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Sconfinare #35

Date post: 07-Mar-2016
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Sconfinare numero 35. Inverno 2012/2013.
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n°35- INVERNO 2012/13 È un giornale creato dagli studenti di Scienze Internazionali e Diplomatiche di Gorizia FKH DWWUDYHUVR LO JLRUQDOLVPR YRJOLRQR FRQIURQWDUVL FRQ OD UHDOWj GL FRQ¿QH H QRQ VROR direttore: Giovanni Collot ZZZVFRQ¿QDUHQHW UHGD]LRQH#VFRQ¿QDUHQHW U n giorno cupo e piovoso un cava- liere scorse un piccolo passero che stava in mezzo alla strada, sdraiato sul dorso. «Che fai, con i piedini in aria?» – chiese il cavaliere. «Ho sentito dire che oggi crollerà la volta del cielo» – rispose l’uccel- lino. Il cavaliere rise: «Suppongo che pensi di reggere la volta del cielo con le tue gambette». «Ognuno fa quel che può» – rispose il piccolo passero. Questa storiella, raccontata dal giurista ita- liano Antonio Cassese, torna utile in un pe- riodo come quello che stiamo attraversando: il mondo è preda di una crisi, non solo eco- nomica, ma soprattutto ideale, che ne mette in discussione tutti i fondamenti principali, mentre le guerre e le instabilità si moltiplicano ovunque. Per noi, giovani degli anni 2000, vivere e crescere in un tale contesto sembra alquanto deprimente: siamo la generazione di mezzo, come ha già detto qualcun altro su queste stes- se pagine un po’ di numeri fa. I nostri nonni hanno fatto la guerra e ricostruito il Paese, i nostri padri hanno conquistato il benessere e hanno organizzato il mondo a loro immagine. Ma le sicurezze che li avevano accompagnati ora sembrano scomparse; le idee tradizionali della famiglia, dell’impegno che permette di raggiungere ogni risultato, sembrano evapora- te di fronte a contratti a tempo determinato e lavoro inesistente: il mondo che erediteremo è più grande, più pericoloso e più incerto e noi ci troviamo ad affrontarlo più soli e sradicati. L’angoscia, in questo contesto, appare legit- WLPD /DVFLDUVL DQGDUH SHUz VLJQL¿FKHUHEEH arrendersi. E non possiamo permettercelo, non possiamo diventare un’altra generazione per- duta. C’è un altro modo per affrontare la crisi, che consiste in un ribaltamento di prospettiva: trasformarla in opportunità. Dopotutto, ogni crisi è di per sé un passaggio, in cui si tolgo- no gli ormeggi conosciuti per entrare in mare aperto. E questa volta non è diverso: abbiamo GL IURQWH XQD JUDQGH V¿GD D GLIIHUHQ]D GL FKL è venuto prima di noi, ci è toccato in sorte di prendere la nave e partire. Può essere che in questo viaggio partiremo soli e senza bussola, ma sarebbe un errore non farlo: abbiamo l’op- portunità di inventarcela, la nostra bussola, e di crearci la nostra ciurma. Ciascuno a suo modo, ciascuno con i propri tempi. Ma ognu- no, come l’uccellino della storiella, deve fare quello che può. Se non vuole che il cielo gli FDGD GH¿QLWLYDPHQWH LQ WHVWD L’EDITORIALE «QUAGGIÙ NON SCENDE NEMMENO CRISTO» CONTINUA A PAG. 4 di Giovanni Collot Testo e Immagini di Edoardo Malvenuti di Edoardo Buonerba & Dario Cavalieri S i muore ancora nel ventre della terra. Da cronache di Po- tosí vecchie cinquecento anni: schizzano memorie prefo- WRJUD¿FKH SDUROH VWUDELOLDWH H QHOOD OHWWHUDWXUD F¶q 6DQ- cho Panza, nel Don Quichotte, a nominarla: «vale un Potosí», indica una moneta. Riavvolgere il nastro: e trovarci artigiani pre- ]LRVL ERUGHOOL GL VHWD LO SLDQRIRUWH DO FDIIq ( DUJHQWR XQ ¿XPH un mare, un oceano d’argento da spolpare dal Cerro Rico, sbalzo ripido d’orizzonte, 4.782 metri in cima, che era, è, un inferno al contrario – e che dell’oltre mondo ricalca esatto la memoria let- teraria. Si muore ancora nel ventre della terra. Nelle cinquecento gallerie d’estrazione, in tombe scavate col piccone e l’esplosivo. Una mattanza di almeno otto milioni di indigeni o schiavi afri- FDQL TXDQGR L IRU]LHUL GHOOD &RURQD GL 6SDJQD VL ULHPSLYDQR ¿QR a scoppiare. Dalla scoperta nel 1545 all’indipendenza boliviana del 1825 l’argento di Potosí è stato un disastro come diadema. +D DUULFFKLWR FKL KD FRQWLQXDWR D VQHUYDUOD ¿QR DOOD VFRU]D OD- sciandola carcassa, misera, fredda. A ricordarlo resta più impec- cabile castellano parlato in Sud America, la fede incrollabile dei potosini, le chiese cesellate ad ogni angolo di strada. Una distesa di tetti, gente che vive con niente: sottozero, mattoni rossi senza intonaco. Sud dalla Bolivia, ma tanto stretti al cielo che l’azzurro dà fa- VWLGLR 5LSRUWHUz GDOOD FLWWj SL DOWD GHO PRQGR FKH DOOD ¿QH GHO XVIII secolo era la più ricca di Latinoamérica, e più grande di una qualsiasi Londra o Shanghai. Premetto Eduardo Galeano: da “Le vene aperte dell’America Latina”. Parole di un’anziana cholita avvolta in un «chilometrico scialle di lana di alpaca»: «La città che più ha dato al mondo e che meno possiede», è la sentenza. Era più di quarant’anni fa. Oggi lo stesso, solo un qualche turista in più, per qualche ostello. Rientrare in quelle gallerie dopo cinque secoli di drenaggio furioso, è accovacciarsi, affondare nel fango, caldo d’inverno. Almeno 15.000 mineros rosicchiano giornalmente questi intesti- ni bollenti: ma d’argento ormai si parla solo nelle leggende o in formule scaramantiche. L’adesso è altro. Si piccona, s’accende GLQDPLWH VL DV¿VVLD DQFRUD VL PXRUH PD QRQ VL GLFH IRUWH SHU briciole di quello che resta. E resta poco: stagno, zinco, rame. Cronache da Potosí, la miniera boliviana della morte Alla scoperta dell’Islanda... ...e degli Islandesi PAGINA 6 Il nostro speciale sul Gect solo su: www.sconfinare.net Cosa sta accadendo in Siria? Con le foto di Giacomo Cuscunà da A’zaz PAGINA 3
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Page 1: Sconfinare #35

n°35- INVERNO 2012/13

È un giornale creato dagli studenti di Scienze Internazionali e Diplomatiche di Gorizia FKH�DWWUDYHUVR�LO�JLRUQDOLVPR�YRJOLRQR�FRQIURQWDUVL�FRQ�OD�UHDOWj�GL�FRQ¿QH��H�QRQ�VROR��

direttore: Giovanni Collot

ZZZ�VFRQ¿QDUH�QHWUHGD]LRQH#VFRQ¿QDUH�QHW

Un giorno cupo e piovoso un cava-liere scorse un piccolo passero che stava in mezzo alla strada, sdraiato

sul dorso. «Che fai, con i piedini in aria?» – chiese il cavaliere. «Ho sentito dire che oggi crollerà la volta del cielo» – rispose l’uccel-lino. Il cavaliere rise: «Suppongo che pensi di reggere la volta del cielo con le tue gambette». «Ognuno fa quel che può» – rispose il piccolo passero.

Questa storiella, raccontata dal giurista ita-

liano Antonio Cassese, torna utile in un pe-

riodo come quello che stiamo attraversando:

il mondo è preda di una crisi, non solo eco-

nomica, ma soprattutto ideale, che ne mette

in discussione tutti i fondamenti principali,

mentre le guerre e le instabilità si moltiplicano

ovunque.

Per noi, giovani degli anni 2000, vivere e

crescere in un tale contesto sembra alquanto

deprimente: siamo la generazione di mezzo,

come ha già detto qualcun altro su queste stes-

se pagine un po’ di numeri fa. I nostri nonni

hanno fatto la guerra e ricostruito il Paese, i

nostri padri hanno conquistato il benessere e

hanno organizzato il mondo a loro immagine.

Ma le sicurezze che li avevano accompagnati

ora sembrano scomparse; le idee tradizionali

della famiglia, dell’impegno che permette di

raggiungere ogni risultato, sembrano evapora-

te di fronte a contratti a tempo determinato e

lavoro inesistente: il mondo che erediteremo è

più grande, più pericoloso e più incerto e noi

ci troviamo ad affrontarlo più soli e sradicati.

L’angoscia, in questo contesto, appare legit-

WLPD�� /DVFLDUVL� DQGDUH�� SHUz�� VLJQL¿FKHUHEEH�arrendersi. E non possiamo permettercelo, non

possiamo diventare un’altra generazione per-

duta. C’è un altro modo per affrontare la crisi,

che consiste in un ribaltamento di prospettiva:

trasformarla in opportunità. Dopotutto, ogni

crisi è di per sé un passaggio, in cui si tolgo-

no gli ormeggi conosciuti per entrare in mare

aperto. E questa volta non è diverso: abbiamo

GL�IURQWH�XQD�JUDQGH�V¿GD��D�GLIIHUHQ]D�GL�FKL�è venuto prima di noi, ci è toccato in sorte di

prendere la nave e partire. Può essere che in

questo viaggio partiremo soli e senza bussola,

ma sarebbe un errore non farlo: abbiamo l’op-

portunità di inventarcela, la nostra bussola,

e di crearci la nostra ciurma. Ciascuno a suo

modo, ciascuno con i propri tempi. Ma ognu-

no, come l’uccellino della storiella, deve fare

quello che può. Se non vuole che il cielo gli

FDGD�GH¿QLWLYDPHQWH�LQ�WHVWD�

L’EDITORIALE«QUAGGIÙ NON SCENDE

NEMMENO CRISTO»

CONTINUA A PAG. 4

di Giovanni Collot

Testo e Immagini di Edoardo Malvenuti

di Edoardo Buonerba& Dario Cavalieri

Si muore ancora nel ventre della terra. Da cronache di Po-

tosí vecchie cinquecento anni: schizzano memorie prefo-

WRJUD¿FKH��SDUROH�VWUDELOLDWH��H�QHOOD�OHWWHUDWXUD��F¶q�6DQ-

cho Panza, nel Don Quichotte, a nominarla: «vale un Potosí»,

indica una moneta. Riavvolgere il nastro: e trovarci artigiani pre-

]LRVL��ERUGHOOL�GL�VHWD��LO�SLDQRIRUWH�DO�FDIIq��(�DUJHQWR��XQ�¿XPH��un mare, un oceano d’argento da spolpare dal Cerro Rico, sbalzo

ripido d’orizzonte, 4.782 metri in cima, che era, è, un inferno al

contrario – e che dell’oltre mondo ricalca esatto la memoria let-

teraria. Si muore ancora nel ventre della terra. Nelle cinquecento

gallerie d’estrazione, in tombe scavate col piccone e l’esplosivo.

