Rita Auriemma, Alessandro Canci, Alessandro Fontana, Dario Gaddi, Paola Maggi, Susanna Mauro
ALLE PORTE DEL MARE. LA LAGUNA DI MARANO IN ETÀ ROMANA
] . INTRODUZIONE
La laguna di Marano rappresenta un'area molto ricca di testimonianze archeologiche, fino a poco tempo fa scarsamente note e valorizzate 1• L'allestimento nel 2007 del museo archeologico da parte del Comune di Marano Lagunare 2 e le sistematiche ricerche svolte tra il 2010 e il 2011 nell'ambito del progetto Storie dal mare. Archeologia subacquea in alto Adriatico, promosso congiuntamente dall'Università di Trieste e dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia 3, permettono oggi di conoscere meglio la storia più antica di questo comprensorio e di ricomporre entro un quadro d'insieme i dati derivati dai numerosi rinvenimenti archeologici del passato, soprattutto per quanto riguarda il periodo romano.
Tali ritrovamenti risalgono già agli inizi del secolo scorso, quando il Circolo Speleologico e Idrologico Friulano effettuò una serie di esplorazioni nella laguna, rivolgendo particolare attenzione all'isola dei Bioni, già allora identificata come sito frequentato dai Romani 4• La quantità e la varietà dei manufatti antichi recuperati, che ora si conservano nelle raccolte archeologiche dei Civici Musei di Udine O e dei quali fu subito compreso
Un'anticipazione cli questo contributo è in AURIEMMA, MAGGI 2012. Una breve e preliminare sintesi dei dati archeologici noti fino agli anni Novanta per l'area lagunare maranese si trova in BUORA I 990; già allora l'autore osservava come mancassero studi sistematici e un'accurata edizione dei materiali conservati al Museo Civico cli Udine e nell'antiquarium di Marana (p. 15).
2 L'apertura del Museo Archeologico della Laguna cli Marana è la tappa conclusiva cli un lungoprogramma cli lavoro promosso a partire dal 2000 dall'amministrazione comunale e mirato alla valorizzazione ciel patrimonio archeologico maranese, che ha visto dapprima il riordino, l'inventario, la catalogazione e il restauro dei reperti facenti parte della raccolta locale e poi, nel 2004, la loro prima presentazione al pubblico tramite l'allestimento della mostra temporanea "Marana tra mare e terra. Testimonianze archeologiche dalla laguna" (Marana Lagunare, 24 aprile 2004 - 18 aprile 2005): cfr. BoRZACCONI, MAGGI, MAGRINI, ZENAROLLA 2013.
3 Vedi infra, p. 95. 4 Il Circolo Speleologico e Idrologico Friulano (CSIF) cominciò ad organizzare dei sopralluoghi
nell'isola di Bioni nell'aprile 1905, a seguito di alcune segnalazioni relative ad interessanti ritrovamenti ivi effettuati che "accennavano alla presenza di una scomparsa stazione romana di non spregevole importanza" (Relazione del Circolo Speleologico e Idrologico Friulano ciel 14 marzo 1907, manoscritto conservato presso l'archivio del CSIF). L'attenzione verso il sito rientrava in un più ampio interesse verso la Laguna cli Marana, dove il Circolo aveva intrapreso una serie di studi geografici e idrografici. L'effettiva constatazione, nel corso dei sopralluoghi, dell'esistenza nel luogo di cospicui resti archeologici portò poi a ricerche più sistematiche, i cui esiti sono descritti, a cura del fondatore ciel CSIF e allora presidente Francesco Musoni, nella Notificazione relativa agli scavi archeologici della località Bioni Comune di Marana Lagunare, 7 febbraio 1906 (Archivio CSIF).
5 Come si evince dalla documentazione d'archivio, andarono a formare la collezione dei reperti provenienti dall'isola di Bioni tre distinte raccolte, che furono riunite e collocate nel Museo Speleologico
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l'interesse per la ricostruzione "della storia, della geografia antica della laguna e delle terre lagunari" quantunque non presentassero "valore artistico e commerciale di sorta" 6,
stimolò pochi anni dopo l'intervento della Regia Soprintendenza. Fu così che nel 1911 il direttore del Museo di Este Alfonso Alfonsi fu incaricato dal Soprintendente ai Musei e agli Scavi del Veneto Gherardo Gherardini di condurre nell'isola delle indagini di scavo. Queste, seppure allora non considerate particolarmente proficue, confermarono in realtà la rilevanza del luogo dal punto di vista storico-archeologico grazie alla scoperta di alcune strutture, di più sepolture e di varie testimonianze materiali di epoca romana: frammenti di vasi in ceramica e in vetro, anfore, lucerne, monete, chiavi e un campanellino in bronzo 7•
Fu riconosciuta la presenza di reperti anche in altri siti lagunari, come l'isola di San Pietro e le Piere di Ficariol.
Altre scoperte avvennero poi ad opera di appassionati e cultori di storia locale, che negli anni contribuirono ad arricchire con segnalazioni e recuperi fortuiti il quadro delle conoscenze 8• Più recentemente, nel corso degli anni Ottanta, un'intensa attività di ricerca e di recupero fu svolta nell'area lagunare e perilagunare dal gruppo Archeo-sub di Marano che individuò numerosi contesti archeologici e segnalò, tra l'altro, anche i resti del ponte della Via Annia nel fiume Stella 9, l'imbarcazione con carico di laterizi naufragata nello stesso corso d'acqua ali' inizio del I sec. d .C. 10 e il relitto della Julia F e lix poi scavato a largo di Grado 11• Questa attività fornì un fondamentale contributo non solo alla conoscenza del patrimonio archeologico del territorio, ma anche alla sua conservazione: grazie alla creazione di un antiquarium locale, nel 1984 cominciò a costituirsi il nucleo della raccolta che ora afferisce al Museo Archeologico della Laguna di Marano.
Molti dei siti riconosciuti dall 'Archeo-sub furono poi reindividuati e ricogniti alla fine degli anni Novanta da Susanna Mauro, che svolse in laguna sistematiche ricerche
ed Idrologico facente parte dei Musei comunali di Udine, siti in Castello: un primo gruppo di materiali era stato recuperato dai fratelli Del Colle di Zompicchia, allora impegnati nella ricostruzione della "torre patriarchina" di Marano, nel corso di scavi da loro eseguiti nel 1905 ( «La Patria del Friuli», 1 aprile 1905), un secondo era stato consegnato dal Municipio di Marana e, infine, un terzo proveniva proprio dalle esplorazioni condotte dal CSIF tra il 1905 e il 1906. Si coglie qui l'occasione per porgere un sentito ringraziamento a Paola Visentini, conservatore dei Civici Musei di Udine, per aver agevolato e supportato lo studio dei materiali maranesi compresi nelle raccolte civiche udinesi.
6 Questa significativa considerazione sull'interesse dei manufatti rinvenuti si trova nell'inventarioallora inviato dal CSIF alla Regia Soprintendenza, che si conserva negli archivi della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia.
7 Il Giornale degli Scavi nell'Isola dei Bioni, consultabile presso gli archivi della Soprintendenzadel Friuli Venezia Giulia, documenta i rinvenimenti allora effettuati, riportando anche una pianta schematica delle strutture messe in luce. Per una descrizione più dettagliata delle scoperte v. ù1fra, par. 3. l
8 Si veda per esempio la segnalazione di Tarcisio Dal Forno relativa al rinvenimento di alcune urne cinerarie nella località "Maneral" bonificata e divenuta "Tenuta Marzotto" («Il Gazzettino», 26 agosto 1954).
9 Nel 1981 fu rilevato nello Stella un pilone del ponte antico, di cui fu eseguito anche uno schizzo:cfr. BERTACCHI 1992.
IO Cfr. BINI 1981; GOMEZEL 1992. Questo relitto fu poi oggetto di indagini interdisciplinari da partedella Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia alla fine degli anni Novanta del secolo scorso in occasione del progetto DAFNE; tali indagini consentirono di portare in evidenza i resti dello scafo della nave e di recuperare e studiare gran parte del carico e dei materiali di equipaggiamento: cfr. Relitto romano 2003. Le ricerche sono state recentemente riprese nell'ambito del Progetto Anaxum, promosso nel 2011 dall'Università di Udine e dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia.
11 Sulla nave e sul suo carico cfr. Operazione Iulia Felix 1999; AURIEMMA 2000; BELTRAME, GADDI 2005; BELTRAME, GADDI 2007.
