Università degli studi di Verona
Facoltà di economia
Corso di laurea in economia del commercio internazionale
Rischi ambientali derivanti da un’industrializzazione selvaggia.
Il caso mimosa di Tezze sul Brenta
Premessa
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Il rischio ambientale connesso ad una industrializzazione selvaggia è una realtà molto
diffusa al giorno d’oggi, perché è sempre più nella mentalità dell’imprenditore
massimizzare il profitto e minimizzare i costi, a prescindere da tutto ciò che questa filosofia
possa comportare, danno ambientale incluso. I media negli ultimi decenni hanno mostrato
come i cambiamenti ambientali su scala internazionale hanno coinvolto a livello sociale,
economico e politico l’intera comunità; basta pensare ai problemi di desertificazione, buco
dell’ozono, eventi catastrofici, ecc., sono tutti episodi che caratterizzano il nostro ambiente e
che derivano da uno sbagliato approccio che l’uomo ha nei confronti dell’ambiente. Con la
mia tesi ho deciso di trattare uno di questi problemi ricondotto ad un’ottica di tipo aziendale,
legato al rapporto tra impresa e ambiente, concentrando l’attenzione sul danno ambientale
che la prima può provocare. La crescente competizione internazionale ha richiesto alle
aziende dei paesi più avanzati di analizzare al meglio il comportamento che esse possono
tenere nei confronti della variabile ambiente. Tuttavia alcune aziende non considerano
l’ambiente come un fattore rilevante all’interno della gestione, bensì come una risorsa da
sfruttare al massimo senza la minima preoccupazione. In ogni caso il rischio di carattere
ambientale colpisce, anche se con intensità diversa a seconda dei settori e dell’attività
svolta, tutte le imprese. Il rischio ambientale però è una particolare tipologia di rischio che
la maggior parte delle imprese ancora sottostima e gestisce in modo non appropriato. Il
rischio ambientale non deve essere visto solamente come l’evento catastrofico che colpisce
le imprese provocando danni e l’interruzione dell’attività, ma è giusto porre l’accento sulla
responsabilità dell’impresa verso terzi. A tal proposito ho esaminato il caso di una galvanica
di Tezze sul Brenta, la P.M. Galvanica, che essendo stata una delle prime industrie sorte nel
Comune di Tezze sul Brenta, è sempre stata vista come un’ottima “risorsa”del paese.
Tuttavia dopo quasi trent’anni di attività sono emersi i frutti di un’industrializzazione mirata
al lucro e non tanto alla salute dei dipendenti e tanto meno al rispetto dell’ambiente. La Pm
Galvanica effettuava il trattamento galvanico utilizzando molti materiali tossici, tra i quali il
cromo esavalente. Questo materiale è stato il principale fautore del disastro ambientale,
imputato alla suddetta galvanica e alla morte di alcuni dipendenti. Il cromo VI è
cancerogeno, mutageno, provoca aborti, sgretolamento delle ossa, l’insufficienza epatica
cardiaca e renale, dermatiti, perforazione del setto nasale preceduta da emorragie. E’ stato
accertato che già alla fine degli anni ’70 operai dell’allora Tricom (divenuta poi Pm
Galvanica) accusarono aumento di presenza di sangue nei capillari del naso, epistassi,
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lesioni alla mucosa , tracheiti, bronchiti, tutti disturbi che la letteratura medica associava e
associa all’esposizione ai bagni di cromo. Nonostante ciò i vertici della Tricom, e poi della
P.m., non avrebbero fatto verifiche mediche, non hanno provveduto ad una rotazione del
personale, così da ridurre i rischi, e in generale non hanno dotato l’impresa di adeguati
impianti per il trattamento dei fumi e la prevenzione degli infortuni e delle malattie. Io, nel
mio lavoro, ho analizzato soltanto l’impatto sull’ambiente che la galvanica P.m. ha avuto,
derivante da un mancato utilizzo degli opportuni metodi di depurazione e scarico. La
Galvanica però ha dichiarato fallimento il 24 dicembre 2004, quando le indagine erano
iniziate, pertanto le ingenti spese che sono state sostenute e le spese future, ha dovuto
accollarsele il comune. Le risorse economiche necessarie sono state fornite dai fondi
regionali della legislazione speciale per Venezia, grazie all’inserimento del comune di
Tezze nella nuova perimetrazione del bacino scolante nella laguna di Venezia, approvata
nell’anno 2000. “E’ un forte impegno a fronte di un episodio che ha suscitato parecchio
clamore e che riguarda un’area molto delicata, in quanto la zona è una delle principali fonti
di ricarica degli acquiferi veneti, una riserva fondamentale quindi per l’economia e per
l’utilizzazione da parte della popolazione (commenta l’assessore Padoin in un comunicato
stampa n.1486 del 30.09.2004). Con l’installazione di alcuni piezometri (punti di prelievo di
acqua di falda) all’interno dell’azienda è stato possibile conoscere il grado di
contaminazione della falda freatica sottostante l’area, che ha presentato una concentrazione
di cromo VI fino a mille volte superiore alla soglia ammessa della normativa vigente (DPR
236/1988, ora D.Lgs 31/2001).”In questa storia è coinvolta anche una famiglia trasferitasi a
Tezze nel 2001che , poco tempo dopo il trasferimento, avvertì strani sintomi: mal di testa,
prurito fastidioso, perdita di capelli; inizialmente si imputavano questi sintomi allo stress del
trasferimento. A un certo punto però i componenti della famiglia si sono resi conto che la
causa di tutto ciò fosse l’acqua e dopo averla esaminata hanno scoperto che da tempo
bevevano una sostanza contenuta nell’acqua: il cromo VI, nel loro pozzo c’erano 170 mg,
quando il limite acconsentito dalla legge è 50, questa quantità è stata riscontrata nei prelievi
successivi fino a 600 mg in un litro. Dopo essersi documentati hanno capito la gravità di
questa sostanza e hanno saputo che la presenza di cromo VI nel loro pozzo proveniva dalla
Galvanica Pm, che dista 1 km e mezzo dalla abitazione della famiglia Milani. Da qui parte
un’inchiesta contro il titolare dell’azienda Paolo Zampierin, e si succedono diversi processi
in cui la famiglia Milani si costituisce parte civile e chiede il risarcimento dei danni,
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speranza che è divenuta vana quando l’imprenditore Zampierin ha dichiarato fallimento.
Questa storia ha delle analogie con il caso americano descritto nel film “Erin Brockovich”,
la cui protagonista principale è Julia Roberts, l’unica discrepanza è che in America il caso si
è concluso con un risarcimento da parte dell’azienda incriminata di 600 milioni di €, mentre
il caso di Tezze sul Brenta ha una fine sconcertante, i cittadini oltre ad essere vittime di
questo disastro devono contribuire al pagamento dei costi per porre fine all’inquinamento.
Questo è una conseguenza del nostro sistema giudiziario, afferma la giornalista “Milena
Garbanelli” durante la puntata di report del 10 aprile 2005, il sistema giudiziario italiano
condivide con quello americano soggetti e termini, ma in comune non hanno proprio nulla,
in Italia c’è una legge uguale per tutti, negli Stati Uniti solo le leggi federali sono uguali per
tutti, mentre per i reati diffusi ogni Stato (dei 50) ha le sue leggi e i suoi tribunali. In Italia si
giudica basandosi sul codice civile e quello penale; in America vale il principio del
precedente, ovvero le sentenze della Corte Suprema. Gli uomini che devono far rispettare la
legge sono eletti o nominati dal presidente, la nostra magistratura è indipendente. A mio
avviso oltre ad una maggiore consapevolezza e responsabilità da parte dell’imprenditore,
dovrebbe esserci una legislatura più mirata e severa dinanzi a certi disastri ambientali, e
devono esserci delle deroghe e delle clausole particolari
volte ad evitare sotterfugi (quali il fallimento), di fronte ad
una accusa così severa.
Non va comunque dimenticato che ci sono anche aziende
che affrontano i problemi relativi al fattore ambientale,
consci che potranno ottenere vantaggi molte volte
superiori ai loro sforzi. A tal riguardo ho voluto citare la
certificazione EMAS (Eco Management and Audit
Scheme), ovvero “Sistema (comunitario) di ecogestione e
audit”, descritta dal regolamento 76/2001 del Parlamento
europeo e del Consiglio del 19 marzo 2001 e finalizzata a
promuovere uno sviluppo sostenibile in tutta la Comunità
TEZZE: CENNI STORICI
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Le origini di Tezze sul Brenta, il cui nome significa”fienili”, risalgono al 1490, mentre Il
Comune di Tezze, inteso come Ente Civico, sorge nel 1805 per decreto Napoleonico. La
storia di Tezze è il risultato di una lenta evoluzione, infatti sotto il governo della
Serenissima (1405) il territorio delle “Tezze” fu incorporato nell’ Argo Bassanese, senza
alcun riconoscimento di Comunità civica. Tuttavia l’aumento della popolazione indusse a
spostarsi ad oriente della zona ghiaiosa in terreno migliore, e lì incominciare a sfruttare il
territorio con coltivazione del frumento, vite e baco da seta, e successivamente con la
coltura del granoturco; questo permise un miglioramento del benessere e quindi un aumento
della popolazione. Col passare del tempo le “Tezze”, costruite inizialmente con la finalita’
di poter ricoverare gli attrezzi e gli animali, si convertirono in case più sane e più adatte ad
abitazione, costituendo il nucleo principale della Comunità, ciò nonostante il nome rimase
sempre “Tezze”, proprio per ricordare l’umiltà delle sue origini. Tezze ha l’aggiunta “sul
Brenta” per distinguersi da altri centri quali Tezze Valsugana, Tezze di Arzignano. . . ,
confina a Nord col Comune di Cartigliano e Rosà, ad Est con Rossano, a Sud con
Cittadella(PD), ad Ovest col fiume Brenta e Cartigliano.
