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Rivista di giurisprudenza penaleSource: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 1 (GENNAIO 1983), pp. 47/48-51/52Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23176878 .
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PARTE SECONDA
TRIBUNALE DI TORINO; TRIBUNALE DI TORINO; ordinanza 14 luglio 1982; Pres. Fas
sone; imp. Di Maggio.
Dibattimento penale — Necessità di prove sulla personalità del
l'imputato — Interruzione del dibattimento — Libertà provvi soria — Concessione (Cod. proc. pen., art. 469).
Qualora, accertata la responsabilità dell'imputato detenuto, non risultino sulla sua personalità elementi tali da consentire una corretta decisione in ordine alla sospensione condizionale della
pena da irrogarsi, il giudice può interrompere il dibattimento e concedere la libertà provvisoria all'imputato, al fine di valu tarne la condotta in un congruo periodo di prova. (1)
Ritenuto che gli atti offrono sufficienti elementi per affermare la responsabilità dell'imputato;
ritenuto, per converso, che gli atti non offrono sufficienti ele menti per decidere sulla concessione al medesimo della sospen sione condizionale della pena da infliggersi, poiché i precedenti penali e giudiziari, le modalità della condotta e le caratteristiche della sua personalità denotano una propensione al reato che, se non appare cosi intensa da escludere senz'altro la concedibilità del beneficio, non è tuttavia cosi lieve da far presumere che l'im
putato si asterrà dal commettere altri reati;
(1) L'ordinanza opera un'inconsueta utilizzazione di un istituto pro cessuale (l'art. 469 c. p. p) per giungere a risultati di natura penal penitenziaria: essa, in sostanza, apre la via ad una sorta di proba tion direttamente collegata al giudizio di cognizione.
L'art. 469 c. p. p. prevede l'interruzione della discussione per as sumere « nuove prove » solo in caso di « assoluta ed evidente neces sità ». Sino ad ora la giurisprudenza aveva operato una dilatazione dell'impiego della norma sotto il profilo cronologico, ammettendo la possibilità di farvi ricorso non solo durante la discussione, ma an che dopo la conclusione della medesima (Cass. 25 maggio 1953, San toro, Foro it., Rep. 1954, voce Dibattimento pen., nn. 50, 51), e addi rittura dopo che l'organo giudicante si sia ritirato in camera di con siglio (Cass. 9 dicembre 1977, Lorenze, id., Rep. 1978, voce cit., n. 37).
Non constano, invece, dilatazioni sotto il profilo del tipo di prova che si intende acquisire, ma che, alla luce di un opportuno raccordo con l'art. 457, cpv., c. p. p., sembra doversi riguardare come prova già esistente con certezza. L'ordinanza in esame, viceversa, concepi sce la « nuova prova » come un più approfondito accertamento sulla personalità dell'imputato, non sufficientemente lumeggiata sino a quel momento.
Anche la dottrina approva la dilatazione dell'impiego dell'art. 469 c. p. p. sotto il profilo temporale: « La medesima possibilità si deve ammettere a chiusura avvenuta, sebbene la legge non la contenga specificamente» (Cordero, Proc. pen., Milano, 1982, 623 e 652; ana logamente G. Leone, Manuale di dir. proc. pen., Napoli, 1971, 490). Per Manzini (Trattato di dir. proc. pen. it.5*, Torino, 1956, IV, 339) l'interruzione può essere ordinata anche dopo terminata la discus sione, purché prima che sia cominciata la deliberazione.
Sotto il profilo della novità dei mezzi di prova non risultano ap profondimenti: solo Manzini (op. cit., 352) li circoscrive a quelli sopravvenuti e prima ignorati, a quelli già apparsi nell'istruzione e non ripresi nel dibattimento, ed a quelli proposti dalle parti e non ammessi.
L'ordinanza in epigrafe, introducendo una sorta di procedimento bifasico praeter legem, mostra il disagio dell'organo giudicante di fron te ad un giudizio prognostico per il quale gli atti processuali offrono di regola elementi assai scarsi. Sulla natura della prognosi prevista dall'art. 146, 1° comma, c. p., v. Buzzelli, La sospensione condizio nale della pena sotto il profilo processuale, Milano, 1972, 75; Deli tala, Prevenzione e repressione nella riforma penale, in Riv. it. dir. pen., 1950, 699; Santoro, Condanna condizionale, presunzione di buona condotta e querela, in Scuola positiva, 1967, 620.
