Rivista di giurisprudenza costituzionale e civileSource: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 11 (NOVEMBRE 1987), pp. 3193/3194-3199/3200Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179148 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
fini dell'applicazione della norma di cui è discorso deve avvenire
con criteri diversi e autonomi rispetto a quelli da seguire nel caso
di domanda volta a invalidare gli effetti del protesto sui diritti
sostanziali e processuali del portatore e degli eventuali giratari del titolo.
Compiuto cosi questo incidentale accertamento il giudicante deve
limitarsi a disapplicare — tanquam non esset — ogni provvedi
mento, in qualsiasi forma emesso, dalla C.C.I.A.A. di Forlì vol
to alla pubblicazione del protesto elevato il 30 maggio 1986 nei
confronti di Nadia Mengozzi e, conclusivamente, a dichiarare che
essa Mengozzi ha diritto alla non pubblicazione di quel protesto. Nessun altro provvedimento gli è consentito emettere, e ciò in
base al fondamentale precetto di cui all'art. 4 1. a.c.; neppure la conferma dell'ordine emesso ex art. 700 c.p.c. perché tale «con
ferma» verrebbe a dare alla sentenza un inammissibile contenuto
ordinatorio. Sul punto osserva ancora che il citato provvedimen to cautelare deve ritenersi legittimamente emanato in quanto in
tervenuto in luogo del provvedimento di cancellazione (del nome
del debitore) di competenza del presidente del tribunale, onde
deve presumersi che esso non ebbe a incidere su alcun atto ammi
nistrativo della C.C.I.A.A. di Forlì. Ora l'accertamento del dirit
to della Mengozzi alla non pubblicazione del protesto comporta
l'obbligo di essa C.C.I.A.A. di conformarsi al presente giudicato e non sembri ultronea (pur trattandosi di precetto di legge: art.
5 1. a.c.) una formale declaratoria in tal senso. (Omissis)
PRETURA DI PUTIGNANO; sentenza 1° aprile 1987; Giud.
Giorgio; Sportelli (Avv. Di Cagno) c. Soc. Dalena (Avv. Po
lignano).
PRETURA DI PUTIGNANO; ri i.ii: / a r\. /
Lavoro (rapporto) — Lavoratrice madre — Licenziamento du
rante il primo anno di vita del figlio — Nullità (Cost., art.
37; cod. civ., art. 1418; 1. 30 dicembre 1971 n. 1204, tutela
delle lavoratrici madri, art. 2).
Il licenziamento della lavoratrice madre effettuato prima della sca
denza del termine di un anno della nascita del bambino è nullo
e non inefficace sino al maturarsi della scadenza stessa. (1)
Motivi della decisione. — La domanda è fondata e merita ac
coglimento limitatamente alla doglianza specificata sub 4) in pre messa. Invero, l'art. 2 1. n. 1204/71 sancisce tassativamente —
a pena di nullità — il divieto di licenziamento delle lavoratrici
madri fino al compimento di un anno di età del bambino. Orbe
ne, come risulta pacificamente dagli atti processuali, la Sportelli ha partorito un bambino in data 8 agosto 1985; sicché, sino alla
data dell'8 agosto 1986, essa non poteva essere licenziata. In ar
gomento, il procuratore della ditta resistente ha affermato che
l'efficacia del licenziamento intimato alla Sportelli era stata espres
samente fissata per il 9 agosto 1986 alla luce dei principi fissati
in alcune sentenze della Suprema corte, laddove è stata affermato
da «il licenziamento delle lavoratrici gestanti effettuato in viola
zione dell'art. 2 della 1. n. 1204/71 non è affetto da nullità asso
luta, ma è inefficace limitatamente al periodo rispetto al quale
il diritto stesso è operativo (Cass. 11 dicembre 1982, n. 6806,
Foro it., Rep. 1982, voce Lavoro (rapporto) n. 1794; 14 dicembre
1981, n. 6611, ibid., n. 1797; 27 marzo 1985, id., Rep. 1985,
voce cit., n. 2115). Detta tesi non può essere seguita, come è
stato ritenuto in una recente pronuncia (invero minoritaria) della
Suprema corte (Cass. 14 luglio 1984, n. 4144, id., Rep. 1984,
voce cit., n. 2044) e da alcuni giudici di merito (tra gli altri: Pret.
Napoli 21 gennaio 1978, id., Rep. 1979, voce cit., n. 1134; Pret.
(1) La sentenza si discosta consapevolmente dall'indirizzo di legittimità
maggioritario, di cui dà completa documentazione alla quale si rinvia.
Come pure ci si rifà alla decisione stessa per quel che concerne i richiami
della conforme giurisprudenza di legittimità (la sola Cass. 4144/84 ivi
citata, che, in ragione della nullità del recesso, ha ritenuto inapplicabile alla relativa impugnazione il termine di decadenza di cui all'art. 6 1. 604
del 1966, ma che non pare avere piena consapevolezza del problema deci
so dal Pretore di Putignano) e di merito.
