+ All Categories
Home > Documents > Scimmie di montagna - MUSEasiatica o di una savana africana. Basta però dare un’occhiata alla...

Scimmie di montagna - MUSEasiatica o di una savana africana. Basta però dare un’occhiata alla...

Date post: 31-Dec-2019
Category:
Upload: others
View: 2 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
16
Come i macachi giapponesi, esistono altre spe- cie di scimmie adattate alla vita montana, pronte ad affrontare il freddo e la neve. La presunta incompatibilità con i climi più ri- gidi non può così essere invocata per giustificare l’assenza di Primati sulle Alpi. Se esistono dunque diverse specie di scimmie che vivono in montagna, perché non ce ne è nes- suna che si sia scelta come habitat l’arco alpino? Prima di rispondere a questa domanda può essere interessante vedere come e dove i Primati non umani si sono adattati alla vita in quota. Freddo e neve... Quando ci si chiede come mai nessuna specie di scimmia viva sulla Alpi, la prima spiegazione che di solito viene in mente è quella climatica: “Fa troppo freddo”. In effetti siamo abituati a pensare ai Primati come un gruppo di specie ter- mofile a loro agio fra la calda vegetazione di una foresta pluviale sudamericana, di una giungla asiatica o di una savana africana. Basta però dare un’occhiata alla fotografia ri- prodotta a fianco, per constatare che ciò non sia necessariamente vero. 71 Scimmie di montagna Perché, oltre all’uomo, non ci sono Primati sulle Alpi? CARLO MAIOLINI Università di Pisa, Master in Comunicazione Ambientale BEHAVIOUR I segreti del comportamento Fig. 1 - I macachi giapponesi (Macaca fuscata) anche detti “macachi delle nevi” superano tutti gli anni inverni in cui le temperature possono scendere fino a -15 °C (foto: www.primates.com).
Transcript

Come i macachi giapponesi, esistono altre spe-cie di scimmie adattate alla vita montana, prontead affrontare il freddo e la neve.

La presunta incompatibilità con i climi più ri-gidi non può così essere invocata per giustificarel’assenza di Primati sulle Alpi.

Se esistono dunque diverse specie di scimmieche vivono in montagna, perché non ce ne è nes-suna che si sia scelta come habitat l’arco alpino?Prima di rispondere a questa domanda può essereinteressante vedere come e dove i Primati nonumani si sono adattati alla vita in quota.

Freddo e neve...

Quando ci si chiede come mai nessuna speciedi scimmia viva sulla Alpi, la prima spiegazioneche di solito viene in mente è quella climatica:“Fa troppo freddo”. In effetti siamo abituati apensare ai Primati come un gruppo di specie ter-mofile a loro agio fra la calda vegetazione di unaforesta pluviale sudamericana, di una giunglaasiatica o di una savana africana.

Basta però dare un’occhiata alla fotografia ri-prodotta a fianco, per constatare che ciò non sianecessariamente vero.

71

Scimmie di montagnaPerché, oltre all’uomo, non ci sono Primati sulle Alpi?

CARLO MAIOLINIUniversità di Pisa, Master in Comunicazione Ambientale

BEHAVIOUR I segreti del comportamento

Fig. 1 - I macachi giapponesi (Macaca fuscata) anche detti

“macachi delle nevi” superano tutti gli anni inverni in cui

le temperature possono scendere fino a -15 °C

(foto: www.primates.com).

72

I gelada: una società femminista sulle montagne d’Etiopia

La prima specie che vogliamoconsiderare è Theropithecus gela-da. Iniziamo dai gelada perché del-le tre specie di “scimmie montane”qua descritte è l’unica a vivere inun’area biogeografia differentedalla nostra: la regione etiopica .

I gelada sono una specie super-stite di un’antica dinastia di scim-mie erbivore che popolavano l’A-frica tre milioni di anni fa. I ritro-vamenti fossili documentano che alcune di questescimmie “pascolatrici” raggiungevano le dimen-sioni di un gorilla. Tutte queste specie scomparve-ro quando il continente africano si riscaldò e lesue immense praterie si disseccarono. Quasi tuttele specie, i gelada no: essi trovarono rifugio dal ri-scaldamento globale in corso spingendosi versol’alto e andando a vivere sui freschi prati d’alturache le montagne dell’Etiopia centro-settentrionaleancora oggi conservano. Diventarono così gli uni-ci del loro genere perché furono i soli a “scoprire”in montagna una scialuppa di salvataggio controgli avversi (per loro) cambiamenti climatici.

I gelada vivono oggi (tra i 100.000 e i 200.000esemplari) sulle montagne dell’Etiopia centro-settentrionale, ad altezze comprese fra i 1400 e i5000m.s.l.m. A tali quote la vegetazione è compo-sta principalmente dall’erba delle praterie d’altu-ra, da arbusti e da qualche albero a basso fustoche solo raramente forma piccoli boschi.

Fig. 2 - Le regioni biogeografiche della Terra, i gelada sono le unichescimmie a vivere sopra i 4000m di quota nella regione Etiopica.

Fig. 3 - Un maschio di Theropithecus gelada.

Come i loro antenati estinti i gelada basano ladieta sull’erba dei prati.

Più del 90% del cibo consumato viene infattidal “pascolo” diurno, attività preponderante diqueste scimmie, che in questo modo riescono so-pravvivere in un ambiente come quello montanoaltamente carente di fonti di cibo.

Una truppa di gelada sarà quindi tipicamenteosservata seduta in mezzo ad un prato d’altopianointenta a strappare l’erba dal terreno, il rumoredell’erba sradicata interrotto solo dal vento e dal-le grida di un piccolo che gioca, o di qualcheadulto che litiga.

Al calare del sole il gruppo si dirigerà versoqualche irto declivio roccioso. Qui le scimmiepasseranno la notte, al sicuro dai predatori, pre-mute le une contro le altre per non farsi strapparetutto il calore dai gelidi venti d’alta quota.

