+ All Categories
Home > Documents > Rettore da 26 anni L’angelo dei Boliviani - exsantalex.it03_2.pdf · leggendaria professoressa di...

Rettore da 26 anni L’angelo dei Boliviani - exsantalex.it03_2.pdf · leggendaria professoressa di...

Date post: 15-Feb-2019
Category:
Upload: duongdang
View: 216 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
16
Coltello tra i denti, ha traghettato il S. Alex agli anni ‘90 e poi oltre il 2000. Ha vinto la sfida, in decenni non facili per lui e per la Scuola Cattolica, col suo “fiuto” speciale per ciò che è bene per la “sua” scuola, soprattutto se non gli richiede estenuanti trattative, riunioni, correzioni di rotta. Uomo di piglio e insieme di diplomazia, di poca (per fortuna) ideologia, di disarmante capacità di accentrare in sé tutti i compiti istituzionali. Anche per queste ragioni il Consiglio comunale di Bergamo ha conferito a mons. Achille Sana l’attestato di civica benemerenza per la preziosa opera educativa svolta da 26 anni quale rettore del Collegio S. Alessandro. Così come lo scorso mese di giugno il Rotary Club Bergamo Sud gli ha conferito il “Premio Rotary alla professionalità”. Strano personaggio, il “mio capo” - negli ultimi anni e ancor oggi lo chiamo così; come diavolo faccia a far entrare volentieri da lui, per un provvedimento disciplinare, ragazzini di 11 anni o giovani scafati, per me resta un mistero. Lui non svaluta il motivo del provvedimento, ma ci sa parlare, e riesce a stringere una sorta di alleanza per il futuro. Lui la fiducia nei ragazzi non la perde mai davvero, e loro lo sentono. C’è una spia della sua contrarietà: passa al dialetto, e ti liquida in poche battute. E ce n’è una del suo affetto: improvvisamente, passa al “tu”, e si sfrega le mani, ridendo come un bambino. Bisogna invitarlo a cena per scoprire l’autentico gusto per la vita, il bello e le persone di quest’uomo: non gli sfugge niente, apprezza piccole raffinate attenzioni e pietanze, finalmente parla della sua personalissima, insieme laica e provvidenzialistica interpretazione della vita. E di musica, di montagna,di “finezze d’animo”, come dice lui. Mal tollera sentimentalismi, furbizie e “mezze calzette”. Anche tra i ragazzi, ha sempre preferito le “canaglie” alle “gatte morte” e, tra i collaboratori, gli uomini. Sì, il “mio capo” è un maschilista. Glielo dico sempre, e lui ride: segno che è vero e che sa che gliel’ho perdonato. Daniela Maggioni La Schopf dalla matematica al volontariato L’angelo dei Boliviani Direttore Responsabile: mons. Achille Sana; autorizzazione n. 8 del 17-5-1948 del Tribunale di Bergamo. Con l’approvazione dell’Autorità Ecclesiastica Anno XLVII - semestrale - n. 2 - Dicembre 2003 Sped. A.P. - art. 2 comma 20/c Legge 662/96 - Fil. Bergamo Questa è la storia di un “angelo” del Collegio che ci aiuta a vivere il Natale senza retorica. Pinuccia Schopf (in Fadda) molti ex alunni se la ricordavano (me compresa) come l’ironica e leggendaria professoressa di matematica e fisica nei due licei per 32 anni, e che ha vissuto la scuola e i suoi alunni come una missione. Certo, però in pensione, dal ‘96, non se n’è stata comodamente in poltrona, e anche nella sua casa ospita gratuitamente tanti immigrati boliviani, li salva dall’inferno, trova loro un lavoro, un’abitazione. Come volontaria in prima linea ha fondato un centro che oggi si chiama “Casa dei Boliviani” (nato nel ’92, a metà febbraio compie 12 anni), sponsorizzato da sola fino all’anno scorso, e che rappresenta una dimora accogliente per molti sudamericani venuti a Bergamo con il miraggio di un’occupazione. “Un lavoro promesso da persone senza scrupoli ci racconta la professoressa – attirate da un business fiorente, talvolta con il coinvolgimento di italiani”. La logica insegna che non c’è sviluppo senza un patto sociale. Per Giuseppina Schopf, però, la ricetta è un’altra, è il cuore che le è battuto forte quando è andata in Bolivia. “Noi tutti siamo chiamati a testimoniare il Vangelo – ci dice – Gesù Cristo chiama tutti noi a condividere l’amore del Padre verso i fratelli in ogni ambito dell’esistenza umana. Bisogna dar loro casa e lavoro, certo, ma è solo accogliendoli dando voce a loro e alla loro cultura, che possono raggiungere la pienezza della vita umana, solo così il Vangelo entra nel sangue dei boliviani”. La molla per il centro è scattata nel ’92, con la conoscenza diretta di una boliviana, assunta come badante per suoi parenti in difficoltà. In Bergamasca sono oltre dieci mila i boliviani, in maggioranza alimentano l’esercito dei disperati, la piaga del lavoro sommerso e per la legge sono fantasmi: colf, baby sitter, soprattutto badanti Importanti riconoscimenti per don Sana Rettore da 26 anni Teresa Capezzuto continua in tredicesima Notiziario per gli Ex allievi del Collegio Vescovile Sant’Alessandro in Bergamo e per le loro famiglie
Transcript

Coltello tra i denti, ha traghettato il S. Alex aglianni ‘90 e poi oltre il 2000. Ha vinto la sfida, indecenni non facili per lui e per la ScuolaCattolica, col suo “fiuto” speciale per ciò che èbene per la “sua” scuola, soprattutto se non glirichiede estenuanti trattative, riunioni,correzioni di rotta. Uomo di piglio e insieme didiplomazia, di poca (per fortuna) ideologia, didisarmante capacità di accentrare in sé tutti icompiti istituzionali. Anche per queste ragioni ilConsiglio comunale di Bergamo ha conferito amons. Achille Sana l’attestato di civicabenemerenza per la preziosa opera educativasvolta da 26 anni quale rettore del Collegio S.Alessandro. Così come lo scorso mese di giugno ilRotary Club Bergamo Sud gli ha conferito il“Premio Rotary alla professionalità”.Strano personaggio, il “mio capo” - negli ultimianni e ancor oggi lo chiamo così; come diavolofaccia a far entrare volentieri da lui, per unprovvedimento disciplinare, ragazzini di 11 annio giovani scafati, per me resta un mistero. Luinon svaluta il motivo del provvedimento, ma ci saparlare, e riesce a stringere una sorta di alleanzaper il futuro. Lui la fiducia nei ragazzi non laperde mai davvero, e loro lo sentono.C’è una spia della sua contrarietà: passa aldialetto, e ti liquida in poche battute. E ce n’è unadel suo affetto: improvvisamente, passa al “tu”, esi sfrega le mani, ridendo come un bambino.Bisogna invitarlo a cena per scoprire l’autenticogusto per la vita, il bello e le persone diquest’uomo: non gli sfugge niente, apprezzapiccole raffinate attenzioni e pietanze, finalmenteparla della sua personalissima, insieme laica eprovvidenzialistica interpretazione della vita. E dimusica, di montagna,di “finezze d’animo”, comedice lui. Mal tollera sentimentalismi, furbizie e“mezze calzette”. Anche tra i ragazzi, ha semprepreferito le “canaglie” alle “gatte morte” e, tra icollaboratori, gli uomini. Sì, il “mio capo” è unmaschilista. Glielo dico sempre, e lui ride: segnoche è vero e che sa che gliel’ho perdonato.

Daniela Maggioni

La Schopf dalla matematica al volontariato

L’angelo dei Boliviani

Direttore Responsabile: mons. Achille Sana; autorizzazione n. 8 del 17-5-1948 del Tribunale di Bergamo. Con l’approvazione dell’Autorità Ecclesiastica

Anno XLVII - semestrale - n. 2 - Dicembre 2003 Sped. A.P. - art. 2 comma 20/c Legge 662/96 - Fil. Bergamo

Questa è la storia di un “angelo” del Collegio checi aiuta a vivere il Natale senza retorica. PinucciaSchopf (in Fadda) molti ex alunni se laricordavano (me compresa) come l’ironica eleggendaria professoressa di matematica e fisicanei due licei per 32 anni, e che ha vissuto lascuola e i suoi alunni come una missione. Certo,però in pensione, dal ‘96, non se n’è statacomodamente in poltrona, e anche nella suacasa ospita gratuitamente tanti immigratiboliviani, li salva dall’inferno, trova loro unlavoro, un’abitazione.Come volontaria in prima linea ha fondato uncentro che oggi si chiama “Casa dei Boliviani”(nato nel ’92, a metà febbraio compie 12 anni),sponsorizzato da sola fino all’anno scorso, e cherappresenta una dimora accogliente per moltisudamericani venuti a Bergamo con il miraggiodi un’occupazione. “Un lavoro promesso dapersone senza scrupoli – ci racconta laprofessoressa – attirate da un business fiorente,talvolta con il coinvolgimento di italiani”.La logica insegna che non c’è sviluppo senza unpatto sociale. Per Giuseppina Schopf, però, laricetta è un’altra, è il cuore che le è battuto fortequando è andata in Bolivia. “Noi tutti siamochiamati a testimoniare il Vangelo – ci dice –Gesù Cristo chiama tutti noi a condividerel’amore del Padre verso i fratelli in ogni ambitodell’esistenza umana. Bisogna dar loro casa elavoro, certo, ma è solo accogliendoli dando vocea loro e alla loro cultura, che possonoraggiungere la pienezza della vita umana, solocosì il Vangelo entra nel sangue dei boliviani”. Lamolla per il centro è scattata nel ’92, con laconoscenza diretta di una boliviana, assuntacome badante per suoi parenti in difficoltà.In Bergamasca sono oltre dieci mila i boliviani, inmaggioranza alimentano l’esercito dei disperati,la piaga del lavoro sommerso e per la legge sonofantasmi: colf, baby sitter, soprattutto badanti

