è stato, in questi primi anni, critico. L’ANVUR, proprio per la
logica che ispira la l. 240/2010, non può e non deve diventare una semplice cassa di risonanza delle
decisioni prese dalla comunità scientifica (e, in particolare, dalle società scientifiche che raccolgono i
docenti universitari e che rappresentano l’espressione esponenziale di interessi). Tuttavia, l’Agenzia
può, e deve, intrattenere con essa un rapporto stretto ed istituzionalizzato, accompagnandola in un
percorso di maggiore presa di coscienza della necessità di assegnare le risorse scarse con logiche
premiali e di responsabilizzarsi maggiormente in ordine al reclutamento e alle aspettative di ingresso
dei docenti nell’università.
E’ tuttavia impensabile che l’Agenzia, chiamata non solo a svolgere compiti tecnici di notevole
importanza ma anche a confrontarsi “alla pari” con gli esponenti più autorevoli della comunità
scientifica italiana, compresi organi quali il Consiglio Universitario Nazionale (CUN) e la Conferenza
dei Rettori delle Università Italiane (CRUI), non abbia le risorse umane interne per poterlo fare. La
buona riuscita delle attività che ha intrapreso e che intraprenderà a breve dipende, in larga misura,
dall’expertise dei suoi funzionari: l’utilizzo massiccio di esperti a contratto impoverisce gli incentivi che
deriverebbero dal rapporto di ufficio.
55
6. LE POLITICHE ENERGETICHE E AMBIENTALI
Crescita economica, politiche energetiche e di lotta e adattamento ai cambiamenti climatici sono
sempre più in stretta correlazione e indispensabili per creare crescita e occupazione.
Il periodo appena trascorso è stato fecondo di iniziative nella definizione di politiche energetiche e
ambientali volte a segnare un profondo cambiamento nel percorso di crescita del Paese.
Nella seduta dell’8 marzo 2013 il CIPE ha approvato con la delibera n. 17 il Piano di azione nazionale
per la riduzione dei livelli di emissione di gas ad effetto serra, di aggiornamento del precedente Piano
approvato con la delibera n. 123/2002 e modificato con la successiva delibera n. 135/2007. Il piano
risponde a precisi impegni comunitari e internazionali relativi alla riduzione delle emissioni per il
periodo di programmazione 2013-2020. La delibera indica le tappe per il processo di
decarbonizzazione dell’economia italiana cosi come stabilito dalla Commissione Europea che ha
approvato, l’8 marzo 2011 (COM(2011)112) la “Roadmap per una transazione verso un’economia a
basso contenuto di carbonio entro il 2050” e rilanciare la crescita dell’economia basata sulle
tecnologie verdi, le fonti energetiche rinnovabili e il risparmio energetico.
Sempre in data 8 marzo 2013, a seguito di una consultazione pubblica terminata nel mese di
dicembre 2012, con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro
dell’ambiente è stato approvato il documento contenente la nuova Strategia energetica nazionale, i cui
obietti e finalità sono strettamente correlati alla citata delibera CIPE n. 17/2013.
Con riferimento alle predette misure, il Nucleo ha svolto diverse valutazioni di supporto al DIPE (sia
nell’attività istruttoria per il CIPE, che per la stesura di documentazione per il Ministro per la coesione
territoriale).
In particolare, sono stati definiti indicatori e indici, utili a valutare le politiche energetiche e ambientali,
e sono state svolte analisi costi/benefici e di impatto delle misure contenute nella citata delibera CIPE.
6.1 La Strategia Energetica Nazionale
Alimentare la crescita con un limitato impatto ambientale e a prezzi concorrenziali, rappresenta una
sfida di fondamentale importanza per tutti i paesi.
La Strategia energetica nazionale si incentra su quattro obiettivi principali:
ridurre significativamente il costo dell’energia per i consumatori e le imprese, allineando prezzi
e costi a quelli europei al 2020;
raggiungere e superare gli obiettivi ambientali e di decarbonizzazione dell’economia definiti
dalla politica europea (tabella 6.1).
migliorare la nostra sicurezza di approvvigionamento soprattutto nel settore del gas, e ridurre la
dipendenza dall’estero
favorire la crescita economica sostenibile attraverso lo sviluppo del settore energetico.
56
Nel 2020, in base alle stime, la realizzazione della Strategia energetica farà risparmiare all’Italia sulla
fattura energetica complessiva 14 miliardi di euro all’anno (sugli attuali 62) con una riduzione della
dipendenza dall’estero dall’84% dei consumi complessivi al 67%; porterà al 20% l’incidenza
dell’energia rinnovabile sui consumi totali e al 36-38% la quota sui consumi elettrici (in entrambi i casi
circa il doppio rispetto al 2010) e farà calare i consumi primari rispetto allo scenario inerziale al 2020
del 24%; attiverà 180 miliardi di investimenti di qui al 2020, di cui 110 – 130 per la green economy.
Rispetto ai 180 miliardi complessivi di investimenti previsti, 60-70 miliardi sono previsti per le energie
rinnovabili, 50 - 60 miliardi per l'efficienza energetica, 50 -60 miliardi per i settori tradizionali (rete di
trasporto e distribuzione gas; rigassificatori, gasdotti e stoccaggi; generazione, trasmissione e
distribuzione elettrica; E&P idrocarburi). La copertura dei 180 miliardi di euro dovrebbe pesare per il
50% sugli strumenti di incentivazione (investimenti privati in parte supportati da incentivi) e
investimenti regolati e per l'altro 50% da investimenti privati.
Nel medio lungo periodo, per il raggiungimento degli obiettivi sopra citati, la Strategia energetica si
articola nelle seguenti sette priorità.
Efficienza energetica. E’ lo strumento che: permette di ridurre i costi energetici grazie al
risparmio dei consumi; consente una riduzione dell’impatto ambientale (è lo strumento più
economico per la riduzione dei gas climalteranti, con un ritorno degli investimenti molto positivo
per il Paese); permette il miglioramento della sicurezza dell’approvvigionamento e la riduzione
della dipendenza energetica. In particolare, l’efficienza energetica consentirà di risparmiare più
di 55 MtonCO2 e consentirà di evitare l’importazione di 8 miliardi di euro all’anno di combustibili
fossili. Questo settore è quello con maggiori ricadute in termini di crescita per l’economia
nazionale. Da analisi condotte dal Nucleo si rileva che al 2020 questo settore, col suo indotto,
potrebbe contribuire alla creazione di oltre 20.000 nuovi posti di lavoro all’anno. L’insieme delle
misure contenute nella Strategia energetica per l’efficienza energetica vengono stimate in 15
miliardi di euro di sostegno pubblico cumulato al 202040
. Tali misure sono in grado di stimolare
circa 60 miliardi di euro di investimenti complessivi. Gli obiettivi di risparmio energetico imposti
dalla Strategia sono riportati nel grafico 6.1.
Mercato competitivo del gas e Hub sud-europeo. Per l’Italia è fondamentale creare un
mercato interno concorrenziale e completamente integrato con gli altri Paesi europei. Nei
prossimi 20 anni l’Europa aumenterà notevolmente l’importazione di gas (circa 190 miliardi di
metri cubi in più) e per il nostro paese può esserci l’opportunità di diventare un importante
40
Pari a circa 2 miliardi di euro l’anno. Questa cifra comprende sia le defiscalizzazioni che interventi sul regime tariffario di energia elettrica e gas tramite l'emissione di titoli di efficienza energetica o certificati bianchi. Nella delibera adottata a marzo riguardante il piano emissioni si richiede di valutare la possibilità di estendere fino al 2020 il meccanismo dei certificati bianchi aumentandone l'estensione dell'incentivo. In una prima bozza si prevedeva di quadruplicare il volume complessivo dei certificati bianchi dati come incentivi a progetti di efficienza energetica.
57
crocevia per l’ingresso del gas dal Sud verso l’Europa. Questo obiettivo comporterà
investimenti per migliorare la sicurezza degli approvvigionamenti e la realizzazione di un
mercato unico europeo ed avrà lo scopo di ridurre il differenziale del prezzo, nel 2011 paria 5,7
euro/MWh, con i mercati Nord europei.
Sviluppo sostenibile delle energie rinnovabili. L’Italia si pone obiettivi più ambiziosi
dell’Unione Europea in materia di produzione di energia rinnovabile, contribuendo in modo
significativo alla riduzione delle emissioni, e al raggiungimento dell’obiettivo di sicurezza
energetica. A tale scopo è di grande rilevanza il controllo della spesa per gli incentivi (grafico
6.2) per allineare quest’ultimi alla media europea e spingere verso lo sviluppo dell’energia
termica rinnovabile. Tuttavia la spesa italiana rimarrà maggiore di quella europea anche dopo il
taglio al tasso di crescita dell’ammontare di incentivi versati Il Governo, nel settore delle
rinnovabili elettriche, ha già messo in atto strumenti che ridurranno la velocità di crescita degli
incentivi dai 10 miliardi di euro all’anno del 2011 ai 12,5 miliardi nel 2015 (mentre senza
interventi sarebbero cresciuti fino a 15 miliardi all’anno). Il livello complessivo degli incentivi
resta comunque molto alto e a legislazione vigente al 2020 l’impegno complessivo avrà
superato i 200 miliardi di euro. Per quanto riguarda le rinnovabili termiche è stato istituito un
conto energia termico che a fronte di 900 milioni di euro (tetto complessivo attuale fino al 2020).
di incentivi genererà dai 15 ai 20 miliardi di euro di investimenti cumulati al 2020. Gli usi termici
di energia fino ad ora hanno inciso poco nella crescita del settore delle fonti energetiche
rinnovabili in quanto oggetto di scarsa incentivazione. L'emanazione del decreto ministeriale
per la promozione degli usi termici dell'energia da fonte rinnovabili, avvenuta con decreto
pubblicato sulla Gazzetta del 2 gennaio 2013 ha voluto rivedere e introdurre nuovi sistemi di
incentivazione per questo settore.
Obiettivo della Strategia energetica nazionale è ridurre complessivamente il livello di incentivazione
per le rinnovabili elettriche che negli ultimi due anni hanno usufruito di un livello di incentivazione
nettamente superiore alla media europea e non aggiornato alla diminuzione del costo della tecnologia
garantendo la crescita sostenibile del settore.
Le rinnovabili rappresenteranno un segmento centrale della green economy e una opportunità di
ripresa economica. Obiettivo della politica energetica nazionale sarà di adeguare il livello di
incentivazione, diminuendolo fino al raggiungimento della grid parity (momento in cui il costo
dell’energia prodotta con tecnologie rinnovabili è pari a quella prodotta con fonti fossili), cogliendo così
i benefici della forte riduzione attesa del costo di produzione dell’energia con le tecnologie rinnovabili
(-53% per costo di investimento nel fotovoltaico entro il 2035) sia in termini di minori prezzi per le
imprese di bolletta per gli utenti.
Sviluppo delle infrastrutture e del mercato elettrico. La Strategia prevede lo sviluppo di un
mercato elettrico libero, efficiente e pienamente integrato con quello europeo, sia in termini di
58
infrastrutture che di regolazione. A tal fine saranno necessari investimenti nello sviluppo della
rete elettrica nazionale.
Ristrutturazione della raffinazione e della rete di distribuzione dei carburanti.
Produzione di idrocarburi nazionali.
Modernizzazione del sistema di governance. E’ un aspetto che influenza molto lo sviluppo
degli investimenti nel settore energetico e per il quale sono allo studio sia modifiche della
Costituzione al fine di rivedere il criterio della competenza concorrente, sia titoli autorizzativi più
snelli e veloci.
Nella fase di redazione e verifica del documento “Obiettivo Crescita: l’Agenda del Governo”, il Nucleo
ha trasmesso ai competenti uffici del DIPE, ed in particolare all'Ufficio III, proprie valutazioni in merito
alla Strategia energetica nazionale. In particolare è stata posta notevole attenzione sulla coerenza
delle misure contenute nella Strategia energetica con il piano nazionale di riduzione dei livelli di gas
serra. È stato più volte sollevato il fatto che l'attuazione della sola Strategia energetica nazionale non
è sufficiente a rispettare gli obblighi comunitari in termini di riduzione delle emissioni di CO2 e che a tal
fine saranno ancora necessarie nuove misure contenute nella delibera n.17 del marzo 2013. Su
queste misure in sede di CIPE è stato chiesta una valutazione circa i costi e i benefici delle misure
(non contenute in piani di settore) che verrà avviata nelle prossime fasi dell'attività del nucleo.
In coerenza con quanto previsto dalla Strategia energetica nazionale, ai sensi dell’articolo 3 della
legge 99/2009, il CIPE sarà chiamato ad approvare il Piano predisposto dal Ministro dello sviluppo
economico contenente le priorità, le opere e gli investimenti strategici di interesse nazionale, compresi
quelli relativi al fabbisogno energetico. Questo piano, dovrà essere predisposto in seno al documento
pluriennale di programmazione su cui il nucleo potrà verificare la coerenza delle misure contenute con
gli obiettivi più ampi di programmazione.
6.2 Il Piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissioni di gas serra
Come detto sopra, con la citata delibera n. 17/2013, il CIPE ha approvato il Piano nazionale per la
riduzione dei gas serra.
L’obiettivo della delibera è stato in primo luogo l’aggiornamento del quadro emissivo nazionale per il
periodo di validità del Protocollo di Kyoto.
Successivamente la delibera ha posto l’attenzione alla definizione dei trend per il periodo post Kyoto
(2013- 2020), individuando un piano di misure volte alla riduzione dei gas serra al fine di rispettare gli
impegni comunitari per il 2020.
Per quando riguarda il periodo di attuazione del Protocollo di Kyoto, il CIPE ha preso atto del quadro
emissivo nazionale consolidato al 2010 che viene riportato nella tabella n. 6.2 .
59
Il Comitato, in seguito, ha deliberato in merito alla distanza dell’Italia d’obiettivo di Kyoto (tabella n.
6.3) stabilendo che entro il 30 novembre del 2013 il Ministro dell’ambiente presenterà al CIPE un
Piano con le possibili opzioni per rispettare l’obiettivo imposto da Kyoto, con particolare riferimento
all’individuazione del portfolio di crediti di carbonio da acquistare sul mercato del carbonio.
Durante l’istruttoria, è stata segnalata la necessità di tenere in considerazione la valutazione dei dati
sui serbatoi di carbonio e sugli assorbimenti forestali nazionali, prima della definizione degli oneri.
Questo permetterebbe di conseguire un importante risparmio complessivo, stimabile in circa 10 milioni
di tonnellate di CO2 all’anno.
Per quanto riguarda il post Kyoto, la Decisione n.406/2009/CE ha stabilito che per ogni Stato membro,
le emissioni del 2013 non dovranno superare la media delle emissioni di gas ad effetto serra relativa
agli anni 2008, 2009 e 2010 e che nel 2020 in l’Italia il livello di emissioni dovrà essere inferiore del -
13% rispetto ai livelli del 2005.
