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roncopneumopatia cronica ostruttiva - doctor33.it · fanno di tali pazienti un gruppo rispondente...

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Tavola 4.28 Apparato respiratorio 138 ATLANTE DI ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA E CLINICA BRONCOPNEUMOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è una patologia cronica caratterizzata da un’ostruzione progressiva del flusso aereo espiratorio irreversibile o non completamente reversibile né spon- taneamente né con trattamento farmacologico, anche in assenza di sintomi specifici. La BPCO si sviluppa in conseguenza di un’in- fiammazione cronica delle vie aeree e del parenchima polmonare correlata a insulti ambientali, ad esempio il fumo di sigaretta o l’ina- lazione di particelle e di gas irritanti, e si manifesta a livello clinico con sintomi quali tosse, dispnea da sforzo e sibilo respiratorio. La progressione della BPCO è graduale anche se la malattia pre- senta spesso riacutizzazioni dei sintomi respiratori che richiedono l’ospedalizzazione. La riacutizzazione rappresenta il peggioramento della precedente situazione stabile ed è caratterizzata da: aumento del volume e della purulenza dell’espettorato, aumento della dispnea e dei sibili, presenza di costrizione toracica, presenza di segni di ritenzione idrica. Almeno un terzo delle riacutizzazioni è associato a infezioni virali, la maggior parte delle quali imputabile a rinovirus (raffreddore comune), e a tempi prolungati di guarigione. Altre cause di riacutizzazione sono rappresentate dalle infezioni batteriche e dall’inquinamento ambientale. La causa di circa un terzo delle ria- cutizzazioni gravi non può essere identificata. L’età, il sesso (le donne, a causa della particolare conformazione delle vie aeree e per le caratteristiche di deposizione delle particelle nelle vie aeree, risultano più esposte rispetto agli uomini all’effetto dannoso del fumo di sigaretta), la gravità della patologia e le co- morbilità contribuiscono al grado di disabilità, alle ospedalizzazioni e alla mortalità. Gli esami funzionali spirometrici rappresentano il cardine per la diagnosi e per il monitoraggio della terapia. Il valore del VEMS e degli indici di ristagno aereo (CFR e VR) contribuiscono, insieme al quadro clinico, a determinare lo stadio della malattia e a monitorarne l’evoluzione. In genere, i pazienti affetti da BPCO vivono per diversi anni con una disabilità progressiva e svariate riacutizza- zioni. Il medico curante ha pertanto buone probabilità di ritrovarsi impegnato per parecchi anni nella valutazione e nel trattamento di un paziente affetto da BPCO. SOTTOTIPI La BPCO è un disturbo caratterizzato dallo svuotamento lento del polmone durante un’espirazione forzata (Tavola 4.39). Nella pratica viene misurata come il rapporto tra il volume espiratorio forzato in un secondo (VEMS) e la capacità vitale forzata (CVF) e di solito la definizione arbitraria di ostruzione del flusso d’aria consiste in un rapporto VEMS/CVF <0,70. Molti soggetti anziani mostrano ostru- zione del flusso aereo persino in assenza di una diagnosi clinica di BPCO poiché la velocità di svuotamento del polmone diminuisce con il passare degli anni, ma nonostante l’invecchiamento del polmone e la BPCO abbiano in comune diversi elementi, in genere la diagnosi di BPCO descrive persone con ostruzione cronica del flusso d’aria associata al fumo di sigaretta o ad altri insulti ambientali. La BPCO comprende diversi sottotipi clinici, tra cui la bronchite cronica, l’enfisema e alcune forme di asma di lunga durata. La bron- chite cronica è caratterizzata da tosse e produzione di espettorato per almeno tre mesi all’anno e per più di due anni consecutivi in assenza di altri tipi di malattia endobronchiale come le bronchiectasie. Nella pratica, però, la maggior parte dei pazienti con bronchite cronica presenta tosse produttiva cronica continua che viene classificata come “tosse del fumatore”. L’enfisema è definito come un allarga- mento degli spazi aerei distali al bronchiolo terminale conseguente alla distruzione dei setti alveolari. La perdita di elasticità polmonare (ossia la maggiore distensibilità) che ne deriva causa un rallentamento dei flussi espiratori, iperinflazione e intrappolamento dell’aria, carat- teristiche fisiopatologiche tipiche della BPCO. Aspetti peculiari del- l’asma sono l’ostruzione completamente reversibile del flusso d’aria e l’iperreattività delle vie aeree. Tuttavia, l’asma persistente cronico può determinare un’ostruzione irreversibile del flusso d’aria e, quando i soggetti asmatici fumano, si può assistere all’insorgenza di un’ostru- zione solo parzialmente reversibile del flusso d’aria, circostanze che fanno di tali pazienti un gruppo rispondente ai criteri di definizione della BPCO. Dal momento che molti pazienti presentano caratteri- stiche di più sottotipi e che gli approcci terapeutici si assomigliano, medici ed epidemiologici di solito non differenziano le varie sottoca- tegorie della BPCO ma quando, in futuro, i metodi molecolari e di imaging consentiranno una distinzione più precisa dei sottogruppi di BPCO, sarà possibile adattare meglio i trattamenti e definire più precisamente la prognosi per i singoli pazienti. I soggetti con BPCO spesso si rivolgono al medico solo quando la malattia è già grave. Prima di sviluppare dispnea con limitazione della capacità funzionale, sovente i pazienti hanno alle spalle decenni di danni causati dal fumo di sigaretta e prima che venga considerata una diagnosi di BPCO possono essere curati per infezioni ricorrenti delle vie respiratorie inferiori. Le manifestazioni cliniche variano in termini di gravità della malattia polmonare sottostante, velocità di progressione della patologia e frequenza delle riacutizzazioni.
Transcript

tavola 4.28 apparato respiratorio

138 atlante di anatoMia, FisioPatologia e clinica

broncopneumopatia cronica ostruttiva

La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è una patologia cronica caratterizzata da un’ostruzione progressiva del flusso aereo espiratorio irreversibile o non completamente reversibile né spon-taneamente né con trattamento farmacologico, anche in assenza di sintomi specifici. La BPCO si sviluppa in conseguenza di un’in-fiammazione cronica delle vie aeree e del parenchima polmonare correlata a insulti ambientali, ad esempio il fumo di sigaretta o l’ina-lazione di particelle e di gas irritanti, e si manifesta a livello clinico con sintomi quali tosse, dispnea da sforzo e sibilo respiratorio. La progressione della BPCO è graduale anche se la malattia pre-senta spesso riacutizzazioni dei sintomi respiratori che richiedono l’ospedalizzazione. La riacutizzazione rappresenta il peggioramento della precedente situazione stabile ed è caratterizzata da: aumento del volume e della purulenza dell’espettorato, aumento della dispnea e dei sibili, presenza di costrizione toracica, presenza di segni di ritenzione idrica. Almeno un terzo delle riacutizzazioni è associato a infezioni virali, la maggior parte delle quali imputabile a rinovirus (raffreddore comune), e a tempi prolungati di guarigione. Altre cause di riacutizzazione sono rappresentate dalle infezioni batteriche e dall’inquinamento ambientale. La causa di circa un terzo delle ria-cutizzazioni gravi non può essere identificata.

L’età, il sesso (le donne, a causa della particolare conformazione delle vie aeree e per le caratteristiche di deposizione delle particelle nelle vie aeree, risultano più esposte rispetto agli uomini all’effetto dannoso del fumo di sigaretta), la gravità della patologia e le co-morbilità contribuiscono al grado di disabilità, alle ospedalizzazioni e alla mortalità. Gli esami funzionali spirometrici rappresentano il cardine per la diagnosi e per il monitoraggio della terapia. Il valore del VEMS e degli indici di ristagno aereo (CFR e VR) contribuiscono, insieme al quadro clinico, a determinare lo stadio della malattia e a monitorarne l’evoluzione. In genere, i pazienti affetti da BPCO vivono per diversi anni con una disabilità progressiva e svariate riacutizza-zioni. Il medico curante ha pertanto buone probabilità di ritrovarsi impegnato per parecchi anni nella valutazione e nel trattamento di un paziente affetto da BPCO.

Sottotipi

La BPCO è un disturbo caratterizzato dallo svuotamento lento del polmone durante un’espirazione forzata (Tavola 4.39). Nella pratica viene misurata come il rapporto tra il volume espiratorio forzato in un secondo (VEMS) e la capacità vitale forzata (CVF) e di solito la definizione arbitraria di ostruzione del flusso d’aria consiste in un rapporto VEMS/CVF <0,70. Molti soggetti anziani mostrano ostru-zione del flusso aereo persino in assenza di una diagnosi clinica di BPCO poiché la velocità di svuotamento del polmone diminuisce con il passare degli anni, ma nonostante l’invecchiamento del polmone e la BPCO abbiano in comune diversi elementi, in genere la diagnosi di BPCO descrive persone con ostruzione cronica del flusso d’aria associata al fumo di sigaretta o ad altri insulti ambientali.

