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Rovetta: se anche stanotte durasse cent'anni

Date post: 26-Mar-2016
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Rovetta è un piccolo paese della provincia bergamasca: 4000 anime ai piedi della Presolana, in alta Val Seriana. Dal 1986, ogni anno simpatizzanti e nostalgici camerati provenienti da tutta Italia si riuniscono nel piccolo cimitero del paese per commemorare i miliziani della RSI della Legione Tagliamento fucilati dai partigiani, in quello che nel corso degli anni è diventato uno dei maggiori raduni nazifascisti in Italia. E come ogni anno si ritroveranno, il 27 Maggio 2012, in una parata di effigi naziste, teste rasate, saluti romani e inni al Duce; il tutto alla luce del sole, tra il silenzio-assenso delle istituzioni e la benedizione del loro prete in camicia nera: Padre Tam. È proprio questa che si ritrova a Rovetta ogni anno quell'Italia che vuole oltraggiare la memoria di chi ha lottato per la liberazione della nostra terra dalla follia fascista, celebrando come martire una delle più feroci ed efferate squadracce del periodo più buio della storia del nostro Paese.
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i Ribelli della Montagna

Si consente la riproduzione parziale o totale dell'opera e la sua diffusione anche per via telematica, purché non a scopi commerciali e a condizione che questa dicitura sia riprodotta.Prodotto, pubblicato, stampato e distribuito in proprio nel mese di Marzo 2012.

Quest'opera è stata realizzata con licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0

Stampato su carta di cellulosa riciclata al 100%; contribuendo così a ridurre le emissione nell’acqua (COD, AOX), nell’aria (S, NOX, CO2), l’impiego di energia e di combustibili fossili.

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Se anche stanotte durasse cent'annistaremo svegli abbracciandoci al buio,

il nemico è alle porte della nostra Città.Se anche stanotte durasse cent'anni

staremo in piedi abbracciati ad un sognoche ha una scritta sul volto: "Da qui non si passerà!".

Se anche stanotte durasse cent'anniresiste il sogno di un giorno di sole,

gloria riempi le strade della nostra Città.Se anche stanotte durasse cent'anni

sorrideremo inchiodati alla croce,morte fatti da parte che passa la Libertà!

(Atarassia Grop - L'Oltretorrente)

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INDICE

Introduzione – pag. 7La Legione Tagliamento – pag. 9Rovetta, 28 Aprile 1948 – pag. 14Il Raduno – pag. 18Il Comitato Organizzatore – pag. 22

Padre Tam, il prete in camicia nera – pag. 24Giuliano Fiorani, lo storico – pag. 34Bruno Doneda, più fascista dei fascisti – pag. 38Stelvio Dal Piaz, il professore – pag. 41Alessandro Vailati, il federale – pag. 43Gianni Rebaudengo, il reduce – pag. 46

Conclusioni – pag. 50Bibliografia – pag. 52

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INTRODUZIONE

La memoria della Resistenza, nell'epoca in cui viviamo, viene spesso annacquata mostrandoci il 25 Aprile come una sorta di “terra di nessuno”, dove trovano facoltà di parola anche coloro che da anni portano avanti l'odiosa equiparazione tra i partigiani che hanno lottato per Libertà e i repubblichini che - assieme ai tedeschi - hanno cercato di soffocarla.Ci sono sempre state due Italie, contrapposte radicalmente tra di loro: da un lato un'Italia in origine terribilmente minoritaria, quella di qualche consiglio di fabbrica, dei quartieri operai delle grandi città, fatta di critici, intellettuali, eretici, pronti anche al carcere e al confino; dall'altro un'Italia sempre adorante nei confronti di qualche padrone, quella delle folle plaudenti, del mito dell'Impero e della Forza che da qualche tempo ha rialzato la testa.Un'Italia che stava (fino a ieri pubblicamente) con i suoi partigiani, e un'altra che continuava (fino a ieri privatamente, o quasi) a diffidarne, se non addirittura a rimpiangere il proprio impresentabile passato. La prima Italia è quella che ha vinto - in maniera inaspettata e grandiosa - all'alba di quel 25 Aprile. Ma la contrapposizione ha sempre continuato ad esistere, mal digerendo e addirittura osteggiando la vittoria dei partigiani.Oggi questa seconda Italia ha ripreso visibilità, ha preso parti importanti nel discorso pubblico, ha rovesciato il rapporto e cerca di invadere l'immaginario collettivo con operazioni di subdolo revisionismo. Un'operazione prolungata che - partendo dalla pretesa di costruire una “memoria condivisa” - cerca di rovesciare il segno d'importanza che il 25 Aprile possiede.

Rovetta è un piccolo paese della provincia bergamasca: 4000 anime ai piedi

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della Presolana, in alta Val Seriana.Dal 1986, ogni anno simpatizzanti e nostalgici camerati provenienti da tutta Italia si riuniscono nel piccolo cimitero del paese per commemorare i miliziani della RSI della Legione Tagliamento fucilati dai partigiani, in quello che nel corso degli anni è diventato uno dei maggiori raduni nazifascisti in Italia. E come ogni anno si ritroveranno, il 27 Maggio 2012, in una parata di effigi naziste, teste rasate, saluti romani e inni al Duce; il tutto alla luce del sole, tra il silenzio-assenso delle istituzioni e la benedizione del loro prete in camicia nera: Padre Tam.È proprio questa che si ritrova a Rovetta ogni anno quell'Italia che vuole oltraggiare la memoria di chi ha lottato per la liberazione della nostra terra dalla follia fascista, celebrando come martire una delle più feroci ed efferate squadracce del periodo più buio della storia del nostro Paese.

Quest’anno però non ci si limiterà a ricordare solo i fatti che servono a giustificare l’illegalità delle loro azioni e dei loro valori. Quest’anno la Storia dei fatti che si svolsero a Rovetta quel 28 Aprile del 1948 verrà ricordata attraverso questi Appunti di Resistenza che avete tra le mani, nei quali troverete i protagonisti di allora e di oggi.

L'obiettivo di questo dossier è quello di mostrare il vero volto che si cela dietro il raduno di Rovetta: un bieco tentativo di mistificazione storica che vuole stravolgere la realtà dei fatti, ma teme di mostrarsi per ciò che in realtà è, nascondendosi dietro l'apparenza del semplice ricordo di vecchi amici scomparsi.

Quest’anno prima della loro commemorazione si terranno una serie di incontri – dei Percorsi di Resistenza - nei paesi che questa liberazione l’hanno vissuta sulla propria pelle in quei giorni: incontri per non dimenticare, per non farci ingannare, per alzare fiero il nostro grido di Libertà!

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LA LEGIONE SS TAGLIAMENTO

Il 63° Battaglione “M” - conosciuto come Legione Tagliamento - nasce prima del ritorno di Benito Mussolini al potere, nei giorni successivi all’armistizio dell’8 settembre 1943, ed è sostanzialmente un reparto agli ordini delle Forze Armate Naziste. Anche se composto esclusivamente da italiani e in maggioranza volontari, la Tagliamento infatti fu sempre agli ordini esclusivi del generale Karl Wolff, comandante delle SS in Italia. Nel gennaio 1944 si unisce al Battaglione “M” d'Assalto Camilluccia, proveniente direttamente da Roma (quello che sarà di stanza al presidio della Presolana nel ‘45) e composto esclusivamente da giovani volontari (quasi tutti del Lazio) a cui viene concesso l’arruolamento anche senza il consenso del padre: adolescenti e bambini istigati alla violenza nelle scuole fasciste.Nel marzo del 1944 la Legione Tagliamento è impegnata a Vercelli in azioni contro i Partigiani. Al comando della legione c'è il colonnello Merico Zuccari, lo stesso che spronava i propri uomini urlando “cancelleremo il Piemonte dalla carta geografica! (…) Per ognuno di noi, dieci di loro!”.Ad Agosto il reparto viene trasferito nelle Marche, dove dà la caccia ai renitenti alla Leva (la pineta di Urbino diventerà tristemente famosa come il luogo di tortura e fucilazione preferito dalla Camilluccia) e di seguito in Veneto, dove partecipa con altri reparti tedeschi alla cosiddetta Operazione Piave: si tratta di uno dei più vasti rastrellamenti mai compiuti in Italia, concentrato nella zona del Monte Grappa e diretto a circondare e annientare le forze partigiane operanti in zona. Si scontrano un migliaio di Partigiani (un terzo dei quali disarmati) e circa 3000 nazifascisti (600 quelli della

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Tagliamento). L’operazione ha inizio il 20 settembre 1944 e si concluderà una settimana dopo.

