REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI ROMA
Sedicesima (ex Terza) Sezione Civile
in funzione di
Sezione specializzata in materia d’impresa
così composto:
Dott. Stefano Cardinali presidente
Dott. Umberto Gentili giudice
Dott.ssa Clelia Buonocore giudice rel.
riunito in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in primo grado, iscritta al n. 27394 del ruolo generale per gli
affari contenziosi dell’anno 2016 e vertente
TRA
CAROLI EMANUELA, nata a Roma il 22.04.1972 (C.F. CRL MNL 72D62
H501W), elettivamente domiciliata in Roma, alla Via Monte delle Gioie n. 13,
presso lo studio degli Avv.ti Carolina Valensise ed Eleonora Finazzi Agrò, che la
rappresentano e difendono per mandato in calce all’atto di citazione.
Attrice
E
CHIAIS MARIA CRISTINA, nata ad Alghero (SS) il 25.05.1941 (C.F. CHS
MCR 41E65 A192G), elettivamente domiciliata in Roma, al Viale Giuseppe
Mazzini n. 88, presso lo studio dell’Avv. Massimiliano Sciortino, che la
rappresenta e difende per mandato in calce alla comparsa di costituzione e
risposta.
NONCHE'
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RG n. 27394/2016Repert. n. 23650/2017 del 28/11/2017
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PALUMBO FABIO, nato a Roma il 10.11.1965 (C.F. PLM FBA 65S10
H501N), e MOCCI ERNESTO, nato a Roma il 15.05.1967 (C.F. MCC RST
67E15 H501I), entrambi elettivamente domiciliati in Roma, al Viale delle Milizie
n. 38, presso lo studio dell’Avv. Gianluca Panetti, che li rappresenta e difende per
mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta.
Convenuti
CONCLUSIONI. All’udienza del 23 maggio 2017 i Procuratori delle parti
rassegnavano le seguenti conclusioni:
per Caroli Emanuela: “Piaccia al Tribunale, contrariis rejectis, ove lo ritenga
necessario, dichiarare in via incidentale la simulazione relativa dell’atto di
permuta del 28.03.2012 ed, in ogni caso, accertare la sussistenza dei presupposti
di cui all’art. 2901 c.c.; per l’effetto, dichiarare l’inefficacia, nei confronti di
Caroli Emanuela, del contratto di permuta di partecipazioni sociali per atto del
Notaio Paolo Fenoaltea del 28.03.2012 (rep. 22349), con il quale Chiais Maria
Cristina ha trasferito a Palumbo Fabio e Mocci Ernesto una porzione – pari, nel
complesso, al 52% dell’intero capitale sociale - della quota di partecipazione
detenuta nella Ottantuno Prima s.r.l. Con vittoria di spese di lite”;
per Chiais Maria Cristina: “Voglia il Tribunale adito, disattesa ogni contraria
eccezione e deduzione, respingere la domanda formulata dall’attrice, con ogni
conseguente ed ulteriore statuizione”,
per Palumbo Fabio e Mocci Ernesto: “Voglia il Tribunale, disattesa ogni
contraria istanza, eccezione e deduzione, rigettare integralmente la domanda
proposta da Caroli Emanuela in quanto infondata sia in fatto che in diritto, per le
ragioni tutte esposte in atti. Con vittoria di spese di lite”.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO
DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato Caroli Emanuela deduceva che
il Tribunale di Roma, con Sentenza n. 22075/2010, depositata il
09.11.2010, aveva condannato Chiais Maria Cristina, Chiais Claudio
nonché Calandra Stefano e Calandra Carlo, pro quota, al pagamento in suo
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favore della complessiva somma di euro 726.250,43, oltre rivalutazione
monetaria in base agli indici ISTAT ed interessi legali, da calcolare anno
per anno sulle somme via via rivalutate, con decorrenza dal 30.09.1980,
nonché dell’ulteriore somma di euro 6.886,09, oltre interessi legali dal
27.03.1981, ed infine delle spese processuali;
in forza del cennato titolo giudiziale essa vantava un credito che,
per la sola quota parte di 1/3 destinata a gravare su Chiais Maria Cristina,
ammontava nel complesso ad oltre euro 2.000.000,00;
Chiais Maria Cristina non aveva inteso onorare spontaneamente il
suo debito onde, con atto di precetto notificato il 19 marzo 2012, le aveva
intimato il pagamento della complessiva somma di euro 2.178.215,68
(comprensiva di accessori e spese);
essendo rimasta senza esito anche l’intimazione di pagamento di
cui al precetto, si era vista costretta ad agire in executivis e, con atto
notificato il 13 aprile 2012, aveva pignorato la quota di partecipazione al
capitale della Ottantuno Prima s.r.l. nella titolarità di Chiais Maria Cristina;
in tale frangente aveva avuto notizia del fatto che, nelle more la
debitrice esecutata, già titolare di una quota rappresentativa del 99% del
capitale della Ottantuno Prima s.r.l., si era spogliata di una porzione (pari al
52% dell’intero capitale) di detta partecipazione sociale;
segnatamente, Chiais Maria Cristina, con contratto di permuta del
28 marzo 2012, aveva trasferito la quota rappresentativa del 52% del
capitale della Ottantuno Prima s.r.l. ai suoi due generi Palumbo Fabio e
Mocci Ernesto (rispettivamente compagno e coniuge delle figlie della
debitrice convenuta);
il menzionato contratto del 28 marzo 2012 prevedeva la permuta tra
la quota rappresentativa del 52% del capitale della Ottantuno Prima s.r.l. e
nn. 2.297.980 azioni della Methorios Capital S.p.A.;
in realtà, mentre il trasferimento della titolarità della quota di
partecipazione al capitale della Ottantuno Prima s.r.l. già di pertinenza di
Chiais Maria Cristina era stato debitamente annotato nel Registro delle
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Imprese, nulla risultava in merito al trasferimento delle azioni della
Methorios Capital S.p.A..