La particolarissima dieta erbivora dei geladaha fatto sì che essi evolvessero caratteristiche uni-che fra i primati, la più appariscente delle quali èsicuramente l’area di pelle glabra che hanno alcentro del petto. Tale segno distintivo è all’originedell’appellativo locale di “scimmie dal cuore san-guinante”. Le popolazioni etiopi raccontano chela macchia sul petto venne inferta ai gelada daDio stesso che li volle così punire per il loro catti-vo comportamento. Quando infatti i gelada sispingono a valle, fino al limite dei campi coltivati,non esitano a fare razzia di frutta e verdura, forsestanchi delle foglie d’erba. I contadini etiopi nonesitano a considerare ciò un “inqualificabile com-portamento” sicuramente degno di una stimma di-vina.

73

Figg. 4, 5 - Le montagne del Simien, Parco Nazionaledell’Etiopia settentrionale, dovela popolazione residente di gelada è protetta e studiata(foto: R. Garba);(sotto) l’areale di distribuzionedei gelada.

Figg. 6, 7 - Una veduta quasi “europea” delle montagne del Simien (a sinistra) e un gruppo di gelada femmine in marcia su una cresta rocciosa (foto: R. Garba / www.garba.cz).

Gli scienziati sono però convinti che l’area dipelle glabra non abbia nulla a che vedere con lebuone o cattive maniere dei gelada: sembra piut-tosto essere un indicatore di stato sessuale.

Molte scimmie utilizzano l’area perianale comesede di segnalazioni visive della ricettività sessuale.Una femmina di macaco, ad esempio, segnala il suostato di estro con il rigonfiamento e la colorazionerossa della pelle glabra nella zona ano-genitale.

Per le femmine di gelada ciò è sconveniente.Questo perché esse passano molto del loro temposedute, strappando erba dai prati, e in tale posizio-ne “di lavoro” è molto difficile per i maschi ri-uscire a scoccare un’occhiata, per quanto furtiva,

ai posteriori delle loro femmine. Dunque i geladahanno evoluto un’area glabra di segnalazione ses-suale anche sul petto, risolvendo così tutti i pro-blemi di “visibilità”. Come le natiche dei maca-chi, anche questa zona sul petto dei gelada è sottostretto controllo ormonale. Nelle femmine la “V”rovesciata di pelle rosa diviene di un brillantescarlatto durante il periodo di fertilità. Nei ma-schi, anche loro provvisti della stessa macchia, ilcolore è vessillo dello stato gerarchico: rosa palli-do per i maschi giovani o subalterni, rosso sangueper i maschi “dominanti”. Dire che un maschio èdominante, in una società come quella dei gelada,richiede le virgolette: vedremo dopo perché.

74

Figg. 8, 9 - (a sinistra) Un maschio dominante di Theropihtecus gelada: lo stato gerarchico è segnalato dall’evi-dente colorazione rossa della pelle glabra al centro del petto; (a destra) una folta criniera bruna caratterizza tutti gliesemplari maschi sessualmente maturi (foto: www.sunbath.com - www.terrambiente.org).

Figg. 10, 11 - (a sinistra) Due femmine di gelada intente nell’allogrooming, è evidente la zona di pelle glabra alcentro del petto che segnala lo stato di fertilità; (a destra) un maschio di gelada (foto: www.able-travel.com M.Horrell/markhorrel.com).

Altro importante adattamento anatomico alladieta erbivora è la configurazione delle mani. Inun ambiente avaro di cibo come quello d’altamontagna ottimizzare la raccolta dell’erba è unfattore altamente selettivo. Così i gelada sono og-gi i primati con il più alto indice di opponibilitàfra le prime due dita della mano. Tale caratteristi-ca permette ai gelada di cogliere le lame d’erbasingolarmente, per scegliere le migliori con velo-cità ed efficienza. Inoltre la mano dei gelada, fratutti i primati, è quella con il più alto indice di ro-bustezza (diametro delle dita relativo alla loro

lunghezza) così da poter essere utilizzata moltobene per estrarre dal terreno radici e tuberi duran-te i mesi invernali.

Come tutte le scimmie adattate a vivere in luo-ghi freddi i gelada hanno infine un folto manto dipeli che nei maschi adulti va a formare una fluen-te criniera color bronzo.

Ma non sono le caratteristiche morfologichel’aspetto più curioso di questa specie. I gelada so-no infatti famosi fra gli studiosi per la loro natiaparticolarissima organizzazione sociale.

75

Fig. 12 - Una coppia di maschi si riscalda ai raggi del sole.I maschi di gelada raggiungono la maturità sessuale a 6-7 mesi, mentre le femmine solo dopo 4-5 anni.Per lungo tempo i maschi devono sottostaread un duro apprendistato in cui imparanocome rivaleggiare con gli altri maschi perottenere i favori delle femmine (foto: M.Horrell/markhorrel.com)

Fig. 13 - Un maschio di gelada.

Il nucleo dell’aggregazione sociale è la fami-glia: niente di strano, come in molte specie di pri-mati i legami di parentela sono assai importantiper l’unità del gruppo. La cosa inusuale è che al-l’interno di ogni famiglia sono unicamente lefemmine a prendere decisioni ed a gestire la vitadi tutti i giorni. I maschi, nella società dei gelada,non hanno voce in capitolo in nessuna questionecollettiva: il loro ruolo è sempre subordinato allenecessità e ai voleri delle femmine dominanti.

Un’unità familiare è solitamente composta dadue fino ad otto femmine legate fra loro da vinco-li di parentela. Il nucleo famigliare è completatodalla prole e da un maschio “dominante” identifi-cato dalla macchia rossa sul petto. A questa unitàbase possono alle volte associarsi altri maschisubordinati, ma è comunque solo il maschio dalla“macchia sanguinante” ad avere il diritto di ripro-dursi con le femmine. Le singole unità famigliarisi accorpano di sovente in bande che possono arri-vare a contare fino a 400 individui.

Le femmine decidono tutto quello che farà ilgruppo: dove e quanto pascolare, quando muover-si e dove dormire. Sono inoltre loro a scegliersi,fra i maschi disponibili, il loro “capofamiglia”.

Quando un giovane maschio raggiunge la ma-turità sessuale (fra i 5 e i 7 mesi) lascia l’unità na-tia per unirsi ai clan di maschi che orbitano usual-mente intorno alle famiglie precostituite.

