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Rivista di Giurisprudenza Costituzionale e Civile

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Rivista di Giurisprudenza Costituzionale e Civile Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 7 (1962), pp. 1385/1386-1415/1416 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23150545 . Accessed: 28/06/2014 12:23 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.120 on Sat, 28 Jun 2014 12:23:38 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Rivista di Giurisprudenza Costituzionale e Civile

Rivista di Giurisprudenza Costituzionale e CivileSource: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 7 (1962), pp. 1385/1386-1415/1416Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150545 .

Accessed: 28/06/2014 12:23

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1385 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1386

Rileva il Griudicante, in diritto, clie ne la domanda

principals ne quella subordinata possono trovare ingresso

per un molteplice ordine di motivi.

Il ricorso, evidentemente, non puõ essere inquadrato in altra fattispecie processuale che quella prevista negli art. 700 e segg. cod. proc. civile. Orbene, il ricorrente, oltre a chiedere il provvedimento urgente a tutela della

sua reputazione commerciale e per evitare il danno del

protesto e sua pubblicazione, non ha minimamente indi

cato quale tipo di azione, ne nei confronti di chi intende

rebbe poi proporre quel, giudizio di merito presupposto

indispensabile, sia pure in fieri, per 1'adozione dei prov vedimenti di urgenza.

Per quanto riguarda la domanda principale (ordine al

Credito italiano di non procedere a protesto) sembra evi

dente die legittimato passivo dell'eventuale giudizio di

merito (neppure preannunziato come intenzione nel ri

corso) potrebbe essere il Credito italiano, mentre per la

domanda subordinata (non pubblicazione del protesto) tale

legittimazione non potrebbe spettare che alia camera di

commercio competente. Ne consegue che (oltre a mancare

in questa sede il contraddittorio nei confronti di questa

ultima), per entrambi difetta uno degli elementi fonda

mentali del procedimento ex art. 700, cioe che al diritto

minacciato e tutelato in via di urgenza corrisponda una

azione ordinaria per ottenere, sia pure indirettamente e

mediatamente, l'analogo risultato conseguito in via di ur

genza (ordine di non levare il protesto o di non pubblica zione di esso). Mentre nei confronti del Credito italiano non

si ravvisa quale azione ordinaria põssa essere promossa al

di fuori di quella per risarcimento di danni, di cui l'ordine

specifico eventualmente ottenuto in questa sede non b

ne una conseguenza necessaria ne una domanda connessa

esperibile, nei confronti della Camera di commercio man

cherebbe addirittura l'azione, anche quella di risarcimento

(esperibile solo in caso di errori od omissioni che non ri

corrono nella fattispecie), essendo detto ente tenuto, se

condo le norme di cui alia legge 12 febbraio 1955 n. 77 alia

pubblicazione dei protesti trasmessigli con apposito elenco

dal presidente del tribunale.

Deve considerarsi altresi che i provvedimenti ex art.

700 hanno carattere squisitamente cautelare e tendono ad

assicurare « provvisoriamente » gli effetti della decisione di

merito. Nel caso di specie un ordine impartito al Credito

italiano di non procedere al protesto dei titoli cambiari

in discorso avrebbe invece una efficacia di definitivita irre

versibile poiche, una volta omesso il protesto nei termini

prescritti dalla legge (uno dei due giorni feriali successivi

alia scadenza, art. 51 legge cambiaria), esso non poträ

piu avere corso o comunque non avrä piu la sua tipica efficacia e i suoi effetti peculiari.

Eitiene quindi il G-iudicante che manchino, nel caso, tutti gli anzidetti presupposti per l'esperimento della pro cedura invocata, nonche il fumus della possibile azione di

cognizione ordinaria successiva al chiesto provvedimento di urgenza.

Non va sottaciuto inoltre che, per quanto riguarda le

due cambiali indicate in ricorso, per esse il protesto e giä avvenuto rispettivamente in data 20 aprile 1962 e 3 mag

gio 1962, onde non e concepibile nessun divieto al compi mento di un atto giä compiuto, mentre per le altre cam

biali ammortate (aventi scadenza successiva fino al 18

marzo 1963), ignorandosi se esse siano in circolazione e se

saranno presentate per il pagamento, manca addirittura

la minaccia o un ragionevole pericolo di pregiudizio, sic

che non puõ provvedersi in ordine ad una evenienza futura

ed incerta priva di qualsiasi attualitä. In riferimento a tali

cambiali, inoltre, si ignora quale soggetto, privato o isti

tuto di credito, eventualmente agirä per l'incasso. Sicche, se ancora non fossero sufficienti i motivi innanzi esposti, non sarebbe egualmente possibile l'emissione di un ordine

diretto a soggetti indeterminati, un comando in bianco

ossia una «inibitoria alia generality ».

II Pretore ritiene ancora che nel caso in esame non

sussista neppure il fumus boni iuris del « diritto minacciato ».

Invero il protesto elevato al Manzo, come egli stesso espli

eitamente ammette, contiene la menzione che il mancato

pagamento b derivato dall'ammortamento del titolo. £

questa una circostanza obiettiva clie non puõ porre dubbi

sulla solvibilitä o correttezza commerciale del debitore pro testato (donde l'eyentuale pubblicazione non sembra possa arreeare pregiudizio), mentre il protesto stesso non puõ dirsi illegittimo non essendo prevista la improtestabilita delle cambiali ammortate. D'altra parte il protesto e un

potere conferito dalla legge al portatore e la funzione di

esso e quella deH'aecertamento, a mezzo di pubblico uffi

ciale, del mancato pagamento o della mancata accettazione

(preseindendosi dai motivi) ai fini delle ulteriori attivitä

che il portatore e abilitato a compiere e che in taluni casi

possono essere precluse se il protesto non viene compiuto

(azione di regresso : art. 51, 4° capov., legge cambiaria). Il Giudicante, infine, non puõ astenersi dall'esprimere

l'opinione, circa la possibilitä di ordine di non pubblica zione alia Camera di commercio autrice del bollettino dei

protesti cambiari, ancorche questa fosse stata evocata, che siffatto provvedimento esorbiterebbe dai limiti stabi

liti dall'art. 4 legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, all'auto

ritä giudiziaria nei confronti della pubblica Amministra

zione. Invero e fuor di dubbio che le camere di commercio

siano enti di diritto pubblico per testuale definizione legis lativa (art. 2 t. u. 20 settembre 1934 n. 2011 e art. 2 de

creto legisl. luog. 21 settembre 1944 n. 315) soggetti a

tutela e vigilanza deH'Amministrazione centrale dello Stato

(Cons. Stato, Sez. V, 15 febbraio 1946, n. 61, Foro it., Rep.

1946, voce Camera di commercio, nn. 1-3) ed esercitano

attivitä amministrativa con le attribuzioni indicate nel cit.

t. u. Xe deriva che un eventuale ordine ad esse diretto, incidendo sul procedimento di formazione e pubblicazione

degli elenchi dei protesti, attivitä di pubblico interesse e

di natura specificamente amministrativa, equivarrebbe, a

seconda dei casi, a revoca o modifica di atto amministra

tivo o ad indebita ingerenza nel procedimento di sua for

mazione.

Per questi motivi, rigetta il ricorso proposto da Manzo

Alessandro in data 3 maggio 1962 contro il Credito italiano.

Mia di Ginita [oililDziooali i Hie

Corlt Fttstitu/Joiialr — Coililitlo d'attribuzione tr:l

Statu e Rejjionc — Dichiarazione d'ineostituzio

nalita delta legge regionale applieabile — Aoeo

jjlimento del rieorso (Costituzione della Bepubblica, art. 136).

Dichiarata l'illegittimita della legge regionale appliea

bile, in ordine alia quale la Corte costituzionale aveva

rilevato d'ufficio la questione d'ineostituzionalita deve

essere, in accoglimento del rieorso dello Stato, per conflitto

d'attribuzione, annullato l'atto dell'Amministrazione regio nale impugnato. (1)

Corte costituzionale; sentenza 26 giugno 1962, n. 68 ;

Pres. Cappi P., Eel. Gabrieli; Pres. Cons, ministri (An. dello Stato Gruglielmi) c. Pres. Begione sioiliana (Aw.

Adonnino, Virga, Aula).

(Conflitto d'attribuzione)

(1) La legge regionale applieabile e stata dichiarata il

legittima dalla Corte costituzionale con sent. 26 giugno 1962, n. 67, in questo fascicolo, 1231, con nota di richiami.

Sulla incidenza della dichiarazione d'ineostituzionalita della

legge applieabile nei giudizi precedenti, v., da ultimo, Cons,

giust. amm. reg. sic. 11 luglio 1962, n. 281, in questo fascicolo,

III, 245, con nota di richiami.

* * *

La Corte ha cosi motivato : «I ricorsi per conflitto di attri

buzione proposti dal Presidente del Consiglio dei ministri con

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Page 3: Rivista di Giurisprudenza Costituzionale e Civile

1387 PARTE PRIMA 1388

I

atto 28 settembre 1960 contro il decreto dell'Assessore della Re

gione siciliana alle finanze 16 maggio 1960 n. 424 e con atto 12

giugno 1961 contro altro decreto dello stesso Assessore del 18 febbraio 1961 n. 356, riuniti con l'ordinanza di questa Corte del 28 novembre 1961 (Foro it., 1961, I, 2053), sono stati discussi

congiuntamente alia questione sollevata di ufficio con la stessa

ordinanza, riguardante la legittimitä costituzionale della legge regionale siciliana 30 giugno 1956 n. 40, invocata dalla Regione a fondamento del potere esercitato dall'Assessore con i decreti

impugnati. Peraltro, data la diversity dell'oggetto dei giudizi. le due cause vanno decise con separate sentenze. La presente sentenza riguarda i due giudizi sui conflitti di attribuzione ; con altra sentenza di pari data viene decisa la questione di legit timitä costituzionale.

« La difesa della Regione ha dedotto preliminarmente la

improcedibilitä dei ricorsi perche proposti dal Presidente del

Consiglio dei ministri pro tempore nei confronti del Presidente

pro tempore della Regione siciliana e non dallo Stato italiano, in

persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, nei confronti della Regione siciliana, in persona del suo Presidente

pro tempore. Con ci6 si sarebbero violate le disposizioni degli art. 134 della Costituzione e 39, 3° comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87, le quali indicano lo Stato e la Regione quali soggetti del rapporto cui dänno luogo i conflitti di attribuzione.

« La eccezione b infondata. Questa Corte, con sentenza n. 9 del 26 gennaio 1957 (Foro it., 1957, I, 340), haritenuto che l'art. 39 della legge 11 marzo 1953 n. 87, e l'art. 27 delle norme inte

grative determinano i soggetti processuali delle controversie per regolamento di competenza fra Stato e Regione e cioe il Presidente del Consiglio dei ministri (o un Ministro da lui delegato) e il Presidente della Giunta regionale. Pertanto, ad essi, e ad essi

soltanto, spetta, rispettivamente, la legittimazione attiva e

passiva per stare in giudizio. II che nella specie si h verificato. « La stessa Regione ha eccepito la inammissibilitä dei ricorsi,

assumendo che le impugnative sono state prospettate come « conflitti di attribuzione », mentre nei caso in esame non ricor rono i presupposti che possono dare luogo ad un regolamento di

competenza. Le questioni sollevate dall'Avvocatura dello Stato non riguardano attribuzione della competenza ad emanare un determinato atto, in dipendenza della interpretazione o appli cazione di una legge costituzionale, bensi pongono questioni di

legittimitä, violazione di leggi nazionali, ecc. ecc. II giudizio sui conflitti di attribuzione puõ avere per oggetto soltanto la que stione della competenza costituzionale dello Stato e della Regione, deve ciod attenere alia interpretazione e applicazione di norme costituzionali attributive di potestä e non puö estendersi al sin dacato delle modalitä e del potere discrezionale di cui l'organo abbia fatto uso nelFambito dei limiti ad esso assegnati.

« Anche tale eccezione va disattesa. Esiste conflitto di attri buzione tra Stato e Regione quando questa esercita una potestä amministrativa riservata alio Stato e viceversa. Nella specie si lamenta che 1'Assessore alle finanze abbia esercitato, in materia di

imposta generale sull'entrata, una potestä amministrativa della

quale & tuttora titolare il Ministro delle finanze. E questa Corte ha ripetutamente affermato che oggetto dei giudizi sui conflitti di attribuzione e la legittimitä di atti amministrativi, in quanto, per se stessi considerati, costituiscono manifestazione concreta e autonoma del potere che lo Stato e le Regioni assumono di loro

spettanza in base alia Costituzione e agli Statuti speciali (sent, n. 58 del 1959, Foro it., 1960, I, 10 ; n. 18 del 1957, id., 1957, I, 336, ecc.). iä poi irrilevante, ai fini della denunzia del conflitto di attribuzione, che non sia stato impugnato un precedente prov vedimento di contenuto identico al decreto che ha dato luogo al conflitto (sent. n. 77 del 1958, id., 1959, I, 324 ; n. 58 del 1959, cit.).

«Passando al meri to, i decreti dell'Assessore alle finanze n. 424 del 1960 e n. 356 del 1961, che hanno dato luogo ai pre senti conflitti di attribuzione, sono stati emanati in virtu del l'art. 1 della legge regionale 3 giugno 1956 n. 40 che, in materia di imposta generale sull'entrata, trasferisce all'organo regionale gli stessi poteri che l'art. 10 del decreto legisl. luog. 19 ottobre 1944 n. 348 ha conferito nella stessa materia al Ministro per le finanze. Secondo la Regione, la eitata legge n. 40, in mancanza di norme di attuazione, avrebbe operato il passaggio delle fun zioni dagli organi dell'Amministrazione statale alia Regione e, costituendo la fonte dei poteri esercitati dall'Assessore, legitti merebbe gli impugnati provvedimenti assessoriali.

« Questa Corte con sentenza di pari data ha dichiarato costi tuzionalmente illegittima la eitata legge n. 40, ritenendo che ir mancanza di specifiche norme di attuazione una legge regionalr non possa trasferire dallo Stato alia Regione le funzioni ammini strative e i relativi organi riguardanti l'imposta generale sul l'entrata. Consegue l'accoglimento dei ricorsi del Presidente del

Consiglio dei ministri avverso i suindicati decreti dell'Assessore

regionale e ra^nullan^ento dei decreti stessi,

«Per questi motivi, pronunciando con unica sentenza sui ricorsi per conflitto di attribruzione indieati in epigrafe e riuniti con propria ordinanza 28 novembre 1961, n. 57 ; rigetta le eccezioni pregiudiziali della Region e siciliana ; accoglie i ri corsi proposti dal Presidente del Consiglio dei ministri il 28 set tembre 1960 e il 12 giugno 1961 ; dichiara che spetta alio Stato il potere di emettere provvedimenti in materia di imposta ge nerate sull'entrata ; annulla in conseguenza i decreti 16 maggio 1960 n. 424 e 18 febbraio 1961 n. 356, emanati dall'Assessore

regionale alle finanze ».

Sicilia — Tassa sul consumo — Materiali da costru

zionc — Competenza dello Stato — Fattispeeie

(Statuto della Eegione siciliana, art. 20, 36 ; r. d. 14

settembre 1931 n. 1175, t. u. per la finanza locale, art. 29, n. 5).

Essendo lo Stato competente sulla materia riguardante

Pimposta di consumo sui materiali da costruzione, 6 il

legittima la circolare 13 giugno 1961, n. 2035 delFAssessore

regionale ai lavori pubblici, che prevede l'esenzione della

Eegione siciliana dall'imposta. (1)

Corte costituzionale; sentenza 14 giugno 1962, n. 56 ; Pres. Cappi P., Rel. Gabrieli; Pres. Cons, ministri (Avv. dello Stato Gruglielmi) c. Pres. Regione siciliana (Avv.

Bartoli).

(Gonflitto d'attribuzione)

(1) La sentenza 16 marzo 1962, n. 17 della Corte costitu

zionale, richiamata nella motivazione della presente, õ ripro dotta retro, 863, con nota di richiami, cui adde, in senso conforme

dell'illegittimitk deU'esenzione della Regione, il decreto 31

luglio 1961, n. 3/13/2804 del Ministro delle finanze, in questo volume, III, 215, con nota di richiami.

* * *

La Corte lia cosi motivato : «La eccezione d'inammissi bilitä del ricorso dedotta dalla difesa della Regione siciliana e infondata. Si assume che la circolare assessoriale reca la data del 1° settembre 1961, mentre il ricorso 6 stato notificato il 27 di cembre 1961, oltre il termine di giorni 60 prescritto dall'art, 39, 2° comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87. Sta in fatto che la circolare non £ stata notificata. II ricorrente afferma di averne avuto notizia attraverso il periodico « Imposta di consumo ed

i.g.e. » Bergamo, che l'ha pubblicata il 15 novembre 1961 (pag. 235, 2° fascicolo). Da tale data non & decorso il termine di 60

giorni, giacche il ricorso e stato proposto il 27 dicembre 1961 e depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 5 gen naio 1962. Questa Corte ha giä, precisato che, quando il provve dimento, che d& luogo al conflitto di attribuzione, non d stato notificato, il termine per proporre il ricorso decorre dalla data in cui il ricorrente afferma di averne avuto effettiva notizia (sent. n. 36 del 31 maggio 1960, Foro it., 1960, I, 890). Spetta poi a chi contesta tale data fornire la prova che il ricorrente abbia avuto conoscenza dell'atto impugnato in epoca anteriore al termine stabilito dall'art. 39, 2° comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87. II che non d stato fatto dalla Regione. Pertanto il conflitto di attribuzione devesi dichiarare ritualmente proposto.

«Questa Corte, decidendo con sentenza n. 17 del 1962 (Foro it., 1962, I, 863) su analogo conflitto di attribuzione tra lo Stato e la Regione siciliana, ha dichiarato la competenza dello Stato a provvedere nella materia riguardante l'imposta di con sumo sui materiali di costruzione e, in conseguenza, ha annul lato la circolare dell'Assessore ai lavori pubblici 13 giugno 1961, n. 2035. Con detta circolare si disponeva tra l'altro che, nel con tratto di appalto stipulato con l'appaltatore delle opere disposte e finanziate dall'Assessorato, fosse soppressa la clausola contrat tuale che prevede l'accollo pattizio da parte delFappaltatore del pagamento del tributo locale sui materiali da costruzione. E si disponeva altresi che nei capitolati speciali di appalto fosse sop pressa tale clausola se fosse chiaramente espresso che fra gli obbli ghi ed oneri delFappaltatore fosse escluso quello relativo al pa gamento dell'imposta di consumo o alia rivalsa di chi abbia fatto tale pagamento.

« La Corte con la cennata sentenza ha ritenuto la su menzio nata circolare idonea a configurare un conflitto di attribuzione, trattandosi di atto di un organo regionaje con riJevan&a. extern ft

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1389 GIÜRISPRÜDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1390

rispetto all'Amministrazione ehe lo ha emanato. Ed ha ag giunto ehe la eliminazione dal capitolato speciale di appalto di opere pubbliche della clausola che onera l'appaltatore della

imposta sui materjali da costruzione, sotto l'apparenza dell'aboli zione di una clausola contrattuale, affermava il diritto della

Regione alia esenzione di cui all'art. 29, n. 5, del t. u. sulla finauza locale e quindi introduceva nell'ordinamento regionale una nuova ipotesi di esenzione fiscale, disciplinando materia riservata alio Stato.

« Lo stesso Assessore con la circolare 1° settembre 1961, n. 2864, che ha dato luogo al presente conflitto di attribuzione, richiamando la circolare precedente n. 2035 del 13 giugno 1961, la precisa e la chiarisce disponendo che «non fa parte degli oneri a carico dell'impresa l'imposta di consumo, il cui importo non 6 previsto nella compilazione dei prezzi, in quanto la Regione e esente dal pagamento del tributo ». Si viene cosi a confermare

quanto e stato ritenuto nella su eitata sentenza, che cine trattasi di estendere alia Regione una ipotesi di esenzione fiscale, limitata dall'art. 29, n. 5, del t. u. sulla finanza locale, all'Amministra zione dello Stato e alia Croce rossa. Non vi sono motivi per deci dere diversamente.

« Per questi motivi, respinta la eecezione pregiudiziale della

Regione siciliana ; dichiara la competenza dello Stato a provve dere nella materia riguardante l'imposta di consumo sui materiali da costruzione, oggetto della circolare dell'Assessore regionale per i lavori pubblici del 1° settembre 1961, n. 2864 ; annulla in conseguenza la detta circolare ».

Sicilia — Competenza normativa eselusiva della

Regione — Amministrazione tributaria — In

costituzioiialita della legge regionale 7 iebbraio

1962 n. 1 (L. sic. 7 febbraio 1962 n. 1, modifica dell'art.

2 della legge 12 settembre 1960 n. 40).

fi inoostituzionale la legge 7 febbraio 1962 n. 1, appro vata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 19

dicembre 1961 concernente modificlie della legge 12 set

tembre 1960 n. 40 (istituzione di uffici periferici delF Am

ministrazione regionale tributaria). (1)

Corte costituzionale; sentenza 14 giugno 1962, n. 55 ; Pres. Cappi P., Rel. Cosatti; Commissario dello Stato per la Eegione siciliana (Ayv. dello Stato Salerni) c. Pres.

Regione siciliana (Aw. Restivo).

(1) Delle due sentenze della Corte costituzionale, richiamate nella motivazione della presente, la prima (31 marzo 1961, n. 17) e riassunta in Foro it., Rep. 1961, voce Sieilia, nn. 66, 67, e la seconda (12 marzo 1962, n. 14) k riprodotta retro, 1061, con nota di richiami.

• » •

La Corte ha cosi motivato : «II Commissario dello Stato

per la Regione siciliana ha nel suo rieorso posto in rilievo, come ulteriore argomento a sostegno della illegittimitži della legge impugnata, che essa 6 organicamente connessa eon la precedente legge approvata dalPAssemblea regionale I'll luglio 1961 (pro mulgata come legge 18 agosto 1961 n. 16) ; legge allora impugnata e di poi dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza della Corte n. 14 del 12 marzo 1962 (Foro it., 1962, I, 1061).

« La Corte ravvisa in detto rilievo ragioni decisive per risol vere la questione sottoposta al suo esame.

« La legge ora in discussione si inserisce, come terzo momento, nell'iier legislativo che ha avuto inizio con la legge 12 settembre 1960 n. 40 e successivo svolgimento con la legge 18 agosto 1961 n. 16 ; si presenta infatti strettamente connessa Con le eitate

leggi e viene a contrastare in modo insanabile, come sarä di

seguito precisato, con i principl affermati e i punti stabiliti dalla Corte nelle sentenze con le quali sono stati definiti i ricorsi pro dotti avverso le precedenti leggi. La legge n. 40 del 1960, con gli art. 3, 4 e 5, prevedeva, per il personale di cui trattasi, l'inqua dramento in ruoli speciali transitori e la istituzione di ruoli

organici per i servizi periferici delle finanze e del demanio. La

Corte, con sentenza n. 17 del 31 marzo 1961 (Foro it., Rep. 1961, voce Sicilia, nn. 66, 67), ha dichiarato illegittime le disposi zioni contenute nei eitati articoli poirho non poteva consentirsi alia Regione di predisporre i detti ruoli transitori e organici prima dell'emanazione delle norme di attuazione in materia. Con la

successiva legge 18 agosto 1961 n. 16 venivano istituiti uffici

periferici dell'Amministrazione regionale delle finanze e del de

manio, riservando ad altra legge di specificare le attribuzioni dei singoli uffici e stabilirne l'ordinamento, e venivano creati moll

peri£erici per la prima organizzazione dei predetti uffici. « Con la sentenza n. 14 del 12 marzo 1962 la Corte ha di

chiarato la illegittimitä, costituzionale dell'intera legge n. 16 del 1961 ; ha rilevato che, non essendo stato attuato tin completo e definitivo passaggio alia Regione delle funzioni ad essa attri bute in materia finanziaria e non essendosi proweduto alia emanazione di norme di attuazione in materia (esigenza quest'ul tima non ignorata dalla stessa Regione, poichö ad essa era stato fatto riferimento fin dall'art. 5 della legge n. 40 del 1960), la

Regione nella considerata situazione non poteva esercitare la

potest a legislativa di cui all'art. 14, lett. g, dello Statuto spe ciale, creando un proprio apparato di amministrazione finanziaria e disponendo sullo stato giuridico ed economico degli impiegati da destinarvi.

« Ciõ premesso, chiaro appare che con la legge ora impugnata si procede nello stesso indirizzo che la Oorte ha dichiarato ille gittimo, in quanto si viene a precostituire un assetto del personale in parola, classificandolo fin d'ora, per quanto concerne il tratta mento economico, in base al solo titolo di studio e omettendo

ogni riferimento älle mansioni effettivamente esercitate o da esercitare. Nelle Relazioni all'Assemblea siciliana (Relazione al

disegno di legge e Relazione della Commissione legislativa affari interni ed ordinamento amministrativo) leggesi che al personale sono state attribuite funzioni «senza alcuna uniformity di cri terio » e che si intende sottrarre «1'attribuzione del trattamento economico alia valutazione delle mansioni espletate i. Nella stessa memoria difensiva della Regione si dichiara che si 6 veri ficata «la impossibility di attribuire (al persons le) mansioni ben specifiche e determinate » e che in tale situazione l'Assemblea

ragionale, non potendosi basare sull'elemento obiettivo delle man sioni espletate, ha sostituito alio stesso il critirio del titolo di studio. Si tende pertanto a sostanziiJmente anticipare una si stemazione del personale, selezionandolo, sia pure, alio stato delle cose, sotto il solo profilo economico, nelle varie categorie di un ruolo inesistente e che non puõ per ora essere congagnato e attuato senza contraddire i criteri fissati dalla Corte nella sen tenza n. 14 del 1962 e che la Regione con la legge impugnata tende a trascurare e valicare, in quanto persiste nella violazione del principio secondo il quale non ž dato predisporre siffatti

provvedimenti prima dell'emanazione di norme di attuazione. Restano pertanto assorbiti gli altri motivi enunciati nel ricorso ; e, per le ragioni esposte, la legge approvata dall'Assemblea il 19 dicembre 1961 e promulgata come legge 7 febbraio 1962 n. 1 deve essere dichiarata nel suo -

complesso costituzionalmente

illegittima. «Per questi motivi, dichiara la illegittimitä costituzionale

della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 19 dicembre 1961 concernente « Modifica dell'art. 2 della legge 12 settembre 1960 n. 40 », promulgata come legge 7 icbbraio 1962 n. 1 ».

Previdenza soeiale — Assistenza malattia ai dipcn dcnti — Organizzazione autonoma dcll'iniprendi tore — Amraissibilitä — Limiti — Contributi ordi

nari e supplementari all'I.n.a.m. — Esenzione (E. d. 1. 6 settembre 1934 n. 1619, istituzione della Federaz.

naz. fasc. delle Casse mutue di malattia deH'industria, art. 1 ; r. d. 14 luglio 1937 n. 1486, approvaz. del nuovo

statuto della Federaz. naz. fasc. delle Casse mutue ma

lattia per i lavoratori dell'industria, art. 1 ; 1. 11 gen naio 1943 n. 138, costituzione I.n.a.m. ; 1. 26 agosto 1950 n. 860, tutela fisica ed economica delle lavoratrici

madri, art. 8, 17, 23 ; d. pres. 21 maggio 1953 n. 568,

regolameuto per l'attuazione della 1. 26 agosto 1950 n.

860, art. 26, 33).

L'imprenditore che, in esecuzione degli accordi inter

confederali 1° luglio 1936 e 3 gennaio 1939, relativi, rispetti

vamente, alle casse mutue degli operai e degli impiegati

dell'industria, alibi a ottenuto l'esenzione dalla loro osser

vanza perche provvede direttamente all'assistenza malattia, ivi compresa quella fisica ed economica delle lavoratrici

gestanti e puerpere, non & tenuto al versamento dei contri

buti all'I.n.a.m., neppure di quelli supplementari per l'as

sicurazione maternita. (1)

Corte Suprema di Cassazioue ; Sezione II civile ; sen

tenza 12 maggio 1962, n. 972 ; Pres. La Via P., Est. Pratillo,

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1391 PARTE PRIMA 1392

P. M. Caldarera (concl. conf.) ; I.n.a.m. (Aw. Agosta,

Foä, Jemolo) c. Societä, Pirelli (Aw. Ceriani, Santoro Pas

sarelli).

(Oonferma App. Milano 5 luglio 1960)

(1) La sentenza confermata, App. Milano 5 luglio 1960, e riassunta nel nostro Bep. 1960, voce Previdensa sociale, nn, 615

617 e criticata da Chiappelli, Le gestioni padronali come varietä

delle rnutue aziendali, in liiv. it. prev. soc., 1961, 503 ; qaella di primo grado'(conforme) Trib. Milano 12 febbraio 1959, nel

Bep. 1959, voce eit., nn. 626-628 (commentata da Chiappelli

in Riv. it. prev. soc., 1959, 1035). A proposito dellc casse e degli enti cui accenna la sentenza

annotata, per escludere che si possa identificare con quelli la

Mutua della Pirelli, si veda, da ultimo, per l'assorbimento nel

l'l.n.a.m. con effetto dal 1 giugno 1943, Cons. Stato, Sez. VI, 1° marzo 1961, n. 199, Foro it., Bep. 1961, voce Impiegato dello

Stato, n. 610 (annotata da Chiappelli, in Riv. it. prev. soc.,

1961, 678) e Cass. 27 giugno 1959, n. 2028, Foro it., 1959, I,

1099, con nota di richiami (annotata da Ciaccio, in Giust. civ.,

1959,1, 1445 ; cui adde Chiappelli, in Riv. it. prev. soc., 1959, 717).

* * *

La Corte ha cosi motivato : « Svolgimento del processo. —

Con citazione notificata il 4 ottobre 1956 la Soc. per az. Pirelli

conveniva a giudizio, innanzi il Tribunale di Milano, l'lstituto

assicurazioni malattie (I.n.a.m.) esponendo che, da molti anni, aveva creato e mantenuto in funzione un servizio di assistenza

sanitaria per i propri dipendenti, ai quali corrispondeva, inoltre

in caso di malattia, un trattamento economico particolarmente favorevole, esteso anche alle impiegate e alle operaie in caso

di maternitä. Precisava la Pirelli che, pertanto, i suoi dipen denti non erano mai stati iscritti ad alcuna di quelle casse mutue

di malattie le quali, sorte tra il 1928 e il 1933, erano confluite,

dopo l'emanazione del r. decreto legge 6 settembre 1934 n. 1619, nella Federazione nazionale delle casse mutue di malattia del l'industria e che tale situazione era rimasta immutata sia quando, con gli accprdi interconfederali del 1° luglio 1936 e del 3 gennaio 1939, erano state istituite casse mutue per gli impiegati e per gli

operai della industria, in quanto tali accordi disponevano che la nuova disciplina non si estendeva a quelle aziende, tra cui era nominativamente indicata la Pirelli, le quali fornivano giä ai

propri dipendenti un'assistenza di malattia con prestazioni piii favorevoli ; sia quando, con la legge 11 gennaio 1943 n. 138, era stato costituito l'Ente di mutualitä fascista per l'assistenza di malattia ai lavoratori (divenuto in seguito Fl.n.a.m.) e in

esso erano confluiti, a norma del decreto legisl. 6 maggio 1943 n. 400, le casse, le confederazioni e gli enti assicurativi, che, in

precedenza, avevano esercitato l'assistenza di malattia ai lavo

ratori, in quanto il servizio sanitario della Pirelli, che non rien trava tra codesti istituti, continuava a fornire in modo auto nomo le sue prestazioni ai propri dipendenti; sia, infine, dopo l'emanazione della legge 26 agosto 1950 n. 860, contenente dispo sizioni per la tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri, che aveva a questo fine, disposto il versamento di un contributo

supplementare. Aggiungeva la Societä attrice che, nel 1954, l'l.n.a.m. le aveva perö improvvisamente richiesto il pagamento di tale contributo suppletivo e che era stato respinto il suo recla mo proposto in via ammi nist rat iva, cosicchd era stata costretta a corrispondere, con riserva di ripetizione, la somma di lire

124.069,690, quale differenza, per il periodo dal 1° dicembre 1950 al 31 maggio 1956, fra l'importo dei contributi pretesi dall'I.n.a.m. e l'importo delle erogazioni corrisposte alle lavo ratrici madri.

«Ciõ esposto, e assumendo 1'illegittimitä della pretesa dell'Ente convenuto, l'attrice chiedeva che il Tribunale la dichia rasse non obbligata a versare i contributi supplemental suddetti e condannasse l'l.n.a.m. a rimborsare la somma corrisposta, con gli interessi di legge, nonche le spese di lite. (Omissis)

« Motivi della decisione. — La Corte di merito, premesso che numerose norme della legge 26 agosto 1950 n. 860, ed anche della

legge n. 138 del 1943, considerano malattia la gravidanza e il

puerperio, ha osservato che l'art. 17 della legge suddetta dispone doversi corrispondere 1'indennitä di maternity dalle compe tenti gestioni dell'I.n.a.m. a quelle lavoratrici gestanti e madri

per le quali, in caso di malattia, 1'indennitä sia dovuta dal l'I.n.a.m. medesimo, o direttamente e a proprio carico dal datore di lavoro alle lavoratrici che non avevano diritto, in caso di

malattia, al trattamento economico da parte dell'I.n.a.m. e,

pertanto, essendo considerata dalla legislazione vigente unica e inscindibile l'assistenza di malattia e quella di maternitä, doveva affermarsi che obbligato a corrispondere 1'indennitä, in

caso di maternitä, non poteva essere ehe lo stesso soggetto tenuto a prestare l'assistenza in caso di malattia, vale a dire l'l.n.a.m. se tale Ente era obbligato a corrispondere 1'indennitä in caso di malattia, il datore di lavoro se spettava a costui di provvedere all'assistenza malattia. E poiche l'obbligo del datore di lavoro per l'assistenza malattia comporta, ovViamente, l'esenzione dai relativi versamenti contributivi, cosi l'obbligo inerente alla collegata assistenza di maternitä non puõ non

comportare l'esenzione del versamento del « contributo supple mental » preseritto dall'art. 28 della legge n. 860 del 1950. Ciõ posto la Corte, considerato ehe provvedendo, nel caso con

creto, la Pirelli direttamente all'asistenza malattia essa era esentata daH'obbligo del versamento dei contributi relativi all'I.n.a.m., e ehe la legittimitä di tale diretta prestazione e relativa esenzione non era contestata dalFappellante, ehe anzi la riconosceva espressamente, affermando ehe detto servizio si svolgeva per sua concessione, ha concluso ehe, predisponendo la legge un regolamento uno e inscindibile e per l'assistenza malattia e per quella di maternitä, ne derivava essere legittima anche la prestazione di tale ultima assistenza da parte della Pirelli alle proprie lavoratrici, con la conseguenza ehe, essendo anche effettiva la prestazione dell'assistenza stessa, la impresa andava dispensata anche dal versamento del relativo contributo

supplementare. Ha, altresi, precisato la Corte del merito ehe la diretta gestione dell'assistenza malattia e maternitä da parte della Pirelli non poteva considerarsi una delega, di natura del tutto discrezionale e privatistica, concesssa extra legem dal

1'I.n.a.m., poiche taie delega discendeva, invece, dagli art. 6 e 8 della legge n. 138 del 1943 etrovava il suo presupposto nella situazione in cui si e sempre, in concreto, svolta a favore dei lavoratori della Pirelli l'assistenza di malattia e di maternitä, vale a dire trattavasi di una funzione ehe trovava nella legge la facoltä originaria del suo conferimento e nel contratto collet tivo (accordi interconfederali del 1 luglio 1936 e del 3 gennaio 1939) il titolo immediato e particolare del suo esercizio e la

disciplina obbligatoria del suo contenuto. « Con l'unico mezzo di ricorso si lamenta, in rapporto al

1'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., la violazione e la falsa appli cazione degli art. 4, 6, 38 della legge 11 gennaio 1943 n. 138 ; 1, 2 del decreto legisl. 6 maggio 1943 n. 400 ; 17, 23 della legge 26 agosto 1950 n. 860 e 2110 cod. civ. e si sostiene ehe la Corte del merito avrebbe errato nel ritenere non dovuti i contributi

supplemental di cui si tratta, in quanto la legge 11 gennaio 1943 n. 138 non conteneva deroghe o sospensioni all'obbligo di assicurare i dipendenti presso l'l.n.a.m., obbligo chetrae con se

quello di pagare i relativi contributi, dato ehe rendeva obbliga toria 1'iscrizione presso detto Ente non dei lavoratori fino a quel momento assistiti da casse o mutue aziendali ehe dovessero fondersi con l'l.n.a.m. (per quanto non fossero neppure pre viste eccezioni a tale fusione), ma dei lavoratori rappresentati dalle Associazioni sindacali aderenti alle Confederazioni dei

grandi settori produttivi, quindi di tutti i lavoratori della indu stria tra cui anche quelli della Pirelli, per i quali, pertanto, dal 1943 in poi nasceva il diritto alle prestazioni assicurative dell'I.n.a.m. e, in correlazione, l'obbligo della datrice di lavoro ai pagamento dei relativi contributi. Errata sarebbe, dunque, 1'affermazione contenuta nella sentenza secondo cui l'autonomia dell'esercizio diretto di assistenza malattia da parte della Pirelli deriverebbe dalla legge e dai contratti collettivi. E precisa, ai

riguardo, l'lstituto ricorrente ehe se tale e la situazione di diritto, la circostanza ehe i lavoratori della Pirelli non si servano delle

prestazioni assistenziali dell'I.n.a.m., per essere la stessa Pirelli a provvedervi direttamente, non esonera 1'impresa dal paga mento dei relativi contributi, e il fatto ehe l'l.n.a.m. non pre tenda il pagamento dei contributi malattie, mentre non dispensa l'lstituto dalla corresponsione dell'indennitä malattia ai lavo ratori della Pirelli ehe la reclamassero, qualora non 1'avessero ottenuta dall'impresa, cosi non potrebbe esonerare la Pirelli dal versamento del contributo relativo, ove l'l.n.a.m. intendesse por termine alla situazione di fatto venuta a crearsi con 1'esercizio diretto dell'assistenza malattia da parte della Pirelli e con la tollerata omissione del versamento contributivo. Pertanto, come l'l.n.a.m. puõ sempre pretendere taie versamento, cosi lo stesso Istituto ha diritto di pretendere il pagamento del solo contributo supplementare, dovuto per 1'assicurazione di maternitä, pur non prestando di fatto l'assistenza di malattia e di maternitä

perche non richiestole, dato ehe ne potrebbe sempre essere richiesto, ed anche se non riseuota di fatto il contributo malattia, ai cui esonero la Pirelli non ha diritto trattandosi di mera tolle ranza da parte dell'Istituto. Infine si rileva ehe sarebbe anche errata la stretta e completa equiparazione ehe si fa in sentenza fra gestazione e malattia, in quanto l'unico elemento comune sarebbe quello della assenza dal lavoro dato ehe la prima sarebbe un fatto fisiologico e non patologico come la seconda ; con la

conseguenza ehe non sarebbero inseparabili, come hanno affer

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1393 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1394

mati i Giudici del merito, l'assistenza malattia e Findennitä alla gestante nel periodo di assenza obbligatoria, come non lo sarebbe il contributo per l'assistenza malattia e quello supple mental per la copertura dell'onere della indennitä alle gestanti.

«Il ricorso e infondato. Ponendo l'art. 31 della Costitu zione tra i compiti della Repubblica quello di proteggere la maternitä, la legge n. 860 del 26 agosto 1950 e il relativo regola mento approvato con decreto pres. n. 568 del 26 maggio 1953, contengono, appunto, norme generali sulla tutela fisica ed eco nomica delle lavoratrici gestanti e puerpere : le quali norme, peraltro, sostituiscono o integrano altre ehe avevano finalitä identica o simile. Il sistema attuale equipara, sostanzialmente, l'assicurazione per la maternitä a quella contro le malattie : ed invero la maternitä ha in comune con la malattia le due carat teristiche piü salienti ai fini assicurativi : la necessitä di un'asten sione piü o meno prolungata dal lavoro, per il quale periodo verrebbero meno alla donna, se non assicurata, i mezzi normali di sostentamento ; e la necessitä dell'assistenza sanitaria ai momento del parto o dell'aborto e delle loro eventuali conse guenze. Tale generico concetto di malattia ai fini assicurativi, ehe ö del resto comune in materia, deve ritenersi anche quello legale, come puõ desumersi dall'art. 1, capo v., del r. decreto legge n. 1918 del 23 settembre 1937, sull'assicurazione contro le malattie per la gente di mare, secondo cui « si intende per malattia ogni alterazione dello stato di salute non dipendente da inforbunio sul lavoro o da malattia professionale, da cui derivi un'inabilitä al lavoro, assoluta o parziale, e che richieda assi stenza medica e somministrazione di mezzi terapeutici ». Comun que un'analisi, anche rapida, di alcuni articoli di legge dimo strerä facilmente tale equiparaziune, atcraverso l'avvertimento, continuo e chiaro, dell'unicitä di regolamentazione, data dal legislatore all'assicurazione di malattia e di maternitä.

« Innanzi tutto, giä l'art. 6, n. 5, della legge 11 gennaio 1943 n. 138, sulla costituzione e il funzionamento di quella che & oggi l'l.n.a.m., prevedeva tra i compiti di tale Istituto anche l'assistenza ostetrica e, in linea di principio, sono anche l'l.n.a.m. o gli altri istituti assicuratori contro le malattie i soggetti tenuti a provvedere all'assicurazione per la maternitä. Piu speciii camente l'art. 8, 1° comma, della legge n. 860 del 1950 dispone che alle lavoratrici protette da assicurazione per la maternitä « spetta l'assistenza di parto dall'istituto presso il qualu sono assicurate per il trattamento malattia » e l'art. 17, 4° comma, che a i periodi di malattia determinata da gravidanza e puerperio non sono computabili agli effetti della durata pre vista da leggi per il trattamento riormale di malattia » con evidente riferimento all'art. 6, 3° comma, della legge n. 138, il quale stabilisce «non poter (tra le altre) l'assistenza specia listica e quella ostetrica » superare il periodo massimo di giorni 180 all'anno ». Inoltre l'art. 17 della legge n. 860 del 1950 e l'art. 26 del regolamento n. 568 del 1953 pongono 1'indennitä giornaliera dell'80 % della retribuzione dovuta per tutto il periodo di assenza obbligatoria dal lavoro, e dichiarata comprensiva di ogni altra indennitä spettante per malattia, a carico o degli istituti d'assicurazione contro le malattie, per le lavoratrici per le quali, in caso di malattia, e dovuta l'indennitä relativa dagli istituti medesimi (lett. a) ; o direttamente e a proprio carico dal datore di lavoro per le lavoratrici che non hanno diritto, in caso di malattia, al trattamento economico da parte degli istituti suddetti (lett. b) ; e che 1'indennitä & corrisposta «con gli stessi criteri con cui vengono corrisposte le prestazioni dell'assieurazione obbligatoria contro le malattia». L'art. 18, ult. capo v., stabilisce, poi, che concorrono a formare la retri buzione, su cui va calcolata 1'indennitä suddetta, gli stessi elementi che vengono considerati agli effetti della determina zione delle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie e l'art. 20 che alle lavoratrici, «nel caso di gravi com plicanze della gestazione o per preesistenti forme morbose che si presume possono essere aggravate dallo stato di gravidanza (art. 7) », b dovuto, invece, « il trattamento economico normale stabilito per il caso di malattia per il periodo non rientrante in quello di interdizione del lavoro precedente il parto » ; cosicche il trattamento relativo alla mabernitä si profila con un tratta mento particolare di malattia, il che costituisce riprova di quanto si ö accennato a proposito dell'art. 17, 4° comma. Ancora l'art. 23 dispone che, per la copertura degli oneri derivanti dall'appli cazione dell'art. 17, lett. a (indennitä a carico degli istituti

assicuratori), i datori di lavoro sono tenuti al versamento, in favore degli istituti cui essi versano i contributi per l'assicura zione contro le malattie, di un contributo definito «supple mental », ai riguardi del quale si avverte (ult. capov.) che, per quanto concerne il versamento, le trasgressioni, ecc. si appli cano le norme relative ai contributi per l'assicurazione obbli

gatoria contro le malattie. L'art. 33 del regolamento n. 568 del 1953 precisa, infine, non soltanto che il versamento e «addi zionale » al contributo per l'assicurazione obbligatoria di malattie

e ehe va fatto con l'osservanza delle norme vigenti per ciascuno dei settori di produzione ai fini del calcolo e del versamento relativo ; ma anche ehe tale contributo supplementare « e appli cato sulle retribuzioni di tutti i lavoratori dipendenti (quindi anche degli uomini) ai quali compete, in caso di malattia, la relativa indennitä, salvo per quei dipendenti ehe non hanno diritto alTindennitä di malattia da parte degli istituti assicu ratori». Tale ultima norma non puö finire di convincere ehe š impossibile fare dell'assicurazione di maternitä un'assicurazione, oltre ehe nuova, autonoma rispetto a quella contro le malattie, dato ehe anche il contributo supplementare, come quello ordi

nario, e versato per una categoria di lavoratori (gli uomini), ehe sono certamente soggetti a malattie, contro le quali vanno

assieurati, ma non possono certo usufruire, per natura, dei benefici connessi all'assicurazione per la maternitä. Si deve, pertanto, dedurre ehe la legge n. 860 del 1950 e il regolamento n. 568 del 1953 non hanno introdotto un'assistenza obbligatoria di maternitä nuova, perche del tutto autonoma, rispetto all'assi curazione contro le malattie, ma hanno dato un nuovo assetto all'assicurazione stessa in confronto alla precedente legislazione ehe regolava la materia, disciplinando specificamente, come

aspetto particolare della assicurazione di malattia, giä in atto, i casi di gravidanza e di puerperio, e in modo taie ehe 1'assi curazione contro le malattie e quella di maternitä vengono a costituire un solo, unico rapporto assicurativo.

«Appare, allora, coerente la tesi della Pirelli ehe, avendo essa sempre direttamente provveduto, in caso di malattia, all'assistenza sanitaria ed economica dei propri dipendenti e, appunto per ciö, non avendo mai 1'I.n.a.m. preteso il versa mento del contributo per 1'assicurazione obbligatoria contro le malattie, 1'Istituto non puö pretendere il versamento del contributo supplementare per 1'assicurazione di mattrnitä, dato ehe anche all'assistenza fisica ed economica delle proprie lavo ratrici gestanti e puerpere ha, dall'entrata in vigore della legge n. 860 del 1950, sempre pur essa datrice di lavoro provveduto, come deve provvedervi. !Non coerente, invece, la tesi dell'Isti

tuto, il quale ammette di non essersi mai assunto il rischio di assicurazione sociale contro le malattie dei lavoratori della Pirelli e di non aver, pertanto, mai chiesto il versamento del relativo contributo dalla Societä datrice di lavoro ; di non essere mai stato richiesto di prestazioni sanitarie ed economiche ine renti all'assicurazione di maternitä delle lavoratrici della Pirelli, in quanto vi provvede la stessa Societä, ma afferma di aver, parimenti, diritto ai versamento del contributo supplementare di cui agli art. 23 della legge n. 860 del 1950 e 33 del decreto

pres. n. 568 del 1953. Invero, se 1'assicurazione di maternitä non si distingue da quella di malattia, ma e tutt'uno con questa, o ne costituisce una naturale e inseparabile appendice, e evidente ehe o 1'I.n.a.m. si assume 1'intero rischio d'assicurazione sociale di malattia (comprensivo, ciod, di quello di maternitä) preten dendo il pagamento e del contributo, per cosi dire, ordinario e di quello supplementare, oppure non si assume alcun rischio e non puö pretendere, in conseguenza, versamento contribu tivo alcuno. Non puõ, insomma, l'l.n.a.m. dividere un rischio assicurativo ehe e unico e la conseguente unicitä del relativo contributo pretendendo il pagamento del solo contributo sup plementare senza incorrere, oltre ehe in contraddizione, anche nella facile obiezione ehe, essendo il contributo supplementare dovuto per tutti i lavoratori, mentre alle relative prestazioni sanitarie ed economiche hanno diritto soltanto le lavoratrici

gestanti e puerpere, ne deriverebbe un vantaggio rilevante

all'Istituto, accresciuto dal fatto, ehe, in pratica, esso non e stato e non sarä richiesto delle prestazioni sanitarie ed econo miche relative all'assicurazione di maternitä, alle quali ha sempre provveduto e continua a provvedere la Pirelli perche appendice delle prestazioni assicurative di malattia : come dire ehe l'l.n.a.m.

percepirebbe indebitamente un contributo assicurativo sapendo ehe non si verificheiä mai il rischio corrispondente.

«La questione* si sposta, dunque, fondamentalmente su altro piano : si tratta, cioe, di accertare se tutti i lavoratori della Pirelli debbano essere obbligatoriamente assieurati contro le malattie, e, quindi, anche per la maternitä, presso l'l.n.a.m. con la conseguenza ehe deve essere 1'Istituto a provvedere a tutte le relative prestazioni, mentre la Soci tä datrice di lavoro deve versare all'Istituto il contributo ordinario e quello supplemen tare, cessando dalle prestazioni dirette ehe fornisce, in caso di malattia e di maternitä, ai propri dipendenti, prestazioni da considerarsi illegali se pure tollerate ; ovvero se, dovendo prov vedere all'assicurazione dei propri lavoratori contro le malattie direttamente la Pirelli, questa deve provvedere anche alle pre stazioni di maternitä, con la conseguenza ehe nessun contributo assicurativo ai riguardo e tenuto a versare all'I.n.a.m.

«Per risolvere tale delicata questione 6 opportuno prendere 1'avviso da alcune norme della legge n. 860 del 1950 e del decreto

pres. n. 568 del 1953. L'art. 17, lett. 6, della legge n. 860 dispone,

Il Foro Italiano — Volume LXXXV — Parte 1-89.

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1395 PARTE PRIMA 1396

come si e giä notato, ehe l'indennitä giornaliera dell'80 %, dovuta alle lavoratrici protette da assicurazione di maternitä, e «. . . corrisposta direttamente e a proprio carico dal datore di lavoro per le lavoratrici che non hanno diritto, in caso di malattia, al trattamento economico da parte deiri.n.a.m., o degli altri enti cui 6 affidata l'assicurazione obbligatoria di malattia» aggiunge, precisando, l'art. 26, 1° comma, del decreto pres. n. 568. In correlazione l'ult. comma dello stesso art. 26 ripete che «... la indennitä giornaliera 6 corrisposta, invece, diretta mente e a proprio carico dal datore di lavoro qualora, in base alle vigenti disposizioni di legge, le lavoratrici dipendenti non abbiano diritto, in caso di malattia, al trattamento economico da parte degli enti assicurativi di cui al 1° comma ». Ed ancora l'art. 33, ult. capo v., del decreto pres. n. 568 dispone che « . . . i datori di lavoro sono esclusi dall'obbligo del contributo supple mentare di cui al citato art. 23 (legge n. 860) per quei dipendenti che, in base alle vigenti disposizioni legislative, non hanno diritto all'indennitä di malattia da parte degli enti assicuratori ».

« Or bene e da ritenere che se il legislatore del 1950 e del 1953 parla e di enti assicuratori contro le malattie (e non solo dell'I.n.a.m.) e di datori di lavoro che, in base alle vigenti dispo sizioni di legge, sono tenuti a prestazioni assicurative dirette di malattia, e, quindi, di maternitä, evidentemente la legge 11 gennaio 1943 n. 138 che istitui quello che oggi, per il decreto lagisl. n. 435 del 13 maggio 1947, si chiama I.n.a.m. e il relativo regolamento approvato con r. decreto n. 400 del 6 maggio 1943, non disposero, per detto Istituto, un monopolio assicurativo contro le malattie ed ora anche di maternitä, come sostiene il ricorrente, e che l'art. 4 della legge n. 138, il quale stabilisce che «sono obbligatoriamente iscritti all'I.n.a.m. e automatica mente, i lavoratori rappresentati dalle associazioni sindacali aderenti alia Confederazione dei lavoratori della indu stria », non ha il valore assoluto che gli attribuisce l'l.n.a.m., in quanto il principio stesso soffre eccezioni. Infatti, per quanto riguarda gli enti, anche a non considerare la eccezione di carattere territoriale relativa alia Regione del Trentino-Alto Adige, provvedendo, indipendentemente dall'I.n.a.m., all'assi stenza contro le malattie (a non considerare l'l.n.p.s. per quanto concerne la tubercolosi e per la tutela della maternitä dalle lavoratrici a domicilio e di quelle addette ai servizi dome stici) ad es., l'l.n.p.a.l.s., per i lavoratori dello spettacolo, e la 0.n.a.i.a.f. per gli impiegati agricoli e forestali, ai cui riguardi e, anzi, da notare che tale Cassa, inclusa per l'assorbimento del l'I.n.a.m. dall'art. 38, 1° comma, della legge n. 138 del 1943, ö stata, invece, omessa dall'art. 1 del decreto legisl. n. 400 del 1943 e non si discute che abbia continuato e continui a vivere in modo del tutto autonomo.

« Ž noto, peraltro, che l'assistenza malattia e sorta dapprima prevalentemente come mutualitä volontaria, quindi sindacale, infine in forma legale e che la legge n. 138 dell'll gennaio 1943, la quale avrebbe dovuto concentrare nell'attuale I.n.a.m. l'assi curazione obbligatoria contro le malattie, si occupa, essenzial mente, della struttura e dell'organizzazione di tale Istituto, e non disciplina che in modo disorganico, incompleto e non uni tario la tutela pravidenziale di malattia, trascurando proprio quanto concerne il rischio, le conseguenti prestazioni in favors dei lavoratori e i contributi e che costituisce, com'e stato osser vato, « un compromesso tra le strutture tradizionali del mutua lismo, e le formule dell'assicurazione obbligatoria ». La riprova, a tale riguardo, ö data da alcune sue norme, le quali contrastano anche apertamente con la tesi sostenuta, sul punto, dall'I.n.a.m. : basti citare, per quanto 6 necessario alia questione in esame, gli art. 6, 1° e penult, capov. e 8, capov. II primo, a proposito delFindennitä di malattia, dispone che « non e dovuta (dall'I.n.a.m.) quando il trattamento economico di malattia e

corrisposto, per legge o per contratto collettivo, dal datore di lavoro o da altri enti... e che all'erogazione delFindennitä provvede direttamente l'Ente, salvo particolari deroghe da stabilirsi di concerto con le confederazioni interessate ...... II secondo stabilisce che « potranno essere consentite deroghe nell'attuazione del sistema delle prestazioni sanitarie in base a

particolari esigenze delle categorie interessate, tenendo il dovuto conto delle situazioni di fatto e dell'esperienza acquistata dai vari enti mutualistici ». Per quanto riguarda ancora il caso in esame si rileva che l'art. 38, 1° comma, della legge n. 138 dell'll gennaio 1943 aveva disposto la fusione, nell'attuale 1.n.a.m. di nominate casse, federazioni (tra cui quella nazionale delle casse mutue di malattia dei lavoratori dell'industria) e istituti nazionali di malattia e degli « enti che ne facevano parte o vi aderivano » nonche « di quelle casse od enti che adem pivano funzioni di assistenza malattia deferite dalla legge all'Isti tuto costituendo ».

« II 2° comma dello stesso articolo stabiliva che, con decreto, sarebbe stata determinata la data dalla quale avrebbe avuto effetto la fusione di ciascuno degli enti predetti. II decreto in

parola e quello n. 400 del 6 maggio 1943 il quale, perõ, dopo l'elenco degli istituti e delle casse e federazioni nominativamente indicati nel 1° comma dell'art. 38 della legge n. 138 del 1943, tranne la giä eitata C.n.a.i.a.f., ripete soltanto la prima parte della dizione finale di detto articolo, precisamente « enti che fanno parte o aderiscono a quelli contemplati nel presente articolo » e non pure la seconda parte « quelle casse ed enti che adempiono a funzioni di assistenza malattia deferite dalla legge all'Istituto costituendo ». cosi accaduto che un gran numero di casse mutue ed enti assistenziali aziendali di origine contrattuale, che non facevano parte o non aderivano a quelle casse, federazioni e istituti nazionali nominati dal decreto

legisl. n. 400 del 1943, sono rimaste, di fatto, escluse dalla fusione nell'I.n.a.m. ^ il caso di rilevare che, secondo recenti ed atten dibili statistiche, tali mutue e casse, che provvedono, appunto, automaticamente e con loro particolari gestioni all'assistenza contro le malattie (e di maternitä) in luogo dell'l.n.a.m. sareb bero circa 300, alcune assai cospicue e relative a importanti settori della produzione (gas, elettricitä, acciaio . . .) con un

complessivo numero di assistiti, tra lavoratori e loro familiari, di circa due milioni.

a Per quanto concerne specificamente la Pirelli non e impu gnato, in questa sede, dall'Istituto ricorrente l'accertamento dei Giudici del merito, secondo cui il servizio di assistenza malattia

(sanitaria ed economica) venne istituito da detta Societä, per i propri dipendenti, di sua diretta iniziativa, pochi anni dopo la fine della prima guerra mondiale e che esso e rimasto fuori della Federazione nazionale delle casse mutue di malattia del

1'industria, costituita con r. decreto 6 settembre 1934 n. 1619, e regolata, dapprima, dallo statuto approvato con r. decreto n. 1486 del 1937, quindi, per quanto concerne le casse mutue

per gli impiegati della industria, dal contratto collettivo inter confederale del 1° luglio 1936 e, per quanto riguarda le casse mutue degli operai dell'industria, dal contratto collettivo inter confederale del 3 gennaio 1939 ; poiche non si contesta che di entrambi detti accordi era sospesa l'applicazione per i dipendenti di quelle aziende che giä attuassero servizi autonomi di assi stenza contro le malattie (sanitaria ed economica) in attesa che le Federazioni nazionali competenti ne esaminassero la situazione e confermassero oppure negassero il mantenimento di tale autonomia, e che, fra tali aziende, era nominativamente indicata la Pirelli, la quale, dopo le debite indagini, fu esentata dalla disciplina dei due suddetti accordi interconfederali, anche

perchd forniva prestazioni piü favorevoli di quelle in essi pre viste, rimanendo, cosi, definitivamente accertato che il servizio interno di assistenza sanitaria ed economica di malatttia gestito dalla Pirelli e autonomo e non ha fatto mai parte della Federa zione nazionale delle casse mutue di malattia dei lavoratori

dell'industria, n6 a tale Federazione aveva aderito e non fu, quindi, assorbito dall'I.n.a.m. ai sensi dell'art. 38 della legge n. 138 del 1943 e dell'art. 1 del r. decreto n. 400 del 1943.

« L'Istituto ricorrente afferma perõ che tale servizio interno della Pirelli costituirebbe una di quelle casse od uno di quelli enti compresi nella larga dizione dell'ultima parte dell'art. 38 della legge n. 138 del 1943 («che adempiono funzioni di assi stenza malattia deferite dalla legge all'Iatituto costituendo ») non riprodotta dall'art. 1 del decreto n. 400 del 1943, e che

operano di fatto, ma non di diritto, in posizioni di autonomia e che sono soltanto tollerate. A proposito di tali casse ed enti

questa Suprema corte una volta riteneva (sent. n. 1117 del

1952, Foro it., 1953, I, 358 ; n. 1619 del 1952, ibid., 30 ; n. 2585 del 1955, id., 1955, I, 1459) che avessero personalita giuridica privata e operassero in piena autonomia dall'I.n.a.m. nel settore assistenziale di malattia ; e cosi aveva finito per ritenere anche il Consiglio di Stato (cfr. Ad. plen. n. 12 del 1955, id., Rep. 1955, voce Previdenza sociale, nn. 588-590) ; non sembra che si sarebbe potuto contestare, in base a tale giurisprudenza, la

legittimitä e la completa autonomia del servizio sanitario della Pirelli. Senonche le Sezioni unite (sent. n. 2028 del 1959, id., 1959, I, 1099 ; n. 3153 del 1959, ibid., 1651), a proposito sempre della legittimazione processuale di tali enti e casse e della compe tenza a decidere delle controversie relative ai rapporti d'impk go dei loro dipendenti, hanno deciso che essi debbono considerarsi estinti di diritto, sebbene ancora non fusi di fatto nell'I.n.a.m., il quale Istituto e loro subentrato in universum ius, e che dette casse ed enti, o meglio i loro organi, debbono considerarsi organi interni e periferici dell'l.n.a.m. (cosi riteneva un tempo il Cons. Stato, cfr. Sez. VI dec. n. 509 del 1951, id., Rep. 1951, voce cit., n. 275), concludendo che legittimato processualmente e soltanto tale Istituto e competente a decidere i rapporti d'impiego del

personale dipendente da tali casse ed enti 6 il Consiglio di Stato. «Sarebbe interessante studiare ed accertare i riflessi, sul

caso in esame, di tale ultima giurisprudenza alia quale si richiama il ricorrente a sostegno della sua tesi. Senonche non & affatto

necessario, perchö la tesi dell'l.n.a.m. & infondata alia sua base.

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1397 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1398

Invero, come si ž giä. sostanzialmente accermato, la Corte di

appello, con un apprezzamento di fatto insindacabile in questa sede, perchž adeguatamente motivato e immune da vizi logici e da errori di diritto, ha ritenuto che I'assistenza malattia, e ora di maternity, della Pirelli non costitnisse neppure una di quelle casse o di quegli enti « che adempiono a funzioni di assi stenza malattia defirite dalla legge al costituendo Ente i> (art. 38, 1° comma, ult. parte, legge n. 138 del 1943) e di fatto non ancora assorbiti dall'I.n.a.m. perchž non contemplati dall'art. 1 del decreto n. 400 del 1943, ma un servizio sanitario interno, creato e gestito direttamente e in piena autonomia dalla Society datrice di lavoro per i propri dipendenti che, appunto per ciõ, non sono mai stati iscritti, per l'assicurazione di malattia, a casse ed enti a carattere associativo : e questo & stato il precipuo motivo della sua esclusione, a norma dei contratti collettivi 1° luglio 1936 e 3 gennaio 1939, dalle casse mutue di malattia

per gli impiegati e per gli operai dell'industria, e della relativa Federazione nazionale.

«Si deve, pertanto, ritenere che le prestazioni, sanitaria ed economiche, di malattia fornite dalla Pirelli ai suoi dipendenti trovino la loro fonte di legittimazione innanzi tutto negli accordi interconfederali del 1° luglio 1936 e del 3 gennaio 1939, poiühõ i contratti collettivi corporativi, anche se riguardino l'assicura zione dei lavoratori contro le malattie, rimangono in vita, come

ogni altro contratto collettivo di lavoro, pur dopo l'abolizione del sistema sindacale-corporativo ai sensi dell'art. 43 della legge 23 novembre 1944 n. 369. Infatti se la Pirelli õ stata esentata,

quanto al servizio sanitario da essa prestato ai propri dipendenti. dall'osservanza delle disposizioni contenute in materia assicu rativa, da detti contratti, ciõ õ avvenuto perchž da detti accordi r, stata espressamente riconosciuta la validity, 1'autonomia e la

legittimitä del suo servizio sanitario, e la Pirelli k rimasta vin colata a proseguire le sue prestazioni assicurative di malattia per l'obbligo che, giä. assuntosi con i suoi lavoratori, gli accordi interconfederali in parola hanno riba.dito. E a tali contratti collettivi (confermandone la giä asserita validity,) si riferiscono, chiaramente, l'art. 6, 1° comma, e, implicitamente, lo stesso articolo al penult, comma e l'art. 8, capov., della legge n. 138 del 1943. A loro volta a tali disposizioni di legge si riferiscono gli art. 17, lett. b, della legge n. 860 del 1950, 26, 1° comma, e

33, ult. capov., del decreto pres. n. 568 del 1953 quando accen nano a datori di lavoro tenuti, in base a vigenti disposizioni di legge, a corrispondere alle lavoratrici dipendenti l'indennit& di maternity per non aver, queste, diritto a percepirla dall'I.n.a.m. o dagli altri enti assicuratori contro le malattie.

« In conseguenza legittimo, per quanto sopra si <i detto, k anche il servizio di assistenza di maternity che la Pirelli fornisce alle proprie dipendenti e come la Societh, non ti tenuta, e, infatti, non ne b stata mai richiesta dall'Istituto ricorrente, a versare all'I.n.a.m. il contributo di assicurazione contro le malattie, cosi non h obbligata a versare a detto Istituto il contributo supplementare di maternitä. Il ricorso deve essere, quindi, rigettato con le conseguenze di legge ».

Acque pubbliche e private — Demanio idrioo comu nale — Controversie — Competenza (Cod. civ., art. 822, 824; r. d. II dicembre 1933| n. 1775, t. u! sulle acque pubbliche, art. 10).

Non i tribunali regionali delle acque pubbliche, ma i tribunali ordinariamente costituiti sono competenti a conoscere delle controversie relative ad acque del demanio idrico comunale, sempreche non sorga questione sull'appar tenenza delle medesime al demanio dello Stato. (1)

Corte Suprema di Cassazione; Sezione I civile; sen

tenza 28 marzo 1962, n. 641 ; Pres. Lonardo P., Est. Ros

sano, P. M. Maccarone (concl. conf.) ; Santoro (Aw. Sajia) c. Comune di Messina (Aw. Eomano).

(Istanza di regolamento di competenza avverso Trib. Messina

16 marzo 1961)

(1) Nello stesso senso App. Napoli 2 agosto 1960, Foro it.,

Rep. 1960, voce Acque pubbliche, n. 38 bis ; Oass. 12 agosto 1958, n. 2899, id., Rep. 1958, voce cit., n. 144 ; Trib. Sciacca 28 agosto 1956, id., Rep. 1957, voce cit., nn. 103-106 ; Cass. 5 febbraio

e 23 luglio 1948 (id., Rep. 1948, voce cit., nn. 41, 42), eitate

nella motivazione della presente. Sulla situazione giuridica delle acque di pertinenza dei

comuni, Resta, sub art. 824, in Commentario del codice civile a cura di A. Scialoja e G. Branca ; Pernigotti, Acque pubbliche, n. 8, voce dell'Enciclopedia del diritto, I, pag. 408

* * *

La Cassazione ha cosi motivato : «Il Tribunale, con la sen tenza impugnata, premesso che l'acqua di cui trattasi deve con siderarsi pubblica per la portata e l'attuale sua destinazione, in

quanto alimenta due fontanelle pubbliche e la conduttura desti nata all'approvvigionamento idrico delle frazioni Puntale Arena e S. Oorrado, ha ritenuto competente il tribunale dell e acque ai sensi dell'art. 140, lett. c), t. u. 11 dicembre 1933 n. 1775, per essere oggetto della controversia diritti di derivazione di

un'acqua pubblica. I ricorrenti sostengono che non si & mai fatta

questione di demanialitä delle acque e che la domanda non in veste la legittimitä. o l'estinzione di una concessione ammini strativa in materia di acque ; che, comunque, la competenza del tribunale delle acque & esclusa trattandosi di acque di per tinenza comunale.

« Deve dichiararsi la competenza del Tribunale di Messina. In vero, la competenza dei tribunali regionali delle acque pub bliche & limitata alle controversie riguardanti le acque definite

pubbliche dalle leggi in materia (t. u. 11 dicembre 1933 n. 1775), le quali appartengono alio Stato e fanno parte del demanio pub blico (art. 822, 1° comma, cod. civ.) ; sono, invece, di compe tenza dei tribunali ordinari, non specializzati, le controversie concernenti l'appartenenza dell'acqua a un comune, anche se esse involgano l'assoggettamento delle stesse al regime del de manio pubblico ai sensi dell'art. 824 e 822, 2° comma (cfr. Cass. 23 luglio 1948, n. 1216, Foro it., Rep. 1948, voce Acque, n. 42 ; 5 febbraio 1948, n. 192, ibid., n. 41). Nella specie, il Comune non deduce che l'acqua appartiene alio Stato e che fa parte del de manio pubblico, ma ammette che gli appartiene, e deduce che h soggetta al regime dei beni demaniali e nega il diritto degli attori. Non sussistono, quindi, i presupposti della competenza del tribunale regionale delle acque ».

Infortuni sul lavoro — Assieurazione agricola —

Raccolta di prodotti del fond© — Oeeasione di

lavoro — Indennizzabilita — Destinazione dei

prodotti — Irrilevanza (D. 1. 23 agosto 1917 n. 1450, assieurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro

in agricoltura, art. 1).

La raccolta occasionale di prodotti del fondo inerisce

all'attivitä. di coltivazione e rientra quindi nell'ambito

della tutela assicurativa indipendentemente dalla desti

nazione dei prodotti medesimi (nella specie, e stato rite

nuto indennizzabile l'infortunio occorso ad un lavoratore

agricolo deceduto a seguito della caduta da un albero sul

quale era salito a raccogliere frutta per suo personale

consumo). (1)

Corte Suprema di Cassazione; Sezione II civile ; sen

tenza 14 marzo 1962, n. 531 ; Pres. Fibbi P., Est. Mar

chetti, P. M. Trotta (concl. parz. diff.) ; Campagna (Avv.

Calzolaretti, Yacca) c. I.n.a.i.l. (Avv. Flamini, Radonicli).

(Gassa App. Boma 20 novembre 1959)

(1) Non risultano precisi precedenti editi. La sentenza 8 marzo 1960 del Tribunale di Benevento

(Foro it., Rep. 1960, voce Infortuni sul lavoro, n. 384) ha rite nuto indennizzabile l'infortunio occorso ad un lavoratore agri colo il quale era caduto da un albero del fondo del vicino sul

quale era salito a raccogliere frutta per dissetarsi. Sui criteri di individuazione della oeeasione di lavoro in

genere, cfr. App. Napoli 20 luglio 1959, ibid., n. 378. In dottrina, v. Avenati Bassi, Lavorazioni agricole e in

dennizzabilita degli infortuni, in Corte bresciana, 1950, II, 373; De Litala, La natura della lavorazione agricola obiettivamente considerata e la tutela infortunistica, in Biv. it. prev. soc., 1948,

228; De Angelis, In tema di raccolta del prodotto sul suolo,

ibid., 479 ; Chiappelli, Fase «intenzionale » di lavoro e « oeea

sione di lavoro » ai fini delVassieurazione contro gli infortuni, in

Dir. lav., 1948, II, 172. Sulle attivitä. connesse a quella agricola ai fini dell'assicura

zione obbligatoria, v. Cass. 4 febbraio 1961, n. 231, retro, 568, con nota di richiami.

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1399 PARTE PRIMA 1400

* * *

La Corte di cassazione ha cosl motivato : « Con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione dell'art. 3 legge 23

agosto 1917 n. 1450, lamentando che la Corte d'appello, nell'af fermare ehe, essendo il Coluzzi salito su un albero alio scopo di raccogliere frutta per soddisfare un suo bisogno personale, 1'infortunio da esso subito non era indennizzabile, avrebbe dimenticato che le brevi soste del lavoro agricolo, per consu mare la colazione sul fondo, non interrompono il nesso di cau sality tra infortunio e lavoro, e che l'cccasione di lavoro non k vincolata a legami predeterminati di sorta e sussiste ogni qual volta 1'infortunio riveli qualsiasi relazione di concomitanza causale e concausale, diretta o indiretta, mediata o immediata, con il lavoro.

« II primo motivo non puõ essere accolto. iC esatta l'affer mazione dei ricoir^nti che le brevi soste dell'attivitA lavorativa

per consumare un pasto non valgono, nel caso in cui il lavoratore sia colpito da infortunio nell'ambiente stesso di lavoro durante la sosta, a interrompere il nesso di occasionalitä, fra il lavoro e il

sinistro, ma la Corte del merito non ha affatto disatteso tale

principio. 11 motivo della non indennizzabilitä dell'infortunio subito dal Coluzzi e stato indicato dalla Corte reFa mancanza di un nesso eziologico fra fatto-infortunio e lavcro, non in ra

gione del tempo in cui il falto si era verificato (cioe durante una sosta del lavoro), bensi in relazione alia finalitii per cui veniva compiuta quell'attivity che si poneva in rapporto di causality con l'evento. La Corte ha, cioä, ritenuto che il Coluzzi

raccoglieva la frutta, dall'albero sul quale era salito, non nell'eser cizio di un'attivitä. agricola propria del momento nell'interesse dell'azienda agricola, ma per soddisfare una esigenza personale ; e che, perciõ, non vi era. alcun rapporto, n& indiretto, n& diretto, f ra l'evento e il lavoro. Un siffatto rapporto i ricorrenti vorreb bero rinvenire nel fatto che la raccolta della frutta permetteva al loro dante causa, per effetto dell'immediato consumo, di

acquistare energie per la continuazione del lavoro. Ma l'assunto non puõ essere seguito perchä esso pone l'accento non sulla connessione che, per la sussistenza dell'infortunio indenniz zabile, deve esservi fra evento dannoso e lavoro, ma sulla utility che quel comportamento del lavoratore avrebbe apportato alio svolgimento delPattivitä successiva. La riprova della er roneity della tesi dei ricorrenti si ha nell'osservazione del P. m. in udienza, il quale ha rilevato che, se si seguisse la tesi dei ri correnti, dovrebbe essere considerato infortunio indennizzabile ahche l'evento dannoso occorso al lavoratore agricolo mentre dorme nel suo letto. Anche il riposo, infatti, & mezzo per recu

perare energie da spendere nel lavoro, cosi che vi sarebbe quella relazione di « concomitanza indiretta e mediata », alia quale si fa riferimento nel ricorso.

« Merita, invece, accoglimento il secondo motivo di ricorso. Con e36o i ricorrenti lamentano che la Corte d'appello avrebbe motivato in modo contraddittorio su un punto decisivo della controversia, in quanto, avendo riconosciuto che il Coluzzi si era accinto alia raccolta di alcuni frutti per consumarli per colazione, avrebbe poi definito tale atto come rispondente a un

bisogno personale del lavoratore, con ciõ escludendo la ricor renza dell'occasione di lavoro e conseguentemente l'indenniz zabilitä, del sinistro. Ora, se anche & vero quanto osserva 1'Isti tuto ricorrente, che la determinazione della ricorrenza della occasione di lavoro ha una precisa e rigorosa applioazione nel campo dell'attivity agricola dove la normale coincidenza dell'am biente di lavoro con l'ambiente nel quale il lavoratore trascorre la sua vita, anche privata, comporta la necess it& di una rigo rosa distinzione degli atti che sono propri del lavoro da quelli che rispondono ai fini ed esigenze personali e familiari del lavo ratore, ciõ perõ non esclude che vi siano atti che, pur essendo diretti al soddisfacimento di esigenze personali del lavoratore ineriscono anche ai fini e agli interessi dell'azienda agricola. Cosi & per la raccolta occasionale di prodotti del fondo, la quale puõ essere fatta per la esclusiva soddisfazione di una necessity del lavoratore agricolo o dei componenti la sua famiglia, ma puõ anche, in concorrenza con tale scopo, avvenire altresi quale parziale fase di una piu completa attivitä.. La gradualitä del raccolto, anzi, 6 caratteristica della frutta, che deve essere stac cata dall'albero mano a mano che giunge a maturazione.

« Devesi altresi considerare che, ai fini della protezione assicurativa, e indifferente la destinazione del prodotto del suolo nell'ambito della sfera giuridica del lavoratore agricolo (consumo diretto, vendita, consumo da parte del concedente, ecc.). La sua legittima utilizzazione in un modo o in un altro non inter ferisce sulla natura intrinseca dell'operazione, che rimane sempre inerente a un'attivit& di coltivazione del fondo, rien trante nella tutela assicurativa. Non poteva quindi, la Corte del merito, dalla sola circostanza che la frutta che il Coluzzi si apprestava a raccogliere era destinata al consumo imme

diato e diretto suo e dei suoi familiari, dedurre la estraneitä,

della operazione di raccolta ai fini e agli interessi dell'azione

agricola. Doveva, invece, esaminare se, indipendentemente dalla successiva destinazione ehe il Coluzzi intendeva dare al

raccolto, l'attivitd. che egli svolgeva costituiva una lavorazione

inerente all'azienda agricola, cosi che l'infortunio occorso du

rante il suo svolgimento era compreso nell'ambito della tutela

assicurativa. « Il secondo motivo di ricorso deve, quindi, essere accolto

e la causa rinviata ad altro giudice, che la riesaminerä nei sensi

e nei limiti sopra indicati ».

Revocazione (cjiudizio di) — Motivi — Maneata indi

cazione delle prove nell'atto di citazione — Inam

missibilitä deirimpucjnazioiie — Fattispeeie (Cod.

proc. civ., art. 395, 398).

E inammissibile la domanda di revocazione per dolo e

rinvenimento di documenti decisivi, qualora l'attore non

abbia indicato, nell'atto di citazione, le prove relative

alia dimostrazione dei fatti indicati nell'art. 395, nn. 1 e

3, cod. proc. civile. (1)

Corte d'appello di Catania ; sentenza 3 maggio 1962 ; Pres. Amoroso, Est. Torresi; Spina (Aw. Ciancio, Grior

gianni) c. Pulvirenti (Aw. D'Amico, Affini, Nicolo).

(1) La Corte di Catania si uniforma al prevalente orienta mento giurisprudenziale, secondo il quale la domanda di revo cazione deve indicare, a pena di inammissibilitä, le prove relative alia dimostrazione dei fatti di cui ai nn. 1, 2, 3 e 6 dell'art. 395 cod. proc. civ., del giorno della scoperta o dell'accertamento del dolo o della falsitä o del recupero dei documenti [App. Lecce 31 gennaio 1959, Foro it., Rep. 1959, voce Revocazione, n. 22 ; Trib. Perugia 26 giugno 1958, ibid., n. 19 ; Cass. 3 giugno 1958, n. 1862, id., Rep. 1958, voce eit., nn. 86, 87 ; 27 agosto 1957, n. 3414, id., Rep. 1957, voce cit., nn. 31-33 ; 4 giugno 1956, n. 1896, id., Rep. 1956, voce cit., n. 45 ; 13 ottobre 1955, n.

3116, id., Rep. 1955, voce cit., n. 43 (pubblicata in extenso, con nota di Cassisa, in Giust. civ., 1956, I, 1341) ; App. Milano 16 febbraio 1954, Foro it., Rep. 1954, voce cit., n. 47 ; Cass. 31 luglio 1951, n. 2319, id., Rep. 1951, voce cit., n. 29 (annotata da Piazzese, in Giur. Cass, civ., 1951, 3° quadr., 468) ; 22 gen naio 1947, Foro it., Rep. 1947, voce cit., n. 35] sicche la san zione di inammissibilitä non puö essere elusa attraverso la indi cazione di prove fatta a posteriori in altro scritto difensivo (Cass. 1 febbraio n. 377 e 16 aprile n. 1300 del 1957, id., Rep. 1957, voce cit., nn. 34-36 ; App. Lecce 12 rnarzo 1956, id., Rep. 1956, voce cit., n. 50 ; Cass. 29 aprile 1955, n. 1196, id., Rep. 1955, voce cit., n. 41, richiamata nella motivazione della presente sentenza) ; contra, nei senso che e ammissibile la domanda di revocazione, ancorch& il P. m. non abbia indicato, nell'atto di citazione, la prova relativa alia collusione ordita dalle parti per frodare la legge e al giorro della scoperta della collusione, v. App. Genova 11 maggio 1949, annotata., insieme con App. Perugia 17 giugno 1949, da Lorenzi e Calvosa, in questa ri vista, 1949, I, 964.

