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Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile

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Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1996), pp. 2585/2586-2599/2600 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190107 . Accessed: 25/06/2014 05:44 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.210 on Wed, 25 Jun 2014 05:44:54 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile

Rivista di giurisprudenza costituzionale e civileSource: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1996), pp. 2585/2586-2599/2600Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190107 .

Accessed: 25/06/2014 05:44

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Fatto e diritto. — Persico Maria ha evocato l'Inps dinanzi

a questo pretore, esponendo: — di essere stata socia di cooperativa di produzione e lavo

ro, licenziata con la procedura di messa in mobilità, ai sensi

della 1. 23 luglio 1991 n. 223, applicabile anche ai soci delle

cooperative in base all'art. 8, 2° comma, 1. 236/93; — di aver chiesto all'Inps la corresponsione dell'indennità di

mobilità prevista dall'art. 7 1. 223/91, ricevendo risposta negativa; — di aver proposto ricorso senza successo; — che presumibilmente l'istituto basa il suo diniego sul fatto

che l'indennità in parola non è prevista espressamente per i soci

delle cooperative, laddove, invece, è prevista l'ammissione degli stessi alla c.i.g.;

svolge a sostegno della sua tesi motivi in diritto, che saranno

meglio esaminati infra', resiste l'Inps costituendosi «a verbale» e depositando copia

della circolare sul punto; la causa è stata decisa all'odierna udienza di discussione.

Il ricorso è fondato.

Osserva, infatti, il pretore: In effetti l'art. 8, 2° comma, 1. 236/93, richiama espressa

mente solo gli art. 1, 4 e 24 1. 223/91, dichiarandoli applicabili anche ai soci delle cooperative di produzione e lavoro;

ciò, tuttavia, non significa che alle suddette categorie non

siano applicabili anche gli art. 7 e 16, che disciplinano, invece, la concessione dell'indennità di mobilità;

occorre, infatti, esaminare analiticamente il contenuto degli articoli espressamente richiamati dal predetto art. 8;

l'art. 1 1. n. 223 prevede, infatti, l'intervento straordinario

di integrazione salariale per le imprese che abbiano occupato mediamente più di 15 lavoratori nel semestre precedente la data

di presentazione della richiesta di c.i.g.s.; l'art. 4, da parte sua, prevede che le imprese ammesse al trat

tamento straordinario di integrazione salariale abbiano facoltà

di avviare la procedura di mobilità del personale, ove ritengano di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavora

tori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative;

l'art. 24, infine, detta norme in materia di riduzione del per

sonale, richiamando gli art. 4 e 5;

in sostanza si tratta, nel complesso delle norme che discipli nano la procedura necessaria per avviare la c.i.g.s., la mobilità

e la riduzione del personale; tali norme, come si è visto, sono

applicabili, per richiamo espresso della 1. 226/93, anche ai soci

delle cooperative di produzione e lavoro.

Ma, se così è, sarebbe totalmente illogico ritenere che non

si applichino anche per le cooperative predette le norme colle

gate alle precedenti, che stabiliscono requisiti e criteri dell'in

dennità di mobilità. Non sarebbe logico in proposito, un richiamo agli articoli

che discipliano la misura dell'onere contributivo a carico delle

imprese (vedi art. 5 e 24 1. n. 223) senza stabilire un collega mento con l'erogazione della indennità di mobilità anche in ca

so di cooperative di produzione e lavoro.

D'altra parte, l'art. 7, nella sua formulazione iniziale, stabili

sce questo collegamento, prevedendo che «I lavoratori collocati

in mobilità ai sensi dell'art. 4, che siano in possesso dei requisiti di cui all'art. 16, 1° comma, hanno diritto ad una in

dennità . . .». .

Dinanzi a queste argomentazioni la circolare richiamata dal

l'Inps si limita al rilievo, formale, del mancato espresso richia

mo degli art. 7 e 16 1. 223/91.

per questi motivi, accoglie il ricorso e, per l'effetto, dichiara

il diritto del ricorrente alla indennità di mobilità di cui all'art.

7 1. 223/91, condannando l'Inps alla corresponsione della stes

sa; (omissis)

con gli art. 3 e 38 Cost. Ha invece dichiarato infondata la questione di costituzionalità, sollevata in riferimento agli art. 3 e 38 Cost., nella

parte in cui prevede il divieto di cumulo tra tali trattamenti. Per la

spettanza dell'indennità di mobilità anche ai lavoratori subordinati a

domicilio, se l'impresa committente insista nell'area di applicazione del

la c.i.g.s., cfr. Pret. Fermo 19 dicembre 1994, Riv. giur. lav., 1995, I, 332.

Il Foro Italiano — 1996.

Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile

Estradizione — Reati puniti nel paese richiedente con la pena di morte — Diniego di estradizione — Omessa previsione —

Incostituzionalità (Cost., art. 27; cod. proc. pen., art. 698). Estradizione — Trattato di estradizione Italia-Stati uniti — Reati

puniti negli Stati uniti con la pena di morte — Diniego di

estradizione — Omessa previsione — Incostituzionalità (Cost., art. 27; 1. 26 maggio 1984 n. 225, ratifica ed esecuzione del

trattato di estradizione tra il governo della Repubblica italia

na ed il governo degli Stati uniti d'America).

È incostituzionale l'art. 698, 2° comma, c.p.p., ove si preve de l'estradizione anche per i reati puniti con la pena capitale a fronte dell'impegno assunto dal paese richiedente — con ga ranzie ritenute sufficienti dal paese richiesto — a non infliggere la pena di morte o, se già inflitta, a non farla eseguire. (1)

È incostituzionale la 1. 26 maggio 1984 n. 225, recante ratifi

ca ed esecuzione del trattato di estradizione tra il governo della

Repubblica italiana ed il governo degli Stati uniti d'America, firmato a Roma il 13 ottobre 1983, nella parte in cui dà esecu

zione all'art. IX del trattato medesimo, ove si prevede l'estradi

zione anche per i reati puniti con la pena capitale a fronte del

l'impegno assunto dal paese richiedente — con garanzie ritenu

te sufficienti dal paese richiesto — a non infliggere la pena di

morte o, se già inflitta, a non farla eseguire. (2)

Corte costituzionale; sentenza 27 giugno 1996, n. 223 (Gaz

zetta ufficiale, la serie speciale, 3 luglio 1996, n. 27); Pres. Fer

ri, Est. Guizzi; Venezia (Aw. Salerni) c. Min. grazia e giustizia; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Salimei). Ord. Tar

Lazio 20 marzo 1996 (G.U., la s.s., n. 16 del 1996).

(1-2) Non pare eccessivo definire 'storica' la sentenza in epigrafe, con cui l'Italia conquista un ulteriore, cospicuo traguardo, che consa cra la scelta 'globale' del rifiuto della pena di morte: può, anzi, essere utile sottolineare che l'odierna pronuncia segue non di molto la 1. 13

ottobre 1994 n. 589, con cui, sul piano interno, il nostro paese — ri

nunciando ad avvalersi della deroga resa ammissibile dall'art. 27, 4°

comma, Cost. — ha cancellato la pena capitale anche dal novero delle

sanzioni previste dal codice penale militare di guerra (per notazioni di

ampio respiro sul punto, cfr. Padovani, Commento all'art. 1 l. 13 ot

tobre 1994 n. 589, in Legislazione pen., 1995, 369 ss.). I primissimi commenti (cfr. Chiavario, Una giustizia senza confini,

in II Sole-24 Ore del 28 giugno 1996, 6) non hanno mancato di porre in luce come la corte, facendo propria una chiave prospettica di ampio

respiro, si sia adesso spinta ben oltre la pur solida soglia tracciata dalla sentenza 21 giugno 1979, n. 54 (Foro it., 1979, I, 1943). Già allora, nel dichiarare costituzionalmente illegittimo il r.d. 30 giugno 1870 n.

5726 (con cui veniva resa esecutiva la coeva convenzione italo-francese di estradizione) «nella parte in cui consente l'estradizione per i reati

sanzionati con la pena edittale della morte nell'ordinamento dello Stato

richiedente», la corte aveva con chiarezza ribadito come, «malgrado l'evidente divario che separa il caso dei soggetti punibili in Italia da

quello dei soggetti per i quali sia stata richiesta l'estradizione, non può consentirsi che in tema di beni e di valori fondamentali per l'ordina

mento interno le autorità italiane attuino discriminazioni, sia pure coo

perando con le autorità dello Stato richiedente»: sicché — si statuì sin

da allora — «deve considerarsi lesivo della Costituzione che lo Stato

italiano concorra all'esecuzione di pene che in nessuna ipotesi, e per nessun tipo di reati, potrebbero essere inflitte in Italia nel tempo di

pace, se non sulla base di una revisione costituzionale».

La sentenza n. 54 del 1979 sembrava, tuttavia, far salvi eventuali

meccanismi che avvessero vincolato l'estradizione per reati punibili, nel

paese richiedente, con la pena capitale, alla prestazione, da parte del

medesimo, di «garanzie ritenute sufficienti» che detta pena non sarebbe

in concreto stata inflitta o comunque eseguita (per un inventario degli accordi internazionali contenenti clausole di siffatto tenore, cfr. Mo

sconi, Estradizione e pena di morte neI progetto Mancini del 1882 e

nel nuovo codice di procedura penale, in Riv. dir. internaz. privato

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2587 PARTE PRIMA 2588

e proc., 1988, 653 s.; sul tema dello standard di «sufficienza» delle

garanzie prestate, e sulla querelle — risolta in via autentica dal legisla tore del 1988 — circa l'organo abilitato a delibare su tale oggetto, cfr., in vario senso, tra gli altri, Delicato, Estradizione e pena capitale nel

nuovo codice di procedura penale, id., 1990, 313 ss.; Magnanensi, Estra

dizione passiva e reati punibili con la pena capitale, in Riv. it. dir.

e proc. pen., 1994, 308 ss.; Marchesi, Estradizione e pena di morte

secondo l'art. 11 della convenzione europea di estradizione, in Riv. dir.

internaz-, 1991, 281 ss.; Marchetti, in Commento al nuovo codice

di procedura penale coordinato da Chlavario, Torino, 1991, VI, sub

art. 698, 669 s.; id., Estradizione per reati punibili con la pena di mor

te, in Cass, pen., 1995, 3414 ss.; Rottola, La competenza a valutare

le garanzie di non applicazione (o di non esecuzione) della pena capitale ai fini della concessione dell'estradizione, in Riv. dir. internaz. privato e proc., 1988, 465 ss.; M.C. Russo, Estradizione per reati punibili con

la pena di morte nell'ordinamento dello Stato richiedente, in Giust.

pen., 1981, I, 72 ss.; Salvini, Delitti punibili con la pena di morte

ed estradizione dopo la pronunzia della Corte costituzionale, in Riv.

it. dir. e proc. pen., 1980, 216 ss.; Trevisson Lupacchini, Note a mar

gine di una pronuncia in tema di estradizione dall'Italia verso Stati nei

quali è ancora in vigore la pena di morte, id., 1987, 195 ss.). In tale complessa cornice non va, però, trascurata, anche per le intui

tive implicazioni sul più generale piano della politica della cooperazione internazionale in materia penale, la vicenda 'italiana' relativa all'art.

