Rivista di Giurisprudenza Costituzionale e CivileSource: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 4 (1960), pp. 699/700-703/704Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151338 .
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699 PARTE PRIMA 700
È opportuno, preliminarmente, sgomberare il campo dal
richiamo all'art. 19 t. u. 1934, il quale si rivela infecondo di
spunti costruttivi e di riflessi pratici, perchè sposta ma non
risolve il problema, quando, come nella specie, il commissario
straordinario sia di fatto rimasto in carica, dopo la scadenza
del termine, senza che sia intervenuto il controllo sostitutivo
del prefetto. Peraltro, anche in linea di principio, sotto il
profilo logico-giuridico appare errato dedurre l'inappli cabilità della prorogatio dall'applicabilità del controllo
sostitutivo, perchè bisognerebbe, per un verso, dimostrare
che la sostituzione prevista dall'art. 19 t. u. 1934 opera anche nel caso di scadenza del termine della gestione com
missariale, il che è dubbio, ove si pensi che la sostituzione
si risolverebbe, più che in un controllo sull'ente locale,
in un controllo sul potere centrale, alla cui carenza in tal
modo si porrebbe rimedio, e, per l'altro, che la sostituzione
dell'organo precede, dal punto di vista logico, la proroga delle funzioni o, quanto meno, si trova sul suo stesso piano, mentre sembra vero proprio il contrario, perchè il principio della prorogatio, il quale serba automaticamente la conti
nuità nella vita dell'ente pubblico, costituisce logicamente un prius rispetto al potere di controllo del prefetto, il
quale presuppone già che l'amministrazione non sia più in grado di funzionare.
Ciò premesso, ritiene il Pretore che nella specie la per manenza in carica del Commissario straordinario sia legit timata appunto dal principio della prorogatio.
In tema di prorogatio, la norma cui, per la sua più ampia
portata, si fa con maggior frequenza richiamo, è quella contenuta nell'art. 141. u. 1934, il quale, ricalcando l'art. 283
t. u. 1915, dispone che «coloro che sono nominati a tempo a un pubblico ufficio, ancorché sia trascorso il termine pre
fisso, rimangono in carica fino all'insediamento dei succes
sori ». Ora, è pur vero che tale norma appare riferirsi al
l'ipotesi di rinnovamento delle persone che amministrano
la cosa pubblica nell'ambito della ordinaria gestione comu
nale e provinciale, ma ciò non esclude che essa sia nel con
tempo espressione di un principio più generale del nostro
ordinamento, in virtù del quale, non essendo giuridica mente concepibile un arresto, sia pure provvisorio e bre
vissimo, nella vita degli enti pubblici, gli organi degli enti, anche dopo il verificarsi di una causa di cessazione delle
loro funzioni, continuano a esercitare di pieno diritto il
pubblico potere, fino a che non siano sostituiti.
Tale principio si desume dall'intero sistema legislativo, come risulta perspicuamente, oltre che dal citato art. 14
t. u. 1934, dall'art. 61, capov., della Costituzione, per il quale finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti ; dall'art. 8, ult. comma, t. u.
5 aprile 1951 n. 203, che proroga i poteri del sindaco e
della giunta municipale fino alla nomina dei successori ; dall'art. 7, capov., legge 8 marzo 1951 n. 122, che ripete
analoga disposizione per il presidente della giunta provin ciale e per la giunta provinciale ; dall'art. 16, 1° comma,
reg. approv. con decreto 5 febbraio 1891 n. 99, per l'esecu
zione della legge sulle istituzioni di assistenza e benefi
cenza, che ribadisce la permanenza in carica degli ammini
stratori nominati a tempo, sino a che i loro successori
abbiano assunto l'ufficio ; dall'art. 341, capov., t. u. 1934
(corrispondente all'art. 325, capov., t. u. 1915), il quale, con lo stabilire che le persone, nominate per l'esercizio di
speciali funzioni dalla commissione straordinaria o dal
commissario straordinario, durano in carica finché non
vengano regolarmente sostituite dai rispettivi consigli, estende la prorogatio anche agli organi straordinari ; e
ciò a prescindere da tutte le altre numerosissime norme
che, al di là del principio della prorogatio, tendono ad
evitare in ogni modo il verificarsi di fratture nel funzio
namento degli enti sia pubblici che privati (art. 19, 5° com
ma, 193, 194, 1° e 2° comma, 215, 4° comma, 230, 4° com
ma, 231-bis t. u. 1934 ; art. 16, capov., reg. approv. con
decreto 5 febbraio 1891 n. 99 ; art. 2386, 1°, 2° e 4° comma, cod. civ.).
