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RINGRAZIAMO DI CUORE CI HANNO AIUTATO A · PDF filesua volta potrebbe risalire alla lingua...

Date post: 06-Feb-2018
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RINGRAZIAMO DI CUORE

TUTTE LE PERSONE CHE

CI HANNO AIUTATO A COMPLETARE

QUESTO LIBRO.

RISPETTARE LE DOTTRINE SIKH

TENENDO IL LIBRO IN UN AMBIENTE

LIBERO DAL FUMO DI TABACCO E

ALCOL. GRAZIE

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Introduzione

Il problema del turbante è noto in tutto il mondo. Si sta

cercando di limitare il suo uso, ad esempio con l’imposizione

di toglierlo in luoghi pubblici come gli aeroporti. Il turbante è il

simbolo di rispetto per colui che lo porta, ad esso sono legati i

sentimenti delle persone. Toglierlo diventa ancora più difficile

quando è anche un simbolo religioso. Oggi possiamo vedere

che antichi monumenti ed altri oggetti vengono conservati

perché questi sono simboli del passato e per mostrarli alle

future generazioni, in modo che queste possano ammirare il

loro passato. Il turbante è stato, anche se in forme diverse,

parte della cultura degli uomini in molti secoli. Tenendo conto

di questa situazione, con l’aiuto della comunità sikh e

raccogliendo informazioni da diverse fonti, noi della Cultura

Sikh abbiamo scritto questo libro, dove abbiamo citato il

passato, il ruolo del turbante nella religione ed alcuni fatti.

Tramite questo libro chiediamo di mettere in atto negli

aeroporti la legge emanata dall’UE, uscita nel febbraio del

2013, per non offendere i sentimenti delle persone che

portano il turbante e per mantenere la sicurezza dei

passeggeri. Grazie di aver deciso di leggere questo libro, vi

auguriamo una buona lettura.

Se volete contattarci:

[email protected]

Via Madre Teresa di Calcutta, 6

26030 Pessina Cremonese (CR)

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LE FONTI

Sikh da Satkar: Dastaar

ALAG SHABAD YUG CHARITABLE

TRUST

DOTT. SARUP SINGH ALAG

24ª edizione del 29 feb 2008

Daastaan-e-Dastaar

PROF- ASSA SINGH GHUMAN

Pubblicato da LOKGEET PARKASHAN

Edizione 2008.

How Europe is Indebted to the Sikhs

BHUPINDER SINGH HOLLAND

Edizione 2005 - 2007

Lekchar Maha Channan

PROF- GANGA SINGH

Edizione 2005

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Indice

LA STORIA DEL TURBANTE .............................................. 8

PUNJAB ............................................................................. 12

TURBANTE NELLA RELIGIONE SIKH .............................. 15

LA APPARIZIONE DEL KHALSA ....................................... 19

MAHARAJA RANJIT SINGH .............................................. 22

LA LUNGHEZZA DEL TURBANTE .................................... 24

I COLORI ........................................................................... 25

LE DONNE NELLA RELIGIONE SIKH ............................... 28

PRIMA E SECONDA GUERRA MONDIALE E I SIKH ....... 32

I SACRIFICI PER IL TURBANTE ....................................... 37

LA LOTTA DI UN RAGAZZO SIKH IN INGHILTERRA ....... 39

LA PROTESTA PER IL TURBANTE IN INGHILTERRA ..... 42

LA POSIZIONE DEL TURBANTE ...................................... 49

LA SITUAZIONE DEL TURBANTE IN ITALIA .................... 55

FRANCIA ........................................................................... 61

FAMOSO GRAZIE AL TURBANTE .................................... 66

GLOSSARIO ...................................................................... 68

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Prefazione di Prof. Cristina Aroldi,

Alfabetizzatore, Docente di Lingua Italiana e Mediatore

culturale.

Nella mia esperienza professionale ed umana molti sono stati gli

incontri con la cultura indiana.

Nelle strade nebbiose e talvolta fosche della campagna

cremonese non era difficile imbattersi in turbanti multicolori che,

già vent’anni or sono, punteggiavano le nostre terre.

Ho sempre nutrito una curiosità sincera verso questo mondo e

le sue tradizioni.

Forse perché, nella mia memoria, erano presenti le immagini dei

film d’avventura della mia infanzia; o forse perché l’India, con i

suoi colori e le sue genti, evoca sempre in noi occidentali una

curiosità orientalista e antropologica.

Nella mia realtà lavorativa, poi, mi sono confrontata

quotidianamente con schiere di allievi stranieri e segnatamente

indiani; a loro, lo confesso, ho perfino chiesto, qualche volta di

farmi toccare il turbante e, a volte, ho anche fantasticato

sull’aspetto che avrebbero avuto questi ragazzi se non fossero

stati avvolti da una lunga e variopinta stoffa.

Così, quando un carissimo ex allievo mi ha chiesto di collaborare

a questo progetto, curandone l’editing e la titolazione, mi sono

sentita onorata e felice.

Mi sembrava un po’ come chiudere un cerchio: finalmente ero

io, che dopo tante ore di docenza di lingua italiana ad alunni

stranieri leggevo un libro fatto da loro, nella nostra lingua, frutto

di un lungo lavoro di studio e traduzione.

Un’emozione, certamente.

Ed un’occasione importante di dialogo e di conoscenza

reciproca, utile ad una maggiore consapevolezza, sulla strada di

una sempre più vantaggiosa convivenza.

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La Corona di stoffa

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E così, parola dopo parola, ho scoperto verità e tradizione, colore

e quotidianità, orgoglio e pregiudizio verso un gesto -quello di

avvolgere il capo nella stoffa- che ha in sé qualcosa di misterioso

e unico, particolare e atavico.

Ed ho volutamente valorizzato e conservato, in un editing

rispettoso e lieve, la freschezza e la leggerezza della loro

espressione linguistica, che spazia dal racconto storico e

leggendario, all’attualità della vita quotidiana nel mondo

moderno.

È facile immaginare che questo lavoro risulterà gradito ed utile e

che servirà, su tutto il territorio nazionale, alla diffusione di

un’immagine più veritiera e certa dell’uso del turbante,

contribuendo a diffondere quello spirito orgoglioso e indomito che

attraversa l’intera storia Sikh.

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LA STORIA DEL TURBANTE

La storia del turbante è molto antica, particolare e piena

d’orgoglio. È una storia della quale sono noti molti aspetti, mentre

altri sono ancora sconosciuti.

È forse l’unico capo d’abbigliamento che ha una relazione anche

a livello scientifico, che ha così tanti nomi, modi di essere

indossato diversi tra di loro significati, ed è l’unico capo per il

quale siano stati fatti sacrifici per mantenerne vivo l’uso.

Il turbante è chiamato in inglese e francese turban, in persiano

tulbend, in spagnolo, portoghese ed italiano viene chiamato

turbante, in tedesco tulbar, in rumeno tuliban, e in latino maiter,

in turco sarikh. Un tempo è stato capo di ornamento nelle culture

cristiane, ebree, musulmane ed indù.

Tra i Sikh viene portato tutt’ora.

È difficile definire in modo preciso l’inizio dell’uso del turbante

nella storia, ma si stima che fosse utilizzato già nel 1000 a.C.

Secondo le ricerche del dottor Gautav Chattarji, il turbante è un

dono dell’India, per esempio nelle città di Parrut, Paja, Bodhgea,

Sanchi, Matthura e Mahabalimpur, gli archeologi hanno scoperto

la presenza del turbante grazie allo studio delle statue e dei

graffiti. Nei tempi passati quando venivano lodati i Rig Veda (libri

sacri indù), si usava vestirsi con diversi colori e turbanti.

In sanscrito si chiama “sirotara” (significa sicurezza del capo).

Il grande studioso della moda Dr G.S. Gurya sostiene che le

donne indiane portavano il turbante con uno stile diverso rispetto

a quello degli uomini.

Portare il turbante è tanto antico quanto la storia dell’India, dopo

l’inizio della famiglia Survanshi, viene chiarita la presenza del

turbante. Re, imperatori, società religiose, leader delle comunità

nomadi e pastori usavano il turbante.

Il primo tipo di turbante veniva chiamato corona, ed era un tipo

speciale di turbante: poteva portarlo solo un re e dopo la sua

morte veniva portato dal suo primogenito maschio per

succedergli.

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Questo turbante veniva chiamato Sir Taj.

I diamanti, estremamente preziosi, erano al di fuori della portata

delle persone comuni, quindi venivano utilizzati come ornamenti

del turbante di re e imperatori. Guardando questi tipi di copricapo,

le persone comuni hanno iniziato a chiedere ai tintori di avere

diversi colori, e di fissare sopra di questi dei bottoni, per abbellirli.

Nel passato il turbante era segno di vittoria e sconfitta; quando il

re Porus perse contro Alessandro Magno, i soldati gli dissero di

mettere il suo Sir Taj ai piedi del vincitore, per ammettere la sua

sconfitta.

Ma quest’ultimo rifiutò.

Il termine inglese “turban” proviene dal persiano “dulband”, che a

sua volta potrebbe risalire alla lingua turca. Il turbante è una lunga

sciarpa, che viene arrotolata intorno alla testa; per il turbante

viene utilizzato anche il termine persiano “sarband”. Nella cultura

egiziana veniva chiamato “Pajar”; può darsi che il termine indiano

sikh “pagri” derivi da questa radice.

Nella cultura egiziana è usanza che durante un lutto il turbante

venga levato; la stessa usanza era comune anche nel Punjab.

Alcune persone pensano che il termine “pagg” derivi dal termine

sanscrito “pak”, che significava il diventare bianco dei capelli e il

raggiungimento dell’età matura.

Nella Bibbia si fa spesso riferimento a questo capo, e si stima

che nel 1300 a.C. le persone usassero il turbante, infatti troviamo

queste seguenti frasi nella Sacra Bibbia:

Fecero la lamina, il diadema sacro d’oro puro e vi scissero sopra

a caratteri incisi come un sigillo: “Sacro al Signore”.

Vi fissarono un cordone di porpora viola per porre il diadema

sopra il turbante, come il signore aveva ordinato a Mosè.

In Europa i copricapo come il turbante non sono così comuni

negli uomini, ma nelle donne era considerato un capo di alta

moda, di norma adornato con gioielli.

Anche i pittori se ne sono occupati.

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Il dipinto di Jan Van Eyck “Uomo con il Turbante”, realizzato nel

1442, è famoso in tutto il mondo; l’uomo con il turbante rosso è

considerato lo stesso Jan Van Eyck.

Nel XVII Micheal Stewart, Gordon Renny e Ban Bleat hanno

dipinto personaggi che indossavano un turbante.

Negli anni 1655-1656 un dipinto di Steweart “Un ragazzo con il

turbante” ha attirato molta attenzione; ancora prima nel 1635-36

Gordon Renny, ha realizzato “Sevilla” e nel 1640 Ban Bleat il

dipinto con il nome “The arch”.

In tutte queste opere è evidente come gli artisti stessero

presentando il turbante in modo positivo e colorato.

In Cina il turbante veniva usato già da prima; ad esempio viene

ricordata una particolare protesta del 184 a.C. nella quale i cinesi

manifestarono il proprio dissenso indossando turbanti gialli che

dimostravano anche la loro unione.

Nella religione Islamica al turbante viene dato un enorme valore.

Maometto ha scritto manoscritti a questo proposito; secondo il

Dr.Tarlochan Singh i turchi consideravano Maometto un santo

perché commerciava turbanti.

Secondo alcuni versi del Corano i musulmani devono portare il

turbante e addirittura si dice che anche gli angeli lo indossassero;

il turbante protegge la testa e dona bellezza al viso. Dovunque

nella cultura musulmana è presente e fa parte dell’abbigliamento.

Il turbante è diventato un simbolo imperiale, puro e testimonianza

di grandezza.

Il Re della Turchia metteva tre piume sul turbante accompagnate

da preziosi diamanti. I ministri reali avevano due piume, e gli altri

ufficiali solo una.

In questo modo il turbante era diventato un simbolo di rispetto.

Nell’Enciclopedia dell’Islam parte 94, si narra che i turchi e gli

egiziani ne avessero un grande rispetto. Secondo il Dr.Tarlochan

Singh nella religione musulmana per succedere al trono non c’era

una vera e propria corona, ma veniva utilizzato il turbante.

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Hajrat Mohammand ha dato il turbante a Khuma quando divenne

governatore della Siria, e questa cerimonia venne trasmessa ai

suoi successori.

Si stima che gli egiziani avessero una particolare abilità nel

creare tessuti morbidi di lana; i morti venivano arrotolati in un

tessuti teneri e sottili ed i loro re e imperatori portavano questi

stessi tessuti per il turbante.