Le femmine hanno un potere enorme: oltre adecidere su tutte le questioni pratiche della vita,ogni azione dei maschi è tesa a guadagnare i lorofavori perché l’unico modo che un gelada ma-schio ha di riprodursi è quello di venire sceltodalle femmine come maschio di famiglia. Quan-do questo avviene fra le praterie di montagnaetiopi si assiste ad una scena altamente dramma-tica. La famiglia sta pascolando compatta, ma alsuo interno le femmine hanno già deciso che ilmaschio attuale non è più adatto a ricoprire ilruolo di capofamiglia. È solo questione di tempo:quando viene scelto un valido sostituto, tutte lefemmine si alzano all’unisono e molto semplice-mente si allontanano dal vecchio capofamiglia evanno a sedersi vicino al maschio prescelto. Nelgiro di una notte la macchia sul petto del capofa-miglia destituito perde tutto il suo colore e ritor-na rosa, mentre quella del prescelto diventa rossanello stesso brevissimo arco di tempo. Già dalmattino successivo il nuovo ordine sociale è evi-dente a tutti.

Per il fortunato maschio scelto dalle femmine,i problemi sono solo iniziati.

76

Ben lontano dall’essere un sultano nell’harem, ilnuovo capofamiglia assomiglia più ad uno schiavo.Egli deve soddisfare ogni richiesta delle femminesiano esse di natura affettiva (richieste di grooming,lo spulciamento ritualizzato), protettiva (difesa con-tro i predatori o gli altri maschi) o sessuale. La vitadi un capofamiglia è altamente stressante e ad ognicalo di performance (ad esempio se un maschio nonriesce a spulciare con adeguata frequenza tutte lefemmine del gruppo) l’incubo della destituzione sifa più reale. Nessun maschio di gelada riesce a con-durre questa vita per più di quattro o cinque anni, edalla fine le femmine lo destituiranno invariabilmen-te, scegliendo un maschio più giovane e prestante.

Il decaduto potrà allora rimanere nel gruppocome un anziano “nonno”: aiuterà a crescere laprole e con la sua esperienza terrà lontani i pre-datori.

Il nuovo capofamiglia infatti non avrà molteattenzioni per i figli di un altro, ma d’altronde lidovrà tollerare: a differenza di altre specie (comei leoni o i gorilla) un maschio non oserebbe nem-meno ringhiare ai cuccioli di un altro.

Nulla fa arrabbiare le femmine gelada più del-la cattiveria verso i piccoli. I maschi lo sanno, e sicomportano di conseguenza.

Così procede la (dura) vita dei maschi nelle gi-nocentriche montagne dei gelada etiopi...

Cultura e bagni caldi sui monti giapponesi

Fig. 15 - Alcuni esemplari di Macaca fuscata hanno imparato che le sorgenti di acqua calda sono ottimi rifugi dal freddo invernale (foto: www.primates.com).

Fig. 14 - Areale diMacaca fuscata.

Continuando il viaggio nel mondo delle scim-mie montane, tappa obbligata dev’essere fatta inGiappone. Sull’arcipelago si trovano infatti le“scimmie delle nevi” (Macaca fuscata): le unicheal mondo a vivere a latitudini che si spingono dai31°N fino ai 41° 31’N.

Dopo i gelada, quindi ci avviciniamo all’am-biente alpino: il Giappone è ancora molto lontanodalle Alpi ma i macachi nipponici, a differenza diTheropithecus gelada, vivono nella nostra stessaregione biogeografica (il Paleartico), a latitudinicomparabili a quelle alpine, ed in climi molto si-mili (le popolazioni più settentrionali di Macacafuscata vivono in climi sub-alpini).

Abbiamo già visto come i gelada occupino ildifficile ambiente di montagna in quanto popola-zione relitta di un iperspecializzato genere scom-parso. Le montagne per i gelada rappresentanoun’isola di salvezza dalle calde distese africane.

Per i macachi giapponesi (come sarà anche perl’ultima specie di scimmia montana consideratain questo articolo) la situazione è diametralmenteopposta.

77

che ed ecologiche. È questo il casodi Macaca fuscata, il macaco delGiappone.

Le popolazioni residenti nelleisole più meridionali dell’arcipelagonipponico (es. Yaku-Shima) hannocome habitat calde foreste subtropi-cali, le popolazioni che invece si tro-vano nelle zone centrali e settentrio-nali del Giappone vivono in forestedi conifere e di alberi decidui doveogni anno essi affrontano durissimiinverni a temperature che possonoscendere fino a –15°C.

Fig. 17 - Un piccolo di Macaca fuscata(foto: www.primates.com).

Fig. 16 -Una famiglia

di macachigiapponesi

si riposa fra le rocce

(foto: www.primates.com).

Fig. 18 - La “faccia rossa”, molto evidente in alcuniadulti, è un segno -distintivo della specie.(foto: www.primates.com).

Lungi dall’essere una popolazione relitta, ilgenere Macaca è forse quello di maggior successofra i primati. Le 15–20 specie (a seconda degli au-tori) occupano oggi una diversità di ambienti cheè paragonabile, fra i primati, solo a quella rag-giunta dall’Uomo. Il generalismo e l’estremaadattabilità sono all’origine del successo evoluti-vo di Macaca. Così troviamo macachi nei torridiclimi tropicali del sud-est asiatico come sullemontagne nevose del Giappone settentrionale.Questa varietà di areali occupati non è solo inter-specifica. All’interno di una stessa specie si pos-sono trovare differenti popolazioni che occupanohabitat estremamente vari per condizioni climati-

78

A differenza del gelada, il macaco giapponeseè arrivato in montagna non come un naufrago,ma da conquistatore. Le scimmie etiopi usano le

alture come scampolidi un habitat perduto:Macaca fuscata ha por-tato in quota la bandie-ra di una stirpe vitto-riosa, che grazie a stra-tegie evolutive di suc-cesso si espande innuovi territori.

Quanto di più diver-so dal genere Theropi-thecus, e tanto più si-mile al genere Homo.

