+ All Categories
Home > Documents > Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile

Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile

Date post: 27-Jan-2017
Category:
Upload: duongdung
View: 215 times
Download: 1 times
Share this document with a friend
5
Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 11 (NOVEMBRE 1987), pp. 3193/3194-3199/3200 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179148 . Accessed: 28/06/2014 08:20 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.167 on Sat, 28 Jun 2014 08:20:35 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript

Rivista di giurisprudenza costituzionale e civileSource: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 11 (NOVEMBRE 1987), pp. 3193/3194-3199/3200Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179148 .

Accessed: 28/06/2014 08:20

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 141.101.201.167 on Sat, 28 Jun 2014 08:20:35 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

fini dell'applicazione della norma di cui è discorso deve avvenire

con criteri diversi e autonomi rispetto a quelli da seguire nel caso

di domanda volta a invalidare gli effetti del protesto sui diritti

sostanziali e processuali del portatore e degli eventuali giratari del titolo.

Compiuto cosi questo incidentale accertamento il giudicante deve

limitarsi a disapplicare — tanquam non esset — ogni provvedi

mento, in qualsiasi forma emesso, dalla C.C.I.A.A. di Forlì vol

to alla pubblicazione del protesto elevato il 30 maggio 1986 nei

confronti di Nadia Mengozzi e, conclusivamente, a dichiarare che

essa Mengozzi ha diritto alla non pubblicazione di quel protesto. Nessun altro provvedimento gli è consentito emettere, e ciò in

base al fondamentale precetto di cui all'art. 4 1. a.c.; neppure la conferma dell'ordine emesso ex art. 700 c.p.c. perché tale «con

ferma» verrebbe a dare alla sentenza un inammissibile contenuto

ordinatorio. Sul punto osserva ancora che il citato provvedimen to cautelare deve ritenersi legittimamente emanato in quanto in

tervenuto in luogo del provvedimento di cancellazione (del nome

del debitore) di competenza del presidente del tribunale, onde

deve presumersi che esso non ebbe a incidere su alcun atto ammi

nistrativo della C.C.I.A.A. di Forlì. Ora l'accertamento del dirit

to della Mengozzi alla non pubblicazione del protesto comporta

l'obbligo di essa C.C.I.A.A. di conformarsi al presente giudicato e non sembri ultronea (pur trattandosi di precetto di legge: art.

5 1. a.c.) una formale declaratoria in tal senso. (Omissis)

PRETURA DI PUTIGNANO; sentenza 1° aprile 1987; Giud.

Giorgio; Sportelli (Avv. Di Cagno) c. Soc. Dalena (Avv. Po

lignano).

PRETURA DI PUTIGNANO; ri i.ii: / a r\. /

Lavoro (rapporto) — Lavoratrice madre — Licenziamento du

rante il primo anno di vita del figlio — Nullità (Cost., art.

37; cod. civ., art. 1418; 1. 30 dicembre 1971 n. 1204, tutela

delle lavoratrici madri, art. 2).

Il licenziamento della lavoratrice madre effettuato prima della sca

denza del termine di un anno della nascita del bambino è nullo

e non inefficace sino al maturarsi della scadenza stessa. (1)

Motivi della decisione. — La domanda è fondata e merita ac

coglimento limitatamente alla doglianza specificata sub 4) in pre messa. Invero, l'art. 2 1. n. 1204/71 sancisce tassativamente —

a pena di nullità — il divieto di licenziamento delle lavoratrici

madri fino al compimento di un anno di età del bambino. Orbe

ne, come risulta pacificamente dagli atti processuali, la Sportelli ha partorito un bambino in data 8 agosto 1985; sicché, sino alla

data dell'8 agosto 1986, essa non poteva essere licenziata. In ar

gomento, il procuratore della ditta resistente ha affermato che

l'efficacia del licenziamento intimato alla Sportelli era stata espres

samente fissata per il 9 agosto 1986 alla luce dei principi fissati

in alcune sentenze della Suprema corte, laddove è stata affermato

da «il licenziamento delle lavoratrici gestanti effettuato in viola

zione dell'art. 2 della 1. n. 1204/71 non è affetto da nullità asso

luta, ma è inefficace limitatamente al periodo rispetto al quale

il diritto stesso è operativo (Cass. 11 dicembre 1982, n. 6806,

Foro it., Rep. 1982, voce Lavoro (rapporto) n. 1794; 14 dicembre

1981, n. 6611, ibid., n. 1797; 27 marzo 1985, id., Rep. 1985,

voce cit., n. 2115). Detta tesi non può essere seguita, come è

stato ritenuto in una recente pronuncia (invero minoritaria) della

Suprema corte (Cass. 14 luglio 1984, n. 4144, id., Rep. 1984,

voce cit., n. 2044) e da alcuni giudici di merito (tra gli altri: Pret.

Napoli 21 gennaio 1978, id., Rep. 1979, voce cit., n. 1134; Pret.

(1) La sentenza si discosta consapevolmente dall'indirizzo di legittimità

maggioritario, di cui dà completa documentazione alla quale si rinvia.