Le stime più attendibili sul risultato di questo rastrellamento parlano di 171 tra impiccati e bruciati vivi, 300 fucilati e circa 400 deportati in Germania (di cui due terzi non tornarono), oltre all’incendio di decine di abitazioni. Ma si ritiene che molti altri morti siano stati occultati in fosse comuni o grotte sulle pendici del Grappa. Solo una minima parte furono i morti in combattimento: la maggior parte degli impiccati erano giovani disertori, ingannati dai fascisti che passando di casa in casa promettevano a genitori e parenti di salvare la vita a coloro che si fossero presentati spontaneamente. Convinti di mandare i propri figli al servizio del lavoro obbligatorio, madri e padri convinsero così i propri cari a presentarsi ai comandi italiani, dove furono torturati, impiccati o avviati alla deportazione. La Tagliamento ebbe un ruolo di primo piano nell’Operazione Piave: furono infatti i giovani repubblichini della Tagliamento ad impiccare 31 uomini ad

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La Legione Tagliamento

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altrettanti alberi sulle vie principali di Bassano del Grappa; su un camion essi passavano e, una volta fermi sotto l’albero di turno, sistemavano il cappio attorno al collo del prigioniero e procedevano dando a quest’ultimo una spinta o addirittura aggrappandosi al corpo perché penzolasse meglio.Furono gli uomini della Tagliamento a far parte dei due plotoni di esecuzione. Tra loro anche Tonino, un bambino di soli dodici anni, conosciuto per essere la mascotte del battaglione. Il cappellano militare della Tagliamento – Padre Antonio di Gesù, al quale al cimitero di Rovetta è dedicata una lapide commemorativa - fu invece l’assassino a sangue freddo di un giovane garzone sospettato di essere partigiano: “Chi è preso in montagna – disse il cappellano al capitano che voleva lasciar andare via il ragazzo – è considerato partigiano e deve essere fucilato. Noi siamo qui per questo” e detto ciò lo finì con una raffica di mitra.Conclusa la mattanza in Veneto la Legione Tagliamento nell’Ottobre 1944 venne trasferita in Val Camonica, in provincia di Brescia, a difesa delle linee di comunicazione tedesche. Data la contiguità dei territori, anche la bergamasca subiva gli effetti di questa presenza: sarà opera della Tagliamento l’incendio di decine di case a Costa Volpino e la fucilazione di due giovani in seguito al ferimento di un ufficiale (ancora lo Zuccari ordinò: “Andate e arrostiteli tutti”). Il Capo della Provincia di Bergamo mandò un telegramma di protesta al Ministero dell’Interno: “Incendio di 80 case circa, 800 persone su tremila rimaste senza tetto, prive di viveri e indumenti”.Furono sempre i fascisti della Tagliamento a condurre le rappresaglie contro il paese di Fonteno, a seguito dello smacco subìto per la cattura da parte dei partigiani della 53^ Brigata Garibaldi del capitano tedesco Langhen, comandante di piazza a Bergamo, e di altri 50 nazisti, successivamente rilasciati con la promessa di non effettuare rappresaglie sui civili. Giunsero in paese approfittando dell’assenza dei Partigiani per derubare, incendiare case, arrestare uomini ed ammazzare in loco presunti collaboratori civili (Pietro Pedretti e due contadini: Santo Plebani e Felice Ruggeri).Sarà ancora opera della Tagliamento, ed in particolare del battaglione Camilluccia, il 17 novembre ’44, l’attacco alla Malga Lunga dove trovavano rifugio alcuni partigiani sempre della 53^ Brigata Garibaldi, comandati da Giorgio Paglia. Essi furono costretti ad arrendersi oltre che per la evidente sproporzione delle forze, anche per la presenza di due feriti, il russo Starich, gravemente colpito da una bomba a mano, e Tormenta (Mario Zeduri) ancora sofferente per le ferite riportate nella battaglia di Fonteno. I fascisti promisero

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con la loro “parola d’onore” di rispettare la vita dei combattenti, ma le condizioni stabilite non vennero rispettate. I feriti Starich e Tormenta vengono brutalmente uccisi sul posto a colpi di pugnale. Giorgio Paglia, Guido Galimberti (Barbieri), Andrea Caslini (Rocco) e i russi Semion Kopcenko, Alexaner Noghin, Alarion Etanov vengono portati a Costa Volpino e passati tutti per le armi: Giorgio Paglia rifiuta la grazia che gli viene offerta in quanto figlio di medaglia d’oro al Valore Militare e chiede di essere fucilato per primo perché i suoi compagni non abbiano dubbi sulla sua sorte, la stessa che toccherà qualche giorno dopo ai fratelli Pellegrini “Falce” e “Martello”, torturati e giustiziati a Lovere dopo essere stati catturati dagli uomini della Tagliamento a Covale, località sui monti di Bossico.Anche dopo aver saputo della resa dei nazifascisti da Milano, via radio, la Tagliamento si renderà protagonista dell’eccidio di 12 tra partigiani e civili, che caddero in una imboscata a Schilpario nella notte del 28 Aprile 1945 (lo stesso giorno delle fucilazioni a Rovetta).

Nel dopoguerra tutto ciò venne negato: tutti i legionari dichiararono che nel luogo dove si trovavano non era successo nulla e che, comunque, non erano stati loro a sparare. C’erano i morti - quelli sì - ma mancavano gli esecutori. Il colonnello Zuccari comandante della Tagliamento e altri 15 tra ufficiali e sottoposti furono processati dal Tribunale Militare di Milano. Vennero raccolte più di 300 deposizioni di altrettanti testimoni. La condanna arrivò il 28 agosto 1952: pena di morte, successivamente commutata in ergastolo. Di fatto l’intera formazione della Tagliamento venne riconosciuta colpevole di crimini contro l’umanità. Zuccari, come altri 13 ufficiali della Tagliamento, risulterà latitante (fuggirà prima in Trentino poi in Svizzera ed infine a Genova dove si imbarcherà per l’Argentina). Morirà poco dopo il rientro in Italia nel dicembre 1959.Altri procedimenti avviati contro i principali responsabili non ebbero neppure inizio e le punizioni di coloro che furono processati e riconosciuti colpevoli vennero cancellate dalle diverse amnistie, a cominciare dal Decreto Legge del 22 Giugno 1946, la famosa “Amnistia Togliatti”.A Schio - dove venne affossato il processo ai massacratori del Grappa - nella notte tra il 6 e 7 luglio 1945 una decina di ex-partigiani, esasperati dalla mancanza di giustizia, penetrarono nel carcere e fecero fuoco sui prigionieri fascisti uccidendo 54 persone.

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Le affermazioni odierne dei cosiddetti “ragazzi di Salò” e dei loro ammiratori sono sempre centrate sull’intento “patriottico” della loro esperienza e sulle ingiustizie che avrebbero subìto al termine della guerra in quanto “vinti”, ma queste queste sorvolano sulle azioni compiute durante quella esperienza, o ne offrono una visione parziale o edulcorata.Fra i pochi militi della Tagliamento ad aver pagato per i propri crimini ci sono i giustiziati di Rovetta.

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ROVETTA, 28 APRILE 1945

La legione Tagliamento era presente a Bergamo con il Battaglione Camilluccia, in particolare con la 4^ Compagnia di stanza a Lovere, la 5^ Compagnia di stanza fra il passo della Manina e Dezzo di Scalve, la 6^ Compagnia a Schilpario e alla Cantoniera della Presolana. Il 26 Aprile 1945 il sottotenente Antonio Panzanelli, che comandava i repubblichini di presidio al passo della Presolana, fu raggiunto via radio dalla notizia della disfatta nazifascista. Il giorno seguente, il 27 Aprile, Panzanelli ed i suoi 49 uomini (tra cui anche un nipote di Benito Mussolini) si incamminarono verso la valle preceduti da una bandiera bianca portata da Alessandro Franceschetti, albergatore presso il quale il plotone aveva preso stanza. Dalla testimonianza di Fernando Caciolo - uno dei pochi che si salveranno il 28 Aprile - l’intenzione dei repubblichini era di raggiungere Bergamo per una resistenza ad oltranza. L’utilizzo della bandiera bianca era uno stratagemma per avvicinare eventuali partigiani e colpirli a breve distanza vista la carenza di munizioni da parte dei fascisti. Giunti a Rovetta verso sera, vennero avvicinati dai membri del CLN locale capitanati dal Maggiore Giuseppe Pacifico che convinse il sottotenente Panzanelli ad arrendersi vista l’inutilità del loro tentativo. Gli uomini della Tagliamento vennero convinti a deporre le armi e successivamente rinchiusi nelle scuole elementari del paese. Il 28 Aprile da Clusone partirono tre automezzi con a bordo un'ottantina di partigiani delle formazioni Camozzi (Giustizia e Libertà), della 53^ Garibaldi, della Tredici Martiri (comunisti) e delle Fiamme Verdi (cattolici). Giunti a Rovetta si diressero alle scuole elementari dove prelevarono i militi della Tagliamento (tranne Caciolo che

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riesce a fuggire e a nascondersi in casa del parroco dove rimarrà per tre mesi prima di tornare senza pericolo a casa sua, ad Anagni) e li condussero al cimitero dove vennero formati due plotoni di esecuzione, comandati rispettivamente da Fulmine (Battista Torri) e Caserio (Bortolo Gusmeri). Si procedette alle esecuzioni nonostante le proteste del parroco Don Giuseppe Bravi, membro del CNL di Rovetta. Verranno risparmiati solo tre militi, i più giovani del gruppo, di 14, 15 e 16 anni.

Da chi venne l’ordine della fucilazione?