Geologicamente il territorio è costituito dal materasso alluvionale del Brenta che un
tempo non aveva il percorso attuale, ma irrompeva in seguito alle piene nel territorio
circostante; solo in questo millennio si è arrivati ad una graduale costruzione di
arginature che ne hanno limitato la forza. Dal punto di vista idrografico ci troviamo a
monte delle risorgive, da qui ne è derivata la necessità di far derivare la rosta Rosà alla
quale se ne sono aggiunte altre.
SVILUPPO ECONOM ICO E DEMOGRAFICO
Il successo di Tezze deriva dalla filosofia tipica della gente abituata al lavoro e al
sacrificio, alla voglia di cambiamento, elementi che hanno permesso uno sviluppo
economico repentino, diventando un punto di riferimento dei Comuni limitrofi e anche
della provincia. Il boom economico si afferma dall’anno 1972, periodo in cui
l’emigrazione si ferma e inizia il processo di industrializzazione di Tezze, cominciando
a chiamare anche gente da fuori Comune, cosicché rientrano alcuni dei Tedaroti che
avevano lasciato il loro paese per cercare fortuna altrove.
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E’ interessante anche analizzare la composizione della famiglia di Tezze, per la
maggior parte costituita da un nucleo numeroso, a favorire la famiglia allargata è anche
la tipologia edilizia diffusa a Tezze, dove le abitazioni sono perlopiù ampie e dunque
adatte ad ospitare più persone. Tuttavia l’indice eclatante di tale sviluppo è l’attrazione
della manodopera, poiché fino agli anni Settanta Tezze sul Brenta non riusciva ad
occupare nel secondario tuta la manodopera locale disponibile, mentre nell’ 81 la
situazione si era rovesciata e Tezze, oltre ad occupare tutta la propria forza lavoro,
comincia ad attrarre manodopera da fuori. Oltre a ciò si nota come l’agricoltura, che
svolgeva un ruolo fondamentale (sebbene i raccolti erano di sussistenza) è diventata
negli anni ottanta un settore marginale, e gran parte dei terreni adibiti ad uso agricolo
sono stati utilizzati dall’edilizia e dall’industria.
Infatti dal 1948 al 1968 Tezze è stato un paese prevalentemente agricolo, la gente
emigrava in Italia, all’estero e in paese non esistevano industrie. Nel 1969 Tezze era
ancora zona “depressa”, dal 1970 però le cose hanno iniziato a cambiare, e in modo
radicale. Le prime industrie, nei settori della concia e dell’abbigliamento, hanno
ricevuto contributi dall’amministrazione comunale perché si insediassero:”Ci siamo
dati da fare per incoraggiare gli imprenditori, mettendo a disposizione terreno a prezzo
agevole per rendere appetibile la zona”, sostiene il sindaco in carica dal 1972 Rocco
Battistella che manterrà il suo incarico fino al 2002. Pertanto Tezze riuscì ad emergere
dalla brutta realtà in cui versava, col tempo molti dipendenti delle industrie o delle
aziende si sono messi in proprio, e questo lo si desume dal nostro attuale tessuto
produttivo, caratterizzato da piccole e medie imprese. Un breve accenno alle cifre non
va tralasciato, infatti nel 51’ risultavano esserci 183 addetti, dieci anni dopo si era
arrivati a 351, nel 71’ il primo forte balzo in avanti fino a 1005 e nell’81 un grande
“exploit” che fa raggiungere i 2309 addetti. E’giusto mettere in evidenza che questa
ricrescita è stata incoraggiata dalle Amministrazioni comunali, che hanno agevolato gli
insediamenti produttivi,e che hanno attuato importanti provvedimenti, quali il
“programma di fabbricazione” e i “piani di zona”, delimitando così le zone per gli
insediamenti residenziali e , soprattutto, quelle industriali. Prima di questo intervento il
Comune aveva provveduto a trasferire del terreno di proprietà comunale dalla categoria
“A” (arativo), alla categoria “B” (prativo), rendendolo disponibile all’edificazione sia
residenziale che produttiva. Da questo si riesce a capire la volontà del Comune di
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contrastare la disoccupazione che si faceva ancora sentire, anche mediante contributi, a
tal proposito bisogna ricordare che per la costruzione del caseificio san rocco il comune
ha donato ben 8000mq di terreno, e hanno apportato il loro aiuto anche agricoltori del
comune e dei comuni limitrofi, vista i benefici che tale attività poteva portare alla
popolazione. Oltre a questa iniziativa il Comune continua a cedere zone di proprietà
comunali per agevolare gli insediamenti, a tal proposito il 28marzo 1972
l’amministrazione ha posto all’ordine del giorno del consiglio l’argomento: “Proposta
vendita terreno sparso di proprietà comunale”. Si tratta di 15600 mq in località Tre
Case e di 84.000 mq in località Granella, da destinare a zone industriali, già previste
nel programma di fabbricazione, per far fronte alle continue domande per acquisto
terreno da parte di nuovi insediamenti industriali che pervengono al Comune. Merita
soffermarci un momento sulla richiesta della ditta F.lli Zampierin per la creazione di un
laboratorio galvanico, che però tratta una lavorazione con alte possibilità di
inquinamento e questo basta per impegnare il Consiglio in una lunga e vivace
discussione nella riunione del 27 luglio 1972. Il Consiglio autorizza questa richiesta
purchè siano rispettate determinate condizioni (analizzate successivamente) poichè,
sebbene l’azienda offre ampie garanzie circa l’impianti di depurazione e può fornire
lavoro a molte famiglie, si evidenzia che l’industrializzazione è un fattore positivo
soltanto se vengono fornite adeguate garanzie.
Foto aeree dal 1955 fino all’anno 2000 della zona industriale di Tezze sul Brenta,
luogo in cui si insedierà la galvanica P.M.(inizialmente il suo nome era Tricom).
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PM GALVANICA (ex tricom)
1. RICOSTRUZIONE STORICA
La zona industriale dove andrà ad insediarsi l’azienda sopraccitata, si è sviluppata
successivamente al 1967; prima del 1967 l’area si presentava ancora prevalentemente
adibita ad uso agricolo(vedi foto). Nel 1972, nelle vicinanze di questa zona, veniva
costruito il primo edificio ad uso industriale, sede dell’industria di costruzioni
meccaniche denominata “Junior costruzioni meccaniche”(la sua intestazione
precedente era “Cromatura Zampierin sas”); tale area è stata concessa dal Comune con
delibera del 22/6/1971. La suddetta ditta ha poi fatto pervenire una richiesta per
l’acquisto di un ulteriore appezzamento di terreno al fine di ampliare l’attività, e la
Giunta Municipale ha chiesto alla richiedente la presentazione di un progetto di
massima delle costruzioni che si andranno ad effettuare con l’indicazione della precisa
loro destinazione. Accertato che l’industria sarà raddoppiata con indubbio vantaggio
per l’economia locale in generale e per lo sviluppo occupazionale in particolare, il
Comune inserisce nel contratto di compravendita la seguente clausola:
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“Il terreno ceduto deve essere destinato alla costruzione di capannoni industriali, in
caso di mancato adempimento di tale obbligazione o di cambiamento di destinazione
dell’area o di parte di essa, la vendita dovrà intendersi risolta senza bisogno di
formalità alcuna”. Considerando che il ricavo di tale vendita sarà reimpiegato per la
manutenzione straordinaria del Patrimonio comunale e visto il consenso espresso dai
consiglieri, purchè non venga installato un impianto galvanico e vengano
rigorosamente rispettate le destinazioni del nuovo complesso, il Comune aliena alla
ditta “Junior Costruzioni meccaniche” un appezzamento di terreno di proprietà
comunale al prezzo 7.683.000. La stessa ditta chiede successivamente (con lettera del
25/6/1973) al Comune l’autorizzazione per la realizzazione di un impianto galvanico,
al fine di rendere razionali le costruzioni in atto. A tale proposito la Federazione
Provinciale dei Coltivatori Diretti di Vicenza, informata del problema, chiedeva che le
garanzie date dalla ditta Junior sul nuovo impianto venissero opportunamente
esaminate e confrontate anche a cura degli Amministratori del “Caseificio Sociale San
Rocco”, onde tranquillizzare l’ambiente rurale. Da qui parte la richiesta del Comune di
avere dalla ditta Junior un progetto dell’impianto di depurazione che si andrà a
realizzare, progetto che venne poi trasmesso alla Federazione Coltivatori Diretti di
Vicenza. Nel frattempo giungeva una lettera dell’Amministrazione Provinciale di
Vicenza con cui si richiamava l’attenzione del Comune in merito all’impianto
Galvanico di cromatura sulla completa ed efficace depurazione delle acque affluenti e
sui limiti di accettabilità delle acque di scarico da accertarsi dal Laboratorio di Igiene e
Profilassi. A tal proposito l’amministrazione aspettò la risposta della Coldiretti e
incaricò un esperto in materia (prof.Ragusa), affinché esaminasse per il Comune il
progetto dell’impianto di depurazione presentato e ne facesse una relazione con
motivato parere. Nel frattempo la ditta Junior- Costruzioni tenendo in considerazione la
salute pubblica, nonché gli interessi della Comunità locale, dei danni che possono
derivare da una inadeguata difesa dagli inquinamenti, si impegna per quanto segue:
- a iniziare tale attività solo ad avvenuto collaudo dell’impianto di depurazione
relativo
- a realizzare l’impianto di depurazione con il sistema del riciclaggio onde
assicurare il grado massimo di depurazione
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- che il cromo VI negli scarichi liquidi dell’impianto galvanico non dovrà
superare 0,05 mg/l
- che l’impianto di depurazione dovrà funzionare in continuità durante le
lavorazioni dell’impianto galvanico e a tal fine il Comune di Tezze sul Brenta
può effettuare controlli in qualsiasi momento
- ove l’impianto di depurazione si dimostrasse inadeguato, la società si impegna a
sospendere le lavorazioni dello stabilimento galvanico.