Ciò premesso in fatto, Caroli Emanuela, illustrate le ragioni a fondamento della
domanda svolta ed evidenziata la sussistenza di tutti i presupposti per l’utile
accesso al rimedio di cui all’art. 2901 c.c., rassegnava le conclusioni riportate in
epigrafe.
Instaurato il contraddittorio, si costituiva Chiais Maria Cristina la quale
eccepiva l’infondatezza delle deduzioni e domande di parte attrice, evidenziando,
tra l’altro, che, all’epoca della conclusione del contratto in contestazione
l’operazione di permuta era tutt’altro che lesiva delle ragioni dei suoi creditori
ché, invece, le azioni della Methorios Capital S.p.A. avevano un consistente
valore di mercato e, comunque, costituivano beni più agevolmente
“monetizzabili” anche in sede di esecuzione forzata, rispetto alla quota di
partecipazione al capitale della Ottantuno Prima s.r.l.; deduceva, poi, di essere
ancora titolare di un patrimonio idoneo al soddisfacimento delle ragioni di credito
vantate da Caroli Emanuela; precisava che proprio il complesso delle circostanze
di cui sopra valeva ad escludere la sussistenza, almeno in capo ad essa convenuta,
del requisito soggettivo richiesto per l’utile accesso al rimedio di cui all’art. 2901
c.c.; rassegnava, quindi, le conclusioni riportate in premessa.
Con un’unica comparsa si costituivano anche Palumbo Fabio e Mocci Ernesto i
quali, del pari, contestavano le deduzioni e doglianze di parte attrice, allegando,
tra l’altro, che alla data della stipula del contratto di permuta dedotto in lite la
Methorios Capital S.p.A. vantava un patrimonio netto di svariati milioni di euro e
costituiva una delle più importanti società di consulenza per imprese, per modo
che le sue azioni avevano un consistente valore, non essendo all’epoca neppure
lontanamente prevedibile la situazione di crisi e di difficoltà economica nella
quale la predetta società era venuta a trovarsi solo a distanza di anni;
aggiungevano che l’operazione di permuta in contestazione era stata posta in
essere solo in quanto rispondente alla loro esigenza di diversificazione del
patrimonio ed alla specifica necessità di Chiais Maria Cristina di “accedere ad
una rapida liquidità attraverso la vendita nel mercato azionario del titolo”.
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Palumbo Fabio e Mocci Ernesto deducevano, ancora, che “per problematiche
interne alla società” si erano trovati nell’impossibilità di trasferire le azioni
oggetto di permuta a Chiais Maria Cristina la quale, tuttavia, li aveva diffidati
all’adempimento; rassegnavano, dunque, le conclusioni richiamate in epigrafe.
Acquisita documentazione conferente ed omessa ogni ulteriore attività
istruttoria, all’udienza del 23 maggio 2017 la causa veniva trattenuta in decisione,
con la concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle
comparse conclusionali e delle memorie di replica.
*****************************
In apertura di motivazione va precisato che la presente controversia, avendo ad
oggetto azione revocatoria di un contratto di permuta di partecipazioni in società
di capitali, rientra nella competenza dell’intestata Sezione specializzata in materia
d’impresa.
