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San Martino del Carso - pensierimania.files.wordpress.com · poesia si subisce un impatto molto...

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Page 1: San Martino del Carso - pensierimania.files.wordpress.com · poesia si subisce un impatto molto forte e diretto. L’autore sembra voler tra-smettere le proprie sensazioni attraverso
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Due

A quale reggimento appartenete, fratelli? Questa

parola trema nella notte come una foglia appena

nata in un’aria spasimante, come l’involontaria

rivolta dell’uomo consapevole della propria fragili-

tà: fratelli.

Di che reggimento siete

fratelli?

Parola tremante

Nella notte

Foglia appena nata

Nell’aria spasimante

Involontaria rivolta

Dell’uomo presente alla sua

Fragilità

Fratelli

San Martino del Carso, G. Ungaretti

Analisi linguistica

Analisi metrica

La poesia si compone unicamente di versi liberi.

Possiamo notare la presenza di un solo verbo: “siete”. Questo fa sì che l’intera poe-sia sia incentrata sull’uso di aggettivi e sostantivi che lo completano.

Analisi linguistica

Alla lettura di questa poesia si subisce un impatto molto forte e diretto. L’autore sembra voler tra-smettere le proprie sensazioni attraverso l’uso delle single pa-role. La parola “fratelli” nel secondo e nel decimo ver-

so,sta quasi a delimi-tare l’inizio e la fine della poesia, come se l’autore si affidasse totalmente a lei. Allo stesso modo, la parola “fragilità” viene isolata dal resto della pesia reggendo quindi tutto il peso dei versi prece-denti. Notiamo anche che le due parole sim-bolo della poesia sono legate dalla consonan-te “f” e poste l’una molto vicina all’altra.

Commento

Fratelli. Ci colpisce come, in un ambito tanto atroce come la Guerra, il poeta rie-sca a trovare un ter-mine così significati-vo e armonico. Quasi paradossale il fatto che ungaretti riesca a pore sullo stesso pia-no soldati di due schieramenti oppo-sti, nonostante abbia vissuto al Guerra in prima persona. Ep-

Parafrasi

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Tre

pure ancor prima di conoscere il reggi-mento degli uomini a cui pone la domanda, li definisce fratelli. Forse perchè, per quanto ci si possa sentire soli con un fucile in mano, da-vanti a uomini caduti, a sentire costante-mente rumori che dovrebbero incutere terrore ma a cui or-mai non si fa più caso, al centro di tutto c’è

sempre un’interazio-ne umana.

Sentimenti diversi si contrappongono nella mente del soldato ma prevale la paura; pau-ra della morte, paura di non poter rivedere le persone care,paura della sofferenza stes-sa… ma la paura peg-giore è quella di mo-rire per mano del proprio fratello.

denza, la guerra lo

porta infatti a sentir il

bisogno di scrivere e

documentare in poe-

sia, quanto i conflitti

mondiali possano in-

fierire e cambiare ogni

individuo che li vive

nel profondo.

Biografia dell’autore

giovane poeta si trovò

immerso nel mondo

delle prime avanguar-

die novecentesche e

dei grandi temi del

Simbolismo.

Partecipò alla prima

guerra mondiale, com-

battendo in Italia e in

Francia. È proprio in

quel periodo che Un-

garetti si trova a con-

tatto con una realtà

ben diversa da quella

in cui viveva in prece-

U ngaretti

nacque ad

Alessandria d'Egitto

l'8 febbraio 1888 e mo-

rì a Milano l’1 giugno

1970.

Di famiglia toscana,

dopo aver trascorso in

Egitto l'infanzia e l'a-

dolescenza, nel 1912 si

trasferì a Parigi e lì si

laureò alla Sorbona.

In quegli anni Parigi

era in fermento e il

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Quattro

E come potevamo scrivere poesie con la domina-

zione straniera che pesava sul nostro animo, fra i

morti lasciati nelle piazze sopra all’erba divenuta

dura per via del ghiaccio, all’udir dei lamenti, in-

nocenti come quelli degli agnelli, dei fanciulli, o il

grido macabro della madre che andava incontro al

figlio, crocifisso sul palo del telegrafo? Sui rami dei

salici erano appese come voto anche le nostre ce-

tre — la nostra voce poetica — che oscillavano al

vento, portatore di malinconia.