Se dunque la prorogatio è espressione di un principio
generale del nostro ordinamento (in quanto tale applicato dalla più recente giurisprudenza a varie ipotesi di gestioni
straordinarie degli enti pubblici : Cons. Stato, Sez. V, 20 febbraio 1954, n. 171, Foro it., 1954, III, 65; Sez. VI
15 luglio 1952, n. 527, id., Rep. 1952, voce Esposizione ar
tistica, n. 6; Sez. V 16 marzo 1951, n. 174, id., 1951. Ili,
143), deve affermarsene l'applicabilità, per analogia iuris
(art. 12, capov., delle preleggi), a tutti quei casi nei quali, in
mancanza di una espressa previsione legislativa, la realizza zione della eadem ratio si impone con esigenza insopprimi bile rispetto ad ogni altra esigenza ; e che tra tali casi rientri
quello in esame non sembra potersi ragionevolmente dubi
tare. La ricorrenza della eadem, ratio, consistente anche qui nella necessità inderogabile, per ragioni di pubblico interesse,
di non produrre alcuna soluzione di continuità nella vita
dell'ente pubblico, postula anche alla gestione del com
missario straordinario l'applicazione del principio della
prorogatio, senza del quale si determinerebbe una stasi
integrale nell'amministrazione del comune, il che è giuri dicamente inammissibile, su un piano assoluto.
Vero è che la cessazione della carica per scadenza del
termine si atteggia diversamente nell'àmbito della gestione ordinaria e di quella straordinaria, perchè nel primo caso
essa mira al rinnovamento delle persone che amministrano
la cosa pubblica, onde mantenere intatta l'armonia e l'affi
nità tra esse e la volontà popolare di cui sono espressione, mentre nel secondo caso è volta a garantire la libertà e
l'autarchia dell'ente pubblico ; ma nel conflitto tra il
principio della continuità della vita e del funzionamento
dell'ente pubblico e quello dell'autarchia dell'ente stesso, non è dubbio che debba ugualmente prevalere il primo ed essere compresso il secondo, perchè quello attiere
all'assistenza, questo ad un modo di essere dell'ente ; sì
che in tal caso il richiamo compiuto dalla Società C.o.l.e.
al principio dell'autarchia e al mezzo tecnico che lo garan tisce (perentorietà del termine di scadenza della gestione
commissariale), si risolve nel contempo, con un processo
logico palesemente errato, nella negazione del presupposto di quel principio, che è costituito dalla vita e dalla vitalità
dell'ente pubblico. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
Rivista ili fiioripdenzii Costituzionale e Civile
Agricoltura — Riiorma siyraria Determinazione
«lei valore dei fornii espropriati Dati catastali
al 15 novembre 194!) — Fattispecie (Costituzione della Repubblica, art. 76 ; legge 21 ottobre 1950 n. 841,
espropriazione, bonifica, trasformazione e assegnazione dei terreni ai contadini, art. 4).
Contrastano con gli art. 76 della Costituzione e 4 legge 21 ottobre 1950 n. 841 (e, pertanto, la Corte costituzionale ne dichiara l'incostituzionalità) i decreti presidenziali 19
novembre 1952 n. 2308 e 27 dicembre 1952 n. 3480 di
trasferimento di immobili rustici per l'attuazione della riforma agraria, nei quali sono state poste, a base del
calcolo della proprietà, variazioni in aumento di dati cata
stali, clie l'Ufficio tecnico erariale aveva disposto a far
tempo da data posteriore al 15 novembre 1949. (1)
(1) Nel senso che determinante sia la data del 15 novembre
1949, cons. Corte cost. 25 maggio 1957, n. 81, Foro it., 1957, I, 928, con nota di richiami.
* * *
La Corte costituzionale ha così motivato : « La soluzione della questione della legittimità costituzionale
dei due decreti del Presidente della Repubblica del 19 novembre
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Corte Costituzionale; sentenza 30 marzo 1960, n. 17; Pres. Azzariti P., Rei. Ambrosini ; Mirabella (Avv. Stel la) c. Sezione speciale per la riforma fondiaria presso l'Ente per lo sviluppo della occupazione e trasformazione fondia ria in Puglia e Lucania (Avv. dello Stato Agro).