Gli uomini di Babilonia e Siria avevano capelli lunghi e li

pettinavano in numerose trecce.Nel XIV secolo le donne europee

coprivano il capo con lunghi e appuntiti cappelli che venivano

chiamati “henan”; hanno portato un simile turbante fino al XVIII

secolo. Nelle cerimonie indù il turbante ha un posto di grande

valore e accompagna le varie occasioni della vita ad esempio nel

matrimonio, momento nel quale questi vengono portati e dati in

dono. Il più antico significato dell’uso del turbante si trova negli

antichi Veda indù, in cui si narra come l’abbigliamento venisse

suddiviso in tre tipologie a seconda della parte del corpo che

riguardava. Al di sotto della schiena un capo chiamato “Dothi”, in

mezzo il capo veniva chiamato “Vash” e in fine sopra la testa “il

turbante”.

I turbanti delle diverse religioni e culture del mondo.

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PUNJAB

La parola Punjab è l’unione di due parole persiane, di “panj” e

“aab”, e significa “cinque acque”; tale nome è stato dato per i

cinque fiumi presenti in questa regione, un tempo chiamata

“sapat sidhu” che significava “la terre dei sette fiumi”. Un tempo

infatti, c’erano sette fiumi e non cinque.

La pronuncia corretta sarebbe “PANJAB” ed in lingua inglese

viene scritto “PUNJAB” anche in italiano viene scritto in questo

modo ma pronunciato nello stesso modo in cui si scrive.

La forma del Punjab è variata molte volte durante il corso della

sua storia. Poco prima di arrivare ad avere la forma che ha oggi,

in Punjab era grande 136.905 chilometri quadri. Anche se oggi

questa Regione è stata divisa in molte parti, esso ha conservato

comunque la propria cultura.

Il Punjab si trova nel nord-ovest dell’India. La Regione, dopo

essersi sgretolata, si è divisa in più aree, alcune delle quali hanno

anche cambiato il nome.

Le uniche due, però, che non l’hanno modificato e si chiamano

quindi ancora Punjab, si trovano una in India e una in Pakistan.

Con il Punjab dell’India a nord confinano “Jammu e Kashmir”, a

nordest “Himachal Pradesh”, a sud-est “Haryana”, a sud-ovest il

“Rajastan”; ad ovest c’è il Punjab del Pakistan. Le città principali

del Punjab sono Amritsar, Ludhiana, Jalandhar, Bhatinda,

Firozpur, Sahibzada Ajit Singh Nagar (SASN), Patiala e la

capitale che è Chandigarh.

Nel 1966 le regioni del Haryana e Himachal Pradesh si sono

separate dal Punjab indiano, e da allora la forma del Punjab non

si è più modificata.

Il clima del Punjab è caldo; gli abitanti vestono con abbigliamento

estivo quasi tutto l’anno e portano in testa un turbante già da

molto tempo.

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Chi vive nel Punjab viene chiamato “Punjabi” e parla la lingua

Punjabi.

In questa Regione i più numerosi sono i sikh. Dall’India i più

emigrati sono i Punjabi e di questi la maggior parte sono Sikh. Il

settore più sviluppato è il primario ed il 70% della popolazione è

impegnata nell’agricoltura.

Per questo il Punjab ha ottenuto il primato, all’interno dell’India,

come Regione con più lavoro agricolo. In india, però, i Sikh sono

solo il 2% ma ci sono ben 18 reggimenti Sikh nell’esercito. Nel

vecchio Punjab le famiglie erano autosufficienti, ossia

producevano ciò di cui avevano bisogno. C’erano anche molte

colture di cotone e utilizzando degli attrezzi adeguati, i suoi

abitanti erano in grado di produrre da soli gli abiti.

Molto tempo fa, quando due amici si scambiavano i turbanti,

diventavano come fratelli e si rispettavano e si comportavano

come tali; l’onore del nuovo fratello andava considerato come se

fosse il proprio.

INDIA PRIMA DEL 1947

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INDIA DOPO IL 1947

PUNJAB DOPO IL 1947

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TURBANTE NELLA RELIGIONE

SIKH Nella religione Sikh la storia del rispetto del turbante è vecchia

quanto la religione stessa. Il suo fondatore, Guru Nanak Dev ji,

per rendere evidente il rispetto dei capelli indossava un turbante.

Quando Guru Nanak Dev ji da piccolo andava a scuola,

accompagnato dal padre Mehta Kalu ji, aveva un bellissimo

turbante sopra la testa.

La principale società Shiromani Gurdwara Commettee conserva

quadri antichi che rappresentano eventi importanti della vita dei

Guru disegnati da vecchi artisti; in questi quadri i Guru e i sikh

sono sempre rappresentati con il turbante.

Anche il compagno di viaggio di Guru Nanak Dev ji, Mardana ji,

aveva i capelli lunghi e portava il turbante e così anche negli

antichi dipinti nei quali sono rappresentati insieme.

Durante il regno dei sikh con Maharaja Ranjit Singh fu donato

molto oro da parte di quest’ultimo per la costruzione del tempio

d’oro che si trova ad Amritsar.

La porta principale è ricoperta d’oro e su di esso sono raffigurati

Guru Nanak Dev ji e Bhai Mardana Ji, i quali stanno indossando

il turbante.

Durante il regno dei Sikh nel 1804 venne impressa sopra le

monete l’immagine di Guru Nanak Dev ji, sempre con il turbante.

Quando il Guru era soddisfatto dei servigi resi da qualcuno gli

donava un turbante; questa tradizione è ancora viva nella

religione sikh.

Infatti, quando una persona rende un importante servigio alla

società a titolo gratuito, gli viene donato un piccolo turbante

(sirpao).

Si narra che quando Nanak Dev Ji andò verso est per predicare

il sikhisimo a incontrò Salm Rane Johri a Bishambhpur.

Il Guru, vedendo la sua devozione, la fede e la servitù verso Dio

gli donò un turbante e lo nominò predicatore della religione sikh.

I Guru hanno insegnato a vivere ai Sikh con onore, a non

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inchinarsi mai davanti a nessuno tranne che al Guru Granth

Sahib Ji. I sikh sono stati i primi a protestare contro le oppressioni

fatte dagli imperi di allora. Guru Nanak Dev ji fu il primo a ribellarsi

contro Bawar, da lui soprannominato Jawar (che significa: “colui

che commette crimini”).

Il successore di Guru Nanak Dev ji fu Guru Angad Dev ji, il quale

seguì i suoi passi. Il terzo Guru fu Guru Amardas Ji che ricevette

in dono un turbante. Al tempo del quinto Guru c’era un ricercatore

chiamato Mustafà Fanni il quale, in un suo libro, scrisse che nel

giorno del Vaisaki i profeti si recavano al tempio d’oro dove

ricevevano in dono un turbante.

Ogni anno veniva donato un turbante a Guru Amar Das ji da parte

del Gurdwara. Il sesto Guru Hargobind Sahib ji, data l’importanza

del turbante, ne indossava abitualmente due. La bellezza di quel

doppio turbante era tale che il musicista del tempo Abdhulla

riteneva che avesse un fascino maggiore rispetto al turbante del

Re Zhahanghir dell’Hindustan.

Il doppio turbante era bello per due motivi:

1. Perché era indossato dal sesto Guru che ricopriva la

carica di maestro non solo nella vita terrena, ma anche in quella

dopo la morte. Perché i seguaci sikh del sesto Guru lo ritenevano

un maestro che segue la verità e la giustizia. Quegli stessi

seguaci rispettavano il sesto Guru più dello stesso Re.

2. Guru Hargobind Sahib ji si legava il turbante con le proprie

mani non come facevano altri Badsha (imperatori) dell’epoca, i

quali se lo facevano legare da altri.

Il sesto Guru per risvegliare la loro coscienza e per aiutarli a

prendere decisioni giuste, instituì l’Akal Takhat (luogo dove si

formulano e si approvano le leggi vere, che non facciano torto a

nessuno). Tutti coloro che erano vittime di soprusi del Governo

potevano chiedere ausilio in questo luogo, dove il sesto Guru

invitò tutti i fedeli ad unirsi a combattere contro le ingiustizie e ad

essere pronti per una eventuale guerra.

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Vedendo il coraggio del Guru molte persone vollero provare il

sentimento della libertà; il sesto Guru combatté quattro battaglie

in un arco di tempo compreso tra il 1622 e il 1634. In queste

guerre il Guru, nonostante disponesse di un numero di soldati

minore rispetto agli avversari, vinse tutte le battaglie.

Un Sikh, al di là della sua professione o del suo luogo di

residenza, riconosce l’autorità dell’Akal Takhat.

Maharaja Ranjit Singh, sovrano sikh del Punjab, pose l’autorità

dell’Akal Takhat ad un livello più alto, quello supremo.

Mustafà Fanni scrisse anche riguardo Guru Hargobind Sahib ji;

se nella battaglia il turbante di un soldato avversario cadeva, il

Guru si fermava e gli diceva in modo rispettoso di risistemarsi il

turbante, ribadendo che la sua battaglia non era contro il suo

onore, ma contro il sopruso.

Altri scrittori hanno raccontato che i Sikh non tolgono il turbante

neppure in guerra e che, quando si lanciano all’assalto degli

avversari, non tolgono il turbante dalle loro teste e non tentano

neppure di toccare il copricapo (il “dupattha”) delle donne o i loro

gioielli. I Sikh infatti rispettano il turbante, anche se è

dell’avversario.

All’epoca di Guru Hargobind Sahib ji c’era al potere Zhahanghir,

imperatore musulmano dell’Hindustan. Durante l’impero dei

musulmani nessun’altra persona, se non musulmana, poteva

montare a cavallo, portare con sé armi, indossare il turbante o

aspirare al trono.

Guru Hargobind Sahib ji indossava un doppio turbante, aveva

l’abitudine di tenere con sé due spade ed istituì il Sacha Takhat

(la vera sede del potere) costruendolo più in alto rispetto a quello

di Delhi e chiamandolo Akal Takhat.

In questo modo il Guru ha consegnato al mondo una nuova via,

dove la politica e la religione potevano avanzare insieme.

Guru Hargobind Sahib diede all’Akal Takht il potere supremo.

In seguito il decimo Guru, Guru Gobind Singh, nel 1699, il giorno

del Visakhi (giorno della nascita della religione del Khalsa), diede

ai Sikh un nuovo volto e contemporaneamente istituì il turbante

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come parte non trascurabile dell’abbigliamento, regalò ai sikh il

Sardari (un volto con il turbante) e gli insegnò come preservarlo.

Facendo così si oppose ai soprusi ricorrenti nel regno dei

musulmani del tempo.

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L’APPARIZIONE DEL KHALSA

Nell’antichità il vaisakhi era un giorno in cui si celebrava il primo

raccolto nella regione del Punjab. Ma acquisì un’ulteriore

importanza per i sikh il 30 marzo del 1699, quando il decimo Guru

dei sikh, Guru Gobind Singh Ji, in una città del Punjab, Anandpur

Sahib, preparò cinque persone dette “panj pyare” (i sikh più vicini

al Guru) dando vita al Khalsa panth (società sikh).

Per compiere questa divina azione il Guru utilizzò una

metodologia anomala.

Nella città Kesgarh, aveva invitato un grande numero di persone

attraverso delle lettere inviate nei giorni precedenti.

Si alzò in piedi prendendo una spada e disse: “Ho bisogno di un

capo per la religione. C’è un Sikh che voglia offrirmi la sua testa?”

Sentendo questo i Sikh si sorpresero, perché non si aspettavano

una richiesta di questo genere.

I cinque amati preparano l’amrit

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Nella cerimonia erano presenti migliaia di Sikh, sempre pronti ad

obbedire a qualsiasi ordine del Guru. Tra loro si alzò Bhai Daeya

Ram ed abbassò la testa davanti al Guru.

Questi lo prese e lo portò nella tenda, e dopo un po’ uscì con la

spada sporca di sangue e chiese una nuova testa. Nel frattempo

alcune persone scapparono dalla cerimonia, ma il signor

Dharmdas da Delhi si avvicinò al Guru e questi lo portò nella

tenda.

Dopo di lui sig. Mokamchand di Davarka, sig. Himat rai di Orissa

e sig. Sahib Chand posero la loro testa davanti al Guru e lui li

portò nella tenda.

Dopo averli vestiti con un abbigliamento sikh, li accompagnò fuori

dalla tenda, e così loro divennero i “panj pyare”.

Poi il Guru chiese una ciotola di ferro, nella quale mise dell’acqua

naturale e “ptasse”, si mise su un ginocchio, iniziò a mescolare

con una spada a doppio taglio e cominciò le preghiere di Jap ji

Sahib, Jaap Sahib, Sawaiye, Chopai Sahib e Anand Sahib. E

così l’amrit (l’acqua santa del battesimo) fu pronta.

I Panj Pyare bevvero l’acqua santa ed al loro nome fu aggiunto il

cognome Singh.