11 della convezione europea di estradizione: alla formula delle «assu

rances jugées suffisantes par la Partie requise, que la peine capitale ne sera pas exécutée» — poi sostanzialmente 'trasferita' nell'art. 698, 2° comma, c.p.p. del 1988, adesso dichiarato, in parte qua, costituzio

nalmente illegittimo — l'Italia, in sede di sottoscrizione, contrapponeva la riserva 'secca' per la quale essa «n'accordera l'extradition pour des

infractione punies de la peine capitale par la loi de la partie requéran te». S'intende, dunque, per qual ragione — proprio a fronte del drasti

co impegno testé ricordato — sia per più aspetti apparso singolare che

l'Italia, pur in tempi successivi alla firma della convenzione europea, abbia negoziato accordi bilaterali riproduttivi della clausola delle «ga ranzie ritenute sufficienti» (in tal senso, cfr. Mosconi-Pisani, Le con

venzioni di estradizione e di assistenza giudiziaria. Linee di sviluppo e prospettive di aggiornamento, Milano, 1984, 91 s.): tra tali accordi

ruolo di primo piano riveste senza dubbio il trattato di estradizione

Italia-Stati uniti.(su cui cfr., per un ricco inquadramento introduttivo,

Pisani, Premessa al trattato di estradizione tra il governo della Repub blica italiana e il governo degli Stati uniti d'America, in Legislazione

pen., 1984, 401 ss.), firmato a Roma il 13 ottobre 1983, reso esecutivo

dalla 1. 26 maggio 1984 n. 225 ed entrato in vigore, a seguito dello

scambio degli strumenti di ratifica, il 24 settembre 1984, il cui art. IX

stabilisce, appunto, che «se il reato per il quale viene chiesta l'estradi

zione è punito con la pena di morte secondo le leggi della parte richie

dente, e le leggi della parte richiesta non prevedono, per il reato in

questione, tale pena, l'estradizione sarà rifiutata salvo che la parte ri

chiedente non si impegni, con garanzie ritenute sufficienti dalla parte

richiesta, a non fare infliggere la pena di morte oppure, se inflitta, a non farla eseguire».

In sede di primo commento si erano con chiarezza rimarcati i non

pochi coni d'ombra di tale previsione, che si riteneva — proprio con

riguardo all'art. 27, 4° comma, Cost. — «minata da un ineludibile vi

zio di illegittimità costituzionale» (così Pisa, Commento all'art. IX trattato

di estradizione Italia-Usa, in Legislazione pen., 1994, 425); a tale ap

prodo perviene, adesso, la corte, osservando — ben al di là delle più circoscritte problematiche circa l'autorità straniera legittimata a fornire le «garanzie» e la vincolatività delle stesse nell'ordinamento estero —

che il divieto di cui all'art. 27, 4° comma, Cost, e i valori ad esso

sottesi, impongono una «garanzia assoluta», a fronte della quale si ap palesa insufficiente (e, dunque, costituzionalmente illegittima) la norma

ordinaria che «demand(i) a valutazioni discrezionali, caso per caso, il

giudizio sul grado di attendibilità e di effettività delle garanzie accorda

te dal paese richiedente».

È, dunque, alla luce del principio aut dedere aut iudicare (codificato, sul piano della normativa interna, dagli art. 9 e 10 c.p.) che va trattata, ad avviso della corte, la vicenda relativa al diniego di estradizione ove

10 Stato richiedente punisca con la pena di morte il reato per il quale sia stata proposta domanda: per il fatto commesso all'estero il soggetto sarà, in tal caso, giudicato in Italia, secondo la legge italiana, a richie sta del ministro di grazia e giustizia. Si tratta di soluzione già indicata dalla sentenza n. 54 del 1979, che — nel corso dei lavori preparatori del codice del 1988 — la commissione parlamentare aveva chiesto di

generalizzare ad ogni ipotesi edittalmente punita all'estero con la pena di morte; al meno rigoroso art. 698, 2° comma, c.p.p. si era, tuttavia, del pari pervenuti, essendo apparso «inopportuno escludere la possibili tà di cooperazione proprio per reati di particolare gravità, con il rischio che il nostro Stato debba farsi carico delle procedure per tali reati»

(così la Relazione al progetto definitivo, in Le leggi, 1988, 2731).

11 Foro Italiano — 1996.

A fronte della odierna drastica declaratoria di incostituzionalità delle

norme sottoposte a scrutinio si pone, adesso, l'esigenza di delineare, anche nei confronti di Stati che mantengano le soglia edittale della pena di morte, modelli di cooperazione internazionale che salvaguardino la

«garanzia assoluta» pretesa dall'art. 27, 4° comma, Cost. Simili conge

gni rientrano, peraltro, già de iure condito nell'esperienza degli accordi

estradizionali sottoscritti dall'Italia: il riferimento (per il quale cfr., tra

gli altri, Chiavario, Una giustizia senza confini, cit.; Marchetti, Estra

dizione per reati punibili con la pena di morte, cit., 3415, nota 7; Pisa, Commento all'art. IX trattato di estradizione Italia-Usa, cit., 426; Pisani

Mosconi, Le convenzioni di estradizione e di assistenza giudiziaria, cit., 92 s.) è alle clausole di automatica commutazione della pena capitale

(cfr. l'art. 35 della convenzione con la Romania e l'art. 14 della con

venzione con l'Ungheria, in cui si stabilisce, in via generale e astratta, che la pena edittale di morte comminata dal paese richiedente «non

verrà applicata o, se è stata pronunciata, non verrà eseguita», e soprat tutto l'art. 31 della convenzione con il Marocco, secondo cui la pena di morte, edittalmente comminata dal sistema penale dello Stato richie

dente, «sarà sostituita con quella prevista per il medesimo reato dalla

legge del paese richiesto»), idonee a contemperare le non certo trascura

bili esigenze di 'lotta transnazionale contro il delitto' (per spunti note

voli, cfr. Pisani, Criminalità organizzata e giustizia organizzata, in In

dice pen., 1992, 493) con la tutela assoluta della vita come supremo e inviolabile diritto dell'uomo, di cui la corte si è risolutamente resa

interprete. [G. Dì Chiara]

* * ♦

La sentenza è così motivata: Fatto. — 1. - Avverso il decreto del

ministro di grazia e giustizia del 14 dicembre 1995, con cui si concede

al governo degli Stati uniti l'estradizione del cittadino italiano Pietro

Venezia, raggiunto da provvedimento restrittivo emesso il 30 dicembre

1993 dal giudice della contea di Dade (Florida) con l'imputazione di

omicidio di primo grado, l'estradando proponeva ricorso al Tar del

Lazio volto a ottenere l'annullamento, previa sospensione, del citato

decreto.

A fondamento dell'azione, il ricorrente deduceva l'illegittimità del

decreto ministeriale per l'incostituzionalità sia dell'art. 698, 2° comma,

c.p.p., sia della 1. 26 maggio 1984 n. 225 (ratifica ed esecuzione del

trattato di estradizione tra il governo della Repubblica italiana ed il

governo degli Stati uniti d'America, firmato a Roma il 13 ottobre 1983), nella parte in cui ratifica e dà esecuzione all'art. IX del trattato stesso.

2. - Disattese le eccezioni sul difetto di giurisdizione prospettate dal

l'avvocatura dello Stato, il tribunale adito sospendeva in via provviso ria il decreto ministeriale impugnato e con provvedimento contestuale

promoveva, in relazione agli art. 2, 3, Ile 27, 4° comma, Cost., que stione di legittimità costituzionale dell'art. 698, 2° comma, c.p.p., e

della 1. n. 225 del 1984, nella parte in cui ratifica e dà esecuzione al

l'art. IX del citato trattato di estradizione.

2.1. - Osserva il collegio rimettente che il decreto impugnato non

va ascritto al novero degli atti politici e, dunque, è sottoposto al sinda

cato del giudice amministrativo. Esso verrebbe a concludere due auto

nome fasi procedimentali distinte l'una dall'altra, ancorché unite da

un nesso di presupposizione, e non v'è dubbio che l'autorità ammini strativa esplichi una propria attività di valutazione. Sì che la giurisdi zione amministrativa verrebbe a radicarsi sul provvedimento finale, an che se non la si voglia estendere al riesame della sussistenza delle condi zioni richieste per l'accoglimento della domanda di estradizione, accertate dal giudice ordinario ai sensi dell'art. 704 c.p.p. Con altrettanta auto

nomia, il giudice amministrativo potrebbe conoscere le censure inerenti alla legittimità delle fonti normative su cui si basa l'esercizio del potere ministeriale, spettandogli di verificare i presupposti di legittimità del l'atto amministrativo alla luce di quanto dispongono gli art. 24 e 113 Cost.

2.2. - Motivando specificamente sulla rilevanza, il Tar del Lazio ri

corda l'orientamento della Corte costituzionale sull'ammissibilità della

questione sollevata dal giudice rimettente che sospenda l'atto impugna to, in via provvisoria, sino alla ripresa del giudizio cautelare dopo l'in cidente di costituzionalità (cfr. sentenza n. 440 del 1990, Foro it., Rep. 1991, voce Impugnazioni penali, n. 31, e ordinanza n. 24 del 1995, id., Rep. 1995, voce Tributi locali, n. 259). La questione sarebbe quindi rilevante ai fini della decisione sulla domanda cautelare di sospensione del provvedimento impugnato, che sembrerebbe — prima facie — im mune da vizi di eccesso di potere e procedimentali, in quanto congrua mente motivato circa l'affidabilità delle garanzie fornite dal governo degli Stati uniti di non infliggere la pena capitale all'estradando e, co

munque, di non darvi esecuzione. Detto provvedimento si palesa illegittimo, perché adottato in base

a disposizioni ritenute incostituzionali. La possibilità di estradare un cittadino italiano affinché venga sottoposto da parte dello Stato richie dente a un processo per un reato punito con la pena capitale — quan tunque subordinata a garanzie o assicurazioni sufficienti in ordine alla

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

mancata irrogazione o esecuzione di essa — sarebbe in conflitto con

1 principi fondamentali della Costituzione, quale che sia la natura delle

assicurazioni fornite. Di qui, la non manifesta infondatezza della que stione.