Importanti riconoscimenti per don Sana

Rettore da 26 anni

Teresa Capezzutocontinua in tredicesima

Notiziario per gli Ex allievidel Collegio Vescovile

Sant’Alessandro in Bergamoe per le loro famiglie

C’è anche un bergamasco tra iprimi sette laureati italiani online, che concluderanno lunedìprossimo con la discussionedella tesi nella sede di Como delPolitecnico di Milano – allapresenzaanchedelministroperl’Innovazione tecnologica LucioStanca – il primo esperimentodi corso di laurea interamentein rete, in pratica preparandosiinteramente a casa con il soloausilio degli strumentiinformatici.Si chiama Marzio DellaGiovanna, ha 28 anni, è diMartinengo, fa l’impresarioedile ed è il più giovane delgruppo: gli altri sono tuttiintorno ai 40 anni, e sonostudenti lavoratori che hannodifficoltà a frequentare lelezioni.«Dopo la maturità scientifica alCollegio Sant’Alessandro, misono iscritto al corso di laureain Ingegneria elettronica –racconta Della Giovanna –,frequentando per due anni.Poi mi sono interrotto per unostage aziendale negli StatiUniti e poi per il serviziomilitare: al ritorno mi sonospostato a Ingegneriainformatica, per poi passarenel 2001, poco dopo che erastata istituito, al corsotriennale di Ingegneriainformatica on line,sostenendo gli esami che mimancavano».Il metodo di studio però ècompletamente diverso daquello tradizionale. Lostudente infatti non seguelezioni in facoltà, ma siprepara sia nelle parti teoricheche pratiche interamente dacasa via Internet.«È un ottimo sistema per chilavora e non ha modo difrequentare – sostiene DellaGiovanna –. All’inizio di ogni

semestre viene mandato aogni studente un cd rom perogni corso che è unaregistrazione multimedialedelle lezioni, sia audio chevideo. Alla fine di ogni lezionec’è una cosiddetta “piazzola disosta”, con gli esercizi,corredati dalle relativesoluzioni.Entrando poi nel portalededicato alla laurea, sipossono porre domande aldocente, il quale dà a tutti icorsisti delle indicazioni sulleparti da preparare per tenersial passo. Lo studente a suavolta, sempre on line, puòporre delle domande alprofessore, che provvede arispondere con tempestività».Non è tutto, vengono infattianche svolte esercitazioni intempo reale. «Un tutor – con-clude il laureando – ogni 15giorni fa una “lezione live”: inun giorno e a un’ora stabiliti,vengono visualizzati in unasorta di lavagna virtuale degliesercizi scritti che si risolvono

insieme in tempo reale: negliultimi tempi si sentiva anchela voce del tutor che rispondealle domande. Alla finel’esame, scritto o orale, sisostiene in facoltà». È il primopasso sulla strada della«formazione virtuale», chesicuramente è destinato adampliarsi.«Noi siamo i primi in Italia –dice Alberto Colorni, ordinariodi Ricerca operativa e direttoredel centro di metodologia etecnologia per la didattica delPolitecnico, il Metid –, maall’estero la formazione on lineha già avuto uno sviluppoimportante. La nostra idea dipartenza era di formare deitecnici della “information com-munication technology”,facendoli lavorare subito con imezzi informatici specificidella materia.Questo metodo è destinato adiffondersi ampiamente, comeè già accaduto all’estero. Inogni caso il Governo si è resoconto dell’importanza delsettore, con l’emanazione diun decreto che stabilisce icriteri per ottenerel’accreditamento dei corsi distudio a distanza».

Giovanni Vergada L’Eco di Bergamo

La sveglia dicembre 2003

Marzio Della Giovanna è fra i primi sette in Italia

La laurea è on line

pag. 2

Il sottotenente Michela Pagliara- nata a Trescore il 16 agosto1978 - appartenente al 183°corso Lealtà, ha prestatogiuramento il 27 ottobre allaScuola ufficiali carabinieri diRoma. La cerimonia si è svoltadavanti al comandante generaledell’Arma dei carabinieri, il gen-erale di corpo d’armata GuidoBellini, oltre alle più alteautorità militari e civili dellacapitale. La giovane ufficiale,dopo essersi diplomata al liceoclassico Sant’Alessandro edessersi laureata ingiurisprudenza, era entrataall’Accademia militare di

Modena nel 2001 conseguendoil grado di sottotenente il primosettembre scorso. MichelaPagliara si è poi trasferita allascuola dell’Arma di Roma per lafrequenza del corso triennale diapplicazione, dal quale uscirànel settembre del 2006 con ilgrado di tenente.L’ufficiale fa parte del primocorso ufficiali del ruolo normaleaperto alle donne - solo quattro,tra alcune centinaia di candidate,quelle ammesse - e, al termine delciclo di studi e promossa al gradosuperiore, verrà destinata a unreparto operativo.

da L’Eco di Bergamo

Il carabiniere Michela

pag. 3

La sveglia dicembre 2003

Presidente Odello, com’ènato il Rotaract club?Già negli anni ’50 esistevanodiversi gruppi di giovani estudenti patrocinati dai Ro-tary, per lo più denominati“Circoli Paul Harris”, dal nomedel fondatore del Club “deigrandi”.Tali circoli erano per lo piùformati da figli di rotariani edai loro amici e, con gli anniandarono assumendo sempremaggiore importanza, fino ache, nel 1968 l’alloraPresidente del Rotary Interna-tional, Luther H. Hodgesdecise di istituzionalizzarnel’esistenza e di inserirli a pienotitolo nell’organizzazionerotariana con il nome diROTARACT, sigla che nascedalla fusione dei termini Ro-tary e Action.Il Rotaract Bergamo èpertanto uno dei Club dimaggior tradizione e storia,essendone stata depositatala carta costitutiva proprio inquell’anno.

Che sviluppo ha avuto ilClub negli anni successivi?Inizialmente il Rotaractrappresentava una sempliceappendice alle attività deiRotary cui faceva capo. Piùrecentemente invece esso èandato guadagnando inautonomia, fino a diventareciò che è oggi: una “palestra”che insegni ai giovani che sitroveranno in un futuroprossimo a dirigere la nostrasocietà, a farlo secondoprincipi di onestà, trasparenzae altruismo.

Com’è strutturatal’organizzazione deiRotaract?Attualmente esistono circa6.500 Rotaract distribuiti in129 paesi del mondo, per untotale approssimativo di150.000 soci, tutti fondati suimedesimi principi ed operantisecondo gli stessi criteri, il chemi pare significativo in tempi incui si parla molto del fenomenodella globalizzazione come di

qualcosa di molto recente:forse noi abbiamo precorso unpo’ i tempi…

Da chi sono formati e cheattività svolgono i Rotaract?I singoli Club sono basati supiccoli gruppi di persone(generalmente tra 15 e 30) dietà necessariamentecompresa tra 18 e 30 anni chesi incontrano in riunioniformali durante le qualipossono essere svolte relazionida parte di personaggi diparticolare rilievo nel lorosettore d’impiego, visite ad

aziende, attività culturali divario genere, dibattiti nonchévisite ad altri Club.Tutta l’organizzazione èfinalizzata allo sviluppo diprogetti di servizio, attivitàsociali o manifestazioni svoltead accrescere le capacitàdirettive e professionali dei soci.Ogni Club opera nell’ambito diun’organizzazione distrettuale econ la supervisione dei Rotarypadrini, in modo che ciascunodi essi collabori anche allosviluppo di programmi socialidi vasto rilievo.

Quali sono i principi su cui sifonda l’attività del Club?Le finalità del Club possonoessere ricondotte a quattroambiti principali. Sviluppo dellecapacitàdirettive:nelRotaract sicresce umanamente eprofessionalmente, imparandofin da giovani a dirigere attivitàd’impegno e responsabilità.Servizio alla comunità: ogniClub locale sceglie un progettodi rilievo sociale da sostenere nelcorso dell’anno, organizzandoattività volte alla raccolta difondi e fornendo direttamente il

proprio apporto e il propriotempo.Sviluppo professionale:l’appartenenza al Club aiutaa compiere le migliori scelteprofessionali, tramitel’organizzazione di seminarie conferenze volti a fornireun valido sostegno nellascelta del percorsoprofessionale e nella suacrescita a ciascun socio.Comprensione internazionale:il Rotaract favorisce gli scambiinternazionali tra i soci pergarantire una maggioreconoscenza delle diverse cul-ture e la diffusione di una fortecultura della pace. Taleattività si esplicanell’organizzazione divastissime campagne diraccolta fondi per il sostegno

di iniziative ad ampio raggio sulterritorio mondiale, dal soccorsoalle comunità più disagiate allaricerca in campo medico escientifico.