La BPCO comprende diversi sottotipi clinici, tra cui la bronchite cronica, l’enfisema e alcune forme di asma di lunga durata. La bron-chite cronica è caratterizzata da tosse e produzione di espettorato per almeno tre mesi all’anno e per più di due anni consecutivi in assenza di altri tipi di malattia endobronchiale come le bronchiectasie. Nella pratica, però, la maggior parte dei pazienti con bronchite cronica presenta tosse produttiva cronica continua che viene classificata come “tosse del fumatore”. L’enfisema è definito come un allarga-mento degli spazi aerei distali al bronchiolo terminale conseguente alla distruzione dei setti alveolari. La perdita di elasticità polmonare (ossia la maggiore distensibilità) che ne deriva causa un rallentamento dei flussi espiratori, iperinflazione e intrappolamento dell’aria, carat-teristiche fisiopatologiche tipiche della BPCO. Aspetti peculiari del-l’asma sono l’ostruzione completamente reversibile del flusso d’aria

e l’iperreattività delle vie aeree. Tuttavia, l’asma persistente cronico può determinare un’ostruzione irreversibile del flusso d’aria e, quando i soggetti asmatici fumano, si può assistere all’insorgenza di un’ostru-zione solo parzialmente reversibile del flusso d’aria, circostanze che fanno di tali pazienti un gruppo rispondente ai criteri di definizione della BPCO. Dal momento che molti pazienti presentano caratteri-stiche di più sottotipi e che gli approcci terapeutici si assomigliano, medici ed epidemiologici di solito non differenziano le varie sottoca-tegorie della BPCO ma quando, in futuro, i metodi molecolari e di imaging consentiranno una distinzione più precisa dei sottogruppi di

BPCO, sarà possibile adattare meglio i trattamenti e definire più precisamente la prognosi per i singoli pazienti.

I soggetti con BPCO spesso si rivolgono al medico solo quando la malattia è già grave. Prima di sviluppare dispnea con limitazione della capacità funzionale, sovente i pazienti hanno alle spalle decenni di danni causati dal fumo di sigaretta e prima che venga considerata una diagnosi di BPCO possono essere curati per infezioni ricorrenti delle vie respiratorie inferiori. Le manifestazioni cliniche variano in termini di gravità della malattia polmonare sottostante, velocità di progressione della patologia e frequenza delle riacutizzazioni.

tavola 4.29 Malattie e anatomia patologica

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epidemioloGia

La BPCO è la quarta principale causa di morte in Europa e negli Stati Uniti. Recenti indagini hanno rilevato che è destinata a diven-tare la terza causa di morte nel mondo nel 2020. La mortalità as-sociata a questo disturbo varia fra i diversi ospedali, è più alta in quelli dove sono assenti gli specialisti in malattie dell’apparato re-spiratorio ed è destinata ad aumentare visto il consumo crescente di sigarette nei Paesi in via di sviluppo. La BPCO figura anche tra le principali cause di disabilità medica cronica e rappresenta un fattore di spesa importante per la sanità. In Italia colpisce tra l’8 e il 12% della popolazione adulta. A differenza di altre malattie cro-niche, la morbilità e la mortalità ascrivibili alla BPCO hanno conti-nuato a crescere. La BPCO incide in misura significativa sulla spesa sanitaria, sia in termini di costi sanitari diretti sia in termini di lavoro perso e di assistenza al malato. Storicamente, è stata descritta come una malattia che colpiva soprattutto gli uomini bianchi, ma negli ultimi decenni la sua prevalenza tra le donne e le minoranze etniche è aumentata mentre il tasso di crescita tra gli uomini bianchi si è stabilizzato. La BPCO è l’unica malattia cronica per la quale l’aspet-tativa di vita si è ridotta negli ultimi quarant’anni. Infatti, mentre i decessi per infarto, coronaropatie e le altre malattie cardio-vascolari sono significativamente diminuiti, le morti per BPCO sono aumentate del 163%. In Italia, questa patologia uccide circa 18.000 persone all’anno. I valori di morbilità e mortalità della BPCO nella popolazione femminile superano attualmente quelli della popolazione maschile, tendenza riconducibile in gran parte all’accresciuta incidenza del tabagismo tra le donne. La mortalità correlata alla BPCO è aumen-tata più rapidamente tra le donne anziane. Nei Paesi in via di svi-luppo, l’usanza di bruciare in casa combustibile da biomassa ha rappresentato un importante fattore di rischio per la BPCO nella popolazione femminile, mentre il maggiore consumo di tabacco nel mondo in via di sviluppo si è tradotto in un incremento della preva-lenza della BPCO per entrambi i sessi (Tavola 4.28).

fattori di riSchio

La BPCO è il risultato della combinazione di esposizioni ambientali e suscettibilità genetica. Il deficit di a1-antitripsina è il fattore di rischio genetico meglio documentato e dimostra l’interazione tra la predisposizione genetica e le esposizioni ambientali nel determinare le manifestazioni cliniche della BPCO. Sono state suggerite altre possibili associazioni genetiche, tuttavia nessuna di esse è stata dimostrata in maniera altrettanto valida. Il principale fattore di rischio ambientale per la BPCO è rappresentato dalle esposizioni a inala-zioni, mentre il fumo di sigaretta rappresenta di gran lunga il fattore di rischio più comune in tutto il mondo. Altre possibili fonti di espo-sizioni a inalazioni sono l’inquinamento atmosferico e l’inquinamento dell’aria di casa dovuto al riscaldamento, ai vapori della cucina e in particolare all’impiego di combustibili da biomassa nei Paesi in via di sviluppo. Anche le esposizioni occupazionali e le infezioni bron-chiali ricorrenti sono state chiamate in causa come fattori patogenici. La condizione socio-economica e la malnutrizione sono altri due elementi che possono predisporre alla BPCO e i soggetti che da

piccoli presentano una funzionalità polmonare ridotta hanno mag-giori probabilità di ammalarsi di BPCO in età adulta.

Storia naturale

La BPCO è un disturbo eterogeneo principalmente caratterizzato dall’ostruzione irreversibile o non completamente reversibile del flusso aereo, dimostrata dal lento svuotamento dei polmoni durante un’espi-razione forzata. La storia naturale della riduzione del VEMS nei pazienti

affetti da BPCO è stata descritta da Fletcher e Peto (Tavola 4.28), i quali hanno constatato che con il passare degli anni la maggior parte dei fumatori di sigarette presenta un tasso di riduzione del VEMS relativamente normale, ma un determinato sottogruppo di fumatori è molto suscettibile al fumo di sigaretta come dimostra il più veloce tasso di riduzione del VEMS. Studi più recenti hanno confermato che in soggetti adulti sani non fumatori la diminuzione del VEMS avviene a una velocità di 30 mL all’anno, una conseguenza della perdita di retrazione elastica del polmone dovuta all’invecchiamento. Studi

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tavola 4.30 apparato respiratorio

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condotti su pazienti affetti da BPCO mostrano una riduzione annua media del VEMS compreso tra 45 e 69 mL. I fumatori che decidono di smettere possono tornare a una condizione di perdita normale (Tavola 4.28). Le persone che sviluppano la BPCO possono manife-stare livelli inferiori di funzionalità polmonare e tassi di riduzione più elevati nei primi anni dell’età adulta. La diminuzione della funzionalità polmonare rimane asintomatica per alcuni anni e i pazienti sempli-cemente adattano la loro vita in modo da limitare gli sforzi fisici fati-cosi. Raggiunta la mezza età, l’insorgenza di un’infezione respiratoria intercorrente, le passeggiate ad alte quote o la progressione della malattia oltre la soglia critica possono pregiudicare il normale svol-gimento delle attività quotidiane o addirittura causare un’insufficienza respiratoria acuta. Questi eventi spingono i pazienti affetti da BPCO a cercare assistenza medica. La manifestazione della BPCO può quindi sembrare improvvisa ma in realtà è spesso il risultato di de-cenni di progressione.

aSpetti clinici

La BPCO è una malattia eterogenea che si presenta con un insieme di manifestazioni cliniche. Anche se alla BPCO in fase terminale sono state attribuite caratteristiche tipiche dell’enfisema o della bronchite cronica, la maggior parte dei pazienti presenta aspetti di entrambi (Tavole 4.28-31). Sebbene la BPCO comprenda diverse manifestazioni cliniche, la presenza di una limitazione del flusso aereo è un aspetto unificante e la spirometria serve come strumento diagnostico e come mezzo per valutare la gravità della malattia (Tavole 4.39 e 4.42). In genere, i pazienti presentano un certo grado di dispnea e possono mostrare anche tosse e sibilo respiratorio. La BPCO è una patologia progressiva e, nonostante i trattamenti di-sponibili, i sintomi e gli aspetti clinici peggiorano con il tempo.

predominanza di enfiSema

La rappresentazione classica di una persona con una predominanza di enfisema è quella di un paziente astenico con una lunga storia di dispnea da sforzo e tosse minima con produzione di scarse quantità di espettorato mucoide (Tavola 4.29). La perdita di peso è un evento frequente e il decorso clinico è caratterizzato da marcata dispnea progressiva. Possono essere presenti cianosi labiale e sottoungueale, ippocratismo digitale ed edemi declivi.