2.3. - Viene innanzitutto in rilievo, ad avviso del rimettente, l'art.

2 Cost., che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, fra

i quali vi è certo quello alla vita, la cui assolutezza è stata sottolineata

da questa corte nella sentenza n. 54 del 1979 (id., 1979, I, 301). Nel

contempo va ricordato che con specifico riferimento all'art. 11 — ove

si consente l'estradizione sub condicione — il governo italiano ha appo sto riserva alla convenzione europea di estradizione ratificata con la

1. 30 gennaio 1963 n. 300, impegnandosi a negare la concessione per i reati punibili dalla legge dello Stato richiedente con la pena capitale.

2.4. - Vi sarebbe lesione, altresì, dell'art. 27 Cost, per il rischio di

valutazioni soggettive difformi, in momenti storico-politici diversi, poi ché la clausola denunciata affida all'apprezzamento discrezionale del

ministro di grazia e giustizia — secondo criteri non definiti — il giudi zio sulle assicurazioni fornite dallo Stato richiedente, le quali non pre sentano quel carattere di certezza che i menzionati parametri costituzio

nali impongono, fondandosi la garanzia soltanto sulla capacità dell'or

ganismo governativo che ha contratto l'impegno di esigerne il rispetto. Né in proposito suffraga il richiamo all'art. VI della Costituzione degli Stati uniti d'America, giacché manca nel trattato un presidio di effetti

vità per tali garanzie, non essendo il governo federale vincolato a parti colari forme o tipi di assicurazione, che incontrerebbero, d'altronde, un limite nell'autonomia dei singoli Stati.

Il giudice a quo invoca quindi l'art. 3, sotto il profilo dell'uguaglian za, che sarebbe vulnerato per il diverso atteggiamento che lo Stato ita

liano ha assunto nello stipulare convenzioni con altri paesi — da ultimo

con la Romania, l'Ungheria e il Marocco — nelle quali si è stabilito

un vincolo diretto per il giudice dello Stato richiedente a non irrogare, o a non eseguire, la pena di morte. E infine deduce il contrasto con

l'art. 11 Cost., sottolineando ch'esso consente «limitazioni di sovrani

tà» solo in quanto «necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni».

3. - È intervenuto il presidente del consiglio dei ministri, rappresenta to e difeso dall'avvocatura dello Stato, concludendo per l'inammissibi

lità e, comunque, per l'infondatezza.

3.1. - La questione sarebbe inammissibile, poiché il sindacato sulla

legittimità dell'atto amministrativo di concessione dell'estradizione è cir

coscritto alla decisione dell'autorità governativa e non può estendersi

alla fase giurisdizionale svoltasi davanti alla corte d'appello competente

per territorio e, poi, dinanzi alla Corte di cassazione in sede d'impugna zione nel merito. Le due decisioni non potrebbero sovrapporsi, spettan do all'autorità giudiziaria l'esame dei requisiti previsti dalla legge e dal

la convenzione internazionale, e inerendo al ministro il compito di va

gliare, in base a considerazioni di natura politica (anche contingenti), circa lo stato delle relazioni diplomatiche con il paese richiedente, se

concedere l'estradizione. Il rapporto fra i due momenti, giurisdizionale e politico-amministrativo, sarebbe chiaramente enunciato dall'art. 701

c.p.p. Il Tar del Lazio non poteva espandere il proprio sindacato alla pro

nuncia sui diritti dell'estradando già apprezzati dall'autorità giudizia ria: doveva limitarsi a giudicare degli interessi legittimi vantati da costui

con riguardo alla salvaguardia del giusto procedimento e alla legittimità delle valutazioni di ordine politico compiute dal ministro; né potrebbe avere cognizione delle censure sulle fonti normative sottostanti all'atto

impugnato. Può infatti dubitare, ad avviso dell'avvocatura, soltanto

delle fonti che attribuiscono discrezionalità al ministro, mentre il colle

gio rimettente pone in discussione il provvedimento di estradizione, ri

chiamando i diritti soggettivi dell'estradando, fra cui quello alla vita

già esaminato dal giudice ordinario.

3.2. - Nel merito, la questione sarebbe comunque infondata, e il ri

chiamo alla sentenza n. 54 del 1979 di questa corte non pertinente: la norma denunciata in quella circostanza consentiva l'estradizione sen

za alcuna limitazione o cautela anche per i reati sanzionati con la pena

capitale; mentre quella oggetto della presente censura postula garanzie che la condanna a morte non sarà irrogata, o eseguita, qualora sia con

cessa l'estradizione. Del pari irrilevante sarebbe il riferimento alla espressa riserva apposta dall'Italia alla convenzione europea di estradizione, in

quanto anteriore al trattato con gli Stati uniti.

La norma censurata ricollega il provvedimento di estradizione alla

sussistenza di parametri certi, obiettivi e autovincolanti che — a giudi zio della Corte di cassazione — sono riscontrabili nell'impegno assunto

dal governo federale statunitense con le peculiari caratteristiche dell'ob

bligazione internazionale, resa vincolante nei confronti dello Stato fede

rato dall'art. VI della Costituzione del 1787. D'altronde, analoga situa

zione si verifica anche nel nostro ordinamento, allorché si ottenga l'e

stradizione soltanto per alcuni reati, in tale ipotesi l'art. 720 c.p.p. vincola

l'autorità giudiziaria alle condizioni poste dallo Stato estradante, e libe

ramente accettate. L'obbligo internazionale è dunque recepito in una

Il Foro Italiano — 1996.

norma interna, mentre nell'ordinamento statunitense il rispetto di esso

sarebbe assicurato — in ragione della struttura federale — direttamente

dalla norma costituzionale. Nel caso di specie — è quanto rileva la

Corte di cassazione — «la sanzione capitale deve aversi come non più esistente o comunque inoperante».

Non vi sarebbe lesione, pertanto, degli indicati parametri costituzionali. L'art. 27, 4° comma, Cost., non si può leggere, infatti, al di fuori

del sistema, ma deve coordinarsi sia con l'art. 26 — pertinente nella

sua specificità — sia con gli art. 10 e 11, che conferiscono rango costi

tuzionale ai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti, fra cui l'antico e consolidato pacta sunt servanda. Il divieto della pena di morte non può quindi porre in crisi quella fondamentale forma di

collaborazione giudiziaria internazionale che si attua mediante l'estradi

zione. Significativamente, l'art. 26 Cost, consente l'estradizione del cit

tadino «ove sia espressamente prevista dalle convenzioni internaziona

li», escludendola per i reati politici. Assolutizzando il divieto per i reati puniti con la pena capitale, si

verrebbe a configurare un diritto di asilo o, quanto meno, un ingiustifi cato diritto a essere assoggettati alla giurisdizione penale italiana per i reati di maggiore gravità (art. 9 c.p.), e ciò in aperta elusione, secondo

l'avvocatura, del principio della territorialità della legge penale. 4. - Destinatario di notifica tanto da parte del giudice a quo quanto

da parte del ricorrente, il governo degli Stati uniti — che assume di

essere titolare dell'interesse alla legittimità del provvedimento di estra

dizione — si è costituito, concludendo per l'infondatezza della questio ne limitatamente alla legge di ratifica e di esecuzione del trattato di

estradizione.

4.1. - Nel merito, si richiamano le argomentazioni svolte dalla difesa

del presidente del consiglio dei ministri sul punto della vincolatività del

l'impegno assunto mediante assicurazioni dallo Stato richiedente; e si

sottolinea che — in base all'art. I, sezione X, della Costituzione statu

nitense — gli Stati federati non possono sottoscrivere trattati interna

zionali, di esclusiva competenza dell'autorità federale, e sono obbligati a osservarne le disposizioni, secondo quanto chiarito dalla giurispru denza della Corte suprema federale. Sì che le assicurazioni fornite dal

governo degli Stati uniti con le note verbali del 28 luglio 1994, 24 ago sto 1995 e 12 gennaio 1996 sono da considerare vincolanti per lo Stato

della Florida e i suoi giudici. In caso di violazione, il governo degli Stati uniti attiverà i rimedi necessari, sino a provocare l'intervento della

corte federale.

5. - Si è costituita anche la parte privata, chiedendo la declaratoria

di illegittimità costituzionale delle norme denunciate. L'estradando os

serva che il trattato fra l'Italia e gli Stati uniti non fornisce adeguata tutela all'imputato di un reato punibile, nel territorio degli Stati uniti, con la pena di morte; mentre più ampie garanzie si riscontrano, ad

esempio, nel trattato fra l'Italia e il Marocco, ov'è prevista la sostitu

zione della pena capitale con quella stabilita, nel nostro paese, per il

medesimo reato. Non vi sarebbe quindi ragionevole certezza circa la

mancata irrogazione o non esecuzione della pena di morte, giacché l'art.

VI della Costituzione statunitense coprirebbe i trattati fra gli Stati del

l'Unione e non quelli internazionali, fra i quali rientra il trattato di

estradizione.

Diritto. — 1. - Viene all'esame della corte, in relazione agli art. 2,

3, 11 e 27, 4° comma, Cost., la questione di legittimità costituzionale

dell'art. 698, 2° comma, c.p.p. e della 1. 26 maggio 1984 n. 225 (ratifi ca ed esecuzione del trattato di estradizione tra il governo della Repub blica italiana ed il governo degli Stati uniti d'America, firmato a Roma

il 13 ottobre 1983), nella parte in cui dà esecuzione all'art. IX del trat tato ora citato, ove si prevede l'estradizione anche per i reati puniti con la pena capitale a fronte dell'impegno assunto dal paese richiedente — con garanzie ritenute sufficienti dal paese richiesto — a non infligge re la pena di morte o, se già inflitta, a non farla eseguire.

2. - È ammissibile la costituzione del governo degli Stati uniti d'Ame

rica, in quanto parte legittimata a resistere nel giudizio a quo, come

risulta dal ricorso del Venezia — notificato all'ambasciata degli Stati

uniti in Italia — e dalle ordinanze di rimessione e di sospensione adot

tate dal Tar del Lazio, ritualmente comunicate. Al profilo formale cor

risponde la titolarità dell'interesse sostanziale, sia con riguardo all'og

getto della controversia di merito, sia con riferimento all'incidente di

costituzionalità su norme che sono a fondamento della richiesta e del

provvedimento di concessione dell'estradizione, una delle quali è quella che dà esecuzione al trattato di cui il governo degl Stati uniti è contraente.