Le testimonianze e gli atti del processo sembrano identificare nel capitano Mojcano (Paolo Poduje) - membro dell’intelligence inglese paracadutato il 6 Aprile 1945 nella zona del Pizzo Formico - il mandante dell’ordine di esecuzione (dei militi della Tagliamento). Il Mojcano era stato paracadutato oltre le linee nemiche per prendere contatti con i partigiani ed organizzare l’imminente insurrezione generale, in particolare per evitare che i nazifascisti, nella loro ritirata, potessero danneggiare importati infrastrutture (dighe, ponti, impianti industriali). I revisionisti storici sostengono che i capi partigiani fossero autonomi nelle loro decisioni e che un capitano inglese non avesse alcun potere decisionale su di loro. È però documentato dalla normativa sull'armistizio che nessun ordine alleato poteva essere disatteso da alcuna

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Il muro del cimitero di Rovetta

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autorità italiana civile o militare: per quanto sembri assurdo l'ordine di fucilazione l’ordine di fucilazione dato dal Mojcano non sarebbe potuto essere annullato nemmeno dal Generale Cadorna, da Badoglio o dal Re, ma solo da lui stesso o da un suo superiore. Sia il Maggiore Pacifico (membro del CLN di Rovetta a cui si erano arresi gli uomini della Tagliamento) che i maggiori capi partigiani della zona (Giovanni Brasi detto Montagna della Brigata Garibaldi e Bepi Lanfranchi della Brigata Camozzi) non erano presenti a Rovetta il giorno della fucilazione. Ciò può solo significare una “presa di distanza” dall’azione pur conoscendo le intenzioni del Mojcano che aveva anche impartito l’ordine di fornirgli uomini e mezzi per l’esecuzione.Lo stesso Mojcano - da tutti ricercato ma irreperibile nel dopoguerra – solo da pochi anni rintracciato e intervistato dal direttore dell'Isrec di Bergamo ha ammesso la sua responsabilità nell’impartire l’ordine di fucilazione, scagionando di fatto i capi partigiani.

I fatti di Rovetta sono stati nel dopoguerra al centro di una lunga indagine partita già nel Settembre 1945. La Procura della Repubblica di Bergamo aprì nel 1946 un procedimento penale che si concluse nel 1951 dopo una cospicua raccolta di testimonianze e deposizioni. La sentenza, emessa dalla Sezione Istruttoria della Corte d'Appello di Brescia

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Le lapidi commemorative poste all'esterno delle mura del cimitero

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perché da lì era partita la prima denuncia, stabilì di "non doversi procedere a carico degli imputati trattandosi di fatti non punibili ai sensi del Decreto Legge 12 Aprile 1945 n.194", emesso quando era imminente l’avanzata dell’esercito Alleato nel Nord Italia. Il decreto stabiliva che fossero considerate azioni di guerra tutte quelle compiute dai patrioti regolarmente inquadrati nelle formazioni militari riconosciute dal CLN e da altri cittadini che li avessero aiutati per la lotta contro i fascisti nel periodo dell’occupazione nemica fino al momento in cui il Governo Militare Alleato avesse assunto i poteri nei singoli territori. Poiché nella provincia di Bergamo la presa di potere da parte del governo Alleato avvenne solo il primo Maggio 1945 (lettera della Prefettura di Bergamo, N. di protocollo 1046, in atti del processo), la sentenza definì le fucilazioni di Rovetta fatti di guerra "in quanto posti in essere da partigiani contro fascisti in conseguenza della lotta degli uni contro gli altri che in quel momento era ancora in corso, e che cessò soltanto con l'instaurazione del Governo Alleato, il quale pose termine all'occupazione nemica".

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IL RADUNO

Chi si trovasse a passare casualmente l'ultima domenica di Maggio presso il cimitero di Rovetta si imbatterebbe in quella che ad un osservatore distratto potrebbe sembrare una normale celebrazione religiosa. Ma basta guardare con un po' più di attenzione per notare che la presenza di un prete e di anziani signori è accompagnata da giovani naziskin, camice nere e bandiere della R.S.I.. In particolare basterebbe sostare un po' per vedere lo stesso prete impartire ordini ai reduci e ai naziskin, inquadrandoli in file ordinate. Il padre in questione si chiama Giulio Tam, è un sacerdote scomunicato e negazionista che considera la tonaca una "camicia nera solo un po' più lunga". Sotto la sua studiata ed esperta regia i partecipanti al raduno si muovono ordinatamente, eseguendo tutti i passi della cerimonia scanditi dai suoi ordini militareschi. Il "rito" inizia con i fascisti che si raggruppano davanti all'ingresso del cimitero, dove scambiano quattro chiacchiere e salutano camerati che non vedono da tempo, giunti per l'occasione a Rovetta. Dopo aver affisso su ogni albero, palo e recinzione disponibile le bandiere della R.S.I., i partecipanti si incolonnano ordinatamente, sempre sotto la guida di padre Tam.In testa si dispongono gli anziani reduci repubblichini e i rappresentanti delle loro associazioni, identificabili dai labari che gli anziani ex-combattenti fascisti portano con sé; subito dietro tutti gli altri camerati. Di solito i naziskin si pongono in zone abbastanza defilate e non pochi di loro preferiscono raggrupparsi al bar dell'adiacente parco per una bevuta di prima mattina. Il corteo si sposta dall'ingresso al lato esterno del cimitero rivolto verso il centro del paese di Rovetta, sul cui muro gli organizzatori del raduno hanno fatto apporre due lapidi in memoria dei fascisti della legione Tagliamento

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fucilati il 28 Aprile del 1945.Da pochi anni è presente anche una lapide in memoria di padre Antonio Di Gesù - cappellano militare della legione Tagliamento - deceduto per cause naturali alcuni anni fa; sulla lapide padre Antonio viene definito "valoroso": un termine che può apparire strano se attribuito ad un religioso. Ma padre Antonio fu figura attiva e determinante della legione Tagliamento, tanto che il cappellano giustiziò personalmente a colpi di mitra un giovane la cui unica colpa fu quella di essersi trovato in montagna al momento sbagliato, provando così - secondo i camerati - il suo "valore".

Di fronte a queste lapidi viene posta una corona d'alloro e inizia uno dei momenti più importanti di tutto il raduno di Rovetta: il "saluto" ai camerati caduti. Disposti a semicerchio intorno alle lapidi, i partecipanti si pongono sull'attenti, mentre padre Tam inizia a leggere i nomi dei repubblichini fucilati a cui i fascisti rispondono "presente" e fanno il saluto romano. Finita la lista dei

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Ingresso del cimitero nel giorno della commemorazione.

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43 nomi l'immancabile saluto a "Benito Mussolini e tutti i camerati" ricevendo in risposta - ancora una volta - un entusiasta "presente".Successivamente il prete guida i nostalgici all'interno del cimitero: al suo interno viene issata un'enorme bandiera della R.S.I. sotto la quale il padre officia la "messa". In realtà questo non lo potrebbe fare in quanto scomunicato, ma ciò non sembra interessare più di tanto a lui e ai suoi camerati.Questa funzione parte con un Padre Nostro leggermente modificato, la cui frase iniziale si tramuta in "nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo e di Benito Mussolini".Mussolini è ovviamente al centro dei pensieri dei partecipanti al raduno, tanto che una sua fotografia è stata apposta su una croce in bronzo posizionata sulla tomba in ricordo dei repubblichini. È abitudine dei camerati farsi ritrarre in ginocchio o accovacciati davanti a questa croce, non solo durante il raduno, ma anche in occasionali visite al cimitero durante l'anno. Tornando alla messa, dopo che viene suonato il silenzio con i camerati stretti in un minuto di raccoglimento, padre Tam inizia la sua omelia: un discorso solitamente confuso e lunghissimo (quasi un'ora), i cui unici punti fermi sono l'uso strumentale della religione cattolica come forma di difesa verso la presunta invasione islamica e la finanza internazionale, interamente controllata - ovviamente -, secondo i camerati di Rovetta, da famiglie di religione ebraica. Padre Tam, libero finalmente di propagandare la sua visione della religione come forma di controllo delle coscienze all'interno di uno stato autoritario, tiene moltissimo a questo momento del raduno. Un po' meno i camerati presenti, che cominciano a dare segni di stanchezza e di noia già dopo i primi minuti dall'inizio della "messa", iniziando ad aggirarsi per le tombe del cimitero o a farsi fotografare di fronte alla croce di cui abbiamo parlato precedentemente. Il premio per chi riesce a resistere allo sproloquio di padre Tam è il pranzo all'Hotel La Bussola, dove alloggiano già dal giorno prima gli organizzatori del raduno e i camerati provenienti da fuori regione. Durante il pranzo i fascisti si lasciano andare a cori e canti del ventennio - sempre salutandosi romanamente - tra l'indifferenza di camerieri e gestori dell'albergo. La domenica pomeriggio, dopo il raduno e il pranzo, vede la presenza esclusiva degli appartenenti del comitato organizzatore del raduno che, riuniti in una sala dell'hotel, tracciano la linea per le future commemorazioni, si danno gli obbiettivi politici da

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raggiungere per l'anno successivo e premiano i giovani "meritevoli" che hanno saputo portare avanti con la propria azione politica e militante i "valori" dei collaborazionisti dei nazisti tedeschi.Un raduno che è dunque qualcosa di più di una semplice riunione tra anziani combattenti giunti a Rovetta per ricordare gli amici scomparsi: è un'occasione per esaltare chi combatteva dalla parte delle camere a gas e consegnare questa memoria alle nuove generazioni, un laboratorio politico e di propaganda del nazifascismo.