Cass. 11 dicembre 1982, n. 6806, richiamata in sentenza, è annotata
da M. Papaleoni, in Giusi, civ., 1983, I, 2029, e Cass. 14 luglio 1984, n. 4144, cit., da G. Mammone, id., 1984, I, 3282.
Il Foro Italiano — 1987.
Como 23 giugno 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 2342; Trib.
Milano 20 aprile 1982 (id., Rep. 1982, voce cit., n. 1803). Infatti
l'interpretazione letterale (a mente dell'art. 12, 1° comma, disp.
prel. c.c.) dell'art. 2 1. n. 1204/71 non può non comportare una
conclusione: durante il periodo espressamente predeterminato dal
legislatore, il licenziamento è «nullo», ossia è afflitto da un vizio
originario radicale intrinseco di legittimità e come tale è insuscet
tibile di produrre effetti giuridici (in applicazione del principio del quod nullum est, nullum producit effectum). Come è stato
rilevato in dottrina, il legislatore ha introdotto in favore della
lavoratrice madre una speciale garanzia (anche penalmente tute
lata: art. 31) di conservazione del posto, che consenta alla madre
di provvedere con la necessaria tranquillità alla cura propria e
del bambino, al fine di impedire l'alterazione dell'equilibrio psico fisico della donna e contribuire efficacemente allo svolgimento
fisiologico normale della gestazione e dell'allattamento. La nor
mativa in questione si colloca come concreta attuazione — a li
vello di legislazione ordinaria — dell'art. 37 Cost, ed essendo
di natura imperativa ex art. 1418 c.c., comporta la preclusione
temporanea per il datore di lavoro di licenziare la lavoratrice ma
dre (in proposito: Cass. 14 luglio 1984, n. 4144, cit.). Solo allo
spirare del citato lasso di tempo, il potere di recesso del datore
di lavoro si riespande pienamente. Certamente si tratta di una
disciplina particolarmente rigida e suscettibile di comportare (co me è stato rilevato in dottrina) la vanificazione — a scapito di
altri lavoratori — degli altri criteri utilizzabili per l'individuazio
ne del personale da licenziare (nell'ambito delle procedure relati
ve ad un licenziamento collettivo per riduzione di personale), con
la conseguente emersione di una situazione di possibile discrimi
nazione alla rovescia.
Pur tuttavia — com'è stato rilevato in una recentissima senten
za della Suprema corte (Cass. 16 gennaio 1987, n. 351, id., Mass.,
64) la legittimità del recesso va valutata con riferimento al mo
mento in cui l'atto è stato intimato e non a quello successivo
in cui si realizzano gli effetti. La facoltà di licenziamento può essere esercitata soltanto ove — nello stesso momento — sussista
no tutti i requisiti previsti dal legislatore per il suo esercizio; sic
ché, la contestuale mancanza (di uno) degli stessi (come appunto è avvenuto nel caso di specie, a mente dell'art. 2 1. n. 1204/71) determina la illegittimità del recesso, dovendosi, al riguardo, fare
riferimento — come già detto — esclusivamente al momento del
la manifestazione di volontà e non al successivo momento in cui
si realizzano gli effetti oggettivi della manifestazione stessa.
(Omissis)
Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile
Legge, decreto e regolamento — Referendum — Reati elettorali — Fattispecie applicabili alla raccolta di firme per richiesta di
referendum — Questioni manifestamente inammissibili di co
stituzionalità (Cost., art. 3; d.p.r. 30 marzo 1957 n. 361, t.u.
delle leggi recanti norme per l'elezione della camera dei deputa
ti, art. 100; d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, t.u. delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni
comunali, art. 100; 1. 25 maggio 1970 n. 352, norme sui refe
rendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo, art. 51).
Sono manifestamente inammissibili, per carenza assoluta di mo
tivazione sulla loro rilevanza, le questioni di legittimità costitu
zionale, in riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 51, 2° comma,
1. n. 352 del 1970, laddove non contempla l'applicazione delle
sanzioni contro chi falsifica, altera, sostituisce, distrugge atti o
documentazioni elettorali (sanzioni previste dal 2° comma del
l'art. 100 del d.p.r. n. 361 del 1957) quando tali fatti riguardino
le firme relative a richiesta di referendum; e, conseguentemente,
laddove non estende all'azione penale per tali reati il termine di
prescrizione di due anni, previsto dal 2° comma dell'art. 100 d.p.r.
n. 570 del 1960. (1)
Corte costituzionale; ordinanza 23 aprile 1987, n. 151 (Gazzet
ta ufficiale, la serie speciale, 6 maggio 1987, n. 19); Pres.
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3195 PARTE PRIMA 3196
La Pergola, Rei. Corasaniti; Cocozza e altri. Ord. Trib. Bergamo 7 settembre 1983 (G. U., la serie speciale, n. 39 del 1986).
(1) L'ordinanza di rimessione Trib. Bergamo 7 settembre 1983 si legge in Giur. costit., 1986, II, 2, 940.
