San Nicola, Tolentino, Le Marche. Contributi e ricerche (a. 1325) per la canonizzazione di SanNicola da TolentinoReview by: Gian Luca PotestàAevum, Anno 62, Fasc. 2 (maggio-agosto 1988), pp. 399-402Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/20858318 .
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RECENSIONI 399
Quanto poi all'unico ostacolo che, secondo
Fargomentare dello studioso, si frappone alia completa identificazione della croce dantesca con quella di Sant'Apollinare, va le a dire il fatto che quest'ultima, diversa
mente dalla prima, non ha bracci eguali, si afferma, sulla scorta della teoria eliocen trica tolemaica: ? In a less technical sense, however, and most certainly from a sim bolic standpoint, it is a "giunture di qua dranti in tondo": a cosmic cross of light embracing the universe, congregating the
dispersed through the binding and transfi
guring action of a central sol Christi ? (p. 180, corsivi nel testo).
Spiace dover obbiettare che il volto di Cristo al centro del mosaico non ha nes suna caratteristica solare: di questo passo, dunque, si pud quadrare anche il cerchio.
Altri rilievi importanti vengono com
piuti da Schnapp al fine di eomprovare il debito dantesco nei confronti dell'opera
musiva, circa la postura di Apollinare e di
Cacciaguida; il santo, essendo in posa di orante con le braccia aperte, richiamerebbe
Cacciaguida nell'atto di accogliere Dante: ? si pia Fombra d'Anchise si porse, / se fede merta nostra maggior musa, / quando in Eliso del figlio s'accorse ?. Se volentieri si sorvolerebbe sul fatto che Anchise nel racconto virgiliano protende in avanti e non lateralmente le braccia, non si puo nep pure immaginare come un punto luminoso, che accorre come ? foco dietro ad alaba stro ?, possa possedere poi delle braccia.
II saggio, benche non raggiunga lo scopo che si prefigge, ha il pregio di riproporre all'attenzione degli studiosi il problema, forse sottovalutato, delPinflusso delle arti
figurative nella cultura dantesca. A Schnapp va riconosciuto, oltre al coraggio di essersi cimentato con un argomento di tale impe gno, anche il merito di aver indicato un
possibile modo per affrontare la questione: perche nella sua analisi egli ha cercato di individuare non tanto i legami strettamen te iconografici, dimcilmente rilevabili per la non omogeneita dei mezzi espressivi, quanto i legami derivati dai rispettivi mes
saggi delle opere a confronto. Ci voleva una dose supplementare di coraggio cho
portasse a riconoscere, una volta intrapresa e percorsa per buon tratto questa strada. che i canti di Cacciaguida con i mosaici di Sant'Apollinare non hanno che tenui affinita del tutto esteriori: quella croce iscritta in un cerchio rosso e nulla piu.
Saverio Bellomo
San Nicola, Tolentino, Le Mar che. Contri buti e ricerche (a. 1325) per la canoniz zazione di San Nicola da Tolentino, Con
vegno Internazionale di studi, Tolentino 1987. TJn volume di pp. 510.
Per cura della Biblioteca Egidiana di Tolentino e della Provincia agostiniana pi cena e per iniziativa particolare di p. Mar ziano Rondina vengono raccolti in questo volume gli Atti del Convegno tenutosi a Tolentino a distanza di pochi mesi dalla
pubblicazione del Processo di canonizza zione svoltosi nel 1325 (cfr. II processo per la canonizzazione di S. Nicola da Tolentino, ed. a cura di N. Occhioni, Pref. di A. Vau
chez, Introd. di D. Gentili, Roma 1984). In
effetti, nel momento in cui venivano alia luce i materiali contenuti nel processo, si avverti da piu parti (fra i primi va ricor dato E. Franceschini) la ricchezza del loro valore documentario e F opportunity di ren derli oggetto di ulteriore lavoro di scavo. Di qui Fidea del Convegno del settembre
1985, realizzato nel duplice intento di av viare Fesame degli Atti processuali in quan to fonte storica e letteraria e di compiere una ricognizione della societa religiosa nel la quale visse Nicola e cui appartennero i 365 testimoni comparsi a dar prova della sua santita.