LA CROCE DEI CADUTI

La Croce posta sulla Tomba dei Caduti in ricordo dei repubblichini fucilati a Rovetta, realizzata in bronzo, segue l'ordine del Segno della Croce ma, al posto del Padre, reca l'effige di Benito Mussolini, al posto del Figlio e dello Spirito Santo la bandiera della Legione Tagliamento e quella della R.S.I.. Essa è opera dello scultore recentemente scomparso Pierino Bertocchi, noto sia per la sua amicizia con donna Rachele Mussolini che per aver scolpito la fioriera in bronzo posta nella cripta di Predappio. Rilevante è stato negli anni il suo impegno nell'organizzazione del raduno di Rovetta.

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IL COMITATO ORGANIZZATORE

La prima commemorazione dei repubblichini della legione Tagliamento venne organizzata a Rovetta nel 1986, ad opera di pochi nostalgici: si trattò quasi di una cerimonia in forma privata. Da questo piccolo nucleo nei primi anni '90 si passò a incontri più organizzati e, nel tempo - grazie anche all'indifferenza e alla disinformazione sulla natura di questo raduno - la commemorazione nazifascista crebbe per numero di partecipanti. Negli ultimi anni ha assunto sempre più rilevanza a livello nazionale, grazie anche al fatto che analoghe commemorazioni in varie parti d'Italia sono state vietate o hanno perso importanza fino a non essere più replicate. Consci di ciò gli organizzatori della commemorazione decisero di formalizzare la propria struttura fondando un comitato ufficiale. Dall'atto costitutivo - registrato all'agenzia delle entrate di Bergamo il 24 Settembre 2009 e redatto il 24 Agosto 2009 presso l'hotel "La Bussola" di Clusone - si evince che il comitato "[...] raccoglie i combattenti della R.S.I., i famigliari dei legionari trucidati a Rovetta il 28 Aprile 1945, e tutti i rappresentanti delle più giovani generazioni che condividono i valori morali della scelta repubblicana fatta dopo l'infame tradimento dell'8 Settembre 1943 impegnandosi volontariamente a difenderne e a diffonderne la verità storica". Si legge inoltre che (le maiuscole sono nel testo originale) "[...] priorità assoluta del comitato è il ricordo dei 43 giovanissimi legionari della tagliamento [...] ivi intendendosi la perpetuazione e la divulgazione della Memoria Storica del loro Sacrificio e del loro Messaggio Patriottico [...] la salvaguardia e la custodia della Tomba e delle due Lapidi [...] apposte sul muretto di cinta del cimitero di rovettiano (sic), là dove eroicamente caddero".Come si può constatare fin dall'atto costitutivo lo scopo dichiarato di questo

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comitato è l'apologia del fascismo e del collaborazionismo con i nazisti e la perpetuazione di tali "valori" tramite l'indottrinamento delle giovani generazioni. Queste ultime trovano nel raduno di Rovetta una "scuola" di formazione politica nazifascista ad opera dei militanti più anziani e più esperti. Ma chi sono questi militanti più "esperti"? Chi sono gli organizzatori del raduno? Per rispondere a queste domande di seguito riportiamo il profilo di alcune tra le figure più importanti dell'organizzazione del raduno di Rovetta e della propaganda fascista ad esso collegata.

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PADRE TAM, IL PRETE IN CAMICIA NERA

«E adesso per gli islamici / adesso arriva il bello / Rosario e manganello! / Rosario e manganello!». (Padre Tam)

Giulio Maria Tam ha 60 anni e tre nemici da combattere: i liberali, gli atei e gli islamici. Per farlo usa tutte le armi a sua disposizione: il rosario (la sua "mitragliatrice a 50 colpi"), l'immancabile preghiera a Dio e al Duce ed una fitta rete di contatti all'interno dell'estrema destra italiana. Contatti che lo hanno portato ad essere l'officiante di numerose messe alla cripta di Mussolini, oltre che l'immancabile ospite in tutti i raduni di nostalgici della Repubblica Sociale.

Valtellinese, già da giovane dirigente dell'MSI di Sondrio vedeva la Chiesa conciliare come una banda di mollaccioni senza spina dorsale. Va da sé che, quando lo Spirito Santo lo chiamò, lui avvertì la chiamata come un mussoliniano monito: «a noi!». E si andò a rinchiudere nel seminario di Ecône, in Svizzera, fondato dal vescovo Marcel Lefebvre. Presi i voti (scismatici) nel 1980, ha girato mezzo mondo come missionario dei cattolici ultra-tradizionalisti prima di essere scomunicato e sospeso "a divinis".È rimasto fedele alla sue idee anti-conciliari persino quando i lefebvriani si sono riavvicinati a Ratzinger, uscendo dalla comunità e conservando così scomunica e impossibilità di officiare messe e sacramenti.

Ciò non gli impedisce di presenziare comunque al raduno di Rovetta in funzione di "sacerdote", oltre che di cerimoniere della commemorazione. Sia a Rovetta che a Lovere Tam benedice fez e gagliardetti, officia la messa per

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i repubblichini e per "tutti i camerati", introduce la celebrazione con la formula "nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo e di Benito Mussolini" e si fa tranquillamente fotografare mentre sventola il tricolore nella versione di Salò oppure mentre fa un saluto romano.

Pratica quest'ultima purtroppo ben nota a Bergamo: il 28 Febbraio 2009 - all'inaugurazione della sede di Forza Nuova in città (partito per cui il prete è stato più volte candidato in varie tornate elettorali) - Padre Tam ha pensato bene di benedire con il braccio teso il corteo paramilitare dei neofascisti, che - armati di spranghe e bastoni - hanno sfilato per le vie della città tra i vari Boia chi molla e Sieg Heil.

Questo gesto lo ha reso ancora più benvoluto dai nostalgici che presenziano ai raduni nazifascisti per i quali, colui che porta la tonaca "come una camicia nera un po' più lunga" (come dice sempre lo stesso Tam), rappresenta il degno erede di quei preti fascisti che sostennero fino all'estremo i collaborazionisti repubblichini del nazismo tedesco. Estremisti e integralisti fino alla morte, fuoriusciti da una chiesa in cui non trovavano spazio, in quanto la loro idea di religione si fonde con uno stato - quello fascista - che la considerava come braccio spirituale del regime in grado di piegare le coscienze degli uomini (mentre ai corpi ci pensava il manganello).

Ed è in questo contesto che si ascrive la presenza di Tam a Rovetta: lungi dall'essere semplice ricordo e consolazione per i famigliari dei defunti, durante le sue funzioni religiose egli esprime piena adesione e rispetto per "chi non ha tradito", per coloro i quali "non si sono piegati scegliendo la democrazia".

Ma Padre Tam si spinge oltre: in più occasioni - e in particolare nella sua campagna elettorale a sindaco di Bologna nella lista di Forza Nuova - ha esternato il suo apprezzamento per il cardinale negazionista Richard Williamson, colui il quale ha negato la tragedia dell'olocausto ed ha messo in dubbio la stessa esistenza delle camere a gas.

Sarebbe troppo facile, come disse il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, non giudicare Padre Tam poiché chiaramente incapace di intendere e di volere.Facile e pericoloso perché, anche se nessuno nega la sua follia, egli è comunque

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Corona posta all'esterno del cimitero

Il cimitero come si presenta, fin dalle prime ore dell'alba, il giorno della commemorazione

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La partenza

Il corteo verso le lapidi. Aprono Padre Tam e l'immancabile bandiera della Tagliamento

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Alle lapidi

Verso le lapidi

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La "santa" messa

Ancora alle lapidi. Tra i presenti si notano il Dal Piaz e Fernando Caciolo, unico reduce della Tagliamento

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La lapide all'interno del cimitero

La "santa" messa

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Stelvio Dal Piaz premiato all'hotel "La Bussola"

La croce dei caduti

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in grado di raccogliere intorno a se i peggiori nostalgici del nazifascismo, infiammandoli con parole d'odio dall'alto della sua tonaca portata a segno di sfida della Chiesa.

Nel nome del padre, del figlio e di Benito Mussolini.