E come potevamo noi cantare

con il piede straniero sopra il cuore,

fra i morti abbandonati nelle piazze

sull’erba dura di ghiaccio, al lamento

d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero

della madre che andava incontro al figlio

crocifisso sul palo del telegrafo?

Alle fronde dei salici, per voto,

anche le nostre cetre erano appese,

oscillavano lievi al triste vento.

Alle Fronde dei Salici, S. Quasimodo

Analisi linguistica

I niziando il primo

verso con la con-

giunzione “e”, sembra

che il poeta risponda a

una domanda, o voglia

rispondere a qualcuno

che gli chiede il motivo

del suo silenzio. Con il

pronome di prima per-

sona plurale “noi”, l’au-

tore si individua all’in-

terno di una comunità

di poeti e la difende: un

atteggiamento di aper-

tura nei confronti della

collettività.

“Cantare” è metafora

dello scrivere poesie,

che dà un senso di posi-

tività all’azione del com-

porre e si contrappone

quindi allo scenario de-

scritto in seguito. Con la

metafora del piede

straniero sopra il cuore,

che rappresenta l’op-

pressione straniera, il

poeta vuole porre l’at-

tenzione sul peso che

questa dominazione ha

sull’animo degli italiani.

Utilizzando la metafora

dell’erba dura per via

del ghiaccio, l’autore

rende la natura parteci-

pe di quell’irrigidi-

mento, della austerità

che la guerra ha por-

tato nell’animo dei

cittadini. Il lamento

dei fanciulli simile a

quello “d’agnello” sta-

bilisce un’analogia fra

i bambini e gli agnelli,

entrambi innocenti e

ingenui. La sineste-

sia “urlo nero” dà una

sfumatura di macabro

e di strazio alla rea-

zione della madre nel

vedere suo figlio mor-

to.

Vengono collegate

due diverse epoche

storiche attraverso le

parole sottolineate :

gli elementi del giova-

ne crocifisso e della

madre del giovane

riconducono al Cri-

stianesimo, e quindi a

tempi antichi, mentre

il palo del telegrafo è

Parafrasi

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Cinque

Acque e terre, Firenze, sulla rivista Solaria, 1930.

Oboe sommerso, Genova, sulla rivista Circoli, 1932.

Odore di eucalyptus ed altri versi, Firenze, Antico Fattore, 1933.

Erato e Apòllìon, Milano, Scheiwiller, 1936.

Poesie, Milano, Primi Piani, 1938.

Ed è subito sera, Milano-Verona, A. Mondadori, 1942.

Giorno dopo giorno, Milano, A. Mondadori, 1947.

La vita non è sogno, Milano, A. Mondadori, 1949.

Il falso e vero verde, Milano, Schwarz, 1956.

La terra impareggiabile, Milano, A. Mondadori, 1958.

Dare e avere. 1959-1965, Milano, A. Mondadori, 1966.

S alvatore Quasi-

modo (Modica,

20 agosto 1901 – Napoli,

14 giugno 1968) è stato

un poeta italiano, espo-

nente di rilievo dell’er-

metismo. Nella città

dello Stretto Quasimo-

do compì gli studi fino

al conseguimento nel

1919 del diploma presso

l'Istituto Tecnico "A. M.

Jaci", sezione fisico-

matematica. Acque e

terre, la prima opera di

Quasimodo, uscì nel

1930.

un oggetto appartenen-

te alla modernità; que-

sto nesso logico-

temporale stabilisce un

forte legame fra epoche

storiche molto diverse e

trasmette al lettore un’i-

dea di continuità della

guerra, a voler dire che

anche nel suo tempo ci

sono persone che soffro-

no a tal punto da ricor-

dare la Vergine Maria e

il Gesù Cristo.