Per quanto riguarda l’Italia, sono fissati i limiti emissivi massimi in funzione di due differenti valori di
fattori di emissioni (Global Warming Potential, GWP).41
La differenza tra le due righe della tabella n.
6.4 è dovuta al riferimento di due differenti rapporti scientifici relativi ai fattori di emissione.
Attualmente la comunità internazionale usa i fattori tabellati nel 2° rapporto dell’Intergovernal Panel on
Climate Change (IPCC) e dovrà convertirli in funzione dell’entrate in vigore del 4° rapporto dell’IPCC
cosi come stabilito anche dalla decisione 162 del 2013.
Per il rispetto di questi vincoli comunitari la delibera adottata dal CIPE prende in considerazione due
differenti scenari: 1) lo scenario emissivo tendenziale, che tiene conto di tutte le misure, adottate fino
al dicembre 2010; 2) lo scenario emissivo con misure che è determinato tenendo conto degli effetti
delle misure in fase di attuazione e delle nuove misure da adottare dalla Strategia Energetica
nazionale.
Inoltre, al fine di mantenere il paese in un percorso emissivo idoneo al rispetto dei vincoli comunitari,
la delibera pone in essere nuovi impegni utili ad avviare il processo di decarbonizzazione
dell’economia italiana. Le azioni individuate dalla delibera in via prioritaria riguardano:
la necessità di confermare fino al 2020 le detrazioni di imposta per l’efficienza energetica in
edilizia;
la possibilità di estendere al 2020 il meccanismo del conto termico per la promozione di
impianto termici alimentati da fonti rinnovabili;
la necessità di estendere dal 2017 al 2020 il meccanismo dei certificati bianchi potenziando la
realizzazione di grandi progetti di risparmio energetico per la cogenerazione ed il
teleriscaldamento;
41
I fattori di emissione sono costanti moltiplicative, basati su evidenza scientifica, che permettono di rapportare differenti gas serra (metano, vapore d’acqua, ozono, protossido di azoto, etc) ad un unico dato espresso in CO2 equivalente.
60
la rimodulazione della fiscalità energetica tendendo conto della Direttiva Comunitaria relativa
alla tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità;
l’introduzione di benefici fiscali per gli investimenti in tecnologie a basso impatto ambientale;
l’introduzione di un “Catalogo delle tecnologie, dei sistemi e dei prodotti per la
decarbonizzazione dell’economia italiana” con interventi a favore delle imprese che utilizzino e
impieghino tecnologia presente sul Catalogo;
il rifinanziamento del Fondo rotativo in attuazione del Protocollo di Kyoto con parte delle entrate
derivanti dai proventi delle aste delle quote di CO2 ai sensi del decreto legislativo di
recepimento della direttiva 2009/29/CE;
nuove misure di promozione delle fonti rinnovabili elettriche;
nuove misure e standard nei trasporti.
Tra tutte le misure messe in atto dal Governo in questo periodo va sottolineata l’importanza di quelle
relative alla promozione delle fonti rinnovabili elettriche. La produzione di energia da fonte rinnovabile,
secondo le stime del Gestore dei Servizi Energetici, ha coperto nel 2012 il 27% del consumo interno
lordo di energia elettrica, mentre nel 2011 era del 24%, nel 2010 del 22,4% e nel 2008 del 16 %.
Anche nel 2012 il settore che è cresciuto di più in Italia è quello relativo al solare fotovoltaico +68% su
cui ancora insistono le attenzioni degli investitori, grazie anche agli effetti dei decreti ministeriali relativi
alla promozione dell’energia rinnovabili del 6 luglio 2012. Hanno conosciuto una crescita consistente
anche il settore dell’energia eolico con +37% e dell’energia dalle biomasse con + 8%, mentre
l’energia idraulica si è contratta per il secondo anno consecutivo, del 10% tornando ai livelli del 2008
(tabella n. 6.5).
6.3 Linee strategiche per l’adattamento ai cambiamenti climatici, la gestione sostenibile e la
messa in sicurezza del territorio
Un’importante tematica di cui è stata data comunicazione al CIPE e su cui il Comitato sarà chiamato a
deliberare nei prossimi mesi riguarda le politiche per l’adattamento ai cambiamenti climatici, la
gestione sostenibile e la messa in sicurezza del territorio.
Il Ministero dell’ambiente ha trasmesso un documento concernente le Linee strategiche per
l’adattamento ai cambiamenti climatici volto ad interessare i Ministri su una nuova politica di gestione
e governo del territorio. Questo documento è stato redatto ai sensi delle nuove direttive comunitarie
che esortano gli Stati Membri a dotarsi di una apposita strategia nazionale basata sulle conoscenze
scientifiche su impatti, vulnerabilità ed adattamento ai cambiamenti climatici.
A causa della maggiore quantità di energia presente nell’atmosfera, la temperatura media globale è
aumentata in questi ultimi anni di più di 2°C con un tasso di crescita medio di 0,13°C per decennio,
circa il doppio degli ultimi 100 anni. Le proiezioni, basate sui sei scenari di emissione dell’IPCC per la
fine del XXI secolo, indicano un aumento della temperatura globale fino a 4°C che sta avendo effetti
sul clima considerevoli.
61
Tra questi effetti, si riporta: l’innalzamento del livello dei mari, lo scioglimento dei ghiacciai, l’aumento
dell’altezza delle onde che causa erosione costiera, la desertificazione alle medie latitudini e
soprattutto l’aumento dell’intensità delle tempeste con relativa frequenza con notevoli eventi
alluvionali.
Il costo degli eventi metereologici estremi in Italia potrebbe arrivare a superare i 4 miliardi di euro
all’anno. Sulla base delle analisi effettuate, le aree ad elevata vulnerabilità per i rischi di frane ed
alluvioni rappresentano circa il 10% della superficie italiana (29.500 kmq) e riguardano l'89% dei
Comuni (6.631).
È stato stimato che, per gli interventi di prevenzione e messa in sicurezza del territorio nazionale,
oltreché di ripristino, sarebbero necessari investimenti per almeno 40 miliardi di euro.
Assumendo una scala di priorità basata sulle misure infrastrutturali e gestionali più urgenti, tenendo
conto della tipologia di interventi, e considerando i tempi di realizzazione delle infrastrutture
necessarie per la messa in sicurezza stimati in circa 15 anni, gli investimenti dovrebbero essere
ripartiti tra:
interventi pubblici per gli interventi che riguardano infrastrutture, reti o altre attività di
competenza pubblica (60% pari a circa 1.600 milioni di euro l’anno).
investimenti privati (30% pari a circa 800 milioni di euro l’anno), che potrebbero essere
sostenuti con credito di imposta a detrazione parziale dei costi.
incentivi a favore di imprese, cooperative o associazioni che assumano la gestione e
manutenzione delle aree agricole e boschive abbandonate (10% pari a circa 270 milioni di euro
l’anno.
Secondo quando comunicato al CIPE, l’elaborazione della “Strategia nazionale di adattamento ai
cambiamenti climatici, la gestione sostenibile e la messa in sicurezza del territorio” deve tenere conto
di 10 priorità di intervento: limitazione degli usi dei suoli a fini urbani e produttivi; contenimento del
consumo del suolo; manutenzione corsi d’acqua; gestione acque reflue; recupero terreni degradati;
ripristino gestione del suolo; manutenzione dei boschi e sicurezza idrogeologica; gestione dei boschi
demaniali anche con finalità produttive di biomasse; vulnerabilità delle coste; informazioni climatiche.
Ai fini dell’attuazione della Strategia, si individuano tre azioni prioritarie:
l’approvazione da parte del CIPE, entro il 1 marzo di ogni anno a partire dal 2014, di un piano
annuale di interventi (da inserire in un documento di programmazione pluriennale ai sensi del
D.Lgs 228 del 2011) per l'adattamento ai cambiamenti climatici, la gestione sostenibile e la
messa in sicurezza del territorio, previa intesa con i Ministri delle politiche agricole e forestali,
delle infrastrutture e dei trasporti, dell’economia e delle finanze e della funzione pubblica e
sentita la Conferenza unificata;
la costituzione di un fondo nazionale per il periodo 2013-2020, alimentato dal 40 per cento dei
proventi delle aste dei permessi di emissione di cui alla direttiva europea 2009/29/CE e da un
62
prelievo determinato annualmente, su ogni litro di carburante consumato, fino al
raggiungimento di 2 miliardi di euro all’anno.
l’approvazione da parte del Governo, di un ddl per l’introduzione dell’assicurazione obbligatoria
per la copertura dei rischi connessi agli eventi climatici estremi.
Per la prima volta si inizia ad affrontare in maniera preventiva il problema relativo all'adattamento agli
effetti dei cambiamenti climatici. Sicuramente la strategia italiana dovrà essere adeguata recependo i
principi di quella europea adottata il 16 aprile 2013 e sarà necessario prevedere una politica comune
europea anche per questo settore.
L'attuazione della Strategia appare comunque molto onerosa per il Paese dal punto di vista finanziario
ma è senza dubbio necessario trovare una soluzione per mettere in sicurezza il territorio nazionale.
63
Tabella 6.1. Obiettivi contenuti nel Pacchetto Europeo “Clima ed Energia: Europa al 2020”
Riduzione Gas Serra
[Milioni di Tonnellate
CO2/anno]
Sviluppo Rinnovabili
[incidenza su consumi
finali totale, %]
Efficienza Energetica
[consumi primari
energetici Mtep]
Dato di Partenza 575 10 209
Obiettivo Europeo 2020 472 17 167
Obiettivo SEN 2020 455 19-20 158
Fonte: Allegato al Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 8 marzo 2013, Strategia Energetica Nazionale SEN
Tabella 6.2. Quadro Emissivo nazionale consolidato per fonte da Inventario Nazionale.
1990 42
1995 2000 2005 2007 2008 2009 2010
(MtCO2eq)
Da usi energetici, di cui: 419,5 432,5 449,7 471,9 458,3 449,3 405,5 415,7
Industrie energetiche 134,8 140,5 152,6 160,5 161,6 156,9 131,8 133,2
Industria 90,6 86,8 84,0 80,4 75,9 72,4 56,0 61,4
Trasporti 104,0 115,6 122,6 127,5 128,9 123,8 119,4 118,8
Residenziale commerciale 69,1 68,3 71,7 85,1 75,0 79,5 81,7 86,1
Agricoltura (usi energetici) 9,2 9,6 8,9 9,3 8,7 8,5 8,6 8,1
Altro 11,9 11,6 9,9 9,1 8,2 8,2 8,0 8,1
Da altre fonti, di cui: 97,4 99,5 101,9 102,8 97,5 92,3 86,0 85,6
Processi industriali e F-gas 365 35,9 36,2 42,6 38,6 35,6 30,9 32,0
Agricoltura 40,6 40,5 40,1 37,4 37,4 36,1 34,8 33,7
Rifiuti 17,9 20,8 23,2 20,7 19,4 18,7 18,5 18,2
Altro 2,4 2,2 2,3 2,1 2,1 1,9 1,8 1,7
Totale, di cui 516,9 531,9 551,6 574,7 555,8 541,6 491,5 501,3
ETS n.a. n.a. n.a. 226,0 226,4 220,7 184,9 191,5
non ETS n.a. n.a. n.a. 348,7 329,4 320,9 306,6 309,8
Fonte: Inventario Nazionale delle Emissioni dei Gas serra Conforme alle indicazioni dell’Intergovernment Panel on Climate
Change (IPCC) consultabile cul sito web nella sezione GHG Data.
42
Le emissioni settoriali per l’anno 1990, pari a 516,9, sono quelle utilizzate per determinare l’Ammontare
Assegnato dell’Italia (delibera CIPE n. 135 del 11 dicembre 2007), valore che sarà assunto quale riferimento per la verifica di adempimento dell’obiettivo di Kyoto. Tale valore non coincide con il valore relativo all’anno 1990 riportato nell’inventario nazionale delle emissioni di gas ad effetto serra che risulta invece pari a 519,2.
64
Tabella 6.3. Identificazione della distanza dall’obiettivo di Kyoto
2008 2009 2010 2011 2012
(MtCO2eq.)
Emissioni nazionali, di cui:
ETS 201,6 201,6 201,6 201,6 201,6
non ETS 320,9 306,7 309,8 305,4 294,7
CERs/ERUs già acquistati 2,0 2,0 2,0 2,0 2,0
Emissioni nazionali (inclusi CERs/ERUs) 520,5 506,3 509,4 505,0 494,3
Obiettivo di Kyoto 483,3 483,3 483,3 483,3 483,3
Distanza dall’obiettivo di Kyoto 37,2 23,0 26,1 21,7 11,0
Fonte: Delibera CIPE n.17/2013
Tabella 6.4. Limite massimo delle emissioni di Gas serra per il periodo post Kyoto per l’Italia
Assegnazione (MtCO2eq. 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020
Calcolato in base ai fattori di
emissione indicati nel 2°
rapporto IPCC)43
310,1 308,1 306,2 304,2 302,2 300,2 298,3 296,3
Calcolato in base ai fattori di
emissione indicati nel 4°
rapporto IPCC)
317,8 315,6 313,5 311,3 309,2 307,1 304,9 302,8
Fonte: decisione CE n. 162 del 2013
Tabella 6.5. Andamento della Produzione di energia da Fonte Energetica rinnovabile in Italia, in GWh
2008 2009 2010 2011 2012 VAR % 20102
Solare 193 676 1.906 10.730 18.000 68%
Eolico 4.861 6.543 9.126 10.140 13.900 37%
Biomasse 5.966 7.557 9.440 11.320 12.250 8%
Geotermia 5.520 5.342 5.376 5.650 5.570 -1%
Idraulica 41.623 49.137 51.117 46.350 41.940 -10%
TOTALE 58.163 69.255 76.965 84.190 91.660 9%
Fonte: elaborazione del Nucleo su dati del Gestore dei Servizi Energetici.
43
Ai sensi di quanto stabilito all’articolo 1, tali obiettivi saranno aggiornati per tenere conto delle emissioni degli impianti “nuovi entranti” nel sistema ETS per il periodo 2013-2020. Tali emissioni sono al momento stimate in circa 10 MtCO2.
65
Grafico 6.1. Andamento dei consumi primari di Energia: Previsioni contenute nella SEN
Fonte:
Allegato al Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 8 marzo 2013, Strategia Energetica Nazionale
Grafico 6.2. Obiettivi per lo Sviluppo delle Fonti Energetiche Rinnovabili secondo la SEN
Fonte:
Allegato al Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 8 marzo 2013, Strategia Energetica Nazionale SEN
66
7. POLITICHE AGRICOLE
7.1 Piani di Sviluppo Rurale (PSR) e Politica Agricola Comune (PAC)
Anche per l’anno 2012, le Regioni sono riuscite ad attribuire tutte le risorse comunitarie assegnate per
i rispettivi PSR regionali, con la consueta accelerazione nei mesi finali dell’anno per evitare il
disimpegno automatico dei fondi comunitari. La normativa europea prevede infatti che le risorse non
spese entro il 31 dicembre del secondo anno successivo all’anno dell’impegno di bilancio (la
cosiddetta regola «N+2») vengano automaticamente disimpegnate e ritornino nelle casse dell’Unione
europea.