Il “Caseificio San Rocco” accetta la richiesta della Junior di costruire l’impianto
galvanico, purchè vengano rispettate delle condizioni finalizzate a salvaguardare la
salute pubblica e gli interessi della collettività dai danni che tale attività può cagionare,
ovvero:
- che la società inizi l’attività ad avvenuto collaudo dell’impianto di depurazione
- che l’impianto di depurazione sarà realizzato con il sistema del riciclo
- che il contenuto del cromo esavalente di eventuali scarichi liquidi dell’impianto
galvanico dovrà risultare inferiore a 0,05 mg/l
- che l’impianto di depurazione dovrà funzionare in continuità durante le
lavorazioni dell’impianto galvanico
- che, se l’impianto di depurazione si dimostrasse inadeguato, la Società si
impegna a sospendere immediatamente le lavorazioni dello stabilimento
galvanico
Il Comune, udito il parere favorevole espresso dall’ufficiale Sanitario del Comune
circa l’installazione nuovo impianto, e viste le documentazioni ricevute dalla Coldiretti
e dal prof Ragusa, autorizza la ditta Junior (con delibera del 30/10/1973) ad installare
nel terreno precedentemente ceduto un complesso industriale galvanico per la
cromatura dei propri prodotti, stabilisce poi che ogni qualvolta essa procederà allo
svuotamento dei fanghi raccolti nelle vasche stagne, dovrà esserci un incaricato del
Comune. Il Comune riteneva che questo progetto potesse dare un nuovo impulso e
sviluppo alla economia e al progresso del paese. Questa decisione del Comune non
venne approvata all’unanimità (il voto a favore è stato 13 su 15), poiché c’era chi
temeva i danni che tale industria potesse creare.
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Nel 1973 fu costruito il corpo centrale dell’edificio , la prima attività produttiva di tale
area era costituita da uno stabilimento di costruzioni meccaniche, ma già nello stesso
anno iniziava anche l’attività galvanica della Tricom spa. Dal 1981 ad oggi la zona
industriale ha subito pochissimi cambiamenti, con l’edificazione di pochi nuovi edifici
e la sistemazione della zona degli impianti sportivi, localizzati vicino a quest’area. Nel
1995 la ditta gruppo Tricom cambia proprietario e diventa “Industria Galvanica
p.m.).Alla fine del 2003 la ditta “Industria Galvanica p.m.” cessa l’attività in seguito a
dichiarato fallimento.
TRICOM- GALVANICA P.M.
2STRUTTURA ORGANIZZATIVA : Tricom S.p.a.
Il direttore dello Stabilimento di Tezze sul Brenta è il Sig. Sgarbossa Adriano.
Il responsabile del gruppo di Produzione di cui fa parte l’impianto di argentatura è il
Sig. Moletta Giovanni.
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Amm.delegatoSig. Sgarbossa Adriano
Dirett. ProduzioneSig. Moletta Giovanni
Magazzini Imballo OfficinaTratt.Sup.DepurazioneBattist.Rocco
Tratt.Chimico – Dep.ParolinClaudio
3.DESCRIZIONE DELL’ATTIVITA’ SVOLTA
La ditta “industria Galvanica pm” effettuava il trattamento galvanico di manufatti metallici.
La produzione riguarda componenti per l’arredamento:tavoli, sedie, librerie, vetrine,
appendiabiti, console, specchi; ricoperti con uno strato di argento, ottone, cromo e nichel, e
in alcuni oggetti c’era anche l’oro o l’argento.
Tale ricoprimento si realizza utilizzando dei procedimenti di elettrodeposizione di argento,
ottone, nichel e cromo, rispettivamente su componenti metallici opportunamente pretrattati;
i materiali impiegati principalmente erano però il nichel e il cromo esavalente, quest’ultimo
usato nella forma di anidride cromica, mentre il primo veniva impiegato nella forma di
cloruro di nichel e solfato di nichel. Infatti l’industria galvanica utilizza ampiamente il
cromo per rivestimenti protettivi di oggetti metallici (cromatura); la cromatura è preferita
alla nichelatura sia per l’aspetto sia per la maggiore resistenza degli oggetti alla corrosione.
L’industria galvanica è quella che fornisce il maggior contributo di Cr(VI) con le acque di
scarico a seguito delle operazioni di lavaggio dei bagni galvanici. Si stima che i quantitativi
di anidride cromica (CrO3), cioè della materia prima contenente il cromo esavalente,
impiegati dalla Industria Galvanica P.m. sono di circa 10.000 kg all’anno. Rispetto a tutti gli
altri metalli impiegati nel corso degli anni, il cromo esavalente è anche quello che ha la
pericolosità più alta per l’uomo e per l’ambiente, pertanto vale la pena spendere alcune
parole sulla peculiarità di questi materiali.Il cromo è un elemento metallico riconosciuto
come necessario per l’uomo per alcuni funzioni biologiche, legato per lo più alla
regolazione del metabolismo dell’insulina, che dipendono dalla sua concentrazione
nell’organismo, l’assunzione giornaliera media di cromo che si ingerisce con gli alimenti è
di circa 0,03 – 0,01 mg. Al di sopra di certi livelli, il cromo esercita un’azione tossica che si
manifesta attraverso la ipersensibilizzazione dei tessuti contaminati per lo più sotto forma di
manifestazioni allergiche come ulcere o dermatiti di varia natura. L’anidride cromica è
infatti etichettata con il simbolo di rischio T+ (molto tossico per l’uomo) e N (ecotossico per
l’ambiente) e con le frasi di rischio R45(può provocare il cancro), R46 (può provocare
alterazioni genetiche ereditarie) R24 (tossico a contatto con la pelle), R25 (tossico per
ingestione), R26 (molto tossico per inalazione), R62 (possibile rischio di ridotta fertilità) ed
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R50/53 (altamente tossico per gli organismi acquatici, può provocare a lungo termine effetti
tossici per l’ambiente acquatico). Il cloruro di nichel ha invece una pericolosità inferiore: è
infatti etichettato con il simbolo T(tossico), N , R25 ed R50/53. Il solfato di nichel è ancora
meno pericoloso del cloruro di nichel, è infatti Xn (nocivo) e N (ecotossico). Tra i tre quello
più pericoloso e con rischio maggiore, considerando la mobilità dell’ambiente, è il cromo
VI. Rispetto agli altri metalli, e rispetto al cromo rappresentato in forma trivalente, il cromo
esavalente ha una grande mobilità nel terreno e nell’acqua. Esso è infatti più solubile
nell’acqua, rispetto ad altri materiali, ed inoltre ha una maggiore mobilità nel terreno per
effetto della capillarità. Questa sua particolarità nel muoversi è evidente all’interno dello
stabilimento della Galvanica P.m., in cui si nota che le pareti sono imbrattate di colore
giallo- arancione fino a notevoli profondità. Questa considerazione trova fondamento anche
nell’analisi dei terreni, avvenuta durante l’indagine per la caratterizzazione
dell’inquinamento del terreno e della falda sottostante all’interno della galvanica (descritta
nel capitolo 5.2). Il cromo esavalente è presente in maggiore quantità e con concentrazioni
rilevanti, anche nella falda acquifera sotto lo stabilimento, perciò sarà considerato il
principale responsabile dell’inquinamento.
Inserire foto catalogo
La fase iniziale della lavorazione consiste nella:
3.1LAVORAZIONE MECCANICA E SALDATURA
Lavorazione meccanica e saldatura, dove il materiale per la produzione di componenti
metallici viene tagliato, piegato e successivamente saldato mediante saldatrici a filo con
procedimento MIG e ad induzione.
Successivamente avvengono le:
3.1.1. DETERSIONI PRELIMINARI
Se gli oggetti appaiono coperti di molta polvere, unto e ruggine, si procede dapprima
ad una pulitura grossolana con stracci e materiale vario, ad una risciacquatura in acqua
e ad un trattamento con solventi, quali p.es., tricloroetilene (trielina), percloroetilene,
benzina, petrolio, ecc., oppure con soda caustica, ecc. Dopo immersione in tali solventi
dei grassi, gli oggetti devono essere ben scolati nella stessa vasca di sgrassatura e poi
sciacquati prima di portarli eventualmente( cioè se hanno ruggine o scorie) al
decapaggio. Lo scopo della detersione preliminare è di preparare una superficie
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attaccabile dalle soluzioni di decapaggio, ovvero di mettere a nudo le scorie, la
ruggine, gli ossidi, ecc., che devono essere poi eliminati.