II volume e introdotto dalla prolusione del Prefetto della S. Congregazione per le Cause dei Santi, card. Pietro Palazzini
(I processi di canonizzazione ieri e oggi, pp. 21-42): sguardo d'assieme sulFevoluzione delle pratiche e della legislazione ecclesia stiche ? dalle origini ai giorni nostri ?
riguardo ai processi di canonizzazione, tut to orient at o dal convincimento storiogra flco che ? nella Chiesa le cose non si im
provvisano, ma muovono ? almeno nello sforzo ? dal meno perfetto al piu perfet to ? (p. 23). Non avendo potuto parteci pare al Convegno ne elaborare suceessiva mente la pre vista relazione, A. Vauchez ha presentato per la stampa Fintervento da lui pronunciato il 25 gennaio 1985 presso la sede dell'lScole francaise de Rome in oc casione della presentazione del volume del Processo (II processo di canonizzazione di Nicola da Tolentino quale fonte storica (Mar che 1325), pp. 43-52). Questo viene consi derato come fonte signifieativa per una
storia della mentality degli abitanti della
regione, in particolare delle loro concezioni sulla vita, e i legami familiari, la percezione del tempo e Forganizzazione della memoria, la malattia e le guarigioni operate per inter cessione del santo (?Finchiesta del 1325
dunque non ci informa tanto sullo stato sanitario della popolazione delle Marche
quanto sull'idea che i testimoni si facevano
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della malattia e dei malati ? p. 49), delle
pratiche devozionali; a quest'ultimo pro posito il Vauchez rileva che il Processo for nisce ? la prima menzione indiscutibile di un ex-voto dipinto ? (p. 51).
Seguono diciotto contributi (oltre al Di scorso conclusivo tenuto da G-. Picasso, II Processo per la Canonizzazione di San Ni cola da Tolentino nella prospettiva della ri cerca storica, pp. 475-482) riconducibili a
cinque vaste aree tematiche. Un primo gruppo di interventi offre elementi utili a fissare il quadro storico-religioso del terri torio nel quale matura l'esperienza di Ni cola e si diffonde la fama della sua santita. Ph. Jansen (La santita nelle Mar che nei secoli XIII e XIV e la sua spontanea affer
mazione, pp. 53-80) rileva fra l'altro come nelle Marche siano gli ordini mendicanti
? francescani e agostiniani ben piu dei domenicani ? a offrire il numero piu alto e i modelli piu significativi di santi: feno
meno rivelatore del loro dinamismo pasto rale, della loro capacita di istituire legami devozionali con la popolazione con mag
giore facilita rispetto alle varie osservanze
benedettine, ben rappresentate sul terri torio e potenti per beni temporali e diritti sacramentali ma ormai declinanti dal pun to di vista della loro influenza spirituale. Tali considerazioni vanno d'altra parte combinate con gli esiti della puntuale ri
cognizione su Movimenti spirituali nelle Marche nei secoli XIII-XIV compiuta da R. Gregoire (pp. 81-94): nella vast a messe
degli ordini e delle osservanze religiose cen
siti si avvertono istanze profonde e tal volta radicali di autenticita evangelica; la vocazione eremitica (in alcuni casi smus sata in forme di apparente cenobitismo) e
la scelta della poverta risultano elementi comuni a gran parte delle esperienze con siderate. In questo senso vanno rilevati da un lato il forte radicamento in quest'area geografica degli Spirituali francescani detti successivamente Fraticelli de paupere vita, la cui figura piu rappresentativa e Angelo Clareno (cfr. Gregoire, pp. 88-90); dall'al tro il diffondersi della devozione a S. Ni cola in gruppi di penitenti prossimi al l'Ordine francescano e, a quanto pare, in comunita di orientamento fraticellesco (cfr. Jansen, pp. 72-73).
II nucleo fondamentale di questa sezione e rappresentato dallo studio di P. Bellini, II movimento agostiniano nelle Marche net secolo XIII, pp. 159-180. Come e noto, l'Ordine agostiniano propriamente detto
nacque solo nel 1256, allorche la sede ro mana stabili di unificare varie esperienze eremitiche preesistenti
? Brettinesi, Giam
boniti ed Eremiti della Tuscia ? in un unico ordine mendicante: decisione che rap
presenta una delle testimonianze piu signi ficative della volonta romana di sempli fieare al massimo il pullulare delle espe rienze religiose venute spontaneamente al ia luce fra XII e XIII secolo ed esprime una linea di tendenza che trovera la piena sua realizzazione nelle drastiche decisioni del II Concilio di Lione. Nell'Ordine che sara di Nicola venivano cosi a confluire
esperienze precedenti la cui impronta si mantenne evidentemente ben oltre la data della ?grande unione?. Per quanto ri
guarda i Brettinesi, che all'Ordine agosti niano portano quarantacinque fondazioni, trenta delle quali nelle Marche, P. Bellini avverte come la qualifica eremitica fosse
congiunta ad una forte sensibilita paupe peristica: le loro costituzioni imponevano la rinuncia pressoche completa a beni im
mobili e l'assunzione di un abito grezzo, di tessuto e colore del genere che comune mente contrassegnava quello dei poveri. In questo senso, fra i tre ceppi eremitici inclusi nel nuovo Ordine, i Brettinesi si caratterizzavano per il massimo rigore nel
modo di intendere e vivere la poverta. Ben che poco si sappia della vita di Nicola, si deve ritenere che i suoi maestri siano stati ? ex brettinesi che inculcarono nel giovane 10 spirito di penitenza e di poverta propria della loro istituzione ? (P. Bellini, p. 179), quello spirito cui, secondo le testimonianze
processuali, egli si sarebbe mantenuto co
stantemente fedele. Puo essere infine ideal mente ricondotto a questo primo orizzonte tematico il contributo di G-. Crocetti, Con venti O.E.S.A. nelVantica Diocesi di Fermo al tempo di San Nicola di Tolentino, pp. 393-452.