Invero – come certo ben noto - l’art. 2 del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1,
convertito con modificazioni nella L. 24 marzo 2012, n. 27, nel prevedere che le
neoistituite sezioni specializzate in materia d’impresa sono “competenti,
relativamente alle società di cui al libro V, titolo V, capi V, VI e VII, e titolo VI
del codice civile […] per le cause e i procedimenti b) relativi al trasferimento
delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le
partecipazioni sociali o i diritti inerenti”, al comma 3 così testualmente recita:
“Le sezioni specializzate sono altresì competenti per le cause e i procedimenti che
presentano ragioni di connessione con quelli di cui ai commi 1 e 2”.
Ciò premesso, ritiene il Tribunale che, alla luce delle complessive emergenze
in atti, debba pervenirsi all’accoglimento della domanda proposta da Caroli
Emanuela e volta ad ottenere la declaratoria della inefficacia relativa, ex art. 2901
c.c., del contratto di permuta del 28 marzo 2012 con il quale Chiais Maria Cristina
ha trasferito, a Palumbo Fabio e Mocci Ernesto, quote di partecipazione nella
Ottantuno Prima s.r.l. rappresentative, nel complesso, del 52% del capitale
sociale.
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Considerazioni generali in ordine al rimedio di cui all’art. 2901 c.c..
Prima di procedere all’esame della fattispecie concreta, par d’uopo premettere
brevi cenni in merito all’azione revocatoria ordinaria che, come noto, ha carattere
personale e giova solo al creditore che la esercita.
Orbene, il rimedio contemplato dall’art. 2901 c.c. ha la funzione di ricostituire
la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del debitore, quante
volte la consistenza di tale patrimonio, per effetto di uno o più atti di disposizione
posti in essere dal debitore medesimo, si sia ridotta in maniera tale da pregiudicare
le concrete possibilità di agevole soddisfacimento del credito. Pertanto, proprio in
ragione della funzione “meramente conservativa” dell’azione revocatoria, l’utile
esperimento del rimedio di cui all’art. 2901 c.c. non travolge né rende invalido
l’atto di disposizione posto in essere dal debitore, ma, semplicemente, determina
l’inefficacia dello stesso in favore del solo creditore che abbia agito in
revocatoria, sì da consentire a quest’Ultimo di soddisfare le proprie ragioni di
credito sottoponendo ad esecuzione forzata il bene oggetto dell’atto revocato.
Attesa la funzione rivestita dall’azione revocatoria, condizione per la relativa
proponibilità è che colui che esperisce il rimedio di cui all’art. 2901 c.c. sia
titolare di ragioni di credito nei confronti dell’autore dell’atto di disposizione.
E, con riferimento a tale requisito, non par superfluo rammentare che dal dato
letterale dell’art. 2901 c.c. – e, segnatamente, dalla previsione secondo cui il
creditore può agire in revocatoria “anche se il credito è soggetto a condizione o a
termine" – nonché dal sistema complessivo approntato dal Codice civile vigente a
garanzia dell’effettività delle ragioni di credito, la consolidata giurisprudenza di
legittimità e di merito ha tratto argomenti per sostenere che l’azione revocatoria
possa essere esperita anche per la tutela preventiva e cautelare di un credito che
non sia già certo, liquido, esigibile ed accertato giudizialmente.
In particolare è stato evidenziato – con argomentazioni che questo Tribunale
ritiene di condividere e fare proprie – che il rimedio di cui all’art. 2901 c.c. ben
può essere esperito per garantire il successivo, utile soddisfacimento del cd.
"credito litigioso", ovvero delle ragioni di credito contestate ed il cui accertamento
sia ancora sub iudice; e ciò tanto nel caso in cui la pretesa, pur controversa, abbia
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fonte negoziale, quanto nell’ipotesi in cui il credito tragga origine non da un
negozio, ma da un fatto illecito, contrattuale o extracontrattuale, dedotto in
giudizio a sostegno di una domanda risarcitoria (in tal senso, ex plurimis, Cass.
Civ., SS. UU., 18 maggio 2004, n. 9440; conf., Cass. Civ., 2 aprile 2004, n. 6511;
Cass. Civ., 14 novembre 2001, n. 14166; Cass. Civ., 24 febbraio 2000, n. 2164;
Cass. Civ., 18 febbraio 1998, n. 1712; Cass. Civ., 2 settembre 1996, n. 8013) .
Invero, il riferimento al credito condizionato o a termine, trasfuso nel disposto
dell’art. 2901 c.c., consente di ritenere che il legislatore non abbia inteso tutelare
soltanto la posizione di chi sia in atto titolare di un credito esigibile, la cui
fattispecie costitutiva si sia già compiutamente perfezionata, ma si sia ispirato ad
una ratio più ampia, rispondente alla fondamentale esigenza di offrire tutela al
soggetto rispetto al quale si sia realizzata una situazione di fatto in presenza della
quale la concreta ed effettiva rilevanza, come fonte di garanzia patrimoniale, del
patrimonio di altro soggetto, dipenda, ormai, soltanto dal sopravvenire di ulteriori
vicende, estranee alla sua sfera di controllo e di ingerenza.