Come i gelada peròanche i macachi giap-ponesi delle popolazio-ni più settentrionalihanno dovuto adattarsialle molte ristrettezze acui la vita in montagnaspesso costringe. Percombattere il freddo ifuscata hanno evolutouna spessa pelliccia,che durante i mesi in-vernali si infittisce. Laloro dieta è più genera-lista di quella dei gela-da: sono animali frugi-vori diventati onnivoriper sfruttare ogni tipodi cibo che i diversi ha-bitat e l’alternanza sta-gionale rendono lorodisponibili. Erba, fo-glie, gemme, insetti,semi e radici: per i ma-cachi delle nevi non fadifferenza, tutto fa bro-do.

Come i gelada an-che le Macaca fuscatahanno abitudini diurne.Durante la notte trova-no riparo dai predatoridormendo sugli alberi.

È interessante notare come questi macachiscelgano per giaciglio sempre alberi decidui:questo per evitare di essere svegliati nel mezzodella notte da una valanga di neve distaccatasidalla cima dell’albero.

Anche i macachi giapponesi infine si stringo-no gli uni con gli altri per conservare il calorecorporeo dalla morsa gelida dei venti. Un ultimaaffinità con i loro lontani parenti etiopi può esse-re infine ritrovata nella struttura sociale: anche lefemmine di macaco giapponese hanno un consi-derevole potere all’interno del gruppo e sembrache siano sempre loro ad avere l’ultima parola sumolte questioni, soprattutto di natura sessuale.

Ad ogni modo le truppe di Macaca fuscatasono organizzate in maniera molto più equilibra-ta rispetto all’esacerbato femminismo dei gelada.

I macachi giapponesi basano la loro unità so-ciale su nuclei di 20-30 individui capeggiati daun maschio dominante.

All’interno di ogni truppa sono presenti diver-si adulti (maschi e femmine) così come giovani ecuccioli. Fra le femmine della gruppo esiste unastabile e forte gerarchia. Quando l’habitat lo per-mette, truppe differenti possono unirsi a formarebande di oltre 200 esemplari.

Le relazioni madre-figlio sono di primaria im-portanza per i macachi giapponesi: dalla madre ilfiglio impara come procurarsi il cibo, come com-portarsi con gli altri e persino come crescere asua volta della prole.

Fig. 19 - Piccoli chegiocano con le palle di neve (foto:www.primates.com).

Fig. 20 - Macachi giapponesi si riposano in una sorgente termale (foto: www.primates.com).

79

Durante i primi mesi di vita i cuccioli vengo-no trasportati dalla madre che se li porta in grop-pa come minuscoli fantini. Verso i 3-4 mesi di vi-ta si è osservato come i figli attraversino un perio-do conflittuale con la madre, quasi un’adolescen-za, in cui amano-odiano cavalcare la madre. Inquesto periodo i cuccioli si lasciano cadere appo-sitamente dalla schiena della mamma e piangonoesageratamente, rifiutandosi di montare di nuovo.Al che la madre riporta solitamente l’ordine conschiaffi e morsi, si ricolloca il figlio in groppa econtinua il cammino. I figli mantengono strettissi-mi legami con le loro madri durante tutta la vita,la quale può durare ben 30 anni.

Proprio come i gelada, anche i macachi maschiuna volta raggiunta la maturità sessuale (a 4,5 an-ni) lasciano la loro truppa natia per spostarsi inun’altra; le femmine (pubertà a 3,5 anni) riman-gono nella stessa truppa per tutta la vita. Fra imolti maschi a disposizione sono le femmine adeterminare con il loro assenso le relazioni ses-suali, e sembra che esse abbiano una particolareinclinazione per i nuovi venuti, strategia che pro-babilmente tende ad evitare l’inincrocio. Caratte-ristica infine dei macachi giapponesi è l’eredita-rietà matrilineare del rango gerarchico. Ciò signi-fica che il figlio (o la figlia) di una femmina do-minante acquisice il rango sociale direttamentedalla madre. Ancora più particolare è il fatto chese la madre ha più di un figlio sarà sempre l’ulti-mogenito ad ereditare il rango. Così piccoli di po-chi mesi si ritrovano più in alto nella scala gerar-chica dei loro fratelli ormai adulti. Una situazioneda corte spagnola.

Descritto a brevi a cenni la vita ordinaria deimacachi giapponesi, vediamo ora qualcosa distraordinario in quanto è avvenuto solo in alcune

truppe: un fenomeno che ha portano molti studio-si ad occuparsi per decine di anni dei macachidelle nevi.

Negli anni ’50 gli antropologi erano convintiche gli umani fossero gli unici animali capaci ditrasmettere conoscenze acquisite da un individuoad un altro e da una generazione all’altra, in unprocesso chiamato trasmissione culturale. I maca-chi del Giappone hanno costretto gli studiosi a ri-pensare tale convinzione. Macaca fuscata diedeai ricercatori le prime prove dell’esistenza di cul-ture anche nei primati non-umani.

Tutto iniziò con un progetto di salvaguardiadella specie attivato dopo la seconda guerra mon-diale. Con l’espansione delle colture l’habitat na-turale dei macachi giapponesi veniva minacciatodall’avanzare di campi commerciali di cedri emele. Sempre più spesso uomini e scimmie veni-vano in contatto. Tali incontri si rivelarono fontedi problemi per entrambe le specie. Truppe dimacachi impararono col tempo a razziare i campi

coltivati. I contadini iniziarono a sparare.Gli studiosi erano seriamente preoccupatiper gli esiti di questa nuova guerra fra spe-cie. Fortunatamente le scimmie giapponesigodono di un forte influsso sulla storia esull’arte nipponica. Sono ad esempio deiMacaca fuscata le famose “tre scimmiette”del buddismo Tendai (non ascoltare alcunmale, non guardare alcun male, non direalcun male) che sono raffigurate sul tempiodi Toshogu nelle vicinanze della città diNikko.

Figg. 21, 22 - Un cucciolo “a cavallo” della madre. (foto: www.primates.com).