3. - Occorre quindi valutare se la questione sia ammissibile perché sollevata nell'ambito di un giudizio, pendente davanti al Tar del Lazio,

riguardante la legittimità del decreto con cui il ministro di grazia e giu stizia ha concesso l'estradizione di Pietro Venezia su richiesta del gover no degli Stati uniti d'America. L'avvocatura dello Stato osserva, in pro

posito, che tale giudizio verte sull'interesse legittimo dell'estradando al

corretto esercizio del potere politico-amministrativo del ministro e non

sul diritto soggettivo, quello alla vita, già considerato dal giudice ordi

nario, con competenza esclusiva, in duplice grado (corte d'appello e,

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Page 5: Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile

2591 PARTE PRIMA 2592

in sede di impugnazione estesa al merito, Corte di cassazione). Né ver

rebbero in rilievo le disposizioni denunciate, poiché attengono alla giu risdizione ordinaria rispetto alla quale il decreto ministeriale appare un

diaframma insormontabile.

3.1 - L'eccezione va disattesa.

L'art. 697 c.p.p. stabilisce che la consegna d'una persona a uno Stato

estero può aver luogo soltanto mediante estradizione; e l'art. 698, 2°

comma, prevede garanzie processuali e procedimentali per i fatti puniti con la pena di morte dalla legge dello Stato estero, subordinando la

concessione dei provvedimento di estradizione alla decisione del giudice ordinario circa le assicurazioni fornite dal paese richiedente, e alla suc

cessiva valutazione del ministro di grazia e giustizia su di esse.

Il decreto impugnato davanti al giudice amministrativo ha considera

to, in relazione al diritto alla vita dell'estradando, le assicurazioni for

nite dallo Stato estero. Ha dunque rilevanza il dubbio di costituzionali

tà riguardante l'art. 698, 2° comma, c.p.p., poiché esso attribuisce un

potere al ministro che, nella specie, ne ha fatto uso; e ha rilevanza,

altresì, quello che concerne la legge di esecuzione del trattato, n. 225

del 1984, poiché in forza di essa sono investite le due autorità (giudizia ria e amministrativa) indicate nel citato art. 698.

Né può sostenersi che il giudice a quo avrebbe invocato diritti sogget tivi esclusi dalla propria cognizione: il sindacato di legittimità del prov vedimento impugnato — condotto sul piano dell'osservanza delle leggi che regolano l'azione ministeriale — non può non compiersi, infatti, anche con riguardo alla legalità costituzionale, che è, anzi, il primo doveroso controllo da parte di ogni giudice dello Stato. Controllo di

legalità che, tuttavia, non può intendersi limitato ai principi dell'azione

amministrativa in senso stretto se, e in quanto, essa insista su beni o

interessi tutelati (in massimo grado) dalla Costituzione. Di qui, l'am

missibilità della questione. 4. - Nel merito la questione è fondata.

Il divieto della pena di morte ha un rilievo del tutto particolare —

al pari di quello delle pene contrarie al senso di umanità — nella prima

parte della Carta costituzionale.

Introdotto dal 4° comma dell'art. 27, sottende un principio «che in

molti sensi può dirsi italiano» — sono parole tratte dalla relazione della

commissione dell'assemblea costituente al progetto di Costituzione, nel

la parte dedicata ai rapporti civili — principio che, «ribadito nelle fasi

e neii regimi di libertà del nostro paese, è stato rimosso nei periodi di reazione e di violenza», configurandosi nel sistema costituzionale quale

proiezione della garanzia accordata al bene fondamentale della vita, che è il primo dei diritti inviolabili dell'uomo riconosciuti dall'art. 2.

L'assolutezza di tale garanzia costituzionale incide sull'esercizio delle

potestà attribuite a tutti i soggetti pubblici dell'ordinamento repubblica no, e nella specie su quelle potestà attraverso cui si realizza la coopera zone internazionale ai fini della mutua assistenza giudiziaria. Si che

l'art. 27, 4° comma, letto alla luce dell'art. 2 Cost., si pone quale es

senziale parametro di valutazione della legittimità costituzionale della

norma generale sulla concessione dell'estradizione (art. 698, 2° comma,

c.p.p.), e delle leggi che danno esecuzione a trattati internazionali di

estradizione e di assistenza giudiziaria. 5. - Questa corte ha già affermato che il concorso, da parte dello

Stato italiano, all'esecuzione di pene «che in nessuna ipotesi, e per nes sun tipo di reati, potrebbero essere inflitte in Italia nel tempo di pace» è di per sé lesivo della Costituzione (sentenza n. 54 del 1979, cit.), Il

punto ora in esame è se rappresentino un rimedio adeguato le «garan zie» o «assicurazioni» previste dal citato art. 698, 2° comma, e dalla 1. 26 maggio 1984 n. 225, di rattifica ed esecuzione del trattato di estra dizione fra il governo della Repubblica italiana e quello degli Stati uniti d'America firmato a Roma il 13 ottobre 1983; e in particolare se sia

conforme alla Costituzione detta legge, nella parte in cui dà esecuzione all'art. IX del trattato stesso, ove si stabilisce che l'estradizione sarà

negata qualora il reato sia punibile con la pena di morte secondo le

leggi della parte richiedente. Salvo che quest'ultima «non si impegni con garanzie ritenute sufficienti dalla parte richiesta a non fare infligge re la pena di morte oppure, se inflitta, a non farla eseguire».

Come già si è detto, il procedimento delineato dall'art. 698, 2° com

ma, c.p.p., si impernia su un duplice vaglio epletato, caso per caso, dall'autorità giudiziaria e dal ministro di grazia e giustizia circa la «suf

ficienza» delle predette garanzie. L'estradizione è dunque concessa (o

negata) in seguito a valutazioni svolte dalle autorità italiane sulle singo le richieste con accertamenti nei limiti indicati. Tale soluzione offre, in astratto, il vantaggio di una politica flessibile da parte dello Stato

richiesto, e consente adattamenti, nel tempo, in base a considerazioni di politica criminale; ma nel nostro ordinamento, in cui il divieto della

pena di morte è sancito dalla Costituzione, la formula delle «sufficienti assicurazioni» — ai fini della concessione dell'estradizione per fatti in ordine ai quali è stabilita la pena capitale dalla legge dello Stato estero — non è costituzionalmente ammissibile. Perché il divieto contenuto nell'art. 27, 4° comma, Cost., e i valori ad esso sottostanti — primo fra tutti il bene essenziale della vita — impongono una garanzia assoluta.

Non hanno fondamento i dubbi della parte privata sulla sussistenza di rimedi giudiziari nell'ordinamento statunitense a tutela della vincola

li Foro Italiano — 1996.

tività dei trattati internazionali stipulati dal governo federale, e non

è in questione l'interpretazione dell'art. VI della Costituzione statuni

tense. Il punto che qui rileva non è quello dei rimedi contenuti nell'or

dinamento straniero, bensì l'intriseca inadeguatezza del meccasnimo adot

tato dal codice di procedura penale e dalla legge di esecuzione del trat

tato in esame rispetto al canone costituzionale: l'assolutezza del principio costituzionale richiamato viene infirmata dalla presenza di una norma

che demanda a valutazioni discrezionali, caso per caso, il giudizio sul

grado di affidabilità e di effettività delle garanzie accordate dal paese richiedente.

6. - Si impone dunque la declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 698, 2° comma, c.p.p., e della 1. n. 225 del 1984, nella parte in cui dà esecuzione all'art. IX del trattato di estradizione tra il governo italiano e quello degli Stati uniti d'America, per contrasto con gli art.

2 e 27, 4° comma, Cost. Va da sé che resta applicabile il rimedio predi sposto dall'art. 9, 3° comma, c.p., in ottemperanza agli obblighi alter

nativi che gravano sullo Stato (consegnare o punire): a richiesta del

ministro di grazia e giustizia, sono puniti secondo la legge italiana i

colpevoli di delitti commessi in territorio estero, sanzionati con almeno

tre anni di reclusione, allorché l'estradizione non sia stata o non possa essere concessa (sentenza n. 54 del 1979, n. 7 del considerato in diritto).

Sono assorbite le censure mosse in riferimento agli art. 3 e 11 Cost.

Per questi motivi, la Corte costituzionale a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 698, 2° comma, c.p.p. b) dichiara l'illegittimità costituzionale della 1. 26 maggio 1984 n. 225 (ratifica ed esecuzione del trattato di estradizione tra il governo della Repubblica italiana ed il governo degli Stati uniti d'America, firmato a Roma il 13 ottobre

1983), nella parte in cui dà esecuzione all'art. IX del trattato di estradi

zione ora citato.

Straniero — Cittadini extracomunitari — Disciplina — Reitera

zione di decreti-legge decaduti — Questione non manifesta

mente infondata di costituzionalità (Cost., art. 2, 3, 13, 24,

25, 27, 77, 111; d.l. 30 dicembre 1989 n. 416, norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno di cittadi

ni extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extraco

munitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato, art.

7 ter, 1. 28 febbraio 1990 n. 39, conversione in legge, con

modificazioni, del d.l. 30 dicembre 1989 n. 416, art. 1; d.l.

18 novembre 1995 n. 489, disposizioni urgenti in materia di

politica dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'in

gresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei

paesi non appartenenti all'Unione europea, art. 7; d.l. 18 gen naio 1996 n. 22, disposizioni urgenti in materia di politica

dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso e

soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei paesi non

appartenenti all'Unione europea, art. 7; d.l. 19 marzo 1996

n. 132, disposizioni urgenti in materia di politica dell'immi

grazione e per la regolamentazione dell'ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei paesi non appartenen ti all'Unione europea, art. 7; d.l. 17 maggio 1996 n. 269,

disposizioni urgenti in materia di politica dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso e soggiorno nel terri

torio nazionale dei cittadini dei paesi non appartenenti all'U

nione europea).

Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del d.l. 17 maggio 1996 n. 269, nella parte in

cui, mediante reiterazione, rinnova l'efficacia di norme decadu

te a seguito della mancata conversione, nel termine fissato dalla

norma costituzionale, di un precedente decreto-legge che le pre

vedeva, in riferimento all'art. 77 Cost. (1)

Corte costituzionale; ordinanza 14 giugno 1996, n. 197 (Gaz zetta ufficiale, la serie speciale, 19 giugno 1996, n. 25); Pres.

Ferri, Est. Cheli; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Pret. Roma

11 dicembre, 1° dicembre, 29, 27, 25, 24 novembre 1995; Pret.