Successivamente avviene il :
3.2. TRATTAMENTO GALVANICO:
3.2.1DECAPAGGIO
Il decapaggio ha lo scopo di rimuovere, per corrosione chimica o elettrochimica, le
scorie di ossidi ricoprenti il materiale grezzo da lavorare. Qualora i pezzi richiedono
operazioni meccaniche di pulitura, col decapaggio si realizza altresì una
economizzazione per tali operazioni, con risparmio di materiali abrasivi. Il decapaggio
viene effettuato, nella maggior parte dei casi, per via chimica mediante immersione dei
pezzi in soluzioni di acidi; può. essere fatto anche mediante sali fusi e per via
elettrolitica. Il decapaggio può essere fatto premettendo alcune condizioni:
- scelta del posto adatto
- natura delle acque del luogo
- direzione dominante del vento
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- opportunità di corredare l’impianto di una attrezzatura di recupero dell’acido e dei
sali
- natura dei metalli da decapare
- forma dei pezzi
- dimensione della installazione in base alla quantità giornaliera dei pezzi da trattare
- eliminazione dei vapori acidi
Quanto appena visto è molto importante, poiché dopo il decapaggio si deve procedere
ad una abbondante risciacquatura dei
pezzi in acqua, onde eliminare la
soluzione rimasta aderente alla loro
superficie, oppure penetrata nei pori.
Se non si compie una risciacquatura
rapida e a fondo si annulla tutto il lavoro di decapaggio, poiché sulle superfici
metalliche appariranno delle macchie brune assai nefaste agli effetti della lavorazione.
Se si vuole compiere un lavoro perfetto, dopo la risciacquatura, qualora il decapaggio
sia stato fatto con soluzioni acide o con soluzioni alcaline ( contenente della soda o
della potassa caustica libera), è considerato compiere una neutralizzazione; cioè si
immergono i pezzi per alcuni secondi in un bagno diluito rispettivamente di soda
caustica o acido solforico. Dopo la neutralizzazione si deve nuovamente risciacquare
con acqua e infine asciugare con segatura pulita di legno di pioppo o di tiglio.
Considerando che durante il decapaggio si svolgono vapori nocivi, è bene che durante
l’operazione ci siano dispositivi di aerazione e di aspirazione; inoltre il pavimento nel
reparto del decapaggio deve essere costituito da mattonelle poste su due strati
sottostanti di materiale asfaltino, o costruito con solo asfalto. Un’altra cosa che non va
tralasciata e che riguarda il decapaggio, è quella delle vasche contenenti le soluzioni
decapanti. Poiché queste sono solitamente costituite da acidi forti o da miscele di
questi, il materiale che le trattengono deve essere molto resistente alla corrosione
chimica. Il decapaggio avveniva con diversi metodi:
- decapaggio elettrolitico:viene adottato per aumentare la velocità di attacco della
disossidazione acida, la corrente elettrica può essere alternata o continua con i
pezzi all’anodo e catodo,
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- decapaggio con idruro sodico: è un processo di
disossidazione particolarmente vantaggioso nel
trattamento continuo di lamiere, fili e tubi dopo le
operazioni di laminazione, trafilatura e formatura.
- decapaggio con acido cloridico: è il più rapido, si utilizza
acido cloridrico, acqua, inibitore e tensioattivo.
- decapaggio con acido fosforico: è adatto per oggetti che poi devono essere
verniciati
3.2.2.PULITURA MECCANICA
E’ molto importante che una superficie metallica sia levigata, pulita e lucida, poiché il
deposito galvanico può rivestire omogeneamente il supporto, quando quest’ultimo è
omogeneo. Solo con superfici di tal fatta è possibile realizzare ottimi rivestimenti
elettrolitici specie per quanto riguarda
protezione alla corrosione e aspetto
esteriore. La pulitura si effettua
applicando il pezzo contro un abrasivo in
movimento e, per passare da un materiale
grezzo a un materiale perfettamente pulito, le operazioni meccaniche si suddividono
così:
1) molatura (effettuata con dischi rigidi costituiti da agglomerati naturali od
artificiali di abrasivo)
2) smerigliatura (viene eseguita a mezzo di abrasivi con grana sempre più fine)
3) spazzolatura ( si realizza con spazzole di vario tipo applicate alle pulitrici,
oppure usate a mano)
4) lucidatura e ravvivatura (si adoperano ruote flessibili, formate da più dischi di
tela di cotone, unitamente a paste abrasive; ha lo scopo di creare una superficie
speculare
3.2.3. ATTACCO DEGLIO OGGETTI AI SUPPORTI
18
Prima di passare alla sgrossatura dei pezzi si deve renderli provvisti di supporti (telai
porta-oggetti) che servono per il loro trasporto, sostegno e passaggio della corrente nei
bagni di sgrassatura e nei vari bagni elettrolitici. Coi supporti si evita di toccare gli
oggetti con le mani nelle fasi seguenti la sgrossatura. I supporti variano a seconda della
forma degli oggetti e delle caratteristiche dei bagni, possono essere costituiti da fili di
rame sottili, da fili di rame più robusti atti a funzionare a molla-gancio, a telaio con
“attacchi e pinzette”, o di semplici telai.
La lavorazione inizia quindi con l’appendimento manuale su telai degli elementi da
trattare, da questo momento il processo è completamente automatizzato, infatti il
trasporto dei telai è effettuato mediante un sistema di trasporto aereo
Supporti in cui verranno attaccati gli oggetti
3.2.4. SGRASSATURA
Dopo la pulitura meccanica è necessario procedere alla sgrassatura al fine di togliere i
grassi delle paste abrasive e di “attivare” la superficie metallica per renderla idonea alla
migliore adesione col deposito galvanico. La sgrassatura può essere di diversi tipi:
1) con solventi organici
2) chimica con mezzi alcalini
3) elettrolitica
4) elettrolitica con ramatura
5) con ultrasuoni
19
Normalmente la sgrassatura viene effettuata in due fasi: nella prima (presgrassatura ) si
ha una asportazione rilevante ma non completa dell’untume; nella seconda si ha
l’eliminazione totale di ogni sostanza grassa e l’attivazione della superficie metallica;
la “p.m. Galvanica” utilizza una sgrassatura chimica e successivamente una
sgrassatura elettrolitica con ramatura.Tra una fase e l’altra è importante fare un
lavaggio, poiché aiuta a capire se la sgrassatura è ben riuscita infatti, se faccio scorrere
dell’acqua sopra la superficie e questa rimane completamente bagnata, la sgrassatura è
avvenuta con successo.Inoltre il lavaggio in acqua impediva il trasferimento di tracce
di soluzione da uno stadio all’altro, che potevano pregiudicare il processo.
3.2.5. ELETTRODEPOSIZIONE
E’ il processo elettrochimico mediante il quale viene depositato un sottile strato di
metallo su una superficie, in genere metallica, con lo scopo di prevenire la corrosione,
di aumentare la resistenza a trazione e di migliorare l’aspetto esteriore. Durante
l’elettrodeposizione l’oggetto da ricoprire viene immerso nel cosiddetto “bagno”, una
soluzione di un sale del metallo scelto per la placcatura, e viene connesso all’elettrodo
negativo di una sorgente di elettricità esterna. .L’elettrodo positivamente carico è detto
anodo, quello negativo catodo, il catodo emette elettroni che, accelerati da una
differenza di potenziale instaurata tra catodo e anodo, convergono sull’anodo, l’anodo
è l’elettrodo di carica positiva. Gli elettroni emessi dal catodo vengono accelerati da
una differenza di potenziale instaurata tra catodo e anodo e fatti convergere sull’anodo.
Un altro conduttore, in genere un composto del metallo ricoprente, viene invece
connesso all’elettrodo positivo. È necessaria una corrente elettrica continua di basso
voltaggio, di solito compreso fra 1 e 6 V: quando la corrente attraversa la soluzione di
sali, gli atomi del metallo ricoprente si depositano sull’oggetto, che rappresenta
l’elettrodo negativo. Contemporaneamente, nuovi atomi metallici vengono ceduti al
bagno dall’anodo, cioè dall’elettrodo positivo, cosicché la loro concentrazione nella
soluzione viene mantenuta costante fino a quando l’oggetto non è completamente
ricoperto. Se l’anodo non è costituito da un composto dello stesso metallo, circostanza
che si verifica raramente, l’equilibrio fra la quantità di metallo che si deposita sul
20
catodo e quella presente nel bagno viene mantenuto per mezzo di periodiche aggiunte
dall’esterno, come avviene nel caso dell’oro e del cromo.Per assicurare un’elevata
adesione fra lo strato di placcatura metallica e l’oggetto, quest’ultimo deve essere
perfettamente pulito: in genere viene immerso in una soluzione acida o caustica oppure
viene usato con funzione di anodo in un bagno di pulizia. Per eliminare invece le
rugosità della superficie, e per rendere la grana degli strati superficiali adatta a
garantire una buona lucidatura, la densità di corrente elettrica (cioè gli ampère per
metro quadrato di superficie del catodo) e la temperatura devono essere controllate in
modo accurato e bisogna badare bene a non superare i limiti assegnati onde evitare
bruciature. I metalli più utilizzati come copertura sono il cromo, il rame, l’oro, il
nichel, l’argento e lo stagno. Alcuni metalli, ad esempio il cromo, non sono
particolarmente adatti per ricoprire oggetti modellati in forme particolari: essi infatti si
depositano in strati relativamente spessi sulle sporgenze dell’oggetto lasciando
praticamente privi di rivestimento le rientranze. Durante questa fase è importante che
l’oggetto sia installato nel bagno galvanico a mezzo dei fili di sospensione o dei telai.
Gli anodi e i catodi, che permettono l’elettrodeposizione, devono essere ubicati nel
bagno in modo simmetrico, ai fini di una uniforme distribuzione delle linee di corrente.