Una mattanza di almeno otto milioni di indigeni o schiavi afri-

FDQL��TXDQGR�L�IRU]LHUL�GHOOD�&RURQD�GL�6SDJQD�VL�ULHPSLYDQR�¿QR�a scoppiare. Dalla scoperta nel 1545 all’indipendenza boliviana

del 1825 l’argento di Potosí è stato un disastro come diadema.

+D�DUULFFKLWR�FKL�KD�FRQWLQXDWR�D�VQHUYDUOD�¿QR�DOOD�VFRU]D��OD-sciandola carcassa, misera, fredda. A ricordarlo resta più impec-

cabile castellano parlato in Sud America, la fede incrollabile dei

potosini, le chiese cesellate ad ogni angolo di strada. Una distesa

di tetti, gente che vive con niente: sottozero, mattoni rossi senza

intonaco.

Sud dalla Bolivia, ma tanto stretti al cielo che l’azzurro dà fa-

VWLGLR��5LSRUWHUz�GDOOD�FLWWj�SL��DOWD�GHO�PRQGR��FKH�DOOD�¿QH�GHO�XVIII secolo era la più ricca di Latinoamérica, e più grande di

una qualsiasi Londra o Shanghai.

Premetto Eduardo Galeano: da “Le vene aperte dell’America

Latina”. Parole di un’anziana cholita avvolta in un «chilometrico

scialle di lana di alpaca»: «La città che più ha dato al mondo e

che meno possiede», è la sentenza. Era più di quarant’anni fa.

Oggi lo stesso, solo un qualche turista in più, per qualche ostello.

Rientrare in quelle gallerie dopo cinque secoli di drenaggio

furioso, è accovacciarsi, affondare nel fango, caldo d’inverno.

Almeno 15.000 mineros rosicchiano giornalmente questi intesti-

ni bollenti: ma d’argento ormai si parla solo nelle leggende o in

formule scaramantiche. L’adesso è altro. Si piccona, s’accende

GLQDPLWH��VL�DV¿VVLD��DQFRUD�VL�PXRUH�PD�QRQ�VL�GLFH�IRUWH��SHU�briciole di quello che resta. E resta poco: stagno, zinco, rame.

Cronache da Potosí, la miniera boliviana della morte

Alla scoperta

dell’Islanda...

...e degli

Islandesi

PAGINA 6

Il nostro speciale sul Gect solo su:

www.sconfinare.net

Cosa sta accadendo in Siria?

Con le foto di Giacomo Cuscunà da A’zaz

PAGINA 3

Page 2: Sconfinare #35

ne permetterebbe ad Obama di responsabi-lizzare i nuovi leader eletti. Un esempio di questo approccio è data dalla risposta alla crisi di Gaza: gli USA hanno appoggiato Israele, ma lasciando l’onere dei negoziati all’Egiziano Morsi hanno ribadito il loro desiderio di allargare la responsabilità del mantenimento dell’ordine ad altri attori.

Su questo incombe l’ombra della Siria, SHU� FXL� SHUz� q� GLI¿FLOH� LPPDJLQDUH� XQ� LQ-tervento USA senza l’appoggio dell’ONU. Insomma, per il Medio Oriente non si pre-vedono grandi iniziative, ma piccoli passi, soprattutto diplomatici, che permettano a Washington di tenere sotto controllo l’area senza impegnarsi in prima persona.

Cina

La Cina è il vero nuovo orizzonte della politica estera di Obama. Attraverso il Pivot to Asia, Washington vuole contenere l’asce-sa della Cina e, allo stesso tempo, aumentare la propria presenza nella regione per spinge-re Pechino al dialogo. Non è un caso che il primo viaggio dopo la rielezio-ne sia stato in Myanmar, Cam-bogia e Thailandia. La scom-messa di Obama è rischiosa e dipende molto dalle scelte del nuovo gruppo dirigente appe-na nominato a Pechino; ma che una partnership con il Paese del Dragone sia necessaria è fuori di dubbio.

Intanto però, a complicare il quadro sono entrate le contese tra la Cina, il Giappone, le Fi-lippine e il Vietnam per le isole Senkaku. Molti paesi della re-gione vedono quindi gli Stati Uniti come il Paese che può contrastare il dominio cinese. Ê�PROWR�GLI¿FLOH�FKH�2EDPD�UL-

6FRQ¿QDUH���,QWHUQD]LRQDOH Inverno 2012/132

FOUR MORE YEARS di Patricia Ventimiglia & Giovanni Collot

Ad una prima analisi, il risultato delle elezioni dello scorso 6 no-vembre potrebbe dare un senso di

scoraggiamento: Obama è ancora Presiden-te, i Repubblicani controllano ancora la Ca-mera mentre i Democratici sono maggioran-za al Senato. Nulla appare cambiato, quindi: quelli che si preannunciano sono altri quat-tro anni di scontri, malfunzionamento e di-battiti infuocati.

La realtà è ben diversa: la riconferma di Obama ha mutato la situazione in profon-dità, rivoluzionando i rapporti di forza. Tale risultato, per i numeri con cui si è concretiz-zato, suona come un mandato al Presidente e dà una violenta battuta d’arresto ai Repub-blicani e alla loro strategia di contrapposi-zione ideologica feroce. Nel nuovo contesto che si è venuto a creare, ora il Presidente ha le mani più libere per completare il suo lavoro, non dovendo concentrarsi su una ri-elezione.

Questo discorso vale in particolare in un campo, la politica estera, in cui i risultati dal Presidente e del suo Segretario di Stato Hil-ODU\�&OLQWRQ� ¿QR� DG� RJJL� DSSDLRQR� DQFRUD�incompleti. Ma Obama non ha mai nega-to che la sua strategia, basata strettamente sull’interesse nazionale e su una responsa-bilità di mantenimento dell’ordine mondia-le condivisa tra più attori, puntasse ad un orizzonte di lungo periodo. Ecco perché i prossimi quattro anni saranno fondamentali SHU�YHGHUH�GRYH�DQGUj�D�¿QLUH�LO�ODYRUR�FR-minciato in questo primo tempo. Molte sono OH�V¿GH�FKH�PHWWHUDQQR�DOOD�SURYD�LO�VXFFHV-sore della Clinton (che per alcuni sarà Susan Rice, attuale Ambasciatore all’ONU).

Qui presentiamo quelle più pressanti.

Afghanistan/Pakistan

Anche dopo il ritiro delle truppe ameri-cane dall’Afghanistan, spinto da Obama e

previsto entro il 2014, i rapporti con il Pa-kistan rimarranno cruciali per Washington. Anzi, saranno ancora più importanti, visto che il Paese è diventato il nuovo cuore della strategia antiterrorismo di Obama, che pre-vede il ricorso massiccio a incursioni mirate di droni senza pilota sugli obiettivi sensibi-li. Inoltre, molti analisti considerano il Pa-kistan come uno Stato in via di fallimento: anche se un vero e proprio collasso potrebbe non avverarsi mai, esso rimane una poten-te fonte di instabilità nella regione. Obama dovrà quindi cercare di gestire i rapporti con Islamabad nel migliore dei modi, cer-cando di percorrere lo stretto sentiero tra appeasement e interesse nazionale. Questo q�UHVR�DQFRUD�SL��GLI¿FLOH�GDL�FRQWHPSRUD-nei rapporti bilaterali che Washington sta intrecciando con l’India, nemico storico del Pakistan, e a cui Obama non sembra inten-zionato a rinunciare.

Medio Oriente e Iran

Il dossier medio-orientale è quello che rimane più caldo (Bengasi non vi dice nul-OD"���/H�DOOHDQ]H� WUDGL]LRQDOL� VRQR� LQ�GLI¿-coltà e necessitano di un aggiornamento: l’Egitto è governato dai Fratelli Musulmani, mentre con Israele i rapporti sono freddini. Il premier Israeliano Netanyahu non ha fat-to mistero di preferire Romney a Obama, e se dovesse essere riconfermato alle elezio-QL�GL�¿QH�JHQQDLR�QRQ�q�HVFOXVR�XQ�DWWDFFR�diretto all’Iran, mentre il Presidente USA preferisce continuare con le sanzioni, che hanno portato a qualche risultato ma nulla di decisivo. Se la situazione rimarrà tale, è probabile che gli Stati Uniti siano costretti a coprire le spalle ad Israele.

In questo senso, è probabile aspettarsi un tentativo del Dipartimento di Stato di iso-lare l’Iran attraverso alleanze con i governi dei Paesi della primavera araba. L’occasio-

sponda alle loro richieste, ma questo rischia comunque di raffreddare i rapporti con la &LQD�¿Q�GDOO¶LQL]LR��

Russia

La Russia è ormai un potere regionale più che forza ideologica o militare, ma buoni rapporti sono fondamentali. Obama pun-terà quindi a rimettere in moto il dialogo SDFL¿FR� DYXWR� QHJOL� DQQL� VFRUVL�� FHUFDQGR�di far dimenticare ogni genere di tensione provocata dai dibattiti svolti in campagna elettorale, dove Mitt Romney, il candidato Repubblicano, ha più volte descritto la Rus-sia come un pericoloso nemico. Obama si è distanziato dal rivale, promettendo mag-JLRUH� ÀHVVLELOLWj� DL� OHDGHU� 5XVVL� XQD� YROWD�rieletto. C’è quindi da attendersi anche in TXHVWR� FDVR� LO� UL¿XWR� GL� JUDQGL� LGHH� SROLWL-FKH�� GLI¿FLOPHQWH� UHDOL]]DELOL�� H� LO� ULFRUVR�a un approccio più pragmatico, che cerchi l’accordo dove possibile. La prima mossa in tale senso potrebbe essere rinegoziare il progetto NATO dello scudo anti-missile in Europa dell’Est.

IL PETROLIO FINISCE, CUBA RISPONDE (ANCHE) CON LA PERMACOLTURAdi Margherita Cogoi

Nel lontano 1992 io mi dedicavo a nascere, mentre l’URSS si de-dicava a morire. E portava con

sé, nel suo sfaldamento economico molto prima che ideologico, i suoi partner inter-nazionali.