D’altro canto, la diversa disciplina che il Codice civile vigente ha assegnato
all'azione revocatoria con l'art. 2901 c.c., rispetto alla formulazione dell'art. 1235
del Codice del 1865, ben si inquadra nell'indirizzo normativo del legislatore del
1942, che ha voluto rafforzare la posizione del creditore, intervenendo sulla
responsabilità per inadempimento (art. 1218 c.c.), sulla solidarietà passiva
presunta per legge (art. 1294 c.c.) ed, infine, proprio sulla revocatoria ordinaria,
modificando la precedente disciplina in due punti fondamentali, ritenendo, da un
lato, condizione necessaria e sufficiente, per l'esercizio dell'azione revocatoria, la
mera scientia fraudis, e non più la prava intenzione in frode del creditore, e
legittimando, da altro lato, anche i creditori meramente eventuali e potenziali,
come quelli titolari di un credito soggetto a condizione, che egualmente hanno
interesse a vedere non intaccata la garanzia patrimoniale generica di cui all’art.
2740 c.c..
Peraltro, la nozione lata di credito accolta dall’art. 2901 c.c. - comprensiva
della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di
certezza, liquidità ed esigibilità - è coerente con la pacifica funzione dell'azione
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revocatoria, che non ha scopi restauratori, né nei confronti del debitore né in
favore del creditore istante, ma tende unicamente a restituire la garanzia generica
assicurata a tutti i creditori, e quindi anche a quelli meramente eventuali, ivi
compresi i titolari di crediti la cui sussistenza o consistenza sia ancora al vaglio
del giudice.
Resta naturalmente fermo che le ragioni di credito tutelabili con il rimedio di
cui all’art. 2901 c.c. sono solo quelle che riposano su un titolo che, seppur
successivo all’atto di disposizione che si vuole revocato, sia antecedente
all’esercizio dell’azione revocatoria.
Ulteriore presupposto per l’utile esercizio dell’azione revocatoria ordinaria è il
cd. eventus damni, il quale va apprezzato con riferimento al momento in cui è
stato posto in essere l’atto di disposizione, e può ritenersi sussistente non solo
allorquando il suddetto atto di disposizione abbia determinato l’assoluta
insolvenza del debitore ma anche quando, per effetto dello stesso, si sia prodotta
una maggiore difficoltà o incertezza nella esazione del credito.
Segnatamente la Suprema Corte, con specifico riferimento all’eventus damni,
ha più volte evidenziato che, anche nel caso in cui sia ancora pendente la
controversia sul credito alla cui garanzia è preordinato l’esperimento del rimedio
di cui all’art. 2901, l’effetto pregiudizievole per il potenziale creditore non esige
l’accertamento dello stato di insolvenza del debitore, essendo sufficiente, al
contrario, che l’atto di disposizione compiuto dal debitore medesimo,
depauperando in modo significativo il suo patrimonio, produca pericolo o
incertezza per la futura realizzazione del diritto del creditore, in termini di
possibile infruttuosità dell’eventuale azione esecutiva o anche, semplicemente, di
maggiore difficoltà ed incertezza nella realizzazione del credito (in tal senso, ex
plurimis, Cass. Civ., Sez. III, 17 ottobre 2001, n. 12678; conf. Cass. Civ., Sez. III,
5 giugno 2000, n. 7452).
Peraltro, sul pacifico assunto secondo cui, ai fini della revocabilità di un atto di
disposizione compiuto dal debitore, non è necessario che da esso sia derivata la
totale compromissione della consistenza del patrimonio dell’obbligato ma è
sufficiente che, per effetto di un tale atto, il soddisfacimento del credito sia
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esposto al pericolo di maggiore incertezza o difficoltà, la giurisprudenza di
legittimità ha evidenziato che l’onere di provare l’insussistenza di un tale pericolo
– in ragione dell’esistenza di ampie residualità patrimoniali – grava sul soggetto
convenuto con l’azione revocatoria, che eccepisca la mancanza, per questo
motivo, dell’eventus damni (Cass. Civ., Sent. n. 15527/2004; conf. Cass. Civ.,
Sent. n. 11471/2003).
Va rammentato, infine, che l’utile esercizio dell’azione revocatoria è
condizionato all’accertamento del requisito soggettivo, la cui prova, come noto,
concernendo un presupposto del rimedio di cui all’art. 2901 c.c., grava sull’attore
in revocatoria ma può anche essere fornita attraverso presunzioni.