In una seconda area tematica possono essere raccolti gli studi aventi per oggetto 11 tessuto civile e istituzionale delle Mar che al tempo di S. Nicola. P. L. Falaschi
(Societa e istituzioni nella Marca attraverso il Processo di Canonizzazione di S. Nicola da Tolentino, pp. 95-126) pone fra l'altro in evidenza la rilevanza politica del proces so di canonizzazione, in termini che inte
grano quanto gia affermato in questo senso da Ph. Jansen: nelle Marche, divise nelle contese cittadine fra guelfi e ghibellini, l'avvio e Fistruzione del processo signifi cano una sorta di riconoscimento ? se non
di ricompensa ? ecclesiastico tributato ad
un'area, compresa fra Camerino Tolentino e Macerata, mantenutasi lungamente fe dele alia Chiesa tramite il partito guelfo. D. Cecchi traccia un breve profilo storico e
topografico di Tolentino nel Medioevo (To lentino al tempo di San Nicola, pp. 127-157), in gran parte desunto dalla sua Storia di Tolentino (Tolentino 1975).
A partire da questo punto si delinea
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un'ulteriore area tematica, comprendente quei contributi che gettano propriamente luce sulla figura del santo quale emerge attraverso il processo (A. Trape, La figura e la santita di san Nicola come emergono nel
processo, pp. 181-193), nonche da altre te stimonianze letterarie coeve (D. Gentili, Le fonti per la conoscenza di S. Nicola: il
processo, i sommari, la biografia di Pietro da Monterubbiano, pp. 195-201) e nella suc
cessiva storia deH'Ordine (C. Alonso, L'in
flusso di san Nicola nelVOrdine agostiniano fino al secolo XVI, pp. 203-215).
Si passa quindi ad una serie di relazioni aventi per oggetto il processo di canoniz zazione in quanto fonte storica e letteraria. E. Pasztor, in Pietd e devozione popolare nel processo di canonizzazione di san Nicola da Tolentino, pp. 217-241, rivolge la pro
pria attenzione a quattro ordini di que stioni in vista delle quali analizza il testo del processo: immagine del santo attraverso il prisma della mentalita religiosa dei testi
moni; significato dei miracoli in relazione al suo esempio di vita e alia sua attivita pa storale; tipologia dei miracoli operati dal santo post mortem; caratteristiche della pie ta e della devozione popolari rese al santo, in relazione al modello agiografico che egli rappresenta nel quadro della religiosita del
tempo. II fitto vaglio cui V. Licitra sotto
pone Lingua latina e lingua volgare nel pro cesso per la canonizzazione di san Nicola da Tolentino (pp. 323-335) mira a stabilire in quale lingua si sia svolto il processo. Gli articuli vennero predisposti in un latino che, sebbene alquanto rozzo, dovette tuttavia rest are incomprensibile a diversi testimoni. Si fece percio ricorso al volgare, sia nelle formule di domande, sia, a maggior ra
gione, nella raccolta delle risposte. Queste in linea di massima dovettero essere rese in volgare; successivamente vennero ri tradotte in un latino che del volgare serba tuttavia espliciti indizi (cfr. Findicativo
esempio di p. 333). Completano questa se zione alcune specifiche indagini di G. Ma rinozzi (Le malattie nel processo di canoniz zazione di san Nicola da Tolentino, pp. 337
350), A. A. Bittarelli (Spigolature cameri nesi nel processo di canonizzazione di san Nicola da Tolentino, pp. 351-362), M. Sensi
(Nobildonne di casa Trinci e Marsciano, due famiglie comitali umbre, devote di san Nicola da Tolentino, pp. 363-370).