Come pure ci si rifà alla decisione stessa per quel che concerne i richiami

della conforme giurisprudenza di legittimità (la sola Cass. 4144/84 ivi

citata, che, in ragione della nullità del recesso, ha ritenuto inapplicabile alla relativa impugnazione il termine di decadenza di cui all'art. 6 1. 604

del 1966, ma che non pare avere piena consapevolezza del problema deci

so dal Pretore di Putignano) e di merito.

Cass. 11 dicembre 1982, n. 6806, richiamata in sentenza, è annotata

da M. Papaleoni, in Giusi, civ., 1983, I, 2029, e Cass. 14 luglio 1984, n. 4144, cit., da G. Mammone, id., 1984, I, 3282.

Il Foro Italiano — 1987.

Como 23 giugno 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 2342; Trib.

Milano 20 aprile 1982 (id., Rep. 1982, voce cit., n. 1803). Infatti

l'interpretazione letterale (a mente dell'art. 12, 1° comma, disp.

prel. c.c.) dell'art. 2 1. n. 1204/71 non può non comportare una

conclusione: durante il periodo espressamente predeterminato dal

legislatore, il licenziamento è «nullo», ossia è afflitto da un vizio

originario radicale intrinseco di legittimità e come tale è insuscet

tibile di produrre effetti giuridici (in applicazione del principio del quod nullum est, nullum producit effectum). Come è stato

rilevato in dottrina, il legislatore ha introdotto in favore della

lavoratrice madre una speciale garanzia (anche penalmente tute

lata: art. 31) di conservazione del posto, che consenta alla madre

di provvedere con la necessaria tranquillità alla cura propria e

del bambino, al fine di impedire l'alterazione dell'equilibrio psico fisico della donna e contribuire efficacemente allo svolgimento

fisiologico normale della gestazione e dell'allattamento. La nor

mativa in questione si colloca come concreta attuazione — a li

vello di legislazione ordinaria — dell'art. 37 Cost, ed essendo

di natura imperativa ex art. 1418 c.c., comporta la preclusione

temporanea per il datore di lavoro di licenziare la lavoratrice ma

dre (in proposito: Cass. 14 luglio 1984, n. 4144, cit.). Solo allo

spirare del citato lasso di tempo, il potere di recesso del datore

di lavoro si riespande pienamente. Certamente si tratta di una

disciplina particolarmente rigida e suscettibile di comportare (co me è stato rilevato in dottrina) la vanificazione — a scapito di

altri lavoratori — degli altri criteri utilizzabili per l'individuazio

ne del personale da licenziare (nell'ambito delle procedure relati

ve ad un licenziamento collettivo per riduzione di personale), con

la conseguente emersione di una situazione di possibile discrimi

nazione alla rovescia.

Pur tuttavia — com'è stato rilevato in una recentissima senten

za della Suprema corte (Cass. 16 gennaio 1987, n. 351, id., Mass.,

64) la legittimità del recesso va valutata con riferimento al mo

mento in cui l'atto è stato intimato e non a quello successivo

in cui si realizzano gli effetti. La facoltà di licenziamento può essere esercitata soltanto ove — nello stesso momento — sussista

no tutti i requisiti previsti dal legislatore per il suo esercizio; sic

ché, la contestuale mancanza (di uno) degli stessi (come appunto è avvenuto nel caso di specie, a mente dell'art. 2 1. n. 1204/71) determina la illegittimità del recesso, dovendosi, al riguardo, fare

riferimento — come già detto — esclusivamente al momento del

la manifestazione di volontà e non al successivo momento in cui

si realizzano gli effetti oggettivi della manifestazione stessa.

(Omissis)

Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile

Legge, decreto e regolamento — Referendum — Reati elettorali — Fattispecie applicabili alla raccolta di firme per richiesta di

referendum — Questioni manifestamente inammissibili di co

stituzionalità (Cost., art. 3; d.p.r. 30 marzo 1957 n. 361, t.u.

delle leggi recanti norme per l'elezione della camera dei deputa

ti, art. 100; d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, t.u. delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni

comunali, art. 100; 1. 25 maggio 1970 n. 352, norme sui refe

rendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo, art. 51).

Sono manifestamente inammissibili, per carenza assoluta di mo

tivazione sulla loro rilevanza, le questioni di legittimità costitu

zionale, in riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 51, 2° comma,

1. n. 352 del 1970, laddove non contempla l'applicazione delle

sanzioni contro chi falsifica, altera, sostituisce, distrugge atti o

documentazioni elettorali (sanzioni previste dal 2° comma del

l'art. 100 del d.p.r. n. 361 del 1957) quando tali fatti riguardino

le firme relative a richiesta di referendum; e, conseguentemente,

laddove non estende all'azione penale per tali reati il termine di

prescrizione di due anni, previsto dal 2° comma dell'art. 100 d.p.r.

n. 570 del 1960. (1)

Corte costituzionale; ordinanza 23 aprile 1987, n. 151 (Gazzet

ta ufficiale, la serie speciale, 6 maggio 1987, n. 19); Pres.

This content downloaded from 141.101.201.167 on Sat, 28 Jun 2014 08:20:35 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

3195 PARTE PRIMA 3196

La Pergola, Rei. Corasaniti; Cocozza e altri. Ord. Trib. Bergamo 7 settembre 1983 (G. U., la serie speciale, n. 39 del 1986).