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Don Giulio Tam “benedice” a suo modo la folla di camerati

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FORZA NUOVA

Forza Nuova è un movimento politico italiano di estrema destra fondato nel 1997 da Roberto Fiore e Massimo Morsello. Fiore fu uno dei fondatori di Terza Posizione; venne condannato dalla magistratura italiana per il reato di associazione sovversiva e banda armata nel 1985. Cofondatore del movimento fu anche il cantautore Massimo Morsello, il quale sempre nel 1985 fu ritenuto membro dei NAR e venne condannato per i medesimi reati di Fiore.Il 22 Dicembre 2000 Andrea Insabato, simpatizzante di estrema destra, fece scoppiare una bomba nella sede de Il Manifesto. Egli venne ricollegato da alcuni giornalisti al partito di Fiore, ma il movimento smentì categoricamente l'appartenenza di Insabato al partito, salvo poi ritrovarselo sul palco dei raduni nazionali di Forza Nuova (come si vede nel documentario Nazirock di Claudio Lazzaro). La Corte di Cassazione, con sentenza n° 4938 del 10 Febbraio 2010, riconobbe - all'interno di un processo per diffamazione a danni di alcuni giornalisti - come Forza Nuova potesse essere tacciata di nazifascismo e xenofobia. Nel 2004 vennero arrestati a Bari vari militanti di Forza Nuova accusati di undici pestaggi compiuti con mazze, bastoni, bottiglie, catene e cric, danneggiamenti vari, minacce al docente dell'Università di Bari Luciano Canfora e intimidazioni al segretario dell'Arcigay di Bari, Michele Bellomo, portavoce del Gay Pride svoltosi a Bari nel Giugno 2003. Ai due degli arrestati venne anche contestata "l'incursione con tecnica e organizzazione da gruppo militare d'assalto" nella clinica Santa Maria di Bari, specializzata in ginecologia e ostetricia. Nelle sale di degenza del servizio di pianificazione famigliare due persone interruppero il servizio pubblico, insultarono il personale medico e paramedico e le donne ricoverate ed esibirono loro pubblicazioni di immagini raccapriccianti contro l'aborto. Nel 2007 l'intera sezione di Forza Nuova Rimini, compreso il segretario provinciale, venne arrestata con l'accusa di concorso in tentato incendio e tentato sequestro di persona. Nel Febbraio del 2008 Forza Nuova inaugurò la propria sede a Bergamo con un corteo paramilitare di neofascisti inquadrati in file compatte, armati di spranghe e bastoni e "benedetti" dal saluto romano di Padre Tam. Il Primo Maggio del 2008 a Verona venne ucciso a calci Nicola Tommasoli da quattro neofascisti per il semplice motivo di avere rifiutato di cedere loro una sigaretta. Uno degli assassini era stato candidato alle elezioni comunali dell'anno precedente nelle liste di Forza Nuova.

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Roberto Fiore e Massimo Morsello

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GIULIANO FIORANI, LO STORICO

Così Giuliano Fiorani - sulla pagina personale di un noto social network - descrive sé stesso:

"Fiorani abita a Lovere, in cima ad una vecchia casa di fronte al lago, e sotto il cielo profumo di acqua, colori forti pieni di speranza, quelli azzurri di un lago, bagnati non a caso, poi la via più trafficata, un vicolo che sembra ovattarti dal mondo, il contrasto è tutto lì, una vecchia scala, severa, dignitosa, che non finisce più e ti porta sul tetto del lago, in cima a un pezzo di mondo, in una casa piena zeppa di libri e documenti, moltissimi inediti, frammenti di storia unica raccolta da Giuliano Fiorani. Un archivio come ce ne sono pochi in giro. Giuliano oltre alla passione per la sua Principessa di Galles e per la storia ha anche una passione politica, ma l’ho tralasciata, perché qui la politica non c’entra e qualcuno l’ha sempre voluta fare c’entrare con lui. Lui che dovrebbe essere rivalutato, lui che ha un archivio storico pieno di rarità, qui a c’entrare sono documenti storici che chi si picca davvero di essere uno storico e magari dirige anche un Istituto di Storia nemmeno si immagina".

Queste poche righe descrivono perfettamente lo "storico" della R.S.I. Giuliano Fiorani. Mostrano sia la sua urgenza di scrivere che si spinge sino ai confini della grafomania, sia la frustrazione nel non veder riconosciuti i meriti per le sue ricerche storiche. Ricerche, queste, che lo hanno portato a scrivere numerosi libri sul periodo della Repubblica Sociale, stampati a proprie spese o appoggiandosi a case editrici "di genere", come la Ma.Ro., con sede a Pavia, specializzata unicamente in testi legati al fascismo. Oltre ai libri di Fiorani presso la Ma.Ro si possono recuperare anche i volumi del famigerato David Irving, lo storico inglese che negò l'esistenza dei campi di concentramento e

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l'Olocausto stesso. I libri di Fiorani inoltre sono distribuiti anche dalle Edizioni Ritter, casa editrice (come riporta il sito) " specializzata in Storia Militare, Fascismo e Nazionalsocialismo, Armi e Forze Speciali, Neofascismo, Ultras, Musica Alternativa ed Etnonazionalismo", il cui simbolo è palesemente preso dalla 17esima divisione delle SS.

All'interno dei locali dello Spazio Ritter di Milano Fiorani ha tenuto varie presentazioni dei suoi libri, segno dell'apprezzamento e dell'interesse che la maggiore casa editrice di stampo nazifascista presente in Italia riserva allo "storico" di Lovere. A Fiorani va un po' stretto il fatto di non riuscire ad essere apprezzato al di fuori della ristretta cerchia dei camerati. Egli pare che provi un senso di isolamento e frustrazione nel non vedere riconosciuto il valore di quello che considera il suo lavoro più importante: il recupero di documenti e testimonianze sui fatti di Rovetta, che lo portarono a scrivere - nel 2005 - un volume dal titolo "Rovetta 28 aprile 1945: una strage; perché?".Il testo può essere riassunto nella teoria secondo la quale dietro alle fucilazioni di Rovetta ci fosse la violenza insensata di efferati partigiani; nessun accenno nel libro a ciò che ha comportato per la popolazione della Bergamasca la presenza dei fascisti della Tagliamento (tra tutti l'incendio di paesi come Costa Volpino e Fonteno). Per comprendere come il Fiorani operi e come sia giunto alle sue tesi è interessante riportare la polemica tra la storica Grazia Spada, nipote di uno dei militi della Tagliamento fucilati a Rovetta e collaboratrice del Centro Studi e Documentazione sul periodo storico della R.S.I.- istituto fondato dalla regione Lombardia - e lo storico di Lovere. La contesa arriva sulle pagine del quindicinale della val Seriana "Araberara": la Spada accusa Fiorani di avere pubblicato sulle pagine della stessa rivista documenti che gli aveva passato

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Giuliano Fiorani

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dietro promessa di non renderli pubblici in quanto soggetti a verifica storica (dai documenti erano infatti stati rimossi i riferimenti alle fonti). In questa occasione si scoprì che Fiorani millantava di esserne venuto in possesso di tali documenti tramite una non meglio precisata "fonte inglese". Oltre alla menzogna su come fosse venuto in possesso di tali documenti, è importante sottolineare come Fiorani li pubblichi privi di fonti: un'aberrazione per qualunque storico degno di questo nome.Di fronte alle parole della Spada, Piero Bonicelli - della rivista "Araberara" - difende l'operato di Fiorani, rivendicando il suo ruolo e quello della rivista nell'avere portato all'attenzione del pubblico la vicenda di Rovetta sin dai primi anni '90, riconoscendo però che "Araberara" non è una rivista storica e non vuol fare concorrenza al lavoro degli storici di professione.Nonostante l'amatorialità dei lavori di Fiorani sia riconosciuta anche da parte di chi li ha divulgati, questi formano la base storica su cui poggia la commemorazione di Rovetta, permettendo una visione distorta del raduno: un pacifico evento di anziani reduci che vengono a portare il loro omaggio agli inermi ragazzi della Tagliamento trucidati dagli assassini partigiani.Si potrebbe obiettare che il lavoro di Fiorani sia stato prodotto in buonafede nonostante imprecisioni e parzialità, e che i nostalgici nazifascisti se ne siano impossessati strumentalizzandolo. Obiezione sensata, se non fosse che Fiorani non solo è membro del comitato organizzatore del raduno, ma è anche il rappresentante della cultura storica della R.S.I. per il comitato: una carica che sta ad indicare come i suoi lavori siano finalizzati all'apologia e al recupero dei "valori" della R.S.I..Il copione è assai noto: prendere singoli atti della Resistenza, decontestualizzarli, enfatizzarli ed utilizzarli per attaccare la Resistenza nel suo complesso e rivalutare il nazifascismo. Un cavallo di Troia che Fiorani ha costruito negli anni, magari in maniera rozza, ma a cui pochi si sono opposti, circondati dall'indifferenza e dal silenzio, se non da un'aperta ostilità.

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HOTEL "LA BUSSOLA"

L'hotel la Bussola di Clusone - sito in Via Brescia, 14 - ospita da molti anni gli appartenenti al comitato organizzatore e i convenuti al raduno di Rovetta, che utilizzano gli spazi messi a disposizione dall'albergo per pranzare convivialmente dopo il raduno. Al pranzo non si disdegnano stornelli fascisti, canti e saluti romani - tra la più assoluta indifferenza dei gestori - per riunirsi poi tutti quanti in assemblea e svolgere convegni sui "valori" del nazifascismo, attorniati dalle bandiere della R.S.I. poste sulle finestre dell'albergo. Un'ampia disponibilità quella data dai gestori dell'albergo ai nazifascisti del comitato, frutto di logiche commerciali (si sa che "pecunia non olet") o di connivenza e comunanza d'intenti con gli organizzatori stessi.