All’esame obiettivo, il paziente ha difficoltà a respirare e usa i muscoli respiratori accessori per sollevare lo sterno in direzione antero-superiore a ogni inspirazione. I muscoli sterno-cleido-mastoidei sono ben sviluppati mentre gli arti mostrano segni di atrofia mu-scolare. Il paziente ha tachipnea ed espira con le labbra increspate per un lasso di tempo relativamente prolungato. L’iperinflazione del torace causa l’allargamento dell’angolo costale della parte inferiore

della gabbia toracica e il sollevamento della porzione laterale delle clavicole. Il diaframma appiattito fa sì che la gabbia toracica laterale si muova verso l’interno a ogni respiro. Quando è seduto, il paziente si piega spesso in avanti e allunga le braccia per sostenersi, nella cosiddetta posizione a “treppiedi”. I pazienti che si sostengono sulle cosce possono sviluppare ipercheratosi nella parte superiore delle cosce. Le vene del collo, che durante l’espirazione possono di-stendersi, collassano con l’inspirazione mentre a ogni atto espira-torio gli spazi intercostali inferiori e l’incisura giugulare si retraggono. Il tono alla percussione è iperfonetico e, all’auscultazione, i rumori respiratori sono attenuati con fievoli rantoli acuti nella fase iniziale dell’inspirazione e sibili percettibili nell’espirazione. Il murmure vescicolare è ridotto su tutto l’ambito polmonare ed è causato da

un’estesa distruzione dei setti alveolari. Se visibile, l’impulso car-diaco è apprezzabile nelle regioni sottoxifoidee e l’ottusità cardiaca è assente oppure si presenta fortemente ridotta. Il punto migliore dove palpare l’impulso cardiaco è la regione sottoxifoidea. Con un’ipertensione polmonare, in questa regione si può percepire un soffio di insufficienza tricuspidale.

La ventilazione al minuto è mantenuta, mentre l’emogasanalisi si rivela estremamente utile nel valutare il pH e il grado di ipossie-mia, ipercapnia e il compenso renale. Nelle fasi avanzate della malattia è possibile riscontrare una poliglobulia. L’esame spirome-trico mostra un incremento del volume residuo (VR) e del rapporto VR/CPT nonché una riduzione dei massimi flussi espiratori. La ca-pacità di diffusione per il monossido di carbonio (DLCO) è diminuita,

broncopneumopatia cronica ostruttiva (Seguito)

tavola 4.31 Malattie e anatomia patologica

atlante di anatoMia, FisioPatologia e clinica 141

segno della distruzione dei setti alveolari e, quindi, della riduzione della superficie di scambio dei gas. Quando la DLCO scende al di sotto del 50% del predetto, molti pazienti con enfisema hanno una desaturazione dell’ossigeno arterioso sotto sforzo.

predominanza di bronchite cronica

In genere, i pazienti con una predominanza di bronchite cronica sono stati – o continuano a essere – fumatori accaniti di sigarette e hanno alle spalle una storia di tosse e produzione di espettorato lunga diversi anni (Tavola 4.30). All’inizio, la tosse può essere presente solo nei mesi invernali e il paziente si rivolge al medico soltanto nelle fasi più gravi degli attacchi ripetuti di bronchite. Con il passare degli anni, la bronchite diventa continua e gli episodi di malattia si fanno più frequenti, più lunghi e più gravi. L’iniziale dispnea da sforzo è seguita da un’insufficienza respiratoria acuta o cronica.

La bronchite cronica si associa a riacutizzazioni intermittenti caratterizzate da un peggioramento dei sintomi cronici: tosse, di-spnea e aumento di volume, viscosità e purulenza dell’espettorato.

I pazienti con una predominanza di bronchite spesso sono so-vrappeso e cianotici. Sovente non vi è alcuna apparente difficoltà respiratoria a riposo; la frequenza respiratoria è normale o solo leggermente aumentata. Il ricorso ai muscoli accessori non è evi-dente. Alla percussione toracica il tono è normale e all’auscultazione in genere si possono avvertire rantoli e gemiti diffusi che dopo un respiro profondo e tosse produttiva cambiano di posizione e inten-sità. Durante la respirazione a riposo può esserci sibilo respiratorio oppure lo si può provocare con un’espirazione forzata.

La ventilazione al minuto è normale o subisce solo un lieve au-mento. L’incapacità di aumentare la ventilazione al minuto in con-seguenza di una discordanza tra ventilazione e perfusione determina ipossiemia. A causa della chemiosensibilità compromessa, i pazienti più gravi non compensano in modo adeguato lasciando così che si manifesti un’ipercapnia con livelli di PaCO2 >45 mmHg. Il basso livello di PaO2

genera la desaturazione dell’emoglobina che deter-mina una vasocostrizione polmonare ipossica e, alla fine, iperten-sione polmonare irreversibile. La desaturazione può portare a cianosi visibile mentre la vasocostrizione polmonare ipossica conduce a un’insufficienza cardiaca destra (Tavola 4.32). Per via della risposta infiammatoria sistemica cronica che si verifica con la BPCO, questi pazienti spesso non hanno una risposta eritrocitaria normale al-l’ipossiemia, pertanto l’emoglobina sierica può essere normale, aumentare o persino diminuire.

La CPT è, nella maggior parte dei casi, nella norma; il VR è moderatamente elevato mentre la capacità vitale (CV) è leggermente diminuita. Il massimo flusso espiratorio rimane invariabilmente

basso, le proprietà di retrazione elastica del polmone sono normali o solo lievemente compromesse, infine la DLCO è normale o lieve-mente diminuita.

patoloGia

malattia delle grandi vie aeree (Tavola 4.33)La bronchite cronica è associata a iperplasia e ipertrofia delle ghian-dole che secernono muco presenti nella sottomucosa delle grandi vie aeree con pareti cartilaginee. Poiché la massa delle ghiandole

sottomucose è all’incirca 40 volte più grande di quella delle cellule caliciformi intraepiteliali, si pensa che queste ghiandole producano la maggior parte del muco delle vie aeree. In termini quantitativi, il grado di iperplasia è valutato come il rapporto tra lo spessore delle ghiandole sottomucose e lo spessore totale della parete bronchiale, dalla cartilagine al lume della via aerea: questo rapporto è conosciuto come indice di Reid. Anche se l’indice di Reid è spesso basso nei bronchi di quei pazienti che nella loro vita non hanno mai avuto sintomi di BPCO mentre è frequentemente alto in quelli con bronchite cronica, la sovrapposizione dei valori nell’indice di Reid è sufficiente per suggerire il possibile verificarsi di un graduale cambiamento nelle

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tavola 4.32 apparato respiratorio

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ghiandole sottomucose. Così, la distinzione netta nella definizione clinica di bronchite cronica non può essere correlata completamente con i cambiamenti patologici nelle grandi vie aeree. Sebbene i pa-zienti con ipersecrezione mucosa cronica, tosse ed espettorato siano più soggetti alle infezioni respiratorie e alle riacutizzazioni della BPCO, la presenza di tosse ed espettorato non è di per sé indicativa di una prognosi sfavorevole in assenza di ostruzione del flusso aereo. L’infiammazione, l’edema della mucosa e l’iperproduzione di muco possono causare una cospicua riduzione del calibro del lume dei bronchioli e delle piccole vie aeree.

malattia delle piccole vie aeree (Tavola 4.33)La BPCO è associata anche a cambiamenti nelle piccole vie aeree che misurano meno di 2 mm di diametro. Le alterazioni delle piccole vie aeree possono essere indipendenti da quelle che inte-ressano le vie aeree più grandi, sono molteplici e possono variare da secrezioni intraluminali blande a infiltrati cellulari con neutrofili polimorfonucleati, macrofagi, cellule CD4 e altri sottotipi di linfociti. La presenza di follicoli linfatici nelle piccole vie aeree testimonia una maggiore immunosorveglianza della tonaca mucosa. Oltre all’infiammazione cellulare, l’ispessimento della parete delle vie aeree, inclusi i cambiamenti a livello dell’epitelio, della lamina propria e dell’avventizia, è l’espressione della progressione della malattia. Lo sviluppo di alterazioni diffuse nelle piccole vie aeree contribuisce all’ostruzione e alla cattiva distribuzione dei gas in-spirati più di quanto non facciano le anomalie a carico delle grandi vie aeree. L’ostruzione delle piccole vie aeree con tappi di muco è associata a una maggiore mortalità.

enfiSema

I diversi tipi di enfisema sono classificati secondo i quadri di distruzione dei setti alveolari e di dilatazione degli spazi aerei nelle unità respira-torie terminali o acini (Tavole 4.34-36). L’acino normale è rifornito da un bronchiolo terminale, il quale dà luogo a tre ordini di ramificazioni, suddividendosi prima nei bronchioli respiratori con pareti alveolate, poi nei condotti alveolari e infine nei sacchi alveolari.

Se la distruzione dei setti alveolari e la dilatazione sono limitate alla porzione centrale dell’acino nella regione del bronchiolo termi-nale e dei bronchioli respiratori, il disturbo prende il nome di enfi-sema centrolobulare (Tavola 4.35). La distruzione dei setti alveolari consente una libera comunicazione tra tutti gli ordini di bronchioli respiratori. I sacchi alveolari alla periferia dell’acino perdono volume poiché si allargano le porzioni centrali. Anche se l’enfisema cen-trolobulare è spesso considerato come un processo patologico diffuso, esiste una variabilità di gravità notevole da acino ad acino

all’interno dello stesso segmento o lobo. In genere, tuttavia, sono più colpiti gli acini delle zone superiori del polmone che non quelli delle zone inferiori. Un enfisema centrolobulare esteso è più comune in pazienti che sono stati accaniti fumatori e con alle spalle una storia di bronchite cronica.