(1) L'ordinanza di rimessione Trib. Bergamo 7 settembre 1983 si legge in Giur. costit., 1986, II, 2, 940.

Le questioni che la corte non ha affrontato nel merito, in quanto le

ha ritenute manifestamente inammissibili per difetto assoluto di motiva

zione circa la loro rilevanza, sono nuove.

L'art. 51, 2° comma, 1. n. 352 del 1970 richiama espressamente soltan

to alcune ipotesi di reati elettorali — previste dagli art. 96, 97, 98 d.p.r. n. 361 del 1957 — suscettibili di essere estese al procedimento di raccolta

delle firme necessarie per l'indizione di un referendum (o per la valida

presentazione di una proposta di legge da parte di cinquantamila eletto

ri). Si tratta, in particolare, di quelle attività (di privati, di pubblici uffi

ciali o di altri soggetti a questi assimilati) volte a coartare, con violenza

o corruzione, la libera manifestazione di volontà degli elettori nelle varie

fasi del procedimento elettorale (dalla sottoscrizione per la presentazione di liste o candidature fino all'espressione del voto).

L'art. 51, 2° comma, 1. n. 352 del 1970 nella sostanza stabilisce dunque che debbano essere comminate le sanzioni contemplate dalle norme appe na menzionate anche nel caso di pressioni indebite indirizzate a influen

zare la spontanea adesione a iniziative di democrazia diretta.

Viceversa, la 1. n. 352 del 1970 omette di richiamare altre fattispecie di reato considerate dal d.p.r. n. 361 del 1957 (e, specificatamente, dal

2° comma dell'art. 100), che pur potrebbero ragionevolmente trovare ap

plicazione — con i relativi risvolti processuali — nel corso dell 'iter refe

rendario, quali la falsificazione, alterazione, distruzione, ecc. di atti o

materiale ad esso afferenti.

In generale sui reati elettorali si veda recentemente A. Frassini, Reati

elettorali, voce del Novissimo digesto, appendice, Torino, 1986, VI, 316

ss. Sull'esigenza di meglio garantire le operazioni di raccolta delle firme

per la richiesta di referendum, cfr. M. Stipo, Garanzie di certezza e veri

dicità in tema di autenticazione di firme, con particolare riferimento al

l'esame di legittimità delle richieste referendarie, in Riv. amm., 1986, 555.

Sulle, ormai frequentatissime, ordinanze della Corte costituzionale che dichiarano la manifesta inammissibilità di questioni di legittimità costitu zionale per carenza di motivazione, quanto alla loro rilevanza nel proces so a quo, la dottrina è, complessivamente, alquanto critica. Si veda: M.

Luciani, Le decisioni processuali e la logica del giudizio costituzionale

incidentale, Padova, 1984, passim, spec. 251 ss., nonché L. Carlassare, Le decisioni di inammissibilità e di manifesta infondatezza della Corte

costituzionale, in Foro it., 1986, V, 293.

* * *

L'ordinanza è cosi motivata: Ritenuto che nel corso del procedimento penale contro Cocozza Sabino ed altri il g. i. presso il Tribunale di Ber

gamo, con ordinanza emessa il 7 settembre 1983 e pervenuta alla Corte costituzionale il 19 giugno 1986 (r.o. n. 494/86) ha sollevato, su istanza di parte, questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3

Cost.: 1) dell'art. 51, 2° comma, 1. 25 maggio 1970 n. 352 (norme inte

grative sui referendum), nella parte in cui non prevede che le sanzioni

previste dall'art. 100, 2° comma, d.p.r. 30 marzo 1957 n. 361 (t.u. delle

leggi recanti norme per l'elezione della camera dei deputati), si applicano anche quando i fatti contemplati in tale norma riguardino le firme per richiesta di referendum; 2) in via conseguenziale, dell'art. 51 della suindi cata 1. n. 352/70 (come modificato a seguito dell'accoglimento della pri ma eccezione), nella parte in cui non prevede che per i reati ivi menzionati si applichi il termine prescrizionale di cui all'art. 100, 2° comma, d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570 (t.u. delle leggi per la composizione e la elezione

degli organi delle amministrazioni comunali), sempre in riferimento al l'art. 3 Cost.

Che è intervenuto il presidente del consiglio dei ministri, rappresentato dall'avvocatura dello Stato, eccependo l'inammissibilità o, in subordine, l'infondatezza della questione.

Considerato che l'ordinanza omette, in relazione ad entrambe le que stioni, fra loro strettamente collegate, qualsiasi riferimento alla fattispe cie dedotta in giudizio, ed è quindi carente in modo assoluto di motivazione sulla rilevanza delle questioni stesse;

che, pertanto, per costante giurisprudenza di questa corte, entrambe le questioni devono essere dichiarate manifestamente inammissibili;

visti gli art. 26, 2° comma, 1. n. 87 del 1953 e 9, 2° comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara manifestamente inam missibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 51 1. 25 maggio 1970 n. 352, come sollevate, in riferimento all'art. 3 Cost., dal giudice istruttore presso il Tribunale di Bergamo con l'ordinanza indicata in

epigrafe.