Le questioni che la corte non ha affrontato nel merito, in quanto le
ha ritenute manifestamente inammissibili per difetto assoluto di motiva
zione circa la loro rilevanza, sono nuove.
L'art. 51, 2° comma, 1. n. 352 del 1970 richiama espressamente soltan
to alcune ipotesi di reati elettorali — previste dagli art. 96, 97, 98 d.p.r. n. 361 del 1957 — suscettibili di essere estese al procedimento di raccolta
delle firme necessarie per l'indizione di un referendum (o per la valida
presentazione di una proposta di legge da parte di cinquantamila eletto
ri). Si tratta, in particolare, di quelle attività (di privati, di pubblici uffi
ciali o di altri soggetti a questi assimilati) volte a coartare, con violenza
o corruzione, la libera manifestazione di volontà degli elettori nelle varie
fasi del procedimento elettorale (dalla sottoscrizione per la presentazione di liste o candidature fino all'espressione del voto).
L'art. 51, 2° comma, 1. n. 352 del 1970 nella sostanza stabilisce dunque che debbano essere comminate le sanzioni contemplate dalle norme appe na menzionate anche nel caso di pressioni indebite indirizzate a influen
zare la spontanea adesione a iniziative di democrazia diretta.
Viceversa, la 1. n. 352 del 1970 omette di richiamare altre fattispecie di reato considerate dal d.p.r. n. 361 del 1957 (e, specificatamente, dal
2° comma dell'art. 100), che pur potrebbero ragionevolmente trovare ap
plicazione — con i relativi risvolti processuali — nel corso dell 'iter refe
rendario, quali la falsificazione, alterazione, distruzione, ecc. di atti o
materiale ad esso afferenti.
In generale sui reati elettorali si veda recentemente A. Frassini, Reati
elettorali, voce del Novissimo digesto, appendice, Torino, 1986, VI, 316
ss. Sull'esigenza di meglio garantire le operazioni di raccolta delle firme
per la richiesta di referendum, cfr. M. Stipo, Garanzie di certezza e veri
dicità in tema di autenticazione di firme, con particolare riferimento al
l'esame di legittimità delle richieste referendarie, in Riv. amm., 1986, 555.
Sulle, ormai frequentatissime, ordinanze della Corte costituzionale che dichiarano la manifesta inammissibilità di questioni di legittimità costitu zionale per carenza di motivazione, quanto alla loro rilevanza nel proces so a quo, la dottrina è, complessivamente, alquanto critica. Si veda: M.
Luciani, Le decisioni processuali e la logica del giudizio costituzionale
incidentale, Padova, 1984, passim, spec. 251 ss., nonché L. Carlassare, Le decisioni di inammissibilità e di manifesta infondatezza della Corte
costituzionale, in Foro it., 1986, V, 293.
* * *
L'ordinanza è cosi motivata: Ritenuto che nel corso del procedimento penale contro Cocozza Sabino ed altri il g. i. presso il Tribunale di Ber
gamo, con ordinanza emessa il 7 settembre 1983 e pervenuta alla Corte costituzionale il 19 giugno 1986 (r.o. n. 494/86) ha sollevato, su istanza di parte, questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3
Cost.: 1) dell'art. 51, 2° comma, 1. 25 maggio 1970 n. 352 (norme inte
grative sui referendum), nella parte in cui non prevede che le sanzioni
previste dall'art. 100, 2° comma, d.p.r. 30 marzo 1957 n. 361 (t.u. delle
leggi recanti norme per l'elezione della camera dei deputati), si applicano anche quando i fatti contemplati in tale norma riguardino le firme per richiesta di referendum; 2) in via conseguenziale, dell'art. 51 della suindi cata 1. n. 352/70 (come modificato a seguito dell'accoglimento della pri ma eccezione), nella parte in cui non prevede che per i reati ivi menzionati si applichi il termine prescrizionale di cui all'art. 100, 2° comma, d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570 (t.u. delle leggi per la composizione e la elezione
degli organi delle amministrazioni comunali), sempre in riferimento al l'art. 3 Cost.
Che è intervenuto il presidente del consiglio dei ministri, rappresentato dall'avvocatura dello Stato, eccependo l'inammissibilità o, in subordine, l'infondatezza della questione.
Considerato che l'ordinanza omette, in relazione ad entrambe le que stioni, fra loro strettamente collegate, qualsiasi riferimento alla fattispe cie dedotta in giudizio, ed è quindi carente in modo assoluto di motivazione sulla rilevanza delle questioni stesse;
che, pertanto, per costante giurisprudenza di questa corte, entrambe le questioni devono essere dichiarate manifestamente inammissibili;
visti gli art. 26, 2° comma, 1. n. 87 del 1953 e 9, 2° comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara manifestamente inam missibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 51 1. 25 maggio 1970 n. 352, come sollevate, in riferimento all'art. 3 Cost., dal giudice istruttore presso il Tribunale di Bergamo con l'ordinanza indicata in
epigrafe.
Il Foro Italiano — 1987.