Il Guru diede l’ordine di indossare i cinque kakar: kesh (capelli),

karha (braccialetto di ferro), kanga (pettine), kashera (una

particolare veste intima), kirpan (pugnale).

I capelli hanno più importanza tra i kakar, perché sono un dono

della natura e fanno parte del corpo; tagliarli sarebbe contro la

volontà di Dio e per curarli è molto importante tenere in testa il

turbante che è diventato anch’esso una parte del corpo.

1. Kanga: questo pettine serve per aver cura dei capelli e si tiene

infilato tra i capelli.

2. Kesh: sono i capelli che si devono pettinare 2 volte al giorno.

3. Karha: i Sikh mettono un braccialetto di ferro e questo ricorda

loro il giuramento a Dio. Con queste mani non si devono

commettere atti ingiusti.

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4. Kashera: i Sikh indossano il kashera, e serve per ricordare a

un sikh di mantenere una relazione intima solo con il proprio

coniuge.

5. Kirpan: Guru Gobind Singh ji introdusse il kirpan (pugnale) che

essendo il simbolo del potere e del coraggio, serve per

combattere contro i vizi di un uomo meditando Dio. Viene

indossato sul corpo ma il suo legame è con lo spirito.

Le 5 k servono a combattere il male.

Guru Gobind Singh ji ordinò di credere in un solo Dio; diede

anche altri ordini come lavarsi di mattino, pregare e rispettare la

volontà di Dio. Il pugnale di un Sikh non può essere paragonato

all’arma d’oggi, perché il pugnale di un Sikh è il simbolo della

preparazione al combattimento contro il male in qualsiasi

momento.

Le 5 “k” della religione Sikh

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La Corona di stoffa

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MAHARAJA RANJIT SINGH

Maharaja Ranjit Singh ha diffuso la tradizione del turbante, e per

farlo spesso premiava coloro che indossavano un bel turbante. Il

cambiamento nell’uso del turbante è avvenuto quando le autorità

militari inglesi hanno cominciato a pensare che sotto il turbante

potessero celarsi persone agili e furbe.

Quest’impresa iniziò nel 1859.

Gli esperti dell’uniforme militare insegnarono il metodo con il

quale piegare una stoffa di circa cinque metri e, con quattro

pieghe, ottenere un turbante.

In questo modo alcuni strati del copricapo erano più in rilievo, e

il tubante diventava più elegante.

Maharaja Ranjit Singh

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Sotto il turbante di cinque metri venne chiesto di indossare un

altro turbante di circa la metà rispetto a quello sopra, per

proteggere i capelli, che si diffuse con il nome di fifty (cioè il 50%

di quello sopra).

Nel miglioramento del turbante l’imperatore del Patiala,

BhupinderSingh, ebbe un ruolo molto importante. Costui, infatti,

aveva l’obiettivo di far diventare il turbante importante ed

introdusse un nuovo stile per indossarlo chiamato Patialashahi

pag.

Questo tipo particolare di turbante si differenzia dagli altri per il

fatto che sulla fronte gli strati vengono sovrapposti con l’aiuto del

pollice ed ha un rialzo di due pollici sulla punta.

In questo modo il fifty era più visibile ed il turbante più bello;

l’ultimo strato presenta meno pieghe ed in questo modo appare

più liscio.

In Punjab il turbante più grande e pesante viene considerato

come il migliore. Negli anni ’70 il turbante venne tagliato in

lunghezza e cucito in larghezza; questo metodo è ancora oggi

utilizzato. In questo modo il numero degli strati diminuisce, ma il

turbante diventa più voluminoso dalla parte sinistra e destra.

Koh-i-Noor

La parola Koh-i-noor significa montagna di luce. Questo

diamante è l’unico ad essere cosi famoso e prezioso nel mondo.

Nel 1813 Koh-i-noor da Shah Sujah arrivò a Maharaja Ranjit

Singh. Maharaja Ranjit Singh lo teneva sempre legato sul suo

bicipite destro. Quando egli era malato pensò di donarlo al

Tempio d’oro (Sri Harmandir Sahib) ma morì prima di questo

evento. E dopo la sua morte il Punjab venne conquistato dagli

inglesi che conquistarono anche il suo tesoro insieme al

diamante Koh-i-noor. Il 6 aprile del 1850 koh-i-noor venne

trasportato in Inghilterra in una nave e il 3 luglio del 1850 venne

regalato alla regina Victoria. E dopo venne levigato e messo nella

sua corona. Questo diamante che oggi è nella famiglia reale

d’Inghilterra era di proprietà dei sikh.

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LA LUNGHEZZA DEL TURBANTE

Negli ultimi decenni del secolo scorso si pensava che la

lunghezza esatta fosse di 7/8 metri. I Nehang Singh (guerrieri

sikh) a volte indossano un turbante lungo 20/25 metri. Grazie ai

media sappiamo che il record del turbante più grande è di un

Neahang Singh (Majer Singh) che indossò un turbante di 30,6 kg,

lungo complessivamente 400 metri.

La sua lunghezza dipende dal piacere di chi lo indossa; alcuni

infatti preferiscono un turbante più corto, altri più lungo.

Akali Phoola Singh

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I COLORI

La natura di Dio è molto bella, ed è piena di colori altrettanto belli.

Nel mondo ci sono molte cose naturali la cui importanza dipende

dai colori.

L’uomo ama molto i colori, ogni persona ne ha uno preferito, che

mostra anche attraverso il suo abbigliamento, ed è attratto dagli

oggetti di quel colore privilegiato. Gli studiosi hanno dichiarato

che i colori hanno un enorme impatto sulle persone.

Ai Sikh residenti fuori dall’India vengono poste spesso domande

sul colore del loro turbante. Ogni persona per coprirsi fa una

selezione di vestiti, tenendo in mente un particolare colore. Nella

vita quotidiana i Sikh portano il turbante del proprio colore

preferito. Ogni colore ha diversi significati. Negli eventi importanti

il colore del turbante raffigura un particolare sentimento (gioia,

tristezza, etc).

Verranno ora citati alcuni esempi:

Nella cultura ci sono alcuni colori che hanno una certa rilevanza,

e nel mondo religioso pure. Questi colori sono anche citati nel

Guru Granth Sahib.

Oggi nei matrimoni punjabi (sikh) spesso lo sposo porta il

turbante di colore rosso, e la sposa il vestito rosso, perché questo

colore simboleggia l’amore. La persona la cui mente è

impregnata nei colori di dio, nel Guru Granth Sahib ji viene

rappresentato con il colore rosso. Il bianco è il colore della

religione in generale, simboleggia una persona donatrice, che

aiuta gli altri, pacifica e armoniosa; le persone anziane di solito

portano il turbante bianco, ciò significa che hanno vissuto la loro

vita con onore, e non “hanno macchie di peccati sul loro

turbante”.

Ma non tutte le persone che si vestono di bianco devono per forza

essere delle anime buone; nel Guru Granth Sahib Ji queste

persone vengono identificate con una similitudine: “gli aironi, a

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differenza dei cigni, non mangiano perle ma ranocchi” (notare

che entrambi gli uccelli sono bianchi).

Il blu è il colore dell’entusiasmo. Quando in una persona credente

nasce questo sentimento, questo è attratto dal blu. Una gran

parte dell’esercito di Guru Gobind Singh Ji (decimo Guru) portava

questo colore.

Il blu rappresenta anche uno spazio aperto, il colore del cielo, la

bandiera dell’ONU: il colore blu della bandiera testimonia che

l’ONU pensa all’umanità.

Il nero viene usato per protestare. La persona che vuole

combattere contro i suoi vizi, è attratta dal colore nero. Il Santo

Baba Fareed Ji portava vestiti di colore nero, ed ha scritto alcuni

inni nel Guru Granth Sahib Ji nei quali cita questo colore.

Per manifestare qualsiasi tipo di protesta contro ingiustizie le

persone portano il turbante nero.

Vari colori di turbanti

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I Sikh pensano: “Prima si accetta la morte, poi si comincia a

vivere”. Nel cuore di un uomo non deve esserci paura di questo

evento naturale, per questo Guru Gobind Singh Ji aveva deciso

di avere come colore della bandiera l’arancione (Kesri Nishan-

Sahib).

Il colore arancione-giallo è legato alla morte; anche in natura,

infatti, le foglie diventano di colore giallo quando giungono alla

fine della loro vita. Il 20 settembre del 1981, quando venne

arrestato il Santo Jarnail Singh Bhindrawala; egli indossava un

turbante di colore arancione per manifestare il suo coraggio di

fronte alla morte. Seguendo il suo esempio i Sikh portano il

turbante giallo quando vengono arrestati in difesa della religione,

o torturati fisicamente sempre in difesa di essa per dimostrare

che non hanno paura della morte e sono pronti a difendere la

propria religione. Bhai Harjinder Singh Jinda e Sukhdev Singh

Sukha nel giorno della loro impiccagione avevano il turbante

arancione. Nel marzo 2012 un altro sikh (Balwant Singh Rajoana)

era stato condannato a morte, ed egli aveva chiesto al popolo

Sikh di indossare il turbante arancione, o di mettere una bandiera

arancione sopra le proprie abitazioni per mostrare unione.

Questa manifestazione si sparse a macchia d’olio, ed ogni sikh

che era contrario a questa sentenza, mostrò il proprio disaccordo

indossando il colore arancione.

Questo costrinse il Governo indiano a ripensare a questo caso.

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LE DONNE NELLA RELIGIONE

SIKH Anche se si ritiene che la donna sia alla pari dell’uomo, nella

realtà la situazione è diversa.

C’è chi la definisce come una scarpa (per sottolineare la sua

inferiorità) e chi la definisce come la porta per l’inferno. Guru

Nanak Dev ji nel Sikhismo tentò di superare queste differenze

dicendo che l’uomo e la donna sono uguali. Secondo lui questa

divisione tra uomo e donna fu voluta da Dio per completare il

mondo, del quale non si conosce né quando sia cominciato né

quando finirà.

Nel Guru Granth Sahib ji c’è una frase che rappresenta Dio come

l’unione tra i due sessi: “Tu sei mio padre e tu sei mia madre”.

Quando il mondo venne concepito, la donna e l’uomo vennero

creati contemporaneamente, in quanto nessuno dei due avrebbe

potuto vivere senza l’esistenza dell’altro.

Guru Nanak Dev ji mentre stava fondando la nuova religione, si

batté anche in difesa delle donne, che allora venivano ritenute

inferiori all’uomo.

Ma come si può umiliare la donna, che è una figlia e dunque

rappresenta il gioiello dei genitori, è una moglie e incarna l’amore

del marito, è una madre ed è dunque colei che onora e si sacrifica

per crescere i figli?

Quando una donna diventa madre assume più importanza di

quanta non ne abbia già; essere madre è frutto di una vita da

moglie, e la maternità stessa deve essere sostenuta da molti

sacrifici.

A chi non piace la libertà?

E chi non vorrebbe vivere in libertà? Chi accetta con un sorriso

le catene che privano di questo diritto?

Una madre è in grado di sacrificare qualunque cosa per il proprio

figlio, anche la propria libertà; una madre che allatta il proprio

figlio si può paragonare ad una conchiglia che rende sempre più

luminosa la propria perla.

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Guru Nanak Dev ji girò tutto il mondo nel tentativo di diffondere

la conoscenza della nuova religione ai vari popoli, tentando

anche di uguagliare il livello della donna e quello dell’uomo

all’interno delle diverse società.

Sua moglie rimaneva sempre a casa e non lo seguiva per non

interferire con il suo viaggio; la sorella di Guru Nanak Dev ji ha

avuto un ruolo decisivo nel mandare suo fratello a professare la

religione Sikh.

Ha provveduto a comprargli un mandolino e tutto ciò che gli

serviva per il viaggio, e si è presa la responsabilità di occuparsi

della sua famiglia. Dopo Guru Nanak Dev ji si è attribuita

importanza alla parità tra i sessi.

Il Terzo Guru ha mostrato il suo dissenso nei confronti del velo

che copriva il volto e ha abbolito l’uso del rituale sati (quando il

marito moriva, la sua moglie veniva cremata viva), che era

ritenuta una delle tradizioni più ingiuste per le donne.

La bellezza dell’uomo e della donna sono uguali. I due sono

attratti l’uno dall’altra; perché quindi coprire solo la bellezza della

donna. Il Terzo Guru ordinò di eliminare questa pratica tra i Sikh.

Sha Dole, un importante fachiro di quei tempi, abitante del Gujrat,

aveva domandato al Sesto Guru dei sikh che legame ci fosse tra

uomini di religione e la donna.

Il Guru rispose dicendo che la donna ha un ruolo di grande

rilevanza. La donna è alla pari degli uomini nell’arte, nella

religione e nell’istruzione.