Il Foro Italiano — 1987.

Libertà personale dell'imputato — Mandato di cattura — Rigetto dell'istanza di revoca — Impugnabilità da parte dell'imputato — Mancata previsione — Questione manifestamente inammis

sibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 24; cod. proc. pen., art.

260).

È manifestamente inammissibile la questione di legittimità co

stituzionale dell'art. 260 c.p.p., nella parte in cui non riconosce

all'imputato il diritto di proporre appello avverso l'ordinanza del

giudice istruttore con la quale è stata respinta l'istanza di revoca

del mandato di cattura, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost. (1)

Corte costituzionale; ordinanza 28 novembre 1986, n. 252 (Gaz

zetta ufficiale, la serie speciale, 3 dicembre 1986, n. 57); Pres.

La Pergola, Rei. Conso; Laudani. Ord. Cass. 16 dicembre 1985

(G.U., la serie speciale, n. 34 del 1986).

(1) La questione di legittimità costituzionale, oggetto dell'ordinanza,

riguardava l'art. 260 c.p.p. nella parte in cui non prevede l'appellabilità da parte dell'imputato del provvedimento del giudice istruttore con il quale è stata respinta l'istanza di revoca del mandato di cattura.

La Corte costituzionale, dopo avere rilevato di avere dichiarato, con la sentenza n. 110 del 1986 (Foro it., 1987, I, 1709, con nota di richiami), illegittimo, per violazione degli art. 3 e 24 Cost., l'art. 263, 2° comma,

c.p.p. nella parte in cui non riconosce all'imputato il diritto di proporre appello avverso l'ordinanza che rigetta l'istanza di revoca del mandato di cattura, ha dichiarato inammissibile la questione in quanto «la norma denunciata più non consente l'applicazione ipotizzata e censurata dal giu dice a quo», richiamando altresì, per analoga soluzione, altre sue prece denti decisioni (v. ord. n. 200 del 1984, Foro it.. Rep. 1985, voce

Fallimento, n. 260; n. 95 del 1983, id., Rep. 1983, voce cit., n. 251; n. 235 del 1982, ibid., voce Sanitario, n. 216).

Sulla sentenza costituzionale n. 110 del 1986 cfr., anche, Giarda, Am messa l'appellabilità del provvedimento di rigetto dell'istanza di revoca del mandato o dell'ordine di cattura, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1986, 923; Spinelli, L'ordinanza di reiezione dell'istanza di revoca del manda to di cattura: un nuovo provvedimento appellabile dall'imputato, in Legis lazione pen., 1986, 596.

* # *

La sentenza è cosi motivata: Ritenuto che la Corte di cassazione, con ordinanza del 16 dicembre 1985, ha denunciato, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., l'illegittimità dell'art. 260 c.p.p., «nella parte in cui non riconosce all'imputato il diritto di proporre appello contro l'ordinanza del giudice istruttore con la quale è stata respinta l'istanza di revoca del mandato di cattura»;

considerato che questa corte con sentenza n. 110 del 1986 (Foro it., 1987, I, 1709) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 263, 2°

comma, c.p.p. (sia nel «testo sostituito in forza dell'art. 6 1. 12 agosto 1982 n. 532», sia nel «testo sostituito in forza dell'art. 18 1. 28 luglio 1984, n. 398»), «nella parte in cui non riconosce all'imputato il diritto di proporre appello contro l'ordinanza che rigetta l'istanza di revoca del mandato di cattura»;

e che, quindi, la norma denunciata più non consente l'applicazione ipotizzata e censurata dal giudice a quo (v. ordinanze n. 200 del 1984, id., Rep. 1985, voce Fallimento, n. 260; n. 95 del 1983, id., Rep. 1983, voce cit., n. 251; n. 5 del 1983, ibid., voce Sanitario, n. 217; n. 235 del 1982, ibid.,n. 216).

Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2° comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manifesta inam missibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 260 c.p.p., sollevata, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., con l'ordinanza in epigrafe.

Trasporto marittimo e aereo, noleggio e locazione di nave e di

aeromobili — Trasporto marittimo — Mancata dichiarazione

del valore della merce caricata — Responsabilità civile del vet

tore — Limite di duecentomila lire per unità di carico — Que stione non manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 42; cod. nav., art. 423).

Non è manifestamente infondata la questione di legittimità co

stituzionale dell'art. 423, 1° comma, c. nav., nella parte in cui, in mancanza di dichiarazione del valore della merce caricata, pre vede che il risarcimento dovuto dal vettore non può, per ciascuna

unità di carico, essere superiore a lire duecentomila, in riferimen

to agli art. 3 e 42 Cost. (1)

This content downloaded from 141.101.201.167 on Sat, 28 Jun 2014 08:20:35 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Corte d'appello di Catania; ordinanza 15 maggio 1986 (Gazz■

uff., la serie speciale, 19 novembre 1986, n. 54); Soc. Traghetti delle isole Eolie c. Cerra ed altro.