Libertà personale dell'imputato — Mandato di cattura — Rigetto dell'istanza di revoca — Impugnabilità da parte dell'imputato — Mancata previsione — Questione manifestamente inammis
sibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 24; cod. proc. pen., art.
260).
È manifestamente inammissibile la questione di legittimità co
stituzionale dell'art. 260 c.p.p., nella parte in cui non riconosce
all'imputato il diritto di proporre appello avverso l'ordinanza del
giudice istruttore con la quale è stata respinta l'istanza di revoca
del mandato di cattura, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost. (1)
Corte costituzionale; ordinanza 28 novembre 1986, n. 252 (Gaz
zetta ufficiale, la serie speciale, 3 dicembre 1986, n. 57); Pres.
La Pergola, Rei. Conso; Laudani. Ord. Cass. 16 dicembre 1985
(G.U., la serie speciale, n. 34 del 1986).
(1) La questione di legittimità costituzionale, oggetto dell'ordinanza,
riguardava l'art. 260 c.p.p. nella parte in cui non prevede l'appellabilità da parte dell'imputato del provvedimento del giudice istruttore con il quale è stata respinta l'istanza di revoca del mandato di cattura.
La Corte costituzionale, dopo avere rilevato di avere dichiarato, con la sentenza n. 110 del 1986 (Foro it., 1987, I, 1709, con nota di richiami), illegittimo, per violazione degli art. 3 e 24 Cost., l'art. 263, 2° comma,
c.p.p. nella parte in cui non riconosce all'imputato il diritto di proporre appello avverso l'ordinanza che rigetta l'istanza di revoca del mandato di cattura, ha dichiarato inammissibile la questione in quanto «la norma denunciata più non consente l'applicazione ipotizzata e censurata dal giu dice a quo», richiamando altresì, per analoga soluzione, altre sue prece denti decisioni (v. ord. n. 200 del 1984, Foro it.. Rep. 1985, voce
Fallimento, n. 260; n. 95 del 1983, id., Rep. 1983, voce cit., n. 251; n. 235 del 1982, ibid., voce Sanitario, n. 216).
Sulla sentenza costituzionale n. 110 del 1986 cfr., anche, Giarda, Am messa l'appellabilità del provvedimento di rigetto dell'istanza di revoca del mandato o dell'ordine di cattura, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1986, 923; Spinelli, L'ordinanza di reiezione dell'istanza di revoca del manda to di cattura: un nuovo provvedimento appellabile dall'imputato, in Legis lazione pen., 1986, 596.
* # *
La sentenza è cosi motivata: Ritenuto che la Corte di cassazione, con ordinanza del 16 dicembre 1985, ha denunciato, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., l'illegittimità dell'art. 260 c.p.p., «nella parte in cui non riconosce all'imputato il diritto di proporre appello contro l'ordinanza del giudice istruttore con la quale è stata respinta l'istanza di revoca del mandato di cattura»;
considerato che questa corte con sentenza n. 110 del 1986 (Foro it., 1987, I, 1709) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 263, 2°
comma, c.p.p. (sia nel «testo sostituito in forza dell'art. 6 1. 12 agosto 1982 n. 532», sia nel «testo sostituito in forza dell'art. 18 1. 28 luglio 1984, n. 398»), «nella parte in cui non riconosce all'imputato il diritto di proporre appello contro l'ordinanza che rigetta l'istanza di revoca del mandato di cattura»;
e che, quindi, la norma denunciata più non consente l'applicazione ipotizzata e censurata dal giudice a quo (v. ordinanze n. 200 del 1984, id., Rep. 1985, voce Fallimento, n. 260; n. 95 del 1983, id., Rep. 1983, voce cit., n. 251; n. 5 del 1983, ibid., voce Sanitario, n. 217; n. 235 del 1982, ibid.,n. 216).
Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2° comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manifesta inam missibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 260 c.p.p., sollevata, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., con l'ordinanza in epigrafe.
Trasporto marittimo e aereo, noleggio e locazione di nave e di
aeromobili — Trasporto marittimo — Mancata dichiarazione
del valore della merce caricata — Responsabilità civile del vet
tore — Limite di duecentomila lire per unità di carico — Que stione non manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 42; cod. nav., art. 423).
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità co
stituzionale dell'art. 423, 1° comma, c. nav., nella parte in cui, in mancanza di dichiarazione del valore della merce caricata, pre vede che il risarcimento dovuto dal vettore non può, per ciascuna
unità di carico, essere superiore a lire duecentomila, in riferimen
to agli art. 3 e 42 Cost. (1)
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Corte d'appello di Catania; ordinanza 15 maggio 1986 (Gazz■
uff., la serie speciale, 19 novembre 1986, n. 54); Soc. Traghetti delle isole Eolie c. Cerra ed altro.