A proposito dell'« onnicomprensività » dell'art. 133 c. p., che non lo pone in grado di vincolare il giudizio, v. Bricola, La discrezio nalità nel diritto penale, Milano, 1966, 76; M. Massa, Le attenuanti generiche, Napoli, 1959, 70.
Sui gravi problemi originati dall'ambigua disciplina dell'affidamento in prova al servizio sociale, che la 1. 26 luglio 1975 n. 354 ha con finato nella sede esecutivo-penitenziaria rendendo inevitabile un dan noso « assaggio di pena » ai soggetti che ne beneficiano, v., in parti colare, Bricola, L'affidamento in prova al servizio sociale: '
fiore all'occhiello ' della riforma penitenziaria, in La questione criminale, 1976, 373.
I motivi di politica giudiziaria che ispirano l'ordinanza che si ri porta sono illustrati dal suo estensore in alcuni scritti: cfr. Fassone, L'affidamento in prova: problemi e proposte, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1977, 1472; Id., Sospensione condizionale della pena, recupero del reo, difesa sociale, in Questione giustizia, 1982, n. 1, 55; Id., Af fidamento in prova al servizio sociale e riforma penitenziaria: un bi lancio fra luci ed ombre, in Alternative alla detenzione e riforma pe nitenziaria, a cura di V. Grevi, Bologna, 1982, 25.
ritenuto che, per decidere correttamente sulla concessione dei
benefici all'imputato, appare opportuno assegnare al medesimo un
congruo periodo di tempo, nel quale egli possa dimostrare la sua
effettiva volontà di reinserimento;
constatato che l'art. 469 c.p.p. consente al tribunale di interrom
pere la discussione finale per l'assunzione di nuove prove, delle
quali si ravvisi la necessità; constatato che tale interruzione può avvenire, secondo l'inse
gnamento giurisprudenziale, anche dopo che la discussione sia
terminata; e che « nuove prove » possono essere anche quelle tendenti a far meglio conoscere la personalità dell'imputato, in
particolare ai fini voluti dagli art. 133, 164, 1° comma, e 175, 1°
comma, c.p.; ritenuto che questo esame della personalità dell'imputato può
essere utilmente condotto solo se il predetto sia rimesso in con
dizione di libertà; e che a tal fine si rende necessaria la conces
sione della libertà provvisoria, sulla quale il p.m. ha espresso
parere favorevole;
ritenuto che, ai fini anzidetti, non appare confacente la rimes
sione degli atti al giudice istruttore, ai sensi dell'art. 504, 1° com
ma, c.p.p., poiché non si richiedono vere e proprie attività istrut
torie, ma il semplice vaglio di ulteriori elementi di personalità, da acquisirsi nell'incipiente periodo di prova;
ritenuto che, al fine di dare efficacia e valore a tale periodo, è necessario che in esso l'imputato sia affiancato da persona od
ente, che lo aiutino a rimuovere gli attuali condizionamenti che
dànno causa alla sua propensione verso il reato.
Per questi motivi, concede la libertà provvisoria. (Omissis)
Rivista di giurisprudenza penale Ordinamento penitenziario — Liberazione anticipata — Con
dannati all'ergastolo — Applicabilità — Esclusione — Que stione non manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 27; 1. 26 luglio 1975 n. 354, norme sull'ordinamento pe nitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limi
tative della libertà, art. 54).
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esa
me alla Corte costituzionale) la questione di costituzionalità del l'art. 54 1. 26 luglio 1975 n. 354, nella parte in cui non pre
vede, ai fini di cui al 4° comma della stessa disposizione, l'appli cabilità del benefìcio della liberazione anticipata ai condannati
alla pena dell'ergastolo, in riferimento all'art. 27 Cost. (1)
Corte d'appello di Firenze; sezione sorveglianza; ordinanza
28 ottobre 1981 (Gazz. uff. 22 settembre 1982, n. 262); Pres.
Margara; imp. Riggi.
(1) Nello stesso senso v. App. Palermo 1° giugno 1978, Foro it., 1979, II, 215, con nota di richiami e, in dottrina, Ramacci, in Alter native alla detenzione e riforma penitenziaria, a cura di Grevi, Bo
logna, 1982, 116 ss. La corte si richiama alla precedente ordinanza della stessa sezio
ne, con cui era stata sollevata la questione di costituzionalità del l'art. 50 1. 354/1975, nella parte in cui non prevede l'applicabi lità del beneficio della semilibertà ai condannati alla pena dell'er gastolo (v. ord. 26 novembre 1980, Foro it., 1982, II, 347, con nota di richiami, cui si rinvia per l'indicazione della giurisprudenza della Cassazione secondo cui il beneficio della liberazione anticipata è in compatibile con la pena dell'ergastolo).