Secondo App. Catanzaro 10 agosto 1953, id., Rep. 1954, voce cit., nn. 49, 50, l'obbligo di indicare nell'atto di citazione, a pena di inammissibilitä, le prove del giorno di recupero del documento & richiesto dalla legge al fine di identificare il dies a quo del termine perentorio stabilito dalla legge per proporre la impugnazione, sicche non puõ costituire ostacolo all'ammis sibilitä dell'azione la circostanza che nei ricorso si sia indicato un periodo, piuttosto che il giorno, allorchä tale periodo sia circoscritto in pochi giorri.

App. G-enova 12 dicembre 1951, id., Rep. 1951, voce cit., n. 49, ha ritenuto che, a differenza dell'art. 163 cod. proc. civ. che per la citazione introduttiva del giudizio prescrive l'indica zione specifica dei mezzi di prova, cioe ne impone la deduzione in separati articoli, l'art. 398 per la revocazione si limita ad esi gere la semplice indicazione, cioe il cenno sommario e non speci ficato di essi.

Nei senso che si puo ricorrere alia presunzione per dare la dimostrazione dei fatti indicati nell'art. 398 cod. proc. civ., ma k necessario, per rispettare il precetto contenuto nell'arti colo medesimo, che i fatti noti attraverso i quali si vuole risalire al fatto ignoto siano appositamente e specificatamente indicati nell'atto di citazione, v. App. Brescia 6 giugno 1951, id., Rep. 1952, voce cit., n. 48.

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1401 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1402

I * * *

La Oorte ha cosl motivato : «Ben fondato, invece, 6 il mo tivo di «inammissibilitä » per la mancata indicazione negli atti di citazione delle « prove relative alia dimostrazione dei fatti», di cui al n. 1 ed al n. 3 dell'art. 395 cod. proc. civ., sul quale si 6 principalmente insistito dalla difesa del Pulvirenti in sede di discussione orale.

« Occorre, anzitutto, premettere che la giurisprudenza del

Supremo collegio, in aderenza al carattere straordinario della

revocazione, che mira in sosfcanza a travolgere 1'autoritä della «cosa giudieata », giä formatasi attorno ad una pronuncia giu risdizionale, ha interpretato con senso di rigore la norma di cui all'art. 398, 2° comma, cod. proc. civ., statuendo che la indica zione delle prove, previste nella eitata norma di legge, deve essere fatta « fin dalla proposizione della domanda», deve, cioö, essere contenuta nella citazione introduttiva. Si che non vale ad escludere la sanzione di inammissibilitä una eventuale indi cazione di prova fatta a posteriori, cosi non sarebbe consentita una qualsiasi indagine da parte del giudice volta a sanare un vizio che l'atto di citazione non avrebbe dovuto contenere (Cass. 20 aprile 1955, n. 1196, Foro it., Eep. 1955, voce Revocazione, nn. 41, 42).

« Trattasi di un preciso onere posto dalla legge a carico del l'attore in revocazione, cui corrisponde il dovere da parte del

giudice di accertare, nella fase rescindente del giudizio, se la citazione contenga o meno la indicazione delle prove relative ai fatti posti a fondamento della domanda, nei casi previsti nei eitati nn. 1, 2, 3 e 6 dell'art. 395 cod. proc. civ. La dottrina suole parlare, bene a ragione, addirittura di un elemento «in

tegrative » che si aggiunge agli altri dalla legge richiesti per l'atto di citazione (art. 163 cod. proc. civ.). Statuisce, infatti, il 2° comma del citato art. 398 cod. proc. civ. : «La citazione deve indicare, a pena di inammissibilitä, il motivo della revoca zione e le prove relative alia dimostrazione dei fatti di cui ai nn. 1, 2, 3 e 6 dell'art. 395, del giorno della scoperta o dell'accer tamento del dolo e della falsitä, o del recupero dei document!». Oltre quindi i requisiti generali richiesti daH'art. 163 cod. proc. civ., l'atto di citazione con il quale viene proposta una domanda di revocazione, deve, a pena di inammissibilitä,, indicare : a) il motivo di revocazione ; &) le prove della dimostrazione dei fatti di cui ai nn. 1, 2, 3 e 6 dell'art. 395 ; c) le prove rela tive al giorno della scoperta e dell'accertamento del dolo o della falsitä o del recupero dei documenti. Or, nessuno dei tre atti di citazione con i quali ha avuto inizio il presente giudizio con tiene la indicazione sub b, cioe la indicazione delle prove «rela tive alia dimostrazione dei fatti» di cui al n. 1 ed al n. 3 del l'art. 395, posti a base delle domande di revocazione ».

Previdenza soeiale — Assieurazione contro le raa

lattie — Determinazione della misura dei coil

trihuti — Interjrazione dell'indennita di malattia

eorrisposta dall'imprenditore in applicazione di

contratto eollettivo — Contributi per la gestione I.n.a.-Casa — Natura non retrifoutiva — Contri

huzione (D. 1. lgt. 1 agosto 1945 n. 692, determinazione

degli elementi della retribuzione da considerare ai fini

del calcolo dei contributi per gli assegni familiari, art.

1 ; d. 1. 31 ottobre 1947 n. 1304, trattamento di malat

tia dei lavoratori del commercio, ecc., art. 3).

Ai fini della determinazione dei contributi per tratta

mento di malattia ai lavoratori del commercio, ecc., non

sono considerati elementi della retribuzione l'integrazione dell'indennitä di malattia eorrisposta dall'imprenditore al

lavoratore in aggiunta alle prestazioni corrisposte dall'Isti

tuto previdenziale ed in applicazione di contratto eollettivo

(nella specie, art. 66 del contratto eollettivo 23 ottobre

1950 per i dipendenti di aziende commerciali, sostituito

dal contratto 28 giugno 1958), ne i contributi per la ge stione I.n.a.-Casa. (1)

Corte d'appello di Milano; sentenza 27 febbraio 1962 ; Pres. (xhirardi P. P., Est. Celoria ; I.n.a.m. (Avv. Casati) c. Soc. La Rinascente-U.p.i.m. (Avv. Longbi).

(1) La Oorte milanese, che giä ritenne la natura retributiva

dell'integrazione con la sentenza 16 maggio 1958, Foro it., Hep. 1959, voce Previdenza soeiale, n. 193, va, con questa pronuncia,

in contrario avviso. Giä ritennero la natura assistenziale del

l'integrazione, App. Ancona 1 settembre 1957, id., Rep. 1958, voce cit., n. 697 e Cass. 18 settembre 1959, n. 2593, id., Rep. 1959, voce cit., nn. 623, 624. Per la natura retributiva dell'inte

grazione, v., invece, Cass. 15 marzo 1956, Mclla id., Rep. 1957, voce cit., n. 424 ; Trib. Ancona 29 agosto 1956, id., Rep. 1956, voce cit., nn. 150, 151. In dottrina, v., per la natura retributiva, Chiappelli, La integrazione dell'indennitä di malattia b retribu zione ai fini contributivi, in Injortuni, 1958, II, 236 ; per la natura

assistenziale, v. le note di Canovi, in Mass. giur. lav., 1958, 200 e di Bellacci, id., 1959, 299.

* * *

La Corte ha cosi motivato : « Osserva il Collegio che Fart. 3 del decreto legisl. 31 ottobre 1947 n. 1304, riguardante il tratta mento di malattia dei lavoratori del commercio, come nel caso si tratta, stabilisce che, agli effetti della determinazione dell'in dennitk giornaliera di malattia e della determinazione dell'im

porto dei contributi, per retribuzione si intende quella risultante

dall'applicazione delle norme stabilite con il decreto legisl. 1 ago sto 1945 n. 692, concernente la determinazione degli elementi della retribuzione da considerare ai fini del calcolo dei contributi

per gli assegni familiari. L'art. 1 di tale decreto dispone che, in ordine agli assegni familiari, «per retribuzione si intende tutto ciö che il lavoratore riceve, in denaro, o in natura, diret tamente dal datore di lavoro per compenso dell'opera prestata, ai lordo di qualsiasi ritenuta ». Prosegue poi nel capo verso, con diretto collegamento, attraverso Favverbio «pertanto » con la determinazione delle somme che debbono essere computate nella retribuzione in aggiunta al salario o alio stipendio, elencando sotto la lettera A undici voci e con la determinazione di quelle che non debbono, invece, essere computate, elencando sotto la lettera B altre sette voci. Ne sotto la lettera A ne sotto la let tera B l'integrazione delFindennitä di malattia si trova menzio nata specificamente, ma 6 ormai ius receptum che entrambe le elencazioni hanno carattere meramente esemplificativo e che

perciõ, per risolvere la questione se essa sia o meno da considerare come elemento della retribuzione, occorre rifarsi agli elementi ermeneutici. Orbene, per quanta lata e comprensiva e variabile sia la nozione di retribuzione, la quale subisce gli influssi delle incessanti variazioni ed aggiunte di base, non la si puõ intendere che quale corrispettivo che il prestatore d'opera riceve dal datore di lavoro direttamente per compenso dell'opera, come & detto nella definizione contenuta nel 1° comma del citato articolo. Perchä si abbia veramente retribuzione, anche se corrisposta in periodi di assenza dal lavoro (art. 2 del citato decreto luogo tenenziale), occorre che il compenso sia intrinsecamente ricono scibile, per la sua intima natura quale dotato della connotazione retributiva, in corrispettivo dell'opera prestata. Per quello che attiene all'integrazione delFindennitä di malattia, come e rego lata dal contratto collettivo che la prevede, & da ritenere che tale connotazione retributiva non sussiste, perche essa si realizza soltanto nel caso di malattia e se ed in quanto il tratttamento assistenziale di competenza dell'I.n.a.m. non raggiunga il minimo, che si 6 voluto assicurare al prestatore d'opera infermo. Essa, quindi, male si adatta al concetto di retribuzione come inteso nel 1° comma del citato articolo e meglio risponde al concetto di prestazione assistenziale, con la quale si assicurano al lavoratore i mezzi occorrenti in aggiunta a quelli sommini strati dall'I.n.a.m. di misura insufficiente.

« I due concetti sono tenuti ben distinti anche nella Costi tuzione, la quale, all'art. 36, lega il concetto di retribuzione alia quantity e quality del lavoro prestato dal lavoratore, mentre nell'art. 38 stabilisce il principio dell'applicazione degli istituti

previdenziali per i casi di infortunio, di malattia, di invalidity, di vecchiaia e di disoccupazione involontaria. Pertanto nella

legge fondamentale si prevede una netta separazione di inqua dramento concettuale e di conseguente disciplina tra la retri buzione per il lavoro prestato, e le provvidenze varie che ven

gono apprestate per i casi in cui non sia possibile al lavoratore una prestazione d'opera. La natura intrinseca previdenziale dell'integrazione trova riconoscimento testuale nella tabella di

prestazioni di malattia, di cui alia lettera A del decreto legisl. 31 ottobre 1947 n. 1304, dove, in riferimento ai contratti di lavoro che garantiscono ai lavoratori un'idennitk di malattia

superiore a quella gravante sull'I.n.a.m., & data facoltä ai datori di lavoro di provvedere al migliore trattamento a mezzo di tale

Istituto, anziche direttamente, mediante versamento di un

supplemento di contributo nella misura proposta dall'Istituto ed approvata dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Del resto, h certo che l'indennitk di malattia che grava sul l'I.n.a.m. (in quanto non corrisposta dal datore di lavoro diret

tamente) non puõ entrare nel calcolo della retribuzione. Cosi

essendo, neppure la indennitä, integrativa corrisposta dal datore

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1403 PARTE PRIMA 1404

di lavoro per I'insufficienza di quella erogata dall'Istituto pre detto, puõ essere inclusa nella retribuzione, per la contraddi zione ehe nascerebbe dal non eonsiderare retribuzione I'indennitä

corrisposta dall'Istituto e di eonsiderare, invece, retribuzione, 1'integrazione di detta indennitži.

«Per quanto riguarda la voce relativa all'I.n.a.-Casa, in ordine alla quale 1'appellante Istituto non svolge alcuna argo mentazione, ai Collegio corre 1'obbligo di accertare se aneb'essa sia o meno passibile di contributi, considerato ehe nel decreto ingiuntivo, di cui si chiede affermarsi 1'efficacia, la voce stessa (■ prevista per un ammontare di lire 1.253.875. Ma deve subito riconoscersi ehe, se non sussiste il connotato retributivo per 1'indennitk integrativa di malattia, ancor meno puõ rawisarsi taie connotato nella voce in questione. Invero nell'art. 13 decreto

pres. 22 giugno 1940 n. 340, sono poste parecchie condizioni

per 1'assegnazione delle case costruite in applicazione del piano di cui alla legge 28 febbraio 1949 n. 43 ; nell'art. 37 del regola mento per 1'esecuzione delle detta legge, approvato con decreto pres. 4 luglio 1949 n. 436, sono dettati criteri di preferenza per 1'assegnazione ed altri criteri, in parte modificativi e in parte integrativi, sono posti nell'art. 1, n. 5, della legge 26 novembri 1955 n. 1148, e nell'art. 14 del decreto pres. 9 aprile 1956 n. 1265. Tali condizioni e criteri preferenziali rendono estre mamente incerta 1'assegnazione. fi anzi certo ehe non tutti i prestatori di lavoro potranno ottenerla sulla base di detto piano. Questa mancanza di sicura realizzazione a vantaggio di tutti i lavoratori rende evidente ehe per buona parte dei casi 1'ero

gazione della somma da parte dei datori di lavoro non solo non va a benefieio diretto dei lavoratori in corrispettivo della pre stazione della loro opera, ma addirittura non porta loro alcun benefieio ».

Societä — Societä per azioni — Verbale delle deli berazioni asscmbleari — Poteri del notaio, ehe lo sottoserive (Cod. civ., art. 2375).

Nel verbale deirassemblea di societä per azioni sotto seritto da notaio, questi deve far constare ehe il presidente ha effettuato la verifica dei presenti e della maggioranza, e delle altre condizioni di validitä dell'assemblea, e limitare 1'aceertamento della identity, qualifica e legittimazione ai solo presidente, ehe con liii sottoserive il verhale. (1)

Corte d'appello di Brescia ; decreto 24 gennaio 1962; Pres. Cornelio P., Rel. Ondei, P. M. Fassio (concl. diff.); Soe. Effe Effe.

(1) Conf. App. Bologna 9 dicembre 1960, Foro it., Rep. 1961, voce Societä, n. 229 ; Trib. Milano 16 febbraio 1961, id., 1961, I, 537, con ampia nota di richiami, cui adde Minervini, in Foro pad., 1961, I, 1211, e 1962, I, 565 ; A. (xTUTJANT, in Biv. notariato, 1962, 427 e 468 ; Salanitro, in Biv. societä, 1961, 985 e 995.

* # #

La Corte d'appello di Brescia ha eosl motivate : « Considerato ehe disponendo la legge ehe il verbale dell'assemblea straordi naria sia redatto da notaio esso ha indubbiamente la natura di atto pubblico a norma dell'art. 2699 cod. civ. (pubblica docu mentazione di diehiarazioni e di fatti e pubblica certificazione).

« Che nella notoriamente assai dibattuta questione circa il contenuto della obbligatoria funzione certificante del notaio non possono logicamente e astrattamente essere prese posizioni in termedie : o si ammette che le formality richieste siano implici tamente le medesime che sono proprie di tutti gli atti negoziali e allora dovrebbe essere prescritto 1'accertamento della identity di tutti gli intervenuti e delle loro qualifiche e legittimazioni e la sottoscrizione di tutti, quanto meno della maggioranza degli assenzienti; oppure si ammette che la funzione certificante del notaio sia limitata alla attivitä dell'assemblea considerata come organo sociale, rappresentata dall'amministratore o dalla per sona designata ai sensi dell'art. 2371 cod. civ. ed allora il notaio, non tenuto a raccogliere le sottoscrizioni degli intervenuti che pure esprimono singolarmente e collettivamente diehiarazioni di volontä negoziale, specie neile assemblee straordinarie, non puõ considerarsi tenuto a verificare, in luogo del presidente, i titoli di legittimazione nonchfe 1'identitä, degli intervenuti. II che av viene anche in altri campi del diritto pubblico ove le delibera zioni di organi collegiali sono attestate in verbali redatti da segretari che pur hanno una funzione pubblica certificante, senza necessity ne obbligo di prowedere alia verifica della identity e della quality degli intervenuti.

« Ritiene la Corte che l'accertamento della necessaria presenza dei soci, amministratori e sindaci, nonchfe delle altre condizioni di validity dell'assemblea spetti ai presidente e che al notaio

spetti la pubblica doeumentazione dell'attivitä personale degli organi individuali e delle attivitA, dell'assemblea collettivamente considerata.

«II che basta a soddisfare la ragione per cui la legge richiede la presenza del notaio : una mibblica doeumentazione e certifi cazione delle operazioni svolte in assemblea in luogo di quelle private documentazioni e certifieazioni eseguite dal segretario delle assemblee ordinarie, il qual .segretario certamente non e tenuto ad accertare identity, qualitä e titoli di legittimazione all'intervenuto, in luogo e in vece del presidente, che õ respon sabile del retto funzionamento dell'assemblea. ma 6 tenuto solo a certificare e a documentare i fatti e le dichiarazioni che nel l'assemblea awengono.

«Pertanto il notaio deye far constare, nel verbale, che il

presidente ha effettuato la verifica di ehi k presente, la verifica della maggioranza e delle altre condizioni di validity dell'assem blea ai sensi degli art. 2868 e 2369 cod. civ., ma non ž obbligato a documentare la veridicitä, di tali circostanze, come non ob

bligato, del resto, ad accertare la veridicitä delle dichiarazioni che a lui si rendono nella forinazione dei comuni atti notarili.

«L'accertamento della identity, qualifica e legittimazione 6 limitato, per il notaio, ma e obbligatorio solo relativamente alle persone che devono sottoscrivere il verbale e che sono esse sole parti dell'atto o del documento, mentre gli intervenuti sono parti del processo assembleare. Sono anche, si intende, parti del negozio giuridico sostanziale consistente nella • del iberazione ; ma se la legge non le chiama a sottoscrivere il documento che si riassume e si completa con le sottoscrizioni del presidente e del notaio, che attestano la volontä. deliberante collettiva, non si pud pretendere che il notaio compia gli atti di identificazione che spettano al presidente, il quale ž il rappresentante qualificato dell'assemblea all'atto della sua formazione e convocazione. Non si manca di considerare che i controlli delle identity e della legit timazione hanno carattere preventivo mentre il notaio õ chia mato ad una solenne doeumentazione dell'attivitA e delle""deli berazioni dell'assemblea ».

Tasse eomunali -— Tassa di oecupazione del suolo

pubblico — Distributor! di earburante — Tassa annuale unica (R. d. 14 settembre 1931 n. 1175, t. u.

per la finanza locale, art. 199).

La tassa unica annuale, prevista dall'art. 199 t. n.

per la finanza locale per l'installazione deH'impianto dei distributori di earburante e dei relativi serbatoi, comprende pure 1'occupazione temporanea di suolo pubblico adiacente al distributore necessaria alia sosta degli autoveicoli da

rifornire, che non puõ essere colpita con separata tassa zione. (I)1

Corte d'appello di'Milano f sentenza 29 dicembre 1961 : Pres. Baccigalupi P., Est. Caleca ; Arneri (Aw. Ras&) c. Soc. Shell italiana (Aw. Legnani).

(1) Oonf. Cons. Stato, Sez. V, 11 giugno 1960, n. 406, Foro it., 1961, III, 136, con nota dirichiami, cui adde Comm. centrale 9 maggio 1959, n. 6508, id.. Rep. 1959, voce Tasse eomunali, n. 179. Sulla distinzione tra gli art. 195, dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale con sent. 30 genna.io 1962, n. 2, retro, 169, con nota di richia.mi, e 199, Cons. Stato, Sez. V (ord.), 16 di cembre 1961, n. 75S, Foro it., Rep. 1961, voce cit., n. 207.