Il Decimo Guru quando diede origine al khalsa panth, rese

partecipe della cerimonia anche sua moglie Sahib Kaur; secondo

le regole religiose Sikh le donne e gli uomini si trovano allo stesso

livello. Una nuova vita nasce, infatti, solo dopo l’unione di un

uomo e una donna.

Infatti quando il Decimo Guru volle far nascere suo figlio khalsa

(cioè tutti i Sikh erano suoi figli) prese con sé Mata Sahib Kaur.

Lui aveva avuto il ruolo di padre dei Sikh e quello di madre era

stato dato a Mata Sahib kaur; il primo nutrimento era stato

composto usando le ptasse (un dolce fatto solo di zucchero) e

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Guru Gobind Singh ji le mescolò con il khanda (una spada a

doppio taglio).

Il khalsa prese il potere dal padre e la dolcezza dalla madre.

Per questo la storia Sikh non è famosa solo per le azioni degli

uomini ma anche grazie alle azioni delle donne. Guru Nanak Dev

ji era stato aiutato molto da Bebe Nanki ji (sorella di Guru Nanak

Dev ji) nella diffusione della religione sikh.

Bibi Bhanni (figlia del 3º Guru) con molta devozione e servendo

molto fedelmente era riuscita a far ottenere il trono al proprio

figlio.

Mata Bhag Kaur Ji

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E non lo fece solo per ricevere guadagni, ma perché sapeva che

il domani dei sikh era in pericolo e sarebbero serviti moltissimi

sacrifici per salvare il futuro, tanto che lei chiese che tutti i sacrifici

spettassero alla sua famiglia.

E le cose andarono secondo il suo volere; più tardi nella storia

toccò a suo figlio sedersi su una piastra (Guru Arjan Dev ji)

rovente e poi a suo nipote (Guru Hargobind Sahib Ji) toccò di

combattere per tutta la vita, e al figlio del nipote (Guru

Tegbahadhar Ji) toccò sacrificarsi a Delhi.

E così anche il nipote del nipote (Guru Gobind Singh Ji) dovette

sacrificarsi e quest’ultimo vide sacrificati anche i suoi 4 figli. Mata

Gujri ji (moglie di Guru Tegbahadhar Ji) è stata la prima donna a

sacrificarsi all’interno della religione sikh; seguendo le sue orme

molte donne si sono sacrificate a loro volta. A Lahore è presente

un grande monumento dedicato alle donne sacrificate per la

religione sikh chiamato “Sahid Ganj Singhnia”. Oggi sono ancora

ricordate Mata Bhag Kaur ji e Bibi Sahib kaur ji (da Patiala) per le

imprese compiute durante gli scontri.

In questo lavoro ci stiamo occupando del valore del turbante nella

religione Sikh; le donne Sikh non hanno nessun obbligo di

portarlo, ma è sempre importante coprire la testa o con un piccolo

turbante oppure con un chunni (foulard di circa 2 metri) fatto dài

una tela molto leggera. Anche ad esso viene attribuito lo stesso

rispetto del turbante, come l’uomo sikh è incompleto senza di

esso, così anche le donne sikh sono incomplete senza il chunni.

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PRIMA E SECONDA GUERRA

MONDIALE E I SIKH I Sikh con il turbante hanno partecipato con entusiasmo nei Paesi

europei e in Italia nella Prima e Seconda Guerra Mondiale. In

molte battaglie si sono sacrificati combattendo coraggiosamente,

ed hanno affrontato il combattimento mantenendo intatta la

propria identità religiosa, non rimpiazzando il proprio turbante con

alcun cappello. Nella Prima Guerra Mondiale (1914-1918), hanno

partecipato 1,600,000 soldati indiani, il 40% dei quali erano Sikh.

Tra il 1939-1945 2,500,000 soldati indiani, hanno partecipato ai

combattimenti della Seconda Guerra Mondiale dei quali il 42%

erano Sikh.

Prima Guerra Mondiale = 80,482

Seconda Guerra Mondiale = 89,218

Totale = 169,700

In queste due guerre 250 000 soldati indiani furono feriti e

divennero disabili, dei quali 109 045 erano sikh.

Nei luoghi in cui i soldati Sikh si sono sacrificati e sono stati

cremati, sia in Italia che altri paesi europei, è stata posta la

seguente epigrafe: “Ik Onkar siri WaheGuru ji Ki fateh sanskare

Gaye” in lingua Gurmukhi; oltre a questo è scritto il loro nome, il

nome della loro reggimento, l’età e la data di morte.

QUANTI SIKH PARTECIPARONO NELLE GUERRE MONDIALI?

Le forze Indiano-britanniche combatterono in Cina, Francia,

Turchia, Iraq, Iran, Egitto Palestina, a Gallipoli e nell’est

dell’Africa durante la Prima Guerra Mondiale.

Nella Seconda Guerra Mondiale la Compagnia Reale Indiana

faceva parte delle spedizioni britanniche del 1940, concluse con

l’evacuazione da Dunkerque (Francia).

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Le divisioni hanno anche combattuto nel deserto dell’ovest, in

Medio Oriente, Eritrea, Etiopia, come pure in Italia e partecipato

alla liberazione della Grecia.

Contro il Giappone le forze britanniche e indiane hanno

combattuto a partire dal 1942 fino alla vittoria nel 1945.

“Nelle ultime due guerre c’erano 83.005 turbanti portati da soldati

sikh uccisi mentre 109,045 furono feriti. Tutti morirono o furono

feriti per la Gran Bretagna e per il Mondo, senza nessun’altra

protezione oltre al turbante, simbolo di fede.” (Generale Sir Frank

Messervy k.c. s.I. b.e., c.b,d.s.o.)

Molte persone nel Punjab non sanno che i loro avi Sikh hanno

combattuto coraggiosamente in Europa; in particolare in Italia,

combatterono nella Seconda Guerra mondiale ed ebbero un

ruolo importante per la liberazione dell’Europa; essi pagarono un

prezzo molto alto per la liberazione del genere umano insieme

agli alleati, poiché erano una parte delle forze delle

Commonwealth.

Ci sono 15.519 sepolture di soldati britannici-indiani e 64.963

vengono commemorati. Un totale di 80 482 sono morti nella

prima guerra mondiale (1914-1918).

Ma di certo ci furono molte più vittime, i cui nomi non sono mai

stati registrati e di conseguenza mai commemorati.

Questo è dovuto sia alle circostanze di battaglia e forse anche

alla cattiva gestione degli avvenimenti. Ecco alcuni esempi: Il

signor Dominiek Dendoveeo dal Centro Documentario di In

Flanders Fields Museum, Ieper (Belgio) ha inviato il suo conto,

alla luce di alcuni fatti storici che è stato conservato al centro di

documentazione.

“Le perdite del 57esimo Wild fucilieri dei Baluchis 129 sono stati

grandi nel corso degli ultimi giorni di ottobre 1914 (durante la

battaglia 1ª Ypres).

Wild fucilieri hanno perso 300 su 750 uomini e 240 uomini uccisi

feriti o presi come prigionieri di guerra del regimento i Beluci. The

Menin Gate in Ieper ha il nome di 15 vittime del 47º reggimento

sikh, mentre solo il 27 aprile 1915 (durante la seconda battaglia

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di Ieper) su 444 uomini, 348 non ritornarono.Essi non sono stati

commemorati da nessuna parte. Tra il 24 aprile e il 1 maggio

1915, la divisione di Lahore aveva perso 3.889 uomini, il 30%

delle truppe che aveva impiegato; in 14 mesi il corpo indiano

aveva perso 34.252 uomini (morti, feriti, prigionieri, malati di

guerra) sul fronte occidentale. Per onorare i 300 anni del Khalsa

e il sacrificio dei soldati sikh durante le guerre mondiali, la città di

Ieper insieme alla Comunità Europea Sikh organizzò una

celebrazione di pace il 4 aprile 1999 al Palazzo del Tessuto a

Ieper, in Belgio.

I Sikh aiutarono l’Italia durante il terribile e doloroso periodo della

guerra.

È interessante notare che il numero dei Sikh in Italia è secondo

all’Inghilterra ed hanno stabilito circa 34 Gurdwara.

Una celebrazione tradizionale viene organizzata ogni anno l’11

novembre (Armistizio giorno 11 novembre 1918); migliaia di Sikh

arrivano da tutta Europa a Ieper, nelle Fiandre, per partecipare

alla parata del Poppy e rendere omaggio a Menon Gate, il

monumento nazionale della prima Guerra Mondiale in Belgio ed

Questa foto fu scattata nel 1943 durante la campagna di Sicilia

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a Hollebeke, un monumento costruito dal Governo belga ed

inaugurato dai “Panj pyare“ in memoria dei soldati. Vennero

invitati i componenti delle Gurdwara di Belgio, Olanda e Francia.

Nel marzo 2005 una legge vietò simboli religiosi in Francia; in

base a tale legge, agli scolari sikh venne vietato di indossare il

turbante.

Alle stesse persone che hanno combattuto per la libertà del

genere umano e per la salvezza di molti paesi, tra i quali anche

la Francia, è stato negato il diritto alla libertà.

World Sikh Shaheed Miltary Yaadgari Committee Italy (Forlì)

in memoria dei soldati sikh caduti nel mondo

Molti Sikh sono morti o sono rimasti feriti per la libertà della Gran

Bretagna senza nessun’altra protezione che il turbante.

Il diritto di un sikh di indossare i suoi articoli di fede è stato

contestato a scuola, sul posto di lavoro, nelle prigioni ed in altri

luoghi di pubblici.

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I Sikh soffrono alcune forme di discriminazione negli aeroporti

poiché indossano il turbante.

I Sikh si sono fatti avanti, si sono resi disponibili ed hanno aiutato

gli Europei al momento della grave crisi della Prima e Seconda

Guerra Mondiale ed hanno dato la loro vita in cambio di quella di

migliaia di persone. In cambio i Sikh oggi chiedono un mondo

libero, di poter godere del rispetto che si meritano loro e i loro

simboli di fede.

Solo allora i sacrifici dei nostri grandi antenati, che hanno dato la

vita per la libertà del genere umano, non saranno stati compiuti

invano.

Queste sono le prime statue costruite in memoria dei soldati sikh

caduti nelle guerre. Sono state inaugurate nell’agosto 2011 dalla

comunità sikh e dall’associazione che si occupa del cimitero di

Forlì.

Ci sono un totale di 41 cimiteri e 4 memoriali nel sud e nord

dell’Italia, cioè cassino memoriale, Forli indiana cremazione

memoriale, Rimini gurkha cremazione memoriale e Fiume

Sangro monumento cremazione. War Graves Commission

register ha registrato 5.727 caduti nella seconda guerra mondiali

in Italia dal settembre 1943 al maggio 1945, di cui le forze

britanniche indiane nei cimiteri sono (2830) e i caduti nel

memoriale sono (2897). Rimini Gurkha è il cimitero più grande in

cui ci sono (618) soldati e altri sono Sangro River War Cimitero

(517), Forlì cimitero (492), Cassino War Cimitero (378). Cassino

memoriale è il memoriale più grande in cui furono defunti (1440

soldati), Forli cremazione memoriale (768), Sangro cremazione

memoriale (517). Nel registro vengono registrati anche 46 soldati

indiani nel prima guerra mondiale in italia.

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I SACRIFICI PER IL TURBANTE

Per indossare il turbante lottò anche il padre del grande martire

Bhagat Singh, che si chiamava Kishan Singh ed ebbe successo

nella sua azione.

A quel tempo tutti i prigionieri, tanto quelli politici che quelli

comuni, potevano coprirsi la testa solo con il cappello.La regola

valeva anche per i Sikh.

Quando arrestarono Kishan Singh gli diedero il cappello per

coprirsi la testa, ma lui rifiutò dicendo che un Sikh non può andare

contro la sua religione e coprire i suoi capelli con il cappello. La

lotta continuò per molti giorni ma alla fine, davanti alla sua dura

determinazione il Governo si arrese e furono distribuiti turbanti a

tutti i Sikh, lui compreso.

Questa nuova decisione aumentò la forza spirituale dei sikh e tutti

iniziarono a parlare dei fatti di Kishan Singh.

Così anche il Presidente della Commissione Shiromani

Gurdwara Parbandak Committee, il grande partigiano Khark

Singh, dovette lottare fortemente contro gli inglesi per poter

indossare il turbante nero nella prigione indiana.

Il Governo inglese lo deteneva nella prigione Dehra baba Gajji

Khan ed era estremamente attento a qualsiasi avvenimento, per

impedire che gli indiani si unissero sotto un’unica bandiera. In

quel periodo i Sikh indossavano il turbante nero per ricordare il

dolore del sanguinoso episodio di Nankana Sahib; il solo fatto di

indossare un turbante dello stesso colore rendeva i Sikh più uniti

e questo preoccupava molto il Governo.

Per questo gli inglesi avevano proibito a Khark Singh di indossare

il turbante nero.