Sul beneficio della liberazione anticipata v., da ultimo, Cass. 14 aprile 1978, Scipione, e Trib. Firenze 1° febbraio 1980, id., 1980, II, 191, con nota di richiami, sulla applicabilità dello stesso ai con dannati riconosciuti affetti da malattia mentale.
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GIURISPRUDENZA PENALE
Astensione, ricusazione e responsabilità del giudice — Motivi di
ricusazione — Inimicizia grave tra giudice e difensori — Esclu
sione — Questione non manifestamente infondata di costitu
zionalità (Cost., art. 3, 24; cod. proc. pen., art. 64).
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esa
me alla Corte costituzionale) la questione di costituzionalità del
l'art. 64, n. 3, c. p. p., nella parte in cui non prevede tra i mo
tivi di ricusazione la grave inimicizia del giudice con il difen
sore dell'imputato, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost. (1)
Tribunale di Lagonegro; ordinanza 14 aprile 1982 (Gazz. uff.
27 ottobre 1982, n. 297); Pres. Corabi; imp. Cosentino.
(1) L'ordinanza osserva che appare irrazionale, oltre che lesiva del
diritto di difesa, la limitazione contenuta nell'art. 64, n. 3, c. p. p., in
riferimento all'art. 51, n. 3, c.p.c., il quale prevede invece l'obbligo
di astensione, e quindi la possibilità di ricusazione, per il giudice,
qualora sia in rapporto di grave inimicizia con alcuno dei difensori
delle parti. Nel senso che l'inimicizia grave, di cui all'art. 64, n. 3, c. p. p. può
valere come motivo di ricusazione solo quando intercorra fra il giu
dice ed una delle parti private del processo, senza che possano venire
in considerazione i rapporti, eventualmente tesi o deteriorati, tra il
magistrato ed i difensori delle parti, v. Trib. Genova, ord. 16 gen
naio 1982, Foro it., 1982, II, 437, con nota di richiami, cui si rinvia
per riferimenti al carattere tassativo dei motivi di ricusazione, non
ché alla nozione di inimicizia grave. Per altra questione di costituzionalità sollevata in ordine alle norme
dei codici di rito in tema di astensione-ricusazione del giudice v., da
ultimo, Pret. Milano, ord. 7 ottobre 1981, id., 1981, I, 2834, con nota
di richiami e osservazioni di G. Silvestri, con cui è stata rimessa
all'esame della Corte costituzionale la questione di costituzionalità de
gli art. 51 e 52 c.p.c., nella parte in cui consentono interpretazioni tali da imporre al giudice l'obbligo di astenersi e rendono ammissibile
la ricusazione anche quando questi abbia un interesse morale o poli tico nella causa; sul punto in dottrina cfr., da ultimo, Romboli, in
Riv. dir. proc., 1982, 454.
Prescrizione penale — Cause di sospensione — Detenzione del
l'imputato all'estero ed estradizione rifiutata o inammissibile — Esclusione — Questione non manifestamente infondata di
costituzionalità (Cost., art. 3; cod. pen., art. 159).
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esa
me alla Corte costituzionale) la questione di costituzionalità del
l'art. 159 c. p., nella parte in cui non prevede, quale causa di
sospensione della prescrizione, la detenzione dell'imputato al
l'estero ove questi non consenta la celebrazione del giudizio
in sua assenza ovvero l'estradizione dell'imputato, quando essa,
pur richiesta, sia stata rifiutata dallo Stato estero o non sia
ammissibile secondo il trattato di estradizione con lo Stato este
ro, in riferimento all'art. 3 Cost. (1)
Tribunale di Bolzano; ordinanza 9 aprile 1981 (pervenuta al
la Corte costituzionale il 9 marzo 1982; Gazz. uff. 8 settembre
1982, n. 248); imp. Hosp.