All’epoca Cuba è dipendente dall’econo-mia sovietica. Fidel Castro, dopo aver perso il conto delle imprecazioni sfuggitegli nei confronti dell’embargo USA, si ritrova a do-versene inventare altre per il collasso sovie-tico. Le importazioni di petrolio dall’URSS vengono dimezzate, il PIL crolla del -34% e il gentile nome che viene dato alla catastrofe è “Periodo especial”. La produzione di ener-gia elettrica diminuisce di botto, impedendo il funzionamento delle pompe che portano l’acqua nelle case. I fortunati possessori di un’automobile rinunciano ad utilizzarla. Sono mesi in cui i secchi d’acqua vengono portati alle case con le carrucole, e chi si deve spostare fa l’autostop o prende posto assieme a molti altri su ingombranti camion-bus governativi. Le persone cominciano a muoversi su biciclette importate dalla Cina comunista (cosa che, per inciso, porta a una diminuzione delle malattie cardiovascolari) o su buoi e asini. Ma dal petrolio non dipen-dono solo i mezzi di trasporto, l’acqua nelle case o l’utilizzo del frigorifero: anche l’a-

gricoltura va in crisi. La rivoluzione verde, quella chimica fatta di trattori, pesticidi e concimi, non può più avere luogo: l’inevita-bile calo dei prodotti alimentari è massiccio. L’unica alternativa è il ritorno al bue, all’a-ratro, alla rotazione delle colture. Alla mo-nocoltura da esportazione si sostituisce una varia policoltura. La gente, priva dei prodot-ti alimentari d’importazione, mangia meno: il calo di peso è un fenomeno generalizzato. Molti bambini sotto i 5 anni sono denutri-ti, molte donne incinte sono anemiche. Per affamata necessità le persone cominciano a utilizzare le ter-UD]]H�� L� YDVL� GL� ¿RUL�� OH� DLXR-le, i tetti per piantare qualche ortaggio. La permacoltura è proprio questo: la gestione di paesaggi antropizzati perché siano in grado di soddisfare i bisogni (non solo) alimentari della popolazione. Il termine permaculture è una contrazio-ne di permanent-agricolture e di culture, perché “una cultura non può sopravvivere a lungo senza una base agricola soste-nibile ed etica”.

Adesso, nel 2012, a Cuba la produzione alimentare è per

lo più interna. A L’Avana, capitale ben poco rurale, il 50% dei prodotti agricoli deriva dalle minicolture urbane.

Questo sistema agricolo, apparentemente antico e superato, dovrebbe essere preso in considerazione. Ha portato non solo al ri-arricchimento della terra precedentemente smagrita dai prodotti chimici, ma anche la responsabilizzazione della popolazione nei confronti dei cambiamenti climatici: infatti la maggior parte dei cubani conosce ora il VLJQL¿FDWR� GHOOD� WHRULD� GL�+XEEHUW� VXO� SLF-

co del petrolio, e soprattutto è riuscita a comportarsi di conseguenza. Se parlare di democrazia cubana è comico, parlare di in-telligenza è obbligatorio.

Secondo il WWF Living Planet Report 2012, Cuba è uno dei pochi stati al mondo ad avere impronta ecologica pari a 1. A un osservatore occidentale quanto è avvenuto a Cuba sembra lontano e indesiderabile. Ma è necessario comprendere che tutti i Paesi del mondo assisteranno a breve a una grave crisi energetica causata dalla loro dipenden-za dal petrolio. Quelli più consumisti in SULPD�¿OD��Ê�VFLHQWL¿FR�FKH�OH�HVWUD]LRQL�GL�petrolio, dal 2010, non possono che dimi-nuire, e tentare di uscirne con le tar sands è stupido. Dovremo cambiare radicalmente le nostre abitudini o riusciremo a escogi-tare in tempo delle valide alternative alle fonti di energia fossili? Forse per noi eu-URSHL�DPHULFDQL�VDUj�SL��GLI¿FLOH�D� OLYHOOR�organizzativo, visto il minor interventismo statale nella vita della popolazione. Ma le tecnologie alternative, quelle che non han-no mai abbastanza spazio nei bilanci sta-tali, sono già presenti e devono essere svi-luppate. Cuba è stata costretta dagli eventi a cambiare vita, ora tocca a noi.

Cosa aspettarsi dalla politica estera di Obama nei prossimi quattro anni, in quattro scenari

L’isla revolucionaria ci precede nell’era post-petrolifera

www.iMerica.it

Page 3: Sconfinare #35

per i Rifugiati (Unhcr) ha annunciato che il

EXGJHW�D�GLVSRVL]LRQH�q�VXI¿FLHQWH�D�FRSULUH�solo il 34% delle risorse necessarie. Alla già

GLI¿FLOH� VLWXD]LRQH�VL� DJJLXQJRQR� LQFLGHQWL�“di percorso” (come l’incendio dello scor-

so 2 novembre durante il quale è morto un

bambino di 5 anni) e altri episodi allarmanti,

come quello di alcune ragazze siriane, pre-

levate principalmente dalla Giordania, ven-

6FRQ¿QDUH���6SHFLDOH�6LULDInverno 2012/13 3

di Chiara Ceccon

Come in ogni guerra civile (e tale è

VWDWD�XI¿FLDOPHQWH�GH¿QLWD�TXHOOD�in Siria dalla Croce Rossa a metà

luglio), le vittime non si contano solo sul

campo di battaglia, ma anche alle soglie del-

la “zona rossa”, nei campi profughi in cui

migliaia di persone, pur avendo avuto salva

la vita, hanno perso tutto ciò che le dà un

VLJQL¿FDWR��FDVD��ODYRUR��VLFXUH]]D�H�GLJQLWj�Per quanto gran parte delle notizie che

giungono dalla Siria risultino oscure o in-

FRPSOHWH�� VSHVVR� ¿OWUDWH� R� ULGRWWH� GDOO¶DS-

porto dei media, guardando ai dati dell’Onu

JLj�VL�SXz�SDUODUH�GL�FULVL�XPDQLWDULD����PL-lioni e mezzo di sfollati all’interno del Pae-

se e 500mila profughi divisi tra Giordania,

Libano e Turchia. In particolare a quest’ulti-

PD�VSHWWD�O¶RQHUH�PDJJLRUH��LQ�XQD�GR]]LQD�di campi sono 117mila i rifugiati registrati e

circa altri 70mila coloro che ancora non lo

sono, con picchi di quasi mille profughi al

JLRUQR��VHQ]D�FRQWDUH�FKL�DVSHWWD�DO�FRQ¿QH��continuamente esposto al rischio di attentati

e bombardamenti.

I rifugiati sono soprattutto donne e bam-

ELQL�� DOFXQL� GL� HVVL� VRQR� IDPLOLDUL� GL� PLOL-tanti dell’Esercito Libero, che tentano così

di proteggerli dalla repressione. Le condi-

zioni dei campi profughi, nonostante gli

aiuti di associazioni e istituzioni (l’Ue ha

recentemente affermato di voler “rafforzare

la loro assistenza”), rimangono drammati-

FKH�� O¶DFTXD� VFDUVHJJLD�� PHQWUH� OH� PLVXUH�igieniche e alcuni servizi, quali l’elettrici-

tà, sono pressoché assenti. E con l’inverno

alle porte, non ci sono certo miglioramenti

LQ�YLVWD�� O¶8I¿FLR�GHOO¶$OWR�&RPPLVVDULDWR�

dute come mogli a uomini sauditi per poche

FHQWLQDLD�GL�HXUR�� ,QROWUH��VHEEHQH�LO�ÀXVVR�migratorio sia stato incanalato anche verso

l’Iraq attraverso il valico di Al Qaem, inizia

a farsi più evidente il malcontento di quelle

popolazioni, come quella turca, che vedono

il proprio territorio “assaltato” dall’ondata

GL�SURIXJKL��LQIDWWL�LO�JRYHUQR�GL�$QNDUD�KD�già chiesto di creare una zona cuscinetto in

Siria, sotto il controllo dell’ONU, per rego-

larne i movimenti.

A fronte dei 348 milioni di dollari neces-

sari ad arginare l’emergenza, ne sono at-

WXDOPHQWH�GLVSRQLELOL�VROR������ L�SULQFLSDOL�donatori, oltre ai Paesi che già si sono fatti

carico di dare asilo ai rifugiati, sono gli Usa

e gli stati membri dell’Unione Europea, tra

i quali l’Italia, che per i prossimi mesi ha

destinato a questo scopo circa 20 milioni di

euro. Il 13 novembre, inoltre, su incarico

del ministro degli Esteri Terzi, Margherita

Boniver, inviato speciale per le questioni

umanitarie, si è recata in Turchia in visita

DO� FDPSR� SURIXJKL� GL� .LOLV�� q� OD� VXD� WHU]D�missione, dopo quelle in Giordania e Liba-

QR��,O�UHVSRQVR�q�VWDWR�IXQHUHR��QRQ�VROR�JOL�aiuti sembrano arrivare con il contagocce,

ma «non ci sono segnali di un vero “cessate

il fuoco”, né di una soluzione politica ac-

cettabile». Si prospetta un gelido inverno in

Siria.

TuTTo quelloche NoN c’è

da dire sullasiria

di Veronica Andrea Sauchelli

Questo non è un articolo che vi dirà cosa si può

pensare sulla Siria. Le confuse righe che sto

per spalmare su questa pagina non sono altro

che una denuncia, non di un regime, non di una guerra,

bensì di una stampa approssimativa e scorretta.

Un cittadino desideroso di farsi un’opinione utilizzan-

do, com’è più probabile, principalmente un solo canale

G¶LQIRUPD]LRQH��QRQ�QRWHUj�QXOOD�GL�VWUDQR��VHPEUHUj�FKH�Damasco stia vivendo una grave crisi di regime, dovuta

al risveglio delle violente necessità democratiche di una

popolazione incoraggiata ad uscire dalla sua condizione

di minorità dopo i seducenti colpi di frusta della prima-

vera araba.

4XDORUD�SHUz�OR�VFLDJXUDWR�¿FFDQDVR�GHFLGHVVH�GL�FRQ-

frontare, così, per noia, qualche giornale in più, qualche

testata estera, si troverebbe a sbattere il muso contro evi-

denti contraddizioni.

È successo a me. Girovagavo con ingenuità fra noti-

zie in lingue diverse cercando di stabilire quale nazione

avesse il giornalismo più dettagliato e sagace, più arro-

gante e di qualità; invece ho scoperto che esiste un solo

giornalismo, ma due guerre distinte. Eh sì, a quanto pare

c’è un vecchio proverbio che viene scalzato da una ver-

VLRQH�SL��UHFHQWH��©JLRUQDOH�FKH�YDL��JXHUUD�FKH�WURYLª�C’era, ad esempio, chi descriveva una guerra preva-

lentemente via terra (Corriere della Sera) e chi invece

SDUODYD�FRQ�VODQFLR�GL�XQ�FRQÀLWWR�FRPEDWWXWR�LQ�PRGR�predominante nei cieli (BBC). Dettagli? Io non credo,

piuttosto le vedo come imprecisioni allarmanti.

Ad ogni modo, la cosa che più sconcerta è l’esistenza

di due linee di pensiero, entrambe parimenti sostenu-

WH��OD�SULPD�VRWWROLQHD�LO�JLj�FLWDWR�ULVYHJOLR�GHOOH�PDVVH�mediorientali, mentre la seconda fa emergere una linea

complottista, che vede gli onnipresenti USA a tirare le

¿OD�GHL�JLRFKL�C’è chi afferma che l’Occidente stia cercando di can-

FHOODUH� O¶HUD�$VVDG� DO� ¿QH� GL� VSH]]DUH�� R� TXDQWRPHQR�

Niente acqua né elettricità, e aiuti “col contagocce”: OD�FULVL�XPDQLWDULD�DO�FRQ¿QH�FRQ�OD�7XUFKLD�

Storia di un tentativo di informazione fallito

indebolire, l’asse Iran-Russia-Cina. Allo stesso tempo

l’altra metà della classe punta il dito contro un Occiden-

WH�FKH��VHFRQGR�ORUR��DO�GL�Oj�GHOOH�VPRU¿H�GL�IDFFLDWD��VR-

VWLHQH�HG�DQ]L�QHJR]LD�FRQ�LO�GLWWDWRUH�VDQJXLQDULR�DO�¿QH�di assicurarsi gli approvvigionamenti di petrolio e gas

derivanti da quei oleodotti che, nati negli Stati del Golfo,

passano proprio –e necessariamente– attraverso la Siria.