La metafora delle cetre

e dei salici, che rappre-

sentano la voce poetica

che tace di fronte all’or-

rore della guerra, è da

ricollegarsi ad un passo

biblico: nel Salmo 136 si

racconta come gli ebrei

si rifiutarono di cantare

le lodi a Dio in terra

straniera durante la

cattività babilonese

appendendo le proprie

cetre ai salici, alberi

tradizionalmente asso-

ciati al pianto e al dolo-

re. Oltre a collegare due

diverse epoche storiche,

questa metafora colpi-

sce il lettore di quel

tempo, poiché la Bibbia

era studiata e letta da

gran parte della popola-

zione: leggendo questi

versi si comprende su-

bito il dolore di cui par-

la l’autore, poiché torna

in mente la storia della

Bibbia.

Inoltre sono presenti

numerose Allitterazioni

(R ed L), una Personifi-

cazione e numerosi

Biografia

dell’autore

Opere dell’autore

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Sei

Del paese di San Martino sono rimaste solo le ma-

cerie delle case di tante persone con le quali avevo

un legame. Non è rimasta neppure una maceria,

ma dentro di me il ricordo di quelle persone è in-

delebile, nonostante la distruzione della guerra. Il

mio cuore è il luogo più sconvolto dagli orrori di

questo conflitto.

Di queste case

Non è rimasto

Che qualche

Brandello di muro

Di tanti

Che mi corrispondevano

Non è rimasto

Neppure tanto

Ma nel cuore

Nessuna croce manca

E’ il mio cuore

Il paese più straziato

San Martino del Carso, G. Ungaretti

Analisi linguistica

Q uattro strofe di

versi liberi, di

cui gli ultimi due sono

endecasillabi spezzati.

Una serie di antitesi

contribuiscono all’effi-

cacia emotiva della

poesia: i brandelli dei

muri e i resti dei com-

pagni (non è rimasto

neppure tanto); i tanti

amici e il neppure tan-

to; il cuore fitto di cro-

ci, come un cimitero,

contribuisce alla deso-

lazione del paesaggio.

La punteggiatura è as-

sente.

A n a l i s i d e l c o n -

t e n u t o

San Martino del Carso

è una poesia senza

dubbio struggente, dal-

la quale si percepisce,

anche attraverso l’uso

frequente di enjambe-

ments e frasi spezzate,

la sensazione di logora-

mento trasmessa dal

poeta, come fosse affan-

nato e ormai stanco di

tutto ciò che ha dovuto

vedere e vivere in prima

persona, da soldato du-

rante la grande guerra.

Il tempo è passato velo-

cemente e soltanto alla

fine del conflitto mon-

diale percepisce la man-

canza e il vuoto che ha

nel cuore per la caduta

in battaglia di molti dei

suoi amici, straziati,

come i muri che le bom-

be hanno ridotto a bran-

delli.

Il poeta sente nel pro-

prio cuore di aver perso

molto: persone e luoghi

cari, rappresentati, co-

me in un cimitero, dal-

la presenza di croci.

Questa poesia tratta di

ciò che resta nel ricor-

do di chi ha combattu-

to in un conflitto: un

dolore indelebile, una

ferita inguaribile e tre-

menda, che brucia spe-

ranze e progetti, poiché

nulla è più desolante

della guerra.

F i g u r e r e t o r i c h e -

l e g e n d a

Metafora, Sineddoche,

Analogia, Anafora, Epi-

fora, Allitterazione.

Costante allitterazione della

“n” nel corso di tutta la poesia.

PARALLELISMI

CHIASMO

ANTITESI

Costante allitterazione della

“n” nel corso di tutta la poesia.

Parafrasi

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Sette

Campi semantici

Morte/rovina: Brandello;

croce; straziato.

Ricordo: Case; tanti che mi

corrispondevano; cuore; paese.

Sono frequenti le

espressioni negative:

Non è rimasto; nessuna; neppu-

re; manca.

A n a l i s i d e l c o n -

t e n u t o

San Martino del Carso è

una poesia senza dub-

bio struggente, dalla

quale si percepisce, an-

che attraverso l’uso fre-

quente di enjambe-

ments e frasi spezzate,

la sensazione di logora-

mento trasmessa dal

poeta, come fosse affan-

nato e ormai stanco di

tutto ciò che ha dovuto

vedere e vivere in prima

persona, da soldato du-

rante la grande guerra.