(1) La questione è stata sollevata in termini analoghi dallo stesso
Trib. Bolzano, ord. 25 giugno 1979, Foro it., Rep. 1980, voce Pre
scrizione penale, n. 27. È menzionata in motivazione Corte cost. 9 luglio 1974, n. 212
(id., 1974, I, 2953, con nota di richiami), la quale ha dichiarato
l'incostituzionalità dell'art. 497, 1° comma, c. p. p., nella parte in cui
non prevedeva come causa di legittimo impedimento alla compari
zione dell'imputato al dibattimento il suo stato di detenzione al
l'estero.
La questione di costituzionalità dell'art. 159 c.p. è stata solleva
ta, unitamente all'art. 69 c. p. p., pure da Pret. Roma, ord. 18 otto
bre 1979, id., 1980, II, 128, con nota di richiami, nella parte in cui non
dispongono la sospensione del corso della prescrizione dei reati du
rante la pendenza del procedimento di ricusazione, in riferimento agli
art. 3, 25, 1° comma, 112 Cost.
Libertà personale dell'imputato — Non residente nel territorio
dello Stato — Arresto in flagranza — Condizioni — Questione
non manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art.
3; cod. proc. pen., art. 236).
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esa
me alla Corte costituzionale) la questione di costituzionalità del
l'art. 236, 2° comma, c. p. p., nella parte in cui consente agli uf
ficiali ed agenti di polizia giudiziaria e della forza pubblica di
arrestare la persona che non risieda nel territorio dello Stato
quando è colta in flagranza di un delitto non colposo per il qua le la legge stabilisce la pena della detenzione non inferiore nel
massimo a sei mesi, in riferimento all'art. 3 Cost. (1)
Pretura di Roma; ordinanza 31 marzo 1982 (Gazz. uff. 13 ot
tobre 1982, n. 283); Giud. Cerminara; imp. Hassan.
(1) L'ordinanza osserva come, abbassando la soglia del limite massimo della pena del delitto da due anni a sei mesi e consentendo cosi un più ampio potere di arresto in flagranza, si viene a parificare, quanto all'arresto in flagranza, la condizione dei « non residenti », anche se trattasi di persona del tutto incensurata, allo stato dei de
linquenti abituali, professionali, per tendenza, ecc. Sulla legittimità costituzionale dell'art. 236 c. p. p., in riferimento
all'art. 13 Cost., v. Corte cost. 27 febbraio 1974, n. 42, Foro it., 1974, I, 593, con nota di richiami; 6 luglio 1972, n. 126, id., 1972, I, 2725, con nota di richiami, e 14 luglio 1971, n. 176, id., 1971, I, 2449, con nota di richiami, tutte nel senso dell'infondatezza. Per la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità dell'art. 236 c. p. p. ex art. 13 Cost., v. Cass. 16 aprile 1971, Negri, id.,
Rep. 1972, voce Libertà personale dell'imputato, n. 31.
Legge penale — Applicazione della legge più favorevole — De
creto-legge più favorevole decaduto o non convertito — Ap
plicabilità — Questione non manifestamente infondata di co
stituzionalità (Cost., art. 77; cod. pen., art. 2).
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esa
me alla Corte costituzionale) la questione di costituzionalità del
l'art. 2, 5° comma, c.p., nella parte in cui stabilisce l'applicabi lità delle disposizioni dello stesso articolo nel caso di decadenza
e di mancata ratifica di un decreto-legge, in riferimento all'art.
77 Cost. (1)
Pretura di Bologna; ordinanza 17 febbraio 1982 (Gazz. uff. 15
settembre 1982, n. 255); Giud. Scarpari; imp. Massari.
(1) Sulla costituzionalità dell'art. 2 c. p., cfr. Corte cost. 20 maggio 1980, n. 74, Foro it., 1980, I, 1825, con nota di richiami, che ha
ritenuto inammissibile la questione di costituzionalità del 3° comma
di tale disposizione, secondo cui nei giudizi penali si applica la
legge più favorevole salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevo cabile e infondata la questione di costituzionalità della medesima nor
ma nella parte in cui, unitamente all'art. 628 c. p. p., non consente
l'applicazione della sospensione condizionale della pena da parte del
giudice dell'esecuzione.
Sul decreto legge non convertito (e sulla legge successiva, emanata
ex art. 77, 3" comma, Cost., nonché sui rapporti fra decreto legge e
legge di conversione) si possono considerare per le varie implicazioni i richiami nella nota (1-2) di M. Acone, id., 1982, I, 793.