Ai sostenitori della tesi della rivolta popolare, si sente

spesso dire che uno dei motivi principali dello scoppio

dei disordini è la grande tensione derivante dalla mal

sopportazione vigente fra le numerose diverse etnie re-

ligiose conviventi sul territorio. Pare che noi occidentali

abbiamo acquisito il vizio di ridurre ogni problematica

mediorientale ad una dimensione religiosa, il che è un

po’ fazioso oltre che tristemente riduttivo. In secondo

luogo tale discorso sembra particolarmente goffo se as-

sociato ad un paese notoriamente laico, che vede presen-

WL�VXO�VXR�VXROR�DQFKH�UHDOWj�FULVWLDQH��VHPSUH�SDFL¿FD-mente accettate. Curiosamente, la stessa moglie di Assad

–che fa parte della minoranza alawita– è di confessione

sunnita.

Insomma a chi credere? Da una scrivania italiana è im-

possibile stabilirlo. L’unica cosa che si riesce a compren-

dere con facilità è la debolezza del giornalismo odierno.

Per il 2010, quindi l’anno prima che scoppiasse la crisi

in Siria, l’archivio del Corriere della Sera conta solo

quattro articoli incentrati su Assad ed il suo Paese, e nes-

suno di questi è focalizzato sulla politica interna. Effet-

tivamente, spulciando l’archivio per tutta la durata della

presidenza del leader siriano, non si trova nessuno scritto

che denunci le condizioni del popolo siriano. Nessuno.

Ed ora nemmeno. Non esistono articoli che raccontino

come viva un cittadino siriano, non esistono articoli che

riportino le richieste dei ribelli. Tutto quello che la stam-

pa ci dà ogni giorno è una vuota cronaca dei bombar-

damenti ed un nudo, asettico, muto aggiornamento sul

numero dei morti.

Chiudete pure i vostri vecchi vuoti giornali, pretende-

tene di nuovi.

l’iNverNo dei profughi

7XWWH�OH�IRWR�GHOOR�6SHFLDOH�VRQR�GLGiacomo Cuscunà

Page 4: Sconfinare #35

poco distate dove un

tempo i missionari

costringevano gli in-

dios a convertirsi.

Poi ci sono le foglie

di coca. Dal mattino

DOOD� VHUD��$� JRQ¿DUH��deformare le guance

di minatori e non. Le

PDVWLFDQR�XQD�D�XQD��le lasciano riposare in

una bolla spessa contro le gengive. L’hoja

YHUGH��OD�IRJOLD��q�XQR�GHL�VLPEROL�GHOOD�%R-

OLYLD�WUDGL]LRQDOH��GHO�3DHVH�FKH�VL�VWULQJH�DW-torno alla Wiphala��OD�EDQGLHUD�DQGLQD��H�DO�primo presidente indigeno del Sud America:

(YR�0RUDOHV��/XL��FKH�KD�IDWWR�GHOOD�FRQVHU-vazione delle piantagioni di coca un cavallo

GL� EDWWDJOLD� GHOOD� SURSULD� SULPD�� YLQFHQWH��campagna elettorale.

Tutti masticano in miniera:

per tirare avanti dodici ore

senza mangiare dentro galle-

ULH� GD� WRJOLHUH� LO� UHVSLUR�� XQ�FDSSLR� DOOD� JROD�� LQFURVWDWH�GL�YHOHQL�EHVWLDOL�SHU�LO�¿VLFR��Gialle d’arsenico.

In un Paese dove la spe-

UDQ]D� GL� YLWD� PDVFKLOH� q� GL���� DQQL�� SHU� L� PLQDWRUL� TXH-sta media può abbassarsi a

��� DQQL�� DQFKH� PHQR�� 7DQWL��TXDVL�WXWWL��GRSR�DQQL�GL�ODYRUR�VRIIURQR�GL�GLVWXUEL� UHVSLUDWRUL�� L�SL��VRQR�FROSLWL�GDOOD�VLOLFRVL��&RVu��VXFFHGH�FKH�TXDQGR�LO�¿VLFR�q�WDOPHQWH�GHYDVWDWR�GD�QRQ�SHUPHWWHUH�SL��DO�PLQDWRUH�GL�VFHQGHUH�VRWWRWHUUD��TXHVWR�ULFH-

YH�¿QDOPHQWH�XQD�SLFFROD�SHQVLRQH��0D�F¶q�GL�SL���H�GHO�VRUSUHQGHQWH�LQ�TXHOOR�FKH�UDF-FRQWD�(OLVR�-RKQQ\�6DODV�&RQGRUL�����DQQL��da cercatore d’argento a cicerone delle gal-

OHULH��1LSRWH�H�¿JOLR�GL�PLQDWRUL� ULFRUGD� OD�prima settimana di suo padre a riposo dopo

���DQQL�GL�ODYRUR��©+D�UHVLVWLWR�VHWWH�JLRUQL��SRL�q�YROXWR�ULWRUQDUH�DOOD�PLQD��1RQ�LPSRU-WD�LO�EXLR��OD�IDWLFD��O¶DULD�GHQVD�LUUHVSLUDELOH��TXHOOD�q�OD�VXD�YLWDª��1RQ�q�O¶XQLFR��VRQR�LQ�WDQWL�TXHOOL�FKH�LQ�FRQGL]LRQH�GL�ULFHYHUH�XQD�pensione scelgono di restare a lavorare sot-

toterra. Dopo tanti anni nel gruppo il legame

q�LQIUDQJLELOH��q�XQD�VHFRQGD�IDPLJOLD�0D� SHU� FKL� q� gringo� EDVWD� TXDOFKH� RUD��

O¶DULD�q�LUUHVSLUDELOH��,O�WHPSR�GL�XQD�XOWLPD�VRVWD��DOO¶DOWDUH�GHO�WLR��OR�]LR��O¶DOWUR�GLR�GL�TXHVWL�EXGHOOL��Ê�XQ�IHWLFFLR�FRUQXWR��VHGXWR��ricoperto di coriandoli e foglie di coca. Il

SHQH� YLULOPHQWH� HUHWWR��4XDJJL�� QRQ� VFHQ-

GH�QHDQFKH�&ULVWR��PD�QRQ�F¶q�PLQDWRUH�FKH�PDQFKL�LO�VXR�RPDJJLR�JLRUQDOLHUR�DO�GLDYR-

OR� VHGXWR�� VJXDUGR�¿VVR� QHO� YRWR�� FKH� VIX-

PDFFKLD�XQD�VLJDUHWWD�FKH�JOL�KDQQR�¿FFDWR�in bocca.

6FRQ¿QDUH���5HSRUWDJH Inverno 2012/134

CRONACHE DA POTOSÍTesto e Foto di Edoardo Malvenuti

�YHUR��TXDJJL��QRQ�VFHQGH�QHDQFKH�&ULVWR��H�VH�YHUVD�XQ�SRFR�GHOOD�PL-VFHOD�FKH�WUDFDQQD��:DOWHU�����DQQL��

VRWWRWHUUD�GD�GLHFL��OR�ID�SHU�OD�Pachamama.

©Ê�OD�PDGUH�WHUUD�FKH�GREELDPR�LQJUD]LDUFL�TXL�VRWWR��OHL�FL�SURWHJJH��$�RJQL�PLR�VRUVR��XQ�VRUVR�D�OHLª��,O�FDVFR�LO�VXGRUH�JOL�KDQQR�LQFROODWR�L�FDSHOOL�FDUERQH�VXOOD�IURQWH��XQD�SLFFROD� ERWWLJOLD� GL� SODVWLFD�� XQD� VSUX]]DWD�QHO�SDYLPHQWR�PHOPRVR��©8SLULTX\ª��©8SL-ULT¶XVDMª��VL�ULVSRQGH��SRL�O¶hombre minero LQJROD�XQ�VRUVR��ID�XQD�OHJJHUD�VPRU¿D��SDV-

VD�LO�PLVFXJOLR�DG�$OYDUR�����DQQL��DFFRYDF-FLDWR�GL�¿DQFR��6L� ODYRUD� VHPSUH� LQ� JUXSSR�� H� VSHVVR� VL�

WUDWWD� GL� IRUPD]LRQL� IDPLOLDUL�� SDGUH�� ¿JOL��]LL�H�FXJLQL��&LQTXH�SHUVRQH�HVWUDJJRQR�XQD�PHGLD�GL�XQD�GHFLQD�GL�FDUUHWWH�D�JLRUQDWD��una tonnellata di materiale grezzo. Poi lo

ULYROWDQR��OR�DFFXPXODQR��JL��GDOOD�VFDUSDWD�GRYH�VL�VSH]]DQR�JOL�VFDOFDJQDWL�ELQDUL�FKH�JXLGDQR�YDJRQL�FROPL�GL�PDWHULDOH�GD�UDI¿-

QDUH��Ê�LO�ODYRUR�GHO�VDEDWR��Tutti i minatori di Potosí sono organizza-

WL�LQ�FRRSHUDWLYH�����LQ�WXWWR�LO�Cerro��D�FXL�YHUVDQR� XQD� TXRWD� GHL� SURSUL�PDJUL� ULFDYL�VHWWLPDQDOL��&RVu�VRQR�L�SDJDPHQWL��RJQL�VHW-WH�JLRUQL�� H� VHEEHQH�VLD�D]]DUGDWR�FKLHGHUH�GL�XQ�GDWR�VXO�JXDGDJQR�PHGLR��SHU�TXHVWR�PDVVDFUR�GL�IDWLFD�VRQR�LQ�SRFKL�TXHOOL�FKH�UDJJUDQHOODQR�SL��GL�FHQWR�GROODUL�D�semana.