Come si entra a far parte delRotaract?La consuetudine vuole che perentrare nel Club si debbaessere presentati da un socioal fine di garantire le qualitàmorali, sociali e culturali

Rotaract club di BergamoMichele Odello è il neopresidente

Benedetta Mangili

Continua in ultima

Mi trovo nel villaggio diBinca, provincia di Viti, nelsud del Kosovo, a pochichilometri dalla Macedonia.Il paese è in fase diricostruzione dopo undurissimo decennio diresistenza non violenta allesevizie istituzionalizzatedell’allora regime Serbo diMilosevich, culminate nel1998 con le sistematicheoperazioni di pulizia etnica,per eliminare, sottomettereo fugare il 90% dellapopolazione della regione, diorigine albanese. A tre annidi distanza dallosvuotamento del paese iKosovari hanno ripresopossesso delle case che nonsono state bruciate. Hannocontinuato sulla linea dellariconciliazione, e sono oratotalmente dediti a porre lebasi per una societàmulti-etnica, emultireligiosa, arginando ilpiù possibile i sentimenti dinazionalismo e di rivalsache si sarebbero potutiprevedere contro laminoranza Serba rimastanel paese. Le forzeinternazionali della NATOcontinuano ad occupare ilpaese in modo massiccio.L’amministrazione delPaese, dapprima affidataunicamente all’ONU(UNMIK), è ora condivisacon il governo del presi-dente eletto Rugova, unintellettuale che ha fattodella resistenza nonviolenta il suo programmavincente. Mi trovo in Kosovoa fianco di don ValentinoSalvoldi, venuto in

occasione delle Giornate diMadre Teresa,manifestazione culturale incui il popolo Kosovaro hamodo di riscoprire lapropria identità e passatonel suo personaggio piùillustre e significativo,emblema stesso della nonviolenza, cara tanto allapopolazione musulmanaquanto alla minoranzacattolica.Oltre a presentare gli studidi Valentino sulla Santa,come Onlus Culturale Sha-lom ci siamo interessati delsistema educativo delpaese, come chiave per lacostruzione di uno statoriconciliato e multietnico.Nei colloqui con il Ministrodella Pubblica Istruzione,con il Presidente dellaRepubblica Rugova, e altriesponenti della vitaculturale, ci rendiamo contoche molto ancora resta dafare nel campodell’istruzione edell’integrazione.Dapprima bisogneràrisolvere la questione dellescuole multietniche, chel’attuale governo stafavorendo, ma che trovanola netta opposizione dellagran parte delle minoranzeserbe, i qualisemplicemente nondesiderano né un sistemamisto, né un sistemamultilingue come quelloproposto. A parte leinterferenze di Belgrado cheancora sovvenziona gliinsegnanti Serbi, forsemeno accettabile è lamancanza di cooperazione e

di fiducia chel ’ a m m i n i s t r a z i o n einternazionale sta ponendonell’attuale governo elettodal popolo, anche nellequestioni educative.Nell’anno che era statoprefissato come quello delleconsegne delle competenzeUNMIK, il paese rimanedrasticamente dipendentedalle forze internazionali:non avendo deciso fra diesse quale statuto dare alKosovo al momento dellapartenza, si ha tuttol’interesse a posticiparel’autonomia del paese.Di qui l’assenza diinvestimenti concreti e alungo termine nel campodell’istruzione e nelle

La sveglia dicembre 2003

pag. 4

Un paese sulla via della pace

Il Kosovo di oggi

Mi trovo nel villaggio diBinca, provincia di Viti,nel sud del Kosovo, apochi chilometri dallaMacedonia.

La sveglia dicembre 2003

carentissime strutturestatali, che di cooperazionenel campo culturale. Bastipensare che nessunfunzionario UNMIK ha difatto presto parte alleGiornate di Madre Teresa,l’evento culturale piùimportante del paese, divalenza particolare proprioperché promotore dellacultura della pace e dellafratellanza universale.Nel mio villaggio di Binca,l’ormai autorità nazionaledon Lush Gjergji celebra lamessa in latino nella chiesapienissima di giovani cheraccoglie virtualmente il100% degli albanesicattolici della parrocchia.Don Lush non ha maivoluto abbandonare la suacomunità nemmeno du-rante i bombardamenti del‘99, seduto ogni notte,disarmato, davanti alleporte della sua chiesa,sfidando le milizie serbe.Nascosti in sagrestia visseroper mesi decine di bambini,di famiglie che nonpotevano o volevano fuggire.Oggi non è raro vedere donLush su una delle tre retinazionali, alla radio o suigiornali, dopo che la suaeroica resistenza durantel’occupazione miliare èdiventa il simbolo stessodella nonviolenza attiva.Grazie al suo carisma e allasua vastissimapreparazione culturale, èdiventato uno degliarchitetti del nuovo Kosovoindipendente. Dirigente delCentro Madre Teresa, di cuiera intimo amico, siadopera per i poveri e ha

elevato nell’opinionepubblica la figura delsacerdote cattolico a quelladi eroe della pace. La ChiesaCattolica nel paese non soloè rispettata, ma sempre piùrisveglia l’interesse anchedei non-Cattolici.Uomini e specialmentedonne musulmane vedonola Chiesa come unaistituzione per la libertà, inlinea con i più profondivalori albanesi, ben piùantichi dei cinque secoli diislamizzazione turca, chehanno rimpiazzato solo inparte l’antichissimatradizione cristianarisalente al I secolo.

Fioriscono il dialogo e anchele conversioni, in un paeseche, più che ‘Islamico’ amadefinirsi ‘di tradizionemusulmana’. Ripensandoal Marocco o alla Turchiache ho visitato, fatico atrovare somiglianze con ilKosovo. Basti pensare chesono permessi matrimonimisti, e le scuole sonolaiche.Ho avuto la fortuna dipassare diversi pomeriggiproprio con quei giovaniche, secondo i miei calcoli,crebbero nel decennio dioppressioni degli anni 90.Per essi la guerra hasignificato la fuga comerifugiati, restrizioni di movimento,la scuola nella clandestinità,l’incertezza di ogni domani. Dopo

una delle poche partite a calciodella mia vita, con entusiasmo eorgoglioquestiragazzipienidivitae di giocosità mi accompagnanolungo le morbidissime colline delloro villaggio, presentandomi aiguardiani di pecore cheincrociamo, scalando i peri epruni che gratuitamente sioffrono per la nostra merenda.Scopro enormi similarità fra ilKosovo di oggi e le campagneitaliane del dopoguerra.Resto incantato dalla gioiabucolica di questi giovanisorprendenti; condividono tut-to e con cinque o dieci fratellidavvero conoscono ilsignificato della parolafratellanza, che per i nascenticristiani occidentali è quasiuna forzatura, svuotato dellasua portate esperienziale.Mi rendo anche conto delledifficoltà di vivere conpochissime prospettive dilavoro, stipendi da 120� (eun litro di benzina a 0.70�),e quindi tantissima voglia diemigrare e diventareEuropa, in un paese chenon può ancora rilasciarepassaporti, proprio perchénon è ancora un paese.Forse mi rimprovero di averpiù ricevuto che dato,alimentando il lorodesiderio di partire,piuttosto che ascoltare ilmio consiglio di contribuirealla costruzione del loropaese, che da cinque secoliattendeva l’indipendenza, eora non ha certo bisogno diperdere i suoi miglioricittadini.Ho anche assaggiato ladiversità, ed unità, cheunisce noi cattolici sparsinel mondo, e apprezzatoproprio l’eroicità esemplaredi una Chiesa seriamenteimpegnata per la pace edesemplare nel suo essereunita, povera, missionaria.

Matteo Morgandi

pag. 5

Uomini e specialmentedonne musulmanevedono la Chiesa comeuna istituzioneper la libertà

Gli stipendi sono di 120 euro

Voglia di emigrare

“La poesia è irreversibilmentemorta…oppure è viva?”Questa provocazione, lanciatada Raboni in un articolo,pubblicato su “Il Corriere dellaSera” qualche mese fa, è stataraccolta da un gruppo diintellettuali, che ha promossoun incontro riguardantequesta problematica. La“tavola rotonda” prevede lapartecipazione di CarloFruttero, noto scrittore digialli, di uno studente del LiceoBerchet di Milano e di unmembro dell’Accademia deiLincei.Il pubblico presente ricco diintellettuali, ma anche distudenti liceali e universitari,coloro che, nelle nuovegenerazioni, sonomaggiormente a contatto conla poesia. Il membro dei Linceiattacca: “Montale, quasitrent’anni fa, fece un appelloper salvare la poesia,biasimando la comunicazionedi massa, rea di averannientato ogni riflessione. Gliintellettuali stessi siadoperano per una letteraturain prosa, mentre la poesia èetichettata come genere dipoco successo. La lirica è cosìvittima delle politicheeconomiche…pazzesco!”Ribatte lo studente: “E’ veroche l’economia determina laletteratura, ma l’economiastessa segue il gusto delpubblico. La poesia si ritrovanei testi delle canzoni: il suo“potere riflessivo” è statosoppiantato dalla capacità,che le parole in musicapossiedono, di determinareben più profonde emozionipsico-fisiche”.Il primo artista che capì laconvergenza tra musica epoesia, nella societàoccidentale, fu Jim Morrison,il quale unì “allucinati carmibeat” alla potenza delnascente rock. D’altra parte ilmondo della musica è ricco dipoeti: con tutto il rispettoverso i letterati, non si ritrovain Tricarico la fresca

fanciullezza di Palazzeschi? Ilmessaggio che filtra dallaScapigliatura non è simile aquello di Kurt Cobain?“Schiere” di vati hannoagognato e poi esaltato l’Unitàd’Italia, da Dante a Foscolo,sino a Carducci. Bob Marleynon ha cantato l’unificazione,in Africa, delle popolazioninere disseminate in America?”Subito l’Accademico: “A partele tematiche, discutibili, comeè possibile confrontare lapoesia tradizionale e questa