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subacquee in occasione della sua tesi di laurea, dedicata all'elaborazione di una prima carta archeologica del territorio 12•
Le ricerche più recenti, condotte nel segno dell'archeologia dei paesaggi, sono state realizzate in seno al progetto Storie dal mare, che ha contemplato alcuni interventi su comprensori altoadriatici con finalità didattiche e metodologiche. In seguito ad un'approfondita analisi dei comprensori e delle evidenze suscettibili di indagine, delle sinergie attuabili e delle metodologie innovative applicabili, sono stati identificati come aree di interesse due comprensori costieri profondamente diversi, proprio per aumentare il range di sperimentazione e potenzialità metodologiche: la Laguna di Marano, appunto, in territorio italiano, e l'ampia insenatura portuale di Salvore/Savudrija (Umago/Umag), lungo la costa croata dell'Istria 13. Nella prima area di indagine il progetto ha conseguito due tra gli obiettivi principali: l'elaborazione della carta archeologica della Laguna di Marano e il suo inserimento nel sistema informativo SITI 14 e la ricostruzione del paleopaesaggio anche attraverso lo studio delle variazioni relative del livello del mare e dell'evoluzione geomorfologica dell'ambiente lagunare.
La particolare conformazione del comprensorio maranese e la sua collocazione "sospesa" tra mare e terra rendono immediatamente percettibili le ragioni della sua rilevanza storicoarcheologica: in età romana dovettero rappresentare degli elementi di forte attrazione per una capillare occupazione e per un intenso sfruttamento a fini commerciali. L'area, infatti, era naturalmente dotata di un ruolo centrale nello scambio di merci e prodotti, trovandosi in corrispondenza dello sbocco di alcuni tra i principali corsi d'acqua navigabili della Venetia orientale (Anaxum-Stella, Corno, Zellina, Alsa-Aussa) 1s, in diretto collegamento con il grande porto di Aquileia tramite il Canale Anfora e nel punto di connessione e cerniera tra due diversi sistemi di navigazione: quello per acque interne e quello per mare aperto.
La documentazione archeologica conservata al Museo della Laguna di Marano, derivata per lo più da ricognizioni o scoperte fortuite non associabili a precisi contesti stratigrafici, e le nuove scoperte effettuate durante le indagini attuate nell'ambito del progetto Storie dal mare rivelano con particolare evidenza per l'età romana la pluralità degli insediamenti, il loro elevato livello economico e sociale, nonché la vivacità e la vitalità dei flussi commerciali che li interessarono 16.
12 MAURO 2000-01.13 Il progetto è stato condotto tra 2010e2011 dal Dipartimento di Studi Umanistici (Di SU) dell'Uni
versità di Trieste grazie al finanziamento della Regione Friuli Venezia Giulia (responsabili scientifici Rita Auriemma e Luigi Fozzati, coordinatrice Monika Verzar). Le attività hanno potuto godere delle proficue collaborazioni - formalizzate talora tramite protocolli d'intesa - con il Comune di Marano Lagunare, il Dipartimento di Geoscienze dell'Università di Trieste, i Musei Civici di Udine, l'Autorità di Bacino Regionale, il Nucleo dei Carabinieri Subacquei di Trieste, il Nucleo Sommozzatori della Guardia di Finanza e alcuni istituti stranieri, quali i Musei di Pola, Parenzo ed Umago, in Croazia.
14 SITI (Sistema Informativo Territoriale Integrato) è un sistema informativo dei beni storico-archeologici del Friuli Venezia Giulia elaborato nel 2009 dal Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università di Trieste, in accordo con la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia, allo scopo di integrare le diverse banche dati relative alle risorse del territorio regionale e di aggiornare la Carta Archeologica Regionale mettendo le informazioni, scientifiche e divulgative, a disposizione di diversi utenti: studiosi, enti locali e per il turismo, musei, scuole. Cfr. MoRSELLI, MAGGI, ZORZETTI 2013.
15 Sull'antica idrografia della Bassa Friulana cfr. Nomi delle acque 1995, in cui si veda in particolare il contributo di PRENC 1995. Per un quadro generale dell'assetto idrografico del territorio e per la sua evoluzione storica cfr. inoltre FONTANA 2006.
16 I dati ed i materiali provenienti dalla documentazione pregressa e dalle indagini più recenti hannoprodotto la mostra "Alle porte del mare. Paesaggi d'acqua e di storia nella Laguna di Marano" (Marano,
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2. L'ASSETTO ANTICO DEL PAESAGGIO E LA SUA EVOLUZIONE
La laguna di Grado e Marano occupa l'area interposta tra le foci dei fiumi Tagliamento e Isonzo, dove, poco a monte delle aree sommerse, i terreni presenti in superficie hanno un'età di circa 20.000 anni. Essi sono stati sedimentati dal Cormor e dal Torre al culmine dell'ultima glaciazione pleistocenica, quando il mare era più basso di 120 m e questi corsi erano alimentati direttamente dal ghiacciaio che giungeva alle porte di Udine.
II riscaldamento climatico successivo ha fatto fondere le calotte glaciali e innalzare il livello marino che, attorno a 11.000 anni fa, era arrivato a -40 m sul livello del mare e si trovava all'altezza di Pola, mentre circa 7.500 anni fa aveva già raggiunto i -5 m. Da quel momento la risalita è stata molto più lenta ed è allora che si è iniziata a formare la Laguna di Marano (fig. 1). A quell'epoca si fa risalire anche l'origine della Laguna di Grado, anche
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6D Fig. I. Carta geologica semplificata della bassa pianura friulana (modificato da FONTANA 2006). Legenda: J) linea di costa di 7500 anni.fa; 2) margine interno lagunare di 7500 anni fa; 3) aree al di sotto dell'attuale livello marino medio; 4) depositi alluvionali e lagunari olocenici; 5) depositi costieri; 6) depositialluvionali pleistocenici.
Vecchia Pescheria, 31 agosto - 3 novembre 2013), organizzata dal DiSU e dal Comune di Marano in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia. Cfr. il catalogo della mostra Alle porte del mare 2013.
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se essa ha subito un'evoluzione più complessa, condizionata dalla formazione del delta dell'Isonzo. Quest'ultimo è infatti migrato verso est negli ultimi millenni, raggiungendo la sua foce attuale circa 200 anni fa. L'attuale foce del Tagliamento si è attivata nel 600 d.C. circa, mentre in precedenza si trovava più a ovest. La Laguna di Marano, invece, durante la sua esistenza ha subito poco l'influsso di importanti fiumi e il principale corso d'acqua che vi sfocia è lo Stella. Si tratta del maggiore fiume alimentato dalle risorgive della pianura; anche gli altri - Corno di Nogaro, Zellina, Aussa - sono comunque caratterizzati da una portata costante durante l'anno, rappresentando quindi, come lo Stella, importanti vie di navigazione verso l'entroterra.
L'ambiente lagunare si è espanso sulla pianura precedente, sommergendo progressivamente zone prima emerse. Questo processo sarebbe ancora in atto se non ci fossero gli argini lagunari e le idrovore che, realizzati nella prima metà del Novecento, mantengono asciutte vaste aree poste sotto il livello del mare.
La laguna è protetta dall'azione diretta delle onde dalle sottili isole che la separano dal mare, come quelle di S. Andrea e Martignano, e dalla penisola di Lignano. Le acque marine entrano in laguna durante le alte maree e si ridistribuiscono al suo interno lungo i canali di marea e i ghebi, che rappresentano i percorsi più capillari e tortuosi. La Laguna di Marano ha una profondità generalmente inferiore a 70 cm ed è caratterizzata da poche barene, ossia da aree che rimangono emerse anche durante le normali alte maree. Vi sono poi le velme, che affiorano durante le basse maree e rappresentano un'importante zona ecologica. Le alte e le basse maree si alternano ogni 6 ore circa e la differenza di altezza dell'acqua è in media di quasi 1 metro.
Nelle ultime migliaia di anni il livello marino ha subito un innalzamento lento, ma abbastanza costante, legato alle oscillazioni climatiche e soprattutto allo sprofondamento dei terreni per effetto della subsidenza naturale e di quella indotta dagli interventi dell'uomo, come l'estrazione di acque dalle falde, dovuta per esempio alla costruzione di pozzi.
3. GLI INSEDIAMENTI DELLA LAGUNA: DATI PREGRESSI E NUOVE ACQUISIZIONI
In base ai dati storico-archeologici emergono alcuni siti, che si contraddistinguono per qualità e quantità delle testimonianze; su di essi si è focalizzata l'attenzione nel corso delle recenti ricerche del Progetto Storie dal mare (fig. 2).
3.1. Isola dei Bioni
L'isola più occidentale della laguna rappresenta senza dubbio una delle aree archeologiche più significative del comprensorio (fig. 2, 18-19). L'origine romana di questo sito sarebbe già suggerita dalla toponomastica se ad esso va accostato il nome Bibiones, verosimilmente derivato dal gentilizio Baebius, che è menzionato per l'epoca altomedievale dal Chronicon Venetum usque ad annum 1008 di Giovanni Diacono 17•
17 La località Bibiones è ricordata dall'autore della prima cronaca veneziana, scritta tra la fine del X el'inizio dell'XI secolo, tra i dodici più importanti centri lagunari a partire da Grado; in particolare, è inserita nell'enumerazione fra Grado e Caorle. La proposta di attribuzione all'isola della Laguna di Marana del toponimo storico, poi confluito nell'attuale Bibione come toponimo di riporto, è stata avanzata da FRAU 1985.