7DQWR� GLSHQGH� GDOO¶DQ]LDQLWj�� GDO-OD� PDQVLRQH�� GDOOD� IRUWXQD�� DQFKH�TXHVWD�FRQWD��SHUFKp�SL��PDWHULDOH�³QRELOH´�q� UDI¿QDWR��SL�� LO�JUXSSR�GL�PLQDWRUL�q�UHPXQHUDWR�

Ma resta altro sulla lista dei

PHQR�� O¶����� GHL� ULFDYL� GL� RJQL�IRUPD]LRQH� q� YHUVDWR� DOOR� 6WDWR��FKH�GDO������FRQWUROOD�GLUHWWDPHQ-

WH� OH�PLQLHUH�GL�3RWRVt��7UDVSRUWR��UDI¿QD]LRQH�� DULD� FRPSUHVVD� SHU�O¶HVWUD]LRQH�VRQR�WXWWH�VSHVH�FKH�LO�gruppo di minatori sostiene di tasca

SURSULD��6WHVVD�FRVD�SHU�O¶DWWUH]]DWXUD��HOPR��JLXEED��ODPSDGD��GLQDPLWH�H�DOFRO��7XWWL�L�OD-voratori sotterranei si riforniscono tra il ca-

VFDPH�GHOOH�ERWWHJKH�GHO�PHUFDWR�minero: il

&DOYDULR��,O�QRPH�q�OR�VWHVVR�GL�XQD�FKLHVD�

UN VIAGGIO SENZA SE(NEGAL) E SENZA MA

di Federica Cordioli

Dakar, Senegal —

QXDUWLHUH�SHULIHULFR�GL�%HQ�%DUDFN��� QHOOD� SL�� JUDQGH� H� SL�� SRYH-ra banlieu� GHOOD� SL�� HXURSHD� WUD�

OH� FLWWj� DIULFDQH� FKH�KR� VYROWR�QHO�PHVH�GL�agosto un’esperienza di volontariato. Nono-

stante il periodo non fosse dei migliori per

DQGDUH� QHO� FRQWLQHQWH� DIULFDQR� SRLFKp�� HV-VHQGR�QHO�SLHQR�GHOOD�VWDJLRQH�GHOOH�SLRJJH��l’aria pullulava di zanzare e il sole stentava

D�IDUVL�YHGHUH��SHU�ODVFLDUH�VSD]LR�D�UHJROD-UL�DFTXD]]RQL�QRWWXUQL��LO�FDPSR�GL�ODYRUR�D�FXL�KR�SUHVR�SDUWH�PL�KD�GDWR�XQ� DVVDJJLR�GL�FXOWXUD�H�WUDGL]LRQL�DIULFDQH�H�PL�KD�IDW-WR�DQFKH�ULÀHWWHUH�VXO�UXROR�H�VXJOL�HIIHWWLYL�EHQH¿FL� FKH� O¶LQWHUYHQWR� RFFLGHQWDOH� LQ� XQ�paese africano possono avere.

La giornata era scandita� �Vu� SHUFKp� XQD�GHOOH�FRVH�FKH�SL��VL�QRWDQR�GHOO¶$IULFD�q�OD�QRQ�SXQWXDOLWj�� LO� SUHQGHUH� WXWWR� FRQ�HVWUH-PD�FDOPD��XQ¶RUD�R�SL��GL�ULWDUGR�QRQ�IDQQR�la differenza) in una mattinata trascorsa a

VFXROD��XQ�SULPR�SRPHULJJLR�GL�DQLPD]LRQH�per gli studenti e tempo libero per noi vo-

ORQWDUL� LWDOLDQL�FKH�� LQVLHPH�DJOL� LQVHJQDQWL�DIULFDQL�� DEELDPR� YLVLWDWR� SRVWL� PHUDYL-JOLRVL�� GDOOD� VXSHU� FDRWLFD� 'DNDU� DOO¶LVROD�GL�*RUpH��GD�GRYH�SDUWLYDQR�OH�QDYL�FDULFKH�GL�VFKLDYL�GLUHWWH�LQ�6XG�$PHULFD��GDO�/DJR�

Rosa alle immense distese di baobab.

Lo scopo per cui io insieme ad altri 10

volontari ci trovavamo lì non era per fare i

turisti per caso ma un altro: aiutare bambini

H�UDJD]]L�D�UHFXSHUDUH�PDWHULH�LQVXI¿FLHQWL��IDU�VYROJHUH�ORUR�DWWLYLWj�GLYHUVH�GDO�VROLWR��fare un mini-corso di educazione sessua-

OH� DJOL� DGROHVFHQWL�� VLVWHPDUH� OD� ELEOLRWHFD�H� GLSLQJHUH� OD� VFXROD��(� LQVLHPH� D� QRL�� JOL�LQVHJQDQWL�FKH� ODYRUDYDQR�QHOOD�VFXROD�GX-

UDQWH�O¶DQQR�FL�KDQQR�DLXWDWR�H�VRVWHQXWR��,O�VLVWHPD� HGXFDWLYR� VHQHJDOHVH�� FRPH� PROWL�DOWUL�QHO�FRQWLQHQWH�DIULFDQR��QRQ�JDUDQWLVFH�un’istruzione di base per tutti. Le migliori

VFXROH�ULPDQJRQR�JOL�LVWLWXWL�SULYDWL��VSHVVR�H� YROHQWLHUL� LVWLWXWL� IUDQFHVL�� H� QRQ� WXWWH� OH�IDPLJOLH��VRSUDWWXWWR�LQ�XQ�TXDUWLHUH�SRYHUR�FRPH� %HQ� %DUDFN�� SRVVRQR� SHUPHWWHUVL� GL�pagare la retta. Non riesci a pagare? Sempli-

FH��WXR�¿JOLR�QRQ�YD�D�VFXROD��/D�VFXROD�VR-

stenuta dalla Onlus italiana con cui sono an-

GDWD�Oj��q�JHVWLWD�LQWHUDPHQWH�GD�SHUVRQH�GHO�luogo. Il direttore e tutti gli insegnanti sono

VHQHJDOHVL�H�OR�VFRSR�GHOO¶DVVRFLD]LRQH��FRQ�O¶LPSHJQR�H� VRWWR� OD� ORUR�SUHFLVD� ULFKLHVWD��dà un sostegno economico con l’obiettivo di

VWLPRODUOL�DI¿QFKp�VLDQR�ORUR�L�SURWDJRQLVWL�GHO�ORUR�FDPELDPHQWR��1HO�JLUR�GL�XQ�DQQR��q�VWDWD�DSHUWD�XQD�SLFFROD�LQIHUPHULD�GHQWUR�OD�VFXROD� �LO�PHGLFR�q�XQR�VWXGHQWH�GL�PH-GLFLQD� GHOO¶8QLYHUVLWj� GL� 'DNDU�� LO� VLVWHPD�VDQLWDULR�QD]LRQDOH� q� DOTXDQWR� FRVWRVR�� FLz�

FKH�TXL�LQ�,WDOLD�FRUULVSRQGH�DO�QRVWUR�WLFNHW�là costa circa 17 euro e si deve considerare

FKH� OR� VWLSHQGLR�PHGLR� GL� XQ� LQVHJQDQWH� q�GL�FLUFD����HXUR���XQ¶DXOD�LQIRUPDWLFD�H�XQD�ELEOLRWHFD�� WXWWL� OXRJKL� FKH� JOL� DELWDQWL� GHO�TXDUWLHUH�SRVVRQR�VIUXWWDUH��&Lz�FKH�XQ�YRORQWDULR�GHYH�SHQVDUH�QRQ�q�

dev’essere voler stravolgere o raggiungere

FKLVVj�TXDOH�JUDQGH�RELHWWLYR�PD�GHYH�FKLH-GHUVL�VH�FLz�FKH�ID�q�HI¿FDFH�H�XWLOH�SHU�ORUR��SHU�OH�ORUR�HVLJHQ]H�H�QRQ�SHU�TXHOOH�FKH�QRL�FUHGLDPR� VLDQR� OH� ORUR� ULFKLHVWH�� ��� JLRUQL�

VRQR� VWDWL� VXI¿FLHQWL� DSSHQD� SHU� SRWHUPL�ambientare in una cultura così diversa ma

il sapore dello yassa��ULVR�VHUYLWR�LQ�HQRUPL�pentoloni da mangiare tutti insieme e con

OH�PDQL��L�VXRQL�GHOOR�jambé��OD�IHVWD�GL�¿QH�Ramadan�� L� UDFFRQWL� GHOOH� SHUVRQH� FKH� KR�WURYDWR�PL� ODVFLDQR�TXHOOD�QRVWDOJLD�H�TXHO�GHVLGHULR�GL�SRWHUFL�WRUQDUH�LO�SL��SUHVWR�SRV-sibile.

(�FRPH�GLUHEEH�XQ�VHQHJDOHVH�DOOD�¿QH�GL�una conversazione:

Insciallah!

Assaggi di un’esperienza di volontariato in Africa

CONTINUA DALLA PRIMA

Page 5: Sconfinare #35

e monitorare che non prevalga quell’auto-difesa dei comportamenti istituzionali che scarica sui singoli cittadini le brutalità e le nefandezze commesse da chi dovrebbe operare in loro difesa. È il controllo della società sullo Stato e sull’operato dei suoi a permettere che i principi fondamentali della comune convivenza vengano messi al primo posto del bene comune.» (Marcello Flores)

L’irruzione alla caserma Diaz all’indo-

mani del vertice dei G8 a Genova, con l’i-

nusitata violenza esercitata dalla polizia su

FLWWDGLQL� LQHUPL� �GH¿QLWD� GDOOD� VHQWHQ]D� GL�Cassazione «un massacro che ha screditato

l’Italia agli occhi del mondo») ha mostrato

chiaramente, in fase di giudizio, quanto gra-

ve sia il vuoto legislativo. La Procura gene-

rale di Genova aveva avanzato la richiesta

di colmare tale vuoto, sottolineando come

anche la Corte Europea abbia stabilito che

trattamenti inumani e degradanti come la

tortura siano reati imprescrittibili.

L’Italia repubblicana conta una lunga serie

di vittime di violenza da parte della polizia,

casi che non sono mai stati giudicati ade-

JXDWDPHQWH�DQFKH�D�FDXVD�GL�TXHVWR�GH¿FLW�legale, che negli anni ha permesso allo Stato

di continuare ad auto assolversi. Spesso gli

DUWH¿FL� GL� TXHVWL� HSLVRGL� GL� YLROHQ]D� VRQR�stati giudicati per “lesioni personali”, reato

per il quale il nostro ordinamento prevede

un termine di prescrizione di cinque anni.

Le prove che dimostrano l’avvenuta tortura

c’erano (ed erano inequivocabili) ma per le

vittime e le loro famiglie è stato, ed è tutto-

UD��LPSRVVLELOH�DYHUH�¿QR�LQ�IRQGR�JLXVWL]LD�Luciano Rapotez, Federico Aldrovandi,

Stefano Cucchi, Giuseppe Uva, Franco Ma-

strogiovanni, Riccardo Rasman, Michele

Ferrulli, Aldo Bianzino, Stefano Gugliotta,

Luciano Isidro Diaz, Paolo Scaroni, sono

solo alcuni dei nomi delle vittime di violen-

za da parte dello Stato. O per lo meno, sono

alcuni dei casi che sono arrivati all’opinione

pubblica, spesso grazie al coraggio e all’o-

stinazione dei loro familiari. Quanti siano

nella realtà è impossibile saperlo, giacché è

facile immaginare che per i soggetti più de-

boli, come gli stranieri detenuti, sia davvero

GLI¿FLOH�FKH�VL�DUULYL�D�GHQXQFLD��Scrive Stefano Rodotà:

«La violazione drammatica e sistematica di diritti fondamentali non rivela la vanità del riconoscimento di questi diritti, ma la loro radicale necessità»

(Il diritto di avere diritti –ed. Laterza).