presunta forma di lirica?”“Nelle poesie “vere e proprie” itesti sono inseriti in strutture,come il sonetto, diviso inquartine e terzine, mentrenelle “nostre” canzoni le parolesono incasellate nei versi e neiritornelli. Inoltre la musicascandisce il ritmo comenessun endecasillabo,seppure la funzione sia lastessa”.Freccero invita a nonconfondere la poesia, che èfrutto di impressioni eriflessioni, con esibizionimusicali che hanno poco daspartire con la lirica: “Conoscomolti giovani poeti. Non simostrano alla massa. Nondescrivono semplici “quadrettiadolescenziali”, patetici, mariflessioni intellettualiricercate, degne di Leopardi”,sorridendo immediatamente,consapevole dell’esagerazione.“Queste composizioni nonemergono, perché nonappartengono alla mediocritàdelle televisioni e di internet,sono un rifugio dalla frenesiadel mondo, con il quale nonvogliono unirsi, per nonrischiare una banale e cinicac o n t a m i n a z i o n e ” .L’Accademico ribatte: “Eliotindividuò che il mondooccidentale è dominato dallavacuità di contenuti esignificati.” Un mormorio diproteste sale dai più giovani eFruttero conclude: “Eliot, nellaseconda parte della suaproduzione, ricercò questi“contenuti” e li trovò”.Beh… la società dei consumi ela comunicazione massivahanno nascosto la poesia ,tuttavia non l’hanno sconfitta:Allen Ginsberg, poeta beat, in“Urlo” del 1952 sosteneva chela società aveva rovinato “lemigliori menti” della suagenerazione, proponendocome antidoto la poesia,portatrice di consapevolezza.Questa riflessione vale ancoraper molti, sebbene coninterpretazioni diverse.

Michele Rizzi

La sveglia dicembre 2003

pag. 6

Poesia

e

società

La sveglia dicembre 2003

pag. 7

In un paese come SantaBrigida, in alta Val Brembana,la chiesa è l’unico edificio chericonosci da chilometri didistanza, alto, solenne,persino altero. Tra frazioni,frazioncine e abitati di unpugno di case, dai nomi comeFoppa, Bindo, Taleggio eCaprile, il territorio comunaleconta ben tredici centri, ma ilcuore del paese è tutto lì: lapalazzina del Municipio – cheospita pure la biblioteca, lascuola materna, la Pro Loco equalcos’altro ancora – un barche fa anche da edicola, pochinegozi, un gruppo di casette epoco più, aggrappate allastrada sinuosa che guadagnaun tornante dietro l’altro.Ecco però la parrocchiale,consacrata nell’anno 1925 eopera di Luigi Angelini, che sierge in cima ad una scalinata,con la facciata neoromanicasbozzata nella pietra del luogo,un portico aperto sul lato e ilbel campanile svettante; alsuo fianco, il piccolo oratorio eil campo sportivo; appenadietro, separata solo dallastrada che curva, la casaparrocchiale. Ancora due o tresvolte, ed ecco il santuariodell’Addolorata, la chiesa piùantica di Santa Brigida; e poi,tante curve e tanti prati più inalto, il paese di Cusio, doveguadagnare la parrocchiale, incima all’abitato, è quasi – lametafora ciclistica, comevedremo, non è propriocasuale – come andareall’arrivo di un tappone delGiro.Questi boschi e queste case,con le non molte anime che leabitano, sono il piccolo regnoalpestre di don AndreaMazzucconi, classe 1966, datre anni parroco di Santa

Brigida e di Cusio. E’ un pretedall’aspetto – più che giovanile– decisamente giovane, il visoserio, l’aria sportiva e i modiurbani, che porta un cognomeimportante e sembrerebbe asuo agio, più che in questaplaga remota della ValBrembana, sotto gli alti soffittidi qualche solenne curiavescovile. Di strade nella vita,don Andrea ne potevaprendere di sicuro tante altre,magari anche più gratificantisotto il profilo del successosociale, della visibilitàpubblica, insomma dellacarriera. Perché abbia sceltoproprio questa, inizia araccontarlo accogliendoci nelsuo studiolo essenziale eraccolto, dominato da unaparete vetrata che si perde nelpanorama sconfinato dellealte montagne circostanti.Anche se prima d’ora nonc’eravamo mai incontratifaccia a faccia – a suo tempo cisaremo senz’altro incrociatiper i corridoi del Collegio, maprobabilmente senzascambiare mai due parole –don Andrea ci propone dipassare subito al “tu” e noiaccettiamo, incoraggiati dalsorriso sobrio ma cordiale delnostro interlocutore esoprattutto dall’aria serena delluogo.Quella di don AndreaMazzucconi è una storialunga, ma in fondo anchesemplice. Com’èconsuetudine, gli chiediamo diraccontarla partendo daglianni del Collegio, dove nel1984 ha ottenuto la maturitàscientifica.“Della mia esperienza alSant’Alessandro ho unavalutazione sostanzialmentepositiva: forse non così

entusiastica da dire che èstata illuminante sotto tutti ipunti di vista e che non ci sonostati anche dei limiti… peròconservo un ricordo positivo,sia dal punto di vista dellacompetenza e della passioneper l’insegnamento deiprofessori, sia del clima diclasse con i compagni”.

Quali sono i docenti chericordi di più?“Tra i laici ho avuto nei primianni la professoressa Donatinidi lettere, le professoresse Co-rona di inglese e Maisano dimatematica, quindi il profes-sor Vicini, che insegnavastoria e filosofia negli ultimidue anni e poi è passato al“Sarpi”. Tra i preti, invece,ricordo prima di tutti donCarlo Tarantini, che insegnavareligione, una figura forte ecarismatica; sicuramente donAchille Sana e poi don MarioTedoldi, docente di inglese,che in quegli anni era statoanche preside del Collegio. Alivello vocazionale il loroesempio non ha rappresentatoper me direttamente unaspinta, però un sottofondo sì:un quadro coerente sul qualesi è inserita poi anche la miascelta”.

Parliamo allora della sceltadi diventare sacerdote, dicome, quando e perché ènata. Dicevi che ilSant’Alessandro non è statodeterminante…“Sinceramente non saprei direcosa sia stato veramentedecisivo: penso sia stata unasintesi che ho compiuto, in cuiquanto ho vissuto a scuola hacomunque giocato la suaparte. Credo che sia stata

Diario di un parrocodi montagna

Dai banchi di scuola delSant’Alessandro allaparrocchia di SantaBrigida in alta ValBrembana, incontro condon Andrea Mazzucconi

Alberto Pesenti Palviscontinua alle pagine seguenti

importante anche la miafamiglia: non direttamentecome stimolo e spintavocazionale e sacerdotale, peròsenz’altro come luogo dove unacerta fede veniva vissuta epraticata.La scelta di entrare inSeminario ha incominciato amaturare in me tra il quarto e ilquinto anno di liceo: quindi –anche se non è stato ilSant’Alessandro, per così dire,la “culla” diretta – è comunquenata in quell’ambito. Fra l’altro,sono entrato in Seminariosubito dopo la maturità: anzi,ricordo di essermi rivoltoproprio a don Sana perprendere i primi contatti”.

Ma avevi pensato a delle al-ternative, o quella delsacerdozio era una scelta giàcosì forte e diversa dallealtre da annullarle inpartenza?“Fino ad allora non avevo maiconsiderato la prospettivasacerdotale come prioritaria,anche se in me una certasimpatia e una certa sintoniaconquestasceltaprobabilmentec’erano sempre state.Almeno fino a che il sacerdozionon ha preso campodecisamente, avevo soprattuttodue alternative. Da un punto divista più che altro di simpatiapersonale e di predisposizione,nutrivo una certa attenzione perilmondodel giornalismo:conuncompagno giocavamo un po’ afare i radiocronisti,preparavamo dei piccoliradiogiornali tra di noi, ciregistravamo… insomma unacosa abbastanza curata,abbastanza seria, che mi

piaceva. L’altra alternativa,naturalmente, era nell’ambitodell’azienda di famiglia. Miopapà è a capo del gruppoindustriale Mazzucconi, chestoricamente è legato allafonderia di Ponte San Pietro manegli ultimi anni s’è parecchioampliato, fino a impiegare oggipiù di duemila persone.Istintivamente non sono maistato avvinto dall’idea dioccuparmi di un’impresa, maprobabilmente non avevoneanche contrarietà tali dachiudere la porta a unapossibilità di questo tipo”.

Erano alternative serie,importanti. Non era certofacile decidere…“E tuttavia, nel momento in cuidi fatto la decisione si dovevaprendere, ha preso campoabbastanza serenamente edecisamente il Seminario. Lascelta è avvenuta comunque inun clima di passione, di“innamoramento”; in questosenso ha avuto lo slancio dellacosa naturale, il sapore di unachiamata buona, incoraggiante,stimolante, entusiasmante.Ecco: iononhouncarattere cosìfacile agli entusiasmi, peròquello è stato certamente unmomento di luce, di fascinointenso.Poi sono venute anche ledifficoltà, mai così acutetuttavia da farmi considerareseriamente la possibilità diritornare indietro, di cambiarestrada. Ne ho avute soprattuttonei primi due o tre anni, fino ametà del cammino di teologia:è stato il momento in cui, dopol’entusiasmo di partenza,dovevo fare i conti con la faticadi una scelta non più soltantovagheggiata, ma che diventavareale”.