* * *

La Corte ha cosi motivato : « L'Arneri fori da il suo diritto al particolare tributo sul fatto che la. Soc. Shell, durante il periodo 1954-57, avrebbe occupato nella Via Garibaldi del Comune di Binasco metri quadrati 20 di suolo pubblico « come esercizio del diritto di prelazione suH'area adiacente l'impianto per la distribuzione di earburante ».

«La pretesa h illegittima. Al riguardo'e da ricordare ehe l'art. 199 t. u. per la finanza locale statuisce testualmente che «per l'impianto e l'esercizio di distribuzione di earburante e dei relativi serbatoi sotterranei e la conseguente occupazione del suolo e del sottosuolo di pertinenza del comune b dovuta una tassa unica annuale» ; l'articolo medesimo poi regola la misura di tale tassa a seconda che trattasi di distributori di earburante muniti di un solo serbatoio sotterraneo, di capa

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

citä superiore o inferiore ai 3000 litri, ovvero di distributori muniti di due serbatoi sotterranei, ovvero trattasi di occupa zione di carburanti e lubrificanti.

« Or appare manifesto ehe la volontä. del legislatore sia stata quella di colpire con la particolare tassa «unica», da corri spondere annualmente, tanto l'occupazione del suolo pubblico dipendente dalla installazione dell'impianto e dei relativi ser batoi, quanto l'occupazione temporanea del suolo adiacente all'impianto di distribuzione da parte degli autoveicoli, ehe avanti a tale impianto devono necessariamente sostare per rifornirsi.

«Albrimenti non avrebbe alcuna giustificazione il fatto ehe quale causale del particolare tributo sia stato indicato, oltre 1'impianto di distributori di carburanti e dei relativi accessori, anche l'« esercizio » dei medesimi e la conseguente occupazione del suolo e del sottosuolo di pertinenza del comune.

« Il concetto di « esercizio » di un impianto per la distri buzione di carburanti implica necessariamente la possibilitä, per il titolare di taie impianto, di fornire di carburante gli auto veicoli in transito sulla strada pubblica autoveicoli ehe, per poter essere riforniti, devono a loro volta necessariamente sostare, per pochi minuti, avanti ai distributore.

« Che se il legislatore non avesse inteso comprendere nella particolare «tassa unica » anche l'occupazione temporanea del suolo da parte dei predetti autoveicoli, non solo nella norma istitutiva della tassa annuale, non avrebbe fatto uso dell'espres sione «esercizio », ma avrebbe espressamente previsto ehe il titolare dell'impianto avrebbe dovuto corrispondere oltre la «tassa unica annuale » anche una tassa per l'occupazione tem poranea di cui sõpra.

« Ž peraltro da rilevare ehe 1'art. 200, lett. /), dello stesso t. u. per la finanza locale stabilisce ehe sono esenti dalla parti colare tassa le occupazioni occasionali di durata non superiore a quella ehe sia stabilita nei regolamenti di polizia e ehe, per tanto, in ogni caso non potrebbero non ritenersi comprese in tali occupazioni occasionali le brevissime soste fatte dagli auto veicoli per il rifornimento di carburanti e lubrificanti.

« Per le esposte ragioni deve ritenersi illegittima la pretesa dell'Arneri e deve, conseguentemente, essere dichiarata 1'ille gittimitä dell'mgiunzione fiscale di cui trattasi».

Trascrizione — Consenso a caneellazione dipoteea — Facoltä conlerita dal consiglio d'amministra zione di soeietä — Riiiuto del eonservatore dei

registri immobiliari — Illegittimita — Fattispeeie

(Cod. civ., art. 2674, 2883).

Il eonservatore dei registri immobiliari non puö rifiu tare di eseguire la cancellazione d'ipoteca perchö all'atto di consenso e allegato, in luogo dell'atto pubblico di proeura, 1'estratto autentico della deliberazione del consiglio d'am ministrazione della societä creditrice (contenuta nel libro delle adunanze e deliberazioni del medesimo), con la quale sono conferite agli incaricati di sottoserivere 1'atto nota rile di consenso le opportune facoltä. (1)

Corte d'appello di Genova; decreto 13 luglio 1961 ; Pres. Minerbi, Rel. Calusi, P. M. Cusmano (concl. conf.) ; 1st. fin. ind. edil. Finance c. Conservatore registri immo biliari Sanremo.

(1) Il decreto 10 maggio 1961 del Tribunale di Sanremo, ora riformato, e riassunto in Foro it., Rep. 1961, voce Trascri zione,, nn. 49, 50. Nel senso ehe il conservatore dei registri immo biliari deve procedere alla trascrizione di un atto di vendita, contenente rinunzia ad ipoteca legale, da parte di una societä di capitali, a nulla rilevando ehe le firme apposte dai consiglieri d'amministrazione, nel verbale contenente la delibera di vendita e la delega ad un terzo della relativa esecuzione, non siano auten ticate da notaio, Trib. Milano 19 luglio 1960, id., 1961, I, 1033, con nota di D'Orazi Flavoni, cui adde Barbieri, in Foro pad., 1961, I, 788 ; E. G-allo (conservatore dei registri immobiliari di Sanremo), in Riv. notariato, 1961, 424.

* * *

La Corte d'appello di Genova ha cosi motivato : « Osserva il Collegio ehe il Tribunale di Sanremo con la sua decisione emessa in Camera di consiglio, in data 17 aprile-10 maggio 1961,

e contro la quale e stato proposto il p res ent e reclamo, ha re

spinto 1'assunto dell'Isbituto fin. Finance, ritenendo, in aceogli mento della tesi conbraria a quella reclamante e sostenuta dal Conservatore dei registri immobiliari di Sanremo, la iuidoneitä, in linea generale e di principio, dell'estratto notarile del verbale di consiglio di amministrazione di una societa per azioni a conferire mandato al direttore generale della societa stessa o ad un suo procuratore, di prestare un determinate assenso alia cancellazione di una ipoteca.

« Secondo il decreto impugnato, cioe, bene il Conservatore

predetto avrebbe rifiutato la richiesta di cancellazione dell'ipo teca di cui trattasi, in quanto i poteri, attraverso i quali i due

procuratori hanno agito, dovevano risultare da atto pubblico e non da estratto notarile di una deliberazione del consiglio di amministrazione, contenuto nel «libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio della Society stessa ».

« Di tale pronuncia si duole il reclamante e, ad avviso del

Collegio, fondatamente. Invero, accogliendosi, per ipotesi, la

rigorosa tesi del Oonservatore dei registri immobiliari, si ver rebbe a creare una specie di verbale del consiglio di amministra zione a ministero di notaio, forma quest'ultima prevista sola mente per l'assemblea straordinaria dei soci (v. art. 2375, capov., cod. civ.). Naturalmente occorre che la procura sia rilasciata per iscritto (art. 1350 e 1392 cod. civ.) ; ma, come al riguardo ha statuito la Suprema corte (v. la sentenza 7 luglio 1952, n. 2057, Foro it., Rep. 1952, voce Societa, n. 232), l'esigenza di cui all'art. 1392 cit. 6 rispettata anche attraverso il verbale assembleare, che, se regolare, costituisce scrittura privata; e cioe non e neces saria una ulteriore procura se mediante appunto un regolare verbale, l'assemblea di una society abbia conferito ad una per sona l'incarico di compiere un negozio. « La procura invero non avrebbe ragione di essere e sarebbe addirittura un fuor d'opera nel caso in cui l'incaricato (presidente, consigliere delegato, ecc.) appartenga all'ente delegato e che abbia per legge (o per statuto) la rappresentanza di fronte ai terzi». Nella specie, non vi & dubbio, come del resto risulta dai documenti dell'Istituto finanziario allegati al ricorso, che il consiglio di amministrazione del Finance deliberõ, neile forme legali, di consentire la can cellazione dell'ipoteca di cui trattasi (v. in ispecie gli art. 28-29 e 30 dello statuto della Society), come pure e certo che l'assenso del dr. Capperucci e del Morlini, entrambi delegati dal consiglio di amministrazione dell'Istituto medesimo, fu prestato mediante atto pubblico, redatto dal notaio Giovanni Lovisetti da Casal

pusterlengo il 22 giugno 1960, registrato il 6 luglio 1960 al n. 27 vol. 92.

« Ciõ posto, osserva il Collegio che al Conservatore dei re

gistri immobiliari non e consentito nel suo potere di rifiuto di

oltrepassare i limiti stabiliti dall'art. 2674 cod. civile. « In base a tale fondamentale disposizione di legge, il Con

servatore puõ ricusare di ricevere le note ed i titoli se non sono in carattere intelliggibile e non puo riceverli quando il titolo non ha i requisiti stabiliti dagli art. 2657, 2660, 1° comma, 2821, z835 e 2837. Trattasi peraltro di un controllo meramente estrin seco, poiche al Conservatore che non puõ erigersi a giudice non e concesso dalla legge, come si ritiene autorevolmente in dot trina ed in giurisprudenza, di accertare la validita dell'atto da trascrivere, con riguardo cioe ai suoi requisiti intrinseci : anche

perche, addentrandosi in tale controllo ed esame di merito, il Conservatore medesimo potrebbe essere chiamato a risolvere immediatamente (dovendo egli trascrivere con rapiditä. e pron tezza), difficili questioni giuridiche, le quali esigono, per contro, un maturo e ponderato esame.

«Ciõ premesso, osserva il Collegio che il Conservatore dei registri immobiliari non poteva rifiutare l'atto a lui richiesto, avendo il titolo (atto di assenso alia cancellazione di ipoteca a

garenzia di cambiali), tutti i requisiti stabiliti dalla legge (art. 2657).

«Inoltre, anche ammettendosi che il controllo, da parte dello stesso Conservatore, possa estendersi agli atti accessori, non compresi cio& nel contesto del titolo o separati, anche se

integrativi dell'atto principale (ad es. procura, autorizzazione, ecc.), ciõ che peraltro sarebbe in contrasto, come si e ritenuto, con la natura estrinseca del controllo medesimo, il quale per tanto dovrebbe essere limitato al solo titolo, con esclusione di

ogni altro atto che ne integri la validity e la efficacia (Tribunale di Milano 19 luglio 1960, Foro it., 1961, I, 1033) ; anche dunque accedendosi alla predetta opinione, piü estensiva dei poteri di controllo del Conservatore dei registri immobiliari, dovreb besi pur sempre respingere la tesi del Conservatore e, con

seguentemente, accogliere il reclamo in oggetto. Invero, per le consider azioni suesposte, di preminente e fondamentale im

portanza ai fini della decisione, la procura conferita ai Cap perucci e Morlini era, giova ripetere, valida ed efficace, co stituendo l'estratto notarile della deliberazione consiliare, l'atto munito di tutti i requisiti necessari per far fede deH'auten

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1407 PARTE PRIMA 1408

ticitä. della sua provenienza, e quindi della validitä e della effi cacia della dichiarazione di volontä. espressa dall'organo (art. 2388 e 2709 cod. civ. ed art. 28 dello statuto sociale) ».

Lavoro (rapporto cli) — R.a.i.-TV — Contratto di

« serittura artistiea » per un unico programma tele

visivo — Rapporto di lavoro subordinato — Sus

sistenza — Fattispecie (Cod. civ., art. 2094).

Il contratto di «serittura artistiea», con il quale un

attore viene assunto dalla R.a.i.-TV per la partecipazione ad un unico programma televisivo senza ehe gli venga

specificata la parte da sostenere, crea un rapporto di lavoro

subordinato (nella specie, affermata la esistenza di un rap

porto di lavoro subordinato, si e riconosciuto il diritto del

l'artista alio sciopero). (1)

Tribunale di Eoina; sentenza 25 gennaio 1962 ; Pres.

ed est. Facehiano P. ; Valli (Avv. Barenghi) c. R.a.i.-TV

(Avv. Santoro, Greco, Zini, Sequi, Grande Stevens).

(1) Sullo specifico argomento non risultano precedenti editi: per qualche riferimento, v., a proposito degli orchestrali

dell'Angelicum, Trib. Milano 12 febbraio 1962, retro, 1200, con

ampia nota di richiami. Hanno ritenuto ehe la prestazione dell'attore cinemato

grafico ha natura di lavoro subordinato : Trib. Roma 18 di cembre 1958, Foro it., Rep. 1959, voce Lavoro (rapp.), n. 139 ; Cass. 4 giugno 1958, n. 1873, id., Rep. 1958, voce eit., nn. 160, 161 ; Cass. 9 gennaio 1957, n. 32, id., 1957, I, 571, con nota di richiami. In dottrina, esprime la medesima opinione Giannini, Il contratto di serittura delVattore cinematografico, in Riv. dir.

comm., 1958, 222 ; Montanari e Ricciotti, Disciplina giur. della

cinematografia, Firenze, 1953, I, pag. 82, ritengono ehe nella

generalita dei casi l'attivita dell'attore nell'ambito di una impresa cinematografica ponga in essere un rapporto di lavoro subordi nato. Distingue, a seconda della variety delle situazioni, Miglio

ranzi, Natura giuridica delle prestazioni delVattore cinematografico, in Dir. lav., 1955, II, 375.

Sugli elementi ehe distinguono il rapporto di lavoro subordi nato da quello di lavoro auto no mo, cfr. Cass. 29 marzo 1962, n. 659, Foro it., Mass., 195 ; 10 gennaio 1962, n. 10, ibid., 5 ; 8 agosto 1961, n. 1918, id., Rep. 1961, voce Lavoro autonomo, n. 1 ; App. Trieste 23 luglio 1959, id., E-ep. I960, voce eit., n. 6 ; Pret. Genova 9 ottobre 1957, id., Rep. 1958, voce eit., n. 8.

Sulla figura dello sceneggiatore, cui pure si riferisce il Tri

bunale, v. Trib. Roma 11 luglio 1961, retro, 815, con ampia nota di richiami.

♦ * ♦

Il Tribunale ha cosi motivato : « La domanda dell'attrice e diretta all'accertamento giu

diziale dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, ehe e contrastato dalla R.a.i., la quale afferma ehe vi e stato soltanto un rapporto di lavoro autonomo. Taie controversia concerne una particolare fattispecie, relativa alla prestazione di lavoro della Valli, consistente nella partecipazione di costei all'esecuzione di un solo programma televisivo per la trasmis sione del romanzo sceneggiato «Ragazza mia», in cui la

prestazione stessa, qualificata dalla notorietä professionale dell'attrice e dal pregio della sua interpretazione artistiea, era in se di breve durata e si esauriva con 1'esecuzione di quel 1'unico programma televisivo. Orbene, prima dell'esame di ogni altra questione, giova osservare ehe, quale ehe sia la fama o la notorietä di un artista e 1'eccellenza della sua prestazione in uno

spettacolo d'arte o teatrale o cinematografica o radiotelevisiva, non ne rimane per ciö solo escluso il carattere di lavoro subor dinato. L'eminente grado di perfezione intellettuale della pre stazione lavorativa e la misura piu o ineno elevata, delle qualitä o pregi artistiei di un attore od interprete, piü o meno famoso nella sua arte, possono, indubbiamente, influire nello svolgimento del rapporto di lavoro, producendo, talvolta, l'attenuazione del

potere direttivo dell'imprenditore (o del direttore artistico) o del conseguente vincolo gerarchico-disciplinare, ehe siasi sta bilito nel rapporto suddetto ; tale attenuazione e certamente anche tanto piü notevole quanto piü eccelsa sia la personalita dell'artista e quanto piü intellettualmente raffinata sia la colla

borazione di costei nel processo produttivo dell'opera d'arte. Tutto ciõ corrisponde al normale atteggiamento dell'elemento della subordinazione nel rapporto di lavoro, che diviene sempre piii evanescente per i lavoratori collocati nella piu aita sfera del

l'orgaiiizzzazione gerarchica dell'azienda per la loro superiore «qualifica » o per la loro attivita di nature intellettuale o di rettiva. Ma e pur sempre vero, anche in tali casi, che il vincolo di subordinazione, per quanto rimanga piu o meno attenuato, e tuttavia ognora esistente ; esso, in realty, si afferma e si mani festa in vari modi, che comunque denotano quello stato di giuri dica dipendenza del lavoratore, che caratterizza il rapporto di lavoro subordinato, e che essenzialmente si fonda sull'inseri mento del lavoratore nell'organizzazione tecnica od ammini strativa dell'azienda, onde egli risulta un semplice elemento del

l'organizzazione stessa e di lui dispone il datore di lavoro come di uno strumento per gli scopi della sua impresa, avvalendosi

dell'energia lavorativa con i propri mezzi e criteri e nell'esercizio dei suoi poteri direttivi, organizzativi, gerarchici e disciplinari.

« Propriamente di tale stato o rapporto di giuridica dipen denza, nel quale si concreta la subordinazione del lavoratore, si dubita nel caso, che e oggetto di questo giudizio. II dubbio sorge soprattutto per ciö, che l'inserimento del prestatore di lavoro

nell'organismo aziendale, che costituisce il vero fondamento della subordinazione di costui, non e facilmente riconoscibile la, dove

manchi, come effettivamente manca nel caso de quo agitur, quella durata continua di prestazione lavorativa, che deriva dalla parte cipazione dell'artista ad una serie prolungata di programmi o di spettacoli televisivi, allestiti in esecuzione di un vasto e vario

«repertorio » artistico. Nella concreta fattispecie, la prestazione lavorativa della Valli era, in verity, limitata ad un solo e determi nate programma televisivo, che aveva per oggetto un solo ro manzo sceneggiato, gia indicato nel momento della conclusione del contratto, e tale programma doveva essere eseguito in giorni prefissi con la partecipazione della Valli nella qualita di « attrice ». Ciõ risulta dal contratto di «scrittura artistica » (esibito in giu dizio), nel quale e espressamente detto che la Valli e stata « scrit turata in quality di attrice, per partecipare all'esecuzione del

programma televisivo » « Ragazza mia», che avrebbe dovuto essere realizzato nella sede della R.a.i. od in altro luogo dalla stessa R.a.i. prescelto, nei giorni ivi stabiliti. Manca nel con tratto l'indicazione della « parte » assegnata alla Valli in quel programma per la sua interpretazione artistica e nessun ele mento di prova esiste che possa far ritenere accertato il fatto, semplicemente asserito dalla R.a.i., relativo alia predetermina zione contrattuale della « parte » stessa. In difetto, quindi, di

qualsiasi prefissione negoziale circa la « parte » ed il personaggio che la Valli avrebbe dovuto interpretare ed in mancanza anche di un'apposita clausola del contratto che garantisce a costei il diritto all'immutability della « parte » suddetta (che, poi, le fosse stata assegnata), nulla avrebbe mai potuto impedire alia R.a.i. di disporre dell'attivita artistica della Valli nel modo che alia R.a.i. medesima fosse sembrato piu opportuno per il

conseguimento dello scopo della sua impresa, nei limiti, ovvia

mente, del programma televisivo, gia scelto, e della partecipa zione della Valli all'esecuzione di tale programma nella generica qualita di «attrice », risultante dal-contratto. Pertanto, spettava ognora alia R.a.i., anche verso costei, la facoltä di esercitare, nei limiti suddetti, il suo ampio potere organizzativo e direttivo

per la produzione di quell'opera televisiva e ben poteva essa, quindi, esigere dalla prestazione artistica della Valli 1'interpre tazione di una « parte » qualsiasi dell'opera stessa, che fosse co

munque atta ad essere impersonata da una « attrice ». « Ciõ significa che l'oggetto della prestazione artistica della

Valli non era affatto cosi specificamente ed immutabilmente

predeterminato, da escludere in s& l'esistenza di quella generica attivita lavorativa, indistintamente rivolta ad un facere con la mera energia fisica ed intellettuale, che nella locatio oyer arum e tnessa semplicemente a disposizione del datore di lavoro, il quale se ne avvale, come di un informe elemento della sua impresa, plasmandola ed adattandola ai suoi criteri ed ai suoi fini, con

vergent! alia produzione dell'opus da lui voluto. « Certamente, se la prestazione della Valli fosse stata dalla

R.a.i. richiesta per un intero « repertorio » (piu o meno vasto) di programmi televisivi, la numerosa varieta delle opere da in

terpretare avrebbe lasciato all'impresa una piii ampia liberta di disposizione dell'attivita lavorativa dell1 attrice con una mag giore indeterminatezza delle « parti» e dei compiti artistici da

assegnare a costei: ma non si puo nemmeno affermare che il

semplice fatto della partecipazione della Valli ad un solo pro gramma di trasmissione televisiva, con un'unica opera prescelta per la sua esecuzione in un tempo prefisso, basti per se solo ad alterare la natura della prestazione artistica dell'attrice in tal modo che vi possa ravvisare una prestazione di « specie » riferi bile al suo «risultato », anziche una prestazione di « genere » riferibile alia semplice « attivitä od energia lavorativa », col con

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140$ GIÜRISPRÜDENŽA COSTlTÜZlONALE E GIViLfi 1410

seguente riconoscimento giudiziale di un rapporto di lavoro au tonomo, anziche di quello subordinato.