6FRQ¿QDUH���1D]LRQDOHInverno 2012/13 5

REATO DI TORTURA: UN’ANOMALIA ITALIANA

di Marta Pacor

«…Il termine «tortura» designa qualsiasi DWWR�FRQ�LO�TXDOH�VRQR�LQÀLWWL�D�XQD�SHUVRQD�GRORUH�R�VRIIHUHQ]H�DFXWH��¿VLFKH�R�SVLFKL-

che, … qualora tale dolore o tali sofferenze VLDQR�LQÀLWWL�GD�XQ�IXQ]LRQDULR�SXEEOLFR�

o da qualsiasi altra persona che agisca a WLWROR�XI¿FLDOH��R�VRWWR�VXD�LVWLJD]LRQH��RS-

pure con il suo consenso espresso o tacito»

Il 10 dicembre 1984 l’assemblea ge-

nerale dell’ONU adottava la Conven-

zione contro la tortura ed altre pene o

trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

«Nessuna circostanza eccezionale, qualun-que essa sia, si tratti di stato di guerra o di minaccia di guerra, d’instabilità politica in-terna o di qualsiasi altro stato eccezionale, SXz�HVVHUH�LQYRFDWD�LQ�JLXVWL¿FD]LRQH�GHOOD�tortura», recita l’articolo 2. Il testo attribu-

isce a questo reato una gravità tale da ren-

derlo imprescrittibile, come i crimini contro

l’umanità.

La Convenzione - sottoscritta anche

dall’Italia - impone l’obbligo per gli Stati

GL� OHJLIHUDUH� DI¿QFKp� LO� UHDWR�GL� WRUWXUD� VLD�espressamente contemplato nel diritto pena-

le interno. L’Italia non l’ha mai fatto. Pochi

mesi fa la Commissione di Giustizia del Se-

nato ha messo all’ordine del giorno parla-

mentare un ddl sull’introduzione del reato

di tortura nel diritto italiano. Qualche giorno

dopo l’iter è stato bloccato in Parlamento.

Perché tanta resistenza, da parte di un pa-

HVH�FKH�VL�GH¿QLVFH�GHPRFUDWLFR��QHOO¶DSSUR-

vare una legge di diritto elementare come

quella contro la tortura? «Democrazia vuol dire rendere trasparente lo Stato e il com-portamento dei suoi servitori, controllare

PRIMARIE...

ALL’ITALIANAdi Emiliano Quercioli

Da alcuni anni a questa parte in

vista delle elezioni politiche, ma

anche locali, è diventato di moda

fare le primarie per i candidati e intorno a

queste creare una sarabanda di discussioni.

Naturalmente non si tratta di un’inven-

zione italiana, ma di un procedimento che,

come al solito, si è ritenuto opportuno co-

piare dall’estero, gli USA, e come al solito

WUDODVFLDQGR�JOL�LQVLJQL¿FDQWL�GHWWDJOL�GHOOH�differenze politiche, culturali e civiche esi-

stenti tra l’Italia e i gli altri paesi.

Primi sponsor di questo procedimento in

Italia sono stati Romano Prodi e Arturo Pa-

risi, che nel 2005 le hanno promosse per le

regionali in Calabria e Puglia, con l’effetto

di ottenere una crisi nervosa con convulsio-

ni una volta visti i risultati, con la vittoria

di Vendola nelle primarie pugliesi, giusto

premio a Rifondazione Comunista per aver

fatto cadere Prodi nel 1998.

Dopo averle usate per scegliere Roma-

no Prodi come candidato premier, risultato

scontato dato che tutti, tranne i leader del

centro-sinistra, hanno capito che senza un

candidato esterno non si vince, di questo

strumento si è impossessato Walter Veltro-

ni.

Noto per avere l’esclusiva sulle copiature

dagli USA, sua l’idea del Partito Democra-

tico e le citazioni di Kennedy usate come

il prezzemolo, le usa per sanzionare la sua

presa di possesso del PD e la candidatura a

capo del governo. Dopo il breve segretaria-

to di Franceschini sono usate per la scon-

tata elezione di Bersani a segretario, il che

fa sorgere un dubbio sulla loro utilità, dato

che confermano quasi sempre le decisioni

già prese e nei rari casi contrari si risolve il

tutto con accordi spartitori tra i contendenti.

La partecipazione alle primarie è stata

inizialmente aperta a tutti, inclusi stranieri

con permesso di soggiorno e sedicenni, ma

la novità dell’evento ha suscitato un tale en-

tusiasmo che in molte realtà, come Napoli,

ai seggi si sono presentati e hanno votato

numerosi e noti esponenti del centro-destra

locale. Sempre a Napoli, ma è stato denun-

ciato in molte altre località, dentro ai seggi

erano presenti scatoloni di schede precom-

pilate e i candidati locali, sia chiaro solo per

incentivare la partecipazione democratica,

offrivano 20 euro a disoccupati e perdigior-

no perché li votassero.

Una menzione particolare meritano le

OXQJKH�¿OH�GL�FLQHVL�SUHVHQWL�IXRUL�GDL�VHJJL��come documentato dal Corriere della Sera,

che seppur un po’ spaesati e neppure in gra-

do di parlare italiano, a tarda ora attende-

vano il loro turno fuori dai seggi. Ma tutto

VRPPDWR� VRQR� JLXVWL¿FDWL�� IRUVH� FRQIXVL�dalle foto di Gramsci e Togliatti presenti in

sezione, pensavano di votare per il segreta-

rio del Partito Comunista Cinese.

Per questa ultima tornata il PD ha im-

posto regole più precise, sulla cui scelta si

sono scannati per settimane, imponendo dei

PLQLPL�GL�¿UPH�SHU�SUHVHQWDUVL�H�OD�SUHLVFUL-zione per gli elettori, vedremo se ora che

le votazioni sono state effettuate i perdenti

spariranno a poco a poco, l’unica cosa sen-

sata da copiare, oppure verranno poi siste-

mati in futuri governi o ruoli istituzionali.

La scoperta di questo meraviglioso e per-

fettamente funzionante strumento parteci-

pativo ha contagiato anche un partito che

della democraticità e partecipazione fa la

sua bandiera, cioè il PDL. Con in gestione

un partito ormai più squagliato di un ghiac-

ciolo nel Sahara, il segretario Alfano ha lan-

ciato l’idea di fare delle primarie, sperando

DQFKH�GL�DYHUH�¿QDOPHQWH�TXHOOD�FUHGLELOLWj�che il suo Vate gli ha smontato. Il risultato è

stato la confusione più totale con una venti-

na di candidature proposte, inclusi Sgarbi e

la Mussolini, che forse sentendo risuonare

le parole della buonanima del nonno si e poi

ritirata.

Stando alle dichiarazioni di Berlusco-

ni, che in più occasioni ha esplicitamente

ammesso di essere entrato in politica per

salvare le sue aziende, sorge spontanea la

domanda: perché le primarie non le fanno

tra i dipendenti Fininvest e i calciatori del

Milan?

Di nuovo bloccata la legge che introduce il reato di tortura; l’Italia resta inadempiente nei confronti della Convenzione Onu

Copiando si impara?

Page 6: Sconfinare #35

6FRQ¿QDUH���6SHFLDOH�,VODQGD Inverno 2012/136

Il rumore del vento nelle orecchie, tur-bolento e costante, non ci lascia mai. Siamo solo in due, io e la mia ragazza,

Ilaria, e pedaliamo per tutto il giorno, tutti i giorni, sulle nostre mountain bike, lungo le strade dell’Islanda. Siamo solo in due, ma due persone sono tante, nello scon!nato nulla che abita il cuore dell’isola. Siamo par-titi dall’aeroporto della capitale, Reykjavìk, dopo essere atterrati con le nostre biciclette (ma non con tutti i bagagli) ed esserci messi in marcia verso nord-est, verso i ghiacciai immensi e lontani. Abbiamo conosciuto ben presto l’imprevedibilità del meteo: sole–nu-vole–pioggia–sole–pioggia–vento–sole... tutto il giorno, tutti i giorni. E così molte sensazioni diventano familiari: la giacca a vento bagnata che si appiccica alle braccia, il suono di mitragliatrice dell’impermeabile sferzato dall’aria gelida. Il vento contro, sem-pre.

Il freddo è una sensazione costante, tanto che dopo qualche giorno diventa la norma-lità. Fa freddo appena apriamo gli occhi al mattino, fa freddo quando ci caliamo nel sacco a pelo alla sera. Tutto sommato, però, la tenda è un buon riparo dal clima nordico. È luglio, ma la temperatura oscilla tra i 5 e i 15 gradi (e, credetemi, con 15 gradi pedalate in t-shirt). La sera, sprofondo nel maglione di lana.

L’obiettivo che ci siamo posti è ambizioso: mille chilometri in venti giorni, su strada e su sterrato, per poter vedere almeno un quarto dell’isola. Per noi, amanti sporadici della bicicletta, signi!ca fare più chilome-tri in tre settimane che in un anno. E infatti alla !ne saranno ‘’solo’’ seicento. E una fatica nera.

Giorno dopo giorno, ci spostiamo lungo la sottile linea rossa disegnata sulla nostra mappa. I primi duecento chilometri, tem-peste improvvise a parte, scorrono via lisci. Dalla costa ci portiamo verso l’interno, tra le montagne scure e nebbiose. Il paesaggio attorno a noi muta lento, ma radicalmente. Pedaliamo in un mare solido di sassi e terra bruciata. Salita – discesa – salita – salita – salita... siamo sugli altipiani, Halendidh, un luogo descritto dalle guide come «una via di mezzo tra il deserto del Gobi e l’Antartide». Ma senza pinguini, perché le uniche forme

di vita siamo noi. Duecento chilometri di pi-sta, duecento chilometri con la bici che vibra per le cunette del terreno create dagli pneu-matici delle super-jeep. La strada si snoda fra le alture. Attorno a noi il deserto di pietra !nisce solo quando incontra i monti coperti di neve. Durante i cinque giorni necessari ad attraversare gli altipiani da sud a nord in-contreremo appena una manciata di ciclisti al giorno. Di fuoristrada ne passa uno ogni 20-30 minuti, ma quelli portano solo polve-re negli occhi e schizzi di fango. Ogni ora che passa ci porta più vicini all’obiettivo del giorno: un rifugio, un bivacco o un picco-lo campeggio. Pedalando senza sosta si può dormire in compagnia di altri esseri umani quasi ogni sera. Ogni tanto, però, la fatica s!brante non basta. Allora non possiamo far altro che individuare un fazzoletto di dura terra, possibilmente riparato dal vento co-stante, e montare in fretta la tenda prima che scenda il freddo della sera. Solo una volta al ‘’caldo’’ del fornelletto i muscoli si rilassa-no e i nervi si distendono. Le di"coltà del viaggio, previste e impreviste, induriscono il carattere e ci rendono estremamente suscet-tibili. Abbiamo scelto di metterci in gioco s!dando i nostri limiti !sici, ma non avrem-mo mai immaginato che la strada avrebbe colpito, ancor più che il corpo, la mente.

Risotto lio!lizzato, purè in busta e cioc-colato sono i nostri pasti quotidiani. Prima di partire ci siamo organizzati in modo da avere sempre tre pasti al gior-no nei bagagli appesi alla bici-cletta, ma dopo una settimana di riso e purè, con la variante di un panino al formaggio e di una scatoletta di tonno, scoppiamo d’ap-petito. Dopo 250 chilometri nella natura sel-vaggia, ci si presenta la prima città. E «città», nella lingua dello studente-viaggiatore, si-gni!ca «supermercato». Mezzo litro d’acqua viene un euro e mezzo, un litro d’alcol per il fornello ci costa 8 euro. Un misero ca#è alle macchinette? L’equivalente di 1,30 euro. Sì, in Islanda la vita è cara. Per fortuna che pedalare non costa nulla.Lorenzo

VI RACCONTIAMO L’ISLANDA...