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Attimi di riflessione, dopo il pranzo, sui "valori" del Fascismo

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BRUNO DONEDA, IL PIU FASCISTA DEI FASCISTI

Bruno Doneda è uno degli organizzatori del raduno più tenaci e combattivi. La sua storia politica è stata sempre più a destra degli altri, persino dei suoi stessi camerati. Negli ultimi anni ha militato in Casapound, seguendo le tappe di questa associazione prima nella Fiamma Tricolore e poi ne La Destra di Storace: è anche la voce della radio web ad essa associata, "Radio Bandiera Nera".Il suo carattere litigioso e poco incline al compromesso lo ha portato a frequenti diverbi con i militanti di queste formazioni politiche relativamente "moderate" (le idee di Storace sono pari a quelle di un'educanda in confronto alle posizioni del Doneda). Ma quando la sua intransigenza si scontra pesantemente con i camerati di Casapound, ecco che nemmeno l'intervento diretto del capo romano dell'organizzazione, Gianluca Iannone, può sanare la frattura: Doneda esce da Casapound sbattendo la porta, portandosi dietro un altro militante, Rocco Lillo. Con quest'ultimo fonda nel 2010 l'associazione culturale Miles 2.11, riuscendo finalmente nell'intento di militare in un'organizzazione che possa rispecchiare a pieno le sue idee ultraradicali. È quindi naturale che questa associazione più a destra dell'estrema destra trovi una sponda nel Veneto Fronte Skinhead, l'associazione di naziskin del Triveneto, nota alle cronache per organizzare manifestazioni in solidarietà ad Eric Priebke e marce commemorative del gerarca nazista Rudolf Hess. L'ufficialità arriva nel 2011 quando l'associazione Miles 2.11 partecipa a "Ritorno a Camelot", il raduno annuale del Veneto Fronte Skinhead che si svolge annualmente in provincia di Treviso: in questo modo si ritaglia uno spazio nelle "associazioni d'area" collegate con i nazifascisti veneti.

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In terra bergamasca - nei primi mesi della sua attività - l'associazione organizza un paio di concerti in un locale di Treviglio, il New Talent Pub, dove suonano gruppi nazirock come i D.D.T o gli Skoll, per la gioia di un pubblico composto dai peggiori naziskin della Lombardia. A parte queste festicciole per naziskin, l'associazione ha come obiettivo primario la partecipazione all'organizzazione del raduno di Rovetta. L'importanza che il raduno riveste per Doneda e Lillo è reso evidente dallo stesso simbolo dell'associazione, che riprende la M rossa della Legione Tagliamento a cui appartenevano i repubblichini fucilati a Rovetta. Sia l'uno che l'altro appartengono al comitato promotore del raduno, di cui Doneda è anche socio fondatore. Va rimarcato il fatto che una persona come questa - la cui adesione alle idee fasciste è cosi fanatica da non fargli trovare spazio nemmeno nelle varie organizzazione politiche di estrema destra - veda nel raduno di Rovetta il culmine del suo agire politico. Questo perché, esulando dalla semplice commemorazione, il raduno di Rovetta rappresenta l'occasione per ribadire e rivendicare un fanatismo fascista che ha portato a commettere le peggiori atrocità andandone fieri, sentendosi nel giusto. Lo stesso fanatismo che porta Doneda e i suoi compari a commemorare gerarchi nazisti, e per questo a non trovare spazio in nessun luogo. A parte Rovetta.

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CASAPOUND ITALIA

CasaPound è un “centro sociale non conforme" di ispirazione fascista nato a Roma il 26 dicembre 2003 con l'occupazione di uno stabile nel rione Esquilino. Per estensione, il termine comprende l'intero movimento politico inserito nel panorama dei gruppi e movimenti dell'estrema destra italiana, che negli anni successivi si è diffuso nella capitale e sul territorio nazionale con ulteriori occupazioni, mobilitazioni e iniziative di vario genere. Nel Giugno 2008 ha assunto la forma associativa di promozione sociale con il nome di CasaPound Italia.Numerose sono le aggressioni che gruppi, partiti e associazioni di sinistra affermano di aver subito da esponenti di CasaPound. Il fondatore e presidente dell'Associazione Gianluca Iannone nel 2009 è stato condannato in primo grado a 4 anni per aggressione ai danni di un carabiniere in borghese durante una rissa avvenuta il 25 Aprile 2004. Il 3 Novembre 2011 Alberto Palladino, dirigente di CasaPound Italia del IV Municipio di Roma, viene arrestato per l'aggressione ad alcuni esponenti dei Giovani Democratici. Il 10 Dicembre 2011 il Tribunale del Riesame di Roma ne conferma l'ordinanza di custodia cautelare in carcere.Durante le proteste del 29 Ottobre 2008 contro la riforma Gelmini, i giovani del Blocco Studentesco (il movimento studentesco di CasaPound) parteciparono alle manifestazioni, divenendo protagonisti di scontri fra studenti a Piazza Navona. In seguito a questo episodio, nella notte del 4 Novembre i militanti di CasaPound fanno irruzione negli studi RAI di via Teulada, a Roma, per protestare contro il video trasmesso da Federica Sciarelli durante la trasmissione "Chi l'ha visto?" del giorno prima, che riprendeva i giovani di Blocco Studentesco aggredire studenti durante la manifestazione della settimana precedente.Per finire, Gianluca Casseri , l'artefice della strage di Firenze del 13 Dicembre 201 - in cui persero la vita due ambulanti senegalesi e altri due rimasero gravemene feriti - era un simpatizzante di CasaPound Italia, frequentatore della sezione di Prato, presente in numerose manifestazione del movimento neofascista, oltre ad aver pubblicato vari articoli per il sito Ideodromo, riferimento politico-culturale del movimento CasaPound.

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STELVIO DAL PIAZ, IL PROFESSORE

Stelvio dal Piaz è considerato un'autorità dai nostalgici del fascismo che si radunano nelle varie commemorazioni in giro per l'Italia.82 anni, originario di Arezzo, è tra i soci fondatori della "Fondazione della RSI - Istituto storico", una delle tante associazioni di "storici" revisionisti. L'associazione stampa in proprio la rivista "Acta", composta esclusivamente da articoli di carattere militare sulla RSI. "Acta" conta poche decine di abbonati, circolando unicamente all'interno dei raduni di commemorazione o nelle conferenze promosse dalla fondazione: una distribuzione ristretta dunque, per affezionati, con pochi appuntamenti rilevanti a livello nazionale. Uno di questi è purtroppo il raduno di Rovetta.Pur non ricoprendo cariche ufficiali, il prof. Dal Piaz è tenuto in grande considerazione dai membri del comitato organizzatore, tanto da averlo insignito del Premio Alto Morale della Comunità Ideale, anche per merito del suo passato repubblichino. Durante la guerra il Dal Piaz fu infatti inquadrato nelle Fiamme Bianche, i battaglioni combattenti della Repubblica Sociale - composti esclusivamente da adolescenti - poi smistate nelle varie Brigate Nere. In tempi più recenti lo troviamo tra i primi tesserati del Fronte Sociale Nazionale, partito politico di estrema destra fondato nel 1997, dove è tra i più attivi animatori della corrente nominata prima "Sinistra Nazionale" e successivamente "Socialismo Nazionale" (scambiando l'ordine della parole si recupera Nazionalsocialismo, cioè nazismo, di certo una "casualità"). La partecipazione del Fronte Sociale Nazionale al cartello elettorale di estrema destra di Alternativa Sociale, l'alleanza con la Casa delle Libertà e contrasti di natura politica e organizzativa portano Stelvio Dal Piaz e altri militanti ad uscire dal

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movimento e a dar vita alle Comunità di Socialismo Nazionale. Nel 2011 viene formalizzata la costituzione del partito Unione Socialismo Nazionale - Raggruppamento Sociale Italiano (guarda caso R.S.I.); all'interno di questo partito Dal Piaz non è solo uno dei fondatori e dei più attivi militanti, ma anche l'ideologo in grado di dettare la linea politica.

Tanto per far capire che linee politiche il prof. Dal Piaz può fornire ai suoi colleghi di partito, si può considerare la sua visione storica sulla seconda guerra mondiale: egli teorizza tale conflitto come una guerra civile europea, cioè una lotta tra nazismo e forze antinaziste, considerate come forze opposte ma di pari dignità, accettando quindi come politicamente giustificabili gli orrori dell'olocausto e dell'autoritarismo. Adattandola al contesto di Rovetta, questa concezione della storia lo porta ad essere uno dei più strenui divulgatori della teoria secondo la quale la fucilazione dei militi repubblichini si inserisce in un "progetto criminale" volto alla cancellazione di chiunque non volesse rinunciare agli ideali fascisti, in una sorta di "pulizia etnica" effettuata dagli antifascisti. Idee evidentemente sconnesse dai fatti storici, appartenenti a una persona che ha fatto del nazifascismo la sua unica ragione di vita, con una coerenza al limite dell'integralismo, sia da adolescente che ora da ultraottantenne. È un affermazione forte quella facciamo in queste righe; ma come altro si può definire colui che, al cimitero del Verano, nel settembre 2011, pronunciava le seguenti parole: «Martiri fascisti» come i «martiri cristiani», anzi «superiori ai martiri cristiani», perché «hanno sacrificato le proprie vite non per la promessa del Paradiso, ma per difendere la Patria e l’idea, quindi senza aspirare ad alcun premio».