Negli ultimi due mesi del 2012 restavano ancora da assegnare quasi 700 milioni di euro comprensivi
della dotazione finanziaria del Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR), ma
l’operazione è stata completata con la chiusura dell’anno,
L’avanzamento percentuale della spesa complessivamente attribuita all’Italia per il settennio 2007-
2013 è stato complessivamente, di circa il 52 % a fine 2012, contro il 37% a fine 2011.
Ad esclusione delle regioni Lazio e Sicilia, che devono ancora superare il 50% delle risorse loro
assegnate, tutte le altre regioni sono riuscite a raggiungere un avanzamento di spesa per il periodo
2007-2013 tra il 50% ed il 60%, con punte di oltre il 60% per la Lombardia, la Valle d’Aosta e la
Provincia Autonoma di Trento. La Provincia Autonoma di Bolzano ha ottenuto finora il miglior risultato
con il 79,6% (Tabella 7.1).
Il 2012 è stato anche l’anno nel quale a livello comunitario si è cercato di raggiungere l’intesa per
quanto riguarda il nuovo quadro finanziario per il periodo di programmazione 2014-2020. Il dibattito
sulle risorse da assegnare al capitolo agricolo è stato certamente il più approfondito, studiato e
combattuto.
Nel precedente periodo di riferimento, il settennato 2007-2013, il budget riservato al mondo agricolo,
sia per quanto riguarda le spese connesse al mercato e pagamenti diretti che per lo sviluppo rurale,
ha assorbito circa il 42% delle risorse comunitarie.
Dopo anni di polemiche all’interno dell’UE sulla necessità di ridimensionare in modo drastico le risorse
da destinare alla PAC, e dopo che a novembre 2012 al summit dei Capi di Stato e di Governo, non si
era riusciti a raggiungere un accordo proprio su questo punto, finalmente a febbraio 2013 si è arrivati
ad un accordo tra tutti i Paesi Membri.
Tale accordo prevede che la dotazione globale per gli aiuti diretti e per le misure di gestione dei
mercati calerà del 17%, da 336,6 miliardi di euro per il 2007-2013 a 277,8 miliardi di euro per il nuovo
periodo 2014-2020. Per quanto riguarda lo sviluppo rurale, confrontando i due periodi di
programmazione, si passerà da 96 a 85 miliardi di euro, con un calo medio del 12%. Questi ribassi
sono maggiori di quelli per il bilancio dell’UE nel suo insieme (-3,5%) e dunque comportano una
riduzione del peso dell’agricoltura nello stesso dal 41,8% del totale al 38,5%.
67
Fortunatamente l’Italia, per quanto riguarda lo Sviluppo rurale, è riuscita, grazie ad un’assegnazione
specifica di 1,5 miliardi di euro, a salvaguardare la sua quota che nel bilancio pluriennale 2007-2013
era di circa 9 miliardi di euro.
Queste cifre sono tuttavia ancora soggette a cambiamento. Infatti, a marzo 2013 il Parlamento
europeo ha respinto l’accordo tanto faticosamente raggiunto sul bilancio 2014-2020, per riaprire il
negoziato proprio con il Consiglio europeo, anche se le cifre su cui l’accordo è stato trovato,
difficilmente subiranno modifiche significative.
7.2 Industria alimentare
Nel 2012 l’industria agroalimentare italiana è riuscita ad aumentare del 2,3% il fatturato rispetto
all’anno precedente, portandolo a 130 miliardi di euro, malgrado il contesto economico
particolarmente difficile.
Tuttavia tale aumento è stato inferiore al tasso di inflazione e la produzione in volume si è ridotta del –
1,4%. A testimonianza delle difficoltà del settore il numero degli occupati si è ridotto di 5.000 unità a
405.000 e i consumi alimentari interni sono rimasti fermi in valore assoluto a 208 miliardi di euro,
come l’anno precedente, ma con una riduzione in termini reali del 3% circa.
Solo le esportazioni hanno sostenuto il comparto dell’industria alimentare italiana, con un aumento
dell’8%, a 24,8 miliardi di euro, anche se il tasso di crescita ha leggermente rallentato rispetto al +10%
dei due anni precedenti.
Da sottolineare che le aziende del settore sono sempre più export oriented; infatti di fronte ad un
mercato interno particolarmente saturo e piatto nei consumi, lo sbocco dell’export continua ad avere
un ruolo strategico sempre più importante. Il peso dell’export sul fatturato globale del settore
alimentare cresce, dal 17% nel 2010 al 18% nel 2011 e al 19% nel 2012.
Tuttavia l’industria alimentare rimane meno orientata alle esportazioni dell’industria manifatturiera: al
2011, l’export ha inciso nell’alimentare per il 18% della produzione e nel manifatturiero del 34%.
Questo dato evidenzia da un lato le potenzialità di crescita delle esportazioni per l’alimentare, dall’altro
la persistenza di limiti strutturali ancora da superare, tra i quali certamente la grande frammentazione
produttiva del settore alimentare e l’enorme diffusione della contraffazione che colpisce pesantemente
le potenziali esportazioni alimentari italiane proprio sui mercati esteri emergenti, potenzialmente i più
promettenti.
I più importanti paesi di sbocco per l’export dell’industria alimentare sono stati nel 2012 la Germania,
dove l’export raggiunge i 4,2 miliardi di euro, in aumento del 4,7% rispetto all’anno prima, la Francia a
quota 3 miliardi di euro (+ 5,2%), gli USA con una quota di 2,6 miliardi di euro (+8,9%) ed il Regno
Unito a quota 2,2 miliardi di euro (+6,1%).
Effettuando un confronto a livello comunitario i prodotti agroalimentari di qualità (DOP, IGP e STG)
hanno, raggiunto quota 239 a fine 2011, su di un totale di 1069 prodotti certificati nell’insieme dell’UE.
68
Riassumendo, l’Italia è il paese europeo con il più alto numero di prodotti agroalimentari di qualità
certificati UE, pari al 22% dei prodotti certificati , ad indicare le specificità uniche del territorio italiano e
un potenziale significativo di crescita.
Tabella 7.1) PSR 2007-2013 - Avanzamento della spesa pubblica effettivamente sostenuta. Dati al 31 dicembre 2012
Risorse Programmate 2007 -
2013, in milioni di euro Avanzamento spesa totale
sostenuta, in milioni di euro Percentuale di avanzamento della spesa
sul totale del programma
Dotazione finanziaria
complessiva Spesa cumulata dal 1/1/2007
al 31/12/2012
Regione Dotazione finanziaria
complessiva Quota FEASR
Spesa pubblica
sostenuta di cui FEASR
Abruzzo 426,33 192,57 196,61 88,72 46,12%
Bolzano 330,19 148,21 262,98 117,75 79,64%
Emilia-Romagna 1.157,89 527,82 603,63 269,19 52,13%
Friuli Venezia Giulia 265,68 119,77 146,69 65,41 55,21%
Lazio 700,43 315,42 335,76 152,22 47,94%
Liguria 290,14 114,62 151,16 58,81 52,10%
Lombardia 1.026,03 471,11 650,20 294,87 63,37%
Marche 482,28 217,61 251,07 111,52 52,06%
Molise 206,58 92,96 103,93 46,32 50,31%
Piemonte 974,09 442,02 514,73 227,18 52,84%
Sardegna 1.284,75 571,60 662,35 294,70 51,55%
Toscana 870,53 388,96 435,62 192,42 50,04%
Trento 278,76 108,57 192,74 77,38 69,14%
Umbria 785,81 353,61 414,05 182,96 52,69%
Valle d'Aosta 123,65 56,11 85,90 37,80 69,47%
Veneto 1.042,16 478,16 542,25 251,24 52,03%
Basilicata 667,93 384,63 354,15 203,70 53,02%
Calabria 1.087,60 650,15 556,69 331,66 51,18%
Campania 1.809,98 1.110,77 759,19 459,42 41,94%
Puglia 1.595,09 927,83 807,72 464,68 50,64%
Sicilia 2.172,96 1.271,84 1.073,24 659,19 49,39%
TOTALE 17.578,87 8.944,32 9.100,67 4.587,15 51,77%
Fonte: Rete rurale nazionale su dati Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA)
69
8. L’ANALISI DI IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (AIR)
La qualità della regolazione è ormai considerata una vera e propria policy di importanza strategica,
nell’ambito di una crisi diffusa che ha investito non solo la disponibilità di risorse, ma la percezione
stessa della qualità e utilità degli interventi pubblici, in un contesto globalizzato dove la competitività
territoriale è sempre più rilevante. Il tema è particolarmente attuale in Italia, dove l’attrattività verso gli
investimenti esteri e in generale il sistema imprenditoriale sono penalizzati dalle criticità relative
all’efficacia, coerenza e onerosità dei provvedimenti normativi e amministrativi. Tali criticità, con
particolare riferimento agli oneri amministrativi e ai meccanismi di consultazione, sono state
recentemente evidenziate in modo analitico e articolato nel Rapporto OCSE pubblicato a maggio
2012, alla cui redazione il gruppo AIR ha collaborato attivamente.
Il tema della valutazione ex ante dei provvedimenti attraverso lo strumento dell'AIR ha pertanto
ricevuto una rinnovata attenzione sia in ambito internazionale che nazionale; nel 2012 e nel 2013
diverse iniziative istituzionali hanno impresso un’accelerazione al processo di riforma e riqualificazione
dei relativi provvedimenti e procedure, orientando di conseguenza il lavoro del Gruppo AIR. In
particolare:
è stata avviata l’attività istruttoria per promuovere anche in Italia la diffusione di best practices
europee (come ad esempio Regno Unito e Svezia), finalizzate a favorire le imprese attraverso
il contrasto al fenomeno del così detto “goldplating”, ovvero l’introduzione, in sede di
recepimento delle direttive europee, di adempimenti e oneri ulteriori rispetto a quelli definiti dal
regolatore comunitario (cfr. punto 2.4). In esito a tale istruttoria tecnica, il 12 aprile 2013 è
stata pubblicata la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri per disciplinare le modalità
con cui le amministrazioni statali assicurano il rispetto dei livelli minimi di regolazione previsti
dalle direttive europee, in attuazione delle disposizioni introdotte dalla legge 180/2011 e dalla
Legge di stabilità per il 2012 (legge183/2011), che ha apportato modifiche alla Legge
246/2005 (che, fra l’altro, disciplina l’AIR e VIR);
in coerenza con alcune delle Raccomandazioni OCSE, nel primo semestre 2013 il
Dipartimento per gli Affari Giuridici e Legislativi (DAGL) della Presidenza del Consiglio dei
Ministri, con il supporto tecnico del Gruppo AIR, ha avviato la consultazione pubblica relativa
al nuovo Regolamento in materia di AIR, Verifica di Impatto Regolatorio (VIR) e consultazione,
destinato a sostituire gli attuali DPCM 170/2008 e DPCM 212/2009.
Nell’ambito del contesto sopra richiamato, il Gruppo AIR del Nucleo ha proseguito anche negli anni
2012 e 2013 la propria attività di supporto al DAGL, finalizzata alla revisione degli strumenti
metodologici di cui il Dipartimento si avvale per il coordinamento delle attività di valutazione della
regolazione. Il Gruppo AIR ha inoltre svolto l’istruttoria tecnica delle più rilevanti relazioni AIR e VIR
pervenute nel corso dell’anno.
70
Le principali linee di lavoro svolte dal Gruppo AIR negli anni 2012 e 2013 possono essere
efficacemente sintetizzate richiamando le attività svolte dal Gruppo stesso in base ad un programma
concordato con il DAGL, in affiancamento all'Ufficio studi, documentazione giuridica e qualità della
regolazione. Per facilitare la lettura, si riporta nel seguito un breve richiamo a ciascuna delle attività
realizzate per il DAGL, distinguendole in due grandi ambiti, rispettivamente internazionale e nazionale.
Si richiama, infine, l’attività svolta a supporto del DIPE in materia di programmazione del Fondo
sviluppo e coesione, collaborando con l’Ufficio investimenti immateriali, ambiente, sviluppo e coesione
territoriale.
8.1. Attività svolte dal Gruppo AIR del Nucleo in ambito internazionale
8.1.1. Collaborazione con le istituzioni europee
Il Nucleo ha fornito al DAGL un supporto metodologico in relazione ai lavori dell’High Level Group of
national regulatory expert (HLG), gruppo di alto livello che fornisce indicazione metodologiche alla
Commissione europea sui temi della qualità della regolazione. Ad aprile 2013, un componente del
Gruppo AIR ha partecipato a Bruxelles ai lavori del working group “Evaluation” congiuntamente con il
direttore dell’Ufficio studi, documentazione giuridica e qualità della regolazione. Tale gruppo si
occuperà, all’interno dell’HLG, di definire le metodologie di valutazione ex post della regolazione
comunitaria ed il conseguente apporto informativo degli Stati Membri nell’ambito delle analisi condotte
dalla Commissione europea anche alla luce della comunicazione “EU-Regulatory Fitness” del 12
dicembre 2012.
Nell’ambito dei lavori del Consiglio UE, il Nucleo ha collaborato con il DAGL a definire la posizione del
nostro Governo in relazione alle bozze di raccomandazioni in via di definizione in tema di qualità della
regolazione all’interno del “Gruppo Mertens” e del “Gruppo Competitività e crescita”. A tal fine, sono
stati redatti i documenti di lavoro alla base delle raccomandazioni che il Consiglio si appresta ad
adottare, con particolare riferimento a: la procedura di valutazione degli emendamenti del Consiglio;
l’esame delle AIR della Commissione da parte del Consiglio; le raccomandazioni sul futuro della smart
regulation. Nell’ambito di queste attività, il Gruppo AIR ha anche assicurato il supporto tecnico alla
definizione congiunta da parte dei diversi Dipartimenti interessati (DAGL, Dipartimento della funzione
pubblica e Dipartimento delle politiche europee) delle proposte italiane. Tali attività si collegano a
quelle relative alla procedura di “AIR ascendente” su cui il Gruppo AIR si sta da tempo impegnando a
supporto del DAGL (cfr. punto 2.1).
8.1.2. Partecipazione alla consultazione pubblica della Commissione europea in materia
di smart regulation
Il Gruppo AIR ha collaborato alla elaborazione del documento di risposta alla consultazione pubblica
svolta dalla Commissione europea dal 27 giugno 2012 al 21 settembre 2012 per la valutazione ed il
71
rilancio dell’agenda di smart regulation. Nel documento44
sono state espresse le valutazioni dell’Italia
in merito ai seguenti aspetti:
- analisi di impatto della regolazione ex ante ed ex post;
- misurazione degli oneri amministrativi;
- raccolta dei dati e monitoraggio dei risultati;
- consultazione (hanno risposto 108 soggetti, di cui 33 autorità pubbliche).