A differenza dell’enfisema centrolobulare, l’enfisema panlobulare colpisce l’acino in modo più uniforme e con meno variabilità all’in-terno di un singolo segmento o lobo (Tavola 4.36). Le zone inferiori hanno la tendenza a essere colpite più gravemente. L’enfisema

panlobulare è una lesione caratteristica del deficit di a1-antitripsina, tuttavia i fumatori con deficit di a1-antitripsina possono sviluppare anche un enfisema centrolobulare. Un enfisema panlobulare di grado leggero è un reperto comune dopo i cinquant’anni di vita e può manifestarsi in modo diffuso in pazienti anziani non fumatori che hanno un enfisema “senile”. In genere, in casi gravi di malattia cronica ostruttiva delle vie aeree associata al tabagismo si riscontra sia un enfisema centrolobulare sia un enfisema panlobulare, insieme ad alterazioni bronchitiche croniche delle vie aeree.

broncopneumopatia cronica ostruttiva (Seguito)

tavola 4.33 Malattie e anatomia patologica

atlante di anatoMia, FisioPatologia e clinica 143

Quando la distruzione della parete alveolare è limitata alla periferia dell’acino, più frequentemente nelle regioni appena sotto la pleura viscerale, l’alterazione viene definita enfisema parasettale e porta alla formazione di bolle sottopleuriche che possono determinare episodi di pneumotorace spontaneo in adulti giovani altrimenti sani.

biopatoloGia

La BPCO è caratterizzata da un’infiammazione cronica delle vie aeree e del parenchima polmonare (Tavole 4.37 e 4.38). Le cellule predominanti sono macrofagi, linfociti CD8+ e neutrofili. Nell’espet-torato di pazienti affetti da BPCO è presente un numero maggiore di mediatori infiammatori come leucotriene B4, fattore-a di necrosi tumorale (TNF-a) e interleuchina-8 (IL-8), che possono avere un ruolo di rilievo. Molto probabilmente, anche uno squilibrio tra pro-teasi e antiproteasi è importante nella patogenesi della BPCO (Tavola 4.38). I macrofagi e i neutrofili rilasciano nel parenchima polmonare tante proteasi diverse in grado di degradare il tessuto connettivo, come l’elastina. Le proteasi possono indurre la distruzione diretta del tessuto polmonare nonché scatenare sequenze di eventi in-tracellulari che portano alla morte apoptotica delle cellule. Le proteasi, inoltre, sono promotori importanti della metaplasia e del-l’attività secretoria delle cellule mucose, contribuendo così alla bronchite cronica. Elastasi neutrofila, proteinasi 3 e catepsina producono tutte enfisema nelle cavie da laboratorio. L’elastasi neu-trofila è inibita dall’a1-antitripsina e la carenza di questo enzima contribuisce in misura determinante alla comparsa di enfisema nei soggetti con difetti genetici gravi. Anche le metalloproteinasi della matrice (MMP) rilasciate dai macrofagi e dai neutrofili possono rico-prire un ruolo fondamentale nell’induzione dell’enfisema. In condi-zioni normali, gli enzimi proteolitici sono neutralizzati da antiproteasi quali l’a1-antitripsina e l’inibitore delle proteasi sieriche liberate dai leucociti (SLIPI). Inducendo l’infiammazione, il fumo aumenta il rila-scio di proteasi negli spazi aerei terminali dei pazienti con BPCO; inoltre può anche inattivare le antiproteasi stimolando la MMP che inibisce l’a1-antitripsina, a sua volta un inibitore di una proteasi che neutralizza l’azione delle MMP. Riducendo l’inibizione dell’a1-anti-tripsina di questa proteasi, conosciuta con il nome di inibitore tis-sutale delle metalloproteinasi (TIMP), l’azione delle MMP viene potenziata. Il fumo determina anche un incremento delle specie reattive dell’ossigeno (ROS), che possono favorire una trascrizione genica infiammatoria, distruggendo l’inibitore del fattore di tra-scrizione NF-kB, fattore nucleare kB, conosciuto come IN-KB. Le ROS sono inoltre in grado di inattivare l’istone deacetilasi (HDAC), portando così a una maggiore acetilazione del DNA e a un aumento della trascrizione genica. Le cellule CD8+ possono favorire la

produzione di MMP a opera dei macrofagi attraverso citochine in-ducibili dall’interferone, come la proteina inducibile da 10kD (IP-10), il fattore chemiotattico alfa per le cellule T inducibile dall’interferone (I-TAC) e la monochina indotta dall’interferone gamma (MIG). Una concentrazione non sufficiente di antiproteasi può quindi tradursi in un danno parenchimale.

Anche lo stress ossidativo può contribuire al danno caratteristico della BPCO attraverso l’ossidazione di proteine, membrane cellulari e acidi nucleici, scatenando una risposta di stress cellulare che alla fine determina la morte apoptotica delle cellule. I pazienti con BPCO hanno concentrazioni elevate di proteina C reattiva e di interleu-china-6, persino nelle fasi in cui i sintomi sono stabili. Nella BPCO,

broncopneumopatia cronica ostruttiva (Seguito)

tavola 4.34 apparato respiratorio

144 atlante di anatoMia, FisioPatologia e clinica

la perdita di peso e l’atrofia muscolare sono stati associati ai mag-giori livelli di TNF-a e di recettori TNF-a solubili in circolazione.

La via finale comune delle citochine infiammatorie, dello squilibrio proteasi/antiproteasi e dello stress ossidativo è la distruzione delle cellule endoteliali capillari e delle cellule epiteliali alveolari secondo una sequenza di morte cellulare programmata, o apoptosi. Poiché il polmone necessita di un ricambio continuo della sua struttura cellulare, qualunque processo porti a uno squilibrio nella distruzione e nella crescita delle cellule può, in ultima istanza, causare un en-fisema. Si ritiene quindi che un quantitativo insufficiente di fattori di crescita contribuisca allo sviluppo di tale condizione.

La presenza di cellule CD8 e di follicoli linfatici associati alle vie aeree nel parenchima polmonare di fumatori con BPCO aumenta la possibilità che anche processi immunologici, come l’autoimmunità o la risposta a un’infezione virale cronica, possano contribuire alla patogenesi della BPCO.

1-antitripSina

L’a1-antitripsina è una glicoproteina sintetizzata dal fegato che, immessa nel circolo ematico, ha la proprietà di legarsi agli enzimi proteolitici che costituiscono il patrimonio enzimatico di macrofagi e polimorfonucleati, inattivando e limitando in tal modo le conse-guenze della loro liberazione a livello alveolare. Quando il rapporto tra i livelli di proteasi endogene e quello di antiproteasi è a favore delle prime,viene favorito lo sviluppo del danno enfisematoso. I livelli di a1-antitripsina nel siero sono scarsi o assenti in alcuni pazienti affetti da enfisema a esordio precoce associato a genotipi particolari (Tavola 4.38). L’a1-antitripsina è una proteina caratterizzata da polimorfismo genetico, che ne determina sia le caratteristiche qualitative sia quelle quantitative. Nella popolazione normale, la maggior parte delle persone presenta livelli di a1-antitripsina >250 mg/100 mL di siero e due geni M, identificati come MM tipo Pi. Diversi geni sono associati ad alterazioni nei livelli sierici di a1-antitripsina, tuttavia quelli più comunemente legati all’enfisema sono i geni Z e S. I soggetti omozigoti ZZ o SS presentano livelli sierici di a1-antitripsina <50 mg/100 mL e sviluppano una forma grave di enfisema panlobulare in giovane età, soprattutto se fumano o se sono esposti a polveri occupazionali. Gli individui eterozigoti MZ e MS hanno livelli intermedi di a1-antitripsina sierica e, benché possano mostrare una riduzione lievemente superiore del VEMS se fumano, il rischio di sviluppare BPCO per questi soggetti non è sostanzialmente maggiore rispetto agli altri fumatori.

Il deficit di a1-antitripsina è dovuto alla sostituzione di un singolo aminoacido. La mutazione Z è causata da una mutazione del glutam-mato in lisina nella posizione 342, mentre la mutazione S è causata da una mutazione del glutammato in valina nella posizione 264. Queste alterazioni portano all’errato ripiegamento della proteina im-pedendone la sintesi a livello epatico, ossia nell’organo principalmente responsabile della sua produzione. La proteina piegata in modo non corretto può essere distrutta dai processi proteosomali o, se polime-rizzata, può essere immagazzinata nel reticolo endoplasmatico senza essere rilasciata nella circolazione. Lo stoccaggio di quantità eccessive nel fegato può determinare una malattia epatica infiammatoria e la cirrosi, in particolare nei neonati e nei bambini affetti.