Lui rifiutò affermando che gli inglesi non potevano decidere di

quale colore avrebbero dovuto essere i loro turbanti. Così iniziò

la protesta nella prigione.

Per togliere la macchia della sconfitta, questa volta il Governo

inglese non gli permise di indossare il turbante nero, ma lui era

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assolutamente deciso a metterlo. Alla fine gli inglesi gli tolsero il

turbante usando la forza.

Per protestare contro questa vergognosa azione egli rifiutò di

mettersi i vestiti tranne il Kashera (una particolare veste intima).

Vedendo lui anche gli altri prigionieri politici fecero la stessa

cosa.Gli inglesi alla fine torturarono Khark Singh.Dopo aver fallito

in questo tentativo gli fecero molte offerte, ma non riuscirono a

scendere a compromessi.

La protesta durò cinque anni e mezzo; dopo questo interminabile

tempo trascorso in prigionia questo figlio del Punjab ottenne di

indossare il turbante del colore che preferiva.

Khark Singh si mise solo il kashera in tutte le stagioni, rimanendo

fermo sulla decisione che si sarebbe rivestito solo quando fosse

stato libero di indossare il turbante nero.

Alla fine nel 1927, il Parlamento decise di liberarlo e questo eroe

Sikh uscì indossando il turbante nero, ed in ogni luogo venne

festeggiata la sua vittoria.

Per questa grandiosa impresa nella storia gli è stata dedicata

l’intitolazione di una strada, nella capitale dell’India a nuova Delhi. (Sikh da Satkar: Dastar DOTT. Sarup Singh Alag).

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LA LOTTA DI UN RAGAZZO SIKH

IN INGHILTERRA

In una città inglese di nome Wolverhampton un ragazzo sikh fu

espulso dalla scuola nel 77-78 perché indossava il turbante con

l’uniforme. Secondo i gestori della scuola questo rovinava

l’aspetto dell’uniforme stessa.

Il ragazzo disse al Preside: “Io ho indossato l’uniforme necessaria

e per ordine del mio grande e puro Guru non taglio i capelli e

indosso anche il turbante e su questo nessun Preside dovrebbe

obiettare”.

Però il Preside non ascoltò uno studente di prima media e lo

espulse dicendo che non indossava l’uniforme nel modo

completo.

Il ragazzo uscì tranquillamente dalla classe, scrisse il riassunto

dell’episodio su un cartellone e se lo appese sul petto; poi si mise

sul marciapiede davanti alla scuola per protesta. Le lezioni

finirono, ma lui rimase fermo sul marciapiede.

I passanti lo vedevano, gli chiedevano il motivo della sua

protesta, gli davano ragione e iniziarono a protestare contro il

Preside.

Il fatto arrivò fino al Governo inglese.

Il giorno dopo un rappresentante della comunità Sikh andò da

Kulwinder Singh che aveva passato tutta la notte al freddo, ma

che non si era ritirato dalla protesta. Questo funzionario ascoltò

tutta la storia del ragazzo e gli diede il permesso di andare a

scuola indossando il turbante.

E cosi tutta l’Inghilterra capì quanto sono importanti i capelli e il

turbante per i sikh, beni ai quali un sikh non può rinunciare.

Ricordando queste storie che hanno come protagonista il

turbante, si dice che questo è l’identità dei Sikh, ne è distinzione

religiosa, riconoscimento sociale, maestà culturale e grandiosità

personale.

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Un altro evento negativo accadde a proposito del turbante.

Il giorno 23 del mese di Dicembre 1982, sul giornale americano

Los Angeles Times, venne stampato un articolo che riguardo un

americano di nome Gurusant Singh Khalsa, convertito al

Sikhismo ed anche in quell’occasione si vide come, pur in un

paese aperto come l’America, le differenze culturali non giovino.

Hellen Haris diventato Gurusant Singh disse che voleva

diventare un militare e servire lo Stato.

La storia ci dice che non c’è nessuno più coraggioso dei Sikh,

tanto che tutti con onore li chiamano “i militari dalla nascita”. Haris

disse che lo Stato e la religione avrebbero dovuto essere d’aiuto

per le sue buone intenzioni e in qualsiasi caso non avrebbero

dovuto ostacolarlo perché entrambi dovevano desiderare il suo

bene.

Gli ufficiali militari gli dissero che il nemico in guerra, può usare

gas e con la barba ed il turbante non era possibile indossare la

maschera.

Gursant rispose che era colpa della maschera, non della barba e

del turbante e chiese di produrre maschere adatte anche per la

sua situazione. Accolsero la sua richiesta poiché era ben

motivata.

In un secondo momento, il Governo disse che nelle situazioni

critiche è già difficile correre indossando la maschera e che

dunque il rischio di morte aumentava per una persona che

indossasse anche il turbante.

Per smontare questa teoria con la forza della realtà un sergente

Sikh, Kiranveer Singh, propose all’esercito una sfida.

Fece le flessioni e una corsa veloce lunga 2 miglia indossando la

maschera e il turbante, arrivò primo su 5000 soldati e fu nominato

il corridore più veloce.In tutta l’impresa non cadde né la maschera

né il turbante.

Non vedendo altre vie, i soldati andarono anche da suo padre per

convincerlo a farlo tornare dalla loro parte; il padre disse che era

vero, all’inizio neppure lui era concorde con l’idea che il figlio

avesse scelto un’altra religione.Ma visti i suoi miglioramenti,

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anche lui si era sentito felice per la sua conversione al Sikhismo.

La storia Sikh è una storia piena di guerrieri e per questo disse il

padre anche mio figlio può diventare un ottimo militare.E in più

affermò che alla Nazione era indispensabile a un soldato

disposto a proteggere il proprio Stato, che non ci si doveva

concentrare sul fatto che questi potesse avere la barba o il

turbante e invitò l’esercito ed il Governo americano a riflettere su

queste parole. Alla fine Gursant Singh fu arruolato nell’esercito e

molti altri Sikh lo seguirono, nella polizia e nell’ esercito.

Il poliziotto Baltej Singh Dhillon, Amrit Singh Rai e Avtar Singh

Dhillon sono persone valorose che hanno fatto la loro parte nella

lotta per il turbante e ne hanno aumentato il valore.

Con queste imprese impegnative e dolorose tutti hanno capito la

grandezza del turbante ed anche che un Sikh può rinunciare al

suo lavoro, ma non al turbante e tutti sono disposti a difendere il

suo splendore e sono pronti a far parte della grande storia del

turbante. (Sikh da Satkar: Dastar Dott. Sarup Singh Alag).

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LA PROTESTA PER IL TURBANTE

IN INGHILTERRA

Quando fu posta in vigore la legge che obbligava ad indossare il

casco sui veicoli a due ruote per scongiurare i troppi incidenti, i

motociclisti sikh si trovarono in difficoltà. Infatti non potevano

pensare di mettere il casco sul turbante.

Per questo i Sikh smisero di usare i veicoli a due ruote, ma non

si misero il casco.

Questo fatto scatenò una protesta. Un membro del Parlamento,

Signor Sidney Mr. Bidwell, fece causa a questo provvedimento

per aiutare i sikh.

Anche lo scrittore Sroop Singh Alag, in quei giorni in Inghilterra

per motivi di studio, raccolse materiale riguardante il turbante e

lo diede al signor Sidney.Per prendere una decisione ci furono

discussioni in Parlamento di intere notti per alcuni giorni. Molti

membri dello stesso poi sorpresero l’Inghilterra parlando

dell’importanza e della grandezza del turbante.

Dissero anche che leggendo la storia Sikh si poteva

comprendere che i capelli, la barba e il turbante sono una parte

molto importante del loro corpo.

Mr. Bidwell disse a tutti i membri che tenere i capelli lunghi e

indossare il turbante rappresentava l’identità dei sikh.

Aveva chiesto ad un Sikh, che lavorava nella costruzione di un

parcheggio, cosa avrebbe fatto se avesse dovuto indossare un

casco per la sua sicurezza e aveva facilmente risposto dicendo

avrebbe lasciato il lavoro.

Era evidente dunque, che i Sikh rispettavano molto le regole della

loro religione e per questo erano pronti a rinunciare al loro lavoro,

come se niente fosse.

Secondo le parole di Mr. Bidwell, i Sikh erano molto laboriosi e

grazie ai loro talenti, si stavano integrando nella società

britannica.

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Li definì come pienamente affidabili, rispettosi della legge e

persone di cui ci si può fidare completamente e di cui essere

orgogliosi. I capelli lunghi coperti da un bel turbante, li

differenziano dagli altri. Un altro membro molto celebre ed

importante del Parlamento inglese, Churchill, disse: “Mi dispiace

che a causa del poco tempo a disposizione stiamo rovinando i

valori delle cose religiose e della società, ma dobbiamo essere

fieri e d’aiuto alle persone che vogliono conservarle.I Sikh

vogliono l’aiuto e noi felicemente dovremmo darglielo”.

Una persona che conosce la storia Sikh, le relazioni con

l’Inghilterra, il loro coraggio, e le loro imprese deve dire che i sikh

possono guidare i veicoli a due ruote e lavorare indossando il

turbante perché è un loro diritto religioso.

Churchill disse anche che gli inglesi erano in debito con i Sikh da

molto tempo. Quando in questo secolo (cioè il ventesimo) ci

siamo trovati in difficoltà, abbiamo avuto bisogno dell’aiuto dei

Sikh; questo ci è stato offerto e grazie a questo oggi possiamo

vivere orgogliosi e liberi.

In entrambe le Guerre Mondiali morirono, indossando i turbanti,

per noi.

In quel momento nessuno disse loro di mettere gli elmetti di

protezione perché sapevamo che avrebbero rifiutato e saremmo

rimasti senza il loro appoggio. Per le nostre difficoltà non li

obbligammo per mettere i caschi e adesso dovremmo essere

d’accordo con loro e lasciarli liberi di indossare il turbante.

Dicendo queste parole Churchill schierò il Parlamento dalla parte

dei Sikh.

Un altro membro del parlamento Lard Movre, disse le seguenti

parole a favore della comunità Sikh: “I Sikh sono uomini

fantastici, perché rimangono all’interno delle proprie regole morali

e sono onesti, non posso fare a meno di complimentarmi per il

modo in cui svolgono il loro compito. Vi porto un esempio reale

della 1ª guerra mondiale, in particolare la mattina del 4 Luglio

1915 un reggimento Sikh a Gallipoli (Turchia) è andato a

combattere; in questo c’erano 10 ufficiali e 700 soldati, la sera

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erano rimasti solo 2 ufficiali e 70 soldati, il rimanente dei soldati

erano deceduti, perché non si sono arresi, ma hanno continuato

a combattere.

Per cosa stavano lottando? Per se stessi?

No, per noi, o diciamo per il loro dovere, insegnato dal loro

maestro Sikh. Per questo noi dovremmo rispettare il loro

portamento religioso, in particolare il loro turbante. Questo è

anche un nostro dovere morale.

(Si può leggere questo discorso nel libro “The Turban Victory” di

Mr. Bidwell).

Infine, grazie al rispetto per i sentimenti religiosi dei Sikh, questi

hanno conquistato la possibilità di andare in moto o sui motorini

sulle strade inglesi portando il turbante. Questo cambiamento

nelle leggi ha portato gioia alla comunità Sikh, non solo in

Inghilterra, ma anche nel resto dei paesi dove essi vivono.

Se si guarda e si cerca di capire la lotta dei Sikh per i propri diritti

bisogna considerare la loro corona, il turbante, per mantenere il

rispetto del quale hanno lottato tanto e rinunciato molto, senza

mai allontanare dal corpo il proprio turbante.

Anche oggi per portare il turbante in molti paesi esteri i Sikh

hanno fatto richieste per il rispetto dei propri diritti, manifestando

per raggiungere il loro scopo.

Se nella religione sikh portare il turbante è importante, rispettarlo

lo è altrettanto perché i capelli sono un simbolo fondamentale.

LA QUESTIONE DELL’ACCESSO AL ROYAL CANADIAN LEGION, VANCOUVER.

Quando il signor Pritam Singh Johal, che indossava le medaglie

conquistate durante la guerra in Africa nell’Ottava armata inglese,

si recò al Royal Canadian Legion per partecipare alla cerimonia

in ricordo dei membri dello stesso esercito, venne fermato

all’ingresso insieme ad altri cinque soldati Sikh con turbante.

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Pritam Singh chiese il motivo per il quale era stato fermato, ed

ebbe come risposta che loro avrebbero potuto partecipare solo

se fossero venuti senza coprire la loro testa, perché questo

faceva parte delle regole.

Questo avvenimento divenne una delle questioni trattate nei

giornali del periodo; anche i membri del Royal Canadian Legion

rilasciarono dichiarazioni e in particolare affermarono che in tutti

i 1750 luoghi utilizzati per le cerimonie in ricordo dei soldati era

vietato accedere con la testa coperta.