8.1.3. Partecipazione al “Regulatory Policy Committee 2012 Survey” dell’OCSE
Il Gruppo AIR ha collaborato all’elaborazione delle risposte relative alla rilevazione del Regulatory
Policy Committee dell’OCSE per l’anno 2012, con particolare riguardo alla Parte III “Regulatory Policy
Evaluation”. Le informazioni richieste sono relative all’esistenza, ai contenuti ed alle modalità di
pubblicazione di rapporti periodici sui sistemi di analisi ex ante della regolazione, consultazione,
valutazione ex post della regolazione e programmi di riduzione degli oneri amministrativi. Sono state,
inoltre, fornite informazioni dettagliate circa i contenuti dei rapporti periodicamente elaborati dalla
Presidenza su questi temi, i link dei siti istituzionali dove gli stessi sono disponibili e le strutture
responsabili della loro pubblicazione.
Infine, il Gruppo AIR ha curato l’elaborazione delle informazioni relative alla presenza ed ai contenuti
di indicatori di performance riguardanti l’AIR e la VIR.
8.1.4. Indagine OCSE sulla valutazione dell’impatto concorrenziale in accordo con
l’Autorità Antitrust
Nel corso del 2012 il Gruppo AIR del Nucleo ha collaborato con il DAGL all’indagine, promossa
dall’OCSE, in tema di valutazione dell’impatto concorrenziale. Le risposte all’indagine, fornite, per
quanto di competenza, dal DAGL e dall’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, hanno
riguardato i seguenti aspetti:
- quadro normativo dell’analisi di impatto concorrenziale;
- attuazione e del monitoraggio dell’analisi di impatto concorrenziale;
- analisi della definizione delle nuove norme e della revisione di norme in vigore;
- analisi di impatto concorrenziale;
- grado di trasparenza delle analisi;
- ricorso alle guidelines OCSE per definire le metodologie di analisi di impatto concorrenziale.
Il Gruppo AIR ha anche elaborato dati quantitativi richiesti dall’OCSE e relativi al numero di AIR che
includono forme di analisi di impatto concorrenziale ed alla tipologia di impatti considerati.
44
Il documento, elaborato congiuntamente dal DAGL e dal Dipartimento della funzione pubblica, è pubblicato sul sito della Commissione europea all’indirizzo http://ec.europa.eu/governance/better_regulation/smart_regulation/consultation_2012/docs/public_authority/italy_presidency_council_ministers_en.pdf
72
8.1.5. Documento OCSE “2013 Economic Survey – Italy”
Nell’ambito della periodica indagine promossa dal Dipartimento economico dell’OCSE “Economic
Survey” relativa al nostro Paese, tra gli argomenti trattati figurava la riforma della Pubblica
Amministrazione, con una serie di raccomandazioni e analisi relative agli strumenti di qualità della
regolazione. A tale riguardo, Il Gruppo AIR ha supportato il DAGL al fine di fornire precisazioni ed
informazioni dettagliate in merito alle riforme realizzate e in corso nel nostro Paese, con specifico
riferimento all’AIR ed alla VIR.
8.2. Attività svolte dal Gruppo AIR del Nucleo in ambito nazionale
8.2.1. Estensione della procedura AIR alla normativa comunitaria (Air ascendente)
È proseguita nel corso del 2012 l’attività di supporto al DAGL nella definizione di una procedura per
valutare l’impatto atteso sul sistema italiano della normativa comunitaria in via di definizione. Tale
procedura – da definire congiuntamente al Dipartimento per le politiche europee – tiene conto delle
disposizioni introdotte dalla Legge 24 dicembre 2012, n. 234 (“Norme generali sulla partecipazione
dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione Europea”), la
quale ha disciplinato, tra l’altro, tempi e modalità dell’attività informativa del Governo al Parlamento
circa l'impatto dei progetti di atti dell’Unione, dal punto di vista sia finanziario, sia degli effetti
sull'ordinamento nazionale, sulle competenze regionali e delle autonomie locali, sull'organizzazione
delle pubbliche amministrazioni e sulle attività dei cittadini e delle imprese.
8.2.2. Istruttoria tecnica finalizzata al nuovo Regolamento in materia di AIR, VIR e
consultazioni
Consultazione di esperti e docenti
Il Gruppo AIR è stato fortemente impegnato ad impostare e realizzare, in supporto al DAGL, un
programma di consultazione volto a raccogliere opinioni e suggerimenti su una nuova disciplina in
materia di AIR, VIR e consultazione. A tale riguardo, nei mesi di agosto e settembre 2012, per circa
sette settimane, è stata realizzata una consultazione sui contenuti della nuova disciplina riservata a
docenti ed esperti. Il Gruppo AIR ha collaborato alla definizione del documento illustrativo dei
contenuti della nuova disciplina, all’elaborazione del documento volto a chiarire obiettivi, contenuti e
termini della consultazione, all’esame delle risposte pervenute. A seguito della consultazione sono
stati aggiornati alcuni aspetti della nuova disciplina.
Consultazione pubblica
Successivamente alla consultazione riservata a docenti ed esperti, il Gruppo AIR ha partecipato alla
organizzazione e realizzazione della consultazione pubblica sui contenuti della nuova disciplina
73
(accessibile dalla homepage del Governo), secondo le migliori pratiche a livello internazionale. Oltre
alla presentazione dell’iniziativa, in cui sono specificati obiettivi, destinatari, termini e modalità di
partecipazione, il Gruppo AIR ha collaborato alla definizione della struttura del questionario on-line
tramite cui era possibile inviare opinioni e suggerimenti sui contenuti della nuova disciplina. Il
questionario è stato elaborato secondo una struttura modulare differenziata per tipologia di
rispondente. La consultazione, avviata il 22 aprile 2013, è terminata il 31 maggio 2013. Si tratta della
prima consultazione pubblica organizzata dal Governo sul tema della qualità della regolazione a cui si
è pervenuti anche a seguito della ricognizione delle migliori pratiche effettuata dal Gruppo AIR (Figg.
1-2-3)
8.2.3. Valutazione delle Relazioni AIR, azioni di capacity building e feedback
Nel corso del periodo in esame il Gruppo AIR è stato incaricato di effettuare un’analisi approfondita e
trasversale delle relazioni AIR pervenute al DAGL al fine di evidenziarne i principali punti di forza e di
debolezza. Sulla base di un set predefinito di indicatori, sono state esaminate le principali AIR
pervenute al Dipartimento e, alla luce delle evidenze raccolte, sono stati elaborati dei report di
valutazione.
Tali analisi hanno confermato alcuni dei problemi già emersi in passato circa le difficoltà incontrate nel
porre in essere processi di valutazione compiuti con riferimento, in particolare:
- al reperimento dei dati;
- alla stima degli effetti sui destinatari della regolazione;
- alla considerazione di opzioni alternative di intervento.
Permangono, nella sostanza, le difficoltà organizzative già precedentemente messe in luce, sia in
relazione all’avviamento della programmazione normativa – la cui frammentarietà pone problemi in
merito al contingentamento dei tempi disponibili per l’elaborazione delle analisi – sia in merito alla
definizione di forme di collaborazione, nel corso dell’AIR e della VIR, con i Nuclei di valutazione degli
investimenti. Altro aspetto di rilievo riguarda il permanere di difficoltà nel porre in essere processi
strutturati e stabili di consultazione pubblica, nonostante reiterati interventi normativi abbiano spinto in
questa direzione. Questa criticità incide inevitabilmente anche sulla capacità delle amministrazioni di
assicurare una maggiore trasparenza ai processi decisionali pubblici.
Sono stati, successivamente, organizzati una serie di incontri con gruppi di amministrazioni in cui i
componenti del Gruppo AIR hanno illustrato i risultati dell’indagine svolta ed hanno condiviso con i
referenti AIR dei Ministeri i possibili miglioramenti alle analisi di impatto realizzate. Queste riunioni,
generalmente apprezzate dalle amministrazioni, sono state anche una occasione per approfondire
alcuni aspetti di natura organizzativa relativi alle modalità di svolgimento delle AIR ed hanno
consentito di ricostruire i processi di analisi seguiti dai diversi ministeri.
74
8.2.4. Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri sul rispetto dei livelli minimi di
regolazione
Si è concluso nel corso del 2013 l’iter di approvazione della direttiva sul rispetto dei livelli minimi di
regolazione europea. Per l’elaborazione di tale direttiva il Gruppo AIR ha fornito un supporto al DAGL
con particolare riguardo alla metodologia di valutazione degli effetti derivanti dal superamento del
livello minimo di regolazione dettato dalle direttive europee in via di recepimento.
L’obiettivo della direttiva è frenare il fenomeno del “gold plating”, ovvero l’introduzione, in sede di
recepimento di direttive europee, di adempimenti ed oneri ulteriori rispetto a quelli definiti dal
regolatore europeo. La direttiva stabilisce che, nell’ambito dell’AIR, l’amministrazione proponente
include tra le opzioni considerate quella relativa al livello minimo previsto dalla direttiva europea ed
indica, per ciascuna opzione, l’eventuale superamento del livello minimo. Al riguardo, qualora
l’amministrazione ritenesse necessario superare tale livello, la valutazione dell’opzione preferita sarà
integrata con i seguenti elementi:
- valutazione dei maggiori oneri derivanti dal superamento dei livelli minimi;
- valutazione dell’estensione dell’ambito soggettivo rispetto a quanto previsto dalla direttiva
in via di recepimento;
- valutazione dei benefici derivanti dal superamento dei livelli minimi di regolazione e che ne
giustificano la necessità.
8.2.5. Supporto all’esame delle Relazioni AIR
E’ proseguita anche nel 2012 e nel 2013 l’attività di supporto del Gruppo AIR del Nucleo alla
valutazione delle Relazioni AIR pervenute al DAGL, con particolare riferimento a quelle ritenute di
particolare complessità e rilevanza e alla stesura della relazione annuale al Parlamento.
La Fig.4 illustra le AIR pervenute dai ministeri nel periodo 2007-2013. Risulta evidente la diminuzione
negli anni 2012-2013, dovuta anche ad una diminuita attività normativa e alla decretazione d’urgenza.
Nel corso del 2012 sono state elaborate dalle amministrazioni centrali 134 Relazioni AIR, in calo del
10% rispetto al 2011; di queste, oltre il 23% proviene dal Ministero degli esteri (per il quale le relazioni
sono più che raddoppiate, da 14 a 32), seguito dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (10%) e,
a pari livello (circa l’8%), dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (includendo tutti i Dipartimenti), dal
Ministero dell’economia e dal Ministero dell’interno. Il numero di relazioni è aumentato, oltre che per
gli Esteri, anche per il Ministero del lavoro (da 5 a 7) ed è rimasto immutato per la Presidenza del
Consiglio e il Ministero dell’interno, diminuendo per tutti gli altri Ministeri.
Le Fig.5 e le Fig. 6 e 7 illustrano la distribuzione delle Relazioni AIR per amministrazione negli anni
2011, 2012 e 2013. Le variazioni sono dovute all’andamento dell’attività normativa nei diversi settori e,
come rilevato, alla tipologia di atti approvati.
8.2.6. Workshop 18 aprile 2012 “Small Business Act, Statuto delle imprese e Test PMI”
75
Il workshop, organizzato dal DAGL, si è tenuto presso la sala monumentale della galleria Sordi e ha
visto la presenza di rappresentanze regionali, delle autorità indipendenti e delle Amministrazioni
centrali. Sono stati trattati i seguenti temi: Evoluzione storica e strategia dello SBA; Analisi d’impatto e
SBA; Il Test PMI all’interno dello SBA e dello Statuto delle imprese; Test PMI e politica di coesione;
Misurazione degli oneri amministrativi (MOA) ex ante e budget regolazione. Sui temi trattati sono state
sviluppate relazioni illustrate nel corso degli interventi e rese disponibili attraverso il sito web del
DAGL.
8.2.7. Nuovo sito dell’Ufficio studi, documentazione e qualità della regolazione
È stata fornita assistenza al DAGL anche in merito ai contenuti della sezione del nuovo sito dedicata
all’AIR ed alla VIR che sarà realizzata nell’ambito di una più generale revisione del sito del
Dipartimento. Il Gruppo AIR ha, in particolare, fornito suggerimenti volti a passare da contenuti di tipo
prettamente normativo ad una struttura basata sui processi di analisi, sul legame tra le varie fasi del
ciclo di valutazione della regolazione e sulla maggiore trasparenza delle informazioni disponibili.
8.3. Attività svolta dal Gruppo AIR del Nucleo a supporto della programmazione
del fondo sviluppo e coesione
E’ proseguita anche negli anni 2012-2013 l’attività di collaborazione del Gruppo AIR nell’istruttoria di
atti programmatici riguardanti le politiche di coesione in ambito nazionale e regionale (Infrastrutture,
Università, Rischio idrogeologico, Beni culturali, disinquinamento, revisione PAR, piano azione e
coesione, ecc.). Tale attività si è concretizzata nella predisposizione di note valutative per l’Ufficio
investimenti immateriali, ambiente, sviluppo e coesione territoriale, quali supporto alla stesura
dell’appunto generale CIPE.
76
La consultazione pubblica sul nuovo regolamento AIR aprile-maggio 201345
45
Le figure sono tratte dalla Relazione al Parlamento sullo stato di applicazione dell’AIR redatta dal DAGL, alla cui stesura il gruppo ha collaborato.
77
Le Relazioni AIR pervenute al DAGL
Fig.4 - Relazioni AIR 2007-2013
111
72
169
207
150134
96
0
50
100
150
200
250
.2007 .2008 .2009 .2010 .2011 .2012 .2013
Rela
zio
ni
AIR
78
Fig.5 – Distribuzione Relazioni AIR per Ministero. Anni 2011, 2012 e 2013.
Fig. 6 AIR per Ministero 2012
Figura 2 - Distribuzione delle AIR tra le amministrazioni. Anno 2012
0
5
10
15
20
25
30
35
Affari esteri Infrastrutture e
trasporti
Interno Econ. e Finanze PCM e suoi
Dipartimenti
Sviluppo econ. Salute Lavoro Istruzione Ambiente Pol. Agricole Giustizia Difesa Beni Culturali
Amministrazione
Nu
mero
A
IR
79
FIG. 7 AIR per Ministero 2013
Figura 1 - Distribuzione delle Air tra le Amministrazioni. Anno 2013
0
2
4
6
8
10
12
14
16
Interno PCM e suoi
Dip.
Affari Esteri Infrastrutture e
Trasporti
Salute Sviluppo
Economico
Ambiente Giustizia Economia e
Finanze
Politiche
Agricole
Beni Culturali
e Turismo
Lavoro
Amministrazioni
nu
me
ro A
IR
80
9. LE GRANDI OPERE FERROVIARIE IN ITALIA
I Governi che si sono succeduti a partire dalla metà degli anni Novanta ad oggi, contemporaneamente
alla realizzazione e al completamento del Sistema AV/AC Torino-Milano-Napoli, attualmente in
esercizio, si sono impegnati nella programmazione e nell’avvio di importanti opere ferroviarie che
implementano il sistema alta velocità/alta capacità italiano già realizzato e che sono incluse nella rete
Trans-europea dei trasporti - Trans European Networks Transport (TEN-T) di cui alle decisioni n.