Il tempo è passato velo-

cemente e soltanto alla

fine del conflitto mon-

diale percepisce la man-

canza e il vuoto che ha

nel cuore per la caduta

in battaglia di molti dei

suoi amici, straziati,

come i muri che le

bombe hanno ridotto a

brandelli.

Il poeta sente nel pro-

prio cuore di aver perso

molto: persone e luoghi

cari, rappresentati, co-

me in un cimitero, dalla

presenza di croci.

Questa poesia tratta di

ciò che resta nel ricordo

di chi ha combattuto in

un conflitto: un dolore

indelebile, una ferita

inguaribile e tremenda,

che brucia speranze e

progetti, poiché nulla è

più desolante della

guerra.

Questa poesia, scritta

nel 1916, è una delle

liriche di Giuseppe Un-

garetti contenuta in

L'Allegria, la sua prima

raccolta in versi.

Prende il nome dall'o-

monima località situata

nel comune di Sagrado,

dove venne composta

per la prima volta.

Natale, Napoli, 26 dicembre 1916;

II Porto Sepolto, Stabilimento tipografico friulano, Udine, 1916;

La Guerre - Une poésie, Paris, s. e. 1919 - nuova ed. Nantes, Le Passeur, 1999;

Allegria di naufragi, Vallecchi, Firenze, 1919;

Il Porto Sepolto, Stamperia Apuana, La Spezia, 1923;

L'Allegria, Preda, Milano, 1931;

Sentimento del Tempo, Vallecchi, Firenze, 1933;

La guerra, I edizione italiana, Milano, 1947;

Il Dolore, Milano, 1947;

Alcune opere dell’autore

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Otto

Terre sprofondate nel dolore del sacrificio, per un

tempo e un silenzio infiniti, ronzii e roccia consu-

mata, terra che invece di spighe di grano e di pian-

te di trifoglio hai tracce di sangue rappreso e delit-

ti; fertile regione della Galizia, tu che sei pura co-

me la pioggia, segnata dal pianto del dolore: sulla

costa di Estremadura, fra il cielo e il mare, scuro

come il segno lasciato da un proiettile, tradita e

ferita e distrutta, giace la città di Badajoz senza

memoria tra i suoi abitanti morti, mentre il cielo

che la sovrasta ricorda: Malaga distrutta, piena di

morte e assediata fra i precipizi che la caratteriz-

zano a tal punto che le madri, fuori di senno, ucci-

devano i loro neonati scagliandoli sulle pietre. Ci

sono e ci saranno furore, il dolore del lutto, morte

e collera, rabbia, finché le lacrime e il dolore insie-

me, fino a che le parole, lo smarrimento e l’ira non

spariranno insieme alla gente che le ha provate. Ci

sono tante tombe, tanto martirio, tanto fragore di

zoccoli dei cavalli galoppo di bestie qui su questa

terra bella come una stella. Niente, nemmeno la

vittoria cancellerà il ricordo dei dolori patiti. Nien-

te, nemmeno il mare, nemmeno il passare del

tempo, nemmeno il fiore che appassisce sulla tom-

ba.

Regioni affondate

nell’interminabile martirio, per infinito

silenzio, battiti

d’ape e roccia sterminata,

terra che invece di grano e di trifoglio

hai tracce secche di sangue e delitti:

fertile Galizia, pura come la pioggia,

salata per sempre dalle lacrime:

Estremadura sulla cui riva

di cielo e d’alluminio, scuro come squarcio

di proiettile, tradito e ferito e distrutto,

Badajoz tra i suoi figli morti

giace senza memoria

guardando un cielo che ricorda:

Malaga arata dalla morte

e perseguitata in mezzo ai precipizi

fino a che le madri impazzite

sferzavano la pietra con i figli appena nati.

Furore, ala di lutto,

e morte e collera,

fino a che le lacrime e il dolore uniti,

fino a che le parole, lo smarrimento e l’ira

non saranno che un cumulo d’ossa in una strada

e una pietra seppellita dalla polvere.