E’ buona norma introdurre gli oggetti sotto bassa corrente e poi elevare questa ai valori
di regime stabiliti. La durata dell’elettrodeposizione dipende dalla grandezza degli
oggetti, dal tipo di bagno e dallo spessore che si vuole ottenere; oltre a ciò va ricordato
che per velocizzare la variabile tempo basta aumentare la variabile “corrente”, perciò
vengono spinti più velocemente gli atomi del metallo presente nel bagno a ridosso del
pezzo immerso. Il controllo pratico dell’elettrolisi si effettua con orologi a contatti
elettrici o a suoneria.
Nella fase galvanica della “P.m.”avveniva la nichelatura, la cromatura, l’argentatura, la
doratura e l’ottonatura, le quali si ottenevano con un processo di elettrodeposizione; in
questa fase sono presenti, in soluzione acquosa alcalina, cianuri di rame, argento,
zinco, sodio e potassio, cromo VI.
Nichelatura
21
I rivestimenti di nichel sono molto adottati per l’aspetto che conferiscono agli oggetti,
sia per il loro valore protettivo e sia per la loro apprezzabile durezza. La nichelatura
può essere opaca o lucida, nel primo caso i pezzi dopo l’estrazione necessitano di una
ulteriore lucidazione o ravvivatura. A maggior parte degli oggetti nichelati passa
generalmente alla cromatura soprattutto per conferire loro aspetto traslucido migliore
ed impedire l’ingiallimento superficiale nel decorso del tempo
Cromatura
La cromatura può essere
decorativa o dura, nel primo caso
il cromo è deposto sull’oggetto
come un sottilissimo strato di
vernice lucida, nel secondo caso
deve conferire ad esso proprietà di
durezza (l’oggetto deve sostenere
determinati sforzi). Nella fase
dell’elettrodeposizione la
cromatura si distingue da tutte le altre elettrodeposizioni, in quanto utilizza bagni a
base di acido cromico in cui il cromo non si trova allo stato trivalente e bivalente, bensì
allo stato esavalente.
Argentatura
E’ utilizzata soprattutto a scopi decorativi. Si conduce a mezzo di bagni a reazione
alcalina contenenti cianuro complesso di argento e potassio di sodio, cianuro di
potassio o di sodio e carbonato di potassio o di sodio.
Doratura
A causa del suo alto prezzo l’oro viene utilizzato soltanto come leggero rivestimento.
Sia per questo motivo, sia perché è preferibile esaurire il bagno di doratura e
22
sostituirlo volta per volta (senza aggiustare il bagno vecchio), in modo da garantire il
colore brillante dell’oro, nella “P.m Galvanica” le vasche per il bagno d’oro erano di
dimensioni molto modeste.
Ottonatura
E’utilizzata come finitura, o come strato intermedio per una susseguente nichelatura.
Si ottiene dalla lega rame zinco, solitamente questa lega consta del 70% di rame e del
30% di zinco, è di colore giallo e a seconda del maggiore o minore contenuto di rame
può tendere al rossiccio a al colore giallo chiaro.
3.3.VERNICIATURA
I pezzi che hanno subito il trattamento galvanico, vengono asciugati ed avviati alla
verniciatura, si utilizzano due cabine a velo d’acqua. I pezzi verniciati passano
attraverso un tunnel di passivazione e quindi entrano nel forno di essiccazione. Un
ventilatore posto sulla sommità del forno provvede al ricambio dell’aria immettendola
all’esterno mediante tubazione e successivo camino. Il forno viene riscaldato fino a
170°C mediante un bruciatore a metano da 300.000 kcal/h, i fumi di combustione
escono mediante un camino.
4.CESSAZIONE DELL’ATTIVITA’ PER FALLIMENTO
23
Il 24 dicembre 2004 la “P.m. Galvanica” ha presentato dichiarazione di fallimento al
tribunale di Bassano, probabilmente perché pressato dall’accusa di aver inquinato la
falda acquifera con materiali pesanti (descritto in fase successiva). I 27 dipendenti
della galvanica, in ferie dal 12 dicembre, si trovano di punto in bianco disoccupati; il
curatore fallimentare doveva decidere se licenziarli o riassumerli nella ditta che
potrebbe rilevare l’attività, infine si è deciso per la prima opzione. Il proprietario
dell’immobile, Gino Sartor, che dopo la cessazione dell’attività è rientrato in possesso
della stabile, ha messo a disposizione al Comune a all’Arpav l’immobile.
5.ACCUSA DI INQUINAMENTO DA CROMO ESAVALENTE
E’ probabilmente questo il motivo che ha indotto l’imprenditore Zampierin a chiedere
il fallimento dell’azienda poiché, con l’operazione mimosa dell’8 marzo 2003, è stato
ritenuto il colpevole dell’inquinamento nelle acque sotterranee dei territori comunali di
Tezze sul Brenta (VI), Cittadella (PD) e Fontaniva (PD). Il fenomeno d’inquinamento
risale all’estate del 2001, quando in due pozzi siti in Via Postumia di Ponente nel
territorio comunale di Cittadella (PD), è stato riscontrato il superamento del limite
relativo cromo totale (ai sensi del DPR 236/1988, ora D.Lgs 31/2001), tuttavia già nel
1977 si erano manifestati i primi episodi di inquinamento. Per quanto riguarda i limiti
di tolleranza fissati in Italia per gli ambienti di lavoro, tendo a precisare che sono 0,5
mg/m3 per il CrIII e 0,05 mg/m3 per il Cr VI, tuttavia in alcuni casi, come nella
normativa italiana (D.L 130 e 131 del 1992) che recepisce quella comunitaria, si
preferisce fissare un valore per il cromo totale.
5.1.INQUINAMENTO DA CROMO PRECEDENTE ALL’ANNO 2001
Nel 1977 a Battistei, un comune con circa 600 abitanti del cittadellese, i prelievi
periodici dell’ufficio provinciale di igiene e profilassi indicano in 4 pozzi la presenza di
cromo VI in misura eccedente il limite di tollerabilità fissato dalle norme per le acque
di uso potabile, che è di 0,05 mg per litro. Partono 6 comunicazioni giudiziarie: 3 per
omissione di atti di ufficio e avvelenamento colposo di acque destinate alla
24
alimentazione umana, rivolte al medico provinciale di Vicenza, dottor Pietro Bonifici,
l’ufficiale sanitario di Tezze sul Brenta, dottor Adelchi Broglio, e Rocco Battistella,
sindaco del Comune di Tezze sul Brenta. Le altre per avvelenamento di acque e scarico
di rifiuti industriali in acque pubbliche senza autorizzazione e danneggiamento
aggravato, questo riguarda tre ditte tra cui il gruppo Tricom di Adriano Sgarbossa. La
gente è consapevole che il cromo VI può essere considerato un veleno se viene ingerito
a lungo e in valori maggiori a quelli di sicurezza, tanto che partono delle proteste da
parte di molti cittadini, per avere informazioni più chiare sui comportamenti da
adottare e soprattutto sui provvedimenti che verranno presi. Il problema principale è
che le zone colpite dall’inquinamento non hanno un acquedotto, pertanto bisogna
provvedere alla distribuzione dell’acqua. Arrivano quindi i soldati dei battaglioni
Pardoi e Valles. Due volte al giorno suonano le campane delle chiese a Battistei, a
Santa Croce Bigolina, a Santa Lucia; è il segnale che in piazza le autobotti aspettano.
Arriva gente con damigiane, secchi, e si mettono in fila, chi abita lontano aspetta che i
mezzi dell’esercito passino di casa in casa. Nel frattempo l’inquinamento si sta
allargando e invade anche altri Comuni; perciò si invita a far sigillare numerosi altri
pozzi. Tutto ciò spinge ad effettuare ulteriori controlli nel territorio, ma anche agli
animali presenti nelle zone contaminate, per vedere se il cromo può intaccarli. Oltre a
ciò si capisce che la costruzione dell’acquedotto è determinante, visto che in molti
comuni limitrofi esiste già.
Si ritiene che questo fenomeno abbia delle forti analogie con quello successivamente
analizzato, pertanto si presume che la fonte di questo inquinamento sia la Galvanica
P.m. Successivi episodi di contaminazione da cromo VI sono individuati nel 1980-
1981 nei comuni di Galliera e Tombolo e nel 1983-1984 presso il Brenta a nord di
Fontaniva; altri episodi di contaminazione da cromo trivalente ed esavalente sono
segnalati ad est di Bassano.