Fig. 23 - Un esemplare di Macaca fuscata al “sicuro”su un ramo (foto: www.primates.com).

80

Grazie all’importanza simbolica dei macachiin Giappone, i ricercatori poterono godere di ge-nerosi finanziamenti statali per predisporre unpiano di salvaguardia della specie. Si decise diagire eliminando la motivazione che spingeva imacachi a scendere verso i campi coltivati in cer-ca di gustosi pomi. All’inizio degli anni ’50 eraabitudine dei ricercatori rifornire le popolazionidi macachi con fagioli di soia ed altri alimenti al-tamente energetici. Nel 1963 uno studioso, dopoaver lasciato la soia nei pressi di alcune sorgentitermali, osservò come una femmina di nome Mu-kubili si immergessein una pozza termaleper raggiungere dellasoia caduta acciden-talmente in acqua.Mangiati i fagioli,Mukubili non sem-brava avere alcunafretta di uscire dallostagno. Deliziata dai43 °C delle acque ter-mali, il macaco rima-se a mollo un bel po’prima di tornare algelido vento inverna-le.

L’episodio sareb-be rimasto aneddotico se di lì a poco Mukubilinon fosse tornata a bagnarsi nelle sorgenti, questavolta seguita dal figlio. Ben presto il comporta-mento si diffuse ad altri membri della truppa: pri-ma prese piede fra i giovani e le loro madri, solosuccessivamente divenne di moda anche fra i ma-schi adulti. In poco tempo l’intero gruppo aggiun-se i bagni caldi al proprio repertorio comporta-mentale. L’intera vicenda fu seguita dai ricercato-ri che poterono documentare una trasmissioneculturale in un animale diverso dall’uomo. Ilcomportamento iniziato da Mukubili infatti nonera presente nell’etogramma della specie fino al1963, mentre da quell’anno in poi venne regolar-mente osservato nella truppa di Mukubili, e soloin essa, fino ad oggi. Dopo quarant’anni l’inizia-trice delle “gite alle terme” è morta, ma il suogruppo beneficia tuttora di quel singolo colpo digenio che ha portato gli amministratori delle ter-me a costruire piscine apposite per i macachi. Le

visite erano diventate talmente frequenti che iclienti umani si ritrovavano sempre più spesso adover dividere la loro pozza termale con un maca-co arrivato all’improvviso.

Forse il più appariscente e fotografato, il ba-gno termale non è però né l’unico né il primo deicomportamenti appresi e tramandati dai macachigiapponesi.

All’inizio del programma di alimentazionecontrollata dei macachi, nei primi anni ’50, un al-tro ricercatore aveva osservato un modo originaledi trattare le patate che egli forniva alle scimmie.

Lo studioso portavaogni mattina delle pa-tate dolci sull’isola diKoshima lasciandolesulle spiaggia comeintegrazione alla die-ta per la popolazionedi scimmie. Un gior-no una femmina dinome Imo fu vistabuttare le proprie pa-tate nell’acqua cosìda eliminare la fasti-diosa sabbia che le ri-copriva. Tutti gli altrimembri della truppapulivano i loro tuberi

con le mani. Presto il comportamento si diffuse:prima fra i piccoli ed i giovani, poi fra gli adulti.Dopo qualche tempo Imo iniziò a lavare le pro-prie patate in mare invece che nell’acqua dolce,immergendole dopo ogni morso. Condiva le pata-te col sale marino. Passò poco tempo perché tuttala truppa salasse le proprie patate come Imo. Que-sta femmina, che nel 1953 aveva poco più di unanno, è passata alla storia come una specie di “ge-nio dei macachi” si deve infatti a lei anche l’ini-ziazione di un altro comportamento ora patrimo-nio culturale delle scimmie di Koshima: il galleg-giamento del grano. Con le patate veniva dato allatruppa di Imo anche del grano. Imo notò che fa-cendo una palla del grano sulla spiaggia e buttan-dola nell’acqua la sabbia affondava ed il cerealegalleggiava, rendendone così molto più facile laraccolta.

Gli studi su Imo furono i primi riguardanti latrasmissione culturale in primati non umani.

Fig. 24 - Le tre scimmiette del buddismo Tendai intagliate sulla facciata del tempio Toshogu a Nikko,Giappone (foto: www.reggie.net).

81

Col tempo sempre nuove scoperte vennerofatte dai macachi giapponesi, molte delle qualifurono seguite da biologi, naturalisti e psicolo-gi.

Oltre ai già citati bagni termali i macachi del-le nevi impararono, dal secondo dopoguerra in

poi, a nuotare, ad aprire le conchiglie, ad elemo-sinare cibo dagli umani, e a fare le palle di neve.

Come i gelada, anche i macachi delle nevihanno attirato l’attenzione dei ricercatori per lestrane dinamiche che avvengono nei loro gruppi,nascosti fra le montagne.

Le bertucce:baluardo degli inglesi

Concludiamo questo pic-colo viaggio fra i primatiadattati alla vita montanacon la specie più vicina anoi: la bertuccia o macacodelle rocce (Macaca sylva-nus). Questa specie è l’uni-ca del suo genere (lo stessodei macachi giapponesi) avivere al di fuori dell’Asia:occupa le zone montane delNord Africa, ad altezze chevanno dai 1600 ai 2160m.s.l.m. (sulla catena del-l’Atlante). Le foreste diquerce e di cedri sono l’ha-bitat naturale di questescimmie in Algeria, Marocco e Tunisia.

Partiti dal Giappone, ci siamo avvicinati con-siderevolmente alle Alpi, tanto da arrivare ad unacatena montuosa, quella dell’Atlante, che condi-vide con l’arco alpino la propria orogenesi.

Oltre ad appartenere allo stesso genere, i ma-cachi delle rocce condividono con i macachi

giapponesi il fatto di essere le uniche scimmie avivere in climi temperati.

Come i loro parenti orientali sono bene adat-tati ai mutamenti climatici legati all’alternanzadelle stagioni: sopportano i caldi estivi così comei gelidi inverni montani.

