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RENATO MARINO MAZZACURATI 1907 - 1969 L’ARTISTA Renato Marino Mazzacurati è nato a San Venanzio di Galliera, in provincia di Bologna, il 22 luglio 1907. Fu un importante scultore e pittore italiano capace nell'arco della sua carriera produttiva di avvicinarsi e rappresentare le correnti artistiche del cubismo, dell'espressionismo e del realismo, dimostrando un'importante apertura mentale per quel che concerneva le arti. Poco dopo la nascita si trasferisce con la famiglia a Padova. Figlio di un imprenditore edile, in seguito all’espulsione da tutte le scuole del Regno, per aver lanciato un righello ad un insegnante, nel 1922 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Venezia per dedicarsi alla pittura. Nel 1925, a Padova, partecipa alla Mostra d’Arte Triveneta con una tempera, Uragano, e un olio, Paesaggio dei Colli Euganei. Opere che nell’impostazione ricordano Morandi e Carrà. Nel 1926 partecipa con il dipinto “Sobborgo” alla XXVII Esposizione Bevilacqua La Masa a Venezia. Nello stesso anno, dopo un breve viaggio a Milano, si reca a Roma per affrontare l’esame di ammissione all’Accademia libera del nudo di via Ripetta. E’ in tale occasione che Mazzacurati conosce Scipione Bonichi, Mario Mafai e Antonietta Raphael (il cosiddetto gruppo di via Cavour), oltre a Francesco di Cocco e gli artisti di Villa Strohl-Fern, in particolare Arturo Martini.
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RENATO MARINO MAZZACURATI

1907 - 1969

L’ARTISTA

Renato Marino Mazzacurati è nato a San Venanzio di Galliera, in provincia di Bologna, il 22 luglio 1907.

Fu un importante scultore e pittore italiano capace

nell'arco della sua carriera produttiva di avvicinarsi

e rappresentare le correnti artistiche del cubismo,

dell'espressionismo e del realismo, dimostrando

un'importante apertura mentale per quel che

concerneva le arti.

Poco dopo la nascita si trasferisce con la famiglia a

Padova.

Figlio di un imprenditore edile, in seguito

all’espulsione da tutte le scuole del Regno, per aver

lanciato un righello ad un insegnante, nel 1922 si iscrive all’Accademia di Belle Arti

di Venezia per dedicarsi alla pittura.

Nel 1925, a Padova, partecipa alla Mostra d’Arte Triveneta con una tempera,

Uragano, e un olio, Paesaggio dei Colli Euganei. Opere che nell’impostazione

ricordano Morandi e Carrà.

Nel 1926 partecipa con il dipinto “Sobborgo” alla XXVII Esposizione Bevilacqua La

Masa a Venezia.

Nello stesso anno, dopo un breve viaggio a Milano, si reca a Roma per affrontare

l’esame di ammissione all’Accademia libera del nudo di via Ripetta. E’ in tale

occasione che Mazzacurati conosce Scipione Bonichi, Mario Mafai e Antonietta

Raphael (il cosiddetto gruppo di via Cavour), oltre a Francesco di Cocco e gli artisti

di Villa Strohl-Fern, in particolare Arturo Martini.

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Nel 1927 partecipa con uno Studio alla V

Esposizione d’arte delle Tre Venezie a

Padova.

Nel 1928 una sua opera, “l’Incontro di

Giacobbe e Rachele” realizzata per

l’Esposizione internazionale di Venezia

viene rifiutata.

Durante l’estate del 1928 ritorna a

Gualtieri.

Nel giugno 2009 partecipa alla mostra

d’arte triveneta dal sindacato veneto degli

artisti dove espone “Campagna padovana,

Ritratto, Paesaggio”.

Nel 1929, a Milano, stringe contatti con Edoardo Persico, Ghiringhelli e Del Bon.

Alla fine del 1930 è di nuovo a Roma dove affitta uno studio in Via Flaminia.

Nel 1931 si reca a Parigi per alcuni mesi durante i quali

apprezza le opere di Maillol e Rodin e riflette sulla

nuova concezione di spazio dei cubisti.

Tra il 1934 e il 1935 richiamato dalla famiglia per il

tracollo dell’attività paterna, torna a Gualtieri ed utilizza

la propria capacità di scultore nell’esecuzione di busti

commemorativi e lapidi cimiteriali.

La latitanza da Roma termina con il 1936, anno in cui si

trasferisce a Civitavecchia.