(1) La Corte d'appello di Catania ha sollevato la presente questione di costituzionalità, in qualità di giudice di rinvio, a seguito dell'interpre tazione fornita, nell'ambito dello stesso giudizio, da Cass. 26 luglio 1983, n. 5121 (Foro it., Rep. 1983, voce Trasporto marittimo, n. 36), la quale ha ritenuto che la responsabilità del vettore ha natura contrattuale e deve escludersi ogni possibilità di concorso dell'azione contrattuale con l'azio ne risarcitoria aquiliana, la quale è esperibile solo dai terzi estranei al
rapporto di trasporto e non dal creditore della prestazione contrattuale. Nel senso che il limite di lire duecentomila per unità di carico va rivalu
tato, in via equitativa, in modo da tener conto della perdita del potere di acquisto della moneta, dal momento del verificarsi del danno al mo mento della decisione, v. Trib. Genova 14 febbraio 1976, id., Rep. 1977, voce cit., n. 48.
Per l'affermazione secondo cui la notorietà del valore del carico non
equivale a dichiarazione di valore all'imbarco e non esclude quindi l'ap plicazione del limite di risarcimento, v. Trib. Trieste 26 maggio 1975, id., Rep. 1976, voce cit., n. 56.
Sul significato del termine «unità di carico» contenuto nell'art. 423, 1° comma, c. nav., v. App. Palermo 14 aprile 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 53; Cass. 18 ottobre 1982, n. 5409, id., Rep. 1983, voce
cit., n. 31, commentata da Grigoli, in Giust. civ., 1983, I, 128; App. Messina 25 gennaio 1980, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 41, commen tata da Lopez De Gonzalo, in Dir. maritt., 1980, 632; Trib. Genova 14 febbraio 1976, cit.
Nel senso che il limite del debito del vettore stabilito dall'art. 423 c. nav. non è operante nel caso di danno imputabile a colpa grave del co
mandante, v. Trib. Napoli 18 novembre 1983, Foro it., Rep. 1985, voce
cit., n. 81; contra App. Messina 25 gennaio 1980, cit. In tema di responsabilità civile in caso di trasporto aereo e terrestre,
v., da ultimo, rispettivamente, App. Roma 24 settembre 1986, id., 1987, I, 1585, con nota di richiami, e Cass. 16 dicembre 1986, n. 7532, ibid., 1093, con nota di richiami. In dottrina, sui limiti di responsabilità del vettore per il trasporto marittimo di cose, cfr. Tullio, in Riv. dir. navig., 1970, II, 202; Di Giandomenico, in Giur. it., 1981, IV, 152; Lopez De
Gonzalo, Rossello, Spasiano, in Dir. maritt., 1986, 611, 605 e 598.
Giornalista — Provvedimento disciplinare inflitto dal consiglio dell'ordine — Ricorso al tribunale — Composizione dell'orga no giudicante — Questione non manifestamente infondata di
costituzionalità (Cost., art. 108; 1. 3 febbraio 1963 n. 69, ordi
namento della professione di giornalista, art. 63).
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità co
stituzionale dell'art. 63 1. 3 febbraio 1963 n. 69, nella parte in
cui prevede che presso il tribunale, che decide sui ricorsi avverso
le sanzioni disciplinari inflitte dal consiglio dell'ordine dei gior
nalisti, il collegio debba essere integrato da un giornalista profes sionista e da un giornalista pubblicista, nominati in numero doppio all'inizio dell'anno giudiziario dal presidente della corte d'appello su designazione del consiglio nazionale dell'ordine, in riferimento
all'art. 108 Cost. (1)
Tribunale di Milano; ordinanza 9 maggio 1986 (Gazz. uff, la
serie speciale, 22 ottobre 1986, n. 50); Di Bella c. Consiglio na
zionale dei giornalisti.
(1) Il tribunale osserva come, alla stregua di tale meccanismo di com
posizione del collegio giudicante, i «membri laici» dello stesso appaiono individuati proprio da una delle parti del giudizio (la resistente, consiglio nazionale dell'ordine) la cui decisione è oggetto dell'impugnativa che il
collegio è chiamato a decidere. L'ordinanza è commentata da Danovi, Imparzialità e indipendenza de
gli organi disciplinari professionali, in Giust. civ., 1986, I, 2560.
Nel senso che, nel procedimento giurisdizionale previsto dall'art. 63
1. 69/63, il consiglio dell'ordine regionale ha qualità di contraddittore
necessario, in quanto destinatario della pretesa del privato e della senten
za del tribunale che l'accolga, v. Cass. 9 marzo 1982, n. 1496, Foro it.,
Rep. 1982, voce Giornalista, n. 12.
Sul procedimento giurisdizionale di cui all'art. 63 1. 69/63, v., da ulti
mo, Cass. 25 maggio 1985, n. 3184, id., 1985, I, 2919, con nota di richia
mi, la quale ha escluso la legittimazione del consiglio regionale dell'ordine
a proporre reclamo all'autorità giudiziaria avverso le deliberazioni del
consiglio nazionale dell'ordine.
Il Foro Italiano — 1987 — Parte I-207.
Credito fondiario — Dichiarazione di fallimento del debitore —
Possibilità dell'istituto di credito fondiario di proseguire l'azio
ne esecutiva individuale — Questione non manifestamente in
fondata di costituzionalità (Cost., art. 3; r.d. 16 luglio 1905
n. 646, t.u. sul credito fondiario, art. 42).