1692/96/CE e successivi aggiornamenti.
Sono in corso di progettazione o in fase di avvio dei lavori ovvero in corso di realizzazione la “Galleria
di base del Brennero”, la “linea AV/AC Milano Verona: tratta Treviglio-Brescia”, la “Tratta AV/AC Terzo
Valico dei Giovi”, il “Collegamento internazionale Lyon-Torino”, la “Direttrice ferroviaria Napoli-Bari”.
Le citate opere ferroviarie sono state incluse in strumenti di programmazione46
di livello nazionale
differenti per modalità di finanziamento e attuazione ma tutti riconducibili alla volontà dello Stato di
realizzare le opere. A queste opere già avviate si aggiungono le tratte ferroviarie dell’Asse ferroviario
Lyon-Torino-Trieste-Divaca-Budapest-confine ucraino (ex corridoio 5) comprese tra Verona e Trieste,
per la maggior parte ancora in fase di progettazione preliminare.
A livello europeo la Decisione 884/2004/CE ha individuato tra i progetti prioritari con inizio dei lavori
previsto entro il 2010 che interessano il territorio italiano, la Galleria del Brennero (1 Asse ferroviario
Berlino-Palermo), la Galleria del Moncenisio (6 Asse ferroviario Lyon-frontiera ucraina), la tratta
Genova-Milano/Novara-frontiera svizzera: Terzo Valico dei Giovi (24 Asse ferroviario Genova-
Rotterdam). Attualmente è in corso la revisione della suddetta decisione (COM(2011)650 del 19
ottobre 2011) che prevede nell’ambito del c.d. “Core network” i seguenti progetti prioritari, da
finanziare nel periodo 2014-2020, che interessano il territorio italiano:
1 Corridoio Baltico-Adriatico
Wien-Graz-Klagenfurt-Udine-Venezia-Ravenna
3 Corridoio Mediterraneo
Lyon-Torino
Milano-Brescia (
46
I principali piani e programmi che interessano le grandi opere ferroviarie sono i seguenti:
Piano generale dei trasporti e della logistica 2001
Contratti di programma tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e RFI S.p.a. 2001-2005 e 2007-2011
1° Programma delle infrastrutture strategiche 2001 e successivi aggiornamenti
Sistema AV/AC – Resto del sistema
Piano nazionale per il sud 2011 e relativi Contratti istituzionali di sviluppo
Piano di azione e coesione 2011
Legge n. 191/2009 art. 2 commi 232-234 (norma sui lotti costruttivi)
81
Brescia-Venezia-Trieste
5 Corridoio Helsinki-Valletta
Galleria di base del Brennero
Fortezza-Verona
Napoli-Bari
Napoli-Reggio Calabria
Messina-Palermo
6 Corridoio Genova-Rotterdam
Genova-Milano/Novara-confine svizzero
Con riferimento alle sole opere da realizzare per lotti costruttivi, nel 2010, anno in cui è entrata in
vigore la norma (vedi in seguito), il valore complessivo delle opere (Galleria del Brennero, Tratta
Treviglio-Brescia e Terzo Valico dei Giovi) era pari a 13,1 miliardi di euro, a fronte del quale lo Stato
ha assunto l’impegno di finanziare, per tranche (i lotti costruttivi appunto), l’importi di 9,8 miliardi di
euro. Dal 2010 ad oggi lo Stato ha assegnato alle tre opere circa 2 miliardi di euro. Nel frattempo
l’impegno dello Stato è salito a circa 10,7 miliardi di euro.
Con riferimento invece a tutte le sei opere del TEN-T prese in considerazione, il valore complessivo
oggi stimato sulla base dei progetti approvati o degli importi riportati sui documenti di
programmazione, è pari a circa 31,7 miliardi di euro, cui corrisponde, al netto delle disponibilità al
2010 e delle assegnazioni disposte dai Governi tramite il CIPE nel periodo 2010-2013 e pari a circa
3,6 miliardi di euro, un fabbisogno residuo di circa 22,7 miliardi di euro. Appare evidente quanto sia
gravoso, per le sole opere prese in considerazione, l’impegno finanziario da intraprendere nei
prossimi anni.
Tutti i progetti hanno incontrato difficoltà, perlopiù legate ai finanziamenti, ma non solo, nella fase
progettuale o quella di avvio della realizzazione. Di seguito si riporta una breve sintesi delle principali
vicende alla origine di ritardi, aumenti di costo o riduzione delle risorse disponibili.
La Galleria di base del Brennero, i cui progetti preliminare e definitivo sono stati approvati
rispettivamente nel 2004 e nel 2009, ha registrato un ritardo di 18 mesi nella fase di avvio (da inizio
2010 a metà 2011) con conseguente spostamento della data prevista di conclusione dei lavori dal
2022 al 2025, ritardi imputabili a recepimento delle prescrizioni e delle modifiche disposte dalle
autorità competenti, nonché ad approfondimenti degli aspetti tecnici, realizzativi e logistici del
progetto; tutto ciò ha comportato un ulteriore incremento del costo a vita intera – già passato in
precedenza da 3.575 milioni di euro a 4.140 milioni di euro – da 4.140 milioni di euro a 4.865 milioni di
euro e la perdita di circa 220 milioni di euro di finanziamento UE. Inoltre il secondo lotto costruttivo,
concernente lo scavo delle gallerie principali e inizialmente previsto con un costo di 2.728 milioni di
euro da finanziare in unica soluzione, è stato frazionato in 3 lotti di cui solo uno è stato finanziato per
297 milioni di euro con la recente delibera n. 28/2013: la combinazione dei due eventi (incremento di
82
costo e frazionamento del 2° lotto) equivale ad un definanziamento sulle risorse necessarie nel 2012-
2013 pari 2.894 milioni di euro.
Il progetto preliminare del Quadruplicamento della linea Fortezza-Verona è stato oggetto di ben due
delibere di approvazione che non sono state registrate dalla Corte dei conti (2007 e 2008), a causa
della insufficiente individuazione delle fonti di copertura finanziaria, prima di pervenire alla
approvazione di un primo lotto – Fortezza-Ponte Gardena – (dei 4 di cui è costituita la infrastruttura)
con la delibera 82/2010; successivamente, sempre a causa della scarsità di risorse, è stato approvato
il progetto definitivo di un sub-lotto funzionale del suddetto primo lotto del valore di 44 milioni di euro,
pari al 2% del valore complessivo stimato della infrastruttura. Il sub-lotto ha anche avuto ulteriori
difficoltà di copertura finanziaria con attribuzione di risorse poi rivelatesi non disponibili (il c.d. fondo
ferrovia accantonato dalla Società concessionaria della Autostrada del Brennero) e successiva nuova
assegnazione (marzo 2013).
La linea AV/AC Milano-Verona, facente parte del c.d. “resto” del Sistema AV/AC, inizialmente limitato
alla tratta AV/AC Torino-Milano-Napoli, è stata oggetto di affidamento negli anni ’90 al Consorzio
Cepav Due; l’approvazione del progetto preliminare dell’intera infrastruttura è avvenuto nel dicembre
2003, mentre con la delibera n. 81/2009 è stato approvato il progetto definitivo della tratta Treviglio-
Brescia. L’avvio del quadruplicamento della linea ferroviaria compresa tra Milano e Padova risultava
previsto nel contratto di programma RFI 2001-2005 (art. 14 comma 4): per il finanziamento dell’opera
si è adottato nel 2002 il modello di finanziamento ai sensi dell’art. 75 della legge 289/2002 (c.d.
modello Ispa), con finanziamento a carico di Infrastrutture S.p.a. e integrazione dello Stato per l’onere
legato al servizio del debito verso Ispa per la parte non remunerabile dai flussi di cassa generati dallo
sfruttamento economico delle linee AV/AC. Nel dicembre del 2003 è stata sottoscritta una nuova
convenzione tra TAV S.p.a. e RFI S.p.A. .Oltre al progetto preliminare della Tratta Milano-Verona il
CIPE ha approvato anche i progetti preliminari del Nodo di Verona (gennaio 2008, la relativa delibera
non è stata registrata dalla Corte dei conti) e della tratta Verona-Padova (marzo 2006), limitatamente
alle tratte di 1^ fase tra Verona e Montebello e tra Grisignano di Zocco e Padova, con l’esclusione cioè
dell’attraversamento di Vicenza.
Nella legislatura 2006-2008 si è optato per una diversa modalità di attuazione, ritenuta meno onerosa,
esplicitata con la delibera n. 13/2007 limitatamente alla tratta Treviglio-Brescia, e che si è
concretizzata nella revoca delle concessioni di cui all’articolo 13 della legge n. 40/2007,
nell’affidamento del completamento dell’iter progettuale, autorizzativo e realizzativo dell’opera a RFI
Spa e nella decisione di affidare l’opera in appalto mediante gara ad evidenza pubblica ai sensi del
decreto legislativo n. 163/2006. Con la stessa delibera è stato fissato il costo della suddetta tratta in 2
miliardi di euro.
Con la delibera n. 81/2009 è stato approvato il progetto definitivo della tratta Treviglio-Brescia, mentre
nel frattempo, ai sensi dell’articolo 12 del decreto legge n. 112/2008, il General contractor Cepav Due
è nuovamente divenuto il titolare della Convenzione relativa alla tratta, mentre RFI manteneva il ruolo
83
di soggetto aggiudicatore, in quanto rimaneva valida la revoca della concessione - rilasciata a TAV
dall’Ente Ferrovie dello Stato in data 7 agosto 1991 - di cui al decreto legge n. 7/2007. Con il
successivo inserimento dell’opera nel gruppo di opere da realizzare per lotti costruttivi,
l’autorizzazione all’avvio del primo lotto costruttivo (delibera n. 85/2010) e il finanziamento del
secondo lotto costruttivo (delibera n. 85/2011) si è concluso il travagliato iter approvativo e di
finanziamento dell’opera, che è in corso di realizzazione limitatamente al 1° lotto costruttivo (per il 2°
lotto costruttivo è in corso la progettazione esecutiva). Rimane ancora da approvare il progetto
definitivo e da finanziare la tratta Brescia-Verona, considerata da RFI meno prioritaria.
Il collegamento internazionale Torino-Lione, dopo l’approvazione del progetto preliminare avvenuta
nel dicembre 2003 e l’autorizzazione all’avvio dell’escavazione del cunicolo esplorativo di Venaus, ha
subito uno stop dovuto alle contestazioni del “territorio” della fine del 2005, cui è seguita una lunga
fase di negoziazione e ridefinizione del tracciato in territorio italiano coordinata dall’arch. Mario Virano.
L’opera è “ripartita” con l’approvazione, nel novembre 2010, con l’approvazione del progetto definitivo
“diretto” del Cunicolo esplorativo di Chiomonte-La Maddalena e conseguente autorizzazione allo
scavo. I lavori son stati avviati con non poche difficoltà entro il termine fissato dalla UE.
Successivamente, con la delibera n. 57/2011, è stato approvato in linea tecnica il progetto preliminare
del “Nuovo collegamento ferroviario Torino – Lione, Sezione internazionale, Parte comune italo-
francese, tratta in territorio italiano” nelle more della conclusione del negoziato in corso tra l'Italia e la
Francia per la ripartizione dei costi dell'infrastruttura ferroviaria. Nella delibera si indicava un costo
stimato della parte comune pari a 10 miliardi di euro, di cui, presumibilmente, circa la metà imputabile
all’Italia.
Con la delibera n. 6/2012 sono state confermate le riduzioni sul Fondo sviluppo e coesione relative
alla assegnazione di 12 milioni di euro di cui alla delibera n. 86/2012, destinate al Cunicolo della
Maddalena, e contestualmente riassegnate su nuovi fondi nell’ambito degli interventi indifferibili e
provvisti di titoli giuridici perfezionati (art. 33, comma 3, legge n. 183/2011).
Con la delibera 23/2012 il CIPE ha poi assegnato 10 milioni di euro a valere sulle risorse recate
dall’articolo 32, comma 1, del decreto legge n. 98/2011 per le opere e misure compensative atte a
favorire l’inserimento territoriale della “Nuova linea ferroviaria Torino – Lione. Le opere beneficiarie del
finanziamento sono state solo recentemente individuate con la delibera n. 29/2013. Con la stessa
delibera n. 23/2012 il CIPE ha preso atto dello stato procedurale dell’intera opere e in particolare
che in data 30 gennaio 2012 è stato firmato, quale protocollo addizionale al citato Accordo
sottoscritto il 29 gennaio 2001, l’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo
della Repubblica francese concernente la disciplina della costruzione e della futura gestione
della “sezione transfrontaliera” della parte comune italo-francese dell’opera;
che l’Accordo prevede la realizzazione per fasi funzionali della parte comune italo-francese del
nuovo collegamento ferroviario Torino - Lione e individua la prima fase funzionale nella sezione
transfrontaliera compresa tra Saint-Jean-de-Maurienne in Francia e Susa in Italia;
84
che in base al richiamato Accordo, la predetta “sezione transfrontaliera” si interconnette con la
linea storica a Susa, mentre la citata delibera n. 57/2011 prevede l’interconnessione a Chiusa
San Michele;
che la ripartizione del costo della suddetta sezione transfrontaliera, stimato sulla base del
progetto definitivo in corso di elaborazione e validato-certificato da un soggetto esterno
indipendente, al netto del contributo europeo e della parte finanziata dai pedaggi versati dalle
imprese ferroviarie, è previsto per il 57,9% a carico dell’Italia e per il 42,1% a carico della
Francia;
che a detto criterio di ripartizione fanno eccezione i costi per le acquisizioni fondiarie, le
interferenze e le misure di accompagnamento che sono a carico di ogni Stato in funzione del
territorio sul quale le stesse si trovano;
che l’Accordo conferma la ripartizione paritaria tra i due Stati del finanziamento delle prestazioni
relative agli studi, alle ricognizioni e ai lavori preliminari realizzati per l’elaborazione del
progetto, stabilendo inoltre eccezionalmente la presa in carico totale da parte dell’Italia, che
beneficierà della globalità del relativo finanziamento europeo, dei sovra costi derivanti dal
cambiamento del tracciato in Italia del nuovo progetto rispetto a quello originario denominato
“sinistra Dora”;
che le successive fasi funzionali, che saranno regolate con successivi accordi tra i due Stati,
consisteranno nella realizzazione in Francia di una sezione di 33 km circa attraverso il
massiccio di Belledonne e comprendente i tunnel di Belledonne e di Glandon e nella
realizzazione in Italia di un tunnel di circa 19 km tra Susa e Chiusa San Michele.
Si è in attesa della sottoposizione al CIPE del progetto definitivo della 1^ fase funzionale.
I finanziamenti accordati non hanno subito riduzioni; si segnala anzi, in controtendenza con quanto sta
avvenendo per altre opere, una rimodulazione delle annualità della assegnazione consistente nella
anticipazione al 2014 di 3 milioni di euro inizialmente previsti per l’annualità 2015 (delibera 29/2013).