Non è ancora chiaro il meccanismo preciso attraverso il quale il deficit di antitripsina comporta l’insorgere di un enfisema. Oltre alla tripsina, l’a1-antitripsina inibisce anche l’elastasi e la collagenasi, così come molti altri enzimi. L’a1-antitripsina è un reagente di fase acuta e i livelli sierici aumentano in associazione a numerose reazioni

infiammatorie e alla somministrazione di estrogeni in tutti i soggetti tranne quelli omozigoti. Esistono teorie, supportate anche da alcune prove sperimentali, secondo cui l’integrità strutturale dell’elastina e del collagene polmonari dipende da questa antiproteasi che protegge il polmone dalle proteasi leucocitarie. Le proteasi rilasciate negli alveoli dai leucociti lisati possono non essere inibite e pertanto sono libere di danneggiare le stesse pareti alveolari. Teorie alternative suggeriscono che l’attività incontrastata delle proteasi può portare a

una continua risposta infiammatoria immuno-mediata o a un’acce-lerazione della morte naturale programmata delle cellule.

fiSiopatoloGia

Che predomini una bronchite o un enfisema, dal momento in cui un paziente con BPCO inizia ad accusarne i sintomi, un’ostruzione del flusso aereo è facilmente dimostrabile come un difetto ventilatorio di

broncopneumopatia cronica ostruttiva (Seguito)

tavola 4.35 Malattie e anatomia patologica

atlante di anatoMia, FisioPatologia e clinica 145

tipo ostruttivo. Gli indici di ostruzione di più semplice misurazione sono rilevati dalla curva volume-tempo durante una manovra di capacità vitale forzata espiratoria, che di solito viene misurata con uno spirome-tro. Gli spirometri più moderni utilizzano dispositivi di misurazione del flusso (pneumotacografi) interfacciati con un microprocessore che integra il flusso nel tempo in modo da elaborare una registrazione basata sul tempo del volume espiratorio forzato (Tavola 4.39). Il VEMS è basso sia in termini di percentuale rispetto al valore previsto per un determinato sesso, una determinata età e una data categoria d’altezza, sia come percentuale della CVF del paziente. A seconda dello scopo per cui si esegue un test di funzionalità respiratoria, un difetto venti-latorio ostruttivo viene comunemente definito come un rapporto VEMS/CVF <70% o più basso del 95° percentile per la categoria demo-grafica considerata. Tuttavia è sempre necessaria un’attenta valuta-zione dell’esame spirometrico da parte dello specialista pneumologo al fine di giungere a una corretta diagnosi funzionale attraverso la valutazione dei flussi e dei volumi polmonari.

In presenza di BPCO, i volumi polmonari statici spesso sono anomali. Nella Tavola 4.39 vengono raffigurati i volumi polmonari normali e quelli che sovente si rilevano in soggetti affetti da BPCO. La capacità funzionale residua (CFR) è il volume polmonare al ter-mine di un’espirazione tranquilla e, in soggetti normali, rappresenta il volume a cui la retrazione centripeta dei polmoni è uguale e oppo-sta alla retrazione centrifuga della parete toracica rilassata. Un’ele-vata CFR in soggetti con BPCO è ascrivibile alla perdita delle pro-prietà di retrazione elastica statica del polmone e dal fatto che l’inspirazione inizia prima di raggiungere il volume di equilibrio statico (la cosiddetta “iperinflazione dinamica”). La CPT è determi-nata dalle pressioni esercitate dal diaframma e dai muscoli della parete toracica rispetto alle proprietà di retrazione elastica statica sia della parete toracica sia del polmone. Una CPT elevata in pre-senza di BPCO è indice di un grado significativo di enfisema, seb-bene valori simili caratterizzino anche gli episodi acuti di asma. Il VR aumenta nella fase iniziale del decorso clinico della BPCO ed è un segno importante di ostruzione del flusso d’aria. Si ritiene che una chiusura delle vie aeree possa essere la causa dell’incremento del VR all’inizio della malattia, mentre in uno stadio avanzato della BPCO anche le bolle enfisematose possono contribuire ad aumen-tare il VR. Poiché la CPT non aumenta tanto quanto il VR, la CV (data da CPT-VR) diminuisce con il progredire della BPCO.

La misurazione dei volumi polmonari statici in presenza di BPCO incontra alcuni problemi di natura tecnica (Tavola 2.3). I metodi basati sui gas che utilizzano la diluizione dell’elio o l’azoto possono sottostimare i veri volumi polmonari a causa dell’incompleta mi-scelazione o rimozione dei gas in regioni con ventilazione com-promessa. I volumi polmonari misurati con tecniche pletismografiche fondate sulla legge di Boyle che si basa sulla comprimibilità dei gas contenuti nei polmoni forniscono risultati più precisi, tuttavia tendono a sovrastimare il vero volume polmonare se la frequenza di respi-razione è troppo rapida per consentire un bilanciamento delle pres-sioni alla bocca e negli alveoli. Poiché la differenza tra il metodo basato sui gas e le misurazioni pletismografiche è determinata da regioni polmonari con ventilazione scarsa o assente, la discrepanza

tra le due tecniche è denominata “gas intrappolato” ed è utilizzata come indicatore della gravità della BPCO (Sezione 2).

Oltre alle anomalie ostruttive facilmente dimostrabili durante un’espirazione forzata, in presenza di BPCO si verificano anche alterazioni significative dei rapporti pressione-flusso durante la respirazione a volume corrente. Ciò contrasta con l’espirazione nei soggetti sani, che durante la normale respirazione riescono a in-crementare il flusso espiratorio (Tavola 4.39). A causa del lento

svuotamento polmonare nella BPCO, il respiro successivo inizia prima ancora che l’apparato respiratorio possa tornare alla CFR statica. Ciò significa che il soggetto respira a volumi polmonari più elevati per mantenere un flusso d’aria espiratorio adeguato, una condizione che prende il nome di iperinflazione dinamica (Tavola 4.39). Anche se respirare a volumi polmonari elevati ha il vantaggio di aumentare il flusso d’aria per via della maggiore retrazione ela-stica dei polmoni, questo implica un lavoro respiratorio superiore e

broncopneumopatia cronica ostruttiva (Seguito)

tavola 4.36 apparato respiratorio

146 atlante di anatoMia, FisioPatologia e clinica

una respirazione meno efficiente. Incrementare la frequenza re-spiratoria accentua l’iperinflazione dinamica e può peggiorare la sensazione di dispnea. Increspando le labbra mentre respirano, i pazienti possono rallentare la frequenza respiratoria e trovare sol-lievo dalla dispnea riducendo l’iperinflazione dinamica.

La caratteristica fisiologica dell’enfisema è la diminuzione della retrazione elastica dei polmoni dovuta alla distruzione dei setti al-veolari. Ciò fa sì che la curva pressione-volume del polmone si sposti verso l’alto e a sinistra, comportando un calo nella pressione di retrazione statica a determinati volumi polmonari e un aumento della distensibilità polmonare (Tavole 4.39 e 4.40).

L’area della membrana alveolo-capillare risulta ridotta per via del-l’enfisema. Ciò determina un minore trasferimento attraverso la mem-brana alveolo-capillare del monossido di carbonio, che nei laboratori dove si effettuano test di funzionalità respiratoria viene misurato come DLCO. La DLCO correla, approssimativamente, con l’entità della riduzione della retrazione elastica massima dei polmoni e con l’estensione anatomica dell’enfisema valutata attraverso immagini di TC. Nella BPCO la DLCO può essere normale o ridotta a seconda del livello di gravità della malattia; nella bronchite cronica la DLCO può non risultare compromessa ma nell’asma tende a essere normale o aumentata. Infatti, nei pazienti asmatici con broncocostrizione grave si osserva sovrastima della DLCO che si riduce dopo inalazione di un broncodila-tatore (fenomeno paradosso). Il fenomeno paradosso è imputabile all’ostacolato passaggio dell’aria, in caso di ostruzione bronchiale, che incrementa la negatività del regime pressorio intratoracico. Ne conse-gue un maggiore richiamo di sangue nei capillari polmonari, e il volume capillare aumentato giustifica l’aumento della DLCO. Dopo la sommini-strazione di un broncodilatatore in un soggetto asmatico, la DLCO si riduce, verosimilmente, a causa di un peggioramento relativo del rapporto ventilazione-perfusione. Si verifica cioè un’abolizione dell’ef-fetto vasocostrittore ipossico conseguente all’inalazione vasodilatatrice del b-agonista e al conseguente aumento del flusso ematico nelle zone poco ventilate. Nell’enfisema il fenomeno paradosso è molto meno evidente a causa della compromissione del parenchima polmo-nare anche nella sua componente vascolare. Se la DLCO nell’asma è ridotta si deve sospettare la concomitante esistenza di enfisema. In pazienti con BPCO il riscontro di una ridotta DLCO comporta una bassa probabilità di risposta positiva ai farmaci broncodilatatori. I pazienti con BPCO grave associata a ipossiemia e marcata riduzione della DLCO presentano una prognosi peggiore, anche se sottoposti a ossigenote-rapia a lungo termine, rispetto ai soggetti con equivalente grado di ipossiemia e di limitazione al flusso aereo ma con normale DLCO.

L’avanzare della BPCO si traduce in una limitazione progressiva della capacità di compiere sforzi fisici. Ciò dipende dal maggiore lavoro di respirazione reso necessario dall’aumento della ventila-zione innescato dallo sforzo fisico. Con una frequenza respiratoria più elevata, i pazienti sviluppano iperinflazione dinamica, una con-dizione in cui il volume polmonare di fine espirazione non ritorna al volume statico di fine espirazione della CFR (Tavola 4.40). La com-parsa dell’iperinflazione causa un aumento del lavoro respiratorio e aggrava la dispnea. Un indicatore dell’iperinflazione dinamica è la capacità inspiratoria (CI), che diminuisce progressivamente con l’aumentare della ventilazione. Misure atte a ridurre l’iperinflazione dinamica, aumentando la CI, possono migliorare la capacità di compiere sforzi fisici e includono modifiche del quadro respiratorio, integrazione di ossigeno, inalazione di elio, somministrazione di broncodilatatori per via inalatoria, soprattutto quelli a lunga durata d’azione, e chirurgia per la riduzione del volume polmonare.

aSpetto radioGrafico

Bronchite cronicaNelle radiografie toraciche tradizionali, l’ispessimento delle pareti bronchiali si presenta spesso nella forma di ombre parallele o che si assottigliano, dette ombre a binario o ombre ad anello delle vie aeree, visualizzabili in sezione trasversale. Spesso si osserva anche

un aumento generalizzato delle impronte polmonari alle basi. In pazienti che sono stati esposti a polveri occupazionali, queste im-pronte possono risultare accentuate ma non indicano necessaria-mente la presenza di pneumoconiosi.