1952 n. 2308 e del 27 dicembre 1952 n. 3480, con i quali venne disposto l'esproprio di ettari 45.24,02 facenti parte della proprietà terriera della Mirabella Maria Consiglia, dipende dal valore che deve attribuirsi al provvedimento con cui l'Ufficio tecnico era riale dispose, con nota n. 24 del 15 marzo 1950, riguardo ai redditi dei terreni della Mirabella, delle variazioni in diminu zione da valere al 1° gennaio 1949 e delle variazioni in aumento da valere al 1° gennaio del 1950.
« In particolare si tratta di stabilire se tali variazioni cata stali siano, e fino a che punto, da considerare per stabilire, in base all'art. 4 legge 21 ottobre 1950 n. 841, la consistenza dei terreni della Mirabella alla data del 15 novembre 1949.
« Sui dati di fatto riferentisi agli accertamenti in diminu zione ed in aumento eseguiti con l'unico provvedimento del 15 marzo 1950 dall'Ufficio tecnico erariale, alla relativa diversa data della loro entrata in vigore ed agli altri dati tecnici corre lativi, non vi è alcuna questione tra le parti ; le quali invece di scordano per quanto riguarda l'applicazione dell'art. 4 legge 21 ottobre 1950 n. 841, e cioè in ordine al problema su quali basi debba fondarsi il calcolo del reddito della proprietà Mira bella, ai fini di stabilire se e quanta parte di essa sia suscet tibile di esproprio ai sensi del suddetto art. 4.
« L'Avvocatura generale dello Stato sostiene pregiudizial mente, pur senza formulare espressamente alcuna eccezione di inammissibilità, la carenza di interesse della Mirabella a solle vare la questione di legittimità costituzionale dei due decreti presidenziali, perchè l'espropriazione avrebbe dovuto farsi sui dati catastali preesistenti alle variazioni disposte col provvedi mento dell'Ufficio tecnico erariale del 15 marzo 1950, talché la Mirabella avrebbe dovuto subire un esproprio superiore a
quello che effettivamente ha subito, in base al computo dei dati catastali disposti con le variazioni suddette.
« Ma, a prescindere dal rilievo che l'esame dell'interesse ad agire rientrava nella competenza del Tribunale di Taranto, che in effetti lo ha compiuto, è da osservare che la questione di legittimità costituzionale dei due decreti di esproprio va decisa con riferimento ai dati che i decreti stessi hanno concretamente tenuto presenti, e cioè i dati risultanti dalle variazioni in dimi nuzione ed in aumento eseguiti dall'Ufficio tecnico erariale con l'unico provvedimento del 15 marzo 1950.
« L'Avvocatura generale dello Stato sostiene subordina tamente, passando al merito della questione, che per accertare la consistenza terriera della Mirabella a termine dell'art. 4 legge 21 ottobre 1950 n. 841, bisognava (come fu fatto nel piano e nei due decreti di esproprio) porre a base dei calcoli entrambe le variazioni, sia in diminuzione sia in aumento, che erano state
disposte con l'unico provvedimento del 15 marzo 1950 e che
riguardavano modificazioni colturali evidentemente preesistenti alla data del 15 novembre 1949, fissata dal legislatore con l'art. 4
legge n. 841 come termine di riferimento per la determinazione della consistenza catastale dei terreni assoggettabili ad esproprio.
« Ma anche questa tesi appare alla Corte infondata. « L'art. 4 legge n. 841 dispone che nei territori considerati
dalla legge, la proprietà terriera deve essere presa in esame « nella sua consistenza al 15 novembre 1949 ».
« Orbene, le variazioni in aumento del reddito riguardanti diverse particelle dei terreni della Mirabella furono disposte dall'Ufficio tecnico erariale nel marzo 1950 e con efficienza dal 1° gennaio dello stesso anno, con éfficacia cioè posteriore al 15 novembre 1949, data che dall'art. 4 legge n. 841 è fissata come data di riferimento invalicabile agli effetti della determinazione della consistenza dei terreni soggetti ad esproprio.