Tante, tante,

tombe, tanto martirio, tanto

galoppo di bestie qui sulla stella!

Nulla, né la vittoria

cancellerà la ferita terribile del sangue:

nulla, né il mare, né il passare

della sabbia e del tempo, né il geranio

che brucia sulla tomba.

Terre Offese, P. Neruda

Parafrasi

gini macabre e luttuose.

Nella prima parte del

componimento, prevale la

presentazione di eventi

passati con la descrizione

di emozioni quali dispe-

razione, rabbia e desiderio

di vendetta da parte delle

famiglie delle vittime;

attraverso l’utilizzo di

un’antitesi molto forte, il

ricordo del grano e del

trifoglio che crescevano

in quelle terre è contrap-

posto all’immagine san-

gue e delitti, come il con-

trasto pura-salata. Si

possono, inoltre, indivi-

duare parole dal suono

aspro, caratterizzate da

un’accezione violenta:

N eruda usa ver-

si liberi e un

linguaggio prosastico. Il

contenuto del testo è

fortemente enfatizzato

dall’evocazione delle

terre da parte del poeta e

dalla presenza di imma-

Analisi linguistica

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Nove

P ablo Neruda na-

sce a Parral (Cile)

il 12 luglio 1904 e muore a

Santiago del Cile, il 23

settembre 1973. ll suo pri-

mo lavoro ufficiale come

scrittore è l'articolo Entu-

siasmo y perseverancia,

pubblicato quando l’auto-

re aveva solo 13 anni. Ri-

ceve il Premio Nobel per

la Letteratura nel 1971.

possiamo trovare sia all’i-

nizio che alla fine del

componimento, enfatizza

l’orrore della guerra, la

quale distrugge e spezza

vite che altrimenti sareb-

bero potute essere felici.

Una delle scene più forti

rappresentate in questa

poesia è legata alla de-

scrizione della città di

Malaga, in cui la guerra e

la sconfitta hanno addi-

rittura portato le madri a

perdere la ragione e sca-

gliare i loro figli appena

nati sulle pietre pur di

non vederli morire per

mezzo dei fucili dei ne-

mici.

La guerra è un importan-

te fenomeno che sconvol-

ge intere generazioni e

non verrà dimenticato

nel tempo e nella storia

di un popolo; tutto il suo

clamore termina in uno

dei silenzi più strazianti:

la morte.

martirio, sterminata, delit-

ti, squarcio, distrutto,

arata, sferzavano. Di no-

tevole importanza è il

termine martirio, il quale,

come riferito in preceden-

za, appare sia all’inizio sia

alla fine della poesia e

costituisce una delle paro-

le chiave dell’opera. Nella

seconda parte, rassegna-

zione e dolore sostituisco-

no la collera; si pensa al

futuro, al segno che la

guerra lascerà nella storia

del popolo spagnolo. Si

concede spazio a parole

dal carico espressivo più

intimo e meno violento:

lacrime, smarrimento,

dolore, seppellita, ferita,

furore, lutto, polvere, ossa.

Anafore e ripetizioni

rendono la poesia più

struggente e solenne,

mentre le allitterazioni

della r e della t nella pri-

ma parte della poesia sot-

tolineano ancora di più la

rabbia del poeta e il tono

lugubre che avvolge il

componimento. Inoltre,

sono presenti molte me-

tafore, inversioni sintatti-

che ed enjambements.

A n a l i s i d e l c o n -

t e n u t o

Durante la sanguinosa

guerra civile svoltasi in

Spagna tra nazionalisti e

repubblicani (1936- 1939),

la terra è stata modificata

concretamente dalla

guerra, insieme ai suoi

abitanti. Il poeta Neruda

esprime il suo sconcerto

attraverso la

presentazione di terre a

cui era legato

particolarmente, un

tempo feconde e adesso

dilaniate dal dolore e

“salate per sempre dalle

lacrime”. Invoca queste

terre e si rivolge

direttamente ad esse

come se fossero persone.