La Spezia 16 dicembre 1995, Pret. Genova 19 febbraio 1996

(G.U., la s.s., nn. 3, 6, 12, 13, 17, 19 del 1996).

(1) La presente ordinanza costituisce un'ulteriore, importante, tappa del cammino intrapreso dalla Corte costituzionale per porre un freno all'abuso della decretazione d'urgenza, sia attraverso la verifica della

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Page 6: Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

sussistenza delle condizioni della necessità ed urgenza, sia della costitu zionalità del fenomeno, strettamente connesso, della reiterazione di de creti decaduti. Per una ricostruzione di tale giurisprudenza v. la nota di richiami di Romboli a Corte cost., ord. 24 aprile 1996, n. 130, in

questo fascicolo, I, 2315. Con la presente ordinanza la corte osserva come — al fine di valutare

la sussistenza delle condizioni da essa stessa affermate (v. sent. 21 mar zo 1996, n. 84, Foro it., 1996, I, 1113, con nota di richiami e osserva zioni di Romboli) per poter procedere al «trasferimento» della questio ne di costituzionalità sollevata in riferimento ad un determinato d.l. decaduto ad altro, contenente la reiterazione del primo nello stesso, identico testo — appare preliminarmente necessario verificare la legitti mità costituzionale del fenomeno della reiterazione di decreti decaduti

per inutile decorso del termine fissato dalla Costituzione. Per questo, operando nella veste di giudice a quo, essa ha sollevato davanti a sé

questione di costituzionalità del d.l. 269/96, non mancando di sottoli neare (e la cosa potrebbe svolgere anche un ruolo importante nella fu tura decisione sulla questione adesso sollevata) che la materia discipli nata dal d.l. impugnato attiene alla sfera dei diritti fondamentali della

persona ed è suscettibile di produrre su tale sfera effetti irreversibili. Per alcune tra le ordinanze di rimessione che hanno sollevato la que

stione di legittimità costituzionale dell'art. 7 ter d.l. 416/89, convertito in 1. 39/90, introdotto dall'art. 7, 3° comma, d.l. 489/95, relativamente alla nuova figura dell'espulsione a richiesta del p.m. ed al ricorso allo strumento del decreto-legge, v. Pret. Palermo, ord. 18 dicembre 1995, Pret. Macerata, ord. 27 novembre 1995 e Pret. Roma, ord. 25 novem bre 1995, ibid., II, 92, con nota di richiami e osservazioni di F.M. Amato.

In ordine al provvedimento di espulsione da parte dello Stato italiano nei confronti di un cittadino comunitario, v. Corte giust., 30 novembre

1995, causa C-175/94, che sarà riportata in un prossimo fascicolo.

Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Liguria —

Edilizia — Pareri igienico sanitari — Tariffe — Determina zione — Limiti e controlli — Mancanza — Esclusione — Que stione infondata di costituzionalità (Cost., art. 23; 1. reg. Li

guria 29 marzo 1973 n. 9, disciplina dell'esercizio delle fun

zioni trasferite o delegate dal d.p.r. 14 gennaio 1972 n. 4, in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera, art. 3; 1. reg.

Liguria 29 giugno 1981 n. 23, norme relative all'esercizio del

le funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, di vigilanza sulle farmacie e di polizia veterinaria, art. 7; 1. reg. Liguria 11 giugno 1984 n. 30, norme per l'igiene e la sicurezza negli ambienti di lavoro e per l'organizzazione e il funzionamento

dei presidi multizonali di prevenzione negli ambienti di vita

e di lavoro, art. 14).

È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art.

4, n. 3, 1. reg. Liguria 29 marzo 1973 n. 9, 7 1. reg. Liguria 29 giugno 1981 n. 23 e 14 1. reg. Liguria 11 giugno 1984 n.

30, nella parte in cui, mediante l'identificazione dei soggetti,

dell'oggetto e dello scopo delle imposte prestazioni patrimoniali e tramite la previsione di appositi organi consultivi destinati ad

affiancare la giunta regionale nella determinazione delle tariffe

per il rilascio dei pareri igienico sanitari delle Usi in materia

edilizia, individuano, sia pure implicitamente, limiti e controlli

sufficienti ad impedire che il potere impositivo attribuito in ma

teria alla regione sconfini nell'arbitrio, in riferimento all'art.

23 Cost. (1)

Corte costituzionale; sentenza 31 maggio 1996, n. 180 (Gaz

zetta ufficiale, V serie speciale, 5 gennaio 1996, n. 23); Pres. Ferri, Est. Ruperto; Soc. Progetti e costruzioni (Avv. Luciani)

c. Usi 14 Genova; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato

Sacchetti). Ord. Tar Liguria 18 maggio 1995 n. 799 (G.U., la

ss., n. 48 del 1995).

(1) La corte ha risolto nel senso della massima l'esaminata questione di costituzionalità uniformandosi ai richiamati precedenti, concernenti

il riconoscimento della possibilità di imporre con legge regionale presta zioni patrimoniali, la dichiarazione di relatività della riserva di legge

prevista dall'art. 23 Cost., l'affermazione dell'osservanza di tale nor

II Foro Italiano — 1996.

ma, anche in assenza di una espressa indicazione legislativa dei criteri, limiti e controlli sufficienti a circoscrivere l'ambito di discrezionalità della pubblica amministrazione, purché gli stessi siano desumibili dalla destinazione della prestazione, ovvero della composizione e dal funzio namento degli organi competenti a determinarne la misura. La linea di tendenza della corte, ribadita nella specie, ha suscitato, tuttavia, qualche perplessità in una parte della dottrina (Fedele, Prestazioni imposte, voce dell' Enciclopedia giuridica Treccani, 1991, XXV, spec. 9-10), per la quale sarebbe auspicabile che «le motivazioni di talune delle sentenze non si consolidino in massime che potrebbero portare a risultati discuti bili e comunque all'attribuzione alla corte di un eccessivo margine di

apprezzamento circa la legittimità delle norme innanzi a lei impugnate».

* * *

La sentenza è così motivata: Diritto. — 1. - Il Tar della Liguria dubi ta della legittimità costituzionale dell'art. 27 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616 (attuazione della delega di cui all'art. 1 1. reg. 22 luglio 1975 n.

382), dell'art. 4, n. 3, 1. reg. Liguria 29 marzo 1973 n. 9 (disciplina per la regione Liguria dell'esercizio delle funzioni trasferite o delegate dal d.p.r. 14 gennaio 1972 n. 4, in materia di assistenza sanitaria ed

ospedaliera), dell'art. 7 1. reg. Liguria 29 giugno 1981 n. 23 (norme relative all'esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubbli ca, di vigilanza sulle farmacie e di polizia veterinaria), nonché dell'art. 14 1. reg. Liguria 11 giugno 1984 n. 30 (norme per l'igiene e la sicurezza

negli ambienti di lavoro e per l'organizzazione e il funzionamento dei

presidi multizonali di prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro). Tutte le norme impugnate si porrebbero in contrasto con l'art. 23

Cost., in quanto non conterrebbero l'indicazione dei criteri di determi nazione delle tariffe per il rilascio del parere igienico-sanitario richiesto alle unità sanitarie locali da parte dei privati in materia edilizia, e così risulterebbe assente qualsiasi statuizione atta a vincolare l'azione della

pubblica amministrazione, la quale verrebbe dunque a godere di una

discrezionalità senza limiti. (Omissis) 3. - Nel merito, le questioni sono infondate. 3.1. - Non v'è dubbio che alle tariffe in esame, siccome determinate

con unilaterale atto autoritativo, alla cui adozione non concorre la vo

lontà del privato — il quale si limita ad avvalersi di un servizio norma tivamente riservato alla mano pubblica, onde soddisfare un essenziale

bisogno della vita, com'è quello legato al concreto esercizio dello ius

aedificandi ed al successivo rilascio della licenza di abitabilità (v. sen tenza n. 127 del 1988, Foro it., 1988, I, 2528, e n. 72 del 1969, id., 1969,1, 1402) —, sia da attribuire la natura di «prestazioni patrimonia li imposte», soggette dunque alla garanzia dettata dall'art. 23 Cost.

Ma tale parametro — secondo la costante giurisprudenza di questa corte — prevede una riserva a carattere relativo, la quale non esige che la prestazione sia imposta «per legge» (da cui risultino espressa mente individuati tutti i presupposti e gli elementi), ma richiede soltan to che essa sia istituita «in base alla legge» (v. sentenze nn. 236 del

1994, id., Rep. 1994, voce Demanio, n. 18 e 90 del 1994, ibid., voce

Vigili del fuoco, n. 3). Sicché la norma costituzionale deve ritenersi

rispettata anche in assenza di un'espressa indicazione legislativa dei cri

teri, limiti e controlli sufficienti a circoscrivere l'ambito di discreziona lità della pubblica amministrazione, purché gli stessi siano desumibili dalla destinazione della prestazione, ovvero della composizione e dal funzionamento degli organi competenti a determinarne la misura (v. sentenze n. 182 del 1994, ibid., voce Porti, n. 11 e n. 507 del 1988, id., 1988, I, 2098), secondo un modulo procedimentale idoneo ad evita re possibili aribitri.

3.2. - Ciò premesso, v'è anzitutto da rilevare come alla denuncia del l'art. 27 d.p.r. n. 616 del 1977 vada attribuito un valore puramente negativo, che non concorre certo al corretto inquadramento della com

plessiva censura, da considerarsi indirizzata piuttosto sulla sequenza delle

leggi regionali congiuntamente impugnate. Ed invero detta norma mira solo — in linea con la delega contenuta nell'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 382 — a completare e ridefinire il trasferimento dallo Stato alle re

gioni di funzioni amministrative già delegate, relativamente alla materia de qua, dall'art. 13, 2° comma, n. 6, d.p.r. 14 gennaio 1972 n. 4.

Essa non contiene, neppure implicitamente, alcuna disposizione idonea ad essere interpretata come istitutiva delle menzionate tariffe per il rila scio dei pareri igienico-sanitari; sicché, per ciò stesso, non potrebbe prevederne i relativi criteri e limiti.

Il richiesto vaglio di costituzionalità va quindi focalizzato sulla nor mativa di fonte regionale, dopo avere ancora una volta qui ribadito che l'imposizione di una prestazione patrimoniale operata da una legge regionale è costituzionalmente legittima in via di principio (v. sentenze n. 148 del 1979, id., 1980, I, 3, e n. 64 del 1965, id., 1965, I, 1577).