Orbene, dal dettato letterale dell’art. 2901 c.c. discende, all’evidenza, che il
cennato requisito soggettivo è destinato ad assumere consistenza diversa a
seconda che si versi in ipotesi di atto di disposizione compiuto successivamente
alla nascita del credito ovvero si sia in presenza di domanda di revocatoria
concernente un atto posto in essere anteriormente al sorgere del credito. Ed,
invero, nel primo caso, ai fini della declaratoria di inefficacia ex art. 2901 c.c., è
necessario e sufficiente, sotto il profilo soggettivo, l’accertamento della ricorrenza
della cd. scientia damni, ovvero della consapevolezza – in termini di effettiva
conoscenza o, anche, di agevole conoscibilità – di arrecare, con l’atto di
disposizione in discussione, un pregiudizio agli interessi del creditore, senza che
assuma rilievo, invece, la specifica intenzione del debitore di ledere la garanzia
patrimoniale generica del creditore.
Per converso, nell’ipotesi di azione revocatoria avente ad oggetto un negozio
dispositivo anteriore al sorgere del credito, l’elemento soggettivo, la cui ricorrenza
è indefettibilmente richiesta, si palesa composito, occorrendo accertare, da un
canto, che l’autore dell’atto, alla data della sua stipulazione, era intenzionato a
contrarre debiti ovvero era consapevole che in futuro sarebbe sorta una sua
obbligazione, e, dall’altro canto, che tale soggetto abbia compiuto l’atto
dispositivo proprio in vista della futura assunzione di obbligazioni, ed allo scopo
di precludere o rendere più difficile al creditore l’attuazione coattiva del suo
diritto (cd. consilium fraudis).
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Posta l’indicata diversa intensità dell’elemento soggettivo richiesto dall’art.
2901 c.c., a seconda che l’atto da revocare sia successivo o anteriore al sorgere del
credito da tutelare, appare fondamentale osservare che il discrimen tra l’una e
l’altra ipotesi non è dato dall’accertamento giudiziale delle ragioni creditorie bensì
dal momento in cui viene ad esistenza la fonte costitutiva del credito e, quindi, il
negozio ovvero l’atto o l’illecito, contrattuale o extracontrattuale, generatore della
pretesa.
In tal senso si è espressa la giurisprudenza, anche risalente, evidenziando che
l’anteriorità o meno del credito rispetto all’atto impugnato va riguardata sotto il
profilo del credito nella sua essenza e non pure nel suo accertamento giudiziale,
sicché essa può ritenersi sussistente anche se e quando l’accertamento del credito
avvenga con sentenza posteriore all’atto impugnato. (Cass. Civ., 25 novembre
1985, n. 5824; Cass. Civ., 8 maggio 1984, n. 2801; Corte Appello Milano, 27
ottobre 1967).
Resta, poi, fermo che, diversamente da quanto previsto per gli atti a titolo
gratuito, la revocatoria degli atti a titolo oneroso postula l’accertamento
dell’elemento soggettivo anche a carico del terzo beneficiario; requisito
soggettivo che può dirsi integrato dalla mera conoscenza del pregiudizio arrecato
alle ragioni del creditore (cd. scientia damni) ove l’atto di disposizione sia
successivo alla nascita del credito, richiedendosi, invece, la partecipazione alla
dolosa preordinazione dell’alienante e, quindi, la consapevolezza e condivisione
della specifica intenzione di pregiudicare la garanzia del futuro credito (cd.
partecipatio fraudis) nel caso di atto di disposizione posto in essere prima del
sorgere del credito.
Dalle considerazioni di cui innanzi discende, dunque, che, ai fini dell’utile
esercizio dell’azione revocatoria, l’istante deve provare la titolarità del credito per
la cui tutela è esperito il rimedio di cui all’art. 2901 c.c., nonché il cd. eventus
damni, da intendersi come lesione della garanzia patrimoniale generica per effetto
dell’atto di disposizione posto in essere dal debitore, ed, infine, il requisito
soggettivo (nei termini innanzi specificati).
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E’, invece, sul convenuto in revocatoria che grava l’onere di provare la
persistente titolarità di un patrimonio ben atto a soddisfare le ragioni di credito
poste a base della domanda ex art. 2901 c.c..
Esame della fattispecie concreta.
Fatte tali considerazioni di ordine generale e passando all’esame della
fattispecie all’attenzione, va osservato che – per quanto inferibile dalla
documentazione in atti e, peraltro, sostanzialmente incontestato - Caroli
Emanuela vanta indubbie ragioni di credito nei confronti di Chiais Maria Cristina;
ragioni di credito che trovano titolo nell’accertato diritto dell’odierna attrice,
quale figlia naturale del defunto Chiais Arturo, di ottenere la quota parte di sua
spettanza sul valore dei beni già compresi nell’asse ereditario del de cuius.