Un ultimo gruppo di interventi com
prende, oltre a un profilo di carattere ar chitettonico delineato da T. Zazzeri (La ?forma monasterii ? agostiniana e il con vento di sanf Agostino in Tolentino al tempo di san Nicola, pp. 371-391), due studi sul Cappellone affrescato del Convento di To lentino (in cui si narrano storie e miracoli
del santo). Seguendo percorsi differeriti, essi
giungono ad esiti profondamente discor danti. M. Boskovits, La decorazione pitto rica del Cappellone di san Nicola da Tolen tino (pp. 243-252), dopo aver rapidamente riassunto le divergenti interpretazioni cor renti riguardo alia datazione presunta del ciclo affrescato, formula una dupliee ipo tesi. II Cappellone, esistente fin dagli inizi del sec. XIV, era originariamente la sala
capitolare del Convento, nella quale do vettero tenersi, nell'estate del 1325, le se dute del processo; poco dopo essa venne trasformata in cappella funeraria. Gli af freschi? dovettero risalire a qualche tempo dopo l'autunno del 1325, data della conclu sione del processo ? (p. 247). II fondamento di quest 'affermazione risiede nella const a -
tazione che negli affreschi della vita e dei miracoli di san Nicola sono rafBgurati, in maniera assai aderente alia testimonianza letteraria, due episodi testimoniati al pro cesso e non riportati nella biografla di Pie tro da Monterubbiano. Ne consegue che ? la fonte di queste scene non poteva essere che lo stesso processo per la canonizzazio ne ? (ibid.). E cosi fissato non solo il ter mine a quo, ma altresi la data piu ragio nevole di esecuzione degli affreschi. Un'o
pera tanto impegnativa e dispendiosa pote infatti realizzarsi solo nel clima entusiastico immediatamente successivo alia conclusio ne dei lavori processuali e neU'imminenza della prevista canonizzazione. Questa di fatto non si realizzo, e nel giro di qualche anno ci si dovette rendere conto che il pro cedimento si era arenato; col passare del
tempo e col crescere delle incertezze sulle
probabilita della canonizzazione, dovette farsi strada tra i devoti del santo una certa
rassegnazione; e evidentemente difficile
pensare che in tale clima si potessero tro vare le energie e le risorse per un'opera artistica tanto impegnativa. Considerazio ni di ordine stilistico conducono infine il Boskovits a legare la decorazione del cap pellone al nome di Pietro da Rimini, che dispose per P opera di collaboratori.
Approfondendo Findagine iconograflca rispetto alia considerazione degli elementi
stilistiei, F. Bisogni (Gli inizi delVicono grafia di Nicola da Tolentino e gli affreschi del Cappellone, pp. 253-321) giunge invece, attraverso un'ingegnosa e documentatis sima indagine che rappresenta una vera e
propria lezione di metodo, alia conclusione
che, poiche il ciclo affrescato ? non corri
sponde ne nella sequenza, ne in alcune
scene, ne in particolari importanti ? alia Vita di Pietro da Monterubbiano ne alle testimonianze processuali, ? se ne deve de durre la sua dipendenza da tradizioni an teriori ? (p. 264). In particolare i due epi
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sodi affrescati su cui il Boskovits fonda la datazione del 1325 non certificano af
fatto, per Bisogni, la dipendenza del cielo del processo. Al contrario poiche si tratta di miracoli risalenti al 1306-1307, la loro
rappresentazione risulterebbe scarsamente
giustificabile a vent'anni di distanza, al lorche sarebbe stato naturale raffigurare vicende piu recenti, in ^ianto piu vive nella gratitudine dei miracolati e nella me
moria dell'opinione pubblica. In conclu
sione, ? ne il Processo ne la Vita di Pietro costituiscono la fonte organica per il cielo di affreschi, ne a combinare le due fonti si riesce a spiegare bene tutto il cielo ? (p. 288). Un nesso diretto cielo-Processo si
da solo per miracoli assai antichi; bisognera allora riconoscere che ? Tunica spiegazione a questi fatti (...) e che il cielo dipinto gia esisteva nel 1325, al momento del Pro cesso (...) doveva esistere gia da gran tem
po, proprio perche la rappresentazione di
quei miracoli avvenuti immediatamente
dopo la morte di Nicola ha impedito che ve ne fossero dipinti altri posteriori ? (p. 289). In questa luce, F. Bisogni propone di datare il cielo attorno al 1310: esso non
dipende dunque da fonti scritte preesi stenti, ma e ?la fonte di se stessa (. ..), la prima vita, non scritta ma dipinta, di
Nicola ? (ibid.). Quanto alia sala del Cap pellone, lo studioso ritiene che esso non
vada identificato con la preesistente sala
capitolare e avanza Tipotesi che si tratti di una costruzione edificata poco dopo la mor te di Nicola al preciso scopo di conglo bare in essa la tomba senza rimuoverla da dove si trovava, vicino alTaltare della Chie sa. Con ci6 si spinga perche il sepolcro
?