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità co
stituzionale dell'art. 42, 2° comma, r.d. 16 luglio 1905 n. 646, nella parte in cui consente agli istituti esercenti il credito fondia
rio di proseguire l'azione esecutiva individuale iniziata sui beni
ipotecati a loro favore anche dopo la dichiarazione di fallimento
del debitore mutuatario, in riferimento all'art. 3, 1° comma, Cost. (1)
Tribunale di Alessandria; ordinanza 4 marzo 1986 (Gazz■ uff., la serie speciale, 6 agosto 1986, n. 39); Fall. soc. Cantele c. Isti
tuto bancario S. Paolo di Torino ed altri.
(1) 11 tribunale, fondandosi sulla decisione 3 agosto 1976, n. 211 (Foro it., 1976, I, 2059, con nota di richiami), con cui la Corte costituzionale ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità dell'art. 42, 2°
comma, r.d. 646/1905, ne chiede espressamente il riesame, domandando alla corte di considerare non soltanto «la speciale situazione di tutela del meccanismo del credito ma anche la particolare situazione che deter minano il fallimento e le sue regole fondamentali, prima fra tutte quelle secondo cui anche i crediti garantiti da ipoteca devono comunque passare al vaglio critico del giudice delegato e le istanze di autorizzazione alla vendita sono sottoposte a determinate modalità e condizioni.
«In ultima analisi non si denuncia il fatto che l'istituto fondiario di credito abbia la possibilità di pervenire nel modo più agevole e sollecito alla relazione del credito e di far fronte alla esigenza primaria del buon funzionamento del meccanismo del credito, bensì che tale possibilità sia
automatica, stabilita ex lege, e non soggiaccia alle verifiche necessarie in sede fallimentare al pari di ogni altro credito e di ogni altra procedura precedentemente iniziata, in vista della tutela complessiva della massa fal limentare e degli interessi di tutti i creditori».
Sulla legittimità dell'azione esecutiva individuale da parte dell'istituto di credito fondiario, anche successivamente alla dichiarazione di fallimento del debitore, v. Trib. Vicenza (due) 20 novembre 1985, id., Rep. 1986, voce Credito fondiario, nn. 6, 9, commentate da Seccia, in Nuova giur. civ., 1986, I, 416 e da Cantele, in Fallimento, 1986, 785; App. Bologna 21 maggio 1985, Foro it., Rep. 1986, voce Fallimento, n. 316; Cass. 30
gennaio 1985, n. 582, id., 1985, I, 1722, con nota di richiami e osserva zioni di G. Costantino.
In ordine al problema relativo al regime degli interessi spettanti agli istituti di credito fondiario, in caso di fallimento del mutuatario, v., da
ultimo, Cass. 3 dicembre 1986, n. 7148, id., 1987, I, 39, con nota di richiami e osservazioni di G. Silvestri e 6 novembre 1986, n. 6487, ibid., 459, con nota di richiami, la quale ha altresì ritenuto estensibile la previ sione dell'art. 42, 2° comma, r.d. 646/1905 all'ipotesi di concordato pre ventivo.
Sanità pubblica — Vaccinazione antipolio — Obbligo dei genito ri di sottoporre i figli minori — Mancata previsione dell'obie
zione di coscienza — Questione non manifestamente infondata
di costituzionalità (Cost., art. 32; 1. 4 febbraio 1966 n. 51, ob
bligatorietà della vaccinazione antipoliomelitica, art. 1, 3).
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità co
stituzionale degli art. 1 e 3 1. 4 febbraio 1966 n. 51, nella parte in cui, stabilendo l'obbligo dei genitori di sottoporre i propri figli minori alla vaccinazione antipolio, non prevedono l'obiezione di
coscienza, in riferimento all'art. 32, 2° comma, Cost. (1)
Pretura di Torino; ordinanza 19 maggio 1987 (Gazz. uff, la
serie speciale, 2 settembre 1987, n. 36); Giud. Bonchard; Migne
co ed altra c. Regione Piemonte.
(1) Riguardo a identica questione di costituzionalità, Corte cost. 31
maggio 1983, n. 142 (Foro it., 1983, I, 2656, con nota di richiami e
osservazioni di Parodi Giusino) ha restituito gli atti al giudice a quo
per il riesame della rilevanza, a seguito dell'entrata in vigore della 1. 689/81.