« Non sembra, infatti, che l'intrinseco carattere, autonomo o subordinato, della prestazione di lavoro artistico põssa farsi dipendere dalla mera accidentalitä, della partecipazione dell'ar tista ad uno od a piü programmi televisivi, che attiene soprat tutto alia durata del rapporto di lavoro ; ne, poi, vi e dubbio che la durata, piü o meno lunga, di tale rapporto e della pre stazione lavorativa, che vi e connessa, non sia mai per sd sola decisiva al fine di affermare o di negare l'esistenza del carattere suddetto. La pattuita partecipazione dell'artista ad un unico e prestabilito programma televisivo significa con certezza soltanto che tale opus della R.a.i., al quale avrebbe dovuto servire la prestazione lavorativa della Valli (insieme con quella di altri artisti), era gi& previsto ed esattamente determinato nel mo mento stesso del contratto. Ma la semplice previsione contrat tuale di un certo e concreto opus proprio dell'imprenditore e cioe del singolo «risultato » o dello scopo specifico della sua im presa, che di volta in volta intenda perseguire con la propria organizzazione tecnica ed amministrativa e con la prestazione lavorativa dell'artista, che egli stesso esuma ed indirizzi a quel «risultato » nei modi e con i mezzi o criteri da lui predisposti, non vale affatto a tramutare 1 'opus dell'imprenditore in un opus del lavoratore e ad attribuire a costui la quality di lavoratore autonomo.

« Ciõ che interessa, infatti, al fine di stabilire la differenza del lavoro autonomo dal lavoro subordinato e essenzialmente Vintuitu# o la contemplatio che le parti abbiano avuto, nel mo mento del contratto, del « risultato » proprio dell'opera del la voratore (e di lui solo e non gi& dell'imprenditore), consideran dolo come un opus a s& stante ed in se ben definito, che il lavo ratore stesso offra all'altro contraente (imprenditore o commit tente) con esclusivo riferimento a quel determinato « risultato » prodotto dal proprio lavoro ; o tale lavoro e organizzato e diretto da lui solo (salvi, soltanto, i limiti stabiliti dagli art. 1662 e 2224 cod. civ.) per la realizzazione del proprio opus, nel quale si con solida e si cristallizza il lavoro medesimo e si concreta l'oggetto della volontä- negoziale. A quest'opws del lavoratore, che rimane distinto dall'opus complessivo dell'imprenditore (che tuttavia, l'utilizza) e cioe dal finale e piü ampio «risultato » dell'attivita di costui organizzata alia produzione di un bene o di un servizio, 6 rivolta esclusivamente l'intenzione dei contraenti nel rapporto di lavoro autonomo (locatio operis) e l'imprenditore si limita, in tal caso, a ricevere quel determinato opus, offertogli dal lavora tore nel previsto e concreto «risultato » della sua opera, ed egli non esercita alcuna ingerenza (tranne, soltanto, quel generico potere di controllo attribuitogli dai suddetti art. 1662 e 2224 cod. civ.) nella predisposizione e coordinazione dei mezzi atti al conseguimento dell'opus contemplato nel contratto.

« In tal senso puö ben dirsi che il contratto di lavoro au tonomo & un contratto di « mero risultato » e quello di lavoro subordinato un contratto di « mera attivitä, od energia lavora tiva », purche non si confonda il « risultato proprio dell'opera del lavoratore », che e oggetto del lavoro autonomo, col «risultato

proprio dell'organizzazione tecnica ed amministrativa dell'im

prenditore », che, sia esso noto ed ignoto, determinato ad indeter minato nel momento del contratto, esiste ognora nel rapporto di lavoro subordinato, coinvolgendo in s& la semplice energia del lavoratore.

« Orbene, e propriamente in ciö l'errore della R.a.i., che dalla predeterminazione contrattuale dell' opus della sua impresa (singolo programma televisivo) pretende desumere l'esistenza di una locatio operis. La verity invece, che, nel caso attual mente controverso, le parti contraenti hanno contemplato nella « scrittura artistica » un opus bensi certo e determinato, ma proprio della R.a.i. medesirha e non giä del lavoratore (ossia della Valli) e cioe la realizzazione del programma televisivo riguardante la trasmissione del romanzo sceneggiato « Ragazza mia », alia quale la Valli avrebbe dovuto partecipare come « attrice » senza al cuna preindicazione ed immutability della « parte » o del « per sonaggio » da interpretare ed in coordinata e necessaria collabo rzione con altri artisti, assunti dalla R.a.i. per la produzione di quell'ojms. La prestazione della Valli e stata, cosi, considerata e prevista dai contraenti oltanto in funzione dell'opws stesso della R.a.i., come un elemento inscindibile di esso, del quale l'impresa avrebbe potuto disporre secondo i suoi criteri orga nizzativi e direttivi, e non & stata affatto conteplata in rela zione ad un proprio ed isolato effetto o «risultato » artistico, giä, nettamente in se definito, che potesse essere offerto ed at tuato dalla Valli, nella genuina ed integra originality della crea zione intellettuale di costei, indipendentemente dall'ingerenza direttiva ed organizzativa della R.a.i. per la coordinata esecu zione del suddetto programma televisivo.

<i La Valli non 6 stata chiamata dalla R.a.i. a partecipare

all'esecuzione di quel programma cosi, come avrebbe potuto esservi chiamato (se, in ipotesi, ve ne fosse stato bisogno) un celebre «tenore », come Beniamino Gigli, per cantarvi, nell'inter vallo fra un episodio e l'altro o fra una scena e l'altra della tra smissione televisiva, una sua famosa « romanza», o come avrebbe

potuto esservi chiamato un celebre direttore d'orchestra od un grande « pianista », come Arturo Toscanini o Benedetti Mi

chelangeli, per eseguirvi un «preludio » od un «intermezzo » musicale ; costoro avrebbero dato la «loro » opera, isolata ed isolabile dal resto della trasmissione televisiva e giy individuata, nel momento stesso del contratto, in una nota, caratteristica ed insostituibile interpretazione artistica, esclusivamente da essi elaborata che sarebbe stata la schie'tta e fedele espres sione, anche nei modi e negli effetti emotivi piu minuti, della loro geniale personalita, alia quale nessun direttore tecnico ed artistico della R.a.i. avrebbe mai osato imporre l'osservanza dei

propri criteri, relativi ad una diversa interpretazione ed esecu zione di quell'opera d'arte, canora o musicale. La prestazione della Valli, era, invece, destinata, nella comune intenzione dei

contraenti, ad essere messa semplicemente a disposizione del

l'impresa della R.a.i. nella sua sola e generica natura di attivity artistica, non qualificata nemmeno da una « parte » predeter minata da interpretare, affinche l'impresa stessa se ne servisse

per indirizzarla, nei modi e con i mezzi propri e secondo i propri criteri direttivi ed organizzativi, alia realizzazione del programma televisivo prescelto, in cui la prestazione dell'attrice era intima mente connessa e coordinata a quella di ogni altro artista. L'in

terpretazione del personaggio, che, poi, la Valli avrebbe dovuto

rappresentare (dopo l'assegnazione della « parte », solo succes sivamente fattale dalla R.a.i.), nasceva, cosi, per la prima volta, in seno all'impresa della R.a.i. e vi si sviluppava ed attuava, mo dellandosi in conformity delle disposizioni impartite dalla me desima impresa per il compimento dell'opws proprio della R.a.i. risultante dal complesso meccanismo dell'organizzazione tecnica ed artistica del processo produttivo dell'opera stessa ; in tal modo, la prestazione lavorativa della Valli veniva necessaria mente ad inserirsi in quell'organizzazione come un elemento e strumento del suddetto processo produttivo, inseparabile da esso e dagli altri elementi, soggettivi ed oggettivi, concorrenti all'attuazione della trasmissione televisiva, ai quali la presta zione medesima era funzionalmente ed essenzialmente collegata per il coordinato svolgimento degli episodi del romanzo sceneg giato « Ragazza mia». Per questa fondamentale esigenza di coordinazione delle vicende rappresentate in tale opera e delle varie fasi dell'azione scenica televisiva e delle singole presta zioni artistiche, che avrebbero dovuto svolgervisi congiunta mente, 1'interpretazione della Valli non era n6 poteva essere rimessa alia libera esplicazione delle personali sue facoltä, in tellettive ed espressive, come doveva essere, opportunamente temperata, corretta e guidata, nelle modality stesse della sua

esecuzione, dalla mente direttiva degli organi tecnici dell'im

presa della R.a.i. per essere adattata a quell'esigenza di armo nica coordinazione con tutti gli altri elementi del processo pro duttivo dell'opera della R.a.i., onde veramente scaturisce il

complessivo «risultato » ed effetto artistico televisivo, prefissosi dall'impresa medesima. A tale scopo la Valli era soprattutto vincolata all'obbligo, contrattualmente assunto, di «parteci pare a tutte le prove necessarie per l'effettuazione del programma televisivo », che si sarebbero protratte per un certo tempo fino al 10 aprile 1960 e si sarebbero svolte « esclusivamente nella sede del Centro televisivo della R.a.i. » ed in diverse «fasi» corri

spondenti alle prove «in sala », a quelle « nello studio » ed alle

prove «generali e di trasmissione », per le quali era stabilita la

rigorosa osservanza di orari prefissi dalla Direzione della R.a.i. ed era predisposta una «Direzione artistica», costituita dal

«regista e dallo aiuto-regista ». Costoro, dirigendo l'esecuzione di quelle prove, impartivano tutte le disposizioni e gli insegna menti opportuni, dettando all'attrice (ed agli altri artisti) tutti

gli elementi, essenziali e particolari, attinenti alia conoscenza ed all'interpretazione della « parte » o del «ruolo » artistico af fidato e precisando anche le « sfumature » di dizione, di atteggia menti o di movimenti e stabilendo le eventuali pause dell'atti vity lavorativa ; le prove suddette erano, poi, eseguite anche sotto il controllo degli «assistenti di studio » della R.a.i., i quali vigilavano specialmente circa l'osservanza dell'orario di lavoro, circa la continuity della presenza degli artisti alle prove stesse, e circa le infrazioni, da essi eventualmente commesse, alle norme emanate dalla R.a.i., redigendone appositi « rapporti o relazioni », che trasmettevano alia Direzione amministrativa della medesima R.a.i. per l'applicazione di sanzioni pecuniarie. Tutto ciö ri sulta dal contratto di « scrittura artistica » e dai fatti, formulati dalla Valli per la prova testimoniale, dei quali la R.a.i. ha leal mente ammesso in giudizio la verity, e dimostra con sufficiente certezza la profonda intensity dell'inserimento della prestazione

Il Foro It altano — Volume LXX JV — Parte /-ö 0.

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Page 15: Rivista di Giurisprudenza Costituzionale e Civile

1411 PARTE PRIMA 1412

lavorativa dell'attrice neH'organizzazione tecnica dell'impresa della R.a.i. per la produzione del programmato spettacolo tele visivo.

« Le numerose prove, infatti, alle quali era sottoposta la Valli prima della trasmissione di tale spettacolo comportavano per lei le necessity di adeguare la sua prestazione di layoro al l'esclusivo intento artistico del «regista e dell'aiuto-regista», i quali, facendo conoscere all'attrice tutti gli elementi, essenziali e particolari, dell'interpretazione della « parte » affidatale e sug gerendole tutte le modality, intrinseche ed estrinseche, dell'in

terpretazione stessa, anche quelle piü minute e secondarie, e di

rigendone e controllandone ripetutamente l'esecuzione in con formity dei loro critdri tecnici ed artistici e dell'esigenza di una

complessiva coordinazione di tutte le prestazioni lavorative, sovrapponevano la loro originale personalita a quella dell'in

terprete ed imprimevano alia sostanza ed alia forma dell'inter

pretazione medesima il segno, il modello e la potenza plasma trice della loro concezione creativa.

« J], pertanto, evidente che 14 dove, come nel caso della

Valli, la prestazione di lavoro era rigorosamente assoggettata all'osservanza di quelle particolari modality dell'interpretazione artistica, concretamente delineate dal «regista» e dall'aiuto

regista » nelle varie fasi di esecuzione delle « prove », con tutti

gli adattamenti dell'interpretazione stessa alle esigenze tecniche televisive ed alle sequenze delle scene o dei dialoghi prestabiliti, ove il gesto, la voce, lo sguardo, le espressioni del volto e le mo venze del corpo dell'interprete dovevano atteggiarsi nei modi voluti ed indicati dal « regista » e dall'« aiuto-regista », non rima neva certamente alcuna possibility all'interprete medesimo di

elaborare, con i suoi personali mezzi espressivi, la fisionomia artistica del «suo personaggio » corrispondente alia «sua parte », che egli avrebbe desiderato, altrimenti, realizzare.

«Per questa penetrante ingerenza, direttiva ed organizza tiva, del «regista » e dell'« aiuto-regista » del processo stesso for mativo dell'interpretazione della «parte» affidata alla Valli, e assolutamente inconcepibile qualsiasi comparazione della

opera di costei (indipendentemente dal pregio e dall'eccellenza della sua arte) con una di quelle antiche, caratteristiche e per sonali interpretazioni artistiche (divenute ormai famose), pro dotte esclusivamente dall'originale geniality creativa dell'inter

prete, il quale, assumendo ed incarnando la tipica figura arti stica del «proprio personaggio » da lui elaborato, ne riusciva a fissare il carattere di una precisa immagine, come in una ma

schera, comica o tragica, che, poi, rimaneva, nel ricordo degli spettatori, indissolubilmente legata alia persona medesima di

quel celebre artista. Oosi potrebbe dirsi delle indimenticabili

interpretazioni comiche di Antonio Petito e di Edoardo Scarpetta e di quelle drammatiche di Sarah Bernard, di Eleonora Duse e di Ermete Zacconi, e di altre note interpretazioni teatrali, nelle

quali veramente l'artista, rappresentando scenicamente la sua « parte », dava vita, secondo l'intenzione dell'arte « sua », al« suo »

personaggio e con la propria arte lo creava nel momento stesso in cui egli lo interpretava ; in questo senso l'interprete era per ciõ solo anche l'autore della personale « sua » interpretazione arti

stica, ben definita nel « risultato » comico o drammatico, da lui stesso ideato ed attuato nella figura del proprio personaggio, ispirato in ogni suo atto ed accorgimento mimico dall'interiore sensibility e dalla sovrana ed incisiva personality artistica del

l'interprete medesimo. Questo personaggio l'interprete portava con se sulla scena e di se v'infondeva l'intimo afflato dell'arte e tutto in esso si trasferiva in tal guisa, che la dramatis persona si confondeva con lui e non poteva vivere artisticamente senza di lui; e cosi, per esempio, accadeva che « Scampolo » non potesse essere scenicamente concepita ed interpretata se non da colei, che, come Dina Galli, ne aveva saputo gerere et simul effingere personam creando in essa, con l'estroso suo brio e col vivace slancio emotivo, la « sua » personale interpretazione teatrale e cioe la propria opera d'arte. Era questo Yopus che l'artista ben

poteva, allora, offrire all'imprenditore nel concreto e noto «ri sultato » della propria interpretazione creativa di quel « perso naggio », che egli presentava, nel momento stesso del contratto, all'accettazione dell'imprenditore medesimo ; questi poteva, per cosl dire, gia contemplarne, in quel momento, la fisionomia

artistica, quasi vivamente effigiata in un plastico modello, come

quello che, solo in altro genere d'arte ed in altro tempo, il libero

genio del Cellini riusciva ad offrire del « suo » Perseo all'approva zione del committente, prima ancora che ne eseguisse il magnum opus aeneum.

« Ma questa intrinseca autonomia della prestazione artistica era destinata, poi, ad attenuarsi e, infine, a scomparire con la

progressiva industrializzazione dell'arte dello spettacolo teatrale e cinematografico, che ha comportato la necessity di una com

plessa organizzazione tecnica delle imprese, con la conseguente moltiplicazione e specializzazione delle varie attivity lavorative

occorrenti per la realizzazione delle opere di quell'arte ; alle

prestazioni di lavoro artistico si sono, cosi, aggiunte niolte altre attivity ed operazioni di carattere esclusivamente tecnico ed

organizzativo che, essendo tutte rivolte alia produzione del me desimo opus e dovendo, quindi, essere reciprocamente coordi nate verso tale scopo, hanno reso sempre piü necessaria ed essen ziale l'opera direttiva del «regista » o del « direttore tecnico ed artistico » che quelle prestazioni impiega, coordina e guida con

formandole, secondo i propri criteri, al raggiungimento dello

scopo suddetto. Essendo, pertanto, la prestazione artistica di

qualsiasi interprete, principale o secondario, funzionalmente

collegata alle altre prestazioni di lavoro, anche di natura sol tanto tecnica, e non potendo essere scissa dall'intero processo produttivo dell'opws e dall'organizzazione tecnica ed artistica

predispostavi dal «regista», essa rimane sempre assoggettata all'opera di costui e l'eventuale personalita, o geniality della pre stazione artistica, anche del protagonista, h inevitabilmente

temperata, corretta o deformata dai criteri propri del «regista » e dalle sue disposizioni, suggerite dalle complessive esigenze di coordinazione tecnica ed artistica di quel processo produttivo.

« Tutto ciö non h vero nel caso che concerne la produzione di

un'opera televisiva, dove, anzi, l'organizzazione tecnica dello

spettacolo e maggiormente rigorosa e disci piinata, dovendosi calcolare con estrema meticolosity e preventivamente ogni atto o gesto dell'interprete e dovendosi, altresi, apprestare ogni mezzo 0 strumento tecnico idoneo a fame scaturire, con misurata preci sione, la corrispondente «inquadratura » nell'apposito schermo della televisione. L'artista 6, qui, obbligato, per la necessity stessa della operazioni tecniche televisive, a contenere la sua recitazione nella severa osservanza di quei determinati atteg giamenti e movimenti o spostamenti, totali o parziali, del corpo, imposti dal « regista » per la necessity suddetta, e deve sotto

porsi ad un notevole sforzo mnemonico per adeguare l'interpre tazione della propria « parte » anche a quelle particolari esigenze tecniche, cosi che, per es., la sua mano sia esattamente appog giata nel luogo indicatogli e la sua testa sia rivolta in una dire zione stabilita e la sua persona segua, in diversi momenti, questo o quel preciso movimento che faccia «inquadrare » nello schermo televisivo l'atto od il gestö, giä, studiato e descritto dal « regista » ed eseguito, poi, dall'artista medesimo.

«In tal modo, risulta ancora piü vincolata e compressa la

personalita o la genialita dell'interpretazione artistica che, iso lata da qualsiasi immediata comunicazione espressiva con gli spettatori e svolgentesi in una maniera meno accentuata ed intensa e piü vera e piü moderata e misurata della rappresenta zione teatrale, e per ciö anche piü assiduamente e rigidamente soggetta alia direzione ed al controllo del « regista » e degli altri organi od operatori tecnici, dei quali costui si avvalga per rendere l'interpretazione stessa piü aderente alla realtä- e piü tecnicamente perfetta e corrispondente al «risultato » artistico voluto dalla R.a.i. per il proprio opus.