La parola martirio, che

Biografia

dell’autore

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Dieci

Sono stato una notte intera sdraiato accanto a un

compagno trucidato, sotto la luna che ne illumina-

va il volto e la bocca dai denti serrati, e con le sue

mani gonfie compenetrate nel mio silenzio come

se fossero urla, ho scritto lettere piene d’amore.

Non ho mai sentito tanto attaccamento alla vita.

Un’intera nottata

buttato vicino

a un compagno

massacrato

con la sua bocca

digrignata

volta al plenilunio

con la congestione

delle sue mani

penetrata

nel mio silenzio

ho scritto

lettere piene d’amore

Non sono mai stato

tanto

attaccato alla vita

Cima Quattro il 23 dicembre 1915

Veglia, G. Ungaretti

Analisi linguistica

S i tratta di un

componimento

di versi liberi, diviso in

due strofe di lunghezza

decisamente diversa.

Nella prima parte della

poesia risaltano le pa-

role nottata, massacra-

to, digrignata, conge-

stione, penetrata; tutte

connotate da allittera-

zione della t, della r o

di entrambe. Si nota la

presenza di più enjam-

bement. Non vi è pun-

teggiatura, quasi a de-

scrivere la tensione di

un respiro trattenuto

che, finalmente, si libe-

ra nella seconda parte

della poesia (ho scritto

lettere…)

Molto intensa la metafo-

ra con la congestione

delle sue mani penetrata

nel mio silenzio…, che fa

pensare alla congestione

delle mani del compagno

morto come un urlo che

squarcia il silenzio in cui

l’autore si sente immer-

so.

Infine, negli ultimi versi,

prevale l’allitterazione

della t a sottolineare il

contenuto caldo e vitale

dei versi stessi.

Analisi del contenuto

Ungaretti scrive questa

poesia quando è di ve-

detta: in quel momento

riesce a riversare tutti i

suoi pensieri come flusso

di coscienza e a riflette-

re sulla sua situazione.

Il fatto che Ungaretti

scriva lettere d’amore

mentre è in guerra è

un’affermazione che

spiazza il lettore, e che

si trova in forte antitesi

con il contesto. Dal

punto di vista del signi-

ficante, si denota il fat-

to che i due campi se-

mantici (quello della

guerra-morte e quello

dell’amore-vita) divido-

no la poesia in due aree

tematiche, una che pre-

senta un lessico truce e

bellico e un’altra, inve-

ce, un linguaggio ricol-

mo di vita, un po’ come

in Pianto Antico di Car-

ducci. Trattando di un

Parafrasi

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Undici

tema forte il tono in cui

è presentata la poesia è

altrettanto d’impatto.

Ungaretti attraverso la

sua poesia ci vuole in-

trodurre al mondo del

soldato. Con la tragica

morte di un singolo

compagno l’autore vuo-

le descrivere una situa-

zione ben più estesa: il

destino che accomuna

molti soldati che sacrifi-

cano la propria vita per

la patria. L’argomento è

presentato seguendo la

struttura della figura

retorica della sineddo-

che. Dal punto di vista

del significato, invece,

vi è una continuità fra i

due campi semantici,

dato che entrambi sono

utilizzati dal poeta nello

stesso momento e nel

medesimo luogo. L’im-

magine vivida e concre-

ta della guerra e la rea-

lizzazione del significa-

to reale della parola

Q uesto vecchio

libro è un dia-

rio. L'autore non ha

altra ambizione e cre-

de che anche i grandi

poeti non ne avessero

altre se non quella di

lasciare una sua bella

biografia. Le sue poe-

sie rappresentano

dunque i suoi tormenti

formali, ma vorrebbe

si riconoscesse una

buona volta che la

forma lo tormenta

solo perché la esige

aderente alle variazio-

ni del suo animo, e, se

qualche progresso ha

fatto come artista,

vorrebbe che indicasse

anche qualche perfe-

zione raggiunta come

uomo. Egli si è matu-

rato uomo in mezzo

ad avvenimenti

straordinari ai quali

non è stato mai estra-

neo. Senza mai negare

le necessità universali

della poesia, ha sem-

pre pensato che, per

Commento di Ungaretti sulla sua raccolta

di poesie “L’Allegria”

lasciarsi immaginare,

l'universale deve at-

traverso un attivo

sentimento storico,

accordarsi con la voce

singolare del poeta.

(Vita di un uomo, cit.,

pp. 527–528)

violenza sono la chiave

del suo desiderio di vi-

vere. Colui che vive la

battaglia potrebbe esse-

re ucciso da un momen-

to all’altro, e in una tale

situazione ciò che il

soldato ha dovuto la-

sciare per andare in

guerra è quello che lo fa

andare avanti e per cui

combatte.

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Dodici

C’è un corpo decomposto del quale si distinguono

a malapena i tratti del viso, che affiora sull’odore

nauseabondo dell’aria impregnata di morte. La

terra è un inganno. Pur essendo disperato non

piango, perché piangere è affare di chi può farlo e

della terra che lo seppellirà. Però se ritorni, tu,

soldato, non parlare di questa realtà a chi non la

conosce. Non farlo in luoghi di vita e di serenità.

Ma afferra la tua donna una notte, dopo averla

baciata ripetutamente, sussurrale che nulla al

mondo potrà riscattare ciò che avete perso, non

potrà far tornare noi, che siamo morti qui. Stringi-

la fortissimo, quasi fino a strozzarla: e se ti ama lo

capirai nella vita, più tardi o mai.

C'è un corpo in poltiglia

Con crespe di faccia, affiorante

Sul lezzo dell'aria sbranata.

Frode la terra.

Forsennato non piango:

Affar di chi può, e del fango.

Però se ritorni

Tu uomo, di guerra

A chi ignora non dire;

Non dire la cosa, ove l'uomo

E la vita s'intendono ancora.

Ma afferra la donna

Una notte, dopo un gorgo di baci,

Se tornare potrai;

Sòffiale che nulla del mondo

Redimerà ciò ch'è perso

Di noi, i putrefatti di qui;

Stringile il cuore a strozzarla:

E se t'ama, lo capirai nella vita

Più tardi, o giammai.

Voce di Vedetta Morta, C. Rebora

Parafrasi

La poesia, essendo in-

centrata sulla guerra,

presenta parole forti e

ricche di significato; di

fatto, sono presenti nu-

merose allitterazioni,

fra cui quella della r che

accentuano la durezza

del suono. La maggior

parte di queste parole

descrive e rispecchia

l’atrocità della guerra e,

appunto, la presenza di

allitterazioni ne intensi-

fica la potenza del signi-

ficato. Possiamo divide-

re questa poesia in due

parti: la prima parte (dal

verso 1 al verso 5) descri-

ve gli orrori che il poeta

sta vivendo in quel mo-

mento. La metafora

aria sbranata esprime

l’atmosfera desolata e

raccapricciante dopo la

battaglia. Si può indivi-

duare la stessa figura

retorica nell’ultima par-

te (gorgo di baci) e alla

fine della poesia (i pu-

trefatti di qui). Prose-

guendo dal verso 5 in

poi, il poeta si immerge

in un altro mondo,

pensa ai suoi desideri

più grandi, a ciò che

vorrebbe fare nel caso

in cui riesca a tornare

Analisi linguistica

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Tredici

Clemente Maria Rèbo-

ra (Milano, 6 gennaio

1885 – Stresa, 1º no-

vembre 1957) è stato

un presbitero e poeta

italiano.

Iniziò nel 1903 gli stu-

di di medicina a Pavia,

interrompendoli però

poco dopo per seguire

ché anche lui stesso è

in grave pericolo.

Si apre, poi, una sorta

di discorso diretto che

rappresenta la voce del

morto, frutto di imma-

ginazione del poeta.