25
Foto dell’esercito che porta l’acqua
5.2. INQUINAMENTO DALL’ANNO 2001 ALL’ANNO 2005
Nell’estate del 2001, dopo un controllo di potabilità su campioni d’acqua in due pozzi
localizzati in Via Postumia di Ponente nel territorio comunale di Cittadella (PD), è
stato riscontrato il superamento del limite di potabilità relativo al cromo totale. Da
allora vengono effettuati diversi interventi, da parte dell’Arpav di Padova e Vicenza,
nei pozzi freatici dei Comuni di Cittadella, Tezze sul Brenta, Rosà e Fontaniva, ritenuti
strategici per localizzare l’inquinamento e per risalire alla sorgente o alle sorgenti
inquinanti. Successivamente sono stati segnalati all’AUSL i casi di superamento della
concentrazione ammissibile, la quale ha suggerito di non utilizzare l’acqua per tale
motivo; dopodiché i Sindaci dei rispettivi paesi hanno vietato l’uso dell’acqua dei
pozzi e hanno organizzato degli approvvigionamenti alternativi. Nel periodo che va da
settembre 2001 a settembre 2002 sono stati campionati 103 pozzi, tra privati e
comunali, con un totale di 122 campionamenti. I pozzi in cui sono stati prelevati
campioni d’acqua con concentrazione di cromo esavalente superiori a 5 mg/l e su cui è
26
stata imposta l’ordinanza di divieto di utilizzo dell’acqua per scopi potabili sono stati
7(di cui un pozzo con 50 mg/l). Il giorno 11 febbraio 2002 è stata tenuta una
conferenza dei servizi a Cittadella, dove è stato nominato un gruppo di lavoro formato
da Regione, Arpav; provincia, ATO, Consorzio e Comuni, l’intento di tale costituzione
è di monitorare la forma e la dimensione del plume inquinante.( in ingegneria
ambientale il plume, detto anche plumen o pennacchio, è quella parte di un acquifero
sotterraneo che, in una situazione di contaminazione da sostanze pericolose, trasporta
le sostanze contaminanti). Il giorno 15 febbraio questo gruppo si è riunito presso la
Regione e ha predisposto un piano di controllo delle acque sotterranee. A tal proposito
sono stati installati una serie di piezometri nelle acque sotterranee, finalizzati a
individuare la sorgente inquinante e approfondire le conoscenze sulla propagazione del
cromo. Da marzo 2002 a settembre 2003 sono stati scelti 30 pozzi di controllo in cui
effettuare campionamenti e analisi con scadenza settimanale, successivamente
bisettimanale, a questi pozzi vengono aggiunti in seguito altri pozzi privati a Cittadella
e il pozzo Milani, di una famiglia residente nel Comune di Tezze sul Brenta, in cui è
stata riscontrata una concentrazione di cromo VI pari a 140 mg/litro. All’emergere di
questi dati venirono meno le illusioni circa i strani sintomi che i componenti
avvertirono, il bruciore agli occhi, le continue emicranie, la perdita di capelli…tutto ciò
non derivava dallo stress del trasloco (si erano trasferiti a Tezze da 5 mesi), bensì
dall’acqua contaminata che da tempo bevevano. A seguito di ciò iniziò una battaglia
contro i colpevoli, tanto che la Fam. Milani decise di costituirsi parte civile al processo,
ma per il momento non sono ancora stati tutelati e non hanno avuto alcun rimborso per
le spese legali.
Per individuare la sorgente inquinante, il servizio territoriale di Bassano del Grappa ha
effettuato una serie di sopralluoghi in alcune ditte che utilizzavano cromo VI. Ha
individuato a Tezze la galvanica PM che dimostrava una situazione di palese
contaminazione da cromo e anche da nichel, infatti i campioni prelevati sia nella parte
nord dell’azienda che al punto di recapito terminale della condotta delle acque piovane,
presentavano indici di inquinamento da metalli pesanti. Tale sito è una derivazione di
un canale demaniale utilizzato per l’irrigazione di terreni agricoli, ora dimesso,
chiamato “Roggia Brotta”. Questo Canale è stato utilizzato, fino alla seconda metà
degli anni ’80, come punto finale delle acque di scarico dell’impianto di depurazione
27
del reparto galvanico della Tricom, diventata poi P.M. Galvanica; successivamente lo
scarico è stato convogliato nella rete fognaria comunale per arrivare al depuratore
consortile di Tezze sul Brenta. Da questa ispezione e dopo alcuni accertamenti analitici
prendeva inizio l’attuale procedimento penale. In base a successivi sopralluoghi presso
la Galvanica PM, e in base alla conformazione del plume, sono stati installati una serie
di piezometri (pozzi spia che permettono di campionare le acque sotterranee e
individuare il plume) mirati a definire la sorgente dell’inquinamento e i meccanismi di
propagazione del cromo. Dal al 2004 al 2005 oltre al monitoraggio sui pozzi esterni
alla galvanica PM, venivano realizzati alcuni piezometri all’interno della ditta, che alla
fine del 2003 cessava l’attività in seguito a dichiarato fallimento. Le numerose analisi
compiute su questi piezometri rilevavano una elevatissima concentrazione di cromo
esavalente e di nichel nella falda sottostante l’area dello stabilimento. Successivamente
sono stati realizzati ulteriori piezometri e sono state fatte trincee sia all’interno che
intorno alla Galvanica, che hanno permesso di definire la sorgente inquinante e di
individuare il vertice del plume della contaminazione.
5.3. PRESUNTA/E FONTI DI INQUINAMENTO DA CROMO VI
All’industria PM galvanica è stata imputata la responsabilità di inquinamento da
cromo VI. Infatti a seguito delle numerose campagne di monitoraggio, è stato
riscontrato che il plume della contaminazione da cromo VI si estende dal territorio di
Cittadella verso l’area industriale del comune di Tezze fino a comprendere il sito della
Galvanica PM. Questo sito è stato trovato contaminato in superficie, nel sottosuolo
sovrastante la falda e nella falda stessa, da cromo VI, III e da nichel, sostanze che
hanno causato l’inquinamento. Ciò nonostante si è ritenuto opportuno verificare
l’esistenza di eventuali altre fonti di contaminazione che potessero aver contribuito a
far sorgere l’inquinamento. A tal proposito si è verificato l’esistenza di scarichi e di
28
insediamenti industriali, situati vicino alla Galvanica PM, che potessero far affluire
nella falda sostanze inquinanti, poi sono stati effettuati controlli analitici in alcuni pozzi
e piezometri vicino alla Galvanica, per verificare lo stato dell’acqua prima del suo
ingresso nel sottosuolo della PM. Infine si è verificata l’influenza sulla falda della
Roggia Brotta e dell’ex discarica comunale ubicata nelle vicinanze della Galvanica e si
sono verificati tutti i dati disponibili sulle analisi dei pozzi comunali vicini alla
Galvanica. Da questi controlli è emerso che non c’erano scarichi che potessero
apportare sostanze inquinanti, che i campionamenti d’acqua effettuati nei pozzi e nei
piezometri erano negativi e che i pozzi pubblici non erano inquinati. Resta da
esaminare la Roggia Brotta e la ex discarica comunale. Sulla prima è stata fatta
un’indagine dettagliata dai tecnici Arpav, mediante numerose trincee e campionamenti
di terreno. Da ciò si ha rilevato la presenza di cromo totale, cromo esavalente, nichel,
zinco (maggiore dei limiti consentiti dalla D.M. 471/99), oltre a forti concentrazioni di
rame e piombo. Per la contaminazione dei terreni della Roggia Brotta è stato realizzato
un progetto di bonifica, è stato poi realizzato un piezometro di controllo ubicato in
posizione di dipendenza idraulica della roggia. In data 7 novembre 2005 sono stati
prelevati due campioni di acqua della falda a diverse profondità: un campione in
corrispondenza della superficie della falda e un campione a 3m di profondità della
superficie della falda.
Parametri mg/l Superficie falda Da superficie falda –
3m
Acqua superficiale
(roggia)Nichel <5 <5 <5Cromo totale <5 <5 <5Cromo VI <1 <1 <1Piombo <5 <5 -Rame <5 <5 -Zinco <10 <10 -Ferro 100 35 -Cadmio <0.2 <0.2 -
29
I dati analitici indicano che il terreno sottostante la roggia, sebbene inquinato nella
porzione superficiale, non esercita alcune azione negativa sulle acque sotterranee, ne ha
alcuna influenza sulle acque superficiali che vengono utilizzate per l’irrigazione.
Mediante la bonifica verrà quindi rimosso e risanato il terreno contaminato.
Per quanto riguarda la ex discarica comunale, situata a 200m dalla Galvanica PM, non
si hanno molte informazioni. Ha funzionato dal 1967 agli inizi degli anni ottanta, ed
essendo stata incontrollata contiene materiale di diversa natura e origine. Si presume
siano stati scaricati materiali provenienti da diverse lavorazioni(galvaniche, concerie)
che contengano quindi nichel e cromo, pertanto la discarica potrebbe aver contribuito
alla formazione del plume. Per verificare tale ipotesi sono stati realizzati due nuovi
piezometri, e i risultati delle analisi eseguite sui campioni d’acqua prelevati in questi
due piezometri sono i seguenti:
Paramet
ri mg/l
Superficie falda
(10/10/05) pz10
Superficie falda
(07/11/05)pz 10
3m da sup.falda
(10/10/05) pz11
3m da sup.falda
(07/11/05)pz11Nichel 8 <5 11 <5Cromo
totale
11 <5 22 11
Cromo
VI
<1 <1 <1 <1
Oltre a questi materiali sono state trovate presenze di altre sostanze, quali cloruri,
solfati, solfuri, ammoniaca, nitriti, nitrati… tuttavia in tutti i campioni prelevati nei due
piezometri non si rileva la presenza di cromo esavalente, pertanto il sito non costituisce
una fonte di contaminazione da cromo esavalente.
La fonte principale dell’inquinamento resta quindi la Galvanica PM.
Per questo motivo sono stati creati dei nuovi piezometri all’interno del sito, in modo
tale da conoscere più approfonditamente le caratteristiche del sottosuolo.
30
Non bisogna dimenticare che la vulnerabilità della falda del zona in questione è
elevata, poiché è costituita per le maggior parte da materiali grossolani (sabbie e
ghiaie) permeabili,perciò l’inquinamento della falda è facilitato rispetto a zone in cui
prevale la presenza di argilla o altri materiali che ostacolano la permeabilità. Il
sottosuolo è prevalentemente composto da sedimenti a granulometria media, costituiti
da ghiaie e sabbie, caratterizzati da buona permeabilità, si riscontrano però anche zone
meno permeabili costituite da lime-argilla o da sabbia e ghiaia meno spesse. E’ stato
poi analizzato il livello della falda nei piezometri, le misure servivano a determinare la
direzione di flusso della falda nel territorio compreso tra l’origine del plume
contaminante(Galvanica PM) e la fascia a sud di Tezze, e per verificare il rapporto tra
l’oscillazione della falda e la concentrazione degli inquinanti. Dai dati ottenuti si
riscontra l’ampiezza delle oscillazioni della falda. Considerando che la galvanica è la
principale responsabile del danno ambientale, bisogna determinare l’origine di tale
inquinamento.