Anche Macaca sylvanus è una scimmia di am-pie vedute per quanto riguarda le esi-genze alimentari. Proprio come Maca-ca fuscata si adatta benissimo a man-giare diversi tipi di cibo, dai fiori agliinvertebrati, disponibili in montagnanei vari periodi dell’anno.

Oltre alle abitudini alimentari, an-che la base delle struttura sociale (trup-pe multi-maschio e multi-femmina asessualità promiscua) è comune ai ma-cachi giapponesi, così come lo sonomolte caratteristiche biologiche.

Una importante differenza risiedeperò nel comportamento dei maschiadulti nei confronti dei cuccioli.

Fig. 25 - Un macaco delle rocce (Macaca sylvanus) osserva lo stretto in compagnia di una ricercatrice a Gibilterra (foto: www.gib.gi*).

Fig. 26 - I monti dell’Atlante centrale in Marocco habitat delle popolazioni più numerose di Macaca sylvanus (foto: D. Pollara).

82

Questa specie è l’unica fra i macachi dove siosservano comportamenti paternalistici di par-ticolare rilievo.

Sono stati osservati maschi di Macacasylvanus prendersi cura dei piccoli fin da pocheore dopo la nascita: li portano in giro, fanno lo-ro grooming, e li esibiscono ad altri maschi.Durante queste esibizioni rituali il piccolo vie-ne manipolato da due o più maschi che rivolgo-no al neonato gesti affiliativi. Sembra che tuttociò serva a creare e a rinforzare i legami fra gliindividui di sesso maschile che, eccezional-mente in questa specie, sono assai forti. Solo dirado i maschi litigano fra loro, e normalmentecontribuiscono compatti, insieme alle femmi-ne, alla cura attiva della prole.

Nonostante questa particolare “amicizia viri-le” osservata solo in questa specie di macaco, lescimmie delle rocce sono molto meno “celebri”dei macachi giapponesi, o dei gelada. La speciesconta il fio di essere un macaco relativamente

“standard”: non esprime forme sociali estremecome i gelada, né comportamenti “geniali” co-me i macachi delle nevi. L’unico segno distinti-vo forte della specie è la totale assenza di coda.Cosa che ha portato le popolazioni anglosassonia dare loro l’erroneo appellativo di apes, termi-ne riservato, nella lingua inglese, alle grandiscimmie antropomorfe (come gli scimpanzé, igorilla e gli oranghi) solitamente prive di coda.

Ma neanche la bertuccia sfugge completa-mente alla notorietà che sembra colpire tutte lescimmie montane. Non avendo caratteristichebiologiche tali da attirare la fama fra gli studio-si, Macaca sylvanus si è ritagliato la sua noto-rietà fra le pieghe della Storia. E’ l’unica scim-mia al mondo protetta dall’esercito britannico.

Prima di raccontare come questo macaco siariuscito a procurarsi un così potente alleato,dobbiamo però parlare delle Scimmie dellaRocca.

Sebbene gli “scimmioni berberi” (barbaryapes, come vengono chiamati i Macaca sylva-nus dagli inglesi) abbiano le loro popolazionipiù numerose (circa 15.000 esemplari) sui mon-ti del Nord Africa, esiste una piccola sottopo-polazione di Macaca sylvanus anche sulla Roc-ca di Gibilterra: ciò fa di loro le uniche scim-mie allo stato selvaggio in Europa.

Fig. 27 - Areale di Macaca sylvanus.

Fig. 28 - Una foresta montana in Marocco tipico ambiente popolato dai macachi delle rocce (foto: D. Pollara).

Fig. 29 - I maschi di Macaca sylvanus sono gli unici,fra i macachi, a stabilire forti legami con la prole e congli altri maschi (foto: APA**).

83

Ma come ci sono arrivati imacachi a Gibilterra?

La questione non è ancorastata chiarita, ma esistonodue ipotesi principali. La pri-ma vede le scimmie di Gibil-terra come i superstiti di unapopolazione di Macacasylvanus che un tempo occu-pava l’Europa. Questa ipotesinon è confermata da adeguatiritrovamenti fossili, sebbenealcuni autori sostengono chedei macachi possano avervissuto in Spagna fino al1800.

Dati certi rivelano ad ognimodo che la specie (o il suoimmediato predecessore) erapresente in Spagna così comein molte altre parti d’Europa (persino in Inghil-terra) durante le glaciazioni.

L’ipotesi alternativa spiega come la presenzadei macachi sulla Rocca sia da imputare ad unintroduzione antropica avvenuta durante l’occu-pazione musulmana del sud della Spagna (711-

1492 d.C.). Ciò sarebbe acca-

duto tramite unesportazione a Gibil-terra di esemplariprovenienti dalle po-polazioni nord afri-cane per diletto esvago della nobiltàlocale. Le cronachespagnole del XVIIsecolo parlano già discimmie residentisulla Rocca di Gibil-terra, e quando gliinglesi presero pos-sesso dello strettonel 1704, trovaronosulla Rocca una po-polazione di bertuc-ce che viveva più omeno allo stato sel-vaggio.

Da allora la storia dei ma-cachi della Rocca si legò in-dissolubilmente alla presenzadell’esercito inglese a Gibil-terra.

Una delle storie più anti-che riguardanti le scimmiedello stretto narra di comeesse salvarono le postazioniinglesi durante il Grande As-sedio (1779-1783).

Si racconta che, in unanotte senza luna, un contin-gente spagnolo avesse tenta-to di conquistare la guarni-gione inglese in città. L’ideaera di sorprendere gli inglesiscalando la Rocca per attac-care dall’alto. Mentre la trup-pa si arrampicava al buio fra

gli irti declivi del monte, incappò in un pianorodove decine di macachi dormivano fra le rocce,stretti gli uni agli altri. Gli spagnoli cercarono dioltrepassare le scimmie senza svegliarle. Ma fal-lirono: le strida delle scimmie svegliate (e deisoldati terrorizzati) avvertirono gli inglesi dell’attacco incombente, mettendoli così in grado dipreparare la controffensiva per respingere glispagnoli.

Questo avvenimento, se vero, potrebbe esserealla base della tradizione che tuttora lega l’eser-cito di Sua Maestà Britannica ai macachi dellaRocca.