Né ad escludere la legittimazione dell’odierna attrice all’esercizio dell’azione
ex art. 2901 c.c. può rilevare la circostanza che il credito dalla Stessa prospettato
sia ancora sub iudice, e che, medio tempore, la Sentenza del Tribunale di Roma n.
22075/2010 – che aveva quantificato in oltre euro 2.000.000,00, accessori inclusi,
l’importo dovuto da Chiais Maria Cristina a Caroli Emanuela – sia stata in parte
riformata dalla Corte d’Appello di Roma, con Sentenza n. 5343/2017 dell’8
agosto 2017 (non ancora definitiva).
Invero, come sopra accennato, la circostanza che l'azione revocatoria non abbia
scopi restauratori, né nei confronti del debitore né in favore del creditore istante,
ma tenda unicamente a restituire la garanzia generica assicurata a tutti i creditori,
e quindi anche a quelli meramente eventuali, comporta che il rimedio di cui
all’art. 2901 c.c. possa essere utilmente esperito anche per la tutela di crediti
litigiosi o contestati, o, addirittura di mere aspettative di credito prive dei requisiti
di certezza, liquidità ed esigibilità.
Va, poi, rimarcato – anche ai fini dell’apprezzamento del requisito soggettivo –
che il credito, per la cui tutela Caroli Emanuela ha esperito l’azione revocatoria,
riposa su un titolo certamente di gran lunga antecedente all’atto di disposizione in
contestazione (come inferibile dalla Sentenza del Tribunale di Roma n.
22075/2010 e dalla Sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 5343/2017); e ciò
in considerazione del fatto che, al fine di stabilire l’anteriorità del credito rispetto
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all’atto di disposizione da revocare, rileva non la data dell’accertamento giudiziale
definitivo bensì il momento in cui viene ad esistenza la fonte costitutiva del
credito e, quindi, il negozio ovvero l’atto o fatto generatore della pretesa.
Ritiene, poi, il Tribunale che, nella fattispecie concreta, sia dato apprezzare
anche il requisito dell’eventus damni richiesto ai fini dell’utile accesso al rimedio
previsto dall’art. 2901 c.c..
In proposito va, in primo luogo, rimarcato che la sussistenza del requisito in
parola va valutata con riferimento al momento in cui è stato posto in essere l’atto
di disposizione oggetto dell’azione revocatoria.
Deve, poi, ribadirsi che, anche nel caso in cui sia ancora pendente la
controversia sul credito alla cui garanzia è preordinato l’esperimento del rimedio
di cui all’art. 2901, l’effetto pregiudizievole per il potenziale creditore non esige
l’accertamento dello stato di insolvenza del debitore, essendo sufficiente, al
contrario, che l’atto di disposizione compiuto dal debitore medesimo,
depauperando in modo significativo il suo patrimonio, produca pericolo o
incertezza per la futura realizzazione del diritto del creditore, in termini di
possibile infruttuosità dell’eventuale azione esecutiva o anche, semplicemente, di
maggiore difficoltà ed incertezza nella realizzazione del credito.
Pertanto, anche ai fini dell’apprezzamento dell’eventus damni, è irrilevante la
circostanza che la Corte d’Appello di Roma, con la citata Sentenza n. 5343/2017
dell’8 agosto 2017, abbia modificato in parte il decisum del Tribunale, riducendo
l’ammontare del dovuto in favore di Caroli Emanuela; e ciò tanto più ove si
consideri che non risulta il passaggio in giudicato della recentissima pronuncia
resa in appello.
Precisato quanto sopra, ritiene il Tribunale che l’atto di disposizione in
contestazione, posto in essere da Chiais Maria Cristina il 28 marzo 2012, risultava
indubbiamente lesivo delle ragioni di credito di Caroli Emanuela.
Ed alla conclusione di cui sopra conduce innanzitutto la circostanza che
- con il contratto di permuta in contestazione Chiais Maria Cristina si
è spogliata di una partecipazione - di maggioranza - di valore considerevole
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(cfr. C.T.U. redatta nell’ambito della procedura esecutiva n. 20642/2012) e
soprattutto, sostanzialmente stabile;
- invero, la Ottantuno Prima s.r.l. svolgeva e svolge, essenzialmente,
l’attività di gestione, mediante locazione a terzi, di un prestigioso immobile
di proprietà, sito in Roma, alla Piazza di Spagna;
- in permuta della cennata partecipazione è stato previsto il
trasferimento, in favore di Chiais Maria Cristina, di nn. 2.297.980 azioni
della Methorios Capital S.p.A., il cui valore risulta indicato in complessivi
euro 1.820.000,00, con un valore per ciascuna azione pari a circa euro
0,792;
- dalla documentazione prodotta dall’attrice è inferibile che le azioni
della Methorios Capital S.p.A., anche prima del recente tracollo, avevano
quotazioni oltremodo oscillanti;
- in particolare dai grafici allegati risulta che, appena qualche mese
prima della stipula del contratto per cui è causa, le cennate azioni erano
state quotate a meno della metà del valore indicato in sede di permuta.