« ID pertanto, ancor piü evidente, nel caso de quo agitur riguardante la prestazione artistica televisiva, il carattere subor dinate della prestazione medesima, che essenzialmente collegata con ogni altra attivita lavorativa, anche di mera natura tecnica, ed insieme avvinta nello stesso processo produttivo e nello stesso ritmo e rigore di lavoro impressovi, direttamente od indiretta

mente, dall'imprenditore, &, in tal modo, rimasta necessaria mente inserita in tutta la complessa organizzazione, tecnica

predisposta dalla R.a.i. per la produzione del suo opus. « La natura subordinata di tale prestazione e, inoltre, pa

lesata, anche con maggiore nitidezza, dall'esercizio del potere gerarchico-disciplinare, spettante alia R.a.i. verso la Valli. Come infatti õ stato giy detto, durante l'esecuzione delle «prove » del programma televisivo, l'attrice (che non poteva, allora, nemmeno allontanarsi da Roma, essendole ciö espressamente vietato dal contratto di «scrittura» artistica») era sotto

posta alia vigilanza degli «assistenti di studio » della R.a.i., 1 quali controllavano la continuity della presenza degli artisti alle «prove » stesse, l'osservanza dell'orario lavorativo e di tutte le norme o disposizioni impartite dalla R.a.i. per il

regolare svolgimento del lavoro ed accertavano le infrazioni, eventualmente commesse dagli artisti a quelle norme, redi

gendone «rapporti o relazioni», che trasmettevano alia Dire zione amministrativa della R.a.i. Dopo l'esame di tali « rapporti» la medesima Direzione infliggeva a colui che fosse riconosciuto

colpevole di quelle infrazioni un'apposita sanzione pecuniaria, stabilendone essa stessa l'ammontare che era detratto dalla retribuzione « con l'indicazione dell'addebito sulla busta-paga »

(nn. 3 e 6 dei capitoli di prova testimoniale annessi dalla R.a.i.). « Or bene, la natura di questa sanzione & indubbiamente

disciplinare e non puö essere affatto confusa con quella della clausola penale, asserita dalla R.a.i. iD, infatti, innegabile che

l'obbligazione accessoria, la quale sorge dalla clausola penale

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Page 16: Rivista di Giurisprudenza Costituzionale e Civile

1413 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1414

(art. 1382 cod. civ.) per assicurare l'adempimento della obbli

gazione principale, si concreta in una preventiva e «forfettaria»

liquidazione del danno (per rinadempimento della "prior obligatio), che, sebbene sia indipendente dalla prova di tale danno, e tut tavia diretta ognora al risarcimento del danno stesso, contrat tualmente gia liquidato in una misura prestabilita, che ne costi tuisce anche una limitazione (se non sia convenuta la risarci bilita del danno ulteriore).

« La sanzione pecuniaria, che la R.a.i. aveva il potere d'in

fliggere, era, invece, svincolata da qualsiasi tipica funzione risarcitoria del danno, poichä essa era applicata nei casi d'infra zioni a norma di mero comportamento nel lavoro degli artisti

(osservanza dell'orario, ecc.) che non presupponevano necessa riamente per se stesse la produzione di un danno, conseguente alia loro violazione ; tale sanzione era, infatti, prevista nel con tratto stesso di «scrittura artistica » (con l'improprio nome di « penale ») anche per un lieve ritardo dell'artista (non superiore a dieci minuti) rispetto all'orario d'inizio delle « prove » ed anche se esso fosse stato « comunque tale da non pregiudicare l'ordi nato svolgimento » delle « prove » medesime e da non arrecare, quindi, danno alia R.a.i. La sanzione suddetta era, poi, unila teralmente inflitta dalla Direzione amministrativa della R.a.i. in una misura non fissa e contrattualmente predeterminata per ogni specie d'infrazione commessa dal prestatore di lavoro arti

stico, ma (come risulta dal capitolo n. 6 della prova testimoniale, gik menzionata) in una somma di denaro, variabile di volta in volta e discrezionalmente stabilita dalla stessa Direzione in relazione alia gravity dell'infrazione, valutata, nel singolo caso, con un criterio inevitabilmente soggettivo ed unilaterale, non

sempre sindacabile dal lavoratore. «Tutto ciõ, congiunto all'immediatezza esecutiva della

sanzione medesima, che era attuata direttamente dalla R.a.i. con una corrispondente riduzione della retribuzione, automati camente operata con l'indicazione dell'addebito sulla « busta

paga», rivela con chiarezza la natura disciplinare di quella sanzione e il correlativo potere della R.a.i., al quale la Valli era gerarchicamente soggetta, e dirada ogni dubbio circa l'esi stenza del rapporto di lavoro subordinato, che e oggetto di questo giudizio. Deve essere, pertanto, dichiarata la natura subordinata di tale rapporto (confermata, inoltre, dallo stesso comportamento della R.a.i. che ha pagato per l'attrice anche i contributi assicu rativi di previdenza e di assistenza sociale), derivando conse

guentemente da ciö (sia pure in parte) la risoluzione dell'altra

questione, prospettata dalla R.a.i. con la sua domanda ricon

venzionale, in relazione alio sciopero attuato dalla Valli con altri

prestatori di lavoro artistico nei giorni 9 e 10 aprile 1960, stabi liti per una delle « prove finali» e per la trasmissione del pro gramma televisivo « Ragazza mia ».

« II diritto di sciopero e, infatti, garantito dall'art. 40 della

Costituzione in ogni rapporto di lavoro subordinato e, ricono

scendosi, quindi, nel caso de quo l'esistenza di tale rapporto e non essendosi affatto posto in dubbio dalla R.a.i., nella con

creta fattispecie, la sussistenza di alcuno degli elementi, di fatto e di diritto, costitutivi dello sciopero (tranne soltanto quello della natura subordinata del rapporto di lavoro), non si pu6 nemmeno negare la legittimitä, dello sciopero dell'attrice, che

perciõ non &, in alcun modo, imputabile a costei come un fatto illecito o come un colpevole inadempimento contrattuale e non

puõ essere invocato dalla R.a.i. per la risoluzione del contratto

per colpa della Valli. Tuttavia, pur rimanendo legittimamente ine

seguita per effetto dello sciopero la prestazione levorativa, ciö

vale solo ad escludere 1'inadempimento suddetto e la conseguente responsabilitä per danni, ma non attribuisce affatto al lavoratore il diritto al pagamento della retribuzione durante lo sciopero stesso, essendo evidente, per il rapporto di corrispettivitä. esi

stente fra la retribuzione e la prestazione di lavoro, che, se questa sia mancata, non possa di quella giammai pretendersi il paga mento.

« Di ciõ, comunque, non vi e attualmente nemmeno contro

versia tra la Valli e la R.a.i., perchä l'attrice non ha chiesto in

questo giudizio il pagamento della retribuzione, ma la R.a.i.

ne ha fatto oggetto della sua domanda riconvenzionale al solo

fine di un mero accertamento negativo, che, corrispondendo ad

un indubbio interesse dalla R.a.i. (art. 100 cod. proc. civ.) e

dipendendo dallo stesso titolo (rapporto di lavoro subordinato) dedotto in giudizio dalla Valli (art. 36 cod. proc. civ.), 6 proces sualmente ammissibile: su di esso deve, quindi, statuirsi in

conformity di quanto k stato detto. « IS, infine, da osservare che, se non puõ pronunciarsi la

risoluzione del contratto per colpa dell'attrice, non & per ciõ

solo da considerare ancora in vita il rapporto di lavoro di costei,

IS certo, infatti, fra le « parti» medesime e risulta anche dal con

tratto di « scrittura artistica » che il suddetto rapporto & a tempo

determinato (art. 2097 cod. civ.), cessando esso in un dies

espressamente prestabilito nel contratto stesso (nel giorno, cioe della trasmissione televisiva : 10 aprile 1960) ; ne si puõ, inoltre, negare ehe il termine apposto alia durata del contratto sia essenziale, dovendo la prestazione della Valli necessariamente effettuarsi in quel determinato giorno (e non in un altro), perch& l'ordinato ritmo delle programmazioni televisive, rigorosamente legate, nelle loro successive esecuzioni, al tempo prefisso (giorno ed ora) per ciascuna di esse & pubblicamente preannunziato agli spettatori, avrebbe reso inutile per la R.a.i. la prestazione stessa

dopo la scadenza di quel termine. « Orbene, il legittimo esercizio del diritto di sciopero, se

giustifica Finesigibilitä della prestazioni relative alle obbliga zioni principali dei contraenti (lavoro e retribuzione), non puõ eliminare o modificare l'intrinseco contenuto e gli elementi del

contratto, giä concluso, ed ancor meno un elemento negoziale, come quello del termine, che, nel caso de quo, & stato consi derato essenziale nel contratto medesimo. Permanendo, quindi, integro nella sua giuridica efficacia, anche durante lo sciopero, il termine suddetto, esso ha prodotto, con la scadenza del dies

stabilito, e soltanto per tale causa, la cessazione del rapporto di lavoro della Valli.

« La lite 6, in tal modo, definitivamente decisa, e, risul tandone la sostanziale soccombenza della R.a.i., deve essere condannata la stessa R.a.i. a rimborsare alla Valli le spese pro cessuali (art. 91 cod. proc. civ.) da distrarre in favore del difen sore con procura dell'attrice, che ne ha fatto istanza in appli cazione della norma dell'art. 93. La sentenza non puõ essere dichiarata pro v visor iamente esecutiva (art. 282 cod. proc. civile) ».

Titoli di credito — Cambiale — Protesto — Limiti

di orario — Fattispeeie — Applicabilitä (R. d.

14 dicembre 1933 n. 1669, norme sulla cambiale, art. 44, 51 ; cod. proc. civ., art. 147).

E invalido il protesto levato dall'ufficiale procedente senza l'osservanza dei limiti di orario previsti, in materia

di notificazioni, dall'art. 147 cod. proc. civile. (1)

Tribunale di Roma ; sentenza 30 novembre 1961 ; Pres.

Iannaccone P., Est. Grualtieri; Di Martino (Aw. Fazioli) c. Pisani (Aw. Marchi).

(1) Non si rinvengono precedenti in termini. Nel senso che la presentazione degli effetti agli uffici e

negozi, che osservano un orario normale, deve avvenire, per la

regolarita della elevazione del protesto, prima dell'ora di chiusura, vedi Trib. Firenze 2 maggio 1934, Foro it., Rep. 1934, voce Ef

fetto cambiario, n. 253. La dottrina prevalente ritiene che il protesto & valido in

qualsiasi ora del giorno e della notte venga fatto, purchä si tratti delle ore previste per il compimento degli atti giudiziari, salvi gli usi locali, e, in ogni caso, il consenso del protestato, che puõ ratificare l'irregolarit& dell'ora, sia espressamente, sia

implicitamente, adducendo altri motivi per il suo rifiuto. In

tal senso, cfr. Mossa, La cambiale, Milano, 1937, II, pag. 574 ;

Vivante, Trattato di diritto commerciale, Milano, 1929, III, 377 ;

Battaglini, II protesto cambiario, in Banca, borsa, ecc.f 1953,

I, 330. Contra Valeri, Diritto cambiario, Milano, 1938, II, pag.

359 in nota, secondo cui, in mancanza di una nullita legislati vamente sancita, il protesto e valido in qualsiasi ora del giorno e della notte venga levato, e se esso venga levato in un'ora da

considerarsi normale secondo la pratica degli affari, lo stesso,

pur essendo valido, obbliga il risarcimento dei danni, salvo che

il protestato, almeno implicitamente, aderisca alia scelta del

l'ora.

* * *

Il Tribunale ha cosi motivato : « La domanda 6 fondata.

Essa perõ va accolta per ragioni diverse da quelle prospettate dall'istante. Osserva il Collegio che la cambiale in questione,

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Page 17: Rivista di Giurisprudenza Costituzionale e Civile

1415 PARTE PRIMA 1416

contrariamente a quanto sostiene l'attore, era pagabile il 20

giugno 1959, giorno di scadenza, a norma dell'art. 43 legge cambiaria, non a vendo alcuna rilevanza il fatto che tale giorno seadesse di sabato, e poteva pertanto essere protestata, ai sensi dell'art. 51, 3° comma, della legge suddetta, in uno dei due

giorni feriali successivi alia scadenza, ciofe il 22 o il 23 giugno. Senonche, ritiene il Tribunale, anche a volere ammettere, se

guendo la tesi del convenuto, che il notaio Pisani la sera del 22 giugno 1959 effettivamente elevõ protesto contr o il Di Mar tino per il mancato pagamento della cambiale in oggetto, un sif fatto protesto deve ritenersi illegittimo, essendosi il notaio re cato presso l'abitazione dell'istante alle ore 22,30 del predetto giorno per richiedere il pagamento del titolo, circostanza questa che 6 stata riferita dalla signorina di studio del convenuto, Carloni Assunta, indotta come teste dal medesimo notaio, la

quale ebbe ad accompagnare costui nel consueto «giro dei pro testi». Benche la legge cambiaria nulla disponga in ordine all'ora rio da osservarsi per la presentazione della cambiale al debitore

per il pagamento, non v'o dubbio che l'ufficiale procedente, attesa la particolare importanza dell'atto in parola, cui puõ far seguito, in caso di mancato pagamento, l'elevazione del

protesto, debba osservare quei limiti di orario che sono imposti dalla necessity di salvaguardare le elementari esigenze private del cittadino e che, pertanto, debbano trovare applicazione, per analogia, le prescrizioni stabillte dal codice di procedura civile in materia di notificazioni all'art. 147, secondo cui queste non

possono farsi dal 1° ottobre al 31 marzo prima delle 7 e dopo le 19 e dal 1° aprile al 30 settembre prima delle ore 0 e dopo le ore 20.

« Orbene risulta nella fattispecie che il notaio si presentõ all'abitazione del Di Martino due ore e mezza dopo il limite mas simo consentito dalla legge, ciofe quando il portone di casa del debitore era giä, chiuso. Ne il notaio poteva ignorare l'usanza,

vigente nella Citt& di Koma, di chiudere i portoni delle case alle ore 22 ; comunque sarebbe stato opportuno, in tali parti colari circostanze, che egli avesse lasciato un avviso al debitore di passare presso il suo studio l'indomani 23, giorno ancora utile

per la levata del protesto, per versare l'importo della cambiale, in conformity di una prassi seguita da tutti i notai

« Non v'6 dubbio che la illegittimitA in parola, in quanto comporta la nullita del protesto, debba essere rilevata dal giu dice, anche in mancanza di qualsiasi accenno della parte al ri

guardo ; nd puõ revocarsi in dubbio che sia configurabile in

conseguenza, a carico del convenuto, una responsabilit a per i danni subiti dal Di Martino, in conseguenza della inserzione del suo nome nell'elenco dei protesti. La liquidazione di tali danni va rinviata ad altra sede ».

Corte oostituzionale — Arbitrato rituale — Questione d'incostifuzionalit ä — Rimessione alia Corte co

stituzionale — Inaminissibilitä (Costituzione della

Repubblica, art. 25, 102 ; cod. proc. civ., art. 806-831).

Grli arbitri non possono delibare, alio soopo di rimetterne

la cognizione alia Corte oostituzionale, la questione d'inco

stituzionalitä delle norme, contenute nel titolo VIII, libro

IV eod. proo. civ., che regolano l'arbitrato rituale. (1)

Collegio arbitrale per la controversia eredi Rabajoli c. Ratfo e Petrolla (Arbitri: U. Moschini, U. Bassano, G-. Giannerini); ordinanza 23 giugno 1962; Rabajoli c. Raffo e Petrolla.

(1) Non risultano precedent! giurisprudenziali editi. Secondo il Cappelletti, La pregiudizialitd oostituzionale nel

processo civile, Milano, 1957, 71 segg., compete agli arbitri il potere di conoscere incidenter tantum della costituzionalita delle leggi, senza rimetterne la questione all'esame della Corte oostitu zionale. Per il Carnacini, Le questioni di legittimitd oostituzionale nell'arbitrato rituale, in Miv. trim. dir. e proc. civ., 1958, 886-887,

invece, « gli arbitri, dinanzi ai quali sorga la questione d'incostitu zionalitä di una norma, hanno il potere di valutare se la decisione sulla quaestio legitimitatis abbia o no rilevanza per il giudizio a loro affidato ; nell'ipotesi negativa tireranno diritto nel loro cammino e se ne riparlerä, se mai, nella fase d'impugnazione : in

quella negativa dovranno fermarsi sospendendo senz'altro il

procedimento e disponendo che le parti propongano domanda davanti al giudice competente ».

Secondo il Baraldi, La questione di legittimitd costituzionale nelVarbitrato rituale, in Giur. it., 1960, IV, 40 « quando in un giu dizio arbitrate sia sollevata la questione di legittimitä costitu zionale o sia rilevata d'ufficio, ove l'arbitro tale questione ri

tenga rilevante ai fini del decidere, dovrä dichiararsi incompe tente a pronunciare suil'intera controversia sottopostagli e rinun ciare all'incarico ricevuto ».

In senso contrario si e espresso, in dottrina, 1'Andrioli, Lezioni dir. proc. civ., I2, n. 12, secondo il quale «gli arbitri, ove non ritengano manifestamente infondata la questione d'incosti

tuzionalitä, debbono rimetterne la cognizione alia Corte costi tuzionale ».

La questione d'illegittimitä delle norme sull'arbitrato ri tuale e stata rimessa alia Corte costituzionale dal Tribunale di Pisa con ordinanza 27 luglio 1961, retro, 168.

* ♦ *

II Collegio ha cosi motivato : « Premesso che nell'udienza del 12 giugno 1962, fissata per Pespletamento della prova delegata, la difesa della convenuta sollevö formale contestazione di legit timitä costituzionale delle disposizioni di cui al titolo VIII libro IV cod. proc. civ., relative all'arbitrato rituale ; che alia stessa udienza il Collegio dette inizio alla giä richiesta e disposta prova testimoniale, riservandosi di decidere la questione dopo che la difesa attrice, che richiese ed alia quale fu assegnato apposito termine, avesse presentato le poprie deduzioni; che detto termine õ scaduto senza che le deduzioni siano state presentate ; che, pertanto, il Collegio pud e deve risolvere la sollevata contesta zione.

« Considerato che il potere di devoluzione alia Corte costi tuzionale delle questioni di legittimitä costituzionale delle norme del nostro ordinamento spetta soltanto all'«autoritä giurisdi zionale » (art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87) ; che alia rigorosa interpretazione di tale espressione si attiene la stessa Corte costi tuzionale ; che, anche a non ritenere la natura contrattualistica dell'arbitrato, che di per s£ escluderebbe la possibility di attribuire ai collegi arbitrali la qualifica di autoritä giurisdizionali un'auto ravole corrente dottrinale e la giurisprudemza della Cassazione non ravvisano nel procedimento degli arbitri un processo giuris dizionale fino a che non sia intervenuto il decreto di esecutivitä del lodo da parte del pretore (Sez. un. 9 maggio 1956, n. 1505, Foro it., 1956, I, 847) ; che la questione deve essere deoisa dal Col legio con ordinanza (art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87 ; art. 816, ult. comma, cod. proc. civ.) e cio& con provvedimento sul quale non potrebbe intervenire il decreto di esecutivitä del pretore (art. 825 cod. proc. civ.) ; che, d'altronde, la trasmissione alia Corte costituzionale della ordinanza dovrebbe avvenire a mezzo di un

organo, la cancelleria (art. 23 legge 11 marzo 1953), di cui il Col legio arbitrale non dispone ; il che conferma che il Collegio arbi trale non 6 tra le autoritä giurisdizionali cui si riferisce il cit. art. 23.

«Ciõ premesso, il Collegio non si riconosce investito del po tere di devoluzione della questione alia Corte costituzionale ; e, pertanto, non ritiene di poter esaminare se la sollevata contesta zione sia o meno manifestatamente infondata, atteso che dalla delibazione della questione non potrebbe comunque conseguire la devoluzione alia Corte costituzionale ».

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