Dissero infatti che, come i canadesi portavano rispetto a questi

soldati scoprendosi il capo, così anche i Sikh avrebbero dovuto

fare nei loro confronti.

Ricordarono che quando accedevano al tempio Sikh si

comportavano come loro, rispettando le loro tradizioni, ovvero

coprendo il capo e togliendosi le scarpe.

Quindi anche i Sikh avrebbero dovuto fare altrettanto, perché essi

erano i loro grandi amici. In Canada vivono infatti più di 10 milioni

di Sikh, tranquillamente, ed è noto che per loro la barba, i capelli

e il turbante, sono simboli religiosi.

I Sikh non accettarono queste spiegazioni, affermando che tra le

cerimonie del Legion e le cerimonie Sikh c’era molta differenza,

perché le cerimonie del Legion non erano di tipo religioso. Inoltre

affermarono che i Sikh avevano combattuto al loro fianco,

portando il turbante; i soldati Sikh dell’esercito del Canada,

dell’America e dell’Inghilterra indossano il turbante.

Va ricordato che sikh possono essere e sono le guardie del corpo

della Regina Elisabetta e che lei non ha mai espresso riserve

rispetto al fatto che i Sikh portino il turbante, anche se tutti

salutano la Regina scoprendosi il capo.

Se i Sikh potevano svolgere tutto questo, era difficile capire

come in questa cerimonia si ponessero così tante barriere. In

un paese così libero questo è diventato un modo per ferire la

comunità sikh.

Sul giornale della città di Toronto, il canadese Mcmullan pubblicò

una lettera in cui ricordò il coraggio dei Sikh, la loro solidarietà e

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di conseguenza affermò che essi avrebbero dovuto partecipare

alle cerimonie del Legion.

Il 18 giugno del 1994, nel giornale indiano Ajit, gli abitanti

canadesi Sikh Amar Singh Bhullar ripresero il discorso scritto da

McMullan.

Nel 1973 questi scrisse che un professore della Nuova Zelanda

gli aveva raccontato la sua vicenda: nella Seconda Guerra

Mondiale era stato arrestato insieme a due soldati Sikh, i tre poi

erano stati portati in un carcere militare dove egli a causa del

freddo e della scarsa alimentazione, si era ammalato.

I due Sikh per salvare il compagno, avevano fatto di tutto, gli

avevano dato i loro pasti e lo avevano coperto con i loro

indumenti, rimanendo essi stessi senza.

Grazie a loro lui era salvo e una volta liberato, era diventato

professore.

Prima di morire aveva lasciato il proprio patrimonio a nome della

comunità Sikh.

Lui si era recato all’Associazione sikh SGPC ad Amritsar, a cui

quest’uomo aveva lasciato i documenti del patrimonio.

Facendo ciò gli era sembrato di restituire parte di quello che i due

soldati Sikh avevano fatto per lui.

Mcmullan portò questo esempio per dimostrare ai canadesi il

coraggio dei sikh; dunque fermare i Sikh al Legion sarebbe stato

come fermare una divinità in un luogo sacro.

L’organizzazione nazionale del Legion rispose che questo

problema era stato posto da un ramo del Legion, ma a livello

nazionale il problema non esisteva.

Di conseguenza venne concesso ai sikh il diritto di entrare nelle

cerimonie del Legion portando il turbante; in questo modo il

Legion aveva dimostrato di rispettare e stimare il portamento Sikh

e di aver capito inoltre che non aveva senso porgli il veto del

turbante.

E non è tutto.

Il Sikh Gurbaksh Singh Malhi, membro del partito liberale del

Canada, entrò nel parlamento canadese e divenne sei volte

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ministro, ottenendo sempre un numero crescente di voti grazie al

suo buon lavoro. Tutti i parlamentari canadesi diedero il

benvenuto a Gurbaksh Singh, rispettando il suo portamento con

grande convinzione.

JAGMEET SINGH DHALIWAL

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Il 13 aprile del 1994 è stata festeggiata la nascita del Khalsa

(Vaisakhi) e il Parlamento canadese ha partecipato per la prima

volta e da allora ogni anno, dimostrando così la grande

importanza che viene attribuita alla popolazione Sikh.

Nel 1999 poi è stato emanato un francobollo con simbolo dei

Sikh.

Il Parlamento canadese, come abbiamo visto, ha accolto anche

rappresentanti Sikh che sono stati eletti. Tra di loro c’era anche

un giovane sikh di 32 anni, Navdeep Singh Bains, eletto ben 3

volte consecutive. Jagmeet singh dhaliwal è un membro del

parlamento provinciale nel Ontario Canada.

Grazie ai ministri Sikh ed alle associazioni è stato possibile

mantenere vivo in America e in Canada l’onore dei Sikh e del loro

turbante. (Sikh da Satkar: Dastar Dott. Sarup Singh Alag).

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LA POSIZIONE DEL TURBANTE

Oggi giorno si può notare che sulle teste dei Sikh ci sono bei

turbanti.

Li vediamo anche sulle teste dei sikh che non hanno una

particolare attenzione verso la religione, come ad esempio il

gruppo politico Marksvadi, Harkrishan Singh Surjit, Sant Singh

Sekhon, Gurbaksh Singh Preetlari, Sohan Singh Josh ecc…

Queste persone hanno sempre tenuto il turbante sulla testa con

molto onore.

Gurbaksh Singh Preetlari nella sua vita considerava molto

importante il turbante ed infatti nella sua biografia ha scritto un

importante articolo su di esso.

Ai tempi della sua permanenza all’estero per motivi di studio,

proprio grazie al suo turbante bianco, tutti gli tributavano amore

e rispetto; lui riteneva addirittura di essere diventato famoso e

come scrittore, e per aver indossato il turbante.

Nella storia ci sono state altre persone molto importanti che

portavano il turbante: L’ex presidente dell’India Ghiani Jail Singh,

il Maharaja Bupinder Singh, Swaran Singh, Gurdeal Singh

Dhillon, Hukam Singh e il Maestro Tara Singh.

La loro fama internazionale è dovuta anche al fatto di aver

indossato il turbante.

La vita politica di qualsiasi Sikh non ha mai cambiato le regole

fondamentali della religione cioè curare i capelli, la barba e

indossare il turbante.

Anche se le persone sono tutte differenti ed hanno opinioni

diverse, grazie al turbante restano sempre vicine.

Il Primo Ministro indiano, Manmohan Singh, e il Generale Bikram

Singh dell’Armata Militare Indiana portano entrambi il turbante.

Qualche tempo fa, a Vancouver (Canada), su un canale

televisivo venne mandata in onda un’intervista a Roonie Smith,

un medico che ha come hobby suonare musica e cantare, e che

ha creato una sua band musicale.

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Roonie non si taglia né i capelli e né la barba, ed indossa un

turbante di colore arancione. Quando gli è stato chiesto il motivo,

lui ha risposto che a suo giudizio una persona che si tiene i capelli

lunghi e si mette il turbante cambia il suo modo di convivere con

gli altri, e lo cambia in meglio.

Raccontò anche che se avesse rinunciato ai capelli lunghi ed al

turbante non sarebbe più stato lo stesso bravo dottore e neppure

lo stesso bravo cantante.

La domanda successiva fu se lui fosse o meno un Sikh; lui

rispose che non era un Sikh, ma che li stimava per il fatto che

avevano molta cura per i loro capelli e il turbante e disse che

stava facendo ricerche in modo da imparare di più sulla loro

cultura.

Il 18 settembre 2003 a Vancouver egli organizzò un programma

per informare la gente del significato del turbante; in questa

occasione poté fare un piccolo intervento il Dr. Saroop Singh

Alag. Molte persone si erano dimostrate particolarmente

interessate alle origini del turbante ed allo studio del suo valore

religioso. Questo programma durò più di sei ore, durante le quali

venne spiegata con grande accuratezza ogni piccola parte del

turbante. Parteciparono molte persone, di età differente, e tutti

erano i benvenuti.

Le persone che avevano sponsorizzato questo programma

dissero che, come Maharaja Ranjit Singh promise un cavallo a

colui che avesse portato il turbante più bello, così loro avrebbero

regalato una macchina nuova alla persona che avesse indossato

il miglior turbante.

Nello stesso programma a molti bambini furono regalati come

premio Khanda in oro, medaglie, Karha (braccialetti), occhiali

costosi, orologi, turbanti e centinaia di dollari.

Le persone dai 5 ai 94 anni parteciparono a questo programma

e vennero premiate. Il Sig. Lekh Raj Sharma, di 93 anni venne

premiato con un Khanda d’oro per il bel turbante che portava e

una ragazza di carnagione bianca di nome Alison che

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indossava un turbante venne premiata, disse che portare il

turbante era stata per lei una cosa molto importante.

LA MODA NELLA CULTURA MONDIALE

DI COPRIRSI I CAPELLI E LA TESTA

Anche oggi, nel mondo, solo la comunità Sikh si copre il capo e i

capelli con il doppio turbante molto elegantemente.

Se guardiamo però con attenzione le altre culture nel mondo,

vedremo che coprirsi il capo e i capelli è stato sempre molto

importante e per alcune di queste lo è ancora.

In India, quando regnavano i Mogul, solo i musulmani potevano

portare il turbante; i Sikh, però non seguivano questa regola e per

questo motivo molti di loro furono uccisi. I sovrani islamici

credevano che il turbante fosse simbolo di sovranità e quindi

ritenevano di doverlo dare solo ai loro fratelli musulmani.

Quando finì il regno dei Mogul, e insieme ad esso la sovranità

islamica, essi persero anche il turbante dal loro capo, ma le

famiglie importanti continuarono a portarlo. Anche oggi la gran

parte dei sacerdoti musulmani porta il turbante. Negli stati Arabi

e negli stati Africani, anche se oggi non si porta il turbante, si

copre comunque il capo con un tessuto.

Sono testimoni di questa cosa i ricchi degli stati di Ambras,

Bahrain, Sharjah, Palestina e Dubai. A parte tutto questo anche i

musulmani in giorni particolari o durante le cerimonie religiose

coprono il capo e se non riescono a portare il turbante, di sicuro

indossano un cappellino bianco.

Quando festeggiano Id al-Fitr o altre feste religiose in Moschea,

tutti insieme leggono la preghiera e nessuno sta a capo scoperto.

In alternativa portano il Kulla (che è un turbante a cono), il

cappellino turco di colore rosso.

Nel mondo molti professori, scienziati, filosofi e ricercatori

tengono i capelli lunghi e li coprono in qualche modo.

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Anche oggi chi discute la tesi o ritira un diploma spesso copre il

capo.

Anche un giudice che debba emettere una sentenza lo fa, inoltre

il grado dei militari e delle forze dell’ordine viene riconosciuto

attraverso il cappello e le stellette che portano. In India, in molti

luoghi, le famiglie importanti coprono i loro capelli con il turbante;

in Rajasthan i Rajput portando turbanti e si sentono come dei re.

Se guardiamo la storia dell’India da questo punto di vista,

vedremo che anche i non Sikh portavano il turbante; ad esempio

il secondo Presidente indiano disse che senza turbante

sembrava che mancasse qualcosa.

Se diamo un’occhiata all’Induismo possiamo trovare la storia di

Krishan e del suo caro amico Sudhama, il quale era talmente

povero che fu costretto a rivolgersi a Krishan per avere un aiuto.

Quando Krishan vide che egli aveva dei vestiti strappati ed era a

testa nuda, lo portò a palazzo e dopo avergli dato da mangiare,

per prima cosa gli fece portare un turbante su un piatto d’oro. Da

questo è facile intuire quanto fosse importante il turbante anche

per gli Indù.

Se osserviamo alcuni stati esteri, vedremo che in Russia, ad

esempio, le persone per salvarsi dal freddo tengono sempre la

testa coperta, anche gli inglesi per la loro personalità, tengono il

cappello in testa, i ricchi giapponesi si coprono il capo, ed anche

gli eschimesi portano pellicce di animale per coprirsi il capo. I

filosofi antichi, persiani e ebrei, stavano attenti a coprirsi la testa

con un cappello alto non solo in questi stati ma, anche nel resto

del mondo, i sacerdoti ed altri religiosi cristiani, come il Papa,

tengono la testa coperta quando devono fare una dichiarazione

in pubblico.

Tutti questi fatti portano a pensare che all’inizio tutti si coprissero

la testa poi, piano piano, la moda ha proposto di tagliare i capelli

e il coprirsi il capo è rimasto in uso nella comunità. I ricercatori di

lingue dicono che le parole non nascono fino a che non sono

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necessarie; se valutiamo questa verità, notiamo che nelle lingue

principali è presente la parola che indica il turbante.

Nei paesi Arabi il turbante veniva chiamato “la corona degli

Arabi”.