Ad ogni buon conto decisive, ai fini dell’apprezzamento della portata lesiva
dell’atto di disposizione per cui è causa, sono le condotte tenute dai contraenti in
sede di attuazione dei trasferimenti delle partecipazioni oggetto di permuta
(trasferimenti efficaci, inter partes, in forza del mero consenso).
Ed infatti, per quanto inferibile dalla documentazione prodotta dall’attrice (e,
peraltro, incontestato tra le parti)
dopo la stipula del contratto di permuta sono stati prontamente
curati tutti gli adempimenti necessari ai fini della opponibilità, alla società
ed ai terzi, del trasferimento, in favore di Palumbo Fabio e Mocci Ernesto,
delle quote di partecipazione al capitale della Ottantuno Prima s.r.l.;
pertanto, i Predetti cessionari sono subentrati a Chiais Maria
Cristina nell’esercizio dei diritti amministrativi ed economici correlati alla
titolarità della quota, rappresentativa del 26% dell’intero capitale della
Ottantuno Prima s.r.l., da ciascuno acquisita;
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conseguentemente, è stata sottratta alla funzione di garanzia in
favore dei creditori di Chiais Maria Cristina una rilevante parte della
partecipazione sociale dalla Stessa già detenuta nella Ottantuno Prima s.r.l.,
rappresentativa nel complesso del 52% del capitale;
per converso, senza alcuna plausibile ragione, risultano essere stati
del tutto omessi gli adempimenti previsti dagli artt. 2355 e 2022 c.c. ai fini
della opponibilità, alla società ed ai terzi, del subentro di Chiais Maria
Cristina nella partecipazione al capitale sociale della Methorios Capital
S.p.A.;
di fatto, dunque, Chiais Maria Cristina non ha mai avuto modo di
esercitare i diritti correlati alla titolarità delle azioni oggetto di permuta e,
soprattutto – contrariamente a quanto genericamente allegato dai convenuti
- non risulta mai essersi attivata per procurare il cd. transfert;
invero in atti non vi è traccia alcuna di fattive iniziative assunte
dalla debitrice per conseguire l’esercizio dei diritti correlati alla
partecipazione azionaria acquistata e per rendere il suo acquisto opponibile
alla società ed ai terzi;
neppure risultano indicate o documentate le – non meglio
specificate – problematiche sociali che avrebbero impedito gli adempimenti
di cui sopra;
l’omissione degli adempimenti previsti dagli artt. 2355 e 2022 c.c
era ed è tale da precludere certamente alla odierna attrice di soddisfarsi
mediante esecuzione forzata sulle azioni della Methorios Capital S.p.A.
oggetto di permuta in favore di Chiais Maria Cristina.
In definitiva, dunque, è indubbio che, per effetto dell’atto di disposizione per
cui è causa, sia stata sottratta alla funzione di garanzia ex art. 2740 c.c. una
partecipazione sociale di rilevante valore, di fatto senza una reale “contropartita”
(non essendo mai divenute aggredibili, da parte dei creditori, le azioni date in
permuta).
Ebbene, la significativa riduzione della consistenza del patrimonio
“aggredibile” di Chiais Maria Cristina, conseguente all’atto di disposizione per
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cui è causa, valeva e vale a frustrare o, comunque, a rendere certamente meno
agevole il concreto soddisfacimento delle ragioni di credito prospettate da Caroli
Emanuela (ancorché ancora sub iudice), atteso che, nel patrimonio della debitrice
in concreto assoggettabile ad esecuzione forzata, residuavano e residuano, oltre
alla quota di partecipazione rappresentativa del 47% del capitale della Ottantuno
Prima s.r.l., la proprietà di un villino di cinque vani in San Felice al Circeo nonché
la proprietà di due locali seminterrati, destinati ad autorimessa, rispettivamente di
mq. 11 e 12, parimenti siti in San Felice al Circeo (e, dunque, beni nel complesso
di consistenza tale da non garantire il pieno, sicuro ed agevole soddisfacimento
del considerevole credito prospettato dall’odierna attrice).