La direttrice ferroviaria Napoli-Bari è l’ultima delle sei grandi opere ferroviarie ad essere stata inclusa
nel programma delle infrastrutture strategiche (8° Allegato infrastrutture - 2010) e in un altro
importante strumento di programmazione finanziaria (Piano nazionale per il Sud - 2011) ed ha subito
una accelerazione procedurale-finanziaria nel 2013-2013 (Governo-Monti) con la approvazione del
Contratto istituzionale di sviluppo, i finanziamenti del piano nazionale per il Sud e del Piano di azione
e coesione, e le approvazioni di tre progetti preliminari da parte del CIPE (Nodo di Bari sud, Napoli-
Cancello, Cancello-Frasso Telesino47
). Rimane da finanziare la parte centrale dell’itinerario per un
47
La delibera n. 3/2013 relativa alla tratta Cancello- Frasso Telesino non è stata registrata dalla Corte dei conti.
85
importo di circa 3,6 miliardi di euro. Inoltre con la revisione della rete TEN-T è previsto l’inserimento
della Direttrice ferroviaria tra i progetti prioritari da finanziare da parte dell’UE entro il 2020.
Le disponibilità dell’opera, e in particolare quelle della tratta Cancello-Frasso Telesino, potrebbero
subire un ridimensionamento a seguito delle riduzioni di legge operate sulle risorse del contratto di
programma RFI e sul Fondo sviluppo e coesione, riduzioni che dovranno essere definitivamente
imputate con il nuovo contratto di programma RFI.
Focus sul Terzo Valico dei Giovi
La vicenda relativa all’iter procedurale e di finanziamento del Terzo Valico dei Giovi è molto simile a
quella, sopra riportata, della Tratta Treviglio-Brescia della linea AV/AC Milano-Genova. Si riportano di
seguito i principali eventi concernenti l’opera.
L’opera è stata inclusa nel 1° Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla delibera n.
121/2001 nell’”asse ferroviario Ventimiglia-Genova-Novara-Milano (Sempione)”.
Il Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) 2003-2006 ha individuato, all’interno
del 1° programma delle infrastrutture strategiche gli interventi-chiave dell’azione attivata dal Governo
con la citata delibera n. 121/2001, tra i quali figura l’Asse ferroviario Ventimiglia-Genova-Novara-
Milano (Sempione), articolato nelle tratte Ventimiglia-Genova e Genova-Milano.
Il Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) 2004-2007 in merito al 1° programma
delle infrastrutture strategiche, ha riporta in apposito allegato l’elenco delle opere potenzialmente
attivabili nel periodo 2004-2007, tra le quali risultava incluso, nell’ambito dell’Asse ferroviario
Ventimiglia-Genova-Novara-Milano (Sempione), l’intervento “AV Milano-Genova”.
Il contratto di programma tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e RFI S.p.A., sul quale il CIPE
ha espresso parere con la delibera n. 44/2001, all’articolo 14.4, ha previsto che, in relazione alle
previsioni di sviluppo del sistema alta capacità, il gestore della rete si impegnasse a completare la
progettazione e i conseguenti dossier di valutazione economica e successivamente ad avviare a
realizzazione il Quadruplicamento della linea Milano-Padova, il “Terzo Valico” ferroviario tra Milano e
Geneva (c.d. Terzo Valico dei Giovi) e l’adeguamento dei nodi interessati, con priorità nell’arco di
validità del contratto, alla tratta Milano-Brescia e alla prima fase funzionale del Terzo Valico dei Giovi.
Con la delibera n. 78/2003 il CIPE ha approvato il progetto preliminare dell’opera con un costo di
4.719 milioni di euro, comprensivo dell’attualizzazione sino alla data di stipula dell’atto integrativo della
convenzione e durante la fase di esecuzione dei lavori, e l’applicazione di una quota per imprevisti e
della quota di “contingencies”; la stessa delibera prevedeva la possibilità avviare in via anticipata
interventi e attività nel primo biennio come lotto funzionale per complessivi 319 milioni di euro, da
finanziare mediante il ricorso a finanziamenti ponte con il sistema bancario, contratti da Ferrovie dello
86
Stato S.p.A o da società controllate, analogamente a quanto previsto per il Sistema AV/AC Torino-
Milano-Napoli nell’ambito della applicazione dell’articolo 75 della legge n. 289/2002, e da estinguere
non appena disponibile, da parte di Infrastrutture S.p.A., la provvista necessaria.48 Non risulta che
questa modalità attuativa sia stata seguita.
Con il decreto emanato il 24 novembre 2004 dal Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sono state estese al c.d. “resto del sistema” le modalità di
intervento già previste nel decreto 23 dicembre 2003, n.117248, relativo alla “linea alta velocità/alta
capacità Torino-Milano-Napoli, ed è stato integrato il contratto di finanziamento tra infrastrutture
S.p.A., Rete ferroviaria italiana S.p.A. (RFI S.p.A.) e TAV S.p.A., determinando l’importo complessivo
finanziabile in 36.000 milioni di euro.
Con la delibera n. 1/2005, il CIPE, ai fini della attuazione dell’art. 75 della legge n. 289/2002 ha
approvato l’aggiornamento del dossier di valutazione economico-finanziaria relativo alla “linea alta
velocità/alta capacità Torino-Milano-Napoli” ed ha approvato i dossier relativi al “Terzo Valico dei
Giovi” e alla “linea alta velocità/alta capacità Milano-Verona-Padova-(Venezia)”, quest’ultimo
limitatamente alla tratta Milano-Verona (nodo di Verona incluso).
Con la delibera n. 118/2005 il CIPE ha approvato l’adeguamento monetario del costo del progetto
preliminare del “Terzo Valico dei Giovi – linea AV/AC Milano-Genova" per l’importo aggiuntivo di 148
milioni di euro, portando il costo complessivo dell'opera a 4.867 milioni di euro a seguito
dell’aggiornamento delle voci relative agli adeguamenti monetari del quadro economico approvato con
la citata delibera n. 78/2003, stimate al 29 settembre 2003 in 331 milioni di euro e in particolare:
l’aggiornamento dell’adeguamento monetario per il periodo compreso tra la stima del
dicembre 2001 e quella del marzo 2003, per un importo aggiuntivo di 5 milioni di euro;
l’aggiornamento dell’adeguamento monetario fino alla stipula dell’atto integrativo, allora
prevista per luglio 2005, per un importo aggiuntivo di 66 milioni di euro;
l’aggiornamento dell’adeguamento monetario durante i lavori, per un importo aggiuntivo di 77
milioni di euro.
L’aggiornamento delle voci di adeguamento monetario era necessario in relazione al tempo trascorso
tra la delibera di approvazione del progetto preliminare e la successiva delibera n. 1/2005, che ha
tracciato l’intero quadro del sistema AV/AC e consentito di definire il rapporto con il Contraente
generale della tratta in questione, con uno slittamento di circa 5 mesi rispetto alle originarie previsioni,
in relazione al diverso tasso di inflazione – effettivo o programmato – rispetto a quello a suo tempo
considerato per le diverse fasi procedimentali.
48
Allegato 2 della delibera n. 78/2003: elenco interventi e attività anticipati: vedi allegato 2
87
Con la delibera n. 80/2006 il CIPE ha approvato il progetto definitivo del “Terzo Valico dei Giovi - linea
alta velocità/alta capacità Milano-Genova” per il valore di 4.962 milioni di euro. Gli aspetti finanziari
dell’opera risultavano disciplinati dalle disposizioni di cui all’art. 75 della legge 27 dicembre 2002 n.
289 (c.d. modello ISPA) e all’art. 1, commi 79-84, della legge n. 266/2005 (aggiornamento del modello
ISPA).49
. L’incremento del costo rispetto al precedente costo di cui alla delibera n. 118/2005 risultava
dovuto al costo aggiuntivo delle prescrizioni, prima indicato in 112 milioni di euro e poi contenuto in 95
milioni di euro al fine di non superare il limite indicato per l'intero sistema AV/AC nel citato decreto
interministeriale del 24 novembre 2004, posto che l'onere residuale di 17 milioni di euro restava a
carico del soggetto aggiudicatore.
Il decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.
133, all’articolo 12, ha apportato modifiche al decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7, in merito alla
revoca delle cosiddette “concessioni TAV”, prevedendo che i rapporti convenzionali stipulati dalla
società Treno Alta Velocità S.p.A. (TAV) con i contraenti generali in data 15 ottobre 1991 ed in data
16 marzo 1992 continuassero senza soluzione di continuità con Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. (RFI)
e i relativi atti integrativi prevedessero la quota di lavori da affidare da parte dei contraenti generali ai
terzi mediante procedura concorsuale conforme alle previsioni delle direttive comunitarie.
Prima dell’approvazione della norma sui lotti costruttivi (art. 2 commi 232-234 della legge n.
191/2009), anche a seguito di una interlocuzione tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e
Corte dei conti, il CIPE ha autorizzato l’avvio della realizzazione per lotti costruttivi non funzionali di tre
infrastrutture ferroviarie incluse nel programma delle infrastrutture strategiche e nella rete TEN-T: la
Galleria di base del Brennero, la linea AV/AC Milano – Verona e il Terzo valico dei Giovi. In
particolare, per il Terzo Valico dei Giovi, con delibera 6 novembre 2009, n. 101, il CIPE
49
Legge n. 266/2005 (LF 2006) articolo 1 commi 79-84 79. Infrastrutture Spa è fusa per incorporazione con effetto dal 1° gennaio 2006 nella Cassa depositi e prestiti Spa, la quale assume tutti i beni, diritti e rapporti giuridici attivi e passivi di Infrastrutture Spa, incluso il patrimonio separato, proseguendo in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi anche processuali. 80. L'atto costitutivo della Cassa depositi e prestiti Spa non subisce modificazioni. 81. La Cassa depositi e prestiti Spa continua a svolgere, attraverso il patrimonio separato, le attività connesse agli interventi finanziari intrapresi da Infrastrutture Spa fino alla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 75 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Fatto salvo quanto previsto dal citato articolo 75, le obbligazioni emesse ed i mutui contratti da Infrastrutture Spa fino alla data di entrata in vigore della presente legge sono integralmente garantiti dallo Stato. 82. Nell'esercizio delle attività di cui al comma 81, continuano ad applicarsi le disposizioni concernenti Infrastrutture Spa, ivi comprese quelle relative al regime fiscale e al patrimonio separato. 83. La pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale tiene luogo degli atti e delle relative iscrizioni previste dall' articolo 2504 del codice civile, omessa ogni altra formalità. 84. Sono concessi, ai sensi dell'articolo 4, comma 177, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni, a Ferrovie dello Stato Spa o a società del gruppo contributi quindicennali di 100 milioni di euro annui a decorrere dal 2006 per la prosecuzione degli interventi relativi al sistema alta velocità/alta capacità Torino-Milano-Napoli e di 100 milioni di euro annui a decorrere dal 2007 a copertura degli investimenti relativi alla rete tradizionale dell'infrastruttura ferroviaria nazionale
(42).
(42) Comma così sostituito dal comma 975 dell'art. 1, legge 27 dicembre 2006, n. 296.
88
- ha preso atto che il costo aggiornato dell’opera è aumentato a 5.400 milioni di euro,
comprensivo di un nuovo adeguamento monetario per la realizzazione dell’intervento, e che tale
importo figura nell’aggiornamento 2009 del Contratto di programma 2007-2011;
- ha preso atto che le disponibilità finanziarie esistenti risultavano essere pari a 219,5 milioni di
euro, di cui 218,7 a valere su risorse di precedenti Contratti di programma RFI e 0,7 milioni di
euro a valere sulla legge 27 dicembre 1997 n. 450 (legge finanziaria 1998);
- ha assegnato, per la realizzazione di un 1° lotto costruttivo non funzionale della “Linea AV/AC
Genova – Milano: Terzo Valico dei Giovi”, 400 milioni di euro, in forma di contributi quindicennali
comprensivi degli oneri derivanti da eventuali finanziamenti necessari a carico delle risorse della
legge obiettivo e 100 milioni di euro a carico del Fondo infrastrutture di cui all’articolo 6-
quinquies del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6
agosto 2008, n. 133;
- ha autorizzato RFI S.p.A., in qualità di soggetto aggiudicatore, a procedere alla
contrattualizzazione dell’opera intera per lotti successivi costruttivi non funzionali, impegnativi
per le parti nei limiti dei rispettivi finanziamenti che si renderanno effettivamente disponibili a
carico della finanza pubblica;
La legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010), all’articolo 2, commi 232-234, ha previsto
la possibilità che con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, siano individuati
specifici progetti prioritari la cui realizzazione possa essere avviata per lotti costruttivi non funzionali
(c.d. norma sui lotti costruttivi)50
50
Legge n. 191/2009 articolo 2 commi 232-234 il comma 232
- individua, quali requisiti dei citati progetti, l'inclusione nei corridoi europei TEN-T e nel Programma delle infrastrutture strategiche, un costo superiore a 2 miliardi di euro, un tempo di realizzazione superiore a quattro anni dall’approvazione del progetto definitivo, l’impossibilità di essere suddivisi in lotti funzionali d’importo inferiore a 1 miliardo di euro;
- subordina l’autorizzazione del CIPE all’avvio dei lotti costruttivi a una serie di condizioni, quali il contenimento entro 10 miliardi di euro dell’importo complessivo residuo da finanziare relativo all’insieme dei progetti prioritari individuati; l’integrale finanziamento del lotto costruttivo autorizzato; l’esistenza, alla data di autorizzazione del citato primo lotto, di una copertura finanziaria, con risorse pubbliche o private nazionali o della UE, che costituisca almeno il 20 per cento del costo complessivo dell’opera o almeno il 10 per cento del medesimo costo complessivo in casi di particolare interesse strategico e previa adozione, in tal caso, di un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; l’esistenza di una relazione a corredo del progetto definitivo dell’intera opera che indichi le fasi di realizzazione dell’intera opera per lotti costruttivi nonché il cronoprogramma dei lavori per ciascuno dei lotti e i connessi fabbisogni finanziari annuali; l’aggiornamento, per i lotti costruttivi successivi al primo, di tutti gli elementi della stessa relazione; l’acquisizione, da parte del contraente generale o dell’affidatario dei lavori, dell’impegno di rinunciare a qualunque pretesa risarcitoria, eventualmente sorta in relazione alle opere individuate con i succitati decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché a qualunque pretesa, anche futura, connessa all’eventuale mancato o ritardato finanziamento dell’intera opera o di lotti successivi;
- precisa che dalle determinazioni assunte dal CIPE non devono derivare, in ogni caso, nuovi obblighi contrattuali nei confronti di terzi a carico del soggetto aggiudicatore dell’opera per i quali non sussista l’integrale copertura finanziaria;
89
In attuazione della citata norma sui lotti costruttivi il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti 29 luglio 2010, ai fini dell’applicazione dell’art. 2, comma 232 della citata legge n. 191/2009,
ha attribuito particolare interesse strategico alla realizzazione della “Linea AV/AC Milano - Genova:
Terzo Valico dei Giovi ricompreso nell’Asse ferroviario Ventimiglia - Genova - Novara - Milano
(Sempione)” e il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° ottobre 2010 ha individuato
l’opera in esame quale progetto prioritario ai sensi e per gli effetti dell’art. 2, comma 232 della
medesima legge n. 191/2009;
Il Contratto di programma 2007-2011 per la gestione degli investimenti tra il Ministero delle
infrastrutture e Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. -aggiornamento 2009, sul quale il CIPE si è espresso
con la delibera 13 maggio 2010, n. 27, ha preso atto della norma sui lotti costruttivi ed ha incluso
l’opera nella specifica “tabella A1 – Investimenti realizzati per lotti costruttivi”, indicando il costo a vita
intera, le risorse disponibili e quelle aggiuntive e l’ impegno programmatico dello Stato.