« Le variazioni in aumento suddette non potevano quindi essere prese in considerazione per stabilire quale fosse stata la consistenza dei terreni della Mirabella alla data del 15 novem bre 1949. Giustamente invece furono prese in considerazione le variazioni in diminuzione, sia pur deliberate dall'Ufficio tecnico erariale con lo stesso provvedimento del 15 marzo 1950, di altre
particelle della proprietà Mirabella, perchè la decorrenza di
queste variazioni in diminuzione fu disposta con effetto dal 1° gennaio 1949, cioè prima della data invalicabile del 15 novembre dello stesso anno fissata dall'art. 4 legge n. 841.
« Né si dica che le variazioni in discussione hanno soltanto un effetto fiscale, giacché esse sono in realtà determinanti ai fini del classamento della proprietà terriera.
« È opportuno aggiungere che le suddette variazioni in dimi
Successione Coiiiiijjr superstite usufruttuario (li una
quota dell'asse — Qualifica di erede — Insussistenza — Conseguenza (Cod. civ., art. 581, 588 ; cod. proc. civ., art. 110)
Il coniuge superstite, il quale concorra coi figli legittimi nella successione ab intestato e quindi abbia l'usufrutto di una quota dell'asse!, non è erede ma legatario ex lege, e
quindi non può proseguire il giudizio intentato dal de funto. (1)
nuzione furono stabilite in seguito ad una istanza di verificazione straordinaria dei dati catastali che la Mirabella aveva presentato prima del 15 novembre 1949, e precisamente il 22 giugno 1949.
« Nè vale richiamare la norma dell'ult. capov. dell'art. 6 della stessa legge n. 841, per sostenere che la Mirabella non • avrebbe potuto ricorrere contro i dati catastali, perchè tale norma riguarda i ricorsi contro i dati assunti dal piano di espropriazione e non le domande di revisione previste in via generale dal diritto comune, quale nel caso in esame l'istanza di revisione presentata dalla Mirabella il 22 giugno 1949, quando cioè non esisteva non solo alcun piano di espropriazione, ma nemmeno la stessa legge di scorporo che porta la data del 21 ottobre 1950.
«In base alla norma dell'art. 4 legge n. 841, il reddito glo bale della proprietà terriera della Mirabella al 15 novembre 1949 andava determinato tenendo conto delle suddette varia zioni in diminuzione e non anche di quelle in aumento.
« I due decreti presidenziali impugnati hanno preso a base
per il computo del reddito della proprietà della Mirabella anche
quelle variazioni in aumento, che, siccome si è detto avanti, non
potevano considerarsi come dati per il classamento della proprietà al 15 novembre 1949, e pertanto sono viziati di illegittimità costituzionale per avere ecceduto dai limiti della delega, di cui all'art. 4 legge 21 ottobre 1950 n. 841.
« Per questi motivi, dichiara l'illegittimità costituzionale dei decreti del Presidente della Repubblica del 19 novembre 1952 n. 2308 e del 27 dicembre 1952 n. 3480 in relazione all'art. 4 della legge 21 ottobre 1950 n. §41 ed in riferimento all'art. 76 della Costituzione, in quanto hanno posto a base del calcolo della
proprietà le variazioni in aumento disposte dall'Ufficio tecnico erariale con provvedimento del 15 marzo 1950 ».
(1) Nel senso che il coniuge superstite usufruttuario non è
erede, ma legatario, vedi App. Milano 4 aprile 1958, Foro it., Rep. 1958, voce Successione, n. 169 ; App. Firenze 18 luglio 1957, id., Rep. 1957, voce cit., n. 178 ; App. Catanzaro 22 gennaio 1955, id., Rep. 1956, voce cit., n. 148 ; e 4 febbraio 1955, ibid., n. 153 ; App. Lecce 15 aprile 1955, id., Rep. 1955, voce cit., n. 132 e le sentenze citate nella motivazione : Cass. 10 luglio 1952, id., Rep. 1952, voce cit., n. 130 ; 21 agosto 1952, id., 1953, I, 333, con nota di richiami ; e 23 ottobre 1948, id., Rep. 1948, voce cit., n. 107.
In generale, nel senso che il lascito di usufrutto non attri buisce la qualità di erede, vedi Cass. 22 settembre 1955, id., 1956, I, 193, con nota di richiami.
Nel senso che il coniuge superstite usufruttuario può agire o contraddire nel giudizio diretto a far dichiarare la simulazione di un negozio traslativo compiuto dal defunto, vedi Cass. 14 feb braio 1958, id., Rep. 1958, voce cit., n. 261.