...e gli iSlANDeSi!

Ma c’è anche un altro modo, forse più adatto a spiriti meno atle-tici, per viaggiare in un posto

come l’Islanda senza spendere nulla: l’auto-stop. O il Couch Sur!ng.

O le due cose messe insieme, che, qualora vadano ad aggiungersi alla prospettiva di un viaggio in totale libertà nel luogo che occu-pava i vostri sogni da molto tempo, rende-ranno il tutto un’avventura indimenticabile. Ma non sono qui per raccontarvi del brivido di emozione che mi s!ora ogni vertebra se ri$etto su quanto questo viaggio in Islanda mi abbia dato, o del sorriso quasi commosso che non riesce a non spuntarmi quando in preda alla nostalgia mi riguardo le foto.

No, sono qui per parlarvi degli Islandesi. Di questi 300.000 – o poco più – biondissi-mi individui di cui non si sa molto, ma che invece molto hanno da raccontare.

Dal contadino sul pick-up alla famiglio-la dai capelli rossi in viaggio, dall’ex Profes-sore di Biogenetica di Harvard al ventiset-tenne sulla sedia a ro-telle, tutti gli Islandesi con cui per un motivo o per l’altro sono en-trata in contatto (per-ché mi hanno ospitata o mi hanno dato un passaggio tra i vari chilometri di diste-se vulcaniche, steppe e ghiacciai della loro terra) si sono mostrati più che disposti a par-larmi di loro, ma so-prattutto a parlarmi della loro Islanda, di cui vanno tutti, dal primo all’ultimo, !erissimi. Sì, gli Islandesi adorano la loro isola e ado-rano parlarne, sfoggiando un patriottismo genuino ed innocuo.

Il popolo che, secondo le statistiche, legge di più in assoluto. Un Paese che può vantarsi di non avere un esercito (a cosa gli servireb-

be, in fondo?) e che insieme a ciò ri!uta, nella sua mentalità più profonda, l’idea di violen-za; o che può

vantarsi di aver avuto il primo Premier di-chiaratamente omosessuale al mondo, e per di più donna.

Un popolo che continua a parlare una lingua antichissima (derivazione diretta dal norreno, il norvegese antico) e gelosamente custodita, che permette ai giovanissimi di leggere senza fatica le saghe del tredicesimo secolo grazie anche a un comitato presen-te all’Università di Reykjavík, il quale ha lo speci!co compito di tradurre letteralmente in islandese le numerose parole provenienti

Cosa resta dopo 20 giorni in bicicletta nella terra del ghiaccio e del fuoco.

dall’esterno. Pizza? “Impasto piatto”. Batteria? “Pietra che brucia”. Facile, direi! Lingua che peraltro viene de!nita, dai pochi non ma-drelingua che la parlano, come un tatuaggio sul fondoschiena: impararla è doloroso, ci si mette tanto e quasi mai si riesce a sfoggiarla. E che curiosamente o#re un gran numero di sinonimi per la parola “verde” e neanche uno per dire “per favore”. Bizzarra, originale. Come gli Islandesi.

Gente che dall’alto della propria moder-nità e della propria tecnologia avanzata non sembra aver problemi a parlare di case infe-state dai folletti o di gnomi che attraversano la strada.

Gente che non fa aspettare un’autostoppi-sta più di venti minuti, che parla un inglese perfetto, che mangia pizza prosciutto cotto e banana. Un allevatore di cozze che vive in

una casa blu dal tetto rosso su un’isoletta che si a#accia diret-tamente sull’Oceano Artico, che ospita gra-tuitamente viaggiato-ri da tutto il mondo senza aspettarsi nulla in cambio, e ottiene invece in!nita ricono-scenza e a#etto.

Un popolo tolleran-te, rilassato, ironico (“se ti perdi in una fo-resta islandese... alzati in piedi”. Niente albe-ri, da quelle parti!), poetico ed enigmati-co, che può permetter-si di lasciare le porte delle case aperte per-!no nella capitale, che

ospita un totale di circa 150 detenuti in tutto il suo territorio, che fa trovare ai turisti di !ne Luglio sbarrati i cancelli della sede della Corte Suprema non perché i giudici siano in ferie, bensì perché “non hanno attualmente nulla da fare”.

Un popolo che per il Gay Pride riempie Reykjavík di colori dell’arcobaleno e accom-pagna i suoi bambini per mano, mentre di-vertiti ammirano il sindaco che, interamente vestito di rosa, balla su uno dei carri della s!lata, facendosi riconoscere solo per il ta-tuaggio sul braccio sinistro. Un posto de!-nito, prima della devastante crisi del 2008 (dalla quale si stanno riprendendo veloce-mente), “alla !ne della storia”. E che, soprat-tutto, riesce a produrre ogni anno dei capo-lavori della musica sperimentale e non.

Un popolo, per tirare le somme, che per il viaggiatore estasiato fa da sfondo agli incre-dibili paesaggi locali, ma che merita di esse-re conosciuto più a fondo. Un popolo che, se non si fosse capito, vorrei davvero conti-nuare a scoprire, anche solo per trovargli un difetto.

Takk fyrir. Grazie mille.Irene

Incontri entusiasmanti con i Vichinghi dei nostri giorni.

di Lorenzo Alberini & Irene Manganini

Page 7: Sconfinare #35

6FRQ¿QDUH���6WLOH�/LEHURInverno 2012/13 7

“Non puoi essere un diplomatico se non hai visto Istanbul almeno una volta nella vita!” Questa è quello

che mi hanno detto per convincermi ad andare, anche se devo ammettere che messa così la cosa non era troppo allettante. Ho lasciato l’umido 9HQHWR�SHU�¿QLUH�LQ�XQ�FDRV�YRUWLFDQWH�GL�SHUVR-ne che strillano parole impronunciabili, di taxi che bellamente ignorano ogni regola del codice della strada, di bandiere turche in ogni più pic-colo anfratto, di vecchi tram che cercano di far-si spazio tra la folla, di foto di Atatürk nei posti più impensabili, di gatti randagi che corrono per le moschee, di cani che salgono su motorini, di donne totalmente velate di nero e di altre svesti-te che anche gli occidentali avrebbero da ridire, di occhi di Allah presentati in tutte le salse e di brutte imitazioni di ristoranti italiani...in poche parole: C’è Vita! (Se poi ci aggiungiamo che il primo giorno avevo la febbre, l’effetto vorticante era ancora più forte).

Si passa da antiche moschee incastonate tra HGL¿FL�PRGHUQL�GL�YHWUR�H�L�SHJJLRUL�Burger King, a maestosi consolati dei paesi occidentali total-mente avulsi dalla frenesia della città, a viuzze sporche e con una pendenza del 30% in cui ti chiedi come le macchine facciano a circolare. E poi cominci a chiederti come quelle macchi-ne siano ancora in grado di circolare, soprattutto quando vedi che un autobus che viaggia a porte aperte sta per metterne sotto una, che evita l’in-cidente con una naturalezza da far invidia ai con-ducenti di Napoli.,�QRPL�GHOOH�VWUDGH�VFDPELDQR�VHQ]D�GLI¿FRO-

tà il turco e un’altra lingua, così nel mezzo di Istiklal Caddesi trovi «Cité de la Roumelie», il centro culturale olandese, Palazzo Venezia, una libreria inglese o l’Onnipresente Institut Français che appare a tradimento!

Ad Eminonou si rischia di essere travolti dalle persone che affollano la Moschea Nuova o aspet-tano che i pescatori del ponte di Galata prendano un pesce miracolosamente scampato alle eliche dei traghetti per il Bosforo. Improvvisamente si può ritrovare la calma scalando la collina (con annesso attacco d’asma) raggiungendo la Mo-schea Fatih entrando in un’oasi di pace. Anche se la tranquillità rischia di essere turbata dall’o-dore non proprio gradevole all’interno...non è una grande idea quella di togliere le scarpe e poi fartele portare in un sacchetto dentro la moschea.

In piazza Taksim capisci che in questa città non si dorme mai. I taxi continueranno a suonare il clacson anche dopo l’alba, i negozi restano aperti oltre la mezzanotte senza dare segni di stanchez-za e c’è sempre un viavai in quelli che chiamo “fast food turchi”, molto meglio dei nostri.

Sultanahmet è ciò che ogni persona che odia i turisti dovrebbe evitare. Anche se mainstream

Quest’anno, come tutti ben sappiamo, è stato il centesimo anniversario del-la tragedia del Titanic, il gigantesco

transatlantico della compagnia inglese White Star Line affondato nel bel mezzo dell’oceano Atlantico nella notte fra il 14 e il 15 aprile del 1912. Molti di noi conoscono la breve storia di questa straordinaria opera dell’ingegneria navale britannica grazie al kolossal di James Cameron, ma pochi sanno che molti anni prima che questo ¿OP�XVFLVVH�JLj�TXDOFXQ�DOWUR�DYHYD�EHQ�SHQVDWR�di realizzarne uno molto simile, un personaggio che non ci aspetteremmo di vedere legato ad una simile vicenda: il Führer Adolf Hitler. Ebbene sì, il dittatore nazista, nel lontano 1942, quando ancora il destino della Seconda guerra mondiale era piuttosto incerto, ebbe la strana idea di com-PLVVLRQDUH� OD� UHDOL]]D]LRQH�GL�XQ�¿OP�VXOOD� WUD-gedia del Titanic, intitolato infatti “La tragedia del Titanic”. Essenzialmente la realizzazione di TXHVWR� ¿OP� HUD� D� VFRSR� SURSDJDQGLVWLFR�� WDQW¶q�che colui che si occupò di curare ogni minimo dettaglio dell’organizzazione delle riprese era il Ministro della Propaganda del Reich Joseph Goebbels. Girato interamente nel 1942 e uscito QHO�µ���VRODPHQWH�QHOOH�VDOH�FLQHPDWRJUD¿FKH�GHL�paesi occupati dalle truppe naziste, per esplicita ULFKLHVWD�GL�+LWOHU��LO�¿OP�IX�GLUHWWR�GD�GXH�GLYHUVL�UHJLVWL��+HUEHUW�6HOSLQ��¿QLWR�LQ�FDUFHUH�H�VXLFLGD-tosi prima dell’esecuzione programmata a causa dei frequenti commenti un po’ troppo audaci che usava fare nei confronti del regime, e Werner Kingler, colui che completò le riprese non ulti-mate dal suo predecessore.'DO�SXQWR�GL�YLVWD�WHFQLFR�TXHVWR�¿OP�q�PROWR�

YDOLGR��SLHQR�GL�HIIHWWL�VSHFLDOL�DOORUD�GLI¿FLOL�GD�realizzare e girato interamente su una nave del-OD�ÀRWWD�FLYLOH�WHGHVFD��OD SS Cap Arcona, ma il fatto più interessante è lo scopo propagandistico per il quale fu commissionato, ovvero cercare di screditare lo spietato e immorale capitalismo an-gloamericano, esaltando al contrario il buon ani-mo e il coraggio del popolo tedesco. Non a caso, LQIDWWL�� L�SURWDJRQLVWL�GHO�¿OP�� LQ�SDUWH� LQJOHVL�H�in parte tedeschi, subiscono un destino completa-mente diverso: il gruppo di personaggi tedeschi, rappresentato da un paio di famiglie povere in terza classe, riesce a salvarsi dal terribile impatto con l’iceberg, mentre i personaggi inglesi, degli avidi imprenditori, affondano insieme alla nave.