Anche l’8° Allegato Infrastrutture alla Decisione di finanza pubblica 2011 – 2013, sul quale il CIPE si è
espresso con la delibera n. 81/2010, nel rispetto di quanto previsto dal richiamato comma 234
dell’articolo 2 della legge n. 191/2009, ha dato evidenza, anche in apposito prospetto, degli interventi
sottoposti alla disciplina dei lotti costruttivi, tra cui il “Terzo Valico dei Giovi”.
Successivamente, con delibera n.84/2010, il CIPE ha autorizzato l’avvio della realizzazione per lotti
costruttivi della “Linea AV/AC Milano – Genova: Terzo Valico dei Giovi”, ha autorizzato il primo lotto
delle opere con l’impegno programmatico di finanziare l’intera opera entro il costo totale indicato ed ha
individuato il cronoprogramma annuale delle esigenze finanziarie. Con la stessa delibera il CIPE ha
preso atto che il costo dell’opera risultava pari a circa 6.200 milioni di euro e che tale incremento era
dovuto a:
- 48 milioni di euro per la variante per l’adozione del sistema di segnalamento ERTMS liv. 2
definito successivamente all’approvazione del progetto definitivo;
- 532 milioni di euro per adeguamenti progettuali conseguenti a normative emanate o divenute
vigenti successivamente alla delibera n. 80/2006 e, in particolare, 37 milioni di euro per nuove
modalità degli espropri definite dall’articolo 2, comma 89, della legge 24 dicembre 2007, n. 244
(legge finanziaria 2008), 293 milioni di euro per la ottemperanza al decreto ministeriale 28
ottobre 2005 “sicurezza nelle gallerie ferroviarie”, 141 milioni di euro per la ottemperanza al
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 come modificato dal decreto legislativo 16 gennaio
il comma 233, stabilisce che con l’autorizzazione del primo lotto costruttivo, il CIPE assume l’impegno programmatico di finanziare l’intera opera ovvero di corrispondere l’intero contributo finanziato e successivamente deve assegnare, in via prioritaria, le risorse che si rendono disponibili in favore dei progetti di cui al comma 232, per il finanziamento dei successivi lotti costruttivi fino al completamento delle opere, tenuto conto del cronoprogramma; il comma 234, stabilisce che il Documento di programmazione economico-finanziaria (ora divenuto Decisione di finanza pubblica) – Allegato Infrastrutture dia distinta evidenza degli interventi di cui ai commi 232 e 233, per il cui completamento il CIPE deve assegnare le risorse secondo quanto previsto dal richiamato comma 233.
90
2008, n. 4, “Nuova modalità di gestione dei materiali di risulta degli scavi”, e 61 milioni di euro
per la ottemperanza alle norme per l’interoperabilità ferroviaria;
- 92 milioni di euro, per l’allungamento dei tempi di completamento dovuto alle nuove modalità di
realizzazione dell’opera (per lotti costruttivi);
- 52 milioni di euro per l’ulteriore adeguamento monetario (il terzo) rispetto al valore incluso nel
Contratto di programma RFI – aggiornamento 2009;
- 105 milioni di euro per imprevisti, calcolati pari a circa il 9 per cento della voce “produzione
contraente generale”;
- 62 milioni di euro per oneri di ingegneria (ITALFERR) e costi di struttura;
- 13 milioni di euro per altri oneri;
compensato da
- -21 milioni di euro per una migliore stima dell’importo delle fidejussioni;
- -82 milioni di euro per la voce “Arbitrato e oneri pregressi” in quanto contabilizzati a carico di
altro progetto di RFI S.p.a. nell’ambito del contratto di programma 2007-2011;
Si riporta di seguito il quadro finanziario dell’opera e la distribuzione annuale delle risorse necessarie
come risultavano dalla presa d’atto della suddetta delibera.
1 Lotti costruttivi milioni di euro
costo aggiornato
disponib.
residuo da finanziare
opere in corso
/contabilizzaz
costo lotto 1
costo lotto 2
costo lotto 3
costo lotto 4
costo lotto 5
costo lotto 6
6.200 720 5.481 140 500 1.100 1.270 1.340 1.200 650
2 Fabbisogno annuale milioni di euro
lotto costo
disponib. nov. 2010 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 totale
1° lotto costruttivo 500 500 120 230 110 40 500
2° lotto costruttivo 1.100 0 250 370 230 130 70 40 10 1.100
3° lotto costruttivo 1.270 0 150 290 250 270 220 90 1.270
4° lotto costruttivo 1.340 0 160 380 360 330 110 1.340
5° lotto costruttivo 1.200 0 150 450 370 230 1.200
6° lotto costruttivo 650 0 420 190 40 650
totale 6.060 500 120 480 630 720 910 1.150 960 860 190 40 6.060
totale cumulato 120 600 1.230 1.950 2.860 4.010 4.970 5.830 6.020 6.060
attività/lavori già eseguiti 140 220
totale generale 6.200 720 6.060
La delibera prescriveva poi che, prima dell’avvio della realizzazione del primo lotto costruttivo
autorizzato, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti trasmettesse l’atto integrativo alla
convenzione vigente tra RFI S.p.a. e COCIV, per la relativa “presa d’atto” anche ai fini dell’efficacia
dell’impegno programmatico di finanziare l’intera opera assunto con la delibera stessa.
In data 11 novembre 2011 è stato sottoscritto l’Atto integrativo tra RFI S.p.A. e Consorzio COCIV.
91
Con l’atto il Consorzio COCIV ha rinunciato, irrevocabilmente, con effetto dall'efficacia dell'Atto
integrativo medesimo, anche in nome e/o per conto delle Consorziate:
a tutte le pretese risarcitorie, a qualsivoglia titolo o ragione, derivanti da fatti, atti e/o eventi
verificatisi fino alla data dell’Atto integrativo stesso comunque connessi alla Convenzione e/o
alla progettazione e/o realizzazione della Linea Milano-Genova (dal 1998 riprogettata come
“Terzo Valico dei Giovi"). In particolare, il Consorzio conferma le rinunce di cui all'Atto di
impegno propedeutico alla autorizzazione al 1° lotto costruttivo, rinuncia a tutte le pretese
risarcitorie fatte valere nel giudizio arbitrale instaurato in data 1° febbraio 2007
a qualunque pretesa, anche futura, connessa con l'eventuale mancato o ritardato
finanziamento dell’opera e/o di lotti costruttivi successivi al primo, senza che il Consorzio e/o
le Consorziate possano comunque pretendere alcunché a qualsiasi titolo, anche, ove occorra,
in deroga a qualsiasi diversa disposizione contenuta nella Convenzione, e fatto salvo solo
quanto previsto nell'articolo 29 recante “Conseguenze della ritardata o mancata assegnazione
delle risorse finanziarie relative ai lotti costruttivi successivi al primo lotto costruttivo”.
L’Atto integrativo riportava inoltre le obbligazioni di RFI S.p.A. e del Consorzio COCIV in relazione,
tra l’altro, a: rischi e obblighi del Consorzio, termini di esecuzione dei lavori, prezzo forfetario, forza
maggiore, valutazione dell’avanzamento dei lavori, adeguamento monetario, pagamenti e
anticipazioni, alta sorveglianza e direzione lavori, varianti e modifiche tecniche in corso d’opera,
controlli e collaudi, garanzie, penalità, responsabilità verso terzi, logistica, impatto ambientale,
pubblicità e riservatezza, qualità, riserve, risoluzione del contratto, organizzazione del consorzio e
affidamenti, tracciabilità dei flussi finanziari e controversie.
Con la delibera n. 83/2011 il CIPE51
ha dovuto attribuire una diversa imputazione della copertura
finanziaria dell’assegnazione disposta a carico del Fondo infrastrutture con la delibera n. 101/2009,
che all’epoca non aveva ancora comportato trasferimento di risorse, ed ha assegnato, previa
adozione del decreto interministeriale 5 dicembre 2011, con il quale il Ministro dell’economia e delle
finanze e il Ministro per la coesione territoriale hanno individuato, su proposta del Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, gli interventi infrastrutturali, che costituiscono opere indifferibili da
finanziare con le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione e in particolare tra questi la “Linea
ferroviaria AV/AV Genova-Milano. Terzo Valico dei Giovi – I° lotto costruttivo”, a valere sulle risorse
recate dalla legge n. 183/2011 (legge di stabilità 2012) articolo 33, comma 3, (Fondo per lo sviluppo
51
– a seguito della adozione della delibera 11 gennaio 2011, n. 1, concernente “Obiettivi, criteri e modalità di programmazione delle risorse per le aree sottoutilizzate, selezione e attuazione degli investimenti per i periodi 2000-2006 e 2007-2013”, con la quale il Comitato, per effetto della riduzione di 4.990,7 milioni di euro della dotazione finanziaria della missione di spesa “Sviluppo e riequilibrio territoriale” disposta dall’articolo 2 della citata legge n. 122/2010, ha ulteriormente ridotto le assegnazioni FAS di cui alle delibere relative alla programmazione 2000-2006 e 2007-2013, come da tabella allegata alla medesima delibera n. 1/2001, che prevedeva una diminuzione della dotazione del Fondo infrastrutture da 763,865 milioni di euro a 577,048 milioni di euro –
92
e la coesione), 100 milioni di euro per la linea ferroviaria AV/AC Genova-Milano “Terzo Valico dei
Giovi – 1° lotto costruttivo”. Successivamente la delibera n. 6/2012 ha “formalizzato” le riduzioni
complessivamente disposte a carico Fondo per lo sviluppo e la coesione dalla legge confermando il
definanziamento di 100 milioni a carico delle disponibilità del Terzo Valico dei Giovi.
Con la delibera n. 86/2011 il CIPE
- ha autorizzato il secondo lotto costruttivo non funzionale della “Linea AV/AC Genova – Milano:
Terzo Valico dei Giovi”, del valore di 1.100 milioni di euro;
- ha assegnato per la realizzazione del medesimo 2° lotto costruttivo a favore di RFI S.p.A.
1.100 milioni di euro, a valere sulle risorse di cui all’articolo n. 32, comma 1, del decreto legge
n. 98/2011, convertito dalla legge n. 111/2011
Con la delibera 18 febbraio 2013, n. 8, il CIPE, per compensare la rimodulazione dell’assegnazione
di 28,6 milioni di euro al Ministero per i beni e le attività culturali di cui alla delibera n. 137/2012, con
la quale sono state trasferite sulla annualità 2013 le somme appostate sulla annualità 2016, ha
rimodulato l’articolazione temporale della assegnazione a RFI S.p.A. di 1.100 milioni di euro per il 2°
lotto costruttivo del Terzo Valico dei Giovi di cui alla delibera n. 86/2011. La delibera è stata
condizionata alla trasmissione di una nota da parte di RFI da cui si evinca che la rimodulazione
- non incide sui tempi di effettiva disponibilità di risorse così come definiti nell’atto aggiuntivo
alla convenzione sottoscritto tra COCIV e RFI S.p.A.;
- non comporta eventuali “conseguenze nella ritardata o mancata assegnazione delle risorse
finanziarie relative ai lotti costruttivi successivi al primo lotto costruttivo” così come previsto
dall’articolo 29.1 lettera c punti i) ii) e iii) dell’atto aggiuntivo alla Convenzione sottoscritto in
data 11 novembre 2011;
- non si configura come modifica delle attività costituenti il lotto costruttivo ed il connesso flusso
finanziario di risorse così come deliberato dal CIPE con delibera n. 86/2011.
Si riporta di seguito un prospetto di confronto tra le due articolazioni temporali del finanziamento del
2° lotto costruttivo.
euro
delibera 2012 2013 2014 2015 2016 totale
Assegnazione delibera 86/2011 140.000.000 200.000.000 200.000.000 288.000.000 272.000.000 1.100.000.000
Rimodulazione delibera 8/2013 140.000.000 171.430.327 200.000.000 288.000.000 300.569.674 1.100.000.000
Con la delibera 18 marzo 2013, n. 22, il CIPE
- ha confermato il costo a vita intera dell’opera in 6.200 milioni di euro;,
93
- ha ridefinito la articolazione dei lotti costruttivi dell’opera; la nuova articolazione in lotti costruttivi,
rispetto a quella riportata dalla delibera n. 84/2010, prevede per il secondo lotto costruttivo minori
lavori per 106 milioni di euro e minori costi generali (oneri di ingegneria, collaudi e costi di struttura
commisurati alle attività di competenza del lotto, altri costi del contraente generale non inclusi nel
prezzo forfettario) per 134 milioni di euro e per il terzo lotto costruttivo maggiori lavori per 106
milioni di euro e maggiori costi generali per 134 milioni di euro;
Nuova articolazione in lotti costruttivi (milioni di euro)
Lotto Costo
Attività propedeutiche contabilizzate al 2010 140
Primo Lotto Costruttivo 500
Secondo Lotto Costruttivo 860
Terzo Lotto Costruttivo 1.510
Quarto Lotto Costruttivo 1.340
Quinto Lotto Costruttivo 1.200
Sesto Lotto Costruttivo 650
Totale costo a vita intera 6.200
- ha confermato l’autorizzazione al soggetto aggiudicatore a procedere alla contrattualizzazione dei
lotti costruttivi non funzionali successivi, impegnativi per le parti, nei limiti dei rispettivi finanziamenti
che il Governo renderà effettivamente disponibili. A tal fine, la copertura del fabbisogno finanziario
di competenza residuo dovrà essere assicurata in coerenza con il crono programma e le esigenze
di cassa riportate nell’allegato che fa parte integrante della delibera;
- ha disposto che il soggetto aggiudicatore dell’opera provveda a inserire nel bando di gara per
l’affidamento dei lavori dell’opera, tra gli impegni dell’aggiudicatario, la rinuncia a qualunque
pretesa risarcitoria nonché a qualunque pretesa, anche futura, connessa all’eventuale mancato o
ritardato finanziamento dell’intera opera o di lotti successivi; la documentazione attestante il
suddetto impegno dovrà essere trasmessa al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che ne
curerà l’inoltro al CIPE per la relativa presa d’atto e ai fini dell’efficacia dell’impegno programmatico
di finanziare l’intera opera assunto con la delibera n. 84/2010.