Il clima costringeva le persone a tenere il capo coperto, perché il

gran vento sollevava sabbia che andava a finire nei capelli ed era

poi molto difficoltoso lavarli a causa della scarsità d’acqua; anche

se oggi non indossano il turbante come un tempo i loro antenati,

tengono ugualmente la testa coperta.

Un modello sikh che mostra la bellezza del turbante

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Negli Stati Arabi credono che fino a quando terranno la testa

coperta, la comunità araba non avrà mai fine.

Forse proprio per questo quando un Re musulmano muore viene

sepolto con il suo turbante.

Il turbante del politico arabo-talebano Osama Bin Laden ha

creato grossi problemi all’identità dei Sikh: l’aspetto del suo

turbante somigliava a quello Sikh, per cui le persone che non

conoscevano precisamente questi fatti confondevano i Sikh con

i talebani. Ecco, quindi, che diventa importante il motivo per cui

abbiamo scritto questo libro che è legato alla volontà che la

comunità italiana venga a conoscenza della nostra identità Sikh.

Dopo tutte queste argomentazioni è importante sottolineare che

i capelli vengono coperti con il turbante non solo dai Sikh o dagli

Indiani in generale, ma più o meno dai popoli di tutto il mondo,

soprattutto dalle persone importanti, ricche, dalle persone pure e

dalle persone religiose.

Anche per loro è molto importante portare il turbante per coprirsi

il capo tanto da portarlo con sé nella tomba.

Il turbante fa riferimento ad un’antichissima cultura, come

possiamo essere tranquilli allontanandoci da esso? (The Sikhs

Malaysia, Marzo 1994). (Sikh da Satkar: Dastar Dott. Sarup Singh Alag).

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LA SITUAZIONE DEL TURBANTE

IN ITALIA

La comunità Sikh iniziò a giungere in Italia verso gli anni ’80; man

mano che aumentava la richiesta di manodopera altrettanto

aumentava il numero dei Sikh.

I Sikh che si sono recati all’estero hanno dovuto lottare per

mantenere intatta la loro identità, anche attraverso il turbante,

nonostante l’uso di questo fosse presente in varie forme in

diverse religioni e culture.

In Italia ci sono stati alcuni problemi legati, ad esempio, al divieto

di mettere foto con il turbante nei documenti d’identità.

Questi inconvenienti sono stati risolti a livello locale, grazie

all’aiuto di alcuni mediatori che spiegavano l’importanza

dell’indumento. Nel 2010, all’aeroporto di Milano-Malpensa, con

l’aumentare dei vari check-in, si è iniziato a far togliere il turbante

ai Sikh. Quest’azione era però di intralcio nella professione di

fede di una religione. I Sikh si sono quindi sentiti feriti.

Per questo le comunità sikh hanno cercato di intessere un

dialogo con le autorità aeroportuali, ma senza alcun successo. Il

consiglio nazionale Sikh dell’Italia “National Dharam Parchar

Commette”, ha promosso vari incontri con i rappresentati del

Governo italiano a proposito di questo problema.

Togliere il turbante di fronte a tutti è considerato da ciascun sikh

disonorevole. All’inizio ai viaggiatori Sikh veniva chiesto di

togliere e consegnare davanti a tutti il proprio turbante,

mettendolo nei cestini per la scansione insieme ad altri oggetti,

come le scarpe. I Sikh ritengono che il turbante non debba mai

essere ai piedi di nessuno, perché esso rappresenta l’onore di

una persona, quindi la vicinanza del turbante alle scarpe è

simbolo di sconfitta, quindi di disonore.Un Sikh non può

sopportare la vista di un turbante calpestato.

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Il turbante non è un cappello, che si può togliere e mettere in un

attimo; il turbante, per essere indossato, deve rispettare alcuni

principi che un Sikh segue rigorosamente. Ricordiamo che molte

persone agli apici della società Sikh sono state costrette a levarsi

il turbante, e ciò ha ferito profondamente i loro sentimenti Questo

problema è stato portato a livelli internazionali. A causa delle forti

pressioni da parte della comunità Sikh italiana, è stata creata una

stanza a parte per questo controllo in via separata; essa è anche

fornita di uno specchio affinché la persona che toglie il turbante

possa rifarselo in modo decente.

Comunità Sikh in piazza Santi Apostoli, Roma.

Il 25 settembre 2011 in Piazza Montecitorio e in Piazza Navona

a Roma, i sikh d’Italia si sono riuniti per far comprendere

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l’importanza del Dastar (turbante) alle autorità; questo giorno è

stato chiamato Dastar Day ed è celebrato anche in altre

importanti città europee.

Il problema del turbante negli aeroporti non è un problema

unicamente italiano, ma è anche condiviso da altre città europee.

La Sikh Federation (associazione presente in Inghilterra) nel

giugno del 2010 ha promosso una discussione con le società di

trasporto; la cosa è stata anche discussa nel Parlamento inglese

e si è giunti ad una soddisfacente conclusione per tutti.

Il 18 febbraio del 2011 fu implementato un nuovo sistema di

controllo negli aeroporti, in modo da poter fare sempre controlli di

sicurezza, ma senza togliere il turbante.

Allo staff che esegue i controlli è stato detto che, se con la nuova

modalità di controllo si fossero riscontrate irregolarità, si sarebbe

potuto chiedere al passeggero di togliere il turbante. Questo

metodo è stato messo alla prova per 18 mesi.

Il primo rapporto è stato consegnato nel dicembre del 2011 alla

commissione ONU. 18 mesi dopo il test terminò e fu inviato

l’ultimo rapporto.

In quel caso la commissione ONU confermò gli ottimi risultati di

questo test.

Venne chiesto alla società di trasporto di mantenere questo

metodo di controllo ancora 12 mesi e fu deciso di sollevare la

questione anche all’interno del Parlamento Europeo in modo da

risolvere il problema in tutti gli aeroporti europei, deliberando il

metodo di controllo sotto forma di legge.

Dopo 2 anni durante i quali l’Inghilterra ha usato il rivoluzionario

metodo di controllo chiamato Metal Detector Svaiv, l’UE ha

deciso di cambiare le leggi 185/2010 e 2010/774/EU.

I Sikh da diversi anni chiedevano che non venisse fatto un

controllo manuale del turbante: per discutere di questo nelle

Commissioni Europee si sono svolte varie riunioni con la Sikh

Federation.

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La Corona di stoffa

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Nel gennaio del 2013 all’ONU si sono svolte riunioni per parlare

dei problemi dei Sikh.

Prima i Sikh hanno avuto il permesso di portare le 5 k all’interno

della Commissione europea: i 5 k sono i 5 strumenti che un Sikh

deve avere con sé.

Tra questi c’è il kirpan, una spada usata unicamente per la difesa

propria e degli altri e mai con fini di attacco.

Il 4 febbraio 2013 l’ONU ha deliberato una nuova legge che

conferma l’utilizzo del nuovo metodo di controllo del turbante,

questa legge sostituisce le leggi 185/2010 e 2010/774/UE.

La nuova legge è la 104/2013/UE, e riguarda la libertà di

professione di qualunque religione, il rispetto per le persone e la

difesa dei diversamente abili.

Davinderjit Singh e Amreek Singh Gill, membri della Sikh

Federation, hanno affermato che, in qualunque città Europea in

cui l’aeroporto venga utilizzato da un gran numero di Sikh, sarà

implementato il nuovo metodo di controllo da parte dei Governi

dei vari Stati, e ciò a partire da Febbraio.

Questo metodo è in grado di rilevare anche un piccolissimo ago

e dunque si può fare a meno di toccare direttamente il turbante e

un pezzo di un tessuto chimico speciale viene toccato al turbante

e messo nella macchina per analizzarlo. È necessario a questo

punto affermare che i Sikh non sono contro i controlli, a patto che

essi non vadano contro i principi religiosi del passeggero.

A tal proposito, i Sikh ringraziamo il Governo Italiano e l’aeroporto

di Malpensa per aver implementato il nuovo sistema di controllo,

con la speranza che lo stesso venga adoperato da tutti gli

aeroporti europei.

REGOLAMENTO di ESECUZIONE (UE) N. 104/2013 del

4 febbraio 2013

Recante modifica del regolamento (UE) N. 185/2010 per quanto

riguarda il controllo dei passeggeri e delle persone diverse dai

passeggeri e il rilevamento di tracce di esplosivo (ETD) in

combinazione con il metal detector(HHMD) per la rivelazione dei

metalli. (Testo rilevante ai fini del SEE)

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LA COMMISSIONE EUROPEA,

Visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, Visto il

regolamento (CE) N. 300/2008 del Parlamento europeo e del

Consiglio, dell’11 marzo 2008, recante regole comuni nel settore

della sicurezza dell’aviazione civile e che abroga il regolamento

(CE) n 2320/2002, e in particolare l’articolo 4 della stessa,

Considerando quanto segue:

(1) Il regolamento (CE) n. 272/2009 del 2 aprile 2009, che

integra le norme fondamentali comuni sulla sicurezza

dell’aviazione civile stabilite nell’allegato del regolamento (CE) N.

300/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, prevede che

le disposizioni di applicazione da adottare a norma dell’articolo 4

del regolamento (CE) N. 300/2008 possono permettere l’uso del

rilevamento di tracce di esplosivo (ETD) e la ricerca a mano per

la rilevazione di oggetti metallici (HHMD) nello screening delle

persone.

(2) L’esperienza ha dimostrato che le ricerche a mano dei

passeggeri e delle persone diverse dai passeggeri non sono

sempre il mezzo più efficace per lo screening di alcune parti della

persona, in particolare quando queste non siano facilmente

accessibili, come copricapo, calchi in gesso o protesi.

(3) Le prove hanno dimostrato l’efficacia dell’uso combinato

di ETD e HHMD in tali casi. Inoltre, l’uso di ETD e HHMD può

facilitare il processo di selezione ed essere vissuta come un

mezzo meno invasivo di screening rispetto alla ricerca a mano,

costituendo così un miglioramento nell’esperienza vissuta dalle

persone sottoposte a screening.

(4) È quindi utile e giustificata per consentire tali metodi di

screening di quelle parti della persona dove una ricerca mano è

considerata inefficiente e/o indesiderabile, come nel caso di

alcuni copricapo, gessi o protesi.

(5) Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e

osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali

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dell’Unione europea, segnatamente la dignità umana, la libertà di

religione, la non discriminazione, i diritti delle persone con

disabilità, e il diritto alla libertà e alla sicurezza. Nella misura in

cui essa limita tali diritti e principi, tale limitazione è effettivamente

legata alla realizzazione di obiettivi di interesse generale e alla

necessità di proteggere i diritti e le libertà altrui, nel rispetto delle

condizioni di cui all’articolo 52 della Carta. Il presente

regolamento deve essere applicato conformemente a tali diritti e

principi.

(6) Il regolamento (UE) N. 185/2010 Occorre pertanto

modificare di conseguenza.

(7) Le misure previste dal presente regolamento sono

conformi al parere del comitato per la sicurezza dell’aviazione

civile istituito dall’articolo 19, del regolamento (CE) n 300/2008.

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

L’allegato del regolamento UE N. 185/2010 è modificato

conformemente all’allegato del presente regolamento.

Articolo 2

Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno

successivo a quello della sua pubblicazione nella gazzetta

ufficiale dell’unione europea.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e

direttamente applicabile in ciascuno degli stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 4 febrraio 2013.

Per la commissione

Il Presidente

José Manuel Barrosoen 2013/02/05 gazzetta ufficiale dell’Unione

Europea L34/13

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FRANCIA

Nella Prima e Seconda Guerra Mondiale 83005 militari Sikh che

portavano turbanti sono caduti per la libertà della Francia e

dell’Europa. In quell’occasione evidentemente il turbante non

aveva creato alcun problema; ecco che quindi interdire un

simbolo religioso a circa un secolo da quegli avvenimenti -come

ha fatto il Governo Francese- appare veramente intollerabile,

così come è contro i diritti umani obbligare a togliersi il turbante

ed espellere dalla scuola studenti sikh (Dharamvir Singh, Jasvir

Singh, Vikramjit Singh, Ranjit Singh, Gurinder Singh, Jasmeet

Singh e Maha Singh…). Ricordiamo che quei ragazzi si sentono

sikh francesi, parlano francese, abitano in Francia proprio mentre

quel Paese dice loro di non portare il turbante.

Inoltre la Francia ha ordinato di mettere fotografie senza turbante

su carta d’identità, patente di guida e altri documenti. I Sikh hanno

cercato di trovare una soluzione in vari modi, e parlato anche con

il Governo; però non hanno trovato altro che delusioni.

Sempre a questo proposito, di recente è accaduto un fatto che

ha avuto come protagonista un ragazzo di 16 anni di nome

Amritpal Singh Panjhatha (figlio di Basant Singh Panjhatha),

studente di prima superiore, che di ritorno a scuola dalle vacanze

il 7 gennaio 2013 (College Jacques Jorissen) è stato richiamato

dal Preside che gli ha intimato di togliersi il turbante.