(1) La Corte d'appello di Catania ha sollevato la presente questione di costituzionalità, in qualità di giudice di rinvio, a seguito dell'interpre tazione fornita, nell'ambito dello stesso giudizio, da Cass. 26 luglio 1983, n. 5121 (Foro it., Rep. 1983, voce Trasporto marittimo, n. 36), la quale ha ritenuto che la responsabilità del vettore ha natura contrattuale e deve escludersi ogni possibilità di concorso dell'azione contrattuale con l'azio ne risarcitoria aquiliana, la quale è esperibile solo dai terzi estranei al

rapporto di trasporto e non dal creditore della prestazione contrattuale. Nel senso che il limite di lire duecentomila per unità di carico va rivalu

tato, in via equitativa, in modo da tener conto della perdita del potere di acquisto della moneta, dal momento del verificarsi del danno al mo mento della decisione, v. Trib. Genova 14 febbraio 1976, id., Rep. 1977, voce cit., n. 48.

Per l'affermazione secondo cui la notorietà del valore del carico non

equivale a dichiarazione di valore all'imbarco e non esclude quindi l'ap plicazione del limite di risarcimento, v. Trib. Trieste 26 maggio 1975, id., Rep. 1976, voce cit., n. 56.

Sul significato del termine «unità di carico» contenuto nell'art. 423, 1° comma, c. nav., v. App. Palermo 14 aprile 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 53; Cass. 18 ottobre 1982, n. 5409, id., Rep. 1983, voce

cit., n. 31, commentata da Grigoli, in Giust. civ., 1983, I, 128; App. Messina 25 gennaio 1980, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 41, commen tata da Lopez De Gonzalo, in Dir. maritt., 1980, 632; Trib. Genova 14 febbraio 1976, cit.

Nel senso che il limite del debito del vettore stabilito dall'art. 423 c. nav. non è operante nel caso di danno imputabile a colpa grave del co

mandante, v. Trib. Napoli 18 novembre 1983, Foro it., Rep. 1985, voce

cit., n. 81; contra App. Messina 25 gennaio 1980, cit. In tema di responsabilità civile in caso di trasporto aereo e terrestre,

v., da ultimo, rispettivamente, App. Roma 24 settembre 1986, id., 1987, I, 1585, con nota di richiami, e Cass. 16 dicembre 1986, n. 7532, ibid., 1093, con nota di richiami. In dottrina, sui limiti di responsabilità del vettore per il trasporto marittimo di cose, cfr. Tullio, in Riv. dir. navig., 1970, II, 202; Di Giandomenico, in Giur. it., 1981, IV, 152; Lopez De

Gonzalo, Rossello, Spasiano, in Dir. maritt., 1986, 611, 605 e 598.

Giornalista — Provvedimento disciplinare inflitto dal consiglio dell'ordine — Ricorso al tribunale — Composizione dell'orga no giudicante — Questione non manifestamente infondata di

costituzionalità (Cost., art. 108; 1. 3 febbraio 1963 n. 69, ordi

namento della professione di giornalista, art. 63).

Non è manifestamente infondata la questione di legittimità co

stituzionale dell'art. 63 1. 3 febbraio 1963 n. 69, nella parte in

cui prevede che presso il tribunale, che decide sui ricorsi avverso

le sanzioni disciplinari inflitte dal consiglio dell'ordine dei gior

nalisti, il collegio debba essere integrato da un giornalista profes sionista e da un giornalista pubblicista, nominati in numero doppio all'inizio dell'anno giudiziario dal presidente della corte d'appello su designazione del consiglio nazionale dell'ordine, in riferimento

all'art. 108 Cost. (1)

Tribunale di Milano; ordinanza 9 maggio 1986 (Gazz. uff, la

serie speciale, 22 ottobre 1986, n. 50); Di Bella c. Consiglio na

zionale dei giornalisti.

(1) Il tribunale osserva come, alla stregua di tale meccanismo di com

posizione del collegio giudicante, i «membri laici» dello stesso appaiono individuati proprio da una delle parti del giudizio (la resistente, consiglio nazionale dell'ordine) la cui decisione è oggetto dell'impugnativa che il

collegio è chiamato a decidere. L'ordinanza è commentata da Danovi, Imparzialità e indipendenza de

gli organi disciplinari professionali, in Giust. civ., 1986, I, 2560.

Nel senso che, nel procedimento giurisdizionale previsto dall'art. 63

1. 69/63, il consiglio dell'ordine regionale ha qualità di contraddittore

necessario, in quanto destinatario della pretesa del privato e della senten

za del tribunale che l'accolga, v. Cass. 9 marzo 1982, n. 1496, Foro it.,

Rep. 1982, voce Giornalista, n. 12.

Sul procedimento giurisdizionale di cui all'art. 63 1. 69/63, v., da ulti

mo, Cass. 25 maggio 1985, n. 3184, id., 1985, I, 2919, con nota di richia

mi, la quale ha escluso la legittimazione del consiglio regionale dell'ordine

a proporre reclamo all'autorità giudiziaria avverso le deliberazioni del

consiglio nazionale dell'ordine.

Il Foro Italiano — 1987 — Parte I-207.