Nel 1937 partecipa alla VII Mostra del Sindacato

Interprovinciale Fascista Belle Arti del Lazio, svoltasi ai

mercati Traianei.

Nello stesso anno insieme a Pompilio Mandelli progetta

un monumento per la città di Guastalla, mai realizzato.

Nel 1938, pur non condividendo la politica fascista,

realizza per il Circolo del Tennis di Roma “Il Giocatore

di tamburello”.

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Nella primavera del 1938 si presenta alla VII Mostra del Sindacato Interprovinciale

Fascista delle Belle Arti del Lazio con due dipinti: Autoritratto, Ragazzo.

Nel 1938, ottiene la cattedra di Plastica al Liceo di Via Ripetta a Roma e prende uno

studio in Via Margutta.

E’ nello studio di via Margutta che Mazzacurati il busto di marmo di Goethe; opera

che gli venne commissionata in occasione della visita di Hitler a Roma e che verrà

presentata nel 1942 alla Mostra del libro italiano di Berlino.

Tra il 1940 e il 1941 inizia la produzione di lavori inseribili nel contesto della cultura

di opposizione al regime fascista: la strage degli innocenti (’41-42), Gerarchie (1943),

la serie degli Imperatori e una quantità di caricature di manifesta critica al regime.

E’ per polemica al regime che nella serie degli Imperatori (1942 -1944) raffigura il

Dux con “le gambe di pollo”.

Nel 1942 partecipa alla X Mostra del Sindacato

Interprovinciale Fascista Belle Arti del Lazio con un

bronzo: “Ritratto di Vasco Pratolini”.

Nel 1943 espone alla IV Quadriennale di Roma (vi

esporrà anche nel 1948 e nel 1972).

Nel 1944 partecipa alla prima edizione della Mostra

collettiva “Arte contro la barbarie” organizzata da

«l’Unità».

Mazzacurati non è un partigiano non prende parte al

movimento attivo di liberazione, ma come tanti artisti

anche lui è sensibile al nuovo clima politico che si

respira a Roma.

Nel 1948 lo sculture Mazzacurati partecipa a tre

importanti Esposizioni: la Rassegna Nazionale di Arti

Figurative, promossa dall’Ente autonomo della

Quadriennale d’arte di Roma; la XXIV Esposizione

Internazionale d’Arte di Venezia; la II Mostra Nazionale

d’Arte ispirata allo Sport, in occasione della quale ottiene

il primo premio della scultura dal CONI con l’opera “I

Lottatori”.

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Nel 1951 partecipa alla II Edizione della Mostra

collettiva “L’arte contro le Barbarie”con un’opera

decisamente realista “L’Apocalisse”.

Tra il 1953 ed il 1956 Mazzacurati si va sempre più

convincendo della necessità di dare alla scultura una

destinazione pubblica. Inizia così la produzione di

monumenti all’insegna dello stile realista.

Quando nel 1956 venne inaugurato il Monumento al

partigiano a Parma Renato Guttuso scrisse:

“Mazzacurati (...) ha nutrito la sua ispirazione di

quella cultura che gli è naturale e che è obiettivamente

più vicina al mondo moderno. Quella cultura a cui si

ricollega il grande corso dell’arte democratica da

Gericault a Cezanne: il Rinascimento”.

Mazzacurati prende parte alla Biennale di Venezia del

1948, ’50, ’54 e ’56.

Nel 1960 presenta le sue opere alla Esposizione Internazionale di Scultura al Museo

Rodin di Parigi.

Nel 1963 partecipa alla VII Biennale del

Museo d’Arte Moderna di San Paolo in

Brasile.

Nel 1964, in collaborazione con l’architetto

Persichetti, vince il concorso per il

Monumento alle quattro giornate di Napoli.

Nel 1965 progetta il Monumento alla

Resistenza di Cadelbosco di Sopra (RE)

L’ultima sua opera monumentale fu il

Monumento alla Resistenza di Castelnuovo di

Sotto (RE), ma a causa del progredire della

sua malattia, fu portata a termine da due suoi

allievi Ettore De Concilis e Rocco Falciano.

Renato Marino Mazzacurati muore a Parma il 18 settembre 1969.

La politica ebbe un ruolo fondamentale per la sua produzione. Egli riteneva infatti

che l'arte potesse svolgere una funzione sociale.

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LE OPERE

Tra le sue opere principali vanno certamente

ricordati il Monumento ai caduti di tutte le

guerre a Sansepolcro (Arezzo) ed il

Monumento allo scugnizzo delle Quattro

giornate di Napoli.