Quanto, poi, all’elemento soggettivo, va osservato che è indubitabile la piena
consapevolezza, in capo a Chiais Maria Cristina, della portata lesiva del contratto
di permuta all’attenzione, ove si consideri che – per quanto inferibile dalla
documentazione in atti – tale atto di disposizione è stato posto in essere proprio
qualche giorno dopo la notifica del precetto con cui Caroli Emanuela, in forza
della Sentenza del Tribunale di Roma, ha intimato alla convenuta il pagamento
della complessiva somma di euro 2.178.215,68.
Significative, ai fini dell’apprezzamento dell’elemento soggettivo, risultano,
anche le “modalità esecutive” del contratto di permuta in questione, sostanziatesi
nell’immediato deposito di tale atto nel Registro delle Imprese per gli
adempimenti necessari ai fini della opponibilità del trasferimento delle quote della
Ottantuno Prima s.r.l., e nella contestuale omissione di qualunque iniziativa per il
concreto transfert delle azioni della Methorios Capital S.p.A. spettanti in permuta
a Chiais Maria Cristina.
Va, infine, evidenziato che è ben ragionevole ritenere che anche Mocci Ernesto
e Palumbo Fabio avessero contezza della portata lesiva dell’atto di permuta per
cui è azione revocatoria.
Ed a fondare il convincimento del Tribunale sul punto soccorrono non solo le
richiamate modalità esecutive della permuta, ma anche lo stretto rapporto di
affinità esistente tra i convenuti, e la considerazione che Mocci Ernesto e Palumbo
Fabio, in quanto generi di Chiais Maria Cristina, non potevano non essere a
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conoscenza delle vicende giudiziarie che avevano coinvolto la suocera e degli
esiti dell’azione di petizione di eredità esperita da Caroli Emanuela.
Del resto, anche la Suprema Corte, in più occasioni ha enunciato il “principio
per il quale, in tema di condizioni per l'esercizio dell'azione revocatoria
ordinaria, la prova del requisito della consapevolezza di arrecare pregiudizio
agli interessi dei creditori può essere fornita anche mediante presunzioni,
dovendosi, tra l'altro, attribuire rilievo al grado di parentela fra il debitore e gli
acquirenti” (Cass. Civ., Sez. II, 8 agosto 2014, n. 17821; Cass. Civ., Sez. III, 25
luglio 2013, n. 18034; Cass. Civ., Sez. II, 11 febbraio 2005, n. 2748).
In definitiva, dunque, va dichiarata l’inefficacia relativa ex art. 2901 c.c., nei
confronti di Caroli Emanuela, del contratto di permuta per Notar Paolo Fenoaltea
del 28 marzo 2012 (rep. 22349; racc. 13727) con il quale Chiais Maria Cristina ha
trasferito a Palumbo Fabio una quota di partecipazione alla Ottantuno Prima s.r.l.,
pari al 26% del capitale sociale, ed a Mocci Ernesto altra quota di partecipazione
alla Ottantuno Prima s.r.l., rappresentativa del 26% del capitale sociale.
Alla soccombenza consegue la condanna dei convenuti, in solido tra loro, alla
rifusione, in favore di Caroli Emanuela, delle spese del presente giudizio, nella
misura liquidata in dispositivo, avuto riguardo alla natura ed al valore della
controversia, al numero ed al rilievo delle questioni affrontate nonché alle attività
difensive effettivamente espletate e documentate in atti, e facendo applicazione
dei parametri di cui al D.M. n. 55/2014.
P.Q.M.
Il Tribunale di Roma, come sopra composto, definitivamente pronunciando nel
procedimento iscritto al N. 27394/2016 R.G., così provvede:
- Dichiara inefficace, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2901 c.c.,
nei confronti di Caroli Emanuela, il contratto di permuta per Notar Paolo
Fenoaltea del 28 marzo 2012 (rep. 22349; racc. 13727) con il quale Chiais
Maria Cristina ha trasferito a Palumbo Fabio una quota di partecipazione alla
Ottantuno Prima s.r.l., pari al 26% del capitale sociale, ed a Mocci Ernesto
altra quota di partecipazione alla Ottantuno Prima s.r.l., rappresentativa del
26% del capitale sociale.
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- Condanna i convenuti, in solido tra loro, alla rifusione, in favore di
Caroli Emanuela, delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi
euro 25.757,24 – di cui euro 1.757,24 per spese vive ed euro 24.000,00 per
compensi professionali – oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per
legge.
Così deciso, in Roma, nella Camera di Consiglio del 26 settembre 2017.
Il Giudice estensore Il Presidente
Clelia Buonocore Stefano Cardinali
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RG n. 27394/2016Repert. n. 23650/2017 del 28/11/2017
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