Fig. 30 - Mappa della Rocca di Gibilterra, in rosso l’ubicazione delle cinque sottopopolazioni di Macaca sylvanus conosciute come “Scimmie della Rocca”.

Fig. 33 - Ancora un esemplare di Macaca sylvanussullo sfondo di Gibilterra (foto: S. Flannery)

Fig. 31, 32 - Due maschi osservano il mare dalla rocca (in alto);una femmina col piccolo su un belvedere (in basso) (foto: S. Flannery).

84

espansione della presenza umana. Così le popo-lazioni di macaco delle rocce che si trovano oggiin Algeria sono costrette a vivere in aree semprepiù piccole e, cosa ancor più grave, separate leune dalle altre.

Un adeguato flusso genico fra popolazionisembra non essere più garantito. L’unica rocca-forte della specie rimane l’Atlante centrale ma-rocchino dove risiede la popolazione più nume-rosa di macachi delle rocce. Sfortunatamentequelle montagne non sono Parco Nazionale, e latutela della zona non è affatto garantita.

Ad ogni modo, con Macaca sylvanus abbiamovisto come è più facile trovare una scimmia “eu-ropea” nella storia inglese che un primate legatoalla storia alpina.

Riprendiamo la domanda iniziale: perché?

Scimmie sulle Alpi

Abbiamo ormai visto come la prima obiezio-ne di tipo climatico sollevata per giustificare l’as-senza di scimmie sull’arco alpino non può essereconsiderata valida. Non solo esistono almeno trespecie di scimmie adattate ai climi freddi d’altaquota (Theropithecus gelada, Macaca fuscata,Macaca sylvanus) ma due sopportano le alter-nanze stagionali tipiche del clima temperato(Macaca fuscata e Macaca sylvanus) ed una diesse (Macaca sylvanus) vive in climi così simili a

Fig. 34 - La “carta di identità” di uno dei 250 esemplaridi bertuccia che vivono a Gibilterra, strumenti comequesto possono essere molto utili per il controllo dellapopolazione residente sulla Rocca.

Le scimmie sono il simbolo della sovranità in-glese a Gibilterra e la leggenda dice che finché imacachi rimarranno sulla Rocca, essa continueràad essere in mano britannica.

Nel tempo la popolazione di bertuccia dellaRocca di Gibilterra ha fluttuato molto: un censi-mento del 1843 conta 130 animali residenti; oggisono circa 250. La popolazione ha toccato il mi-nimo storico nei primi anni ’40, quando arrivò aridursi a soli 3 esemplari. Parte a causa delle ri-strettezze della guerra mondiale in corso (cheevidentemente colpì anche i macachi) e parte acausa di un epidemia di gastro-enterite. Quandola notizia dei tre macachi rimasti arrivò alla scri-vania di Winston Churchill, il primo ministro in-glese ordinò che la popolazione di scimmie fosseconservata “ad ogni costo”. Fu immediatamenteformata una task force incaricata di raggiungerele montagne dell’Atlante per prelevare esemplarinord africani di Macaca sylvanus ed integrarli al-l’esiguo terzetto rimasto a Gibilterra. Un cospi-cuo ma sconosciuto numero di esemplari furonointrodotti a Gibilterra fra gli anni 1942 e 1946. Siassume che tutte le scimmie presenti oggi sullaRocca siano i discendenti di quell’ultima serie diimportazioni.

Allo stato attuale, la minaccia della scomparsasembra scongiurata. I 250 esemplari che vivonooggi a Gibilterra sono costantemente monitoratida veterinari e vengono riforniti di acqua e di ci-bo ad integrazione degli alimenti che essi stessi siprocurano sul monte (foglie, olive, radici, semi efiori). Il problema sembra semmai quello di con-tenere la crescita demografica delle scimmie af-finché non si espandano nelle zone urbane sotto-stanti la Rocca. Il controllo demografico è otte-nuto applicando alle femmine dei regolatori or-monali sottocutanei (una sorta di “pillola” effica-ce per un paio di anni), così che le scimmie nonabbiano modo di riprodursi al massimo delle loropossibilità biologiche.

I macachi di Gibilterra vengono così curati ecoccolati dalle autorità e dai turisti.

Per i macachi delle rocce nordafricani la si-tuazione è meno idilliaca.

Sebbene costituiscano la maggior parte delcontingente specifico, gli habitat nordafricani so-no sempre più minacciati dal taglio delle foreste,dalla creazione di pascoli e dalla conseguente

85

quelli continentali da riuscire a vivere non solo aGibilterra ma anche in alcune riserve, in condi-zioni di semi libertà, in Germania ed in Francia.

Le tre specie di scimmie considerate hannoinoltre evoluto morfologie e comportamenti chele rendono adatte alla vita in quota. Come ele-menti comuni possiamo ricordare il manto di pe-lo accresciuto, abitudini alimentari compatibilialle risorse di cibo rinvenibili in montagna, e par-ticolari strutture sociali in cui spesso le femminehanno un considerevole potere. Riguardo que-st’ultimo punto possiamo speculare che ciò siadovuto alle difficili condizioni di vita dell’am-biente montano.

In habitat di parti-colare ostilità e povertàdi risorse crescere laprole diviene un com-pito estremamente ar-duo e importante.

Il potere biologicodelle femmine comegeneratrici e levatricidella prole diviene intali condizioni di conseguenza aumentato. Tutte etre le specie di cui ci siamo occupati generanonormalmente un figlio alla volta, di modo da po-ter concentrare le cure parentali. In Theropitecusgelada i maschi non partecipano alla cura dellaprole, da che tutte le responsabilità sono dellefemmine. Ciò potrebbe in parte spiegare lo stra-potere “femminista” riscontrato in questa specie.Nei macachi giapponesi i piccoli crescono intruppe miste dove maschi e femmine convivonoinsieme. Ad ogni modo i maschi adulti non sonomai stati osservati giocare con i piccoli. La curadella prole viene ancora lasciata principalmentealle femmine forse da qui il potere sessuale fem-minile nella scelta del maschio, stranamente sle-gata dal rango gerarchico.

In Macaca sylvanus la truppa mista di maschie femmine è sempre dominata da un maschioadulto. Questa condizione più “normale” nelmondo dei primati, rende le femmine sempresubordinate ai maschi. È però da notare comenella società dei macachi delle rocce avvienequalcosa di unico nel genere: i maschi si prendo-no cura della prole, non competono fra di loro mapiuttosto cooperano gli uni con gli altri stringen-

do solide amicizie. I maschi di Macaca sylvanussi comportano quasi come “le femmine” di unaqualsiasi altra specie di macaco.

Ciò fa pensare che in montagna chi bada aipiccoli, detiene il potere.

Infine, dopo aver visto cosa accomuna le“scimmie di montagna”, torniamo alla ricerca diun motivo che ne giustifichi l’assenza sulle Alpi.La prima risposta che possiamo dare è di tipoprettamente biogeografico: col finire dell’ultimaglaciazione in Europa gli habitat adatti sono ve-nuti scomparendo e le specie di scimmie presentisi sono spostate verso aree dalle condizioni più

favorevoli. Una secon-da risposta possibile ri-guarda una più fanta-siosa interazione frascimmie e Homo sa-piens, che proprio inquel periodo si stavaconquistando il suo po-sto fra le Alpi.

Premessa a quantosegue è che non esisto-

no, a mia conoscenza, dati scientifici su una sim-patria di Homo sapiens e scimmie sulle Alpi, masembra non esistano nemmeno dati che la neghi-no.

È quindi possibile che animali simili a Maca-ca sylvanus frequentassero fino all’ultima glacia-zione le alture e le valli alpine e subalpine. Dopol’ultima glaciazione arrivò però Homo sapiens.

Le tre specie di “scimmie montane” che ab-biamo fino a qui considerato vivono tutte sumontagne dove la presenza umana è limitata. In-variabilmente quando queste specie vengono acontatto con l’uomo nasce una competizione perle risorse: senza gli interventi conservazionisticiattuali la specie ad avere la meglio sarebbe sem-pre Homo sapiens.

È questo il caso delle lotte fra contadini etiopie gelada, fra frutticoltori giapponesi e macachidelle nevi, fra taglialegna algerini e bertucce.

Se effettivamente scimmie e uomo hanno con-vissuto nelle vallate alpine sul finire dell’ultimaglaciazione è possibile pensare che Homo sa-piens abbia prevaricato tutti gli altri primati(compreso Neanderthal) fino a conquistarsi losfruttamento esclusivo delle Alpi.

86

Neanderthal si è estinto, le scimmie (probabil-mente macachi) sarebbero state costrette invece aritirare verso sud (Spagna e Nord Africa) od a spin-gersi verso est (Asia). Fuori dalle speculazioni sivuole concludere con una certezza: dai resti fossilisi è visto che il genere Macaca, originatosi nel NordAfrica, si è espanso in Europa; quindi ha lasciato ilVecchio Continente per espandersi verso est.

In Asia il genere ha colonizzando l’India, ilSud-Ast Asiatico e le terre dell’Estremo Orientefermandosi solo in Giappone, davanti all’oceano.Macaca è quindi fiorito nelle 20 specie attualmen-te conosciute.

L’unico primate rimasto sulle Alpi è l’uomo;pare dunque che queste montagne riescano a sup-portare una sola scimmia alla volta...

Bibliografia di riferimento

BURTON F., 1995 - The Multimedia Guide to the Non-hu-man Primates. Prentice-Hall Canada Inc.

FEDIGAN L., 1991 - Life span and reproduction in Japa-nese macaque females. In L.M. Fedigan., & P.J. Asquith(eds.), The monkeys of Arashiyama: Thirty-five years ofresearch in Japan and the west (pp. 140-154). Albany,NY: State University of New York Press.

FLEAGLE J.G., 1988 - Primate Adaptation and Evolu-tion. Academic Press.

HOELZER G.A., & MELNICK D.J., 1996 - Evolutionaryrelationships of the macaques. In J.E. Fa, & D.G. Lind-burg (eds.), Evolution and ecology of macaque societies(pp. 3-19). New York, NY: Cambridge University Press.

VAN HOOFF J., 1990 - Macaques and Allies. In S. Parker(ed). Grzimek’s Encycolpedia of Mammals (pp. 208-286). New York: McGraw-Hill Publishing Company.

JABLONSKI N., 1993 - Introduction. In N. Jablonski(eds.), Theropithecus: The Rise and Fall of a PrimateGenus (pp. 3-15). Great Britain: Cambridge UniversityPress.

MASAHIRO M., 2004 - “Profile of Japanese macaques(Macaca fuscata)”.www.geocities.com/Tokyo/Bay/9166/jmprof.htm.5/20/04.

MODOLO L., SALZBURGER W., MARTIN R.D., 2005 -Phylogeography of Barbary macaques (Macaca sylva-nus) and the origin of the Gibraltar colony. PNAS (102)20: 7392-7.

SOLTIS J., MITSUNAGA F., SHIMIZU K., YANAGIHARA Y. &NOZAKI M., 1997 - Sexual selection in Japanese maca-ques?: Female mate choice or male sexual coercion.Animal Behaviour 54: 725-736.

SOLTIS J., MITSUNAGA F., SHIMIZU K., NOZAKI M., YANA-GIHARA Y., DOMINGO-ROURA X, & TAKENAKA, O., 1997 -Sexual selection in Japanese macaques?: Female matechoice and male-male competition. Animal Behaviour54: 737-746.

TAUB, D.M. (1984). Male Caretaking Behavior amongWild Barbary Macaques (Macaca sylvanus). In PrimatePaternalism, ed. D.M. Taub & R. van Nostrand.

STAMMBACH E., 1987 - Desert, Forest, and Montane Ba-boons: Multilevel-Societies. In B. Smuts, D. Cheney, R.Seyfarth, R. Wrangham, T. Struhsaker (eds.), PrimateSocieties (pp. 112-120). Chicago: The University ofChicago Press.

NOTE: *Sito internet modificato, foto non più presente;**www.AnimalPictureArchive.com


Recommended