Il ragazzo si è rifiutato di farlo dopo aver mostrato copia della

decisione presa dall’ ONU su un caso molto simile (quella che nel

2012 aveva dato ragione a tale Virkramjit Singh consentendogli

di portare il turbante).

Il Preside ha però risposto affermando di non voler rispettare le

decisioni prese dall’ONU, bensì quelle prese dal Governo

Francese: il ragazzo è stato perciò espulso dalla scuola.

Tuttavia occorre sottolineare che il Governo Francese, così

facendo, non è andato contro le decisioni prese dall’ONU;

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piuttosto ha messo a rischio il futuro degli alunni Sikh presenti nel

Paese. A causa di queste leggi, in base alle quali gli studenti

devono andare a scuola senza segni religiosi, moltissimi Sikh

sono costretti a frequentare la scuola con la teste scoperte, cosa

che va contro gli stessi principi sikh.

Moltissimi studenti pur di mantenere intatte la propria religione e

la dignità, hanno smesso di andare a scuola, altri invece hanno

dovuto tagliarsi i capelli.

In Francia questo problema non si è presentato solo in ambito

scolastico, ma anche nella produzione di documenti d’identità

come passaporti e patenti di guida: ad esempio, Singhara Singh

(52 anni) non può prendere né la patente e né il passaporto

poiché si è rifiutato di togliersi il turbante per fare le fotografie. A

Ranjit Singh (77 anni, in Francia dal 1991) nel febbraio 2002 sono

stati negati i documenti a causa della sua foto col turbante (il 14

gennaio 2003 ha fatto ricorso senza ottenere alcun risultato; anzi

ha continuato a presentare ricorsi ai vari livelli delle Corti di

giustizia, ma sempre senza successo).

L’organizzazione che difende i diritti dei Sikh nei Stati Uniti

(United Sikhs), nel dicembre del 2008, aveva presentato una

lettera al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite da parte

di Ranjeet Singh.

Ranjeet, pur essendo ammalato, dal 2005 non ha potuto

usufruire del diritto alla salute.

Lui, infatti, si era rifiutato di togliere il turbante e così non aveva

potuto prendere nemmeno il certificato di residenza che serviva

per poter usufruire dei servizi sanitari.

Lo United Sikhs in un comunicato aveva riferito che il Consiglio

dei Diritti umani delle Nazioni Unite aveva deciso che, se Ranjeet

Singh avesse tolto il turbante per poter avere la foto sulla carta

d’identità, il fatto sarebbe diventato oltraggioso per la sua libertà

religiosa.

La foto sulla carta d’identità, poi, lo avrebbe ritratto senza

turbante e così, laddove ci fossero stati dei controlli, lui sarebbe

stato obbligato a togliersi il turbante.

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Lo United Sikhs ha riferito che il Consiglio dei Diritti Umani delle

Nazioni Unite sosteneva anche che la Francia non avrebbe

potuto più spiegare queste decisioni con la sola affermazione che

il turbante rende difficile il riconoscimento delle persone perché il

turbante non ostacola per niente il riconoscimento.

È infatti evidente che è possibile vedere ed identificare

perfettamente il volto delle persone che lo portano che per giunta

lo indossano sempre e non solo in alcuni momenti. Per questo

motivo il Governo della Francia non vuole ammettere la legge 18

internazionale in vigore dal 4 Febbraio del 1981.

Nel gennaio del 2012 l’ONU ha preso le parti di Ranjit Singh nella

causa del turbante e ha chiesto al Governo francese di rispettare

le leggi, ma la Francia non ha nemmeno preso in considerazione

le decisioni ONU.

Nel Gennaio 2012 l’ONU, dichiarandosi a favore del caso di

Ranjeet Singh, aveva chiesto al Governo Francese di riflettere

sulla sua presa di posizione, ma fino ad oggi non ha ancora

accettato la decisione presa dall’ONU.

Recentemente l’ONU si è dichiarata a favore dello studente

Vikramjeet Singh, però i Sikh che abitano in Francia temono che

questo caso finisca come quello del sig. Ranjeet Singh. I Sikh

francesi hanno chiesto al Governo indiano di trovare soluzioni a

queste evenienze, ma non hanno riscosso successo.

Nel 2006, in Inghilterra, si è verificato un caso molto simile a

questo relativo alla signora Nadia Ivinda che lavorava presso la

British Airways.

La compagnia aveva ordinato alla signora di togliere la croce

cristiana che portava al collo perché non prevista dall’uniforme.

La signora sosteneva che questa era un suo segno religioso ed

il fatto di non indossarla avrebbe ferito i suoi sentimenti.

La compagnia non sentì nessuna delle sue sua ragioni e la

licenziò.

La signora portò innanzitutto il suo caso al Tribunale industriale,

che le rispose dicendo che la Compagnia non l’aveva in nessun

modo oltraggiata dal punto di vista religioso.

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Dopodiché la signora portò il suo caso alla Corte d’Appello prima

e poi alla Corte Suprema; in entrambi i casi vennero confermate

le decisioni prese dal Tribunale industriale.

La signora infine, alla Corte Europea dei Diritti Umani, ha ottenuto

una dichiarazione in suo favore.

Nell’anno 2007 la Compagnia ha ritirato le proprie accuse e ha

modificato la propria politica riguardo le uniformi riassumendo poi

la signora al lavoro.

Il caso del turbante, invece, è ancora bloccato, nonostante l’ONU

si sia dichiarata a favore dei Sikh.

Per essersi rifiutati di togliere il turbante anche in Belgio i ragazzi

sono stati espulsi dalle scuole, anche se fino ad ora in Belgio non

è presente nessuna legge paragonabile a quelle francesi. Anche

in Germania i Sikh sono molto preoccupati per le nuove leggi

contro i turbanti che potrebbe essere varate.

Oggi in Francia abitano più di 10000 Sikh e alcuni sono anche

cittadini francesi.

A Delhi, il 13 febbraio 2004, prima che la legge entrasse in vigore,

i rappresentanti dei Sikh spiegarono all’allora Ministro degli Esteri

francese l’importanza del turbante; il Ministro, quindi disse che

avrebbe trovato una soluzione molto presto.

L’8 Marzo 2004 l’allora Ministro dell’Istruzione francese affermò

che, quando la legge fosse entrata in vigore, avrebbe rispettato i

sentimenti dei Sikh.

Anche lo Shiromani Gurwara Parbandak Commettee ha scritto

diverse lettere per annullare il divieto di portare il turbante nel

seguente ordine: il 3 febbraio 2004 al Presidente francese e al

Segretario Generale dell’ONU, il 12 febbraio 2004 al Ministro dei

Esteri francese, 26 maggio 2005 al Segretario del Presidente

francese. Il Governo francese sostiene che è suo desiderio

rendere tutti i bambini uguali; anche se i bambini Sikh

smettessero di indossare turbanti, il governo francese di certo

non riuscirebbe a rendere uguali tutti i bambini perché comunque

i capelli dei bambini sikh rimarrebbero lunghi, cosa che di per sé

è già un segno di riconoscimento.

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Noi vorremmo che il Governo francese cambiasse subito

decisione riguardo al turbante e desidereremmo ricordargli che

dopo le discussione fatte nel Parlamento inglese (28 gennaio

1975, 23 gennaio 1976, 16 luglio 1976, 5 ottobre 1976, 28 ottobre

1976) durate intere notti, è stata presa la decisione togliere il

divieto posto sul turbante.

Soldati Sikh in Francia durante la prima guerra mondiale

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FAMOSO GRAZIE AL TURBANTE

“Nel mio paese e anche negli altri il turbante mi ha reso famoso

e importante, in tutto il mondo i punjabi mi hanno amato e mi

hanno rispettato”. Queste sono le parole dette da Fauja Singh, il

quale ha condiviso con tutti le sue esperienze negative. Egli fino

ad adesso ha partecipato a 13 maratone da 26 miglia ciascuna e

a parte queste ha partecipato a diverse gare. Egli è nato l’1 aprile

1911 nei pressi di Jalandhar, ed ora vive in Inghilterra.

Fauja Singh alle olimpiadi di Londra (2012) con la torcia olimpica

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Lui ha partecipato alle maratone in vari paesi del mondo. Egli

partecipò anche alla corsa con la Torcia Olimpica. Dal 2000 al

2002 egli ha partecipato alle maratone di Londra, Toronto, New

York, London Flora Marathon, nel 2003 al New York Marathon,

Glasgow City Half Marathon nel 2004, Honkong Marathon nel

2012 e nel 2011 è stato premiato in India con il premio chiamato

“Pride of India”. Nel 2012 ha corso con la torcia olimpica a New

Hampshire e tutta la zona venne colorata di arancione (colore

della bandiera del Khalsa). Egli ottenne il titolo del corridore più

anziano che corse con la torcia olimpica. Quando egli stava

correndo con la torcia olimpica tutti gli spettatori rimasero

sorpresi dal vedere una persona di 101 anni che stava

compiendo tale azione. Egli indossava una maglia di colore

bianco e un turbante di colore bianco.

Fauja Singh cominciò a correre all’età di 86 anni e egli ha

ottenuto più record di tutti gli altri della sua età.

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GLOSSARIO

Corano = il testo sacro della religione dell’Islam

Chunni = è una lunga sciarpa che è essenziale per molti indiani

abiti delle donne

Dastar = turbante nella lingua Punjabi.

Gurmukhi = è il nome della scrittura utilizzata per scrivere

principalmente punjabi e nella letteratura contemporanea.

Gurdwara = significa la Porta del Guru, ed è il luogo di culto per i

sikh.

Guru Granth Sahib Ji = il testo sacro della religione Sikh, che è

considerato un Guru vivente.

Kashera = sottoveste intima, uno dei 5 articoli di fede dati in dono

dal Guru.

Khalsa = l’insieme dei sikh forma il khalsa.

Khanda = simbolo sikh.

Karha = un bracciale rotondo in acciaio che fa parte dei 5 articoli

di fede

Nishan Sahib = è la bandiera santa di forma triangolare di cotone

o un panno di seta, con un fiocco alla sua estremità. La parola,

Nishan significa simbolo e la bandiera viene issata su un

pennone alto, al di fuori la maggior parte dei Gurdwara .

Panj Pyare = letteralmente significa i 5 cari, 5sikh nomianati dal

Guru Gobind Singh ji durante la creazione del khalsa.

Ptasse = un dolce fatto solo con zucchero.

Sir taj = corona imperiale.

Shiromani Gurdwara Parbandak Committee (SGPC) = è

un’organizzazione responsabile per il mantenimento delle

gurdwara, luoghi sikh di culto in tre stati Punjab, Haryana e

Himachal Pradesh.

Suryvanshi = antico clan indiano.

Dhoti = una specie di calzoni indù.

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Vaisakhi = si tratta di un giorno molto importante per i sikh ed uno

degli eventi più colorati del calendario Sikh. Si verifica durante

la metà di aprile di ogni anno e coincide tradizionalmente nel

Punjab con il primo raccolto delle colture per l’anno.

Storicamente, è stata una occasione molto gioiosa e un

momento di festa. Il 1699 aveva segnato l’evento più

significativo religioso della creazione del Khalsa.

Hindustan = un altro nome per indicare l’India. Mughal

(Mogul) = è una popolazione afghana.

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DIDASCALIA NOMI

GURU NANAK DEV JI: (1469-1539) è stato il fondatore del

sikhismo e il primo dei Guru sikh

GURU ANGAD DEV JI: (1504-1552) è il secondo Guru sikh

GURU AMARDAS JI: (1479-1574) è il terzo Guru sikh

GURU RAMDAS JI: (1534-1581) è il quarto Guru sikh

GURU ARJAN DEV JI: (1563-1606) è il quinto Guru sikh

GURU HARGOBIND SAHIB JI: (1595-1644) è il sesto Guru sikh

GURU HAR RAI SAHIB JI: (1630-1661) è il settimo Guru sikh

GURU HAR KRISHAN SAHIB JI: (1656-1664) è il ottavo Guru

sikh

GURU TEGH BAHADUR JI: (1621-1675) è il nono Guru sikh

GURU GOBIND SINGH JI: (1666-1708) è il decimo Guru sikh

MATA GUJRI JI: (1624-1704) dopo il battesimo Mata Gujar Kaur

ji. Era la moglie del nono Guru (Guru Teg Bahadur ji) e la

madre di Guru Gobind Singh ji.

MATA SAHIB KAUR:(1681-1770) è la moglie di Guru Gobind

Singh Ji

BEBE BHANI: (1535- 1581) era la figlia di Guru Amar Das. Ed è

stata una delle donne ad avere un ruolo principale nella storia

sikh

ZHAHANGHIR: Re dell’India al tempo del 6º Guru

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