Credito fondiario — Dichiarazione di fallimento del debitore —

Possibilità dell'istituto di credito fondiario di proseguire l'azio

ne esecutiva individuale — Questione non manifestamente in

fondata di costituzionalità (Cost., art. 3; r.d. 16 luglio 1905

n. 646, t.u. sul credito fondiario, art. 42).

Non è manifestamente infondata la questione di legittimità co

stituzionale dell'art. 42, 2° comma, r.d. 16 luglio 1905 n. 646, nella parte in cui consente agli istituti esercenti il credito fondia

rio di proseguire l'azione esecutiva individuale iniziata sui beni

ipotecati a loro favore anche dopo la dichiarazione di fallimento

del debitore mutuatario, in riferimento all'art. 3, 1° comma, Cost. (1)

Tribunale di Alessandria; ordinanza 4 marzo 1986 (Gazz■ uff., la serie speciale, 6 agosto 1986, n. 39); Fall. soc. Cantele c. Isti

tuto bancario S. Paolo di Torino ed altri.

(1) 11 tribunale, fondandosi sulla decisione 3 agosto 1976, n. 211 (Foro it., 1976, I, 2059, con nota di richiami), con cui la Corte costituzionale ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità dell'art. 42, 2°

comma, r.d. 646/1905, ne chiede espressamente il riesame, domandando alla corte di considerare non soltanto «la speciale situazione di tutela del meccanismo del credito ma anche la particolare situazione che deter minano il fallimento e le sue regole fondamentali, prima fra tutte quelle secondo cui anche i crediti garantiti da ipoteca devono comunque passare al vaglio critico del giudice delegato e le istanze di autorizzazione alla vendita sono sottoposte a determinate modalità e condizioni.

«In ultima analisi non si denuncia il fatto che l'istituto fondiario di credito abbia la possibilità di pervenire nel modo più agevole e sollecito alla relazione del credito e di far fronte alla esigenza primaria del buon funzionamento del meccanismo del credito, bensì che tale possibilità sia

automatica, stabilita ex lege, e non soggiaccia alle verifiche necessarie in sede fallimentare al pari di ogni altro credito e di ogni altra procedura precedentemente iniziata, in vista della tutela complessiva della massa fal limentare e degli interessi di tutti i creditori».

Sulla legittimità dell'azione esecutiva individuale da parte dell'istituto di credito fondiario, anche successivamente alla dichiarazione di fallimento del debitore, v. Trib. Vicenza (due) 20 novembre 1985, id., Rep. 1986, voce Credito fondiario, nn. 6, 9, commentate da Seccia, in Nuova giur. civ., 1986, I, 416 e da Cantele, in Fallimento, 1986, 785; App. Bologna 21 maggio 1985, Foro it., Rep. 1986, voce Fallimento, n. 316; Cass. 30

gennaio 1985, n. 582, id., 1985, I, 1722, con nota di richiami e osserva zioni di G. Costantino.

In ordine al problema relativo al regime degli interessi spettanti agli istituti di credito fondiario, in caso di fallimento del mutuatario, v., da

ultimo, Cass. 3 dicembre 1986, n. 7148, id., 1987, I, 39, con nota di richiami e osservazioni di G. Silvestri e 6 novembre 1986, n. 6487, ibid., 459, con nota di richiami, la quale ha altresì ritenuto estensibile la previ sione dell'art. 42, 2° comma, r.d. 646/1905 all'ipotesi di concordato pre ventivo.

Sanità pubblica — Vaccinazione antipolio — Obbligo dei genito ri di sottoporre i figli minori — Mancata previsione dell'obie

zione di coscienza — Questione non manifestamente infondata

di costituzionalità (Cost., art. 32; 1. 4 febbraio 1966 n. 51, ob

bligatorietà della vaccinazione antipoliomelitica, art. 1, 3).

Non è manifestamente infondata la questione di legittimità co

stituzionale degli art. 1 e 3 1. 4 febbraio 1966 n. 51, nella parte in cui, stabilendo l'obbligo dei genitori di sottoporre i propri figli minori alla vaccinazione antipolio, non prevedono l'obiezione di

coscienza, in riferimento all'art. 32, 2° comma, Cost. (1)

Pretura di Torino; ordinanza 19 maggio 1987 (Gazz. uff, la

serie speciale, 2 settembre 1987, n. 36); Giud. Bonchard; Migne

co ed altra c. Regione Piemonte.

(1) Riguardo a identica questione di costituzionalità, Corte cost. 31

maggio 1983, n. 142 (Foro it., 1983, I, 2656, con nota di richiami e

osservazioni di Parodi Giusino) ha restituito gli atti al giudice a quo

per il riesame della rilevanza, a seguito dell'entrata in vigore della 1. 689/81.