La TC potrebbe rivelare un ispessimento delle pareti delle vie aeree o tappi mucoidi in pazienti affetti da BPCO persino in assenza di enfisema. L’entità di queste anomalie, tuttavia, non è obbligato-riamente correlata con la gravità dell’ostruzione del flusso d’aria o

con l’estensione dell’enfisema, pertanto rimane da appurare se questi reperti abbiano implicazioni a livello di prognosi o terapia.

enfisemaDurante la valutazione di una radiografia tradizionale occorre tenere conto di una serie di reperti che possono essere indicativi di enfi-sema. Questi includono: attenuazione della vascolarizzazione pol-monare periferica, radiotrasparenza irregolare dei campi polmonari,

broncopneumopatia cronica ostruttiva (Seguito)

tavola 4.37 Malattie e anatomia patologica

atlante di anatoMia, FisioPatologia e clinica 147

appiattimento o inversione del diaframma nelle proiezioni postero-anteriori (PA) e laterali e aumento dello spazio retrosternale in proiezione laterale. Gli ultimi due reperti menzionati sono quelli che meglio correlano con la gravità dell’enfisema, come dimostrato in sede di autopsia.

A oggi, l’esame del torace con tomografia computerizzata ad alta risoluzione (HRCT) è considerato il migliore indicatore dell’estensione e della distribuzione dell’enfisema (Tavola 4.41). Valutazioni visive qualitative possono servire a determinare la presenza di bolle con pareti sottili e di regioni con minore vascolarizzazione. Le valutazioni quantitative si basano sul grado di attenuazione dei raggi X per stimare il rapporto aria-tessuto come misura dell’ingrandimento degli spazi aerei. Le regioni polmonari che nella TC a sezioni sottili hanno una radiodensità prossima a quella dell’aria (1.000 unità di Hounsfield [HU]) sono considerate enfisema: ad esempio, l’indice di enfisema è calcolato come la percentuale di voxel nelle regioni polmonari con una densità <−950 HU. Altri metodi invece si ba-sano sulla distribuzione statistica delle densità polmonari, quantifi-cando la gravità dell’enfisema con la densità polmonare al 15° percentile più basso dei voxel.

trattamento

Formazione del pazienteInformare i pazienti circa la natura cronica della loro malattia e le misure preventive da adottare è un importante processo di forma-zione continua che non può esaurirsi con una sola visita. Chi fornisce assistenza sanitaria deve soffermarsi sugli argomenti più pertinenti alle esigenze del paziente e allo stadio della malattia. Gli argomenti che andrebbero affrontati includono la natura e la prognosi della BPCO, l’uso corretto degli inalatori e il rispetto delle cure prescritte, il ruolo dell’attività fisica e della riabilitazione polmonare, l’alimen-tazione e l’utilizzo di ossigeno supplementare. Può inoltre risultare molto utile fornire una documentazione scritta. I pazienti con deficit di a1-antitripsina e i loro familiari necessitano di una consulenza specializzata per stabilire se sia il caso di eseguire dei test genetici. Nel caso di pazienti con una grave BPCO in fase avanzata, discutere su come pianificare gli ultimi momenti della propria vita e definire istruzioni precise sulle terapie di sostegno delle funzioni vitali spesso aiuta coloro la cui malattia ha ormai raggiunto uno stadio avanzato e semplifica la comunicazione tra il malato e la famiglia.

miSure preventive

smettere di fumareSmettere di fumare è la misura più efficace per rallentare la progres-sione della BPCO e i medici che hanno in cura pazienti affetti da tale patologia dovrebbero mettere questa indicazione al primo posto nella scala delle priorità. Sarebbe opportuno domandare a ogni paziente se fuma o se ha fumato e, a quelli che lo fanno, il medico deve lanciare un messaggio chiaro, diretto ed esplicito sulla neces-sità di cessare tale comportamento. Il medico può anche proporre il ricorso ad appositi rimedi farmacologici oppure invitare il paziente a frequentare più assiduamente i centri antifumo. L’abbinamento di una forma di consulenza con una cura farmacologica, ad esempio l’utilizzo di sostituti nicotinici, o la somministrazione di vareniclina

e bupropione, è il modo più efficace per raggiungere l’ambizioso obiettivo di smettere di fumare. Le linee guida consigliano pro-grammi completi per il controllo del tabagismo, accompagnati da continui messaggi espliciti a non fumare che il medico deve ripetere a ogni incontro.

Il Lung Health Study ha dimostrato l’impatto dell’astensione dal fumo in uno studio di riferimento condotto su più di 5.800 fumatori con segni spirometrici di BPCO precoce, assegnati in maniera rando-

mizzata a programmi per l’interruzione del fumo più placebo, pro-grammi per l’interruzione del fumo più broncodilatatore oppure nessun intervento. Nei gruppi sottoposti a programmi di astensione dal fumo è stato documentato un rallentamento della riduzione del VEMS e il miglioramento della mortalità, soprattutto nei soggetti con malattia cardio-vascolare e cancro del polmone. Nel corso dello studio, alcuni pazienti sono passati dalla condizione di fumatori a quella di non fu-matori, e viceversa. Il follow-up di 11 anni ha dimostrato, nei pazienti

broncopneumopatia cronica ostruttiva (Seguito)

tavola 4.38 apparato respiratorio

148 atlante di anatoMia, FisioPatologia e clinica

che sono riusciti ad abbandonare il tabagismo, un piccolo aumento iniziale del VEMS seguito poi da una normalizzazione della velocità di riduzione dello stesso. I pazienti che, dopo avere smesso, hanno ri-cominciato a fumare, mostravano invece una riduzione del VEMS più veloce rispetto a chi aveva smesso definitivamente. A 14 anni e mezzo di distanza, i soggetti assegnati al programma di interruzione del fumo per 10 settimane presentavano un tasso di mortalità inferiore rispetto a quelli che avevano seguito la terapia abituale.

I fumatori che perdono l’abitudine appena compare la malattia ottengono risultati migliori rispetto a quelli che smettono solo quando la patologia è già in fase avanzata. Quando la malattia raggiunge uno stadio avanzato, la risposta infiammatoria persiste e la velocità di declino della funzionalità polmonare tende ad aumentare. Poiché la funzionalità polmonare diminuisce per anni in modo silente, è possibile diagnosticare la BPCO con la spirometria prima ancora che la malattia si manifesti in maniera evidente e adottare pro-grammi aggressivi per l’interruzione del fumo. Esistono opinioni divergenti circa la necessità di controllare tutti i fumatori di sigarette per accertare l’eventuale presenza di BPCO, tuttavia ci sono prove a sostegno del fatto che presentare a una persona il VEMS in termini di “età polmonare” aiuti a smettere di fumare.

ridurre le esposizioni ambientali pericoloseRidurre il fumo passivo e altri inquinanti ambientali è importante per prevenire la progressione della BPCO. Se si vuole ridurre l’esposi-zione ad agenti inquinanti interni ed esterni è necessario un insieme di misure pubbliche atte a definire e sostenere standard per la qualità dell’aria e una serie di provvedimenti definiti a livello perso-nale per limitare al minimo l’esposizione a concentrazioni elevate di sostanze inquinanti in ambienti aperti o chiusi. È opportuno ac-certare le esposizioni occupazionali prestando particolare attenzione a fumi e polveri nonché definire misure efficaci per eliminare le esposizioni pericolose. I pazienti con BPCO esposti a pesanti con-centrazioni di polveri dovrebbero indossare appositi dispositivi di protezione. Benché non esista un livello di VEMS che proibisca l’uso di simili attrezzature, alcune persone affette da BPCO potrebbero non tollerare i dispositivi di protezione, nel qual caso saranno co-strette a cambiare ambiente di lavoro.

ridurre al minimo i rischi di infezioneSebbene non sia possibile eliminare del tutto l’esposizione ai nu-merosi agenti infettivi, i pazienti dovrebbero tenersi alla larga da folle e singole persone con evidenti infezioni respiratorie, in parti-colare durante la stagione influenzale, e ricordare di lavarsi bene le mani o usare adeguati prodotti di disinfezione. Oltre ad assicurare loro un trattamento tempestivo, ai pazienti deve anche essere spiegato come riconoscere i primi segni delle riacutizzazioni. La vaccinazione anti-pneumococco è consigliabile anche se non esi-stono prove a sostegno di una sua particolare efficacia nei casi di

BPCO. La vaccinazione annuale contro l’influenza può prevenire o attenuare questa infezione potenzialmente letale.

attività fisica e riabilitazioneTutte le persone con BPCO dovrebbero svolgere con regolarità un’attività fisica commisurata alle proprie condizioni al fine di pre-venire il decondizionamento muscolare che spesso accompagna questa patologia. Bisognerebbe invogliare i pazienti a praticare per

tre volte alla settimana almeno 20-30 minuti di esercizio fisico aerobico a bassa intensità, ad esempio camminare, un’opzione solitamente attuabile persino nei casi più gravi. L’importante è spiegare ai pazienti che devono praticare attività fisica a un livello di dispnea che sia tollerabile per tutto il tempo in cui compiono lo sforzo fisico. Ai pazienti che mentre svolgono attività fisica vanno incontro a una desaturazione occorre somministrare ossigeno sup-plementare, che potrebbe essere utile anche ai pazienti senza una

broncopneumopatia cronica ostruttiva (Seguito)

tavola 4.39 Malattie e anatomia patologica

atlante di anatoMia, FisioPatologia e clinica 149

desaturazione dimostrabile dell’ossigeno per migliorare la capacità di compiere esercizi fisici e l’efficacia dell’allenamento.