rimasto intatto per motivi devozionali, ma reso meglio accessibile ai fedeli tramite la nuova costruzione ? si trovi decentrato nella sala.
Resta a questo punto da chiedersi per quali motivi Giovanni XXII non abbia in fine fatto santo Nicola, ma la bolla di ca nonizzazione sia stata emessa due secoli
piu tardi, ad opera di Eugenio IV (1447). Nel Convegno Tinterrogativo e rimbalzato
piu volte, il riecheggiata, innanzitutto, la
risposta tradizionalmente elaborata e ri
proposta dalTinterno dell'Ordine a fini apo logetici. D. Gentili, cercando di definire la
situazione della Chiesa del tempo in ter mini in verita alquanto approssimativi, ha sostenuto che il papa ? aveva da pensare ai Fraticelli di Michele da Cesena, al demo
regalismo di Marsilio da Padova, all'asso lutismo imperiale di Guglielmo Occam, tut ti e tre in combutta con Lodovico il Ba varo (...) Non se ne fece nulla perche cor revano tempi troppo cattivi ? (p. 199). Ana
logamente si esprime C. Alonso, che si li
mita a dichiarare che ? questo Papa avi
gnonese, gravemente implicato nella lotta contro Lodovico il Bavaro e in altri guai, non termino la causa ? (p. 207). E chiaro che questo tipo di spiegazioni risulta ormai del tutto insoddisfacente: come avverte M. Boskovits (p. 248),? solitamente si dice che la mancata canonizzazione fosse dovuta ai
pressanti impegni del papa in seguito al suo conflitto con Ludovico il Bavaro; vi dovette essere pero anche qualche motivo
piu preciso, ancora da individuare ?. L'in dicazione di una pista, come segnalava gia nel Discorso conclusivo G. Picasso (cfr. p. 480) viene da E. Pasztor. La studiosa invita a comprendere in un solo sguardo
una serie di eventi contemporanei alia man cata canonizzazione, quali la definitiva con danna papale di Pietro di Giovanni Olivi e il tentativo di Angelo Clareno di ripen sare, nel Chronicon, l'intera storia dell'Or dine francescano dal punto di vista dei Eraticelli: ? altrettanti segni di un clima
spirituale, di cui e arrivato il tempo di dare una lettura storico-religiosa ? (p. 241).
II clima e quello della dura lotta con dotta dal papa contro la dirigenza france scana e combattuta attorno alia questione della poverta evangelica. II culmine di essa e rappresentato dalle decretali Ad con ditorem canonum (novembre 1322)
? in cui la poverta veniva ridotta, nella linea delle formulazioni domenicane piu esplici tamente antiminoritiche, a strumento su bordinate e aceessorio in vista del conse
guimento della carita ? e Cum inter non nullos (novembre 1323), con la quale ve niva condannata la tesi cara ai francescani secondo cui Cristo e gli apostoli non avreb bero posseduto nulla ne in proprio ne in comune. In questa temperie, e Tommaso
d'Aquino, il cui processo di canonizzazione aveva trovato pronta e felice conclusione nel luglio 1323, il santo che incarna il mo dello piu gradito alia sede avignonese (cfr. A. Vauchez, Culture et saintete d'apres les
proces de canonisation des XIlie et XI Ve
siecles, in Le scuole degli Ordini mendicanti
(secoli XIII-XIV), Convegni del Centro di studi sulla spiritualita medievale, 17, Todi 1978, pp. 151-172, in part. 163 e ss.); non certo il frate di Tolentino, tipo di una vitar eremitica e povera, superata se non decisa mente sospetta. Gian Luca Potesta
M. C. Marinoni, La versione valdese del libro di Tobia, Schena, Bari 1986 (Bi blioteca della ricerca. Traduttologia, 2). Un volume di pp. 106.
? Sens e razos e divina escriptura, / quez ay trobada bona, sancta e pura, / m'a mes
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