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Stelvio Dal Piaz, al cimitero del Verano (Roma)

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ALESSANDRO VAILATI, IL FEDERALE

Alessandro Vailati riveste un ruolo di primo piano nell'estrema destra orobica. Egli è stato negli anni organizzatore e dirigente di molte formazioni neofasciste: segretario di Forza Nuova Bergamo, poi responsabile di Alternativa Sociale e infine federale orobico della Fiamma Tricolore. Solo nell'ultimo periodo non è organico a qualche partito di estrema destra, ma ciò sembra dovuto solo al fatto che i partiti di riferimento del neofascismo italiano stanno compiendo un percorso di trasformazione e ricollocamento in quella sfera politica che i camerati definiscono "area".Nonostante tutti questi cambi di partito possano far pensare che Vailati sia il classico voltagabbana facilmente propenso a cambiare casacca, la fiducia e il rispetto che i neofascisti bergamaschi ripongono in lui restano immutati negli anni, tant'è vero che il comitato organizzatore del raduno di Rovetta - di cui Vailati è socio fondatore - ha sede proprio nella sua abitazione di Bergamo.Questo si spiega col fatto che in realtà i cambi di partito del Vailati sono coincisi con i momenti in cui le formazioni di cui faceva parte compivano una svolta "moderata", isolando od espellendo le correnti e gli elementi più radicali. Tra questi ultimi, appunto, il Vailati, che ha sempre preferito mantenersi fedele all'area più radicale dell'estrema destra, circondandosi spesso di elementi impresentabili anche per i partiti di cui ha fatto parte.Nel 2004 - ad esempio - Vailati è il responsabile provinciale per il cartello elettorale denominato Alternativa Sociale che riunisce Forza Nuova, il Fronte Sociale Nazionale e successivamente la Fiamma Tricolore, tutti unificati dal nome di Mussolini, quello ovviamente della nipote Alessandra. Nell'Aprile dello stesso anno in centro città a Bergamo viene fatto un banchetto di propaganda del movimento. Vi partecipa lo stesso Vailati, presenza meno ovvia è però

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quella del gruppo naziskin Skinheads Berghem, chiamati dal Vailati a fare servizio d'ordine al presidio. I naziskin dell'ormai disciolto gruppo Skinheads Berghem sono criminali dal coltello facile, che a cavallo tra il 2003 e il 2005 si sono resi responsabili di agguati a militanti di sinistra o a semplici ragazzi colpevoli di avere un abbigliamento poco consono ai gusti dei naziskin orobici. Sono inoltre sospettati di vari incendi dolosi ai danni di centri sociali della Lombardia: gli agguati comportarono gravi feriti e solo per casi fortuiti in più di un'occasione non ci scappò il morto. Per queste vicende alcuni componenti del gruppo nel 2005 finirono sotto processo; le vicende giudiziarie portarono il gruppo allo scioglimento.Ritornando a Vailati, la cosa preoccupante non è solamente il fatto che abbia chiamato personaggi come gli Skinheads Berghem in suo aiuto, ma piuttosto che questi ultimi abbiano risposto alla sua chiamata: chi conosce l'ambiente dei naziskin, sa che difficilmente questi ultimi si occupano di politica di palazzo, anche nell'ambito ristretto dei piccoli partiti di estrema destra: è quindi per una questione di rispetto personale nei confronti di Vailati e della sua storia che i naziskin hanno messo le proprie braccia (e i loro coltelli) al suo servizio. I continui esodi di Alessandro Vailati dai partiti della galassia radicale di estrema destra trovano comunque un punto fermo: di qualsiasi partito facesse parte è sempre stato tra gli organizzatori più impegnati nel raduno di Rovetta e di fatto troviamo alcuni elementi superstiti degli Skinheads Berghem anche alla commemorazione, a fare i saluti romani tra i "tranquilli nonnetti" della R.S.I., come qualche politico locale ha definito i reduci.Questo è il segnale di come il questo raduno abbia assunto negli anni il ruolo di unificatore dell'area dell'estrema destra a Bergamo e non solo: in quella domenica di fine Maggio le divisioni si stemperano e i camerati si ritrovano sotto un unica bandiera, quella dei collaborazionisti dei nazisti tedeschi della R.S.I., con il federale Vailati a fare da cerimoniere.

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FIAMMA TRICOLORE

Il Movimento Sociale-Fiamma Tricolore, o più semplicemente Fiamma Tricolore, è un partito politico della destra radicale italiana fondato il 3 Marzo 1995 - sotto la guida di Pino Rauti - dai missini che si erano più strenuamente opposti allo scioglimento del Movimento Sociale Italiano in Alleanza Nazionale. In quell'occasione Rauti rivendica la piena adesione al Fascismo sua e del neonato partito: "Fini ha semplicemente ammesso pubblicamente quello che noi abbiamo sempre sostenuto, e cioè che il "fascismo di destra" non è fascismo, e non lo è mai stato".Dal 2002 fino ad oggi il segretario di Fiamma Tricolore è Luca Romagnoli, colui che il 23 Febbraio 2006, intervistato da Corrado Formigli per Sky Tg24, afferma "Se le camere a gas sono mai esistite? Francamente non ho nessun mezzo per poter affermare o negare". Il 29 Maggio 2010 è stata formalizzata a Vicenza una corrente portata avanti da Piero Puschiavo, già portavoce del Veneto Fronte Skinheads, denominata "Progetto Nazionale", presente prevalentemente in Veneto.

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Vailati, al centro, con altri camerati

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GIANNI REBAUDENGO, IL REDUCE

Gianni Rebaudengo è nato il 3 Novembre 1928. A 16 anni si arruola nel Battaglione Volontari Bersaglieri “Goffredo Mameli” della RSI. Viene catturato dalle forze alleate nel Dicembre 1944 nei pressi della “Linea Gotica”. Prigioniero degli Inglesi nel Campo 211 di Algeri, rimpatria nell’Aprile del 1946. Attualmente svolge attività giornalistica in qualità di free-lancer ed è molto attivo nelle associazioni di reduci della Repubblica Sociale. Questo genere di associazioni nasce subito dopo la fine della seconda Guerra Mondiale, parallelamente al Movimento Sociale Italiano (MSI), partito che raccoglie l'eredità rimasta del regime fascista. La più importante è la Federazione Nazionale Combattenti Repubblicani (FNCR), presieduta inizialmente dal maresciallo Rodolfo Graziani, colui che impiegò il gas Iprite contro la popolazione Etiope e represse duramente le sollevazioni in Libia, deportando centinaia di migliaia di civili. Alla sua morte, nel 1955 gli succede alla presidenza del FNCR il principe Junio Valerio Borghese, comandante della famigerata X-Mas.La FNCR era allora strettamente collegata al MSI, dato che la quasi totalità dei suoi membri possedeva la tessera del Movimento Sociale quando non ricopriva ruoli dirigenziali nel partito (lo stesso Graziani ne era presidente onorario). Le diatribe politiche interne al partito neofascista finivano inevitabilmente per spostarsi all'interno dell'associazione stessa: lo scontro tra "radicali" e "moderati" - con questi ultimi impegnati a inserire il partito nell'ordinamento democratico epurandolo da spinte nostalgiche - generò numerose fratture in seno all'associazione dei reduci.Una di queste portò nel 1962 alla nascita dell'Unione Nazionale Combattenti

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della Repubblica Sociale Italiana (UNCRSI), che si distaccò dal FNCR ufficialmente per mantenere l'indipendenza dei suoi membri dalla politica dei partiti, in realtà per appoggiare l'MSI contrastato dai restanti membri del FNCR. Un appoggio che sopravviverà al congresso di Fiuggi e alla trasformazione dell'MSI in Alleanza Nazionale, con l'UNCRSI strettamente legato agli uomini di AN.Tutto cambia quando Gianfranco Fini nel 2003 compie un viaggio istituzionale in Israele, dove, di fronte al presidente israeliano Sharon, dichiara che il "fascismo è il male assoluto". Un'affermazione che provoca la vibrante protesta del presidente dell'UNCRSI Umberto Scaroni che evidentemente, non considerando il fascismo un male da combattere, sceglie di abbandonare l'UNCRSI per fondare il Raggruppamento Nazionale Combattenti e Reduci R.S.I. Continuità Ideale (RNCR-RSI), di cui rimane presidente fino alla morte, avvenuta nel 2008: ed è proprio con la morte di Scaroni che Rebaudengo diviene presidente del RNCR-RSI, carica che tuttora mantiene. Sotto la sua presidenza le posizioni radicali che hanno portato alla nascita di questa associazione reducistica vengono sempre più estremizzate. Ecco ad esempio un estratto di una sua lettera, in merito alla data dell'8 Settembre 1943, giorno dell'armistizio con le forze alleate:

"8 Settembre 1943: data del tradimento e dell’ignominia che soltanto il ritorno al combattimento dei soldati della RSI è riuscito in parte a riscattare di fronte al mondo [...] In quei giorni del Settembre 1943, fui chiamato ad una scelta. Non me ne sono mai pentito. Anzi, quella scelta segna nella mia vita il punto culminante, del quale vado più fiero. [...] Agli esegeti di una criminale capitolazione apportatrice dello sfacelo nazionale, affidiamo lo squallido privilegio di essere servi, oggi come ieri."