Nel senso che il coniuge superstite usufruttuario non può domandare la risoluzione, per sopravvenuta onerosità eccessiva della prestazione, di una vendita conclusa dal defunto, v. Cass. 21 agosto 1952, cit. E nel senso che egli non possa esercitare o
proseguire le azioni spettanti al defunto, v. Cass. 23 ottobre
1948, cit.
* * *
La Corte motiva così : « Il resistente ha eccepito, in linea pregiudiziale, l'inammis
sibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva della ricor rente Trisi Maria.
« L'eccezione è fondata. « È pacifico, in fatto : — che il Mattozzi Antonio è deceduto
ab intestato il 15 febbraio 1958 lasciando a sè superstiti, oltre la
coniuge Trisi Maria, i figli Ezio Alfonso ed Elder nonché il
nipote, ex lilia premorta, Appicciutoli Vincenzo ; — che l'Appic ciutoli, minore, ha accettato con benéficio d'inventario l'eredità
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PARTE PRIMA
Corte Suprema di Cassazione ; Seziono III civile ; sen
tenza 9 gennaio 1960, n. 6; Pres. Verzì P., Est. De Biasi, P. M. Toro (conci, conf.) ; Trisi (Avv. Petrone) c. Comune
di Atri (Atv. De Pompeis).
(Conferma A-pp. L'Aquila 24 ottobre 1957)
Invalidi di guerra, reduci e invalidi del lavoro —
Assunzione obbligatoria dei mutilati e invalidi del
lavoro nelle imprese private — Incostituzionalità
della normativa — Questione non manifestamente
infondata (Costituzione della Repubblica, art. 38 ; d.
legisl. 3 ottobre 1947 n. 1222, ratificato con legge 9
aprile 1953 n. 292, assunzione di mutilati e invalidi del
lavoro nelle imprese private).
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi la cognizione alla Corte costituzionale) la questione d'in
costituzionalità del decreto legisl. 3 ottobre 1947 n. 1222
(ratificato con legge 9 aprile 1953 n. 292), che disciplina l'assunzione obbligatoria dei mutilati e invalidi del lavoro nelle imprese private, per il contrasto che si assume sussi
stere tra detta normativa e l'art. 38 della Costituzione. (1)
Corte d'appello di Genova ; ordinanza 10 ottobre 1959 ; Pres. Grossi P. ; Unione italiana tramvie elettriche c. Zi
nolli e altri.
Previdenza sociale Indennità di disoccupazione e
sussidio straordinario — Divieto di cumulo con
del de cuius ; — che con formale e solenne dichiarazione resa il 4 maggio 1958 al notaio Raffaele Severini, di Pescara, i signori Mattozzi Ezio Alfonso ed Elder hanno rinunciato all'eredità
paterna. « È certo altresì in diritto : — che il coniuge superstite,
concorrendo con figli legittimi nella succèssione ab intestato, non può considerarsi erede del de cuius, bensì semplice legatario ex lege (Cass. n. 2715 del 21 agosto 1952, Foro it., 1953, I, 333 ; n. 2121 del 10 luglio 1952, id., Rep. 1952, voce Successione, n. 130 ; n. 1701 del 23 ottobre 1948, id., Rep. 1948, voce cit., n. 107) ; — che, in caso di rinuncia di un erede, il diritto di accre scimento opera a favore dei coeredi e non anche dei legatari ; — che al coniuge superstite, infine, quale legatario ex lege, non si trasmettono le azioni contrattuali, a carattere personale, di
spettanza del de cuius anche se dall'esperimento di esse il coniuge medesimo possa trarre vantaggi indiretti e riflessi (Cass. n. 2715 del 21 agosto 1952, cit.).
« Ne consegue che, nella specie, la Trisi Maria, coniuge super stite di Mattozzi Antonio, concorrendo con l'erede legittimo Appicciutoli Vincenzo — la cui quota ereditaria si è accresciuta
per effetto della rinuncia dei due zii coeredi, Elder ed Ezio Alfonso — deve considerarsi semplice legataria ex lege rispetto alla suc cessione ab intestato del de cuius e, come tale, priva della titolarità del diritto di proseguire un'azione giudiziaria attinente a rapporti obbligatori (rapporto di cessione in uso di un teatro) già di spet tanza del medesimo de cuius ed ora esclusivamente dell'erede universale.