Questa voce gli dice,

nel caso in cui l’autore

riesca a tornare a casa,

di non raccontare l’e-

sperienza della guerra

a chi non l’ha vissuta,

di non narrare la vio-

lenza e la tristezza in

un luogo di felicità e

serenità, ma di vivere

la vita intensamente,

quasi giorno per gior-

no; gli dice di godere

dei piaceri carnali in-

sieme alla donna che

ama, senza chiedersi se

sia un amore ricambia-

to o no; ma non dovrà

dimenticare ciò che ha

visto e avere la certez-

za e la rassegnazione

davanti al fatto che i

morti in guerra non

potranno mai tornare.

dalla guerra.

Oltre alla presenza di

alcuni enjambements e

ripetizioni (non dire;

non dire…), l’inversione

sintattica dei versi 8 e 9

rende molto intenso il

passaggio dalla descri-

zione del campo di bat-

taglia alla riflessione

amara su ciò che rimane

dopo una guerra.

Anche la personifica-

zione della vita contri-

buisce alla tensione poe-

tica dei versi precedenti.

Il parallelismo se ritorni,

se tornare potrai rimarca

il dubbio del ritorno e la

condizione precaria del

soldato.

An a l i si d e l c on t e-

n u t o

Nella poesia un soldato,

il poeta, ufficiale che

combatte sull’altopiano

asiatico durante la Pri-

ma Guerra Mondiale,

giace vicino ai cadaveri,

ormai fatti “poltiglia”

dei compagni morti in

trincea. La visione

cruenta e truce dei ca-

daveri in decomposizio-

ne spinge a cercare la

vita, a non dire, se so-

pravvissuti, l’orrore

della morte, ma a gode-

re in un gesto d’amore

il senso della vita.

Le emozioni che il poe-

ta suscita in questa ope-

ra non sono di dispera-

zione, sebbene di fronte

alla morte, ma di corag-

gio e voglia di vivere;

una forza interiore che

lo fa andare avanti sen-

za cedere alle lacrime.

Ciò dimostra anche la

cruda realtà della guer-

ra, la sua immediatezza

e l’istinto umano che

sotto così tanta pressio-

ne spinge il singolo a

pensare a se stesso e ai

pericoli incombenti,

alla consapevolezza di

non poter soffermarsi a

piangere un amico, poi-

Biografia dell’autore

i corsi universitari di

lettere presso l'Acca-

demia Scientifico-

letteraria di Milano.

Nel 1913 viene pubbli-

cata la prima raccolta,

Frammenti lirici ,

presso le edizioni de

La Voce.

Allo scoppio della pri-

ma guerra mondiale,

viene richiamato alle

armi con il grado di

sottotenente e il 17

giugno dello stesso

anno combatte sul

Podgora.

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Quattordici

Nonostante la diffusione veloce di notizie attraverso i media, le generazioni che non hanno mai vissuto la guerra trovano difficile comprenderne la gravità e la forza devastante. Questo percorso di poesia ci ha trasmesso qualcosa di più della semplice informazione: ha rappresentato un’occasione per acquisire una nuova, profonda sensi-bilità, fornendoci una prospettiva diversa della guerra. Abbiamo analizzato sei poesie appartenenti all’epoca della Prima e Seconda Guerra Mondiale e abbiamo vi-sto come questo tema viene trattato dai poeti che han-no vissuto tali eventi, sia come soldati che come citta-dini. Ungaretti e Rebora raccontano la storia della guerra dando alle loro poesie una sfumatura persona-le, legata appunto all’esperienza individuale; Neruda lancia una denuncia, sentendosi partecipe del dolore dei vinti e della loro famiglie. Anche con Quasimodo sono evidenti rabbia e spirito di protesta e il suo com-ponimento dà voce a un’intera comunità di poeti. Fra i versi lugubri e luttuosi, emerge, sebbene non sempre in modo esplicito, il senso profondo dell’amore e dell’attaccamento alla vita, quali unici sentimenti capaci di esorcizzare la paura della morte e infondere coraggio e speranza. Non solo l’analisi del testo, dunque, ma anche queste riflessioni ci hanno coinvolti e condotti in tempi e luo-ghi che alla nostra fortunata generazione, qui ed ora, sembrano ormai molto lontani, ma che è necessario tenere a mente come promemoria formativo, affinché l’orrore della guerra non si ripeta mai più.


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