Fu tra i fondatori, con Scipione e M.Mafai,

della cosiddetta Scuola romana e della rivista

Fronte; ne uscirono solo due numeri, ma

sarebbe dovuta diventare l’organo di stampa

del movimento di via Cavour.

Con Scipione, Mario Mafai e Antonietta

Raphaël, Mazzacurati condivise l’avversione

alla cultura ufficiale e al provincialismo

novecentista.

Nel 1927 all’inizio della sua carriera artistica, alcune sue opere risentono

dell’influenza della “scuola romana”: alcuni disegni, come “Lungotevere” sembrano

ripetere il taglio prospettico delle vedute di Mafai; altri, come “Donna sdraiata” si

accostano alle pitture metafisiche ed alle sculture novecentesche di Arturo Martini.

Fra il 1927 ed il 1930 Mazzacurati si libera delle

suggestioni esistenziali e culturali che gli derivano

dall’influenza della “scuola romana”. L’idea che

la scultura sia innanzitutto rappresentazione

dell’uomo, cioè dell’anima umana in quanto

riconoscibile nella forma, lo portano a confrontarsi

con la cultura classica.

Nel 1931 soggiornò a Parigi, dove ebbe modo di

studiare le opere di Cézanne, Matisse e Rodin, ma

soprattutto si avvicinò all’arte cubista. Elaborò

una plastica neocubista, dove la costruzione a

piani intersecati incide la materia con ironia o le

imprime una contrazione espressionista.

Fra il 1936 ed il 1938 aveva dato prova di riuscire

nella modellazione espressionista. Guardando agli

antichi modelli (Donatello, Pollaiolo, Verrocchio,

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Michelangelo, Gianbologna) e forse attingendo da quelli moderni (Rosso, Manzù e

Mirko) si era soffermato sulle movenze spossate di gruppi di ignudi “genericamente

eroici” (Lottatori), fino a giungere più tardi, all’immagine patita ed eloquente dei

ritratti.

Solo nel 1942, nonostante la riconosciuta esperienza plastica, incontra il successo

come scultore ed in particolare come ritrattista.

Senza perdersi in sterili dilettantismi Mazzacurati,

attraverso un linguaggio che era stato talvolta

espressionista, altre volte realista o astratto-cubista, si

era impegnato seriamente in tutte le prove.

Non è facile stabilire gli anni precisi della fase

neocubista di Mazzacurati, ma opere come “Maternità

e Nudo virile” erano state compiute sotto il segno di

Picasso.

Quando nel 1947 aderì al “Fronte nuovo delle arti”, il

suo stile era già improntato ad un amaro realismo nel

quale tramutò la sua sensibilità politica in un fervido

impegno civile.

A questo infatti sono ispirati vari monumenti dedicati

ai fatti della Resistenza, come quello a Parma

raffigurante un Partigiano fucilato, in cui l'ambito che fascia il corpo riverso e dai

polsi legati del giovane eroe è scandito da pieghe di una plastica energia da ricordare

Jacopo della Quercia.

Mazzacurati si dedicò con uguale interesse alla pittura, alla scultura e al disegno.

Mazzacurati presentò una serie di disegni sulla Resistenza, oggi conservati in parte

presso il Museo Mazzacurati allestito presso i Musei Civici di Reggio Emilia.

Nel dopoguerra, convinto della funzione civile dell’arte, fu fra i promotori del Fronte

nuovo delle arti con Renato Guttuso, Mario Mafai, Renato Birolli, Emilio Vedova,

Pietro Consagra.

Agli anni Sessanta risale una nutrita serie di monumenti pubblici, realizzati con un

linguaggio a volte arcaico ed espressionista, che ricorda la scultura medievale, come

il Monumento ai caduti di tutte le guerre a Sansepolcro (Arezzo); altre volte con uno

stile riconducibile all’arte realista, come il Monumento allo scugnizzo delle Quattro

giornate di Napoli.

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Forse il mio credo estetico è arretrato – scriverà

Mazzacurati nel giugno del 1958 – ma a me piace

scolpire figure e sono convinto che la figura umana

sia il soggetto più impegnativo ed interessante (...)

Per me, ad ogni modo, è impossibile concepire l’arte

al di fuori dell’uomo e della natura. Le forme

cosiddette astratte le considero soltanto nell’ambito

della decorazione, del gusto e dell’arredamento.

Resta da stabilire se queste forme appartengano o

meno all’arte o all’artigianato”.


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