Altra questione di costituzionalità in tema di vaccinazioni obbligatoria è stata sollevata da Pret. Orvieto, ord. 13 luglio 1978 (id., Rep. 1979, voce Sanità pubblica, n. 95), la quale, relativamente all'obbligo di rivac

cinazione contro il vaiolo, nella considerazione che il relativo virus non

è più pericoloso in quanto non è più diffuso e che il vaccino può compor

This content downloaded from 141.101.201.167 on Sat, 28 Jun 2014 08:20:35 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

3199 PARTE PRIMA 3200

tare gravi complicazioni per la salute e la vita di chi vi è sottoposto, sostiene che la rivaccinazione obbligatoria non solo non è più indispensa bile per la tutela della salute collettiva ed individuale, ma è anzi assai

pericolosa per la salute dell'obbligato. La questione è stata superata dal l'intervento del legislatore; infatti dopo che l'art. 1 d.l. 19 giugno 1979 n. 210, convertito in 1. 8 agosto 1979 n. 356, aveva prorogato per altri due anni (ossia fino al 5 luglio 1981) la sospensione dell'obbligo della

prima vaccinazione antivaiolo, la 1. 6 agosto 1981 n. 457, di conversione in legge del d.l. 26 giugno 1981 n. 334, ha abrogato l'art. 266 t.u. leggi sanitarie concernente l'obbligo della vaccinazione e della rivaccinazione antivaiolosa.

La dottrina assolutamente prevalente concorda nel ritenere che, per la legittimità di un trattamento sanitario obbligatorio è richiesto che que sto sia contemporaneamente diretto a tutela della salute individuale e col lettiva e che sia garantito attraverso l'applicazione di sanzioni indirette, dovendosi escludere la possibilità di una esecuzione coattiva in forma

specifica (cfr., tra gli altri, Mortati, La tutela della salute nella Costitu

zione italiana (1961), in Raccolta di scritti, Giuffré, Milano, 1972, 439-441; Mantovani, I trapianti e la sperimentazione umana nel diritto italiano e straniero, Cedam, Padova, 1974, 211 ss.; Luciani, in Dir. e società, 1980, 780-782; Barni, Dell'Osso, Martini, in Riv. it. medicina legale, 1981, 31 ss.; D'Alessio, in Dir. e società, 1981, 536 ss.; Modugno, id., 1982, 309 ss.; Crisafulli, ibid., 560 ss.; Perlingieri, in Rass. dir. civ., 1982, 1043 ss.; Barni, Mantovani, Trattamenti sanitari tra libertà e do

verosità, Jovene, Napoli, 1983, 145 ss. e 159 ss.; Pezzini, in Dir. e socie

tà, 1983, 28 ss.; Dooliotti, in Giur. it., 1984, IV, 4-5; Barile, Diritti dell'uomo e libertà fondamentali, Il Mulino, Bologna, 1984, 385 ss.

Sul tema specifico delle vaccinazioni obbligatorie, v. Vincenzi Amato, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, Zanichelli -

11 Foro italiano, Bologna-Roma, 1976, 187 ss., sub art. 32, 2° comma; Panunzio, Trattamenti sanitari obbligatori e Costituzione (a proposito della disciplina delle vaccinazioni'), in Dir. e società, 1979, 875 ss.; D'Ad dino Serravalle, Atti di disposizione del corpo e tutela della persona umana, Ed. scientifiche italiane, Napoli, 1983, 204 ss.; Parodi Giusino, Trattamenti sanitari obbligatori, libertà di coscienza e rispetto della per sona umana, in Foro it., 1983, I, 2656 ss.

Procedimento civile — Sospensione del processo — Fattispecie

(Disp. sulla legge in generale, art. 12; disp. att. cod. proc. civ., art. 129 bis).

L'art. 129 bis disp. att. c.p.c., che faculta il giudice di primo

grado a sospendere l'istruzione su istanza della parte interessata

qualora sia stato proposto ricorso per cassazione contro la sen

tenza d'appello che abbia riformato una sentenza non definitiva, trova applicazione, ai sensi dell'art. 12, 2° comma, disp. sulla

legge in generale, anche nel caso in cui il ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello di riforma della non definitiva di

primo grado non sia stato ancora proposto per non essere stata

depositata la motivazione della sentenza di riforma. (1)

Pretura di Molfetta; decreto 11 luglio 1985; Giud. Cirillo; An dreula c. Fermar.

(1) Non constano precedenti editi in termini.

Peraltro, nel senso che le ipotesi di sospensione previste nel nostro or dinamento sono eccezionali e tipiche, non suscettibili di applicazione ana logica, v., in giurisprudenza, Cass. 23 febbraio 1981, n. 1093, Foro it., 1981, I, 1986. Nello stesso senso v. in dottrina Andrioli, Diritto proces suale civile, Jovene, Napoli, 1979, I, 966; Satta, Commentario del codi ce di procedura civile, Vallardi, Milano, 1959, II, 1, 389 s.; Liebman, Manuale di diritto processuale civile, Giuffrè, Milano, 1981, II, 193; A. Proto Pisani, Sulla sospensione necessaria del processo civile, in Foro it., 1969, I, 2517; Cipriani, Il regolamento di giurisdizione, Jovene, Na poli, 1977, 109; Id., Le sospensioni del processo civile per pregiudizialità (contributo a! coordinamento degli artt. 295 e 337, 2° comma, c.p.c.), in Riv. dir. proc., 1984, 239 ss.; Furno, La sospensione del processo esecutivo, Giuffrè, Milano, 1956, 4; Calvosa, Sospensione del processo civile (di cognizione), voce del Novissimo digesto, Utet, Torino, 1962, Vili, 954; Anselmi Blass, Un corollario aberrante dell'interpretazione restrittiva dell'art. 295 c.p.c., in Giur. it., 1960, I, 1, 552 ss.; nonché, da ultimo, Trisorio Liuzzi, La sospensione de! processo civile, Jovene, Napoli, 1987, 111 s.