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FASCE BATIMETRICHE 1111 da - o.oo a - 0.80 m s.l.m. 1111 da -0.80 a -1.00 m s.l.m.
Fig. 2. Ipotesi di restituzione del paesaggio lagunare e perilagunare di Marana in età romana, con indicazione dei siti noti e il rapporto con il grande terminal di Aquileia. Il paesaggio, oggi costituito da una serie ininterrotta di piane di marea, doveva apparire molto più articolato e ''.fluido" in epoca romana (elaborazione grafica: M. Fernetti, G. Zorzetti).
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da - 1.00 a - 1.20 m s.l.m. 1111 oltre 1.20 m di profondità
I siti archeologici di età romana:
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1- Bevazzana; 2- Madonnetta; 3- Bocca di Coron; 4- Precenicco, Casa dei Pescatori; 5- Valle Hierscel;6- Titiano, Chiesa della Madonna della Neve; 7- Titiano, Acqua Bona; 8- Casa! Donati; 9- Case Rosse;JO- Bosco Baredi; Il- S. Antonio del Turgnano; 12- Tenute Marianis; 13- Valle Ladra; 14- BonificaMuzzana; 15- Le Favole; 16- Il Casino; 17- S. Vito; 18- Isola dei Bioni (insediamento); 19- Isola dei Bioni(sepoltura); 20- Piere ciel Tribel; 2 l- Isola cli S. Andrea; 22- Piere del Ficarol; 23- Piere d'Isela; 24- Isoladi S. Pietro; 25- barena prospiciente Isola cli S. Pietro; 26- Villabruna; 27- Villabruna, Punta delle Pantiere;28- Planais, Col una.
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I dati archeologici sono eloquenti: la presenza di resti di strutture, di sepolture e di manufatti di vario tipo (anfore, ceramica, tessere musive, ecc ... ) documentata sia sulle terre emerse che nelle acque circostanti conferma l'importanza del luogo, dove in età romana doveva sorgere un centro di un certo rilievo.
Nel Canale dei Bioni agli inizi del Novecento giacevano distesi a circa due metri di profondità colonne e capiteli i e si potevano " ... vedere e toccare, a bassa marea, taluni gradini di pietra forse di un porto, di un tempio, di un palazzo ... " 1s. È probabile che questa "gradinata" fosse pertinente ad una banchina o a un molo di approdo, peraltro visto anche successivamente. A poca distanza, gli scavi condotti dall' Alfonsi nel 1911 riportarono parzialmente alla luce un grande fabbricato di cui furono rinvenuti i muri di fondazione costruiti in tegole e conservati in alzato per circa 70 cm 19. Per la sua pianta articolata in una serie di vani quadrangolari modulari, l'edificio, che fu esplorato per una supe1ficie di 17 x 8 metri (fig. 3), pare interpretabile come un magazzino per lo stoccaggio delle merci o la pars rustica di una villa.
L'isola, dunque, era certamente dotata di funzioni portuali, il cui sviluppo dovette essere favorito dalla sua collocazione strategica non lontana dalla foce del fiume Stella - l'antico .flumen Anaxum - e in corrispondenza dello sbocco in laguna del fiume Muzzanella.
Oltre a magazzini e a strutture legate alla funzione di scalo, dovevano esistere ambienti o settori dello stesso o di altri edifici con diversa destinazione: già alcune notizie riportate dalla stampa regionale nel I 905 suggeriscono l'esistenza di complessi a carattere abitativo di particolare pregio. Tra le altre colpisce la notizia relativa alla scoperta di una struttura caratterizzata da ambienti con pavimenti a mosaico e pareti intonacate a ricreare l'effetto del marmo 20; si fa anche cenno a frammenti di colonne, a grosse pietre in calcare d'Istria, a
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Fig. 3. Isola dei Bioni. Posi::.ionamento dei resti archeologici individuati nel 1911 e rilievo de/l'edificio portato in luce (Archivio della Soprintenden::.a per i Beni Archeologici FVC).
18 «La Patria del Friuli», 3 aprile 1905.19 Le informazioni sulle strutture scavate si traggono dal Giornale degli Scavi nell'Isola dei Bioni:
cfr. supra, nota 7.20 FRATINI 1905.
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lacerti di mosaici, a monete e a condutture idriche in piombo 21• Tali informazioni trovano piena conferma tra i reperti conservati presso le collezioni museali di Udine e di Marana, fra i quali si annoverano tessere musive bianche e nere in pietra e colorate in pasta vitrea, frammenti di tubuli, lastrine marmoree per il rivestimento parietale e pavimentale, parti di cornici architettoniche e raffinati elementi decorativi in marmo 22.
Numerose sono poi le testimonianze relative al mondo funerario, anche queste corroborate dalle relazioni relative ai rinvenimenti effettuati nel 1905-1906 23 e nel 1911 24,
nonché dalle descrizioni delle scoperte fatte sull'isola nel 1982 dai ricercatori del gruppo Archeo-sub, che tra l'altro misero in evidenza una tomba alla cappuccina (con copertura in tegole) a cui sembra fosse associata una moneta del IV secolo d.C. 25• Va rilevato che vari elementi scultorei facenti parte della raccolta civica udinese si riferiscono alla decorazione di veri e propri monumenti sepolcrali in marmo o in pietra calcarea databili al I-II secolo d.C., segno della presenza in loco di personaggi di rango elevato (fig. 4). Tra i più significativi si segnalano: il pulvino di un coronamento di ara sepolcrale (fig. 4, n. 3), la testa diun leone funerario (fig. 4, n. 5), un frammento di fregio con bucranio 26 (fig. 4, n. l ) e unframmento di lastra marmorea di rivestimento su cui si conserva parte della decorazionefigurata con animale o mostro marino, del quale rimane la coda avvolta a spirale terminantein una pinna bipartita (fig. 4, n. 2). Non mancano dei frammenti di sarcofagi, su uno deiquali era verosimilmente raffigurato un Erote a pesca (fig. 4, n. 4).
A quanto indica l'insieme dei reperti 21, l'isola di Bioni fu dunque occupata con diverse destinazioni funzionali per tutta l'epoca romana, dalla prima età imperiale alla tarda antichità 28. Non è per ora possibile definire le dinamiche di trasformazione dell'insediamento nel periodo di passaggio all'alto Medioevo, ma è certo che il luogo fu frequentato almeno
21 Un elenco dettagliato dei reperti si trova FRATINI 1905. Le notizie sono riprese da STRAZZULLA RuSCONI, ZACCARIA 1983-84, in part. p. 158,App. II, n. 13; DE FRANCESCHINI 1998, pp. 365-366, n. 306. Da ultime riconsiderano i dati relativi alla presenza di una villa romana nell'isola di Bioni Civ101N1, VENTURA 2008, pp. 236-237: Va però precisato che, in base allo studio approfondito condotto nell'ambito del progetto Storie dal mare sui materiali rinvenuti e conservati ad Udine, vanno rettificate le informazioni relative ad alcuni ritrovamenti: i resti di una fontana con testa di delfino corrispondono in realtà alla testa di un leone funerario, mentre i tre elementi circolari in pietra ritenuti oscilla sono invece tre formelle decorate a rilievo (cd. patere) pertinenti alla decorazione architettonica di una costruzione di epoca bassomedievale (v. infi'a, nota 29).
22 Cfr. Alle porte del mare 20 I 3, pp. 88-90. 23 Menzionano urne, vasi cinerari in vetro e una grande quantità di ossa umane sia FRATINI 1905,
sia l'elenco dei reperti contenuto nella Notificazione relativa agli scavi archeologici della località Bioni Comune di Marana Lagunare, 7 febbraio 1906 (cfr. supra, nota 4).
24 Cfr. infra, nota 34. 25 CORSO 1982. 26 Alle porte del mare 2013, p. 90. 27 Nell'ambito del progetto "Storie dal mare" sono state condotte la revisione e la catalogazione dei
materiali conservati presso i Civici Musei cli Udine, nei depositi udinesi della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia e presso il Museo della Laguna di Marano, nonché di quelli individuati nel corso delle prospezioni. I reperti scultorei pertinenti alla raccolta udinese sono stati oggetto di catalogazione e studio, a cura di Paola Maggi e Ella Zulini, in occasione del progetto "Sculture romane nel Friuli Venezia Giulia", relativo al censimento e alla schedatura informatizzata in SIRPAC (Sistema Informativo Regionale del Patrimonio Culturale) ciel patrimonio scultoreo lapideo antico della X Regio orientale e condotto dall'Università di Trieste in accorcio con il Centro Regionale di Catalogazione e Restauro dei Beni Culturali.
28 In realtà alcuni bolli laterizi potrebbero far risalire la prima fase di frequentazione alla seconda metà/fine del I sec. a.C.
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Fig. 4. Isola di Bioni. Frammenti scultorei pertinenti a monumentifttnerari (Civici Musei di Udine).
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fino ad età medievale inoltrata: lo attestano, in modo specifico, quattro patere in calcare con decorazione a rilievo, relative all'arredo scultoreo di un edificio di culto esistente nel XIII secolo 29.
Tra le anfore e la ceramica destinata alla mensa, alla cucina e alla dispensa si annoverano div lersi recipienti e contenitori che derivano da circuiti commerciali a lungo raggio. Per quanto riguarda la ceramica fine, a fronte di un numero piuttosto esiguo di vasi in terra sigillata norditalica databili al I sec. d.C., si osserva una significativa presenza di vasellame d'importazione. Degno di nota è in primo luogo un frammento di coppa Dragendorff 37 in terra sigillata sud-gallica decorata a matrice che alcuni particolari decorativi inducono ad attribuire all'officina de La Graufesenque e a collocare tra 1'80 e il 100 d.C. 3o. Di grande interesse risulta anche un frammento di coppa corinzia ornata a rilievo con scena di combattimento e inquadrabile tra la seconda metà del II e il III sec. d.C. Preponderante è la presenza di sigillata africana, in particolare delle produzioni C eD; a quest'ultima si riferiscono vari esemplari di scodelle di forma Hayes 67 con decorazione stampigliata sul fondo e altre forme (ad es. Hayes 91A) la cui datazione giungealla metà del V secolo 31.
Le anfore rispecchiano tendenze ormai ben focalizzate per l'area adriatica: il rapporto privilegiato con l'interlocutore orientale, la capillare presenza delle anfore africane e orientali nel Tardoantico (in particolare contenitori cilindrici/Keay XXV/Bonifay Africana III e Late Roman 1), l'arrivo di produzioni dell'Italia meridionale e della Sicilia come 1 'anfora Keay LII; in merito a questa, se da una parte si conferma la lettura di P. Arthur, che teorizzava decisi interventi statali dietro la distribuzione del vino meridionale, dal!' altra l'insieme dei dati restituisce l'immagine di circuiti di commercializzazione paralleli più 'liberi', destinati a soddisfare non solo "i bisogni rituali e convivialidel ceto clericale nordadriatico" ma anche i "mercati civili", come confermerebberoanche le attestazioni nel Veneto e nella laguna di Venezia 32. Si nota inoltre un considerevole numero di coperchi di anfore (17) recuperati dal CSIF, sia a matrice, con segnianepigrafi, che al tornio (solo due ricavati da pareti), in gran parte riferibili a contenitori adriatici altoimperiali. Colpisce la prevalenza numerica di contenitori della tardaantichità, dalla fine del IV al pieno VI sec. d.C., considerata la presenza di spatheia edi anfore africane di grandi dimensioni, rispetto alla produzioni della prima e media etàimperiale.
Una consistente quantità di esemplari ascrivibili all'epoca tardoimperiale emerge anche dall'esame del vasellame in vetro: sono attestati i bicchieri di forma troncoconica tipo Isings 106 c (IV - inizio V sec. d.C.) e una coppa Isings 96 decorata da goccia applicata a caldo in vetro blu (seconda metà IV - prima metà V sec. d.C.). Significativa è anche la presenza dei bicchierini a calice tipo Isings 11 l c, databili ormai al periodo altomedievale (seconda metà V - VIII sec. d.C.).
La lunga continuità di vita del sito è testimoniata, infine, dalle monete rinvenute nel 1905-1906: la più antica è un asse di Tiberio del 34-37 d.C., mentre le più recenti sono
29 Cfr. Maran 1990, fìgg. alle pp. 29, 32, 35 e 38; Alle porte del mare 2013, pp. 139-141.30 Si ringrazia Patrizia Donat per i preziosi suggerimenti. 31 Una significativa presenza di sigillata importata dal!' Africa settentrionale è segnalata, per quanto
riguarda la collezione udinese, già da BUORA 1990, p. 15. Rispetto ad allora la documentazione si è arricchita notevolmente grazie all'apporto del materiale afferente alla raccolta museale maranese e dei rinvenimenti fatti da S. Mauro alla fine degli anni Novanta.
32 TONIOLO 2003, p. 621.
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RITA AURIEMMA ET AL/I
sette nominali illeggibili di fine IV-V secolo; sono documentate anche monete di Nerone, Antonino Pio, Gordiano III e Salonina.
Nelle recenti ricerche condotte tra il 2010 e il 2011 il tentativo attuato di determinare l'esatta posizione della struttura d'approdo riconosciuta più di un secolo fa nel Canale dei Bioni non ha purtroppo portato a risultati, a causa delle modificazioni subite dal corso del canale e soprattutto delle stratificazioni di ostriche e di sedimenti. Le ricognizioni di superficie hanno però consentito l'individuazione di due sepolture ad inumazione in fossa semplice, una delle quali è stata scavata (fig. 5). A causa dell'erosione marina della sponda dell'isola l'inumato risultava completamente esposto e della fossa in cui era deposto non rimaneva più traccia. La tomba, orientata nord-sud, era priva di oggetti di corredo; non vi sono dunque elementi utili per il suo inquadramento cronologico se non quelli derivanti dall'analisi al C 14 effettuata sui resti ossei. La datazione radiocarbonica del campione ha espresso una cronologia calibrata compresa tra il 590 d.C. e il 780 d.C. (95% di probabilità) 33.
L'analisi dei resti ossei ha permesso di stabilire che si tratta di un inumato di sesso maschile, di età compresa tra 30 e 40 anni, alto circa 173 cm, di corporatura longilinea, complessivamente in buona salute. Di estremo interesse risulta una perforazione triangolare sul lato ventrale dell'ala iliaca dell'anca sinistra causata, con ogni probabilità, da un oggetto acuminato di sezione approssimativamente triangolare, che ha impattato la superficie ventrale dell'ala iliaca perforandola e provocando un tipico foro d'uscita smussato (bevelling) con piccola perdita di sostanza ossea. La velocità (modesta) con cui l'oggetto ha colpito l'ala iliaca è indicata dalla linea di frattura visibile dal lato ventrale e, lungo lo spessore della cresta iliaca, sino al lato dorsale. Questa perforazione, verosimilmente, rappresenta l'esito di un trauma inflitto mediante un'arma acuminata (spada corta e leggera, sax?) condotto all'addome frontalmente, da destra verso sinistra. Dopo aver lacerato i tessuti molli del! 'area addominale sinistra la lama ha colpito, penetrandola, la superficie ossea dell'ala
Fig. 5. Isola dei Bioni. La sepoltura semisommersa in. corso di scavo.
33 Centro di Datazione e Diagnostica (CEDAD) dell'Università del Salento (si rigrazia il direttore della struttura, Lucio Calcagnile).
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ALLE PORTE DEL MARE. LA LAGUNA DI MARANO IN ETÀ ROMANA
iliaca dello stesso lato. L'assenza di qualsiasi segno di deposizione di osso neoformato suggerisce la natura perimortale della ferita e la probabile causa di morte dell'individuo.
Va segnalato che sepolture nell'area erano state rinvenute, sempre lungo la linea di riva e semisommerse (indicatore importante per le valutazione delle variazioni relative del livello del mare) già nel 1911, all'epoca dei brevissimi scavi, presto interrotti, condotti dalla Regia Soprintendenza, per cui occorre pensare ad un'area necropolare 34. Nel suo Giornale degli Scavi l 'Alfonsi riferisce della scoperta di sepolture ad inumazione fatta a più riprese negli strati soprastanti le fondazioni dell'edificio a più vani messo in luce nel corso delle indagini. Le recenti acquisizioni avvalorano l'ipotesi che si trattasse dei resti di una necropoli impiantata sopra le strutture romane, ormai in disuso, in epoca tardoimperiale e/o altomedievale, secondo un fenomeno piuttosto diffuso.
L'arco cronologico indicato dall'analisi al radiocarbonio coincide con quello della dominazione longobarda, che per l'area delle lagune altoadriatiche è, in realtà, un periodo molto complesso, comunque caratterizzato dal controllo bizantino, restaurato alla fine della guerra gotica ,5• A questo stesso range cronologico devono essere ricondotti alcuni frammenti di pentole ad ansa sopraelevata in ceramica ad impasto grezzo rinvenuti durante le ricognizioni di superficie lungo la sponda dell'isola, i quali trovano puntuali confronti con materiali gradesi databili tra VIII e IX secolo 36_ Si tratta di una forma ceramica attestata dal X secolo in poi in tutta la pianura padana 37, ma segnalata per il periodo anteriore all'anno 1000 solamente nelle lagune e in alcuni siti perilagunari (Oderzo e Civitas Nova Heracleia) 38. La precocità della diffusione di questa forma nell'area lagunare e le sue caratteristiche morfologiche, che implicano una nuova modalità di cottura dei cibi e una diversa struttura del focolare, rendono estremamente interessante il dato archeologico.
3 .2. Tribel o Isola di Peraro
Per questo sito (fig. 2, 20), che oggi è ubicato in corrispondenza di una velma nel settore centro-meridionale della laguna ma che in età romana doveva essere un'isola 39, non emergevano fino all'avvio del progetto Storie dal mare dati che potessero suggerire una sua rilevanza dal punto di vista archeologico. Nell'ambito delle collezioni museali, infatti, solo nella raccolta civica udinese si conserva un piccolo nucleo di manufatti che provengo-
34 " ... in questo punto sono rari gli avanzi di macerie. Portato lo scavo più verso sud mi accorsi che afior di terra dilavato continuamente dalla marea si trovava uno scheletro orientato con la testa ad ovest steso prono. Naturalmente le ossa erano fracide e non fu possibile raccoglier niente, feci accuratamente frugare il terreno circostante senza esito ... ": Giornale degli Scavi nell'Isola dei Bioni, 20 gennaio 1911 (Archivio Soprintendenza per i Beni Archeologici FVG).
35 Sulla complessa vicenda storico-politica delle lagune venete nell 'altomeclioevo, e ciel passaggiodal dominio bizantino nel VI secolo a quello cli Venezia nel IX-X secolo, si vedano rispettivamente ZANINI, 1998 e GELICHI 20 IO.
36 D. GADDI, Grado Casa della Musica, Relazione cli scavo 2012, Archivio della Soprintendenzaper i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia.
3? BROGIOLO, GELICHI 1986, pp. 293-316.38 Pentole ad ansa sopraelevata sono presenti, oltre che a Bioni, anche tra i materiali cli Sant' Andrea
(cfr. infra) e tra quelli, cli provenienza sconosciuta, esposti al Museo cli Marano; per Oderzo vedi CASTAGNA, SPAGNOL 1996, pp. 81-93, per Eraclea SPAGNOL 1996, pp. 59-79.
39 Cfr.i11/i·a,pp. 117-l l 8.
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no dalla zona, indicata come Isola di Peraro, e che furono acquistati nel 1938. Si tratta di alcune tegole con bollo, di una lucerna su alto piede attribuibile alla produzione in ceramica invetriata caratteristica della fornace di Carlino (]oc. Chiamana) nel IV secolo d.C. 40 e di varie anfore; tra queste ultime si distingue un contenitore del tipo Dressel 6B 41 per il quale il marchio impresso sull'orlo testimonia un utilizzo nella commercializzazione dell'olio prodotto in Istria tra il 45 e 1'80 d.C. dall'officina dei Laecanii, com'è noto proprietari di vasti possedimenti nell'agro di Pola e di una lussuosa villa nell'Isola di Brioni 42 (fig. 6).
Proprio nel sito del Tribel, invece, le ricerche svolte nel 2010-2011 hanno dato i risultati più inaspettati ed eclatanti, svelando l'esistenza di un ampio e articolato complesso edilizio di epoca romana. Lo scavo ha portato in evidenza, alla quota di circa -1 m s.l.m., i resti di un edificio sommerso, esteso per circa 40 m in senso NW-SE e comprendente numerosi ambienti: ne sono stati individuati una decina, uno dei quali forse scoperto o aperto, ma vari altri sono ancora nascosti dalle stratificazioni di fango e ostriche (figg. 7-8). L'orientamento è 20-22° ad ovest rispetto alnord-rete, rispondente, quindi, alla centuriazioneclassica di Aquileia, attestata nell'impianto urbano e nella pianura friulana dal mare alle pendicicollinari 43.
Il settore settentrionale comprende vani di forma quadrangolare (lato di 3,5 m circa) o rettangolare (2 m di larghezza) delimitati da muri costruiti con tegoloni e mattoni rotti, riciclati (con il "dente" o "aletta" posta lungo il margine). In taluni casi i frammenti di laterizi sono posti di taglio, a spina di pesce. Agli angoli si riscontrano blocchi quadrati in pietra, probabili basi di pilastri portanti (forse di un portico?). I muri hanno una larghezza di 0,36 m e appaiono intonacati e affrescati: all'interno dei crolli che riempivano gli ambienti sono stati rinvenuti vari frammenti di intonaco dipinto rosso, ocra, verde e bianco (fig. 9). In uno degli ambienti (amb. 4) è stato scoperto un tratto di massetto pavimentale, rotto da un intervento di scavo; senza dubbio costituiva la preparazione di un pavimento in mosaico, a giudicare dalla grande quantità di tessere bianche e nere recuperate negli strati di distruzione.
Fig. 6. Civici Musei di Udine. Anfora Dressel 6B da Peraro/Tribel con bolli LAEK e [C]OM.
40 MAGRINI, SBARRA 2005, in particolare pp. 51-53, tipo l; Alle porte del mare 2013, p. 121. 41 Alle porte del mare 2013, p. 94. 42 L'officina produceva a Fazana, dove si sono individuate varie fornaci destinate alla produzione
di anfore Dressel 6B piccole, tipi Fazana l e 2, anfore con orlo a imbuto, lucerne e laterizi, attive tra I e II secolo a.C. Tra le disiecta membra dello stesso complesso, sottostante il centro moderno, si ravvisano strutture per il rifornimento idrico e magazzini, mentre i pochi elementi superstiti di un frantoio per olive sono riferibili alla seconda fase di vita del complesso, tra III e VI sec. d.C.: Buué 2009; Buué, Dz1N 2008, Buué, KoNCANI UHAC 2009; Dz1N 2011.
43 Da ultimi PRENC 2002, in particolare pp. 53-57; MAGGI, ORIOLO 2009, p. 157; PRENC 2012, p. 477 e nota 7.
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ALLE PORTE DEL MARE. LA LAGUNA DI MARANO IN ETÀ ROMANA
Fig. 7. Piere del Tribel. Foto aerea con indicazione delle strutture.
Fig. 8. Piere del Tribel. Planimetria del complesso edilizio.
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Nella parte centrale si sviluppava probabilmente un grande cortile, lungo più di l 5 m, di cui sono visibili le fondazioni in pietra, con travi di rinforzo in legno; a sud, invece, è stato messo in luce un piccolo ambiente (2,28 x 3 m) che mostra all'interno due basi simmetriche di pilastrini e una probabile apertura in corrispondenza del lato breve parallelo al canale. I muri in questo caso sono più sottili (max 30 cm, pari a un piede romano) e il pavimento era verosimilmente in laterizio.
Prima della costruzione l'area era stata "bonificata", come avveniva anche ad Aquileia, Altino, Ravenna e in tutte le zone umide. Si sono infatti trovate fitte concentrazioni di pali infissi nei terreni limosi per consolidarli e costruirvi sopra i muri; riporti argillosi, impermeabilizzanti, e gettate di pietrame, drenanti, si alternavano fino allo strato sottopavimentale, costituito da una gettata di frammenti di laterizi e anfore che evitava la risalita dell'acqua e l'umidità (fig. 10) 44• In particolare, in quella rinvenuta sotto lo strato di cocciopisto nell'ambiente 4, sono stati riutilizzati grossi frammenti di anfore Dressel 6B e medioadriatiche a fondo anulare, che rimandano ai decenni successivi alla metà del I secolo 45
.
Il complesso doveva disporre di un molo o di una banchina di attracco, segnalata in passato ma non più visibile 46, anche per imbarcazioni da pesca, come testimoniano numerosissimi pesi da rete, nonché chiodi di carpenteria navale.
Per quanto riguarda la pianta, la cui geometria complessiva ancora sfugge, è probabile che gli ambienti si articolassero attorno al cortile centrale, di dimensioni analoghe a quelle delle aree scoperte - in particolar modo delle corti rustiche - delle residenze del territorio di Aquileia 47• Il settore occidentale - per quanto messo in luce - aveva sicuramente carattere residenziale, considerati le pavimentazioni musive, i rivestimenti parietali in intonaco dipinto e gli apprestamenti per il riscaldamento ma, a causa dello stato di conservazione, non è possibile ricondurre gli ambienti ad un modello planimetrico né ipotizzarne le singole destinazioni 48• Sembra però potersi ravvisare nel vano 3 (circa 16 mq) uno spazio scoperto, forse una corte, in quanto non si è individuato alcun rivestimento parietale. Non è escluso che si trattasse di una piccola corte urbana, in osservanza di quel modello, il più diffuso in area aquileiese secondo Maria Stella Busana, che vede la presenza di due corti distinte su cui gravitano rispettivamente la parte urbana e quella rustica, separate da un muro divisorio o da una serie di ambienti o da un ambulacro 49.
La destinazione d'uso del complesso è ancora da precisare. La funzione residenziale poteva affiancare quella di servizio, eventualmente come punto di sosta e/o stoccaggio, immagazzinamento di merci (a giudicare dall'incidenza dei contenitori da trasporto). Anche l'estensione, presumibilmente non inferiore a 800-1000 mq, giustifica l'afferenza di questo complesso alla categoria delle ville rustiche della bassa pianura friulana, che
44 La tecnica, ben nota nella bassa pianura friulana, è descritta da Vitruvio (De Arch. III, 4, 2):GIULIANI 1990, I 29-130; PORTULANO, URBAN 200 I, p. 41 e passim; PREVIAT0 2012, per quanto riguarda le fondazioni pluristratificate di Aquileia e in Italia settentrionale (Oderzo, Concordia, Padova, Milano, Cremona) di riporti di ghiaia e limo-argillosi e di altri materiali rispettivamente drenanti, stabilizzanti e impermeabilizzanti.
45 Cfr. MAGGI 2007, p. 127; Produzione e circolazione 20 I 2, pp. 270-271.46 MAURO 2000-0 I .47 SUSANA, F0RIN 2012, 496. I settori residenziali occupano solitamente i versanti settentrionale o
occidentale, com'è il caso del Tribel, e le parti più elevate.
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48 Una recente e accurata disamina è in SUSANA, FORIN 2012. 49 SUSANA, FORIN 2012.
ALLE PORTE DEL MARE. LA LAGUNA DI MARANO IN ETÀ ROMANA
Fig. 9. Piere del Tribe/. Muri degli ambienti del settore nord. Si distinguono i /ateri::.i della costruzione e l'intonaco sulle pareti.
Fig. I O. Pie re del Tribel. Il vespaio drenante sotto il massetto pavimentale, con .fi·ammenti di faterò e anfore.
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caratterizzano un sistema insediativo basato su proprietà di piccole e medie dimensioni a lunga continuità di vita so.
Come evidenziato, sono molti i frammenti di anfore pertinenti alle fasi alto e medioimperiale: sono quasi esclusivamente di produzione adriatica (decisamente maggioritari i contenitori a fondo piatto, seguiti dalle Dressel 6B), se si eccettuano poche anfore Africana I e II e qualche orientale. Nei secoli successivi subentrano, in posizione paritaria, i contenitori africani e quelli egei più attestati.
La ceramica fine proveniente dal sito restituisce un quadro piuttosto articolato, che vede la presenza di produzioni italiche, orientali e africane. Il vasellame in sigillata norditalica prodotto nella prima metà del I sec. cl.C. è documentato solo sporadicamente, mentre la maggior parte delle attestazioni si riferisce a forme in uso dalla metà del I agli inizi del II secolo, in particolare alla coppa a listello tipo Conspectus 34 della produzione ccl. tarclopaclana. Al I - inizio II sec. d.C. è attribuibile la forma del bicchiere globulare a pareti sottili con orlo rigonfio ritrovata in più esemplari. Va poi rimarcata la presenza cli alcune coppe ascrivibili alla terra sigillata padana della media età imperiale (cd. sigillata padana tarda), una classe ancora poco nota in ambito aquileiese 51, alla quale va ad esempio riferita una coppa decorata con fascia di tacche; la cronologia si pone tra il II e il III sec. d.C.
Tra la ceramica da mensa d'importazione si segnalano alcuni esemplari di Eastern Sigillata B, presente in particolare con il piatto Hayes 60, diffuso fino ai decenni centrali del II secolo. Consistente è la quantità di terra sigillata africana, che comprende tutte le produzioni, a testimoniare la continuità di vita del sito dal II agli inizi del V sec. d.C.; sono in particolare documentate le forme del piatto Hayes 50 in C e della scodella Hayes 61A in D.
3 .3. Pie re del Ficariol
Già il toponimo Piere, che ricorre anche per altri siti (Tribel, Isela), allude all 'esistenza in questo luogo di strutture antiche, delle quali potrebbe essere testimonianza la documentata presenza di diversi blocchi cli pietra calcarea di grandi dimensioni (fig. 2, 22).
La velma, situata nei pressi dello sbocco in laguna ciel complesso fluviale AussaCorno, emerge solo in occasione delle basse maree. L'ubicazione in connessione con l'antico corso dell'Alsa (ora Aussa) e in linea con la foce dello Zellina, posto poco più ad ovest, fiume parimenti navigabile nell'antichità 52, dovette rappresentare il fattore determinante per l'occupazione romana ciel sito, per il quale si può presupporre la funzione di scalo portuale.
Da quest'area proviene un nucleo di anfore significativo per quantità e per varietà tipologica (fig. 11). Si tratta cli contenitori da traspç)lt0 prodotti non solo in ambito adriatico ma anche in diverse province del Mediterraneo, che coprono un arco cronologico di oltre sette secoli, dal I sec. a.C. al VI-VII sec. d.C. Tali manufatti indicano l'arrivo via
50 MAGGI 1992, in particolare pp. 199-200; PRENC 2012, p. 479.5 1 Un primo apporto alla conoscenza ciel vasellame padano cli età tarda è offerto eia MASELLI Scon1
2006; lo studio dei numerosi esemplari provenienti dagli scavi ciel Canale Anfora potrà contribuire a chiarire ulteriormente le caratteristiche morfologiche e decorative della classe.
52 Si ricorda il rinvenimento nei pressi del fiume, in località Boscat, cli un probabile bilanciere clipiroga, datato in base al C 14 all'età del Bronzo (XVII-XVI sec. a.C.): PJOVESAN 199 l; FOZZATI 1993.
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ALLE PORTE DEL MARE. LA LACUNA DI MARANO IN ETÀ ROMANA
2.
Fig. I I. Piere del Ficariol. Alcune delle anfore rinvenute, provenienti da varie aree del Mediterraneo. I. Keay LII; 2. Late Roman 2; 3. spatheion; 4. Late Roman I
mare, soprattutto a partire dal III sec. d.C., di una serie di derrate alimentari - vino, olio e salse di pesce - originarie dell'Italia meridionale, delle isole dell'Egeo e del!' Asia Minore, del!' Africa settentrionale e della Penisola Iberica. Degna di nota, per il periodo tardoantico, la decisa preminenza delle importazioni orientali su quelle africane, rappresentate essenzialmente da contenitori cilindrici (forma III Bonifay, tipi Keay XXV e XVII) e spatheia.
Il vasellame da mensa rinvenuto risulta tutto di provenienza africana: sono in particolare attestate le produzioni A (prevalente) e C, che coprono un arco cronologico compreso tra la prima metà del III e la metà del IV sec. d.C.
Il rinvenimento di vasellame di età altomedievale e rinascimentale documenta, inoltre, la lunga vitalità dell'area dopo il periodo romano.
Anche questo luogo era già noto agli inizi del secolo scorso come sito archeologico, seppure non giudicato di grande interesse 53. La presenza di frammenti fittili vi fu ricono-
53 Al sito fa cenno la lettera allegata al Giornale degli Scavi nell'Isola dei Bioni del 1911, già citata.Nel documento il Soprastante Alfonso Alfonsi esprime una valutazione sulla scarsa rilevanza delle scoperte effettuate a Bioni, che accosta a quelle relative ad altre aree della Laguna di Marana: "Come lo provano le
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sciuta negli anni Ottanta dal gruppo Archeo-sub 54 e poi alla fine degli anni Novanta da Susanna Mauro 5s.
Il progetto Storie dal mare ha in questo caso dato un ulteriore contributo alla conoscenza del sito tramite l'analisi delle fotografie aeree: il lavoro di fotointerpretazione ha permesso di individuare un'interessante traccia a forma di T. Ad un riscontro effettuato nell'area, a nord e ad ovest di tale traccia si sono riconosciute delle zone di concentrazione di laterizi e di frammenti di anfore, prevalentemente di piccole dimensioni, mentre sulla sommità si sono rilevati alcuni blocchi calcarei sparsi; altri di dimensioni maggiori, posti di piatto e vicini, sono stati evidenziati verso sud-ovest. Si tratta forse degli elementi superstiti o ancora visibili di un breve tratto murario, della lunghezza di 0,60 m, precedentementeosservato; ancora, nella parte meridionale fu individuata una struttura in legno immersanell'acqua e nel fango, costituita da due o tre assi inclinate, appoggiate a pali del diametro
Fig. 12. Piere d'lsela. Puli::.ia del mosaico con la sorbona.
ricerche eseguite ... l'isola in parola è di pocchissima (sic) importanza archeologica; non può trattarsi che cli uno dei tanti villaggi lagunari che attorniavano Aquileia, al pari cli altre isole, eia me visitate, quali quella cli S. Pietro, ciel Ficariol e delle Piere cli Isela ... Tali regioni saranno sempre sterili di interessanti scoperte".
54 Alcune fotografie conservate presso il Comune cli Marana, probabilmente scattate dai membricieli' Archeo-sub negli anni Ottanta, si riferiscono a "La Secchetta, parte più a NW ciel Ficariol" e mostrano delle dispersioni di pietrame e cli frammenti fittili misti a detriti conchigliferi; in esse sono riconoscibili degli allineamenti, forse da mettere in connessione con i resti di antiche strutture murarie.
55 MAURO 2000-0 I.
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ALLE PORTE DEL MARE. LA LAGUNA DI MARANO IN ETÀ ROMANA
di circa 15 centimetri, che affondano nella melma per oltre un metro. In prossimità di questa struttura si sono rinvenuti numerosi frammenti di anfore e alcuni di intonaco bianco, con impronte di incannucciato 56. Nell'area è segnalata una "gradinata" che non è stata rintracciata, né nel corso delle ricognizioni svolte da S. Mauro, né nell'ambito delle attività del progetto Storie dal mare, probabilmente a causa dell'accrescimento dei sedimenti e delle stratificazioni di ostriche.
3 .4. Piere d' Isela
Poco lontano, in direzione nord, si trova un'altra velma, le Piere d'Isela (fig. 2, 23), "dove sulle spiagge dilavate dalla marea sono accumulati detriti di macerie al pari dei Bioni" 57•
Il sito fu oggetto di un'importante scoperta da parte del gruppo Archeo-sub nel 1982: vi fu messa in luce una struttura di epoca romana della quale si conservavano i muri costruiti con tegole di grandi dimensioni e parte di un pavimento musivo in tessere bianche. Accanto ad esso, verso nord-ovest, fu individuata una palificazione "che prosegue sempre nella stessa direzione del rinvenimento in mosaico per una cinquantina di metri cli lato". Inoltre si rinvennero "numerosi cocci, frammenti di olle, clolii, anfore, un frammento di catino in sigillata chiara in cui non si riesce a leggere il marchio" 5s_
Nel corso del progetto Storie dal mare la struttura con mosaico è stata rintracciata sotto un accumulo di conchiglie e melma e riportata in evidenza (fig. 12). È emerso un vano quadrato del lato di 3 m, delimitato da muri realizzati con tegoloni, sia frammentari che integri, e conservati per un'altezza di circa 30 cm. All'interno rimangono i lacerti perimetrali di un mosaico tessellato bianco, posto ad una quota di 1 m sotto il livello del mare. Alcuni accorgimenti notati nella tecnica costruttiva, qual i una sorta di "intonacatura" della muratura con uno spesso strato di calcestruzzo grossolano costituito da malta grigiastra idraulica, sembrerebbero suggerire un riutilizzo della struttura come vasca o cisterna. È molto probabile che questa facesse parte di un complesso più vasto e articolato, forse a destinazione mista abitativa-artigianale: sebbene non si siano osservati prolungamenti dei muri, appare verosimile che questi continuino sotto il cumulo cli ostriche. Nella pulizia ali' interno della struttura, in corrispondenza della lacuna del pavimento musivo, sono stati recuperati frammenti di anfore medioadriatiche e di anforette norditaliche, nonché di sigillata africana C; non è da escludere che essi siano pertinenti alla preparazione pavimentale. Le produzioni anforarie sono le stesse che compaiono nelle sottofondazioni del Tribel; si potrebbe pertanto ipoteticamente proporre una datazione analoga dei due impianti alla seconda metà - fine del I sec. d.C.
Il periodo di frequentazione di Piere d'Isela sembra abbracciare tutta l'età imperiale, fino al V secolo. I reperti si riferiscono ad anfore, a ceramica africana eia cucina e ad altra ceramica comune (da segnalare un orlo di incensiere), a vasellame in terra sigillata nord-
56 MAURO 2000-0 I, p. 110. Strutture simili sono segnalate in vari punti nella laguna di Venezia e si riferiscono per lo più ad opere di difesa spondale, arginature e sottofondazioni di bonifica: v. per es. Dinamica insediativa 2008; cfr. anche GADDI 1994-95, figg. 25, 27 e 28; Forme del vivere in laguna 2010, pp. 120-121.
57 Tale notazione è riportata nella lettera di Alfonsi allegata al Giornale degli Scavi 11el/'lsola deiBioni a cui si è già fatto riferimento (cfr. supra, note 7 e 53).
58 CORSO 1984; CORSO 1985.
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italica e africana e in vetro; vanno ricordati anche un sesterzio di Commodo, coniato nel 180 d.C., e un bracciale in pasta vitrea di colore nero appartenente a un tipo diffuso nel III sec. d.C.
3.5. lsola di Sant'Andrea
Al limite meridionale della laguna, l'isola costituiva, come oggi, la barriera litoranea che separava le acque marine e quelle interne (fig. 2, 21). Da essa proviene una statua acefala in calcare raffigurante a grandezza naturale un vir togatus 59, che con tutta probabilità apparteneva ad un monumento funerario di età augustea 00 (fig. 13). Conservato nel Lapidario del Museo Civico di Udine, l'importante reperto fu recuperato nel 1935 tra le sabbie al margine orientale dell'isola, all'ingresso di Porto Buso; successivamente venne portato a Marana e fissato su uno dei tre blocchi lapidei in associazione ai quali era stato ritrovato, forse provenienti da una banchina portuale romana 01•
Oltre a questo eccezionale rinvenimento, tracce evidenti della presenza di strutture antiche nell'isola erano state riconosciute nella zona centrale, dove un sondaggio effettuato dalla Soprintendenza nel 1983 a seguito di una segnalazione aveva portato all'individuazione di un mosaico a tessellato bianco e di alcuni muri semisommersi in pietre sbozzate, di cui uno conservato in alzato per cinque filari 02.
Nel corso del progetto Storie dal mare è stato possibile riposizionare l'area interessata dalle scoperte degli anni Ottanta e procedere ad un breve scavo di verifica. L'indagine ha confermato la sussistenza di varie strutture murarie, mettendo in luce piani pavimentali e una serie di livelli che si riferiscono ad un'occupazione del sito tra il VII, come attesta anche la diffusa presenza di spatheia nordafricani, che risultano i contenitori più rappresentati, e !'XI secolo (fig. 14). I piani pavimentali più antichi, situati a circa 50 cm s.l.m., sono databili ali 'età altomedievale (VII-VIII secolo d.C.). Lo scavo ha restituito anche materiali di 1-11 sec. d.C. 63 che al momento, più che testimoniare una frequentazione alto e medioimperiale del sito, sembrano meglio interpretabili come elementi residuali di riporti prelevati in aree circonvicine frequentate in epoca romana.
Per la fase medievale si segnalano catini/coperchio con orlo cordonata confrontabili con analoghi materiali provenienti dall'area lagunare e perilagunare alto-adriatica 04, frammenti di pietra ollare e una tazza in ceramica invetriata; quest'ultima trova buoni confronti
59 L'altezza conservata è di 1,45 m. 60 La postura rigidamente frontale della figura e la resa delle forme appiattita sul retro suggeriscono
una collocazione della statua entro una nicchia o un 'edicola. 61 Cfr. SOMEDA DE MARCO 1955, pp. 185-186, fìg. 10; S0MEDA DE MARCO 1956, p. 55, fìg. 19;
BRUSIN, DE GRASSI 1956, pp. 26-28, fig. 19. 62 La documentazione si conserva presso l'Archivio del Museo Archeologico Nazionale di Aquileia.63 Tra questi si segnalano produzioni anforarie di età altoimperiale: Dressel 6A e 6B. 64 Cfr. SPAGN0L 1996; GUGLIELMETII 1996, fig. 2, nn. 17, 22, p. 13. Per l'area friulana si veda BIER
BRAUER 1987, fig. 9 l, 12; I 05, 22; l 13, 121; 130, 1, e NEGRI l 994, fig. 7. Confronti puntuali possono essere stabiliti anche con materiali da Oderzo datati tra metà VII e IX secolo (cfr. CASTAGNA, SrAGN0L 1996, p. 87 e fig. Il, 33, p. 86 e fìg. III, 36), o dell'area piemontese in siti di VII secolo (cfr. PANTÒ 1996, pp. 101-106, fig. 10), a cui si rimanda per la bibliografia di riferimento; altri confronti puntuali in STAFFA, ODOARDI I 996, fig. 28, n. 86e, e fìg. 31, n. 95c, in cui queste forme si definiscono testi per pane e si datano al IX-X
secolo.
114
Fig. 13. Civici Musei di Udine. Statua acefala di vir togatus dall'isola di S. Andrea.
ALLE PORTE DEL MARE. LA LAGUNA DI MARANO IN ETÀ ROMANA
Fig. 14. Isola di S. Andrea. Strutture murarie e piani pavimentali messi in luce nell'ambito del progetto Storie dal mare e datati tra VII e Xl-Xli secolo.
con materiale proveniente dalla laguna di Venezia e datato all 'XI secolo, che al momento sembra il termine ultimo di frequentazione del sito 65.
Con ogni probabilità l'area va identificata con il luogo, posto in corrispondenza di un rialzo (artificiale?) del terreno retrostante la spiaggia, in cui nel 1933 l'architetto Vigilio De Grassi effettuò dei sondaggi con l'intento di verificare la presenza di resti archeologici ricollegabili ad un edificio di culto paleocristiano e rinvenne un "mosaico policromo del VI secolo simile a quello del Duomo di Grado" 66_
Un'interessante conferma riguardo l'ipotesi del De Grassi viene dallo studio della cartografia storica; infatti, sia nella Carta geografica del Friuli Patria del Friuli tratta dal Corso Geografico Universale di Vincenzo Maria Coronelli, pubblicato nel 1690, che nella Carte des Lagunes de Caorle de Marana et de Grao di Jacques-Nicolas Bellin del 1764 67, in corrispondenza dell'isola di Sant'Andrea compare l'interessante indicazione "chiesa distrutta" - "église detruite", dal significato inequivocabile (fig. 15). Alla metà del Settecento, dunque, rimanevano ancora tracce tanto evidenti dell'antico insediamento "monastico" (?) da indurre il cartografo francese a segnalarli, mentre solo 60 anni più
65 Alle porte del mare 2013, p. 137. Un confronto puntuale è dato dai materiali di San Lorenzo inCastello e Mazzorbo: cfr. BORTOLEHO 2002, tav. 3, figg. 1, 2, 3, pp. 89-91.
66 Cfr. DE GRASSI ] 950.6? Cfr. Grado, Venezia e i Gradenigo 2001, p. 12.
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G \O. L \ ' I '
a. b.
Fig. 15. Isola di S. Andrea. Le indicazioni "chiesa distrutta - église detruite" nella cartografia storica (a. Stralcio della Patria del Friuli, V. M. Coronelli 1690; b. Particolare della Carte des Lagunes, J.-N. Bel/in 1764).
tardi la minuziosa mappa catastale austriaca 6s non riporta alcun riferimento né ad edifici esistenti né a rovine di alcun genere. Evidentemente le strutture ancora visibili nel XVIII secolo dovevano essere state successivamente sepolte dalla sabbia della duna costiera che proprio in quel punto della spiaggia pianeggiante, brulla e disabitata, aveva formato un breve rialzo nella parte centrale, dove non fu difficile per il De Grassi individuare i resti dell'antico insediamento 69.
Eloquente è anche il toponimo dell'area Gisia o Gixia, che denota un chiaro richiamo ad ecclesia 70_ Vari elementi, dunque, sembrano convergere in favore di un'interpretazione del complesso edilizio individuato dalle indagini recenti con un edificio altomedievale, di incerta funzione, pertinente al complesso cultuale, sebbene non sia emerso dalle esplorazioni condotte nessun elemento probante in tale senso. È suggestivo pensare che i resti rilevati possano essere messi in relazione con la notizia tramandata dal Chronicon Gradense
relativa alla presenza nell'isola di Sant' Andrea di un insediamento monastico ricollegabile
68 L'originale esistente, attualmente conservato presso l'Archivio di Stato di Udine, è una rettificazione ciel 1836 dell'originale di campagna del 1811.
69 DE GRASSI 1950, cc. 19-21. 70 DAL FORNO 1952.
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alla serie di fondazioni del patriarca Elia che da Barbana ad est, passando per San Cosma e Damiano, San Pietro e San Giuliano a nord, chiudevano proprio a Sant' Andrea la cintura lagunare di insediamenti monastici, posti a difesa della sede patriarcale gradese sul finire del VI secolo d.C. Che si tratti di edifici di culto o di sempici strutture di servizio, è comunque da rilevare la loro posizione: il sito si trovava verosimilmente nell'antichità nei pressi di un punto strategico, una bocca di ingresso alla laguna, che doveva separare l'attuale isola in due tronconi, come attestato dalla cartografia storica e indiziato dalle indagini geomorfologiche 1 1
• Nella Laguna di Venezia si sono individuati alcuni approdi posizionati strategicamente in prossimità di varchi della barra litoranea, all'interno delle bocche di porto, dove veniva svolta l'attività di allibo, ovvero il trasbordo dei carichi dalle navi di maggiore tonnellaggio provenienti dal mare su imbarcazioni minori e adatte alla navigazione interna, e viceversa, per la distribuzione dei prodotti locali 72•
4. NOTE CONCLUSIVE
Il quadro restituito dall'archeologia per la L aguna di Marano si presenta ricco e articolato. L'apporto degli studi geomorfologici condotti in parallelo a quelli storicoarcheologici nell'ambito del Progetto Storie dal mare fornisce alcuni spunti interessanti per meglio comprendere le ragioni dell'occupazione e dello sviluppo delle aree individuate, per la maggior parte caratterizzate da una lunga durata di occupazione e con più fasi di insediamento. L'immagine di terre sospese sulle acque, diversa da quel mondo liquido che oggi vediamo, evocata dal noto passo di Cassiodoro ai tribuni marittimi della Venetia (Variarum libri XII, 24; 537-538 d.C.), trova una conferma importante nei dati geoarcheologici. I carotaggi e le misurazioni condotti nei siti scavati hanno permesso di ricostruire la posizione di questi in età romana e di quantificare l'innalzamento del livello relativo del mare negli ultimi duemila anni tra 1,3 e 1,9 m.
Alcuni insediamenti, oggi su isole (Bioni) o su barene della laguna morta, potevano originariamente essere ubicati lungo la gronda lagunare, sulla terraferma o meglio su lingue di terra che costituivano le estreme propaggini nella laguna della pianura friulana.
A Isela, oggi a 400 m di distanza dal margine della laguna, le strutture archeologiche si trovano sulla sommità di un originario dosso fluviale, formatosi alla fine dell'ultima glaciazione (19.000 anni fa), in origine probabilmente connesso con la terraferma; dobbiamo immaginare una lingua di terra che si spingeva in laguna, forse fino a Piere del Ficariol, posto sullo stesso allineamento. Il dosso è stato poi definitivamente eroso e sommerso, per effetto dell'innalzamento del livello del mare, in epoca post-antica 73.
Nel sito del Tribel gli edifici romani sono stati eretti sopra una successione di terreni paludosi salmastri, tipici degli ambienti insulari. In età romana l'area era quindi un'isola, ben più ampia della velma attuale, come indica l'estensione dei resti, successivamente erosa dalla migrazione laterale dei canali.
A Sant' Andrea il sito archeologico indagato si trova in parte sopra il riempimento di un canale lagunare più antico, che scorreva a ridosso di un cordone sabbioso; ciò indica
71 Cfr. inji·a, p. 118.72 Paesaggio costiero antico 2008. 73 Le datazioni di questo e di altri dossi fluviali pertinenti all'antico Cormor sono state recentemente
pubblicate in Evolution of an Alpine jluvioglacial system 2014.
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che Sant'Andrea era un'isola costiera già in età romana e, con ogni probabilità, esisteva da alcuni millenni. Presubimilmente il sito era vicino ad una bocca della laguna che divideva in due tronconi l'isola, come è ancora visibile nelle carte sei-settecentesche.
L'assenza di ampie paludi salmastre e l'apparente stabilità idrodinamica negli ultimi duemila anni ci portano a ipotizzare che anche in età romana c'erano poche isole. I siti che vi erano ubicati, come quelli di Tribel e Sant' Andrea, potevano rappresentare dei punti-chiave per il controllo e per i traffici commerciali nel comprensorio lagunare; questo spiegherebbe anche la loro lunga durata o le diverse fasi di occupazione.
L'area era sicuramente parte dell' ager di Aquileia, come si desume dallo stesso orientamento degli edifici 20-22° W, coerente con quello della centuriazione. I vari insediamenti lagunari, a carattere misto, residenziale e produttivo, erano in stretto rapporto con il grande terminal portuale altoadriatico, con cui comunicavano attraverso la via d'acqua artificiale di Canale Anfora. Questa, lunga 5 km, si immetteva in laguna all'altezza dell'attuale canale di Porto Buso ed era parte integrante delle rete idrografica che circondava Aquileia e ne faceva, benché interno, il maggiore porto dell'Adriatico centro-settentrionale 14•
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