Ma Rebaudengo non si limita ad esporre tali idee: il suo operato è guidato dalla "Continuità Ideale" che anima la sua associazione fin dalla stessa denominazione. Con tale formula si intende il desiderio da parte di chi ha combattuto nelle file della Repubblica Sociale di forgiare le nuove generazioni, inculcandovi le idee e i valori che hanno animato chi ha scelto di sottostare fino all'ultimo agli ordini dei nazisti tedeschi. Si capisce quindi come sia importante per Rebaudengo e i suoi associati il raduno di Rovetta: contraddicendo palesemente la concezione del raduno promossa pubblicamente in questi anni - quella cioè di pochi anziani stretti nel ricordo degli amici defunti - la lapide al cimitero è divenuta meta del pellegrinaggio formativo di nuove generazioni di

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fascisti. Nel rispetto della continuità ideale con il nazifascismo.

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VENETO FRONTE SKINHEAD

Il Veneto Fronte Skinheads (VFS) è un'organizzazione politica di estrema destra, fondata nel 1986 da Piero Puschiavo. Nel 1990, insieme ai naziskin di Azione Skinhead di Milano e ai camerati di Base Autonoma di Roma, costituiscono con atto notarile l''associazione Skinhead d'Italia. Militanti del network, in particolare quelli di Movimento Politico, si rendono responsabili di atti di violenza xenofoba, tra cui l'assalto ad un ostello per immigrati a Roma, mentre gli aderenti veneti e milanesi vengono coinvolti in risse, pestaggi ed assalti. Nel Febbraio 1992, a Roma viene organizzata una manifestazione nella quale i naziskin sfilano con il braccio teso e svastiche ben visibili sui bombers. Sempre a Roma Movimento Politico si rende protagonista dell'affissione di stelle gialle sugli esercizi di commercianti di origine ebraica. In seguito all'allarme causato dal dilagare del fenomeno, le autorità politiche ed istituzionali iniziarono a proibire le loro manifestazioni. Nel Dicembre 1992 venne approvata la cosiddetta Legge Mancino che introdusse una nuova figura di reato connessa alla discriminazione razziale. Nel Maggio 1993, attraverso l'Operazione Runa, si operò per mettere fine alla galassia organizzata dei naziskin italiani: quasi tutti i gruppi che ne facevano parte e l'intera Base Autonoma vennero messi fuori legge, ad eccezione del Veneto Fronte Skinhead, mentre altri gruppi cambiarono nome per sfuggire alla legge. Il bilancio fu comunque di numerosi arresti: nell'Ottobre del 1994 il Presidente dell'Associazione Culturale Veneto Fronte Skinheads fu arrestato insieme ad altri sette militanti - tra cui due membri del gruppo musicale Gesta Bellica - con l'accusa di istigazione all'odio razziale da parte della Magistratura di Verona; nel 1995 la Magistratura di Roma indagò il Presidente del Veneto Fronte Skinheads per apologia di genocidio. Negli ultimi anni il VFS ha collaborato con i neonazisti tedeschi dell'NPD, organizzando marce commemorative per onorare Rudolf Hess - a lungo vice di Hitler e numero tre del regime nazionalsocialista durante la seconda guerra mondiale - e presidi per chiedere la libertà di Eric Priebke, il boia delle Fosse Ardeatine.

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CONCLUSIONI

Questo dossier nasce dall'esigenza di rompere la coltre di indifferenza e disinformazione che circonda il raduno di Rovetta.In queste poche pagine si è tentato di dare una descrizione il più possibile fedele ed oggettiva di cosa succeda realmente a Rovetta ogni ultima domenica di Maggio da più di vent'anni.Abbiamo già detto come il raduno sia molto di più di una semplice commemorazione, ma peccheremmo di superficialità se ci fermassimo unicamente alla sua descrizione come di una "semplice" parata di apologi del nazifascismo. Il raduno di Rovetta è un laboratorio politico, una scuola di formazione delle nuove generazioni: i vecchi repubblichini vedono nei giovani camerati coloro che possono raccogliere la bandiera della R.S.I. e portare avanti i "valori" che li hanno animati mentre collaboravano con i nazisti tedeschi.Per fare questo in tutta tranquillità hanno bisogno di nascondere la vera natura della commemorazione: negli anni sono stati in grado di far passare la versione secondo cui il raduno non sarebbe altro che una pacifica riunione di anziani signori venuti a ricordare i propri amici caduti in guerra.La diffusione di questa visione distorta è stata aiutata anche dal fatto che le istituzioni preposte ad intervenire sia politicamente che penalmente di fronte ad una palese apologia di fascismo hanno preferito lasciare correre, considerando il raduno come il "minore dei mali". Una contrapposizione, secondo loro, avrebbe portato più problemi che altro.È anche grazie a questo atteggiamento che negli ultimi anni al raduno di Rovetta partecipano sempre più persone, e sempre più giovani. In

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contemporanea con la falsificazione della vera natura del raduno viene propagandata una memoria distorta dei fatti di Rovetta: la fucilazione dei repubblichini non è più un atto di guerra, ma una vendetta sanguinosa e barbara operata da feroci partigiani a guerra finita. Anche quest'opera di disinformazione è strumentale ad ottenere agibilità politica per il raduno. Agibilità politica data a revisionisti, storici autoproclamatasi tali da case editrici e mezzi di informazione e politici compiacenti, che ha permesso di far sedimentare la distorsione della memoria fino a farla diventare vulgata corrente.Il successo di questa campagna di disinformazione è dovuto al fatto che essa è inserita in una più vasta opera revisionista tesa ad attaccare la Resistenza mettendone in primo piano singoli fatti decontestualizzati, perdendone l'impianto complessivo: una popolazione che si è ribellata alla dittatura e di cui si celebrano le gesta ogni 25 Aprile, viene ridotta a pochi manipoli di banditi sanguinari.Grazie alla distorsione della verità storica gli organizzatori del raduno di Rovetta hanno potuto agire indisturbati e far inserire il paese della Valle Seriana nell'elenco dei luoghi di rilevanza nazionale per i nazifascisti.Le pagine che ora avete letto hanno lo scopo di servire da stimolo affinché il raduno di Rovetta non sia più l'occasione perché si faccia apologia e propaganda del nazifascismo. Se da queste pagine nascerà una mobilitazione in grado di impedire che ciò avvenga, sarà il segnale che si è pronti a rispondere alle spinte autoritarie che in questo periodo di crisi economica iniziano a fare capolino in Europa, dall'Ungheria alla Francia, passando per la Germania e l'Inghilterra, fino ai singoli atti di terrorismo eversivo di stampo nazionalista, come gli attentati e l'omicidio di massa ad opera di Breivik in Norvegia.

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BIBLIOGRAFIA

Atti del processo contro la Legione TagliamentoAtti del processo sui Fatti di RovettaAtti del processo sui rastrellamenti del GrappaMemorie personali dell'archivio di Bepi LanfranchiInterviste ai protagonisti depositate presso l'IsrecMateriale fotografico depositato presso l'IsrecFondi Isrec

Angelo Bendotti, Giuliana Bertacchi, Il difficile cammino della giustizia e della libertà: l'esperienza azionista nella resistenza bergamasca. Bergamo, Il filo di Arianna, 1983Angelo Bendotti, Bibliografia della Resistenza bergamasca. Bergamo, Amministrazione Provinciale, 1991Angelo Bendotti, I giorni alti. Bergamo, Il filo di Arianna, 2011Angelo Bendotti e Elisabetta Ruffini, Gli ultimi fuochi: 28 Aprile 1945 a Rovetta. Bergamo, Il Filo di Arianna, 2008Anpi Alzano, Il partigiano Giorgio Paglia. Fumagalli Editore, 1998Anpi Lovere, Immagini e racconti della 53° Brigata Garibaldi “Tredici Martiri di Lovere”, a cura di Grazia Milesi. Costa Volpino, Crea Grafica Edizioni, 2004. Giuseppe Brighenti, Il partigiano Bibi. Bergamo, Walk Over, 1983Matteo Alborghetti, La 53a Brigata Garibaldi "Tredici martiri". Costa Volpino, Tipografia Restelli, 2006Natale Verdina e Clara Bosco Verdina, La Resistenza del loverese (documenti, testimonianze e studi). Lovere, Comitato per le celebrazioni del XXX della

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Resistenza, 1975Nazareno Marinoni, La terrazza sul cortile: i fatti di Rovetta del 28 Aprile 1945 nei ricordi di un bambino. Bergamo, Il filo di Arianna, 2005Sonia Residori, Il massacro del Grappa. Sommacampagna, Cierre Edizioni, 2007Stefano Pedrocchi, Erano giorni di ferro e di fuoco. Clusone, Ferrari Editrice, 2003

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NOTE

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