Hai seguito il percorsoclassico: la maturità, seianni di teologia, poi nel ’90l’ordinazione sacerdotale eil primo incarico…“Sì, sono stato destinato aRanica come vicarioparrocchiale, e quindisoprattutto come curato

dell’oratorio. Ci sono rimastotre anni: poi, improvvisa, latelefonata del vescovo, che michiedeva di fare il vicerettorenel liceo del Seminario. Lì hopassato altri sette anni daeducatore: il primo appuntocome vicerettore, gli altri sei dapadre spirituale, sempre inliceo.Dopo tutto questo tempo,cominciavo però a sentire uncerto logoramento per una vitasicuramente profonda, maanche molto settoriale edesigente sotto tanti aspetti,perché il rapporto quotidianocon gli adolescenti è davvero“prosciugante”.Perciò ho chiesto un colloquio alvescovo pregandolo di prenderein considerazione un miodesiderio non immediato, macomunque forte, di ritornoaunavita parrocchiale. Al che ilvescovo mi ha ascoltato, hachiesto chiaramente che tipo disoluzione avrei gradito, e mi haindicato alcune possibilità diparrocchie abbastanza piccole eanche un po’ fuori dalla vita dicittà, assecondando in questoanche alcune esigenze che miaveva sollecitato a esporgli”.

Ecco allora Santa Brigida…Che mondo hai trovato qui?Che comunità è questa?“Le comunità sono dueperché… c’è anche Cusio. Giàprima di venirci a viverestabilmente, pensavo allamontagna sotto l’aspetto del“piccolo”, quindi di unadimensione anche di attività,di rapporti sociali, dipossibilità di avere unincontro personale con lagente. In questo senso possodire di essere stato confermatonella soddisfazione di operarein una comunità veramente “amisura d’uomo”.Dal punto di vista dellamentalità, qui trovo un divarionotevole tra le generazioniadulte e anziane e quellegiovanili, nel senso che mipare che l’adulto e l’anzianosiano più definibili ancor oggicome “gente di montagna”; un

La sveglia dicembre 2003

pag. 8

Diario di unparroco dimontagna

La sveglia dicembre 2003

po’ meno i ragazzi, che invece misembrano più omologati, piùsimili tra loro perché comunquela presa della televisione, dellamoda, del computer, insommadella globalizzazione culturale,si fa sentire anche quassù.L’aspetto secondo me “sano”della gente di montagna stacomunque in quellaconcretezza, in quel senso moltoforte di identità, in quellaconsapevolezza di essersi dovutiguadagnare la vita un po’ colsudore della fronte per“strapparla” letteralmente allemontagne. Se pensiamo ancheche fino a pochi decenni fa lastragrande maggioranza degliuomini di queste valliemigravano per andare alavorare in altre regioni, capiscila durezza della vita dimontagna, e questo modo diconquistarsi le cose ti aiuta adapprezzarne anche il costo equindi il valore.Il rovescio della medaglia èperò che questa durezza di vita– che la gente di qui tienemolto a sottolineare, secondome fin troppo – rischia poi didiventare una specie di“orgoglio della durezza”,magari celato sotto lacivetteria di voler confessareun limite di carattere, chesecondo loro poi tanto limitenon è”.

A questo punto vorreirivolgerti qualche domandaun po’ più profonda e forseanche personale, cheriguarda la figura del prete,oggi. Mi piacerebbecominciare dal rapporto trala scelta di diventare prete ela realizzazione personale.Quanta parte di te trovidefinita dal ruolo edall’impegno di sacerdote?C’è qualcosa che rimanefuori?“Dal punto di vista dellarealizzazione della persona,sia sotto l’aspetto“professionale” sia sotto quelloaffettivo, delle amicizie, ilsacerdozio riesce secondo mea raccogliere tutte le

dimensioni più importantidella vita di un uomo, anchedal punto di vista dellaquantità di tempo da dedicarea ciascuna.Certo, nel momento in cui viviun ministero, la parrocchia –come l’oratorio e il Seminarioprima – ti prende comunquemolta passione e molto tempo,per cui i tuoi parrocchianidiventano anche non dico tuttii tuoi amici, però è inquell’ambito che costruisci lerelazioni più tue, piùpersonali.Dal punto di vistaprofessionale – benché ”essereprete” vada chiaramente al dilà del “fare il prete” – anche“fare il prete”, e farlosoprattutto in un certo modo,ti fa sentire molto soddisfatto.Ciò che, secondo me, nerappresenta lo specifico èprima di tutto l’ambitoliturgico, e quindi la cura dellalettura, della preghiera, dellapredicazione, del colloquiopersonale; quindi l’ambitosacramentale, e poisicuramente l’ambitocaritativo, e comunque losforzo di ascoltare, capire esoddisfare i bisogni dellepersone. Certo bisognerebbeavere centomila competenze,perché di fronte ai bisogni diuna persona… tutto quelloche sai e che puoi dare riesceinsufficiente per definizione.La varietà degli approcci ècomunque tanta, nel sensoche percepisci che – in quantosacerdoti – siamo anche eredidi una lunga tradizione, e cheil modo con cui vieni visto èanche il frutto di come sonostati visti i tuoi predecessori:anche singolarmente, comepersone, in questo sganciatedalla categoria de “i preti” ingenerale. Lo vedi in positivoquando capisci che molti diloro sono stati vicini alla gente,li hanno ascoltati, li hannoaiutati, e quindi ricevi uncredito di simpatiaimmeritato, che comunque ti èregalato e crea anche delle

attese; lo vedi in negativo conle persone con cui il rapporto èstato in passato un po’ piùcomplicato, perché percepisciun “muro”, un’antipatia ocomunque un sospetto che timette a disagio, e ti sentisqualificato prima ancora difare una mossa….Credo infine sia giusto che lascelta sacerdotale debbalasciare comunque un po’ dispazio per hobby e interessipersonali, e in ogni caso nonsoffocarli. In particolarel’hobby del ciclismo harappresentato, e rappresentaancora, la mia passione piùimportante, per la quale hospeso del tempo che qualchevolta posso anche aver sentitocome sottratto ai compitisacerdotali. Per tre o quattroanni mi sono impegnato moltoseriamente, sia negliallenamenti sia gareggiando alivello amatoriale, perchéfacevo delle “gran fondo” efinivo con il percorrere inbicicletta più di diecimilachilometri l’anno, peraltro congrande soddisfazione…”.

Che cos’è la vocazione delprete? Che cos’ha didiverso, di speciale, rispettoalle varie altre attivitàumane, per le qualicomunque si parla di una“vocazione”?“Posso spiegare quelli chesono stati i “pilastri” della miavocazione. Anzitutto GesùCristo: non cioè un Diogenerico, un’esperienzaspirituale moltoindifferenziata, valida perqualunque stagione, ma unincontro preciso, personalecon una figura, appunto Gesù

pag. 9

Diario di unparroco dimontagna

La sveglia dicembre 2003

Cristo, che – senza entrare inaspetti troppo teologici –vedevo come modello di uomoe come risposta alle esigenzepiù profonde e alle domande difondo che uno ha nella testa enel cuore.L’incontro con Gesù Cristo –quindi con il Vangelo e con lafede cristiana – mi è sembratoaffascinante a un punto taleda convincermi di dovermettere il mio tempo, le mierisorse, le mie energie percoltivare questo mio rapportopersonale e per farlo diventareanche un annuncio, qualcosacioè da condividere con glialtri.Ecco quindi i “pilastri”: da unlato Gesù Cristo nella Chiesa,nella comunità; dall’altro ilmio “essere a tempo pieno”perché il Vangelo e la fedediventino qualcosa dacomunicare.In questo senso credo che ciòche distingue una professione,qualsiasi professione, dallavocazione del prete sia questoessere a tempo pieno a serviziodella comunità cristiana. Anchecerte scelte più specifiche delprete, come il celibato, amepareche – almeno tendenzialmente –abbiano soprattutto questo diprezioso, e cioè il fatto di togliertiqualcosa di individuale, diprivato, di personale, perché ladimensione comunitaria diventiquella più intimamente tua: pernoi preti, insomma, il fatto dinon avere una famiglia nostradovrebbe far sentire più“famiglia tua” tutta lacomunità”.

Come possiamo pensaresaranno i preti fra

cent’anni? Diventerannodei “professionisti delvolontariato”, una sorta dimanager che si occuperannodel benessere spiritualedelle persone, o checos’altro?“Negli ultimi anni la figurastessa del prete è diventatameno “rigida” e definita: direiche il soggettivismo tipico dellanostra cultura – l’idea cioè cheognuno si costruisce un po’ leregole e le scelte in base aipropri umori e alle proprieattitudini – è entrato un po’anche nel nostro modo diinterpretare e vivere ilministero. C’è chi è più portatoper il sociale e allora “si butta”nell’ambito caritativo, e c’èinvece chi ha più una passioneper il culto, la liturgia, lacelebrazione e dedica moltotempo, spazio e attenzioni aquello….Probabilmente il rischio è cheanche nella gente si crei un po’di confusione. Guai però seanche noi preti fossimo così…in naftalina o mummificati dadover ripetere gli stessiatteggiamenti, gli stessi gesti,le stesse parole: secondo me sitratta però di un problema –più che di fedeltà della Chiesaal Vangelo, e quindi a Cristo –di aggiornamento, di fedeltàall’uomo d’oggi e alle sueesigenze che si rinnovano.Immagino che in futuro avremocomunità quantitativamentesempre più ridotte, e penso cheil prete, alla lunga, dovràdiventare soprattutto il custodedella Parola, della liturgia, deisacramenti, di ciò che è piùspecifico suo, com’è giàavvenuto in altri momentichiave della vita della Chiesa.Per le altre necessità si possonotrovare gli strumenti più adatti.Per esempio il diaconato, cioèun ministero aperto anche allepersone sposate, istituitoanticamente perchél’assistenza ai poveri e l’ambitodella carità non potevano essereposti a carico dai preti, già gravatida molte incombenze, e che

anche la nostra Chiesa stareintroducendo. Per il resto,l’odiernocalodelnumerodeipretioperagiàdastimolo–secondomeanche positivamente – perché ilaici assumano un ruolo piùdiretto e operativo, in prima per-sona, nella vita della Chiesa”.