Si riportano di seguito i nuovi cronoprogrammi delle attività e di spesa.
94
CRONOPROGRAMMA DELLE ATTIVITA’
CRONOPROGRAMMA DI SPESA
Con riferimento agli aspetti finanziari con la stessa delibera il CIPE ha disposto la riduzione da 1.100 a
860 milioni di euro dell’assegnazione a favore di RFI S.p.A. a valere sulle risorse di cui all’articolo 32,
comma 1, del citato decreto legge n. 98/2011 con la delibera n. 86/2011, per il secondo lotto
costruttivo dell’opera “Linea AV/AC Milano - Genova: Terzo Valico Dei Giovi”, per destinare l’importo
di 240 milioni di euro, articolate in 140 milioni per l’annualità 2012 e in 100 milioni per l’annualità 2013,
a RFI S.p.A. per la copertura finanziaria di quota parte dei contributi in conto impianti per le attività di
95
manutenzione straordinaria previste dallo schema di “Contratto di programma 2012-2014 – parte
servizi per la disciplina delle attività di Manutenzione della rete ferroviaria e delle attività di Safety,
Security e Navigazione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Poiché a seguito della rimodulazione dei lotti, la realizzazione del secondo e terzo lotto costruttivo
dell’opera è prevista rispettivamente nell’arco degli anni 2013-2018 e 2014-2019, con uno slittamento
di un anno rispetto a quanto previsto dalla delibera n. 86/2011 la delibera ha previsto che RFI S.p.A.
debba trasmettere al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti esplicita dichiarazione che tale
slittamento temporale non comporti incrementi del costo a vita intera dell’intervento.
Il decreto legge n, 43/2013, nel testo di conversione approvato dal Senato prevede all’articolo 7-ter
l’autorizzazione di spesa di 120 milioni di euro l’anno per 10 anni con priorità di destinazione alla
prosecuzione dei lavori relativi al Terzo Valico dei Giovi e per il Quadruplicamento della linea
Fortezza-Verona di accesso sud alla Galleria di base del Brennero, dii cui effettivamente disponibili a
bilancio solo 120 per il 2015; la norma tuttavia non indica le quote di finanziamento per ciascuna
opera, quote che dovranno essere attribuite dal CIPE.
Il decreto legge 63/2013 art. 18 comma 13 dispone che per la copertura degli investimenti di cui al
comma 1 si provvede (...) quanto a euro 50 milioni per l'anno 2013, a euro 189 milioni per l'anno 2014,
a euro 274 milioni per l'anno 2015 e a euro 250 milioni per l'anno 2016 mediante corrispondente
utilizzo delle risorse assegnate dal CIPE in favore del secondo lotto del Terzo Valico dei Giovi a valere
sul Fondo di cui all'articolo 32, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111., con ciò riducendo a 97 milioni di euro le disponibilità
per il 2° lotto costruttivo, inizialmente pari a 1.100 milioni di euro.
La riduzione dovrebbe essere utilizzata per finanziare la manutenzione straordinaria di RFI, posto che
lo stanziamento di 300 milioni di euro per l’anno 2013, di cui all’articolo 2, comma 179, della legge di
stabilità 2013, sembra non essere sufficiente ad assicurare la copertura finanziaria dei lavori di
manutenzione straordinaria della rete ferroviaria inseriti nel contratto di programma.
Da ultimo, con la delibera n. 19 luglio 2013, n. 34, ai sensi dell’articolo 7-ter del decreto legge 26 aprile
2013, n. 43, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 24 giugno
2013, n. 71, il CIPE ha attribuito programmaticamente a RFI S.p.A. – tra l’altro – 802 milioni di euro
per la copertura finanziaria del 2° lotto costruttivo del “Terzo Valico dei Giovi”, ripristinando così le
risorse del 2° lotto costruttivo precedentemente definanziate.
L’attribuzione definitiva delle risorse di sopra per il 2° lotto costruttivo del Terzo Valico dei Giovi, previa
delibera del CIPE, é tuttavia subordinata, in coerenza con quanto previsto dall’articolo 2, commi 232 e
ss., della legge n. 191/2009, a:
una Relazione che indichi le fasi di realizzazione dell’intera opera per lotti costruttivi, nonché il
cronoprogramma dei lavori per ciascuno dei lotti e i connessi fabbisogni finanziari annuali;
96
una conferma che il nuovo cronoprogramma dell’opera non comporti incrementi del relativo
costo a vita intera;
una assicurazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in merito al
superamento di quanto disposto dall’articolo 3.2.1 e) dell’Atto aggiuntivo al contratto tra RFI
S.p.A. e COCIV, sottoscritto l’11 novembre 2011, ove si prevede che la comunicazione di RFI al
Consorzio COCIV circa la disponibilità delle risorse finanziarie, cui è subordinata la
contrattualizzazione del 2° lotto costruttivo, potrà avvenire solo dopo che sarà stato raggiunto
un accordo scritto tra le parti i) sulla progettazione definitiva e sul prezzo forfettario degli
adeguamenti progettuali 2010 e ii) sul prezzo forfettario degli aggiornamenti progettuali 2006.
La stessa delibera ha prescritto che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti debba sottoporre al
CIPE entro il 31 dicembre 2013, il nuovo contratto di programma tra il Ministero medesimo e RFI
S.p.A., posto che la validità del contratto di programma 2007-2011, il cui ultimo aggiornamento risale
al mese di gennaio 2012 (delibera n. 4/2012), é in regime di proroga.
Conclusioni
Tutte le sei opere prese in considerazione hanno quindi attraversato in tempi e modi diversi fasi di crisi
procedurale o finanziaria ovvero forti opposizioni da parte dei territori interessati, spesso determinate
da fattori esterni; la conseguenza comune è sempre l’allungamento dei tempi di realizzazione previsti
con conseguente incremento dei costi a vita intera.
Con riferimento in particolare ai soli aspetti finanziari si segnalano le riduzioni operate per legge e
successivamente imputate o potenzialmente imputabili alle singole opere con delibera del CIPE
(Terzo Valico dei Giovi per complessivi 1.003 milioni di euro e Itinerario Napoli-Bari per un importo
minimo di 100 milioni di euro) ma anche le “riduzioni equivalenti” consistenti nei mancati finanziamenti
dei lotti costruttivi nei tempi previsti (Galleria del Brennero, con circa 2.900 milioni di euro di mancati
finanziamenti di parte del 2° lotto costruttivo, ora 3° e 4° lotto), le mancate coperture finanziarie di
progetti preliminari approvati con progetto definitivo parziale (Linea Fortezza-Verona – 1° lotto
funzionale con 1.574 milioni di euro ancora da finanziare e approvazione del progetto definitivo di un
sub-lotto funzionale del costo di 44 milioni di euro) o le approvazioni “in linea tecnica” (Collegamento
internazionale Torino-Lione con un costo a carico dell’Italia valutabile intorno a 4-5 miliardi di euro).
Complessivamente “mancano all’appello” risorse da 4 miliardi di euro (già assegnate o programmate)
a 9,8 miliardi di euro (considerando anche le mancate coperture finanziarie di progetti preliminari.
Si riporta di seguito un grafico che mette in evidenza le conseguenze dei definanziamenti e incrementi
dei costi sui cronoprogrammi dei fabbisogni per competenza.
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Alla luce degli eventi sopra citati, nonostante le difficoltà finanziarie e di attuazione che hanno
interessato l’avvio della realizzazione del Terzo Valico dei Giovi - ma come evidenziato non solo
questa opera – appare tuttavia evidente la volontà dei Governi succedutisi nel perseguire l’obiettivo di
realizzare l’opera. Infatti mentre a livello programmatico l’opera è confermata in tutti gli strumenti di
programmazione vigenti e il primo lotto costruttivo ha visto completati tutti gli adempimenti finanziari e
attuativi propedeutici all’avvio dei lavori, per il secondo lotto costruttivo, a fronte di disponibilità
passate da 1.100 milioni di euro a 97 milioni di euro, con il decreto legge n. 43/2013 è stata autorizza
la spesa di 120 milioni di euro l’anno per 10 anni con priorità di destinazione alla prosecuzione dei
lavori relativi al Terzo Valico dei Giovi e per il Quadruplicamento della linea Fortezza-Verona di
accesso sud alla Galleria di base del Brennero. L’attuazione della predetta norma è in corso, con una
delibera di assegnazione provvisoria (23/2013) cui dovrà seguirne un’altra di assegnazione definitiva.
Tuttavia si ritengono opportune alcune iniziative e in particolare
in relazione all’ingente fabbisogno residuo per le sei opere citate, quantificabile ora in
19,8 miliardi di euro, e agli stringenti impegni con la UE, sarebbe opportuno indicare un
gruppo ristretto o una “graduatoria” di priorità infrastrutturali, quantomeno in relazione agli
impegni finanziari;
potrebbe essere aggiornata la norma sui lotti costruttivi, con eventuale inserimento di
altre opere (Torino-Lione?) con conseguente aggiornamento e/o riformulazione
dell’impegno dello Stato;
occorre in ogni caso adeguare la articolazione e la programmazione temporale e
finanziaria del Terzo Valico dei Giovi a seguito delle recenti disposizioni di legge;
occorre infine vigilare affinché siano rispettate le tempistiche previste nei
cronoprogrammi al fine di evitare incrementi di costo per adeguamento monetario e
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perdita dei finanziamenti europei, magari introducendo meccanismi sanzionatori nei
confronti dei soggetti responsabili.
APPENDICE
La norma sui lotti costruttivi
Con l’articolo 2, commi 232, 233, 234, della legge finanziaria 2010 è stata introdotta la possibilità di
avviare la realizzazione di specifici progetti prioritari inseriti nel Programma delle infrastrutture
strategiche per lotti costruttivi non funzionali.
I requisiti richiesti ai progetti sono i seguenti (comma 232):
inclusione nel Programma delle infrastrutture strategiche di cui alle delibere 121/2001 e
seguenti;
inclusione nei corridoi europei TEN-T;
costo superiore a 2 miliardi di euro;
tempi di realizzazione superiori a quattro anni dall’approvazione del progetto definitivo;
non suddivisibilità in lotti funzionali di importo inferiore a 1 miliardo di euro.
La procedura individuata (commi 232 e 233) prevede che:
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze, propone la individuazione degli interventi;
con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri sono formalmente individuati gli interventi;
il CIPE, con apposita delibera,
- autorizza l’avvio della realizzazione del progetto definitivo per lotti costruttivi individuati dallo
stesso CIPE,
- assume l’impegno programmatico di finanziare l’intera opera ovvero di corrispondere l’intero
contributo finanziario.
successivamente il CIPE, tenuto conto del cronoprogramma, assegna, in via prioritaria, le
risorse che si rendono disponibili in favore dei progetti di cui al punto precedente allo scopo di
finanziare i successivi lotti costruttivi fino al completamento delle opere.
L’individuazione dei progetti e l’avvio della realizzazione per lotti costruttivi è subordinata ad alcune
condizioni (comma 232):
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l’importo complessivo residuo da finanziare relativo all’insieme dei progetti prioritari non può
essere superiore a 10 miliardi di euro;
il costo del lotto costruttivo autorizzato deve essere integralmente finanziato e deve esservi
copertura finanziaria (con risorse pubbliche o provate nazionali o della UE), alla data
dell’autorizzazione del primo lotto, che costituisca almeno il 20 per cento del costo
complessivo dell’opera;
il progetto definitivo dell’opera completa deve essere accompagnato da una relazione che
indichi:
- le fasi di realizzazione dell’intera opera per lotti costruttivi;
- il cronoprogramma dei lavori per ciascuno dei lotti e i connessi fabbisogni finanziari annuali;
- l’autorizzazione dei lavori per i lotti costruttivi successivi al primo deve essere accompagnata
da un aggiornamento di tutti gli elementi della relazione stessa;
il contraente generale o l’affidatario dei lavori deve assumere l’impegno di rinunciare a
qualunque pretesa risarcitoria, eventualmente sorta in relazione alle opere individuate con i
decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché a qualunque pretesa anche futura
connessa all’eventuale mancato o ritardato finanziamento dell’intera opera o di lotti successivi;
dalle determinazioni assunte dal CIPE non devono derivare in ogni caso nuovi obblighi
contrattuali nei confronti di terzi a carico del soggetto aggiudicatore dell’opera per i quali non
sussista l’integrale copertura finanziaria.
In deroga al secondo punto, nei casi di particolare interesse strategico, è previsto, previa adozione di un
apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che si possa ricorrere alla norma anche
nel caso in cui la copertura finanziaria del primo lotto costruttivo sia inferiore al 20 per cento del costo
complessivo ma comunque superiore al 10 per cento del medesimo costo.
La competenza del CIPE è chiamata in causa dalla norma e la sua attività si esplica in due fasi distinte:
una prima fase in cui individua i lotti costruttivi nell’ambito delle opere individuate con i decreti del
Presidente del Consiglio dei Ministri, autorizza l’avvio della realizzazione per lotti costruttivi previa
verifica delle condizioni di cui al comma 232 e assume l’impegno programmatico di finanziare
l’intera opera;
una fase successiva (che si può esplicare in sub-fasi) nella quale assegna le risorse in favore dei
progetti per finanziare i successivi lotti costruttivi fino al completamento delle opere.
La norma prevede infine (comma 234) che il documento di programmazione economico-finanziaria
(DFP) – allegato infrastrutture dia distinta evidenza degli interventi.
Contratto di programma RFI 2007-2011 - aggiornamento 2009 (delibera CIPE 27/2010)
100
Il contratto di programma 2007-2011 tra RFI S.p.A. e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti –
aggiornamento 2009, sul quale il CIPE ha espresso parere con delibera 27/2010 ha dato evidenza
della approvazione della norma della legge finanziaria relativa ai progetti prioritari inclusi nel
Programma delle infrastrutture strategiche da realizzare per lotti costruttivi, ha preso atto delle
delibere CIPE relative all’avvio per lotti costruttivi della Galleria di base del Brennero, della linea
AV/AC Milano - Verona e del Terzo Valico dei Giovi e dell’avvio della procedura attuativa dell’articolo
2, commi 232-234 della suddetta legge 191/2009, confermando che l’applicazione della norma
dovesse essere limitata ai sopra riportati progetti.
Le tre opere sono state incluse in una apposita tabella del contratto (tabella A1 – investimenti da
realizzarsi per lotti costruttivi non funzionali) nella quale, per ciascuna opera, sono stati indicati:
costo a vita intera;
risorse disponibili al 2008;
risorse aggiuntive 2009 (distinte per fonte);
fabbisogni di competenza (pianificazione di massima);
contabilizzato al 2009;
piano delle contabilizzazioni (pianificazione indicativa);
lotti costruttivi finanziati.
Con l’aggiornamento 2010-2011 del contratto di programma è stata confermata la suddetta
impostazione e sono state aggiornate le tabelle A1 alle assegnazioni per i secondi lotti costruttivi del
terzo Valico dei Giovi e della tratta Treviglio-Brescia della linea AV/AC Milano-Verona.