FRPH� 6DQWD� 6R¿D�� LO� SDOD]]R� GL� Topkapi resta qualcosa di imperdibile: tanta ricchezza (come coppe piene di smeraldi con cui i bambini gio-cavano) accanto a tanta facile crudeltà (come il posto in cui si piantavano su picche le teste dei GLVVLGHQWL���3HQVDUH�FKH�LQ�TXHO�PDJQL¿FR�SRVWR�tutta la famiglia del sultano veniva strangolata a turno ogni volta che il sovrano veniva avvelenato ti fa capire che forse la vita reale non è tutto que-sto spasso... A Sariyer si può stare a prendere il sole sul Bosforo con il vento che schiaffa le onde su un pontile che non ha cambiato aspetto ancora dall’Impero Ottomano.

Nisantasi non è la vera Turchia, esci comple-tamente da una città musulmana e entri in quella che sembra Parigi o Milano in miniatura: spa-riscono i veli e assisti a scene degne di “Jersey Shore” con un turco che gira su una Porsche rosa fosforescente con tre biondone in sui sedili po-steriori!

Certo, non tutto è perfetto...puoi anche rattri-starti quando cammini per il quartiere greco, in-cendiato negli anni 20. Si possono vedere le case in cui le persone sono state arse vive. Case mai ricostruite e lasciate in cenere da quel giorno.

Ci sono anche zone in cui si sente che qual-cosa sta cambiando. Cambiando in peggio, nel baluardo del cosmopolitismo e delle religioni mescolate. In alcune zone, mi hanno detto quelli che sono considerati “gli stranieri”, non si è più accolti bene dalla popolazione musulmana come una volta e anzi, si avverte una sensazione di mi-naccia incombente.

Nonostante tutta questa caotica descrizione, la città va effettivamente esplorata una volta nella vita. Quando torni a casa dopo aver cercato in tutti i modi di far capire ad un turco la cui co-noscenza dell’inglese si ferma a “ten liras” di volere dodici biglietti del tram e non un sacco di caldarroste e allora gli rispondi in veneziano perché tanto perso per perso...non puoi che essere contento.

Anche la causa dell’impatto con ghiaccio è di-YHUVD�GD�TXHOOD�PRVWUDWD�QHO�¿OP�GL�&DPHURQ��QH�“La tragedia del Titanic” sono il presidente della White Star Line e dei suoi ricchi colleghi, preoc-cupati per il destino incerto delle azioni in borsa della compagnia, a chiedere al capitano Smith (corrotto dalle mazzette dei capitalisti inglesi) di portare al massimo la velocità della nave per arri-vare prima a New York e quindi realizzare subito il valore delle azioni, tutto nonostante l’opposi-]LRQH�GHO�YDORURVR�3ULPR�8I¿FLDOH�+HUU�3HWHUVHQ��guarda caso di nazionalità tedesca./¶REELHWWLYR� GLFKLDUDWR� GHO� ¿OP� HUD� GD� XQD�

parte quello di far apparire i valori inglesi come WURSSR�OHJDWL�DO�GHQDUR�H�DO�SUR¿WWR��VHQ]D�DOFXQD�traccia di umanità o integrità morale, dall’altra invece dimostrare che il popolo tedesco, anche nel non troppo lontano 1912, possedeva una sen-sibilità superiore a quella di tutti gli altri popoli, ricca di magnanimità, solidarietà, altruismo e so-SUDWWXWWR�EXRQ�VHQVR��8Q�¿OP�LQVRPPD�WRWDOPHQ-te di parte che però, paradossalmente, fu realizza-WR�QHOOD�SULPD�YHUVLRQH�GH¿QLWLYD�FRQ�L�VRWWRWLWROL�in inglese.

A fare il paio con questa pellicola c’è anche la teoria che ad affondare il vero Titanic nel 1912 fu un rudimentale sottomarino del kaiser Gugliel-mo II, ma questa è un’altra storia, una delle tante legate alla dittatura di Hitler che celano parecchi misteri, ancora tutti da svelare.

CDUL� VLGGLQL�� OD� UHGD]LRQH� GL� 6FRQ¿QDUH�ha per voi delle novità parecchio in-teressanti. Oggi è probabilmente una

giornata come tutte le altre; sicuramente vi sie-te svegliati maledicendo di essere andati a letto troppo tardi e avete già bevuto i vostri primi due caffè. Nella bacheca lungo le scale avrete notato che ci sono ancora degli annunci risalenti al 1998 ma, cari miei, siamo qui per dirvi che un nuovo elemento sta per arrivare ad arredare i corridoi della vostra facoltà. Di cosa si tratta? Prima di conoscere le cause di un qualcosa forse è meglio introdurne le conseguenze:

Quello che vedete qui su si chiama Lomo Wall e, in breve, si tratta di un muro pieno di fotogra-¿H�FKH�VLQJRODUPHQWH�QRQ�KDQQR�DOFXQ�YDORUH�PD�FKH�DVVXPRQR�VLJQL¿FDWR�VROR�VH�PHVVH�LQVLHPH��

Che cosa accadrebbe se in ognuna di queste foto ci foste voi? Bene, non stiamo più nella pelle; è arrivato il momento di svelarvi il segreto: sarà messa a vostra completa disposizione una pic-cola fotocamera usa e getta nel corridoio del primo piano. Che cosa dovrete farci? Semplice: dovrete farvi degli autoscatti, possibilmente iro-nici. Non prendetevi, quindi, troppo sul serio.

State andando in biblioteca a studiare per un esame che odiate? Fateci vedere la vostra faccia disperata! Avete appena preso trenta e lode? Fate

emergere la vostra felicità! Un vostro collega si è vestito in maniera strana? Immortalatelo! Non si tratta certo di un’imposizione; ma di un gioco senza alcuna regola al quale speriamo viva-mente parteciperete. Il Polo, il Sid, la facoltà di Architettura hanno bisogno di ricordi e sarete voi a descrivere in piena autonomia la vostra vita univer-sitaria. Tutte le foto verranno esposte lungo i corridoi e andranno a formare una sorta di “auto-annuario”; inoltre, cosa non meno importante, le più belle compariranno sul nostro sito!

Non vi diremo quando la macchinet-ta sarà sistemata e per questo vi suggeriamo di tenere gli occhi aperti e di iniziare a preparare allo specchio delle espressioni avvincenti!

STAY TUNED!

di Miriana Pinna

di Luca Marinaro di Filippo Malinverno

ISTANBUL

UN LOMO WALL

AL SID

IL NAZI-TITANICE ho detto tutto.. Quando una nave diventa propaganda

6FRQ¿QDUH�QRQ�LGHQWL¿FD�DOFXQD�SRVL]LRQH�SR-litica, in quanto libera espressione dei singoli membri che ne costiuiscono il Comitato di Re-GD]LRQH�6FRQ¿QDUH è un periodico regolarmente regi-VWUDWR�SUHVVR�LO�7ULEXQDOH�GL�*RUL]LD�LQ�GDWD����PDJJLR�������Q��GL�UHJLVWUD]LRQH������Editore e Propietario: Assid ³$VVRFLD]LRQH�VWXGHQWL�GL�VFLHQ]H�LQWHUQD]LR-QDOL�H�GLSORPDWLFKH´�Direttore: Giovanni Collot,PSDJLQD]LRQH�H�JUD¿FD� /RUHQ]R�$OEHULQL��*LRYDQQL�&ROORW��1LFRODV�/R-]LWR��$PDOLD�6DFFKLDisegni: Silvia FancelloStampato da 7LSRJUD¿D�%XGLQ��YLD�*UHJRUFLF�23, Gorizia (GO)

Redazione: /RUHQ]R� $OEHULQL�� $OHVVLD� $QQLEDOOR��Elena Bellitto, Giulia Bertossi, Elisabetta Blarasin, *LRUJLD� %R]]LQL�� (GRDUGR� %XRQHUED�� 'DYLGH� &D-UHJDUL��9DOHULD�&DUORW��'DULR�&DYDOLHUL��(OHRQRUD�Cecco, Chiara Ceccon, Margherita Cogoi, Giovan-QL�&ROORW��'RPL]LDQD�&RUEHOOL��)HGHULFD�&RUGLROL��*LDFRPR�&XVFXQj��*LXOLD�'DJD��(PPDQXHO�'DOOH�0XOOH��(GRDUGR�'D�5RV��*DEULHOOD�'H�'RPHQLFR��Stefania Ellero, Stefano Facchinetti, Federico Fa-leschini, Silvia Fancello, Andrea Ferrara, Tanja /DQ]D��0DUJKHULWD�*LDQHVVL��5DHG�/D]NDQL��'DYL-GH�/HVVL��1LFRODV�/R]LWR��0DWWHR�/XFDWHOOR��$QGUHD�Lucchetta, Irene Manganini, Luca Alvise Magona-ra Yamada, Alice Mantoani, Francesco Marche-sano, Filippo Malinverno, Luca Marinaro, Elena 0DUVRQL��(OHQD�0D]]D��&DURO�3LJDW��'LHJR�3LQQD��0LULDQD�3LQQD��)HGHULFR�3HWURQL��)UDQFHVFR�3OD]-]RWWD��(PLOLDQR�4XHUFLROL��$PDOLD�6DFFKL��9HURQLFD�Sauchelli, Francesco Scatigna, Emma Schiavon, Stefano Suardi, Nicolò Spadari, Rodolfo Toè, Va-OHQWLQD�7RQXWWL��1DGLD�9LJROR��*LXOLD�=HQL�

sconfinare prosegue su facebook e su twitter

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Page 8: Sconfinare #35

EURORÉGION: PROJEKT EZTS GO

Številka 35- ZIMA 2012/13 Glavni Urednik: Giovanni Collot

ZZZ�VFRQ¿QDUH�QHWUHGD]LRQH#VFRQ¿QDUH�QHW

PHG�1RYR�*RULFR��âHPSHWHU�9UWRMED�LQ�*RULFR�UD]ORåHQR�Y�GHVHW�WRþNLKNicolas Lozito

prevedel je: Nicolò Spadari

23 novembra, v conference cen-WHU� RG� *RULãNH� XQLYHUVLWHWH�� MH� SUYLþ� ELO�SUHGVWDYOMHQ� SXEOLNL� SURMHNW� “Gect/Ezts

GO”�� � SURMHFW� R� þH]PHMHQP� VRGHORYDQ-MX�PHG�REþLQL�RG�*RULFH��1RYH�*RULFH� LQ�Šempeter-Vrtojba.1Dã� QDPHQ� MH� JD� UD]ORåLW� Y� GHVHW�

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