Abbiamo parlato del futurodei preti in generale. Comeultima domanda volevodomandarti qualcosa sul tuofuturo come sacerdote. Haidei progetti particolari?Dove ti vedi tra qualcheanno? Magari in missione,in un’università o in unasede vescovile?“Una delle cose che – da padrespirituale – mi hanno semprecreato abbastanza sospetto efastidio nei ragazzi che seguivoin Seminario… era percepirein loro l’idea di essere sìdisposti a mettersi al serviziodella vocazione, ma soloritagliandosi un determinato epreciso modo di viverla: vogliodiventare prete perché mipiace andare in Curia, perchémi piace andare in missione,perché mi piace insegnare… ecosì via.Quando questo pensierodiventava così determinanteda far dire “o quello o niente”,lo consideravo non solopericoloso, ma sbagliato, nelsenso che il sacerdozio èinnanzitutto un servizio,suscettibile dal punto di vistapratico di assumere forme eincarichi diversi. Poi anch’io aun certo punto della mia vitaho detto che avrei graditoun’alternativa, quindi non èche qualunque tipo diministero mi andasse benealla stessa maniera.Oggi penso che sarei più omeno… pronto a tutto,disposto a tutto. In questomomento, però, il cuoredell’essere prete consiste perme nel vivere in unadimensione di parrocchia, acontatto con la vita concretadella gente”.

Alberto Pesenti Palvis

pag. 10

Diario di unparroco dimontagna

Non so se anche a voi capitadi lasciarvi sommergeredall’onda dei vostri stessipensieri, in quelle occasioniin cui più che essere lavostra mente a elaborareconcetti tutto sommatorazionali sembra quasi cheidee e pensieri nascano peruna volontà propria mentreil vostro cervello si limita aprenderne atto con unatteggiamento di stupefattapassività.Non lo so e, tutto sommato,non è che mi interessi più ditanto, ma mi sembrava unbel modo di iniziare fingendodi coinvolgere anche voi.Perché a me invece capita,soprattutto al termine diserate in cui eccedo inlibagioni in compagnia divecchi amici. Che sononormalmente gliex-compagni del Liceo, checosì ho trovato anche unnesso con il fatto che stoscrivendo sul notiziario degliex-allievidelSant’Alessandro.Ora, sappiamo tutti chequesti periodici ritrovicostituiscono in realtà unasorta di macchina del tempocon la quale si resetta ilcalendario riportandolo aitempi di scuola.Incuranti dei capelli bianchio inesistenti, delle panze chescavalcano la cintura inpuro stile tracimazione dibacino lacustre, delle rugheche trasformano le facce in

cartine stradalitridimensionali, il gruppettodi stimati professionisti edisoccupati cronici, diinsigni medici e dicasalinghe frustrate, siaccomoda intorno a undesco imbandito e, congrande contrarietà degli altriavventori che normalmentescompaiono nel giro di brevetempo, si immergeistantaneamente in unasorta di gioco delle parti, icui ruoli sono stati definiti20 anni fa.E così, con il contorno di unnugolo di involontariemenzogne, tipo ‘ti trovobene’ o ‘non sei propriocambiato’, si rinnovano leinfinite discussioni senzavincitori né vinti (e anchesenza capo né coda) il cuisignificato profondo èsemplicemente di consentireai dissenzienti professionistidell’epoca di continuare adissentire.Come avete capito che iorientro in questa categoria?Ve l’ha detto l’Alberto? Ma ioho chiesto il vostro parere? Eallora!Impressionante è l’uso deipiù sporchi trucchi dadiscussione che la menteumana sia riuscita adescogitare, compreso ildevastante ‘hai ragione,però…’, quello che ticonsente di esporre tesidiametralmente opposte aquelle del tuo ‘avversario’consentendoti al tempostesso una via di uscita nelcaso ti facessero notare chestai dicendo scemenzeallucinanti.O il negare i presupposti,contestando perfino ladatazione dell’evento enegando di essere nel 2003perché per te, a secondadelle necessità, questo èl’anno 1381 (improvvisato

islamista), 2756 (inveteratolatinista) o financo 81(nostalgico del duce).Perché in realtà, e questo è il‘treno di pensieri’ che mi hainvestito nel lungo viaggio dirientro (10 kilometri, ma conun tasso alcolico che se tifanno la prova del palloncinoglielo trasformi inmongolfiera ci vuoleun’eternità), non esistonocertezze.Non c’è campo del sapereumano alla cui base nonstiano convenzioni maiesplicitamente accettate.Geografia? I nostri 5continenti sono 7 per gliamericani, che contano 2Americhe e un’Antartide.Non esiste una definizionecomunemente accetta di‘continente’, a parte comecontrario di incontinente,ma anche questo èopinabile.Matematica, fisica,geometria? Opinioni per cuia 30 gradi io ho caldo e uninglese congela, dipendedalla scala che usi. Opinioniper cui il nostro metro èun’assurdità per chi misurain iarde o in pollici, in libbreo in once, in pinte o ingalloni.Opinioni per cui le monetesono divise in 12 monete piùpiccole, a loro volta divise inaltre 12 monete più piccole,che ti dicono anche che èsemplicissimo ma per te chesei cresciuto con lamatematica in base 10semplicissimo non è. E via diquesto passo: 1 + 1 fa 2? Sì,ma anche no: se usi ilsistema binario no, se sei uncommercialista dipende dache risultato vuoi ottenere.Religione? Lascia stare! Dioc’è, non c’è, è uno, è più diuno, è il mio, è il suo.

pag. 11

continua in ultima

La sveglia dicembre 2003

La sveglia dicembre 2003

pag. 12

Caro Presidente, caro Mons.Achille, carissimi compagnidel 1963, cari ex-alunni tutti,siamo riusciti FrancoArdemagni ed io, con qualchefatica e moltissime e lunghetelefonate, a ritrovare 16 dei21 compagni di allora (tre cihanno lasciati per la vitaeterna ancora giovani) ed oggisiamo qui in 11, nonostante ilbreve preavviso, a daretestimonianza al nostroCollegio.Eravamo nel vecchio collegio,quandoancorasidiscutevasericostruirlo in loco od allaCeladina, quando c’era, comeoggi per la verità, un’unicasezione di liceo classico, marigorosamente maschile, enon si pensava ancora al liceoscientifico.La nostra maturità era lavecchia, l’antica direi,maturità, sostanzialmenteidentica a quella ideata neglianni ’20 dal MinistroGiovanni Gentile, non quella“domestica “ di oggi ! E leprove d’esame (scritte ed orali)si svolgevano tutte “fuoricasa” al Sarpi, in singolareconfronto, oltre che con glialteri “sarpini e sarpine”,anche con quelli chescendevano dal Collegio diCelana e con quelle, carine ebravissime, ma per noiirraggiungibili, delle Suoredella Capitanio.La commissione della nostramaturità era composta datutti membri esterni,professori provenienti daiLicei di tutta Italia, ed erapresieduta da un severissimoPresidente dalla grande barbabianchissima: il prof. Ferrari,

Direttore dell’Istituto diChimica della Facoltà diScienze dell’Università diParma. C’era, per la verità, ilmembro interno, chedifendeva le nostre sorti: ilRettore di allora, Mons. PaoloCarrara, che era davvero unburbero benefico, che cifaceva rigare dritti, ma dalcuore aperto e grande.C’erano allora quattro esamiscritti (tema d’italiano,versione dal latino initaliano, traduzionedall’italiano in latino eversione dal greco initaliano).Il programma era costituitoda tutte le materiedell’ultimo anno, conriferimenti alle materie delprimo e del secondo anno delliceo indue tornateorali (unaper le materie letterarie eduna per le materiescientifiche). Era davvero,credo, l’esame di Stato!Era meglio ? Era peggio? Sistava meglio, quando sistava peggio? In unamarcord quarant’anni

dopo la risposta è difficile,anche perché è lontana dal“bel” tempo andato di cuiognuno di noi, ragazzi di ieri edi oggi, ha il suo personalericordo.Posso solo dire, ma poilascerò la parola a qualchemio compagno, che di tutti gliesami, fatti e subiti, in questiultimi quarant’anni di vitaaccademica fral’antichissima Università diPavia e quella giovane diBergamo, dove insegno dapiù di 25 anni Diritto dellavoro, l’esame di maturità èl’unico di cui, qualche volta,mi sogno ancora.Voglio solo ricordare, in unlampo di luce, i nostriprofessori di allora, nondimenticabili: l’amore per leculture classiche trasmessocie la rara lepidezza di Mons.Giuseppe Bellini, la grandecultura umanistica ed ilcostante impegno nel socialedi Bruno Malinverni, cosìprematuramente rapito agliamati studi di storia delrisorgimento, la sapienzadavvero domenicana e lapazienza evangelica,esercitato con noi, di PadreVittorio Bassan, il saperescientifico, il sorriso ed il risocostanti e l’insuperabileironia di Mons. MarioFornoni, la ruvida bontà dellaSignorina MargheritaColombi, la profonditàculturale e scientifica, ildono delle lingue e la grandeamabilità di Mons. VittorioMaconi, che è qui presentenello spirito con noi, anchese la salute negli ultimitempi non lo sorregge. Comenon ricordare infine lasimpatica grazia della nos-tra prof. di storia dell’arte“Cioci” Venanzio. Grazie dicuore a tutti loro.