Altra questione di costituzionalità in tema di vaccinazioni obbligatoria è stata sollevata da Pret. Orvieto, ord. 13 luglio 1978 (id., Rep. 1979, voce Sanità pubblica, n. 95), la quale, relativamente all'obbligo di rivac
cinazione contro il vaiolo, nella considerazione che il relativo virus non
è più pericoloso in quanto non è più diffuso e che il vaccino può compor
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3199 PARTE PRIMA 3200
tare gravi complicazioni per la salute e la vita di chi vi è sottoposto, sostiene che la rivaccinazione obbligatoria non solo non è più indispensa bile per la tutela della salute collettiva ed individuale, ma è anzi assai
pericolosa per la salute dell'obbligato. La questione è stata superata dal l'intervento del legislatore; infatti dopo che l'art. 1 d.l. 19 giugno 1979 n. 210, convertito in 1. 8 agosto 1979 n. 356, aveva prorogato per altri due anni (ossia fino al 5 luglio 1981) la sospensione dell'obbligo della
prima vaccinazione antivaiolo, la 1. 6 agosto 1981 n. 457, di conversione in legge del d.l. 26 giugno 1981 n. 334, ha abrogato l'art. 266 t.u. leggi sanitarie concernente l'obbligo della vaccinazione e della rivaccinazione antivaiolosa.
La dottrina assolutamente prevalente concorda nel ritenere che, per la legittimità di un trattamento sanitario obbligatorio è richiesto che que sto sia contemporaneamente diretto a tutela della salute individuale e col lettiva e che sia garantito attraverso l'applicazione di sanzioni indirette, dovendosi escludere la possibilità di una esecuzione coattiva in forma
specifica (cfr., tra gli altri, Mortati, La tutela della salute nella Costitu
zione italiana (1961), in Raccolta di scritti, Giuffré, Milano, 1972, 439-441; Mantovani, I trapianti e la sperimentazione umana nel diritto italiano e straniero, Cedam, Padova, 1974, 211 ss.; Luciani, in Dir. e società, 1980, 780-782; Barni, Dell'Osso, Martini, in Riv. it. medicina legale, 1981, 31 ss.; D'Alessio, in Dir. e società, 1981, 536 ss.; Modugno, id., 1982, 309 ss.; Crisafulli, ibid., 560 ss.; Perlingieri, in Rass. dir. civ., 1982, 1043 ss.; Barni, Mantovani, Trattamenti sanitari tra libertà e do
verosità, Jovene, Napoli, 1983, 145 ss. e 159 ss.; Pezzini, in Dir. e socie
tà, 1983, 28 ss.; Dooliotti, in Giur. it., 1984, IV, 4-5; Barile, Diritti dell'uomo e libertà fondamentali, Il Mulino, Bologna, 1984, 385 ss.
Sul tema specifico delle vaccinazioni obbligatorie, v. Vincenzi Amato, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, Zanichelli -
11 Foro italiano, Bologna-Roma, 1976, 187 ss., sub art. 32, 2° comma; Panunzio, Trattamenti sanitari obbligatori e Costituzione (a proposito della disciplina delle vaccinazioni'), in Dir. e società, 1979, 875 ss.; D'Ad dino Serravalle, Atti di disposizione del corpo e tutela della persona umana, Ed. scientifiche italiane, Napoli, 1983, 204 ss.; Parodi Giusino, Trattamenti sanitari obbligatori, libertà di coscienza e rispetto della per sona umana, in Foro it., 1983, I, 2656 ss.
Procedimento civile — Sospensione del processo — Fattispecie
(Disp. sulla legge in generale, art. 12; disp. att. cod. proc. civ., art. 129 bis).
L'art. 129 bis disp. att. c.p.c., che faculta il giudice di primo
grado a sospendere l'istruzione su istanza della parte interessata
qualora sia stato proposto ricorso per cassazione contro la sen
tenza d'appello che abbia riformato una sentenza non definitiva, trova applicazione, ai sensi dell'art. 12, 2° comma, disp. sulla
legge in generale, anche nel caso in cui il ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello di riforma della non definitiva di
primo grado non sia stato ancora proposto per non essere stata
depositata la motivazione della sentenza di riforma. (1)
Pretura di Molfetta; decreto 11 luglio 1985; Giud. Cirillo; An dreula c. Fermar.
(1) Non constano precedenti editi in termini.
Peraltro, nel senso che le ipotesi di sospensione previste nel nostro or dinamento sono eccezionali e tipiche, non suscettibili di applicazione ana logica, v., in giurisprudenza, Cass. 23 febbraio 1981, n. 1093, Foro it., 1981, I, 1986. Nello stesso senso v. in dottrina Andrioli, Diritto proces suale civile, Jovene, Napoli, 1979, I, 966; Satta, Commentario del codi ce di procedura civile, Vallardi, Milano, 1959, II, 1, 389 s.; Liebman, Manuale di diritto processuale civile, Giuffrè, Milano, 1981, II, 193; A. Proto Pisani, Sulla sospensione necessaria del processo civile, in Foro it., 1969, I, 2517; Cipriani, Il regolamento di giurisdizione, Jovene, Na poli, 1977, 109; Id., Le sospensioni del processo civile per pregiudizialità (contributo a! coordinamento degli artt. 295 e 337, 2° comma, c.p.c.), in Riv. dir. proc., 1984, 239 ss.; Furno, La sospensione del processo esecutivo, Giuffrè, Milano, 1956, 4; Calvosa, Sospensione del processo civile (di cognizione), voce del Novissimo digesto, Utet, Torino, 1962, Vili, 954; Anselmi Blass, Un corollario aberrante dell'interpretazione restrittiva dell'art. 295 c.p.c., in Giur. it., 1960, I, 1, 552 ss.; nonché, da ultimo, Trisorio Liuzzi, La sospensione de! processo civile, Jovene, Napoli, 1987, 111 s.