I programmi tradizionali di riabilitazione sono considerati un componente efficace nel trattamento della BPCO e andrebbero proposti ai pazienti le cui attività quotidiane vengono significativa-mente limitate dalla patologia (Tavola 5.11). Gli obiettivi della riabi-litazione polmonare sono: migliorare la qualità di vita, ridurre i sintomi e aumentare la partecipazione fisica ed emotiva alle attività di tutti i giorni. Per raggiungere questi obiettivi, i programmi di riabilitazione polmonare usano un approccio multidisciplinare che prevede alle-namento, alimentazione, formazione e supporto psicologico. Pro-grammi per l’interruzione del fumo spesso accompagnano quelli di riabilitazione polmonare. L’allenamento in genere consiste in bici-cletta ergometrica o tapis roulant. Gli esercizi di sollevamento pesi con le braccia spesso sono inseriti nel programma di allenamento di resistenza. In sessioni individuali o di gruppo si possono poi anche fornire consigli pratici sulla conservazione delle energie e sul giusto ritmo da tenere durante le varie attività di tutti i giorni. I programmi formativi invece servono per spiegare come usare in modo corretto gli inalatori e l’ossigeno supplementare e forniscono i principi per una sana alimentazione.

trattamento della broncopneumopatia cronica oStruttiva Stabile

Il trattamento della BPCO si prefigge di prevenire la progressione e le complicanze della malattia, alleviare i sintomi, migliorare la ca-pacità di compiere sforzi fisici nonché la qualità della vita e le probabilità di sopravvivenza e, infine, gestire le riacutizzazioni. Oltre ai programmi per l’interruzione del fumo e al trattamento dell’ipos-siemia con ossigeno supplementare, le opzioni per i pazienti con BPCO includono anche la terapia farmacologica. Per maggiori detta-gli su molti dei farmaci descritti di seguito, si veda il paragrafo dedicato alla farmacologia (Tavole 5.1-10).

Attualmente, la terapia farmacologica mira non solo a migliorare la funzionalità polmonare, ma anche la qualità della vita e la capacità di compiere sforzi fisici, oltre che a prevenire le riacutizzazioni. L’approccio al trattamento farmacologico consigliato per i pazienti con BPCO consiste nell’aggiungerli in sequenza utilizzandone però il minor numero possibile e con la posologia più opportuna, partendo dagli agenti con il maggiore beneficio, la migliore tolleranza e il costo più basso (Tavola 4.42).

I broncodilatatori assunti per via inalatoria, tra cui i b-agonisti e gli agenti anticolinergici, costituiscono la base del trattamento per i pazienti affetti da BPCO. Vengono somministrati a intervalli regolari per mantenere la broncodilatazione e secondo necessità per alleviare i sintomi. Le classi dei b-agonisti e degli anticoli-nergici sono entrambe disponibili in versione a breve (4-6 ore) e a lunga durata d’azione (12-24 ore). Evidenze suggeriscono che gli agenti a lunga durata d’azione sono più efficaci rispetto a quelli a breve durata d’azione, ma la scelta di un farmaco deve anche tenere conto dei costi e delle preferenze del paziente. Combinare classi diverse di broncodilatatori si rivela spesso una soluzione

più valida che non aumentare la dose di un singolo agente. I soggetti con riacutizzazioni frequenti o forme più gravi di BPCO possono trarre giovamento dalla combinazione di corticosteroidi inalatori e broncodilatatori a lunga durata d’azione. Come terapia aggiuntiva si può ricorrere anche alla somministrazione di teofil-lina a lunga durata d’azione per via orale. L’uso costante di cor-ticosteroidi sistemici dovrebbe essere preso in considerazione solamente per i pazienti con riacutizzazioni molto frequenti o

potenzialmente letali che non possono tollerare un’interruzione del trattamento.

Una terapia sostitutiva con a1-antitripsina andrebbe valutata per i soggetti con deficit grave. Studi osservazionali suggeriscono che le persone con disturbo di grado moderato (VEMS pari al 35-65% del predetto) sembrano trarre maggiori benefici in termini di con-servazione della funzionalità polmonare e di miglioramento della sopravvivenza.

broncopneumopatia cronica ostruttiva (Seguito)

tavola 4.40 apparato respiratorio

150 atlante di anatoMia, FisioPatologia e clinica

Istruire i pazienti sulla terapia farmacologica è importante per fare in modo che i medicinali vengano assunti in modo corretto e che la cura venga seguita regolarmente. Gli agenti da inalare sono somministrati attraverso inalatori predosati, inalatori di polvere secca oppure sotto forma di soluzione nebulizzata e poiché, se usati correttamente, tali dispositivi si equivalgono, la scelta del metodo di somministrazione viene fatta in base al costo, alla praticità del di-spositivo e alla compliance del paziente. Alcuni pazienti hanno difficoltà a imparare e a continuare a usare in modo corretto i far-maci per via inalatoria. Di conseguenza, l’osservanza della terapia non è ottimale, soprattutto quando non offre un sollievo immediato dai sintomi. In genere, la metà circa dei pazienti non assume i medicinali nella dose o nella quantità prescritte, comportamento che può derivare da una scarsa comprensione dell’importanza della terapia, dal mancato riscontro di un beneficio significativo, dalla complessità del programma terapeutico e dal costo del trattamento. Molti pazienti rifiutano di rivelare al proprio medico curante di non rispettare la cura, quindi è importante che il medico trovi un modo per ottenere questa informazione senza compromettere il rapporto con il paziente. Se la mancata osservanza della terapia costituisce un problema, il medico può introdurre alcune misure atte a facilitare il compito del paziente, ad esempio semplificare il programma te-rapeutico, spiegare i benefici apportati dal trattamento, abbinare l’assunzione dei farmaci ad abitudini consolidate come mangiare e lavarsi i denti, oppure prescrivere medicine meno costose.

trattamento delle riacutizzazioni

Le riacutizzazioni della BPCO sono caratterizzate da un peggiora-mento di dispnea e tosse e da una maggiore produzione di espetto-rato. Esistono diverse definizioni formali per una riacutizzazione della BPCO ma una definizione operativa utile la descrive come peggio-ramento della dispnea, della tosse o della produzione di espettorato che supera la variabilità quotidiana e che persiste per più di uno o due giorni. In media, i pazienti con BPCO manifestano due o tre riacutizzazioni all’anno, ma la variabilità è notevole e la frequenza degli episodi è collegata solo in parte con la gravità dell’ostruzione del flusso aereo. Il migliore indicatore di future riacutizzazioni è una storia di riacutizzazioni frequenti, più comuni in soggetti con tosse e produzione di espettorato croniche. Infezioni respiratorie e non, esposizione a sostanze irritanti, inquinamento atmosferico, condizioni di comorbilità quali insufficienza cardiaca, insufficienza renale, dia-bete, embolia polmonare, ischemia miocardica o pneumotorace sono alcuni degli eventi che possono precipitare la malattia.

Per i pazienti sottoposti a trattamento domiciliare, aumentare per più giorni la frequenza e l’intensità dei broncodilatatori a breve durata d’azione assunti per via inalatoria può rivelarsi una soluzione efficace in casi di riacutizzazioni lievi. Le persone che hanno difficoltà a utilizzare gli inalatori o i pazienti con dispnea grave potrebbero avere bisogno di un nebulizzatore. Una dispnea in aggravamento accompagnata da un cambiamento nella quantità o nel colore del muco di solito è indice di infezione batterica e richiede un tratta-

mento antibiotico. Un ciclo di corticosteroidi, equivalente a 30-60 mg/die di prednisone per un periodo di 7-14 giorni, accorcia la durata dei sintomi nei pazienti con riacutizzazioni gestite in contesto ambulatoriale.

Per quanto riguarda i pazienti ricoverati in ospedale è invece prevista l’intensificazione del trattamento con broncodilatatori per via inalatoria, la somministrazione di corticosteroidi sistemici e di antibiotici. La somministrazione controllata di ossigeno supplemen-

tare dovrebbe essere avviata al livello più basso necessario per invertire l’ipossiemia e ridurre al minimo l’induzione di ipercapnia. La scelta tra somministrazione orale o endovenosa di antibiotici e corticosteroidi dipende dalla gravità della malattia e dalla capacità del paziente di tollerare un trattamento orale.