Maurizio Sala Chiri

Ardemagni Pierfranco,Astori Gianmichele,Baronchelli Bortolo, BelloliDomenico, BenedettiEnnio, Beni Gianbianco,Bigoni Leonardo, BrembillaGianpaolo, Callioni Alberto,Cattaneo Giorgio, FranaGiuliano, GervasoniCarluccio, Gherardi Angelo,Greco Enrico M., LicontiBruno, Mazzoleni Mario,Perego Cesare, RomeiFranco, Rota Giuseppe,Sala Chiri Maurizio,Sonzogni Virgilio.

I Maturi del ‘63 si ritrovano

Quarant’anni dopo

La sveglia dicembre 2003

pag. 13

La “Casa dei Boliviani” è unmicrocosmo felice per moltisudamericani. Grazie allalungimiranza dellaprofessoressa PinucciaSchopf e al contributo di tantivolontari, 15 boliviani e glialtri bergamaschi, questaassociazione di volontariatoonlus fino ad oggi ha aiutatooltre 8.500 immigrati. Dal2001 il centro ha sede in viaPradello 17, in locali per 200metri quadrati (calpestabili)presi in comodato gratuitograzie al buon cuore di unprivato.Ma a giugno 2004 il centrodovrà lasciare la sede e rischiadi finire in strada. Da quil’appello: “Chiediamo unasede gratuita per proseguire lanostra attività – PinucciaSchopf lancia l’allarme –Cerchiamo anche sponsor perfinanziare i casi più urgenticioè per far rientrare in Boliviaimmigrati con il foglio di via,per aiutare i sudamericani chevivono nella spazzatura, perquelli che hanno graviproblemi di salute e nonpossono curarsi, per chiancora non ha un lavoro”.La professoressa lavora per 12ore al giorno, ha imparatopersino lo spagnolo e rilasciaspesso anche interviste amolti giornali sudamericaniper dissuadere le popolazioniad abbandonare i loro Paesi,sfatando i miti di prosperità.Le ondate migratorie, però,non si fermano e in ballo cisono anche i ricongiungimentifamiliari. Si appella anche albuon cuore degli ex allieviperché le diano una mano,molti già lo fanno.Sono tanti gli incontri, iseminari, i corsi diformazione, per mettere inregola gli immigrati, per farliintegrare facendo loroacquisire competenze in vistadi esperienze lavorative,vengono accuditi i piccoli, ci si

occupa delle praticheburocratiche, delleregolarizzazioni e così via.Il Centro gode anche diconvenzioni con alcunebanche, agenzie immobiliari,di viaggio e persino conautoscuole che fanno lezionedi domenica e a prezziagevolati. I volontari boliviani,

inoltre, fanno conoscere la loroesperienza ai connazionali peraccelerarne l’inserimento.Per ulteriori informazioni e percontattare il centro si puòtelefonare ai numeri035/25.34.38; 329/64.12.460;3 3 3 / 8 7 . 6 3 . 2 5 1 . e - m a i l :[email protected].

Teresa Capezzuto

che si occupano dei nostri“vecchi” 24 ore su 24. Se vabene sono in regola e sonobadanti, così non devonospendere per mangiare edormire.Se invece va male pagano atesta fino a 200 euro al meseper vivere in microscopiciappartamenti sovraffollati, eancor peggio vivono diespedienti in mezzo ai loroconnazionali affrontando laconcorrenza spietata deinuovi “poveri”. Dormono cosìnelle cabine telefoniche o tra inostri rifiuti.L’inferno della Bolivia sembraperciò meno duro, se non altroperché la miseria è di casa enon te la sei andata a cercarelasciando la famiglia, che neicasi peggiori non rivedrai più,perché non hai nemmeno isoldi per pagarti il viaggio diritorno.Almeno nel cuore delSudamerica, lo sai che se seiuna ragazza finisci prostitutae se sei un ragazzo ti reclutanonelle bande di taglieggiatoricon la promessa di sfregi perchi si ribella, lo sai che nonsnifferai coca per inebriarti,ma tirerai di clefa, una collavelenosa sottocosto: la drogadei poveri. Lo sai che se lavorifinisci tra i campesinos, icontadini, a coltivare le piante

di coca per le esportazioniillegali.Non che in Bergamasca sianotutti “senza cuore”, questa èl’altra faccia (cattiva) dellamedaglia. Intorno alla “Casadei Boliviani” ruota un mondodi bergamaschi volontari(medici, maestre, insegnanti ecosì via), molti sono persino exalunni del collegio.Ci sono poi altre isole felici,diocesane e non. Senzacontare che la Chiesa diBergamo da oltre 40 anni (nel’62 è partita la “missioneimpossibile”) è in Bolivia perscrivere intense pagine di fede,di speranza, di aiuto. Laprofessoressa Schopf, con lasua testimonianza, ci dimostrache c’è ancora molto da fareper l’integrazione, che ognunodi noi è chiamato a non essereindifferente.Già prima del Centro, laprofessoressa Schopf avevaconosciuto la Bolivia grazie alsuo parroco di Loreto, donDavide Rota, oggi parroco aMozzo, dall’82 al ’95missionario in Bolivia. Si eragià adoperata per mandare làaiuti materiali.Ci parla anche di padre Anto-nio Berta, missionario inBolivia dal ’67, direttore dellaCittà dei Ragazzi: prima a LaPaz, dal ’71 a Cochabamba.

T. C.

La Schopf dalla matematica al volontariato

L’angelo dei Boliviani

UN REGALO DI NATALE PER LA “CASA DEI BOLIVIANI”

Dalla prima

La sveglia dicembre 2003

Il professor EugenioDonadoni (a destra) eCristiano Stampa, ex allievoe suo compagno di viaggioDopo due anni di sostaforzata il «Coppi» del collegiovescovile Sant’Alessandrodi Bergamo vince la sfidadelle due ruote macinandoben 653 chilometri puliti dipedalata tra salite e discese,scalando dieci passi alpini,nove dei quali sopra iduemila metri.Il tutto in soli sei giorni, dal16 al 21 agosto scorso.In sella alla bici, EugenioDonadoni, professore diFilosofia e Storia al liceoSant’Alessandro, che hafesteggiato così 51 anni dicalendario (compiuti il 9agosto) e 18 di raid ciclistici.Una bella impresa: tuttidavano ormai per spacciatala sua «carriera» sui pedali,dopo che l’8 marzo del 2001si era fratturato un femore.E invece, in compagniadell’ex allievo CristianoStampa (maturitàscientifica nel ‘96,diplomato in pianoforte elaureato alla Bocconi,sempre con massimi voti) ilfilosofo in bicicletta haripreso la strada delle Alpisvizzere portandosi inspalla il suo «mitico» zainocon solo lo strettonecessario e la camerad’aria, percorrendo anche300 chilometri nel cantonedei Grigioni.Cima più alta il Passo delloStelvio dove i due impavidiciclisti hanno guadagnatoquota fino a 2.758 metri,sulla vetta definita uno deitetti d’Italia per eccellenza.Una rivincita per il prof.

Donadoni, con due viti di 13centimetri nel femoresinistro («Ringrazio il mioortopedico, GiuseppeAndreoletti», dice), maanche una bella gitaarticolata in sei tappe, la piùlunga di quasi 131chilometri.Partenza da Brembate e viaverso il passo dell’Aprica,Livigno, e poi fino inSvizzera con il passo delBernina nell’Engadina,Albulapass (discesa breveper via di un nubifragio),Filisur, Davos, Fluelapass,Ofenpass, Santa Maria (ilpasso stradale più alto dellaSvizzera) e poi di nuovo inItalia sul passo dello Stelvio,Bormio, Poggiridenti(Sondrio) e via via di nuovo aBrembate.«Soft adventure» in bici,perché? «Niente di filosofico– dice –, con la bici siraggiunge benessere fisico ementale con la componente

epica del gesto eroico equella fanciullesca acontatto con la natura. Mi ècapitato anche di dormiresulla spiaggia di MonteCarlo o sotto una verandacon l’arrivo della polizia adAmsterdam, ma in questotour nessun problema, anziall’attacco dell’Albulapassho incontrato i fratelli Dan-iel e Marco Vonrufs, due exallievi svizzeri delSant’Alessandro invilleggiatura».Il professor Donadoni cispiega che nel Nord Europaquesti raid sono all’ordinedel giorno: «Ho incontratotantissimi ragazzi e ragazzeolandesi in bici,sovraccarichi diattrezzature».La prima tappa nell’85, a Vi-enna, e da lì raid quasi ognianno sempre con ex allieviper tutta l’Europa.Dall’87 ad oggi ha passatotutti i valichi dell’Engadinae scalato tutti i passi, e poiquattro volte sul Bernina ecinque sullo Stelvio, con allespalle ore di allenamento ela voglia di pedalare.L’idea del tour è nata treanni fa, quindi il professorDonadoni ha raggiunto insolitaria l’Aprica e insieme aCristiano Stampa ha poiripreso il viaggio.Il clima era ottimale, così idue ciclisti, in un mondoquasi incontaminato hannoattraversato alberi maestosie quasi in terra elvetica unambiente lunare dove i pratistanno alla base di vetterocciose.