3.3. - Il denunciato art. 4, n. 3, 1. reg. Liguria 29 marzo 1973 n. 9 prevede che «Al presidente della giunta regionale, su proposta dell'as

sessore incaricato, sentita la giunta, spetta: ... 3) l'approvazione delle tariffe concernenti. ... 6) le prestazioni eseguite nell'interesse privato da parte degli ufficiali sanitari, di cui al r.d. 27 luglio 1934 n. 1256»

(unica previsione, questa, evidentemente oggetto di censura, seppur non

espressamente specificato). L'art. 7 1. reg. Liguria 29 giugno 1981 n. 23 stabilisce, a sua volta,

che «Le tariffe per gli accertamenti e per le indagini in materia di igiene

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e sanità pubblica, medicina legale e veterinaria espletati nell'interesse

dei privati e su loro richiesta dalle unità sanitarie locali, sono stabilite

dalla giunta regionale sentito il comitato sanitario regionale di cui al

l'art. 26 (modificativo dell'art. 10 1. reg. n. 9 del 1973)». Infine, l'art. 14 1. reg. Liguria 11 giugno 1984 n. 30 dispone, al 1°

comma, che «Le unità sanitarie locali possono svolgere mediante i pro

pri servizi o tramite i presidi multizonali di prevenzione: a) attività per

privati e per enti pubblici nonché attività di consulenza e supporto tec

nico nei confronti degli enti locali»; e sancisce, all'ultimo comma, che

«Le relative tariffe, qualora non previste da specifiche norme di legge 0 di regolamento, sono stabilite dalla giunta regionale, sentito il comi

tato regionale richiamato all'art. 1, 1° comma (ossia il comitato regio nale per la tutela della salute e per la sicurezza negli ambienti di lavoro, istituito dall'art. 3 1. reg. Liguria 9 settembre 1974 n. 35, come modifi

cato dall'art. 27 1. reg. n. 23 del 1981)». 3.4. - Da tutte le citate norme (susseguitesi nel tempo) emergono,

non solo l'espressa compiuta identificazione dei soggetti tenuti alla pre stazione e dell'oggetto nonché dello scopo di questa, ma implicitamente anche quei limiti e controlli sufficienti a impedire che il potere di impo sizione sconfini nell'arbitrio.

È vero infatti che le tariffe debbono essere approvate dalla giunta

regionale. Ma contestualmente è per legge disposta — onde assicurare

un'effettiva congrua ponderazione degli interessi coinvolti — anche la

partecipazione di organi consultivi, dotati di spiccata competenza tecni

ca desumibile dalla loro composizione ordinaria, allargata, nei casi pre visti, alla partecipazione di altri esperti o di possibili categorie interessa

te (v. il citato art. 3 1. reg. Liguria n. 35 del 1974 quanto al comitato

regionale per la tutela della salute e per la sicurezza negli ambienti di

lavoro, nonché gli art. 10 e 11 1. reg. Liguria n. 9 del 1973 relativamen

te al comitato sanitario regionale).

Proprio la qualificazione di codesto comitato, da un lato, e la collo

cazione del parere nel corso del procedimento, dall'altro lato, posti in

relazione con l'estrema varietà e l'ampia latitudine che la materia edili

zia può presentare in quest'ambito, forniscono garanzia di oggettività nella concreta determinazione dell'onere e di adeguata ponderazione tec

nica dei molteplici elementi implicati nella valutazione. La quale — oc

corre sottolineare — presuppone che vengano motivatamente comparati 1 costi reali e i corrispettivi poi indicati, restando anche sotto tale profi lo soggetta ai controlli, non escluso quello giurisdizionale, generalmente

previsti per i provvedimenti determinativi della pubblica amministrazione.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondate le que stioni di legittimità costituzionale dell'art. 27 d.p.r. 24 luglio 1977 n.

616 (attuazione della delega di cui all'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 382), dell'art. 4, n. 3, 1. reg. Liguria 29 marzo 1973 n. 9 (disciplina per la

regione Liguria dell'esercizio delle funzioni trasferite o delegate dal d.p.r. 14 gennaio 1972 n. 4, in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera), dell'art. 7 1. reg. Liguria 29 giugno 1981 n. 23 (norme relative all'eserci

zio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, di vigilanza sulle farmacie e di polizia veterinaria) e dell'art. 14 1. reg. Liguria 11

giugno 1984 n. 30 (norme per l'igiene e la sicurezza negli ambienti di

lavoro e per l'organizzazione e il funzionamento dei presidi multizonali

di prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro), sollevate, in riferi

mento all'art. 23 Cost., dal Tar della Liguria, con l'ordinanza in epigrafe.

I

Circolazione stradale — Infrazioni — Verbale di accertamento — Ricorso — Ingiunzione di pagamento da parte del prefetto — Determinazione della somma — Questione manifestamen

te inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 24; d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, nuovo codice della strada, art. 204).

È manifestamente inammissibile, in quanto irrilevante nel giu dizio a quo, la questione di legittimità costituzionale dell'art.

204, 1° comma, d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, nella parte in cui

prevede che, a seguito di ricorso avverso il verbale di accerta

mento dell'infrazione, il prefetto, se ritiene fondato l'accerta

mento, emette ordinanza motivata con la quale ingiunge il pa

gamento di una somma nel limite non inferiore al doppio del

minimo edittale per ogni singola violazione, in riferimento agli art. 3 e 24, 1° e 2° comma, Cost. (1)

Corte costituzionale; ordinanza 28 marzo 1996, n. 92 (Gaz

zetta ufficiale, V serie speciale, 3 aprile 1996, n. 14); Pres. Fer

ri, Est. Santosuosso; Forlano c. Prefetto di Salerno; interv. Pres.

cons, ministri. Ord. Pret. Salerno-Eboli 13 luglio 1995 (G.U., la s.s., n. 43 del 1995).

Il Foro Italiano — 1996.

II

Cricolazione stradale — Infrazioni — Verbale di accertamento — Ricorso — Pregiudizialità del ricorso amministrativo —

Ingiunzione di pagamento da parte del prefetto — Determi

nazione della somma — Questione infondata di costituziona

lità nei sensi di cui in motivazione (Cost., art. 3, 24; d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, art. 204).

È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di

legittimità costituzionale dell'art. 204, 1° comma, d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, nella parte in cui prevederebbe che il ricorso al

prefetto avverso il verbale di accertamento dell'infrazione al co

dice della strada costituisce presupposto processuale per poter

adire il giudice ordinario e che il prefetto, se ritiene fondato

l'accertamento, emette ordinanza motivata con la quale ingiun

ge il pagamento di una somma nel limite non inferiore al dop

pio del minimo edittale per ogni singola violazione, in riferi

mento agli art. 3 e 24, 1° e 2° comma, Cost. (2)

Corte costituzionale; sentenza 27 luglio 1994, n. 366 (Gazzet ta ufficiale, la serie speciale, 17 agosto 1994, n. 34); Pres. Ca

savola, Est. Caianiello; Lio c. Prefetto di Chieti; interv. Pres.

cons, ministri. Ord. Pret. Lanciano 20 gennaio 1994 (G.U., la

s.s., n. 13 del 1994).

Ili

Circolazione stradale — Infrazioni — Verbale di accertamento — Ricorso — Ingiunzione di pagamento da parte del prefetto — Determinazione della somma — Questione manifestamen

te infondata di costituzionalità (Cost., art. 24; d.leg. 30 apri le 1992 n. 285, art. 204).

È manifestamente infondata, in quanto ictu oculi priva di

fondamento, la questione di legittimità costituzionale dell'art.

204, 1° comma, d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, nella parte in cui

prevede che, a seguito di ricorso avverso il verbale di accerta

mento dell'infrazione, il prefetto, se ritiene fondato l'accerta

mento, emette ordinanza motivata con la quale ingiunge il pa

gamento di una somma nel limite non inferiore al doppio del

minimo edittale per ogni singola violazione, in riferimento al

l'art. 24, 1° e 2° comma, Cost. (3)

Corte costituzionale; ordinanza 24 febbraio 1994, n. 67 (Gaz

zetta ufficiale, la serie speciale, 2 marzo 1994, n. 10); Pres.

Casavola, Est. Caianiello; Napoli c. Prefetto di Perugia; interv.

Pres. cons, ministri. Ord. Pret. Perugia 8 maggio 1993 (G.U., la s.s., n. 35 del 1993).

(1-3) I. - La Corte costituzionale affronta per tre volte una questione sostanzialmente identica, giungendo nel primo caso ad una pronuncia di manifesta infondatezza per totale inconsistenza della questione, nel secondo ad una decisione interpretativa di rigetto (commentata da Dal

l'Aglio, in Riv. giur. polizia locale, 1994, 755), con cui in particolare si esclude il carattere pregiudiziale del ricorso amministrativo ed il vin

colo, per il giudice, della misura della sanzione amministrativa commi nata dal prefetto. A seguito di tali pronunce, la questione è stata di

nuovo sollevata davanti alla Corte costituzionale sul presupposto che

questa, nel riconoscere al giudice dell'opposizione il potere di ridetermi

nare l'ammontare della sanzione, non avrebbe tenuto conto del fatto

che, in concreto, tale potere può esplicarsi solo nel caso risulti che la sanzione sia stata applicata in misura non consentita dalla legge, per cui ad esso dovrebbe ritenersi preclusa la possibilità di modificare in melius la sanzione irrogata dalla pubblica amministrazione ove questa si sia attenuta al minimo precostituito per legge, rappresentato, nella

specie, dal doppio del minimo edittale per ogni singola violazione. Con la terza decisione la corte ha risolto la questione con una decisione di tipo processuale, rilevando come la richiesta relativa ad una riduzio ne dell'ammontare della sanzione pecuniaria era avanzata dalla parte nel giudizio a quo solo in via subordinata alla domanda principale rela tiva all'annullamento dell'ordinanza-ingiunzione del prefetto. Da qui la decisione di manifesta inammissibilità per irrilevanza della questione.

In ordine al procedimento di opposizione al pretore nei confronti del provvedimento prefettizio di irrogazione di sanzione amministrativa

per infrazione alle disposizioni del codice della strada, v. Corte cost. 15 luglio 1994, n. 311 e 23 giugno 1994, n. 255, Foro it., 1994, I, 3327, con nota di richiami e osservazioni di Travi e di Romboli. In

dottrina, v. M. C. Lepore, Le sanzioni amministrative nel nuovo codi

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

ce stradale: ricorso al prefetto, in Riv. giur. circolaz. e trasp., 1994, 333; Nunziata, L'incongruità del meccanismo sanzionatorio della in

fondatezza del ricorso al prefetto, previsto dall'art. 204, 1° comma, nuovo cod. strad. (d.leg. 30 aprile 1992 n. 285), in Nuovo dir., 1993, 865.