Sulla sospensione prevista dall'art. 129 bis disp. att. c.p.c., v. Cerino Canova, Le impugnazioni civili. Struttura e funzione, Cedam, Padova, 1973, 457; Id., Dell'appello avverso le sentenze non definitive, in Riv. dir. proc., 1985, 817 ss.; Consolo, Impugnazione immediata di una sen tenza non definitiva e proseguimento del giudizio di primo grado, in Riv. dir. civ., 1979, II, 586 ss.; Maccarrone, Profili sistematici dell'effetto espansivo esterno della sentenza di riforma, Giuffrè, Milano, 1983, 71 ss.; Trisorio Liuzzi, La sospensione, cit., 299 ss.
Il Foro Italiano — 1987.
Sul fenomeno della sospensione, cfr., inoltre L. Montesano, La so
spensione per dipendenza di cause civili e l'efficacia dell'accertamento
contenuto nella sentenza, in Riv. dir. proc., 1983, 385 ss.; Id., Questioni e cause pregiudiziali nella cognizione ordinaria del c.p.c.. relazione al
XVI convegno della Associazione italiana per gli studiosi del processo civile; nonché la nota di A. Proto Pisani, Pregiudizialità e ragionevole durata dei processi civili, in Foro it., 1981, I, 1065 ss.
* * *
Il decreto è cosi motivato: Premesso — che, con la mera lettura del dispositivo in udienza, «la sentenza
di appello è esecutiva di diritto, quale che ne sia il contenuto e quale che sia la parte vittoriosa» (v. art. 337, 1° comma, 431, 2° comma, 438, 2° comma, c.p.c.);
— che la sentenza di appello «quando riforma una sentenza di primo
grado emessa in favore del lavoratore, le toglie immediatamente ogni ef
ficacia»; — che la sentenza non definitiva di primo grado datata 8 luglio 1983,
avendo limitato la sua pronunzia all'accertamento del diritto ed alla con
danna generica ed avendo riservato al prosieguo dell'istruzione probato ria la quantificazione delle spettanze dei ricorrenti, esorbita dalle previsioni dell'art. 336, 2° comma, c.p.c.;
— che, l'art. 279, ultimo comma, c.p.c. non può trovare applicazione nel caso di specie, poiché il Tribunale di Trani si è spogliato della cogni zione della controversia con la lettura in udienza del dispositivo della sentenza datata 31 gennaio 1985, che ha integralmente riformato la sen tenza non definitiva di primo grado datata 8 luglio 1983;
— che la predetta sentenza di secondo grado, pur immediatamente ef
ficace, non è ancora passata in giudicato non essendone stata depositata la motivazione;
— che, agli effetti impeditivi del passaggio in giudicato di tale senten za di secondo grado, la situazione esistente nella fattispecie è equiparabile a quella della proposizione del ricorso per cassazione delineata dall'art. 129 bis disp. att. c.p.c.;
— che quest'ultima norma pone un principio suscettibile di estensione al fine di porre rimedio, con la sospensione del giudizio di primo grado, a tutte le situazioni nelle quali sussistono ragioni ostative alla formazione del giudicato sulla sentenza di secondo grado che abbia riformato quella non definitiva di primo grado;
— che le esigenze di economia processuale e di corretta amministrazio ne della giustizia, poste dal legislatore a fondamento dell'art. 129 bis
disp. att. c.p.c., militano per l'applicazione di tale norma al caso di spe cie, avuto riguardo all'art. 12, 2° comma, disp. prel. c.c.;
— che la parte interessata a richiedere la sospensione del giudizio può essere individuata in qualsiasi soggetto processuale che possa lamentare un pregiudizio attuale o futuro derivante dalla perdurante incertezza sui
presupposti logico-giuridici della prosecuzione dell'attività processuale in
primo grado; — che le forme per la eventuale riassunzione del giudizio saranno sem
pre e comunque quelle prescritte dall'art. 125 disp. att. c.p.c. e che il termine semestrale decorrerà dalla comunicazione del deposito della mo tivazione della sentenza emessa dal Tribunale di Trani il 31 maggio 1985 ovvero dalla comunicazione della sentenza di accoglimento dell'eventuale ricorso per cassazione;
— che, perdurando legittimamente la sospensione del giudizio, ogni deduzione istruttoria appare improponibile;
— che il presente decreto riveste, comunque, una portata chiarificatri ce ed integratrice dell'ordinanza emessa all'udienza del 5 luglio 1985;
per questi motivi, respinge l'istanza depositata dai ricorrenti l'8 luglio 1985 e conferma la sospensione del giudizio sino al passaggio in giudicato della sentenza emessa dal Tribunale di Trani il 31 gennaio 1985, ovvero sino alla definizione del giudizio di cassazione in caso di eventuale ricorso ovvero la predetta sentenza. (Omissis)
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