T. C.da L’Eco Bergamo

Vignetta di Alberto Arnoldi

pag. 14

Nonostante la frattura del femore nel 2001, in sei giorni scala nove passi sopra i duemila metri

Il professore ciclista sulle cime delle Alpi

La sveglia dicembre 2003

NOTIZIE DALLA SCUOLA

Notizie in breve• Il prof. Tarcisio Fornoni ha pubblicato “Da via

Broseta al vicolo dei Dottori 1923-1952.Memorie - ricordi - quasi un diario”. Una copiaè disponibile in Biblioteca.

• Gli iscritti alle scuole del Sant’Alessandro per il2003-2004 sono 615 (+19): Elementari 55,Scuola Media 188 (+7), Ginnasio Liceo Classico109 (+3), Liceo Scientifico 263 (-18). Primaelementare 23 (+9), prima Media 58 (-12), IVginnasio 20 (-2), prima scientifico 57 (+1).

• I 250 euro del concorso “La mia scuola in unospot”, bandito dall’Associazione degli Ex allievidel Collegio Sant’Alessandro sono andati aFederico Rossi, Susi Grassi, Monica Grassi,Chiara Mingardi, Benedetta Mangili.

• Vivien Kocsis è una ragazza ungherese di 16anni che per il suo anno con Interculturafrequenterà la I Classico del Sant’Alessandro.

• La prof. Edda Ghilardi Vincenti ha pubblicato“Emozioni”, un libro di poesie in consultazionepresso la Biblioteca.

• Un genitore (ed ex allievo) ha regalato unorgano per la Cappella del Sant’Alessandro.

• Antonio Fadda, ex allievo, è il nuovo assistentedel Laboratorio di Fisica.

• Nel mese di agosto il prof. Franco Campana èdiventato nonno. La nipotina si chiamaMartina.

• Mercoledì 29 ottobre gli europarlamentariCristiana Muscardini e Antonio Di Pietrohanno incontrato gli studenti del Collegio sultema della Costituzione europea.

• Giovedì 16 ottobre è stato inaugurato il nuovolaboratorio linguistico al quinto pianodell’Istituto.

• Giuliomaria Terzi di Sant’Agata, ex allievo dellaMaturità Classica 1965, è l’ambasciatoreitaliano a Tel Aviv in Israele.

• Giovedì 4 dicembre Roby Fachinetti dei “Pooh”,con al seguito una troupe di Canale 5, ha fattovisita a don Sana in Collegio. Scopodell’incontro era quello di registrare unospezzone del nuovo programma “Nati senzacamicia” nel quale Roby Fachinetti racconteràla storia della sua vita, nella quale occupa unposto di rilievo don Sana. Non solo perché lo hasposato, ma soprattutto perché hannotrascorso insieme gli anni dell’adolescenzanell’oratorio di Longuelo. In segno della suaamicizia Roby ha regalato a don Sana lafisarmonica dei suoi primi successi.

Cellule staminaliTutti ne parlano mq ben pochi le conoscono.Tutti le hanno cercate ma pochi hanno avutola fortuna di trovarle e studiarle da vicino.Tra costoro il prof. Vescovi che ha accettatodi partecipare alla tavola rotonda su questotema, lo scorso 23 ottobre, presso la nostrascuola. L’Associazione Ex Allievi haorganizzato questo incontro all’interno delprogetto di incontri per gli ex-allievi e amicidel Sant’Alessandro su tematiche attuali eculturali.In questa occasione sono intervenuti il prof.Marazzi per l’aspetto giuridico e il prof.Caseri che ha dato la lettura di documentiche la Chiesa ha man mano stilato inriferimento a questo argomento.Il prof. Vescovi ha presentato l’aspettoscientifico della scoperta delle cellulestaminali cerebrali e la vasta gamma dipossibilità medico-terapeutiche di questanuova conoscenza. Tra le parole si è potutanotare la passione e l’entusiasmo delricercatore, ma anche la vena polemica neiconfronti della disinformazione odell’informazione parziale che i media dannoscatenando reazioni negative esageratefrutto dell’ignoranza. In questo contesto sisono inseriti gli altri ospiti che hanno fattochiarezza sulle norme giuridiche e moraliche devono essere tenute in considerazionedi fronte alla ricerca scientifica. L’uso dellecellule staminali non deve essere associatoal tema della clonazione ma deve essereconsiderato un passo avanti finalizzato alimitare i danni delle nostre cellule“impazzite” che provocano tante gravimalattie. Una buona occasione per ampliareconoscenze, purtroppo un tempo da lupi hacondizionato l’accesso del pubblico, ma chiera presente ha potuto fruire anche del buondibattito che ha fatto seguito alle relazionidegli ospiti che dobbiamo ringraziare dellaloro professionalità e disponibilità.

prof. Milly Denti

Ringrazio anche gli ex allievi che hanno aderitoall’iniziativa “Gli Ex allievi salgono in cattedra”:Carlo Pesenti, Massimo Lena, AlessandraSilvestri, Gianpietro Masserini, Marco Ruggeri,Massimo Di Natale, Emilio Gueli, Paolo Scarlato,Vincenza Gizzo.

pag. 15

La Redazione: Teresa Capezzuto, Gianpietro Masserini, Alberto Pesenti Palvis. Disegni di Stefano Savoldelli. Segretario di redazione:Eugenio Donadoni. Grafica: Fabio Colombo e Domenico Gualandris. LA SVEGLIA c/o Biblioteca Collegio Vescovile Sant’AlessandroVia Garibaldi 3, 24122 Bergamo Tel. 035 21 85 00 - Fax. 035 388 60 88 - Internet: www.exsantalex.it - email: [email protected]

La sveglia dicembre 2003

ULTIMA PAGINA

dell’aspirante, il quale dovràfrequentare le attivitàrotaractiane per un annodimostrando conformità con iprincipi fondamentali del Clubed entusiasmo.Al termine dell’anno ilConsiglio Direttivo deciderà seammettere il nuovo socio atutti gli effetti: detto cosìappare molto formale, in realtàè molto raro che qualcuno cheabbia spontaneamente decisodi unirsi a noi si metta incondizione di essere escluso.

Perché entrare in unRotaract?Per conoscere gente nuova,per dimostrare che anche dagiovani ci si può impegnare inattività di carattere sociale, perimparare a gestire un gruppodi persone con senso deldovere e di responsabilità e,non ultimo, per divertirsipoiché al di là delle apparenzemolte delle attività chesvolgiamo uniscono ai finisociali l’occasione per passareutilmente del tempo traragazzi che non perdono maila voglia di fare festa.Senza dimenticare tra l’altroche per il solo fatto di esseresocio, in qualunque parte delmondo ci si trovi si possonotrovare altri soci pronti adaccoglierti come vecchi amici.

Quali sono i programmiprincipali per l’anno socialeche sta iniziando?L’attività principale delRotaract Bergamo sarà ilsostegno all’associazionePROMETEO di Gorle gestitada Massimiliano Frassi e voltaalla lotta contro la pedofilia escelta anche dal nostroDistretto come azione socialeper l’anno in corso.

Contribuiremo raccogliendofondi e organizzando attivitàche consentano di diffondere ilmessaggio dell’associazione edi sensibilizzare anche i piùgiovani relativamente a questaterribile piaga della nostrasocietà.A ciò si aggiunga laprosecuzione dell’aiuto aMarco Verzeroli, sfortunato ecoraggioso atleta bergamascoche si è guadagnato il diritto apartecipare alle Paralimpiadidell’anno prossimo anchegrazie al sostegno economicoche gli abbiamo offerto neglianni scorsi.A livello distrettualecontinueremo conl ’ o r g a n i z z a z i o n edell’importantissimo Galàdella Moda che si svolge ognianno a Como e che ha ormaiguadagnato un ruolo diprimissimo piano nel settore, edel Camp dell’amicizia,settimana dedicata al servizionei confronti di ragazzi affettida sindrome di Down.Su scala nazionale proseguiràla campagna di sostegno alprogetto Polioplus che sipropone di debellaredefinitivamente la poliomelitee la raccolta di fondi per lacostruzione di un ospedale inAfrica.

Benedetta Mangili

Michele Odello ha conseguito la

maturità classica al

Sant’Alessandro nel 1994 e si è

laureato in Giurisprudenza a

Milano. Anche Marina Rodeschini,

presidente uscente, è un’ex allieva

del Sant’Alessandro dove ha

conseguito la maturità scientifica

nel 1993. Anche per lei laurea in

legge a Milano.

Michele Odello è il neopresidentedalla terza

Arte? Ma se non abbiamonemmeno concordatosulla definizione di cosa èl’arte? Forse è nellascienza che possiamotrovare certezze? Comeno, certezze tipo i colori,che sono qualcosa comela nostra percezione dicome la luce si rifrange suun corpo illuminato (sì, vabè, qualcosa di simile,non facciamo i pignoli) equindi dipendente dallenostre singole capacitàvisive. Ma quella camiciaazzurra, siamo propriosicuri che l’azzurro chevedi tu è lo stesso chevedo io?Ma la teoria di Einstein,che tutti fingiamo dicapire anche se nonabbiamo la più pallidaidea di cosa sia, èveramente giusta? Oanche lui era uno cheelaborava teorie doposerate conviviali con gliamici? Dicevo all’inizio:non so se a voi capita, ktl(kai ta leipomena, greco, ècome il latino ‘et cetera’ma fa più chic), ma se nonvi capita adesso aveteun’idea di cosa puòcapitare. Abbiatevi unottimo Natale, che non c’ècertezza che non verràsostituito da una festivitàmeno dichiaratamentecristiana, e neppure che il25 dicembre sia la datacorretta, mac h i s s e n e f r e g a ,godiamocelo! Masse

dalla undicesima


Recommended