Stupefacenti e sostanze psicotrope — Provvedimento di cure
coatte per tossicodipendenti — Trattamenti sanitari obbligatori — Competenza del sindaco — Estensione — Esclusione —
Questione non manifestamente infondata di costituzionalità
(Cost., art. 3, 32, 101, 102; 1. 22 dicembre 1975 n. 685, disci
plina degli stupefacenti e sostanze psicotrope. Prevenzione, cura
Il Foro Italiano — 1983 — Parte II- 4.
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PARTE SECONDA
e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, art. 97,
99, 100, 101, 102; 1. 13 maggio 1978 n. 180, accertamenti e
trattamenti sanitari volontari e obbligatori, art. 3; 1. 23 dicem
bre 1978 n. 833, istituzione del servizio sanitario nazionale,
art. 33-35).
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esa
me alla Corte costituzionale) la questione di costituzionalità de
gli art. 97, 99, 100, 101 e 102 1. 22 dicembre 1975 n. 685, nella
parte in cui non prevedono la competenza dell'autorità sanita
ria amministrativa, cioè del sindaco, ad emanare i provvedimenti di cure coatte per i tossicodipendenti che si rifiutano di sotto
porvisi, con le forme e le modalità di esecuzione identiche a
quelle previste per tutti gli altri trattamenti sanitari obbligatori dalle 1. 13 maggio 1978 n. 180 e 23 dicembre 1978 n. 833, in
riferimento agli art. 3, 32, 101, 102 Cost. (1)
Pretura di Lecce; ordinanza 22 gennaio 1982 i(Gazz. uff. 25
agosto 1982, n. 234); Giud. Maiorano; Ponno ed altri.
(1) L'ordinanza rileva che la disciplina contenuta nella 1. 685/
1975, relativamente alla sottoposizione del tossicodipendente alle cu
re obbligatorie, rispecchia le soluzioni adottate dalla vecchia 1. ma
nicomiale 14 febbraio 1904 n. 36, mentre, le successive, 1. n. 180
e n. 833 del 1978, hanno però radicalmente modificato la materia del trattamento dei soggetti affetti da disturbi psichici, adeguando la normativa a principi costituzionali ed eliminando ogni discrimina zione nei confronti delle persone psichicamente disordinate. Il malato di mente oggi ha un trattamento uguale a quello riservato a qual siasi altro malato e l'unico discriminato è il tossicodipendente, cui è riservato un trattamento diverso.
Sui compiti del sindaco in tema di trattamenti sanitari obbligatori cfr. Pret. Torino, decr. 28 settembre 1981, Foro it., 1981, I, 3011, e Pret. Ciriè 1° marzo 1979, id., 1979, II, 259, con note di richiami.
Per la infondatezza della questione di costituzionalità degli art. 100 e 101 1. 685/1975, nella parte in cui non prevedono l'assistenza tecnica obbligatoria in favore della persona nei confronti della quale si proceda da parte dell'autorità giudiziaria per l'applicazione delle misure di trattamento medico e assistenziale, v. Corte cost. 29 lu glio 1982, n. 160, id., 1982, I, 2377, con nota di richiami.
Sulla determinazione della competenza territoriale del pretore per l'adozione dei provvedimenti previsti dagli art. 98 e 99 1. 685/1975, v. Cass. 27 novembre 1981, Maggi, id., 1982, II, 481, con nota di richiami.
Pena — Pene accessorie temporanee — Durata — Questione non
manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 27; cod.
pen., art. 37).
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esa
me alla Corte costituzionale) la questione di costituzionalità del
l'art. 37 c. p. nella parte in cui prevede che, anche per l'ipotesi di reati punibili alternativamente con la pena detentiva o pe cuniaria, quando non è espressamente determinata, la durata
della pena accessoria temporanea è pari a quella della pena
principale inflitta o che dovrebbe scontarsi, nel caso di conver
sione, per insolvibilità del condannato, in riferimento all'art. 27, 3° comma, Cost. (1)
Pretura di Ciriè; ordinanza 5 novembre 1981 (Gazz. uff. 18
agosto 1982, n. 227); Giud. Malagnino; imp. Chiavazza ed altro.
(1) Ad avviso del pretore il rapporto di proporzionalità tra la va lutazione della gravità del reato e la determinazione della pena ac cessoria risulta alterato dal criterio legislativo di cui all'art. 37 c. p., in quanto ad un mese di reclusione seguirà pena accessoria della durata di un mese; invece, laddove il giudice, ritenuta la minore
gravità del fatto criminoso, irroghi la pena pecuniaria, potrà conse
guire pena accessoria avente durata superiore a quella che avrebbe avuto in caso di valutazione più grave e, quindi, di irrogazione di pena detentiva, ad es., alla condanna a lire duecentomila di multa
conseguirà pena accessoria avente durata di giorni quaranta.
Nel senso che quando la condanna comprende congiuntamente e
la pena detentiva e la pena pecuniaria e comporta l'applicazione di
una pena accessoria, per la determinazione della durata di questa, si deve tenere conto, ai sensi dell'art. 37 c. p., anche della pena pe cuniaria che dovrebbe scontarsi per conversione, v. Cass. 17 ottobre
1978, Martino, Foro it., Rep. 1980, voce Pena, n. 32.
Per l'illegittimità costituzionale dell'art. 136 c. p., nella parte in
cui prevedeva che le pene della multa e dell'ammenda, non eseguite per insolvibilità del condannato, si convertono rispettivamente nella reclusione per non oltre tre anni e nell'arresto per non oltre due
anni, v. Corte cost. 21 novembre 1979, n. 131, id., 1979, I, 2801, con nota di richiami.
Prescrizione penale — Lesioni personali colpose dipendenti da malattie professionali — Decorrenza della prescrizione — Que stione non manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3; cod. pen. art. 157, 583, 590).
Infortuni sul lavoro — Malattie professionali — Obbligo del datore di lavoro di denuncia all'autorità di p. s. — Esclusione — Obbligo dell'I.n.a.i.l. di trasmettere la denuncia all'ispetto rato del lavoro — 'Esclusione — Questioni non manifestamen te infondate di costituzionalità (Cost., art. 3; d. p. r. 30 giu gno 1965 n. 1124, t. u. delle disposizioni per l'assicurazione
obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie pro fessionali, art. 54, 56, 131, 139).
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esa me alla Corte costituzionale) la questione di costituzionalità del l'art. 157 c. p., nella parte in cui per la determinazione del tem
po necessario a prescrivere il reato di cui agli art. 583, 2° com
ma, n. 1, e 590 c. p. non prevede che il dies a quo debba esse re individuato con riferimento a data non anteriore alla denun cia di malattia professionale, in riferimento all'art. 3 Cost. (1)
Non sono manifestamente infondate (e se ne rimette quindi l'esame alla Corte costituzionale) le questioni di costituzionalità:
a) dell'art. 131 d. p. r. 30 giugno 1965 n. 1124, nella parte in cui non prevede l'obbligo del datore di lavoro di denunciare la malattia professionale all'autorità di p. s. e quello di quest'ul tima di inoltrare la denuncia all'autorità giudiziaria, in relazione
agli art. 54 e 56 stesso d. p. r., che tali adempimenti impongono con riguardo agli infortuni sul lavoro, in riferimento all'art. 3
Cost.; b) dell'art. 139 d. p. r. 1124/1965, nella parte in cui esclu
de per l'I.n.a.i.1. l'obbligo di trasmettere la denuncia di malattia
professionale all'ispettorato del lavoro, in riferimento all'art. 3 Cost. (2)
Pretura di Desio; ordinanza 5 novembre 1981 iGazz. uff. 28
luglio 1982, n. 206); Giud. Dosi; imp. Pagnacco ed altro.
(1-2) Si rileva come, sulla base della attuale disciplina sospettata di illegittimità costituzionale, è elevatissimo il numero dei procedi menti penali per malattie professionali conclusisi con la formula dell'estinzione del reato per intervenuta prescrizione, essendo prati camente molto semplice far risalire l'insorgenza delle malattie al quin quennio precedente il primo atto del procedimento penale.
In ordine all'obbligo del datore di lavoro di denunciare, ai sensi degli art. 54 e 56 d. p. r. 1125/1965, gli infortuni sul lavoro occorsi ai propri dipendenti, cfr. Cass. 6 giugno 1980, Cantarmi, Foro it., Rep. 1981, voce Infortuni sul lavoro, nn. 319, 322; Pret. Brescia 24 febbraio 1977, id., Rep. 1978, voce cit., n. 324; Cass. 20 dicembre 1973, Viviani, id., Rep. 1974, voce cit., nn. 230, 231; 16 marzo 1973, Passi, id., Rep. 1975, voce cit., n. 244; 20 ottobre 1972, Pala, id., Rep. 1973, voce cit., n. 170; 14 aprile 1970, Cipriano, id., Rep. 1971, voce cit., n. 196.
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