Come precedentemente accennato (capitolo 3) l’industria galvanica utilizzava come
materie prime principalmente nichel e cromo esavalente, i materiali che hanno
contaminato sia il terreno che la falda acquifera. Si ritiene che l’inquinamento dei
terreni e della falda acquifera sotto lo stabilimento della galvanica sia dovuto ai
continui percolamenti di liquidi nel suolo, avvenuto nel corso degli anni, sia quando la
ragione sociale era Tricom spa e sia durante l’attività dell’industria Galvanica P.M. srl.
Visto l’inquinamento diffuso riscontrato in tutto lo stabilimento, si deduce che i
percolamenti siano avvenuti sia dalle vasche di lavorazione, per infiltrazione dal fondo,
sia dalle infiltrazioni attraverso le crepe della pavimentazione dei liquidi di
dilavamento delle superfici o da spandimenti di soluzioni, e sia per il dilavamento dei
fanghi e dei contenitori contaminati stoccati all’aperto. Si ritiene che l’inquinamento
sia in atto fin dagli anni ’70, e che sia iniziato almeno durante l’attività svolta dalla
società Tricom spa. Questo le si deduce dal fatto che l’inquinamento del terreno da
cromo VI è presente non solo nella zona delle vasche di cromatura e nichelatura
dell’Industria Galvanica P.M., ma anche nell’area Nord del capannone, e cioè nella
zona dove erano posizionate le vasche dei trattamenti galvanici in uso alla sola Tricom.
(ricordo che la prima denominazione dell’industria era “Cromatura Zampierin”, fino al
1975, poi la ragione sociale diventò Tricom spa, fino al 1995, e infine “Industria
31
Galvanica P.M.” fino al 2003, anno del suo fallimento). L’inquinamento del terreno si
riscontra in quasi tutte le zone dello stabilimento, compresa la vasca dell’impianto di
depurazione. Si ritiene che questo inquinamento sia correlato a quello dell’anno 1977,
già descritto precedentemente. Tuttavia l’inquinamento della falda è continuato anche
dopo la cessazione dell’attività, a causa dell’oscillazione del livello della falda
acquifera .
Non si ritiene, invece, che l’inquinamento della falda acquifera possa essere dovuto
agli scarichi delle acque reflue, che dopo i trattamenti depurativi con solfiti, per ridurre
il cromo esavalente a cromo trivalente, venivano scaricati nella Roggia Brotta fino al
1985 e successivamente nella fognatura comunale. Quanto al terreno, le trincee e i
carotaggi hanno potuto confermare che l’inquinamento da cromo e da nichel nei terreni
sotto le vasche di nichelatura e cromatura dell’Industria Galvanica P.m., sia dipeso
dall’attività di quest’ultima. La maggior presenza di cromo VI nel terreno (e minore di
nichel) deriva dal fatto che è l’elemento più solubile e più mobile tra tutti i metalli in
uso, perciò è più diffuso nell’acqua di falda e allo stesso tempo costituisce un
grandissimo rischio per la popolazione, visto che la forma esavalente è molto
pericolosa. Il cromo VI è infatti cancerogeno, ha effetti mutageni ed è molto tossico; le
principali vie di esposizione sono inalazione, contatto cutaneo ed ingestione.
5.3.1. METODI PER CAMPIONARE IL TERRENO INQUINATO (per effettuare la
caratterizzazione)
Visto che il terreno sottostante la Galvanica PM presenta una forte contaminazione,
sono stati esaminati più accuratamente i dati emersi dai campioni di terreno, prelevati
mediante diversi metodi: trincee, sondaggi e piezometri.
Trincee
Sono state distribuite in tutta l’area dello stabilimento, all’interno del capannone ed
all’esterno e presso il margine nord e lungo il margine ovest, in corrispondenza dei
punti risultati più critici durante l’indagine. Nelle trincee sono stati prelevati diversi
campioni a partire da 20-25 cm fino a fondo trincea, in quasi tutte le trincee sono stati
riscontrati concentrazioni in cromo VI, cromo totale e nichel superiori ai limiti del
32
D.M. 471/99 relativi ai siti a destinazione industriale e commerciale; per gli altri
parametri analizzati (piombo, rame e zinco) non è stato riscontrato il superamento dei
limiti tabellari.
Sondaggi e piezometri
In corrispondenza alle trincee sono stati eseguiti più sondaggi geognostici di diversa
profondità. Tutti i sondaggi e i piezometri sono stati perforati a carotaggio continuo e a
secco in modo da poter disporre della esatta stratigrafia del sottosuolo ed effettuare
campionamenti di terreno a determinate profondità, il carotaggio è avvenuto a secco
per evitare di far defluire del liquido su un terreno inquinato. Concentrazioni molto
elevate di cromo VI si osservano soprattutto nelle carote dei piezometri vicini alla
vasca del cromo, anche nei campioni prelevati a maggior profondità, il nichel invece è
presente principalmente in superficie, rispetto al cromo VI.
5.3.2. METODI PER CAMPIONARE L’ACQUA DI FALDA
I campionamenti di acque sotterranee dai piezometri interni (G)ed esterni (PZ) alla
Galvanica e in alcuni pozzi privati, erano finalizzati alla ricerca di diversi materiali:
cromo totale, cromo esavalente, nichel, piombo, zinco, ferro, cadmio e rame.
Prelievi nei piezometri G (interni)
I campionamenti in questi piezometri sono stati eseguiti secondo diverse procedure per
valutare in ogni condizione lo stato d’inquinamento delle acque sotterranee. Dalle
analisi effettuate si afferma che la falda sottostante la Galvanica PM è contaminata in
misura preponderante da cromo esavalente e in misura minore da cromo trivalente e da
nichel, le concentrazioni più elevate si riscontrano nella parte più superficiale della
falda.
Prelievi nei piezometri “Pz”
A seconda di dove è localizzato il piezometro i valori tendono a variare, un piezometro
(Pz2) non avverte la presenza di cromo, mentre nel piezometro vicino (Pz9) si
riscontrano basse concentrazioni di cromo trivalente.
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Prelievi nei pozzi
Alcuni pozzi sono stati scelti per valutare le caratteristiche qualitative delle acque
sotterranee. E’ stato analizzato il pozzo comunale in località Granella, il pozzo a fianco
della Galvanica e il pozzo Milani, ubicato a 1400 m dalla Galvanica ma nella direzione
di scorrimento delle acque inquinate. Nei primi due pozzi non è stato riscontrata la
presenza di cromo, totale ed esavalente, e di nichel. Il pozzo Milani, invece, presenta
concentrazioni di cromo esavalente, sebbene non in misura elevata.
6.AZIONI PER RIMUOVERE L’INQUINAMENTO
La fuoriuscita di cromo esavalente e di nichel dallo stabilimento dell’Industria
Galvanica P.M. ha avuto come conseguenza principale il massiccio inquinamento dei
terreni e della falda acquifera sottostante lo stabilimento, che si è poi esteso verso i
comuni a valle, contaminando l’acqua di falda fino ai comuni di Cittadella e Fontaniva.
Visto che le concentrazioni degli inquinanti nei terreni e nella falda acquifera superano
i limiti del DM 471/99, e visto che la popolazione ha utilizzato a lungo l’acqua del
pozzo contaminata, è necessario effettuare con urgenza la bonifica. Non va dimenticato
però che la contaminazione riguarda principalmente la presenza di cromo VI, metallo
molto pericoloso sia per l’uomo che per l’ambiente, pertanto la prima cosa da fare è
mettere in sicurezza la fonte di contaminazione per evitare che l’inquinamento continui
ad estendersi. Perciò inizialmente si sbarra la falda acquifera con una rete di pozzi di
sbarramento, si preleva l’acqua la si depura e infine la si scarica in fognatura, per
riportarla entro i limiti della normativa sugli scarichi. Per quanto riguarda la bonifica ci
sono diversi metodi da poter utilizzare, o si asporta il terreno bonificato e lo si
smaltisce in discarica oppure, se non si può asportare tutto il terreno inquinato e si
vuole garantire la sicurezza , si utilizzano tecniche di lavaggio del terreno, per tentare
di solubilizzare il cromo esavalente ed estrarlo con l’acqua di lavaggio, insieme a
tecniche di riduzione del cromo esavalente a cromo trivalente, quest’ultimo passaggio
avviene perché la pericolosità del cromo trivalente è inferiore rispetto al cromo
esavalente. La tecnica di lavaggio, detta Soil Flushing, consiste nell’iniettare nel
terreno contaminato da cromo esavalente un fluido acquoso, attraverso una serie di
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pozzi di iniezione o trincee o bacini di infiltrazione. Il fluido è solitamente acqua che
solubilizza il cromo, e poi la soluzione lavante, che percola fino alla falda acquifera,
viene recuperata a valle con pozzi di sbarramento, estratta e depurata. La difficoltà di
questa tecnica è che è difficile raggiungere e solubilizzare tutto il cromo, se il terreno
non è molto permeabile. L’altro sistema di bonifica è la “stabilizzazione geochimica
del cromo esavalente”, e consiste nel ridurre il cromo dalla forma esavalente alla forma
trivalente, mediante aggiunta nel terreno di agenti riducenti, quali per esempio solfuri,
ferro nella forma bivalente, ecc. Ricordo che la forma trivalente del cromo è molto
meno solubile del cromo esavalente, ha una tossicità minore ed ha una minore mobilità.