Per la manifesta inammissibilità di questioni di costituzionalità per irrilevanza nel giudizio a quo, v. Corte cost., ord. 10 novembre 1995, n. 485, G.U., 1" s.s., n. 47 del 1995; 2 novembre 1995, n. 481, G.U., la s.s., n. 46 del 1995; 27 luglio 1995, n. 410, Foro it., 1995, I, 3074, con nota di richiami.

II. - Il d.l. 17 maggio 1996 n. 270 (art. 1: Le leggi, 1996, I, 1827) ha sostituito integralmente l'art. 205 d.leg. 285/92, il cui nuovo testo

prevede che il trasgressore, nel termine di trenta giorni dalla contesta zione o dalla notificazione del verbale, può proporre opposizione al l'autorità giudiziaria in alternativa al ricorso al prefetto e che gli inte ressati possono proporre opposizione contro l'ordinanza-ingiunzione di cui all'art. 204, 1° comma, d.leg. 285/92 entro trenta giorni dalla noti fica del provvedimento.

Il senato (atto n. 454) ha negato la sussistenza dei requisiti di necessi tà ed urgenza a gran parte del d.l. 270/96.

Corte costituzionale — Giudizio sulle leggi in via principale —

Impugnazione di decreto legge — Termine — Decorrenza dalla

pubblicazione della legge di conversione (Cost., art. 134; 1. 11 marzo 1953 n. 87, norme sulla costituzione e sul funziona

mento della Corte costituzionale, art. 33). Foreste — Misure antincendio — Finanziamenti — Decreto leg

ge — Mancanza dei requisiti di necessità ed urgenza — Que stione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 77, 117,

118; 1. 23 agosto 1988 n. 400, disciplina dell'attività di gover no e ordinamento della presidenza del consiglio dei ministri, art. 15; d.l. 10 luglio 1995 n. 275, disposizioni urgenti per

prevenire e fronteggiare gli incendi boschivi sul territorio na

zionale; 1. 8 agosto 1995 n. 339, conversione in legge del d.l.

10 luglio 1995 n. 275). Foreste — Misure antincendio — Finanziamenti — Lesione di

competenze regionali — Questione infondata di costituziona

lità (Cost., art. 3, 97, 117, 118; d.p.r. 15 gennaio 1972 n.

11, trasferimento alle regioni a statuto ordinario delle funzio

ni amministrative statali in materia di agricoltura e foreste, di caccia e di pesca nelle acque interne e dei relativi personali ed uffici; 1. 1° marzo 1975 n. 47, difesa dei boschi dagli in

cendi; d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui all'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 382, art. 68, 69, 71; 1.

11 agosto 1991 n. 266, legge quadro sul volontariato, art.

2, 7, 10; 1. 6 dicembre 1991 n. 394, legge quadro sulle aree

protette; 1. 4 dicembre 1993 n. 491, riordino delle competenze

regionali in materia agricola e forestale e istituzione del nuo

vo ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali; d.l.

10 luglio 1995 n. 275, art. 1, 2; 1. 8 agosto 1995 n. 339, con

versione in legge del d.l. 10 luglio 1995 n. 275, art. 1). Foreste — Misure antincendio — Regioni — Corpo vigili del

fuoco e ministero dell'interno — Convenzioni — Spese a ca

rico delle regioni — Questione infondata di costituzionalità

(Cost., art. 3, 81, 97, 117, 118, 119; d.p.r. 15 gennaio 1972 n. 11; d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, art. 69, 71; 1. 4 dicembre

1993 n. 491; d.l. 10 luglio 1995 n. 275, art. 3; 1. 8 agosto 1995 n. 339, conversione in legge del d.l. 10 luglio 1995 n.

275, art. 1).

L'impugnazione davanti alla Corte costituzionale, da parte di una regione, di un decreto legge si estende alle corrispondenti

disposizioni della legge di conversione, dalla cui pubblicazione va dunque computato il termine di sessanta giorni previsto dal

l'art. 33, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87. (1) È inammissibile, per carenza di interesse a ricorrere da parte

della regione, la questione di legittimità costituzionale del d.l.

10 luglio 1995 n. 275, convertito in 1. 8 agosto 1995 n. 339, in quanto emanato in difetto dei presupposti della necessità ed

urgenza, in riferimento agli art. 77, 117 e 118 Cost. (2) È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art.

1, 1°, 2°, 3° comma, e 2 d.l. 10 luglio 1995 n. 275, convertito

in 1. 8 agosto 1995 n. 339, nella parte in cui prevedono l'attri

buzione di risorse finanziarie a soggetti diversi dalle regioni (mi nistero per le risorse agricole, vigili del fuoco, ministero dell'in

terno), l'attivazione di lavori socialmente utili attraverso l'im

piego dei lavoratori in cassa integrazione ed in mobilità per

Il Foro Italiano — 1996.

attività di conservazione e manutenzione del patrimonio boschi

vo e l'utilizzazione delle associazioni del volontariato, in riferi

mento agli art. 3, 97, 117 e 118 Cost. (3) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

3, 1° comma, d.l. 10 luglio 1995 n. 275, convertito in 1. 8 ago sto 1995 n. 339, nella parte in cui prevede che le regioni posso no stipulare convenzioni con il corpo dei vigili del fuoco ed il ministero dell'interno, assumendone le relative spese, in rife rimento agli art. 3, 81, 97, 117, 118 e 119 Cost. (4)

Corte costituzionale; sentenza 5 febbraio 1996, n. 25 (Gazzet ta ufficiale, la serie speciale, 14 febbraio 1996, n. 7); Pres. Fer

ri, Est. Ruperto; Regioni Veneto (Avv. Berti, Viola), Lombar dia (Avv. G. F. Ferrari) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Sta to Sacchetto).

(1) In senso analogo, v. Corte cost. 28 dicembre 1970, n. 192, Foro it., 1971, I, 333, con nota di richiami e 12 luglio 1967, n. 113, id., 1967, I, 2260, con nota di richiami.

(2) Per l'affermazione secondo cui la regione non può far valere, nei giudizi di costituzionalità delle leggi attivati in via d'azione, la man canza dei requisiti di necessità e di urgenza di un decreto legge, v. Corte cost. 27 gennaio 1995, n. 29, Foro it., 1996, I, 1157, con nota di richia mi e osservazioni di D'Auria.

In ordine all'evoluzione della giurisprudenza costituzionale sui limiti del controllo della Corte costituzionale sui decreti legge, v. Corte cost., ord. 24 aprile 1996, n. 130, in questo fascicolo, I, 2315, con nota di richiami.

(3-4) I ricorsi delle regioni Veneto e Lombardia, come pure in parte la motivazione della Corte costituzionale, si fondavano essenzialmente su quanto affermato dalla corte nella sent. 10 maggio 1995, n. 157

(Foro it., 1996, I, 71, con nota di richiami), la quale ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 1, 2° comma, lett. c), d.l. 15 giugno 1994 n. 377, convertito, con modificazioni, in 1. 8 agosto 1994 n. 497, nella

parte in cui non estendeva l'intesa ivi prevista alle regioni interessate alla gestione delle aree naturali protette e dell'art. 2, 2° comma, d.l. 15 giugno 1994 n. 377, convertito, con modificazioni, in 1. 8 agosto 1994 n. 497, nella parte in cui non riservava il potere di impiego degli operatori antincendio volontari alla regione cui questi erano stati desti nati, nel quadro dei piani regionali ed interregionali antincendio.

Astensione, ricusazione e responsabilità del giudice — G.i.p.

presso il tribunale — Archiviazione — Ordine di formulare

l'imputazione — Partecipazione all'udienza preliminare — In

compatibilità — Esclusione — Questione manifestamente in

fondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 24, 25, 76, 77; cod.

proc. pen., art. 34).

È manifestamente infondata la questione di legittimità costi

tuzionale dell'art. 34, 2° comma, c.p.p., nella parte in cui non

prevede l'incompatibilità a partecipare alla successiva udienza

preliminare del giudice per le indagini preliminari che abbia or

dinato al pubblico ministero, ai sensi dell'art. 409, 5C comma,

c.p.p., di formulare l'imputazione, in riferimento agli art. 3, 24, 25, 76 e 77 Cost. (1)

Corte costituzionale; ordinanza 5 febbraio 1996, n. 24 (Gaz zetta ufficiale, la serie speciale, 14 febbraio 1996, n. 7); Pres.

ed est. Ferri; imp. Neri; interv. Pres. cons, ministri. Ord. G.i.p. Trib. Roma 18 maggio 1995 (G.U., la s.s., n. 36 del 1995).

(1) La corte conferma l'orientamento già in precedenza espresso con le sentenze 12 novembre 1991, n. 401 (Foro it., 1991, I, 3286), 30 di cembre 1991, n. 502 (id., 1992, I, 625) e 25 marzo 1992, n. 124 (ibid., 1993): poiché ratio delle situazioni di incompatibilità è la tutela del «ca rattere necessariamente originario» del «giudizio», intendendosiper ta le quello di merito in cui si sostanzia la decisione conclusiva del dibatti mento ordinario e del rito abbreviato (per l'estensione della sagoma dell'incompatibilità anche alla decisione 'patteggiata', cfr. adesso Corte cost. 20 maggio 1996, n. 155, id., 1996, I, 1898, con osservazioni di Di Chiara), non sussiste incompatibilità (apprezzabile ex art. 34, 2°

comma, c.p.p., e dunque idonea a dar luogo all'invocata declaratoria di illegittimità costituzionale) del giudice che abbia ordinato la formula zione 'coatta' dell'imputazione, con riguardo alla fisiologica celebrazio ne della successiva udienza preliminare, atteso che questa culmina con una pronuncia non già di merito ma (anche ove si tratti di sentenza