« Donde l'inammissibilità, per difetto di legittimazione attiva del ricorso in esame (art. 110 cod. proc. civ.) ».
(1) Il testo dell'ordinanza è riprodotto su Le Leggi, 1960, 60. I vari aspetti dell'assunzione obbligatoria dei mutilati e
invalidi del lavoro sono stati esaminati dalla Cassazione con sent. 20 luglio e 1° ottobre 1955 e 26 aprile 1956, ripr. In Foro it., 1956, I, 1658, con ampia nota di richiami ; nel senso che il d. legis lativo del 1947 si applica anche alla impresa concessionaria di
pubblici servizi : App. Genova 16 maggio 1958, id., Rep. 1958, voce Invalidi di guerra, ecc., n. 21.
V., a proposito dell'imponibile di manodopera nell'agricol tura, Corte cost. 30 dicembre 1958, n. 78 (id., 1959, I, 9, con nota di richiami), che ha dichiarato l'illegittimità del decreto legislativo 16 settembre 1947 n. 929.
trattamento «li pensione Incostituzionalità «Iella
normativa — Questione non manifestamente infon
data (Costituzione della Repubblica, art. 76, 77 ; 1. 4
aprile 1952 n. 218, riordinamento delle pensioni dell'as
sicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e
i superstiti, art. 37 ; d. pres. 26 aprile 1957 n. 818,
norme di attuazione e di coordinamento della 1. 4
aprile 1952 n. 218, art. 32, ult. comma).
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi la cognizione alla Corte costituzionale) la questione d'in
costituzionalità dell'art. 32, ult. comma, decreto pres. 26
aprile 1957 n. 818, per il quale l'indennità di disoccupazione e il sussidio straordinario non spettano per i periodi per i
quali è percepito un trattamento di pensione, tranne il
caso che si tratti di pensione di guerra, per l'eccesso della,
delega prevista con l'art. 37 della legge 4 aprile 1952 n. 218, che si assume inficiare detta norma. (1)
Tribunale di Reggio Emilia; ordinanza 31 dicembre
1959 ; Pres. Marinelli P. ; lotti c. I.n.p.s.
Previdenza sociale — Assicurazione invali«Iità —
Contribuii figurativi — Presupposto del minimo
contributo — incostituzionalità della normativa —
Questione non manifestamente infondata (R. d. 1.
4 ottobre 1935 n. 1827, previdenza sociale, art. 56 ; 1. 4 aprile 1956 n. 218, riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vec
chiaia e i superstiti, art. 4; d. pres. 26 aprile 1957
n. 818, norme di attuazione e di coordinamento della
1. 4 aprile 1952 n. 218, art. 10, 11).
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi la cognizione alla Corte costituzionale) la questione d'in
costituzionalità degli art. 10 e 11 decreto pres. 26 aprile 1957 n. 818, che si assume sorgere da ciò che dette norme, introducendo il presupposto di un minimo contributo agli effetti del riconoscimento dei contributi figurativi, eccede
rebbero dai limiti segnati, in tema di assicurazione obbliga toria per la vecchiaia, nell'art. 56 r. decreto legge 4 ottobre
1935 n. 1827. (2)
Tribunale di Catanzaro ; ordinanza 28 ottobre 1959 ; Pres. Pettinato P., Rei. Arena ; Lamorea c. I.n.p.s.
(1) Il testo dell'ordinanza è riprodotto su Le Leggi, I960, 282 ; la questione d'incostituzionalità dell'ultimo comma del l'art. 37 è stata rimessa dal Tribunale della Spezia, con ordi nanza 24 aprile 1958 (Foro it., 1959, I, 164, con nota di richiami), alla Corte costituzionale, che ha restituito a quel Tribunale
gli atti con ordinanza 6 luglio 1959 (Le Leggi, 1959, 574) ; nonché con ordinanze 27 gennaio 1959 del Tribunale di Macerata, 30
aprile 1959 del Tribunale di Brescia e 7 aprile 1959 del Tribunale di Massa (Le Leggi, 1959, 328, 842, 844).
(2) Il testo dell'ordinanza è riprodotto su Le Leggi, 1060, 184 ; la stessa questione d'incostituzionalità è stata rimessa alla Corte costituzionale dal Tribunale di Genova con ordinanza 26 ottobre 1959 (retro, 352, con nota di richiami).
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