Questa tecnica consiste nell’iniezione, nel terreno da bonificare, di soluzioni acquose
contenenti composti riducenti che permettono il passaggio da cromo VI a cromo III,
però il cromo rimane nel terreno ed è quindi necessario realizzare prima un sistema di
sbarramento efficace dell’acqua di falda. La tecnica del lavaggio e quella della
stabilizzazione geochimica possono essere anche impiegate insieme, la prima per
estrarre più cromo esavalente possibile, la seconda per stabilizzare i residui non
estraibili.
COSTI DEL DANNO AMBIENTALE
Sono costi necessari che doveva sostenere il soggetto che ha creato il danno, ma che
invece sta sostenendo l’amministrazione pubblica, per il rifiuto di intervenire da parte
del sig. Zampierin, quest’ultimo dichiarò infatti fallimento il 24 dicembre del 2004.
L’amministrazione ha dovuto intervenire, sostituendosi al soggetto obbligato, per
evitare l’aggravarsi dei danni all’ambiente e alla popolazione. Questi costi verranno poi
rimborsati dalla regione, in quanto il Comune di Tezze rientra nel bacino scolante della
Laguna di Venezia, e quindi ha diritto al rimborso. Il danno ambientale calcolato dal
ministero dell’ambiente è di 160 milioni di €, perciò il sindaco di Tezze Luciano Lago,
viste le ingenti spese, chiese aiuto alla Regione, anche perché il Comune agendo da
solo farebbe bancarotta. Dopo le interrogazioni dei consiglieri regionali Giovanni Gallo
(Ds) e Gianfranco Bettin (Verdi), anche Franco Frigo (Margherita) si farà carico della
questione, egli infatti afferma che: “i soldi arriveranno entro la fine dell’anno”.
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Il Comune di Tezze ha richiesto ed ottenuto dalla Regione Veneto un finanziamento
dalla Regione Veneto per la bonifica di un canale irriguo denominato “Roggia Brotta”
attingendo ai finanziamenti per la legge speciale per Venezia, essendo ricompresso
all’interno del Bacino scolante di Laguna. Il finanziamento complessivo pari a
1.250.000 € è stato erogato con DGRV n°2362 del 09.08.2002 per € 750.000,00 e con
DGRV n°2833 del 10.09.2004 per € 500.000,00. Con Decreto del Dirigente della
Direzione per la tutela dell’Ambiente n°54 del 26.05.2003 è stato erogato un acconto di
€75.000,00 per spese di progettazione, con note n°202741 del 14.11.05 e n° 17189 del
30.10.2006 è stato richiesto l’erogazione del 1°SAL e 2°SAL. La Regione Veneto con
DGRV n°2023 del 03.07.2007 ha unificato i finanziamenti stanziati a favore del
Comune di Tezze sul Brenta e pertanto viene richiesto il pagamento delle spese
sostenute (1° e 2° SAL) pari ad € 789.144,57.
Il Comune di Tezze sul Brenta appartiene all’elenco dei Comuni che insistono sull’area
di ricarica delle acque sotterranee che alimentano il sistema delle Risorgive da cui si
originano alcuni fiumi sversanti direttamente in Laguna, è stato recentemente inserito,
a seguito della riperimetrazione del bacino scolante anche nell’elenco dei Comuni
direttamente sversanti nella Laguna di Venezia. L’appartenenza al Bacino Scolante
nella Laguna di Venezia, comporta una maggiore attenzione nei confronti
dell’ambiente in generale; e degli scarichi civili, produttivi e agricoli in particolare. La
riprova dell’alto grado di vulnerabilità del suolo e come questo influenzi sulla qualità
della risorsa acqua, è l’inquinamento da cromo VI riscontrato su alcuni pozzi per uso
potabile, siti nei comuni di Cittadella e Fontaniva. Tale inquinamento è stato originato
dalla P.m. Galvanica, la quale ha dichiarato fallimento nel dicembre dell’anno 2004,
permettendo così di entrare liberamente nello stabilimento per iniziare ad effettuare
tutti gli accertamenti e per avere la conferma che l’inquinamento era causato
dall’attività Galvanica. Alla luce degli ultimi risultati sono emersi indici di
concentrazione di cromo VI molto elevati, tanto da rendere necessaria la messa in
sicurezza d’emergenza del sito al fine di rimuovere la fonte inquinante e contenere la
diffusione degli inquinanti, mediante la messa in funzione di una barriere idraulica.
Considerando che il soggetto responsabile dell’inquinamento è fallito, e che il
proprietario dell’area non ha intenzione di intervenire, visto che per legge gli Enti
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Pubblici (Comune, Provincia, Regione) sono tenuti ad intervenire in sostituzione, si è
provveduto ad interpellare la ditta “Brenta Servizi spa”(attuale E.t.r.a spa) gestore
dell’impianto consortile, per la depurazione delle acque di falda che verranno emunte
in loco. Da una prima analisi emerse che era possibile depurare tali acque, previa
rimessa in funzione di una parte dell’impianto di depurazione esistente presso lo
stabilimento, e quindi scaricarle nella rete fognaria al costo preventivato di depurazione
di circa 20.000€ al mese. Visto che il Comune rientra nella perimetrazione del “Bacino
scolante in Laguna” e visto che l’inquinamento persisteva in maniera consistente
creando danno e disagio a diverse persone, considerando che il Comune non aveva la
capacità economica per fare fronte alle spese previste per l’intervento, si chiese
inizialmente al Dipartimento Veneto un contributo di €500.000,00 per gestire per un
anno la barriera idraulica atta a contenere la diffusione dell’inquinamento in falda e la
realizzazione del piano di caratterizzazione del sito al fine di predisporre il piano di
bonifica.
Il primo rendiconto inviato alla Regione, inerente alle spese del primo e secondo SAL
relative all’inquinamento della “Roggia Brotta” e della “EX Galvanica P.M” , come
precedentemente accennato, ammontano a € 789.144,57 e sono cosi suddivise:
LAVORI INIZIALI
DITTA DESCRIZ.ATTIVITA’ SVOLTA IMPORTO Geotecnica Veneta srl Campagna sondaggi all’interno
Galvanica P.M
€ 77.300,52
B.a.f. (Basso Angelo & C
sas)
Esecuzione scavi con escavatore
sulla “Roggia Brotta” per prelievi
terreno ai fini della bonifica
€ 933,60
Arpav Esecuzioni su campione di terreno €590,40
Queste spese sono state sostenute poiché è emersa la necessità di bonificare l’area della
Galvanica, in quanto era contaminata da metalli pesanti provenienti dall’attività di
cromatura svolta dalla ditta Galvanica P.M. srl”.
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SMALTIMENTO RIFIUTI
DITTA DESCRIZ. ATTIVITA SVOLTA IMPORTONord est Ecologia srl Intervento tecnico specializzato
per rimozione lastre in cemento-
amianto e rapporto di prova
€ 5280
Per smaltimento e trasporto
soluzioni acquose non contenenti
cromo e per smaltimento e
trasporto altri rifiuti contenenti
sostanze pericolose e
soluz.contenenti cromo
€ 3240
Per posizionamento container,
fornitura cisterne per raccolta
liquidi e per analisi
classificazione in 14 cisterne
€ 3864
Fornitura attrezzature e
smaltimento rifiuti derivanti da
esecuzione pozzi presso la ditta, e
per pulizia e videoispezione
condotta acque meteoriche area
“Ex Tricom”
€ 14.469,46
Per smaltimento e trasporto terra e
rocce (terreno contaminato)
€ 3.240,12
Per recupero e smaltimenti
galvanici del sito
€ 9.898,08
La suddetta ditta è specializzata in bonifiche ambientali e trattamento di rifiuti speciali,
la quale sta procedendo su incarico del curatore fallimentare allo smaltimento dei bagni
galvanici e altri rifiuti ivi abbandonati e che non appena è stata interpellata si è resa
prontamente disponibile per riporre il materiale inquinato e ad eseguire il successivo
smaltimento.
SPESE SOSTENUTE PER PAGARE LE PRESTAZIONI ESEGUITE
DALL’UNIVERSITA’ DI TRENTO
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DITTA DESCRIZ. ATTIVITA’ SVOLTA IMPORTOTrentino Servizi Prove di laboratorio per bonifica
della Roggia Brotta, ai fini della
predisposizione del sistema di
bonifica di detto canale irriguo
€ 4.989,60
L’Università di Trento ha seguito il caso mediante un laureando di Tezze sul Brenta,
che ha deciso di progettare la barriera idraulica e , per eseguire consulenze ed analisi, si
appoggia alla ditta sopraccitata.
BONIFICA ROGGIA BROTTA
Il progetto di bonifica approvato il 15.03.2005 prevedeva lo scavo del terreno
contaminato con successiva vagliatura al passante di 2mm e smaltimento del
sottovaglio in discarica, mentre il sopravaglio, dopo trattamento di soil washing, deve
essere rimesso in loco.
DITTA DESCRIZ. ATTIVITA’ SVOLTA IMPORTOArpav Indagini ambientali nel sito inquinato € 6895,36
Indagini ambientali nel sito inquinato € 25.152,32Per prelievi, sopralluoghi, e test su
campioni di terreno
€ 6.702,00
Ascopiave Per spostamento e allacciamento
contatori del gas e metano presso il
cantiere della “Roggia Brotta” , tale
intervento è stato reso necessario
perché, per poter effettuare la
bonifica, bisognava demolire una
recinzione sulla quale insiste un
manufatto all’interno del quale sono
situati dei contatori del gas metano a
servizio di un’azienda artigianale.
€ 1436,72
Chelab srl
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