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2599 PARTE PRIMA 2600

di non luogo a procedere) di tipo processuale. Tale conclusivo asserto,

già in precedenza messo a fuoco, non appare, ad avviso della corte, suscettibile di ribaltamenti a seguito della novella del 1993, che ha sop presso il profilo dell'«evidenza» dal tessuto della regola di giudizio di cui all'art. 425 c.p.p.: «l'esplicito intendimento del legislatore», sottoli nea la sentenza n. 24 del 1996, consisteva nell'«evitare che al provvedi mento di rinvio a giudizio fosse attribuito un 'peso' eccessivo, e quindi una portata condizionante sui successivi esiti del processo, mentre ove si dovesse ritenere che l'udienza preliminare è 'giudizio' a tutti gli effet

ti, detta decisione si trasformerebbe in una pesante ipoteca gravante sul destino processuale dell'imputato a causa della predelibazione della sua responsabilità penale» (sulla natura giuridica delle pronunce con clusive dell'udienza preliminare, cfr., più di recente, le statuizioni di

primario rilievo di Corte cost. 15 marzo 1996, n. 71, ibid., 1944, non

ché, in dottrina, tra gli altri, Carreri, Il giudice dell'udienza prelinina re: giudice di rito o giudice di merito?, in Cass, pen., 1994, 2832 ss., e Macchia, Il giudice dell'udienza preliminare: giudice di merito o giu dice di rito, in Arch, nuovaproc. pen., 1995, 545 ss.). In una più gene rale prospettiva (di seguito più volte ribadita: cfr. Corte cost. 24 aprile 1996, n. 131, ibid., 1489; 20 maggio 1996, n. 155, cit.; 31 maggio 1996, n. 177, ibid., 2278), la corte rimarca, peraltro, che «l'imparzialità del

giudice non può dirsi, in via generale, intaccata da una qualsiasi valuta zione già compiuta nello stesso procedimento» e, in particolare, «all'in terno della stessa fase del procedimento, intesa quale ordinata sequenza di atti, ciascuno dei quali legittima, prepara e condiziona quello succes sivo»: infatti, «ogni provvedimento ordinario o istruttorio implica o

può implicare una delibazione del merito»; sicché «ove si dovesse rite nere altrimenti ne deriverebbe un'assurda frammentazione del procedi mento con l'attribuzione di ciascun segmento di esso ad un giudice di verso» (sul punto, cfr., altresì, Corte cost. 25 marzo 1992, n. 124, cit.).

Agricoltura — Riforma fondiaria — Decreto legislativo di espro

prio — Destinatario — Proprietario catastale non effettivo — Incostituzionalità (Cost., art. 76, 77; 1. 21 ottobre 1950

n. 841, espropriazione, trasformazione ed assegnazione di ter

reni ai contadini; d.p.r. 29 novembre 1952 n. 2491, trasferi

mento in proprietà all'ente per lo sviluppo della irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia e Lucania, sezione

speciale per la riforma fondiaria, di terreni di proprietà di

Ostuni Adriano, in comune di Palagianello).

È incostituzionale il d.p.r. 29 novembre 1952 n. 2491, nella

parte in cui, esorbitando dalla delega di cui all'art. 4 1. 21 otto

bre 1950 n. 841, ha incluso nell'espropriazione terreni non ap

partenenti al soggetto espropriato. (1)

Corte costituzionale; sentenza 13 luglio 1995, n. 319 {Gazzet ta ufficiale, la serie speciale, 19 luglio 1995, n. 30); Pres. Bal

dassarre, Est. Chieppa; Petruzzi e D'Erchia (Avv. Ventura) c. Ente regionale di sviluppo agricolo della Puglia; interv. Pres.

cons, ministri. Ord. Trib. Taranto 20 maggio 1994 (G.U., la

s.s., n. 35 del 1994).

(1) La pronuncia, scaturita nell'ambito di un procedimtnt > promos so dall'usucapiente nei confronti dell'ente beneficiario del' espropria zione, si ricollega ad altre decisioni della Corte costituzionale relative a decreti legislativi con cui si è attuata la riforma agraria, apparendo principio acquisito dalle leggi delega la necessaria titolarità da parte del soggetto espropriato, del terreno oggetto dell'ablazione (Corte cost. 14 gennaio 1987, n. 3, Foro it., 1990, I, 3055, con nota di richiami, cui adde, Corte cost. 9 marzo 1967, n. 21, id., Rep. 1967, voce Agricol tura, n. 61; 9 marzo 1959, nn. 8 e 10, id., 1959, I, 1625; 21 novembre

1959, n. 57, ibid., 1976). In dottrina, sulla specifica questione, v. Tor

tolini, Gli espropri illegittimi in attuazione della riforma fondiaria, Mi

lano, 1976. Con riguardo al procedimento espropriativo in generale, e all'identi

ficazione del soggetto passivo dell'espropriazione, l'art. 16 1. 25 giugno 1865 n. 2359, che esige l'indicazione, nel piano particolareggiato di ese cuzione, il nome dei proprietari iscritti nei registri catastali (disposizioni analoghe si rinvengono nella 1. 22 ottobre 1971 n. 865: art. 10 e 13), è stata intesa nel senso della legittimità della notificazione degli atti della procedura espropriativa eseguita nei confronti dei titolari risultan ti dalle mappe catastali (Cons. Stato, sez. IV, 24 novembre 1986, n. 752, id., Rep. 1987, voce Espropriazione per p.i., n. 78), costituendo una mera facoltà dell'amministrazione procedere nei confronti degli ef fettivi proprietari (Cons. Stato, sez. IV, 21 ottobre 1988, n. 803, id.,

Il Foro Italiano — 1996.

Rep. 1988, voce cit., n. 61). Nel sistema ordinario delle espropriazioni «è preso in considerazione quel determinato bene per le sue caratteristi che e per le esigenze pubbliche che deve soddisfare; nel sistema, invece, delle leggi scorporo è preso in considerazione un soggetto in quanto proprietario di determinati terreni» (Corte cost. 29 febbraio 1959, n.

8, cit.). Nell'espropriazione ordinaria, a favore del proprietario effettivo si

è ritenuto che la notificazione dell'ammontare dell'indennità effettuata nei confronti del proprietario catastale non fa decorrere i termini per l'opposizione alla stima ex art. 19 1. 865/71 (Cass. 4 giugno 1994, n.

5435, id., Rep. 1994, voce cit., n. 126), che può essere proposta dall'ef fettivo proprietario a dispetto dalle indicazioni contenute negli atti espro priativi (Cass. 3 aprile 1995, n. 3902, id., Rep. 1995, voce cit., n. 142). Qualora però l'interessato non abbia provveduto a far valere le ragioni inerenti all'effettiva proprietà del bene da espropriare, legittimamente la procedura si compie nei confronti del proprietario catastale, salvo il diritto dell'interessato, quale effettivo possessore, al risarcimento per l'occupazione illegittima (Cass. 13 ottobre 1992, n. 11178, id., Rep. 1992, voce cit., n. 70).

In dottrina, Tonoletti, II soggetto passivo del procedimento di espro priazione tra titolarità apparente del diritto e proprietà effettiva, in Re

gioni, 1989, 1655.

* * *

La sentenza è così motivata: Diritto. — 1. - Questa corte è chiamata a decidere se il d.p.r. 29 novembre 1952 n. 2491, espropriativo di terre ni intestati in catasto a A. Ostuni e siti nel comune di Palagianello (Taranto), violi, in riferimento agli art. 76 e 77 Cost., i criteri direttivi contenuti nella legge delega 21 ottobre 1950 n. 841 (c.d. legge stralcio: norme per la espropriazione, bonifica, trasformazione ed assegnazione dei terreni ai contadini), per avere assoggettato ad espropriazione beni non appartenenti al destinatario del provvedimento espropriativo, in

quanto precedentemente usucapiti da altro soggetto. 2. - Preliminarmente, si rileva che l'indagine volta ad accertare la

reale titolarità del diritto di proprietà ricadente sui terreni espropriati, indispensabile ai fini della soluzione della questione di costituzionalità, è stata compiuta dal giudice a quo il quale — nell'ordinanza che solleva la presente questione — dichiara che la prova fornita al riguardo dal l'attore «ha dato esito positivo» evidenziando «la effettiva sussistenza

dell'usucapione per effetto di un possesso animo domini esercitato da

tempo immemorabile dall'attore stesso e dai suoi danti causa» (e relati vo al terreno corrispondente alla particella 22 del foglio 17 del catasto di Palagianello, ricompresa nell'espropriazione decretata nei confronti di A. Ostuni).

3. - Ciò premesso, la questione è fondata. La 1. 21 ottobre 1950 n. 841 (art. 4, 2° e 4° comma) richiede quale

vero e proprio presupposto legittimante l'esercizio della procedura espro priativa che l'espropriazione debba essere effettuata, ricorrendo le con dizioni prescritte, nei confronti di soggetti che siano proprietari dei ter reni assoggettati ad esproprio: ciò che si evince, come affermato da

questa corte, dalla lettera stessa delle norme in armonia con il sistema della legge: in numerosi articoli di essa ricorrono, infatti, le locuzioni

«proprietà terriera privata» e «proprietario» usate in senso tecnico giu ridico (sentenze n. 8 e n. 57 del 1959, Foro it., 1959, I, 1625 e 1976; n. 21 del 1967, id., Rep. 1967, voce Agricoltura, n. 61; n. 3 del 1987, id., 1990, I, 3055). Ne deriva che l'avere la legge di esproprio identifi cato come proprietario quello risultante dalle certificazioni catastali, al tro essendo il vero dominus da usucapione, configura eccesso di delega nei riguardi del bene oggetto di contestazione. È, infatti, giurispruden za costante di questa corte il principio per cui «alle intestazioni catastali

può attribuirsi valore soltanto indicativo» circa la titolarità di diritti reali. Invero, nel nostro ordinamento, le scritture catastali non rivesto no valore probatorio ai fini dell'accertamento della proprietà privata. Pertanto, nel contrasto tra instestazioni catastali e giuridica prova del

l'acquisto del diritto di proprietà, quest'ultima deve prevalere agli effet ti di cui trattasi. L'espropriazione in esame poteva, perciò, legittima mente effettuarsi solo riguardo alle porzioni di terreno che appartene vano ai soggetti espropriati.

Il decreto presidenziale impugnato, in quanto ha compreso nell'e

sproprio terreni intestati alla ditta A. Ostuni e che a quella ditta non

appartenevano (identificati nell'ordinanza di rimessione con particella 22, foglio 17, comune di Palagianello), ha, pertanto, certamente esorbi tato dai limiti della delega di cui all'art. 4 1. n. 841 del 1950 e va conse

guentemente dichiarato, per questa parte, illegittimo per violazione de

gli art. 76 e 77 Cost. La dichiarazione di illegittimità costituzionale non travolge le restanti

parti del decreto aventi autonoma efficacia. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costi

tuzionale del d.p.r. 29 novembre 1952 n. 2491 (trasferimento in pro prietà all'ente per lo sviluppo della irrigazione e la trasformazione fon diaria in Puglia e Lucania, sezione speciale per la riforma fondiaria, di terreni di proprietà di Ostuni Adriano fu Saverio, in comune di Pala

gianello), nella parte in cui ha incluso nell'espropriazione terreni non

appartenenti al soggetto espropriato.

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