Sulla sospensione prevista dall'art. 129 bis disp. att. c.p.c., v. Cerino Canova, Le impugnazioni civili. Struttura e funzione, Cedam, Padova, 1973, 457; Id., Dell'appello avverso le sentenze non definitive, in Riv. dir. proc., 1985, 817 ss.; Consolo, Impugnazione immediata di una sen tenza non definitiva e proseguimento del giudizio di primo grado, in Riv. dir. civ., 1979, II, 586 ss.; Maccarrone, Profili sistematici dell'effetto espansivo esterno della sentenza di riforma, Giuffrè, Milano, 1983, 71 ss.; Trisorio Liuzzi, La sospensione, cit., 299 ss.

Il Foro Italiano — 1987.

Sul fenomeno della sospensione, cfr., inoltre L. Montesano, La so

spensione per dipendenza di cause civili e l'efficacia dell'accertamento

contenuto nella sentenza, in Riv. dir. proc., 1983, 385 ss.; Id., Questioni e cause pregiudiziali nella cognizione ordinaria del c.p.c.. relazione al

XVI convegno della Associazione italiana per gli studiosi del processo civile; nonché la nota di A. Proto Pisani, Pregiudizialità e ragionevole durata dei processi civili, in Foro it., 1981, I, 1065 ss.

* * *

Il decreto è cosi motivato: Premesso — che, con la mera lettura del dispositivo in udienza, «la sentenza

di appello è esecutiva di diritto, quale che ne sia il contenuto e quale che sia la parte vittoriosa» (v. art. 337, 1° comma, 431, 2° comma, 438, 2° comma, c.p.c.);

— che la sentenza di appello «quando riforma una sentenza di primo

grado emessa in favore del lavoratore, le toglie immediatamente ogni ef

ficacia»; — che la sentenza non definitiva di primo grado datata 8 luglio 1983,

avendo limitato la sua pronunzia all'accertamento del diritto ed alla con

danna generica ed avendo riservato al prosieguo dell'istruzione probato ria la quantificazione delle spettanze dei ricorrenti, esorbita dalle previsioni dell'art. 336, 2° comma, c.p.c.;

— che, l'art. 279, ultimo comma, c.p.c. non può trovare applicazione nel caso di specie, poiché il Tribunale di Trani si è spogliato della cogni zione della controversia con la lettura in udienza del dispositivo della sentenza datata 31 gennaio 1985, che ha integralmente riformato la sen tenza non definitiva di primo grado datata 8 luglio 1983;

— che la predetta sentenza di secondo grado, pur immediatamente ef

ficace, non è ancora passata in giudicato non essendone stata depositata la motivazione;

— che, agli effetti impeditivi del passaggio in giudicato di tale senten za di secondo grado, la situazione esistente nella fattispecie è equiparabile a quella della proposizione del ricorso per cassazione delineata dall'art. 129 bis disp. att. c.p.c.;

— che quest'ultima norma pone un principio suscettibile di estensione al fine di porre rimedio, con la sospensione del giudizio di primo grado, a tutte le situazioni nelle quali sussistono ragioni ostative alla formazione del giudicato sulla sentenza di secondo grado che abbia riformato quella non definitiva di primo grado;

— che le esigenze di economia processuale e di corretta amministrazio ne della giustizia, poste dal legislatore a fondamento dell'art. 129 bis

disp. att. c.p.c., militano per l'applicazione di tale norma al caso di spe cie, avuto riguardo all'art. 12, 2° comma, disp. prel. c.c.;

— che la parte interessata a richiedere la sospensione del giudizio può essere individuata in qualsiasi soggetto processuale che possa lamentare un pregiudizio attuale o futuro derivante dalla perdurante incertezza sui

presupposti logico-giuridici della prosecuzione dell'attività processuale in

primo grado; — che le forme per la eventuale riassunzione del giudizio saranno sem

pre e comunque quelle prescritte dall'art. 125 disp. att. c.p.c. e che il termine semestrale decorrerà dalla comunicazione del deposito della mo tivazione della sentenza emessa dal Tribunale di Trani il 31 maggio 1985 ovvero dalla comunicazione della sentenza di accoglimento dell'eventuale ricorso per cassazione;

— che, perdurando legittimamente la sospensione del giudizio, ogni deduzione istruttoria appare improponibile;

— che il presente decreto riveste, comunque, una portata chiarificatri ce ed integratrice dell'ordinanza emessa all'udienza del 5 luglio 1985;

per questi motivi, respinge l'istanza depositata dai ricorrenti l'8 luglio 1985 e conferma la sospensione del giudizio sino al passaggio in giudicato della sentenza emessa dal Tribunale di Trani il 31 gennaio 1985, ovvero sino alla definizione del giudizio di cassazione in caso di eventuale ricorso ovvero la predetta sentenza. (Omissis)

This content downloaded from 141.101.201.167 on Sat, 28 Jun 2014 08:20:35 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended