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Studio delle placche da emoadsorbimento dovute a tre ceppi di virus parainftuenzale di tipo 3 E ITO RE D'.\UBROSIO (•) R o-.:.ELLA ;\11 :\UTI ( 0 ") e Gc roo A .• L aboratori Ji .\licrobiologia Ri ass unto. - r: s tata s tudiata , in due linee cellulari di reue di scimmia (BS C 1 c CV 1 ), la capacità di formar e placche da ernoads orbiment o di tre ceppi di virus parainflucnzale eli tipo 3. La diversa morfologia de ll e placche pe rme tte di dis tin guere i tr e ceppi tra di loro, dimos trando che anche questa proprie è una caratteris ti ca biologi ca dipe nd ente dal ceppo usat o. Summary (Stud y of tlu abilit.Y to f orm hemadsorptiott plaques for three strains of parainjluenza v irus ty p e 3). - The ability to form be mad sorption plaques has been tes ted for three s trains of parainfiuc nza v iru s type 3 by iofecting mon olaycrs of two African g reco monkey kidn cy cell lines (B SC 1 and CV 1 ). The size and th e shape of the plaqucs v ari ed according to the s tra in of virus used, tbat this pr opert y is a virus cl ependent biologicul feature. t noto c he i virus capaci di provocare il fe nomeno deU'e moadsorbi- me nt o possono dete rminare, sotto agar, placche ri velabili m et tendo a con· tatto il tappeto cellulare con globuli rossi di cavia ( MAR TON & VAU GHAN, 1960; DI EBEL & HoTCmN, 1961). Ho wE , MILLIKEN & .E WCOMB, (1970) s tudiando un cepp o di v iru s pa ra· infiucozale di tipo 2, hanno, tra l'altro, descritto una variante clel virus, dalla formazione di placche da emoads orbimento più grandi di quell e prodotte dall a ma ggi or p art e delle p arti celle virali del cepp o osat o. ( ") Ospite dei Laboratori di M icrobiologia; ( "" ) Dorsista dei Labo rat ori di \f icrobiologia. . ln•t . fsl. Nuwr . .'i(milll (1!173) t,
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Studio delle placche da emoadsorbimento dovute a tre ceppi di virus parainftuenzale di tipo 3

E ITORE D'.\UBROSIO (• ) R o-.:.ELLA ;\11:\UTI (0" ) e Gc roo A .• \RA~GIO-RUIZ

Laboratori Ji .\licrobiologia

Riassunto. - r: stata s tudiata, in due linee cellulari di reue di scimmia (BSC1 c CV1), la capacità di formare placche da ernoadsorbimento di tre ceppi di virus parainflucnzale eli tipo 3. La diversa morfologia delle placche permette di distinguere i tre ceppi tra di loro, dimostrando che anche questa proprietà è una caratteristica biologica dipendente dal ceppo usato.

Summary (Study of tlu abilit.Y to f orm hemadsorptiott plaques for three strains of parainjluenza virus typ e 3). - The ability to form bemadsorption plaques has been tested for three s trains of parainfiucnza v irus type 3 by iofecting monolaycrs of two African greco m onkey kidncy cell lines (BSC1 and CV1). The size and the shape of the plaqucs varied according to the s train of virus used, ~howing tbat this p roperty is a virus clependent biologicul feature.

l~TRODUZIO:';E

t noto che i virus capaci di provocare il fenomeno deU'emoadsorbi­mento possono determinare, sotto a gar, placche rivelabili mettendo a con· tatto il tappeto cellulare con globuli rossi di cavia ( MAR TON & VAUGHAN,

1960; DI EBEL & HoTCmN, 1961). H owE, MILLIKEN & .EWCOMB, (1970) studiando un ceppo di v irus para·

infiucozale di tipo 2, hanno, tra l'altro, descritto una variante clel virus, <~ ara tterizzata dalla formazione di p lacche da emoadsorbimento più grandi di quelle prodotte dalla maggior parte delle particelle virali del ceppo osato.

( ") Ospite dei Laboratori di Microbiologia; ("") Dorsista dei Laboratori di \f icrobiologia.

. ln•t . fsl. Nuwr . .'i(milll (1!173) t , 133-l ~ì

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134 E !>PF.RI F.N ZF: E RICERCKF.

In questa ricerca sono stati studiati tre ceppi di virus parainflueozale di tipo 3, differenziabili con prove sierologicbc intratipiche (GIACOMETIJ, 1969) con il proposito di isolare eventuali varianti caratterizzate da placche da emoadsorbimento di diametro determinato e con caratteristiche s tabili. Inoltre si è t entato di correlare le differen ze antigeniche dci ceppi usati con even t uali caratteri m orfologici sia macroscopici, sia microscopici delle placche da emoadsorbimento prodotte da ciascun ceppo.

Data la presenza di p lacche di diverse dimen .. ioni in tutte le prove e eguite si è tentato, seppure senza successo, di isolare cloni di virus che determinassero placche piccole o grandi.

MATE tUALl E METODI Viru s.

Sono stati studiati tre ceppi di virus parainfluenzale di tipo 3, isola ti da sangue di malati di dermatosi del gruppo pemftgo, {GIACOMET'rt & H ABN, 1967; GJACOMETTJ, 1969), riprodotti in KB c denominati D U, PF e EB (*).

Colture di tessuto.

Sono state usate le linee DSC1 e CY1 di cellule di rene di scimmia (Cerco· pithecus aethiops). Le cellule sono state coltivate in t erreno di crescita costituì· to da ME.M (EACLE, 1959) con l'aggiunta del l O% di siero di vitello, e in terreno di mantenimento costituito da MEM più il 2% di siero di vitello. L e cel· lule venivano seminate (100.000/mJ) in piastre di plastica di 35 rom di diametro.

l noculo del vtrus.

0,2 ml del viru~ dilui to in PBS contenente O, l % di !'tero di vitcUo, venivano inoculati in ciascun a pia tra. D opo assorbimento per due ort' a 370 c in termostato con flui. o continuo di aria e 5% di cot, agitando ad intervalli regolari di circa 10 min, il virus non assorbito veniva eliminato mediante aspirazione con pipctta Pasteur e si aggiungeva il t erreno di man­tenimento costituito da E agle (2x) ed agar 0,6% iu p arti uguali (HowE, .MtLLJKEN & l'ìEWCOM B, 1970).

Le piastre venivano incubate in termos tato con flusso continuo di aria e 5% di co2 per un periodo massimo di sette giorni, evitando con partico· lare attenzione di spostarle; infa tti, data la scarsa consist enza del terreno dovuta alla ha a concentrazione di agar in esso contenuto, si poteva facil·

( ") I virus sono stati gent.ilmc:n te forniti dal dott. G. Giacometti dell' latituto Siero· t c:rapico Milanese.

Ann. /si. SI4Jitr • .Sa>oilu (19<3) t , 133-137

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D'AMBROSIO, MINUTI E ARANCIO•RUIZ 135

mente provocare una diffusione del virus in tutto il tappeto cellulare, alte· rando in tal modo la formazione e la visualizzazione delle placche.

Prova di emoadsorbimento.

Eliminato il t erreno di mantenimento, versandolo lentamente da ogni pias tra, si effettuavano due lavaggi con PBS.-tiepido per allontanare meglio il residuo del terreno con agar eventualmente rimasto e quindi si ricopriva il tappeto cellulare con circa 0,5-1 ml di una sospensione allo 0,5% di emazie di cavia tenute a 4° C. Dopo 40 mio a 40 C le emazie venivano eliminate lavando più volte il monostrato con PBS freddo (HowE, 'llfliLLlKEN & NEw­COMB, 1970).

RISULTATI

Allo scopo di seguirne lo sviluppo, le placche da emoadsorbimento sono state osservate dopo 3-5- 6-7 giorni di incubazione: quasi tutte erano v isibili ad occhio nudo ed hanno dimostrato differenze di forma, di grandezza e d'intensità dell' emoadsorbimento, quest 'ultima caratteristica rilevabiJe me­dia nte l'osservazione al microscopio ottico. I tre ceppi virali, inoltre, m essi a confronto per la distribuzione percentuale della grandezza delle placche, presentavano differenze apprezzabili, come risulta dalla Fig. l. Infatti si può notare che le placche del ceppo DU sono di grandezza più omogenea, in particolare risp etto a quelle del ceppo EB.

% 5 0

40

3 0

2 0

1 o

o

EB PF DU

2 3 4

o / \

\ \

\

' o-·-· -o

5 6 7 m m

Fig. 1. - Confronto della grandezza del le placche da emoadsorbimonlu relative ai tre ceppi dj v irus paraintluenznlc 3 coltivati su linea cellulare CV1 in sesta giornata.

. l 1111. T.~t. :;,.,,er. Scu>il•• ( , 113 l!J7

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l3G ESI'F.RIF.NU: t: RI CE IICitF.

l reperti ottenuti in relazione con il ceppo usato vengono ora riferiti con maggiore dettaglio.

1) Ceppo DU. Sulle BSC1, in terza giornata, le placche avevano un diametro di circa

2 mm, forma rotondcggiante con margini irregolari, e di queste una per­centuale inferiore al 10% presentava un'arca centralo priva di emoadsorbi· mento, poiché le cellule erano J>tate distrutte dall 'effetto citopatico del virus (Fig. 2).

Le placche osservate in sesta giornata erano della ste a forma di quelle in terza ma, in que. to caso, nell'SO% i notava la mancanza di emoadsor· bimcnto al centro della placca (Fig. 3, 4). L'emoadsorbimento era meno intenso di quello ottenuto con il ceppo PF (Fig. 5) ; la grandezza media dcii(• placche era di 3,5-4 mm. Sulle CV1 il diametro m edio delle placche era di 5- 5,5 mm e apparivano del tutto identiche a quelle osservate sulle BSC1•

2) Ceppo PF.

Le placche ottenuto su BSC1 dopo tre gionai di incubazione avevano uo n grandezza media di 1,5 mm, erano di forma rotondcggiante con margini netti ed emoadsorbimento molto intenso.

Dopo sei giorni di incubazione erano b en visibili ad occhio nudo (Fig. 6) (' all'o~servaziooe al micro copio r emoadsorbimento risultava della Ste 'SR

intensità di quello ottenuto in terza giornata, n on si notava alcun effettn citopatico evidente. La grandezza media delle placche era di 4-4,5 mm.

Sulle CV, tale ceppo dimostrava 1111 effetto citopatico notevole: compa· rivann infatti diverse placche (50% ) con discontinuità del tappeto nel loro centro dovuta all 'azione del virus; le altre caratteristiche, forma ed inten ità di emoadsorbimento, restavano co tanti.

Dopo sette giorni il tappeto cellulare era già troppo degenerato per l'~> ere utilizzato.

3) Ceppo EB. Le placche dovute a questo viru'! erano le più e terogenee. In terza

giornata non erano visibili senza l'aiuto del microscopio; infatti apparivano particolarmente piccole e con poche emazie adsorbite.

In esta giornata alcune non erano ancora visibili e, qujodi, ad occhio nudo se ne contava un numero minore di quello cbc risultava invece alla osservazione con il microscopio. La grandezza media delle placche era infe­riore a quella riscontrata negli altri due ceppi e la forma era variabile, a volte rot ondeggiantc con margini irregolari, altre volte con margini n etti (Fig. 7, 8). Ques te caratteristiche i sono mantenute costanti sia su BSC1

che t.u CV1•

. fnn. 1st. Suwr . .-;,,11111 (1913) t , 1 ~3-117

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D'A~lBROSIO , U L'IliTl E ARA ;IIG IO· RUIZ

Fig. 2. - Placche da crnoadsorbimento provocate dal ceppo DU ~u BSC1 in t erza giornata dall'inoculo (2x).

F ig. 3. - Singola t>lucca da emoadsorbimcuto provocata da l ceppo Dli in sesta giornata (32x). Cellule llSC1•

. 111 11. l sl. Suwr. S"nihì (l!J7:1) 9, 13:J- I:J7

l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l

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D'AMBBOSJO, MIN UTI E ABANGIO·RUIZ

Fig. 4. - Come Fig. 2, in sesta giornata (2x).

.· ..,l .... .., .... ·.

Fig. 5. - Singola placca da emoadsorbimento p rodotta dal ceppo PF in sesta giornata (32x). Cellule BSC1.

.1nn. 1st . .S"per. Sani/A (1973) t , 133-137

l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l

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D'Al!BROSIO, MIN UTI E ARANCIO-RUIZ

·•·· #li'• l

Fig. 6. - Placche da emoadsorbimento da virus del ceppo PF in sesta giornata (2x). Cellule BSCI"

Fig. 7. - Placche da emoadsorbimcnto da virus del ceppo EB in sesta giornata (2x). Cellule BSCl"

• f lllt. I st. Super, Sani/il (1973) 9, 133- 137

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D ' AMBROSlO, MINUT I E ARANGlO· R UlZ

Fig. 8. - Come J i g. 7, ~ingoia placc11 in sesta giornata (32x).

dnn. I dt . Supcr. Sanità (1973) t , 133- 137

l l l l l l l l l l l

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D'AMBROSIO, MINUTI E ARANCIO-BUlZ 137

Come già si è detto all'inizio, poiché in apparenza le placche erano di grandezza variabile nell'ambito della stessa popolazione virale, si è cercato di studiare se le placche piccole e quelle grandi fossero dovute a mutanti del virus. A questo scopo sono state preparate diluizioni terminali dei tre ceppi in modo da avere un.a sola placca per piastra. Si asportava quindi, con poche gocce di diluente, il materiale in corrispondenza della placca e con tale sospensione si inoculavano due nuove piastre. Per tutti e tre i ceppi, in ripetuti tentativi, non è stato possibile ottenere una purifìcazione delle placche cosi da avere particelle capaci di produrre o solo placche grandi o solo placche di diametro minore.

CONCLUSIONI

Dai risultati ottenut1 m questo studio si può desumere che anche la forma delle placche che si rivelano mediante la prova di emoadsorbimento rappresenta una proprietà legata al ceppo di virus adoperato: infatti, anche se alcune caratteristiche possono scomparire usando linee cellulari diverse, le placche dei tre ceppi studiati si sono mantenute sempre distinguibili tra loro.

Il solo ceppo DU ha presentato in entrambi i tipi di cellule utilizzati un effetto citopatico distruttivo in misura molto evidente, con la forma­zione di aree litiche centrali. Il ceppo PF ha prodotto sempre placche con margini regolari ed intensità di emoadsorbimento costante. Solo il ceppo EB ha dato un certo numero di placche con margini irregolari e una percentuale (25%) di placche particolarmente piccole (0,5 mm).

Il tentativo di isolare eventuali varianti caratterizzate da placche da emoadsorbimento di diametro determinato e con caratteristiche stabili, non ha avuto successo.

Ricevuto il 22 dicembre 1972. Accellalo il 27 marzo 1973.

BIBLIOGRAFIA

DIEBEL, R. & .J. HOTCHJN, 1961. Virology, 14, 66.

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GIACOMETTI, G . , 1969. Giom. Ig. Metl. Prev. , 10, 161.

GrACOIIfETTJ, G. & E.E.A. IIAHN, 1967. BoU. 1st. Siuourap. MlùJn, 46, 11.

Hows, C., S. A. MILLIXEN & E. W. N EWCOMB, 1970. Arcla. Ces. Virusfor&ch. , 29, 50.

MARSTON, R. Q. & E. R. , V AUCHAN, 1960. Proc. Soc. Exp. Biof. (N.Y .), IN, 56.

Ann. I sl. St<pu. San iltl (1 9 73) t , 13!1 -137

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Interferenza di due farmaci a ntinfiammatori t< bendazttc H

e cc fenilbutazone u sulla cinetica cellulare

della risposta immunitaria

P AOI.A 'fASTRA~T0\'10 (*)C' ALf' REOO Z ·\MP I ERI

Laboratori di M icrobiologi11

Riassunto. - È stata studiata l'azione di farmaci ant infiammatori sulla risposta immunitar ia primaria in topi stimolati antigenica1nente.

I risultati di queste esperienze dimost rano che i due farmaci provati possiedono una p arziale azione immuno-deprcssiva. T ale azione non è dovuta a fattori t ossici né ad inibizioni della sintesi degli acidi n uclcici, ma piutto­sto ad una probabile interferenza nella polimerizzazione delle immuno~lo­buline IgM.

Summary (l nterfl'rettcc of two antinjlammatory llrugs on cellular kinetics of immune response) . - The intcrferencc in tbc pr imary immunore ponst: by antinflammatory drugs (bendazac and p henylliutazonc) in micc anti­genically stimulatcd h as b ecn studied. T hc results show that thesc d rug,-, can part ially inhibit the immuuo-response. Their action is not apparently due t o tossi c effects or t o an inhibition o n nuclcic acids sy nthcsis, bu t to a presuntivc interference on Igl\1 immunoglobulins polimerisation.

Esperimenti di E \'AN · et al. (1968) e l\10 \ ' AT et al. (1965) hanno dimo­strato che alcune classi di antinfiammatori, quali l'acido acetil-salicilico c i salicila ti, il fcJùlbutazonc e i composti pirazolici, inibiscono l' aggregazioni' delle p iastrine ed interferiscono con i complessi antigene-anticorpo.

Quest i risultati facevano presumere che gli antinfiammatori, olt re aJ agire come an t ibradich ininici, antistaminici, antiprostaglandinici ecc., po· levano interferire in modo più o meno evidente sul meccanismo della r isposta immunitaria. A t ale scopo in un precedente lavoro ( M ASTRA NTONIO, 1970) abbiamo saggiato questa loro probabile azione immunodep ressiva parago­J~ndola con quella di farmaci noti come immunodepressori qu ali gli antim e-

(*) norsi ~ta dei Laboratori di .\ficroh iologia .

• 11111. 1~1. S111u·r. 8anil•t 1li1o:l) 9, J :J~ !Hl

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taboliti (BIEBER, NICBELLI & IIITCRJNCS, 1952; BussARD et al., 1960; LEVIN 1965; ADLEB, FISBMAN & DRAY, 1966; LEuc & VAS, 1968), cortisonici (RosENAU & MooK, 1962; PARKEB & VAVRA1 1969 a, b) e antibiotici appartenenti al gruppo cloramfenicolo (WEISBEBC:&B, DANIEL & HoFFMAN, 1964; WEISBERCEB, WoLI' & AaMENTROUT, 1964;. DAm:aL, SuallLA.ND & WEISBBRCER, 1965; WEIBBERCER, Mooa:at & ScaOBNUac, 1966; ScaoBNBEBC, MOORE & W:atiSBEBCEil, 1967; ABMENTROUT & WEISBERCEB, 1968; JoRDAN & FOBCET, 1969; WEISBERCER & DANIEL, 1969; KllLAN & FINCH, 1970; MJDCLEY, 1970).

I risultati ottenuti hanno dimostrato che le due sostanze antinfiamma­torie saggiate, il fenilbutazone e il bendazac (SILVESTRINI, CtoLI & BuRBERI, 1969; StLVESTRINI el al., 1970), possiedono un'azione immunodepressiva anche se, alle dosi terapeutiche impiegate (100 mg/kg), tale azione è meno evidente di quella degli antimitotici, cortisonici ed antibiotici. Abbiamo pertanto ritenuto interessante approfondire queste prime osservazioni allo 1copo di analizzare il possibile meccanismo d'azione di tali antinfiammatori.

Per quanto concerne la scelta della tecnica immunologica abbiamo adot­tato quella di JERNE, NoRDIN & HENRY (1963) che si basa sulla rilevazione della percentuale di cellule linfoidi, di topi sensibilizzati con emazie di mon­tone, capaci di dare aree emolitiche su piastre agar-sangue di montone, per i netti vantaggi che questo metodo offre e cioè: ottenimento di una ri­sposta primaria completa in 7 giorni; possibilitA di una precisa analisi quan­titativa durante la fase precoce della risposta immune, quando i livelli sierici degli anticorpi 195 sono molto al di sotto dei limiti di sensibilità dei metodi sierologici tradizionali; possibilità di rilevare rapidamente le variazioni del numero di cellule capaci di formare anticorpi, variazioni che nel siero sono controllabili con notevole ritardo.

Quindi con tale tecnica abbiamo studiato la risposta immunitaria pri­maria nella sua normale curva di sviluppo e successivamente si è interferito nei vari momenti sequenziali di tale reazione trattando topi immunizzati con le due sostanze antinfiammatorie, bendazac e fenilbutazone (SILVESTRINI, Crou & BuRBERI, 1969; StLVESTRINI et al, 1970).

MATE RIALI E TECNICHE

Animali e schema di trattamento - Per ogni esperimento furono impie­gati 40 topi ceppo BalbfCas maschi del peso di 25 g circa e dell'età di 40-45 gg., suddivisi in 5 gruppi di 8 topi ciascuno.

Tutti i 40 topi venivano inoculati nella vena dorsale della coda con 0,5 ml di una sospensione di ema.zie di montone lavate 3 volte in soluzione fisiologica con titolo di lx10~fml. Mentre un primo gruppo veniva mantenuto di controllo, agli altri gruppi veniva somministrata, in tempi diversi preci-

. lnn. lisi. Srtptr. ~ani l<l ( 197 J) t , 138· 149

---------------------------------·

l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l l

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110

sati più a\·anti , la sostanza in esperimento p er os mediante onda gastrica in dosi singole o multiple. Per quanto riguarda il trattamento con bendazae, fenilbutazone e ciclofosfamide, sono state somministrate dosi sicuramente non tossiche, attenendosi agli schemi terapeutici indicati per ogni sostanza.

T ecnica delle cellule formanti placca - In 3a, 41\ sa giornata venivano preleYatc, sotto anestesia, le milze a due topi di ciat;cun gruppo. Queste ve­nivano quindi lavate in soluzione fisiologica, pesate e spremute su filtro di retf' in acciaio inossidabile montato su imbuto. Le cellu1c linfatiche venivano raccolte in soluzione di Hanks, lavate in centrifuga c diluite con Minimuu :Essential Medium (MEM) 1:10. Tutte queste operazioni venivano eseguite a temperatura ùi circa 40C (HEU\1EREICH, KERN & HEISEN, 1961).

Le ~ospensioni spleniche veni,·ano quindi contate al microscopio :-u

vetrino contaglobuli e diluite opportunamente (Fig. l ).

milza

0,05

o,s qg MEM Ac.ACt'tiCO 2'/o

/ _\.

_::\ -l

Volumt' della camera = O,lmmJ

Volume A = 0,00'- mmJ

):'i~. 1. - E"trazion;:- t' conta di ccllult~ linfoidi.

Lo conta 1- •lnlu e~eglùto con camcrn di Huwksley, obiettivo -10, oculare 8. La camera è ~uddivisa in 25 quadrat i (A), pertanto il

0,1 volume del quadrnto A sarìl di 25 mm~ ;= 0,00-l mm~. Ln contn ,i

c~egut> su 10 quadrati A ~d i valori trontti si rapportano a l volumt• - 25 -

totale delln camera. N=M · 10 · 10 1 • 10~. Ove M è la media tra

due conte eseguite su 10 quadrati A; 25 il numero dei quadrnti d ella camera divisa IO (dato che ltt conta viene effettuata su 10 quadrati), IO~ è il rapporto tra il volume delln camera (0,1 mm3 ) c l cm\ c IO~ è il fattore di diluizione dei linfor.iti prima dt.>lla coutu.

Nell 'esempio riportato n lato s·i nvril:

45,5 · 2,5 · 10~ · 10 ~ = 113.75 • l08,'ml , do\'C ,15,5 è- la media ot­tenuta dai risultati dellf' due conti'.

a) b)

5 3 5 2 :l

3 -;

4 7 6 5 6 2 3 6 3 5 8 7

45 ·Hi

. l llll. [.,f . S"i"'''- Sa11ilà ( 1\li:l ) 9, t !J!\ l ~t>

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MA'ITRANT0:-110 E ZAMI'IJ::ltl

Fig. 2. - Esempi di placche emolitiche ottenute con la tecnica di .Jerne. In alto: esperienza su milze di topi controllo (non trnttati con sostanze immuoodepres~ive). A sinistra sono "late seminate 9,3 x 105 cellule linfoidi che banno tletrrminato 212 placche. A destra ~i possono contare 76 placc-he ouenntr dulia srrnina tli 1,9 )l IO~ linfociti. In bas$o: aree di emolisi fotografate a picco l n ingrondimento. Nello foto o ijinisl ro è visibile una cellula liufoide cbe ha determinato l'cmolil!i, u deMrn, n llln!(gior Ìu!(rondimento si uota In cellula linfoide seceruente emolisirlll specificu in fu se eli divi~iont'. In ulcurù cusj po­nendo le piastre ad iucuburc u 37°C in urnbiente (uriu/COi) ul5°~1 per 24-48 ore, si è avuto un notevole allargrunento delle oree di cmoli;,i: ol micro~copio tali placche presenta· vano nel loro centro la formazione di un clone di ctllule in attiva moltiplicazione .

• 11111 . 1<1 • ...;,.,,.r . .')fini/d ( 1\li:l) t , J :J:>--1~11

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) IAST RA:'ITON IO E ZAMI'IF.Rl

Per il piastramento si usavano piastre Petri di circa 8 cm di diametro, provviste di uno strato di agar purificato 1,2% in N aCl, sopra il quale veni­vano quindi aggiunti 2,5 ml di una soluzione di MEM-agar allo 0,7% man­tenuto Buido a 450C, contenente 0,1 mi di emazie di montone con titolo 3,5x 109/ml, 0,1 di sospensione di cellule spleniche da titolare nelle diverse dilui­zioni e 0,1 ml di DEAE-destrano (13 mg/ml) che legandosi ai gruppi estere solforici galattosidici dell'agar ne bloccava l'attività anticomplementare (L!EBABER & TAKEMOTO, 1961}. Le piastre venivano quindi incubate per l h a 370C, quindi si aggiungevano 2,5 ml di siero f resco di cavia diluito 1:10 come complemento; le piastre venivano incubate di nuovo per 30 mina 370C. Dopo qu est'ultima fase le aree emolitiche risultavano v isibili sotto fo rma eli placche (Fig. 2).

Tecnica di emolisi facilitata - Per quanto riguarda la titolazione degli anticorpi IgG, abbiamo applicato la tecnica di NonoiN & SELL (1970} dell'emolisi facilitata, che consiste nell'eseguire il normale metodo di Jerne fmo alla prima incubazione delle piastre a 370C per un'ora . Quindi, a ciascuna piastra, si aggiungono 2,5 mi di siero di coniglio anti IgG topo diluito al 10% in tampone fosfato (pH 7,2} e si pone di nuovo a 37°C per l h. Al termine di (ruesto tempo si scarta il liquido sopranatante e si aggiunge il complemento. In tal modo, dopo 30 min a 370C si possono rilevare aree litiche dovute sia ad anticorpi IgM sia ad anticorpi IgG.

Abbiamo impiegato questa t ecnica facilitata anche per le prove di agglu­t inazione ed emolisi in vitro adsorbendo sulle emazie di montone il s iero anti-IgG di topo per 2 h a 370C.

Anche con queste tecniche si sono ottenuti valori di emolisi ed emoag­glutinazione più alti rispetto alle prove eseguite con tecniche normali. Ciò è dovuto al potenziamento degli anticorpi IgG che normalmente han­no una bassa capacità emolitica ed cmoagglutinante.

RISULT.\Tl

In un primo esperimento abbiamo somministrato a topi, antigenica­mente stimolati, il bendazac (che nel testo verrà contrassegnato con AF) a dosi di 100 mgjkg di peso corporeo ed abbiamo comparato la produzione anticorpale di questi t opi con altri che avevano ricevuto una sostanza ad azione immunodepressiva già noto: ciclofosfamide (3 mg/kg). I risul­tati dimostrarono che i topi trattati con il bendazac, anche se rispondevano con una produzione anticorpale maggiore rispetto a quelli trat tati con ciclofosfam.ide, erano immunodepressi rispetto ai topi controllo di circa il 50% (Tab. l ).

.1>111. 1~1. S<tJlfr. Sanità ( 19;3) 9, l:la -H9

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H2 E!ili'F.Rit:NZt: t: RICF.RCIU

TAUEI. I .A l

Azione immunodepreasiva del bendazac paragonata all 'azione della ciclofosf'amide (Endoxao ®)

P . l upo ~

Controllo

Beodozoc

Endoxon

(l) M<dio d.l f"' .O d i lf< topo (2) Pho m<dio do "• mllu.

(l)

21 20,6 26,1)

1'. mllu mg (2j

188 167 19:\

(3) Mrdio ou tre ooole di ..,llult l ìnfoidifml.

N. Jjof.{ml \ '.A

(l)

8,5 x 107 0,47 9,25 x 107 0,26

1 l' 25 / 107 0,21

V.A. numtto di ar~e liticbe IU mille ~llule •pl~n_ich.- •ttuimut'; ' a i1Jri madi • u nl ronltt

rtc:IUÌlt IU t re IO!pe_D\iODi duh·uti d• U '! mil.v.

Quindi, confermata l 'azione immunodepressiva dell'antinfiammatorio, le esperienze successive sono state eseguite al fine di puntualizzare in quale momento della cinetica della risposta immunitaria agiscano gli antinfiam­matori sperimentati. P ertanto le sommioistrazioni vennero effettuate una sola volta in giorni differenti e precisamente, considerando giorno O quello dello stimolo antigene (l X 109/ml di emazie di montone endovena), nei giorni - 1, O, -L}, + 2, + 3; io un altro gruppo la somministraziooe veniva ripe­tuta ogni giorno (gruppo contrassegnato con T).

TABELLA 2

Azione immunodepressiva dell'antinfiammatorio inoculato un giorno prima dello stimolo antigenico (AF - l), contempora­neamente allo s timolo antigenico (AF 0), 48 ore dopo lo

stimolo antigenico (AF + 2)

P. top" l! (l)

Coutrollo 25,5 AF - 1 24 AF O 2:i,2 AF -1 2 26

(1) lledìo dd pc•o di ••• topi. (2) Pcoo medio di tre n>il&e .

P. milu ru~

(:)

294 188 186 197

(3) Media ou tro conto dj ~Uule h.Uoidi mi.

N. Jinr.{ml

(3J

13,25 x IO' 12 ì, IO' 10 ,25 x 10' 11 ,25 x 101

Y .:\ .

0,41 0,38 0,37 o, 17

\ .A. - lhl.DlUO de aru lh it.bt tu tDtlle etflulf' tp~Dir.hc Hmin.ate; valori me:d..i ru ~~ri ~ntc

et.t:pte su tn tosptatioal ckrh-a.at i d1 tre milze.

...h m. I MI . Saper. Sanittl (1973) l . 138-HO

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.ES I'EIUENZE E lllC.ERCRE 143

Nei due gruppi che avevano ricevuto la sostanza rispettivamente nei giorni - 1 e O, la produzione anticorpale si manteneva esattamente uguale a quella dei controlli, mentre per i gruppi di topi trattati rispettivamente nei giorni + 1, + 2, + 3 e giornalmente (T}, si aveva una diminuzione di risposta che risultava maggiormente chiara nel gruppo di topi trattati nel giorno + 2 e nel gruppo (T) (Tab. 2, 3).

TABELLA 3

Azione immunodepMssiva dell'antinfiammatorio sommuu­strato in periodi successivi dopo lo stimolo antigenico: AF + l = dopo 24 ore; AF + 2 = dopo 48 ore; AF + 3 = dopo 72 ore; AFr = som.ministrazione ripetuta in 1a.2a.aa

giornata dopo lo stimolo antigenico

t•. •oro 1!!

(l)

Controllo 22 , 3

23,8

AF l l 23 ,6

AF + 2 26

AF ~ 3 25

AFT 24,8 ---

(l) Mrdio del pe•o eli tre topi .

(2) l'uo medio di tre ml l••·

-- -P. mil~,a mR

(2)

313 267 282

282 297

240

t3) Medio t u tre c:onlo dJ eellule llo!oldiJml.

--- -:'>. linf.(ml v .. \.

(3)

Il x 107 o' 7tl 9, 7 x 107 0 ,82

12 x 107 0,55 11 ,6 x 107 0, 46

9,25 x 107 0, 62

8,87 x 107 0,53 - --- - - --

V .. \ . .. numero di fìree litic.ht t u mille ctllule ttplen iche l'emin•te; ,·alnr i medi "u •ei conu

Tali prove sono state ripetute numerose volte ottenendo risultati co­stanti e su questi sono state costruite delle curve di andamento della risposta anticorpale (Fig. 3).

n fatto che l'antinfl antmatl)rio provato agisca maggiormente nel giorno - 2, e naturalmente nel gruppo T . dimostra che questa sostanza colpisce un punto ben preciso nella fase delia produzione anticorpale. Da questo si può dedurre che il bendazac non agisr~ da inibitore della sintesi degli acidi nuclcici, come avviene per un normale antimetaholita (ciclofosfamide), ma agisce con altri meccanismi, uno dei quali potrebbe essere una interfe· rcnza nella p olimerizzazione che si attua durante la formazione della immu· noglobulina I gM. Questa ipotesi sembra avvalorata dai risultati delle prove di titolazione degli anticorpi lgG ottenuti con un metodo di potenziamento

. l nn . bi. St~pr r. S nn iltt 1197:1) 9, 138 H9

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~ ~ 0,8

~ ~0.7 ~ ~ 8 Q0,6

~ Q..

~0,5 -~ ~ -

0,2

0,1

-~ N ro E C1l

C1l c o N ro :l u o c:

t o 12 21..

Trattamento

I.C N LL

et <!

E o ..... c c: ~ C1l E E ~ ro

:t: ro ro '-1-

L. 1-

t ! 36 48 60

Controllo

AF3 , \

\

AF1 '\. \ AFT ··.· ' ··~ \

-.~. \

~ AF2 '\· ...

AFT

LLM

<! o ..... c C1l E ro :t: ro '-

1-

! 72 81.. 96 108 120 132 14t. h

Fip;. 3. - Cune di ri , t>o•IJI immunitaria rih•' ate con il m etodo di Jeme. In asci>se i t empi di t rattamento epprcssi in ore, in ordinate i valori del rapporto fra il numero dr ii t· nree emolitiche ottenute rispetto alli' cellule lin!oidi &em.inate. AF l = Elfetlo dell 'inoculnzionc dell'antinfiammatorio (bendazac) w mmi­JÙstrnto per os nlln dose 100 mg/kg 36 orr dopo In stimolnziouc ant igwit•o. AF 2 -:. Sommirùstrazione 60 ore dopo lo 5timolo antigenico. AF 3 = Sommini .. trazionc 84 ore dopo lo stimolo antigenico. AF T :2 Sommiuibtrozione ripetuta dell'antinfiammatorio ogni N ore a par­

tire dallo 36• ora dopo lo ! limolo antigenico.

dell'attività di queste immunoglobuline con siero di coniglio anti JgG-topo preventivamente adsorbito su emazie di montone.

I nfatti t ali prove di emolisi ed emoagglutinazione i ll vitro in 7n., 9n., l la giornata, dopo la stimolazione antigenica, hanno dato risultati che dimo­strano che le IgG agglutinanti ed emolitiche non vengono praticamente in­fluenzate dal trattamento con il bendazac (Tah. 4 e 5).

Mentre le stesse prove eseguite in giorno + 5 per la t itolazione degli anticorpi IgM hanno dato risultati che confermano i dati ottenuti con la

. lnn. l sl. S uprr. S an i t la (19i3) t , 13ò U O

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Controllo

Controllo

AF + l AF + l AF + 2 AF + 2 AF + 3 AF + 3 AFT AFT --

l

Controllo

Controllo

AF + l AF + l AF + 2 AF + 2 AF + 3 AF + 3 AFT AFT

)IASTMNTONIO E ZAMPIE IU

Prova di emolilli facilitata dopo nove giorni d.al.la etimoluione antigene (*)

1/40 l l fiO l l f l60 l 1/ 3%0 l l /640 l f lUO l + + ± - - -+ + ± - - -+ + + ± - -+ + t- - - -+ + + ± - -+ + + + ± ± + + + - -- -+ + ± - - --r + ± - - -+ + ± - - -

lr-560

--

-

--

---

-

-

Prova di &g8lotinuioDe facilitata dopo nove giorni dalla etimoluione antigene (*)

1/40 l 1{80 l 1/ l f>O l 1/320 l 1/640 1/ 1280 l 1/2560

+ + ± - - - -+ + + - - - -+ + + + - - -+ + (+ ) - - - -+ + + - - - -+ + + + ± - -+ + ± - - - -+ + ± - - - -+ + + ± - - -

+ + + ± - - -

145

TABELLA ,,

l J , iJ~O

----------

'fAUELLA 5

l 1/5170

-

-- l -- l ----

l -•

(• ) C..otzollo - t opi cootroUo; AF + l - la sommiJWtruiooe d.ell'AF ~ avvenuu oel s iomo + l , dopo la ot l· tttOI Isiooe anticene; AF + 2 oelciomo + 2; AF + 3 net cioniO + 3; T - la t ommin.lttradone ~ A\"Vt'nuta sioroeh:neote •

..-ln>t. 131. Suprr. S<n~ilò 0973) t , lJS 110

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)4(•

tecnica di J crne e precisamente: nei controlli si ha cmoagglutioazionc al 100<}0 con un siero diluito 1 :256, mentre negli animali trattati il titolo scende a 1:64 per l'AF + l c AF + 3 e fra 1:32 e l :64 per AF + 2 c AFT.

Per quanto concern e r emolisi si ha un titolo medio nei due controlli di 1:1500, mentre per AF+ 1 si ha un titolo di 1:500, per AF+ 2 un titolo al 70% di 1:256 l' per AIT un titolo al 70% fra 1:128 c 1:500; in questa stessa prova l'AF + 3 ha avuto un titolo di 1:1.000.

Tali risultati starebbero a dimostrare che il trattamento con bcndazac. sia con somministrazioni singole che con somministrazioni quotidiane, agi­sce solo sull' attività degli anticorpi primari IgM (che sono ad alto peso mole­colare), ma non avrebbe alcun effetto sugli anticorpi primari IgG (che sono a basso peso molccolare).

Inoltre, prove eseguite in vitro, unendo a siero prelevato dall ' animale in quinta giornata dopo stimolo antigenico, quantità decrescenti, da 0,125 mg a 0,00012 mg (diluizioni per raddoppio), di hendazac, dimostrano che. a concentrazioni biologicamente tollerabili dall' animale, tale antinfiamma­torio non interferisce nella reazione antigene-anticorpo (Tab. 6).

TADF.LLA 6

Prova di agglutinazione e di emolisi io presenza di quantità scalari di bendazac

Diluizione soslouza (m g) 0,125 0,0625 0,03 125 0,01 562 0,007 0,0035 1 0,00 l 8 l (ogglutinozionr.) 1 l t- +-+ l ++-l 1++1

(emolisi) . ± +-r -=-+-t ·l ++ -t"1+1

l•r()\"CI d i emoagglu\inilzione (iu •ho) ed emoli• i (i.n La~ 10) e .. e~uit • lu 5• f" 1• gi orn a ta su •i<'ro (U top l aoti· JtDiumtott" t~timolati. La • o H,an:u a n tin.G emmatori l ' ~Dnf' 1giu Il& a1 • l llttm• IDtiSC'nf'•l nhcorpo ,·n t.ilro a d1lui­

~ioni Jlt"r r-addoppio • part•re da m1 0 .12.5/ml.

Que6ta potrebbe cilsere quindi un' ulteriore conferma dell'azione di questa sostanza sulla fa!le di aggregazione m olecolare delle lgM, dal m omento che non ha alcun effetto su anticorpi IgM già preformati.

P er un'ulteriore con ferma degli antinfiammatori quali agenti immuoo· depressori è stata saggiata la risposta anticorpalc anche di un'altra sostanza appartenente a tale gruppo: il fenilbutazon e, un antinfiammatorio analge· sico e antipiretico. Anche con il fenilbutazone le amministrazioni sono state sia singole che ripetute ogni giorno con dosaggi di 200 mg/kg nelle prime e di 50 mg/kg nelle altre.

"'""· 1.1. S11prr. Snnild ( 19i3) t . J:I~-H9

-, l

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MASTR.A.:o;TONIO E ZA){PIERl 147

Dalla Tab. 7 risulta chiaramente nei gruppi di t opi trattati con la so­stanza nei giorni + l , +2 e nel gruppo T trattato quotidianamente, un abbassamento del titolo di cellule formatrici di anticorpi. Tale effetto non si riscontra invece nel gruppo trattato tre giorni dopo la stimolazione anti­genica in quanto, com e in parte già visto con il bendazac, il fenilbutazone non agisce su anticorpi lgM già formati.

TARE f.LA 7

Azione immunodepressiva del fenilbutazone in topi immunostimolati

P. topo g (l)

Controllo 30,3

29,7

FB + l :lO

FB + 2. 30,4 FB ..!.. 3 26,6 FBT 25,5

- ---

(l) Media del pe•o di tre t opi.

p) Pe•o medio di tre milze.

1-.. milz.a mg

(2)

288

267 260

340

210

305

(:l) Media su tre c-onte di ce11ule linfoidi/ml.

:i. lìn f.Jml V.A.

(J)

13,75 x 107 0,61

18 ,25 x 107 0,85

14 x 107 0,42 14,25 x IO' 0,44

17,5 x 10' 0,72

21,37 x 107 0,38

V.A. - nume·ro di aree lit iche tU mille cellule spleniche seminate; valuri mt'tli tu sei conte

t•;c•guit e su tre sospert.!l iQn i de rìvanti da tre milze.

F B + l - !WmmioiHrazione d"WantinfiMmmatorio dopo 24 ore t.lallo stimolo antigene; F O + 2 e:a clopo 48 ore; FB + 3 - dopo 1'2 ore; Jo_,DT ~ sommiuiurazi.one ripetuta in 1°·2°-3° ginrnata dopo lo s tiruolel antigenic:o.

Prove di emolisi ed emoagglutinazione eseguite m sa giornata sui sieri di topi t rattati giornalmente con 50 mgfkg di fenilbutazone, hanno dato risultati che confermano l'abbassamento di risposta anticorpale ottenuta con il metodo di J eroe; infatti nelle prove di emolisi, mentre i controlli rag­giungevano un titolo di 1:512, i gruppi del FBT avevano valori che v aria­vano da 1:64 a 1:128; nelle prove di agglutinazione, mentre i valori dei con­trolli erano 1:128, quelli del gruppo FBT erano 1:64.

Durante il trattamento con i farmaci immunodepressori su topi immu­nos timolati, sono stati controllati i seguenti parametri: peso dei singoli topi ogni 24 h, conta dei leucociti e formula leucocitaria prima dell' inoculazione e d opo 5 giorni di trattamento, esame istologico delle milze in 5° e 15° giorno dall' inizio del trattamento.

Dall'analisi dei risulatati non si sono avute differenze significative nello andamento del peso corporeo e le oscillazioni dei valori della conta dei leu­cociti rientrano presumibilmcnte nell'ambito delle normali reazioni da sti-

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148 E S PF..RI E:-IZE •; RI CERCH E

molazione antigenica, cosi come la lieve tendenza alla eosinofilia che s1 c riscontrat a nella lettura della formula leucocitaria. Anche nel peso delle milze non si sono avute differenz·e significative tra animali trattati e animali di controllo e ad una prima indagine istologica, a parte una m odesta iper­plasia dei follicoli malpighiani, non si sono avute variazioni fra animali controllo e immunodepressi.

Questi risultati confermano chP- l'azione immunodepressiva di queste sostanze non è di tipo linfoeitotossico come invece avviene per i cortisonici (KAPLAN & Fil'iK, 1970; LEuc. & VAs, 1968; LEVIN, 1965) c non altera in modo rilevabile i parametri metabolici e emopoietici degli animali in espe­rimento.

CO 'CLUSIONI

Scopo del nostro lavoro è stato di valutare le capacità di alcune sostanze antinfiammatorie nel deprimere la risposta immunitaria normale su topi stimola ti antigenicamentc.

Dai dati sperimentali sopra esposti risulta che i due farmaci antinfiam­matori saggiati possiedono tali capacità e che l'immunodepressione non è dovuta ad effetto tossico o ad una inibizione della sintesi degli acidi nucleici come avviene per gli anti metaboliti (6-mercaptopurina e ciclofosfamide), bensì ad una probabile interferenza sul normale meccanismo di formazione degli anticorpi IgM.

Il fatto che tali sost anze agiscano soprattutto in seconda giornata dallo stimolo antigenico, quando cioè è già iniziata la fase di produzione anti­corpale, ed il fatto che non deprimano il titolo di anticorpi IgG, fa supporre che la loro azione sia di interferenza nel m eccanismo di aggregazione m ole­colare degli anticorpi I gM.

Gli AA. desiderano ringraziare la Sig.na E lena Spaguoletto per la preziosa c costante collaborazioue da lei prestata durante tutte le fasi della sperimentazionc.

R lcevulo il 30 gennaio 1973. Accettalo il 7 febbraio 1973.

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