Per i soggetti con riacutizzazioni gravi e potenzialmente letali e per quelli che necessitano di un monitoraggio continuo è auspicabile il ricovero in unità di terapia intensiva. Nei pazienti con insufficienza

broncopneumopatia cronica ostruttiva (Seguito)

tavola 4.41 Malattie e anatomia patologica

atlante di anatoMia, FisioPatologia e clinica 151

respiratoria ipercapnica, una forma di ventilazione non invasiva mediante maschera si è rivelata una strategia efficace per evitare l’intubazione endotracheale, abbreviare la durata della malattia e migliorare l’outcome. Quando la ventilazione non invasiva con ma-schera non è sufficiente o se il paziente è troppo debilitato, per curare l’insufficienza respiratoria ipercapnica si ricorre all’intuba-zione endotracheale e alla ventilazione meccanica. Il ventilatore meccanico deve essere impostato in modo da garantire un’espira-zione dalla durata prolungata così da ridurre al minimo l’iperinfla-zione dinamica (“pressione positiva di fine espirazione intrinseca”), potenzialmente responsabile dell’insorgenza di dispnea, scoordina-zione ventilatoria e barotrauma. Occorre inoltre prestare molta at-tenzione a non ventilare eccessivamente il paziente e causare così un fenomeno di alcalemia, che potrebbe impedire il distacco dal ventilatore. La sopravvivenza dopo un episodio di grave insufficienza respiratoria dovuta a BPCO è del 50% circa a 2 anni di distanza dalla dimissione dall’ospedale, e il 50% circa dei pazienti viene nuovamente ricoverato nell’arco di 6 mesi.

trattamento delle complicanze

I pazienti con BPCO avanzata sono inclini a sviluppare complicanze secondarie della malattia. Il trattamento si prefigge di riportarli a un normale stato funzionale nella migliore misura e nel minore tempo possibili, nonché di alleviare difficoltà e sofferenze.

PneumotoraceIl peggioramento acuto della dispnea può dipendere da uno pneu-motorace, a cui i pazienti con enfisema bolloso sono soggetti. Il trattamento prevede la somministrazione di ossigeno ad alta con-centrazione e il drenaggio con catetere o tubo toracico collegato a una valvola o a un sistema di aspirazione. I pazienti con pneumo-torace ricorrente, potenzialmente letale o bilaterale sono candidati alla pleurodesi per prevenire eventuali recidive.

cor pulmonaleNormalmente, il letto vascolare polmonare ha un’imponente riserva capace di compensare aumenti anche sensibili della gittata cardiaca con incrementi minimi delle pressioni dell’arteria polmonare (Tavola 4.32). Nella BPCO si verifica una diminuzione dell’area trasversale totale del letto vascolare polmonare causata da cambiamenti ana-tomici delle arterie, dalla costrizione della muscolatura liscia in ri-sposta all’ipossia alveolare e, a seconda dell’estensione dell’enfi-sema, dalla perdita dei capillari polmonari. Il ventricolo destro, di conseguenza, deve produrre pressioni elevate, che ne determinano la dilatazione e l’ipertrofia. Una chiara insufficienza ventricolare destra è spesso associata a infezioni endobronchiali, responsabili

di peggiorare l’ipossiemia e l’ipercapnia. Episodi simili sono più frequenti in pazienti in cui la bronchite è dominante.

I pazienti con cor pulmonale sono cianotici, presentano vene del collo gonfie che non collassano con l’inspirazione, hanno congestione epatica con fegato dolente e ingrossato ed edema delle estremità con segno della fovea. In una radiografia toracica PA, il cuore non appare necessariamente ingrossato ma i vasi polmonari si presentano prominenti. L’esame obiettivo può rivelare un sollevamento palpabile

del ventricolo destro e un galoppo udibile all’inizio della diastole che si accentua con l’inspirazione. Talvolta si osserva dilatazione dell’anel-lo tricuspidale associata a un’insufficienza secondaria della tricuspide che però scompare con un trattamento efficace. L’elettrocardio-gramma mostra turbe della ripolarizzazione in tutte le precordiali, deviazione assiale destra, aritmie atriali e ipertrofia ventricolare destra con inversione delle onde T, mentre l’ecocardiogramma può eviden-ziare un’arteria polmonare dilatata, l’ingrandimento dell’atrio destro,

broncopneumopatia cronica ostruttiva (Seguito)

tavola 4.42 apparato respiratorio

152 atlante di anatoMia, FisioPatologia e clinica

la dilatazione e l’ipertrofia del ventricolo destro, il movimento paradosso del setto interventricolare e la chiusura anomala della valvola. I reperti ecocardiografici, però, possono essere contraddittori, soprattutto perché l’iperinflazione sovrastante dei polmoni rende difficile ottenere immagini di buona qualità del ventricolo destro. Qualora si sospetti un’ipertensione polmonare, una cateterizzazione del cuore destro è dunque la soluzione definitiva per la formulazione di una diagnosi.

Il trattamento dell’ipossiemia è la base per la prevenzione e la terapia del cor pulmonale. Si rende quindi necessaria la prescrizione di ossige-no supplementare per mantenere livelli adeguati di saturazione dell’os-sigeno indipendentemente dallo sviluppo di ipercapnia (Tavole 5.12-14). Poiché nei pazienti con BPCO e ipertensione polmonare è comune la presenza di apnea nel sonno, la valutazione mediante uno studio del sonno si rivela spesso utile per determinare la necessità di ossigeno notturno o di pressione positiva continua delle vie aeree (Tavole 4.165 e 4.166). In pazienti che soffrono di grave ipertensione polmonare con BPCO di grado lieve si dovrebbe escludere una tromboembolia polmo-nare. In casi rari, quando l’entità dell’ipertensione polmonare sembra sproporzionata rispetto alla gravità della BPCO e all’ipossiemia, è ammesso l’uso di vasodilatatori polmonari.

trattamento chirurGico

chirurgia di riduzione del volume polmonare (Tavola 5.32)La chirurgia di riduzione del volume polmonare (LVRS) è una procedura chirurgica che prevede la resezione monolaterale o

bilaterale con suturatrice meccanica del 20-30% del polmone, solitamente a partire dagli apici (si veda il paragrafo dedicato alla LVRS). Anche se alcuni pazienti mostrano significativi migliora-menti della funzionalità e della sintomatologia dopo una LVRS, in molti altri ciò non si verifica. Il gruppo di pazienti che risponde meglio alla LVRS comprende i soggetti con enfisema soprattutto nelle zone superiori del polmone e con una scarsa capacità di compiere sforzi fisici nonostante la riabilitazione polmonare. Dopo la LVRS, le probabilità di sopravvivenza, la qualità di vita e lo stato funzionale di questi soggetti migliorano. Al contrario, i pazienti senza una predominanza nei lobi superiori (ad es. con enfisema nei lobi inferiori o enfisema omogeneo) e con una buona capacità di eseguire sforzi fisici acquisita attraverso la riabilitazione regi-strano outcome post-LVRS peggiori.

Raramente la resezione chirurgica di un’unica grande bolla è indicata per il trattamento della BPCO. Bolle giganti isolate di solito sono il risultato di una cisti congenita in espansione. L’indicazione generalmente accettata per la resezione di un’unica grande bolla è quando questa occupa più di un terzo dell’emitorace, causando una compressione del polmone normale. Taluni ritengono che una DLCO non compromessa sia un utile indicatore che consente di in-dividuare i soggetti con le migliori probabilità di miglioramento dopo bullectomia.

trapianto polmonare (Tavola 5.33)Il trapianto polmonare può essere un’opzione per pazienti gio-vani con malattia avanzata (Tavola 5.33). Relativamente alle persone con BPCO, i criteri per un trapianto polmonare sono un VEMS <25% del predetto, grave ipercapnia oppure grave ipertensione polmonare in pazienti con meno di 60-65 anni. La prassi prevede che vengano presi in considerazione per un trapianto i pazienti con un’aspettativa di vita inferiore ai 2 anni

perché questo è il tempo medio di attesa per gli organi. Ultima-mente il tempo di attesa si è allungato, arrivando a circa 4 anni, circostanza che potrebbe spingere i medici a iscrivere prima i pazienti nelle liste. Altre condizioni di comorbilità come un cattivo stato nutrizionale, obesità, un’infezione micobatterica cronica, osteoporosi grave e un sostegno psico-sociale non ottimale sono considerate controindicazioni relative. Lo status di fumatore attivo, una recente patologia maligna, una condi-zione di insufficienza a carico di un apparato importante (in particolare, infezioni renali oppure epatite cronica B o C) sono considerati controindicazioni assolute. Il trapianto polmonare può essere unilaterale o bilaterale a seconda della disponibilità degli organi donati e delle preferenze del chirurgo che esegue l’intervento. In genere, i pazienti più giovani e quelli con bron-chiectasie concomitanti sono ritenuti candidati più idonei per un trapianto polmonare bilaterale.

In passato, la BPCO è stata l’indicazione più comune per i trapianti polmonari; a essa, infatti, si riconduce il 40% circa di tutti i trapianti polmonari e il 50% circa dei trapianti polmonari unilaterali. Ciò è giustificato dall’elevata prevalenza della BPCO e dal migliore tasso di sopravvivenza durante l’attesa degli organi riscontrato nei pazienti con BPCO rispetto a quelli con una diversa indicazione al trapianto. Tuttavia, i criteri attualmente adottati per stabilire i vari livelli di priorità nell’assegnazione degli organi, basati più sulla diagnosi che sul solo tempo di attesa, probabil-mente ridurranno le possibilità per i pazienti con BPCO di ricevere gli organi donati. La sopravvivenza iniziale per i pazienti con BPCO dopo un trapianto di polmone è leggermente migliore rispetto a quella di altri gruppi diagnostici nei primi anni. Nel complesso, si ha una sopravvivenza di 30 giorni nel 93% dei casi, una soprav-vivenza di 3 anni nel 61% dei casi e una sopravvivenza di 5 anni nel 45% dei casi.

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